Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Bilancio |
Titolo: | D.L. 144/2022 - Ulteriori misure urgenti in materia di energia, imprese e PNRR (c.d. Aiuti ter) |
Riferimenti: | AC N.3705/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 596 |
Data: | 07/10/2022 |
Organi della Camera: | V Bilancio |
Ulteriori misure urgenti in materia di energia, imprese e PNRR
(cd. Aiuti-ter)
D.L. 144/2022 – A.C. 3705
Parte I – Schede di lettura
Servizio Studi
Tel. 06 6706-2451 - * studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier n. 576
Servizio Studi -
Dipartimento Bilancio
Tel. 06 6760-2233 - * - st_bilancio@camera.it - @CD_bilancio
Progetti di legge n. 596
Parte II – Profili di carattere finanziario
Servizio Bilancio dello Stato - Verifica delle quantificazioni n. 472
Tel. 06 6760-2174 – 06 6760-9455 * bs_segreteria@camera.it
Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione
Tel. 06 6760-3545 – 06 6760-3685 * com_bilancio@camera.it
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D22144.docx
INDICE
Capo I - MISURE URGENTI IN MATERIA DI ENERGIA ELETTRICA, GAS NATURALE E CARBURANTI
Articolo 3 (Misure a supporto delle imprese colpite dall’aumento dei prezzi dell’energia)
Articolo 4 (Disposizioni in materia di accisa e di imposta sul valore aggiunto su alcuni carburanti)
Articolo 5, comma 5 (Contributo una tantum in favore delle strutture sanitarie private accreditate)
Articolo 6 (Disposizioni urgenti in materia di trasporto pubblico locale e regionale)
Articolo 7 (Contributi a fondo perduto per enti sportivi che gestiscono impianti sportivi e piscine)
Articolo 8 (Disposizioni urgenti in favore degli enti del Terzo settore)
Articolo 9 (Disposizioni per la realizzazione di nuova capacità di rigassificazione)
Articolo 10 (Contributo del Ministero dell’interno alla resilienza energetica nazionale)
Articolo 11 (Contributo energia e gas per cinema, teatri, istituti e luoghi della cultura)
Articolo 12 (Rifinanziamento del Fondo destinato all’erogazione del bonus trasporti)
Articolo 13 (Contributo alle scuole paritarie per fronteggiare l’aumento dei costi energetici)
Articolo 14 (Disposizioni per il sostegno del settore del trasporto)
Articolo 15 (Contributo una tantum in favore degli
istituti di patronato)
Articolo 16 (Procedure di prevenzione incendi)
Articolo 17 (Adeguamento dell'importo massimo dei finanziamenti garantiti)
Capo II - DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI POLITICHE SOCIALI
Articolo 18 (Indennità una tauntum per i lavoratori dipendenti)
Articolo 19 (Indennità una tantum per pensionati e altre categorie di soggetti)
Articolo 20 (Incremento delle risorse per l'indennità una tantum per i lavoratori autonomi)
Articolo 21 (Recupero delle prestazioni pensionistiche indebite)
Capo III - MISURE PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (PNRR)
Articolo 24 (Misure urgenti per il sostegno alla siderurgia)
Articolo 26 (Misure per la riforma degli istituti tecnici)
Articolo 27 (Misure per la riforma degli istituti professionali)
Articolo 28 (Misure per la riforma degli istituti professionali)
Sezione IV – Ulteriori misure per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
Articolo 29 (Accesso al Fondo per l'avvio di opere indifferibili)
Articolo 32 (Misure per accelerare la realizzazione degli investimenti pubblici)
Articolo 33 (Disposizioni in materia di concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria)
Capo IV - ULTERIORI DISPOSIZIONI URGENTI
Articolo 36 (Ulteriore incremento per il 2022 del finanziamento dei centri di assistenza fiscale)
Articolo 39 (Clausole sociali per l’affidamento dei servizi museali)
Articolo 40 (Ulteriori disposizioni di sostegno alle imprese)
Capo V - DISPOSIZIONI FINANZIARIE E FINALI
Articolo 43 (Disposizioni finanziarie)
Articolo 44 (Entrata in vigore)
L’articolo 1 ripropone alcuni crediti di imposta disciplinati dai decreti-legge n. 4, n. 17, n. 21, n. 50 e n. 115 del 2022 per contrastare l’aumento dei costi dell’energia elettrica e del gas in capo alle imprese – e in origine operanti in relazione alle spese sostenute nel primo e secondo trimestre 2022 - allo scopo di estenderli anche ai costi sostenuti dalle imprese nei mesi di ottobre e novembre 2022 e innalzare la misura di tali agevolazioni.
Si tratta in particolare
§ del credito d’imposta per le imprese energivore, che viene concesso in misura pari al 40 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nei mesi di ottobre e novembre 2022;
§ del credito d’imposta per imprese gasivore, concesso in misura pari al 40 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nei mesi di ottobre e novembre 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici;
§ del credito d’imposta per imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW diverse dalle energivore, che viene attribuito in misura pari al 30 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nei mesi di ottobre e novembre 2022;
§ del credito d’imposta per l’acquisto di gas naturale per imprese non gasivore, pari al 40 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nei mesi di ottobre e novembre 2022, per isi diversi dal termoelettrico.
Le disposizioni in esame regolano le modalità di fruizione dei crediti d’imposta e il regime di cedibilità e infine prorogano al 31 marzo 2023 il termine per usufruire dei medesimi crediti d’imposta, riferiti al terzo trimestre 2022.
Le norme in commento, come anticipato, ripropongono alcuni crediti di imposta introdotti dai decreti-legge n. 4, n. 17, n. 21, n. 50 e n. 115 del 2022 per contrastare l’aumento dei costi dell’energia elettrica e del gas in capo alle imprese – e operanti in relazione alla spesa sostenuta nei primi tre trimestri 2022 - allo scopo di estenderli anche con riferimento ai costi sostenuti dalle imprese nei mesi di ottobre e novembre 2022, innalzando contestualmente la misura delle agevolazioni.
L’Agenzia delle entrate ha fornito alcuni chiarimenti sulle predette agevolazioni con la circolare 13/E del 2022.
Credito d’imposta imprese energivore
Il comma 1 dell’articolo 1 riconosce un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, alle imprese a forte consumo di energia elettrica, individuate dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017 (comunicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2017), a condizione che i relativi costi per kWh della componente energia elettrica, calcolati sulla base della media del terzo trimestre 2022 ed al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, abbiano subìto un incremento superiore al 30 per cento relativo al medesimo periodo dell’anno 2019, anche tenuto conto di eventuali contratti di fornitura di durata stipulati dall’impresa.
L’ammontare dell’agevolazione è pari al 40 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel terzo trimestre 2022 (in luogo del 25 per cento concesso per i costi sostenuti nel terzo trimestre 2022).
Tale credito di imposta è riconosciuto anche in relazione alla spesa per l’energia elettrica prodotta dalle imprese energivoare (di cui al primo periodo del comma 1) e dalle stesse autoconsumata nei mesi di ottobre e novembre 2022. In tal caso l’incremento del costo per kWh di energia elettrica prodotta e autoconsumata va calcolato con riferimento alla variazione del prezzo unitario dei combustibili acquistati ed utilizzati dall’impresa per la produzione della medesima energia elettrica; sempre in tale ipotesi, il credito di imposta è determinato con riguardo al prezzo convenzionale dell’energia elettrica pari alla media, relativa ai mesi di ottobre e novembre 2022, del prezzo unico nazionale dell’energia elettrica (PUN, ovvero il prezzo di riferimento dell’energia elettrica in Italia acquistata alla borsa elettrica).
L’articolo 15 del decreto-legge n. 4 del 2022 ha concesso alle imprese "energivore" che hanno subito un significativo incremento del relativo costo, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta, pari al 20 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2022.
L’articolo 4, comma 1, del decreto legge n. 17 del 2022 ha riconosciuto alle medesime imprese un analogo credito di imposta, originariamente pari al 20 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022. L’articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 21 del 2022 ha incrementato dal 20 al 25 per cento la quota delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022. L’articolo 6, comma 1 del decreto-legge n. 115 del 2022 ha prorogato l’agevolazione al 25 per cento anche nel terzo trimestre 2022.
Le imprese a forte consumo di energia elettrica sono identificate, in base alle disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017, come quelle che hanno un consumo medio di energia elettrica, calcolato nel periodo di riferimento, pari ad almeno 1 GWh/anno e che rispettano uno dei seguenti requisiti:
§ operano nei settori dell’Allegato 3 alla Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (estrazione di minerali, produzione di oli e grassi, tessitura, produzione di cemento, fabbricazione di componenti elettronici, etc.);
§ operano nei settori dell’Allegato 5 alla Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (altri settori minerari e manifatturieri non inclusi nell’allegato 3) e sono caratterizzate da un indice di intensità elettrica positivo determinato, sul periodo di riferimento, in relazione al valor medio triennale del valore aggiunto lordo a prezzi di mercato non inferiore al 20 per cento;
§ non rientrano fra quelle di cui ai precedenti punti a) e b), ma sono ricomprese negli elenchi delle imprese a forte consumo di energia redatti, per gli anni 2013 o 2014, dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) in attuazione dell’articolo 39 del decreto legge n. 83 del 2012.
Di seguito si illustra l’andamento della misura del credito d’imposta in parola, come modificata nel tempo:
Credito di imposta |
Primo trimestre 2022 (DL 4/2022) |
Secondo trimestre 2022 (DL 17 e 21/2022) |
Terzo trimestre 2022 (DL 115/2022) |
Ottobre e novembre 2022 (DL 144/2022) |
Imprese energivore |
20% |
25%* |
25% |
40% |
*Il credito di imposta, originariamente fissato nella misura del 20 per cento per il secondo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 17 del 2022, è stato così rideterminato dal decreto-legge n. 21 del 2022.
Credito d’imposta per le imprese gasivore
Il comma 2 dell’articolo 1 riconosce alle imprese a forte consumo di gas naturale (cd. gasivore), a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti per l’acquisto del gas medesimo, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 40 per cento (in luogo della precedente misura del 25 per cento) della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nei mesi di ottobre e novembre 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici.
Il contributo spetta qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al terzo trimestre 2022, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore del mercati energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.
Viene definita “impresa a forte consumo di gas naturale” quella che opera in uno dei settori di cui all’allegato 1 al decreto del Ministro della transizione ecologica 21 dicembre 2021, n. 541 (comunicato nella Gazzetta Ufficiale n. 5 del 8 gennaio 2022) e che nel primo trimestre solare dell’anno 2022 ha consumato un quantitativo di gas naturale per usi energetici non inferiore al 25 per cento del volume di gas naturale indicato all’articolo 3, comma 1, del medesimo decreto, al netto dei consumi di gas naturale impiegato in usi termoelettrici.
L’articolo 15.1 del decreto-legge n. 4 del 2022 (introdotto dal decreto-legge n. 50 del 2022) ha riconosciuto un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 10 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022.
L’articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 17 del 2022 ha riconosciuto alle cosiddette "gasivore", ad analoghe condizioni, un credito di imposta pari al 15 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022. L’articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 21 del 2022 ha poi incrementato dal 15 al 20 per cento la quota delle spese sostenute oggetto del contributo straordinario. Da ultimo, l’articolo 2, comma 2 del decreto-legge n. 50 del 2022 ha ulteriormente elevato dal 20 al 25 per cento la quota della spesa agevolabile sostenuta per l’acquisto del gas naturale, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022. L’agevolazione è stata estesa nella medesima misura del 25 per cento anche ai costi sostenuti nel terzo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 115 del 2022 (aiuti-bis).
Le imprese a forte consumo di gas naturale sono identificate facendo riferimento alle disposizioni del decreto del Ministro della Transizione ecologica 21 dicembre 2021, come quelle che:
a) operano nei settori elencati nell’allegato 1 al medesimo decreto;
b) che hanno un consumo medio di gas naturale, calcolato per il periodo di riferimento, pari ad almeno 1 GWh/anno (ovvero 94.582 Sm3/anno, considerando un potere calorifico superiore per il gas naturale pari a 10,57275 kWh/Sm3); e
c) hanno consumato, nel primo trimestre solare dell’anno 2022, un quantitativo di gas naturale per usi energetici non inferiore al 25 per cento di tale volume di gas naturale (indicato all’articolo 3, comma 1, del medesimo decreto), al netto dei consumi di gas naturale impiegato in usi termoelettrici.
Per "periodo di riferimento" si intende, per l’anno di competenza “N” in cui si fruisce dell’agevolazione, il triennio che va da “N-4” a “N-2”, salvo che per le imprese di più recente costituzione. Al riguardo, si rappresenta che la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), nel rispetto delle disposizioni impartite dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), è tenuta a costituire, in riferimento a ciascun anno di competenza, l’Elenco delle imprese a forte consumo di gas naturale.
Di seguito si illustra l’andamento della misura del credito di imposta in parola:
Credito di imposta |
Primo trimestre 2022 (DL 50/2022 e 4/2022) |
Secondo trimestre 2022 (DL 21/2022) |
Terzo trimestre 2022 (DL 115/2022) |
Ottobre e novembre 2022 (DL 144/2022) |
Imprese gasivore |
10% |
20%* |
25% |
40% |
*Il credito di imposta, originariamente fissato nella misura del 15 per cento per il secondo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 17 del 2022, è stato così rideterminato dal decreto-legge n. 21 del 2022.
Credito d’imposta per imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW
Il comma 3 attribuisce alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese energivore (come definite al comma 1), a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l’acquisto della componente energia, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 30 per cento (in luogo della precedente misura del 15 per cento) della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nei mesi di ottobre e novembre dell’anno 2022. Tale acquisto va comprovato mediante le relative fatture d’acquisto.
Il contributo è concesso a condizione che il prezzo della componente energia, calcolato sulla base della media riferita al terzo trimestre 2022, al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, abbia subito un incremento del costo per kWh superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.
L’articolo 3 del decreto-legge n.21 del 2022 ha concesso alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese a forte consumo di energia elettrica, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari originariamente al 12 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022.
L’articolo 2 del decreto-legge n. 50 del 2022 ha elevato la misura del predetto credito innalzando dal 12 al 15 per cento l’importo della spesa agevolabile, riferita al secondo trimestre 2022. Come per le misure di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, l’agevolazione è stata estesa al terzo trimestre 2022 dall’articolo 6 del decreto-legge n. 115 del 2022.
La seguente tabella illustra l’andamento dell’agevolazione nel tempo:
Credito di imposta |
Secondo trimestre 2022 (DL 21/2022) |
Terzo trimestre 2022 (DL 115/2022) |
Ottobre e novembre 2022 (DL 144/2022) |
Imprese con contatori di potenza almeno pari a 16,5 kW |
15%* |
15% |
30% |
*Il credito di imposta, originariamente fissato nella misura del 12 per cento per il secondo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 21 del 2022, è stato così rideterminato dal decreto-legge n. 50 del 2022.
Credito d’imposta per l’acquisto di gas naturale da parte di imprese non gasivore
Il comma 4 riconosce alle imprese diverse da quelle gasivore, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l’acquisto del gas naturale, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 40 per cento (in luogo del precedente 25 per cento) della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nei mesi di ottobre e novembre 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici, qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al terzo trimestre 2022, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore del mercati energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.
L’articolo 4 del decreto-legge n. 21 del 2022 ha attribuito un credito di imposta, per l’acquisto del gas naturale, da riconoscersi alle imprese diverse da quelle gasivore, inizialmente in misura pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022. Il contributo è stato incrementato dal decreto-legge n. 50 del 2022, elevando dal 20 al 25 per cento la spesa oggetto di beneficio sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022. La misura è stata prorogata al terzo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 115 del 2022 (articolo 6) per un ammontare pari al 25 per cento della spesa.
Si rammenta che l’articolo 40-quater del decreto-legge n. 73 del 2022 ha soppresso, ai fini della fruizione di alcuni crediti di imposta riconosciuti alle imprese per l’acquisto di energia elettrica e di gas naturale, l’obbligo del rispetto della normativa della disciplina europea degli aiuti di Stato di modesto importo (gli aiuti c.d. de minimis), obbligo che era stato introdotto dal richiamato decreto-legge n. 50 del 2022. Si tratta del credito d’imposta per l’acquisto del gas naturale alle imprese diverse da quelle a forte consumo di gas, di quello riconosciuto alle imprese gasivore e di quello concesso alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese a forte consumo di energia elettrica. E’ pertanto venuta meno la soglia massima di 200 mila euro prevista per il riconoscimento alle imprese dei vari crediti d’imposta accumulati.
La tabella di seguito mostra l’ammontare dell’agevolazione nel tempo:
Credito di imposta |
Secondo trimestre 2022 (DL 50/2022) |
Terzo trimestre 2022 (DL 115/2022) |
Ottobre e novembre 2022 (DL 144/2022) |
Acquisto di gas naturale (imprese non gasivore) |
25%* |
25% |
40% |
*Il credito di imposta, originariamente fissato nella misura del 20 per cento per il secondo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 21 del 2022, è stato così rideterminato dal decreto-legge n. 50 del 2022.
Regime dei crediti d’imposta, cedibilità e controlli
Il comma 5 dell’articolo 1 prevede alcuni adempimenti necessari ai fini della fruizione delle agevolazioni disposte, dalle norme in commento, per le imprese non energivore e non gasivore in relazione ai consumi del terzo trimestre 2022 (di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo in commento).
Si dispone in particolare che, ove l’impresa destinataria del contributo nel terzo trimestre dell’anno 2022 e nei mesi di ottobre e novembre 2022 si rifornisca di energia elettrica o di gas naturale dallo stesso venditore da cui si riforniva nel terzo trimestre dell’anno 2019, il medesimo venditore è tenuto , entro sessanta giorni dalla scadenza del periodo per il quale spetta il credito d’imposta, a inviare al proprio cliente, su sua richiesta, una comunicazione nella quale è riportato il calcolo dell’incremento di costo della componente energetica e l’ammontare della detrazione spettante per i mesi di ottobre e novembre 2022. L’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, definisce il contenuto della predetta comunicazione e le sanzioni in caso di mancata ottemperanza da parte del venditore.
Il comma 6 dispone in ordine all’utilizzo dei crediti di imposta disposti dai commi 1-4.
Essi sono utilizzabili esclusivamente in compensazione mediante F24 (ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) entro la data del 31 dicembre 2022.
Non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007, e di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000. Al riguardo, si ricorda che l’articolo 22 del decreto legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) aveva modificato per l’anno 2021 il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili per soggetti intestatari di conto fiscale individuato dal menzionato articolo 34, elevandolo a 2 milioni di euro. Tale limite è stato reso strutturale dalla legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, comma 72 della legge n. 234 del 2021) a decorrere dal 2022. Resta fermo il limite di compensazione annuale per le agevolazioni alle imprese, di cui alla già menzionata legge n. 244 del 2007, pari a 250.000 euro.
Le agevolazioni non concorrono alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e non rilevano ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR), né rispetto ai criteri di inerenza delle altre spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR.
I crediti d’imposta sono cumulabili con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
L’articolo 1, al comma 7, chiarisce che i crediti d’imposta di cui ai commi da 1 a 4 sono cedibili, solo per intero, dalle medesime imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni, se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all’albo previsto dal Testo Unico Bancario (articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385), società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo apposito (articolo 64 TUB) ovvero imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del codice delle assicurazioni private (CAP, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209).
Resta ferma l’applicazione dei controlli preventivi e delle misure di contrasto alle frodi in materia di cessioni dei crediti di cui all’articolo 122-bis, comma 4, del decreto legge n. 34 del 2020, in base al quale i soggetti obbligati di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che intervengono nelle predette cessioni, non procedono all’acquisizione del credito in tutti i casi in cui ricorrono gli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette e di astensione (rispettivamente previsti dagli articoli 35 e 42 del predetto d.lgs. n. 231 del 2007 in materia di antiriciclaggio), per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima.
I contratti di cessione conclusi in violazione delle predette prescrizioni sono nulli.
In caso di cessione dei crediti d’imposta le imprese beneficiarie sono tenute a chiedere il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto ai crediti d’imposta.
Inoltre il credito d’imposta è usufruito dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro la medesima data del 31 marzo 2023.
Il visto di conformità è rilasciato ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo n. 241 del 1997, dai soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998, e dai responsabili dell’assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui all’articolo 32 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997.
L’articolo 35 del decreto legislativo n. 241 del 1997 prevede che il responsabile del Centro di assistenza fiscale (CAF) rilasci un visto di conformità dei dati delle dichiarazioni predisposte dal centro alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile. Sono abilitati al rilascio del visto gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro (lettera a) del comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998), gli iscritti nel registro dei revisori legali e i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria (lettera b) del comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998), nonché i responsabili dei CAF.
Si demanda a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, la definizione le modalità attuative delle disposizioni relative alla cessione e alla tracciabilità dei crediti d’imposta, da effettuarsi in via telematica, anche avvalendosi dei soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998.
Oltre all’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 122-bis del decreto legge n. 34 del 2020, già richiamate, si prevede l’applicazione di quelle recate dall’articolo 121, commi da 4 a 6, del medesimo decreto legge, in quanto compatibili.
Il comma 4 dell’articolo 121 del decreto legge n. 34 del 2020 dispone che, ai fini del controllo sulla cessione dei crediti d’imposta, si applichino le attribuzioni e i poteri di accertamento in tema di imposte sui redditi, posti in capo all’Amministrazione finanziaria dagli articoli 31 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973. Si chiarisce che i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto. L’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo procede, in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacità operativa degli uffici, alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta negli ordinari termini di accertamento (per i crediti non spettanti: cinque anni dalla dichiarazione, ai sensi articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973; per i crediti inesistenti: otto anni dall’utilizzo del credito ai sensi dell’articolo 27, commi da 16 a 20, del decreto legge n. 185 del 2008).
Ai sensi del successivo comma 5, in assenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione, l’Agenzia delle entrate provvede a recuperare l’importo corrispondente alla detrazione non spettante, maggiorato di interessi e sanzioni Tale importo, maggiorato degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo (di cui all’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973) e delle sanzioni per utilizzo di crediti di imposta in misura superiore a quella spettante, ovvero inesistenti (di cui all’ articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997).
Il comma 6 prevede infine che il recupero del predetto importo sia effettuato nei confronti del soggetto beneficiario delle originarie detrazioni. Resta ferma, in presenza di concorso nella violazione, l’applicazione della norma per cui, ove più persone concorrono in una violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta (articolo 9, comma 1 del decreto legislativo n. 472 del 1997); rimane ferma anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell’importo maggiorato di sanzioni e interessi.
Le norme in esame richiamano, sostanzialmente, il regime di cedibilità dei crediti di imposta già previsto dai precedenti decreti-legge (articoli 9 e 3, comma 3, del d.l. n. 21 del 2022 e articolo 6 del decreto-legge n. 115 del 2022).
Il comma 8 prevede che entro il 16 febbraio 2023 i beneficiari dei predetti crediti di imposta, a pena di decadenza dal diritto alla fruizione del credito non ancora fruito, siano tenuti a inviare all’Agenzia delle Entrate un’apposita comunicazione sull’importo del credito maturato nell’esercizio 2022. Il contenuto e le modalità di presentazione della comunicazione sono definiti con provvedimento dell’Agenzia, delle entrate da emanarsi entro il 24 ottobre 2022 (trenta giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame).
Il comma 9 quantifica gli oneri derivanti dalle norme in esame in in 8.586 milioni di euro l’anno 2022 e 1.000 milioni di euro per l’anno 2023, che aumentano in termini di indebitamento netto a 9.586 milioni di euro per l’anno 2022, cui si provvede ai sensi dell’articolo 43, norma di copertura del provvedimento in esame.
Il comma 10 affida al Ministero dell’economia e delle finanze il compito di effettuare il monitoraggio delle fruizioni dei crediti d’imposta in esame, ai fini di quanto previsto dalla legge di contabilità pubblica (più precisamente dall’ articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).
Il comma 11 apporta alcune modifiche all’articolo 6 del già menzionato decreto-legge n. 115 del 2022. e, in particolare,
§ proroga dal 31 dicembre 2022 al 31 marzo 2023 il termine per usufruire dei crediti di imposta ivi previsti (e riproposti dalle norme in esame) per le spese per l’approvvigionamento di prodotti energetici riferiti al terzo trimestre 2022 (lettera a), che modifica l’articolo 6, comma 6, primo periodo del decreto-legge n. 115 del 2022);
§ proroga dal 31 dicembre 2022 al 31 marzo 2023 il termine entro il quale i medesimi crediti di imposta riferiti al terzo trimestre 2023 possono essere usufruiti dal soggetto cessionario, nel caso di opzione per l’alienazione delle medesime agevolazioni.
L’articolo 2 riconosce un credito d'imposta a favore delle imprese esercenti attività agricola, della pesca e agromeccanica pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del carburante per la trazione dei mezzi utilizzati effettuato nel nel quarto trimestre solare dell'anno 2022. Tale agevolazione è, altresì, estesa per lo stesso periodo, per le sole imprese esercenti attività agricola e della pesca, anche alla spesa sostenuta per l'acquisto del gasolio e della benzina utilizzati per il riscaldamento delle serre e dei fabbricati produttivi adibiti all’allevamento degli animali.
Il credito d’imposta è cedibile, solo per intero, dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di determinati soggetti. Il credito d’imposta è utilizzato dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro la medesima data del 31 marzo 2023.
Le modalità attuative delle disposizioni relative alla cessione e alla tracciabilità del credito d'imposta sono definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.
Il comma 1 dell’articolo in esame stabilisce che al fine di mitigare gli effetti economici derivanti dal perdurare dell'aumento eccezionale del prezzo del gasolio e della benzina, alle imprese esercenti attività agricola e della pesca e alle imprese esercenti l’attività agromeccanica, ovvero attività di supporto alla produzione vegetale (codice ATECO 1.61), è riconosciuto, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l'acquisto di gasolio e benzina per la trazione dei mezzi utilizzati per l'esercizio delle predette attività, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l'acquisto del carburante effettuato nel quarto trimestre solare dell'anno 2022.
Tale acquisto deve essere comprovato mediante le relative fatture d'acquisto, al netto dell'imposta sul valore aggiunto.
In merito all’agevolazione in esame, si ricorda che in precedenza l’articolo 18 del decreto-legge n. 21 del 2022 aveva introdotto un credito d'imposta a favore delle imprese esercenti attività agricola e della pesca, pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del carburante, per la trazione dei mezzi utilizzati per l'esercizio dell'attività agricola e della pesca, comprovato mediante le relative fatture d’acquisto e al netto dell’imposta sul valore aggiunto. La norma dell’articolo 18 concede tale credito d’imposta per gli acquisti effettuati nel primo trimestre solare dell’anno 2022. L’articolo 3-bis del decreto legge n. 50 del 2022 ha prorogato al secondo trimestre solare 2022 il credito richiamato ma limitatamente alle imprese esercenti la pesca. Da ultimo l’articolo 17 del decreto legge 115 del 2022 ha prorogato la misura ulteriormente al terzo trimestre solare 2022 riestendendola sia all’attività agricola, che alla pesca .
Il comma 2 estende la possibilità di avvalersi del contributo di cui al comma 1 anche ad altre attività non riconducibili alla trazione dei mezzi. Nello specifico, il credito d’imposta è riconosciuto alle imprese esercenti attività agricola e della pesca in relazione alla spesa sostenuta nel quarto trimestre solare dell'anno 2022 per l'acquisto del gasolio e della benzina utilizzati per il riscaldamento delle serre e dei fabbricati produttivi adibiti all’allevamento degli animali.
Il comma 3 specifica che il credito d’imposta di cui ai commi 1 e 2:
§ è utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante modello F24 ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, entro la data del 31 marzo 2023.
Il citato articolo 17 stabilisce che i contribuenti eseguano versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate. La compensazione, sempre secondo il citato articolo 17, deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all'imposta regionale sulle attività produttive, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge.
A tal fine, non si applicano alcuni dei vigenti limiti e divieti alla compensazione e, in particolare:
o il limite annuale all'utilizzo della compensazione dei crediti d'imposta (di cui all’articolo 1, comma 53 della legge n. 244 del 2007);
L’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 prevede che i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, in quanto derivanti a agevolazioni concesse alle imprese, possano essere utilizzati nel limite annuale di 250.000 euro e che l'ammontare eccedente debba essere riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive e sia comunque compensabile per l'intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l'eccedenza.
o il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale (di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000);
L’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ha previsto un limite massimo di crediti imposta compensabili ai sensi del citato articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, pari, a decorrere dal 1° gennaio 2022, a 2 milioni di euro, come da ultimo stabilito dall’articolo 1, comma 72 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022), che ha reso così permanente il limite indicato transitoriamente, per il 2021, dall’articolo 22 del decreto-legge n. 73 del 2021 (cd. sostegni-bis).
Resta, pertanto, fermo il divieto di compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali, fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a millecinquecento euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento (di cui all’articolo 31, comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010);
Il credito d’imposta di cui ai commi 1 e 2, inoltre:
§ non concorre alla formazione del reddito d’impresa;
§ non concorre alla formazione della base imponibile dell’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive) di cui al decreto legislativo n. 446 del 1997;
§ non rileva ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi, delle spese e degli altri componenti negativi del reddito Pertanto, non è considerato ai fini dell’applicazione dei limiti previsti dal TUIR per la deducibilità degli interessi passivi e delle componenti negative indistintamente riferibili ad attività o beni produttivi di proventi imputabili a reddito, secondo quanto previsto dagli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986);
Ai sensi dell'articolo 61, comma 1, del TUIR, gli interessi passivi inerenti all'esercizio d'impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Pertanto, gli interessi passivi dei soggetti IRPEF imprenditori sono deducibili pro rata, nella stessa misura in cui i ricavi e proventi dell’impresa sono imponibili.
Ai sensi dell'articolo 109, comma 5 del TUIR, le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Pertanto, nei casi previsti agli articoli 61 e 109 del TUIR, il credito di imposta previsto all’articolo 3 non concorre a formare l’ammontare dei ricavi e proventi complessivi da imputare al denominatore, il cui aumento determinerebbe una riduzione della parte deducibile degli interessi passivi per i soggetti IRPEF e, per i soggetti IRES, di altre componenti negative indistintamente riferite a beni o attività produttivi di proventi computabili e non computabili ai fini delle imposte sui redditi.
§ è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
Il comma 4 stabilisce i criteri per avvalersi della possibilità di cedere il credito maturato in base al disposta dei commi 1 e 2.
In particolare la norma prevede che il credito d'imposta è cedibile, solo per intero, dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all'albo previsto dall'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385) società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all'albo (articolo 64 del medesimo decreto legislativo) ovvero imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del codice delle assicurazioni private (decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209).
Resta ferma l'applicazione delle disposizioni in materia di segnalazione delle operazioni sospette di previste all'articolo 122-bis, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima. I contratti di cessione conclusi in violazione del delle norme in commento sono nulli.
Il richiamato comma 4 stabilisce che i soggetti obbligati che intervengono nelle cessioni comunicate non procedono all'acquisizione del credito in tutti i casi in cui ricorrono i presupposti della segnalazione di operazioni sospette (articoli 35 e 42 del decreto legislativo n. 231 del 2007), fermi restando gli obblighi ivi previsti. Si ricorda che in base al testo del sopra citato articolo 35 per operazioni sospette si intendono le operazioni per le quali i soggetti obbligati sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa. Il sospetto può essere desunto da caratteristiche, entità e natura delle operazioni, dal loro collegamento o frazionamento o da qualsiasi altra circostanza conosciuta dai segnalanti in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica o dell’attività svolta dai soggetti cui le operazioni sono riferite.
Per una ricostruzione dettagliata della materia si rinvia alla consultazione della pagina web della UIF(Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia)-Banca d’Italia.
In caso di cessione del credito d'imposta, le imprese beneficiarie richiedono il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto al credito d'imposta di cui all’ articolo in esame.
Il visto di conformità è rilasciato ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, dai soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3 dell'articolo 3 del regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto (decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322) e dai responsabili dell'assistenza fiscale dei CAF costituiti dai soggetti di cui all'articolo 32 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997.
A tal fine si ricorda che i soggetti richiamati alle lettere a) e b) sono rispettivamente:
a) gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
b) i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria.
Mentre i soggetti abilitati alla costituzione dei centri di assistenza fiscale sono:
a) associazioni sindacali di categoria fra imprenditori, presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, istituite da almeno dieci anni;
b) associazioni sindacali di categoria fra imprenditori, istituite da almeno dieci anni, diverse da quelle indicate nella lettera a) se, con decreto del Ministero delle finanze, ne è riconosciuta la rilevanza nazionale con riferimento al numero degli associati, almeno pari al 5 per cento degli appartenenti alla stessa categoria, iscritti negli appositi registri tenuti dalla camera di commercio, nonché all'esistenza di strutture organizzate in almeno 30 province;
c) organizzazioni aderenti alle associazioni di cui alle lettere a) e b), previa delega della propria associazione nazionale;
d) organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti e pensionati od organizzazioni territoriali da esse delegate, aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti;
e) sostituti di cui all'art. 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, aventi complessivamente almeno cinquantamila dipendenti;
f) associazioni di lavoratori promotrici di istituti di patronato riconosciuti ai sensi del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti
Il credito d'imposta è utilizzato dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro la medesima data del 31 marzo 2023. Le modalità attuative delle disposizioni relative alla cessione e alla tracciabilità del credito d'imposta, da effettuarsi in via telematica, anche avvalendosi dei soggetti previsti dal richiamato comma 3 dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, sono definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.
Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 122-bis, nonché, in quanto compatibili, quelle di cui all'articolo 121, commi da 4 a 6, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 rispettivamente in materia di misure di contrasto alle frodi in materia di cessioni dei crediti, rafforzamento dei controlli preventivi e opzione per la cessione o per lo sconto in luogo delle detrazioni fiscali.
Il comma 5 dispone che entro il 16 febbraio 2023 i beneficiari del credito di cui ai commi 1 e 2, a pena di decadenza dal diritto alla fruizione del credito non ancora fruito, inviano all’Agenzia delle Entrate un’apposita comunicazione sull’importo del credito maturato nell’esercizio 2022.
Il contenuto e le modalità di presentazione della comunicazione sono definiti con provvedimento dell’Agenzia delle entrate da emanarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto in commento.
Il comma 6 specifica che le disposizioni dell’articolo si applicano nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato e che ai relativi adempimenti europei provvede il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Il comma 7 provvede alla copertura finanziaria stabilendo che agli oneri derivanti dal presente articolo, valutati in 183,77 si provvede ai sensi dell’articolo 43, alla cui scheda di lettura si rimanda.
Il comma 8 dispone che che il Ministero dell'economia e delle finanze effettua il monitoraggio delle fruizioni del credito d'imposta di cui al presente articolo, ai fini di quanto previsto dall'articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 che stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. La medesima procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri.
Articolo 3
(Misure a supporto delle imprese colpite
dall’aumento dei prezzi dell’energia)
L’articolo 3, ai commi 1, 2 e 5 interviene sulle garanzie che SACE è autorizzata a concedere – ai sensi dell’articolo 15 del D.L. n. 50/2022 – su finanziamenti bancari sotto qualsiasi forma alle imprese con sede in Italia, colpite dagli effetti economici negativi conseguenti all'aggressione russa all’Ucraina.
Il comma 1 prevede che le Garanzie SACE sui finanziamenti bancari concessi alle imprese per esigenze di pagamento delle fatture per consumi energetici, emesse nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022, siano prestate a titolo gratuito qualora il tasso di interesse applicato alla quota garantita del finanziamento non superi, al momento della richiesta di garanzia, il rendimento dei buoni del Tesoro poliennali (BTP).
Ai sensi del comma 2, l'ammontare garantito del finanziamento può essere elevato fino a coprire il fabbisogno di liquidità per i successivi 12 mesi per le piccole e medie imprese e per i successivi 6 mesi per le grandi imprese, in ogni caso entro un importo non superiore a 25 milioni di euro, a condizione che il beneficiario sia classificabile come impresa a forte consumo di energia.
Il comma 5 interviene sulle condizioni di accesso alla garanzia e sopprime il requisito per cui le imprese beneficiarie devono aver subìto una contrazione della produzione o della domanda. Contestualmente, nelle esigenze di liquidità delle imprese, esplicita che sono comprese quelle relative agli obblighi di fornire collaterali per le attività di commercio sul mercato dell'energia.
L’articolo 3, al comma 4, modifica le condizioni per il rilascio della riassicurazione SACE dei crediti da fattura energetica - consentita dall’articolo 8 del D.L. 21/2022 - sopprimendo l’inciso che limitava l’operatività della misura alle sole imprese con fatturato non superiore a 50 milioni di euro (lett. a)). Contestualmente, consente che la garanzia SACE possa essere rilasciata a titolo gratuito nei casi in cui il premio applicato dalle imprese di assicurazione non superi la componente di rendimento applicabile dei Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) di durata media pari a 12 mesi (lett. b)).
Ai sensi del comma 3, la garanzia del Fondo di garanzia PMI, su finanziamenti individuali, successivi al 24 settembre 2022 e destinati alla copertura del pagamento delle fatture energetiche, emesse nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022, può essere concessa a titolo gratuito, laddove siano rispettate le medesime condizioni previste dal comma 1 per la gratuità delle garanzie SACE. La garanzia del Fondo copre l'80 per cento dell'importo del finanziamento a favore di tutte le imprese, a prescindere dalla classe di merito di credito di appartenenza di esse.
Il comma 6 interviene sull’articolo 64, comma 3 del D.L. n. 76/2020 che disciplina la procedura di rilascio delle garanzie SACE nell'ambito di finanziamenti volti a favorire progetti riconducibili al green new deal. Il comma, in particolare, innalza da 200 a 600 milioni di euro il limite di ammontare garantito previsto, oltre il quale il rilascio della garanzia SACE è subordinato alla decisione ministeriale.
Le misure contenute nell’articolo sono subordinate, ai sensi del comma 7, alla approvazione della Commissione europea.
Il comma 8 reca norme di copertura finanziaria degli interventi, a valere su risorse già disponibili a legislazione vigente.
Come evidenzia la relazione illustrativa, la norma si pone nel solco degli interventi a supporto delle esigenze di liquidità delle imprese attinte dal rincaro dell'energia sviluppati negli ultimi mesi, all'interno del quadro di deroga straordinaria alla disciplina in materia di aiuti di Stato “Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia a seguito dell'aggressione della Russia contro l'Ucraina”, cd. Quadro temporaneo, per il quale si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.
Le misure contenute nell’articolo in esame sono infatti subordinate alla approvazione della Commissione europea (comma 7).
Nel dettaglio, i commi 1, 2 e 5 intervengono sulle garanzie che SACE è autorizzata a concedere – ai sensi dell’articolo 15 del D.L. n. 50/2022 - in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma, inclusa l’apertura di credito, alle imprese con sede in Italia, colpite dagli effetti economici negativi derivanti dall'aggressione russa all’Ucraina, dalle sanzioni conseguenti e dalle eventuali misure ritorsive della Federazione Russa.
Il comma 1 prevede che le Garanzie SACE sui finanziamenti bancari concessi alle imprese per esigenze di pagamento delle fatture per consumi energetici, emesse nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022, siano prestate a titolo gratuito, qualora il tasso di interesse applicato alla quota garantita del finanziamento non superi, al momento della richiesta di garanzia, il rendimento dei buoni del Tesoro poliennali (BTP) di durata media pari o immediatamente superiore al finanziamento concesso.
Rimane fermo che il costo del finanziamento dovrà essere limitato al recupero dei costi ed essere inferiore al costo che sarebbe stato richiesto per operazioni con le medesime caratteristiche ma prive della garanzia SACE, come documentato e attestato dal rappresentante legale dei soggetti eroganti.
A tali fini, i finanziatori sono tenuti ad indicare, in sede di richiesta di garanzia, nonché nel contratto di finanziamento stipulato, le condizioni economiche di maggior favore applicate ai beneficiari.
Quanto previsto dal comma opera entro i massimali degli aiuti «de minimis», di quelli di cui al sopra citato Quadro temporaneo e degli aiuti in esenzione per categoria.
Ai sensi del comma 2, l'ammontare garantito del finanziamento può essere elevato fino a coprire il fabbisogno di liquidità per i successivi 12 mesi per le piccole e medie imprese e per i successivi 6 mesi per le grandi imprese, in ogni caso entro un importo non superiore a 25 milioni di euro, a condizione che il beneficiario sia classificabile come impresa a forte consumo di energia, dunque, come impresa i cui costi di acquisto dei prodotti energetici (compresi quelli diversi dal gas naturale e dall'energia elettrica) siano pari almeno al 3 per cento del valore produttivo. Il comma 2 richiama infatti l'articolo 17, par. 1, let. a) della Direttiva 2003/96/CE (cd. direttiva sulla tassazione dell'energia). Il fabbisogno deve essere attestato mediante apposita autocertificazione resa dal beneficiario.
Viene sempre richiamata la compatibilità con il Quadro temporaneo.
Il comma 5 interviene sulle condizioni di accesso alla garanzia SACE e con una novella al comma 1 dell’articolo 15 del D.L. 50:
§ sopprime il requisito per cui le imprese beneficiarie devono aver subìto una « contrazione della produzione o della domanda». Rimane la dimostrazione che la crisi in atto comporta dirette ripercussioni economiche negative sull'attività d'impresa dovute a perturbazioni nelle catene di approvvigionamento dei fattori produttivi, in particolare materie prime e semilavorati, o rincari o cancellazione di contratti con controparti aventi sede legale in Russia, Bielorussia o Ucraina, ovvero che l'attività d'impresa sia limitata o interrotta quale conseguenza immediata e diretta dei rincari dei costi energetici riconducibili alla crisi e che le esigenze di liquidità siano ad esse riconducibili (lett. a));
§ nelle esigenze di liquidità delle imprese, comprende quelle relative agli obblighi di fornire collaterali per le attività di commercio sul mercato dell'energia. Come evidenzia la relazione illustrativa, vengono così incluse le esigenze di circolante necessarie alle imprese produttrici e fornitrici di energia per la copertura di collaterali richiesti nell'ambito delle attività di negoziazione sul mercato dell'energia.
Il comma 4 modifica le condizioni per il rilascio della riassicurazione SACE dei crediti da fattura energetica, consentita dall’articolo 8, comma 3 del D.L. 21/2022. Ai sensi di tale articolo, SACE S.p.A. è autorizzata a concedere in favore delle imprese di assicurazione autorizzate all'esercizio del ramo credito e cauzioni una garanzia pari al 90% degli indennizzi generati dalle esposizioni relative ai crediti vantati dai fornitori di energia elettrica e gas naturale residenti in Italia, per effetto dell'inadempimento delle imprese sulle fatture emesse entro il 30 giugno 2023 relative ai consumi energetici effettuati fino al 31 dicembre 2022, conformemente alle modalità di garanzia già fissate per sostenere la liquidità delle imprese assicurative durante il periodo pandemico. Sulle obbligazioni di SACE S.p.A. opera, anche in questo caso, di diritto, la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso.
Il comma 4 interviene su tale disciplina e:
§ sopprime l’inciso che limitava l’operatività della misura alle sole imprese con fatturato non superiore a 50 milioni di euro alla data del 31 dicembre 2021 (lett. a) che modifica il comma 3 dell’articolo 8).
La relazione illustrativa motiva l’intervento in ragione del fatto che le imprese con fatturato superiore a 50 milioni di euro sono soggette alle conseguenze economiche negative derivanti dall'aumento dei prezzi delle forniture energetiche al pari, se non in misura superiore, di quelle con fatturato non superiore.
§ consente che la garanzia SACE possa essere rilasciata a titolo gratuito nei casi in cui il premio applicato dalle imprese di assicurazione non superi la componente di rendimento applicabile dei Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) di durata media pari a 12 mesi vigente al momento della pubblicazione della proposta di convenzione da parte di SACE S.p.A. Il costo dell'operazione, sulla base di quanto documentato e attestato dal rappresentante legale delle imprese di assicurazione, dovrà essere limitato al recupero dei costi. Ai fini dell'accesso gratuito alla garanzia, le imprese di assicurazione sono tenute ad indicare, nella prima rendicontazione periodica inviata a SACE S.p.A., le condizioni economiche di maggior favore applicate per ciascuna esposizione (lett. b) che aggiunge un nuovo comma 5-bis nell’articolo 8).
Il comma 8 dispone in ordine alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni di cui ai sopra indicati commi 1, 2 e 4 disponendo che ad essi si proveda a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente sul Fondo a copertura delle garanzie concesse da SACE per far fronte alla crisi di liquidità delle imprese conseguente alla pandemia (di cui all'art. 1, comma 14, del D.L. n. 23/2020 (L. n. 40/2020)).
A questo proposito, la relazione tecnica evidenzia che, al 30 giugno 2022 - data di cessazione della concedibilità delle garanzie SACE di cui al citato D.L. n. 23/2020 – le risorse libere sul Fondo ammontano a 25 miliardi di euro.
Quanto specificamente al comma 4, l’articolo 8, comma 6 del D.L. n. 21/2022 ha già creato, a valere sulle risorse disponibili del Fondo di cui all'art. 1, comma 14, del D.L. n. 23/2020, una riserva di 2 miliardi. L’importo libero del Fondo, sopra indicato, è anche al netto di tale ultimo intervento.
La relazione illustrativa precisa che lo schema di intervento previsto al comma 4 è già stato notificato alla Commissione europea.
Con riferimento alle misure temporanee di sostegno alla liquidità delle piccole e medie imprese, il comma 3 dispone che la garanzia del Fondo di garanzia PMI, su finanziamenti individuali, successivi al 24 settembre 2022 (data di entrata in vigore del decreto legge) e destinati alla copertura dei costi d'esercizio per il pagamento delle fatture, per consumi energetici, emesse nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022, può essere concessa, a titolo gratuito, laddove siano rispettate le medesime condizioni previste dal comma 1 per la gratuità delle garanzie SACE, dunque, a condizione che le banche concedano finanziamenti a tassi vantaggiosi (calmierati al rendimento annuo minimo del buono del Tesoro poliennale di durata pari al finanziamento).
La garanzia del Fondo è concessa nella misura massima dell'80 per cento dell'importo dell'operazione finanziaria a favore di tutte le imprese, a prescindere dalla classe di merito di credito di appartenenza delle medesime, attribuito loro in applicazione del modello di rating adottato dal Fondo (parte IX, lettera A, delle Disposizioni Operative del Fondo).
Ai sensi del comma 8, alla copertura degli oneri derivanti dal comma 3, si provvede a valere sulle risorse già disponibili a legislazione vigente sul Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, entro il limite massimo di impegno ivi indicato.
A questo proposito, la relazione tecnica evidenzia che, al 31 agosto 2022, le risorse libere sul Fondo ammontano a 3,7 miliardi di euro con una disponibilità residua stimata al 31 dicembre 2022 pari a 2,5 miliardi di euro.
Il comma 6 interviene sull’articolo 64, comma 3 del D.L. n. 76/2020 che disciplina la procedura di rilascio delle garanzie da parte della SACE nell'ambito di finanziamenti volti a favorire progetti riconducibili al green new deal.
Il comma, in particolare innalza da 200 a 600 milioni di euro il limite di ammontare garantito previsto, oltre il quale il rilascio della garanzia SACE è subordinato alla decisione, con decreto, del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro della transizione ecologica, sulla base dell'istruttoria trasmessa dalla SACE S.p.A.
La legge di bilancio 2020 ha costituito presso il Ministero dello sviluppo economico un Fondo da ripartire a supporto di progetti economicamente sostenibili, che abbiano come obiettivo:
§ la decarbonizzazione dell'economia,
§ l'economia circolare, il supporto all'imprenditoria giovanile e femminile,
§ la riduzione dell'uso della plastica a favore di materiali alternativi,
§ la rigenerazione urbana,
§ il turismo sostenibile,
§ l'adattamento e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico e, in generale,
§ programmi di investimento e progetti a carattere innovativo e ad elevata sostenibilità ambientale, in coerenza con il Green Deal europeo (COM(2019) 640).
Per il sostegno a tali progetti - definiti come "Green and Innovation Deal italiano" - il Ministero dell'economia e finanze è stato autorizzato ad intervenire attravrso la concessione di una o più garanzie, a titolo oneroso, nonchè attraverso la partecipazione indiretta in quote di capitale di rischio e/o di debito, anche di natura subordinata. Il Fondo è stato dotato di 470 milioni di euro per l'anno 2020, di 930 milioni di euro per l'anno 2021 e di 1.420 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 (legge 27 dicembre 2019, n. 160 , articolo 1, commi da 85 a 89).
L'articolo 64 del D.L. n. 76/2020 (L. n. 120/2020) ha disciplinato il rilascio delle garanzie da parte della SACE (società partecipata dal MEF) nell'ambito dei finanziamenti volti a favorire i suddetti progetti. La norma ha previsto che SACE S.p.A. assuma le garanzie nel limite di 2.500 milioni di euro per l'anno 2020 e, per gli anni successivi, nei limiti di impegno assumibili fissati annualmente dalla legge di bilancio, (comma 2).
Il comma 3, in particolare, ha previsto che il rilascio da parte di SACE S.p.A. delle garanzie di importo pari o superiore a 200 milioni di euro fosse subordinato alla decisione assunta con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro della transizione ecologica, sulla base dell'istruttoria trasmessa da SACE S.p.A
La relazione illustrativa afferma che l’intervento di cui al comma 6 è volto a semplificare e a rendere più celere il procedimento di rilascio delle garanzie, consentendo, in tal modo, di soddisfare con maggiore prontezza il bisogno di liquidità delle imprese volte a realizzare progetti conformi agli obiettivi della transizione ecologica e della diversificazione e autosufficienza delle fonti energetiche.
Articolo 4
(Disposizioni in materia di accisa e di imposta
sul valore aggiunto su alcuni carburanti)
L’articolo 4 conferma, a decorrere dal 18 ottobre 2022 e fino al 31 ottobre 2022, la già disposta riduzione delle aliquote di accisa applicabili ad alcuni prodotti energetici utilizzati come carburanti e l’applicazione di un’aliquota IVA ridotta, pari al 5 per cento, alle forniture di gas naturale impiegato in autotrazione.
L’articolo in esame prevede una serie di misure, applicabili dal 18 al 31 ottobre 2022, volte a contenere gli effetti economici derivanti dall'eccezionale incremento dei prezzi dei prodotti energetici, riproponendo in sostanza misure già disposte coi precedenti decreti-legge in materia energetica (n. 17, n. 21, n. 50 e n. 115 del 2022; in particolare, la norma in commento ripropone, con termini diversi e prorogati, quanto disposto dall’articolo 8 del decreto-legge n. 115 del 2022).
La lettera a) del comma 1 prevede la riduzione delle aliquote di accisa applicabili ad alcuni prodotti energetici utilizzati come carburanti. In particolare, sono rideterminate le aliquote di accisa, riducendo quelle sulla benzina, sul gasolio e sui gas di petrolio liquefatti (GPL) impiegati come carburanti, e azzerando l’accisa per il gas naturale per autotrazione.
La lettera b), in linea con la normativa dell’Unione europea, stabilisce, per il periodo di applicabilità della norma in esame, l’applicazione di un’aliquota di imposta del valore aggiunto (IVA) ridotta, pari al 5 per cento, alle forniture di gas naturale impiegato in autotrazione.
Si ricorda che la direttiva (UE) 2022/542 che ha modificato le direttive 2006/112/CE e (UE) 2020/285 per quanto riguarda le aliquote dell’imposta sul valore aggiunto, include il gas naturale tra i beni che possono essere assoggettati ad un’aliquota ridotta non inferiore al 5 per cento, ponendo un limite temporale a tale agevolazione, fissato al 1° gennaio 2030.
Il comma 2 dell'articolo 8, in conseguenza della riduzione dell’aliquota applicabile al gasolio usato come carburante stabilita dal comma 1, lettera a), numero 2), a decorrere dal 18 ottobre al 31 ottobre 2022, sospende l’applicazione dell’aliquota di accisa differenziata sul “gasolio commerciale” (ovvero il gasolio consumato dai soggetti operanti nel trasporto merci e passeggeri) di cui al numero 4-bis della Tabella A, allegata al decreto legislativo n. 504 del 1995 (Testo unico delle accise - TUA), che risulterebbe meno favorevole rispetto alla prima.
L’articolo 7 della direttiva 2003/96/CE consente agli Stati membri di differenziare l’aliquota di accisa sul gasolio per autotrazione, in relazione all’uso “commerciale” o “non commerciale” del carburante, imponendo ai medesimi Stati di rispettare l’aliquota minima prevista per il gasolio e di garantire che l’aliquota applicabile al gasolio impiegato nell’uso “commerciale” non sia comunque inferiore al valore che l’aliquota di accisa sul gasolio impiegato per autotrazione aveva, nel medesimo Stato, alla data del 1° gennaio 2003. Pertanto, in presenza di una differenziazione dell’aliquota di accisa sul gasolio impiegato come carburante, al gasolio consumato dai soggetti operanti nel trasporto merci e passeggeri di cui all’articolo 24-ter del TUA (“gasolio commerciale”) non può essere applicata un’aliquota di accisa inferiore a 403 euro per mille litri. Poiché comma 1, lettera a), numero 2) dell’articolo in esame ha rideterminato l’aliquota di accisa sul gasolio in una misura inferiore alla soglia di 403 euro per mille litri, la sospensione temporanea della differenziazione tra “uso commerciale” e uso “non commerciale” del gasolio, consente l'applicazione della riduzione anche ai soggetti operanti nel trasporto merci e passeggeri che sarebbero altrimenti rimasti esclusi in virtù dei limiti posti dalla legslazione europea.
Si rammenta che l’articolo 1 (commi 1 e 2) del decreto legge n. 21 del 2022 ha disposto la riduzione delle aliquote di accisa sui carburanti dal 22 marzo 2022 (in origine, fino al 21 aprile 2022). Successivamente il decreto legge n. 38 del 2022, incoroporato poi nell'articolo 1-bis del decreto legge n. 21 del 2022, ha disposto la proroga delle riduzioni, azzerando altresì l’accisa sul gas naturale usato per autotrazione e riducendo l’aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas naturale per autotrazione.
Il medesimo decreto-legge n. 21 del 2022 (articolo 1, comma 8) ha disposto, fino al 31 dicembre 2022, la riattivazione del sistema di rideterminazione delle aliquote di accisa mediante con decreto ministeriale - disciplinata dall'articolo 1, comma 290, della legge n. 244 del 2007 –, consentendo la riduzione d’accisa sui carburanti a fronte dell’accertamento di maggiori entrate IVA derivanti da uno scostamento significativo del prezzo internazionale del greggio. Tale meccanismo è stato modificato e perfezionato consentendo, tra l’altro, l’emanazione del decreto con cadenza diversa da quella trimestrale.
Di conseguenza, le riduzioni dell’accisa sui carburanti sono state disposte per effetto del decreto-legge n. 21 del 2022 come convertito in legge (e, nelle more della conversione, per effetto dei DM 18 marzo 2022 e 6 aprile 2022), per il periodo dal 22 marzo fino all’8 luglio 2022; successivamente, tali misure sono state confermate dai decreti ministeriali 24 giugno 2022 (GU n. 154 del 4 luglio 2022 per il periodo dal 9 luglio 2022 al 2 agosto 2022) e 19 luglio 2022 (GU Serie Generale n.172 del 25 luglio 2022), quest’ultimo avente efficacia dal 3 agosto 2022 fino al 21 agosto 2022).
Sul punto è poi intervenuto l’articolo 8 del decreto-legge n. 115 del 2022 che ha previsto, a decorrere dal 22 agosto 2022 e fino al 20 settembre 2022, la riduzione delle aliquote di accisa applicabili ad alcuni prodotti energetici utilizzati come carburanti e l’applicazione di un’aliquota IVA ridotta, pari al 5 per cento, alle forniture di gas naturale impiegato in autotrazione.
Con il decreto ministeriale del 30 agosto 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 2022, le misure ridotte di accisa su benzina, gasolio, GPL e gas naturale per autotrazione (accisa zero), nonché l’Iva al 5 per cento sul gas naturale per autotrazione sono state prorogate fino al 5 ottobre 2022.
Con il comunicato stampa pubblicato il 13 settembre 2022 dal MEF e dal MITE è stata annunciata la firma di un ulteriore decreto interministeriale che proroga fino al 17 ottobre le misure attualmente in vigore per ridurre il prezzo finale dei carburanti.
Con le norme in commento (articolo 4) si consente di prorogare con norma primaria le riduzioni di accise e IVA fino al 31 ottobre 2022.
Di seguito si riporta una tabella riepilogativa che illustra, per i prodotti energetici coinvolti nelle misure in esame e utilizzati come carburanti, la misura dell’accisa minima stabilita in sede comunitaria, la misura dell’accisa vigente al 21 marzo 2022 e quella disposta dalle norme in esame e dai decreti ministeriali sopra citati.
Prodotto |
Unità di misura |
Accisa Minima UE |
Accisa nazionale al 21 marzo 2022 |
Accisa nazionale dal 22 marzo al 31 ottobre 2022 |
Benzina con piombo |
Euro/1000 l |
421 |
728,40 |
478,40 |
Benzina |
Euro/1000 l |
359 |
728,40 |
478,40 |
Gasolio |
Euro/1000 l |
330 |
617,40 |
367,40 |
GPL |
Euro/1000 kg |
125 |
267,77 |
182,61 |
Si rammenta che l’azzeramento dell’accisa sul gas naturale usato per autotrazione e la riduzione al 5% dell’Iva operano dal 3 maggio 2022 (come disposto dal decreto-legge n. 38 del 2022, poi abrogato e incorporato nel decreto-legge n. 21 del 22 dalla relativa legge di conversione, con salvezza degli effetti nel frattempo prodottisi).
Per una panoramica delle misure contro i rincari energetici adottate dal Governo, si rinvia al relativo tema web.
Il comma 3 stabilisce che gli esercenti i depositi commerciali di prodotti energetici assoggettati ad accisa e gli esercenti gli impianti di distribuzione stradale di carburanti dovranno trasmettere all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM), entro il 10 novembre 2022, i dati relativi ai quantitativi dei prodotti per i quali il comma 1, lettera a) stabilisce riduzioni delle relative aliquote di accisa (benzina, gasolio GPL e gas naturale allo stato liquido GNL, destinati all’impiego come carburanti) che risultassero giacenti nei propri impianti alla data del 30 ottobre 2022. La norma stessa precisa che la comunicazione non dovrà essere effettuata dai predetti soggetti qualora con un successivo provvedimento si dovessero prorogare le misure previste dal comma 1, lettera a).
Il comma 4 individua la sanzione amministrativa applicabile nel caso di mancata comunicazione all'ADM nel caso in cui non sia disposta la proroga. Si tratta del pagamento di una somma di denaro da 500 euro a 3.000 euro previsto dall'articolo 50, comma 1, del TUA, per l'inosservanza di prescrizioni e regolamenti.
Il comma 5 prevede l’applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni previste dall’articolo 1-bis, commi 5 e 6, del decreto legge n. 21 del 2022, finalizzate a prevenire il rischio di manovre speculative derivanti dalla diminuzione delle aliquote di accisa previste dall’articolo 1, comma 1, lettera a) nonché dalla diminuzione dell’aliquota IVA sul gas naturale, di cui alla successiva lettera b). Le disposizioni richiamate prevedono il coinvolgimento del Garante per la sorveglianza dei prezzi, il quale, per monitorare l'andamento dei prezzi, anche relativi alla vendita al pubblico, dei prodotti energetici sottoposti ad accisa agevolata praticati nell'ambito dell'intera filiera di distribuzione commerciale dei medesimi prodotti, può avvalersi, tra l'altro, anche del supporto operativo della Guardia di finanza.
Infine il comma 6 provvede ad individuare la copertura finanziaria delle riduzioni delle aliquote di accisa e dell’IVA previste dal comma 1 rinviando alla norma generale di copertura del provvedimento (articolo 43).
L’articolo 5, comma 1, incrementa di 200 milioni di euro per l’anno 2022 l’importo del contributo straordinario autorizzato dal D.L. n. 17/2022 per garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti locali, in relazione alla maggiore spesa per utenze di energia elettrica e gas derivante dalla crisi energetica. L’incremento di risorse è destinato per 160 milioni di euro in favore dei comuni e per 40 milioni di euro in favore delle città metropolitane e delle province.
In particolare, il comma 1 dispone l’incremento del contributo straordinario riconosciuto agli enti locali dall’articolo 27, comma 2, del D.L. n. 17 del 2022 (c.d. decreto energia), come successivamente rifinanziato dal D.L. n. 50/2022 (c.d. decreto Aiuti) e D.L. n. 115/2022 (decreto Aiuti-bis), finalizzato a garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti in relazione alla maggiore spesa da essi sostenuta per le utenze di energia elettrica e gas, in conseguenza della crisi energetica.
L’incremento è disposto nell’importo di 200 milioni di euro per il 2022, di cui 160 milioni ai comuni e 40 milioni a città metropolitane e province.
Alla ripartizione del contributo tra gli enti interessati si provvede con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro il 31 ottobre 2022, in relazione alla spesa sostenuta per utenze di energia elettrica e gas.
Si rammenta che il D.L. n. 17 del 2022 (c.d. decreto energia), all’articolo 27, comma 2, ha autorizzato un primo contributo straordinario agli enti locali finalizzato a garantire la continuità dei servizi erogati, da ripartire in relazione alla spesa sostenuta dagli enti per utenze di energia elettrica e gas. A tal fine è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un apposito fondo con una dotazione di 250 milioni di euro per l’anno 2022, da destinare, per 200 milioni di euro in favore dei comuni e per 50 milioni di euro in favore delle città metropolitane e delle province.
Per la ripartizione del fondo tra gli enti interessati, la norma prevede che si provveda con decreto del Ministro dell'interno - di concerto con il Ministro dell'economia e finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali - entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione[1] del D.L. n. 17/2022 (vale a dire, entro il 28 maggio 2022), tenendo conto della spesa sostenuta dagli enti per utenze di energia elettrica e gas, secondo i dati risultanti dal SIOPE-Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici.
Al riparto delle risorse autorizzate dal D.L. n. 17/2022 si è provveduto con decreto del Ministro dell’interno 1 giugno 2022.
Il Fondo è stato successivamente incrementato di 170 milioni di euro per l’anno 2022, dall’articolo 40, comma 3, del D.L. n. 50/2022, destinato per 150 milioni di euro in favore dei comuni e per 20 milioni di euro in favore delle città metropolitane e delle province, da ripartire tra gli enti in relazione alla spesa per utenze di energia elettrica e gas entro il 30 giugno 2022.
Al relativo riparto si è provveduto con il decreto del Ministro dell’interno 22 luglio 2022.
Un ulteriore incremento del Fondo è poi stato disposto dall’articolo 16, comma 1, del D.L. n. 115/2022, per 400 milioni di euro per l’anno 2022, di cui 350 milioni ai comuni e 50 milioni a città metropolitane e province, da ripartirsi, con i medesimi criteri, entro il 30 settembre 2022. Il relativo decreto non risulta al momento ancora emanato.
Stante il rifinanziamento disposto dal comma in esame, il contributo straordinario per la continuità dei servizi erogati dagli enti locali è arrivato all’ammontare di 1.020 milioni di euro per l’anno 2022, di cui:
§ 860 milioni destinati ai comuni;
§ 160 milioni destinati a città metropolitane e province.
Alla copertura dei relativi oneri si provvede ai sensi del successivo articolo 43 (alla cui scheda si rinvia) (comma 2).
I commi 3, 4 e 6 dell’articolo 5 definiscono un nuovo intervento per incrementare di 1.400 milioni di euro le risorse previste per il finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard, finalizzato a far fronte ai maggiori costi dati dall’aumento dei prezzi delle fonti energetiche e al perdurare degli effetti della pandemia.
In particolare, il comma 3 assegna agli enti del Servizio sanitario nazionale, tenuto conto del monitoraggio dei conti del settore sanitario, una integrazione del finanziamento vigente per un totale di 1.400 milioni di euro nel 2022, di cui 1.000 milioni risultano già appostati a bilancio dalla legge di assestamento 2022 (L. n. 111/2022).
Il totale delle risorse a legislazione vigente, per le finalità di compensazione dei maggiori costi energetici, ammonta dunque a 1.600 milioni di euro, tenuto conto della previsione di +200 milioni già fissata dal DL. 50/2022 (art. 40, v. infra).
Il comma 4 prevede che alla ripartizione delle risorse di cui al comma 3, oltre che delle risorse di cui all’articolo 40, comma 1, del DL n. 50 del 2022[2] (L. n. 91/2022) verrà effettuato con decreto del Ministero della salute, di concerto con il MEF, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, sulla base delle quote di accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l’anno 2022. Come per la precedente integrazione di risorse (v. box), a tale riparto è previsto che accedano tutte le regioni e le province autonome, in deroga alle disposizioni legislative per le autonomie speciali relative al concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente.
Il comma 6 prevede la copertura degli effettivi oneri derivanti dal comma 3, vale a dire 400 milioni di euro per l’anno 2022, a valere sull'articolo 43 del presente provvedimento che stabilisce le risorse per il finanziamento del complesso degli interventi previsti.
L’incremento si presenta necessario in quanto l’aumento in questione non era preventivabile al momento della definizione del fabbisogno sanitario relativo all’anno 2022, in base a quanto previsto dall’art. 1, comma 258, della legge di bilancio 2022 (L. n. 234/2021).
Si ricorda che il nuovo livello del fabbisogno sanitario nazionale, che rappresenta il finanziamento complessivo della sanità pubblica e accreditata in Italia, è stato da ultimo fissato dalla legge di Bilancio 2022 (L. n. 234/2021) in 124.061 milioni di euro per il 2022, 126.061 milioni per il 2023 e 128.061 milioni per l'anno 2024[3].
L’articolo 40, comma 1, del DL. 50/2022, poi convertito dalla legge n. 91/2022, aveva già previsto, a causa dell’aumento dei prezzi delle fonti energetiche, una misura per far fronte ai maggiori costi a carico degli enti del SSN per l’anno 2022, disponendo un incremento di 200 milioni di euro del livello del finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale cui concorre lo Stato per tale anno.
Anche in questo caso il riparto delle maggiori risorse è stato previsto a beneficio di tutte le Regioni, incluse quelle a statuto speciale, e delle province autonome, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente.
L’accesso al finanziamento del fabbisogno sanitario tiene conto di quanto previsto ai sensi della legge n. 296/2006, art. 1, comma 830, che stabilisce la compartecipazione delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti previste a legislazione vigente, quali le entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti) e la fiscalità generale delle regioni, vale a dire IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF. Fa eccezione la sola Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è determinata in misura fissa dal 2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario.
Articolo 5, comma 5
(Contributo una tantum in favore delle
strutture sanitarie private accreditate)
Il comma 5 dell’articolo 5 prevede la possibilità di riconoscimento per il 2022, da parte delle regioni e delle province autonome, di un contributo una tantum in favore delle strutture sanitarie private accreditate e titolari di accordi contrattuali con il Servizio sanitario del medesimo ente territoriale[4]; la misura massima di tale contributo, previsto in relazione all'incremento del costo sostenuto per le utenze relative all'energia elettrica e al gas, è pari allo 0,8 per cento del limite di finanziamento pubblico della struttura previsto per l'anno 2022 in base al singolo accordo contrattuale; il contributo può essere riconosciuto nell'ambito delle risorse - pari, complessivamente, a 1.600 milioni di euro, per il 2022 - di cui al comma 4 del presente articolo 5, ripartite con decreto ministeriale, emanato secondo la procedura di cui al medesimo comma 4[5].
Il contributo in oggetto è in ogni caso subordinato alla presentazione di un'apposita rendicontazione - da parte della struttura interessata - dell’incremento di costo complessivo sostenuto nel medesimo anno 2022 per le utenze relative all'energia elettrica e al gas (si ricorda che le finalità di cui al precedente comma 3, richiamate dal comma 5 in esame, concernono anche il sostegno alle strutture in relazione agli effetti della pandemia).
Il contributo può essere riconosciuto anche in deroga al limite di spesa previsto per l'acquisto - da parte del Servizio sanitario regionale - di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera[6].
Si valuti l'opportunità di chiarire se la possibilità del riconoscimento del contributo di cui al presente comma 5 riguardi solo le strutture sanitarie private - titolari dei suddetti accordi contrattuali - o anche gli altri soggetti privati che, ai sensi del richiamato articolo 8-quinquies del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, possono essere titolari dei medesimi accordi - ovvero strutture socio-sanitarie, professionisti sanitari e organizzazioni autorizzate per l'erogazione di cure domiciliari[7] -.
Il presente comma 5 opera infine un richiamo al principio della garanzia dell’equilibrio economico del Servizio sanitario regionale.
Articolo 6
(Disposizioni urgenti in materia di trasporto pubblico
locale e regionale)
L’articolo 6 reca disposizioni urgenti in materia di trasporto, volte a sostenere gli operatori del settore a fronte degli eccezionali aumenti del costo dei carburanti e dell’energia verificatisi in dipendenza della crisi bellica russo-ucraina. La straordinaria necessità e urgenza di adottare misure per contenere gli effetti derivanti dall’aumento del costo dell'energia e dei carburanti e per contrastare gli effetti economici della grave crisi internazionale, anche in ordine allo svolgimento delle attività produttive, costituiscono, infatti, i presupposti di adozione del decreto-legge.
Il comma 1 della disposizione in esame incrementa la dotazione del fondo istituito dall’articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 115 del 2022 (c.d. aiuti bis), aggiungendo, ai 40 milioni già stanziati, ulteriori 100 milioni di euro per fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei carburanti e dei prodotti energetici in relazione all'erogazione di servizi di trasporto pubblico locale e regionale di passeggeri su strada, lacuale, marittimo e ferroviario, sottoposto a obbligo di servizio pubblico.
Nello specifico, le nuove risorse sono destinate a riconoscere agli esercenti servizi di trasporto pubblico locale e regionale su strada, lacuale, marittimo o ferroviario un contributo, calcolato sulla base dei costi sostenuti nell’analogo periodo 2021, per l'incremento di costo, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, sostenuto nel terzo quadrimestre 2022, per l'acquisto del carburante.
Si valuti l’opportunità di aggiungere, dopo le parole: “il fondo di cui al medesimo articolo 9”, le parole: “comma 1”, dal momento che al comma 3 è istituito un diverso fondo, destinato ai soli esercenti servizi di trasporto di persone su strada, non interessato dalla previsione normativa.
Analogamente a quanto stabilito dall’articolo 9 del citato decreto-legge n. 115 del 2022 per le risorse ivi stanziate (e rinviando al relativo dossier di documentazione per ogni approfondimento), il comma 2 rimette al MIMS la definizione, con decreto da adottare entro il 31 ottobre 2022, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e previa acquisizione dell’intesa in sede di Conferenza Unificata, dei criteri di riparto delle risorse tra gli enti territoriali competenti per i servizi di trasporto pubblico e regionali interessati e delle modalità per il riconoscimento, da parte dell’ente concedente ovvero affidante il servizio di trasporto pubblico, del predetto contributo:
§ alle imprese di trasporto pubblico locale e regionale;
§ alla gestione governativa della ferrovia circumetnea;
§ alla concessionaria del servizio ferroviario Domodossola-confine svizzero;
§ alla gestione governativa navigazione laghi;
§ agli enti affidanti nel caso di contratti di servizio grosscost (si tratta dei contratti nei quali il rischio commerciale rimane in capo al concedente che è chiamato a farsi integralmente carico delle eventuali perdite, in ciò differenziandosi dal contratto di concessione nel quale, com’è noto, il rischio è trasferito al concessionario).
Con tale decreto sono altresì stabilite le relative modalità di rendicontazione.
Ai sensi del successivo comma 3, per finalità di semplificazione e uniformità, è consentito ricorrere alle procedure delineate ai commi 1 e 2 anche per il riparto ed il riconoscimento delle risorse in parola per ristorare gli operatori per l’aumento dei costi sostenuti nel secondo quadrimestre 2022.
Al proposito, è stabilito che le risorse che dovessero eventualmente residuare a seguito del riparto possono essere destinate ad incrementare la quota volta al riconoscimento dei contributi per il secondo quadrimestre 2022 (comma 4).
Infine, il comma 5 reca la copertura finanziaria, disponendo che agli oneri derivanti dall’applicazione del presente articolo, pari a 100 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede ai sensi dell’articolo 43, cui si rinvia.
Articolo 7
(Contributi a fondo perduto per enti sportivi
che gestiscono impianti sportivi e piscine)
L’articolo 7 dispone, per il 2022, un incremento di 50 milioni di euro del «Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano», da destinare all’erogazione di contributi a fondo perduto per le associazioni e società sportive dilettantistiche, per le discipline sportive, per gli enti di promozione sportiva e per le federazioni sportive, anche nel settore paralimpico, che gestiscono impianti sportivi e piscine. Con decreto dell’Autorità politica delegata in materia di sport, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, sono individuati le modalità e i termini di presentazione delle richieste di erogazione dei contributi, i criteri di ammissione, le modalità di erogazione, nonché le procedure di controllo, da effettuarsi anche a campione.
La misura si colloca nel più ampio contesto normativo dei sostegni e contributi alle realtà del settore sportivo, finalizzati a mitigare prima l’impatto dell’emergenza pandemica, poi della crisi economica e del caro prezzi.
Essa si pone in linea di continuità con due disposizioni recenti, di cui sostanzialmente, pur con alcune differenze, replica il nucleo essenziale, con l’obiettivo di offrire un apposito sostegno a quelle realtà del mondo sportivo che, gestendo impianti e piscine, versano in una situazione di particolare criticità.
La prima, in ordine di tempo, è l’art. 9, comma 3, del D.L. 4/2022. Questo ha previsto che le risorse del «Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano» di cui all’art. 1, comma 369, della L. 205/2017 possano essere parzialmente destinate all'erogazione di contributi a fondo perduto per le associazioni e società sportive dilettantistiche che gestiscono impianti sportivi, maggiormente colpite dalle restrizioni. Una quota delle risorse, fino al 30% della dotazione complessiva del fondo, è destinata alle società e associazioni dilettantistiche che gestiscono impianti per l'attività natatoria. Con decreto dell'Autorità politica delegata in materia di sport, sono individuati le modalità e i termini di presentazione delle richieste di erogazione dei contributi, i criteri di ammissione, le modalità di erogazione, nonché le procedure di controllo, da effettuarsi anche a campione (per i necessari approfondimenti, cfr. l’apposito dossier).
In sede attuativa, è giunto il DPCM 30 giugno 2022, che stanzia un importo complessivo di 53 milioni di euro.
La seconda, e più recente, disposizione è l’art. 9-ter del D.L. 115/2022. Questo ha istituito nello stato di previsione del MEF un apposito fondo, con dotazione pari a 50 milioni di euro per il 2022, da trasferirsi successivamente al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, da destinare all’erogazione di contributi a fondo perduto per le associazioni e società sportive dilettantistiche che gestiscono impianti sportivi, maggiormente colpite dalla crisi energetica. Una quota di tale fondo, fino al 50%, è destinata alle associazioni e società sportive dilettantistiche che gestiscono impianti natatori. Anche qui, è affidato a un decreto dell'Autorità politica delegata in materia di sport, da adottarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, individuare le modalità e i termini di presentazione delle richieste di erogazione dei contributi, i criteri di ammissione, le modalità di erogazione, nonché le procedure di controllo, da effettuarsi anche a campione.
La nuova previsione qui in commento – lo si è anticipato – dispone direttamente un incremento di 50 milioni per il 2022 del «Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano» di cui all’art. 1, comma 369, della L. 205/2017 (lo stesso su cui ha inciso l’art. 9 del D.L. 4/2022) destinandolo sin da subito in modo integrale alla concessione di contributi a fondo perduto in favore degli enti sportivi che gestiscono impianti sportivi e piscine (senza operare distinzioni o riparti di quote fra le due categorie), a fronte del rincaro dell’energia termica ed elettrica.
La platea dei beneficiari appare più ampia rispetto a quella dei due interventi precedenti: si menzionano ora espressamente, oltre alle associazioni e alle società sportive dilettantistiche, le discipline sportive, gli enti di promozione sportiva e le federazioni sportive, anche nel settore paralimpico; l’art. 9 del D.L. 4/2022 e l’art. 9-ter del D.L. 115/2022 invece si riferiscono alle sole associazioni e società sportive dilettantistiche; lo stesso DPCM 30 giugno 2022, attuativo del citato art. 9 del D.L. 4/2022, all’art. 2 stabilisce che i «soggetti che possono accedere al contributo a fondo perduto […] sono le Associazioni e le Società Sportive che alla data del 02.03.2022 risultavano iscritte nel Registro Nazionale delle Associazioni e Società Sportive dilettantistiche, e che siano alla data di pubblicazione del presente decreto affiliate alle Federazioni Sportive, alle Discipline Sportive o agli Enti di Promozione Sportiva e che abbiano per oggetto sociale anche la gestione di impianti sportivi».
Del tutto analoga alle precedenti è invece la disposizione che affida a un decreto dell'Autorità politica delegata in materia di sport, da adottarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, di individuare le modalità e i termini di presentazione delle richieste di erogazione dei contributi, i criteri di ammissione, le modalità di erogazione, nonché le procedure di controllo, da effettuarsi anche a campione.
Con riferimento al procedimento di adozione del decreto in parola, si ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza n. 123 del 2022, ha dichiarato illegittimo l’art. 1, comma 562, della L. 178/2020, nella parte in cui, stabilendo che sia l’autorità di governo competente in materia di sport, con proprio decreto, a individuare i criteri di gestione delle risorse del Fondo per il potenziamento dell’attività sportiva di base, non prevede che il decreto stesso sia adottato previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Ora, analogo coinvolgimento potrebbe essere valutato in relazione alla disposizione qui in commento, poiché viene almeno parzialmente in rilievo la materia concorrente «ordinamento sportivo». Si valuti l’opportunità di prevedere il coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni.
Le coperture finanziarie sono disciplinate dall’art. 43 del decreto-legge, alla cui scheda si rinvia.
Articolo 8
(Disposizioni urgenti in favore degli enti del Terzo settore)
Il comma 1 dell’articolo 8 prevede un contributo straordinario in favore di alcuni enti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali svolti in regime residenziale o semiresidenziale e rivolti a persone con disabilità; il beneficio concerne, in tale ambito di settore, gli enti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore[8] e gli enti religiosi civilmente riconosciuti[9]; la misura del contributo è determinata, nell'ambito di un limite di spesa pari a 120 milioni di euro per il 2022, in proporzione alla differenza tra i costi sostenuti per la fruizione dell'energia termica ed elettrica nel terzo e quarto trimestre del 2022 e i costi sostenuti negli omologhi trimestri del 2021. Il comma 2 prevede un contributo straordinario per gli enti iscritti nel suddetto Registro unico e non rientranti nella fattispecie di cui al comma 1, nonché per le organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale interessate dal processo di trasmigrazione dai relativi registri speciali al medesimo Registro unico[10] e per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) iscritte alla relativa anagrafe[11]; la misura del contributo è determinata, nell'ambito di un limite di spesa pari a 50 milioni di euro per il 2022, in proporzione alla differenza tra i costi sostenuti nel 2022 per la fruizione di energia e di gas naturale e i costi sostenuti nel 2021. I commi da 3 a 5 recano ulteriori norme per il riconoscimento e l'attuazione dei contributi di cui ai commi 1 e 2, mentre il comma 6 provvede alla copertura finanziaria dei due stanziamenti in oggetto.
Al fine del riconoscimento dei contributi straordinari in esame, ciascuno dei commi 1 e 2 istituisce un fondo, rispettivamente presso il Ministero dell'economia e delle finanze e presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e prevede il successivo trasferimento delle risorse al corrispondente conto corrente infruttifero di tesoreria di cui al successivo comma 5; per il fondo di cui al comma 1, si prevede un previo passaggio delle risorse alla Presidenza del Consiglio dei ministri; si consideri l'opportunità di valutare una disciplina uniforme - per le risorse dei due fondi - di tale profilo, tenuto anche conto che il successivo comma 3 demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione delle modalità attuative anche del comma 2. Come detto, la dotazione del fondo di cui al comma 1 è pari a 120 milioni di euro e quella di cui al comma 2 è pari a 50 milioni (sempre con riferimento al 2022).
Il comma 3 demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi - di concerto con l’Autorità politica delegata in materia di disabilità e con i Ministri dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali - entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto[12], la definizione delle modalità e dei termini di presentazione delle richieste di erogazione dei contributi di cui ai commi 1 e 2, delle relative modalità di erogazione e delle procedure di controllo.
Il comma 4, in primo luogo, esplicita che i contributi di cui ai commi 1 e 2 non sono cumulabili tra di essi (in ogni caso, i requisiti stabiliti precludono l'ipotesi che un ente possa rientrare in entrambe le fattispecie). Inoltre, si prevede che: i contributi in oggetto non concorrano alla formazione del reddito d'impresa (computato ai fini delle imposte sui redditi) e della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive; come ulteriore beneficio, sia i contributi sia la suddetta esclusione dalla formazione del reddito d'impresa non rilevino ai fini della deducibilità di interessi passivi e di altri componenti negativi[13]; i contributi siano cumulabili con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche dell'esclusione dalla formazione del reddito e dalla base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
Ai sensi del comma 5, per le operazioni relative alla gestione dei fondi di cui ai commi 1 e 2 e all’erogazione dei contributi, le amministrazioni interessate si avvalgono di società in house[14], previa stipula di apposite convenzioni e con oneri a carico delle risorse dei medesimi fondi - entro i limiti delle quote di risorse individuate nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3 -. Si prevede altresì che le risorse dei fondi siano trasferite, entro il 31 dicembre 2022, su appositi conti correnti infruttiferi presso la Tesoreria centrale dello Stato intestati alla società incaricata della gestione.
Il comma 6 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'istituzione dei fondi di cui ai commi 1 e 2. A tal fine, in primo luogo si riducono:
§ nella misura di 100 milioni di euro, per il 2022, la dotazione del Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità[15];
§ nella misura di 4 milioni, per il 2022, l'autorizzazione di spesa relativa all'attività di controllo sugli enti del Terzo settore[16];
§ nella misura di 6 milioni, per il 2022, la dotazione del fondo di parte corrente, istituito[17] nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il 2022, concernente la reiscrizione in bilancio di risorse dello stato di previsione già soppresse in quanto oggetto di residui passivi perenti[18];
§ nella misura di 28,57 milioni, per il 2022, la dotazione del fondo istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e destinato alla copertura finanziaria di prestazioni di integrazione salariale, disposte da successivi interventi normativi in relazione ai differenti impatti nei settori produttivi della crisi epidemiologica da COVID-19[19].
In secondo luogo, per la copertura di una quota di onere pari a 40 milioni, il comma 6 fa rinvio alle disposizioni di cui al successivo articolo 43.
Articolo 9
(Disposizioni per la realizzazione di nuova capacità
di rigassificazione)
L’articolo 9 estende la disciplina agevolativa e semplificatoria (prevista dall'articolo 5 del D.L. n. 50/2022 - L. n. 91/2022 per la realizzazione di opere finalizzate all'incremento della capacità di rigassificazione nazionale mediante unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione da allacciare alla rete di trasporto esistente, incluse le connesse infrastrutture) alle istanze di autorizzazione presentate dai soggetti interessati alla realizzazione delle opere medesime e delle connesse infrastrutture, nei seguenti casi:
- qualora, in sede di autorizzazione "unica", siano imposte prescrizioni;
- qualora sopravvengano fattori che impongano modifiche sostanziali o localizzazioni alternative.
A tal fine, il nuovo comma 14-bis è aggiunto al sopracitato articolo 5 del D.L. n. 50/2022.
Nel dettaglio, si ricorda che l’articolo 5 qui novellato è intervenuto in materia di rigassificatori galleggianti, nell’ambito delle misure volte a diversificare le fonti di approvvigionamento di gas ai fini della sicurezza energetica nazionale, fermo restando il programma di decarbonizzazione del sistema energetico nazionale.
Nella seduta del 3 maggio 2022 dell’Assemblea della Camera, il Ministro Cingolani ha riferito che la strategia governativa prevede di arrivare già nel 2025 ad un approvvigionamento di gas alternativo per un ammontare di 25 miliardi di metri cubi da operatori diversi rispetto alla Russia.
I nuovi contratti di differenziazione delle forniture di gas provenienti dall’Algeria, mediante l’incremento di importazione tramite la TAP e l’aumento della produzione nazionale dovrebbero portare a circa 12 miliardi di metri cubi nel 2025. A questo ammontare, va aggiunto quello delle importazioni di GNL con nuovi contratti, che dovrebbero giungere alla soglia di circa 13 miliardi di metri cubi sempre nel 2025.
Nella medesima seduta, il Ministro Cingolani ha illustrato in modo dettagliato la politica per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti di gas, basata su una serie articolata di misure, che vanno dalla diversificazione delle fonti di approvvigionamento alla riduzione della domanda.
In questo quadro, l’articolo in esame, al comma 1 dichiara che le opere finalizzate all’incremento della capacità di rigassificazione nazionale mediante unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione, da allacciare alla rete di trasporto esistente al 18 maggio 2022 (data di emanazione del D.L. n. 50/2022), incluse le connesse infrastrutture, costituiscono interventi di pubblica utilità, indifferibili e urgenti.
Per la realizzazione delle opere e delle infrastrutture connesse, saranno nominati uno o più Commissari straordinari di Governo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Al Commissario o ai Commissari non saranno corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti, comunque denominati. Il Commissario o i Commissari si avvalgono delle amministrazioni centrali e territoriali competenti, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Con decreti del Presidente del Consiglio dell'8 giugno 2022, si è provveduto alla nomina, rispettivamente, del Commissario straordinario di Governo per la realizzazione delle opere e delle infrastrutture finalizzate all’incremento della capacità di rigassificazione nazionale mediante unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione nella Regione Toscana nonché del Commissario straordinario di Governo per la realizzazione delle opere e delle infrastrutture finalizzate all’incremento della capacità di rigassificazione nazionale mediante unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione nella Regione Emilia Romagna.
Si veda la notizia del 14 luglio 2022, relativamente all'accordo sul rigassificatore di Piombino
Il comma 2 dispone che l’autorizzazione per la costruzione e l’esercizio delle opere e le connesse infrastrutture prevista dall’articolo 46 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (L. n. 222 del 2007), sia rilasciata dal Commissario, ferma restando l'intesa con la regione interessata, a seguito di procedimento unico, da concludersi entro centoventi giorni dalla data di ricezione dell’istanza prevista dal successivo comma 5.
L’articolo 46 del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159, reca disposizioni sulle procedure di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, in particolare, si fa ricorso all'autorizzazione unica, rilasciata in esito ad un "procedimento unico", con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nonché d'intesa con la regione interessata. L’autorizzazione unica sostituisce ogni autorizzazione, concessione o atto di assenso comunque denominato, ivi compresi la concessione demaniale e il permesso di costruire. L'intesa con la Regione costituisce variazione degli strumenti urbanistici vigenti o degli strumenti di pianificazione e di coordinamento comunque denominati o sopraordinati alla strumentazione vigente in ambito comunale.
Tuttavia, per il rilascio dell'autorizzazione, ai fini della verifica della conformità urbanistica dell'opera, resta obbligatorio richiedere il parere motivato degli enti locali nel cui territorio ricadono le opere da realizzare. Infine, viene espressamente previsto che l'autorizzazione venga emanata previa valutazione di impatto ambientale.
L’articolo 46 appena citato introduce una deroga alla disposizione generale del Codice dell’ambiente (art. 5, comma 1, lett. o) del D.lgs. 3 sostituisce o coordina, tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati in materia ambientale e di patrimonio culturale ".
Il comma 3 prevede l’esenzione dalla VIA per le opere e le infrastrutture connesse di cui al comma 1, previa comunicazione alla Commissione europea.
Viene infatti disposto che, previa la citata comunicazione, si applica l’esenzione prevista dall’art. 6, comma 11, del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006).
Il comma 11 citato (come riscritto dall'art. 3, comma 1, lett. h), del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, di recepimento della direttiva 2014/52/UE) dispone che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (ora della transizione ecologica) può, in casi eccezionali (previo parere del Ministro della cultura), esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalla disciplina della VIA (recata dal titolo III della parte seconda del Codice), qualora l'applicazione di tali disposizioni incida negativamente sulla finalità del progetto, a condizione che siano rispettati gli obiettivi della normativa nazionale ed europea in materia di valutazione di impatto ambientale. In tali casi il Ministro della transizione ecologica:
ü esamina se sia opportuna un'altra forma di valutazione;
ü mette a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui è stata concessa;
ü informa la Commissione europea, prima del rilascio dell'autorizzazione, dei motivi che giustificano l'esenzione accordata fornendo tutte le informazioni acquisite.
Si fa notare che la citata facoltà è espressamente contemplata nell’art. 1 della direttiva 2014/52/UE, recepita con il succitato D.Lgs. 104/2017.
La Corte costituzionale (sentenza 19 giugno 2018, n. 198) ha ritenuto infondata la questione di legittimità sollevata in via diretta, proprio perché la facoltà è prevista dalla normativa europea e – sotto il profilo della competenza – ritenendo giustificato porre in capo al vertice dell’amministrazione centrale “la scelta di derogare ai livelli di tutela ambientale”, rimettendo allo Stato “la responsabilità politico-amministrativa di esonerare specifici progetti di fronte alla Commissione europea”. Ciò anche in ragione della “necessaria uniformità della protezione ambientale”, evitando un esiziale frazionamento delle esigenze di tutela.
Il comma 3-bis ha stanziato un contributo per gli interventi di bonifica e risanamento ambientale e di rigenerazione dell’area denominata «Zona falcata» di Messina. Lo scopo della norma è di procedere a riqualificare i siti in cui si trovano impianti di rigassificazione non più funzionanti, di ridurre l'occupazione di terreno e di favorire il risanamento urbano.
Ai sensi del comma 4, le amministrazioni interessate nelle procedure autorizzative, incluso il rilascio della concessione demaniale marittima, delle opere e delle infrastrutture connesse, attribuiscono ad esse priorità e urgenza negli adempimenti e nelle valutazioni di propria competenza, anche ai fini del rispetto del termine di cui al comma 2 (120 giorni dalla ricezione dell’istanza).
L’autorizzazione di cui al comma 2 tiene luogo dei pareri, nulla osta e autorizzazioni necessari ai fini della localizzazione dell’opera, della conformità urbanistica e paesaggistica dell’intervento, della risoluzione delle interferenze e delle relative opere mitigatrici e compensative.
Questa ultima previsione mantiene fermo quanto previsto da due disposizioni dell’articolo 46 del decreto-legge n. 159 del 2007.
In particolare, sono richiamati:
§ il comma 1, terzo periodo, dell’articolo 46, in base al quale l'autorizzazione sostituisce ogni autorizzazione, concessione o atto di assenso comunque denominato, compresi la concessione demaniale e il permesso di costruire, fatti salvi la successiva adozione e l'aggiornamento delle relative condizioni economiche e tecnico-operative da parte dei competenti organi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
§ il comma 2, primo periodo del medesimo articolo 46, in base al quale l'autorizzazione sostituisce, anche ai fini urbanistici ed edilizi - fatti salvi gli adempimenti previsti dalle norme di sicurezza - ogni altra autorizzazione, concessione, approvazione, parere e nulla osta comunque denominati necessari alla realizzazione e all'esercizio dei terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto e delle opere connesse o all'aumento della capacità dei terminali esistenti.
Con una dizione ancora più ampia, il comma in esame continua precisando che l’autorizzazione tiene luogo dei pareri, nulla osta e autorizzazioni per la localizzazione dell’opera, della conformità urbanistica e paesaggistica dell’intervento, della risoluzione delle interferenze e delle relative opere mitigatrici e compensative e assorbe anche altri atti. In particolare vengono citati:
§ l’autorizzazione di cui all’articolo 109 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che riguarda la movimentazione dei fondali marini derivante dall'attività di posa in mare di cavi e condotte, soggetta ad autorizzazione regionale;
§ eventuali atti di assenso ai fini della realizzabilità dell’opera all’interno di siti contaminati;
§ ogni eventuale ulteriore autorizzazione comunque denominata richiesta ai fini della realizzabilità dell’opera ivi incluse:
§ quelle ai fini antincendio ai sensi del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105 (“Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose”);
§ la verifica preventiva dell’interesse archeologico di cui all’articolo 25 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. L’articolo 25 impone alle stazioni appaltanti di raccogliere e trasmettere documentazione in materia archeologica, ivi compresi gli esiti delle indagini geologiche e archeologiche preliminari;
§ ove necessario, la concessione demaniale, fatta salva la successiva adozione e aggiornamento delle relative condizioni economiche e tecnico-operative.
L’autorizzazione ha altresì effetto di variante degli strumenti urbanistici vigenti, nonché di approvazione della variante al piano regolatore portuale, ove necessaria.
La variante urbanistica, conseguente all’autorizzazione, comporta l’assoggettamento dell’area a vincolo preordinato all’esproprio ai sensi dell’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327.
L’articolo 10 – qualora la realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità non sia prevista dal piano urbanistico generale – consente, su richiesta dell’interessato o dell’amministrazione competente, di costituire un vincolo preordinato all'esproprio mediante una conferenza di servizi, un accordo di programma, una intesa ovvero altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico.
Il comma prosegue precisando che le comunicazioni agli interessati di cui all’articolo 14, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (si parla della comunicazione dell’avvio della conferenza di servizi) tengono luogo della fase partecipativa di cui all’articolo 11 del citato del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, che impone di inviare un avviso in merito al progetto di variante del piano regolatore al proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all'esproprio.
A loro volta, gli enti locali provvedono alle necessarie misure di salvaguardia delle aree interessate e delle relative fasce di rispetto e non possono autorizzare interventi edilizi incompatibili con la localizzazione dell’opera.
In base al comma 5, entro il termine di 30 giorni dalla nomina del Commissario di Governo, i soggetti interessati alla realizzazione delle opere e delle connesse infrastrutture presentano la relativa istanza di autorizzazione al medesimo Commissario, corredata, ove necessario, dalla soluzione tecnica di collegamento dell’impianto alla rete nazionale di trasporto del gas naturale, da un cronoprogramma di realizzazione ed entrata in esercizio dell’impianto, nonché da una descrizione delle condizioni di approvvigionamento del gas.
Il comma 6 dispone che il Commissario comunichi alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero della transizione ecologica e al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili le istanze di autorizzazione entro cinque giorni dalla presentazione e i progetti autorizzati entro cinque giorni dal rilascio dell’autorizzazione.
Qualora l’ubicazione individuata per l’installazione delle unità galleggianti sia un sito militare, il comma 7 prescrive che per l’autorizzazione all’installazione degli impianti e delle connesse infrastrutture si applicano le disposizioni di cui all’articolo 358 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, che esclude l’applicabilità della disciplina di valutazione ambientale per i programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza o coperti dal segreto di Stato.
Al fine di limitare il rischio sopportato dalle imprese di rigassificazione che gestiscono le opere e le infrastrutture di cui al comma 1, è istituito, dal comma 8, un Fondo con una dotazione di 30 milioni per ciascuno degli anni dal 2024 al 2043.
del comma 14, ai fini della copertura degli oneri di cui al comma 8 si provvede:
quanto a 30 milioni per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026 ai sensi dell’articolo 58 del provvedimento, cui si rinvia;
quanto a 15 milioni per ciascuno degli anni dal 2027 al 2043 mediante corrispondente riduzione del Fondo interventi strutturali di politica economica;
quanto a 15 milioni per ciascuno degli anni dal 2027 al 2043 mediante corrispondente riduzione del Fondo esigente indifferibili.
Il comma 9 prevede una ulteriore clausola di accelerazione delle opere. Infatti – per quanto non espressamente disciplinato dall’articolo in esame, qualora trovi applicazione il codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50/2016 - – la disposizione stabilisce che, per l'affidamento delle attività necessarie alla realizzazione delle opere e delle infrastrutture connesse, il Commissario opera in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto:
delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159;
dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, ivi inclusi quelli derivanti dalle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE, sugli appalti pubblici e le procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali;
dei principi di cui agli articoli 30 (“Principi per l'aggiudicazione e l'esecuzione di appalti e concessioni”), 34 (“Criteri di sostenibilità energetica e ambientale”) e 42 (“Conflitto di interesse”) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e delle disposizioni in materia di subappalto.
Il comma 10 prevede che in ogni caso, in considerazione della necessità di realizzare con urgenza le opere e le connesse infrastrutture, nell’ambito delle relative procedure di affidamento:
a) è sempre autorizzata la consegna dei lavori in via di urgenza e, nel caso di servizi e forniture, l’esecuzione del contratto in via d’urgenza ai sensi dell’articolo 32, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016, che prevede tale facoltà, nelle more della verifica dei requisiti di esclusione di cui all’articolo 80 del medesimo decreto legislativo, nonché dei requisiti di qualificazione previsti per la partecipazione alla procedura;
b) si applicano le previsioni di cui all’articolo 3, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (l. n. 120 del 2020), sulle verifiche antimafia e protocolli di legalità fino al 30 giugno 2023, prevedendo che ricorre sempre il caso d'urgenza per cui i lavori procedono anche in assenza dell'informazione antimafia mediante il rilascio della informativa liberatoria provvisoria;
c) non si applicano le previsioni di cui all’articolo 22 del decreto legislativo n. 50 del 2016, che prevede l'istituto del dibattito pubblico sui progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle città e sull'assetto del territorio;
d) le stazioni appaltanti possono prevedere, a pena di esclusione dalla procedura, l’obbligo per l’operatore economico di procedere alla visita dei luoghi, nonché alla consultazione sul posto dei documenti di gara e relativi allegati ai sensi e per gli effetti dell’articolo 79, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 esclusivamente laddove detto adempimento sia strettamente indispensabile in ragione della tipologia, del contenuto o della complessità dell'appalto da affidare. Il comma richiamato riguarda i casi in cui le offerte possono essere formulate soltanto a seguito di una visita dei luoghi o dopo consultazione sul posto dei documenti di gara e relativi allegati;
e) in relazione alle procedure ordinarie, si applicano le riduzioni dei termini procedimentali per ragioni di urgenza previsti dagli articoli 60, comma 3 (procedura aperta), 61, comma 6 (procedura ristretta), 62, comma 5 (procedura competitiva con negoziazione), 74, commi 2 e 3 (disponibilità elettronica dei documenti di gara), del decreto legislativo n. 50 del 2016, nonché i termini ridotti ovvero i termini minimi previsti, per i settori speciali (gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica), come previsto dagli articoli 122 e 124 del medesimo decreto legislativo n. 50 del 2016;
f) nelle ipotesi previste dall'articolo 79, comma 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (proroga dei termini per la ricezione delle offerte in caso di modifica delle condizioni) la proroga dei termini per la presentazione delle offerte non può superare sette giorni;
g) il termine massimo previsto dall'articolo 83, comma 9, secondo periodo, del decreto legislativo n. 50 del 2016 è ridotto a cinque giorni (procedura di soccorso istruttorio in caso di carenze delle domande). In ogni caso, è esclusa la possibilità di esperire la procedura del soccorso istruttorio con riguardo alle mancanze, alle incompletezze e ad ogni altra irregolarità essenziale degli elementi rilevanti ai fini della valutazione dell'offerta;
h) in caso di presentazione di offerte anormalmente basse, il termine previsto dall'articolo 97, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016 per la presentazione, per iscritto, delle spiegazioni del basso livello di prezzi o di costi proposti non può essere superiore a sette giorni.
Il comma 11, sempre a fini semplificatori e acceleratori, prevede che le stazioni appaltanti possono altresì ricorrere alla procedura di cui all'articolo 63 (uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara) del decreto legislativo n. 50 del 2016, per i settori ordinari, e di cui all'articolo 125 (uso della procedura negoziata senza previa indizione di gara), per i settori speciali, nella misura strettamente necessaria, quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti da circostanze imprevedibili, non imputabili alla stazione appaltante, ivi comprese quelle derivanti dalla grave crisi internazionale in atto in Ucraina, l'applicazione dei termini, anche abbreviati, previsti per le procedure ordinarie può compromettere la realizzazione degli obiettivi di cui al primo comma. Le disposizioni richiamate consentono in via eccezionale di non ricorrere alla gara in varie ipotesi, tra cui quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall'amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati.
In ogni caso, sia pure al solo scopo di assicurare la trasparenza, le stazioni appaltanti danno evidenza dell'avvio delle procedure negoziate mediante i rispettivi siti internet istituzionali.
Il comma 12 dispone che ai giudizi che riguardano le impugnazioni degli atti relativi alle procedure di affidamento di cui ai commi 10, 11 e 12 si applica l’articolo 125 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, che prevede criteri specifici nei giudizi che riguardano le procedure di progettazione, approvazione, e realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi, ad esempio nei provvedimenti cautelari si tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell'opera, e della comparazione tra la irreparabilità del pregiudizio comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure. Gli atti e i provvedimenti relativi al procedimento unico disciplinato al comma 2 (autorizzazione del Commissario straordinario da rilasciare entro 120 giorni) sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente. Anche per queste impugnazioni è applicabile il ricordato articolo 125 del codice del processo amministrativo. Viene richiamato come applicabile anche l’articolo 119 dello stesso codice (cosiddetto rito abbreviato), che prevede il dimezzamento di tutti i termini processuali ordinari salvo, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti.
Il comma 13 dispone che le opere e le connesse infrastrutture autorizzate siano identificate dal Codice Unico di progetto (CUP) che deve essere riportato all’atto dell’autorizzazione. Il monitoraggio del loro avanzamento finanziario, fisico e procedurale è svolto dalle stazioni appaltanti titolari delle opere attraverso il sistema di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche disciplinato dal decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, classificandole come “Opere di rigassificazione”.
Il comma 14 dispone in relazione alla copertura degli oneri.
Articolo 10
(Contributo del Ministero dell’interno
alla resilienza energetica nazionale)
L’articolo 10, al comma 1, prevede che il Ministero dell'interno utilizzi direttamente o affidi in concessione, in tutto o in parte, i beni demaniali o a qualunque titolo in uso al medesimo Ministero, per installare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, anche ricorrendo, a date condizioni, alle risorse del PNRR per la copertura dei relativi oneri.
Il comma 2 consente al Ministero e ai terzi concessionari dei beni demaniali di costituire comunità energetiche rinnovabili nazionali, anche con altre pubbliche amministrazioni centrali e locali e anche per impianti superiori a 1 MW. Le comunità energetiche così costituite, in deroga alla disciplina vigente, possono accedere ai relativi regimi di sostegno.
Infine, il comma 3 qualifica i beni di cui al comma 1 come superfici e aree idonee ex lege alla realizzazione di impianti a FER. La competenza ad esprimersi in materia culturale e paesaggistica spetta alla Soprintendenza speciale per il PNRR.
L’articolo 10 , al comma 1, prevede che il Ministero dell'interno utilizzi direttamente o affidi in concessione, in tutto o in parte, i beni demaniali o a qualunque titolo ad esso in uso, per installare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, anche ricorrendo, per la copertura dei relativi oneri, alle risorse del PNRR, previo accordo con il Ministero della transizione ecologica, qualora ne ricorrano le condizioni di coerenza con gli obiettivi specifici del PNRR e di conformità ai relativi princìpi di attuazione.
Il comma 2 consente al Ministero dell'interno e ai terzi concessionari dei beni di cui al comma 1 di costituire comunità energetiche rinnovabili nazionali, anche con altre pubbliche amministrazioni centrali e locali e anche per impianti superiori a 1 MW.
La costituzione di tali comunità opera in deroga a taluni requisiti previsti per le comunità energetiche dal D.lgs. n. 199/2021 (articolo 31)[20].
I requisiti qui derogati sono quelli che limitano la costituzione delle comunità (in ambito pubblico) alle sole amministrazioni locali e che vincolano la partecipazione alla comunità da parte di imprese. Per esse, tale partecipazione non può costituire attività commerciale e industriale principale.
Le comunità energetiche costituite ai sensi del comma 2 possono accedere ai regimi di sostegno previsti anche per la quota di energia condivisa da impianti e utenze di consumo non connesse sotto la stessa cabina primaria, previo pagamento degli oneri di rete riconosciuti per l'illuminazione pubblica.
Infine, il comma 3 qualifica i beni di cui al comma 1 come superfici e aree idonee ex lege alla realizzazione di impianti a FER, assoggettando gli stessi alle procedure autorizzative ridotte di cui art. 22 del decreto legislativo n. 199/2021 (riduzione di un terzo dei termini delle procedure di autorizzazione e parere obbligatorio e non vincolante dell’autorità competente in materia paesaggistica, anche nei procedimenti d’adozione della valutazione di impatto ambientale).
Ai sensi del comma 3, la competenza ad esprimersi in materia culturale e paesaggistica spetta alla Soprintendenza speciale per il PNRR.
Secondo quanto afferma la relazione illustrativa, le disposizioni in esame si profilano di immediato interesse in funzione del perseguimento di impegni di grande rilevanza già assunti dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Nel PNRR, il Corpo nazionale partecipa al raggiungimento degli obiettivi mediante l’investimento 4.4.3 relativo al rinnovo del parco veicoli dei Vigili del fuoco, che si colloca della Missione 2 relativa alla rivoluzione verde e transizione ecologica, Componente 2 relativa alle energie rinnovabili, idrogeno, rete e mobilità sostenibile (M2C2).
L’investimento prevede l'introduzione di veicoli elettrici e veicoli alimentati a gas biometano per i servizi istituzionali, con le relative stazioni di ricarica, per una mobilità ecosostenibile nel trasporto terrestre per un importo complessivo di 424 milioni di euro necessari per l'acquisizione di circa 3.500 veicoli operativi leggeri per i centri urbani, 100 mezzi operativi pesanti per le città metropolitane e 200 mezzi operativi speciali per le sedi aeroportuali.
Sono inoltre previste oltre 800 stazioni di ricarica dislocate presso le sedi di servizio, che dovranno essere collegate con impianti fotovoltaici.
Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, l'investimento determinerà una riduzione annuale delle emissioni di anidride carbonica pari a 10.000 tonnellate secondo quanto indicato dal Governo.
In particolare, secondo la relazione, il predetto Corpo nazionale dei Vigili del fuoco nei prossimi anni avrà necessità di approvvigionamento di energia in tutto il territorio nazionale ed è nella condizione di fornire il proprio apporto alla produzione di energia da fonti rinnovabili a condizione che venga attivata la possibilità di costituire comunità energetiche distribuite sull'intero territorio nazionale, così producendo energia nelle sedi che consentano l'insediamento degli impianti, assorbendone quota parte per le esigenze locali e immettendone la restante nella rete elettrica, corrispondendo GSE gli oneri di trasporto, per poi restituirla alle sedi non autonome, cioè non dotate di impianti di produzione di energia green in quantità sufficiente, con evidenti benefìci in termini di riduzione dei costi.
L’articolo 42-bis del decreto-legge n. 162/2019 ha introdotto l’autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili e le comunità di energia rinnovabile in Italia, effettuando un primo e parziale recepimento della direttiva 2018/2001, Direttiva RED II, poi recepita con il D.Lgs. n. 199/2021,
Il Decreto legislativo 199/2021 regola dunque “a regime” l'autoconsumo e le comunità energetiche rinnovabili nel Titolo IV, Capo I (articoli 30-33). Ad ARERA demanda di adottare i provvedimenti attuativi necessari al funzionamento di tale disciplina (il cui termine fissato nello stesso decreto era il 15 marzo 2022, novanta giorni dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 199/2021).
Fino all'adozione di questi provvedimenti, continua ad applicarsi la disciplina sperimentale e transitoria di cui all'articolo 42-bis del D.L. n. 162/2019.
L’articolo 8 del D.lgs. n. 199/21 introduce disposizioni in merito agli incentivi per la condivisione dell’energia elettrica, la cui definizione (non ancora avvenuta) è in capo al Ministro della Transizione Ecologica, prevedendo che essi spettino solo all’energia elettrica condivisa da utenze connesse alla medesima cabina primaria e limitatamente alla quota derivante da nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza fino a 1 MW.
Ai sensi di quanto dispone l’articolo 31, comma 1, del D.lgs. n. 199/21, la comunità energetica rinnovabile (o comunità di energia rinnovabile) è un soggetto di diritto autonomo per il quale l’esercizio dei poteri di controllo fa capo esclusivamente a persone fisiche, PMI, enti territoriali e autorità locali, ivi incluse le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali contenute nell’elenco delle amministrazioni pubbliche facenti partedel conto economico consolidato della PA divulgato dall’Istituto Nazionale di Statistica, che sono situate nel territorio degli stessi Comuni in cui sono ubicati gli impianti per la condivisione. Per quanto riguarda le imprese, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non può costituire l’attività commerciale e industriale principale; la partecipazione alle comunità energetiche rinnovabili è aperta a tutti i consumatori, compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili. L’obiettivo principale della comunità è quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità e non quello di realizzare profitti finanziari.
L’articolo 20, comma 2, del decreto-legge n. 17/2022 (L. n.34/2022), come sostituito dal decreto-legge n. 50/2022, (L. n.91/22), prevede che il Ministero della Difesa e i terzi concessionari dei beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso al medesimo Ministero possano costituire comunità energetiche rinnovabili nazionali anche con altre pubbliche amministrazioni centrali e locali anche per impianti superiori a 1 MW, con facoltà di accedere ai regimi di sostegno del D.lgs. n. 199/21 anche per la quota di energia elettrica condivisa da impianti e utenze di consumo non connesse sotto la stessa cabina primaria, previo pagamento degli oneri di rete riconosciuti per l’illuminazione pubblica.
L’articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 50/2022 ha previsto che le Autorità di Sistema Portuale possano - anche in deroga alle disposizioni previste dall’articolo 6, comma 11, della L. n. 84/94 - costituire una o più comunità energetiche rinnovabili ai sensi dell’articolo 31 del decreto legislativo 199/21, in coerenza con il documento di pianificazione energetica e ambientale previsto dall’articolo 4-bis della medesima legge 84/94. Gli incentivi previsti dal decreto legislativo 199/21 si applicano agli impianti di produzione alimentati da fonti rinnovabili inseriti in comunità energetiche rinnovabili costituite dalle Autorità di Sistema Portuale, anche se di potenza superiore a 1 MW.
Articolo 11
(Contributo energia e gas per cinema,
teatri, istituti e luoghi della cultura)
L’articolo 11 stanzia, per il 2022, 40 milioni di euro al fine di mitigare gli effetti dell’aumento dei costi di fornitura di energia elettrica e di gas sostenuti da sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, istituti e luoghi della cultura (cioè, ex art. 101 del Codice dei beni culturali, i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali). I criteri e le modalità di assegnazione sono definiti con decreto del Ministro della cultura, da adottarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge.
Come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione in commento introduce un sostegno economico a beneficio di cinema, teatri, istituti e luoghi della cultura per fronteggiare le spese di funzionamento, cresciute in maniera rilevante a seguito dell’aumento dei costi per la fornitura di energia elettrica e di gas; la stessa relazione illustrativa, peraltro, evidenzia come, per tali soggetti, l’incidenza dei costi fissi sia diventata ancora maggiore, rispetto ad altri settori, alla luce dell’onda lunga dei cali di affluenza di pubblico e utenti legata alla pandemia da Covid-19.
Il contributo non è cumulabile con le altre misure previste dal Capo I del decreto-legge, in materia di energia elettrica, gas naturale e carburanti.
Quanto alla copertura dei 40 milioni di euro stanziati, a essa si provvede, per 10 milioni di euro, ai sensi dell’art. 43 del decreto-legge, alla cui scheda si rinvia; per la parte restante, mediante due riduzioni alle autorizzazioni di spesa, pari a 15 milioni di euro ciascuna, di cui all’art. 89, comma 1, del D.L. 18/2020 (cioè, il Fondo emergenze spettacolo, cinema e audiovisivo) e di cui all’art. 183, comma 2, del D.L. 34/2020 (cioè, il Fondo emergenze imprese e istituzioni culturali).
Articolo 12
(Rifinanziamento del Fondo destinato
all’erogazione del bonus trasporti)
L’articolo 12 incrementa di 10 milioni di euro il Fondo destinato all’erogazione del Bonus trasporti per il 2022.
L’articolo 12 incrementa di ulteriori 10 milioni di euro il Fondo Bonus Trasporti – istituito dal c.d. “Decreto Aiuti” (art. 35 del decreto legge n. 50 del 2022[21]) e già incrementato, da 79 a 180 milioni, dal c.d. “Decreto Aiuti bis” (art. 27 del decreto legge n. 115 del 2022[22]) – per l’erogazione di un contributo in caso di acquisto, entro dicembre 2022, di un abbonamento ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale o ai servizi di trasporto ferroviario nazionale. Il Bonus è nominativo ed è utilizzabile per l'acquisto di un solo abbonamento (annuale, mensile o relativo a più mensilità) da acquistare nel mese in cui si è richiesto e ottenuto: il periodo di validità del buono è infatti limitato al mese solare di emissione, anche se si effettua l'acquisto di un abbonamento annuale o mensile che parte dal mese successivo. Il buono, pari al 100% della spesa da sostenere e, comunque, nel limite massimo di di 60 euro, può essere richiesto accedendo al portale bonustrasporti.lavoro.gov.it del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (tramite SPID o CIE, fornendo le necessarie dichiarazioni sostitutive di autocertificazione e indicando l'importo del buono richiesto a fronte della spesa prevista, nonché il gestore del servizio di trasporto pubblico), dalle persone fisiche che nell'anno 2021 hanno conseguito un reddito complessivo non superiore a 35mila euro.
Il Bonus è personale e non cedibile, non costituisce reddito imponibile e non rileva ai fini dell’Isee. Le modalità di presentazione delle domande di accesso, la procedura di emissione e le regole per rimborsare ai gestori dei servizi di trasporto pubblico sono state disciplinate dal decreto interministeriale 29 luglio 2022.
Articolo 13
(Contributo alle scuole paritarie per fronteggiare
l’aumento dei costi energetici)
L’articolo 13, per il 2022, incrementa di 30 milioni di euro il contributo finalizzato al mantenimento delle scuole elementari parificate e alla realizzazione del sistema prescolastico integrato, previsto dall’art. 1, comma 13, della L. 62/2000, al fine di sostenere l’aumento dei costi energetici.
Più in dettaglio, la disposizione in commento incrementa di 30 milioni di euro, per il 2022, il contributo previsto dall’art. 1, comma 13, della L. 62/2000, recante «Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione». Secondo il predetto comma 13, a decorrere dall’esercizio finanziario 2000 «gli stanziamenti iscritti alle unità previsionali di base 3.1.2.1 e 10.1.2.1 dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione sono incrementati, rispettivamente, della somma di lire 60 miliardi per contributi per il mantenimento di scuole elementari parificate e della somma di lire 280 miliardi per spese di partecipazione alla realizzazione del sistema prescolastico integrato».
Dal testo della disposizione, dunque, come confermato dalla relazione illustrativa, il contributo incrementato è quello finalizzato al mantenimento delle scuole elementari parificate e alla realizzazione del sistema prescolastico integrato. Da ciò sembra discendere, quindi, che il contributo per far fronte all’aumento dei costi energetici possano beneficiare solo i soggetti appartenenti a queste categorie e non tutto il complesso delle scuole paritarie, da intendersi, a tenore dell’art. 1, comma 2, della stessa L. 62/2000, come tutte «le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti di qualità ed efficacia» previsti dal legislatore.
Articolo 14
(Disposizioni per il sostegno del settore del trasporto)
L’articolo 14 autorizza la spesa complessiva di 100 milioni di euro per l’anno 2022, da destinare al sostegno del settore dell’autotrasporto di merci e del trasporto di persone su strada.
L’articolo 14 autorizza la spesa di ulteriori 100 milioni di euro per l’anno in corso, al fine di mitigare gli effetti economici negativi derivanti dagli aumenti eccezionali registratisi sul prezzo dei carburanti in conseguenza della crisi internazionale in atto.
Nel dettaglio, 85 milioni di euro sono destinati al sostegno del settore dell’autotrasporto di merci effettuato, ai sensi dell’articolo 24-ter, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 504 del 1995, con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate, da parte di:
1) persone fisiche o giuridiche iscritte nell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi;
2) persone fisiche o giuridiche munite della licenza di esercizio dell'autotrasporto di cose in conto proprio e iscritte nell'elenco appositamente istituito;
3) imprese stabilite in altri Stati membri dell'Unione europea, in possesso dei requisiti previsti dalla disciplina dell'Unione europea per l'esercizio della professione di trasportatore di merci su strada.
I restanti 15 milioni di euro sono destinati al sostegno del settore dei servizi di trasporto di persone su strada resi alternativamente:
§ ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo n. 285 del 2005, di riordino dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale;
§ sulla base di autorizzazioni rilasciate dal MIMS ai sensi del regolamento (CE) n. 1073/2009, recante norme comuni per l’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus;
§ sulla base di autorizzazioni rilasciate dalle regioni e dagli enti locali ai sensi delle norme regionali di attuazione del decreto legislativo n. 422 del 1997 – che, a valle della delega di cui all’articolo 4, comma 4, della legge n. 59 del 1997, ha operato il conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale;
§ ai sensi della legge n. 218 del 2003, recante la disciplina dell’attività di trasporto passeggeri effettuato mediante noleggio di autobus con conducente.
Si tratta delle medesime categorie di soggetti beneficiari dell’istituzione del fondo di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 115 del 2022 (aiuti bis). Nel rinviare al relativo dossier di documentazione per ogni approfondimento, si ricorda che i 15 milioni di euro ivi stanziati per il 2022 sono destinati ad erogare agli esercenti servizi di trasporto di persone su strada rientranti nelle ipotesi appena descritte un contributo fino al 20 per cento della spesa sostenuta (al netto dell’IVA) nel secondo quadrimestre dell’anno 2022 per l’acquisto del carburante destinato all’alimentazione dei mezzi adibiti al trasporto passeggeri e:
§ di categoria M2 o M3, ossia mezzi aventi una capienza di oltre otto posti a sedere escluso il conducente e, rispettivamente, massa massima non superiore e superiore alle 5 tonnellate;
§ a trazione alternativa a metano (CNG), gas naturale liquefatto (GNL), ibrida (diesel/elettrico); ovvero
§ a motorizzazione termica e conformi almeno alla normativa Euro V di cui al regolamento (CE) n. 595/2009.
Il decreto di riparto di tali fondi si è avuto con decreto del Ministro IMS del 14 settembre 2022 (qui il comunicato stampa del MIMS)
Il comma 2 rimette al MIMS la definizione, con decreto da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanza:
§ dei criteri di determinazione;
§ delle modalità di assegnazione;
§ delle procedure di erogazione
§ delle risorse di cui al comma precedente.
È, in proposito, espressamente richiamato il rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato.
Da ultimo, il comma 3 reca la copertura finanziaria, stabilendo che all’onere complessivo derivante dall’attuazione della disposizione, pari a 100 milioni di euro per il 2022, si provvede ai sensi del successivo articolo 43, cui si rinvia.
Articolo 15
(Contributo una tantum in favore degli istituti di patronato)
L’articolo 15 attribuisce un contributo una tantum di 100 euro a ciascuna sede centrale, regionale, provinciale e zonale degli Istituti di patronato - purché riconosciuta alla data del 24 settembre 2022 - a parziale compensazione dei costi sostenuti per il pagamento delle utenze di energia elettrica e gas e nel limite di spesa di 769.000 euro per il 2022.
Il contributo in oggetto è riconosciuto previa presentazione di apposita istanza, contenente l’elenco delle sedi per le quali si chiede il contributo, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore decreto legge in esame, ossia entro il 24 ottobre 2022.
Agli oneri derivanti dal presente articolo 15 – pari a 769.000 euro per il 2022 – si provvede ai sensi del successivo articolo 43 (cfr. la relativa scheda di lettura).
Come specificato nella Relazione tecnica allegata al provvedimento, nel 2021 ai patronati fanno capo 23 sedi centrali, 187 sedi regionali, 1709 sedi provinciali e 5744 sedi zonali, per un totale di 7.663 sedi. Se si considera un contributo di 100 euro ciascuno si arriva ad una spesa complessiva di euro 766.300. Il limite di spesa di poco più alto fissato dalla norma, pari a 769.000 euro, permetterebbe anche di soddisfare eventuali aggiornamenti alla data del numero di sedi, la quale si stima potrà comunque essere nell’ordine massimo di 20 unità.
In via generale, si ricorda che, a decorrere dal 2020, gli specifici stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il finanziamento dei patronati, di norma quantificati in percentuale al gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da INPS e INAIL, sono stati complessivamente e proporzionalmente aumentati di 20 mln di euro l’anno (ex art. 18 del D.L. 104/2020), ed incrementati di 65 mln per il solo 2021 (ex artt. 1, co. 321, della L. 178/2020 e art. 46, co. 5, del D.L. 73/2021[23].
Si ricorda, altresì, che l’art. 15-bis del D.L. 36/2022 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un apposito fondo al fine di remunerare la specifica attività svolta dagli istituti medesimi nella gestione delle domande presentate dai lavoratori domestici per l’erogazione dell’indennità una tantum, pari a 200 euro, per il mese di luglio 2022 (di cui all’art. 32, co. 8, del D.L. 50/2022). In tale caso, la remunerazione dei patronati per le suddette finalità avviene in maniera proporzionale rispetto alle pratiche che hanno ottenuto il punteggio e nei limiti della dotazione del fondo, pari a 2,5 mln di euro per il 2022, che costituisce limite massimo di spesa.
Articolo 16
(Procedure di prevenzione incendi)
L’articolo 16 prevede il dimezzamento dei termini di cui all’articolo 3, comma 3, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011, recante il Regolamento di semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, al fine di agevolare l’installazione di impianti fotovoltaici e solari termici sulle coperture e sulle facciate di edifici a servizio di attività soggette ai controlli di prevenzione incendi. Si dispone che, fino al 31 dicembre 2024, sono ridotti da sessanta a trenta giorni dalla presentazione della documentazione completa i termini entro i quali il Comando provinciale dei vigili del fuoco competente si pronuncia sulla conformità dei progetti alla normativa ed ai criteri tecnici di prevenzione incendi.
L’articolo 16 reca disposizioni di accelerazione e riduzione dei termini in materia di procedure di prevenzione incendi.
Si fa riferimento alle esigenze poste dall’emergenza energetica in atto, prevedendo la finalità di agevolare l’installazione di impianti fotovoltaici e solari termici sulle coperture e sulle facciate di edifici a servizio di attività soggette ai controlli di prevenzione incendi. A tal fine, la norma dispone un dimezzamento di termini procedurali, nel caso in cui, a seguito dell’installazione di tali tipologie di impianti, sia necessaria la valutazione del progetto antincendio.
Nel dettaglio, si prevede il dimezzamento dei termini di cui all’articolo 3, comma 3, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011, recante il Regolamento di semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi. In relazione a tale disposizione, in materia valutazione dei progetti, la norma del decreto-legge in esame dispone che fino al 31 dicembre 2024 sono ridotti da sessanta a trenta giorni dalla presentazione della documentazione completa i termini con cui il Comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente si pronuncia sulla conformità dei progetti alla normativa ed ai criteri tecnici di prevenzione incendi.
Il D.P.R. n. 1511° agosto 2011 reca il Regolamento di semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell'articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
Si ricorda che l'Allegato I reca l'elenco delle attivita soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi.
L'art. 3 del D.P.R. - cui fa riferimento la disposizione in esame - reca in particolare la valutazione dei progetti. In base alla previsione, gli enti ed i privati responsabili delle attività indicate, di cui all'Allegato I, categorie B e C, sono tenuti a richiedere, con apposita istanza, al Comando competente l'esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio. I progetti sono corredati dalla documentazione prevista dal decreto del Ministro dell'interno di cui al comma 7 dell'articolo 2 del D.P.R (co. 1 e 2 dell'articolo 3).
In particolare il comma 3 in rilievo prevede poi che:
§ il Comando esamina i progetti ed entro trenta giorni può richiedere documentazione integrativa.
§ al secondo periodo del comma - citato dalla disposizione in esame - si prevede poi che il Comando si pronuncia sulla conformità degli stessi alla normativa ed ai criteri tecnici di prevenzione incendi entro sessanta giorni dalla data di presentazione della documentazione completa.
Talune deroghe a tale articolo 3 sono state adotatte, con l'art. 4, comma 2, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, e, successivamente, con l'art. 2, comma 13, D.L. 19 maggio 2020, n. 34, come convertiti in legge.
La Relazione illustrtativa alla norma qui in esame afferma che si tratta di una misura di accelerazione delle specifiche procedure di prevenzione incendi relative alle indicate attività in categoria B e C, con la riduzione da sessanta a trenta giorni della tempistica per la pronuncia sulla conformità sul progetto previsto dall’articolo 3 del D.P.R. n. 151 del 2011 da parte del Comando dei vigili del fuoco territorialmente competente, nei casi in cui, a seguito dell’installazione di impianti fotovoltaici e solari termici sulle coperture e sulle facciate di edifici a servizio delle attività considerate, risulti necessaria la valutazione del progetto di conformità antincendio. Essa afferma inoltre che, in relazione a tempi non preventivabili di durata della crisi energetica, la riduzione del termine per la valutazione dei progetti in argomento viene prevista sino al 31 dicembre 2024.
La stessa R.I. ricorda come il decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, abbia già semplificato le procedure di prevenzione incendi, introducendo la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) nei procedimenti di prevenzione incendi, con il passaggio "ad un regime di controlli a posteriori esercitati a seguito della presentazione della SCIA. Inoltre, è stato adottato un principio di proporzionalità, in quanto gli adempimenti amministrativi non sono rigidamente uguali per tutte le attività, ma sono diversificati e graduati sulla base della complessità delle stesse attività (dimensioni, numero di persone presenti) e della gravità dei fattori di rischio (quantità di materie stoccate o lavorate, presenza di sostanze infiammabili o esplodenti in quantitativi significativi, ecc..)". Rammentando il quadro autorizzatorio in materia, si precisa in Relazione inoltre che gli impianti fotovoltaici e solari termici di per sé non sono ricompresi tra le attività soggette alle procedure di prevenzione incendi previste dal citato D.P.R. n. 151del 2011 ed elencate nell'allegato I del decreto, ma rilevano ai fini della sicurezza antincendio se eventualmente vengono installati in una di quelle attività.
In particolare, si ricorda che la sicurezza antincendio relativa all’istallazione degli impianti fotovoltaici nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi è demandata alle indicazioni della guida tecnica allegata alla lettera circolare n. 1324 del 7 febbraio 2012 “Guida per l’istallazione degli impianti fotovoltaici” nonché alle indicazioni della nota n. 6334 del 4 maggio 2012, predisposte dalla Direzione centrale per la prevenzione e sicurezza tecnica del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile. Per approfondimenti, si veda la sezione a cura dei Vigili del fuoco.
Per gli obiettivi di sicurezza antincendio si fa riferimento all’Allegato I, punto 2, al Regolamento (UE) n. 305/2011 del 9 marzo 2011.
Articolo 17
(Adeguamento dell'importo massimo dei finanziamenti garantiti)
L’articolo 17 innalza da 35.000 euro a 62.000 euro l'importo massimo dei finanziamenti, in favore di piccole e medie imprese agricole e della pesca, ammissibili, a determinate condizioni, alla garanzia diretta dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA).
A tal fine, è novellato l'articolo 20, comma 1, del D.L. n. 50/2022 (L. n. 91/2022).
In particolare, come ricorda la relazione illustrativa, il Quadro temporaneo di crisi della Commissione europea, come modificato dal primo emendamento del 20 luglio 2022, prevede al punto 42, in relazione alle imprese attive nei settori della produzione primaria di prodotti agricoli, della pesca e dell'acquacoltura, che gli aiuti complessivi ("aiuti di importo limitato") non superano in alcun momento i 62 000 EUR per impresa attiva nella produzione primaria di prodotti agricoli e i 75 000 EUR per impresa attiva nei settori della pesca e dell'acquacoltura; Gli aiuti possono essere concessi sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme, come anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni, a condizione che il valore nominale totale di tali misure non superi il massimale complessivo pertinente di 62 000 EUR o 75 000 EUR per impresa; tutti i valori utilizzati sono al lordo di qualsiasi imposta o altro onere.
Il 18 maggio 2022 la Commissione europea ha approvato il regime quadro italiano da 1,2 miliardi di € a sostegno dei settori dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca e dell'acquacoltura nel contesto dell'invasione russa dell'Ucraina. Il regime è stato approvato nell'ambito del quadro temporaneo di crisi per gli aiuti di Stato, adottato dalla Commissione il 23 marzo 2022.
Il 22 giugno la Commissione ha autorizzato il regime di aiuti previsto dall'articolo 20, comma 1, del D.L. 50/2022 (SA.103166).
Si veda anche la "Garanzia ISMEA U35".
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 20, comma 1, qui novellato ha previsto che, previa autorizzazione del regime di aiuti da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108 del TFUE, sono ammissibili alla garanzia diretta dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), con copertura al 100 per cento, i nuovi finanziamenti concessi da banche, intermediari finanziari autorizzati, iscritti nell'albo unico tenuto dalla Banca d'Italia (di cui all'articolo 106 del TUB - d.lgs. n. 385/1993), e dagli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in favore di piccole e medie imprese agricole e della pesca che abbiano registrato un incremento dei costi per l'energia, per i carburanti o per le materie prime nel corso del 2022 come da dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà (resa ai sensi dell'articolo 47 del DPR n. 445/2000), purché tali finanziamenti prevedano l'inizio del rimborso del capitale non prima di ventiquattro mesi dall'erogazione e abbiano una durata fino a centoventi mesi e un importo non superiore al 100 per cento dell'ammontare complessivo degli stessi costi, come risultante dall'ultimo bilancio depositato o dall'ultima dichiarazione fiscale presentata alla data della domanda di garanzia, ovvero da altra idonea documentazione, prodotta anche mediante dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà e, comunque, non superiore a 35.000 euro.
Articolo 18
(Indennità una tauntum per i lavoratori dipendenti)
L’articolo 18 prevede la corresponsione di un’indennità una tantum di 150 euro a favore dei lavoratori dipendenti con una retribuzione imponibile di competenza del mese di novembre fino a 1.538 euro.
La norma prevede, a favore dei lavoratori dipendenti, un’indennità una tantum di 150 euro, da riconoscere tramite il datore di lavoro con la retribuzione erogata nella competenza del mese di novembre 2022, a condizione che nel medesimo mese la retribuzione imponibile non superi i 1.538 euro (comma 1).
Si valuti l’opportunità di chiarire se la soglia retributiva è considerata ai fini previdenziali o fiscali (dunque, in quest’ultimo caso, al netto dei contributi previdenziali).
L’indennità è riconosciuta anche nei casi in cui il lavoratore sia interessato da eventi con copertura di contribuzione figurativa integrale dall’INPS (comma 2).
Si valuti l’opportunità di chiarire se l’indennità una tantum di cui al presente articolo sia riconosciuta anche a favore dei lavoratori che risultino, nel mese di novembre, in aspettativa non retribuita.
L’indennità spetta ai lavoratori dipendenti una sola volta, anche nel caso in cui siano titolari di più rapporti di lavoro (comma 3) e non è compatibile con l’indennità una tantum, di analogo importo, riconosciuta dal successivo articolo 19 (cfr. la relativa scheda di lettura) a pensionati e altre categorie di soggetti. Sono, pertanto, esclusi dalla corresponsione dell’indennità in esame, oltre che i dipendenti con rapporto di lavoro domestico, anche i titolari di trattamenti pensionistici, pensione o assegno sociale, pensione o assegno per invalidi civili, ciechi e sordomuti, trattamenti di accompagnamento alla pensione, nonché gli appartenenti a nuclei familiari beneficiari del reddito di cittadinanza. Ai titolari di tali rapporti, trattamenti e prestazioni si applica, invece, quanto previsto dal successivo articolo 19. L’indennità è corrisposta in via automatica, previa dichiarazione del lavoratore di non essere titolare dei medesimi trattamenti e prestazioni.
Secondo le stime elaborate dal Governo e indicate nella relazione tecnica, i lavoratori destinatari della misura sono 6,7 milioni.
L’indennità non è cedibile, né sequestrabile, né pignorabile e non costituisce reddito né ai fini fiscali, né ai fini della corresponsione di prestazioni previdenziali ed assistenziali (comma 4).
Il credito maturato per effetto dell’erogazione dell’indennità da parte dei datori di lavoro nel mese di novembre 2022 è compensato attraverso la denuncia dei redditi, secondo le indicazioni che saranno fornite dall’INPS, ai sensi dell’articolo 44, comma 9 del D.L. n. 269/2003 (comma 5).
In base a tale disposizione, i sostituti d'imposta trasmettono mensilmente in via telematica all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) i dati retributivi e le informazioni necessarie per il calcolo dei contributi, per l'implementazione delle posizioni assicurative individuali e per l'erogazione delle prestazioni, entro l'ultimo giorno del mese successivo a quello di riferimento.
Il comma 6 quantifica in 1.005 milioni di euro per il 2022 gli oneri conseguenti al riconoscimento dell’indennità una tantum ai lavoratori dipendenti e rinvia all’articolo 43 l’indicazione delle modalità di copertura finanziaria.
Articolo 19
(Indennità una tantum per pensionati e altre categorie di soggetti)
L’articolo 19 prevede il riconoscimento di una somma di 150 euro, a titolo di indennità una tantum, ai pensionati con reddito fino a 20 mila euro, nonché a percettori di prestazioni assistenziali, titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, dottorandi e assegnisti di ricerca, collaboratori sportivi, lavoratori stagionali, a tempo determinato e intermittenti, lavoratori domestici, lavoratori agricoli, lavoratori autonomi privi di partita IVA, nuclei beneficiari del reddito di cittadinanza.
Pensionati
L’articolo 19, al comma 1, prevede il riconoscimento di un’indennità una tantum di 150 euro ai titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico di qualsiasi forma previdenziale obbligatoria, di pensione o assegno sociale, di pensione o assegno per invalidi civili, ciechi e sordomuti, nonché di trattamenti di accompagnamento alla pensione.
I presupposti per l’erogazione d’ufficio della misura, da parte dell’INPS o di altro Ente previdenziale (in caso di trattamenti non gestiti dall’INPS[24]), con la mensilità di novembre 2022, sono:
§ la residenza in Italia;
§ la decorrenza dei trattamenti che danno diritto alla erogazione dell’indennità entro il 1° ottobre 2022;
§ un reddito personale assoggettabile ad IRPEF, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali, non superiore per l’anno 2021 a 20.000 euro lordi.
Agli effetti del comma 1, dal computo del reddito personale assoggettabile ad IRPEF, al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali, sono esclusi: i trattamenti di fine rapporto comunque denominati, il reddito della casa di abitazione e le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata (comma 2).
L’indennità non costituisce reddito ai fini fiscali, né ai fini della corresponsione di prestazioni previdenziali ed assistenziali, non è cedibile, né sequestrabile, né pignorabile (comma 3) ed è corrisposta sulla base dei dati disponibili all’ente erogatore al momento del pagamento con successiva verifica del reddito complessivo annuo lordo (di cui ai commi 1 e 2), anche attraverso le informazioni fornite in forma disaggregata per ogni singola tipologia di redditi dall’Amministrazione finanziaria e ogni altra amministrazione pubblica che detiene informazioni utili (comma 4).
L’ente erogatore procede alla verifica della situazione reddituale e, in caso di somme corrisposte in eccedenza, provvede alla notifica dell’indebito entro l’anno successivo a quello di acquisizione delle informazioni reddituali (comma 5).
L’indennità una tantum di cui al comma 1 dell’art. 19 è corrisposta, a ciascun soggetto avente diritto, una sola volta, anche nel caso in cui tale soggetto svolga attività lavorativa (comma 6).
Agli oneri derivanti dai commi da 1 a 6, valutati in 1.245 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede ai sensi dell’articolo 43 del presente decreto-legge (cfr. la relativa scheda) (comma 7).
Altre categorie di soggetti
Le disposizioni di cui ai commi da 8 a 16 dell’art. 19 individuano le seguenti specifiche categorie di soggetti, aventi diritto alla predetta indennità una tantum del valore di 150 euro:
§ lavoratori domestici già beneficiari dell’indennità una tantum di 200 euro per lavoratori dipendenti di cui al DL 50/2022, che abbiano in essere uno o più rapporti di lavoro, alla data di entrata in vigore del decreto in esame. L’indennità è corrisposta dall’INPS nel mese di novembre 2022 (comma 8);
Si fa presente che, a differenza di quanto previsto dal DL 50/2022 per il bonus di 200 euro a favore dei medesimi beneficiari, non si prevede la necessità di presentare previamente apposita domanda.
§ soggetti che, per il mese di novembre 2022, risultano essere percettori di NASpI[25] e DIS-COLL[26] (prestazioni previste dagli articoli 1 e 15 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22). L’indennità è riconosciuta dall’INPS (comma 9);
§ soggetti che percepiscono, nel corso del 2022, l’indennità di disoccupazione agricola di competenza del 2021[27]. L’indnenità è corrisposta dall’INPS (comma 10);
§ titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, dottorandi e assegnisti di ricerca i cui contratti sono attivi al 18 maggio 2022 (data di entrata in vigore del DL 50/2022) e iscritti alla Gestione separata dell’INPS. I soggetti non devono essere titolari di pensione e non devono essere iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie. L’indennità è corrisposta dall’INPS, a domanda, ai soggetti che hanno reddito derivante dai suddetti rapporti non superiore a 20.000 euro per l’anno 2021 (comma 11).
§ lavoratori stagionali, intermittenti, in somministrazione o autonomi e dello spettacolo che nel 2021 siano stati beneficiari di una delle indennità connesse all'emergenza Covid-19 di cui all'articolo 10 commi da 1 a 9 del decreto legge 22 marzo 2021 n. 41 e di cui all'articolo 42 del decreto legge 25 maggio 2021 n. 73, per i quali l’INPS eroga automaticamente l’indennità (comma 12);
Hanno potuto beneficiare di dette indennità i seguenti soggetti:
- lavoratori stagionali del turismo, degli stabilimenti termali e dello spettacolo che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 26 maggio 2021, ma che abbiano lavorato nel medesimo periodo per almeno trenta giorni;
- lavoratori dipendenti stagionali e lavoratori in somministrazione appartenenti ad altri settori che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro tra il 1° gennaio 2019 e il 26 maggio 2021, ma che abbiano lavorato nel medesimo periodo per almeno trenta giorni;
- lavoratori intermittenti che abbiano lavorato per almeno trenta giorni tra il 1° gennaio 2019 e il 26 maggio 2021;
- lavoratori autonomi, privi di partita IVA, che tra il 1° gennaio 2019 e il 26 maggio 2021 siano stati titolari di contratti autonomi occasionali e che non abbiano avuto un contratto in essere il 23 marzo 2021 o il 27 maggio 2021;
- incaricati alle vendite a domicilio con reddito nell'anno 2019 derivante dalle medesime attività superiore a 5.000 euro e titolari di partita IVA attiva al 22 marzo 2021 o al 26 maggio 2021;
- lavoratori a tempo determinato del settore del turismo e degli stabilimenti termali titolari tra il 1° gennaio 2019 e il 22 marzo 2021 di un contratto di durata pari almeno a trenta giorni, che abbiano lavorato a tempo determinato o stagionale anche nel 2018;
- lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo con almeno trenta contributi giornalieri versati tra il 1° gennaio 2019 e il 26 maggio 2021, con un reddito nel 2019 non superiore a 75 mila euro;
- lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo con almeno sette contributi giornalieri versati dal 1° gennaio 2019 il 26 maggio 2021, con un reddito nel 2019 non superiore a 35 mila euro.
§ collaboratori sportivi che siano stati beneficiari di una delle indennità connesse all'emergenza Covid-19. L’indennità è erogata da Sport e Salute S.p.A.. A tal fine, per il 2022, è trasferita a Sport e Salute S.p.a. la somma di euro 24 milioni. Le risorse non utilizzate da Sport e Salute S.p.A. per tali finalità sono versate, entro il 31 dicembre 2022, all'entrata del bilancio dello Stato (comma 12);
Hanno potuto beneficiare di dette indennità i titolari di rapporti di collaborazione presso il CONI, il Comitato Italiano Paralimpico (CIP), le federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva, riconosciuti dal CONI e dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP), le società e associazioni sportive dilettantistiche.
§ lavoratori stagionali, a tempo determinato e intermittenti (di cui agli articoli da 13 a 18 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81[28]) che, nel 2021, abbiano svolto la prestazione per almeno 50 giornate e percepito un reddito derivante dai suddetti rapporti non superiore a 20.000 euro. L'indennità è corrisposta, a domanda, dall’INPS (comma 13);
§ lavoratori iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo che nel 2021 abbiano almeno 50 contributi giornalieri versati e percepito un reddito non superiore a 20.000 euro. L’INPS eroga la indennità a domanda (comma 14);
§ beneficiari delle indennità una tantum di cui al DL 50/2022, art 32, comma 15, ossia lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie che, nel 2021, siano stati titolari di contratti autonomi occasionali, riconducibili alle disposizioni di cui all'articolo 2222 del codice civile[29], per i quali, nello stesso anno, risulti l'accredito di almeno un contributo mensile, purchè i suddetti lavoratori siano già iscritti, in data 18 maggio 2022, alla Gestione separata dell’INPS[30] (comma 15);
§ beneficiari delle indennità una tantum di cui al DL 50/2022, art 32, comma 16, ossia lavoratori incaricati alle vendite a domicilio con reddito nell'anno 2021, derivante dalle medesime attività, superiore a 5.000 euro e titolari di partita IVA attiva, con reddito nell'anno 2021 derivante dalle medesime attività superiore a 5.000 euro e titolari di partita IVA attiva, iscritti, in data 18 maggio 2022, alla Gestione separata dell’INPS. (comma 15);
§ nuclei beneficiari del reddito di cittadinanza di cui decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4: l’indennità è corrisposta d’ufficio nel mese di novembre 2022, unitamente alla rata mensile di competenza. L’indennità non è corrisposta nei nuclei in cui è presente almeno un beneficiario delle indennità di cui all’articolo 18 del presente decreto-legge (riguardante l’indennità una tantum per i lavoratori dipendenti), e di cui ai commi da 1 a 15 del presente articolo (comma 16).
Per le indennità di 150 euro di cui ai commi da 9 a 15, il comma 17 dispone che saranno erogate successivamente all'invio delle denunce dei datori di lavoro di cui all'articolo 18, comma 1, del presente decreto-legge.
Anche le indennità di cui ai commi da 8 a 16 non concorrono alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi (comma 18).
Si dispone, infine, la incompatibilità tra le prestazioni di cui al presente articolo 19 e all’articolo 18 (riguardante l’indennità una tantum per i lavoratori dipendenti); l’indennità può essere corrisposta a ciascun soggetto avente diritto una sola volta (comma 19).
Agli oneri derivanti dai commi da 8 a 16 del presente articolo 19 – stimati 256,5 milioni di euro per il 2022 e 347,7 milioni di euro per il 2023 – si provvede ai sensi dell’articolo 43 del presente decreto-legge (comma 21) (cfr. la relativa scheda).
Articolo 20
(Incremento delle risorse per l'indennità una tantum
per i lavoratori autonomi)
L’articolo 20 prevede, in via subordinata al possesso di uno specifico requisito inerente al reddito, un incremento, nella misura di 150 euro, dell'indennità una tantum già prevista per il 2022, nella misura di 200 euro, in favore dei lavoratori autonomi, ivi compresi i soggetti iscritti a regimi previdenziali obbligatori gestiti da enti di diritto privato; la dotazione complessiva del relativo Fondo[31] - che concerne il solo anno 2022 e che costituisce il limite di spesa per l'indennità in oggetto - viene quindi elevata da 600 milioni di euro a 1.012,5 milioni. Al fine della copertura finanziaria dell'onere derivante dall'incremento in esame viene fatto rinvio alle disposizioni di cui all'articolo 43.
Si ricorda che la misura suddetta di 200 euro è stata determinata dal D.M. 19 agosto 2022[32], il quale, al fine del riconoscimento del beneficio, ha stabilito in 35.000 euro il limite massimo di reddito complessivo - riferito al periodo d'imposta 2021 e al netto di tutti i contributi previdenziali e assistenziali, dei trattamenti di fine rapporto, comunque denominati, del reddito della casa di abitazione e delle competenze arretrate sottoposte a tassazione separata -. Rispetto a tali valori, il presente articolo 20 riconosce un incremento di 150 euro dell'indennità una tantum, a condizione che il reddito complessivo del soggetto (computato secondo i criteri summenzionati e con riferimento al medesimo periodo d'imposta 2021) sia stato inferiore o pari 20.000 euro.
Gli importi dell'indennità in oggetto non costituiscono reddito ai fini fiscali né ai fini della corresponsione di prestazioni previdenziali ed assistenziali[33].
Riguardo al riparto della dotazione di risorse previgente rispetto al presente articolo 20 - pari, come detto, a 600 milioni di euro -, il D.M. 19 agosto 2022 ha destinato una quota pari a 504,4 milioni di euro ai lavoratori autonomi iscritti alle relative gestioni previdenziali dell'INPS e la restante quota di 95,6 milioni per i soggetti iscritti a regimi previdenziali obbligatori gestiti da enti di diritto privato. Sulla base del presente articolo 20, un altro decreto ministeriale deve definire il riparto delle nuove risorse stanziate (pari, come accennato, a 412,5 milioni)[34]. Nell'ambito delle quote, il riconoscimento è operato da ciascun ente sulla base dell'ordine cronologico delle domande[35]; queste ultime devono essere presentate nei termini, con le modalità e secondo lo schema definiti - in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 3 del citato D.M. 19 agosto 2022 - dal medesimo ente di previdenza[36]; al fine di garantire che non vengano superate le quote, l'articolo 5 del suddetto D.M. 19 agosto 2022 richiede, da parte dei medesimi enti, il monitoraggio finanziario nonché la comunicazione settimanale dei risultati del monitoraggio al Ministero del lavoro e delle politiche sociali; qualora emerga che siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto al relativo limite, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali "rende immediata comunicazione all'Inps e agli enti di previdenza sulle risorse residue affinché non siano adottati altri provvedimenti concessori".
I soggetti interessati al beneficio sono i seguenti - a condizione che siano già iscritti alle relative gestioni previdenziali alla data del 18 maggio 2022[37], con partita IVA attiva e attività lavorativa avviata entro la medesima data, e che, entro quest'ultima, abbiano eseguito almeno un versamento, totale o parziale, per la contribuzione dovuta alla gestione di iscrizione per la quale sia richiesta l'indennità, con competenza decorrente dall'anno 2020[38] -[39]:
§ i lavoratori autonomi iscritti alle relative gestioni previdenziali dell'INPS (artigiani, esercenti attività commerciali, coltivatori diretti, coloni, mezzadri, imprenditori agricoli professionali[40], pescatori autonomi di cui alla L. 13 marzo 1958, n. 250[41], nonché i soggetti che, in qualità di lavoratori autonomi, siano iscritti alla cosiddetta Gestione separata dell'INPS[42]);
§ i soggetti iscritti agli enti di diritto privato - gestori di forme previdenziali obbligatorie - di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e al D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103.
Riguardo all'ambito delle categorie interessate, si ricorda che - in conformità all'interpretazione seguita dal Ministero dell'economia e delle finanze e dall'INPS in occasione di precedenti norme che, ai fini della concessione di indennità una tantum, facevano riferimento in termini analoghi ai lavoratori autonomi[43] - vi rientrano anche i soggetti che siano iscritti ad uno dei regimi previdenziali in oggetto in qualità di socio o di associato, ovvero in qualità di coadiuvante o di coadiutore. La circolare dell'INPS n. 103 del 26 settembre 2022, confermando, con riferimento all'indennità in oggetto, tale interpretazione, specifica che sono esclusi dal beneficio gli imprenditori agricoli professionali iscritti alla gestione per i coltivatori diretti e per i coloni e mezzadri per l’attività di amministratore di società di capitali, "in quanto il reddito percepito non rientra tra i redditi prodotti dall’attività aziendale".
Articolo 21
(Recupero delle prestazioni pensionistiche indebite)
L’articolo 21 differisce al 31 dicembre 2023 il termine per la trasmissione[44] della richiesta di recupero, da parte dell'INPS, delle prestazioni pensionistiche indebite, con riferimento agli indebiti che emergano dalle verifiche dei redditi concernenti il periodo d'imposta 2020, nonché agli indebiti che emergano dalle verifiche dei redditi relative al periodo d'imposta 2019, limitatamente - per quest'ultimo periodo - alle verifiche in base ai dati trasmessi dal titolare del trattamento pensionistico e non già disponibili per una qualsiasi amministrazione pubblica.
La previsione in esame costituisce una deroga alla norma di cui all'articolo 13, comma 2, della L. 30 dicembre 1991, n. 412. Quest'ultimo prevede che l'INPS proceda annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provveda, entro l'anno successivo, al recupero degli importi eventualmente pagati in eccedenza[45].
Riguardo al suddetto termine "anno successivo", si ricorda che, in base alle norme poste dall'articolo 35, commi 8 e 10-bis, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14, e successive modificazioni, e dall'articolo 15, comma 1, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, ed in base all'interpretazione seguita dalla giurisprudenza e dall'INPS[46]:
§ qualora l'INPS non abbia preso in considerazione redditi di cui l'Istituto fosse già a conoscenza, anche indirettamente, cioè per il tramite dell'Amministrazione finanziaria o di un'altra amministrazione pubblica che detenga informazioni, il recupero deve avvenire entro l’anno successivo a quello di liquidazione del trattamento pensionistico indebito;
§ negli altri casi, il termine è costituito dall'anno successivo a quello nel corso del quale sia stata resa la dichiarazione dei dati in oggetto da parte del pensionato.
Si ricorda altresì che, secondo il paragrafo 4 della circolare dell'INPS n. 47 del 16 marzo 2018, il termine temporale in oggetto si intende in ogni caso soddisfatto con l’avvio delle attività di recupero, coincidente, secondo le disposizioni regolamentari dell'INPS, "con le attività di postalizzazione e, dunque, con la trasmissione dei debiti al servizio preposto alla spedizione"[47].
Il termine temporale di cui al presente articolo 21, facendo riferimento all'avvio del recupero, concerne, quindi, la suddetta fase di trasmissione.
Riguardo alle modalità di recupero degli indebiti in oggetto, cfr. anche la novella di cui al comma 1 dell'articolo 150 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, nonché i commi 2 e 3 del medesimo articolo 150.
L’articolo 22 reca disposizioni finalizzate ad accelerare la realizzazione di opere, impianti e infrastrutture necessari ai fabbisogni impiantistici individuati dal PNGR e dal PNRR (commi 1 e 2), nonché a prevedere e disciplinare l’istituzione, presso il Ministero della transizione ecologica, dell’Organismo di vigilanza dei consorzi e dei sistemi autonomi per la gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi (commi 3 e 4).
Accelerazione di opere, impianti e infrastrutture necessari ai fabbisogni impiantistici individuati dal PNGR e dal PNRR (commi 1 e 2).
Il comma 1 dispone che le opere, gli impianti e le infrastrutture necessari ai fabbisogni impiantistici individuati dal Programma nazionale per la gestione dei rifiuti (PNGR) costituiscono interventi di pubblica utilità, indifferibili e urgenti.
Si ricorda che la dichiarazione di pubblica utilità (disciplinata dagli artt. 12-14 del D.P.R. 327/2001) attribuisce alle opere, anche qualora private, la natura giuridica di opera pubblica e costituisce presupposto per eventuali procedure espropriative. Relativamente alla dichiarazione di indifferibilità ed urgenza si rammenta che essa costituisce il presupposto di legittimità del provvedimento d'occupazione d'urgenza (v. art. 22-bis del D.P.R. 327/2001).
Il comma 2 disciplina il caso di inerzia dell’autorità competente nei procedimenti autorizzativi non di competenza statale relativi a opere, impianti e infrastrutture necessari ai fabbisogni impiantistici individuati dal PNGR e dal PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza).
Il comma in esame dispone infatti che, in tali procedimenti, ove l’autorità competente non provveda sulla domanda di autorizzazione entro i termini previsti dalla legislazione vigente, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della transizione ecologica, assegna all’autorità medesima un termine non superiore a 15 giorni per provvedere.
In caso di perdurante inerzia, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro della transizione ecologica, sentita l’autorità competente, il Consiglio dei ministri nomina un commissario ad acta, al quale attribuisce, in via sostitutiva, il potere di adottare gli atti o i provvedimenti necessari, anche avvalendosi di società di cui all’art. 2 del D.Lgs. 175/2016 (recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”) o di altre amministrazioni specificamente indicate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
L’art. 198-bis del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006), introdotto dal decreto legislativo n. 116/2020, ha previsto la predisposizione, da parte del Ministero dell'ambiente (ora Ministero della transizione ecologica in virtù della ridenominazione operata dal D.L. 22/2021) con il supporto di ISPRA, del Programma nazionale per la gestione dei rifiuti (PNGR). Ha altresì previsto che il PNGR è sottoposto a verifica di assoggettabilità a VAS ed è approvato, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, con apposito decreto del Ministro dell'ambiente.
Lo stesso articolo prevede che il PNGR contiene, tra l’altro: la ricognizione impiantistica nazionale, per tipologia di impianti e per regione; l'adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore concernenti specifiche tipologie di rifiuti, incluse quelle derivanti dal riciclo e dal recupero dei rifiuti stessi, finalizzati alla riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi stessi; l'indicazione dei criteri generali per l'individuazione di macroaree, definite tramite accordi tra Regioni, che consentano la razionalizzazione degli impianti dal punto di vista localizzativo, ambientale ed economico, sulla base del principio di prossimità; lo stato di attuazione in relazione al raggiungimento degli obiettivi derivanti dal diritto dell'UE in relazione alla gestione dei rifiuti e l'individuazione delle politiche e degli obiettivi intermedi cui le Regioni devono tendere ai fini del pieno raggiungimento dei medesimi; l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi, i relativi fabbisogni impiantistici da soddisfare, anche per macroaree, tenendo conto della pianificazione regionale, e con finalità di progressivo riequilibrio socioeconomico fra le aree del territorio nazionale; l'individuazione di flussi omogenei di rifiuti funzionali e strategici per l'economia circolare e di misure che ne possano promuovere ulteriormente il loro riciclo.
La relazione illustrativa ricorda che la missione M2C1.1 “Migliorare la capacità di gestione efficiente e sostenibile dei rifiuti e il paradigma dell’economia circolare” del PNRR contempla “due importanti riforme: la Strategia Nazionale per l'Economia Circolare (SEC) e il Piano Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (PNGR). Entrambe le riforme sono state approvate a giugno, rispettivamente, con il D.M. n. 259 del 24 giugno 2022 e il D.M. n. 257 del 24 giugno 2022. Le due riforme si affiancano agli investimenti previsti sempre per l’economia circolare, attualmente in fase avanzata di attuazione (i progetti presentati sono al vaglio delle Commissioni esaminatrici), che mirano a rafforzare l’infrastruttura impiantistica per la gestione dei rifiuti”. La medesima relazione sottolinea che il PNGR “oltre a rappresentare una componente vera e propria della SEC, è anche una riforma essenziale per il PNRR, essendo strettamente collegata agli investimenti per il potenziamento delle infrastrutture impiantistiche. Il PNGR mira, infatti, a colmare l’insufficienza impiantistica per l’economia circolare, che rappresenta da sempre la più critica delle barriere al pieno sviluppo di questo modello economico. Il Piano ha un orizzonte temporale di sei anni (2022-2028): fissa i macro-obiettivi, definisce i criteri e le linee strategiche a cui le regioni e le province autonome devono attenersi nella elaborazione dei Piani di gestione dei rifiuti, offrendo, contestualmente, una ricognizione nazionale dell’impiantistica, suddivisa per tipologia di impianti e per regione, al fine di fornire strumenti per colmare i gap impiantistici presenti nel territorio […] Merita sottolineare che il PNGR rappresenta uno strumento di indirizzo e supporto alla pianificazione regionale, che è comunque tenuta ad uniformarsi alla programmazione nazionale, pena l’attivazione di opportuni meccanismi di potere sostitutivo”.
Vigilanza dei consorzi e dei sistemi autonomi per la gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi (commi 3 e 4).
Il comma 3 introduce, nel Codice dell’ambiente, una disposizione finalizzata a rafforzare le attività di vigilanza e di controllo del funzionamento e dell’efficacia dei sistemi consortili e autonomi di gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio (nuovo comma 4-bis dell’art. 206-bis del D.Lgs. 152/2006).
Per la citata finalità viene prevista l’istituzione, presso il Ministero della transizione ecologica (MiTE), dell’Organismo di vigilanza dei consorzi e dei sistemi autonomi per la gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi.
Viene altresì disciplinata la composizione dell’Organismo di vigilanza, prevedendo che siano membri dello stesso:
§ due rappresentanti del Ministero della transizione ecologica, di cui uno con funzioni di Presidente;
§ due rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico;
§ un rappresentante dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato;
§ un rappresentante dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA);
§ un rappresentante dell’Associazione nazionale dei comuni italiani.
Le modalità di funzionamento e gli obiettivi specifici dell’Organismo di vigilanza dovranno essere adottati, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della norma in esame, con decreto del Ministero della transizione ecologica, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico.
Viene inoltre previsto che le risultanze delle attività dell’Organismo di vigilanza sono rese pubbliche sul sito istituzionale del Ministero della transizione ecologica entro il 30 aprile di ogni anno.
Per il funzionamento dell’Organismo di vigilanza sono stanziati 50.000 euro per l’anno 2022 e 100.000 euro a decorrere dall’anno 2023.
Viene altresì precisato che ai componenti dell’Organismo di vigilanza non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
Il comma 4 disciplina la copertura degli oneri derivanti dal comma 3, stabilendo che ad essi si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della transizione ecologica.
La relazione illustrativa sottolinea che i commi in esame consentono di dare attuazione a quanto previsto dalla Strategia Nazionale per l'Economia Circolare (SEC) approvata con il D.M. n. 259 del 24 giugno 2022.
Nel testo della SEC (pag. 52) viene infatti prevista “l’istituzione di uno specifico Organismo di Vigilanza che, sotto la presidenza del MiTE, avrà l'obiettivo di monitorare il funzionamento dei Consorzi e dei Sistemi autonomi per la gestione dei rifiuti, in modo da renderne l’operato più efficiente ed efficace in termini di raggiungimento degli obiettivi e di utilizzo delle risorse. A tale Organismo di Vigilanza competerà, in particolare, verificare: l’andamento delle attività dei diversi Consorzi e Sistemi autonomi ed il rispetto degli obblighi normativi e degli obiettivi ambientali che la legge pone in capo agli stessi; la congruità dei costi sostenuti e la loro attinenza alla relativa realtà economica; la corretta determinazione del contributo ambientale ed il relativo impiego”.
In relazione alla disciplina vigente dei consorzi e dei sistemi autonomi per la gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi, si ricorda che il titolo II della parte IV del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006) disciplina la gestione degli imballaggi prevedendo, tra l’altro, che i produttori e gli utilizzatori partecipino al Consorzio nazionale imballaggi (CONAI) o, in alternativa, organizzino autonomamente, anche in forma collettiva, la gestione dei propri rifiuti di imballaggio sull'intero territorio nazionale (art. 221).
L’art. 223 dispone inoltre che i produttori che non provvedono autonomanente costituiscono un Consorzio per ciascun materiale di imballaggio (i cd. consorzi di filiera) operante su tutto il territorio nazionale.
Ulteriori sistemi consortili per la gestione di particolari categorie di rifiuti sono previsti dal titolo III della parte IV del Codice (si ricordano ad esempio il Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti e il Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene).
Relativamente ai sistemi autonomi (per la cui disciplina il D.Lgs. 116/2020 ha introdotto, all’interno del titolo II della parte IV del Codice, l’articolo 221-bis), nelle linee guida emanate nel dicembre 2018 dal Ministero dell’ambiente sono ricordati il consorzio autonomo P.A.R.I., per la gestione di imballaggi in PE-LD (Film); due consorzi per la plastica, uno per la gestione di casse in plastica e l'altro per la gestione dei pallet in plastica; il consorzio REN.OILS, per la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti; nonché il CORIPET, per la gestione diretta degli imballaggi in PET per liquidi alimentari.
Nella sezione “Gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio” del sito web del MiTE viene ricordato anche il riconoscimento del sistema autonomo “Ecopolietilene”.
Si fa notare che l’art. 206-bis del D.Lgs. 152/2006 reca disposizioni in materia di vigilanza e controllo in materia di gestione dei rifiuti e – al fine di garantire l'attuazione della disciplina sui rifiuti contenuta nella parte IV del Codice, con particolare riferimento alla prevenzione della produzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti ed all'efficacia, all'efficienza ed all'economicità della gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, nonché alla tutela della salute pubblica e dell'ambiente – affida al Ministero della transizione ecologica una serie di funzioni, tra cui: vigilare sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio anche tramite audit nei confronti dei sistemi di gestione dei rifiuti di cui ai Titoli I, II e III della parte quarta del Codice; analizzare le relazioni annuali dei sistemi di gestione dei rifiuti di cui al Titolo II e al Titolo III della medesima parte quarta, verificando le misure adottate e il raggiungimento degli obiettivi, rispetto ai target stabiliti dall'UE e dalla normativa nazionale di settore, al fine di accertare il rispetto della responsabilità estesa del produttore da parte dei produttori e degli importatori di beni; provvedere al riconoscimento dei sistemi autonomi di cui ai titoli II e III della parte IV del Codice.
Per l'espletamento delle funzioni di vigilanza e controllo in materia di rifiuti, l’art. 206-bis in questione prevede che il Ministero della transizione ecologica si avvale dell'ISPRA, a tal fine utilizzando le risorse di cui al comma 6 (in parte derivanti da contributi posti in capo ai consorzi e ai sistemi autonomi per la gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi).
Articolo 23
(Misure in materia di fornitura di energia elettrica per la ricarica dei veicoli elettrici)
L’articolo 23 introduce l’obbligo, per il comune destinatario della richiesta di autorizzazione alla realizzazione ed eventuale gestione di un’infrastruttura di ricarica su suolo pubblico o su suolo privato gravato da un diritto di servitù pubblica, di dare pubblicità dell’avvenuto ricevimento delle domande in parola e, nel caso di più istanze concorrenti, di concedere l’autorizzazione all’esito di una procedura valutativa trasparente.
Inoltre, restringendo il campo di applicazione della disposizione originaria, è specificato che le misure tariffarie per la fornitura dell’energia elettrica destinata alla ricarica dei veicoli, che l’ARERA è chiamata a definire, sono riferite esclusivamente alle componenti a copertura dei costi di rete e degli oneri generali di sistema.
L’articolo 23 novella l’articolo 57, commi 8 e 12, del decreto-legge n. 76 del 2020 (c.d. decreto semplificazioni).
In sintesi, e rinviando al dossier di documentazione per ogni approfondimento, si ricorda che l’articolo 57 del decreto-legge n. 76 del 2020 definisce e disciplina la realizzazione di infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici in apposite aree di sosta, sia su suolo pubblico (stabilendo per queste il principio del libero accesso non discriminatorio), che in aree private.
Nel dettaglio, il comma 8 dell’articolo 57 prevede che soggetti pubblici o privati possano richiedere al comune, ovvero all’ente proprietario o al gestore della strada, anche in ambito extraurbano, l’autorizzazione o la concessione per la realizzazione e l’eventuale gestione delle infrastrutture di ricarica, anche solo per una strada o un’area a pubblico accesso o per un insieme di esse, qualora il comune non abbia provveduto alla disciplina delle aree di ricarica a pubblico accesso.
Si introducono oggi nuove previsioni procedurali.
È stabilito, innanzitutto, che - nel caso in cui l’infrastruttura di ricarica per cui è richiesta l’autorizzazione insista su suolo pubblico o su suolo privato gravato da un diritto di servitù pubblica - il comune pubblichi l’avvenuto ricevimento dell’istanza di autorizzazione sul proprio sito istituzionale nonché sulla Piattaforma unica nazionale (PUN) di cui all’articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 257 del 2016, dal momento della sua operatività.
La Piattaforma unica nazionale (PUN) di cui all’articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 257 del 2016, appena citato, è la piattaforma, prevista nell’ambito del Pnire – Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati a energia elettrica, nella quale il MIMS raccoglie le informazioni relative ai punti di ricarica o di rifornimento accessibili al pubblico, quali:
§ la localizzazione,;
§ la tecnologia della presa;
§ la potenza massima erogabile;
§ la tecnologia utilizzata per l'accesso alla ricarica;
§ la disponibilità di accesso;
§ l'identificativo infrastruttura;
§ il proprietario dell'infrastruttura,
al fine della predisposizione della mappa nazionale dei punti di ricarica o di rifornimento accessibili al pubblico di combustibili alternativi elettricità e idrogeno per il trasporto stradale.
È, infatti, previsto che, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 257 del 2016, siano rese disponibili, sul sito istituzionale del MIMS, la mappa nazionale da ultimo citata e, sul sito dell'Osservatorio prezzi carburanti del MISE, la mappa nazionale dei punti di rifornimento accessibili al pubblico di combustibili alternativi GNC, GNL e GPL per il trasporto stradale.
La novella in commento dispone, poi, che, decorsi quindici giorni dalla data di pubblicazione, l’autorizzazione può essere rilasciata al soggetto istante.
Tuttavia, nel caso in cui più soggetti abbiano presentato istanza e il rilascio dell’autorizzazione a più soggetti non sia possibile ovvero compatibile con la programmazione degli spazi pubblici destinati alla ricarica dei veicoli elettrici adottata dal comune, l’ottenimento della medesima autorizzazione avviene all’esito di una procedura valutativa trasparente che assicuri il rispetto dei principi di imparzialità, parità di trattamento e non discriminazione tra gli operatori
Come anticipato, è novellato anche il comma 12 dell’articolo 57 del decreto-legge n. 76 del 2020, a mente del quale l’ARERA (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente), entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto, definisce le misure tariffarie per la fornitura dell’energia elettrica destinata alla ricarica dei veicoli, applicabili ai punti di prelievo in ambito privato e agli operatori del servizio di ricarica in ambito pubblico, in modo da favorire l’uso di veicoli alimentati ad energia elettrica e da assicurare un costo dell'energia elettrica non superiore a quello previsto per i clienti domestici residenti.
Con la novella in commento, restringendo il campo di applicazione della disposizione originaria (com’è sottolineato nella Relazione illustrativa di accompagnamento al decreto), è specificato che le misure tariffarie che l’ARERA è chiamata a definire sono riferite esclusivamente alle componenti a copertura dei costi di rete e degli oneri generali di sistema.
Articolo 24
(Misure urgenti per il sostegno alla siderurgia)
L’articolo 24, al fine di dare attuazione agli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, con riferimento agli investimenti legati all'utilizzo dell'idrogeno in settori hard-to-abate (M1C2) e all'allocazione delle relative risorse finanziarie pubbliche, individua la società DRI d'Italia S.p.A. quale soggetto attuatore degli interventi per la realizzazione dell'impianto per la produzione del preridotto (direct reduced iron) - con derivazione dell'idrogeno necessario ai fini della produzione esclusivamente da fonti rinnovabili - aggiudicati ai sensi del Codice degli appalti (D.lgs. 50/2016) e delle altre vigenti disposizioni di settore. Le risorse finanziarie preordinate alla realizzazione dell'impianto sono assegnate al soggetto attuatore entro il limite di 1 miliardo di euro.
L'impianto per la produzione del preridotto è gestito dalla stessa società DRI d'Italia S.p.A.. A tale fine, Invitalia S.p.A. assicura l'assunzione di ogni iniziativa utile all'apertura del capitale della società a uno o più soci privati, in possesso di adeguati requisiti finanziari, tecnici e industriali, individuati mediante procedure selettive di evidenza pubblica, in conformità del Codice degli Appalti e delle altre vigenti disposizioni di settore.
Le previsioni dell’articolo in esame vengono inserite sotto forma di quattro ulteriori periodi del comma 1-quater del D.L. n. 142/2019.
Viene altresì richiamato il rispetto della disciplina in materia di aiuti di Stato a favore del clima, dell'ambiente e dell'energia 2022 di cui alla Comunicazione della Commissione UE C/2022/481 del 27 gennaio 2022.
La relazione illustrativa evidenzia che, in considerazione dell'evoluzione del contesto, è apparso necessario adottare le misure contenute nell’articolo in esame anche nella prospettiva di agevolare il complesso processo di transizione del plesso siderurgico di Taranto verso un modello di produzione eco-sostenibile.
Si rammenta che il PNRR prevede un appsosito investimento M2C2- I 3.2, cui sono assegnate risorse pari a 2 miliardi di euro, per l’utilizzo dell’idrogeno e, dunque la progressiva decarbonizzazione, in settori hard-to-abate. La misura sostiene la produzione di idrogeno elettrolitico a partire da fonti di energia rinnovabile o dall'energia elettrica di rete.
L'investimento è teso a promuovere iniziative per l'impiego di idrogeno nei settori industriali che utilizzano il metano come fonte di energia termica (cemento, cartiere, ceramica, industrie del vetro, ecc.). Nel quadro dell'investimento dovrà essere avviata una gara d'appalto specifica per sostenere la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione del processo di produzione dell'acciaio attraverso un aumento dell'uso di idrogeno. Questa misura deve sostenere la produzione di idrogeno elettrolitico a partire da fonti di energia rinnovabile ai sensi della direttiva (UE) 2018/2001 o dall'energia elettrica di rete. Nell’ambito dell’investimento trovano espressa e puntuale collocazione i progetti per la realizzazione e la gestione di impianti di produzione di preridotto – direct reduced iron per l'alimentazione di forni elettrici.
Nel Rapporto della Corte dei Conti sull’utilizzo dell’idrogeno nei settori hard to abate, allegato alla Delibera n. 47/2022/G del 1 agosto 2022 sullo stato di attuazione del PNRR al I semestre 2022, si evidenzia che “Il Ministero della transizione ecologica ha fatto presente che nel 2021 e nel 2022 è stata definita una prima suddivisione dei fondi, un miliardo di euro è stato dedicato alla industria siderurgica a ciclo integrale (decarbonizzazione del sito di Ilva) e un miliardo a progetti che mirano all’introduzione di idrogeno verde in settori industriali diversi dall’acciaio a ciclo integrale.
I traguardi fissati dall’investimento sono al T1 2023 (Firma dell'accordo per promuovere la transizione dal metano all'idrogeno verde con i titolari dei progetti selezionati per lo sviluppo e il collaudo di un prototipo industriale che usi l'idrogeno) e al T2 2026 (Introduzione dell'idrogeno in almeno uno stabilimento industriale per decarbonizzare settori hard-to-abate).
Il comma 1-quater dell’articolo 1 del D.L. n. 142/2019 (L. n. 5/2019), inserito dall’articolo 3, comma 4-bis del D.L. n. 103/2021 (L. n. 125/2021) ha autorizzato l'Agenzia nazionale per attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia a costituire una società (sottratta all’applicazione del TU sulle società pubbliche) allo scopo della conduzione delle analisi di fattibilità, finalizzate alla realizzazione e alla gestione di un impianto per la produzione del preridotto – direct reduced iron. Il capitale sociale della società è stato determinato entro il limite di 70 milioni interamente sottoscritto e versato da Invitalia, anche in più soluzioni, in relazione allo stato di avanzamento delle analisi di fattibilità funzionali alla realizzazione e alla gestione di un impianto per la produzione del preridotto – direct reduced iron.
In attuazione della previsione,
· con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 15 novembre 2021 è stata assegnata alla società Invitalia la somma di 35 milioni di euro per la sottoscrizione e la liberazione, ad opera di quest'ultima, del capitale iniziale della società, allo scopo dell'avvio e della conduzione delle analisi di fattibilità finalizzate alla realizzazione e alla gestione dell’impianto per la produzione del preridotto – direct reduced iron, nell'ambito del plesso siderurgico di Taranto;
· in data 25 gennaio 2022 è stata costituita la società DRI d'Italia S.p.A., già pienamente operativa, per il perseguimento delle finalità individuate dalla menzionata fonte di normazione primaria.
Secondo quanto evidenzia la relazione illustrativa, l'assegnazione delle sopra indicate risorse finanziarie su tale progetto è subordinata (fonte: schede annesse al PNRR) al raggiungimento, entro il 2026, del duplice obiettivo, di cui dovrà darsi contezza nei successivi bandi per la realizzazione dei medesimi impianti:
i. di una combinazione di fonti gassose (metano + idrogeno) di alimentazione degli impianti per la produzione di preridotto in cui almeno il 10 per cento sia rappresentato da idrogeno;
ii. della derivazione dell'idrogeno esclusivamente da fonti rinnovabili, cd. «idrogeno green».
L’articolo 25, al fine di acquisire la disponibilità di nuovi posti letto presso alloggi o residenze per studenti delle istituzioni della formazione superiore – in attuazione della Riforma 1.7 della Missione 4, Componente 1, del PNRR - istituisce, fino all'anno 2026, un fondo denominato "Fondo per l'housing universitario", con una dotazione pari a 660 milioni di euro.
Nel dettaglio, l’articolo in commento, composto di un solo comma, aggiunge con una novella - dopo l’art. 1 della legge n. 338 del 2000, che reca interventi per alloggi e residenze per studenti universitari - l’articolo 1-bis, denominato “Nuovo housing universitario”, composto di 13 commi.
Il comma 1 del nuovo art. 1-bis della legge n. 338 del 2000 prevede che, per il perseguimento delle finalità previste dal PNRR e, in particolare, dalla Riforma 1.7 della Missione 4, Componente 1, sia istituito fino all'anno 2026 un fondo denominato “Fondo per l’housing universitario”, con una dotazione pari a 660 milioni di euro. Ai relativi oneri, pari a 660 milioni di euro, si provvede a valere sulle risorse previste dalla medesima Riforma 1.7.
Al riguardo, si ricorda che per la predetta Riforma 1.7 del PNRR, denominata “Alloggi per gli studenti e riforma della legislazione sugli alloggi per studenti”, appartenente alla Missione 4 (Istruzione e ricerca), Componente 1 (Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università), sono previste risorse - nel periodo di vigenza del PNRR (2021-2026) – per complessivi 960 milioni di euro (qui la pagina dedicata del MUR), al fine di incentivare la realizzazione, da parte dei soggetti privati, di nuove strutture di edilizia universitaria attraverso la copertura, da parte del Ministero dell’università e della ricerca, di parte degli oneri corrispondenti ai primi tre anni di gestione delle strutture stesse. Dei 960 milioni complessivi per finanziare tale finalità, 300 sono stati oggetto del DM n. 1046 del 26 agosto 2022, essendo stati destinati alla realizzazione di almeno 7.500 nuovi posti letto negli alloggi per studenti entro il 31 dicembre 2022 (si veda anche il bando emanato con DM 1257 del 30 novembre 2021).
Il presente articolo destina i restanti 660 milioni di euro per la costituzione del “Fondo per l’housing universitario”, al fine di aumentare ulteriormente la disponibilità di posti letto per gli studenti.
Esaminando tale riforma sotto l’aspetto legislativo, si ricorda che, da ultimo, l’art. 14, comma 6-vicies quater del decreto-legge n. 36 del 2022 (L.79/2022), ha previsto la possibilità di destinare risorse del PNRR all'incremento di posti letto per studenti universitari ovvero al finanziamento di interventi di adeguamento delle residenze universitarie agli standard europei. In particolare, con bando del Ministero dell'università e della ricerca, le risorse del PNRR indicate nell'ambito dei bandi adottati in applicazione dell'art. 1 della legge n. 338 del 2000, che siano in essere alla data di entrata in vigore della predetta disposizione, possono essere destinate ai suddetti interventi.
Successivamente, l’art. 39 del decreto-legge n. 115 del 2022 (cosiddetto Aiuti-bis) ha modificato le disposizioni di attuazione della suddetta Riforma 1.7 già adottate in forza dell’art. 14, comma 6-vicies quater del D.L. 36/2022, con l’obiettivo di favorire ulteriormente la disponibilità di nuovi alloggi e residenze per studenti universitari. In questa prospettiva, l’art. 39 opera su due versanti:
i) sostituisce l’art. 14, comma 6-vicies quater del D.L. 36/2022, trasponendone il contenuto, con limitate modifiche sostanziali, all’interno dell’art. 1 della L. 338/2000;
ii) prevede semplificazioni procedimentali aggiuntive per consentire il più celere ed effettivo impiego delle risorse europee, al fine di conseguire gli obiettivi temporali connessi al raggiungimento dei target del PNRR.
Per un approfondimento su tale Riforma, sui suoi traguardi (il primo, raggiunto entro il 31 dicembre 2021, riguardava l’entrata in vigore della legislazione volta a modificare le norme vigenti in materia di alloggi per studenti), sui suoi obiettivi e sull’attuazione degli stessi, si rinvia all’apposito allegato Riforme del Tema su PNRR e istruzione.
Il comma 2 del (nuovo) art. 1-bis della legge n. 338 del 2000 prevede che alle risorse del Fondo per l’housing universitario accedano, anche in convenzione ovvero in partenariato con le università, le istituzioni AFAM o gli enti regionali per il diritto allo studio, le imprese, gli operatori economici di cui all’art. 3, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), o gli altri soggetti privati di cui all’art. 1, comma 1 (della medesima legge n. 338 del 2000), sulla base delle proposte selezionate da una commissione istituita presso il Ministero dell’università e della ricerca, secondo le procedure definite dal decreto di cui al successivo comma 7. Ai componenti della commissione non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
Si ricorda che il citato art. 3, comma 1, lettera p) del decreto-legislativo 50 del 2016, definisce «operatore economico», una persona fisica o giuridica, un ente pubblico, un raggruppamento di tali persone o enti, compresa qualsiasi associazione temporanea di imprese, un ente senza personalita' giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi del decreto legislativo n. 240 del 1991, che offre sul mercato la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi.
L’art. 1, comma 1 del decreto legislativo n. 338 del 2000, poi, prevede che per consentire il concorso dello Stato alla realizzazione di interventi necessari per l'abbattimento delle barriere architettoniche, per l'adeguamento alle vigenti disposizioni in materia di sicurezza e per la manutenzione straordinaria, il recupero
e la ristrutturazione di immobili già esistenti, adibiti o da adibire ad alloggi o residenze per gli studenti universitari, nonche' di interventi di nuova costruzione e acquisto di aree ed edifici da adibire alla medesima finalita' da parte delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, degli organismi regionali
di gestione per il diritto allo studio universitario, delle universita' statali e di quelle legalmente riconosciute, dei collegi universitari, di consorzi universitari, di cooperative di studenti senza fini di lucro e di organizzazioni non lucrative di utilità sociale operanti nel settore del diritto allo studio, è autorizzata una determinata spesa ivi indicata. Tali interventi possono essere affidati, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di lavori pubblici, a soggetti privati in concessione di costruzione e gestione o in concessione di servizi, o a societa' di capitali pubbliche o a società miste pubblico-private anche a prevalente capitale privato.
Il comma 3 del medesimo art. 1-bis della legge n. 338 del 2000 prevede che la ripartizione delle risorse tra le proposte selezionate ai sensi del precedente comma 2 sia effettuata, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sulla base del numero dei posti letto previsti in base a ciascuna proposta e tenuto conto dei fabbisogni espressi dalla ricognizione effettuata con le modalità indicate dal decreto di cui al comma 7, nonché della quota da riservare alle regioni del Mezzogiorno, ai sensi dell’art. 2, comma 6-bis, secondo periodo, del decreto-legge n. 77 del 2021 (L. 108/2021). L’erogazione di tali risorse è effettuata in esito alla effettiva messa a disposizione, anche tramite appositi bandi, dei posti letto relativi alle proposte ammesse a finanziamento.
Si ricorda che il citato art. 2, comma 6-bis, secondo periodo, del decreto-legge n. 77 del 2021 prevede che le amministrazioni centrali titolari di interventi previsti nel PNRR assicurino che, in sede di definizione delle procedure di attuazione degli interventi del PNRR, almeno il 40 per cento delle risorse allocabili territorialmente, anche attraverso bandi, indipendentemente dalla fonte finanziaria di provenienza, sia destinato alle regioni del Mezzogiorno, salve le specifiche allocazioni territoriali gia' previste nel PNRR.
Ai sensi del comma 4 del nuovo art. 1-bis della legge n. 338 del 2000, con le risorse assegnate è assicurato il corrispettivo, o parte di esso, dovuto per il godimento dei posti letto resi disponibili ai sensi dell’articolo in commento presso alloggi o residenze per i primi tre anni dalla effettiva fruibilità degli stessi.
Il comma 5 dell’art. 1-bis, poi, prevede che i soggetti aggiudicatari ai sensi del comma 3 assicurano la destinazione d’uso prevalente degli immobili utilizzati per le finalità dell’articolo in commento ad alloggio o residenza per studenti con possibilità di destinazione ad altra finalità, anche a titolo oneroso, delle parti della struttura eventualmente non utilizzate, ovvero degli stessi alloggi o residenze in relazione ai periodi non correlati allo svolgimento delle attività didattiche.
Il comma 6 del nuovo art. 1-bis, inoltre, dispone che la riduzione della disponibilità di posti letto rispetto al numero degli stessi indicato in sede di proposta comporta la riduzione delle somme erogate e dei benefici di cui ai successivi commi 9 e 10 in misura proporzionale alla riduzione della disponibilità prevista. In caso di mutamento della destinazione d’uso prevalente ad alloggio o residenza per studente degli immobili utilizzati per le finalità del presente articolo, il soggetto aggiudicatario decade dai benefici di cui ai commi 9, 10 e 11 dell’articolo in commento.
Ai sensi del comma 7 dell’art. 1-bis, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sentite la Conferenza dei rettori delle università italiane e la Conferenza Stato-regioni, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in commento, sono definiti:
a) la composizione della commissione di valutazione di cui al precedente comma 2;
b) le procedure per la ricognizione dei fabbisogni territoriali di posti letto;
c) le procedure per la presentazione delle proposte di intervento e per la loro valutazione, nonché il numero minimo di posti letto per intervento;
d) le procedure e i criteri volti ad individuare il corrispettivo unitario per i posti letto, tenendo conto dell’ambito territoriale, dei valori di mercato di riferimento, delle tipologie degli immobili e del livello dei servizi offerti agli studenti nonché della riduzione del 15 per cento in ragione della finalità sociale delle misure di cui al presente articolo;
e) le garanzie patrimoniali minime per accedere alle misure di cui al presente articolo, anche al fine di assicurare un vincolo di destinazione, pari ad almeno nove anni successivi al terzo anno, con decorrenza dall'acquisizione della disponibilità degli alloggi o delle residenze per l'utilizzo previsto;
f) gli standard minimi qualitativi degli alloggi o delle residenze e degli ulteriori servizi offerti, in relazione sia allo spazio comune per studente che alle relative dotazioni strumentali, fermo restando il rispetto del principio di non arrecare danno significativo all'ambiente (DNSH).
Il comma 8 del nuovo art. 1-bis della legge n. 338 del 2000 prevede che i posti letto ottenuti con le misure di cui all’articolo in commento sono destinati agli studenti fuori sede individuati sulla base delle graduatorie del diritto allo studio, ovvero di quelle di merito.
A mente del comma 9 del medesimo art. 1-bis, con decorrenza dall’anno di imposta 2024, le somme corrisposte ai sensi del precedente comma 4 non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’imposta sul reddito delle società, nonché alla formazione del valore netto della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive. I redditi derivanti dalla messa a disposizione di posti letto presso alloggi o residenze per studenti universitari di cui all’articolo in commento, salvo quanto previsto nel precedente periodo, non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’imposta sul reddito delle società, nonché alla formazione del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 40 per cento, a condizione che tali redditi rappresentino più della metà del reddito complessivamente derivante dall’immobile.
Il comma 10 del nuovo art. 1-bis, poi, prevede che gli atti aventi ad oggetto gli immobili destinati ad alloggi o residenze per studenti universitari stipulati in relazione alle proposte ammesse al finanziamento di cui al presente articolo sono esenti dall’imposta di bollo (di cui al DPR n. 642 del 1972), e dall’imposta di registro (di cui al DPR n. 131 del 1986). Ferma restando la decadenza dal beneficio prevista dal comma 6 (in caso – si ricorda - di mutamento della destinazione d’uso prevalente ad alloggio o residenza per studente degli immobili utilizzati per le finalità del presente articolo), qualora a seguito della stipula degli atti di cui al precedente periodo non venga dato seguito, entro i termini previsti, agli interventi finalizzati alla realizzazione e messa a disposizione degli alloggi o delle residenze universitarie, si determina la decadenza dal beneficio fiscale di cui al presente comma
A mente del comma 11, ai soggetti aggiudicatari ai sensi del precedente comma 3 è riconosciuto un contributo sotto forma di credito d’imposta, per una quota massima pari all’importo versato a titolo di imposta municipale propria (IMU) di cui all’art. 1, comma 738, della legge n. 160 del 2019, in relazione agli immobili, o a parte di essi, destinati ad alloggio o residenza per studenti ai sensi del presente articolo. Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997. Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le disposizioni attuative della misura, con particolare riguardo alle procedure di concessione e di fruizione del contributo, sotto forma di credito d’imposta, anche al fine del rispetto del limite di spesa di cui a seguire, nonché alle condizioni di revoca e all'effettuazione dei controlli. Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 11 in commento si provvede nel limite di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2024.»
Il comma 12 del medesimo art. 1-bis, poi, prevede che, agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 9, secondo periodo (relativo ai benefici fiscali per i redditi derivanti dalla messa a disposizione di posti letto presso alloggi o residenze per studenti universitari), valutati in 19,1 milioni di euro per l’anno 2025 e in 10,8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2026, e del suddetto comma 11, pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, si provveda:
a) quanto a 5 milioni di euro per l’anno 2024 e 12,1 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, mediante riduzione per 12,1 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024 del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’università e della ricerca;
b) quanto a 12 milioni di euro per l’anno 2025 e 3,7 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026 mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili, di cui all'art. 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014.
Infine, il comma 13 del nuovo art. 1-bis della legge n. 338 del 2000 prevede che l'efficacia delle misure di cui al presente articolo sia subordinata, ai sensi dell'art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), all'autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero dell’università e della ricerca.
Si ricorda che il citato art. 108, par. 3 del TFUE prevede che alla Commissione (europea) sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.
Articolo 26
(Misure per la riforma degli istituti tecnici)
L’articolo 26 prevede un riordino, tramite regolamenti di delegificazione, del sistema dell’istruzione tecnica superiore, finalizzato in particolare ad allineare i curricola e i percorsi di apprendimento agli obiettivi di innovazione digitale del Piano Nazionale “Industria 4.0.” e alla domanda di competenze proveniente dal tessuto socio-economico, nonché a promuovere la continuità con il percorso degli ITS Academy.
L’articolo 26 reca misure per il riordino degli istituti tecnici in attuazione dell’azione del Piano nazionale di ripresa e resilienza M4C1-R.1.1, 5-10, a titolarità del Ministero dell’Istruzione, “Riforma degli istituti tecnici e professionali”.
Tale riforma si colloca nella Componente 1 “Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università” della Missione 4 “Istruzione e ricerca”, che include tra le proprie aree di intervento “l’ampliamento delle competenze – con particolare riferimento alle discipline STEM (scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche, matematiche) e al multilinguismo - e il potenziamento delle infrastrutture, in particolare in termini di sicurezza ed efficienza energetica”.
La riforma mira “ad allineare i curricula degli istituti tecnici e professionali alla domanda di competenze che proviene dal tessuto produttivo del Paese e, in particolare, ad orientare l'istruzione tecnica e professionale verso l’innovazione introdotta da Industria 4.0, incardinandola nel contesto dell’innovazione digitale.” Il primo traguardo relativo all’adozione della riforma è fissato al quarto semestre del 2022, mentre l’entrata in vigore delle disposizioni per l’efficace attuazione e applicazione di tutte le misure relative alla riforma è fissato al quarto semestre del 2023.
La materia risulta attualmente disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88, adottato in attuazione dell’articolo 64, comma 4 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
§ Gli istituti tecnici, come gli istituti professionali, fanno parte del sistema dell’istruzione secondaria superiore di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni[48]. I relativi percorsi hanno durata quinquennale e si concludono con il conseguimento di diplomi di istruzione secondaria superiore. La più recente disciplina è contenuta nel regolamento di cui al DPR n. 88/2010, adottato in attuazione del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.
§ L’art. 64, comma 4 del d.l. n. 112/2008 ha previsto l'adozione di un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, al fine di conferire al sistema scolastico maggiore efficacia ed efficienza. Ai sensi dell'articolo 64, il piano costituiva il presupposto per l'emanazione di regolamenti di delegificazione; per l'attuazione del piano, l'articolo 64, comma 4, lett. b), ha previsto la ridefinizione dei curricoli nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali.
§ Con riferimento agli istituti tecnici è stato quindi adottato il DPR 88/2010 (recante norme per il riordino degli istituti). Ai sensi dell’articolo 2 del DPR 88/2010, l’identità degli istituti tecnici “si caratterizza per una solida base culturale di carattere scientifico e tecnologico in linea con le indicazioni dell'Unione europea, costruita attraverso lo studio, l'approfondimento e l'applicazione di linguaggi e metodologie di carattere generale e specifico ed è espressa da un limitato numero di ampi indirizzi, correlati a settori fondamentali per lo sviluppo economico e produttivo del Paese, con l'obiettivo di far acquisire agli studenti, in relazione all'esercizio di professioni tecniche, saperi e competenze necessari per un rapido inserimento nel mondo del lavoro e per l'accesso all'universita' e all'istruzione e formazione tecnica superiore”.
§ Coerentemente con tali finalità, il DPR 88/2010 ha quindi individuato per gli istituti tecnici due distinti percorsi, collegati a specifici indirizzi:
· il settore economico (articolo 3), associato ai due indirizzi “amministrazione, finanza e marketing” e “turismo”;
· il settore tecnologico (articolo 4), associato agli indirizzi “meccanica, meccatronica ed energia”, trasporti e logistica”, “elettronica ed elettrotecnica”, “informatica e telecomunicazioni”, “grafica e comunicazione”, “chimica, materiali e biotecnologie”, “sistema moda”, “agraria, agroalimentare e agroindustria”, “costruzioni, ambiente e territorio”.
§ Il DPR 88/2010 reca quindi una disciplina dei criteri relativi all’organizzazione dei percorsi di apprendimento (articolo 5), dei sistemi di valutazione periodica e finale degli apprendimenti (articolo 6), del monitoraggio dei percorsi degli istituti tecnici nel confronto con le regioni, gli enti locali, le parti sociali e gli altri Ministeri interessati (articolo 7).
La disposizione in esame intende riordinare tale disciplina coerentemente con le finalità della riforma M4C1-R1 del PNNR intervenendo in particolare su tre ambiti:
§ l’integrazione tra il sistema di istruzione tecnico e professionale e il contesto socio-economico di riferimento, favorendo quindi una più solida connessione tra gli istituti tecnici e la domanda di competenze proveniente dal tessuto produttivo e orientandone il modello di istruzione alle innovazioni tecnologiche di cui al Piano Nazionale “Industria 4.0”
Nel settembre 2016, il Governo pro tempore ha presentato il Piano Nazionale Industria 4.0, un programma di interventi di sostegno all'innovazione tecnologica in chiave pro-competitiva del tessuto imprenditoriale italiano, caratterizzato per la maggior parte da piccole e medie imprese operanti nel settore manifatturiero e da una bassa crescita della produttività.
Il Piano, il cui orizzonte temporale di sviluppo era il periodo 2017-2020, ha così delineato alcune direttrici strategiche di intervento, le quali sono state poi dettagliate nella Nota di aggiornamento al DEF 2016 e avviate, in misura prevalente, con la manovra di bilancio per il 2017.
Il Piano Nazionale “Industria 4.0” intende promuovere lo sviluppo di tecnologie attinenti, in particolare, ai seguenti ambiti: big data e analisi dei dati; cloud e fog computing; cyber security; sistemi cyber-fisici; prototipazione rapida, sistemi di visualizzazione e realtà aumentata, robotica avanzata e collaborativa, interfaccia uomo macchina, manifattura additiva, internet delle cose e delle macchine e integrazione digitale dei processi aziendali[49].
Nel 2017-2018, il Piano nazionale industria 4.0 è stato modificato in Piano nazionale Impresa 4.0, con l'introduzione, nella legge di bilancio 2018 (l. n. 205/2017), di ulteriori interventi rivolti in particolare alle piccole e medie imprese e a supportare il processo di trasformazione tecnologica e digitale del tessuto produttivo italiano.
Nella XVIII legislatura, taluni interventi normativi previsti dal Piano sono stati riformati, implementati e prorogati. Tra questi, la riforma delle misure fiscali "Industria 4.0", divenuta Transizione 4.0 (in relazione alla quale cfr. la documentazione parlamentare predisposta dalla Camera dei deputati: Transizione 4.0 (camera.it)).
§ l’adeguamento dei curricola, e quindi dei modelli di certificazione dei percorsi di istruzione tecnica, al contesto economico-sociale, anche a livello internazionale, favorendo il consolidamento di competenze cardine per l’apprendimento permanente;
§ la promozione di percorsi di continuità tra gli apprendimenti degli istituti tecnici e quelli degli ITS Academy, come disciplinati dalla legge 15 luglio 2022, n. 99.
§ Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha impegnato Governo e Parlamento in una ridefinizione della missione e dell'organizzazione del Sistema di istruzione e formazione tecnica superiore. Il Piano prevede infatti il potenziamento del relativo modello organizzativo e didattico, il consolidamento degli ITS nel sistema ordinamentale dell’istruzione terziaria professionalizzante, il rafforzamento della presenza attiva nel tessuto imprenditoriale dei singoli territori, nonché un’integrazione dei percorsi ITS con il sistema universitario delle lauree professionalizzanti. Al potenziamento dell’offerta formativa degli ITS e all’incremento dei relativi iscritti sono stati inoltre destinati dal Piano investimenti per 1,5 miliardi di euro.
§ In attuazione di tale previsione, la legge 15 luglio 2022, n. 99, ha introdotto una riforma legislativa organica del Sistema di istruzione e formazione tecnica superiore (ITS), finora disciplinati da una fonte di rango secondario, il DPCM del 25 gennaio 2008. L'intervento normativo è intervenuto sul segmento formativo terziario post diploma, di durata biennale (o triennale), che punta sulla specializzazione tecnica da assicurare in sinergia, fra l'altro, con il mondo imprenditoriale e il sistema universitario.
§ Tra le più significative novità della nuova disciplina legislativa, si segnala l’inserimento nell’ordinamento degli ITS di nuove aree tecnologiche alle quali fanno riferimento gli ITS Academy: si tratta degli istituti tecnologici superiori indirizzati prioritariamente alla formazione professionalizzante di tecnici altamente specializzati e alla realizzazione degli ulteriori obiettivi formativi definiti dall’articolo 1 della legge n. 99 del 2022.
§ Per approfondimenti, si rinvia al Dossier n. 463/1 sull'A.S. n. 2333-A, pubblicato a cura del Servizio Studi del Senato.
Con riferimento ai predetti ambiti di interventi, l’articolo 26 prevede l’adozione, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, di uno più regolamenti, aventi ad oggetto la revisione dell’assetto ordinamentale dei percorsi di istruzione tecnica, nel rispetto dei principi del potenziamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e della maggiore flessibilità nell’adeguamento dell’offerta formativa.
Tali regolamenti sono espressamente ricondotti alla categoria dei regolamenti di “delegificazione” di cui all’articolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988.
Dal punto di vista procedurale, tali regolamenti sono adottati con decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta. A questi requisiti procedurali il comma 4 dell’articolo 26 aggiunge, in considerazione della materia trattata, il parere della Conferenza unificata.
Dal punto di vista dell’effetto abrogativo, il comma 5 precisa che con i predetti regolamenti sono abrogate le norme anche di legge, regolatrici degli ordinamenti e dei percorsi dell’istruzione tecnica, ivi comprese le disposizioni del d.P.R. n. 88/2010, e specifica che l’effetto abrogativo decorrerà dalla data di entrata in vigore dei regolamenti.
Si segnala che il decreto-legge non individua puntualmente le norme legislative da “delegificare”, e quindi da abrogare, affidandone l’individuazione al regolamento di delegificazione. Tale scelta appare nel complesso giustificata dalla natura frammentaria e parziale delle disposizioni di rango legislativo attinenti alla materia, che comunque trova nel DPR n. 88/2010 la propria disciplina organica.
Nel merito, i regolamenti di delegificazione dovranno essere adottati nel rispetto dei criteri disciplinati al comma 2 che prevedono, in particolare:
a) la ridefinizione dei profili dei curricoli vigenti, con l’intento di: 1) rafforzare le competenze linguistiche, storiche, matematiche e scientifiche, la connessione al tessuto socio-economico del territorio di riferimento, favorendo la laboratorialità e l’innovazione; 2) valorizzare la metodologia didattica per competenze, caratterizzata dalla progettazione interdisciplinare e dalle unità di apprendimento, nonché l’aggiornamento del Profilo educativo, culturale e professionale dello studente e l’incremento degli spazi di flessibilità;
b) la previsione di meccanismi volti a dare la continuità degli apprendimenti nell’ambito dell’offerta formativa dei percorsi di istruzione tecnica con i percorsi ITS nei settori tecnologici, in coerenza con quanto disposto dalle recenti riforme in materia di ITS Academy e in materia di lauree a orientamento professionale abilitanti (legge 8 novembre 2021, n. 163);
c) la previsione di un piano formativo specifico destinato al personale docente degli istituti tecnici, nell’ambito delle attività previste ai sensi dell’articolo 16-ter del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, e dell’articolo 1, comma 124, della legge 13 luglio 2015, n. 107;
d) la previsione di accordi, denominati “Patti educativi 4.0”, per l’integrazione e la condivisione delle risorse professionali, logistiche e strumentali di cui dispongono gli istituti tecnici e professionali, le imprese, gli enti di formazione accreditati dalle regioni, gli ITS Academy, le università e i centri di ricerca, anche attraverso la valorizzazione dei poli tecnico-professionali e dei patti educativi di comunità, nonché la programmazione di esperienze laboratoriali condivise a livello regionale o interregionale.
e) la possibilità di erogare direttamente da parte dei Centri provinciali di istruzione per gli adulti (CPIA)[50] di percorsi di istruzione tecnica non erogati in rete con le istituzioni scolastiche di secondo grado o non adeguatamente sufficienti rispetto alle richieste dell’utenza e del territorio;
f) la previsione di misure di supporto allo sviluppo dei processi di internazionalizzazione degli Istituti nella prospettiva della realizzazione dello Spazio europeo dell'istruzione in coerenza con gli obiettivi dell’Unione europea in materia di istruzione e formazione professionale.
I criteri elencati al comma 2 trovano oggi disciplina nel DPR 88/2010, nonché riferimenti e orientamenti nelle Linee guida per il passaggio sl nuovo ordinamento degli istituti tecnici, adottate in attuazione dell'art. 8, comma 3, del DPR 88/2010.
In particolare, in relazione alla organizzazione del curricolo, le Linee guida individuano l’identità degli istituti tecnici in una "solida base culturale a carattere scientifico e tecnologico, acquisita attraverso saperi e competenze sia dell’area di istruzione generale sia dell’area di indirizzo. L’area di istruzione generale comune a tutti i percorsi ha l’obiettivo di fornire ai giovani - a partire dal rafforzamento degli assi culturali che caratterizzano l’obbligo d’istruzione - una preparazione adeguata su cui innestare conoscenze teoriche e applicative nonché abilità cognitive proprie dell’area di indirizzo". Sono previsti percorsi congiunti in cui si integrano conoscenze e competenze diverse, metodologie didattiche innovative, idonei strumenti e strategie anche ai fini dell’orientamento.
Le Linee guida evidenziano che il rilancio dell’istruzione tecnica richiede un raccordo più stretto e organico della scuola con i soggetti istituzionali e sociali del territorio e, in particolare, con il sistema produttivo, il mondo del lavoro e delle professioni, attraverso un’alleanza formativa stabile, ampia e radicata a livello locale.
Si segnala che alcuni dei criteri del comma 2 rinviano l’adozione di alcune disposizioni di dettaglio o a carattere organizzativo ad ulteriori decreti ministeriali. In particolare, a un decreto del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell’università e della ricerca, sentita la Conferenza unificata, è rinviata la definizione di linee guida concernenti le modalità di conclusione e i contenuti dei «Patti educativi 4.0».
Rispetto al tema delle certificazioni, il comma 3 prevede che gli studenti che abbiano assolto all’obbligo di istruzione conseguano una certificazione che attesti le competenze di cui al Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF). Tale certificazione è articolata in due livelli:
§ a conclusione del primo biennio dei percorsi dell’istruzione tecnica, la certificazione è corrispondente al 2° livello EQF;
§ a conclusione del secondo biennio, la certificazione è corrispondente al 3° livello EQF.
La raccomandazione del Consiglio sul quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente (EQF) n. 2017/C189/03 del 22 maggio 2017 (che ha abrogato la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile2008, sulla costituzione del quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente) specifica che i livelli dell'EQF e i descrittori dei risultati dell'apprendimento contribuiscono a migliorare la trasparenza e la comparabilità delle qualifiche di sistemi nazionali differenti (considerando n. 5).
Raccomanda, pertanto, agli Stati membri di usare l'EQF per rapportare i quadri o sistemi nazionali delle qualifiche e confrontare tutti i tipi e livelli delle qualifiche nell'Unione che rientrano nei quadri o sistemi nazionali delle qualifiche, in particolare collegando i livelli delle qualifiche nazionali ai livelli dell'EQF di cui all'allegato II alla raccomandazione e avvalendosi dei criteri di cui all'allegato III. In considerazione del fatto che i quadri o sistemi nazionali delle qualifiche sono soggetti a cambiamento nel corso del tempo, raccomanda altresì di rivedere e aggiornare la referenziazione dei livelli dei quadri o sistemi nazionali delle qualifiche ai livelli dell'EQF di cui all'allegato II e avvalendosi dei criteri di cui all'allegato III (recante criteri e procedure per la referenziazione dei quadri o sistemi nazionali delle qualifiche all'EQF), tenendo in debita considerazione il contesto nazionale. L'allegato II alla raccomandazione contiene i descrittori che definiscono i livelli dell'EQF.
In particolare, ai livelli richiamati nella disposizione in esame corrispondono i seguenti risultati dell'apprendimento: i) livello 2: Conoscenze pratiche di base in un ambito di lavoro o di studio; Abilità cognitive e pratiche di base necessarie all’uso di informazioni pertinenti per svolgere compiti e risolvere problemi ricorrenti usando strumenti e regole semplici; Lavoro o studio, sotto supervisione, con un certo grado di autonomia; ii) livello 3: Conoscenza di fatti, principi, processi e concetti generali, in un ambito di lavoro o di studio; Una gamma di abilità cognitive e pratiche necessarie a svolgere compiti e risolvere problemi scegliendo e applicando metodi di base, strumenti, materiali ed informazioni; Assumere la responsabilità di portare a termine compiti nell’ambito del lavoro o dello studio; Adeguare il proprio comportamento alle circostanze nella soluzione dei problemi.
Le modalità per il rilascio delle suddette certificazioni e i relativi modelli saranno definiti con decreto del Ministro dell’istruzione, di concerto con MLPS e MEF.
Ai sensi del comma 6, il riordino dei percorsi di istruzione tecnica dovrà avvenire nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 27
(Misure per la riforma degli istituti professionali)
L’articolo 27 prevede modifiche puntuali alla disciplina del sistema di istruzione professionale finalizzate - in coerenza con la riforma dell’istruzione tecnica e professionale prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza - a rafforzarne la connessione con gli obiettivi tecnologici di cui al Piano Nazionale Industria 4.0., a semplificare le procedure per il passaggio tra i percorsi di istruzione professionale e i percorsi di istruzione e formazione professionale e a favorire i processi di internazionalizzazione della filiera tecnica e professionale.
L’articolo 27, insieme all’articolo 26 sull’istruzione tecnica, è parte del processo di attuazione della “Riforma degli istituti tecnici e professionali” M4C1-R.1, 5-10 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, a titolarità del Ministero dell’Istruzione.
La disposizione in esame interviene nello specifico sull’ordinamento dei percorsi di istruzione professionale, che trova la propria disciplina organica nel decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61.
§ Il sistema degli istituti professionali trova la propria disciplina organica nel decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61, adottato in attuazione della legge delega 13 luglio 2015, n. 107, sulla riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione. La finalità del sistema di istruzione professionale è formare gli studenti ad arti, mestieri e professioni strategici per l’economia del Paese, con una forte impronta al “Made in Italy” e promuovere una facile transizione nel mondo del lavoro e delle professioni.
§ Gli istituti professionali sono definiti “scuole territoriali dell'innovazione, aperte e concepite come laboratori di ricerca, sperimentazione ed innovazione didattica” (art. 1, comma 2). Il modello didattico è improntato al principio della personalizzazione educativa e all’apprendimento permanente ed è finalizzato a consentire agli studenti di orientare il propri progetto di vita e di lavoro anche per migliori prospettive di occupabilità.
§ L'assetto didattico dell'istruzione professionale è infatti caratterizzato: dalla personalizzazione del percorso di apprendimento, fondata sul Progetto formativo individuale, redatto a partire da un bilancio personale dei saperi e delle competenze acquisiti da ciascuna studentessa e da ciascuno studente; dalla progettazione interdisciplinare dei percorsi didattici caratterizzanti i diversi assi culturali; dall'utilizzo prevalente di metodologie didattiche per l'apprendimento di tipo induttivo; dalla possibilita' di attivare percorsi di alternanza scuola-lavoro, gia' dalla seconda classe del biennio, e percorsi di apprendistato.
§ L'istruzione professionale è caratterizzata da una struttura quinquennale dei percorsi, articolati in un biennio e in un successivo triennio. E’ però prevista la possibilità (articolo 4, comma 4 del d.lgs. n.61/2017) che gli istituti professionali possano attivare, in via sussidiaria, percorsi di istruzione e formazione professionale per il rilascio della qualifica e del diploma professionale quadriennale. Tali percorsi sono realizzati nel rispetto degli standard formativi definiti da ciascuna regione.
Tre sono gli obiettivi principali perseguiti dalle novelle al d.lgs. n. 61 del 2017 contenute nella presente disposizione.
Un primo obiettivo è finalizzato ad allineare i percorsi formativi degli istituti professionali agli obiettivi in materia di digitalizzazione contenuti nel Piano Nazionale industria 4.0., che aprono a nuove prospettive occupazionali nel mondo del lavoro e delle professioni. Tali obiettivi riguardano in particolare: big data e analisi dei dati; cloud e fog computing; cyber security; sistemi cyber-fisici; prototipazione rapida, sistemi di visualizzazione e realtà aumentata, robotica avanzata e collaborativa, interfaccia uomo macchina, manifattura additiva, internet delle cose e delle macchine e integrazione digitale dei processi aziendali[51].
A tal fine:
§ il comma 1, lett. a) specifica che il sistema di istruzione professionale ha la finalità di favorire la transizione nel mondo del lavoro e delle professioni, anche con riferimento alle tecnologie di cui al Piano nazionale Industria 4.0.
§ il comma 1, lett. b) specifica che il profilo educativo, culturale e professionale degli istituti professionali è ispirato ai modelli promossi dall’Unione europea che, coerentemente con gli obiettivi di innovazione, sostenibilità ambientale e competitività, intendono contribuire alla promozione e sviluppo dell’innovazione digitale.
§ il comma 2 prevede che le istituzioni scolastiche provvedano all’aggiornamento del Progetto formativo individuale in coerenza a tali criteri.
Un secondo obiettivo (comma 1, lett. c)) riguarda la semplificazione dei passaggi tra i percorsi di istruzione professionale e i percorsi di istruzione e formazione professionale.
Il passaggio da un percorso quinquennale di istruzione professionale ai percorsi triennali e quadriennali di istruzione e formazione professionale (e viceversa) è una opzione che consente agli studenti di rimodulare il proprio percorso di apprendimento e vedere assicurata la piena reversibilità della scelta originaria senza disperdere il bagaglio di acquisizioni.
I criteri generali sono individuati dall’art. 17 del d.lgs. n. 61 del 2017, che al comma 2 stabilisce che le fasi del passaggio sono disciplinate con accordo in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni.
La disposizione in esame interviene su tale disciplina, specificando che l’accordo Stato-Regioni deve rispettare anche le linee guida adottate dal Ministero dell’istruzione entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge e finalizzate a promuovere una semplificazione in via amministrativa degli adempimenti necessari per il passaggio.
Il sistema di istruzione e formazione professionale (IeFP) si articola in percorsi triennali e quadriennali, di competenza regionale, rivolti agli studenti che hanno completato il primo ciclo di istruzione e finalizzati al conseguimento rispettivamente di qualifiche e diplomi professionali. Le qualifiche e i diplomi professionali di competenza regionale sono inclusi in un apposito Repertorio nazionale, condiviso tra Stato e Regioni con Accordi del 27 luglio 2011 e del 19 gennaio 2012, e sono riconosciuti e spendibili a livello nazionale ed europeo.
§ I percorsi IeFP sono erogati dalle strutture formative accreditate dalle Regioni, secondo criteri condivisi a livello nazionale, oppure dagli istituti professionali, in regime di sussidiarietà, se previsto dalla programmazione regionale, ai sensi dell’Intesa in Conferenza unificata del 16 dicembre 2010.
§ Le modalità organizzative e le metodologie di realizzazione dei percorsi prevedono che, accanto alla formazione culturale di base, siano assicurate attività di apprendimento in contesti pratici (stage, laboratorio e tirocinio) e si caratterizzano per flessibilità e personalizzazione. A partire dal secondo anno, sono previsti periodi di stage obbligatori presso le imprese; a partire del terzo anno, si prevede la spendibilità delle certificazioni e qualifiche acquisite, al fine di favorire il diretto inserimento nel mondo del lavoro.
§ Non esiste una puntuale definizione del quadro orario delle diverse discipline, ma a livello nazionale sono solo previste percentuali minime e massime di monte ore dedicato sia all'area delle competenze di base sia all'area delle competenze tecnico-professionali;
§ Con Accordo del 10 maggio 2018 la Conferenza Stato-Regioni ha disciplinato le fasi di passaggio tra i percorsi quinquennali di istruzione professionale (IP) e i percorsi triennali e quadriennali dell’istruzione e formazione professionale (IeFP) e viceversa.
§ In particolare, l’Accordo ha definito le procedure per consentire i passaggi tra i due sistemi e ha predefinito i casi in cui è possibile attivare la procedura, collegati ad ipotesi di discontinuità nella frequenza dei percorsi quinquennali di IP o triennali e quadriennali di IeFP; rientro nei percorsi di IP dopo un periodo di interruzione degli studi; rientro nei percorsi di IeFP dopo un periodo di interruzione degli studi, secondo le modalità specifiche previste nelle disposizioni regolamentari regionali.
§ A seconda del tipo di passaggio richiesto e dell’anno scolastico di riferimento, l’Accordo prevede una tempistica ben definita per la presentazione della domanda e indicazioni puntuali sui tempi di conclusione dell’operazione di passaggio (articolo 6).
Tipologia di passaggio/anno di riferimento |
Termine per la presentazione della domanda |
Termine di conclusione del procedimento |
Passaggio a percorsi di IP nei primi di due anni dei percorsi di IeFP |
Entro il 31 gennaio dell’anno formativo cui lo studente è iscritto |
Entro il mese di febbraio successivo |
Passagio ai percorsi di IP al termine dell’anno formativo dei percorsi di IeFP |
Entro il 30 giugno (e comunque in tempo utile per il perfezionamento del procedimento entro l’inizio del successivo anno scolastico) |
Entro l’inizio del successivo anno scolastico |
Passaggio ai percorsi di IeFP |
Definito dalle specifiche regolamentazioni regionali |
Definito dalle specifiche regolamentazioni regionali |
Passaggio dai percorsi di IP ai percorsi di IeFP o viceversa nel corso del terzo anno |
Entro il 30 novembre |
Non definito |
§ L’Accordo Stato-Regioni del 10 settembre 2020 ha poi esteso, a partire dall’anno scolastico 2020/2021, il sistema dei passaggi tra i percorsi di istruzione professionale e i percorsi di istruzione e formazione professionale, e viceversa, di cui all’art. 8 del decreto legislativo n. 61/2017 anche ai percorsi indicati nel nuovo Repertorio dell’offerta formativa di istruzione e formazione di cui all’Accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di trento e Bolzano Rep. Atti n. 155/CSR del 1° agosto 2019.
Alla luce di quanto già oggi previsto dall’Accordo Stato-Regioni del 10 maggio 2018 e tenuto conto del forte decentramento di competenze che si registra nel settore dell’istruzione e formazione professionale sia a livello legislativo (è una delle materie ricondotte alla potestà legislativa residuale delle Regioni) che amministrativo, si valuti una riformulazione del comma 1, lett.c) finalizzata ad affidare ad un nuovo Accordo Stato-Regioni, anzichè a linee guida ministeriali, la semplificazione amministrativa degli adempimenti necessari per il passaggio tra i due percorsi di istruzione.
Infine, un ultimo obiettivo intende promuovere lo sviluppo dei processi di internazionalizzazione per la filiera tecnica e professionale, coerentemente con gli obiettivi di realizzazione dello Spazio europeo dell’istruzione. A tal fine, l’articolo 27, comma 3 prevede l’adozione, entro centottanta giorni, di linee guida adottate dal Ministero dell’istruzione.
Articolo 28
(Misure per la riforma degli istituti professionali)
L’articolo 28 dispone l’istituzione, presso il Ministero dell’istruzione, dell’Osservatorio nazionale per l’istruzione tecnica e professionale come struttura deputata a rafforzare la connessione tra il sistema di istruzione tecnica e professionale e le filiere produttive e professionali di riferimento, con funzioni consultive e di proposta. All’Osservatorio nazionale è associata l’istituzione - con decreto del Ministero dell’istruzione - di osservatorio locali operanti su base regionale presso gli uffici scolastici regionali.
L’articolo 28 introduce all’interno della governance ministeriale del sistema di istruzione tecnica e professionale un nuovo organismo con funzioni consultive e di proposta, denominato “Osservatorio nazionale per l’istruzione tecnica e professionale”.
L’istituzione dell’Osservatorio è sempre ricondotta all’attuazione della riforma M4C1-R1.1. del PNRR ed è finalizzata a rafforzare il raccordo permanente con le filiere produttive e professionali di riferimento degli istituti tecnici e professionali, ridurre il divario tra domanda e offerta di competenze, supportare il sistema nazionale della formazione nella progettazione dell’offerta formativa territoriale e nell’acquisizione e nel consolidamento nei curricoli degli istituti tecnici e nei percorsi professionali delle conoscenze tecnologiche previste.
Ai sensi del comma 2, l’Osservatorio è composto da quindici esperti dell’istruzione tecnica e professionale e comunque del sistema nazionale di istruzione e formazione, individuati anche tra le organizzazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative, compresa una rappresentanza delle regioni, degli enti locali, del sistema camerale, dell’INVALSI e dell’INDIRE, con incarico annuale, rinnovabile una sola volta. La nomina è disposta con decreto del Ministro dell’istruzione.
All’Osservatorio è affidato (comma 3) il potere di formulare proposte al Ministro dell’istruzione sull’aggiornamento degli indirizzi di studio e delle articolazioni, sulle linee guida e ogni iniziativa idonea a rafforzare l'efficacia dell'insegnamento e delle metodologie collegate alla didattica per competenze, ai fini dell’adeguamento dell’offerta formativa alla domanda di nuove competenze attraverso l’utilizzo degli spazi di flessibilità ordinamentale e l’area territoriale del curricolo.
Nel definire le finalità e le competenze dell’Osservatorio i commi 1 e 3 si riferiscono testualmente ai soli percorsi di istruzione tecnica e professionale, lasciando così intendere che la materia relativa all’istruzione e formazione professionale (di competenza regionale) sia esclusa dalla sfera di azione dell’Osservatorio, ferma restando l’eventuale estensione dell’attività dell’Osservatorio alle questioni di comune interesse ai due percorsi (primo fra tutti il meccanismo dei “passaggi” - su cui si rinvia alla scheda relativa all’articolo 27).
Tale delimitazione di competenza dovrà verosimilmente essere chiarita in sede di adozione del decreto del Ministero dell’istruzione che, ai sensi del comma 5, è chiamato a definire le modalità di funzionamento dell’Osservatorio. L’esigenza di un chiarimento a questo riguardo appare tanto più rilevante se si tiene presente che a tale decreto è affidata anche la definizione dell’articolazione, su base regionale, di osservatori locali presso gli uffici scolastici.
Il comma 4 prevede che l’Osservatorio operi in raccordo con gli organismi della rete delle scuole professionali di cui all’articolo 7, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61, e con il Comitato nazionale delle ITS Academy.
Nell’ambito della clausola di invarianza finanziaria disciplinata al comma 6 si specifica l’impossibilità, per i partecipanti ai lavori dell’Osservatorio, di percepire alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese e qualsivoglia altro emolumento comunque denominato.
Articolo 29
(Accesso al Fondo per l'avvio di opere indifferibili)
L’articolo 29, in analogia a quanto previsto per gli enti locali titolari di interventi PNRR, introduce, anche per gli enti locali attuatori degli interventi del piano complementare, un meccanismo di preassegnazione automatica delle risorse finanziarie, per ciascun intervento, di un importo aggiuntivo rispetto a quello attribuito con il provvedimento di assegnazione, pari al 15 per cento dell’importo già assegnato.
In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame prevede, come già illustrato in premessa, la possibilità per gli enti locali attuatori di interventi del piano complementare di poter beneficiare di un meccanismo di preasseganzione automatica per ciascun intervento.
Il comma 2, quindi, precisa che gli enti locali attuatori degli interventi di cui al comma 1 possono considerare come importo preassegnato a ciascun intervento, in aggiunta a quello attribuito con il provvedimento di assegnazione relativo al singolo intervento, un ammontare di risorse pari al 15 per cento dell’importo già assegnato dal predetto provvedimento.
Il comma 3, inotre, prevede che, nei limiti degli importi annuali delle risorse preassegnate, ciascuna amministrazione finanziatrice, tenendo conto di specifiche esigenze espresse dai soggetti attuatori e del monitoraggio in itinere da porre in essere mediante il ricorso ai sistemi di monitoraggio della Ragioneria generale dello Stato, può rimodulare la richiamata preassegnazione di contributo.
Il comma 4, da ultimo, stabilisce che le risorse preassegnate ai sensi del comma 2 sono poste a carico delle risorse autorizzate per gli interventi del Piano nazionale per gli investimenti complementari al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), nei limiti degli stanziamenti annuali disponibili.
L’articolo 30 reca disposizioni in materia di utilizzo di economie risultanti da contratti pubblici o concessioni di contributi pubblici relativi agli interventi del PNRR, prevedendo che le risorse assegnate e non utilizzate possano essere utilizzate dalle Amministrazioni titolari degli interventi, nell’ambito dei medesimi interventi, per far fronte ai maggiori oneri derivanti dall’incremento dei prezzi delle materie prime, dei materiali, delle attrezzature, delle lavorazioni, dei carburanti e dell’energia.
L’articolo 30 inserisce, dopo il comma 1046 dell’articolo unico della L. n. 178/2020 (legge di bilancio 2021), il comma 1046-bis recante disposizioni in materia di utilizzo di economie risultanti da contratti pubblici o concessioni di contributi pubblici relativi agli interventi del PNRR.
In particolare, il nuovo comma 1046-bis prevede che, fermo restando quanto previsto a legislazione vigente per fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici, le Amministrazioni titolari degli interventi, al fine di far fronte ai maggiori oneri derivanti dall’incremento dei prezzi delle materie prime, dei materiali, delle attrezzature, delle lavorazioni, dei carburanti e dell’energia, possono utilizzare, previa comunicazione al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, nell’ambito dei medesimi interventi, le risorse assegnate e non utilizzate per le procedure di affidamento di contratti pubblici, aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture ovvero la concessione di contributi pubblici relativi agli interventi del PNRR.
La novella recata dalla disposizione in esame si innesta nell’ambito della disciplina, dettata dai commi 1037-1050 della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021), relativa alle misure per l’attuazione del Programma Next Generation EU. In particolare, il comma 1046 ha disposto che al fine di garantire, nella gestione finanziaria, il rispetto dei principi europei di tracciabilità delle operazioni contabili afferenti alla realizzazione del PNRR e dei progetti finanziati, anche per i successivi eventuali controlli di competenza delle istituzioni dell’Unione europea, le risorse finanziarie iscritte nel Fondo di rotazione di cui al comma 1037 sono utilizzate dopo l’approvazione del PNRR per finanziare progetti ivi inclusi e mantengono, quale vincolo di destinazione, la realizzazione degli interventi del PNRR fino a tutta la durata del medesimo Piano.
La relazione illustrativa sottolinea che la disposizione è volta a fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi delle materie prime e dell’energia con riferimento agli interventi del PNRR al fine di assicurarne l’attuazione nei termini previsti.
La relazione tecnica evidenzia che tra le norme già vigenti che restano ferme in materia figurano quelle relative al Fondo avvio opere indifferibili di cui all’art. 26 del D.L. n. 50/2022 (sul quale interviene anche l’art. 29 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia) e che la disposizione in esame ha natura ordinamentale e, pertanto, non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L’articolo 31, comma 1, autorizza il MISE, quale Amministrazione centrale titolare dei previsti interventi, ad affidare direttamente la realizzazione di piattaforme informatiche funzionali a garantire l'acquisizione, l'elaborazione e la gestione dei dati e processi relativi a società ed enti in house, al fine di garantire lo svolgimento delle attività di coordinamento, attuazione, gestione, monitoraggio, rendicontazione e controllo delle misure previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Il comma 2 rinvia all'articolo 43 del provvedimento in esame per la copertura degli oneri derivanti dalla realizzazione delle piattaforme di cui al comma 1, nel limite massimo di euro 1.500.000 per il 2022. Per la gestione e l'aggiornamento delle piattaforme di cui al comma 1, il MISE, anche avvalendosi dell'Unità di missione per l'attuazione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Il MISE è titolare di 10 progetti di investimento e un progetto di riforma. Le risorse per l’attuazione degli investimenti ammontano a 18,161 miliardi, a cui si aggiungono 6,880 miliardi previsti dal Fondo complementare. Le risorse sono state allocate prioritariamente su strumenti agevolativi che hanno già evidenziato performance positive rispetto a tassi di assorbimento e all’impatto generato. Gli interventi previsti sono riconducibili ad un numero definito di direttrici strategiche: sostegno agli investimenti produttivi, interventi per ricerca e trasferimento tecnologico, interventi per la proprietà industriale, venture capital, sviluppo dell’imprenditorialità.
Inoltre, al fine di rafforzare l’efficacia degli strumenti, in parallelo all’attuazione del Piano, il Ministero ha adottato una serie interventi di modifica alle normative di riferimento e ulteriori iniziative complementari.
Per ulteriori ragguagli, si veda lo Stato di attuazione degli interventi di competenza del MISE, aggiornato al settembre 2022.
Come segnala la relazione illustrativa, le piattaforme assicurano l’acquisizione, l’elaborazione e la gestione di una base dati – composta principalmente da informazioni relative ai soggetti che intervengono nei processi propri di ciascuna delle misure (e.g. soggetti fruitori dei servizi di formazione, imprese fruitrici dei servizi offerti dai centri di trasferimento tecnologico) e all’oggetto delle stesse (e.g. attività di formazione erogate, servizi erogati dai centri di trasferimento tecnologico) – anche attraverso middleware applicativi con cui è possibile interagire tramite interfaccia utente basata sul web, garantendo le componenti di sicurezza di accesso e di profilazione degli utenti.
Si ricorda che l’articolo 8, comma 1, del D.L. n. 77/2021 (L. n. 108/2021), ha previsto che ciascuna amministrazione centrale titolare di interventi previsti nel PNRR provvedesse al coordinamento delle relative attività di gestione, nonché al loro monitoraggio, rendicontazione e controllo. A tal fine, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, avrebbe dovuto individuare, tra quelle esistenti, la struttura di livello dirigenziale generale di riferimento ovvero istituire una apposita unità di missione di livello dirigenziale generale fino al completamento del PNRR, e comunque non oltre il 31 dicembre 2026, articolata fino ad un massimo di tre uffici dirigenziali di livello non generale, adottando il relativo provvedimento di organizzazione interna, con decreto del Ministro di riferimento, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Con decreto interministeriale del 26 ottobre 2021 è stata istituita presso il MISE l’Unità di missione di livello dirigenziale generale per l’attuazione degli interventi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) a titolarità del Ministero stesso, con durata fino al completamento dell’attuazione dei predetti interventi e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2026.
L’Unità di missione si colloca nell’ambito del Centro di responsabilità Segretariato generale e rappresenta il punto di contatto con il Servizio centrale per il PNRR per l'espletamento degli adempimenti previsti dal Regolamento (UE) 2021/241, relativamente agli interventi a titolarità del Ministero dello sviluppo economico. Il Dirigente di prima fascia responsabile dell’Unità di missione ne coordina le attività e le funzioni e partecipa alla Rete dei referenti delle Amministrazioni centrali titolari di intervento, come individuate dall’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2021 n. 77. L’Unità di missione attiva una funzione specifica per le attività di prevenzione e contrasto delle frodi, del rischio di doppio finanziamento e di conflitti di interesse nella gestione dei fondi del PNRR che partecipa alla Rete dei referenti antifrode del PNRR attivata presso il Servizio Centrale per il PNRR del Ministero dell’economia e delle finanze con il supporto della Guardia di Finanza.
L’Unità di missione è articolata in tre uffici dirigenziali di livello non generale, con i compiti per ciascuno di essi di seguito indicati:
a) Ufficio di coordinamento della gestione - svolge funzioni di presidio sull’attuazione degli interventi PNRR di competenza del Ministero dello sviluppo economico e sul raggiungimento dei relativi milestone e target. Nell’ambito delle proprie attività, l’Ufficio assicura, tra l’altro, il coordinamento delle procedure gestionali relative all’attivazione dei progetti a titolarità e a regia, nonché la definizione delle procedure di gestione e controllo e della relativa manualista. L’Ufficio coordina, inoltre, la gestione finanziaria degli investimenti e la messa in opera delle riforme di pertinenza del Ministero. L’ufficio vigila affinché siano adottati criteri di selezione delle azioni coerenti con le regole e gli obiettivi del PNRR ed emana linee guida per assicurare la correttezza delle procedure di attuazione e rendicontazione, la regolarità della spesa, il rispetto dei i vincoli di destinazione delle misure agli obiettivi climatici e di trasformazione digitale previsti nel PNRR. Adotta le iniziative necessarie a prevenire le frodi, i conflitti di interesse ed evitare il rischio di doppio finanziamento pubblico degli interventi.
b) Ufficio di monitoraggio – coordina le attività di monitoraggio sull’attuazione degli interventi e delle riforme PNRR di competenza del Ministero dello sviluppo economico. Nell’ambito delle proprie attività, l’ufficio provvede a trasmettere al Servizio centrale per il PNRR i dati di avanzamento finanziario e di realizzazione fisica e procedurale degli investimenti e delle riforme, nonché l'avanzamento dei relativi milestone e target, attraverso le funzionalità del sistema informatico di cui all'articolo 1, comma 1043, della legge 30 dicembre 2020, n. 178.
c) Ufficio di rendicontazione e controllo – provvede, relativamente agli interventi PNRR di competenza del Ministero dello sviluppo economico, a trasmettere al Servizio centrale per il PNRR i dati necessari per la presentazione delle richieste di pagamento alla Commissione europea ai sensi dell'articolo 24, paragrafo 2 del Regolamento (UE) 2021/241, corredata della corrispondente dichiarazione di cui all’Annex III dell’Accordo di finanziamento stipulato con la Commissione europea. A tal fine, verifica la regolarità delle procedure e delle spese e il conseguimento di milestone e target, riceve e controlla le domande di rimborso dei soggetti attuatori, lo stato di avanzamento finanziario e il raggiungimento di milestone e target in coerenza con gli impegni assunti. Provvede al recupero delle somme indebitamente versate ai soggetti attuatori e/o ai beneficiari. Nello svolgimento delle proprie attività, l’Ufficio assicura l’attuazione di iniziative utili a prevenire le frodi, i conflitti di interesse ed evitare il rischio di doppio finanziamento.
Articolo 32
(Misure per accelerare la realizzazione degli investimenti pubblici)
L’articolo 32 attribuisce ad Invitalia S.p.A. la promozione della definizione e della conclusione di appositi accordi-quadro per l’affidamento di servizi tecnici e di lavori, con il ricorso a procedure aggregate e flessibili per l’affidamento dei contratti pubblici, al fine di accelerare l’avvio degli investimenti del PNRR.
L’articolo 32 introduce all’articolo 10 del D.L. 77/2021 il comma 6-quater, che attribuisce ad Invitalia S.p.A., la promozione della definizione e della conclusione di appositi accordi-quadro, per l’affidamento dei servizi tecnici e dei lavori.
L’art. 10 del D.L. 77/2021 ha introdotto misure per accelerare la realizzazione degli investimenti pubblici, in particolare, di quelli previsti dal PNRR e dai cicli di programmazione nazionale e dell'Unione europea 2014-2020 e 2021-2027, prevedendo che le amministrazioni interessate possano avvalersi del supporto tecnico-operativo di società in house qualificate, sulla base di apposite convenzioni.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla relativa scheda del dossier sul D.L. 77/2021.
L'art. 38 del Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 50/2016) ha disciplinato la qualificazione delle stazioni appaltanti e centrali di committenza. Si prevede, in particolare, l’istituzione, presso l'ANAC, che ne assicura la pubblicità, di un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate di cui fanno parte anche le centrali di committenza. Sono iscritti di diritto nell'elenco ANAC, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, compresi i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche, CONSIP S.p.a., INVITALIA - Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.a., nonché i soggetti aggregatori regionali. La qualificazione, conseguita in rapporto ai bacini territoriali, nonché alla tipologia e complessità del contratto e per fasce d'importo, ha ad oggetto il complesso delle attività che caratterizzano il processo di acquisizione di un bene, servizio o lavoro in relazione ai seguenti ambiti: a) capacità di progettazione; b) capacità di affidamento; c) capacità di verifica sull'esecuzione e controllo dell'intera procedura, ivi incluso il collaudo e la messa in opera.
L’accordo-quadro, previsto dall’art. 54 del Codice dei contratti pubblici, è uno strumento contrattuale e non una procedura di affidamento. Le procedure di affidamento sono quelle previste dal Codice dei contratti pubblici in relazione alle soglie di importo, mentre è specificato che le stazioni appaltanti possono concludere accordi quadro nel rispetto delle procedure del Codice dei contratti pubblici. In particolare, tali procedure sono applicabili solo tra le amministrazioni aggiudicatrici, individuate nell'avviso di indizione di gara o nell'invito a confermare interesse, e gli operatori economici parti dell'accordo quadro concluso. Gli appalti basati su un accordo quadro non comportano in nessun caso modifiche sostanziali alle condizioni fissate nell'accordo quadro.
L’articolo in esame stabilisce che i soggetti attuatori che si avvalgono di una procedura avente ad oggetto accordi-quadro per servizi tecnici e lavori non sostengono alcun onere per attività di centralizzazione delle committenze in quanto gli stessi sono a carico delle convenzioni previste dal comma 5 dell’art. 10 del D.L. 77/2021.
La disposizione in esame è volta ad accelerare l’avvio degli investimenti previsti dall’art. 10 del D.L. 77/2021 mediante il ricorso a procedure aggregate e flessibili per l’affidamento dei contratti pubblici, garantendo laddove necessario l’impiego uniforme dei principi e delle priorità trasversali previste dal PNRR ed agevolando al contempo le attività di monitoraggio e controllo degli interventi, d’intesa con le amministrazioni interessate.
Il comma 5 dell’art. 10 del D.L. 77/2021 attribuisce al MEF, per le società in house statali, la definizione dei contenuti minimi delle convenzioni per l'attuazione di progetti di sviluppo territoriale finanziati da fondi europei e nazionali da parte di regioni, province autonome ed enti locali.
Nel corso del 2022, il MEF, con la direttiva del 17 gennaio 2022, ha fornito la definizione dei contenuti minimi delle convenzioni tra le società in house statali e le regioni, le province autonome e gli enti locali, per il tramite delle amministrazioni centrali dello Stato.
Articolo 33
(Disposizioni in materia di concorso
per l'accesso alla magistratura ordinaria)
L’articolo 33 prevede modifiche alla disciplina relativa alla procedura di accesso alla magistratura consentendo l’accesso al concorso ai neolaureati, e prevedendo la possibilità di utilizzo di strumenti informatici per l'espletamento delle prove. La disposizione modifica inoltre la disciplina relativa alle commissioni di concorso, prevedendo che i professori universitari che ne sono membri possano chiedere direttamente al proprio ateneo, e senza necessità di un decreto ministeriale, l’esonero parziale o totale dall’attività didattica.
L’intervento normativo - al fine del raggiungimento degli obiettivi di riduzione del contenzioso pendente previsti dal PNRR, anche tramite la celere assunzione di nuovi magistrati - reca una serie di modifiche al decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 nella parte in cui disciplina l'accesso alla magistratura ordinaria.
L'accesso alla magistratura ordinaria prevede due snodi fondamentali: il superamento del concorso pubblico per esami; l'espletamento, con esito positivo, di un periodo di tirocinio.
Alla magistratura professionale si accede per concorso pubblico (art. 106, primo comma, Cost.), oggi disciplinato dal capo I del decreto legislativo n. 160 del 2006. Il concorso - in base alla normativa vigente prima dell'entrata in vigore del decreto-legge in conversione - è strutturato sulla falsariga di un concorso di secondo grado. Alle prove scritte sono ammessi, infatti, coloro che già hanno accumulato esperienze professionali – magistrati amministrativi e contabili, avvocati, pubblici dipendenti con specifiche funzioni o qualifiche, professori universitari, magistrati onorari – o formative - come diplomi postuniversitari di perfezionamento, dottorati di ricerca in materia giuridiche, o anche il tirocinio presso gli uffici giudiziari. La selezione è attuata mediante esame scritto e orale in materie giuridiche.
I vincitori del concorso assumono la qualifica di "magistrati ordinari in tirocinio" e svolgono un periodo, appunto, di tirocinio, della durata complessiva di 18 mesi e articolato in corsi di approfondimento teorico-pratico (che si tengono presso la Scuola superiore della magistratura) e sessioni presso uffici giudiziari. Queste ultime prevedono una prima fase, il c.d. tirocinio generico, in cui i magistrati in tirocinio frequentano tutti gli uffici giudiziari, affiancando i magistrati già in servizio nello svolgimento delle funzioni giudiziarie, e una seconda fase, il c.d. tirocinio mirato, in cui i magistrati concentrano il tirocinio sulle funzioni che concretamente essi svolgeranno al momento della destinazione agli uffici giudiziari. Il magistrato in tirocinio non esercita funzioni giudiziarie.
Concluso il tirocinio, il Consiglio superiore della magistratura - sulla base delle relazioni, redatte dai magistrati affidatari presso gli uffici giudiziari e dai tutor della Scuola superiore della magistratura e inerenti l'attività svolta durante il periodo di tirocinio - valuta l’idoneità del magistrato a esercitare le funzioni giudiziarie.
Se il giudizio è positivo, vengono conferite le funzioni giurisdizionali e assegnata una sede di servizio. In caso di valutazione negativa, il magistrato ordinario è ammesso a un nuovo periodo di tirocinio della durata di un anno. L’eventuale seconda valutazione negativa determina la cessazione del rapporto di impiego del magistrato ordinario in tirocinio.
Il comma 1, lett. a) introduce, in primo luogo, la possibilità di svolgimento della prova scritta del concorso in magistratura mediante strumenti informatici, demandando ad un successivo decreto del Ministro della giustizia la disciplina delle modalità di svolgimento.
Come precisa la relazione illustrativa, tale intervento è volto ad agevolare "la correzione degli elaborati, evitando alla commissione la lettura, spesso difficoltosa, di prove scritte redatte a mano".
Il comma 1, lett. b), poi, anticipa gli effetti della legge delega n. 71 del 2022, la quale già prevedeva la modifica del regime vigente per consentire l’accesso al concorso per la magistratura ordinaria anche ai neolaureati. E' riscritta in particolare la lettera h) dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 160 del 2006 prevedendo che possano accedere al concorso i laureati in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito al termine di un corso universitario di durata prevista non inferiore a quattro anni.
La lett. h) nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del decreto-legge consentiva l'accesso al concorso ai laureati in possesso non solo del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ma anche del diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali. Rispetto al testo pre-vigente quindi non solo viene escluso come requisito necessario il possesso del diploma di specializzazione ma viene anche espunta l’ipotesi della durata inferiore in caso di seconda laurea.
Sono inoltre soppresse le lettere i) ed l) dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 160 del 2006 che prevedevano come requisiti per l'accesso, rispettivamente la laurea in giurisprudenza e il dottorato di ricerca in materie giuridiche e la laurea in giurisprudenza ed il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica.
Tale intervento, come precisa la relazione illustrativa è finalizzata ad "aumentare la platea dei partecipanti al concorso in magistratura, imposta dalla circostanza che gli ultimi concorsi svolti non hanno consentito la copertura dei posti banditi".
Si ricorda che il concorso in magistratura è divenuto di secondo grado con la riforma dell’ordinamento giudiziario del 2006. Prima, infatti, potevano partecipare al concorso i laureati in giurisprudenza, semplicemente a compimento del percorso di studi universitario. La crescita notevole dei candidati al concorso a partire dagli anni ’90 del secolo scorso ha dapprima indotto il legislatore a prevedere - dal 1997 al 2004 - una prova preselettiva informatizzata, per scremare i partecipanti agli scritti, e poi, a ristrutturare il concorso, mediante la previsione di titoli aggiuntivi rispetto alla laurea in giurisprudenza (art. 2 del d.lgs. n. 160 del 2006).
Come rilevato dalla Commissione di studio sulla ricognizione delle attività formative finalizzate all’accesso alla magistratura ordinaria, istituita dal Ministro Orlando nel 2017, alla cui relazione si rinvia, l’intento deflattivo della partecipazione al concorso è stato solo in parte conseguito (nel 2008, a ridosso della riforma, furono presentate ben 31.857 domande al concorso) mentre indubbiamente si è innalzata l’età di ingresso in magistratura (dai 25 anni di età media degli anni ‘60 si è passati agli attuali 33 anni). Per la citata Commissione il concorso di secondo grado ha prodotto, inoltre, un ulteriore effetto negativo determinando, con l’innalzamento dell’età media dei partecipanti, «una selezione anche censitaria delle persone che possono parteciparvi, dal momento che le famiglie meno abbienti non hanno la possibilità economica di mantenere i figli allo studio per un numero così elevato di anni». Come già accennato, l'articolo 4 della legge n. 71 del 2022 ha delegato il Governo ad intervenire sulla disciplina dell'accesso in magistratura, dettando principi e criteri direttivi volti fra gli altri ad abbandonare l'attuale modello del concorso di secondo grado. E' appena il caso di ricordare che il CSM nel parere reso sugli emendamenti del Governo all'AC. 2681, si è espresso positivamente sul ritorno al concorso di primo grado – peraltro già auspicato dal CSM nella risoluzione del 7 dicembre 2021 – evidenziando l'urgenza del ritorno a tale modalità di concorso anche ricorrendo a prescrizioni puntuali piuttosto che a una legge delega.
Il comma 2 dell'articolo 33 reca una disciplina transitoria per la quale è confermata la legittimazione anche per tutti i soggetti in possesso dei requisiti previsti dalle norme modificate od abrogate dal decreto in conversione.
Come si evidenzia nella relazione l’innalzamento della platea dei concorrenti dovrebbe garantire un maggiore afflusso al concorso così scongiurando almeno in parte il rischio di mancata copertura dei posti banditi, come avvenuto in occasione delle ultime procedure concorsuali.
La lettera c) del comma 1, nonché i commi 3 e 4 dell'articolo 33 del decreto in conversione intervengono sulla posizione dei professori universitari nominati componenti della commissione del concorso in magistratura.
L’attuale disciplina, contenuta nell’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (e richiamata dall’articolo 26-bis, comma 2, del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, con il quale il Ministero della giustizia è stato autorizzato a indire un concorso pubblico con una procedura "accelerata" per il reclutamento di cinquecento magistrati ordinari in tirocinio, per la copertura dei posti vacanti nell'organico della magistratura) prevede che a questi ultimi trovino applicazione le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, in base alle quali può essere concessa, a richiesta, una limitazione dell’attività didattica (esclusa in ogni caso la dispensa dall'obbligo di svolgere il corso ufficiale) con provvedimento del Ministro dell’università.
Il decreto-legge in conversione interviene sulla disciplina testé descritta prevedendo invece che i professori universitari possano chiedere direttamente al proprio Ateneo e senza necessità di un decreto ministeriale un esonero totale o anche parziale dall’attività didattica.
Come evidenzia la relazione illustrativa ciò avviene già con riguardo ai professori nominati nella Commissione nazionale per l'abilitazione alle funzioni di professore universitario di prima e di seconda fascia ai sensi dell’articolo 6, comma 11, del DPR 4 aprile 2016, n. 95.
Tale disciplina trova applicazione anche con riguardo ai professori universitari nominati componenti della Commissione di cui al concorso bandito con decreto 1° dicembre 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – IV serie speciale – n. 98 del 10 dicembre 2021.
Il comma 5 prevede le necessarie coperture finanziarie. Per l'attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo è autorizzata, in particolare, la spesa di euro 1.470.200 per l’anno 2023 e di euro 970.200 annui a decorrere dall’anno 2024.
Articolo 34
(Estensione e rifinanziamento della misura PNRR
in favore delle farmacie rurali sussidiate)
L’articolo 34 estende anche alle farmacie rurali sussidiate che si trovano al di fuori delle Aree interne del Paese la possibilità di accedere ai finanziamenti stanziati nell’ambito del PNRR. A tal fine è prevista la copertura dell’onere di 28 milioni a valere sul Fondo sviluppo e coesione (FSC) 2021-2027.
Il PNRR prevede, nell’ambito della Missione 5 (“Inclusione e Coesione”), Componente 3 (“Interventi speciali per la coesione territoriale”), l’investimento "Strategia Nazionale delle Aree Interne". In particolare sono stanziati 100 milioni (sovvenzioni per nuovi progetti) per consolidare le farmacie rurali convenzionate, rendendole strutture in grado di erogare servizi sanitari territoriali nei centri con meno di 3.000 abitanti (Aree interne– Strutture sanitarie di prossimità territoriale, M5C3-I 1.1.2).
Per tale intervento sono individuati due Obiettivi dal PNRR:
§ entro la fine del 2023 devono beneficiare dell'intervento almeno 500 farmacie rurali in comuni di aree interne con meno di 3.000 abitanti (M5C3-3);
§ entro giugno 2026 devono beneficiare dell'intervento almeno 2.000 farmacie rurali in comuni di aree interne con meno di 3.000 abitanti (M5C3-4).
Ci si aspetta che queste farmacie rafforzino il loro ruolo partecipando al servizio integrato di assistenza domiciliare; fornendo prestazioni di secondo livello, attraverso percorsi diagnostico-terapeutici previsti per patologie specifiche; erogando farmaci che il paziente è ora costretto a ritirare in ospedale; monitorando pazienti con la cartella clinica elettronica e il fascicolo farmaceutico.
Con il decreto n. 305 del 28 dicembre 2021 dell’Agenzia per la coesione territoriale è stato approvato un avviso pubblico per la presentazione di proposte d'intervento per la selezione di progetti volti a consolidare le farmacie rurali, per una ammontare complessivo di risorse pari a 100 milioni di euro. Il termine per la presentazione della domanda è scaduto il 30 settembre 2022. Sono già state ammesse al finanziamento oltre 822 farmacie (elenchi n. 1 del 18 maggio 2022 e n. 2 del 27 maggio 2022 e n. 3 del 14 settembre 2022). Risulta pertanto raggiunto e superato l’obiettivo previsto dal PNRR per la fine del 2023 (ossia 500 farmacie beneficiarie).
L’articolo 34 in esame estende alle farmacie rurali che si trovano in comuni, centri abitati o frazioni con una popolazione fino a 3.000 abitanti, non compresi nella mappatura delle aree interne 2021-2027, la possibilità di accedere al finanziamento messo a bando con il citato decreto n. 305 del 2021 dell’Agenzia per la coesione, al fine di rafforzare le proprie strutture ed erogare nuovi servizi.
I soggetti destinatari dell’intervento sono le farmacie rurali sussidiate, come definite dall’art. 2 della legge n.221 del 1968, il quale prevede una indennità di residenza a favore delle farmacie che si trovano in località fino a 3.000 abitanti.
Nell’avviso pubblico approvato dall’Agenzia per la coesione il 28 dicembre 2021 non viene operata alcuna distinzione tra farmacie localizzate o meno nei comuni della mappatura delle aree interne 2021-2027, in quanto il riferimento al richiamato art. 2 della legge n.221 del 1968 implica già uno “status” di farmacia che opera in un’area marginalizzata e che, proprio per compensare tale situazione di disagio, può godere di una specifica indennità statale.
In occasione della riunione del 7 luglio 2022 presso il Ministero dell’economia e delle finanze, la Commissione europea ha tuttavia ribadito, in base ad una interpretazione letterale del Council Implementing Decisions (CID), l’esclusiva finanziabilità a valere sul PNRR delle farmacie rurali localizzate in aree interne in centri con meno di 3.000 abitanti, escludendola quindi per le farmacie rurali localizzate al di fuori delle aree interne.
Pertanto con un decreto del 2 agosto 2022 del direttore dell'Agenzia per la coesione territoriale è stata sospesa l'istruttoria delle domande inviate da farmacie rurali localizzate al di fuori dei comuni delle aree interne. È stato inoltre sospeso il trasferimento delle risorse alle farmacie rurali di comuni non appartenenti alle aree interne, le cui domande erano state ritenute ammissibili.
Il comma 1 della norma in esame estende espressamente anche alle farmacie rurali sussidiate che operano in comuni, centri abitati o frazioni con popolazione non superiore a 3000 abitanti, collocati al di fuori del perimetro delle “aree interne”, come definito dalla mappatura 2021-2027 di cui all’accordo di partenariato 2021/2027, la possibilità di accedere all’avviso pubblico il cui termine scade il 30 settembre 2022.
Conseguentemente il comma 2 provvede a stanziare 28 milioni di euro a valere sul Fondo sviluppo e coesione (programmazione 2021-2027) a copertura dell’onere derivante dal comma 1.
La Strategia nazionale per le aree interne del Paese (SNAI) costituisce una delle linee strategiche di intervento dei Fondi strutturali europei del ciclo di programmazione 2014-2020, definite nell'ambito dell'Accordo di Partenariato, e rappresenta una azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle aree più lontane dai poli di servizio essenziale primario e avanzato, che corrispondono al 60% della superficie territoriale, al 52% dei Comuni e al 22% della popolazione italiana.
In continuità con quanto sperimentato nel ciclo 2014-2020, la SNAI 2021-2027 proseguirà nel potenziare i servizi di cittadinanza e nel promuovere iniziative per lo sviluppo economico e l'occupazione delle aree interne selezionate, con l'allargamento della Strategia, attraverso l'ingresso di nuove aree e la promozione di misure a sostegno delle aree interne nel loro insieme. Gli interventi saranno sostenuti dai Fondi strutturali europei della programmazione 2021-2027, ma anche da risorse nazionali legate principalmente al Fondo per lo Sviluppo e la Coesione.
È stata già avviata la procedura per individuare le aree che entreranno a far parte della SNAI 2021-2027.
Nell'Accordo di Partenariati italiano si assegna alle singole Regioni/Province autonome la decisione su quali aree SNAI 2014-2020 continuare o meno a sostenere con i programmi 2021-2027, nonché l'iniziativa per la proposta di "nuove aree" da candidare al sostegno con il meccanismo della strategia territoriale locale. Nell'Accordo di partenariato si prevede che le nuove aree progetto saranno selezionate su iniziativa delle Regioni, dando priorità a comuni periferici e ultraperiferici e considerando, contestualmente, indicatori demografici, economici, sociali o ambientali che evidenzino maggiori criticità rispetto alle altre aree regionali (sull'istruttoria relativa alla Mappatura delle aree interne 2021-2027, si rinvia al documento del Dipartimento per le politiche di coesione - Presidenza del Consiglio dei Ministri, Criteri per la selezione delle nuove Aree Interne da sostenere nel ciclo 2021-2027, di gennaio 2022).
Relativamente al ciclo SNAI 2021-2027 sono state attualmente già approvate 39 aree interne, alle quali se ne aggiungeranno altre tuttora in fase istruttoria.
Articolo 35
(Partecipazione dello Stato italiano al Programma di assistenza macrofinanziaria eccezionale in favore dell’Ucraina)
L’articolo 35 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad adottare tutte le misure necessarie per assicurare la partecipazione italiana al iniziative assunte dall’Unione europea nell’ambito dell’assistenza macrofinanziaria (AMF) eccezionale a favore dell’Ucraina, al relativo rilascio della garanzia dello Stato, per un importo complessivo massimo di 700 milioni di euro per il 2022 per la copertura, nei limiti della quota di spettanza dello Stato italiano, dei rischi sonstenuti dall’UE.
Come ricordato nei “considerando” della decisione (UE) 2022/1201 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2022, l’aggressione russa all’Ucraina ha causato a quest’ultima, dal 24 febbraio scorso, la perdita di accesso al mercato e un drastico calo delle entrate pubbliche, mentre la spesa pubblica per far fronte alla situazione umanitaria e mantenere la continuità dei servizi statali è notevolmente aumentata.
La decisione richiama altresì le stime di finanziamento dell'Ucraina, realizzate dal Fondo monetario internazionale (FMI), che indicano un fabbisogno straordinario di finanziamenti di circa 39 miliardi di dollari nel 2022, di cui circa la metà potrebbe essere soddisfatta qualora venisse integralmente erogato il sostegno internazionale fin qui promesso.
L'erogazione rapida dell’assistenza macrofinanziaria all'Ucraina da parte dell'Unione ai sensi della presente decisione, quale prima fase dell'attuazione dell'intera assistenza macrofinanziaria (AMF) eccezionale per un importo massimo di 9 miliardi di euro, così come ribadito nelle conclusioni del Consiglio europeo del 30-31 maggio e del 23-24 giugno 2022, è considerata, nelle attuali circostanze straordinarie, una risposta a breve termine adeguata al fabbisogno di finanziamento immediato e più urgente dell'Ucraina ed ai notevoli rischi per la stabilità macrofinanziaria del paese.
L’AMF ha l'obiettivo di favorire la stabilizzazione macrofinanziaria dell'Ucraina e rafforzare la resilienza immediata del paese, contribuendo in tal modo alla sostenibilità del debito pubblico dell'Ucraina e in ultima analisi alla capacità del paese di rimborsare i suoi obblighi finanziari. urgente di liquidità insieme ai suoi partner del G7.
La norma in commento autorizza pertanto, al comma 1, il Ministero dell’economia e delle finanze a porre in essere tutti gli atti ed accordi necessari per la partecipazione dello Stato italiano al programma di assistenza macrofinanziaria ed al relativo rilascio della garanzia dello Stato, per un importo complessivo massimo di 700.000.000 euro per l’anno 2022, per la copertura, nei limiti della quota di spettanza dello Stato italiano, dei rischi sostenuti dall’Unione europea.
Il comma 2 prevede che agli oneri di cui al comma precedente si provveda a valere sulle somme disponibili sull’apposita contabilità speciale prevista dall’ articolo 37, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89), riguardante le risorse iscritte sul bilancio statale destinate alle garanzie rilasciate dallo Stato, la cui giacenza al 15 settembre 2022 – secondo quanto riportato nella relazione tecnica – è pari a 1.740.510.000,19 euro.
Articolo 36
(Ulteriore incremento per il 2022 del finanziamento
dei centri di assistenza fiscale)
L’articolo 36 prevede, per il 2022, un ulteriore incremento, nella misura di 15 milioni di euro, del finanziamento statale per le convenzioni tra l'INPS e i centri di assistenza fiscale (CAF); per il medesimo anno, un primo incremento, rispetto alla misura annua permanente, è stato stabilito - nella misura di 13 milioni - dalla disposizione ora oggetto di novella[52]; l'incremento complessivo per il 2022, rispetto alla suddetta misura permanente, è pari, dunque, a 28 milioni. Al fine della copertura dell'onere finanziario derivante dall'ulteriore incremento in esame, l'articolo 36 rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 43.
L'incremento complessivo è disposto - da parte della norma ora oggetto di novella - in considerazione dell'incremento dei volumi di dichiarazioni sostitutive uniche (DSU) - dichiarazione sottostante la determinazione dell'ISEE[53] - connesso anche alla presentazione delle domande per l'assegno unico e universale per i figli a carico, di cui al D.Lgs. 29 dicembre 2021, n. 230.
Si ricorda che la presentazione tramite un centro di assistenza fiscale costituisce una delle modalità di presentazione della DSU[54].
Come accennato, l'incremento di risorse in oggetto si somma, per il 2022, allo stanziamento annuo permanente - pari a 35 milioni di euro - previsto[55], per il finanziamento delle convenzioni suddette, con riferimento a tale modalità di presentazione della DSU nonché per la modalità di presentazione tramite i medesimi CAF delle domande di Reddito di cittadinanza e di Pensione di cittadinanza; lo stanziamento complessivo per il 2022 è ora quindi pari a 63 milioni.
L'articolo 37 reca alcune modifiche alla disciplina[56] sui vincoli procedurali per i licenziamenti che siano di numero superiore a cinquanta e connessi alla chiusura (nel territorio nazionale) di una sede o struttura autonoma da parte di datori di lavoro rientranti in una determinata soglia dimensionale. Le novelle di cui al comma 1 modificano alcuni termini temporali e gli effetti del mancato completamento della procedura in oggetto ed introducono una clausola di salvaguardia per le eventuali condizioni di maggior favore per i lavoratori previste dalla contrattazione collettiva; il comma 2 introduce un'ulteriore misura a carico del datore di lavoro, con riferimento ad alcuni esiti delle procedure rientranti nella disciplina in oggetto; il comma 3 specifica che le novelle di cui al comma 1 e le norme di cui al comma 2 si applicano anche alle procedure avviate prima dell'entrata in vigore (il 24 settembre 2022) del presente decreto e non ancora concluse.
La disciplina oggetto delle novelle in esame concerne i datori di lavoro che, nell'anno precedente, abbiano occupato con contratto di lavoro subordinato, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, in media almeno 250 lavoratori dipendenti e che intendano procedere alla chiusura di una sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo (situato nel territorio nazionale), con cessazione definitiva della relativa attività e con licenziamento di un numero di lavoratori non inferiore a 50[57].
La novella di cui alla lettera a) del comma 1 modifica il termine entro il quale il datore di lavoro in oggetto è tenuto a dare comunicazione per iscritto dell'intenzione di procedere alla chiusura[58]; la norma vigente prevede che la comunicazione sia effettuata almeno novanta giorni prima dell'avvio della procedura concernente i licenziamenti collettivi[59]; la novella eleva tale termine dilatorio a centottanta giorni; l'elevamento del termine viene operato solo nel secondo periodo del comma oggetto di novella e non anche nel primo periodo; si consideri l'opportunità di una revisione formale. Resta fermo che i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e i licenziamenti collettivi intimati in mancanza della comunicazione o prima dello scadere del termine, ora elevato a centottanta giorni, sono nulli. Tuttavia, la novella di cui alla lettera a) specifica che i licenziamenti intimati dopo la sottoscrizione del piano (previsto dalla disciplina in oggetto) sono validi anche qualora essi siano effettuati durante il periodo temporale sopra menzionato.
Si ricorda che, entro sessanta giorni dalla suddetta comunicazione, il datore di lavoro deve presentare alle regioni interessate, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dello sviluppo economico e all'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) un piano[60] - avente una durata non superiore a dodici mesi - per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura.
La novella di cui alla lettera b) del comma 1 modifica il termine entro il quale il suddetto piano deve essere discusso con le rappresentanze sindacali aziendali o la rappresentanza sindacale unitaria, alla presenza delle regioni interessate, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dello sviluppo economico e dell'ANPAL; la norma vigente prevede che l'esame si svolga entro trenta giorni dalla presentazione del piano, mentre la novella eleva il termine a centoventi giorni. Si ricorda che, in caso di accordo sindacale, si procede alla sottoscrizione del piano, a seguito del quale il datore di lavoro assume l'impegno di realizzare le azioni ivi contemplate, nei tempi e con le modalità programmati. La norma transitoria di cui al successivo comma 3 specifica che anche qualora, alla data di entrata in vigore del presente D.L. n. 144 (24 settembre 2022), la suddetta comunicazione iniziale sia già stata effettuata, il termine entro il quale il piano deve essere discusso è pari a centoventi giorni (decorrenti dalla presentazione del piano medesimo), anziché al termine previgente di trenta giorni.
La novella di cui alla lettera c), in primo luogo, modifica gli effetti della mancata sottoscrizione del piano da parte delle organizzazioni sindacali. La disciplina vigente prevede che, in tale ipotesi, il datore di lavoro sia tenuto a versare all’INPS il contributo previsto per le cessazioni di rapporti di lavoro[61] secondo un coefficiente moltiplicatore pari a 4,5; la novella prevede invece che il coefficiente sia pari a 15. Si ricorda che l’aliquota di base del contributo in oggetto è pari al 41 per cento e che la base di calcolo è costituita dal valore derivante dalla moltiplicazione del massimale mensile dell’indennità di disoccupazione NASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni; per i licenziamenti collettivi, l'aliquota è raddoppiata qualora il datore di lavoro rientri tra le categorie tenute alla contribuzione per il finanziamento del trattamento INPS di integrazione salariale straordinaria; in ogni caso, qualora i licenziamenti collettivi siano effettuati in assenza di accordo sindacale, il valore derivante dall'applicazione dell'aliquota (la quale, come detto, è pari all'82 per cento o al 41 per cento) viene moltiplicato per 3; quest'ultimo coefficiente è quindi più elevato nell'ipotesi oggetto della presente novella.
Resta fermo che per le ipotesi di mancata presentazione del piano summenzionato o di presentazione di un piano privo di qualcuno degli elementi richiesti[62], il datore è tenuto in ogni caso a versare all’INPS il contributo previsto per le cessazioni di rapporti di lavoro (a prescindere dall'effettuazione dei licenziamenti) e che, in tali ipotesi, il suddetto coefficiente è pari a 6.
Viene invece soppressa - da parte della stessa novella di cui alla lettera c) - l'applicazione del medesimo coefficiente di 6 per le ipotesi di inadempimento - da parte del datore e per sua esclusiva responsabilità - rispetto agli impegni, ai tempi e alle modalità di attuazione del piano sottoscritto.
Con riferimento all'ipotesi di mancata sottoscrizione del piano da parte delle organizzazioni sindacali, la novella di cui alla lettera c) specifica che l'obbligo di versamento dei suddetti contributi (con le maggiorazioni) sussiste soltanto qualora il datore proceda ai licenziamenti (la stessa limitazione concerne, in sostanza, anche le ipotesi di inadempimento rispetto agli impegni, ai tempi e alle modalità di attuazione del piano sottoscritto, ipotesi per le quali, in base alla summenzionata soppressione, l'obbligo di versamento del contributo sussiste solo nei casi di licenziamenti ed il medesimo contributo è determinato secondo i criteri generali sopra ricordati).
Sempre con riferimento all'ipotesi di mancata sottoscrizione da parte delle organizzazioni sindacali, la lettera d) sopprime la previsione secondo cui il datore di lavoro, decorso il suddetto termine dilatorio (elevato ora a centottanta giorni) decorrente dalla comunicazione, possa avviare la procedura relativa ai licenziamenti collettivi senza lo svolgimento, in seno ad essa, della fase di esame congiunto con le rappresentanze sindacali[63].
La novella di cui alle lettera c) prevede altresì che, in caso di sottoscrizione del piano, il datore comunichi mensilmente ai soggetti già destinatari della comunicazione iniziale[64] lo stato di attuazione del medesimo piano, dando evidenza del rispetto dei tempi e delle modalità di attuazione, nonché dei risultati delle azioni intraprese.
In base alle disposizioni già vigenti, in caso di mancata presentazione del piano, il datore è tenuto a dare evidenza di tale omissione nella "dichiarazione di carattere non finanziario" di cui al D.Lgs. 30 dicembre 2016, n. 254; tale previsione viene estesa - da parte della novella di cui alla lettera c) - all'ipotesi di mancato raggiungimento dell'accordo sindacale.
La novella di cui alla lettera e) introduce una clausola di salvezza delle condizioni di maggior favore per i lavoratori - rispetto alla disciplina in esame - eventualmente previste dai contratti collettivi di lavoro rientranti nella definizione di cui all'articolo 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 - contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria -.
Il comma 2 introduce un'ulteriore misura a carico del datore di lavoro, con riferimento ad alcuni esiti delle procedure rientranti nella disciplina in oggetto. In particolare, per l'ipotesi che, dopo lo svolgimento delle suddette procedure, il datore di lavoro cessi definitivamente l’attività produttiva o una parte significativa della stessa, anche per effetto di delocalizzazioni, con contestuale riduzione di personale superiore al 40 per cento di quello impiegato mediamente nell’ultimo anno, a livello nazionale o locale ovvero nel reparto oggetto della delocalizzazione o chiusura, si prevede l'obbligo di restituzione delle sovvenzioni e dei contributi, sussidi, ausili finanziari o vantaggi economici, a carico della finanza pubblica, di cui il datore abbia beneficiato per gli stabilimenti produttivi oggetto dei medesimi cessazioni o ridimensionamenti di attività; tale obbligo concerne i benefici rientranti fra quelli oggetto di iscrizione obbligatoria nel Registro nazionale degli aiuti di Stato, percepiti nei dieci anni antecedenti l’avvio delle procedure suddette, e l'importo da restituire è determinato in proporzione alla percentuale di riduzione del personale. Fino al completo adempimento dell'obbligo di restituzione, al soggetto debitore non possono essere concessi ulteriori sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili. Il provvedimento delle singole amministrazioni (eroganti i suddetti benefici) che dia atto della sussistenza dei presupposti per la restituzione costituisce titolo per la riscossione coattiva mediante ruolo, ai sensi del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Le somme riscosse in base a tale obbligo di restituzione sono riversate in apposito capitolo di bilancio e sono destinate in favore di processi di reindustrializzazione o riconversione industriale delle aree interessate dalla cessazione dell’attività.
Il comma 3 specifica che le novelle di cui al comma 1 e le norme di cui al comma 2 si applicano anche alle procedure avviate prima dell'entrata in vigore (il 24 settembre 2022) del presente decreto e non ancora concluse. Riguardo ad un'ulteriore specificazione posta dal comma 3, cfr. supra.
L'articolo 38 posticipa dal 30 settembre al 31 ottobre 2022 il termine per avvalersi della procedura per il riversamento spontaneo, senza applicazione di sanzioni e interessi, di crediti d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte di soggetti che li hanno indebitamente utilizzati.
L'articolo in esame reca modifiche all’articolo 5 del decreto legge n. 146 del 2021, il quale, ai commi da 7 a 12, prevede una procedura per il riversamento spontaneo, senza applicazione di sanzioni e interessi, di crediti d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte di soggetti che li hanno indebitamente utilizzati. Per avvalersi della procedura, il testo originario dell'atto prevedeva che fosse necessario inviare apposita richiesta all’Agenzia delle entrate entro il 30 settembre 2022. Con la modifica apprtata dall'articolo 38 tale termine viene posticipato al 31 ottobre 2022.
Più in dettaglio, l’articolo 5, comma 7, del decreto legge n. 146 del 2021 offre ai soggetti che hanno indebitamente utilizzato in compensazione il credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo previsto dall’articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013, maturato a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, la possibilità di effettuare il riversamento dell’importo del credito indebitamente utilizzato, senza applicazione di sanzioni e interessi, alle condizioni e nei termini previsti dai commi 8 al 12.
L'articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013, come successivamente modificato nel tempo (in particolare dalla legge di bilancio 2017, dal decreto legge n. 87 del 2018 e dalla leggi di bilancio 2019 e 2020) ha attribuito a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019, un credito d'imposta nella misura del 25 per cento, elevata al 50 in specifici casi, delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.
A seguito delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2017 (commi 15 e 16 della legge n. 232 del 2016), l'utilizzo del credito d’imposta è stato consentito (oltre che alle imprese residenti) anche alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguissero le attività di ricerca e sviluppo mediante contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni. Tali disposizioni, contenute nel comma 1-bis dell'articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013, sono state oggetto di una norma interpretativa recata dall'articolo 1, comma 72 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) con la quale è stato chiarito esplicitamente che ai fini del calcolo del credito d’imposta attribuibile, assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività di ricerca e sviluppo svolte direttamente e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato.
Il credito d'imposta è riconosciuto, fino ad un importo massimo annuale di euro 10 milioni per ciascun beneficiario, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a euro 30.000. Il comma 4 e il comma 6 dell'articolo 3 elencano, rispettivamente le attività e le tipologie di costi ammissibili. Ai fini del riconoscimento del credito d'imposta, l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall'impresa devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti. Ai fini dei successivi controlli, le imprese beneficiarie del credito d'imposta sono tenute a redigere e conservare una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività di ricerca e sviluppo svolte in ciascun periodo d'imposta in relazione ai progetti o ai sotto-progetti in corso di realizzazione.
Il termine della misura era originariamente fissato al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020 ma il comma 209 dell'articolo 1 della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) ne ha anticipato il termine di fruibilità al 31 dicembre 2019, destinando le risorse derivanti dall'anticipata cessazione del termine di applicazione del credito d’imposta oggetto dei commi in esame al nuovo credito d'imposta per investimenti in ricerca, innovazione tecnologica e altre attività innovative per la competitività delle imprese, istituito dai commi da 198 a 209 della medesima legge di bilancio 2020.
La procedura di riversamento spontaneo è destinata ai soggetti che (nei periodi d’imposta indicati al comma 7) abbiano svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo ammissibili nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta. La procedura di riversamento spontaneo può essere utilizzata anche dai soggetti che:
§ abbiano commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili, in violazione dei principi di pertinenza e congruità, nonché nella determinazione della media storica di riferimento;
§ in relazione al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, abbiano applicato l'ambito di applicazione della misura in maniera non conforme a quanto dettato dalla diposizione d’interpretazione autentica recata dall’articolo 1, comma 72, della legge di bilancio 2019 (vedi supra).
L’accesso alla procedura è invece in ogni caso escluso nei casi in cui il credito d’imposta utilizzato in compensazione sia il risultato di condotte fraudolente, di fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi o di fatture che documentano operazioni inesistenti, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta (comma 8). L'accertamento di condotte fraudolente da parte degli uffici delle imposte comporta la decadenza dalla procedura e le somme già versate si considerano acquisite a titolo di acconto sugli importi dovuti.
La procedura non può essere altresì utilizzata per il riversamento dei crediti il cui indebito utilizzo in compensazione sia già stato accertato con un atto di recupero crediti, ovvero con altri provvedimenti impositivi, divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del decreto in esame. Nel caso in cui l’indebito utilizzo del credito d’imposta sia già stato constatato con un atto istruttorio, ovvero accertato con un atto di recupero crediti, ovvero con un provvedimento impositivo, non ancora divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del decreto in esame, il versamento deve obbligatoriamente riguardare l’intero importo del credito oggetto di recupero, accertamento o constatazione, senza possibilità di applicare la rateazione prevista dal comma 10 (vedi infra).
Per avvalersi della procedura è necessario inviare apposita richiesta all’Agenzia delle entrate che, ad esito dell'intervento in esame, può essere effettuata entro il 31 ottobre 2022. Il comma 9 prevedeva inoltre che il contenuto e le modalità di trasmissione del modello di comunicazione per la richiesta di applicazione della procedura fossero definiti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate da emanare entro il 31 maggio 2022, specificando che nell'istanza devono essere indicati il periodo o i periodi d’imposta di maturazione del credito d’imposta per cui è presentata la richiesta, gli importi del credito oggetto di riversamento spontaneo e tutti gli altri dati ed elementi richiesti in relazione alle attività e alle spese ammissibili. In attuazione di tali disposizioni l'Agenzia delle entrate ha emenato i provvedimenti del 1° giugno e del 4 luglio 2022 che contengono modello, istruzioni e specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati relativi al modello di domanda per l'accesso alla procedura.
Il versamento dell’importo del credito indebitamente utilizzato in compensazione, indicato nella comunicazione inviata all’Agenzia delle entrate può essere effettuato in un'unica soluzione, entro il 16 dicembre 2022, ovvero in tre rate di pari importo, di cui la prima da corrispondere entro il 16 dicembre 2022 e le successive (per le quali sono dovuti, a decorrere dal 17 dicembre 2022, gli interessi calcolati al tasso legale) entro il 16 dicembre 2023 e il 16 dicembre 2024 (comma 10). Il versamento degli importi dovuti è effettuato senza avvalersi della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.
Il comma 11 stabilisce che la procedura si perfeziona con l’integrale versamento di quanto dovuto. In caso di riversamento rateale, il mancato pagamento di una delle rate entro la scadenza prevista comporta il mancato perfezionamento della procedura, l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti, nonché l’applicazione di una sanzione pari al 30 per cento degli stessi e degli interessi nella misura prevista dall’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973, con decorrenza dalla data del 17 dicembre 2022.
In esito al corretto perfezionamento della procedura di riversamento è esclusa la punibilità per il delitto di indebita compensazione (di cui all’articolo 10-quater del decreto legislativo n. 74 del 2000).
Articolo 39
(Clausole sociali per l’affidamento dei servizi museali)
L’articolo 39 sancisce l’applicabilità delle “clausole sociali”, previste dal Codice dei contratti pubblici al fine di tutelare la stabilità occupazionale del personale impiegato, nel caso in cui il Ministero della cultura affidi a società in house a esso collegate i servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico svolti negli istituti e nei luoghi della cultura, già svolti da operatori economici privati.
La disposizione in commento novella l’art. 1-ter del D.L. 104 del 2019, contenente misure per il servizio pubblico essenziale di tutela, valorizzazione e fruizione degli istituti e luoghi della cultura.
In particolare, il comma 1 dell’art. 1-ter prevede che il Ministero della cultura, «verificata l'impossibilità di utilizzare il proprio personale dipendente, è autorizzato ad avvalersi della società Ales Spa per lo svolgimento delle attività di accoglienza e vigilanza nei musei, nei parchi archeologici statali nonché negli altri istituti e luoghi della cultura e delle attività di supporto tecnico, amministrativo e contabile, nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali autorizzate ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 giugno 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 202 del 29 agosto 2019, e comunque fino al 31 dicembre 2025 e delle ulteriori procedure necessarie a soddisfare il fabbisogno di personale del Ministero da impiegare in tali attività».
Si ricorda che la società Ales spa (Arte, lavoro e servizi) è la società in house del MIC - che ne detiene il 100% del pacchetto azionario - impegnata in attività di supporto alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e in attività di supporto agli uffici tecnico - amministrativi. È stata costituita, ai sensi dell'art. 20, commi 3 e 4, della L. 196/1997 e dell'art. 10, commi 1, lett. a), 2 e 3, del D.LGS. 468/1997 (poi abrogato dal D.LGS. 150/2015). Le attività storicamente svolte da Ales sono orientate a supportare il MIC in numerosi progetti di miglioramento delle condizioni di fruibilità del patrimonio archeologico, artistico, architettonico, paesaggistico e archivistico e bibliotecario italiano nonché di svolgimento di attività strumentali alla gestione tecnico - amministrativa dei procedimenti di tutela.
L'art. 4 del D.P.C.M. 20 giugno 2019 ha autorizzato il MIC a indire procedure di reclutamento nel triennio 2019-2021 per 400 unità di personale nel profilo professionale di assistente - Area funzionale II1, posizione economica F2, nonché ad assumere, sul budget assunzionale 2019 derivante dalle cessazioni del personale non dirigenziale dell’anno 2018, ulteriori 500 (cinquecento) unità di personale non dirigenziale, afferente al medesimo profilo professionale di assistenti, secondo quanto già previsto dal D.P.C.M. 10 ottobre 2017. Il relativo bando per il reclutamento di 1.052 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato, da inquadrare nella II Area, posizione economica F2, profilo professionale di assistente alla fruizione, accoglienza e vigilanza, è stato pubblicato nella G.U. 4a serie speciale n. 63 del 9 agosto 2019.
Per gli ulteriori approfondimenti si rinvia all’apposito dossier.
Rispetto alla previsione vigente, l’art. 39 in commento introduce un nuovo comma 2-bis all’interno dell’art. 1-ter del D.L. 104/2019, stabilendo che anche al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1 – appena illustrate – nei casi di affidamento diretto da parte del Ministero della cultura a società in house del medesimo Ministero dei servizi di cui all’art. 117 del D.LGS. 42/2004 (cioè, i servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico svolti negli istituti e nei luoghi della cultura[65]), trova applicazione l’art. 50 del D.LGS. 50/2016.
A sua volta, l’art. 50 del D.LGS. 50/2016 – cui accedono le Linee Guida n. 13 dell’ANAC – disciplina le c.d. clausole sociali. La disposizione – più in dettaglio – prevede che per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera (per tali intendendosi quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50% dell'importo totale del contratto), i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l'applicazione da parte dell'aggiudicatario dei contratti collettivi di settore.
Come si legge nella relazione illustrativa, la ratio della novella risiede nell’intento di rendere applicabile la clausola sociale anche nel caso di affidamento diretto ad una società in house dei servizi museali già svolti da operatori privati.
Il tema dell’applicazione delle clausole sociali alle società in house presenta alcuni tratti peculiari, posti in rilievo dalla giurisprudenza ordinaria e soprattutto amministrativa, in conformità della quale, comunque, l’intervento normativo – stando almeno a quanto espressamente dichiara la relazione illustrativa – intende operare. Le società in house infatti, nonostante la forma giuridica privatistica, hanno natura sostanzialmente pubblica e sono tenute quanto alla disciplina del reclutamento, ex art. 19 del D.LGS. 175/2016, ad applicare i principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità, oltre a quelli sanciti dall’art. 35, comma 3, del D.LGS. 165/2001 per la generalità delle amministrazioni pubbliche. Da ciò deriva – secondo la giurisprudenza – che la clausola sociale non può essere utilizzata come strumento per eludere il rispetto dei principi dell’evidenza pubblica previsti in materia di assunzioni da parte delle società a partecipazione pubblica, che trovano diretto fondamento nell’art. 97 della Costituzione (cfr., fra molte, da diverse angolazioni, Corte cost., sent. n. 68 del 2011; Corte dei conti, Sez. Reg. Controllo Liguria, delib. n. 14 del 2020; Consiglio di Stato, sent. n. 6062 del 2021). L’assunzione eventuale dei dipendenti del precedente gestore privato del servizio non può avvenire in modo automatico e su base permanente, ma, in coerenza con lo scopo della clausola sociale che consiste nell’assicurarne la stabilità occupazionale, nei limiti temporali dell'affidamento del servizio (cfr. ancora Consiglio di Stato, sent. n. 6062 del 2021).
Articolo 40
(Ulteriori disposizioni di sostegno alle imprese)
L’articolo 40 proroga al 31 dicembre 2022, salvo disdetta dell'interessato, l'applicazione delle disposizioni che hanno stabilito l'esonero, inizialmente non oltre il 31 dicembre 2021, dalle autorizzazioni in materia di beni culturali e di immobili ed aree di interesse paesaggistico, per la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico di strutture amovibili, quali dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, purché funzionali all'attività di ristorazione e di somministrazione di pasti e di bevande, di cui all'articolo 5 della legge n. 287 del 1991.
Al riguardo si ricorda l'articolo 9-ter, comma 5, del D.L. n. 137/2020 (L. n. 176/2020), già più volte prorogato, nella formulazione iniziale ha previsto che, ai soli fini di assicurare il rispetto delle misure di distanziamento connesse all'emergenza da COVID-19, a far data dal 1° gennaio 2021 e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico, da parte degli esercizi di ristorazione e di somministrazione di pasti e di bevande, di strutture amovibili, quali dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, purché funzionali alle suddette attività, non è subordinata alle autorizzazioni in materia di beni culturali e di immobili ed aree di interesse paesaggistico (di cui agli articoli 21 e 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio - d.lgs. n. 42/2004). Per la posa in opera delle strutture amovibili è disapplicato il limite temporale di centottanta giorni, comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, entro il quale le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, devono essere rimosse, previa comunicazione di avvio dei lavori all'amministrazione comunale. Tale limite è previsto dall'articolo 6, comma 1, lettera e-bis), del testo unico in materia edilizia (DPR n. 380/2001).
Articolo 41
(Disposizioni urgenti in materia di regime fiscale per le navi iscritte nel registro internazionale. Decisione C (2020)3667 final dell'11 giugno 2020 della Commissione europea. Caso SA.48260 (2017/NN)
L’articolo 41 apporta modifiche al decreto-legge n. 457 del 1997 (convertito nella legge n. 30 del 1998) sulle navi destinate alla navigazione internazionale. La novella è dovuta alla necessità di adeguare l’ordinamento interno a una decisione della Commissione europea (la C (2020)3667 final dell'11 giugno 2020 sul caso SA 48260 (2017/NN).
Il decreto-legge n. 457 del 1997 contiene una disciplina inerente alle navi destinate alla navigazione internazionale di particolare favore fiscale e contributivo.
Premesso che tali navi devono essere iscritte in un apposito registro[66], le agevolazioni fiscali sono dettate nell’art. 4 e consistono in un credito d’imposta e in un limitato concorso delle attività nautiche alla formazione della base imponibile per l’imposta sui redditi.
Quelle contributive nell’art. 6 e consistono nell’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per legge, che invece resta a carico della gestione commissariale del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali in liquidazione (di cui al decreto legge n. 6 del 1990). Per le navi traghetto ro-ro e ro-ro pax iscritte nel registro internazionale adibite a traffici commerciali tra porti appartenenti al territorio nazionale, continentale e insulare, anche a seguito o in precedenza di un viaggio proveniente da o diretto verso un altro Stato, tale esonero si applica a condizione che sulla nave, nel periodo cui si riferisce il versamento delle ritenute alla fonte, sia stato imbarcato esclusivamente personale italiano o comunitario.
Ulteriori aspetti vantaggiosi sono previsti nell’art. 9-quater del decreto legge n. 457.
Il regime di particolare favore è stato più volte modificato e prorogato e infine sottoposto al giudizio della Commissione europea per la verifica del rispetto del diritto dell’UE in tema di aiuti di Stato.
Ne è scaturita la decisione C (2020)3667 final. L’odierna modifica è volta a recepirne i contenuti.
Vale la pena, per chiarezza, anticipare - nella tabella che segue - le modifiche apportate dalla disposzione in commento al testo del decreto legge n. 457 del 1997:
Testo previgente del decreto legge n. 457 del 1997 |
Testo a seguito del decreto legge n. 144 del 2022 |
Art. 1 |
Art. 1 |
1.È istituito il registro delle navi adibite alla navigazione internazionale, di seguito denominato «Registro internazionale», nel quale sono iscritte, a seguito di specifica autorizzazione del MIT, le navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali.
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1.E' istituito il registro delle navi adibite alla navigazione internazionale, di seguito denominato "Registro internazionale", nel quale sono iscritte, a seguito di autorizzazione del MIMS, le navi che effettuano attività di trasporto marittimo, inteso come trasporto via mare di passeggeri o merci tra porti, tra un porto e un impianto o una struttura in mare aperto, nonché quelle che svolgono attività assimilate al trasporto marittimo, secondo quanto previsto dal presente comma, quali: a) navi che forniscono assistenza alle piattaforme offshore, quali le unità che prestano servizi antincendio, di trasporto di materiali e personale tecnico; b) navi d'appoggio quali le navi che prestano servizi di rimorchio d'alto mare, servizio antincendio e servizio antinquinamento; c) navi posacavi che effettuano l'installazione e l'attività di manutenzione degli strati di cavi e di tubi; d) navi da ricerca scientifica e sismologica ovvero che effettuano attività di installazione e manutenzione in mare aperto; e) draghe che, oltre alle attività di dragaggio, effettuano anche attività di trasporto del materiale dragato; f) navi di servizio che forniscono altre forme di assistenza o servizi di salvataggio in mare che operino in contesti normativi nell'Unione europea simili a quello del trasporto marittimo dell'Union europea in termini di protezione del lavoro, requisiti tecnici e sicurezza e che operino nel mercato globale. |
1-bis. L'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata a seguito di specifica istanza presentata dai soggetti interessati, anche per posta certificata, secondo modalità stabilite con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. |
Identico |
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1-ter. Ai fini istruttori propedeutici al rilascio dell'autorizzazione all'iscrizione nel Registro internazionale o all'annotazione nell'elenco di cui all'articolo 6-ter, comma 2, il MIMS acquisisce dal proprietario o dall'armatore di ogni nave una dichiarazione di impegno a rispettare i limiti previsti dagli orientamenti marittimi, corredata dalla pertinente documentazione tecnica della nave. Le autorità marittime locali verificano il rispetto di tale impegno e l'effettivo esercizio delle attività autorizzate, anche attraverso controlli effettuati all'arrivo e alla partenza delle navi.
1-quater. Le attività svolte sui rimorchiatori e sulle draghe iscritti in uno stato dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo possono beneficiare delle misure di aiuto soltanto a condizione che almeno il cinquanta per cento delle attività annuali delle navi costituisca trasporto marittimo e soltanto in relazione a tali attività di trasporto. A tal fine, i ricavi derivanti da attività di trasporto marittimo e quelli derivanti da altre attività non ammissibili devono essere riportati in contabilità separata. |
2. Il Registro internazionale di cui al comma 1 è diviso in tre sezioni nelle quali sono iscritte rispettivamente: a) le navi che appartengono a soggetti italiani o di altri Paesi dell'Unione europea ai sensi del comma 1, lettera a), dell'articolo 143 del codice della navigazione, come sostituito dall'articolo 7; b) le navi che appartengono a soggetti non comunitari ai sensi del comma 1, lettera b), dell'articolo 143 del codice della navigazione; c) le navi che appartengono a soggetti comunitari o non comunitari, in regime di sospensione da un registro comunitario o non comunitario, ai sensi del comma secondo dell'articolo 145 del codice della navigazione, a seguito di locazione a scafo nudo a soggetti giuridici italiani o di altri Paesi dell'Unione europea. |
Identico |
3. L'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata tenuto conto degli appositi contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore di cui agli articoli 2 e 3. |
Identico |
4. Non possono comunque essere iscritte nel Registro internazionale le navi da guerra, le navi di Stato in servizio non commerciale, le navi da pesca e le unità da diporto. |
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5. Le navi iscritte nel Registro internazionale non possono effettuare servizi di cabotaggio per i quali è operante la riserva di cui all'articolo 224 del codice della navigazione, come sostituito dall'articolo 7, salvo che per le navi da carico di oltre 650 tonnellate di stazza lorda e nei limiti di un viaggio di cabotaggio mensile quando il viaggio di cabotaggio segua o preceda un viaggio in provenienza o diretto verso un altro Stato , se si osservano i criteri di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c). Le predette navi possono effettuare servizi di cabotaggio nel limite massimo di sei viaggi mensili, o viaggi, ciascuno con percorrenza superiore alle cento miglia marine se osservano i criteri di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), e comma 1-bis e, limitatamente alle navi traghetto ro-ro e ro-ro pax, iscritte nel registro internazionale, adibite a traffici commerciali tra porti appartenenti al territorio nazionale, continentale e insulare, anche a seguito o in precedenza di un viaggio proveniente da o diretto verso un altro Stato, deve essere imbarcato esclusivamente personale italiano o comunitario. |
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Art. 6-bis |
Art. 6-bis |
Vengono aggiunti gli artt. da 6-ter a 6-octies |
Art. 6-ter (Estensione delle agevolazioni fiscali e contributive alle navi iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo ovvero per le navi battenti bandiera di Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo). - 1. Le disposizioni degli articoli 4, 6 e 9-quater, si applicano anche alle imprese di navigazione residenti e non residenti aventi stabile organizzazione nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 162 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che utilizzano navi iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo ovvero navi battenti bandiera di Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali in relazione alle attività di trasporto marittimo o alle attività assimilate di cui all'articolo 1, comma 1. 2. Per l'accesso ai benefici di cui agli articoli 4, 6 e 9-quater, le navi di cui al comma 1 sono annotate, su istanza delle imprese di navigazione e previo rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 1, comma 1-ter, in apposito elenco tenuto presso il MIMS. Le Amministrazioni che applicano gli sgravi fiscali o contributivi accedono in via telematica all'elenco di cui al presente comma al fine di effettuare le verifiche sui beneficiari. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano a condizione che sia rispettato quanto previsto dagli articoli 1, comma 5, e 3 e che siano rispettate le disposizioni concernenti la composizione minima dell'equipaggio e le tabelle di armamento. 4. L'esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali di cui all'articolo 6 si applica solo a condizione che sussista l'obbligo del versamento degli stessi nel rispetto di quanto disciplinato all'articolo 11, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004. 5. Con decreto del Ministro IMS, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le modalità di costituzione, alimentazione e aggiornamento dell'elenco di cui al comma 2. |
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Art. 6-quater (Quota minima di navi iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo ovvero navi battenti bandiera di Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo). - 1. Le disposizioni degli articoli 4, 6 e 9-quater si applicano a condizione che le navi iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo ovvero battenti bandiera di Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo costituiscano almeno il 25 per cento del tonnellaggio della flotta dell'impresa. 2. Qualora la quota di tonnellaggio delle navi iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo ovvero battenti bandiera di Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo della flotta dell'impresa sia inferiore o pari al 60 per cento, fermo restando il limite minimo previsto dal comma 1, l'impresa è obbligata a mantenere o aumentare tale quota. Qualora la quota di tonnellaggio di cui al primo periodo sia superiore al 60 per cento, l'impresa è obbligata esclusivamente a garantire che la quota di tonnellaggio delle navi iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo ovvero battenti bandiera di Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo risulti comunque superiore al 60 per cento. |
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Art. 6-quinquies (Proventi ammissibili). - 1. La disposizione di cui all'articolo 4, comma 2, si applica in relazione al reddito derivante: a) dai proventi principali risultanti dalle attività di trasporto marittimo, quali i proventi derivanti dalla vendita di biglietti o tariffe per il trasporto merci e, in caso di trasporto di passeggeri, dalla locazione di cabine nel contesto del viaggio marittimo e dalla vendita di alimenti e bevande per il consumo immediato a bordo; b) dallo svolgimento delle attività assimilate a quelle di trasporto marittimo di cui all'articolo 1, comma 1; c) dallo svolgimento delle attività accessorie derivanti da attività di trasporto marittimo, a condizione che in ciascun esercizio i relativi ricavi di competenza non superino il 50 per cento dei ricavi totali ammissibili derivanti dalla utilizzazione della nave, nel qual caso il regime di cui al presente comma non si applica alla quota eccedente il 50 per cento. 2. I proventi dei contratti non collegati al trasporto marittimo, quali l'acquisizione di autovetture, bestiame e beni immobili, costituiscono proventi non ammissibili ai fini dell'applicazione dell'articolo 4, comma 2. 3. Con decreto del Ministro IMS, di concerto con il Ministro EF, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono individuate le attività accessorie di cui al comma 1, lettera c), nonché le modalità di acquisizione da parte dell'impresa, presso società controllate, controllanti, sottoposte a comune controllo o collegate, dei servizi a terra, come le escursioni locali e il trasporto parziale su strada, inclusi nel pacchetto di servizi complessivo, fermo quanto previsto dal comma 5. 4. I redditi derivanti dalle attività di cui ai commi 1 e 2 devono essere differenziati e tenuti in contabilità separata. 5. Alle operazioni fra le società, il cui reddito è determinato anche parzialmente ai sensi dell'articolo 4, comma 2, e le altre imprese, anche se residenti nel territorio dello Stato, si applica, ricorrendone le altre condizioni, il principio del valore di mercato di cui all'articolo 9 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. |
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Art. 6-sexies (Noleggio a tempo o a viaggio di navi). - 1. Le previsioni dell'articolo 4, comma 2, si applicano all'attività delle navi prese a noleggio a tempo o a viaggio se è soddisfatta una delle seguenti condizioni: a) se le navi sono noleggiate a tempo o a viaggio con attrezzature ed equipaggio forniti da altre imprese, il beneficiario conta nella propria flotta anche navi per cui assicura la gestione tecnica e del personale e tali navi costituiscono almeno il 20 per cento del tonnellaggio della flotta; b) la quota di navi noleggiate a tempo o a viaggio che non sono registrate in uno stato appartenente allo Spazio economico europeo non supera il 75 per cento della flotta del beneficiario ammissibile al regime; c) almeno il 25 per cento dell'intera flotta del beneficiario battente bandiera di Stati appartenenti allo Spazio economico europeo. 2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 6-quater, nei casi di cui al comma 1 il beneficiario è tenuto a mantenere o aumentare la quota di navi di proprietà o locate a scafo nudo battenti bandiera dello Spazio economico europeo rispetto al totale della propria flotta. |
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Art. 6-septies (Locazione di navi a scafo nudo). - 1. Le previsioni dell'articolo 4, comma 2, si applicano all'esercizio delle attività di locazione a scafo nudo nel rispetto delle seguenti condizioni: a) i contratti di locazione a scafo nudo sono limitati a un periodo massimo di tre anni; b) l'attività di locazione a scafo nudo corrisponde a un eccesso temporaneo di capacità connessa ai servizi di trasporto marittimo del beneficiario; c) almeno il 50 per cento della flotta ammissibile continua a essere gestito dal beneficiario. 2. Le condizioni di cui al comma 1 non si applicano all'attività di locazione a scafo nudo posta in essere tra soggetti appartenenti allo stesso gruppo di imprese in uno Stato dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo. |
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Art. 6-octies (Conformità agli orientamenti marittimi). - 1. Il livello degli aiuti concessi in relazione all'iscrizione nel Registro internazionale e all'annotazione nell'elenco di cui all'articolo 6-ter, comma 2, è conforme a quanto previsto dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato ai trasporti marittimi relativamente al massimale dell'aiuto. 2. L'azzeramento delle imposte sul reddito e dei contributi di sicurezza sociale dei marittimi e la riduzione dell'imposta sulle società per le attività di trasporto marittimo sono il livello massimo di aiuto autorizzato. |
Venendo a un’illustrazione della normativa introdotta, l’intervento prende a basa la nozione di trasporto marittimo (v. l’art. 1 del decreto legge n. 457 come novellato dall’art. 1, comma 1, lett. a), supra) come attività.
Si precisa, al riguardo, che il diritto della navigazione italiano prevede attualmente (di massima e salvo l’esercizio diretto da parte del proprietario del natante) il trasporto marititmo entro una gamma più ampia di figure contrattuali (che pure sono rilevanti ai fini del decreto legge in esame), vale a dire:
- la locazione, in cui il proprietario della nave ne cede la detenzione a un armatore, il quale decide come e quando viaggiare a propri fini commericali e quindi si assume l’intero rischio d’impresa (art. 376 cod. nav.). Il codice della navigazione concosce la differenza tra locazione a scafo nudo e di nave armata (la prima ha per oggetto il natante nei suoi elementi essenziali per il funzionamento mentre la seconda ha per oggetto una nave equipaggiata in modo completo per il viaggio, con combustibile, lubrificanti, provviste materiali e alimentari, ecc.);
- il nolo, in cui il proprietario della nave conserva il potere decisionale sui viaggi e sui loro scopi, mentre il noleggiante – e armatore – esegue l’incarico del proprietario noleggiatore (art. 384 cod. nav.);
- il trasporto, in cui un vettore si obbliga a trasferire persone o cose da un lugo a un altro (art. 1678 cod. civ.). Il diritto della navigazione conosce la distinzione tra trasporto di persone o di cose e, in quest’ultimo ambito, tra trasporto di carico o di cose determinate.
L’art. 1 del decreto legge n. 457 come novellato indica quali precise attività rientrano nel trasporto marittimo.
In questo quadro, la decisione della Commissione europea e – dunque – la nuova disciplina, per un verso, circoscrive in modo rigoroso i destinatari del regime fiscale e contributivo di favore, in modo da collegare con maggiore precisione le giustificazioni economiche consentite dall’art. 107 TFUE per l’aiuto di Stato alle varie tipologie di navi e di operatori.
Per altro verso, con il proposito di garantire la concorrenza nel mercato interno all’UE, le agevolazioni vengono estese a soggetti europei operanti nelle medesime condizioni.
Al riguardo, la Commissione europea ha richiamato i c.d. “orientamenti marittimi”, vale a dire l’indirizzo interpretativo da esso adottato nei giudizi inerenti agli aiuti di Stato nel contesto dei trasporti per mare.
Quanto al contenuto generale del nuovo sistema di agevolazione introdotto dagli artt. da 6-ter a 6-octies del decreto legge n. 457 (art. 1, comma 1, lett. b) del decreto legge qui in commento), la prima di tali disposizioni estende l’esenzione dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per i marittimi imbarcati a bordo di navi iscritte nel registro internazionale a tutte le navi ammissibili battenti bandiera europea o di un Paese dello Spazio Economico Europeo (bandiera UE/SEE) (nuovo art. 6-ter, comma 1).
Più in dettaglio la norma, oltre ai soli sgravi contributivi, estende anche alcune agevolazioni fiscali alle navi battenti bandiera UE/SEE, alle imprese di navigazione (residenti e non residenti, aventi stabile organizzazione nel territorio dello Stato secondo le disposizioni dell’articolo 162 del Testo Unico delle imposte sui redditi – TUIR, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917) che utilizzano navi iscritte nei registri degli Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo, ovvero navi battenti bandiera di Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali, in relazione alle attività di trasporto marittimo o alle attività assimilate (individuate proprio all’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 457, come modificato).
In particolare, l’estensione riguarda le seguenti agevolazioni:
§ credito d'imposta, spettante ai soggetti che esercitano attività produttiva di reddito derivante dall'utilizzazione di navi iscritte nel Registro internazionale, in misura corrispondente all’Irpef dovuta sui redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo corrisposti al personale di bordo, imbarcato sulle navi iscritte nel Registro internazionale (articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 457 del 1997);
§ detassazione dell’80 per cento del reddito derivante dall'utilizzazione di navi iscritte nel Registro internazionale (esso concorre a Irpef e Ires in misura pari al 20 per cento; articolo 4, comma 2 del predetto provvedimento); per le navi traghetto ro-ro e ro-ro pax, ossia che effettua trasporti di mezzi gommati o mezzi gommati e passeggeri, iscritte nel registro internazionale, adibite a traffici commerciali tra porti appartenenti al territorio nazionale, continentale e insulare, anche a seguito o in precedenza di un viaggio proveniente da o diretto verso un altro Stato, tale beneficio è attribuito a condizione che sulla nave sia stato imbarcato esclusivamente personale italiano o comunitario (articolo 4, comma 2-quater);
§ decontribuzione per le imprese armatrici. In particolare, con riferimento al le imprese armatrici, per il personale avente i requisiti di cui all'articolo 119 del codice della navigazione ed imbarcato su navi iscritte nel Registro internazionale, nonché lo stesso personale suindicato sono esonerati dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per legge (articolo 6 del decreto-legge n. 457 del 1997); sono previste specifiche condizioni per le navi traghetto ro-ro e ro-ro pax;
§ riduzione dell’aliquota dell’imposta sulle assicurazioni, che si applica nella misura ridotta dello 0.05 per cento per le assicurazioni contro i rischi di qualsiasi natura derivanti dalla navigazione marittima di navi immatricolate o registrate in Italia, ad eccezione dei prolungamenti di dette assicurazioni rilasciati per concedere garanzia per giacenze a terra che non superino la durata di sessanta giorni (articolo 9-quater del decreto-legge n. 457 del 1997).
Ai sensi del TUIR, l'espressione “stabile organizzazione” designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato. L’articolo 162 individua in dettaglio cosa è compreso e cosa non è compreso nel concetto di stabile organizzazione.
Ai sensi del comma 2 dell’articolo 6-ter, per l’accesso ai predetti benefici le navi sono annotate, su istanza delle imprese di navigazione e previo rilascio dell’autorizzazione di apposita autorizzazione, in apposito elenco tenuto presso il MIMS. Le Amministrazioni che applicano gli sgravi fiscali o contributivi accedono in via telematica all’elenco medesimo, al fine di effettuare le verifiche sui beneficiari.
L’estensione degli sgravi fiscali e contributivi (comma 3 dell’art. 6-ter) si applica a condizione che siano rispettati specifici limiti in materia di cabotaggio (secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 5 del decreto-legge n. 457 del 1997) e le norme sulla legge regolatrice del contratto di arruolamento del personale (successivo articolo 3 del richiamato provvedimento) e che siano rispettate le disposizioni concernenti la composizione minima dell’equipaggio e le tabelle di armamento.
Inoltre (successivo comma 4) lo sgravio contributivo e assistenziale si applica solo a condizione che sussista l’obbligo del versamento degli stessi, nel rispetto di quanto disciplinato all’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004.
Come chiarito dalla Relazione illustrativa, la norma discende dal fatto che, nel diritto dell’Unione europea, l’obbligo di versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali secondo la normativa di sicurezza sociale di ciascuno Stato membro (nel caso in esame quella italiana) è disciplinato dal Regolamento UE 883/2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.
Il richiamato paragrafo 4 chiarisce che un'attività subordinata o autonoma svolta normalmente a bordo di una nave che batte bandiera di uno Stato membro è considerata un'attività svolta in tale Stato membro. Tuttavia, la persona che esercita un'attività subordinata a bordo di una nave battente bandiera di uno Stato membro e che è retribuita per tale attività da un'impresa con sede o da una persona domiciliata in un altro Stato membro, è soggetta alla legislazione di quest'ultimo Stato membro, se risiede in tale Stato. L'impresa o la persona che versa la retribuzione è considerata datore di lavoro ai fini dell'applicazione di tale legislazione.
Dunque, la regola generale per l’individuazione della normativa di sicurezza sociale applicabile ai marittimi imbarcati a bordo di una nave iscritta nei registri di un qualsiasi Stato membro è la cosiddetta “legge della bandiera” cioè si applica la legislazione dello Stato di cui la nave batte la bandiera. Unica eccezione comunitariamente prevista è l’ipotesi in cui si è in presenza della doppia condizione (cumulativa):
a) di impresa con sede in Italia;
b) di marittimi che abbiano la residenza in Italia.
Laddove siano verificate entrambe le condizioni sopra indicate, a prescindere dalla bandiera delle navi utilizzate, l’armatore è considerato a tutti gli effetti soggetto passivo dell’obbligazione contributiva nello Stato italiano e potrà quindi usufruire degli stessi vantaggi di cui gode l’armatore con navi iscritte nel registro internazionale italiano di cui all’articolo 1 del decreto-legge n. 457 del 1997.
Ai sensi del comma 5, infine, si affida a un decreto del MIMS, da adottare entro il 23 novembre 2022 (sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione), il compito di definire, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le modalità di costituzione, alimentazione e aggiornamento dell’elenco di cui al comma 2.
Le successive disposizioni contengono alcune precisazioni relative a tale nuovo regime fiscale, introdotte, anche in questo caso, in ottemperanza alle indicazioni dell’Unione europea.
In particolare l’articolo 6-quater stabilisce, quale condizione per l’accesso all’agevolazione, che le navi iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo ovvero battenti bandiera di Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo costituiscano almeno il 25 per cento del tonnellaggio della flotta dell'impresa e che, accanto a questo limite, qualora il tonnellaggio della flotta del beneficiario, con riferimento al naviglio battente bandiera di Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo sia inferiore al 60% sussista un contestuale obbligo di incremento di tale livello mentre nel caso sia raggiunto sussiste un obbligo di mantenimento dello stesso.
L’articolo 6-quinquies individua i proventi ammissibili al regime di detassazione dell’80 per cento ai fini dell’IRPEF e IRES per le navi iscritte al registro internazionale di cui all’articolo 4, comma 2.
Essenzialmente, si tratta dei redditi derivanti dalle attività di trasporto marittimo e assimilate (v. art. 1 del decreto legge n. 457, supra), delle attività accessorie (da individuare con decreto ministeriale, secondo quanto previsto dal comma 3) a condizione che i relativi ricavi non superino il 50 per cento dei ricavi totali ammissibili derivanti dalla utilizzazione della nave e con esclusione dei proventi dei contratti non collegati al trasporto marittimo, quali l’acquisizione di autovetture, bestiame e beni immobili. Tale tipologia di redditi deve essere tenuta in contabilità separata rispetto a quelli ammessi all’agevlazione.
L’articolo prevede inoltre che dispone che alle operazioni fra le società, il cui reddito è determinato anche parzialmente ai sensi dell'articolo 4, comma 2, e le altre imprese, anche se residenti nel territorio dello Stato, si applica, ove ricorrano le altre condizioni, il principio del valore di mercato.
Gli articoli 6-sexies e 6-septies estendono l’agevolazione di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 457 del 1997 (ossia l’esenzione ai fini IRES e IRPEF dei redditi derivanti dall'utilizzazione di navi iscritte nel Registro internazionale) rispettivamente all’attività delle navi prese a noleggio a tempo o a viaggio e all’esercizio delle attività di locazione a scafo nudo indicandone le condizioni.
In particolare per il noleggio a tempo o a viaggio le condizioni sono le seguenti: se le navi sono noleggiate a tempo o a viaggio con attrezzature ed equipaggio forniti da altre imprese, il beneficiario conta nella propria flotta anche navi per cui assicura la gestione tecnica e del personale e tali navi costituiscono almeno il 20 per cento del tonnellaggio della flotta; la quota di navi noleggiate a tempo o a viaggio che non sono registrate in uno stato appartenente allo Spazio economico europeo non supera il 75 per cento della flotta del beneficiario ammissibile al regime; almeno il 25 per cento dell'intera flotta del beneficiario battente bandiera di Stati appartenenti allo Spazio economico europeo. Il beneficiario è inoltre tenuto a mantenere o aumentare la quota di navi di proprietà o locate a scafo nudo battenti bandiera dello Spazio economico europeo rispetto al totale della propria flotta, ferme restando le disposizioni dell'articolo 6-quater.
Con riferimento ai contratti di locazione a scafo nudo le condizioni sono invece le seguenti: i contratti di locazione a scafo nudo sono limitati a un periodo massimo di tre anni; l’attività di locazione a scafo nudo corrisponde a un eccesso temporaneo di capacità connessa ai servizi di trasporto marittimo del beneficiario; almeno il 50 per cento della flotta ammissibile continua a essere gestito dal beneficiario. Si precisa inoltre che le condizioni sopra indicate non si applichino all’attività di locazione a scafo nudo posta in essere tra soggetti appartenenti allo stesso gruppo di imprese in uno Stato dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo.
L’articolo 6-octies infine prevede che gli aiuti così riconosciuti siano conformi agli orientamenti europei in materia di aiuti di Stato precisando che il livello massimo di aiuto autorizzato è rappresentato dall’azzeramento delle imposte sul reddito e dei contributi di sicurezza sociale dei marittimi e la riduzione dell’imposta sulle società per le attività di trasporto marittimo.
Il comma 2 dell’articolo 41 qui in commento prevede la quantificazione e la copertura finanziaria per gli aiuti. Più in particolare, gli oneri sono quantificati in:
§ 14,5 milioni di euro per l'anno 2022;
§ 20,3 milioni di euro per l'anno 2023;
§ 19,1 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024.
Vi si provvede mediante la corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea di cui all’art. 41-bis della legge n. 234 del 2012.
Con l’occasione, il decreto-legge in commento, al comma 3 dell’art. 41 coglie l’occasione per ritoccare sono poi contenute modifiche al decreto legislativo n. 171 del 2005 in materia di nautica da diporto, la quale è comunque esclusa dal regime agevolato di cui ai commi precedenti. Tra le modifiche sono inserite norme in ordine ai requisiti per l’esercizio della professione di istruttore professionale di vela e si specifica che la verifica del requisito della conoscenza della lingua italiana può essere effettuata solo successivamente al riconoscimento del brevetto o della qualifica professionale ma che si prescinde dal requisito di competenza nella conoscenza della lingua italiana qualora l'insegnamento sia impartito ad allievi stranieri nella loro lingua madre.
L’articolo 42, comma 1, modifica la disciplina delle modalità di versamento dei proventi derivanti dal meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, di cui all’articolo 15-bis del D.L. n. 4/2022 (L. n. 25/2022), prevedendo che questi siano versati direttamente al bilancio dello Stato (attualmente sono versati ad apposito Fondo istituito presso la CSEA) e che restano acquisiti all’erario fino a concorrenza dell’importo complessivo di 3.739 milioni di euro. In particolare, si prevede ora che i proventi prima indicati siano versati dal GSE, entro il 30 novembre 2022 in modo cumulato per il periodo da febbraio ad agosto 2022 e su base mensile per i mesi successivi, all'entrata del bilancio dello Stato e restino acquisiti all'erario fino a concorrenza dell'importo complessivo predetto. A tal fine si novella il comma 6 dell’articolo 15-bis prima citato. Il comma 2 dispone che le eventuali maggiori somme affluite all'entrata del bilancio dello Stato rispetto all'importo di cui al comma 1, sono riassegnate ad apposito fondo da iscriversi nello stato di previsione della spesa del MEF per essere destinate, prioritariamente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, alla proroga ed eventuale rimodulazione del credito di imposta di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame. Il comma 3 prevede infine che, con il provvedimento di cui al comma 2, si provvede altresì alla finalizzazione di eventuali ulteriori risorse eccedenti quanto previsto ai commi precedenti a misure volte a fronteggiare gli incrementi dei costi di energia elettrica e gas.
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 11 del D.L. 115/2022 (L. 142/2022) ha previsto, al comma 1, la proroga di sei mesi, fino al 30 giugno 2023, dell’applicazione del meccanismo di compensazione previsto dall’articolo 15-bis del D.L. n. 4/2022. Tale meccanismo di compensazione si applica dal 1° febbraio 2022 a:
- impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW che beneficiano di premi fissi (non dipendenti dai prezzi di mercato) derivanti dal meccanismo del Conto Energia;
Tali impianti coincidono di fatto con quelli che hanno avuto accesso al conto energia prima del 2014 (successivamente, è stata introdotta una tariffa incentivante onnicomprensiva e non addizionale, in misura fissa, al prezzo di vendita).
- impianti di potenza superiore a 20 kW alimentati da fonte idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica i quali non accedono a meccanismi di incentivazione – e, come ora previsto in norma - sono entrati in esercizio in data antecedente al 1° gennaio 2010.
Il meccanismo prevede che, quando il prezzo di vendita è maggiore del prezzo di riferimento determinato dal medesimo D.L. n. 4/2022, la differenza sia versata al Gestore dei Servizi Elettrici S.p.A. (GSE); quando inferiore, è il GSE a erogare la differenza al produttore.
Il prezzo di riferimento corrisponde alla media aritmetica dei prezzi in ciascuna zona di mercato, registrati dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2020, rivalutati sulla base del tasso di variazione annuo dei prezzi al consumo delle famiglie di operai e impiegati rilevato dall’ISTAT.
Con riferimento al medesimo meccanismo di compensazione a due vie, il comma 2 dell’articolo 11 del D.L. 115/2022 (L. 142/2022) ha introdotto i nuovi commi 7-bis e 7-ter nell’articolo 15-bis del D.L. n. 4/2022.
Il primo prevede che, nel caso di produttori appartenenti a un gruppo societario e che hanno ceduto l’energia elettrica immessa in rete alle imprese appartenenti al medesimo gruppo societario, il meccanismo di compensazione a due vie si applichi ai contratti stipulati tra le imprese del gruppo, anche non produttrici, e soggetti esterni al gruppo societario. Sono quindi escluse le transazioni intragruppo, mentre sono assoggettate alla misura le transazioni con soggetti esterni poste in essere da società del gruppo diverse da quelle produttrici.
Il secondo prevede che, ai fini dell’applicazione della misura nel 2023, rilevino esclusivamente i contratti stipulati prima del 5 agosto 2022.
Passando a una più dettagliata disamina dei contenuti dell’articolo 15-bis del D.L. n. 4/2022, nella sua originaria formulazione, si ricorda che esso ha riprodotto il contenuto dell’articolo 5, commi 1-7, del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 13 (abrogato dall'art. 1, comma 2, dello stesso D.L. n. 4/2022 - L. n. 25/2022, a decorrere dal 29 marzo 2022), il quale aveva a sua volta riformulato le misure già introdotte dall’articolo 16 del medesimo D.L. n. 4/2022, contestualmente abrogato.
Segnatamente, l’articolo, al comma 1, ha disposto, a decorrere dalla data del 1° febbraio 2022 e inizialmente fino alla data del 31 dicembre 2022, l’applicazione di un meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell’energia immessa in rete da:
? impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW che beneficiano di premi fissi derivanti dal meccanismo del Conto Energia, non dipendenti dai prezzi di mercato.
Con riferimento agli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW che beneficiano di tariffe fisse del Conto energia - già contemplati dall’articolo 16 del D.L. n. 4/2022 - la relazione illustrativa all’articolo 5 del D.L. n. 13/2022 ha precisato che si tratta di impianti entrati in esercizio prima del 2014. Tali impianti, attualmente, beneficiano (in aggiunta all’incentivo fisso goduto) dei proventi della vendita dell’energia che, nell’attuale congiuntura in cui si registra una impennata del prezzo del gas, è remunerata a prezzi molto più alti rispetto a quelli prevedibili al momento di adozione delle decisioni di investimento.
? impianti di potenza superiore a 20 kW alimentati da fonte solare, idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica, i quali non accedono a
meccanismi di incentivazione tariffaria, e che – come ora precisato in norma, rispetto all’articolo 16 previgente – sono entrati in esercizio in data antecedente al 1° gennaio 2010.
Per quanto riguarda gli impianti alimentati da fonte solare, idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica, che non accedono a meccanismi di incentivazione tariffaria, e che – come ora precisato in norma – sono entrati in esercizio in data antecedente al 1° gennaio 2010, la relazione illustrativa al decreto legge n. 13/2022 ha motivato questa limitazione, originariamente non prevista dall’articolo 16 del D.L. n. 4/2022, specificando che si intende riferire l’intervento agli impianti a FER non incentivati entrati in funzione prima del 2010, i quali – secondo la valutazione fatta – hanno generalmente ormai ammortizzato gli investimenti del capitale e che, utilizzando fonti rinnovabili, non presentano costi variabili di acquisto del combustibile (essendo alimentati da sole, vento, acqua e calore geotermico). Anche tali impianti si trovano, pertanto, in una situazione analoga alla prima categoria, “godendo di un aumento dei ricavi della vendita legati ai maggiori costi della CO2 e del gas naturale”, pur non dovendo sopportare tali costi.
Il comma 2 ha stabilito che i produttori interessati - previa richiesta da parte del Gestore dei Servizi Energetici - GSE S.p.A. (GSE) – sono tenuti a trasmettere al medesimo, entro trenta giorni dalla richiesta stessa, una dichiarazione che attesti – sotto la responsabilità anche penale del dichiarante (redatta ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445) - le informazioni necessarie per le finalità di cui all’articolo in esame. Tali elementi saranno individuati dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), secondo quanto prevede il successivo comma 6.
Il comma 3 ha demandato al Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A. il compito di calcolare la differenza tra un prezzo di riferimento e un prezzo di mercato. Il comma fornisce i criteri per individuare i due prezzi:
a) il prezzo di riferimento è pari a quanto indicato nella seguente tabella 1-bis allegata al decreto legge, che distingue sei zone geografiche
TABELLA 1: prezzi di riferimento in €/MWh per ciascuna zona mercato
CNOR |
CSUD |
NORD |
SARD |
SICI |
SUD |
58 |
57 |
58 |
61 |
75 |
56 |
b) il prezzo di mercato è pari a:
per gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW (comma 1, lettera a)) nonché per gli impianti di potenza superiore a 20 kW da fonte solare, eolica, geotermica ed idrica ad acqua fluente (comma 1, lettera b)), al prezzo zonale orario di mercato dell'energia elettrica, ovvero, per i contratti di fornitura stipulati prima del 27 gennaio 2022 che non rispettano le condizioni di cui al comma 7, il prezzo indicato nei contratti medesimi;
per gli impianti di potenza superiore a 20 kW da fonte solare, idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica, di cui al comma 1, lettera b), diversi da quelli di cui al precedente numero 1), la media aritmetica mensile dei prezzi zonali orari di mercato dell'energia elettrica, ovvero, per i contratti di fornitura stipulati prima del 27 gennaio 2022 che non rispettano le condizioni di cui al comma 7, il prezzo indicato nei contratti medesimi.
In base al comma 7, il meccanismo di compensazione a due vie (e, dunque, le disposizioni che lo disciplinano, di cui ai commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6) non si applica all’energia oggetto di contratti di fornitura conclusi prima del 27 gennaio 2022 (data di entrata in vigore del D.L. n. 4/2022), a condizione che questi non siano collegati all’andamento dei prezzi dei mercati spot dell’energia e che, comunque, non siano stipulati a un prezzo medio superiore del 10 per cento rispetto al prezzo di riferimento, limitatamente al periodo di durata dei predetti contratti.
Ai sensi del comma 4, qualora la differenza tra i due prezzi indicati al comma 3 (prezzo zonale fissato in tabella – prezzo di mercato medio) sia positiva, il GSE eroga il relativo importo al produttore.
Nel caso – che come detto dovrebbe essere quello che si verificherà nel 2022, periodo di vigenza della norma - in cui la differenza risulti negativa, il GSE conguaglia o provvede a richiedere al produttore gli importi corrispondenti.
Il comma 5 dispone che per gli impianti che accedono al ritiro dedicato dell’energia (articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387), la differenza tra i prezzi di riferimento e di mercato siano calcolate dal GSE in modo tale che ai produttori spetti una remunerazione economica totale annua non inferiore a quella derivante dai prezzi minimi garantiti, nei casi previsti.
Il comma 6 ha demandato all’ARERA il compito di disciplinare, entro trenta giorni dal 26 febbraio 2022 (data di entrata in vigore dell’articolo 5 del D.L. n. 13/2022), le modalità attuative della misura, nonché le modalità con le quali i relativi proventi sono versati in un apposito fondo istituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) e portati a riduzione del fabbisogno a copertura degli oneri generali del sistema elettrico. In attuazione di tale previsione l'ARERA ha adottato la delibera 21 giugno 2022 266/2022/r/eel. In particolare, l'articolo 6 della deliberazione ha istituito presso la CSEA il Conto per l'applicazione dell'articolo 15-bis del decreto-legge 4/22 ai fini della gestione delle partite economiche del meccanismo di cui al precedente articolo 5. Il gettito che si renderà complessivamente disponibile in attuazione di quanto previsto al precedente articolo 5 è utilizzato per contribuire alla copertura del fabbisogno del Conto per nuovi impianti da fonti rinnovabili e assimilate, alimentato dalla componente tariffaria Asos. I costi amministrativi del GSE derivanti dall'attuazione del presente provvedimento sono posti a valere sul Conto per l'applicazione dell'articolo 15-bis del decreto-legge 4/22, previa separata evidenza contabile e dettagliata rendicontazione da trasmettere all'Autorità entro il 15 aprile 2023.
Articolo 43
(Disposizioni finanziarie)
L’articolo 43 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal provvedimento in esame e indica le corrispondenti fonti di copertura finanziaria (comma 1).
Il comma 2 dispone la sostituzione dell'Allegato 1 della legge di bilancio 2022, modificando i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario del bilancio dello Stato, precedentemente fissati dalla legge di bilancio 2022 e già più volte modificati nel corso dell’anno.
Il comma 3 reca disposizioni volte a dare piena attuazione ad una serie di leggi ivi indicate, autorizzando il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il comma 4 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio anche in conto residui con riferimento alle risorse del Fondo per lo sviluppo della produzione biologica.
Il comma 5, infine, autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il comma 1 reca la quantificazione degli oneri derivanti dagli articoli 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 11, 12, 13, 14, 15, 18, 19, 20, 31 e 36 nei seguenti importi:
§ 13.138,169 milioni di euro per l’anno 2022;
§ 1.347,7 milioni di euro per l’anno 2023;
§ 22,54 milioni di euro per l’anno 2024.
Gli oneri relativi all’anno 2022 aumentano a 14.138,169 milioni di euro, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto.
La relativa copertura finanziaria viene individuata come segue:
a) quanto a 3.701,2 milioni di euro per l’anno 2022 e 280 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione degli stanziamenti, di competenza e di cassa, delle Missioni e dei Programmi per gli importi indicati nella tabella che segue, allegata al decreto-legge in esame
ALLEGATO 1
(importi in milioni di euro in termini di competenza e cassa) |
||
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE |
||
MISSIONE/Programma |
2022 |
2023 |
23. FONDI DA RIPARTIRE (33) |
620,0 |
- |
23.2 Fondi di riserva e speciali (2) |
620,0 |
- |
1. POLITICHE ECONOMICO-FINANZIARIE E DI BILANCIO E TUTELA DELLA FINANZA PUBBLICA (29) |
920,0 |
- |
1.4 Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi di imposte (5) |
870,0 |
- |
1.8 Accertamento e riscossione delle entrate e gestione dei beni immobiliari dello Stato (10) |
50,0 |
- |
7. COMPETITIVITA' E SVILUPPO DELLE IMPRESE (11) |
1.651,2 |
- |
7.2 Interventi di sostegno tramite il sistema della fiscalità (9) |
1.651,2 |
- |
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI |
||
2. POLITICHE PREVIDENZIALI (25) |
110,0 |
- |
2.1 Previdenza obbligatoria e complementare, assicurazioni sociali (3) |
110,0 |
- |
3. DIRITTI SOCIALI, POLITICHE SOCIALI E FAMIGLIA (24) |
400,0 |
- |
3.2 Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva (12) |
400,0 |
- |
MINISTERO DELLA DIFESA |
||
1. DIFESA E SICUREZZA DEL TERRITORIO (5) |
- |
280,0 |
1.5 Pianificazione generale delle Forze Armate e approvvigionamenti militari (6) |
- |
280,0 |
Totale |
3.701,2 |
280,0 |
b) quanto a 421,5 milioni di euro per l’anno 2022, mediante corrispondente utilizzo delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che, alla data 30 agosto 2022, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono pertanto acquisite all’erario.
Come spiegato nella Relazione tecnica, si tratta di una limitazione della riassegnazione alla spesa dei proventi delle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che, ai sensi dell’articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, sono destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori. La RT riporta i dati degli incassi al 30 agosto 2022, i quali ammontano a 663,6 milioni di euro;
c) quanto a 5,2 milioni di euro per l’anno 2022, mediante corrispondente utilizzo delle risorse stanziate dall’articolo 67-bis del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106 (c.d. Sostegni-bis), per finanziare il credito d’imposta per il pagamento del canone unico patrimoniale dovuto per la diffusione di messaggi pubblicitari. Tali risorse vengono a tal fine versate, nell’ammontare sopra specificato, all’entrata del bilancio dello Stato, da parte dell’Agenzia delle entrate.
Si tratta delle risorse stanziate nel limite di spesa di 20 milioni di euro per il 2021, per il credito d’imposta per il pagamento del canone unico patrimoniale dovuto per la diffusione di messaggi pubblicitari, in favore dei titolari di impianti pubblicitari, privati o in concessione ai soggetti privati, destinati all’affissione di manifesti o analoghe installazioni pubblicitarie commerciali, anche attraverso pannelli luminosi e proiezione di immagini.
Il predetto credito di imposta è stato istituito dal decreto Sostegni-bis per l’anno 2021. Con il provvedimento attuativo (provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 29 ottobre 2021) è stato consentito di comunicare l’importo dovuto dai beneficiari a titolo di canone patrimoniale pubblicitario dal 10 febbraio al 10 marzo del successivo anno 2022, al fine di fruire dell’agevolazione. Con il successivo provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 18 marzo 2022, il quale ha fissato la percentuale del credito d'imposta fruibile, è stato rilevato (nelle motivazioni) che l'ammontare complessivo dei canoni indicati nelle comunicazioni validamente presentate è risultato inferiore al limite di spesa previsto ex lege;
d) quanto a 32,6 milioni di euro per l’anno 2022, mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 48-bis, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 (c.d. Rilancio), per il credito d’imposta in favore dei soggetti esercenti attività d’impresa che operano nell'industria del tessile e della moda, del calzaturiero e della pelletteria. Il credito d'imposta è riconosciuto fino all'esaurimento dell'importo massimo di 95 milioni di euro per l'anno 2021 e 250 milioni di euro per l'anno 2022, che costituiscono limiti di spesa,
e) quanto a 23 milioni di euro per l’anno 2024, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE).
Si tratta del Fondo istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 307 del 2004, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 3075).
f) quanto a 40 milioni di euro per l’anno 2022, mediante riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili in corso di gestione.
Si tratta del Fondo istituito dall'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 3076).
g) quanto a 2.767 milioni di euro per l’anno 2022 e 1.013,77 milioni di euro per l’anno 2023 – che aumentano in termini di fabbisogno a 1.023,86 milioni di euro per l’anno 2023 e in termini di indebitamento netto a 3.739 milioni di euro per l’anno 2022 – mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 4, relativo a imposte e accise su alcuni carburanti, e dall’articolo 42, relativo ai proventi derivanti dal meccanismo di compensazione sul prezzo dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.
Il meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili è stato introdotto nell’ambito delle misure per fronteggiare l’incremento dei prezzi energetici, con una funzione essenzialmente perequativa (decreto-legge n. 4 del 2022)[67]. Esso vincola gli operatori a restituire gli extra-profitti guardando alla vendita dell’energia rispetto a un prezzo “equo” ante-crisi. Il meccanismo è denominato “a due vie” perché, specularmente, potrebbe anche operare in senso opposto, nelle fasi in cui il prezzo dell’energia scendesse al di sotto dei valori attesi al momento dell’investimento.
Il meccanismo prevede che, quando il prezzo di vendita dell’energia rinnovabile sia maggiore del prezzo di riferimento determinato dal decreto-legge n. 4 del 2022, la differenza sia versata al Gestore dei Servizi Elettrici S.p.A. (GSE); quando inferiore, è il GSE a erogare la differenza al produttore.
L’articolo 42 del decreto legge in esame dispone che i proventi derivanti da tale meccanismo siano versati dal GSE all'entrata del bilancio dello Stato, entro il 30 novembre 2022 in modo cumulato per il periodo da febbraio ad agosto 2022 e, su base mensile, per i mesi successivi, e che i medesimi proventi restino acquisiti all'erario fino a concorrenza dell'importo complessivo di 3.739 milioni di euro (cfr. relativa scheda di lettura).
h) quanto a 57,04 milioni di euro per l'anno 2023, mediante corrispondente utilizzo delle minori spese derivanti dall’articolo 4;
i) mediante il ricorso all'indebitamento autorizzato dal Parlamento con le risoluzioni di approvazione della Relazione presentata ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243.
Si valuti l'opportunità di esplicitare nel testo della lettera i) in esame l'importo del maggiore indebitamento netto destinato alla copertura degli oneri finanziari del presente decreto, come indicati nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari nella Relazione tecnica.
In base al prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del decreto in esame, l’importo dell’indebitamento previsto a saldo per il 2022 è pari a 6.198,7 milioni di euro, cifra corrispondente a quella indicata nella Relazione al Parlamento del 9 settembre 2022, recante la richiesta di ricorso all’indebitamento, autorizzata dal Senato della Repubblica il 13 settembre 2022 (Risoluzione n. 6-00232) e dalla Camera dei deputati il 15 settembre 2022 (Risoluzione n. 6-00229).
Si ricorda che, in data 9 settembre 2022, il Governo, in considerazione della prolungata fase di incremento dell’inflazione spinta dai prezzi dell’energia e delle materie prime, ha sottoposto alle Camere una Relazione, ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, contenente la richiesta di autorizzazione al ricorso a maggiore indebitamento, con la quale si è dato atto di un miglioramento del quadro tendenziale di finanza pubblica in base alla quale la previsione di indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche per il 2022 risulterebbe inferiore, rispetto alla stima formulata in occasione della precedente Relazione al Parlamento del 26 luglio 2022, di 0,3 punti percentuali di PIL, pari, in valori assoluti, a circa 6,2 miliardi di euro. Tale spazio fiscale è riconducibile alla revisione al rialzo della previsione delle entrate, attribuibile alla componente tributaria e, in particolare, al risultato dei versamenti per imposte dirette, in particolare IRPEF e IRES.
Si tratta della terza Relazione presentata ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243/2012 nel corso del 2022, in relazione all’emergenza energetica.
Il Governo ha, infatti, richiesto una autorizzazione alla revisione del percorso di avvicinamento all’Obiettivo di Medio Termine, con una prima Relazione, annessa al Documento di economia e finanza 2022, in data 7 aprile 2022, in conseguenza dei nuovi scenari di incertezza cui gli eventi bellici e le tensioni inflattive hanno sottoposto le prospettive di crescita dell’economia. La richiesta è stata approvata il 20 aprile 2022 a maggioranza assoluta con la Risoluzione n. 6-00221 della Camera e con la Risoluzione n. 6-00217 del Senato. Le risorse finanziarie rese disponibili dall’autorizzazione al maggiore indebitamento – margine emerso a seguito di una revisione al ribasso (5,1 per cento del PIL) dell’indebitamento netto tendenziale per il 2022 rispetto al 5,6 per cento indicato nella NADEF 2021 – sono state impiegate per il finanziamento di interventi volti a contenere l’aumento dei prezzi dell’energia e dei carburanti, ad assicurare la necessaria liquidità alle imprese, nonché ad adeguare i fondi destinati agli investimenti pubblici alla dinamica di rialzo imprevisto dei costi dei prodotti energetici e delle materie prime, introdotti dal decreto-legge n. 38 del 2022 – poi confluito all’interno del decreto-legge n. 21 del 2022 – e, soprattutto, dal decreto-legge n. 50 del 2022 (c.d. decreto Aiuti).
Nel corso dell’estate 2022, l’incremento dell’inflazione, trainata soprattutto dai prezzi dei prodotti energetici e alimentari e delle materie prime, le criticità legate alla situazione internazionale e al conflitto russo-ucraino, il perdurare della diffusione del virus Covid-19 e le ripercussioni legate al prolungato periodo di siccità hanno indotto il Governo a presentare al Parlamento, in data 26 luglio 2022, alcuni giorni dopo lo scioglimento anticipato delle Camere, una seconda Relazione ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012. Con tale Relazione il Governo ha dato atto di un miglioramento del quadro tendenziale di finanza pubblica registratosi malgrado la situazione internazionale, con una previsione di indebitamento netto inferiore di 0,8 punti percentuali di PIL rispetto alla stima formulata nel DEF 2022 di aprile (-5,6 per cento), equivalente, in valore assoluto, a circa 14,3 miliardi di euro. Tale cifra è stata ricondotta dal Governo a una revisione al rialzo della previsione delle entrate, in particolare di quelle tributarie, trainate dal risultato dei versamenti in autoliquidazione e dalla sostenuta crescita del gettito IVA, conseguente all’incremento dei prezzi dell’energia importata e alla conseguente impennata dell’inflazione. Le risorse finanziarie rese disponibili dall’autorizzazione parlamentare al maggior indebitamente (approvata il 28 luglio 2022 con la Risoluzione n. 6-00228 della Camera e il 27 luglio 2022 con la Risoluzione n. 6-00231 del Senato) sono state impiegate per il finanziamento degli interventi introdotti dal decreto-legge n. 115 del 2022 (c.d. decreto Aiuti-bis).
Il comma 2 dispone la sostituzione dell'Allegato 1 alla legge di bilancio per il 2022 (legge n. 234 del 2021), che riporta il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario per ciascun anno del triennio di riferimento (2022, 2023 e 2024), con l'Allegato 2 annesso al decreto-legge in esame, riportato di seguito.
Si ricorda, peraltro, che l’Allegato 1 in questione è già stato sostituito più volte nel corso dell’esercizio 2022:
§ dall'art. 38, comma 2-bis, D.L. 21 marzo 2022, n. 21;
§ dall'art. 58, comma 5, D.L. 17 maggio 2022, n. 50;
§ dall'art. 43, comma 3, D.L. 9 agosto 2022, n. 115.
Nuovo Allegato 1 alla legge di bilancio per il 2022 (legge n. 234 del 2021)
(tra parentesi i valori dell’Allegato 1 della legge di bilancio 2022, come già sostituito da ultimo dall’articolo 43, comma 3, del D.L. n. 115 del 2022)
(milioni di euro)
RISULTATI DIFFERENZIALI |
|||
- COMPETENZA - |
|||
Descrizione risultato differenziale |
2022 |
2023 |
2024 |
Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge |
241.900 (228.300) |
184.748 (184.748) |
119.970 (119.970) |
Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*) |
519.247 (505.647) |
494.848 (494.848) |
438.645 (438.645) |
- CASSA - |
|||
Descrizione risultato differenziale |
2022 |
2023 |
2024 |
Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge |
318.900 (305.300) |
249.748 (249.748) |
177.170 (177.170) |
Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*) |
596.272 (582.672) |
559.848 (559.848) |
495.845 (495.845) |
(*) al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato. |
Si rammenta che, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), l'articolo 1 della legge di bilancio determina, mediante rinvio all'Allegato 1 annesso alla legge di bilancio medesima, i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza per ciascun anno del triennio di riferimento.
I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.
Il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.
Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.
Come sopra accennato, l’allegato 1 della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021) è già stato sostituito dall’articolo 38, comma 2-bis, del D.L. n. 21 del 2022, dall’articolo 58, comma 5, del D.L. n. 50 del 2022 e dall’articolo 43, comma 3, del D.L. n. 115 del 2022 come illustrato nella tabella seguente (in neretto le cifre modificate dai provvedimenti).
(milioni di euro)
|
|
2022 |
2023 |
2024 |
Legge di bilancio 2022 |
||||
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Competenza |
203.000 |
180.500 |
116.800 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
480.347 |
490.600 |
435.475 |
|
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Cassa |
280.000 |
245.500 |
174.000 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
557.372 |
555.600 |
492.675 |
|
D.L. n. 21/2022 |
||||
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Competenza |
205.133 |
180.500 |
116.942 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
482.480 |
490.600 |
435.617 |
|
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Cassa |
282.133 |
245.500 |
174.142 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
559.505 |
555.600 |
492.817 |
|
D.L. n. 50/2022 |
||||
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Competenza |
214.000 |
189.748 |
119.970 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
491.347 |
494.848 |
438.645 |
|
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Cassa |
291.000 |
249.748 |
177.170 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
568.372 |
559.848 |
495.845 |
|
D.L. n. 115/2022 |
||||
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Competenza |
228.300 |
184.784 |
119.970 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
505.647 |
494.848 |
438.645 |
|
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Cassa |
305.300 |
249.748 |
177.170 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
582.672 |
559.848 |
495.845 |
|
D.L. n. 144/2022, in esame |
||||
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Competenza |
241.900 |
184.748 |
119.970 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
519.247 |
494.848 |
438.645 |
|
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Cassa |
318.900 |
249.748 |
177.170 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
596.272 |
559.848 |
495.845 |
In ottemperanza inoltre a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sono determinati dall'articolo 1 della legge di bilancio coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.
Il comma 3 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio per l’attuazione dei seguenti provvedimenti legislativi:
§ legge 17 maggio 2022, n. 60, recante disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare (legge cd. “Salva Mare”);
§ decreto-legge 16 giugno 2022, n. 68, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 agosto 2022, n. 108, recante disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo delle infrastrutture, dei trasporti e della mobilità sostenibile, nonché in materia di grandi eventi e per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;
§ legge 5 agosto 2022, n. 118, recante la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021;
§ legge 31 agosto 2022, n. 140, recante disposizioni per la celebrazione dell’ottavo centenario della morte di San Francesco d’Assisi.
Il comma 4, modificando l’articolo 9, comma 8 della legge 9 marzo 2022, n. 23 – recante disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitivita' della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico – autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio, anche in conto residui, con riferimento al Fondo per lo sviluppo della produzione biologica.
Tale Fondo, istituito dal citato articolo 9 della legge n. 23 del 2022, ha ricevuto, in via di trasferimento (art. 9, comma 7) le disponibilità esistenti alla data di entrata in vigore della suddetta legge all’interno del Fondo per la ricerca nel settore dell’agricoltura biologica e di qualità, il quale era stato contestualmente soppresso dalla medesima disposizione di legge.
Il comma 5 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio ai fini dell’attuazione delle disposizioni recate dal decreto-legge in esame. Il Ministero può altresì disporre, ove necessario, il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione è effettuata con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.
Articolo 44
(Entrata in vigore)
L’articolo 44 dispone che il decreto-legge in esame entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il decreto-legge è dunque vigente dal 24 settembre 2022.
[1] Legge 27 aprile 2022, n. 34, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, recante misure urgenti per il contenimento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali”.
[2] Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttivita' delle imprese e attrazione degli investimenti, nonche' in materia di politiche sociali e di crisi ucraina.
[3] L'emergenza epidemiologica COVID-19 aveva portato il livello del fabbisogno sanitario per il 2021, a 121.370 milioni a seguito della manovra per il corrispondente anno data dalla legge di Bilancio 2021 (L. n. 178/2020), con un incremento di circa 4 miliardi rispetto ai valori condivisi in sede pattizia, mentre per il 2020 il finanziamento del SSN è risultato pari a 120.557 milioni. Precedentemente, per il triennio 2019-2021, la legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018) aveva fissato il livello del fabbisogno a 114.474 milioni di euro nel 2019 (successivamente rideterminato a 113.810 milioni, in base alle delibere di riparto dell’allora CIPE), con successivi incrementi programmati pari a 2.000 milioni per il 2020 (quindi 116.474 milioni) e di ulteriori 1.500 milioni per il 2021 (117.974 milioni).
[4] Riguardo all'accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e socio-sanitarie, dei professionisti sanitari e delle organizzazioni autorizzate per l'erogazione di cure domiciliari e riguardo ai suddetti accordi contrattuali, cfr. gli articoli 8-quater e 8-quinquies del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
Si ricorda, in merito, che: l’accreditamento istituzionale è sospeso in caso di mancata stipulazione degli accordi contrattuali; l’accreditamento istituzionale è subordinato, a sua volta, al rilascio dell’autorizzazione, la quale concerne la realizzazione di strutture e l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie (il regime di autorizzazione è disciplinato dall’articolo 8-ter del citato D.Lgs. n. 502, e successive modificazioni).
[5] Si rinvia alla scheda di lettura del suddetto comma 4.
[6] Si ricorda che l'articolo 45, comma 1-ter, del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 2019, n. 157 - modificando la norma di cui all'articolo 15, comma 14, primo periodo, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni - prevede, come limite massimo, il totale della suddetta spesa relativa all'anno 2011, fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale.
[7] Al riguardo, cfr. supra, in nota.
[8] Si ricorda che la nozione di enti del Terzo settore è posta dall'articolo 4 del codice del Terzo settore, di cui al D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, e successive modificazioni; il suddetto Registro unico è istituito dall'articolo 45 del medesimo codice.
[9] Gli enti religiosi sono enti non commerciali, aventi finalità di culto, educazione, beneficenza, riconosciuti come persone giuridiche di diritto privato in base al Concordato tra lo Stato e la Chiesa cattolica e alle intese tra lo Stato e le altre confessioni religiose.
[10] Riguardo a tale trasmigrazione, cfr. l'articolo 54 del citato codice del Terzo settore, e successive modificazioni, nonché il D.M. 15 settembre 2020 (come modificato dal decreto direttoriale del 29 luglio 2021).
[11] Si ricorda che le organizzazioni iscritte nell'anagrafe delle ONLUS potranno attivare la procedura per richiedere la propria iscrizione nel suddetto Registro unico nazionale del Terzo settore entro il 31 marzo del periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea relativa alle misure fiscali previste dal citato codice del Terzo settore. Riguardo alla correlata abrogazione della disciplina delle ONLUS (e della relativa anagrafe), cfr. l'articolo 102, comma 2, lettera a), e l'articolo 104, comma 2, del citato codice del Terzo settore.
[12] Il D.L. n. 144 in esame è entrato in vigore il 24 settembre 2022.
[13] Il comma 4 in esame prevede infatti che sia i contributi sia la suddetta esclusione dalla formazione del reddito d'impresa non rilevino ai fini della determinazione del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni (in base a queste ultime norme, in presenza di ricavi fiscalmente esenti, la deducibilità di interessi passivi e di altri componenti negativi viene ridotta secondo un rapporto percentuale).
[14] Al riguardo, la norma in esame richiama l'articolo 19, comma 5, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102. Tale comma prevede che le amministrazioni dello Stato a cui siano attribuiti, in base a una disciplina legislativa, fondi o interventi pubblici possano affidarne direttamente la gestione, nel rispetto dei princìpi dell'Unione europea e nazionali conferenti, a società a capitale interamente pubblico, su cui le predette amministrazioni esercitino un controllo analogo a quello esercitato su propri servizi e che svolgano la propria attività quasi esclusivamente nei confronti dell'amministrazione dello Stato. Il richiamato comma 5 specifica altresì che gli oneri di gestione e le spese di funzionamento degli interventi relativi ai fondi sono a carico delle risorse finanziarie dei fondi stessi.
[15] Riguardo a tale fondo, inserito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, cfr. l'articolo 1, comma 178, della L. 30 dicembre 2021, n. 234.
[16] Riguardo a questo stanziamento, che concerne l'attività di controllo sugli enti del Terzo settore da parte dei soggetti autorizzati allo svolgimento di tale funzione, cfr. l'articolo 96 del citato codice del Terzo settore.
[17] Ai sensi dell'articolo 34-ter, comma 5, della L. 31 dicembre 2009, n. 196.
[18] Si ricorda che i residui passivi consistono nelle somme già impegnate (sotto il profilo contabile) e non ancora spese (in termini di cassa) e che essi sono soggetti a perenzione qualora il pagamento non si verifichi.
[19] Fondo di cui all'articolo 1, comma 120, della citata L. n. 234 del 2021.
La suddetta quota di 28,57 milioni è impiegata, da parte del comma 6 in esame, al fine della copertura di una quota pari a 20 milioni di euro (dell'onere di cui ai commi 1 e 2); la differenza tra i due importi deriva dalla circostanza che la dotazione del fondo oggetto di riduzione presenta una proiezione inferiore in termini di fabbisogno di cassa e di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni rispetto all'ammontare in termini di competenza contabile e dalla conseguente esigenza di mantenere invariato il rapporto percentuale tra questi due importi (riguardo al fondo oggetto di riduzione, la suddetta proiezione inferiore in termini di fabbisogno di cassa e di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni deriva dalla circostanza che, sotto il solo profilo della competenza contabile, occorre tener conto anche degli oneri inerenti alla contribuzione figurativa, relativa ai trattamenti di integrazione salariale ai quali è destinato il fondo).
[20] D.Lgs. di recepimento della direttiva europea 2018/2001 sulla promozione delle energie rinnovabili (RED).
[21] Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttivita' delle imprese e attrazione degli investimenti, nonche' in materia di politiche sociali e di crisi ucraina, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 91/2022.
[22] Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 142/2022.
[23] In generale, il finanziamento per l’attività degli istituti di patronato e assistenza sociale è disciplinato dall’art. 13, della L. 152/2001, secondo i criteri stabiliti con specifico regolamento (emanato con il D.M. 10 ottobre 2008), mediante il prelevamento di un'aliquota di finanziamento (pari, nella normativa vigente, allo 0,199%) sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'INPS e dall'INAIL. L’importo ottenuto con il richiamato prelevamento è destinato al finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale nelle seguenti percentuali: 89,90% all'attività; 10% all'organizzazione, di cui il 2 per cento per l'estero; 0,10% per il controllo delle sedi all'estero, finalizzato alla verifica dell'organizzazione e dell'attività, nonché a verifiche ispettive straordinarie in Italia sull'organizzazione e sull'attività e per la specifica formazione del personale ispettivo addetto.
[24] Nel caso di trattamenti non gestiti dall’INPS, il casellario centrale dei pensionati, istituito con decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1388, individua l’ente previdenziale incaricato dell’erogazione dell’indennità una tantum che provvede negli stessi termini e alle medesime condizioni ed è successivamente rimborsato dall’INPS a seguito di apposita rendicontazione.
[25] Ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. 22/2015, a decorrere dal 1° maggio 2015 è istituita presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, una indennità mensile di disoccupazione, denominata «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI)», avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.
[26] In base all’art. 15 del d.lgs. 22/2015, è riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, con esclusione degli amministratori e dei sindaci, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, una indennità di disoccupazione mensile denominata DIS-COLL.
[27] L’art. 32 della legge 264/1949, cui il decreto-legge in esame rinvia, estende l'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione ai lavoratori agricoli che prestano la loro opera retribuita alle altrui dipendenze, limitatamente alle categorie dei salariati fissi ed assimilati, obbligati e braccianti fissi, giornalieri di campagna, piccoli coloni e compartecipanti familiari e individuali, anche se in via sussidiaria esercitano un'attività agricola in proprio. La durata della corresponsione dell'indennità di disoccupazione è pari, per i lavoratori agricoli predetti, alla differenza tra il numero di 270 ed il numero delle giornate di effettiva occupazione prestate nell'anno comprese quelle per attività agricole in proprio o coperte da indennità di malattie, infortunio, maternità, e sino ad un massimo di 180 giornate annue.
[28] Ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. 81/2015, il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. L’art. 14 del medesimo d.lgs. dispone il divieto del ricorso al lavoro intermittente: a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; b) presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi.
[29] L’art. 2222 descrive il contenuto del contratto d’opera, che ricorre quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.
[30] A decorrere dal 1° gennaio 1996, sono tenuti all'iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l'INPS, e finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e gli incaricati alla vendita a domicilio, mentre sono esclusi dall'obbligo i soggetti assegnatari di borse di studio, limitatamente alla relativa attività.
[31] Si ricorda che il Fondo rientra nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi dell'articolo 33 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2022, n. 91, e successive modificazioni.
[32] Il citato articolo 33 del D.L. n. 50 del 2022, istitutivo dell'indennità una tantum in oggetto, ha demandato a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione - fermo restando il limite di spesa complessiva, corrispondente alla dotazione del suddetto Fondo - dei profili concernenti: l'importo dell'indennità, la misura del limite massimo del reddito complessivo percepito nel periodo d'imposta relativo al 2021 (al rispetto del quale è subordinato il diritto in esame), i criteri e le modalità di concessione dell'indennità, la quota delle risorse da destinare agli iscritti ai regimi gestiti dai suddetti enti di diritto privato e i relativi criteri di ripartizione delle risorse.
[33] Cfr. l'articolo 2, comma 7, del citato D.M. 19 agosto 2022.
[34] Riguardo alla fonte legislativa che demanda al decreto ministeriale, cfr. supra, in nota.
[35] Cfr. l'articolo 3, comma 6, del citato D.M. 19 agosto 2022.
[36] Qualora il soggetto sia iscritto sia ad una delle gestioni previdenziali INPS interessate sia ad uno degli enti di diritto privato summenzionati, la domanda deve essere presentata esclusivamente all'INPS.
L'indennità è corrisposta sulla base dei dati dichiarati dal richiedente e disponibili all'ente erogatore al momento del pagamento ed è soggetta a successiva verifica, anche attraverso le informazioni fornite in forma disaggregata per ogni singola tipologia di redditi dall'amministrazione finanziaria e da ogni altra amministrazione pubblica che detenga informazioni utili (articolo 4, comma 1, del citato D.M. 19 agosto 2022).
[37] Si ricorda che il 18 maggio 2022 è entrato in vigore il citato D.L. n. 50 del 2022.
[38] Le suddette condizioni temporali sono poste dall'articolo 2, commi 2 e 3, del citato D.M. 19 agosto 2022; riguardo a fattispecie di esclusione, oppure di applicazione secondo un criterio particolare, del suddetto requisito contributivo, cfr. il medesimo comma 3.
[39] Dall'ambito dell'indennità in esame sono in ogni caso esclusi i soggetti che percepiscano un'indennità una tantum in base ad una delle fattispecie di cui agli articoli 31 e 32 del citato D.L. n. 50 del 2022, e successive modificazioni (tale esclusione è posta sia dal comma 1 sia dal comma 2 del summenzionato articolo 33 dello stesso D.L. n. 50, e successive modificazioni). Si ricorda che anche per queste altre indennità il presente D.L. n. 144, agli articoli 18 e 19, prevede un incremento a determinate condizioni.
[40] Riguardo ad una fattispecie di esclusione nell'ambito degli imprenditori agricoli professionali, cfr. infra.
[41] Tale categoria è costituita dai soggetti che esercitano la pesca quale esclusiva o prevalente attività lavorativa, qualora siano associati in cooperative o compagnie con rapporto di lavoro autonomo oppure esercitino tale attività per proprio conto. Tali soggetti rientrano nel regime pensionistico generale INPS dei lavoratori dipendenti privati.
[42] Quesst'ultimo ambito è costituito dagli iscritti alla suddetta Gestione separata quali soggetti che esercitino per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, ivi compresi i partecipanti agli studi associati o a società semplici.
I soggetti iscritti invece alla Gestione separata in qualità di titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa possono beneficiare di un'indennità una tantum ai sensi delle disposizioni di cui al citato articolo 32 del D.L. n. 50 del 2022 e di cui al citato articolo 19 del presente D.L. n. 144 (cfr., in particolare, il comma 11 di ciascuno di tali articoli).
[43] Cfr. la faq del Ministero dell'economia e delle finanze, "Domande e risposte sulle nuove misure economiche – COVID-19, sezione lavoro", e la circolare dell'INPS n. 49 del 30 marzo 2020.
[44] Riguardo alla fase specifica del recupero alla quale si riferisce il termine temporale in esame, cfr. infatti infra.
[45] Il comma 2-bis del medesimo articolo 13 della L. n. 412 prevede che con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, siano individuati le fattispecie e i termini entro i quali, su proposta del Presidente dell'INPS, motivata da obiettive ragioni di carattere organizzativo e funzionale, anche relative alla tempistica di acquisizione delle necessarie informazioni da parte dell'Amministrazione finanziaria, il suddetto termine del recupero sia prorogato; tale nuovo termine non può ricadere oltre il secondo anno successivo a quello stabilito per la verifica; quindi, la proroga non può essere superiore ad un anno; riguardo alla decorrenza dei termini in materia, cfr. infra.
[46] Cfr. il paragrafo 4 della circolare dell'INPS n. 47 del 16 marzo 2018.
[47] Per ulteriori precisazioni a quest'ultimo riguardo, cfr. il suddetto paragrafo 4 della circolare dell'INPS n. 47 del 2018.
[48] V. l'articolo 13 del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40.
[49] Art. 1, comma 48 della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
[50] I Centri provinciali per l'istruzione degli adulti (CPIA) sono disciplinati dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 263 del 2012, che detta norme sull'assetto organizzativo e didattico dei Centri medesimi, ivi compresi i corsi serali, in attuazione dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008.
[51] Art. 1, comma 48 della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
[52] La novella concerne l'articolo 49, comma 1-bis, del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 giugno 2022, n. 79.
[53] Riguardo all'ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente), cfr. il regolamento di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159.
[54] Cfr. l'articolo 10, comma 6, del citato regolamento di cui al D.P.C.M. n. 159 del 2013.
[55] Ai sensi dell'articolo 1, comma 479, della L. 27 dicembre 2019, n. 160.
[56] Disciplina di cui all'articolo 1, commi da 224 a 237, della L. 30 dicembre 2021, n. 234.
[57] Cfr. i commi 224 e 225 del citato articolo 1 della L. n. 234 del 2021. Ai sensi del successivo comma 226, sono esclusi dall’ambito di applicazione i datori di lavoro che si trovino in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, che ne rendano probabile la crisi o l'insolvenza (tali datori, in relazione a tali condizioni, possono accedere alla procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa).
[58] Riguardo ai soggetti destinatari della comunicazione e alle modalità di quest'ultima, cfr. il citato comma 224 dell'articolo 1 della L. n. 234.
[59] Riguardo alla disciplina dei licenziamenti collettivi, cfr. gli articoli 4, 5 e 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni.
[60] Ai sensi del comma 228 del citato articolo 1 della L. n. 234 del 2021, il piano deve indicare: le azioni programmate per la salvaguardia dei livelli occupazionali e gli interventi per la gestione dei possibili esuberi - quali il ricorso ad ammortizzatori sociali, la ricollocazione presso altro datore di lavoro e le misure di incentivo all'esodo -; le azioni intese alla rioccupazione o all'autoimpiego, che possono anche essere cofinanziate (come specifica il comma 230 del medesimo articolo 1) dalle regioni nell'ambito delle rispettive misure di politica attiva del lavoro nonché essere costituite da interventi in materia di formazione e riqualificazione professionale - anche mediante il ricorso ai fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua (fondi di cui all’articolo 118 della L. 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni) -; le prospettive di cessione dell'azienda o di rami d'azienda (anche ai lavoratori o a cooperative da essi costituite), con finalità di continuazione dell'attività; gli eventuali progetti di riconversione del sito produttivo, anche per finalità socio-culturali in favore del territorio interessato; i tempi e le modalità di attuazione delle azioni previste.
Riguardo alla verifica formale della sussistenza, nel piano presentato, degli elementi suddetti, cfr. il comma 235 dello stesso articolo 1 della L. n. 234.
[61] Si ricorda che la contribuzione in esame è dovuta - oltre che per i licenziamenti, individuali o collettivi - per i casi di dimissioni per giusta causa del dipendente o di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della L. 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Per un quadro generale del contributo in oggetto, cfr. (oltre al seguito della presente scheda) la circolare dell’INPS n. 137 del 17 settembre 2021.
[62] Riguardo a questi ultimi, cfr. supra, in nota.
[63] Fase di cui all’articolo 4, commi 5 e 6, della L. 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni.
[64] Riguardo a tali soggetti, cfr., come detto, il comma 224 del citato articolo 1 della L. n. 234 del 2021.
[65] Il comma 2 dell’art. 117 precisa che rientrano fra essi: a) il servizio editoriale e di vendita riguardante i cataloghi e i sussidi catalografici, audiovisivi e informatici, ogni altra materiale informativo, e le riproduzioni di beni culturali; b) i servizi riguardanti beni librari e archivistici per la fornitura di riproduzioni e il recapito del prestito bibliotecario; c) la gestione di raccolte discografiche, di diapoteche e biblioteche museali; d) la gestione dei punti vendita e l'utilizzazione commerciale delle riproduzioni dei beni; e) i servizi di accoglienza, ivi inclusi quelli di assistenza e di intrattenimento per l'infanzia, i servizi di informazione, di guida e assistenza didattica, i centri di incontro; f) i servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba; g) l'organizzazione di mostre e manifestazioni culturali, nonché di iniziative promozionali. Ai sensi del successivo comma 3, tali servizi possono essere gestiti in forma integrata con i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria.
[66] Al riguardo, il Consiglio di Stato ha avuto occasione di stabilire che il MIT (oggi MIMS) non può rifiutare l’iscrizione di un natante nel registro se ciò contraasti con il principio comunitario di non discriminazione (v. Cons. Stato, sez. VI, 31 maggio 2006, n. 3321).
[67] Taluni impianti a fonte rinnovabile (si pensi ai fotovoltaici ancora sorretti dagli incentivi del cd. “Conto energia”) nell’attuale congiuntura economica - stanno beneficiando di un incentivo al quale si aggiungono i proventi della vendita dell’energia, ora remunerata a prezzi molto più elevati rispetto a quelli prevedibili nel momento in cui erano state adottate le decisioni di investimento ed era stato quindi definito il livello dell’incentivo. La forte variabilità del prezzo del mercato spot, a causa del costo del gas, ha infatti determinato, in questa congiuntura, un extra margine per i produttori.
Nel dettaglio, ai sensi dell’articolo 15-bis del D.L. n. 4/2022, dal 1° febbraio 2022 e sino al 30 giugno 2023 (termine così prorogato dall’art. 11, co. 1 del D.L. n. 115/022) il meccanismo di compensazione a due vie si applica:
· agli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW che beneficiano di premi fissi (non dipendenti dai prezzi di mercato) derivanti dal meccanismo del Conto Energia;
· agli impianti di potenza superiore a 20 kW alimentati da fonte idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica i quali non accedono a meccanismi di incentivazione entrati in esercizio in data antecedente al 1° gennaio 2010.