Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
|
---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Finanze |
Titolo: | D.L. 21/2022 - Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina |
Riferimenti: | AC N.3609/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 554/2 |
Data: | 13/05/2022 |
Organi della Camera: | Assemblea |
Misure economiche e umanitarie in relazione
alla crisi ucraina
D.L. 21/2022 – A.C. 3609
Schede di lettura
Servizio Studi
Tel. 06 6706-2451 - * studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier n. 527/2
Servizio Studi
Dipartimento Finanze
Tel. 06 6760-9496 - * - st_finanze@camera.it - @CD_finanze
Dipartimento Attività produttive
Tel. 066760-9574 st_attprod@camera.it - @CD_attProd
Progetti di legge n. 554/2
La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
D22021b.docx
INDICE
Articolo 1-bis (Disposizioni in materia di accisa e di IVA sui carburanti)
Articolo 2 (Bonus carburante ai dipendenti)
Articolo 2-bis (Disposizioni in materia di carburanti per il volo da diporto sportivo)
Articolo 4 (Contributo acquisto gas naturale)
Articolo 5 (Incremento del credito d’imposta in favore delle imprese energivore e gasivore)
Articolo 5-bis (Misure urgenti per incrementare la produzione di energia elettrica da biogas)
Articolo 5-ter (Ricerca e formazione INPS)
Articolo 5-quater (Depositi fiscali)
Articolo 6 (Bonus sociale elettricità e gas)
Articolo 7 (Trasparenza dei prezzi - Garante per la sorveglianza dei prezzi e ARERA)
Articolo 7, comma 6-bis (Organica della Cassa per i servizi energetici e ambientali)
Articolo 7-bis (Modifiche al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28)
Articolo 7-quater (Disciplina transitoria tra via statale e via regionale)
Articolo 7-quinquies (Ulteriori misure di semplificazione per lo sviluppo delle fonti rinnovabili)
Articolo 7-sexies (Misure di accelerazione dello sviluppo delle fonti rinnovabili)
Articolo 8 (Rateizzazione delle bollette per i consumi energetici e Fondo di garanzia PMI)
Articolo 8-bis (Misure di sostegno finanziario alle imprese).
Articolo 10 (Imprese energivore di interesse strategico)
Articolo 10-ter (Ulteriori disposizioni di sostegno alle imprese)
Articolo 10-quinquies (Disposizioni in materia di alloggi di edilizia residenziale pubblica)
Articolo 10-septies (Misure a sostegno dell’edilizia privata).
Articolo 11 (Trattamenti di integrazione salariale e Assegni di integrazione salariale)
Articolo 12 (Esonero contributivo per assunzione di lavoratori provenienti da imprese in crisi)
Articolo 12-bis (Adempimenti del libero professionista in caso di malattia o infortunio)
Articolo 12-quater (Disposizioni in materia di lavoro sportivo)
Articolo 12-quinquies (Norma in materia di somministrazione di lavoro)
Articolo 12-sexies (Comunicazioni di avvio attività dei lavoratori autonomi occasionali)
Articolo 12-septies (Norme in materia di assunzioni obbligatorie di soggetti privi della vista)
Articolo 13 (Ferrobonus e marebonus)
Articolo 13-bis (Traffico ferroviario merci in ambito portuale)
Articoli 13-ter (Ingresso per lavoro in Italia di lavoratori marittimi stranieri)
Articolo 14 (Clausola di adeguamento corrispettivo)
Articolo 15 (Contributi per il settore dell’autotrasporto)
Articolo 17 (Fondo per il sostegno del settore dell’autotrasporto)
Articoli 17-bis-17-quater (Sistema di interscambio di pallet)
Articolo 19, commi 1-3 (Rinegoziazione e ristrutturazione dei mutui agrari)
Articolo 19-bis (Giovani agricoltori)
Articolo 19-ter (Disposizioni per il sostegno del settore dell'agro-alimentare)
Articolo 20-bis (Proroga dei contributi finanziari in favore delle aziende agricole )
Articolo 20-ter (Semplificazioni per le imprese agricole)
Articolo 21 (Disposizioni in materia di economia circolare)
Articolo 21-bis (Applicazione del deflusso ecologico)
Articolo 22 (Credito d'imposta per l’IMU in favore del comparto del turismo)
Articolo 22-bis (Misure di sostegno per il comparto teatrale).
Articolo 22-ter (Contributo straordinario all'ENIT)
Articolo 23 (Revisione prezzi)
Articolo 29 (Disposizioni relative alla sicurezza cibernetica)
Articolo 29-bis (Cessione di attrezzature militari alle autorità governative dell’Ucraina)
Articolo 30 (Disposizioni in tema di approvvigionamento di materie prime critiche)
Articolo 31 (Coordinamento delle attività di assistenza e accoglienza a seguito della crisi ucraina)
Articolo 31-ter (Gestione delle risorse oggetto di congelamento a seguito della crisi ucraina)
Articolo 31-quater (Contributo straordinario per i comuni che danno luogo alla fusione)
Articolo 32-bis (Misure per gli organi preposti dall'attività di vigilanza e controllo ambientale)
Articolo 32-ter (Risorse in favore della Polizia di Stato e del Dipartimento dei vigili del fuoco)
Articolo 33 (Autorizzazione a modifiche contrattuali in deroga nel settore dell'immigrazione)
Articolo 36, commi 1 e 3 (Proroga di incarichi temporanei di personale docente e ATA della scuola)
Articolo 36, comma 2-ter (Integrazione graduatorie docenti scuola infanzia e primaria)
Articolo 36-bis (Misure urgenti in materia di semplificazione amministrativa)
Articolo 37 (Contributo straordinario contro il caro bollette)
Articolo 37-bis (Rettifica allegati al rendiconto 2021 degli enti locali)
Articolo 37-quater (Prolungamento termini iscrizione a ruolo)
Articolo 37-quinquies (Revisione degli indicatori di deficit strutturale di bilancio per i comuni)
Articolo 38 (Disposizioni finanziarie)
Articolo 39 (Entrata in vigore)
L’articolo 1 del disegno di legge di conversione prevede, oltre alla conversione in legge del provvedimento in esame, anche – per effetto delle modifiche al Senato, che ha introdotto il comma 1-bis - l'abrogazione del decreto-legge n. 38 del 2022, con salvezza degli effetti.
Il comma 1-bis dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, introdotto dal Senato, prevede l'abrogazione del decreto-legge 2 maggio 2022, n. 38, recante "Misure urgenti in materia di accise e IVA sui carburanti". Dispone, altresì, che rimangano validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti e i rapporti giuridici dispiegatisi in tempo di sua vigenza.
Al contempo, le modifiche introdotte durante l'esame presso il Senato recano puntuali disposizioni aggiuntive o modificative al corpo del decreto-legge n. 21 del 2022 in esame, onde trasporre in esso e mantenere nell'ordinamento, del decreto-legge di cui si propone l'abrogazione, le corrispondenti disposizioni.
In altri termini, il decreto-legge n. 38 risulta 'a perdere' ai fini della sua puntuale conversione, la quale è trasposta sul piano sostanziale in un unico procedimento altro, relativo alla conversione del decreto-legge n. 21.
Riguardo al contenuto del decreto-legge n. 38 del 2021, si veda la scheda sull'articolo 1-bis e, per quanto concerne i profili finanziari, l'articolo 38.
Legislatura XVIII - decreti-legge abrogati con salvezza di effetti (in ordine cronologico)
D.L. 28 giugno 2018, n. 79. "Proroga del termine di entrata in vigore degli obblighi di fatturazione elettronica per le cessioni di carburante".
Pubblicato nella G.U. 28 giugno 2018, n. 148.
Abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 9 agosto 2018, n. 96[1], a decorrere dal 12 agosto 2018. A norma del citato comma 2 restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge.
D.L. 5 ottobre 2018, n. 115. "Disposizioni urgenti in materia di giustizia amministrativa, di difesa erariale e per il regolare svolgimento delle competizioni sportive".
Pubblicato nella G.U. 6 ottobre 2018, n. 233.
Non è stato convertito in legge. La legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019), art. 1, ai commi da 647 a 650, riprende, con alcune modifiche, le disposizioni in esso contenute[2].
D.L. 29 dicembre 2018, n. 143. "Disposizioni urgenti in materia di autoservizi pubblici non di linea".
Pubblicato nella G.U. 29 dicembre 2018, n. 301.
Abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 11 febbraio 2019, n. 12[3], a decorrere dal 13 febbraio 2019. A norma del citato comma 2 restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge.
D.L. 11 gennaio 2019, n. 2. "Misure urgenti e indifferibili per il rinnovo dei consigli degli ordini circondariali forensi".
Pubblicato nella G.U. 11 gennaio 2019, n. 9.
Abrogato dall'art. 1, comma 3, L. 11 febbraio 2019, n. 12[4], a decorrere dal 13 febbraio 2019. A norma del citato comma 3 restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge.
D.L. 11 luglio 2019, n. 64. "Modifiche al decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56".
Pubblicato nella G.U. 11 luglio 2019, n. 161.
Non è stato convertito in legge. A norma dell'art. 1, comma 2, L. 4 ottobre 2019, n. 107[5], restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge[6].
D.L. 2 marzo 2020, n. 9. "Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19".
Pubblicato nella G.U. 2 marzo 2020, n. 53.
Abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 24 aprile 2020, n. 27[7], a decorrere dal 30 aprile 2020. A norma del citato comma 2, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del presente decreto-legge.
D.L. 8 marzo 2020, n. 11. "Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria".
Pubblicato nella G.U. 8 marzo 2020, n. 60, Edizione straordinaria.
Abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 24 aprile 2020, n. 27[8], a decorrere dal 30 aprile 2020. A norma del citato comma 2, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge.
D.L. 9 marzo 2020, n. 14. "Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all'emergenza COVID-19".
Pubblicato nella G.U. 9 marzo 2020, n. 62, Edizione straordinaria.
Abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 24 aprile 2020, n. 27[9], a decorrere dal 30 aprile 2020. A norma del citato comma 2, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge.
D.L. 10 maggio 2020, n. 29. "Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena, nonché in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalità organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa o con finalità di terrorismo, nonché di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché, infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati".
Pubblicato nella G.U. 10 maggio 2020, n. 119, Edizione straordinaria.
Abrogato dall'art. 1, comma 3, L. 25 giugno 2020, n. 70[10], a decorrere dal 30 giugno 2020. A norma del citato comma 3 restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge.
D.L. 16 giugno 2020, n. 52. "Ulteriori misure urgenti in materia di trattamento di integrazione salariale, nonché proroga di termini in materia di reddito di emergenza e di emersione di rapporti di lavoro".
Pubblicato nella G.U. 16 giugno 2020, n. 151.
Abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 17 luglio 2020, n. 77[11], a decorrere dal 19 luglio 2020. A norma del citato comma 2 restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del presente decreto-legge.
D.L. 14 agosto 2020, n. 103. "Modalità operative, precauzionali e di sicurezza per la raccolta del voto nelle consultazioni elettorali e referendarie dell'anno 2020".
Pubblicato nella G.U. 14 agosto 2020, n. 203.
D.L. 8 settembre 2020, n. 111. "Disposizioni urgenti per la pulizia e la disinfezione dei locali adibiti a seggio elettorale e per il regolare svolgimento dei servizi educativi e scolastici gestiti dai comuni".
Pubblicato nella G.U. 12 settembre 2020, n. 227.
D.L. 11 settembre 2020, n. 117. "Disposizioni urgenti per la pulizia e la disinfezione dei locali adibiti a seggio elettorale e per il regolare svolgimento dei servizi educativi e scolastici gestiti dai comuni".
Pubblicato nella G.U. 12 settembre 2020, n. 227.
Questi tre decreti-legge sono stati abrogati dall'art. 1, comma 2, L. 13 ottobre 2020, n. 126[12], a decorrere dal 14 ottobre 2020. A norma del citato comma 2, restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi decreti-legge.
D.L. 20 ottobre 2020, n. 129. "Disposizioni urgenti in materia di riscossione esattoriale".
Pubblicato nella G.U. 20 ottobre 2020 n.260.
D.L. 7 novembre 2020, n. 148. "Disposizioni urgenti per il differimento di consultazioni elettorali per l'anno 2020".
Pubblicato nella G.U. 7 novembre 2020, n. 278.
Questi due decreti-legge sono stati abrogati dall'art. 1, commi 2 e 3, L. 27 novembre 2020, n. 159[13], a decorrere dal 4 dicembre 2020. A norma dei citati commi 2 e 3, restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi decreti-legge.
D.L. 9 novembre 2020, n. 149. "Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese e giustizia, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19".
Pubblicato nella G.U. 9 novembre 2020, n. 279.
D.L. 23 novembre 2020, n. 154. "Misure finanziarie urgenti connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19".
Pubblicato nella G.U. 23 novembre 2020, n. 291.
D.L. 30 novembre 2020, n. 157. "Ulteriori misure urgenti connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19".
Pubblicato nella G.U. 30 novembre 2020, n. 297.
Si tratta dei cosiddetti "decreti ristori bis, ter e quater", abrogati dall'art. 1, comma 2, L. 18 dicembre 2020, n. 176[14], a decorrere dal 25 dicembre 2020. A norma del citato comma 2 restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del presente decreto.
D.L. 2 dicembre 2020, n. 158. "Disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus COVID-19".
Pubblicato nella G.U. 2 dicembre 2020, n. 299.
D.L. 5 gennaio 2021, n. 1. "Ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19".
Pubblicato nella G.U. 5 gennaio 2021, n. 3.
Questi due decreti-legge sono stati abrogati dall'art. 1, commi 2 e 3, L. 29 gennaio 2021, n. 6[15], a decorrere dal 31 gennaio 2021. A norma dei citati commi 2 e 3, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del presente decreto.
D.L. 31 dicembre 2020, n. 182. "Modifiche urgenti all'articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178".
Pubblicato nella G.U. 31 dicembre 2020, n. 323.
D.L. 15 gennaio 2021, n. 3. "Misure urgenti in materia di accertamento, riscossione, nonché adempimenti e versamenti tributari".
Pubblicato nella G.U. 15 gennaio 2021, n. 11.
D.L. 30 gennaio 2021, n. 7. "Proroga di termini in materia di accertamento, riscossione, adempimenti e versamenti tributari, nonché di modalità di esecuzione delle pene in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19".
Pubblicato nella G.U. 30 gennaio 2021, n. 24.
Questi decreti-legge sono stati abrogati dall'art. 1, commi 2 e 3, L. 26 febbraio 2021, n. 21[16], a decorrere dal 2 marzo 2021. A norma di citati 2 e 3 restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge medesimi.
D.L. 12 febbraio 2021, n. 12. "Ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19".
Pubblicato nella G.U. 12 febbraio 2021, n. 36.
D.L. 23 febbraio 2021, n. 15. "Ulteriori disposizioni urgenti in materia di spostamenti sul territorio nazionale per il contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19".
Pubblicato nella G.U. 23 febbraio 2021, n. 45.
Questi due decreti-legge sono stati abrogati dall'art. 1, commi 2 e 3, L. 12/03/2021, n. 29[17], a decorrere dal 13 marzo 2021. A norma del citato art. 1, comma 2 e 3, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi decreti.
D.L. 30 aprile 2021, n. 56. "Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi".
Pubblicato nella G.U. 30 aprile 2021, n. 103.
D.L. 18 maggio 2021, n. 65. "Misure urgenti relative all'emergenza epidemiologica da COVID-19".
Pubblicato nella G.U. 18 maggio 2021, n. 117.
Questi due decreti-legge sono stati abrogati dall'art. 1, commi 2 e 3, L. 17/06/2021, n. 87[18], a decorrere dal 22 giugno 2021. A norma del citato art. 1, commi 2 e 3, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi decreti.
D.L. 22 giugno 2021, n. 89. "Misure urgenti in materia di agricoltura e per il settore ferroviario".
Pubblicato nella G.U. 22 giugno 2021, n. 147.
D.L. 30 giugno 2021, n. 99. "Misure urgenti in materia fiscale, di tutela del lavoro, dei consumatori e di sostegno alle imprese".
Pubblicato nella G.U. 30 giugno 2021, n. 155, Edizione straordinaria.
Questi due decreti-legge sono stati abrogati dall'art. 1, commi 2 e 3, L. 23/07/2021, n. 106[19], a decorrere dal 25 luglio 2021. A norma del citato art. 1, commi 2 e 3, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi decreti.
D.L. 23 giugno 2021, n. 92. "Misure urgenti per il rafforzamento del Ministero della transizione ecologica e in materia di sport".
Pubblicato nella G.U. 23 giugno 2021, n. 148.
Abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 6 agosto 2021, n. 113[20], a decorrere dall'8 agosto 2021. A norma del citato art. 1, comma 2, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del presente decreto.
D.L. 10/09/2021, n. 122. "Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza da COVID-19 in ambito scolastico, della formazione superiore e socio sanitario-assistenziale".
Pubblicato nella G.U. 10 settembre 2021, n. 217.
Abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 24 settembre 2021, n. 133[21], a decorrere dal 2 ottobre 2021. A norma del citato art. 1, comma 2, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del presente decreto.
D.L. 11 novembre 2021, n. 157. " Misure urgenti per il contrasto alle frodi nel settore delle agevolazioni fiscali ed economiche".
Pubblicato nella G.U. 11 novembre 2021, n. 269.
Abrogato dall'art. 1, comma 41, L. 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022), a decorrere dal 1° gennaio 2022, a norma del quale restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del presente decreto.
D.L. 10 dicembre 2021, n. 209. "Misure urgenti finanziarie e fiscali".
Pubblicato nella G.U. 11 dicembre 2021, n. 294.
Abrogato dall'art. 1, comma 656, L. 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022), a decorrere dal 31 dicembre 2021, ai sensi dell'art. 1, comma 657, della medesima legge. A norma del citato comma 656, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del presente provvedimento.
D.L. 30 dicembre 2021, n. 229. "Misure urgenti per il contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19 e disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria".
Pubblicato nella G.U. 30 dicembre 2021, n. 309.
D.L. 21 gennaio 2022, n. 2. "Disposizioni urgenti per consentire l'esercizio del diritto di voto in occasione della prossima elezione del Presidente della Repubblica".
Pubblicato nella G.U. 21 gennaio 2022, n. 16.
Questi due decreti-legge sono stati abrogati dall'art. 1, commi 2 e 3, L. 18 febbraio 2022, n. 11[22], a decorrere dal 19 febbraio 2022. A norma dei medesimi commi, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del presente decreto.
D.L. 4 febbraio 2022, n. 5. "Misure urgenti in materia di certificazioni verdi COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività nell'ambito del sistema educativo, scolastico e formativo".
Pubblicato nella G.U. 4 febbraio 2022, n. 29.
Abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 4 marzo 2022, n. 18[23], a decorrere dal 9 marzo 2022. A norma del citato art. 1, comma 2, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del presente decreto.
D.L. 25 febbraio 2022, n. 13. "Misure urgenti per il contrasto alle frodi e per la sicurezza nei luoghi di lavoro in materia edilizia, nonché sull'elettricità prodotta da impianti da fonti rinnovabili".
Pubblicato nella G.U. 25 febbraio 2022, n. 47.
Abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 28 marzo 2022, n. 25[24], a decorrere dal 29 marzo 2022. A norma del citato art. 1, commi 2 e 3, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti, rispettivamente, sulla base del presente decreto e sulla base delle disposizioni abrogate dal medesimo decreto.
D.L. 28 febbraio 2022, n. 16. "Ulteriori misure urgenti per la crisi in Ucraina".
Pubblicato nella G.U. 28 febbraio 2022, n. 49.
Abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 5 aprile 2022, n. 28[25], a decorrere dal 14 aprile 2022. A norma del citato art. 1, comma 2, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del presente decreto.
Si rammenta che nella seduta della Camera dei deputati del 20 gennaio 2021, nel corso dell'esame del disegno di legge A.C. 2835-A di conversione del decreto-legge n. 172 del 2020, è stato approvato l'ordine del giorno 9/2835-A/10 il quale impegna il Governo “ad operare per evitare la ‘confluenza’ tra diversi decreti-legge, limitando tale fenomeno a circostanze di assoluta eccezionalità da motivare adeguatamente nel corso dei lavori parlamentari”. Successivamente, nella seduta del 23 febbraio 2021 della Camera, nel corso dell'esame del disegno di legge A.C. 2845-A di conversione del decreto-legge n. 183 del 2020 (“proroga termini”) il Governo ha espresso parere favorevole all'ordine del giorno 9/2845-A/22. Tale ordine del giorno impegna il Governo “a porre in essere ogni iniziativa volta, in continuità di dialogo con il Parlamento, ad evitare, ove possibile, la confluenza dei decreti-legge, in linea anche con l'ordine del giorno Ceccanti 9/2835-A/10”.
Infine, nel corso dell'esame del decreto-legge n. 99 del 2021, il Comitato per la legislazione della Camera dei deputati, richiamando tali precedenti, ha raccomandato al Governo di aver cura, nel prosieguo dei lavori parlamentari, di fornire adeguata motivazione delle ragioni alla base della decisione di presentare l'emendamento che fa confluire il decreto-legge n. 99 nel decreto-legge n. 73, dando seguito agli ordini del giorno 9/2835-A/10 e 9/2845-A/22 (parere reso nella seduta del 7 luglio 2021).
L’articolo 1 (commi 1 e 2) dispone la riduzione delle aliquote di accisa sui carburanti dal 22 marzo al 21 aprile 2022, secondo gli importi esposti di seguito:
§ per la benzina, la misura dell’accisa passa da 728,40 a 478,40 euro per 1.000 litri;
§ per il gasolio usato come carburante, l’accisa si riduce da 617,40 a 367,40 euro per 1.000 litri.
Il comma 3 sospende alcune agevolazioni in materia di accisa sui carburanti, per il medesimo periodo, disposte a legislazione vigente in ragione di specifici utilizzi.
Il comma 4 sospende, in relazione al primo bimestre del 2022, il meccanismo di riduzione delle accise previsto dalla legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007) in conseguenza del maggior gettito IVA legato all’aumento del prezzo del greggio.
I commi 5 e 6 introducono, sempre per il periodo 22 marzo – 21 aprile 2022, adempimenti specifici a carico degli esercenti i depositi commerciali di prodotti energetici assoggettati ad accisa, degli esercenti gli impianti di distribuzione stradale di carburanti nonché dei titolari dei depositi fiscali per garantire la corretta applicazione delle aliquote di accisa ridotte.
Il comma 7, per prevenire il rischio di manovre speculative, prevede il coinvolgimento del Garante per la sorveglianza dei prezzi e dell’AGCM.
Il comma 8 prevede che, per il periodo successivo a quello di applicazione delle aliquote previste dal comma 1 e fino al 31 dicembre 2022, sia riattivato il sistema di rideterminazione delle aliquote con decreto ministeriale, di cui all'articolo 1, comma 290, della legge n. 244 del 2007, che può essere emanato con cadenza diversa da quella trimestrale attualmente prevista.
Per la proroga delle agevolazioni sulle accise si veda la scheda di lettura successivo articolo 1-bis, introdotto al Senato.
In particolare, l’articolo 1-bis proroga la riduzione delle aliquote di accisa sui carburanti, già disposta dal decreto-legge n. 21 del 2022 e dal decreto ministeriale del 6 aprile 2022, dal 3 maggio all’8 luglio 2022, secondo gli importi esposti di seguito:
§ per la benzina, la misura dell’accisa viene confermata in 478,40 euro per 1.000 litri;
§ per il gasolio usato come carburante, l’accisa resta pari a 367,40 euro per 1.000 litri;
§ per il GPL, l’accisa è pari a 182,61 euro per mille kg.
L’articolo azzera, per lo stesso periodo, l’accisa sul gas naturale usato per autotrazione. Esso inoltre riduce al 5 per cento l’aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas naturale per autotrazione.
In particolare, il comma 1 dell’articolo 1 dispone la riduzione delle aliquote di accisa sulla benzina e sul gasolio impiegato come carburante, di cui all'Allegato 1 al Testo Unico Accise (decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, cosiddetto Testo unico accise).
Ai sensi delle lettere a) e b) del medesimo comma 1, le aliquote dell'accisa sono così rideterminate:
§ per la benzina, la misura dell’accisa passa da 728,40 a 478,40 euro per 1.000 litri;
§ per il gasolio usato come carburante, l’accisa si riduce da 617,40 a 367,40 euro per 1.000 litri.
Tali riduzioni sono disposte in considerazione degli effetti economici derivanti dall'eccezionale incremento dei prezzi dei prodotti energetici.
Il successivo comma 2 chiarisce la decorrenza della riduzione, che si applica a partire dal 22 marzo 2022 (data di entrata in vigore del decreto-legge in esame) e fino al 21 aprile 2022 (trentesimo giorno successivo alla predetta data).
Al riguardo si ricorda che le accise sono da tempo imposte armonizzate a livello europeo. La relativa struttura e misura si differenziano secondo la tipologia di prodotto colpito da imposta (a grandi linee, le accise gravano su alcolici, tabacchi e prodotti energetici). Si rinvia per ulteriori informazioni al sito della documentazione parlamentare.
In linea generale, dunque, è possibile affermare che la struttura delle accise e le aliquote minime sono stabilite dalle norme UE. Sono anche fatte salve specifiche misure agevolative nazionali, purché autorizzate dalla disciplina armonizzata.
Rimane facoltà degli Stati innalzare la misura delle aliquote; nel tempo le accise - ivi comprese, in particolare, quelle sui carburanti - sono state elevate anche con finalità emergenziali. L'innalzamento delle aliquote di accisa produce immediati effetti finanziari per l'erario, in quanto colpiscono beni la cui domanda non è strettamente legata al prezzo (quali la benzina e i tabacchi).
Come si evince anche dalla documentazione presente sul sito internet della Commissione Europea, l'attuale disciplina delle accise sui prodotti energetici è contenuta nella direttiva 2003/96/CE, come modificata nel corso del tempo. La documentazione della Commissione, oltre a una breve sintesi del quadro normativo, individua altresì i valori minimi europei dell’accisa sui prodotti energetici (ivi compresi i carburanti).
Attualmente, la misura minima europea delle accise sui principali prodotti energetici (Allegato I della richiamata direttiva) è la seguente:
Prodotto |
Unità di misura |
Ammontare |
Benzina con piombo |
Euro/1000 l |
421 |
Benzina |
Euro/1000 l |
359 |
Gasolio |
Euro/1000 l |
330 |
GPL |
Euro/1000 kg |
125 |
Con riferimento alla misura dell'accisa attualmente vigente, l'Agenzia delle Dogane pubblica, sul proprio sito internet e con aggiornamenti pressoché in tempo reale, la lista dei prodotti sottoposti ad accisa, l'aliquota vigente e il relativo riferimento normativo, nonché uno storico delle previgenti misure di accisa.
Inoltre, la Commissione UE mette a disposizione un sistema per consultare la tassazione, tra l’altro, dei carburanti nei diversi Paesi europei.
La previgente misura dell’accisa sulla benzina e sul gasolio utilizzato come carburante trovava il proprio fondamento normativo nell'articolo 1, comma 487 della legge di bilancio 2012, ai sensi del quale a, decorrere dal 1°gennaio 2013, sono state confermate le aliquote di accisa stabilite con la determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane 9 agosto 2012, n. 88789.
Tale determinazione ha stabilito i seguenti importi, sopra indicati:
- benzina e benzina con piombo: 728,40 euro per mille litri;
- gasolio usato come carburante: 617,40 euro per mille litri.
In conseguenza della riduzione delle accise disposta dai commi 1 e 2, il comma 3 prevede che, dal 22 marzo al 21 aprile 2022, non trovi applicazione la specifica aliquota di accisa agevolata prevista per il gasolio commerciale usato come carburante ai sensi del numero 4-bis della Tabella A allegata al Testo unico Accise (403,22 euro per mille litri), nonché delle aliquote ridotte di accisa, di cui al numero 12 della predetta Tabella A, che sono applicabili alla benzina e al gasolio impiegati per l'azionamento delle autovetture da noleggio da piazza (benzina: 359 euro per mille litri; gasolio: 330 euro per mille litri).
Ai sensi del comma 4, in relazione al primo bimestre del 2022 (1° gennaio - 28 febbraio 2022) non trova applicazione il meccanismo di riduzione delle accise previsto dal comma 290 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007).
Il richiamato comma 290 affida a un decreto ministeriale (decreto del Ministro dell’economia di concerto con il Ministro dello sviluppo economico) il compito di accertare le maggiori entrate IVA che derivano da uno scostamento significativo del prezzo internazionale del petrolio greggio espresso in euro, rispetto al prezzo corrispondente indicato nell'ultimo documento di programmazione economico finanziaria, riducendo in misura corrispondente le aliquote di accisa sui prodotti energetici (usati come carburante, ovvero come combustibili per riscaldamento per usi civili, stabilite dal Testo unico accise).
Il medesimo comma 4 prevede inoltre che, nel medesimo periodo, le maggiori entrate IVA relative alle cessioni di benzina e gasolio impiegati come carburanti per autotrazione derivanti dalle variazioni del prezzo internazionale del petrolio greggio espresso in euro, siano accertate con le modalità di cui al successivo comma 291 della legge 24 dicembre 2007 n. 244.
Ai sensi del richiamato comma 291, il decreto ministeriale è emanato - con cadenza trimestrale - se il prezzo del petrolio aumenta in misura pari o superiore, sulla media del periodo, a due punti percentuali rispetto al valore di riferimento, espresso in euro, indicato nel Documento di programmazione economico-finanziaria; il medesimo decreto non può essere adottato ove, nella media del semestre precedente, si verifichi una diminuzione del prezzo, come determinato ai sensi del comma 290, rispetto a quello indicato nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Il decreto può essere adottato al fine di variare le aliquote di accisa, qualora il prezzo del greggio abbia una diminuzione rispetto al valore di riferimento, espresso in euro, indicato nel Documento di programmazione economico-finanziaria.
Il decreto (comma 292), da cui non devono in ogni caso derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, assicura che le eventuali variazioni di aliquote siano effettuate nel rispetto della normativa comunitaria in materia di livelli minimi delle accise.
Al riguardo si fa presente che nella Gazzetta Ufficiale del 21 marzo 2022 è stato pubblicato il decreto del MEF (di concerto con il Ministro della transizione ecologica, cui sono state affidati compiti e funzioni, in precedenza del MISE, relativi alla definizione degli obiettivi e delle linee di politica energetica e mineraria nazionale e dei provvedimenti ad essi inerenti) del 18 marzo 2022, con il quale è stato attivato il meccanismo di riduzione dell’accisa sui carburanti, a compensazione delle maggiori entrate IVA derivanti dalla fluttuazione del prezzo del petrolio, secondo il sopra rammentato meccanismo, riferita al periodo 1° ottobre - 31 dicembre 2021, periodo nel quale si sono verificate le condizioni di cui al citato comma 291 della legge n. 244 del 2007.
Di conseguenza, il decreto ministeriale del 18 marzo 2022 dispone che, per compensare le maggiori entrate IVA derivanti dall'aumento del prezzo internazionale del petrolio greggio, dal 22 marzo 2022 fino al 21 aprile 2022, le accise sui carburanti siano così rideterminate:
§ benzina: 643,24 euro per mille litri;
§ oli da gas o gasolio usato come carburante: 532,24 euro per mille litri;
§ gas di petrolio liquefatti (GPL): 182,61 euro per mille chilogrammi.
Alle minori entrate derivanti dalla rideterminazione dell’accisa sui carburanti effettuate dal decreto ministeriale si provvede con il maggior gettito riferito al periodo 1° ottobre 2021-31 dicembre 2021, derivante dai versamenti periodici IVA, valutato in 308,17 milioni di euro.
La Relazione tecnica che accompagna il decreto-legge in commento chiarisce che, per la quantificazione degli effetti finanziari derivanti dalla riduzione delle accise disposte dall’articolo 1, commi 1-3 in esame, si tiene conto del predetto decreto ministeriale, che ha contemporaneamente disposto una prima riduzione delle aliquote di accisa su benzina e gasolio impiegati come carburanti, coperta mediante il maggior gettito IVA accertato per l’ultimo trimestre 2021.
Di conseguenza, per effetto del combinato disposto del decreto ministeriale 18 marzo 2022 e del decreto-legge in esame, le aliquote di accisa sui carburanti dal 22 marzo al 21 aprile 2022 sono ridotte secondo gli importi esposti di seguito:
§ per la benzina, la misura dell’accisa passa da 728,40 a 478,40 euro per 1.000 litri (articolo 1, comma 1, lettera a) del decreto-legge in commento);
§ per il gasolio usato come carburante, l’accisa si riduce da 617,40 a 367,40 euro per 1.000 litri (articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto-legge in commento);
§ per il GPL, l’accisa si riduce da 267,77 a 182,61 euro per mille kg (articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto ministeriale del 18 marzo 2022).
Di seguito si riporta una tabella riepilogativa che illustra, per i prodotti energetici coinvolti nelle misure in esame e utilizzati come carburanti, la misura dell’accisa minima stabilita in sede comunitaria, la misura dell’accisa vigente al 21 marzo 2022 e quella disposta dalle norme in esame e dal decreto ministeriale 18 marzo 2022.
Prodotto |
Unità di misura |
Accisa Minima UE |
Accisa nazionale al 21 marzo 2022 |
Accisa nazionale dal 22 marzo al 21 aprile 2022 |
Benzina con piombo |
Euro/1000 l |
421 |
728,40 |
478,40 |
Benzina |
Euro/1000 l |
359 |
728,40 |
478,40 |
Gasolio |
Euro/1000 l |
330 |
617,40 |
367,40 |
GPL |
Euro/1000 kg |
125 |
267,77 |
182,61 |
Appare opportuno ricordare in questa sede che il prezzo del carburante al distributore è frutto di una serie di fattori, tra cui il prezzo delle materie prime e, infine, l’IVA: essa si applica, nella misura ordinaria del 22 per cento, al prezzo industriale comprensivo delle accise.
Il Ministero dello sviluppo economico – MISE aggiorna periodicamente l’andamento dei prezzi medi annuali dei carburanti e combustibili; dai prezzi medi mensili viene elaborata una media trimestrale e annuale, ponderata con il numero dei giorni presenti nel mese di riferimento. Tale andamento è consultabile qui.
La tabella dati di cui al link sopra riportato indica in termini sintetici dal 1996 al 2021 (per ogni trimestre di riferimento) il prezzo complessivo nonché le componenti dello stesso (accisa, IVA e costo netto, oltre al valore complessivo delle imposte e al costo al netto dell’IVA) per benzina, gasolio auto, gpl, gasolio per riscaldamento nonché olio combustibile fluido e olio combustibile denso BTZ (a basso contenuto di zolfo).
I commi 5 e 6 introducono, sempre per il periodo 22 marzo – 21 aprile 2022, adempimenti specifici a carico degli esercenti i depositi commerciali di prodotti energetici assoggettati ad accisa (di cui all'articolo 25, comma 1, del Testo unico delle accise), degli esercenti gli impianti di distribuzione stradale di carburanti (di cui al comma 2, lettera b), del medesimo articolo 25) nonché dei titolari dei depositi (di cui all'articolo 23 del medesimo Testo unico), al fine di garantire la corretta applicazione delle aliquote di accisa ridotte dal comma 1.
In particolare il comma 5 prevede che gli esercenti i depositi commerciali di prodotti energetici assoggettati ad accisa (di cui all'articolo 25, comma 1, del Testo unico delle accise) e gli esercenti gli impianti di distribuzione stradale di carburanti (di cui al comma 2, lettera b), del medesimo articolo 25) devono trasmettere all'Ufficio competente per territorio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, con le modalità di cui all'articolo 19-bis del predetto Testo unico ovvero per via telematica, i dati relativi ai quantitativi di benzina e di gasolio usato come carburante giacenti nei serbatoi dei relativi depositi e impianti sia al 22 marzo 2022 (data di entrata in vigore del presente decreto-legge) che al 21 aprile 2022 (trentesimo giorno successivo alla medesima data).
In estrema sintesi, l’articolo 25 del Testo unico accise assoggetta a uno specifico regime l’esercizio di deposito commerciale di prodotti energetici sottoposti ad accisa e l’attività di distribuzione stradale di carburanti; i titolari devono denunciarne l’esercizio all’Ufficio doganale competente per territorio ed essere titolari di licenza fiscale, nonché – alle condizioni di legge – devono portare a termine specifici adempimenti, anche contabili.
La comunicazione dei predetti dati è effettuata entro 5 giorni lavorativi a partire da ciascuna delle predette date. In caso di mancata comunicazione dei dati di cui al presente comma, trova applicazione l'articolo 50 del Testo unico delle accise di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, avente ad oggetto le sanzioni amministrative per inosservanza di prescrizioni e regolamenti. Si prevede pertanto che in caso di omessa comunicazione dei citati dati si applichi la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da 500 euro a 3.000 euro
Il comma 6 chiarisce che i titolari dei depositi fiscali e gli esercenti dei depositi commerciali (articoli 23 e 25 del Testo unico accise), nel periodo di riferimento, devono riportare nel documento amministrativo semplificato telematico (di cui all'articolo 11 del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 124, convertito e all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262) l'aliquota di accisa applicata ai quantitativi dei prodotti energetici indicati nel medesimo documento.
L’esercizio di deposito fiscale di prodotti energetici, ai sensi dell’articolo 23 del Testo unico accise, è subordinato a un regime autorizzatorio e richiede il possesso di licenza.
Si rammenta che il DAS - documento di accompagnamento semplificato - è indispensabile per la circolazione di buona parte dei prodotti energetici che hanno assolto l'accisa: è prescritto sia per la circolazione in ambito UE (di prodotti già immessi in consumo in un Paese UE e destinati ad altro Paese UE) sia per la circolazione in ambito nazionale di prodotti assoggettati ad accisa. A fine 2019, il legislatore (articolo 11, comma 1, del DL 26.10.2019, n. 124) ha demandato al Direttore Generale ADM la definizione di tempi e modalità di introduzione dell'obbligo di presentazione del DAS esclusivamente in forma telematica. Ai sensi dell’art. 130, comma 1, lett. d), del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, la data di introduzione dell’obbligo è stata fissata al 30 settembre 2020. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) ha fissato le modalità di attuazione della nuova misura adottando la determinazione direttoriale prot. 138764/RU del 10 maggio 2020, entrata in vigore l’11 maggio 2020. Nella stessa viene riportato (art. 18, comma 1) l’obbligo, in capo a ciascun esercente deposito che spedisce benzina e gasolio per uso carburazione ad imposta assolta, di adeguare i propri sistemi elettronici alle disposizioni fissate e di darne comunicazione al competente Ufficio delle dogane.
Il comma 7, per prevenire il rischio di manovre speculative derivanti dalla rideterminazione delle aliquote di accisa, prevede il coinvolgimento del Garante per la sorveglianza dei prezzi, il quale, per monitorare l'andamento dei prezzi, anche relativi alla vendita al pubblico, di benzina e gasolio usato come carburante per autotrazione praticati nell'ambito dell'intera filiera di distribuzione commerciale dei medesimi prodotti, può avvalersi, tra l'altro, anche del supporto operativo della Guardia di finanza.
Al riguardo si ricorda che l’articolo 7 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia, rafforza le attribuzioni Garante per la sorveglianza dei prezzi, anche con riferimento ai poteri sanzionatori.
Per prevenire il rischio di manovre speculative derivanti dalla rideterminazione delle aliquote di accisa, il Garante per la sorveglianza dei prezzi si avvale della collaborazione dei Ministeri, degli enti e degli organismi indicati nell'articolo 2, comma 199, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (oltre ai dati rilevati dall'ISTAT e alla collaborazione dei Ministeri competenti per materia, il comma 199 indica Ismea, Unioncamere, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura) e del supporto operativo del Corpo della Guardia di finanza per monitorare l'andamento dei prezzi, anche relativi alla vendita al pubblico, di benzina e gasolio usato come carburante praticati nell'ambito dell'intera filiera di distribuzione commerciale dei medesimi prodotti. La Guardia di finanza agisce con i poteri di indagine a essa attribuiti ai fini dell'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte dirette (anche ai sensi dei commi 2, lettera m), e 4 dell'articolo 2 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, che attribuiscono alla Guardia di finanza specifici compiti di accertamento delle violazioni e i poteri dell’amministrazione finanziaria in sede di accertamento fiscale).
Per le finalità di cui al comma in esame e per lo svolgimento dei compiti di polizia economico-finanziaria il Corpo della Guardia di finanza ha accesso diretto, anche in forma massiva, ai dati inerenti alle giacenze (di cui al comma 5) dei carburanti e ai dati contenuti nel documento amministrativo semplificato telematica. Inoltre, il medesimo Corpo segnala all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, per l'adozione dei provvedimenti di competenza, elementi, rilevati nel corso delle attività di monitoraggio di cui al presente comma, sintomatici di condotte che possano ledere la concorrenza (ai sensi della legge 10 ottobre 1990, n. 287) o costituire pratiche commerciali scorrette ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente comma con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Il comma 8 stabilisce che, per il periodo successivo a quello di applicazione delle aliquote previste dal comma 1 e fino al 31 dicembre 2022, le aliquote di accisa sulla benzina e sul gasolio usato come carburante per autotrazione possono essere rideterminate con il meccanismo che prevede l’emanazione del decreto ministeriale di cui all'articolo 1, comma 290, della legge n. 244 del 2007.
Detto decreto, ferme restando le condizioni previste dal successivo comma 291 del citato articolo 1 della legge 244 del 2007, può essere adottato anche con cadenza diversa da quella trimestrale attualmente prevista.
Il comma 9 quantifica gli oneri derivanti dalle riduzioni di accisa (commi da 1 a 3) in 588,25 milioni per l'anno 2022 e 30,78 milioni di euro per l'anno 2024. A essi si provvede, quanto a 255,49 milioni per l'anno 2022, mediante le maggiori entrate derivanti dal comma 4 e, quanto a 332,76 milioni per l'anno 2022 e 30,78 milioni di euro per l'anno 2024, ai sensi della norma generale di copertura del provvedimento in esame (articolo 38, alla cui scheda di lettura si rinvia).
Articolo 1-bis
(Disposizioni in materia di accisa e di IVA sui carburanti)
L’articolo 1-bis, inserito al Senato, riproduce il contenuto dell’articolo 1 del decreto-legge n. 38 del 2022, che contiene disposizioni in materia di accise sui prodotti energetici. Si ricorda che l’articolo 1, comma 1-bis del disegno di legge di conversione (introdotto anch’esso al Senato) abroga il richiamato decreto-legge facendo salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo provvedimento.
Il comma 1, lettera a) proroga la riduzione delle aliquote di accisa sui carburanti, già disposta dal decreto-legge n. 21 del 2022 e dal decreto ministeriale del 6 aprile 2022, dal 3 maggio all’8 luglio 2022, secondo gli importi esposti di seguito:
§ per la benzina, la misura dell’accisa viene confermata in 478,40 euro per 1.000 litri;
§ per il gasolio usato come carburante, l’accisa resta pari a 367,40 euro per 1.000 litri;
§ per il GPL, l’accisa è pari a 182,61 euro per mille kg.
La medesima lettera azzera, per lo stesso periodo, l’accisa sul gas naturale usato per autotrazione.
La lettera b) del comma 1 del comma 1 riduce al 5 per cento l’aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas naturale per autotrazione.
Il comma 2 sospende alcune agevolazioni in materia di accisa sui carburanti, per il periodo 3 maggio- 8 luglio 2022, disposte ordinariamente in ragione di specifici utilizzi.
I commi 3 e 4 introducono adempimenti specifici a carico degli esercenti i depositi commerciali di prodotti energetici assoggettati ad accisa, degli esercenti gli impianti di distribuzione stradale di carburanti nonché dei titolari dei depositi fiscali per garantire la corretta applicazione delle aliquote ridotte, prevedendo altresì sanzioni pecuniarie nel caso di mancata ottemperanza.
I commi 5-7, per prevenire il rischio di manovre speculative, dispongono il coinvolgimento del Garante per la sorveglianza dei prezzi e dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato.
Il comma 8 consente di rideterminare le aliquote di accisa ridotte, nonché di prorogare il periodo di applicazione dell’aliquota IVA al 5 per cento sul gas naturale per autotrazione, con l’emanazione di un decreto ministeriale.
Il comma 9 estende l’applicazione delle norme antispeculazione sui prezzi anche nel caso di rideterminazione delle accise con decreto ministeriale.
Come anticipato, l’articolo in esame riproduce il contenuto del decreto-legge n. 38 del 2022 (A.S. 2599), già presentato al Senato per la conversione in legge ed entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ovvero il 2 maggio 2022.
Come anticipato supra, l’articolo 1, comma 1-bis del disegno di legge di conversione del provvedimento in esame abroga il decreto-legge n. 38 del 2022 facendo salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo atto.
Il comma 1 dell’articolo 1-bis, in considerazione del perdurare degli effetti economici derivanti dall'eccezionale incremento dei prezzi dei prodotti energetici, proroga dal 3 maggio all’8 luglio 2022 la temporanea riduzione delle aliquote di accisa sulla benzina e sul gasolio impiegato come carburante, nonché del GPL usato come carburante.
Inoltre, nel periodo 3 maggio – 8 luglio 2022 viene azzerata l’aliquota di accisa sul gas naturale utilizzato per autotrazione e viene stabilita nel 5 per cento l’aliquota Iva applicabile al gas naturale utilizzato per autotrazione.
Al riguardo occorre sinteticamente rammentare che l’articolo 1 del decreto-legge in esame ha disposto la riduzione temporanea delle aliquote di accisa sulla benzina e sul gasolio impiegato come carburante, di cui all'Allegato 1 al Testo Unico Accise (decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, cosiddetto Testo unico accise), riduzione inizialmente prevista a partire dal 22 marzo e fino al 21 aprile 2022.
Parallelamente, nella Gazzetta Ufficiale del 21 marzo 2022 è stato pubblicato il decreto del MEF (di concerto con il Ministro della transizione ecologica) del 18 marzo 2022, con il quale è stato attivato il meccanismo di riduzione dell’accisa sui carburanti, a compensazione delle maggiori entrate IVA derivanti dalla fluttuazione del prezzo del petrolio, disciplinato dalla legge n. 244 del 2007 (commi 290 e seguenti). Tale decreto ministeriale ha rideterminato, per compensare le maggiori entrate IVA derivanti dall'aumento del prezzo internazionale del petrolio greggio, anche le accise sul GPL.
Dunque, per effetto del combinato disposto del decreto ministeriale 18 marzo 2022 e dell’articolo 1 del decreto-legge n. 21 del 2022, le aliquote di accisa sui carburanti dal 22 marzo al 21 aprile 2022 sono state così rideterminate:
§ per la benzina, la misura dell’accisa è passata da 728,40 a 478,40 euro per 1.000 litri (articolo 1, comma 1, lettera a) del decreto-legge in commento);
§ per il gasolio usato come carburante, l’accisa si è ridotta da 617,40 a 367,40 euro per 1.000 litri (articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto-legge in commento);
§ per il GPL, l’accisa si è ridotta da 267,77 a 182,61 euro per mille kg (articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto ministeriale del 18 marzo 2022).
L’articolo 1, comma 8 del provvedimento in commento ha consentito, fino al 31 dicembre 2022, di rideterminare le aliquote di accisa sulla benzina e sul gasolio usato come carburante per autotrazione mediante l’emanazione di decreto ministeriale (di cui all'articolo 1, comma 290, della legge n. 244 del 2007), anche con cadenza diversa da quella trimestrale ordinariamente prevista.
In attuazione del comma 8 le predette riduzioni di accisa, in origine da applicarsi fino al 21 aprile 2022, sono state quindi prorogate e confermate fino al 2 maggio 2022 dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto col ministero per la transizione ecologica, del 6 aprile 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 aprile 2022 (G.U. Serie ordinaria, n. 90), adottato secondo il meccanismo di cui al comma 290 e seguenti della legge n. 244 del 2007.
Per ulteriori informazioni sul meccanismo di riduzione dell’accisa, nonché sulle caratteristiche dell’imposta e sulla misura della medesima sui prodotti energetici (anche secondo quanto stabilito in sede europea), si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 1.
Ciò premesso, per effetto delle norme in esame (comma 1, lettera a) sono confermate fino all’8 luglio 2022 le seguenti misure ridotte di accisa sui prodotti energetici (articolo 1, comma 1, lettera a) del decreto-legge in commento):
§ per la benzina, 478,40 euro per 1.000 litri;
§ per il gasolio usato come carburante, 367,40 euro per 1.000 litri;
§ per il GPL, 182,61 euro per mille kg.
La norma proposta inoltre azzera dal 3 maggio all’8 luglio 2022 l’accisa sul gas naturale usato per autotrazione (in precedenza pari a € 0,00331 al m³, ai sensi dell’articolo 15, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011).
Nella seguente tabella sono sinteticamente esposte le misure di riduzione delle accise sui prodotti energetici menzionate, con l’indicazione dei provvedimenti che le hanno disposte e la relativa decorrenza:
Prodotto |
Accisa |
Provvedimento |
Applicazione |
Benzina |
478,4 euro/1000 lt |
art. 1 DL 21/2022 |
22 marzo 2022 -21 aprile 2022 |
478,4 euro/1000 lt |
DM 6 aprile 2022 |
22 aprile 2022 - 2 maggio 2022 |
|
478,4 euro/1000 lt |
DL 38/2022 |
3 maggio 2022 - 8 luglio 2022 |
|
|
|||
Gasolio |
367,4 euro/1000 lt |
art. 1 DL 21/2022 |
22 marzo 2022 - 21 aprile 2022 |
367,4 euro/1000 lt |
DM 6 aprile 2022 |
22 aprile 2022 - 2 maggio 2022 |
|
367,4 euro/1000 lt |
DL 38/2022 |
3 maggio 2022 - 8 luglio 2022 |
|
|
|||
GPL |
182,61/1000 kg |
DM 18 marzo 2022 |
22 marzo 2022 - 21 aprile 2022 |
182,61/1000 kg |
DM 6 aprile 2022 |
22 aprile2022 - 2 maggio 2022 |
|
182,61/1000 kg |
DL 38/2022 |
3 maggio 2022 - 8 luglio 2022 |
|
|
|||
Gas naturale |
0,00331 euro/m3 |
D.L. 201/2011 |
6 dicembre 2011 - 2 maggio 2022 |
0 euro/m3 |
DL 38/2022 |
3 maggio 2022 - 8 luglio 2022 |
La lettera b) del comma 1 riduce dal 22 al 5 per cento l’aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas naturale per autotrazione sempre per il periodo dal 3 maggio 2022 e fino all’8 luglio 2022.
In relazione alle aliquote IVA sui prodotti energetici, si ricorda in questa sede che la legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 506, della legge n. 234 del 2021), facendo seguito a quanto già disposto per il IV trimestre 2021 dall’articolo 2, comma 1 del decreto-legge n. 130 del 2021, ha ridotto al 5 per cento l'aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas metano per combustione per usi civili e industriali, anche con riferimento alle fatture emesse per i consumi dei primi tre mesi del 2022. In caso di somministrazioni sulla base di consumi stimati, l’aliquota IVA del 5 per cento si è applicata anche alla differenza derivante dagli importi ricalcolati sulla base dei consumi effettivi riferibili (anche percentualmente) ai mesi considerati. Si veda al riguardo la Circolare dell’agenzia delle entrate del 3 dicembre 2021, che in quel momento escludeva espressamente dall’aliquota agevolata il gas naturale per autotrazione.
Successivamente l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 17 del 2022 ha ridotto al 5 per cento l’aliquota IVA sul metano per usi civili e industriali dei mesi aprile, maggio e giugno 2022.
Il comma 2, riproponendo quanto già disposto dall’articolo 1, comma 3 del provvedimento in commento prevede che – in dipendenza della rideterminazione dell’aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante, disposta dal citato decreto del 6 aprile 2022 e dalle norme in esame – non trovi applicazione l’aliquota di accisa agevolata sul gasolio commerciale usato come carburante, di cui al numero 4-bis della Tabella A allegata al testo unico delle accise per il periodo dal 22 aprile 2022 all’8 luglio 2022 (403,22 euro per mille litri).
Le norme (a differenza del comma 3 dell’articolo 1) non escludono l’operatività delle aliquote ridotte di accisa, di cui al numero 12 della medesima Tabella A, applicabili alla benzina e al gasolio impiegati per l'azionamento delle autovetture da noleggio da piazza (benzina: 359 euro per mille litri; gasolio: 330 euro per mille litri), che dunque – nel silenzio delle norme in esame – devono ritenersi nuovamente applicabili dal 3 maggio 2022.
Il comma 3 ripropone quanto disposto dal comma 5 dell’articolo 1 del provvedimento in commento, introducendo adempimenti specifici a carico degli esercenti i depositi commerciali di prodotti energetici assoggettati ad accisa (di cui all'articolo 25, comma 1, del Testo unico delle accise), degli esercenti gli impianti di distribuzione stradale di carburanti (di cui al comma 2, lettera b), del medesimo articolo 25) al fine di garantire la corretta applicazione delle aliquote di accisa ridotte dal comma 1.
In particolare si prevede che, in conseguenza delle diminuzioni di accisa disposte dal provvedimento in esame e del decreto ministeriale di aprile 2022, i richiamati soggetti devono trasmettere entro il 15 luglio 2022 all'Ufficio competente per territorio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, con le modalità di cui all'articolo 19-bis del predetto Testo unico, ovvero per via telematica, i dati relativi ai quantitativi di prodotti energetici per cui vigono le riduzioni e gli azzeramenti d’accisa, giacenti nei serbatoi dei relativi depositi e impianti alla data dell’8 luglio 2022.
In estrema sintesi, l’articolo 25 del Testo unico accise assoggetta a uno specifico regime l’esercizio di deposito commerciale di prodotti energetici sottoposti ad accisa e l’attività di distribuzione stradale di carburanti; i titolari devono denunciarne l’esercizio all’Ufficio doganale competente per territorio ed essere titolari di licenza fiscale, nonché – alle condizioni di legge – devono portare a termine specifici adempimenti, anche contabili.
Si prevede inoltre, in considerazione di quanto disposto dalla proroga delle riduzioni di accisa (dal provvedimento in esame e dal decreto ministeriale del 6 aprile 2022) che venga meno l'obbligo di comunicazione dei dati relativi ai quantitativi di benzina e di gasolio usati come carburante giacenti nei serbatoi al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (già previsto dall’articolo 1, comma 5) con salvezza degli eventuali comportamenti omissivi posti in essere.
L’articolo 1, comma 5 – cui si rinvia - dispone che gli esercenti i depositi commerciali di prodotti energetici assoggettati ad accisa e gli esercenti gli impianti di distribuzione stradale di carburanti devono trasmettere all'Ufficio competente per territorio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, per via telematica, i dati relativi ai quantitativi di benzina e di gasolio usato come carburante giacenti nei serbatoi dei relativi depositi e impianti sia al 22 marzo 2022 (data di entrata in vigore del decreto-legge) che al 21 aprile 2022 (trentesimo giorno successivo alla medesima data).
Il comma 4 dispone, nel caso di mancata comunicazione dei dati, che si applichi la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma di denaro da 500 euro a 3.000 euro (prevista dall'articolo 50, comma 1, del testo unico accise) la medesima sanzione è applicata per l’invio delle comunicazioni con dati incompleti o non veritieri.
Il comma 5, con una norma analoga all’articolo 1, comma 7, per prevenire il rischio di manovre speculative derivanti dalla rideterminazione delle aliquote di accisa, prevede il coinvolgimento del Garante per la sorveglianza dei prezzi, il quale, per monitorare l'andamento dei prezzi, anche relativi alla vendita al pubblico, dei prodotti energetici sottoposti ad accisa agevolata (ai sensi del decreto ministeriale del 6 aprile e del provvedimento in esame) praticati nell'ambito dell'intera filiera di distribuzione commerciale dei medesimi prodotti, può avvalersi, tra l'altro, anche del supporto operativo della Guardia di finanza.
Al riguardo si ricorda che l’articolo 7 ha rafforzato le attribuzioni Garante per la sorveglianza dei prezzi, anche con riferimento ai poteri sanzionatori. Si veda la relativa scheda di lettura per ulteriori informazioni.
Più in dettaglio, ai sensi delle norme in esame, il Garante si avvale della collaborazione dei Ministeri, degli enti e degli organismi indicati nell'articolo 2, comma 199, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (oltre ai dati rilevati dall'ISTAT e alla collaborazione dei Ministeri competenti per materia, il comma 199 indica Ismea, Unioncamere, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura) e del supporto operativo del Corpo della Guardia di finanza per monitorare l'andamento dei prezzi, anche relativi alla vendita al pubblico, di benzina e gasolio usato come carburante praticati nell'ambito dell'intera filiera di distribuzione commerciale dei medesimi prodotti. La Guardia di finanza agisce con i poteri di indagine a essa attribuiti ai fini dell'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte dirette (anche ai sensi dei commi 2, lettera m), e 4 dell'articolo 2 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, che attribuiscono al Corpo specifici compiti di accertamento delle violazioni e i poteri dell’amministrazione finanziaria in sede di accertamento fiscale).
Per le finalità di cui al comma in esame e per lo svolgimento dei compiti di polizia economico-finanziaria il Corpo della Guardia di finanza ha accesso diretto, anche in forma massiva, ai dati inerenti alle giacenze dei prodotti energetici dei depositi commerciali assoggettati ad accisa e degli impianti di distribuzione stradale, nonché ai dati contenuti nel documento amministrativo semplificato telematico.
Si rammenta che il DAS - documento di accompagnamento semplificato - è indispensabile per la circolazione di buona parte dei prodotti energetici che hanno assolto l'accisa: è prescritto sia per la circolazione in ambito UE (di prodotti già immessi in consumo in un Paese UE e destinati ad altro Paese UE) sia per la circolazione in ambito nazionale di prodotti assoggettati ad accisa. A fine 2019, il legislatore (articolo 11, comma 1, del DL 26.10.2019, n. 124) ha demandato al Direttore Generale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli la definizione di tempi e modalità di introduzione dell'obbligo di presentazione del DAS esclusivamente in forma telematica. Ai sensi dell’art. 130, comma 1, lett. d), del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, la data di introduzione dell’obbligo è stata fissata al 30 settembre 2020. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) ha fissato le modalità di attuazione della nuova misura adottando la determinazione direttoriale prot. 138764/RU del 10 maggio 2020, entrata in vigore l’11 maggio 2020. Nella stessa viene riportato (art. 18, comma 1) l’obbligo, in capo a ciascun esercente deposito che spedisce benzina e gasolio per uso carburazione ad imposta assolta, di adeguare i propri sistemi elettronici alle disposizioni fissate e di darne comunicazione al competente Ufficio delle dogane.
Inoltre, il medesimo Corpo segnala all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, per l'adozione dei provvedimenti di competenza, elementi, rilevati nel corso delle attività di monitoraggio di cui al presente comma, sintomatici di condotte che possano ledere la concorrenza (ai sensi della legge 10 ottobre 1990, n. 287) o costituire pratiche commerciali scorrette ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
Il comma 6, per prevenire il rischio di manovre speculative derivanti dalla diminuzione dell’aliquota IVA sul gas naturale usato per autotrazione (di cui al comma 1, lettera b) della norma in esame) prevede che si applichino, in quanto compatibili, le medesime disposizioni di cui al precedente comma 5, relativamente al monitoraggio dell'andamento dei prezzi del predetto gas naturale praticati nell'ambito dell'intera filiera di distribuzione commerciale.
Il comma 7 prevede che le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti ai commi 5 e 6 con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Il comma 8, in analogia con quanto già disposto dall’articolo 1, comma 8, consente di rideterminare le aliquote di accisa su benzina, gasolio, GPL e gas naturale usati come carburante con il meccanismo che prevede l’emanazione di un decreto ministeriale, disciplinato all'articolo 1, comma 290, della legge n. 244 del 2007. Detto decreto, ferme restando le condizioni previste dal successivo comma 291 del citato articolo 1 della legge 244 del 2007, può essere adottato anche con cadenza diversa da quella trimestrale attualmente prevista.
Si rammenta che il richiamato comma 290 affida a un decreto ministeriale (decreto del Ministro dell’economia di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, le cui competenze in materia oggi sono transitate al Ministero della transizione ecologica) il compito di accertare le maggiori entrate IVA che derivano da uno scostamento significativo del prezzo internazionale del petrolio greggio espresso in euro, rispetto al prezzo corrispondente indicato nell'ultimo documento di programmazione economico finanziaria, riducendo in misura corrispondente le aliquote di accisa sui prodotti energetici (usati come carburante, ovvero come combustibili per riscaldamento per usi civili, stabilite dal Testo unico accise). Il successivo comma 291 prevede che il decreto ministeriale è emanato - con cadenza ordinariamente trimestrale - se il prezzo del petrolio aumenta in misura pari o superiore, sulla media del periodo, a due punti percentuali rispetto al valore di riferimento, espresso in euro, indicato nel Documento di programmazione economico-finanziaria; il medesimo decreto non può essere adottato ove, nella media del semestre precedente, si verifichi una diminuzione del prezzo, come determinato ai sensi del comma 290, rispetto a quello indicato nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Il decreto può essere adottato al fine di variare le aliquote di accisa, qualora il prezzo del greggio abbia una diminuzione rispetto al valore di riferimento, espresso in euro, indicato nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Il decreto (comma 292), da cui non devono in ogni caso derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, assicura che le eventuali variazioni di aliquote siano effettuate nel rispetto della normativa comunitaria in materia di livelli minimi delle accise.
Inoltre il comma 8 in esame prevede che detto decreto ministeriale può contenere anche disposizioni necessarie a coordinare l’applicazione dell’aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante, diminuita dallo stesso decreto, con l’applicazione dell’aliquota agevolata di accisa sul gasolio commerciale di cui al numero 4-bis della Tabella A del testo unico delle accise (403,22 euro per mille litri; si veda il commento al comma 2).
Esso può inoltre prevedere l’obbligo, stabilendone termini e modalità, da parte degli esercenti i depositi commerciali e degli esercenti gli impianti di distribuzione stradale di carburanti di trasmettere i dati relativi alle giacenze, rilevate presso i rispettivi depositi e impianti, dei prodotti energetici per i quali il decreto ministeriale prevede la riduzione della relativa aliquota di accisa.
Nel caso di mancata comunicazione delle suddette giacenze nonché per l’invio della medesima comunicazione con dati incompleti o non veritieri, trova applicazione la sanzione pecuniaria da 500 euro a 3.000 euro (prevista dall'articolo 50, comma 1, del testo unico accise).
Con finalità di coordinamento, si chiarisce che non trova applicazione l’articolo 1, comma 8, del provvedimento in esame (che, si ricorda, reca disposizioni temporanee, valide fino al 31 dicembre 2022, per la rideterminazione delle aliquote di accisa sui prodotti energetici).
Al riguardo si valuti l’opportunità di meglio coordinare il disposto della norma in esame col richiamato articolo 1, comma 8, dal momento che entrambe le disposizioni incidono sui prodotti energetici assoggettati ad accisa ridotta.
Con il medesimo decreto ministeriale può essere prorogato il periodo di applicazione dell’aliquota IVA al 5 per cento sul gas naturale usato per autotrazione.
Il comma 9, per prevenire il rischio di manovre speculative derivanti dalla diminuzione delle aliquote di accisa stabilita dal predetto decreto ministeriale, prevede l’applicazione delle disposizioni di sorveglianza di cui al comma 5.
Il comma 10 quantifica gli oneri derivanti dalle norme proposte in 2.326,47 milioni di euro per l'anno 2022 e 107,25 milioni di euro per l'anno 2024, cui si provvede ai sensi dell'articolo 38 (disposizione generale di copertura del provvedimento, alla cui scheda di lettura si rinvia).
Articolo 2
(Bonus carburante ai dipendenti)
L’articolo 2, stabilisce che i datori di lavoro privati possono cedere ai propri lavoratori dipendenti dei buoni carburante che non concorrono alla formazione del reddito.
In particolare l’articolo 2, comma 1, a seguito delle modifiche introdotte al Senato, riconosce a tutti i datori di lavoro privati (nel testo precedente alle sole aziende private) la possibilità di assegnare a qualsiasi titolo (nel testo precedente solo gratuitamente) ai propri dipendenti un incentivo sotto forma di buoni benzina o analoghi titoli per un ammontare massimo di 200 euro. La norma stabilisce che per l'anno 2022, l'importo del valore dei buoni sopra descritti, nel limite di 200 euro per lavoratore, non concorre alla formazione del reddito ai sensi dell'articolo 51, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
Si ricorda, a questo proposito, che il sopra ricordato articolo 51, comma 3 del TUIR, prevede, per il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati dalle aziende, la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente fino ad un limite di 258,23 euro. Se il valore è superiore, esso concorre interamente a formare il reddito.
Come specificato nella Relazione illustrativa che accompagna il testo, la norma in esame chiarisce che tali importi riconosciuti dalle aziende sotto forma di buoni carburante sono ulteriori rispetto alla soglia attualmente prevista di esenzione dall’IRPEF e non concorrono alla determinazione della somma dei compensi non monetari corrisposti dall’azienda.
Si valuti l’opportunità di precisare, anche nella norma, quanto indicato nella relazione illustrativa con riguardo al fatto che gli importi riconosciuti dalle aziende sotto forma di buoni carburante non concorrono alla determinazione della somma dei compensi non monetari corrisposti dall’azienda.
In linea generale, si ricorda che l’impresa ha la possibilità di mettere a disposizione del lavoratore determinati beni e servizi che possono essere attribuiti a prescindere dalla retribuzione del dipendente, oppure possono essere collegati alla parte variabile di tale retribuzione, come conversione parziale o integrale del premio di risultato (possibilità che deve essere contemplata dal contratto collettivo aziendale o territoriale). Come sopra menzionato, la legislazione vigente prevede, per il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati dalle aziende, la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente fino ad un limite di 258,23 euro Se il valore è superiore, esso concorre interamente a formare il reddito. Sul punto, si ricorda che l’articolo 6-quinquies del decreto legge n. 41 de 2021 ha esteso al periodo di imposta 2021 la previsione, già vigente per il periodo di imposta 2020, del raddoppio da 258,23 euro a 516,46 euro del limite di esenzione dall’IRPEF per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore.
Riguardo alla determinazione del valore dei beni e dei servizi, ai fini sia del calcolo del limite summenzionato sia dell’eventuale determinazione della base imponibile (per i casi di superamento del medesimo limite):
- trovano applicazione le norme generali sul valore normale dei beni e dei servizi poste dall'articolo 9 del TUIR;
- il comma 3 dell’articolo 51 del TUIR specifica che il valore normale dei generi in natura prodotti dall'azienda e ceduti ai lavoratori è determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni al grossista;
- per le fattispecie concernenti uso promiscuo di veicoli, concessione di prestiti, fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, servizi gratuiti di trasporto ferroviario, si applicano le norme specifiche di cui al comma 4 del citato articolo 51 del testo unico.
Si ricorda inoltre (con riferimento ai lavoratori dipendenti privati) che, ai sensi dell’articolo 1, comma 184, della legge 208 del 2015, le esenzioni di cui ai citati commi 3 e 4 dell’art. 51 del testo unico si applicano, nei medesimi limiti ivi previsti, anche qualora i beni e i servizi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione (parziale o totale) degli emolumenti retributivi di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, o in sostituzione delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.
Il comma 2 stabilisce la copertura finanziaria prevedendo che agli oneri derivanti dalle norme dell’articolo in esame, valutati in 9,9 milioni di euro per l'anno 2022 e 0,9 milioni di euro per l'anno 2023, si provvede ai sensi dell'articolo 38 (alla cui scheda di lettura si rimanda).
Articolo 2-bis
(Disposizioni in materia di carburanti per il volo da diporto sportivo)
L’articolo 2-bis, introdotto dal Senato, reca alcune misure per ridurre l'impatto negativo dell'aumento del costo dei carburanti per il settore del volo da diporto.
Nello specifico la disposizione in esame, al fine di ridurre l'impatto negativo dell'aumento del costo dei carburanti per il settore del volo da diporto sportivo, e al contempo favorire l'approvvigionamento in sicurezza dei velivoli, prevede, subordinatamente all'acquisizione dei necessari atti di assenso, la realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti nelle avio superfici esistenti o di futura realizzazione.
L’articolo 3 prevede il riconoscimento alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese a forte consumo di energia elettrica, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari al 12 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022, qualora il prezzo della stessa, calcolato sulla base della media riferita al primo trimestre 2022, abbia subito un incremento del costo per kWh superiore al 30 per cento rispetto al medesimo trimestre del 2019.
Il comma 1 dell’articolo in esame riconosce alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese forte consumo di energia elettrica di cui al decreto del Ministro dello sviluppo 21 dicembre 2017, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 12 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel secondo trimestre del 2022, comprovato mediante le relative fatture d’acquisto. Il riconoscimento di tale contributo è subordinato alla condizione che il prezzo della componente energetica, calcolato sulla base della media riferita al primo trimestre 2022, al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, abbia subito un incremento del costo per kWh superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.
Le imprese beneficiarie sono, dunque, quelle diverse dalle imprese cd “energivore”, identificate in base alle disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017, pubblicato per comunicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2017. Quest’ultime sono beneficiarie di un distinto credito di imposta, già istituito dall’articolo 14 del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, pari al 20 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2022 e confermato, con alcune modificazioni, dall’articolo 4 del decreto-legge 1 marzo 2022, n. 17, nella stessa misura del 20 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022.
I due decreti-legge hanno previsto il riconoscimento del contributo nei due trimestri a condizione che nel trimestre precedente l’impresa abbia subìto un incremento del costo per KWh superiore al 30 per cento relativo al medesimo periodo dell'anno 2019. Nel secondo trimestre il credito di imposta è riconosciuto anche in relazione alla spesa per l’energia elettrica prodotta dalle imprese e dalle stesse autoconsumata.
La misura del credito di imposta riconosciuto alle imprese energivore è elevata dal 20 al 25 per cento dall’articolo 5 del decreto-legge in esame (si rinvia, pertanto, alla scheda di lettura relativa all’articolo 5 per un ulteriore approfondimento del credito di imposta riconosciuto alle imprese cd “energivore”).
Il contributo, precisa il comma 1, è riconosciuto a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti per l’acquisto della componente energia. Si riportano, di seguito, a titolo indicativo, i dati relativi al prezzo unico nazionale rilevati dal GME nei primi trimestri del 2019 e del 2022.
Prezzo medio d’acquisto – PUN (€/MWh) |
|||
Anno\mese |
Gennaio |
Febbraio |
Marzo |
2019 |
67,65 |
57,67 |
52,88 |
2022 |
224,50 |
211,69 |
322,91* |
* Aggiornato al 24 marzo 2022
Il comma 2 stabilisce le caratteristiche del credito di imposta prevedendo che sia utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante modello F24, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro il 31 dicembre 2022.
Il citato articolo 17 stabilisce che i contribuenti eseguano versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate. La compensazione, sempre secondo il citato articolo 17, deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all'imposta regionale sulle attività produttive, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge.
Al credito di imposta non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
L’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 prevede che i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, in quanto derivanti a agevolazioni concesse alle imprese, possano essere utilizzati nel limite annuale di 250.000 euro e che l'ammontare eccedente debba essere riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive e sia comunque compensabile per l'intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l'eccedenza.
L’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ha stabilito un limite massimo di crediti imposta compensabili ai sensi del citato articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, stabilito, a decorrere dal 1° gennaio 2022, ai sensi dell’articolo 1, comma 72 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022) a 2 milioni di euro, confermando così per gli anni a venire l’importo indicato transitoriamente, per il 2021, dall’articolo 22 del decreto legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis).
Entrambi i limiti (quello di ordine generale previsto dalla legge 388 del 2000 e quello relativo alle agevolazioni stabilito dalla legge 244 del 2007) non si applicano, quindi ai crediti di imposta previsti dalla norma in esame.
Il credito di imposta non concorre alla formazione del reddito di impresa né della base imponibile dell’IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al D.P.R. 917 del 1986. Pertanto, non sono considerati ai fini dell’applicazione dei limiti previsti dal TUIR per la deducibilità degli interessi passivi e delle componenti negative indistintamente riferibili ad attività o beni produttivi di proventi imputabili a reddito e non.
L’articolo 61 del TUIR prevede che gli interessi passivi inerenti all'esercizio d'impresa siano deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Pertanto, gli interessi passivi dei soggetti IRPEF imprenditori sono deducibili pro rata, nella stessa misura in cui i ricavi e proventi dell’impresa sono imponibili.
In base all’articolo 109, comma 5, i componenti negativi diversi dagli interessi passivi e gli oneri fiscali o contributivi sono deducibili ai fini dell’IRES se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e non, essi sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Pertanto, nei casi previsti agli articoli 61 e 109 del TUIR, il credito di imposta previsto all’articolo 3 non concorre a formare l’ammontare dei ricavi e proventi complessivi da imputare al denominatore, il cui aumento determinerebbe una riduzione della parte deducibile degli interessi passivi per i soggetti IRPEF e, per i soggetti IRES, di altre componenti negative indistintamente riferite a beni o attività produttivi di proventi computabili e non computabili ai fini delle imposte sui redditi.
Il credito di imposta, inoltre, è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile IRAP, non porti al superamento del costo sostenuto.
Il comma 3 prevede che, analogamente a quanto previsto per i bonus edilizi, il credito di imposta sia cedibile fino a tre volte, ma solo per intero e che la seconda e la terza cessione possa essere fatta solo a favore di banche, intermediari finanziari, società appartenenti a un gruppo bancario o imprese di assicurazione autorizzate a operare in Italia. Si applica a tali cessioni l’articolo 122-bis, comma 4, del d. l. 34 del 2020, in base al quale i soggetti obbligati al rispetto del d.lgs. 231 del 2007 in materia di antiriciclaggio (in particolare, gli intermediari finanziari), non devono procedere all’acquisizione di un credito d‘imposta in caso di operazione sospetta o qualora sia impossibile effettuare l’adeguata verifica della clientela. I contratti di cessione conclusi in violazione di tali disposizioni sono nulli.
Il comma 3 prevede, inoltre, che in caso di cessione del credito di imposta, le imprese beneficiarie richiedano il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione attestante la sussistenza dei presupposti che danno diritto al credito, che può essere rilasciato dai centri di assistenza fiscale, dagli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro o da soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria.
Si precisa, inoltre, che il cessionario può utilizzare il credito di imposta con le medesime modalità con cui sarebbe utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro il 31 dicembre 2022.
Il comma 3 rinvia poi ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione delle modalità attuative delle disposizioni relative alla cessione e tracciabilità del credito e prevede che queste siano effettuate in via telematica, anche avvalendosi di soggetti che possono essere incaricati della presentazione delle dichiarazioni dei redditi ai sensi dell’articolo 3, comma 3 del D.P.R. n. 322 del 1998, ossia:
§ iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
§ iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;
§ associazioni sindacali di categoria tra imprenditori o che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;
§ centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;
§ altri soggetti individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
L’ultimo periodo del comma 3 prevede l’applicabilità delle disposizioni di cui all’articolo 122-bis, relative alla sospensione, per un periodo non superiore a trenta giorni, degli effetti delle comunicazioni delle cessioni che presentano profili di rischio, nonché, in quanto compatibili, quelle di cui all’articolo 121, commi da 4 a 6, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, sui poteri di controllo e di recupero degli importi non spettanti in capo all’Agenza delle entrate.
L’articolo 122-bis prevede che l’Agenzia delle entrate, entro cinque giorni lavorativi dall’invio della comunicazione dell’avvenuta cessione del credito, sospendere, per un periodo non superiore a trenta giorni, gli effetti delle comunicazioni delle cessioni che presentano profili di rischio in merito alla loro regolarità, ai fini del relativo controllo preventivo.
L’articolo 121, comma 4, prevede che si applichino per norme sulle attribuzioni e i poteri conferiti all’Agenzia delle Entrate dal D.P.R. n. 600 del 1973. Il successivo comma 5 stabilisce che, nel caso risultino non sussistere i requisiti per beneficiare dell’agevolazione, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante, maggiorato degli interessi (stabiliti nella misura del 4 per cento annua dall’art. 20 del D.P.R. 602 del 1973) e della sanzione amministrativa (stabilita dall’art. 13 del D.lgs. n. 471 del 1997 nella misura del 30 per cento nel caso di credito non spettante o dal 100 al 200 per cento nel caso di credito inesistente).
Il comma 4 quantifica in 863,56 milioni di euro per il 2022 gli oneri derivanti dalla misura agevolativa e rinvia all’articolo 38 (alla cui scheda di lettura si rimanda) ai fini della copertura finanziaria.
Il comma 5 affida al Ministero dell’economia e delle finanze il monitoraggio delle fruizioni del credito d’imposta, affinché, in caso riscontri che l’attuazione della norma rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assuma tempestivamente le iniziative legislative che assicurino il rispetto degli equilibri di finanza pubblica.
Articolo 4
(Contributo acquisto gas naturale)
L’articolo 4 riconosce un credito d’imposta per l’acquisto del gas naturale alle imprese diverse da quelle a forte consumo di gas (già agevolate con il decreto-legge 1° marzo 2022 n. 17, cd. Energia) a parziale compensazione dei maggiori costi effettivamente sostenuti per l’acquisto del gas medesimo per usi energetici diversi da quelli termoelettrici.
La disposizione prevede, altresì, che tale credito d'imposta sia cedibile, solo per intero, dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all'albo. In caso di cessione del credito d'imposta, le imprese beneficiarie sono tenute a richiedere il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti.
Il comma 1, dell’articolo 4, introduce un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, per l'acquisto del gas naturale, da riconoscersi alle imprese diverse da quelle a forte consumo del gas medesimo, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l'acquisto di tale prodotto.
In particolare la norma prevede che alle imprese diverse da quelle a forte consumo di gas naturale (di cui all'articolo 5 del decreto-legge 1° marzo 2022 n. 17) è riconosciuto, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l'acquisto del gas naturale, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta.
Tale credito è pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l'acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre solare dell'anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici, qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al primo trimestre 2022, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore dei mercati energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell'anno 2019.
Si ricorda che l’articolo 5 del sopra citato decreto-legge 1° marzo 2022 n. 17, attualmente all’esame della Camera dei deputati, riconosce alle imprese a forte consumo di gas naturale (cosiddetti gasivore) che hanno subito un significativo incremento del relativo costo, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari al pari al 15 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici.
Le imprese a forte consumo di gas naturale sono identificate, facendo riferimento alle disposizioni del decreto del Ministro della Transizione ecologica 21 dicembre 2021, come quelle che:
§ operano nei settori elencati nell'allegato 1 al medesimo decreto;
§ che hanno un consumo medio di gas naturale, calcolato per il periodo di riferimento, pari ad almeno 1 GWh/anno (ovvero 94.582 Sm3/anno, considerando un potere calorifico superiore per il gas naturale pari a 10,57275 kWh/Sm3); e
§ hanno consumato, nel primo trimestre solare dell’anno 2022, un quantitativo di gas naturale per usi energetici non inferiore al 25 per cento di tale volume di gas naturale (indicato all’articolo 3, comma 1, del medesimo decreto), al netto dei consumi di gas naturale impiegato in usi termoelettrici.
Per "periodo di riferimento" si intende, per l'anno di competenza “N” in cui si fruisce dell'agevolazione, il triennio che va da “N-4” a “N-2”, salvo che per le imprese di più recente costituzione. Al riguardo, si rappresenta che la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), nel rispetto delle disposizioni impartite dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), è tenuta a costituire, in riferimento a ciascun anno di competenza, l’Elenco delle imprese a forte consumo di gas naturale.
Il contributo è destinato a tali imprese, là dove risulti un incremento significativo del costo dell'energia, ovvero nel caso in cui il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al medesimo trimestre, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore del Mercati Energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al primo trimestre dell’anno 2019.
Il comma 2 specifica che il credito d'imposta:
§ è utilizzabile esclusivamente in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, n. 241) a cui non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007 e di cui all'articolo 34 della legge n. 388 del 2000.
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 22 del decreto legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) aveva modificato per l'anno 2021 il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili per soggetti intestatari di conto fiscale individuato dal menzionato articolo 34, elevandolo a 2 milioni di euro. Tale limite è stato reso strutturale dalla legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, comma 72 della legge n. 234 del 2021) a decorrere dal 2022. Resta fermo il limite di compensazione annuale per le agevolazioni alle imprese, di cui alla già menzionata legge n. 244 del 2007, pari a 250.000 euro.
§ non concorre alla formazione del reddito d'impresa, né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);
§ non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR), né rispetto ai criteri di inerenza delle altre spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR;
§ è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
Il comma 3 prevede che il credito d’imposta introdotto dalla disposizione in esame possa essere ceduto e, al fine di armonizzare tale disciplina a quella già prevista per i bonus edilizi, pone alcune condizioni. In particolare, la norma prevede che il credito d'imposta è cedibile, solo per intero, dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione.
La norma fa salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di:
§ banche e intermediari finanziari iscritti all'albo previsto dall'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385);
§ società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all'albo di cui all'articolo 64 del predetto testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia ovvero imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.
Resta ferma per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima, l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 122-bis, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, che prevede che gli intermediatori bancari e finanziari (soggetti obbligati individuati all’articolo 3 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231) che intervengono nelle cessioni comunicate non procedono all’acquisizione del credito in tutti i casi in cui ricorrono i presupposti di cui agli articoli 35 e 42 del predetto decreto legislativo n. 231 del 2007 ovvero nei casi di invio di segnalazione di operazione sospetta e di obbligo di astensione nell'impossibilità oggettiva di effettuare l'adeguata verifica della clientela.
La norma chiarisce, inoltre, che i contratti di cessione conclusi in violazione della disciplina introdotta dal comma in esame sono nulli.
In caso di cessione del credito d'imposta, le imprese beneficiarie richiedono il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto al credito d'imposta.
Il richiamato visto di conformità è rilasciato dai:
§ soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3, dell'articolo 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, (regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto), ovvero:
- gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
- i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;
§ responsabili dell'assistenza svolta nei centri di assistenza fiscale previsti dall'articolo 32 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997, ovvero da:
- associazioni sindacali di categoria fra imprenditori, presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, istituite da almeno dieci anni;
- associazioni sindacali di categoria fra imprenditori, istituite da almeno dieci anni, diverse da quelle indicate sopra, non concorrono alla determinazione della somma dei compensi non monetari corrisposti dall’azienda se, con decreto del Ministero delle finanze, ne è riconosciuta la rilevanza nazionale con riferimento al numero degli associati, almeno pari al 5 per cento degli appartenenti alla stessa categoria, iscritti negli appositi registri tenuti dalla camera di commercio, nonché all'esistenza di strutture organizzate in almeno 30 province;
- organizzazioni aderenti alle associazioni sopra indicate, previa delega della propria associazione nazionale;
- organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti e pensionati od organizzazioni territoriali da esse delegate, aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti;
- sostituti di imposta sui redditi di lavoro dipendente (di cui all'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) aventi complessivamente almeno cinquantamila dipendenti;
- associazioni di lavoratori promotrici di istituti di patronato riconosciuti, aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti.
Il credito d'imposta è utilizzato dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro la medesima data del 31 dicembre 2022.
L’Agenzia delle entrate, con proprio provvedimento, disciplinerà le modalità attuative delle disposizioni relative alla cessione e alla tracciabilità del credito d'imposta, da effettuarsi in via telematica, anche avvalendosi dei soggetti previsti dal sopra citato comma 3, dell'articolo 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.
La disposizione chiarisce che comunque si applicano alla disciplina introdotta dall’articolo in esame le disposizioni di cui all'articolo 122-bis, nonché, in quanto compatibili, quelle di cui all'articolo 121, commi da 4 a 6, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, ovvero le norme che recano misure di contrasto alle frodi in materia di cessioni dei crediti, di rafforzamento dei controlli preventivi e di recupero da parte dell’Agenzia delle entrate dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante.
Il comma 4 stabilisce la copertura finanziaria, prevedendo che agli oneri derivanti dall'utilizzo della misura agevolativa (valutati in 237,89 milioni di euro per l'anno 2022) si provvede ai sensi dell'articolo 38 (alla cui scheda di lettura si rimanda).
Il comma 5 stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze effettua il monitoraggio delle fruizioni del credito d'imposta di cui al presente articolo, ai fini di quanto previsto in materia di copertura finanziaria delle leggi dall'articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
Si ricorda che il richiamato comma 13 prevede, tra l’altro, che il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. La medesima procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri.
Articolo 5
(Incremento del credito d’imposta
in favore delle imprese energivore e gasivore)
L’articolo 5 incrementa i contributi straordinari, sotto forma di credito d'imposta, riconosciuti dal decreto legge n. 17 del 2022 alle imprese a forte consumo di energia elettrica (energivore) e alle imprese a forte consumo di gas naturale (gasivore). Per le energivore, viene incrementata dal 20 al 25 per cento la quota delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022, oggetto del contributo straordinario. Per le gasivore viene incrementata dal 15 al 20 per cento la quota della spesa sostenuta per l’acquisto del gas naturale, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici, oggetto del contributo straordinario.
L'articolo 4, comma 1, del decreto legge n. 17 del 2022 riconosce alle imprese a forte consumo di energia elettrica (cosiddette "energivore") che hanno subito un significativo incremento del relativo costo, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari al 20 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022.
L'articolo 5, comma 1, del decreto in esame incrementa dal 20 al 25 per cento la quota delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022, oggetto del contributo straordinario.
Le imprese a forte consumo di energia elettrica sono identificate, in base alle disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017, come quelle che hanno un consumo medio di energia elettrica, calcolato nel periodo di riferimento, pari ad almeno 1 GWh/anno e che rispettano uno dei seguenti requisiti:
a) operano nei settori dell’Allegato 3 alla Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (estrazione di minerali, produzione di oli e grassi, tessitura, produzione di cemento, fabbricazione di componenti elettronici, etc.);
b) operano nei settori dell’Allegato 5 alla Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (altri settori minerari e manifatturieri non inclusi nell'allegato 3) e sono caratterizzate da un indice di intensità elettrica positivo determinato, sul periodo di riferimento, in relazione al valor medio triennale del valore aggiunto lordo a prezzi di mercato non inferiore al 20 per cento;
c) non rientrano fra quelle di cui ai precedenti punti a) e b), ma sono ricomprese negli elenchi delle imprese a forte consumo di energia redatti, per gli anni 2013 o 2014, dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) in attuazione dell’articolo 39 del decreto legge n. 83 del 2012;
Per "periodo di riferimento" si intende, per l'anno di competenza “N” in cui si fruisce dell'agevolazione, il triennio che va da “N-4” a “N-2”, salvo che per le imprese di più recente costituzione.
Il contributo è destinato a tali imprese, là dove risulti un incremento significativo del costo dell'energia, ovvero nel caso in cui i cui costi per kWh della componente energia elettrica, calcolati sulla base della media del primo trimestre 2022 ed al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, subiscano un incremento superiore al 30 per cento relativo al medesimo periodo dell'anno 2019, anche tenuto conto di eventuali contratti di fornitura di durata stipulati dall'impresa.
Il comma 2 dell'articolo 4 del decreto legge n. 17 del 2022 chiarisce che il credito di imposta è riconosciuto anche in relazione alla spesa per l’energia elettrica prodotta e autoconsumata dalle imprese energivore nel secondo trimestre 2022. In tal caso, l’incremento del costo è calcolato con riferimento alla variazione del prezzo unitario dei combustibili acquistati ed utilizzati dall’impresa per la produzione della medesima energia elettrica e il credito di imposta è determinato con riguardo al prezzo convenzionale dell’energia elettrica pari alla media, relativa al secondo trimestre 2022, del prezzo unico nazionale dell’energia elettrica (PUN, ovvero il prezzo di riferimento dell'energia elettrica in Italia acquistata alla borsa elettrica).
Similmente, l'articolo 5, comma 1, del decreto legge n. 17 del 2022 riconosce alle imprese a forte consumo di gas naturale (cosiddette "gasivore") che hanno subito un significativo incremento del relativo costo, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari al pari al 15 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici.
L'articolo 5, comma 2, del decreto in esame incrementa dal 15 al 20 per cento la quota delle spese sostenute oggetto del contributo straordinario.
Le imprese a forte consumo di gas naturale sono identificate (comma 2), facendo riferimento alle disposizioni del decreto del Ministro della Transizione ecologica 21 dicembre 2021, come quelle che:
a) operano nei settori elencati nell'allegato 1 al medesimo decreto;
b) che hanno un consumo medio di gas naturale, calcolato per il periodo di riferimento, pari ad almeno 1 GWh/anno (ovvero 94.582 Sm3/anno, considerando un potere calorifico superiore per il gas naturale pari a 10,57275 kWh/Sm3); e
c) hanno consumato, nel primo trimestre solare dell’anno 2022, un quantitativo di gas naturale per usi energetici non inferiore al 25 per cento di tale volume di gas naturale (indicato all’articolo 3, comma 1, del medesimo decreto), al netto dei consumi di gas naturale impiegato in usi termoelettrici.
Per "periodo di riferimento" si intende, per l'anno di competenza “N” in cui si fruisce dell'agevolazione, il triennio che va da “N-4” a “N-2”, salvo che per le imprese di più recente costituzione. Al riguardo, si rappresenta che la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), nel rispetto delle disposizioni impartite dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), è tenuta a costituire, in riferimento a ciascun anno di competenza, l’Elenco delle imprese a forte consumo di gas naturale.
Il contributo è destinato a tali imprese, là dove risulti un incremento significativo del costo dell'energia, ovvero nel caso in cui il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al medesimo trimestre, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore del Mercati Energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al primo trimestre dell’anno 2019.
Entrambi gli articoli 4 e 5 del decreto legge n. 17 del 2022 specificano che il credito d'imposta:
§ è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, n. 241. Non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007, e di cui all'articolo 34 della legge n. 388 del 2000. Al riguardo, si ricorda che l’articolo 22 del decreto legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) aveva modificato per l'anno 2021 il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili per soggetti intestatari di conto fiscale individuato dal menzionato articolo 34, elevandolo a 2 milioni di euro. Tale limite è stato reso strutturale dalla legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, comma 72 della legge n. 234 del 2021) a decorrere dal 2022. Resta fermo il limite di compensazione annuale per le agevolazioni alle imprese, di cui alla già menzionata legge n. 244 del 2007, pari a 250.000 euro.
§ non concorre alla formazione del reddito d'impresa né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);
§ non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR), né rispetto ai criteri di inerenza delle altre spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR;
§ è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
Il comma 3 reca la stima dell'incremento di oneri, pari a 460,12 milioni di euro per l'anno 2022. In base alle quantificazioni già formulate dagli articoli 4 e 5 del decreto legge n. 17 del 2022, l'onere complessivo delle misure oggetto dell'articolo in esame è pari a 1.682,32 milioni di euro.
Articolo 5-bis
(Misure urgenti per incrementare la produzione
di energia elettrica da biogas)
L’articolo 5-bis, introdotto al Senato, interviene sulla produzione di energia da biogas, consentendo - al fine di contribuire all'indipendenza energetica da fonti di importazione e di favorire la produzione rinnovabile in ambito agricolo - il pieno utilizzo della capacità tecnica installata di produzione per gli impianti già in esercizio, oltre la potenza nominale di impianto e la potenza di connessione in immissione già contrattualizzata, nei limiti della capacità tecnica degli impianti e della connessione alla rete, nel rispetto della normativa vigente in materia di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione integrata ambientale.
L’articolo 5-bis, di cui si propone l’introduzione in sede referente, interviene sulla produzione di energia da biogas.
L’articolo aggiuntivo - al fine di contribuire all'indipendenza energetica da fonti di importazione e di favorire la produzione rinnovabile in ambito agricolo – al comma 1 consente il pieno utilizzo della capacità tecnica installata di produzione per gli impianti già in esercizio (alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto), oltre la potenza nominale di impianto e la potenza di connessione in immissione già contrattualizzata, nei limiti della capacità tecnica degli impianti e della connessione alla rete, nel rispetto della normativa vigente in materia di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione integrata ambientale.
Si ricorda che per potenza nominale dell’impianto si intende il valore che è stato definito nell’ambito dell’istruttoria per l’accesso agli incentivi.
Il comma 2 sottopone la produzione aggiuntiva ad alcune condizioni:
a) la produzione di energia elettrica aggiuntiva rispetto alla potenza nominale dell'impianto non è incentivata, per cui non ci sono effetti sulle bollette e sugli oneri generali di sistema;
b) l'ulteriore utilizzo di capacità produttiva nei limiti del 20 per cento dei parametri vigenti non è subordinato all'acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati;
c) l'utilizzo di capacità produttiva oltre il limite del 20% appena citato richiede una modifica del contratto esistente di connessione alla rete, ma non è in linea di principio precluso.
La produzione di energia da biogas è stata recentemente oggetto di modifica da parte dell’articolo 12-bis del decreto-legge n. 17/2022, convertito con modificazioni in legge n. 36/2022, in base al quale che ha consentito di ammettere negli impianti di produzione di biogas e di biometano i sottoprodotti provenienti da attività agricola, di allevamento, dalla gestione del verde e da attività forestale e i sottoprodotti provenienti da attività alimentari ed agroindustriali.
Nel Rapporto delle attività 2020 del Gestore dei servizi energetici (GSE), pubblicato il 25 maggio 2021, è stata pubblicata la seguente Tabella sulla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
In sede parlamentare, una ricognizione del contributo del biogas alla produzione energetica è stata illustrata nelle memorie del Consorzio Italiano Biogas (CIB) e della Federazione italiana produttori di energia da fonti rinnovabili (FIPER), cui si fa rinvio.
Articolo 5-ter
(Ricerca e formazione INPS)
L’articolo 5-ter, introdotto dal Senato, amplia le funzioni e le finalità dell’INPS alle attività di ricerca e formazione.
Nel dettaglio, la disposizione inserisce i commi 3-bis, 3-ter e 3–quater all’art.1, L. 88/1989, prevedendo che l’INPS svolga anche attività di ricerca, aggiornamento, perfezionamento e formazione post-laurea, nelle materie di propria competenza, per i dipendenti INPS e per gli iscritti alle gestioni “Unitaria prestazioni creditizie e sociali”, “Assistenza magistrale” e “Assistenza Ipost”, nonché attività di divulgazione scientifica, anche su commissione, finanziate da soggetti pubblici e privati, nelle stesse materie (comma 3-bis).
L’organizzazione e il funzionamento di tale attività è disciplinata con regolamento interno dell’INPS, nell’ambito delle risorse umane previste a legislazione vigente (comma 3-ter) e ai relativi oneri si provvede nei limiti delle risorse finanziarie stanziate nel bilancio dell’INPS per le spese di funzionamento (comma 3-quater).
Si ricorda che l’art.1, L. 88/1989, disciplina le funzioni e finalità dell’INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale), ente pubblico erogatore di servizi, sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e del Ministero del tesoro (comma 1).
L'INPS, nel quadro della politica economica generale, adempie alle funzioni attribuitegli con criteri di economicità e di imprenditorialità, adeguando autonomamente la propria organizzazione all'esigenza di efficiente e tempestiva acquisizione dei contributi ed erogazione delle prestazioni. Alle medesime finalità deve conformarsi l'azione di controllo e di vigilanza sull'attività dell'Istituto (comma 2).
Tra gli scopi istituzionali dell'Istituto rientra anche la gestione di forme di previdenza integrativa nell'ambito delle disposizioni generali derivanti da leggi o regolamenti (comma 3).
L'esercizio delle attività relative alla gestione di forme di previdenza integrativa deve essere effettuato dall'INPS sulla base di un bilancio annuale di previsione separato da quello afferente agli altri fondi amministrati (comma 4).
Articolo 5-quater
(Depositi fiscali)
L’articolo 5-quater prevede che, in luogo della sospensione dell'autorizzazione alla gestione di impianti commerciali in regime di deposito fiscale per il venir meno dei requisiti di legge, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, su istanza del depositario autorizzato, consente allo stesso soggetto di proseguire l’attività in regime di deposito fiscale, per dodici mesi decorrenti dalla data in cui è constatata l’assenza delle condizioni di cui al predetto comma 4, subordinatamente alla sussistenza di un’apposita garanzia, prestata dal medesimo depositario, pari al cento per cento dell’accisa dovuta.
In particolare, l'articolo 5-quater, inserito dal Senato, al comma 1 aggiunge un periodo alla fine dell'articolo 23, comma 12, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative (Testo unico delle accise - TUA), di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, riguardante la verifica delle condizioni per la gestione di impianti commerciali in regime di deposito fiscale.
Il vigente comma 12 dell’articolo 23 attribuisce all'Agenzia delle dogane e dei monopoli il compito di verificare la permanenza delle condizioni previste dal comma 4 (ammontare minimo delle forniture e legame con depositi fiscali delle vicinanze - si veda il box seguente per maggiori dettagli) del medesimo articolo per la gestione di impianti commerciali in regime di deposito fiscale. Nel caso esse non possano ritenersi sussistenti, l'autorizzazione viene sospesa fino a quando non ne sia comprovato il ripristino entro il termine di un anno, alla scadenza del quale viene revocata.
In base alla modifica prevista dall'articolo in esame in luogo della predetta sospensione, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, su istanza del depositario autorizzato, consente allo stesso soggetto di proseguire l’attività in regime di deposito fiscale, per dodici mesi decorrenti dalla data in cui è constatata l’assenza delle condizioni di cui al predetto comma 4, subordinatamente alla sussistenza di un’apposita garanzia prestata dal medesimo depositario. In ciascuno dei dodici mesi tale garanzia deve risultare pari al cento per cento dell’accisa dovuta sui prodotti energetici estratti dal deposito fiscale nel mese solare precedente; la garanzia è prestata o adeguata in danaro o in titoli di stato. Decorsi i dodici mesi senza che sia comprovato il ripristino delle condizioni di cui al comma 4, l’autorizzazione ad operare in regime di deposito fiscale è revocata e viene rilasciata, su richiesta dell'esercente il deposito, la licenza fiscale di cui all'articolo 25, comma 4. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità attuative delle disposizioni di cui al presente comma, incluse quelle relative alla prestazione della garanzia.
Il comma 2 dell'articolo 5-quater prevede che, per il periodo di dodici mesi di cui all’articolo 23, comma 12, del TUA, ai fini dell’IVA dovuta sui prodotti energetici estratti dal deposito fiscale, non trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 941, della legge n. 205 del 2017.
Si ricorda che i commi da 937 a 944 dell’articolo 1 della legge n. 205 del 2017 hanno introdotto misure di contrasto all'evasione IVA perpetrata in relazione all'introduzione, nel mercato nazionale, di carburanti (gasolio e benzina) acquistati a livello intracomunitario e stoccati presso depositi fiscalmente riconosciuti.
Il comma 941 prevede che le norme sul pagamento anticipato dell’IVA all’estrazione dal deposito e quelle sulla relativa documentazione non si applicano ai carburanti di proprietà del gestore del deposito, a condizione che tale deposito sia di capacità non inferiore a 3.000 metri cubi, dal quale sono immessi in consumo o estratti. Stabilisce quindi una soglia di capacità di stoccaggio (fissata in 3.000 metri cubi), sia per i depositi fiscali che per i depositi dei destinatari registrati, per poter accedere alla deroga.
Il deposito fiscale è l’impianto in cui vengono fabbricati, trasformati, detenuti, ricevuti e spediti prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dei relativi diritti alle condizioni stabilite dall’Amministrazione finanziaria.
La disciplina del deposito fiscale è contenuta nel Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative (Testo unico delle accise - TUA) approvato con decreto legislativo n. 504 del 1995, adottato in coerenza con le disposizioni comunitarie in materia di accisa.
Il regime sospensivo è quel regime fiscale applicabile alla fabbricazione, trasformazione, detenzione e circolazione dei prodotti soggetti ad accisa, fino al momento dell'esigibilità dell'imposta o del verificarsi di una causa estintiva del debito di accisa. Sono escluse dal predetto regime le fabbriche di prodotti tassati su base forfettaria
Per l’apertura di un deposito fiscale è necessaria l’autorizzazione dell'Amministrazione finanziaria. Per i prodotti diversi dai tabacchi lavorati, l’esercizio del deposito fiscale è subordinato al rilascio di una licenza. Il procedimento parte con la richiesta di istituzione presentata dall’interessato e si conclude con l’emissione dell’autorizzazione alla gestione in regime di deposito fiscale dell’impianto, dopo l’attribuzione di un codice accisa. La regolamentazione dei depositi fiscali si differenzia in relazione agli specifici settori d’imposta. In particolare, il regime del deposito fiscale è consentito con riferimento ai prodotti energetici, per le raffinerie, gli stabilimenti di produzione e gli impianti petrolchimici. Inoltre, un deposito commerciale può essere autorizzato ad operare come deposito fiscale, verificato il soddisfacimento di particolari presupposti e di determinate condizioni di operatività. Con riferimento ai prodotti alcolici, il regime è consentito per le distillerie e gli opifici di rettificazione (alcole etilico), gli stabilimenti di produzione (prodotti alcolici intermedi), le fabbriche e gli annessi opifici di condizionamento (birra), le cantine e gli stabilimenti di produzione (vino e bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra).
Per altre tipologie di impianti, il regime del deposito fiscale può essere autorizzato quando è funzionale a soddisfare oggettive condizioni di operatività dell'impianto che afferiscono a distinte tipologie di depositi di stoccaggio.
Ai sensi dell'articolo 5 del Testo unico delle accise, il depositario è obbligato:
a) fatte salve le disposizioni stabilite per i singoli prodotti, a prestare cauzione nella misura del 10 per cento dell'imposta che grava sulla quantità massima di prodotti che possono essere detenuti nel deposito fiscale, in relazione alla capacità di stoccaggio dei serbatoi utilizzabili e, in ogni caso, l'importo della cauzione non può essere inferiore all'ammontare dell'imposta che mediamente viene pagata alle previste scadenze. In presenza di cauzione prestata da altri soggetti, la cauzione dovuta dal depositario si riduce di pari ammontare. Sono esonerate dall'obbligo di prestazione della cauzione le amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici. L'Amministrazione finanziaria ha facoltà di esonerare dal predetto obbligo le ditte affidabili e di notoria solvibilità. Tale esonero può essere revocato nel caso in cui mutino le condizioni che ne avevano consentito la concessione ed in tal caso la cauzione deve essere prestata entro quindici giorni dalla notifica della revoca;
b) a conformarsi alle prescrizioni stabilite per l'esercizio della vigilanza sul deposito fiscale;
c) a tenere una contabilità dei prodotti detenuti e movimentati nel deposito fiscale;
d) ad introdurre nel deposito fiscale e a iscrivere nella contabilità di cui alla lettera c), al momento della presa in consegna, tutti i prodotti ricevuti sottoposti ad accisa;
e) a presentare i prodotti ad ogni richiesta ed a sottoporsi a controlli o accertamenti.
I depositi fiscali sono assoggettati a vigilanza finanziaria e, salvo quelli che movimentano tabacchi lavorati, si intendono compresi nel circuito doganale; la vigilanza finanziaria deve assicurare, tenendo conto dell'operatività dell'impianto, la tutela fiscale anche attraverso controlli successivi. Il depositario autorizzato deve fornire i locali occorrenti con l'arredamento e le attrezzature necessarie e sostenere le relative spese per il funzionamento; sono a carico del depositario i corrispettivi per l'attività di vigilanza e di controllo svolta, su sua richiesta, fuori dell'orario ordinario d'ufficio.
Fatte salve le disposizioni stabilite per i depositi fiscali dei singoli prodotti, l'inosservanza degli obblighi stabiliti dal presente articolo nonché del divieto di estrazione, indipendentemente dall'esercizio dell'azione penale per le violazioni che costituiscono reato, comporta la revoca della licenza fiscale di esercizio.
Il deposito fiscale di prodotti energetici
La disciplina dei depositi fiscali di prodotti energetici è contenuta nell'articolo 23 del TUA, così come interamente sostituito dall'articolo 1, comma 535, lettera e) della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016). La novella persegue l'intento, esplicitato nella relazione illustrativa del provvedimento, di prevenire e contrastare in maniere più efficace i fenomeni di illegalità.
L'articolo novellato ha confermato il regime del deposito fiscale - ope legis - per le raffinerie e per gli altri stabilimenti di produzione di prodotti energetici allorché vengano realizzati (comma 1):
a) i prodotti energetici per i quali il testo unico delle accise prevede uno specifico livello di tassazione;
b) anche gli altri prodotti energetici, se destinati ad essere impiegati come carburanti o combustibili;
c) qualsiasi altro prodotto destinato ad essere utilizzato come carburante o qualsiasi altro idrocarburo destinato ad essere utilizzato come combustibile.
L’esercizio degli impianti è subordinato al rilascio della licenza fiscale (comma 2). I depositi commerciali di gas di petrolio liquefatti di capacità non inferiore a 400 metri cubi e i depositi commerciali di altri prodotti energetici di capacità non inferiore a 10.000 metri cubi possono essere autorizzati ad operare in regime di deposito fiscale laddove sussistano effettive necessità operative e di approvvigionamento dell'impianto.
Le modifiche apportate dalla legge di bilancio 2017 rispetto alla normativa precedente tengono conto delle innovazioni introdotte dall’articolo 57 del decreto-legge n. 5 del 2012, che ha ricondotto in capo al Ministero dello sviluppo economico la competenza al rilascio delle autorizzazioni degli impianti individuati come strategici, annoverando tra questi i depositi di prodotti energetici, escluso il gpl, aventi una capacità non inferiore a 10.000 mc e i depositi di gpl di capacità non inferiore a 200 tonnellate vale a dire 400 mc.
Ai sensi del comma 4, la gestione in regime di deposito fiscale può essere, altresì, autorizzata per i depositi commerciali di gas di petrolio liquefatti di capacità inferiore, per i quali l’autorizzazione ad operare in regime di deposito fiscale è subordinata anche ad una delle seguenti ulteriori condizioni oggettive:
a) il deposito effettua forniture di prodotto in esenzione da accisa o ad accisa agevolata o trasferimenti di prodotti energetici in regime sospensivo verso Paesi dell'Unione europea ovvero esportazioni verso Paesi extra UE, in misura complessiva pari ad almeno il 30 per cento del totale delle estrazioni di un biennio;
b) il deposito è propaggine di un deposito fiscale ubicato nelle immediate vicinanze appartenente allo stesso gruppo societario o, se di diversa titolarità, è stabilmente destinato ad operare al servizio del predetto deposito.
Il comma 5 conferma che anche l’esercizio in regime di deposito fiscale dei depositi a fini commerciali è subordinato al rilascio della licenza fiscale.
Il comma 6 disciplina le cause ostative di natura soggettiva che impediscono il rilascio dell’autorizzazione ad operare in regime di deposito fiscale, per i depositi commerciali di prodotti energetici. In particolare, l’'autorizzazione è negata ai soggetti nei cui confronti, nel quinquennio antecedente la richiesta, sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna (ai sensi dell'articolo 648 del codice di procedura penale), ovvero sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta (articolo 444 c.p.p.) per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare e per i delitti non colposi commessi contro la pubblica amministrazione, contro l’ordine pubblico, contro la fede pubblica, contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio e contro il patrimonio (previsti dai Titoli II, V, VII, VIII e XIII del Libro secondo del codice penale), per i quali sia prevista la pena della reclusione.
L’autorizzazione è negata anche ai soggetti nei confronti dei quali siano in corso procedure concorsuali (ovvero siano state definite nell'ultimo quinquennio), nonché ai soggetti che abbiano commesso violazioni gravi e ripetute, per loro natura od entità, alle norme in tema di accisa, IVA e tributi doganali, in relazione alle quali siano state contestate sanzioni amministrative nell'ultimo quinquennio.
Il comma 7 disciplina i casi di sospensione dell'istruttoria per il rilascio dell'autorizzazione. Essa rimane sospesa fino al passaggio in giudicato della sentenza conclusiva del procedimento penale, qualora nei confronti del soggetto istante sia stato emesso (articolo 424 c.p.p.) un decreto che dispone il giudizio per uno dei reati indicati nel già menzionato comma 6.
Il comma 8 prevede i casi di sospensione dell'autorizzazione da parte dell'Autorità giudiziaria. Essa può essere richiesta dall'Agenzia delle dogane nei confronti del depositario autorizzato per il quale sia stato emesso decreto che dispone il giudizio per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare. L'autorizzazione è in ogni caso sospesa dall'Agenzia laddove venga pronunciata nei confronti del depositario autorizzato sentenza di condanna non definitiva, con applicazione della pena della reclusione, per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare. Il provvedimento di sospensione ha effetto fino alla emissione della sentenza irrevocabile.
Il comma 9 disciplina la revoca dell'autorizzazione all’esercizio in deposito fiscale degli impianti commerciali. Essa opera nel caso di sentenza irrevocabile di condanna o di sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta per i reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare, per i quali sia prevista la pena della reclusione.
Il comma 10 riguarda invece le ipotesi di negazione, sospensione o revoca della licenza all’esercente il deposito fiscale. In particolare la licenza è negata, sospesa, e revocata allorché ricorrano rispettivamente le condizioni di cui ai già commentati commi 6, 8 e 9 (con riferimento alle ipotesi di negazione, sospensione e revoca dell’autorizzazione); analogamente, l'istruttoria per il rilascio è sospesa allorché ricorrano le condizioni di cui al comma 7.
Il comma 11 disciplina l’ipotesi in cui i gestori dei depositi sono persone giuridiche e società. in tal caso l'autorizzazione e la licenza sono negate, revocate o sospese, ovvero il procedimento per il rilascio delle stesse è sospeso, allorché le situazioni di cui ai già visti commi da 6 a l0 ricorrano, alle condizioni i vi previste, con riferimento a persone che ne rivestono ruoli apicali (funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione, nonché a persone che ne esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo).
Ai sensi del comma 12 dell’articolo 23, spetta all'Agenzia delle dogane e dei monopoli il compito di verificare la permanenza delle condizioni previste dal comma 4 per la gestione di impianti commerciali in regime di deposito fiscale. Nel caso esse non possano ritenersi sussistenti, l'autorizzazione viene sospesa fino a quando non ne sia comprovato il ripristino entro il termine di un anno, alla scadenza del quale viene revocata. Contestualmente all'emissione del provvedimento di sospensione di cui al periodo precedente, viene rilasciata, su richiesta dell'esercente il deposito, la licenza all’esercizio del deposito.
Il comma 13 conferma la facoltà dell’Agenzia di prescrivere nei depositi fiscali l’installazione di appositi strumenti di misura e di adottare sistemi di verifica e controllo utilizzando tecniche telematiche ed informatiche. Ai sensi del comma 14, l’Agenzia può procedere, negli stabilimenti di produzione o nei depositi dotati di un idoneo sistema di controllo informatizzato della produzione, detenzione o movimentazione dei prodotti, all’accertamento e alla liquidazione dell’imposta avvalendosi di dati rilevati dal predetto sistema.
Il comma 15 conferma il divieto di detenere, nei recinti dei depositi fiscali, prodotti energetici di cui all'articolo 21, comma 2, ad imposta assolta, eccetto quelli strettamente necessari per il funzionamento degli impianti, stabiliti per quantità e qualità dal competente ufficio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e quelli ricevuti ed introdotti ai sensi dell'articolo 8-bis.
Si consente che i prodotti già immessi in consumo (comma 16) possano essere reintrodotti in deposito fiscale qualora debbano essere sottoposti a miscelazione.
Infine, il comma 17 conferma la vigente esclusione dalle predette norme di alcuni prodotti energetici: gas naturale (codici NC 2711 Il 00 e 2711 21 00), carbone (codice NC 2701), lignite (codice NC 2702) e coke (codice NC 2704).
Le modifiche apportate in tema di deposito fiscale dalla legge di bilancio 2017 hanno effetto a decorrere dal terzo anno successivo a quello di entrata in vigore della legge medesima, dunque dall’anno 2020.
Articolo 6
(Bonus sociale elettricità e gas)
L’articolo 6, comma 1, estende la platea dei beneficiari dei bonus sociali per l’energia elettrica ed il gas, elevando, per il periodo 1 aprile – 31 dicembre 2022, da 8.265 euro a 12.000 euro il valore soglia dell’ISEE per l’accesso delle famiglie economicamente svantaggiate ai bonus in questione. Il comma 2 quantifica gli oneri derivanti dalla misura in esame in 102,8 milioni per il 2022, cui si provvede ai sensi dell’articolo 38.
Con le modifiche apportate al Senato, si rinvia alle modalità di cui al decreto-legge n. 17 del 2022 per la fruizione dei bonus nel periodo 1° aprile - 30 giugno 2022, conseguentemente modificando la quantificazione degli oneri finanziari, che viene ricondotta al solo secondo trimestre del 2022.
Il bonus sociale per il disagio economico è ancorato a limiti reddituali e necessita dell’ISEE.
Il bonus è riconosciuto sia per la bolletta del gas, che dell’energia elettrica.
In via ordinaria, limiti di reddito per il bonus sociale sono i seguenti:
§ il cittadino/nucleo familiare deve:
- appartenere ad un nucleo familiare con indicatore ISEE non superiore a 8.265 euro, oppure
- appartenere ad un nucleo familiare con almeno 4 figli a carico (famiglia numerosa) e indicatore ISEE non superiore a 20.000 euro, oppure
- appartenere ad un nucleo familiare titolare di reddito di cittadinanza o pensione di cittadinanza.
Con i bonus, non vengono corrisposte somme al beneficiario, ma gli importi del bonus vengono compensati nella bolletta. L'importo del bonus viene scontato direttamente sulla bolletta elettrica suddiviso nelle diverse bollette corrispondenti ai consumi dei 12 mesi successivi alla presentazione della domanda. Ogni bolletta riporta una parte del bonus proporzionale al periodo cui la bolletta fa riferimento.
Si rammenta che, per far fronte al caro energia, integrazioni ai bonus per il settore elettrico e del gas sono state autorizzate sia per il IV trimestre 2021, per il I trimestre 2022 e per il II trimestre 2022, rispettivamente dal decreto-legge n. 130/2021, dalla legge di bilancio 2022 (L. n. 178/2021) e dal decreto-legge n. 17/2022, in corso di conversione.
Come evidenzia la relazione tecnica al provvedimento in esame, i percettori dei bonus non hanno visto nessun aumento a partire da ottobre, in quanto, per tale platea, il bonus integrativo ha annullato tutti gli aumenti, oltre, ovviamente, alla riduzione delle componenti di oneri come la generalità degli utenti.
In particolare, i bonus integrativi sono stati disposti da:
§ l’articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 130/2021, ha provveduto per il IV trimestre 2021 (periodo di competenza delle fatturazioni compreso tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021). I bonus sono stati resi operativi con la Delibera attuativa ARERA 396/2021/R/Com.
Come chiarito dall’Autorità, l’ammontare dei bonus sociali integrativi si somma a quelli delle compensazioni già riconosciute ai clienti del settore elettrico e ai clienti diretti del settore gas in stato di disagio economico (di cui alle Tabelle 1 e 2 dell’Appendice 2 all’Allegato A alla deliberazione 63/2021/R/com) e ai clienti del settore elettrico in stato di disagio fisico (di cui alla Tabella 1 dell’Appendice 2 all’Allegato D alla deliberazione 63/2021/R/com);
§ l’articolo 1, comma 508, della legge di bilancio per l’anno 2022 (l. n. 234/2021) ha provveduto per il I trimestre 2022 (periodo di competenza delle fatturazioni compreso tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2022). Per questo trimestre è intervenuta la Delibera attuativa ARERA 635/2021/R/Com. L'Autorità, nella audizione dell’8 febbraio 2022, ha rilevato che il potenziamento dei bonus, per il solo primo trimestre 2022, ha il fine di sostenere le famiglie in difficoltà con circa 600 euro, di cui 200 euro per l'elettricità (famiglia con 3-4 componenti) e 400 euro per il gas (famiglia fino a 4 componenti, con riscaldamento a gas in zona climatica D);
§ l’articolo 3 del decreto-legge n. 17/2021 ha provveduto, per il II trimestre 2022 (periodo di competenza delle fatturazioni compreso tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2022).
Si riportano di seguito le Tabelle, tratte dal sito istituzionale dell’Autorità, che riportano l’entità, per il I trimestre 2022, del bonus per disagio economico nei due settori (elettricità e gas). Gli importi sono inclusivi dei bonus straordinari integrativi previsti dalla legge di bilancio 2022, per il trimestre in corso.
Con le modifiche proposte in sede referente, questa tabella rimarrebbe valida anche per il secondo trimestre dell’anno.
Va segnalato che la modifica proposta al comma 2, sulla copertura finanziaria, precisando che l’onere quantificato e coperto è solo quello del secondo trimestre 2022, lascia aperto il problema delle modalità di copertura del beneficio per il secondo semestre dell’anno. Si veda in proposito il dossier curato dal Servizi bilancio.
Tabella 1: Bonus sociale elettrico per disagio economico nel I Trimestre 2022 (1° gennaio-31 marzo 2022) |
||
Valori in vigore nel I trim. 2022 €/trimestre/punto di prelievo |
||
Bonus ordinario (CCE) |
Esempio fatturazione mensile (30gg) |
|
Numerosità familiare 1-2 componenti |
165,60 |
55,20 |
Numerosità familiare 3-4 componenti |
200,70 |
66,90 |
Numerosità familiare oltre 4 componenti |
235,80 |
78,60 |
Tabella 3: bonus gas per disagio economico nel I Trimestre 2022 |
|||||
Valori in vigore nel I trimestre 2022 €/trimestre per punto di riconsegna[26] bonus ordinario (CCG) + compensazione integrativa temporanea prevista per il I trimestre 2022 (CCI) |
|||||
Zona climatica |
|||||
A/B |
C |
D |
E |
F |
|
Famiglie fino a 4 componenti |
|||||
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura |
62,10 |
62,10 |
62,10 |
62,10 |
62,10 |
Riscaldamento |
143,10 |
210,60 |
315,90 |
431,10 |
508,50 |
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura + Riscaldamento |
205,20 |
272,70 |
378,00 |
493,20 |
571,50 |
Famiglie oltre a 4 componenti |
|||||
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura |
112,50 |
112,50 |
112,50 |
112,50 |
112,50 |
Riscaldamento |
192,60 |
290,70 |
440,10 |
602,10 |
704,70 |
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura + Riscaldamento |
304,20 |
402,30 |
552,60 |
714,60 |
816,30 |
I bonus attualmente vigenti sono diretti a contemperare il costo della bolletta energetica sostenuto da clienti finali domestici in condizione di disagio fisico o da clienti finali domestici in condizione di disagio economico. Non vengono corrisposte somme al beneficiario, ma gli importi del bonus vengono compensati nella bolletta.
L’accesso al bonus per disagio fisico è valevole per la bolletta elettrica e non anche per quella del gas e non presenta limiti reddituali, ma è rivolto ai soggetti che si trovano in gravi condizioni di salute e che utilizzano apparecchiature elettromedicali di cui al Decreto del Ministero della Salute del 13 gennaio 2011.
Il bonus per il disagio economico è invece ancorato a limiti reddituali e a tal fine necessita dell’ISEE (sulla cui determinazione incidono anche condizioni di invalidità ai sensi della normativa vigente, es. l. n. 104/1992). Il bonus sociale per disagio economico è riconosciuto sia per la bolletta del gas, che dell’energia elettrica.
La disciplina dei bonus sociali è contenuta nell'articolo 1, comma 375, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), il quale ha affidato ad un decreto del Ministro delle attività produttive, da adottare d'intesa con i Ministri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, il compito di definire i criteri per l'applicazione delle tariffe agevolate per l’energia elettrica ai clienti economicamente svantaggiati, prevedendo in particolare una revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere le famiglie economicamente disagiate. Sulla base di tale disposizione è stato adottato il decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007.
Lo stesso decreto ha disciplinato anche i criteri per individuare i clienti aventi diritto alle tariffe agevolate per gravi condizione di salute[27].
A sua volta, l'articolo 3, comma 9, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (l. n. 2 del 2009), citato anch’esso dall’articolo in esame, ha esteso il diritto alla tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007 anche ai clienti domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute, tali da richiedere l'utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche, alimentate ad energia elettrica, necessarie per il loro mantenimento in vita.
Ai sensi della medesima disposizione - dal 1° gennaio 2009 - le famiglie economicamente svantaggiate aventi diritto all'applicazione delle tariffe agevolate per la fornitura di energia elettrica hanno diritto anche alla compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale.
L’articolo 5, comma 7, del decreto-legge 18 gennaio 2019, n. 4, ha accordato ai beneficiari del reddito o della pensione di cittadinanza le agevolazioni relative alle tariffe elettriche riconosciute alle famiglie economicamente svantaggiate e quelle relative alla compensazione per la fornitura di gas naturale, alle stesse applicabili.
Si ricorda che in base all’articolo 57-bis, comma 5, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (l. n. 157 del 2019), dal 1° gennaio 2021, i bonus sociali per la fornitura dell'energia elettrica e del gas naturale a cittadini in condizioni di disagio economico [28], sono riconosciuti automaticamente a tutti i soggetti il cui indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) in corso di validità sia compreso entro i limiti stabiliti dalla legislazione vigente. Al riguardo, I limiti di reddito sono i seguenti:
§ il cittadino/nucleo familiare deve:
- appartenere ad un nucleo familiare con indicatore ISEE non superiore a 8.265 euro, oppure
- appartenere ad un nucleo familiare con almeno 4 figli a carico (famiglia numerosa) e indicatore ISEE non superiore a 20.000 euro, oppure
- appartenere ad un nucleo familiare titolare di reddito di cittadinanza o pensione di cittadinanza;
§ inoltre, uno dei componenti del nucleo familiare ISEE deve risultare intestatario di un contratto di fornitura elettrica e/o di gas naturale e/o idrica: con tariffa per usi domestici (ossia la fornitura deve servire locali adibiti ad abitazioni a carattere familiare) o, per accedere al bonus sociale idrico, per uso domestico residente attivo (ossia l'erogazione del servizio deve essere in corso) o temporaneamente sospeso per morosità. In alternativa, uno dei componenti del nucleo familiare ISEE deve usufruire, in locali adibiti ad abitazioni a carattere familiare, di una fornitura condominiale (centralizzata) di gas naturale e/o idrica per uso civile e attiva.
Quanto al quantum della riduzione in bolletta corrispondente al bonus riconosciuto, il D.M. 29 dicembre 2016 “Riforma del bonus elettrico” – adottato ai sensi dell’articolo 11, comma 3 del decreto legislativo n. 102/2014[29] - all’articolo 1, comma 1, che, dal 1° gennaio 2017, il valore della compensazione sia rideterminato dall'ARERA in misura tale da conseguire una riduzione di spesa dell'utente medio domestico, al lordo delle imposte, dell'ordine del 30%. Ai sensi del comma 3, dal 1° gennaio 2017 il valore ISEE è aggiornato e posto pari a 8.107,5 euro. Successivamente, con cadenza triennale l'Autorità aggiorna il valore ISEE, arrotondato al primo decimale, sulla base del valore medio dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati in ciascun triennio di riferimento. Si veda, da ultimo, la Deliberazione ARERA 3 dicembre 2019, n. 499/2019/R/com, che ha elevato a 8.265 euro il valore soglia dell’ISEE per l’accesso delle famiglie economicamente svantaggiate al bonus sociale elettrico di cui all’articolo 2, comma 4 del DM 28 dicembre 2007, al bonus sociale gas di cui all’articolo 3, comma 9 del DL 185/2008.
La normativa ha dunque demandato all’ARERA di definire, con propri provvedimenti, le modalità applicative per l'erogazione delle compensazioni nonché, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, le modalità di condivisione delle informazioni relative agli aventi diritto ai bonus tra il Sistema informativo integrato (Sii) e il Sistema di gestione delle agevolazioni sulle tariffe energetiche (Sgate) al fine di assicurare il pieno riconoscimento ai cittadini delle altre agevolazioni sociali previste. Ai sensi del comma 6 dell’articolo 57-bis del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, l’ARERA ha stipulato un'apposita convenzione con l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) al fine di assicurare una capillare diffusione tra i cittadini delle informazioni concernenti i bonus sociali.
Le modalità operative per l’accesso ai bonus sono dettagliatamente illustrate da ARERA (si rinvia alle apposite pagine) e sul sito dell’ANCI.
L’articolo 6-bis proroga dal 30 aprile 2022 al 30 giugno 2022 le disposizioni recate nella legge di bilancio 2022 che consentono il pagamento rateizzato delle bollette elettriche e del gas per i clienti domestici.
Nell’ambito delle norme volte a contenere gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale nel primo trimestre 2022, il comma 509 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022).
Il comma 509 appena citato dispone che in caso di inadempimento al pagamento delle fatture emesse nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2022 e il 30 aprile 2022 per l’energia elettrica e il gas naturale, le società venditrici siano tenute ad offrire al cliente finale un piano di rateizzazione di durata non superiore a 10 mesi, senza applicazione di interessi, secondo modalità definite da ARERA.
Tale meccanismo viene completato dal comma 510, che ha affidato ad ARERA il compito di definire un meccanismo di anticipo degli importi rateizzati a favore degli esercenti la vendita. A tal fine era previsto un limite di spesa di 1 miliardo di euro. L’anticipo può intervenire per gli importi delle fatture oggetto di rateizzazione superiori al 3% dell'importo delle fatture emesse per la totalità dei clienti finali. L’ARERA aveva anche il compito di definire le modalità di conguaglio o di restituzione, da parte degli esercenti la vendita, dell'anticipazione ricevuta, in modo da consentire il recupero da parte di CSEA del 70 per cento dell’anticipazione entro il mese di dicembre 2022 e la restante quota entro l’anno 2023.
Le disposizioni di cui ai commi da 509 a 511 sono state attuate da ARERA con la Deliberazione 30 dicembre 2021 636/2021/R/COM - Disposizioni urgenti in materia di rateizzazione per i clienti domestici.
Si ricorda che l’articolo 8 del decreto tratta la stessa materia con riferimento alle imprese con sede in Italia, clienti finali di energia elettrica e di gas naturale. A tali imprese viene consentito di richiedere ai fornitori - con sede in Italia - la rateizzazione degli importi dovuti per i consumi energetici, relativi ai mesi di maggio 2022 e giugno 2022, per un numero massimo di rate mensili non superiore a ventiquattro, al fine di contenere gli effetti economici negativi derivanti dall'aumento dei prezzi delle forniture energetiche.
Articolo 7
(Trasparenza dei prezzi -
Garante per la sorveglianza dei prezzi e ARERA)
L’articolo 7, commi 1-4, rafforza le attribuzioni del Garante per la sorveglianza dei prezzi. Il comma 1 interviene sul potere del Garante di convocare le imprese e le associazioni di categoria interessate al fine di verificare i livelli di prezzo dei beni e dei servizi di largo consumo corrispondenti al corretto e normale andamento del mercato. Il comma integra la previsione, prevedendo che il Garante possa richiedere alle imprese dati, notizie ed elementi specifici sulle motivazioni che hanno determinato le variazioni di prezzo. Il mancato riscontro, entro 10 giorni dalla richiesta comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari all’1 per cento del fatturato e comunque non inferiore a 2.000 euro fino ad un massimo di euro 200.000 euro. Analoga sanzione si applica nel caso siano comunicati dati, notizie ed elementi non veritieri.
Per le attività istruttorie, di analisi, valutazione e di elaborazione dei dati, e di supporto al Garante, il comma 2 prevede l’istituzione, presso il Ministero dello sviluppo economico, di un’apposita Unità di missione cui è preposto un dirigente di livello generale e assegnato un dirigente di livello non generale, con corrispondente incremento della dotazione organica dirigenziale del Ministero anche in deroga, dispone il comma 3, ai limiti percentuali previsti dal Testo unico sul pubblico impiego (decreto legislativo n. 165/2001, art.19, comma 6). Il comma 4 assegna all’Unità di missione un contingente di 8 unità di personale non dirigenziale, con possibilità di utilizzo del comando.
Il comma 5 implementa gli obblighi informativi previsti in capo ai titolari dei contratti di approvvigionamento di volumi di gas per il mercato italiano, ai fini della sicurezza del sistema. Tali soggetti devono trasmettere, la prima volta entro 15 giorni dalla data di entrata del decreto, al Ministero della transizione ecologica e all’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) i contratti stessi ed i nuovi contratti che verranno sottoscritti, nonché le modifiche degli stessi (sempre entro 15 giorni).
Con una modifica proposta in sede referente, si prevede una sanzione amministrativa pecuniaria pari all'uno per cento del fatturato e comunque non inferiore a 2.000 euro e non superiore a 200.000 euro nel caso di mancata trasmissione dei contratti o delle modifiche degli stessi.
Il comma 6 incrementa la pianta organica di ARERA di 25 unità, al fine di ottemperare ai maggiori compiti ad essa assegnati, con particolare riferimento al monitoraggio e controllo dei mercati energetici.
I commi 1-4 dell’articolo rafforzano le attribuzioni Garante per la sorveglianza dei prezzi, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell’articolo 2, commi 198 -203 della legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244), successivamente modificati ed integrati dall’articolo 5 del decreto-legge n. 112/2008 e dall’articolo 23 della legge n. 99/2009. I compiti del Garante, ai sensi della normativa citata, consistono in attività di monitoraggio, informazione e segnalazione al Ministero dello sviluppo economico e all’AGCM (su richiesta). Il Garante si avvale delle strutture del Ministero e opera senza compenso.
Il Garante per la sorveglianza dei prezzi, ai sensi del comma 198, è istituito presso Ministero dello sviluppo economico, e svolge la funzione di sovrintendere alla tenuta ed elaborazione dei dati e delle informazioni segnalate agli "uffici prezzi" delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura[30]. Ai sensi del comma 196, ciascuna camera di commercio rende noto al pubblico il proprio «ufficio prezzi»[31], il quale riceve segnalazioni e verifica le dinamiche concernenti le variazioni dei prezzi di beni e servizi praticati ai consumatori finali. L’Ufficio pressi deve essere reso noto al pubblico a cura delle Camere di commercio di appartenenza. Le Camere fanno fronte con le risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente (comma 203).
Il Garante, ai sensi del comma 198, verifica le segnalazioni delle associazioni dei consumatori riconosciute, analizza le ulteriori segnalazioni ritenute meritevoli di approfondimento e decide, se necessario, di avviare indagini conoscitive finalizzate a verificare l'andamento dei prezzi di determinati prodotti e servizi. I risultati dell'attività svolta sono messi a disposizione, su richiesta, dell'AGCM - Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Ai sensi del comma 199, per l'esercizio della propria attività il Garante si avvale dei dati rilevati dall'ISTAT, della collaborazione dei Ministeri competenti per materia, dell'Ismea, dell'Unioncamere, delle Camere di commercio, nonché del supporto operativo della Guardia di finanza per lo svolgimento di indagini conoscitive. La Guardia di finanza agisce con i poteri di indagine ad essa attribuiti ai fini dell'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte dirette (si richiama a tal fine la relativa disciplina), ed in virtù dei compiti di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in materia di ogni interesse economico-finanziario nazionale o dell'Unione europea (art. 64, comma 2, lettera m), del decreto legislativo n. 68/2001).
Il Garante può convocare le imprese e le associazioni di categoria interessate al fine di verificare i livelli di prezzo dei beni e dei servizi di largo consumo corrispondenti al corretto e normale andamento del mercato. Tale previsione è integrata dall’articolo in esame, nel modo che di seguito si descriverà. L'attività del Garante viene resa nota al pubblico attraverso il sito dell'Osservatorio dei prezzi del Ministero dello sviluppo economico.
Nel sito sono altresì tempestivamente pubblicati ed aggiornati quadri di confronto, elaborati a livello provinciale, dei prezzi dei principali beni di consumo e durevoli, con particolare riguardo ai prodotti alimentari ed energetici, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Ai sensi del comma 200, il Garante è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, tra i dirigenti di prima fascia del Ministero dello sviluppo economico, si avvale per il proprio funzionamento delle strutture del medesimo Ministero.
L’Ufficio di supporto del Garante è la Direzione generale mercato, concorrenza, tutela del consumatore e normativa tecnica (DGMCTCNT), Divisione XII - Analisi economiche, monitoraggio dei prezzi e statistiche sul commercio e sul terziario.
Il garante svolge i compiti senza compenso e mantenendo le proprie funzioni. L'incarico ha la durata di tre anni. Attualmente, l'incarico è ricoperto da Benedetto Mineo, Segretario generale del Ministero dello sviluppo economico (DPCM 10 novembre 2021)[32].
Ai sensi del comma 201, il Garante riferisce le dinamiche e le eventuali anomalie dei prezzi rilevate al Ministro dello sviluppo economico, che provvede, ove necessario, alla formulazione di segnalazioni all'AGCM.
Ai sensi del comma 202, le informazioni riferite ai prezzi al consumo, anche nominative, sono in ogni caso sottratte alla disciplina di tutela in materia di riservatezza dei dati personali.
Il quadro normativo vigente viene implementato dall’articolo in esame.
In particolare, il comma 1 integra l’articolo 2, comma 199, terzo periodo, della legge finanziaria 2008 (l. n. 244/2007) il quale prevede che il Garante per la sorveglianza prezzi possa convocare le imprese e le associazioni di categoria interessate al fine di verificare i livelli di prezzo dei beni e dei servizi di largo consumo corrispondenti al corretto e normale andamento del mercato.
Si dispone ora che il Garante possa anche richiedere alle imprese dati, notizie ed elementi specifici sulle motivazioni che hanno determinato le variazioni di prezzo.
Il mancato riscontro, entro 10 giorni dalla richiesta comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari all’1 per cento del fatturato e comunque non inferiore a 2.000 euro fino ad un massimo di euro 200.000 euro. Analoga sanzione si applica nel caso siano comunicati dati, notizie ed elementi non veritieri. Per le sanzioni amministrative pecuniarie si osservano le disposizioni contenute nella legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto compatibili.
La relazione tecnica e illustrativa affermano che le previsioni sopra descritte si aggiungono alle azioni di segnalazione e di impulso già previste dalla legge, e sono finalizzate a rafforzare il ruolo del Garante per arginare i fenomeni speculativi, in occasione di particolari situazioni di variazione dei prezzi dei prodotti non determinate dal normale andamento del mercato. In tali casi il Garante effettua un approfondimento immediato delle dinamiche congiunturali, attuando uno stretto rapporto con gli operatori economici.
La previsione è assistita da apposita misura sanzionatoria che punisce con una sanzione amministrativa pecuniaria il mancato intervento degli operatori economici alla richiesta di elementi.
Il comma 2, per le attività istruttorie, di analisi, valutazione e di elaborazione dei dati, nonché di supporto al Garante, dispone l’istituzione, presso il Ministero dello sviluppo economico, un’apposita Unità di missione cui è preposto un dirigente di livello generale, ed è assegnato un dirigente di livello non generale, con corrispondente incremento della dotazione organica dirigenziale del Ministero.
Ai sensi del comma 3, il Ministero dello sviluppo economico è autorizzato a conferire gli incarichi dirigenziali a soggetti esterni ai sensi dell'art. 19, co. 6, del decreto legislativo n. 165/2001 del T.U. sul pubblico impiego (decreto legislativo n. 165/2001) anche in deroga ai limiti percentuali ivi previsti.
Ai sensi dell’art. 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001, gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, a soggetti esterni di particolare e comprovata qualificazione professionale, non appartenenti ai ruoli delle amministrazioni stesse, in presenza di alcuni requisiti e nel rispetto di limiti percentuali che si commisurano rispetto al totale della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia ovvero di seconda fascia dell'amministrazione che conferisce l'incarico. In particolare, in base al TU pubblico impiego, tali incarichi possono essere attribuiti entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e dell'10 per cento della dotazione di quelli di seconda fascia (quest’ultima percentuale è stata così rideterminata dall’art. 1, co. 6, secondo periodo, del decreto-legge 162 del 2019). La durata degli incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale generale, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni.
I citati limiti percentuali sono spesso oggetto di deroghe legislative a carattere temporaneo per singole amministrazioni.
Di recente, nell'ambito delle modalità speciali per il reclutamento del personale e il conferimento di incarichi professionali per l'attuazione del PNRR, il D.L. n. 80 del 2021 (art. 1, co. 15) ha autorizzato le amministrazioni pubbliche impegnate nell'attuazione del Piano a derogare, fino a raddoppiarli, i limiti percentuali attualmente previsti dalla legge per l'attribuzione di incarichi dirigenziali a soggetti esterni ai sensi dell'art. 19, co. 6, del decreto legislativo on. 165/2001. Tale deroga è consentita solo in quanto funzionale alla copertura delle posizioni dirigenziali vacanti relative a compiti strettamente e direttamente funzionali all'attuazione degli interventi del PNRR. Tali incarichi trovano copertura e limiti nelle facoltà assunzionali. Gli incarichi attribuiti in deroga, in ogni caso, rimangono in vigore fino alla naturale scadenza, ma comunque non oltre il 31 dicembre 2026.
Ai sensi del comma 4, all’Unità di missione è assegnato un contingente di 8 unità di personale non dirigenziale. Il Ministero dello sviluppo economico è autorizzato a bandire una procedura concorsuale pubblica e conseguentemente ad assumere il personale con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in incremento delle vigenti facoltà assunzionali e nei limiti della vigente dotazione organica da inquadrarsi nell'Area terza, posizione economica F3, del Comparto funzioni centrali, ovvero nelle more dello svolgimento del concorso pubblico, ad acquisire il predetto personale in posizione di comando, fuori ruolo o altra analoga posizione prevista dai rispettivi ordinamenti proveniente da altre pubbliche amministrazioni, ad esclusione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche, ovvero ad acquisire personale con professionalità equivalente proveniente da società e organismi in house, previa intesa con le amministrazioni vigilanti, con rimborso dei relativi oneri.
Relativamente all’organizzazione del Ministero dello sviluppo economico, si citano i seguenti riferimenti normativi.
· decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 luglio 2021, n. 149- Regolamento di organizzazione del Ministero dello sviluppo economico
· Direttiva del 25 ottobre 2021 - Criteri e modalità per il conferimento degli incarichi dirigenziali
· decreto interministeriale 26 ottobre 2021 - recante istituzione e organizzazione interna dell’Unità di missione per il PNRR ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del decreto legge 21 maggio 2021, n. 77
· decreto Ministeriale del 27 ottobre 2021 - graduazione degli uffici dirigenziali di livello generale;
· decreto ministeriale 19 novembre 2021 - Individuazione degli uffici dirigenziali di livello non generale del Ministero dello sviluppo economico;
· decreto ministeriale del 25 gennaio 2022 - graduazione degli uffici di livello dirigenziale non generale del Ministero.
Ai fini di quanto previsto dai commi 2-4, il comma 7 autorizza la spesa di 512.181 euro per il 2022 ed 878.025 annui a decorrere dall’anno 2023.
Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nel programma «Fondi di riserva e speciali», della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per il 2022, allo scopo utilizzando parzialmente l’accantonamento relativo al MISE.
Obblighi informativi per i titolari di contratti di approvvigionamento di gas e incremento della pianta organica di ARERA per il monitoraggio e controllo dei mercati energetici
Il comma 5 implementa gli obblighi informativi previsti in capo ai titolari dei contratti di approvvigionamento di volumi di gas per il mercato italiano, ai fini della sicurezza del sistema.
Nel dettaglio, il comma prevede che, per finalità di monitoraggio previste ai sensi dell’articolo 3, comma 5, lettera d), del decreto legislativo n. 164/2000 (cfr. infra ricostruzione normativa), i titolari dei contratti di approvvigionamento di volumi di gas per il mercato italiano sono tenuti a trasmettere, la prima volta entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, al Ministero della transizione ecologica e all’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) i contratti (già stipulati) ed i nuovi contratti che verranno sottoscritti, nonché le modifiche degli stessi (sempre entro 15 giorni). Le informazioni tramesse sono trattate nel rispetto delle esigenze di riservatezza dei dati commercialmente sensibili.
Il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164[33], all’articolo 3, comma 1, dispone che l'attività di importazione di gas naturale relativa a contratti di durata superiore ad un anno, effettuata attraverso i punti di entrata della rete nazionale dei gasdotti a mezzo di gasdotti o di terminali di rigassificazione di GNL, o a mezzo di carri bombolai o di autocisterne di gas naturale liquefatto, è soggetta ad autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico (ora Ministero della transizione energetica), rilasciata in base a criteri obiettivi e non discriminatori pubblicati nel bollettino ufficiale degli idrocarburi e geotermia o nelle corrispondenti pubblicazioni delle Regioni e di enti locali. Ai sensi del comma 2, il rilascio dell'autorizzazione è subordinato al possesso, dei seguenti requisiti: a) capacità tecniche e finanziarie adeguate al progetto di importazione; b) idonee informazioni e garanzie circa la provenienza del gas naturale; c) affidabilità dell'approvvigionamento, degli impianti di coltivazione e del sistema di trasporto.
Ai sensi del comma 3, nella domanda di autorizzazione all'importazione o della comunicazione devono essere indicati gli Stati dove il gas naturale è stato prodotto. Nel caso di acquisto presso un punto di scambio fisico («hub») estero deve essere indicata la composizione media della provenienza del gas naturale dai vari Paesi di produzione.
Ai sensi del comma 4, l’attività di importazione si intende autorizzata ove il diniego, fondato su motivi obiettivi e non discriminatori, non sia stato espresso entro tre mesi dalla richiesta. Il diniego è comunicato, con la relativa motivazione, al richiedente, all’ARERA e all'AGCM.
Il comma 5 ha autorizzato ope legis le importazioni in corso al 21 giugno 2000 (sta di entrata in vigore del decreto legislativo n. 164/2000) stabilendo l’obbligo per gli importatori di comunicare, entro un anno, al Ministero, per ciascun contratto, i seguenti elementi: a) termini temporali e possibili estensioni previsti dal contratto; b) quantità contrattuali, comprensive delle possibilità di modulazione annuali e stagionali; c) indicazione del Paese dove il gas è stato prodotto e delle strutture di trasporto internazionali utilizzate;
d) obblighi comunque connessi al contratto e alla sua esecuzione, rilevanti ai fini della sicurezza del sistema.
Con una modifica introdotta al Senato, si prevede una sanzione amministrativa pecuniaria pari all'uno per cento del fatturato e comunque non inferiore a 2.000 euro e non superiore a 200.000 euro nel caso di mancata trasmissione dei contratti o delle modifiche degli stessi.
Per le sanzioni pecuniarie, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, che recano la disciplina di carattere generale in materia.
Viene conseguentemente modificato l'articolo 45, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93, di attuazione delle direttive dell’Unione europea relative a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, del gas naturale, nonché sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica. L’articolo 45, in particolare, elenca le violazioni per le quali l'Autorità per l'energia elettrica e il gas – fatte salve le competenze dell’Autorità garante del mercato e della concorrenza, può irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nel settore dell’energia e del gas.
Il comma 6 incrementa la pianta organica di ARERA - determinata in base all’articolo 1, comma 347, della legge di bilancio 2019 (l. n. 145/2018) - di 25 unità nell’area funzionariale F3 al fine di ottemperare ai maggiori compiti ad essa assegnati, con particolare riferimento al monitoraggio e controllo dei mercati energetici.
Ai relativi oneri (per gli importi, vedi tabella che segue) si provvede nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili sul bilancio di ARERA.
Alla compensazione degli effetti in termini di fabbisogno e indebitamento netto (per gli importi, vedi tabella che segue) si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali.
Anno |
onere (in euro) |
compensazione per fabbisogno e indebitamento netto (in euro) |
2022 |
560.142 |
288.474 |
2023 |
2.240.569 |
1.153.894 |
2024 |
2.325.282 |
1.197.521 |
2025 |
2.409.994 |
1.241.147 |
2026 |
2.494.707 |
1.284.775 |
2027 |
2.579.420 |
1.328.402 |
2028 |
2.664.132 |
1.372.028 |
2029 |
2.748.845 |
1.415.656 |
2030 |
2.833.557 |
1.459.282 |
dal 2031 |
2.918.270 |
1.502.910 |
La relazione tecnica precisa che il personale aggiuntivo sarà selezionato con riferimento ai seguenti profili professionali indicativi:
§ 15 economisti con competenze di regolazione, monitoraggio e controllo dei servizi regolati da ARERA;
§ 5 specialisti di analisi quantitativa, sviluppo e gestione di servizi informativi e cybersecurity
§ 5 unità di personale con competenze specialistiche di natura tecnico-ingegneristica, con competenze ed esperienze nei servizi regolati da ARERA.
La legge di bilancio 2018 (legge n. 205/2017, articolo 1, commi 527-530) ha attribuito all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico funzioni di regolazione e controllo del ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati, sostituendone la denominazione in Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA). In ragione delle nuove competenze, la pianta organica dell'Autorità è stata incrementata in misura di 25 unità di ruolo a far data dall'1 gennaio 2018.
La legge di bilancio 2018, nel disciplinare un processo di stabilizzazione di dipendenti a tempo determinato con particolari requisiti (articolo 1, comma 346), ha altresì disposto, all’articolo 1, comma 347, che la pianta organica del personale di ruolo dell'ARERA sia rideterminata numericamente all'esito di detto processo e che il numero dei dipendenti a tempo determinato sia ridotto da sessanta a venti unità.
Secondo quanto risulta dal sito istituzionale di ARERA, la pianta organica è stata rideterminata con deliberazione del 4 agosto 2020, 307/2020/A come segue:
Dotazione organica
Carriera |
Tempo indeterminato |
Tempo determinato |
Totale |
Dirigenti |
22 |
||
Funzionari |
158 |
||
Operativi |
51 |
||
Esecutivi |
4 |
||
TOTALE |
235 |
20 |
255 |
Dotazione organica al 31 dicembre 2021
Carriera |
Tempo indeterminato |
Tempo determinato |
Totale |
Dirigenti |
16 |
6** |
22 |
Funzionari |
150 |
4 |
154 |
Operativi |
45 |
4 |
49 |
Esecutivi |
3 |
- |
3 |
TOTALE |
214 |
14 |
228 |
**Nel numero dei dirigenti a tempo determinato non è compresa l'unità impegnata nell'espletamento del mandato di componente del Collegio.
Articolo 7, comma 6-bis
(Organica della Cassa per i servizi energetici e ambientali)
L’articolo 7, comma 6-bis, introdotto al Senato, amplia la pianta organica della Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) di venti unità, di cui due appartenenti alla carriera dirigenziale, nei limiti delle disponibilità di bilancio della CSEA e senza maggiori oneri per la finanza pubblica.
Il comma aggiuntivo che in sede referente si propone all’articolo 7 dispone l’ampliamento della pianta organica della Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), di venti unità, di cui due appartenenti alla carriera dirigenziale, senza maggiori oneri per la finanza pubblica e nei limiti delle disponibilità di bilancio della CSEA medesima.
Le cd. “casse conguaglio”, istituite con il decreto legislativo 26 gennaio 1948, n. 98, per la gestione dei sovrapprezzi, delle quote di prezzo e delle contribuzioni, imposte dalle autorità preposte alla disciplina dei prezzi, erano sottoposte alla vigilanza delle amministrazioni competenti nei settori interessati e del Ministero oggi denominato Ministero dell’Economia e delle finanze (MEF).
Alla Cassa conguaglio per le tariffe elettriche (istituita con il provvedimento CIP n. 348/1953) succedeva il Fondo di compensazione per l’unificazione delle tariffe elettriche (istituito con il provvedimento CIP n. 941/1961) e, quindi, la Cassa conguaglio per il settore elettrico (provvedimento CIP n. 34/1974), cui era attribuito, tra gli altri, il compito di amministrare il conto per l’onere termico, volto al rimborso dei maggiori oneri di produzione di energia gravanti sulle imprese termoelettriche per il rincaro degli olii combustibili, quale conseguenza della crisi energetica dell'ottobre del 1973.
Più recentemente, l’articolo 1, comma 670, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016)”, ha disposto la trasformazione della Cassa conguaglio per il settore elettrico in un ente pubblico economico con l’attuale denominazione di Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA).
La trasformazione e la nuova denominazione, come si evidenzierà nel seguito, trovano ragione nelle accresciute competenze dell’Ente e nell’estensione del suo ambito di operatività all’intero settore energetico e a una quota significativa di quello ambientale.
Il regolamento di organizzazione e funzionamento della CSEA, approvato con Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), fissava la consistenza dell’organico in 60 unità, inclusi i distaccati.
La pianta organica è stata incrementata fino a 90 unità, di cui 5 nel ruolo dirigenziale, con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 4 febbraio 2021. Anche questa estensione della pianta organica è stata disposta nei limiti delle disponibilità di bilancio della Cassa.
Con la modifica proposta in sede referente, pertanto, la pianta organica raggiunge 110 unità, di cui 7 nel ruolo dirigenziale.
L’integrazione della pianta organica consegue alle accresciute competenze della Cassa. In particolare il nuovo comma ricorda la necessità di assicurare la tempestiva e puntuale realizzazione delle misure di agevolazione in favore delle imprese a forte consumo di gas naturale (decreto del Ministro dello sviluppo economico del 2 marzo 2018 e decreto del Ministro della Transizione Ecologica del 21 dicembre 2021, n. 541 – vedi altresì la scheda relativa all’articolo 10), e delle misure di anticipo degli importi rateizzati ai clienti finali domestici di energia elettrica e di gas naturale da riconoscere a favore degli esercenti la vendita di energia elettrica e gas naturale (vedi le schede relative agli articolo 6-bis e 8), nonché per rafforzare ed implementare ulteriormente l'attività di controlli e ispezioni per la verifica del corretto utilizzo di tali misure.
La relazione tecnica stima in circa 1,3 milioni di euro all’anno l’onere che ne deriva, che non grava sul bilancio dello Stato in quanto i costi di funzionamento della Cassa (8,5 milioni di euro al 31 dicembre 2021, di cui 4,7 milioni di euro di spese per il personale), sono coperti da un prelievo commissionale fissato dall’ARERA con riferimento al totale delle risorse economiche gestite annualmente dalla CSEA (pari, al 31 dicembre 2021, a circa 36,5 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 14 miliardi di euro al 31 dicembre 2020). Per il 2021, l’aliquota commissariale di prelievo è stata pari a 0,061.
Gli oneri sono stati calcolati in relazione tecnica secondo il seguente prospetto:
Articolo 7-bis
(Modifiche al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28)
L'articolo 7-bis, introdotto dal Senato, reca misure di semplificazione volte a favorire la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
La disposizione in esame modifica l'articolo 6-bis, comma 1, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.
Tale articolo 6-bis prevede un regime amministrativo semplificato, la “dichiarazione di inizio lavori asseverata”, per taluni interventi su impianti esistenti, a bassissimo o nullo impatto ambientale e senza effetti di natura urbanistica. In particolare, sono sottoposti a tale regime, gli interventi su impianti esistenti e le modifiche di progetti autorizzati che, senza incremento di area occupata dagli impianti e dalle opere connesse e a prescindere dalla potenza elettrica risultante a seguito dell'intervento, ricadono in una serie di categorie. La novella in esame specifica che, tra gli interventi in oggetto, sono inclusi anche quelli consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata.
Tra gli interventi assoggettati alla dichiarazione di inizio lavori asseverata, il comma 1, lettera a) dell’articolo 6-bis richiama, per gli impianti eolici, la sostituzione della tipologia di rotore che comportano una variazione in aumento delle dimensioni fisiche delle pale e delle volumetrie di servizio non superiore in ciascun caso al 15 per cento. Tale percentuale è innalzata al 20 per cento dalla disposizione in esame. Sono inclusi, tra gli interventi sugli impianti eolici sottoposti a “dichiarazione di inizio lavori asseverata” quelli che comportino una riduzione di superficie o di volumi, anche quando non vi sia sostituzione di aerogeneratori.
Infine, la disposizione in esame prevede la medesima semplificazione autorizzativa per gli impianti fotovoltaici a terra (di cui al citato art. 6-bis, comma 1, alla lettera b)) con riguardo agli interventi che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, mediante la sostituzione dei moduli e degli altri componenti e mediante la modifica del layout dell'impianto, comportino una variazione dell'altezza massima dal suolo non superiore al 50 per cento.
L'articolo 7-ter, introdotto dal Senato, prevede un potenziamento del programma di miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione.
A tale riguardo nell'ambito del programma di miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 (cosiddetto programma PREPAC), per gli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, sono ammessi a finanziamento, nel limite delle risorse finalizzate nell'ambito del suddetto programma PREPAC, gli interventi di installazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili e relativi sistemi di accumulo dell'energia, a condizione che si modifichino contestualmente gli impianti di riscaldamento e raffreddamento presenti nei suddetti immobili, al fine di valorizzare al meglio l'energia rinnovabile prodotta.
Per quanto concerne il PREPAC, si veda la pagina internet Efficienza energetica nella pubblica amministrazione sul sito del MISE.
L'articolo 7-quater, introdotto dal Senato, stabilisce che la procedura di valutazione di impatto ambientale dei progetti di impianti fotovoltaici con potenza superiore a 10 MW, le cui istanze siano state presentate alla regione competente prima del 31 luglio 2021, rimangono in capo alle medesime regioni anche nel caso in cui, nel corso del procedimento di valutazione regionale, il progetto subisca modifiche sostanziali.
La disposizione in esame novella l'articolo 17-undecies, comma 1, del decreto-legge n. 80 del 2021, come convertito dalla legge n. 113 del 2021.
L'art. 17-undecies, comma 1, prevede che le disposizioni relative alla Commissione istruttoria per la VIA dei progetti PNRR-PNIEC – recate dall’art. 8, comma 2-bis, del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente), come riscritto dall’art. 17 del D.L. 77/2021 (convertito dalla legge n. 108 del 2021) – si applicano alle istanze presentate a partire dal 31 luglio 2021. Si ricorda, in estrema sintesi, che l’articolo 17, comma 1, lettera a), del citato D.L. 77/2021 ha riscritto il comma 2-bis dell’art. 8 del Codice dell'ambiente al fine di ampliare l’ambito di attività della Commissione Tecnica PNIEC anche alla valutazione ambientale di competenza statale dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Conseguentemente la Commissione ha assunto la nuova denominazione di “Commissione Tecnica PNRR-PNIEC”.
Inoltre, il medesimo comma dispone altresì che l’art. 31, comma 6, del D.L. 77/2021, che trasferisce alla competenza statale la VIA relativa ai progetti relativi agli impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica con potenza complessiva superiore a 10 MW, si applica alle istanze presentate a partire dal 31 luglio 2021. Si fa notare che l’art. 31, comma 6, ha inserito i progetti relativi agli impianti in questione nell’ultimo punto del paragrafo 2) dell’allegato II alla parte seconda del Codice dell’ambiente e quindi, in tal modo, li ha devoluti alla competenza statale, dato che tale allegato elenca i progetti assoggettati a VIA statale.
Articolo 7-quinquies
(Ulteriori misure di semplificazione per lo sviluppo
delle fonti rinnovabili)
L’articolo 7-quinquies, introdotto al Senato, interviene sulla disciplina dei procedimenti autorizzatori per l’installazione di impianti per la produzione di energia da forti rinnovabili, in particolare prevedendo portando da 10 a 20 MW il limite di potenza che – oltre a richiedere la valutazione di impatto ambientale – fa scattare la competenza statale all’autorizzazione.
La materia dei procedimenti autorizzatori è stata oggetto di varie revisioni volte a semplificare la disciplina e incentivare lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
L’articolo aggiuntivo modifica due allegati alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente) al fine di portare da 10 a 20 MW la soglia di potenza che radica la competenza statale all’installazione. La medesima soglia – si ricorda – a seguito delle modifiche introdotte al medesimo comma 9-bis con il decreto-legge 1 marzo 2022, n. 17 (legge n. 34 del 2022) la soglia che determina l’assoggettabilità della richiesta alla valutazione di impatto ambientale (VIA), di cui all'articolo 19 del medesimo codice.
In particolare vengono modificati:
· il punto 2 dell'allegato II alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. L’Allegato II appena citato indica i progetti di competenza statale, tra cui le installazioni relative agli “impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica con potenza complessiva superiore a 10 MW”;
· la lettera b) del punto 2 dell'allegato IV alla medesima parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. L’Allegato IV elenca i progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, includendo - per quanto ora rileva – gli “impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW”.
Resta ferma la parte del comma – introdotta con il recente decreto-legge n. 17 – che richiede che il proponente alleghi una autodichiarazione dalla quale risulti che l'impianto non si trova all'interno di aree fra quelle specificamente elencate e individuate come sensibili e vulnerabili dalle Linee guida per la costruzione di impianti a FER (D.M. 10 settembre 2010).
Appare opportuno, vista la complessità dei regimi autorizzatori vigenti per gli impianti fotovoltaici, che variano a seconda della potenza e dell’ambito su cui insistono, e che trovano la loro fonte in molteplici interventi normativi, riepilogare i vari regimi in forma Tabellare, come fatto dal GSE sul proprio sito istituzionale. La Tabella è aggiornata a quanto prevede il decreto legge n. 17/2022, convertito con modificazioni in legge n. 34/2022.
Fonte |
Provvedimento normativo |
Impianto nuovo/esistente |
Modalità operative |
Potenza |
Procedura |
Fotovoltaico |
DL n.77/2021, art. 31, co.7, che ha modificato la Tab. A D.lgs. n.387/2003 |
Nuovo |
Impianti al di sopra della soglia ex tab.A D.Lgs. n. 387/2003, come modificata dal DL n.77/2021 |
più di 50 |
AU |
Fotovoltaico |
DL n.77/2021, art. 31, co.7, che ha modificato la Tab. A D.lgs. n.387/2003 |
Nuovo |
Impianti al di sotto della soglia ex tab. A D.lgs. n. 387/2003, come modificata dal DL n.77/2021 |
fino a 50 |
PAS |
Fotovoltaico |
DL n.77/2021, articolo 31, co. 2, che ha introdotto il comma 9-bis, dell’articolo 6 del D.lgs. n. 28/2011 come sostituito dall’articolo 9, comma 1-bis del D.L. n. 17/2022 |
Nuovo |
Costruzione ed esercizio di impianti fotovoltaici e delle relative opere di connessione alla rete elettrica di alta e media tensione localizzati in aree a destinazione industriale, produttiva o commerciale nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, per i quali l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione abbia attestato l'avvenuto completamento delle attività di recupero e di ripristino ambientale previste nel titolo autorizzatorio nel rispetto delle norme regionali vigenti. |
fino a 20.000 |
PAS |
Installazione impianti fotovoltaici da realizzare nelle aree idonee[34], comprese le aree dichiarate idonee ope legis[35](prima ancora dell’individuazione delle aree idonee[36]), di potenza fino a 10 MW.
N.B. per gli impianti fino a 1 MW, l’articolo 12, comma 1-bis del D.L. n. 17/2022 prevede la DILA (cfr. infra). |
fino a 10 MW |
PAS |
|||
Installazione impianti agro-voltaici che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli sollevati da terra con possibilità di rotazione (di cui all’articolo 65, comma 1-quater, del D.L. n. 1/2012 (L. n.27/2012), che distino non più di 3 chilometri da aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale.
N.B: i Fondi del PNRR del progetto M2C2 Investimento 1.1 allo "Sviluppo agrivoltaico" sono destinati dal solo ed esclusivamente agli impianti agrovoltaici in oggetto (moduli sollevati da terra con possibilità di rotazione). |
|
PAS |
|||
Le soglie - di cui alla lettera b) del punto 2 dell'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - per la verifica di assoggettabilità per i suddetti impianti alla valutazione di impatto ambientale di cui all'articolo 19 del medesimo decreto si intendono elevate a 20.000 Si potrà procedere a seguito della procedura di cui sopra con edificazione diretta degli impianti fotovoltaici in questione anche qualora la pianificazione urbanistica richieda piani attuativi per l'edificazione. |
Oltre 20.000
|
verifica assoggettabilità a VIA |
|||
Fotovoltaico |
DL n.76/2020, articolo 56, comma 1, lett. d) che ha inserito l’articolo 6-bis nel D.lgs. n. 28/2011, poi modificato dall’articolo 32, comma 1-bis del D.L. n. 77/2021 |
Esistente |
Interventi su impianti esistenti e modifiche di progetti autorizzati che, senza incremento di area occupata dagli impianti e dalle opere connesse e a prescindere dalla potenza elettrica risultante a seguito dell'intervento: impianti con moduli a terra: interventi che, anche a seguito della sostituzione dei moduli e degli altri componenti e mediante la modifica del layout dell'impianto, comportano una variazione delle volumetrie di servizio non superiore al 15% e una variazione dell'altezza massima dal suolo non superiore al 20%; impianti fotovoltaici con moduli su edifici: interventi di sostituzione dei moduli fotovoltaici su edifici a uso produttivo, nonché, per gli edifici a uso residenziale, interventi che non comportano variazioni o comportano variazioni in diminuzione dell'angolo tra il piano dei moduli e il piano della superficie su cui i moduli sono collocati. |
|
DILA |
Fotovoltaico |
DL n.17/2022, articolo 9, che modifica il comma 5 dell’articolo 7-bis del D.lgs. n. 28/2011 e articolo 10 |
Nuovo |
Installazione – anche nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali (D.M. n. 1444 del 1968[37]) - con qualunque modalità, di impianti fotovoltaici e termici sugli edifici, ivi compresi strutture, manufatti ed edifici già esistenti all’interno dei comprensori sciistici, come definiti alla voce 32 dell'allegato A al regolamento edilizio-tipo, o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze, compresi gli eventuali potenziamenti o adeguamenti della rete esterni alle aree dei medesimi edifici, strutture e manufatti, sono considerate interventi è considerata intervento di manutenzione ordinaria e non sono subordinate all'acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, compresi quelli previsti dal Codice dei beni culturali e paesaggistici. Ciò anche in presenza di installazioni su immobili soggetti a vincoli ai sensi dell'art. 136, comma 1, lettera c), del Codice (complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici) ai soli fini l’installazione di pannelli integrati nelle coperture non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale. |
da 50 a 200 |
Comunicazione preliminare all'installazione secondo modello unico nazionale |
|
|
Nuovo |
Impianti fotovoltaici e termici indicati installati su immobili e in aree di cui all’articolo 136, comma 1, lett. b) (fatta salva l’eccezione suddetta) e c) del Codice dei beni culturali e del paesaggio, quindi, ville, giardini e parchi, che si distinguono per la loro non comune bellezza, complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici. Si deve trattare di aree e degli immobili come individuati mediante apposito provvedimento amministrativo ai sensi degli articoli da 138 a 141 del citato Codice, che disciplinano la procedura con la quale le aree e gli immobili sono dichiarati, con provvedimento regionale o del Ministero, di notevole interesse pubblico. |
da 50 a 200 |
Autorizzazione da parte della Autorità competente in materia paesaggistica Comunicazione preliminare all'installazione secondo modello unico nazionale |
Fotovoltaico |
D.L. n. 17/2022, articolo 12, comma 1-bis che inserisce i nuovi commi 2-bis e 2-ter nell’articolo 4 del D.lgs. n. 28/2011 e comma 1-ter e quater |
Nuovo e rifacimento integrale |
Impianti fotovoltaici di nuova costruzione e opere connesse nonché, senza variazione dell’area interessata, per il potenziamento, rifacimento integrale ricostruzione degli impianti fotovoltaici esistenti e delle opere connesse, nelle aree idonee[38], comprese le aree dichiarate idonee ope legis[39](prima ancora dell’individuazione delle aree idonee[40]. I regimi amministrativi qui introdotti si applicano, su richiesta del proponente, anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 17/2022.
E’ comunque fatto salvo quanto disposto da-gli articoli 6, comma 9-bis, 6-bis e 7-bis, comma 5, del D.lgs. n. 28/2011 (vedi righe precedenti)[41]. |
fino a 1 MW da 1 MW e fino a 10 MW Oltre 10 MW |
DILA[42] PAS AU |
Articolo 7-sexies
(Misure di accelerazione dello sviluppo delle fonti rinnovabili)
L’articolo 7-sexies, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato e composto da un comma unico e da due lettere, reca misure di accelerazione dello sviluppo delle fonti rinnovabili, estendendo le possibilità entro le quali realizzare impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra.
In particolare, intervenendo sulla lettera c-ter), del comma 8 dell'articolo 20 del d. lgs. n. 199 del 2021, la disposizione in esame è volta ad estendere - da 300 a 500 metri - la distanza massima da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale ovvero da impianti industriali e stabilimenti entro la quale le aree classificate agricole possono ritenersi aree idonee ope legis all'installazione di impianti fotovoltaici, secondo quanto previsto dal comma 1 del citato articolo 20 d. lgs. n. 199 del 2011. Si estende altresì - da 150 a 300 metri - la distanza massima dalla rete autostradale entro la quale le aree adiacenti alla medesima rete possono ritenersi aree idonee come sopra specificato.
La disposizione in esame si colloca all'interno di un quadro normativo che è opportuno rammentare.
L’articolo 20, comma 1, del d. lgs. n. 199 del 2021 demanda ad uno o più decreti del MITE – da adottare di concerto con il Ministro della cultura e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata - la fissazione dei principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili. I decreti devono essere adottati entro il 13 giugno 2022 (180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 199, intervenuta il 15 dicembre 2021).
Ai sensi del comma 2, i decreti interministeriali appena citati stabiliscono anche la ripartizione della potenza installata fra Regioni e Province autonome, prevedendo sistemi di monitoraggio sul corretto adempimento degli impegni assunti e criteri per il trasferimento statistico fra le medesime Regioni e Province autonome, da effettuare secondo le regole generali indicate nell’Allegato I del decreto legislativo.
Ai sensi del comma 3, nella definizione della disciplina inerente le aree idonee, i decreti interministeriali tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, e verificando l'idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili, compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonché tenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete stessa.
Ai sensi del comma 4, entro 180 giorni dall’entrata in vigore dei citati decreti interministeriali, le Regioni dovranno individuare con propria legge le aree idonee. Nel caso di mancata adozione della legge, interviene lo Stato, in via sostitutiva.
Ai sensi del comma 8, nelle more dell'individuazione delle aree idonee, sono ope legis dichiarate aree idonee (oltre a quelle dichiarate idonee ai sensi del comma c-ter, oggetto di intervento con la disposizione in esame, come di seguito specificato):
§ i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica non sostanziale (lett. a));
§ le aree dei siti oggetto di bonifica (Titolo V, Parte IV, decreto legislativo 152/2006) (lett. b)),
§ le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale (lett. c));
§ i siti e gli impianti nelle disponibilità delle società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane (lett. c-bis).
L'articolo in esame interviene specificamente sulla lettera c-ter), del comma 8, del d. lgs. n. 199 del 2021 (come introdotto dall'art. 12, comma 03, lett. b del D.L. n. 17 del 2022, conv. con modificazioni dalla L. n. 34 del 2022).
Sulla base della lettera c-ter), esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, in assenza di vincoli ai sensi della parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), si considerano aree idonee:
1) le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 300 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere;
2) le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, nonché le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 300 metri dal medesimo impianto o stabilimento;
3) le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 150 metri.
Con un primo intervento modificativo (lettera a), nelle more dell'individuazione delle aree idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili (attraverso i decreti interministeriali di cui al comma 1 dell'articolo 20, d. lgs. n. 199 del 2021), le aree classificate agricole sono ritenute aree idonee ope legis per l'installazione di impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra:
- qualora siano racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri (rispetto ai 300 metri del testo novellato) da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere.
- qualora siano racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da impianti industriali e stabilimenti (rispetto ai 300 metri del testo novellato).
Con un ulteriore intervento modificativo (recato dalla lettera b), si considerano altresì aree idonee ope legis per l'installazione di impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore ai 300 metri (rispetto ai 150 metri del testo novellato) dalla rete autostradale medesima.
L’articolo 7-septies, introdotto in sede referente al Senato, reca una semplificazione della procedura di autorizzazione per l’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica, stabilendo che, nel caso di pali, torri e tralicci, non è necessario produrre la documentazione tecnica relativa alle emissioni elettromagnetiche.
La disposizione in esame novella l’articolo 1, capoverso “art. 44”, comma 3, del decreto legislativo n. 207 del 2021, inserendovi un nuovo secondo periodo che introduce una disciplina semplificata per l’installazione di pali, torri e tralicci destinati a ospitare impianti di comunicazione elettronica.
Con riferimento a tali infrastrutture, infatti, non sarà necessario presentare la documentazione relativa alle emissioni elettromagnetiche a corredo dell’istanza di autorizzazione: si tratta, perciò, di una deroga a quanto previsto, invece, dal primo periodo del predetto comma 3, per tutte le altre infrastrutture per impianti radioelettrici.
Tale comma 3 del novellato articolo 44 - su cui la proposta emendativa in esame incide - prevede, infatti, al primo periodo, che l’istanza di autorizzazione all’installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici di comunicazione elettronica sia corredata della documentazione atta a comprovare il rispetto degli obblighi in tema di emissioni elettromagnetiche (di cui alla legge n. 36 del 2001) e, in particolare, il rispetto dei seguenti elementi:
- limiti di esposizione;
- valori di attenzione;
- obiettivi di qualità.
Com’è noto, con il decreto legislativo n. 207 del 2021 sono state apportate significative modifiche al Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003.
L’articolo 1 del decreto legislativo n. 207 del 2021, infatti, ha novellato gli articoli da 1 a 98 del Codice delle comunicazioni elettroniche, così recependo la nuova normativa eurounitaria (direttiva 2018/1972/UE, c.d. Codice europeo delle comunicazioni elettroniche).
Per quanto qui d’interesse – e rinviando al relativo dossier pubblicato per ogni approfondimento - si ricorda che, con la novella all’articolo 44 del Codice delle comunicazioni elettroniche, è stata disciplinata la procedura di autorizzazione per l’installazione di nuove infrastrutture di comunicazione elettronica. In quella sede, in particolare, sono state introdotte formule di semplificazione, innanzitutto modellando l’intera procedura secondo il principio del silenzio-assenso decorsi 90 giorni dalla presentazione dell’istanza e prevedendo che la suddetta istanza abbia valore di domanda unica per tutti i profili e i soggetti comunque coinvolti nel procedimento. È, altresì, prevista – laddove necessaria - l’indizione di una conferenza di servizi in tempi molto rapidi (la quale, convocata entro cinque giorni lavorativi dalla presentazione dell’istanza, deve assumere le proprie decisioni entro il termine perentorio di 90 giorni).
Articolo 8
(Rateizzazione delle bollette per i consumi energetici
e Fondo di garanzia PMI)
L’articolo 8 consente alle imprese con sede in Italia, clienti finali di energia elettrica e di gas naturale, di richiedere ai relativi fornitori con sede in Italia, la rateizzazione degli importi dovuti per i consumi energetici, relativi ai mesi di maggio 2022 e giugno 2022, per un numero massimo di rate mensili non superiore a ventiquattro, al fine di contenere gli effetti economici negativi derivanti dall'aumento dei prezzi delle forniture energetiche (comma 1).
Il comma 2 prevede che SACE S.p.A. rilascia le proprie garanzie in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e di altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, entro un limite massimo di impegni pari a 9.000 milioni di euro, alle condizioni e secondo le modalità di cui agli articoli 1 e 1-bis.1 del D.L. n. 23/2020 (L. n. 40/2020), al fine di sostenere le specifiche esigenze di liquidità derivanti dai piani di rateizzazione concessi dai fornitori di energia elettrica e gas naturale con sede in Italia ai sensi del comma 1.
Per far fronte alla grave emergenza economica determinata dalla pandemia da coronavirus, e sostenere la liquidità del sistema produttivo, fortemente colpito dalle misure restrittive di contrasto all’espansione del virus, il decreto-legge n. 23/2020 delinea uno schema di garanzie straordinarie sulle operazioni di finanziamento delle imprese, incentrato sul ruolo di SACE S.p.A. e del Fondo di garanzia delle PMI (articolo 1 e articolo 13). Il quadro straordinario di misure di intervento opera sino al 30 giugno 2022, ai sensi di quanto consentito dalla disciplina quadro europea sugli aiuti di Stato nell’attuale contesto pandemico "Temporary Framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak", cd. "Temporary Framework" della Commissione UE.
Di seguito un’analisi nel dettaglio.
Fondo di garanzia PMI
L'articolo 13 del decreto-legge n. 23/2020 ha introdotto un potenziamento dell'intervento del Fondo di garanzia PMI, in deroga alla disciplina ordinaria, al fine di sostenere la liquidità delle imprese, colpite dagli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID. Il regime di aiuti è stato previamente notificato alla Commissione europea e dalla stessa autorizzato, in quanto conforme alla disciplina sugli aiuti di Stato nel contesto epidemico (State Aid Temporary Framework, cfr. tema dell’attività parlamentare sugli aiuti di Stato durante l’epidemia da Covid-19).
Il periodo di operatività dell’intervento straordinario del Fondo è stato via via prorogato:
§ dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021 dalla legge di bilancio 2021 (l. n. 178/2020, art. 1, co. 244),
§ al 31 dicembre 2021 dal decreto-legge n. 73/2020 (articolo 1, comma 2);
§ sino al 30 giugno 2022 dalla legge di bilancio per il 2022 (l. n. 234/2021, articolo 1, commi 53-58). Tale legge, come modificata dall’articolo 3, commi 4-bis e 4-ter del decreto-legge n. 228/2021, ha anche disposto, nel periodo tra il 1° luglio 2022 e il 31 dicembre 2022, solo un parziale ripristino delle modalità operative ordinarie del Fondo, in una logica di graduale phasing out dal regime emergenziale (articolo 1, comma 55). Sempre per l’anno 2022, la legge di bilancio di bilancio ha disposto che il limite cumulato massimo di assunzione degli impegni del Fondo sia di 210.000 milioni di euro. Le proroghe suddette sono state anch’esse notificate dalla Commissione UE e dalla stessa autorizzate alla luce di quanto consentito dalle proroghe del Temporary Framework (operante, appunto, sino al 30 giugno 2022).
Dunque, sino al 30 giugno 2022, ai sensi del comma 1 dell’articolo 13 del decreto-legge n. 23/2020:
§ l'intervento del Fondo è a titolo gratuito - senza pagamento di commissioni – fino al 31 marzo 2021. Dal 1° aprile 2021, l’accesso al Fondo avviene previo pagamento di una commissione, salvo ora quanto disposto dall’articolo qui in commento (lett. a));
§ l'importo massimo garantito è elevato fino a 5 milioni di euro per singola impresa beneficiaria[43]. Sono ammesse alla garanzia del Fondo le imprese con numero di dipendenti non superiore a 499, determinato sulla base delle unità di lavoro-anno rilevate per l'anno 2019, dunque non le mid-cap, per le quali, dal 1° marzo 2021, opera la Garanzia straordinaria SACE, di cui all’articolo 1-bis.1 del decreto-legge n. 23/2020[44] (lett. b));
§ dal 1° luglio 2021, per la garanzia diretta del Fondo, la percentuale di copertura è dell’80% per i finanziamenti con durata fino al 96 mesi per esigenze di liquidità o di investimento, di importo non superiore al doppio della spesa salariale annua o al 25% del fatturato oppure, in caso di superamento di entrambi i limiti, al fabbisogno per costi di capitale d’esercizio e costi d’investimento (lett. c)). La copertura del Fondo è del 100% in riassicurazione/controgaranzia (su garanzie rilasciate da confidi non superiori al 90% del finanziamento) sulle medesime tipologie di finanziamenti (lett. d)). Per tutti i finanziamenti che non rientrano nei casi suddetti, la copertura del Fondo è all'80 per cento per la garanzia diretta e al 90 per cento per la riassicurazione. La garanzia del Fondo può comunque essere cumulata con un'ulteriore garanzia concessa da confidi o da altri soggetti abilitati al rilascio di garanzie, a valere su risorse proprie, fino alla copertura del 100 per cento del finanziamento concesso (lett. d));
§ sono ammessi all'intervento del Fondo (80% di copertura per la garanzia diretta e 90% per la riassicurazione dell'importo garantito (in misura non maggiore dell’80%) dal Confidi o da altro fondo di garanzia) anche finanziamenti a fronte di operazioni di rinegoziazione del debito, purché il nuovo finanziamento preveda l'erogazione di credito aggiuntivo in misura almeno al 25 per cento del debito residuo. Inoltre, nei casi di rinegoziazione, al finanziatore deve trasmettere al gestore del Fondo una dichiarazione che attesta la riduzione del tasso d'interesse applicata sul finanziamento garantito (lett. e));
§ si prevede il prolungamento automatico della garanzia del Fondo in caso di sospensione del pagamento delle rate di ammortamento o della sola quota capitale correlata all'emergenza COVID-19 (lett. f));
§ sui finanziamenti fino a 30 mila euro[45] a favore di PMI, persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni, associazioni professionali e società tra professionisti, persone fisiche esercenti le "attività finanziarie e assicurative" di cui al codice ATECO 2007 - Sezione K, società di agenti in attività finanziaria, società di mediazione creditizia, nonché società che svolgono le attività contrassegnate dal codice ATECO 66.21.00, ovvero le attività di periti e liquidatori indipendenti delle assicurazioni[46], la garanzia del Fondo opera, a decorrere dal 1° gennaio 2022, nella misura dell’80% sia in garanzia diretta che in riassicurazione purché tali finanziamenti abbiano una durata fino a 15 anni e prevedano l'inizio del rimborso del capitale non prima di 24 mesi dall'erogazione[47](lett. m) e m-bis)). Il decreto-legge n. 228/2021 (articolo 3, comma 4-ter) ha aggiunto che, se il termine iniziale di rimborso del capitale matura nel corso dell’anno 2022, tale termine può essere prolungato[48], per un periodo non superiore a sei mesi, fermi gli obblighi di segnalazione e prudenziali (lett. m-ter)). A decorrere dal 1° aprile 2022, per il rilascio della garanzia di cui al presente punto è previsto il pagamento di una commissione;
§ l'accesso alla garanzia avviene senza applicazione del modello di valutazione del merito creditizio (lett. g));
§ la garanzia è concessa anche in favore di beneficiari che, alla data della richiesta di garanzia, presentino esposizioni nei confronti del soggetto finanziatore classificate come “inadempienze probabili” o “scadute o sconfinanti deteriorate”, purché tale classificazione non sia precedente al 31 gennaio 2020, ma sono in ogni caso escluse dalla garanzia le imprese che presentano esposizioni classificate come sofferenze ai sensi della disciplina bancaria (lett-g-bis e g-ter);
§ l'accesso al Fondo è allargato anche alle aziende che sono state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale, hanno stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti o hanno presentato un piano in tal senso, a condizione che alla data di presentazione della domanda le loro esposizioni non siano classificabili come esposizioni deteriorate, non presentino importi in arretrato e il soggetto finanziatore, sulla base dell’analisi della situazione finanziaria del debitore, possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell’esposizione alla scadenza (g-quater).
§ per i finanziamenti garantiti di importo superiore ai 25.000 euro è comunque prevista la possibilità per le imprese di avvalersi di un preammortamento fino a 24 mesi (lett. p-bis));
§ alle garanzie straordinarie del Fondo sono ammesse, a date condizioni, anche le imprese che hanno ottenuto, su operazioni garantite dal Fondo stesso, un prolungamento della garanzia per temporanea difficoltà ( decreto-legge n. 104/2020, art. 64, co. 3-bis).
SACE: Garanzia Italia e Garanzia-Mid Cap
L'articolo 1 del decreto-legge n. 23/2020, convertito in L. n. 40/2020, ha autorizzato SACE S.p.A a concedere garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma da questi concessi alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia Covid-19.
Possono beneficiare dei finanziamenti garantiti le imprese di qualsiasi dimensione, ma le PMI devono aver pienamente utilizzato la loro capacità di accesso al Fondo centrale di garanzia per le PMI (vedi supra), nonché alle garanzie fornite da ISMEA relativamente alle imprese del settore agricolo, agroalimentare e della pesca.
Sono escluse dal beneficio le società, direttamente o indirettamente, controllanti o controllate da una società residente in un Paese o territorio non cooperativo a fini fiscali.
L'operatività della misura, inizialmente prevista sino al 31 dicembre 2020, è stata dapprima prorogata fino al 30 giugno 2021 con la legge di bilancio 2021, l. n. 178/2020, art. 1, co. 206, lett. a)) , successivamente, sino al 31 dicembre 2021 dal decreto-legge n. 73/2021(articolo 13, comma 1, lett. a)), da ultimo con la legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 59) al 30 giugno 2022.
Gli impegni complessivamente assunti da SACE non devono superare i 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi destinati alle PMI, comprendendo tra queste i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA, nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti.
Gli impegni assunti da SACE sono garantiti dallo Stato e, a tal fine, è stato istituito un apposito Fondo a copertura dei relativi oneri statali presso il Ministero dell'economia e delle finanze[49].
La garanzia SACE è rilasciata – secondo quanto attualmente dispone la disciplina vigente - entro il 30 giugno 2022, sulla base di una serie di condizioni:
§ la durata massima del finanziamento è di 6 anni (con la possibilità di un preammortamento fino a 36 mesi). Con il decreto-legge n. 73/2021, previa notifica e autorizzazione della Commissione UE, su richiesta delle parti, è stato disposto che la durata dei finanziamenti garantiti da SACE S.p.A. possa essere estesa fino a 10 anni. L’esercizio di tale facoltà è stata limitata nel suo ammontare massimo. Si rinvia, sul punto al Manuale operativo SACE, aggiornato al 7 gennaio 2022, nel quale – all’indomani dell’interlocuzione con la Commissione UE - si indica la durata massima dei finanziamenti garantiti da SACE in 8 anni;
§ l'impresa beneficiaria, al 31 dicembre 2019 non doveva rientrare nella categoria delle imprese in difficoltà, e, al 29 febbraio 2020, non doveva avere esposizioni deteriorate nei confronti del settore bancario. Le imprese ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale, che hanno stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti o hanno presentato, in sede di procedura fallimentare, un piano idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria, sono state ammesse. a condizione che, alla data di presentazione della domanda, le loro esposizioni non fossero classificabili come deteriorate, non presentassero importi in arretrato e il finanziatore possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza. Sono in ogni caso escluse le imprese con esposizioni classificate come sofferenze ai sensi della disciplina bancaria vigente;
§ l'importo garantito non deve essere superiore, conformemente allo State Aid Temporary Framework europeo, al maggiore tra i seguenti elementi: 25 per cento del fatturato annuo relativo al 2019; doppio dei costi del personale relativi al 2019;
§ percentuale di copertura, che può essere del 70, 80 o 90 per cento. Le percentuali sono inversamente proporzionali alla dimensione delle imprese;
§ l'assunzione da parte delle imprese beneficiarie di specifici impegni, tra i quali quello di gestire i livelli occupazionali tramite accordi sindacali e quello di non approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020, o, se la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni al momento della richiesta di finanziamento ha già avuto luogo, l'impegno a non distribuire dividendi viene assunto per i 12 mesi successivi alla richiesta. Inoltre, le imprese beneficiarie si devono impegnare a non delocalizzare gli stabilimenti produttivi;
§ destinazione del finanziamento a determinate tipologie di spese aziendali; tra queste, per non più del 20 per cento dell'importo erogato, al pagamento di rate di finanziamenti, scadute o in scadenza nel periodo emergenziale il cui rimborso sia oggettivamente impossibile a causa dell'epidemia da COVID. In particolare, il finanziamento coperto dalla garanzia SACE deve essere destinato a sostenere costi del personale, canoni di locazione o di affitto di ramo d'azienda, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell'impresa beneficiaria, e le medesime imprese devono impegnarsi a non delocalizzare le produzioni;
§ ovvero il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato al rimborso di finanziamenti nell'ambito di operazioni di rinegoziazione del debito accordato in essere dell'impresa beneficiaria purché il finanziamento preveda l'erogazione di credito aggiuntivo in misura pari almeno al 25 per cento dell'importo del finanziamento oggetto di rinegoziazione e a condizione che il rilascio della garanzia sia idoneo a determinare un minor costo o una maggior durata del finanziamento rispetto a quello oggetto di rinegoziazione.
Per facilitare l'accesso delle imprese alle garanzie di SACE e per contrastare tentativi di infiltrazione criminale, è stata prevista l'autocertificazione. Il soggetto che eroga il finanziamento non è tenuto a svolgere accertamenti ulteriori rispetto alla verifica formale di quanto dichiarato (articolo 1-bis del decreto-legge n. 23/2020).
La "Garanzia Italia" SACE di cui all'articolo 1 del decreto-legge n.23/2020 si applica anche alle cessioni dei crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente (pro solvendo) e, a decorrere dal 1 gennaio 2021, senza di garanzia di solvenza (pro soluto) effettuate dalle imprese beneficiarie a favore di banche e intermediari finanziari. Si rinvia al sito istituzionale SACE.
Inoltre, SACE è stata autorizzata a concedere, fino al 30 giugno 2022, garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti che sottoscrivono in Italia prestiti obbligazionari o altri titoli di debito emessi dalle imprese ai quali sia attribuito un rating pari a BB- o equivalente.
La legge di bilancio 2021 ha consentito alle imprese "mid-cap" di accedere, a decorrere dal 1° marzo 2021, allo strumento "Garanzia Italia" SACE alle medesime condizioni agevolate straordinarie già offerte a tale tipologia di imprese dal Fondo di garanzia PMI ai sensi dell'articolo 13, comma 1 del decreto-legge 23/2020, la cui operatività straordinaria, per le imprese "mid cap", è cessata il 28 febbraio 2021 (art. 1, co. 245 e co. 209, che ha inserito un nuovo articolo 1-bis.1 nel decreto-legge n. 23/2020). La garanzia SACE a favore delle imprese cd. "mid-cap" opera anch'essa fino al 30 giugno 2022, ai sensi della proroga contenuta nella Legge di bilancio 2022. Si rinvia all'apposito manuale operativo SACE del 7 gennaio 2022.
Il comma 3 autorizza SACE S.p.A., per le medesime finalità di contenimento e supporto, a concedere in favore delle imprese di assicurazione autorizzate all'esercizio del ramo credito e cauzioni una garanzia pari al 90 per cento degli indennizzi generati dalle esposizioni relative ai crediti vantati dai fornitori di energia elettrica e gas naturale residenti in Italia, per effetto dell'inadempimento da parte delle imprese con sede in Italia che presentano un fatturato non superiore a 50 milioni di euro alla data del 31 dicembre 2021, del debito risultante dalle fatture emesse entro il 30 giugno 2023 relative ai consumi energetici effettuati fino al 31 dicembre 2022, conformemente alle modalità declinate dallo schema di garanzia di cui all'articolo 35 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.
L’articolo 35, del D.L. n. 34/2014, al comma 1 e 4 autorizza SACE S.p.A. a concedere una garanzia pari al 90% degli indennizzi generati dalle esposizioni relative a crediti commerciali maturati dalla data di entrata in vigore del D.L. e fino al 31 dicembre 2020 (successivamente prorogato al 30 giugno 2021 dall'articolo 1, comma 232, lettera a), della legge di bilancio per il 2021 - L. n. 178/2020) ed entro il limite massimo di 2 miliardi di euro, nel rispetto della normativa europea.
La garanzia è concessa da SACE in favore delle imprese di assicurazione dei crediti commerciali a breve termine, autorizzate all’esercizio del ramo credito, che abbiano aderito ad apposita convenzione stipulata con SACE.
La norma è esplicitamente finalizzata a preservare la continuità degli scambi commerciali tra aziende e a garantire che i servizi di assicurazione del credito commerciale continuino ad essere disponibili per le imprese colpite dagli effetti economici dell’epidemia Covid-19.
Sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie, è accordata di diritto – ai sensi del comma 2 - la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso, la cui operatività è registrata da SACE S.p.A. con gestione separata. La garanzia statale è esplicita, incondizionata, irrevocabile.
A SACE S.p.A. è demandato inoltre il compito di svolgere - anche per conto del Ministero dell’economia e delle finanze - le attività relative all’escussione della garanzia e al recupero dei crediti, che la Società può delegare alle imprese di assicurazione del ramo credito. SACE S.p.A. è tenuta ad operare con la dovuta diligenza professionale.
Ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze è rimessa la possibilità di impartire a SACE S.p.A. indirizzi sulla gestione dell’attività di rilascio delle garanzie e sulla verifica, al fine dell’escussione della garanzia dello Stato, del rispetto dei suddetti indirizzi, dei criteri e delle condizioni previsti dall’articolo in esame.
Il comma 3 ha demandato poi ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dall’entrata in vigore decreto-legge, le ulteriori modalità attuative e operative, gli eventuali elementi e requisiti integrativi, per l’esecuzione delle operazioni e il modello di convenzione tra SACE e le imprese di assicurazione.
L'articolo 1, comma 232, lettera b), della legge di bilancio per il 2021 (introducendo il nuovo comma 3-bis nell’art. 35 del D.L. n. 34/2020) dispone che le previsioni contenute nei decreti del Ministro dell’economia e delle finanze attuativi della misura, che dispongono effetti o scadenze relativi alla data del 31 dicembre 2020 si intendono riferite alla nuova data del 30 giugno 2021.
Ai sensi del comma 5, per le finalità di cui all’articolo in esame, è istituita - nell’ambito del Fondo a copertura degli oneri derivanti dalle garanzie assunte da SACE di cui all’articolo 1, comma 14, del D.L. n. 23/2020 - una sezione speciale, con autonoma evidenza contabile.
La sezione speciale, specificamente dedicata alla copertura delle garanzie SACE relative alle imprese di assicurazione del ramo credito, dispone di una dotazione - stabilita ai sensi dell’articolo 31, comma 1 del medesimo D.L. n. 34/2020, pari a 1.700 milioni di euro per il 2020. La sezione speciale è alimentata, altresì, con le risorse finanziarie versate dalle compagnie di assicurazione a titolo di remunerazione della garanzia, al netto dei costi di gestione sostenuti da SACE S.p.A. per le attività svolte, come risultanti dalla contabilità di SACE stessa, salvo conguaglio all’esito dell’approvazione del bilancio.
Il 13 agosto 2020, la Commissione europea ha autorizzato il regime di aiuti in esame, in quanto ritenuto compatibile con la disciplina contenuta nel Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 – cd. Temporary Framework (il regime è stato da ultimo modificato il 18 novembre 2021 ed esteso al 30 giugno 2022).
Il 9 dicembre 2020, con comunicato stampa, SACE ha annunciato l’avvio
dell’operatività della misura.
Il comma 4 accorda di diritto, sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie di cui ai commi 2 e 3, la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso, la cui operatività sarà registrata da SACE S.p.A. con gestione separata. La garanzia dello Stato è esplicita, incondizionata, irrevocabile e si estende al rimborso del capitale, al pagamento degli interessi e ad ogni altro onere accessorio, al netto delle commissioni ricevute per le medesime garanzie. SACE S.p.A. svolge anche per conto del MEF le attività relative all'escussione della garanzia e al recupero dei crediti, che può altresì delegare a terzi e/o agli stessi garantiti. SACE S.p.A. opera con la dovuta diligenza professionale. Il comma in esame prevede che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze possono essere impartiti a SACE S.p.A. indirizzi sulla gestione dell'attività di rilascio delle garanzie e sulla verifica, al fine dell'escussione della garanzia dello Stato, del rispetto dei suddetti indirizzi e dei criteri e condizioni previsti dal presente articolo.
Il comma 5 prevede il rilascio delle garanzie di cui al presente articolo da parte di SACE S.p.A. a condizione che il costo dell'operazione garantita sia inferiore al costo che sarebbe stato richiesto dai soggetti eroganti o dalle imprese di assicurazione per operazioni con le medesime caratteristiche ma prive della garanzia.
Il comma 6 istituisce nell'ambito del Fondo per le garanzie rilasciate da SACE di cui all’articolo 1, comma 14, del D.L. n. 23/2020 (L. 40/2020), due sezioni speciali, con autonoma evidenza contabile a copertura delle garanzie di cui ai commi 2 e 3, con una dotazione iniziale pari rispettivamente a 900 milioni di euro e 2000 milioni di euro alimentate, altresì, con le risorse finanziarie versate a titolo di remunerazione della garanzia al netto dei costi di gestione sostenuti da SACE S.p.A. per le attività svolte ai sensi del presente articolo e risultanti dalla contabilità di SACE S.p.A., salvo conguaglio all'esito dell'approvazione del bilancio e al netto delle commissioni riconosciute alle compagnie assicurative.
Il comma 7 rifinanzia per un importo pari a 300 milioni di euro per il 2022 il Fondo centrale di garanzia per le PMI, istituito presso il Mediocredito Centrale S.p.A. (articolo 2, comma 100, lettera a), della L. n. 662/1996). Il comma in esame rinvia quindi all'articolo 38 per la copertura degli oneri in termini di saldo netto da finanziare e indebitamento netto, pari a 300 milioni di euro per l'anno 2022.
Il Fondo di garanzia, istituito ai sensi dell’art. 2, comma 100, lett. a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, interviene a favore di operazioni finanziarie concesse alle piccole e medie imprese da banche, intermediari finanziari di cui all’art. 107 del Testo Unico Bancario (TUB), da Società finanziaria per l’innovazione e lo sviluppo (SFIS), da Società di gestione del risparmio, da Società di gestione armonizzate, dalle imprese di assicurazione e dai gestori di cui alla lettera q-bis del Testo Unico Finanza (TUF). È, inoltre, prevista la controgaranzia del Fondo a favore delle garanzie prestate dai Confidi e dai fondi di garanzia gestiti da banche, da intermediari finanziari o da soggetti iscritti nell’elenco generale, di cui all’art. 106 del TUB. La garanzia del Fondo, in adeguamento alle regole imposte dall’Accordo di Basilea, è escutibile “a prima richiesta”, esplicita, incondizionata, irrevocabile ed è diretta (nel senso che si riferisce ad una singola esposizione). La controgaranzia è concessa “a prima richiesta”, a condizione che la garanzia dei Confidi e degli altri fondi di garanzia abbia caratteristiche identiche e sia prestata con le medesime modalità della garanzia diretta (vale a dire che la garanzia sia: esplicita, incondizionata, irrevocabile ed “a prima richiesta”). Negli altri casi, la controgaranzia è concessa in via sussidiaria ed è escutibile, salvo acconto, dopo la conclusione delle procedure di recupero del credito. Con il decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, l’intervento del Fondo di garanzia alle PMI è stato esteso, senza alcuna limitazione, ai soggetti beneficiari finali, che svolgono l’attività in uno dei settori “Agricoltura, silvicoltura e pesca”. Lo stesso decreto-legge ha approvato le modalità operative di intervento della Sezione speciale, ai sensi dell’art. 56, per l’accesso al Fondo di garanzia, stabilendo la possibilità, per imprese e professionisti, di beneficiare del divieto di revoca, della proroga e della sospensione sui finanziamenti in essere.
Per ulteriori approfondimenti, si veda il doc. XIV, n. 4 - Decisione e relazione della Corte dei conti sul Rendiconto generale dello Stato, per l'esercizio finanziario 2020, volume I - tomo II, 297-301.
Articolo 8-bis
(Misure di sostegno finanziario alle imprese)
L'articolo 8-bis, inserito dal Senato, modifica le condizioni alle quali sono ammissibili alla garanzia del Fondo centrale di garanzia PMI talune tipologie di finanziamenti. È in particolare modificata la condizione relativa alla previsione dell'inizio del rimborso del capitale non prima di 24 mesi dall'erogazione. Tale periodo è ampliato a 30 mesi. In relazione ai finanziamenti di importo superiore a 25.000 euro, per i quali la durata massima del periodo di preammortamento di cui le imprese beneficiarie possono avvalersi in base alle condizioni di rilascio della garanzia è fissata in 24 mesi, s'introduce l'ulteriore disposizione in base alla quale per tali finanziamenti, qualora il termine iniziale di rimborso del capitale inizia a decorrere in un periodo non antecedente al 1° giugno 2022, l'anzidetto termine, su richiesta del soggetto finanziato e previo accordo tra le parti, può essere differito di un periodo non superiore a sei mesi, fermi restando gli obblighi di segnalazione e prudenziali. A tal fine sono novellate la lettera m), primo periodo, e la lettera p-bis), dell'articolo 13, comma 1, del D.L. n. 23/2020 (L. n. 40/2020).
La lettera m) prevede al primo periodo che, previa autorizzazione della Commissione Europea ai sensi dell'articolo 108 del TFUE, sono ammissibili alla garanzia del fondo, con le coperture e le decorrenze ivi previste, sia in garanzia diretta che in riassicurazione, i nuovi finanziamenti concessi da banche, intermediari finanziari e dagli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in favore di piccole e medie imprese e di persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni, di associazioni professionali e di società tra professionisti nonché di persone fisiche esercenti attività di cui alla sezione K del codice ATECO la cui attività d'impresa è stata danneggiata dall'emergenza COVID-19, secondo quanto attestato dall'interessato mediante dichiarazione autocertificata, purché tali finanziamenti:
§ prevedano l'inizio del rimborso del capitale non prima di 24 mesi dall'erogazione;
§ abbiano una durata fino a 120 mesi;
§ e abbiano un importo non superiore, alternativamente, anche tenuto conto di eventi calamitosi, a uno degli importi di cui alla lettera c), numeri 1) o 2), come risultante dall'ultimo bilancio depositato o dall'ultima dichiarazione fiscale presentata alla data della domanda di garanzia ovvero da altra idonea documentazione, prodotta anche mediante autocertificazione, e, comunque, non superiore a 30.000 euro.
Articolo 9
(Cedibilità dei crediti di imposta riconosciuto alle imprese energivore e alle imprese a forte consumo di gas naturale)
L'articolo 9 del decreto in esame stabilisce che i crediti d'imposta derivanti dai contributi alle imprese energivore per il primo e secondo trimestre 2022, stabiliti dagli articoli 15 del decreto legge n. del 2022 e dall'articolo 4 del decreto legge n. 17 del 2022, e dal contributo alle imprese gasivore per il primo trimestre 2022, stabilito dall'articolo 5 del decreto legge n. 17 del 2022: sono utilizzabili entro il 31 dicembre 2022; sono cedibili, solo per intero, dalle medesime imprese ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari, società appartenenti a un gruppo bancario o imprese di assicurazione.
L'articolo 15 del decreto n. 4 del 2022 e l'articolo 4 del decreto legge n. 17 del 2022, come modificato dall'articolo 5, comma 1, del decreto in esame, riconoscono alle imprese a forte consumo di energia elettrica (cosiddette "energivore") che hanno subito un significativo incremento del relativo costo:
- un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari al 20 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2022 (contributo alle imprese energivore per il primo trimestre 2022);
- un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari al 25 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022 (contributo alle imprese energivore per il secondo trimestre 2022).
Le imprese a forte consumo di energia elettrica sono identificate, in base alle disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017, come quelle che hanno un consumo medio di energia elettrica, calcolato nel periodo di riferimento, pari ad almeno 1 GWh/anno e che rispettano uno dei seguenti requisiti:
d) operano nei settori dell’Allegato 3 alla Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (estrazione di minerali, produzione di oli e grassi, tessitura, produzione di cemento, fabbricazione di componenti elettronici, etc.);
e) operano nei settori dell’Allegato 5 alla Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (altri settori minerari e manifatturieri non inclusi nell'allegato 3) e sono caratterizzate da un indice di intensità elettrica positivo determinato, sul periodo di riferimento, in relazione al valor medio triennale del valore aggiunto lordo a prezzi di mercato non inferiore al 20 per cento;
f) non rientrano fra quelle di cui ai precedenti punti a) e b), ma sono ricomprese negli elenchi delle imprese a forte consumo di energia redatti, per gli anni 2013 o 2014, dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) in attuazione dell’articolo 39 del decreto legge n. 83 del 2012;
Per "periodo di riferimento" si intende, per l'anno di competenza “N” in cui si fruisce dell'agevolazione, il triennio che va da “N-4” a “N-2”, salvo che per le imprese di più recente costituzione.
Il contributo è destinato a tali imprese, là dove risulti un incremento significativo del costo dell'energia, ovvero nel caso in cui i cui costi per kWh della componente energia elettrica, calcolati sulla base della media del primo trimestre 2022 ed al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, subiscano un incremento superiore al 30 per cento relativo al medesimo periodo dell'anno 2019, anche tenuto conto di eventuali contratti di fornitura di durata stipulati dall'impresa.
Con riferimento al contributo per il secondo trimestre 2022, il comma 2 dell'articolo 4 del decreto legge n. 17 del 2022 chiarisce che il credito di imposta è riconosciuto anche in relazione alla spesa per l’energia elettrica prodotta e autoconsumata dalle imprese energivore nel secondo trimestre 2022. In tal caso, l’incremento del costo è calcolato con riferimento alla variazione del prezzo unitario dei combustibili acquistati ed utilizzati dall’impresa per la produzione della medesima energia elettrica e il credito di imposta è determinato con riguardo al prezzo convenzionale dell’energia elettrica pari alla media, relativa al secondo trimestre 2022, del prezzo unico nazionale dell’energia elettrica (PUN, ovvero il prezzo di riferimento dell'energia elettrica in Italia acquistata alla borsa elettrica).
Similmente, l'articolo 5 del decreto legge n. 17 del 2022, come modificato dall'articolo 5, comma 2, del decreto in esame, riconosce alle imprese a forte consumo di gas naturale (cosiddette "gasivore") che hanno subito un significativo incremento del relativo costo, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari al pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici (contributo alle imprese gasivore per il primo trimestre 2022).
Le imprese a forte consumo di gas naturale sono identificate (comma 2), facendo riferimento alle disposizioni del decreto del Ministro della Transizione ecologica 21 dicembre 2021, come quelle che:
d) operano nei settori elencati nell'allegato 1 al medesimo decreto;
e) che hanno un consumo medio di gas naturale, calcolato per il periodo di riferimento, pari ad almeno 1 GWh/anno (ovvero 94.582 Sm3/anno, considerando un potere calorifico superiore per il gas naturale pari a 10,57275 kWh/Sm3); e
f) hanno consumato, nel primo trimestre solare dell’anno 2022, un quantitativo di gas naturale per usi energetici non inferiore al 25 per cento di tale volume di gas naturale (indicato all’articolo 3, comma 1, del medesimo decreto), al netto dei consumi di gas naturale impiegato in usi termoelettrici.
Per "periodo di riferimento" si intende, per l'anno di competenza “N” in cui si fruisce dell'agevolazione, il triennio che va da “N-4” a “N-2”, salvo che per le imprese di più recente costituzione. Al riguardo, si rappresenta che la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), nel rispetto delle disposizioni impartite dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), è tenuta a costituire, in riferimento a ciascun anno di competenza, l’Elenco delle imprese a forte consumo di gas naturale.
Il contributo è destinato a tali imprese, là dove risulti un incremento significativo del costo dell'energia, ovvero nel caso in cui il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al medesimo trimestre, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore del Mercati Energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al primo trimestre dell’anno 2019.
L'articolo 9 del decreto in esame stabilisce che i crediti d'imposta derivanti dai contributi alle imprese energivore per il primo e secondo trimestre 2022, stabiliti dagli articoli 15 del decreto legge n. del 2022 e dall'articolo 4 del decreto legge n. 17 del 2022, e dal contributo alle imprese gasivore per il primo trimestre 2022, stabilito dall'articolo 5 del decreto legge n. 17 del 2022:
- sono utilizzabili entro il 31 dicembre 2022;
- sono cedibili, nel rispetto di specifiche condizioni.
In particolare, i crediti sono cedibili solo per intero, dalle medesime imprese ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all’albo previsto dall’articolo 106 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB), società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo di cui all’articolo 64 del TUB ovvero imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del decreto legislativo n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private - CAP).
Resta ferma l’applicazione dei controlli preventivi e delle misure di contrasto alle frodi in materia di cessioni dei crediti di cui all’articolo 122-bis, comma 4, del decreto legge n. 34 del 2020, per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima.
La disposizione appena citata, che riproduce le norme dell’articolo 2 del decreto legge n. 157 del 2021 nell'articolo 122-bis nel decreto-n. 34 del 2020, riconosce la possibilità per l’Agenzia delle entrate di sospendere l’efficacia delle comunicazioni delle opzioni di cessione dei crediti o di sconti in fattura che presentano profili di rischio ai fini del controllo preventivo della correttezza delle operazioni. I profili di rischio sono individuati, utilizzando criteri relativi alla diversa tipologia dei crediti ceduti, in particolare riferendosi:
§ alla coerenza e alla regolarità dei dati indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni di cui al presente comma con i dati presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria;
§ ai dati afferenti ai crediti oggetto di cessione e ai soggetti che intervengono nelle operazioni cui detti crediti sono correlati, sulla base delle informazioni presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria;
§ ad analoghe cessioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni di cui al comma in esame.
Se all'esito del controllo risultano confermati i rischi sopra indicati la comunicazione si considera non effettuata e l’esito del controllo è comunicato al soggetto che ha trasmesso la comunicazione. Se, invece, i rischi non risultano confermati, ovvero decorso il periodo di sospensione degli effetti della comunicazione, la stessa produce gli effetti previsti dalle disposizioni di riferimento. Fermi restando gli ordinari poteri di controllo, l’amministrazione finanziaria procede in ogni caso al controllo nei termini di legge di tutti i crediti relativi alle cessioni per le quali la comunicazione si considera non avvenuta. Gli intermediatori bancari e finanziari (soggetti obbligati individuati all’articolo 3 del decreto legislativo n. 231 del 2007) che intervengono nelle cessioni comunicate non procedono all’acquisizione del credito in tutti i casi in cui ricorrono i presupposti di cui agli articoli 35 e 42 del predetto decreto legislativo n. 231 del 2007 ovvero nei casi di invio di segnalazione di operazione sospetta e di obbligo di astensione nell'impossibilità oggettiva di effettuare l'adeguata verifica della clientela.
L'articolo in esame stabilisce la nullità di contratti di cessione conclusi in violazione delle condizioni suesposte.
In caso di cessione dei crediti d’imposta:
- il credito d’imposta è usufruito dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro la medesima data del 31 dicembre 2022;
- le imprese beneficiarie sono inoltre tenute a chiedere il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto ai crediti d’imposta.
Il visto di conformità è rilasciato ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo n. 241 del 1997, dai soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998, e dai responsabili dell’assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui all’articolo 32 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997.
L'articolo 35 del decreto legislativo n. 241 del 1997 prevede che il responsabile del Centro di assistenza fiscale (CAF) rilasci un visto di conformità dei dati delle dichiarazioni predisposte dal centro alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile. Sono abilitati al rilascio del visto gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro (lettera a) del comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998), gli iscritti nel registro dei revisori legali e i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria (lettera b) del comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998), nonché i responsabili dei CAF.
Il comma 2 demanda a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, la definizione le modalità attuative delle disposizioni in esame, comprese quelle relative all’esercizio delle opzioni, da effettuarsi in via telematica, anche avvalendosi dei soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998.
Oltre all'applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 122-bis del decreto legge n. 34 del 2020, già richiamate, si prevede l'applicazione di quelle recate dall’articolo 121, commi da 4 a 6, del medesimo decreto legge, in quanto compatibili.
Il comma 4 dell'articolo 121 del decreto legge n. 34 del 2020 dispone che, ai fini del controllo sulla cessione dei crediti d'imposta, si applichino le attribuzioni e i poteri di accertamento in tema di imposte sui redditi, posti in capo all’Amministrazione finanziaria dagli articoli 31 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973. Si chiarisce che i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto. L’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo procede, in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacità operativa degli uffici, alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta negli ordinari termini di accertamento (per i crediti non spettanti: cinque anni dalla dichiarazione, ai sensi articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973; per i crediti inesistenti: otto anni dall’utilizzo del credito ai sensi dell’articolo 27, commi da 16 a 20, del decreto legge n. 185 del 2008).
Ai sensi del successivo comma 5, in assenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione, l’Agenzia delle entrate provvede a recuperare l’importo corrispondente alla detrazione non spettante, maggiorato di interessi e sanzioni Tale importo, maggiorato degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo (di cui all’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973) e delle sanzioni per utilizzo di crediti di imposta in misura superiore a quella spettante, ovvero inesistenti (di cui all’ articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997).
Il comma 6 prevede infine che il recupero del predetto importo sia effettuato nei confronti del soggetto beneficiario delle originarie detrazioni. Resta ferma, in presenza di concorso nella violazione, l’applicazione della norma per cui, ove più persone concorrono in una violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta (articolo 9, comma 1 del decreto legislativo n. 472 del 1997); rimane ferma anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell’importo maggiorato di sanzioni e interessi.
Articolo 10
(Imprese energivore di interesse strategico)
L’articolo 10 autorizza SACE S.p.A. a rilasciare, fino al 31 dicembre 2022, garanzie per un impegno complessivo massimo entro i 5 miliardi di euro, in favore di banche e altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, per finanziamenti concessi sotto qualsiasi forma ad imprese che gestiscono stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale ad alto consumo energetico, da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. La garanzia è rilasciata nei limiti delle risorse disponibili autorizzate per la “Garanzia Italia SACE” di cui all’articolo 1 del decreto-legge n. 23/2020 (l. n. 40/2020), in conformità alla disciplina sugli aiuti di Stato, previa notifica e autorizzazione della Commissione UE.
Il comma 2 dispone che le risorse derivanti dai fondi confiscati alla famiglia Riva e acquisite dalla gestione commissariale di Ilva S.p.A. in amministrazione straordinaria - a titolo di prezzo di sottoscrizione di apposito prestito obbligazionario - siano destinate, per un ammontare determinato, nel limite massimo di 150 milioni di euro, con decreto del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della transizione ecologica, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Presidente della regione Puglia, a progetti di decarbonizzazione del ciclo produttivo dell’acciaio presso lo stabilimento siderurgico di Taranto, proposti anche dal gestore dello stabilimento stesso ed attuati dall’organo commissariale di ILVA S.p.A., che può avvalersi di organismi in house dello Stato. Restano comunque impregiudicate le intese già sottoscritte fra il gestore e l’organo commissariale di ILVA S.p.A alla data di entrata in vigore della presente disposizione.
Segnatamente, il comma 1, al fine di assicurare sostegno economico alle imprese ad alto consumo energetico e fino al 31 dicembre 2022, autorizza SACE S.p.A. a rilasciare garanzie, per un impegno complessivo massimo entro i 5 miliardi di euro, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, per finanziamenti concessi sotto qualsiasi forma ad imprese che gestiscono stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale.
Gli stabilimenti di interesse strategico nazionale devono essere individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato su proposta del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
Si osserva che non è indicato il temine di adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Inoltre, il Comitato per la legislazione ha in più occasioni sottolineato l’atipicità dello strumento del DPCM.
Si rammenta che - secondo la disciplina europea di cui all’articolo 17, par. 1, lett. a), primo comma, della direttiva sulla tassazione dell’energia (Direttiva 2003/96/CE) (qui non richiamata) - l’impresa si configura come «impresa a forte consumo di energia» se i costi di acquisto dei prodotti energetici (compresi i prodotti energetici diversi dal gas naturale e dall’energia elettrica) siano pari almeno al 3,0 % del valore produttivo[50].
Tale definizione è invece richiamata dal recente Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina approvato con la Comunicazione della Commissione (2022/C 131 I/01), pubblicata in GUUE del 24 marzo 2022, descritto nel box infra.
La garanzia è rilasciata ai sensi delle disposizioni, in quanto compatibili, e nei limiti delle risorse disponibili di cui all’articolo 1 del decreto-legge n. 23/2020 (l. n. 40/2020) e nel rispetto dei criteri e delle condizioni previste dalla disciplina in materia di aiuti di Stato, previa notifica e autorizzazione della Commissione UE e come ulteriormente specificato sul piano procedurale e documentale da SACE S.p.A. La garanzia copre la percentuale consentita dalla disciplina testé richiamata. Analoga garanzia può essere rilasciata, nel rispetto dei medesimi criteri e condizioni, per il finanziamento di operazioni di acquisto e riattivazione di impianti dismessi situati sul territorio nazionale per la produzione destinata all’industria siderurgica.
Quanto alla disciplina sugli aiuti di Stato nell’attuale contesto, nella Comunicazione RepowerEU (COM (2022) 108 def) dell’8 marzo la Commissione ha espresso l’intenzione di avvalersi appieno della flessibilità in materia di aiuti di Stato per consentire agli Stati membri di sostenere le imprese e i settori duramente colpiti dagli attuali sviluppi geopolitici.
Per consentire agli Stati membri di ovviare alle gravi perturbazioni dell'economia causate dall'aggressione militare della Russia contro l'Ucraina, la Commissione ha preannunciato un nuovo e autonomo quadro temporaneo per le crisi e la definizione del relativo ambito di applicazione.
Tale quadro – si legge nella Comunicazione – è volto a consentire di fornire sostegno alla liquidità a tutte le imprese colpite direttamente o indirettamente dalla crisi e aiuti alle imprese, in particolare quelle ad alta intensità energetica, affinché possano compensare parzialmente l'aumento dei costi dell'energia dovuto allo shock dei prezzi verificatosi dopo l'invasione russa[51].
Il nuovo Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina è stato approvato con la Comunicazione della Commissione (2022/C 131 I/01), pubblicata in GUUE del 24 marzo 2022[52].
Gli aiuti sono consentiti dal nuovo quadro, per un periodo limitato, fino al 31 dicembre 2022[53] ai sensi dell’art. 107, par. 3, lett. b) TFUE (che consente alla Commissione di dichiarare compatibili con il mercato interno gli aiuti destinati a porre rimedio ad un grave turbamento dell’economica di uno Stato membro) e alle specifiche condizioni indicate dal Quadro stesso. Le misure di aiuto previste come ammissibili dal Quadro devono essere notificate alla Commissione UE.
Il Quadro (come quello già adottato e vigente per fronteggiare la crisi economica da COVID-19, cfr. apposito tema) è suddiviso in Sezioni e in sottosezioni, che disciplinano le tipologie di aiuti e i criteri per l’ammissibilità degli stessi.
Le tipologie di aiuti ammissibili sono indicati nella Parte 2.
Gli aiuti di importo limitato sono trattati alla sezione 2.1.
Si tratta di aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme (quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni), ammissibili a condizione che l’importo complessivo concesso alle imprese colpite dalla crisi non superi in alcun momento i 400 mila euro per impresa (al lordo di qualsiasi imposta o altro onere). L’aiuto è concesso sulla base di un regime con budget previsionale e non oltre il 31 dicembre 2022. Per le imprese attive nei settori della produzione primaria di prodotti agricoli, pesca e acquacoltura l’importo complessivo dell’aiuto non deve superare in alcun momento i 35 mila euro per impresa (al lordo di qualsiasi imposta o altro onere). Le misure concesse sotto forma di anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti o altri strumenti rimborsabili possono essere convertite in altre forme di aiuto, come le sovvenzioni, purché entro il 30 giugno 2023 e siano rispettate le condizioni della sezione.
È ammesso il sostegno alla liquidità sotto forma di garanzie ai sensi della sottosezione 2.2 del Quadro. Tali aiuti non sono cumulabili, per lo stesso capitale di prestito sottostante con i prestiti pubblici agevolati consentiti dalla sezione 2.3 (Sostegno alla liquidità sotto forma di prestiti agevolati) e viceversa, né le stesse tipologie di aiuti concessi a norma del quadro temporaneo per la COVID-19. Le garanzie possono essere cumulate con gli aiuti concessi per prestiti diversi, a condizione che l’importo complessivo dei prestiti per beneficiario non superi i massimali consentiti (cfr. infra).
Un beneficiario può fruire contemporaneamente di molteplici misure previste dalla Sezione, a condizione che l’importo complessivo dei prestiti per beneficiario non superi i massimali consentiti.
Le condizioni di ammissibilità per la concessione delle garanzie sono le seguenti:
· le garanzie pubbliche sono su nuovi prestiti individuali concessi alle imprese;
· per ciascun singolo prestito i premi di garanzia sono fissati a un livello minimo, che aumenterà progressivamente man mano che aumenta la durata del prestito garantito, come indicato nella tabella seguente:
In alternativa, gli Stati possono, utilizzando la tabella, notificare i regimi per i quali sia possibile modulare la durata della garanzia, i premi di garanzia e la copertura della garanzia per ciascun prestito individuale (ad es., una copertura inferiore compensata da una durata più lunga o consentire premi di garanzia di importo inferiore). Inoltre, può essere applicato un premio fisso per l’intera durata della garanzia, se è superiore ai premi minimi indicati nella tabella per il 1° anno e per ciascun tipo di beneficiario, aggiustato in funzione della durata e della copertura della garanzia;
· le garanzie devono essere concesse entro e non oltre il 31 dicembre 2022;
· l’importo complessivo dei prestiti per beneficiario, per i quali è concessa una garanzia in applicazione della presente sezione, non deve superare:
(i) il 15 % del fatturato annuo totale negli ultimi tre periodi contabili chiusi, oppure
(ii) il 50 % dei costi energetici nei 12 mesi precedenti il mese di presentazione della domanda di aiuto
(iii) sulla base di un’opportuna giustificazione fornita dallo Stato alla Commissione (ad es., le sfide che il beneficiario deve affrontare durante la crisi attuale), l’importo del prestito può essere aumentato fino a coprire il fabbisogno di liquidità dal momento della concessione per i seguenti 12 mesi per le PMI e per i seguenti 6 mesi per le grandi imprese. Il fabbisogno di liquidità già coperto dalle misure di aiuto nell’ambito del quadro temporaneo per la COVID-19 non può essere coperto dalle misure adottate a norma della comunicazione qui in esame. Il fabbisogno di liquidità dovrebbe essere stabilito mediante autocertificazione da parte del beneficiario;
· la durata della garanzia, a meno che sia stata modulata, è limitata a un massimo di sei anni e la garanzia non deve eccedere:
(i) il 90% del capitale di prestito in caso di perdite subite in modo proporzionale, e alle stesse condizioni, dall’ente creditizio e dallo Stato; oppure
(ii) il 35% del capitale di prestito, se le perdite siano dapprima attribuite allo Stato e solo successivamente agli enti creditizi (ad esempio, se si tratta di una garanzia di prima perdita);
(iii) in entrambi i casi, quando l’entità del prestito diminuisce nel tempo, ad esempio perché il prestito inizia a essere rimborsato, l’importo garantito deve diminuire proporzionalmente;
· la garanzia riguarda tanto i prestiti per gli investimenti che quelli per il capitale di esercizio;
· le garanzie possono essere fornite direttamente ai beneficiari finali o agli enti creditizi e ad altri istituti finanziari in qualità di intermediari finanziari., i quali dovrebbero, nella misura più ampia possibile, trasferire ai beneficiari finali i vantaggi delle garanzie pubbliche.
Si richiamano poi gli aiuti per i costi aggiuntivi dovuti ad aumenti eccezionalmente marcati dei prezzi del gas naturale e dell’energia elettrica, di cu alla sottosezione 2.4.
Tali aiuti sono concedibili entro e non oltre il 31 dicembre 2022 sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme, quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni, a condizione che il valore nominale totale di tali misure non superi le intensità di aiuto e i massimali applicabili (cfr. infra). Gli anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti o altri strumenti rimborsabili sono convertibili in altre forme di aiuto, come le sovvenzioni, entro il 30 giugno 2023 e nel rispetto le condizioni della sezione. L’aiuto è concesso sulla base di un regime con budget previsionale.
Gli Stati membri possono limitare gli aiuti alle attività destinate a sostenere specifici settori economici di particolare importanza per l’economia o a sostenere la sicurezza e la resilienza del mercato interno. Tuttavia, tali limiti devono essere concepiti in modo ampio e non comportare una limitazione artificiale dei potenziali beneficiari.
I costi ammissibili sono calcolati sulla base dell’aumento dei costi del gas naturale e dell’energia elettrica collegato all’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia[54].
L’aiuto complessivo per impresa non deve superare in alcun momento il 30 % dei costi ammissibili fino a un massimo di 2 milioni di euro.
L’autorità che concede l’aiuto può versare un anticipo all’impresa se l’aiuto è concesso prima che siano stati sostenuti i costi ammissibili. A tal fine, l’autorità che concede l’aiuto può basarsi sulle stime dei costi ammissibili, a condizione che siano rispettati i massimali di aiuto. L’autorità nazionale è tenuta a verificare ex post il rispetto dei massimali pertinenti sulla base dei costi effettivamente sostenuti e a recuperare eventuali pagamenti di aiuti che superino tali massimali, entro sei mesi dalla fine del periodo ammissibile.
Gli aiuti possono essere cumulati con gli aiuti di importo limitato concessi a norma della sezione 2.1, a condizione che non venga superato l’importo totale di 2 milioni di euro.
In determinate situazioni, sono ammessi aiuti supplementari. A tal fine, gli Stati membri possono concedere aiuti di entità superiore ai valori calcolati conformemente a quanto sopra indicato, se, risultano soddisfatte anche le seguenti condizioni:
- l’impresa si configura come «impresa a forte consumo di energia» ai sensi dell’articolo 17, par. 1, lett. a), primo comma, della direttiva sulla tassazione dell’energia (Direttiva 2003/96/CE), vale a dire se i costi di acquisto dei prodotti energetici (compresi i prodotti energetici diversi dal gas naturale e dall’energia elettrica) siano pari almeno al 3,0 % del valore produttivo ;
- l’impresa subisce perdite di esercizio, laddove l’aumento dei costi ammissibili deve ammontare almeno al 50 % delle perdite operative subite nel periodo ammissibile;
- l’aiuto complessivo non deve superare il 50% dei costi ammissibili e non supera l’80 % delle perdite di esercizio dell’impresa, e comunque, in alcun momento deve superare i 25 milioni di euro per impresa.
Per le imprese a forte consumo di energia operanti in uno dei settori o sottosettori elencati nell’allegato I (tra i quali rientra la produzione di alluminio, zinco, piombo e stagno, fusione di ghisa, etc.) l’aiuto complessivo può essere aumentato fino a un massimo del 70 % dei costi ammissibili relativi alla produzione dei prodotti nei settori o sotto settori elencati nello stesso allegato I e può ammontare a un massimo dell’80 % delle perdite di esercizio di tali attività. L’aiuto complessivo non può superare in alcun momento i 50 milioni di euro per impresa, mentre le attività non elencate nell’allegato I non possono beneficiare di più di 25 milioni di euro.
Nel caso in cui un’impresa sia attiva in diversi settori a cui si applicano importi massimi diversi, lo Stato deve garantire, con mezzi adeguati come la separazione contabile, che per ciascuna di tali attività sia rispettato il massimale pertinente e che non sia superato l’importo massimo complessivo di 50 milioni di euro per impresa.
Gli aiuti supplementari sono cumulabili con gli aiuti di importo limitato, a condizione che non siano superati i massimali (di 25 o 50 milioni) a seconda dei casi.
Il comma 2 modifica l’articolo 3, comma 1, decimo periodo, del decreto-legge n. 1/2015, il quale dispone che le risorse derivanti dai fondi confiscati alla famiglia Riva e acquisite dalla gestione commissariale di Ilva S.p.A. in amministrazione straordinaria - a titolo di prezzo di sottoscrizione di apposito prestito obbligazionario - siano destinate alla realizzazione del piano delle misure di tutela ambientale e sanitaria e, nei limiti delle disponibilità residue, a interventi volti alla tutela della sicurezza e della salute, di ripristino e di bonifica ambientale.
Il comma integra la previsione disponendo che tali risorse, per un ammontare determinato, nel limite massimo di 150 milioni di euro, siano destinate - con decreto del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della transizione ecologica, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Presidente della regione Puglia - a progetti di decarbonizzazione del ciclo produttivo dell’acciaio presso lo stabilimento siderurgico di Taranto, proposti anche dal gestore dello stabilimento stesso ed attuati dall’organo commissariale di ILVA S.p.A., che può avvalersi di organismi in house dello Stato.
Restano comunque impregiudicate le intese già sottoscritte fra il gestore “Acciaierie d'Italia Spa” e l’organo commissariale di ILVA S.p.A alla data di entrata in vigore della presente disposizione.
Le modalità di valutazione, approvazione e attuazione dei progetti di decarbonizzazione da parte dell’organo commissariale di ILVA S.p.A., sono individuate con il medesimo decreto ministeriale.
Si rammenta che una misura analoga era contenuta nell’articolo 21, comma 1 del decreto-legge n. 228/2021. Tale articolo ugualmente operava una novella all’articolo 3 comma 1 del decreto-legge n. 1/2015, apportando anche ulteriori modifiche quanto alla destinazione delle somme in questione. L’articolo 21 è stato soppresso dalla legge di conversione n. 15/2022.
La relazione illustrativa all’articolo 21 del decreto-legge n. 228/2021 rilevava – con riferimento alla misura analoga ivi contenuta - quanto segue. “Gli accordi attualmente in vigore tra la società Ilva in A.S. e l’aggiudicatario dei complessi aziendali prevedono, in coerenza con il quadro normativo, che le somme del patrimonio in questione siano destinate per un ammontare pari a euro 352 milioni agli interventi previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 settembre 2017 a carico del gestore dello stabilimento siderurgico di Taranto e per un ammontare pari a circa 190 milioni ad ulteriori interventi di bonifica del suolo e delle acque di falda del sito di Taranto, sempre a cura del gestore dello stabilimento. Secondo la relazione trimestrale disponibile della società Ilva in A.S., aggiornata al 31 marzo 2021, il patrimonio destinato (alle finalità di cui all’art. 3, comma 1 decreto-legge n. 1/2015 e ss. mod. e int.) – originariamente pari a euro 1.157 milioni – ammontava ancora a euro 878 milioni[55], al netto dei rimborsi corrisposti a tale data al gestore dello stabilimento a fronte dei suddetti interventi ambientali.
Per converso, in base alla predetta relazione non risultavano esborsi per quanto attiene agli interventi che il medesimo DPCM 29 settembre 2017 pone a carico della società Ilva in A.S., né ulteriori progetti da parte della struttura commissariale dell’Ilva in A.S.
Tenendo conto delle somme già allocate ai suddetti interventi ambientali ad opera del gestore (e stimando per gli interventi previsti dal DPCM direttamente a carico dell’Ilva in A.S. un fabbisogno di euro 100 milioni circa), residua quindi un’ingente disponibilità di risorse inutilizzate, quantificabile in euro 575 milioni, che possono essere utilmente impiegate per interventi di decarbonizzazione ed elettrificazione del ciclo produttivo dello stabilimento siderurgico di Taranto, nel quadro degli obiettivi nazionali ed euro unitari di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e in coerenza con i più generali obiettivi di risanamento e ammodernamento del sito di Taranto”. La relazione illustrativa della presente norma non riporta queste informazioni.
Con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 21 gennaio 2015[56] ILVA S.p.a. è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria a norma dell’articolo 2, comma 2 del decreto-legge 347/2003 (conv. in legge n. 39/2004, cd. “Legge Marzano”) e, ai sensi dell’articolo 4 del medesimo D.L., dichiarata insolvente con sentenza del Tribunale di Milano[57]. Con successivi decreti del Ministero dello sviluppo economico in data 20 febbraio 2015 e 17 marzo 2015 e con D.M. 5 dicembre 2016, sono state ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria e dichiarate insolventi con sentenze del Tribunale di Milano ai sensi del citato decreto-legge 347/2003[58], anche le seguenti società facenti parte del gruppo societario: Ilva Servizi Marittimi S.p.A.; Ilvaform S.p.A.; Innse Cilindri S.r.l.; Sanac S.p.A.[59]; Taranto Energia S.r.l.; Socova S.a.s.; Tillet S.a.s. Partecipazioni industriali S.p.A.
Il programma di Ilva e delle controllate in A.S. redatto ai sensi dell’art. 4, comma 2, decreto-legge 23 dicembre, n. 347, è stato approvato dal MISE con decreto in data 4 gennaio 2016.
ILVA S.p.A. dunque, in ragione dei suoi requisiti dimensionali occupazionali e di indebitamento, è stata assoggettata, e così le sopra citate altre società del gruppo, alla procedura speciale di ammissione immediata all'amministrazione straordinaria (cd. accesso diretto) di cui al decreto-legge n. 347/2003. Nel corso del tempo, sulla disciplina quadro contenuta nel decreto-legge n. 347/2003 e nel decreto legislativo n. 270/1999 in via residuale e compatibile, si sono innestate ulteriori disposizioni speciali introdotte da ulteriori provvedimenti d’urgenza che sono intervenuti anche modificando la normativa “madre” contenuta nel decreto-legge n. 347/2003.
Il decreto-legge n. 1/2015, ha in particolare disciplinato il passaggio dalla gestione commissariale speciale di ILVA, di cui al decreto-legge n. 61/2013 alla nuova gestione commissariale di amministrazione straordinaria (articolo 2, comma 1).
L’organo commissariale nominato per la procedura di amministrazione straordinaria è subentrato nei poteri attribuiti per i piani e le azioni di bonifica previsti dal Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria di ILVA di cui al D.P.C.M. 14 marzo 2014, adottato in attuazione di quanto previsto dal citato decreto-legge n. 61/2013, e ss. mod. e int.
Pertanto, ai sensi della normativa vigente, il termine del programma dei Commissari straordinari coincide con il termine di ultimazione del Piano ambientale di ILVA (23 agosto 2023, termine di scadenza dell'AIA), come modificato e integrato dal D.P.C.M. del 29 settembre 2017 (in G.U. del 30 settembre 2017).
L’articolo 3, comma 1, del medesimo decreto-legge n. 1/2015 – integrato dalla disposizione qui in esame - ha autorizzato l’organo commissariale di ILVA S.p.A. a richiedere il trasferimento (in Italia) delle somme sottoposte a sequestro[60] cautelare nell'ambito dei procedimenti penali pendenti nei confronti degli azionisti e amministratori di società del gruppo ILVA e a richiedere che l'autorità giudiziaria disponesse l'impiego delle somme sequestrate per la sottoscrizione di obbligazioni emesse da ILVA in A.S. (in luogo dell'aumento di capitale) intestate al Fondo Unico di Giustizia e, per esso, al gestore ex lege, Equitalia Giustizia S.p.A. Le somme rivenienti dalla sottoscrizione delle obbligazioni – ai sensi della medesima norma – sono state versate - previa restituzione dei finanziamenti statali erogati ai sensi dell’articolo 1, comma 6-bis, del decreto-legge n. 191/2015[61] - in un patrimonio dell'emittente (e, specificamente, sulla contabilità speciale nr.6055 intestata all’organo commissariale aperte presso la tesoreria statale[62]) e destinate in via esclusiva:
- alla realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in A.S. e, nei limiti delle disponibilità residue,
- a interventi volti alla tutela della sicurezza e della salute, nonché di ripristino e di bonifica ambientale secondo le modalità previste dall'ordinamento vigente[63].
L’articolo 13, comma 1-ter del decreto-legge n. 91/2017 ha poi precisato che l'articolo 3, comma 1 del decreto-legge n. 1/2015, si attua nel senso che, a seguito del trasferimento dei complessi aziendali del gruppo Ilva, le somme rivenienti dalla sottoscrizione delle obbligazioni sono destinate:
- all'attuazione e realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria nei limiti di quanto eccedente gli investimenti ambientali previsti nell'ambito dell'offerta vincolante definitiva del soggetto aggiudicatario della procedura di trasferimento dei complessi aziendali e,
- per la restante parte, alle ulteriori finalità previste dal medesimo articolo 3, comma 1, per le società del gruppo Ilva in amministrazione straordinaria.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 6-undecies del decreto-legge n. 191/2015 i crediti derivanti dalla sottoscrizione delle obbligazioni sono estinti mediante utilizzo delle risorse finanziarie derivanti dalla sottoscrizione delle obbligazioni stesse.
Per ciò che attiene all’entità delle somme rivenienti dall’accensione dei prestiti obbligazionari.
In data 24 maggio 2017 la gestione commissariale di ILVA in A.S. ha sottoscritto un accordo transattivo con esponenti della famiglia Riva, che ha consentito:
- la rimozione degli ostacoli frapposti al trasferimento in Italia di somme e titoli già sottoposti a sequestro preventivo penale, appartenenti ad azionisti e gestori delle società del Gruppo Ilva, per circa 1,1 miliardi di euro, da destinare all’esecuzione degli interventi di disinquinamento, in applicazione del principio «chi inquina paga».
- il trasferimento a favore dell’Amministrazione Straordinaria è stato dunque regolato – ai sensi di quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 1/2015 - attraverso l’emissione di obbligazioni nominative da parte di Ilva in A.S., per un controvalore complessivo pari ad oltre 1,1 miliardi di euro, intestate al F.U.G. e, per esso, a Equitalia Giustizia S.p.A[64];
- l’acquisizione dalla famiglia Riva di ulteriori fondi per un valore di 230 milioni di euro, di cui 145 milioni da destinare a supporto della gestione corrente di ILVA in A.S.[65]
Nell’ambito della transazione, gli esponenti della famiglia Riva hanno rinunciato ad ogni pretesa anche in caso di proscioglimento per i reati ad essi ascritti.
Nell’ultima Relazione semestrale, Doc XXVII, n. 28, trasmessa alla Camera il 14 gennaio 2022, in cui si evidenzia che il saldo della contabilità nr. 6055 ammonta – al 31 dicembre 2021 – a 855.211.389 euro.
Si rinvia alla memoria depositata dai Commissari ILVA nel corso dell’audizione informale tenutasi il 17 gennaio 2022 presso le Commissioni riunite I e V (qui la memoria depositata).
Quanto alla gestione Commissariale, il 23 aprile 2019, nelle procedure di Amministrazione Straordinaria delle società Ilva S.p.a, Ilva Servizi Marittimi S.p.a., Ilvaform S.p.a., Taranto Energia S.r.l., Socova S.a.s., Tillet S.a.s. e Partecipazioni Industriali S.p.a., sono stati nominati, dal 1 giugno 2019, in sostituzione dei dimissionari Avv. Corrado Carrubba, Dott. Piero Gnudi, Prof. Enrico Laghi, i seguenti Commissari: dott. Francesco Ardito, avv. Antonio Lupo, dott. Antonio Cattaneo, sostituito il 21 giugno dal Prof. Alessandro Danovi.
Quanto al soggetto gestore, si rammenta che AM InvestCo, la società controllata da ArcelorMittal, ha sottoscritto il contratto di affitto con obbligo di acquisto dei rami d’azienda ILVA. L’11 dicembre 2020 è stato firmato tra la Società e Invitalia, società controllata dallo Stato italiano, un accordo vincolante (”Accordo di Investimento”) formando una partnership pubblico-privata tra le parti. L’Accordo di Investimento ha comportato la ricapitalizzazione di AM InvestCo. Il 14 aprile 2021, Invitalia, su incarico del Governo italiano, ha sottoscritto, con i contributi in conto capitale assegnati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, azioni ordinarie per un importo di 400 milioni di euro e, a seguito dell’adesione all’aumento di capitale, ha acquisito il 50% dei diritti di voto di AM InvestCo Italy che ha assunto la denominazione “Acciaierie d’Italia Holding S.p.A.”.
Il secondo investimento fino a 680 milioni di euro sarà dovuto – in virtù dell’accordo - al closing dell’acquisto da parte di AM InvestCo dei rami d’azienda Ilva, che è soggetto al soddisfacimento di varie condizioni sospensive, entro maggio 2022. A quel punto, la partecipazione di Invitalia in AM InvestCo raggiungerà il 60%. Inoltre, ArcelorMittal investirà fino a 70 milioni, nella misura necessaria a mantenere una partecipazione del 40% e il controllo congiunto della società.
Il piano industriale aggiornato concordato tra AM InvestCo e Invitalia prevede investimenti in tecnologie per la produzione di acciaio a basso utilizzo di carbonio, tra cui la costruzione di un forno ad arco elettrico di 2,5 milioni di tonnellate. Il piano industriale, che mira a raggiungere 8 milioni di tonnellate di produzione nel 2025, contempla una serie di misure di sostegno pubblico, tra cui il finanziamento all’occupazione finanziato dal Governo.
L’articolo 10-bis, introdotto dal Senato, prevede che nel caso di realizzazione di lavori che abbiano un importo superiore a 516.000 euro e per i quali viene richiesta la possibilità di accedere al meccanismo degli incentivi del 110%, di cui al decreto-legge n. 34 del 2020, le imprese esecutrici debbono essere in possesso di particolari qualificazioni.
Nello specifico il comma 1 dell'articolo in esame prevede che ai fini del riconoscimento degli incentivi fiscali di cui agli articoli 119 e 121 del decreto-legge n. 34 del 2020, a decorrere dal 1° gennaio 2023 e fino al 30 giugno 2023, l'esecuzione dei lavori di importo superiore a 516.000 euro, relativi agli interventi previsti dal citato articolo 119 ovvero dall'articolo 121, comma 2 (cosiddetto superbonus 110%) del medesimo decreto- legge n. 34 del 2020, può essere affidata:
a) ad imprese in possesso, al momento della sottoscrizione del contratto di appalto ovvero, in caso di imprese subappaltatrici, del contratto di subappalto, della occorrente qualificazione del sistema unico di qualificazione degli esecutori di contratti pubblici ai sensi dell'articolo 84 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;
b) ad imprese che, al momento della sottoscrizione del contratto di appalto ovvero, in caso di imprese subappaltatrici, del contratto di subappalto, documentano al committente ovvero all'impresa subappaltante l'avvenuta sottoscrizione di un contratto finalizzato al rilascio dell'attestazione di qualificazione con uno degli organismi previsti dall'articolo 84 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
In base a quanto previsto, invece, dal comma 2, a decorrere dal 1° luglio 2023, ai fini del riconoscimento degli incentivi fiscali di cui agli articoli 119 e 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 l'esecuzione dei lavori di importo superiore a 516.000 euro, relativi agli interventi previsti dal citato articolo 119 ovvero dall'articolo 121, comma 2, del medesimo decreto - legge n. 34 del 2020, è affidata esclusivamente ad imprese in possesso, al momento della sottoscrizione del contratto di appalto ovvero, in caso di imprese subappaltatrici, del contratto di subappalto, della occorrente qualificazione ai sensi dell'articolo 84 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
Il comma 3, inoltre, precisa che in relazione ai lavori affidati alle imprese di cui alla lettera b) del comma 1, la detrazione relativa alle spese sostenute a far data dal 1° luglio 2023 è condizionata all'avvenuto rilascio dell'attestazione di qualificazione sopra menzionata.
Da ultimo il comma 4 stabilisce che le disposizioni del comma 1 non si applicano ai lavori in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della disposizione in esame, nonché ai contratti di appalto o di subappalto aventi data certa, ai sensi dell'articolo 2704 del codice civile, anteriore alla data di entrata di entrata in vigore della presente disposizione.
Articolo 10-ter
(Ulteriori disposizioni di sostegno alle imprese)
L’articolo 10-ter, inserito dal Senato, dispone al comma 1 la proroga, sino al 30 settembre 2022, delle autorizzazioni concernenti l'utilizzo temporaneo di suolo pubblico per le imprese di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande, concesse ai sensi dell’articolo 9-ter, commi 4 e 5, del D.L. n. 137/2020 (L. 176/2020), salvo disdetta dell'interessato. Il comma 2 subordina tale proroga all'avvenuto pagamento del canone unico patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, istituito dai comuni, dalle province e dalle città metropolitane ai sensi dell'articolo 1, comma 816, della L. 160/2019 (legge di bilancio per il 2020). I comuni possono comunque prevedere la riduzione o l'esenzione dal pagamento del canone unico per le attività sopra indicate.
Il comma 4 dell'articolo 9-ter del decreto-legge n. 137/2020 (L. n. 176/2020), ha stabilito, inizialmente fino al 31 dicembre 2021, che le domande di nuove concessioni per l’occupazione di suolo pubblico, ovvero di ampliamento delle superfici già concesse, siano presentate in via telematica, con allegata la sola planimetria. Ciò è posto in deroga alla disciplina sullo Sportello unico delle attività produttive (SUAP) di cui al D.P.R. n. 160 del 2010, il quale reca puntuali prescrizioni in merito alla presentazione in via telematica delle domande indirizzate al SUAP medesimo. Si prevede inoltre l'esenzione dall'imposta di bollo (di cui al D.P.R. n. 642 del 1972).
Il comma 5 dell'articolo 9-ter del decreto-legge n. 137 ha consentito, inizialmente fino al 31 dicembre 2021, agli esercizi di ristorazione e di somministrazione di bevande e alimenti destinatari delle disposizioni in esame (si richiama, per la loro individuazione, l’articolo 5 della legge n. 287/1991), di effettuare la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico, di dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, al solo fine di favorire il rispetto delle disposizioni sul distanziamento. La posa di tali opere amovibili non viene subordinata alle autorizzazioni di cui agli articoli 21 e 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 ("Codice dei beni culturali e del paesaggio"). Inoltre, per la posa in opera delle strutture amovibili di cui al periodo precedente è disapplicato il limite temporale dei 180 giorni previsto dall'art. 6, comma 1, lett. e-bis) del TU edilizia (DPR 380/2001)[66]65.
La legge di bilancio 2022, all’articolo 1, comma 706, ha prorogato le sopra indicate disposizioni fino al 31 marzo 2022. La stessa disposizione ha invero prorogato sino alla medesima data anche le disposizioni contenute nell’articolo 9-ter, commi 2 e 3 del D.L. n. 137/2020, relative all'esonero dal pagamento del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitari nonché del canone per l'occupazione delle aree destinate ai mercati.
L'art. 3-quinquies, comma 1, del D.L. n. 228/2021 (L. n. 15/2022) ha disposto la proroga al 30 giugno 2022 dei commi 4 e 5 dell’articolo 9-ter del D.L. n. 137/2020.
L'articolo 10-quater, inserito dal Senato, proroga dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023 la possibilità di utilizzare i finanziamenti agevolati in favore di imprese agricole ed agroindustriali colpite dal sisma 2012 nelle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. A tal fine, novella l'articolo 3-bis, comma 4-bis, del D.L. n. 95/2012 (L. n. 135/2012).
L’articolo 3-bis del D.L. n. 95/2012, prevede che i contributi destinati ad interventi di riparazione, ripristino o ricostruzione di immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo, nonché al risarcimento dei danni subiti dai beni mobili strumentali all'attività ed alla ricostituzione delle scorte danneggiate e alla delocalizzazione temporanea delle attività danneggiate dal sisma del 2012, al fine di garantirne la continuità produttiva, possono essere concessi, su apposita domanda del soggetto interessato, con le modalità del finanziamento agevolato.
A tal fine, i soggetti autorizzati all'esercizio del credito possono contrarre finanziamenti, secondo contratti tipo definiti con apposita convenzione con l'Associazione bancaria italiana, assistiti dalla garanzia dello Stato, al fine di concedere finanziamenti agevolati assistiti da garanzia dello Stato ai soggetti danneggiati dagli eventi sismici, nel limite massimo di 6.000 milioni di euro. Con i decreti del Ministro dell'economia e delle finanze 5 dicembre 2012 e 19 maggio 2014 sono state definiti i criteri e le modalità di operatività della garanzia dello Stato, nonché le modalità di monitoraggio ai fini del rispetto dell'importo massimo di spesa autorizzato.
Il comma 4-bis dell’articolo 3-bis prevede che i finanziamenti agevolati in favore di imprese agricole ed agroindustriali di cui ai provvedimenti dei Presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto sono erogati dalle banche, in deroga a quanto previsto dal comma 4, sul conto corrente bancario vincolato intestato al relativo beneficiario, in unica soluzione entro il 31 dicembre 2018, e posti in ammortamento a decorrere dalla data di erogazione degli stessi. Alla stessa data, matura in capo al beneficiario del finanziamento il credito di imposta, che è contestualmente ceduto alla banca finanziatrice e calcolato sommando alla sorte capitale gli interessi dovuti, nonché le spese una tantum strettamente necessarie alla gestione del medesimo finanziamento. Le somme depositate sui conti correnti bancari vincolati sono utilizzabili sulla base degli stati di avanzamento lavori entro la data di scadenza indicata nei provvedimenti di cui al primo periodo e comunque entro il 31 dicembre 2022. Le somme non utilizzate entro la data di scadenza di cui al periodo precedente ovvero entro la data antecedente in cui siano eventualmente revocati i contributi, in tutto o in parte, con provvedimento delle autorità competenti, sono restituite in conformità a quanto previsto dalla convenzione con l'Associazione bancaria italiana, anche in compensazione del credito di imposta già maturato. L'articolo 17, comma 1-bis, del D.L. n. 183/2020 (L. n. 21/2021) ha già prorogato dal 31 dicembre 2021 al 31 dicembre 2022 la possibilità di utilizzare i finanziamenti agevolati in favore di imprese agricole ed agroindustriali colpite dal sisma 2012 nelle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.
Si ricorda che il co. 4-bis è stato inserito dall'articolo 25-quinquies, comma 1, del D.L. n. 119/2018 (L. n. 136/2018).
Secondo quanto si evince dalla relazione tecnica allegata all'emendamento 1.9000 (testo corretto), interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, alla struttura commissariale che opera in Emilia-Romagna per la ricostruzione risulta che i cantieri non terminati riguardano:
- n. 20 domande di beneficiari per un importo totale di contributi pari a euro 8 milioni di euro. In questi progetti i beneficiari non hanno richiesto anticipi e non riusciranno a terminare i lavori entro l'anno;
- n. 151 domande di beneficiari per un importo totale di contributi pari a euro 55.215.112,87. In questi progetti i beneficiari hanno ottenuto anticipi ma non riusciranno a terminare i lavori entro il termine previsto.
Articolo 10-quinquies
(Disposizioni in materia di alloggi di edilizia residenziale pubblica)
L’articolo 10-quinquies, introdotto dal Senato, reca una serie di novelle alla disciplina relativa alla cessione della proprietà delle aree comprese nei Piani di Edilizia Economico Popolare (P.E.E.P.) e al corrispettivo di affrancazione dal vincolo del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative, la cui disciplina è stata recentemente riscritta dal decreto-legge n. 77 del 2021.
L’articolo in esame, introdotto dal Senato, reca novelle ai commi 47, 48 e 49-bis dell’art. 31 della legge 448/1998 (recentemente riscritti dall’art. 22-bis del D.L. 77/2021), che disciplinano la cessione, da parte dei comuni, della proprietà delle aree comprese nei piani approvati a norma della legge 167/1962, e il corrispettivo di affrancazione dal vincolo del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative (v. infra).
La lettera a) del comma 1 dell’articolo in esame modifica il comma 47 dell’art. 31 della legge 448/1998.
Il testo vigente del comma 47 dispone, al secondo periodo, che “trascorsi cinque anni dalla data di prima assegnazione dell'unità abitativa, indipendentemente dalla data di stipulazione della relativa convenzione, i soggetti interessati possono presentare, di propria iniziativa, istanza di trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà” e, al terzo periodo, che “il comune deve rispondere entro novanta giorni dalla data di ricezione dell'istanza pervenendo alla definizione della procedura”.
La lettera in esame riscrive il terzo periodo del citato comma 47 al fine di precisare che, entro il termine indicato di 90 giorni dalla data di ricezione dell'istanza da parte dei soggetti interessati (che non viene modificato dalla norma in esame), il comune deve trasmettere le proprie determinazioni in ordine al corrispettivo dovuto e alla procedura di trasformazione.
La differenza principale rispetto al testo vigente sembra quindi essere l’obbligo, per il comune, di trasmettere agli istanti anche le proprie determinazioni in ordine al corrispettivo dovuto.
Viene altresì precisato che la disposizione in questione opera relativamente alle aree per cui il Consiglio comunale ha deliberato la trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà.
Le lettere b) e c) del comma 1 modificano il comma 48 dell’art. 31 della legge 448/1998, che disciplina la determinazione, da parte del Comune, del corrispettivo delle aree cedute in proprietà.
In particolare, il primo periodo del vigente comma 48 dispone che il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato dal comune, su parere del proprio ufficio tecnico, prendendo come base “quello determinato ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 1, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, escludendo la riduzione prevista dal secondo periodo dello stesso comma”. Per la precisione, il comma 48 dispone che il corrispettivo citato sia calcolato in misura pari al 60 per cento della citata “base” al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie, rivalutati sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi tra il mese in cui sono stati versati i suddetti oneri e quello in cui è stipulato l'atto di cessione delle aree.
Il secondo periodo del comma 48 dispone invece che “comunque il costo dell'area così determinato non può essere maggiore di quello stabilito dal comune per le aree cedute direttamente in proprietà al momento della trasformazione di cui al comma 47” e, in base all’integrazione prevista dal D.L. 77/2021, “con l'ulteriore limite massimo di euro 5.000 per singola unità abitativa e relative pertinenze avente superficie residenziale catastale fino a 125 metri quadrati e di euro 10.000 per singola unità abitativa e relative pertinenze avente superficie residenziale catastale maggiore di 125 metri quadrati, indipendentemente dall'anno di stipulazione della relativa convenzione”.
La lettera b) modifica il primo periodo del comma 48 prevedendo che la base per la determinazione del corrispettivo, attualmente calcolata “ai sensi dell'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, escludendo la riduzione prevista dal secondo periodo dello stesso comma”, è quella prevista dall’art. 37, comma 1, del D.P.R. 327/2001 (testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità).
Si fa notare che l’art. 5-bis del D.L. 333/1992 recava una disposizione transitoria volta a disciplinare la determinazione dell'indennità di espropriazione per le aree edificabili nelle more dell'emanazione di un'organica disciplina delle espropriazioni. Tale articolo è stato quindi abrogato dal citato D.P.R. 327/2001, il cui articolo 37 disciplina l’indennità di espropriazione di un'area edificabile prevedendo, in particolare, al comma 1, che “l’indennità di espropriazione di un'area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene. Quando l'espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l'indennità è ridotta del 25 per cento”.
Si fa altresì notare che il riferimento all’art. 5-bis del D.L. 333/1992 come base per il calcolo del corrispettivo è stato inserito nel testo del comma 48 dal D.L. 77/2021 in luogo della precedente previsione che prendeva come base “il valore venale del bene con la facoltà per il comune di abbattere tale valore fino al 50 per cento”.
La lettera c) modifica il secondo periodo del comma 48, eliminando gli ulteriori limiti massimi per la determinazione del corrispettivo recentemente introdotti, nel testo del medesimo comma 48, dal D.L. 77/2021.
Viene quindi sostanzialmente ripristinato il testo previgente del comma 48 che si limitava a prevedere che il costo dell'area determinato applicando la formula indicata nel primo periodo del medesimo comma, non può essere maggiore di quello stabilito dal comune per le aree cedute direttamente in proprietà al momento della trasformazione di cui al comma 47.
La lettera d) prevede la soppressione del secondo e del settimo periodo del comma 49-bis dell’art. 31 della legge 448/1998, che disciplina il corrispettivo di affrancazione dal vincolo del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative.
Anche in tal caso la ratio della norma sembra essere quella di eliminare le integrazioni (anche se non tutte) operate dal D.L. 77/2021.
Il testo del comma 49-bis vigente prima della riscrittura operata dal D.L. 77/2021, disponeva (al primo periodo) che “i vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui all'articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà o per la cessione del diritto di superficie, possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, stipulati a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile, e soggetti a trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari, per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato, anche per le unità in diritto di superficie, in misura pari ad una percentuale del corrispettivo risultante dall'applicazione del comma 48”. A tale periodo, rimasto immutato nell’operazione di riscrittura, il D.L. 77/2021 ha aggiunto, tra gli altri, un periodo (l’attuale secondo, oggetto di soppressione da parte della norma in esame) volto a disporre che, in ogni caso, il corrispettivo di affrancazione non può superare il limite massimo di euro 5.000 per singola unità abitativa e relative pertinenze avente superficie residenziale catastale fino a 125 metri quadrati e di euro 10.000 per singola unità abitativa e relative pertinenze avente superficie residenziale catastale maggiore di 125 metri quadrati.
Il secondo periodo del vigente comma 49-bis, oggetto di soppressione, riprende i limiti introdotti dal D.L. 77/2021 al comma 48; dato che tali ultimi sono soppressi dalla lettera c) dell’articolo in esame, la lettera d) in commento prevede conseguentemente che tali limiti sono soppressi anche dal comma 49-bis.
Viene altresì soppresso il settimo periodo (anch’esso introdotto nel testo del comma 49-bis dal D.L. 77/2021) che, nel caso in cui il corrispettivo della trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà e il corrispettivo dell'affrancazione sono determinati in misura corrispondente al limite massimo (previsto, rispettivamente dal comma 48 e dal comma 49-bis), prevede che “decade quanto previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 281 del 1997 e relativi decreti attuativi del Ministro dell'economia e delle finanze”.
Si ricorda che, in base al primo periodo del comma 49-bis, il corrispettivo di affrancazione è pari ad una percentuale del corrispettivo di cessione determinato ai sensi del comma 48. Il quinto periodo del comma 49-bis (che non ha subito modifiche nell’ambito della riscrittura operata dal D.L. 77/2021) dispone poi che la percentuale indicata è “stabilita, anche con l'applicazione di eventuali riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281”. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.M. 28 settembre 2020, n. 151 (Regolamento recante rimozione dai vincoli di prezzo gravanti sugli immobili costruiti in regime di edilizia convenzionata).
La soppressione del settimo periodo prevista dalla lettera in esame sembra volta a garantire, in ogni caso (anche quello in cui i prezzi di affrancazione e di cessione sono determinati in misura corrispondente al limite massimo consentito), l’applicazione del D.M. 151/2020 (che viceversa, in base alla norma vigente, non sarebbe nel predetto caso applicabile).
Con l’espressione “Edilizia residenziale convenzionata” si fa riferimento a quegli interventi di edilizia residenziale pubblica (ERP) posti in essere previa stipulazione di una convenzione con il Comune con la quale, a fronte di concessioni da parte dell’Amministrazione pubblica (riguardanti l’assegnazione delle aree su cui edificare o la riduzione del contributo concessorio), vengono assunti obblighi inerenti all’urbanizzazione delle aree e l’edificazione di alloggi di edilizia economico popolare e dalla quale, inoltre, discendono vincoli incidenti sulla successiva circolazione degli alloggi così realizzati.
Nell’ambito della “Edilizia residenziale convenzionata” rientrano le seguenti tipologie di convenzioni:
· la convenzione di attuazione di un Piano di Edilizia Economico Popolare (P.E.E.P.), disciplinata dall'art. 35 della legge n. 865 del 1971;
Si ricorda, in proposito, che i P.E.E.P. sono stati introdotti con la legge 167/1962 (recante “Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare”). L’art. 1 di tale legge ha previsto, ai primi due commi, che “i Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti o che siano capoluoghi di Provincia sono tenuti a formare un piano delle zone da destinare alla costruzione di alloggi a carattere economico o popolare nonché alle opere e servizi complementari, urbani e sociali, ivi comprese le aree a verde pubblico. Tutti gli altri Comuni possono procedere, con deliberazione del Consiglio comunale, alla formazione del piano”.
La legge 167/1962 è stata poi modificata in più punti dalla legge 865/1971. In particolare, l’art. 28 ha riscritto l’ultimo comma 1 del citato art. 1 della legge 167/1962, al fine di stabilire che “più comuni limitrofi possono costituirsi in consorzio per la formazione di un piano di zona consortile ai sensi della presente legge. La Regione può disporre, a richiesta di una delle amministrazioni comunali interessate, la costituzione di consorzi obbligatori fra comuni limitrofi per la formazione di piani di zona consortili”.
L’art. 35 della medesima legge 865/1971, nel sostituire le norme recate dall’art. 10 della legge 167/1962, ha disposto, tra l’altro, che “le aree comprese nei piani approvati a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, sono espropriate dai comuni o dai loro consorzi” e che “su tali aree il comune o il consorzio concede il diritto di superficie per la costruzione di case di tipo economico e popolare e dei relativi servizi urbani e sociali”. Lo stesso articolo 35 ha disciplinato il contenuto della convenzione, deliberata dal consiglio comunale o dall'assemblea del consorzio, volta a regolare la citata concessione.
Sulle disposizioni citate si sono poi innestate, tra le altre, le norme recate dai commi 45 e seguenti dell’art. 31 della legge 488/1998 s.m.i., che sono novellati dall’articolo in esame.
In particolare, il comma 47 è volto a disciplinare la trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà sulle aree in questione, mentre il comma 48 la determinazione del corrispettivo delle aree cedute in proprietà. Il comma 49-bis, invece, disciplina corrispettivo di affrancazione dal vincolo del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative.
· la convenzione per la riduzione del contributo concessorio al cui pagamento è subordinato il rilascio del permesso di costruire; questa convenzione è disciplinata dall'art. 18 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (T.U. in materia edilizia).
Articolo 10-sexies
(Misure ai fini dell'effettiva concessione del credito d'imposta per contenere gli effetti negativi sulle rimanenze finali di magazzino nel settore del commercio e distribuzione di prodotti tessili,
calzaturieri e di pelletteria )
L’articolo 10-sexies, introdotto al Senato, consente di utilizzare in compensazione il credito d'imposta per contenere gli effetti negativi sulle rimanenze finali di magazzino nel settore del commercio e distribuzione di prodotti tessili, calzaturieri e di pelletteria non già nel solo periodo d'imposta successivo a quello di maturazione bensì nei "periodi successivi".
L'articolo in esame modifica l'articolo 48-bis, comma 3, del decreto legge n. 34 del 2020 (cosiddetto "decreto Rilancio").
Preliminarmente si ricorda che l’articolo 48-bis del decreto Rilancio, al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento adottate per l'emergenza epidemiologica da COVID-19, ha riconosciuto ai soggetti esercenti attività d’impresa che operano nell'industria del tessile e della moda, del calzaturiero e della pelletteria un credito di imposta, pari al 30 per cento del valore delle rimanenze finali di magazzino eccedente la media del medesimo valore registrato nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 10 marzo 2020 ed a quello in corso al 31 dicembre 2021. In seguito, il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 27 luglio 2021 ha individuato i soggetti beneficiari del credito d'imposta indicandone anche il relativo codice ATECO; si tratta in sintesi di una serie di attività manifatturiere legate al settore del tessile e della moda. Successivamente, con Provvedimento dell’Agenzia delle entrate dell'11 ottobre 2021 sono state definite le modalità, i termini di presentazione e il contenuto della comunicazione per la fruizione del credito. Successivamente, l'articolo 3 comma 3 del decreto legge n. 4 del 2022 (cosiddetto "decreto Sostegni ter") ha esteso il sopra citato credito d'imposta, per l'esercizio in corso al 31 dicembre 2021, anche alle imprese operanti nel settore dei prodotti tessili, della moda, del calzaturiero e della pelletteria che svolgono attività di commercio al dettaglio in esercizi specializzati, identificati dai seguenti codici della classificazione delle attività economiche ATECO 2007: 47.51 (prodotti tessili), 47.71 (articoli di abbigliamento), 47.72 (calzature e articoli in pelle).
Il comma 3 dell'articolo 48-bis del decreto Rilancio stabilisce che il credito d'imposta per contenere gli effetti negativi sulle rimanenze finali di magazzino nel settore del commercio e distribuzione di prodotti tessili, calzaturieri e di pelletteria è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997. Con la modifica in esame si consente di utilizzare il credito non già nel solo periodo d'imposta successivo a quello di maturazione bensì nei "periodi successivi". Il comma 2 dell'articolo chiarisce che dall'attuazione delle relative disposizioni non debbono derivare nuovi oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 10-septies
(Misure a sostegno dell’edilizia privata)
L’articolo 10-septies, introdotto al Senato, proroga di un anno i termini di determinate autorizzazioni amministrative rientranti nel settore dell’edilizia privata e i termini delle convenzioni di lottizzazione urbanistica, in considerazione delle conseguenze derivanti dalle difficoltà di approvvigionamento dei materiali, nonché dagli incrementi eccezionali dei loro prezzi.
Nello specifico, l’articolo 10-septies, introdotto al Senato, alla lettera a), proroga di un anno i termini di inizio e di ultimazione dei lavori previsti dell’art. 15 del Testo unico sull’edilizia (D.P.R. 380/2001, in avanti TUE) relativi ai permessi di costruire, rilasciati o formatisi ?no al 31 dicembre 2022.
L’art. 15 del TUE disciplina l’efficacia temporale e la decadenza del permesso di costruire. Ai sensi del comma 1, nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori. Il comma 2 prevede che il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata, non può superare tre anni dall'inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all'inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari. La proroga dei termini per l'inizio e l'ultimazione dei lavori è comunque accordata qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell'amministrazione o dell'autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate. La realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito è subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire, salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante SCIA. È previsto, inoltre, che il permesso decade con l'entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio.
La lettera a) dell’art. in esame precisa che i suddetti termini non devono essere già decorsi al momento della comunicazione dell'interessato di volersi avvalere della presente proroga, restando fermo che i titoli abilitativi oggetto di proroga non devono essere in contrasto, al momento della effettuazione della comunicazione da parte del soggetto interessato, con i nuovi strumenti urbanistici approvati dall’ente locale, nonché con i piani o i provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio adottati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004).
Quanto sopra previsto si applica altresì:
- ai termini delle segnalazioni certi?cate di inizio attività (Scia) e delle autorizzazioni paesaggistiche e delle dichiarazioni e autorizzazioni ambientali comunque denominate (D. Lgs. 42/2004 e D. Lgs. 152/2006);
- ai permessi di costruire e alle Scia già oggetto di proroga sulla base dell’art. 15, comma 2, del TUE, cioè per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso di costruire, o sulla base dell’art. 10, comma 4 del D.L. 76/2020;
- agli atti amministrativi previsti dall’art. 103, comma 2, del D.L. 18/2020.
In sintesi, l’art. 103, comma 2 del D.L. 18/2020 ha stabilito che tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori soggetti a permesso di costruire, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e la data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 (allora prevista per il 31 luglio 2020), conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, applicandosi altresì anche alle segnalazioni certificate di inizio attività, alle segnalazioni certificate di agibilità, nonché alle autorizzazioni paesaggistiche e alle autorizzazioni ambientali comunque denominate; successivamente, l’art. 10, comma 4 del D.L. 76/2020 ha prorogato, rispettivamente, di un anno e di tre anni i termini di inizio e di ultimazione dei lavori indicati nei permessi di costruire rilasciati o comunque formatisi fino al 31 dicembre 2020 e le segnalazioni certificate di inizio attività presentate entro il 31 dicembre 2020; da ultimo, il legislatore è nuovamente intervenuto con l'art. 3, comma 1, lettera a), del D.L.125/2020, che ha modificato il richiamato art. 103, comma 2, sostituendo la data del 31 luglio 2020, con la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza (che è stata differita al 31 marzo 2022), così prorogando la validità di tutti gli atti e titoli in scadenza nell'intero periodo emergenziale, a partire dal 31 gennaio 2020 fino al 29 giugno 2022.
Per quanto riguarda la SCIA, in generale, ai sensi dell’art. 19 della L. 241 del 1990, la segnalazione certificata di inizio attività sostituisce ogni atto di autorizzazione, licenza, permesso, nulla osta il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e dei presupposti previsti dalle norme di settore. La disciplina generale consente l’avvio dell’attività contestualmente alla presentazione della segnalazione allo sportello unico. Nel settore edilizio, l’art. 22 del D.P.R. 380/2001, come integralmente modificato dal D. Lgs. n. 222/2016 (il cosiddetto Decreto SCIA 2), disciplina gli interventi edilizi condizionati al rilascio della Segnalazione certificata di inizio attività in edilizia (SCIA) da parte dello sportello unico dell’edilizia dei comuni e l’art. 23 disciplina invece gli interventi subordinati a segnalazione certificata di inizio di attività in alternativa al permesso di costruire (cd Scia onerosa). Il proprietario o chi abbia titolo per presentare la SCIA, almeno trenta giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la segnalazione, una dettagliata relazione sull’intervento a firma di un progettista abilitato, completa degli elaborati progettuali, che asseveri la conformità dell’intervento stesso agli strumenti urbanistici approvati ed adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. La SCIA è corredata dall’indicazione dell’impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni.
Per quanto riguarda l’autorizzazione paesaggistica, l’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio prevede che i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di beni vincolati, se intendono realizzare opere o interventi che comportino alterazione o modificazione dello stato dei luoghi o dell'aspetto esteriore degli edifici, devono chiedere la preventiva autorizzazione, che risulta efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l'esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione. I lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell'autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l'anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo. La relazione paesaggistica, prevista dal D.P.C.M. 12 dicembre 2005, emanato ai sensi dell’art. 146, comma 3, del citato Codice riguarda la documentazione che i suddetti soggetti presentano per le aree sottoposte a tutela paesaggistica, al fine di ottenere l’autorizzazione da parte dei Comuni e delle Regioni. Entro il termine di 45 giorni dal ricevimento degli atti, la soprintendenza può decidere di annullare, con provvedimento motivato, l’autorizzazione rilasciata dal Comune o dalla Regione. Si ricorda che in attuazione del disposto dell’art. 146, comma 9, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, è stato emanato il D.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 (che abroga il previgente D.P.R. 139/2010) che individua gli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata. La valutazione ambientale strategica (VAS), la Valutazione di impatto ambientale (VIA), e l’autorizzazione integrata ambientale (Aia/Ippc) sono gli strumenti principali di valutazione atti a prevenire e/o ridurre gli impatti ambientali di determinati piani, programmi, progetti, attività o installazioni industriali, disciplinati dal Codice dell’ambiente (D. Lgs. 152/2006).
L’articolo 10-septies proroga, inoltre, di un anno, alla lettera b), il termine di validità, nonché i termini di inizio e ?ne lavori previsti dalle convenzioni di lottizzazione (previste all’art. 28 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150), da accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché i termini dei piani attuativi e di qualunque altro atto ad essi propedeutico, formatisi ?no al 31 dicembre 2022, purché non in contrasto con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio.
La disposizione in esame si applica anche ai termini degli atti amministrativi prorogati dall’art. 30, comma 3-bis, del D.L. 69/2013 e dall’art. 10, comma 4-bis del D.L. 76/2020.
Si ricorda che l’art. 30, comma 3-bis, del D.L. 69/2013 ha previsto una proroga di tre anni per il termine di validità, nonché per i termini di inizio e fine lavori nell’ambito delle convenzioni di lottizzazione (previste dall’art. 28 della legge n. 1150 del 1942), ovvero degli accordi similari comunque nominati dalla legislazione regionale, stipulati sino al 31 dicembre 2012.
Una prima proroga dei termini in oggetto è stata già disposta dall’art. 103, comma 2-bis, del D.L. 18/2020, che ha prorogato di 90 giorni il termine di validità e i termini di inizio e fine lavori delle convenzioni di lottizzazione di cui all’art. 28 della L. n. 1150/1942, ovvero degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché i termini dei relativi piani attuativi e di ogni altro atto ad essi propedeutico, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020.
Successivamente, l’art. 10, comma 4-bis, del D.L. 76/2020 ha disposto una proroga di tre anni per i termini riguardanti i suddetti atti amministrativi, formatisi al 31 dicembre 2020.
Il piano di lottizzazione è uno strumento urbanistico, a iniziativa prevalentemente privata, attuativo della pianificazione urbanistica generale e finalizzato a realizzare un intervento edilizio che richieda nuove opere di urbanizzazione o comporti l’aggravio del carico urbanistico esistente.
L’art. 28 della L. 1150/1942 (rubricato “Lottizzazione di aree”) prevede che prima dell'approvazione del piano regolatore generale è vietato procedere alla lottizzazione dei terreni a scopo edilizio. Spetta ai comuni l’autorizzazione della lottizzazione a scopo edilizio, la quale è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda: la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, precisate dall’art. 4 della L. n. 847/1964, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria; l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni; i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata l'esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo; congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione.
La convenzione deve essere approvata con deliberazione consiliare nei modi e forme di legge. Ai sensi del comma 7 del citato art. 28, l'attuazione degli interventi previsti nelle convenzioni di lottizzazione ovvero degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, può avvenire per stralci funzionali e per fasi e tempi distinti. In tal caso per ogni stralcio funzionale nella convenzione saranno quantificati gli oneri di urbanizzazione o le opere di urbanizzazione da realizzare e le relative garanzie purché l'attuazione parziale sia coerente con l'intera area oggetto d'intervento. Il rilascio dei titoli abilitativi edilizi nell'ambito dei singoli lotti è subordinato all'impegno della contemporanea esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria relativa ai lotti stessi. Il termine per l'esecuzione di opere di urbanizzazione poste a carico del proprietario è stabilito in dieci anni (art. 28, comma 10, della l. n. 1150/1942).
Articolo 11
(Trattamenti di integrazione salariale e
Assegni di integrazione salariale)
Il comma 1 dell'articolo 11 prevede[67] la possibilità di riconoscimento, nel 2022, anche in deroga ai limiti di durata vigenti, di periodi di trattamento ordinario di integrazione salariale o, con riferimento ad alcuni datori di lavoro, di periodi di assegno di integrazione salariale. Tali deroghe sono ammesse entro determinati limiti di settimane e nel rispetto di limiti massimi di spesa. Il comma 2 esclude in favore di alcuni datori di lavoro, con riferimento al periodo 22 marzo 2022-31 maggio 2022, l'applicazione delle contribuzioni addizionali previste dalle norme generali, a carico dei datori di lavoro, per i periodi di fruizione di trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale o di assegni di integrazione salariale del Fondo di integrazione salariale (FIS) dell'INPS. Il comma 3 provvede alla quantificazione e alla copertura degli oneri finanziari derivanti dai commi 1 e 2.
Più in particolare, il capoverso 11-quinquies del comma 1 del presente articolo 11 prevede che, nell'anno 2022, i trattamenti ordinari di integrazione salariale possano essere riconosciuti - con riferimento ai datori di lavoro rientranti nell'ambito di applicazione dell'istituto[68] - anche in caso di superamento dei limiti di durata del trattamento; la deroga è ammessa (per situazioni di particolare difficoltà economica) nel limite di ventisei settimane, fruibili entro il 31 dicembre 2022, e nel rispetto di un limite di spesa pari a 150 milioni di euro per il 2022. L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa; qualora dal monitoraggio emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del medesimo limite, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
Si ricorda che i limiti di durata propri del trattamento ordinario sono disciplinati dall’articolo 12 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148. Tale trattamento (fatte salve alcune norme specifiche o di chiusura poste nel medesimo articolo 12) può essere corrisposto fino ad un periodo massimo di 13 settimane continuative, prorogabile trimestralmente fino a un massimo complessivo di 52 settimane, e una nuova domanda (per la medesima unità produttiva) può essere proposta solo quando sia trascorso un periodo di almeno 52 settimane di normale attività lavorativa. L'integrazione salariale ordinaria relativa a più periodi non consecutivi non può superare complessivamente la durata di 52 settimane in un biennio mobile.
Sempre in base alla disciplina generale, il trattamento ordinario e/o quello straordinario di integrazione salariale non possono superare complessivamente[69] la durata massima di 24 mesi in un quinquennio mobile - esclusivamente a tal fine, la durata dei trattamenti straordinari per la causale di contratto di solidarietà viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente - ovvero di 30 mesi per alcune imprese[70].
Il capoverso 11-sexies del comma 1 del presente articolo 11 prevede che, nell'anno 2022, l'assegno di integrazione salariale, a carico dei fondi di solidarietà bilaterali istituti presso l'INPS, del Fondo di integrazione salariale (FIS) dell’INPS e dei due fondi territoriali intersettoriali, rispettivamente della provincia autonoma di Trento e di quella di Bolzano, anch'essi istituiti presso l'INPS, possa essere riconosciuto anche in caso di superamento dei limiti di durata previsti per l'assegno medesimo, qualora i datori di lavoro occupino un numero di dipendenti non superiore a 15 e rientrino (oltre che nell'ambito di applicazione del singolo fondo) in uno dei settori individuati dall'allegato I al presente decreto (allegato che fa riferimento ad alcune categorie o sottocategorie della classificazione ATECO 2007 delle attività economiche, redatta dall'ISTAT); la deroga è ammessa (per situazioni di particolare difficoltà economica) nel limite di otto settimane, fruibili entro il 31 dicembre 2022, e nel rispetto di un limite di spesa pari a 77,5 milioni di euro per il 2022. L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa; qualora dal monitoraggio emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del medesimo limite, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
L'intervento di cui al capoverso 11-sexies non concerne i fondi di solidarietà bilaterali cosiddetti alternativi (non istituiti presso l'INPS)[71].
Si ricorda che, secondo la normativa generale[72], i fondi oggetto del capoverso 11-sexies - diversi dal FIS (per il quale, cfr. infra) - devono contemplare una durata dell'assegno di integrazione salariale non inferiore a quella prevista, per la singola causale invocata e in relazione alla soglia dimensionale del datore di lavoro, dalle norme relative ai trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale[73]. Essendo l'intervento di cui al capoverso 11-sexies limitato ai datori di lavoro con un numero di dipendenti non superiore a 15, la deroga di cui al medesimo capoverso è posta, in linea di massima, rispetto ai limiti di durata (summenzionati) relativi al trattamento ordinario di integrazione salariale.
Sempre in base alla normativa generale[74], gli assegni di integrazione salariale a carico del FIS sono riconosciuti per le seguenti durate:
- ai datori di lavoro che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente fino a cinque dipendenti, una durata massima di 13 settimane in un biennio mobile;
- ai datori di lavoro che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di cinque dipendenti, una durata massima di 26 settimane in un biennio mobile.
Il capoverso 11-septies del comma 1 del presente articolo 11 prevede che, limitatamente al 2022, l'INPS possa rimodulare - previa comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze - le risorse finanziarie (previste per il medesimo 2022) tra la finalità di cui al precedente capoverso 11-quinquies e quella di cui all'articolo 44, comma 11-ter, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, qualora, in sede dei relativi monitoraggi, emergano economie. Si ricorda che il suddetto comma 11-ter prevede che, per fronteggiare, nel biennio 2022-2023, i processi di riorganizzazione e le situazioni di particolare difficoltà economica, i trattamenti straordinari di integrazione salariale possano essere riconosciuti in deroga ai limiti di durata previsti dalla normativa generale; tale deroga è ammessa per un massimo di cinquantadue settimane, fruibili entro il 31 dicembre 2023, e nel rispetto di un limite di spesa pari a 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.
Il capoverso 11-septies, inoltre, esplicita che restano ferme: l'invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica; la misura massima complessiva di 300 milioni di euro per il 2022 (costituita dalla somma dei due limiti di spesa per il 2022, mentre per il 2023, come detto, è vigente un autonomo limite di spesa, relativo al solo comma 11-ter).
Il comma 2 del presente articolo 11 esclude in favore di alcuni datori di lavoro, con riferimento al periodo 22 marzo 2022-31 maggio 2022, l'applicazione delle contribuzioni addizionali previste dalle norme generali, a carico dei datori di lavoro, per i periodi di fruizione di trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale o di assegni di integrazione salariale del FIS. I datori beneficiari dell'esenzione temporanea in esame sono quelli rientranti in uno dei settori individuati dall'allegato A al presente decreto (allegato che fa riferimento ad alcune categorie o sottocategorie della classificazione ATECO 2007 delle attività economiche, redatta dall'ISTAT).
Si ricorda che, in base alle suddette norme generali, per la fruizione dei trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale, il contributo addizionale (a carico del datore di lavoro) è pari[75] al:
- 9 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al dipendente, con riferimento alle ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale, ordinaria o straordinaria, fruiti all'interno di uno o più interventi concessi, sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;
- 12 per cento oltre il limite suddetto e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile;
- 15 per cento oltre quest'ultimo limite, nell'ambito di un quinquennio mobile.
Per la fruizione dell'assegno ordinario di integrazione salariale a carico del FIS dell'INPS, il contributo addizionale (a carico del datore di lavoro) è pari al 4 per cento della retribuzione che sarebbe spettata al dipendente (con riferimento alle ore di lavoro non prestate)[76].
Il comma 3 del presente articolo 11 provvede alla quantificazione e alla copertura degli oneri finanziari derivanti dai precedenti commi 1 e 2. La spesa per il 2022 derivante dal comma 1 è quantificata - al netto delle maggiori entrate contributive (derivante dal suddetto contributo addizionale) - in 224,1 milioni di euro; alla relativa copertura, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 120, della L. 30 dicembre 2021, n. 234 (fondo istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e destinato alla copertura finanziaria di prestazioni di integrazione salariale, disposte da successivi interventi normativi in relazione ai differenti impatti nei settori produttivi della crisi epidemiologica da COVID-19). Le minori entrate contributive per il 2022 derivanti dal comma 2 sono quantificate in 34,4 milioni di euro; per la relativa copertura, la norma rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 38. Riguardo agli effetti fiscali indotti: le minori entrate fiscali per il 2023 derivanti dal comma 1[77] (che costituiscono l'effetto della deduzione fiscale dei contributi addizionali versati in relazione ai trattamenti di cui al medesimo comma) sono quantificate in 1,3 milioni di euro e al relativo onere si fa fronte mediante impiego di una quota delle maggiori entrate fiscali (per il medesimo 2023) derivanti dal comma 2[78]; le minori entrate fiscali per il 2024 derivanti dal comma 2[79] sono quantificate in 5,3 milioni di euro e ad esse si fa fronte, per una quota di 0,5 milioni, mediante impiego dell'intera misura dell'incremento di entrate fiscali (per il medesimo 2024) derivante dal comma 1[80] e, per la restante quota di 4,8 milioni, mediante rinvio alle disposizioni di cui all'articolo 38. Si ricorda altresì che quest'ultimo articolo utilizza, ai fini della copertura degli oneri di cui al presente decreto, la restante quota delle maggiori entrate fiscali per il 2023 derivanti dal comma 2 (quota pari a 11,6 milioni secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[81]).
Articolo 12
(Esonero contributivo per assunzione di lavoratori
provenienti da imprese in crisi)
L’articolo 12 riconosce entro determinati limiti di spesa l’esonero contributivo previsto dalla normativa vigente per le assunzioni a tempo indeterminato, effettuate nel 2021 e nel 2022, di lavoratori di qualsiasi età provenienti da imprese in crisi, anche ai casi in cui tali assunzioni riguardino lavoratori licenziati per riduzione di personale da dette imprese nei sei mesi precedenti, ovvero lavoratori impiegati in rami di azienda oggetto di trasferimento da parte delle medesime imprese.
Qualora le assunzioni per cui viene riconosciuto il suddetto esonero riguardino soggetti percettori dell’indennità di disoccupazione NASpI, il beneficio in esame non è cumulabile con quello previsto in via generale dalla normativa vigente per le assunzioni a tempo indeterminato di tali soggetti.
L’esonero contributivo esteso dalla disposizione in commento è quello disciplinato dall’articolo 1, comma 119, della L. 234/2021 e riconosciuto in favore dei datori di lavoro privati per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate, nel 2021 e nel 2022, di lavoratori di qualsiasi età provenienti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa istituita dal Ministero dello sviluppo economico d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi dell’art. 1, co. 852, della L. 296/2006[82] (comma 1, lett. a)).
Tale incentivo è pari al 100 per cento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (con esclusione dei premi e contributi relativi all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), è riconosciuto nel limite massimo di 6.000 euro annui, per un periodo massimo di trentasei mesi (elevati a 48 per le assunzioni effettuate nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna)[83].
L’estensione operata dalla disposizione in commento, come anticipato, riguarda le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori licenziati per riduzione di personale da imprese in crisi nei sei mesi precedenti, ovvero di lavoratori impiegati in rami di azienda oggetto di trasferimento da parte delle medesime imprese.
Sul punto, si ricorda che, come disposto dall’art. 1, co. 12, L. 178/2020, l’esonero contributivo in questione spetta ai datori di lavoro che non abbiano proceduto, nei sei mesi precedenti l'assunzione, né procedano, nei nove mesi successivi alla stessa, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi, nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva.
Si ricorda, altresì, che il richiamato comma 119 aveva a sua volta esteso alle assunzioni dei suddetti soggetti lo sgravio riconosciuto in favore della generalità dei datori di lavoro privati dall’art. 1, co. 10, della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021), per le assunzioni a tempo indeterminato, nonché per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in indeterminato, di soggetti che non hanno compiuto 36 anni di età alla data della prima assunzione incentivata (mentre la norma vigente a regime richiede che non abbia compiuto 30 anni).
Si dispone inoltre che, qualora le assunzioni per cui viene riconosciuto l’esonero contributivo in oggetto riguardino soggetti percettori dell’indennità di disoccupazione NASpI, il beneficio in esame non è cumulabile con quello previsto in via generale dalla normativa vigente – di cui all’art. 2, co. 10-bis, della L. 92/2012 - per le assunzioni a tempo indeterminato di tali soggetti (comma 1, lett. b)),
L'articolo 2, comma 10-bis, della L. 92/2012 dispone che al datore di lavoro che, senza esservi tenuto, assume a tempo pieno e indeterminato lavoratori che fruiscono della NASpI, è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al 20 per cento dell'indennità mensile residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore. Tale incentivo è escluso con riferimento a quei lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell'impresa che assume, ovvero risulta con quest'ultima in rapporto di collegamento o controllo.
Il beneficio in esame è riconosciuto (comma 2) entro determinati limiti di spesa nel limite di 2,1 mln di euro per il 2022, di 6,3 mln per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 4,2 mln per il 2025.
Alle minori entrate pari ai suddetti importi e valutate in 0,7 mln di euro per il 2027, si provvede:
§ quanto a 0,8 mln per il 2023, a 2,1 mln per il 2024 e a 1,4 mln per il 2025 con le maggiori entrate derivanti dal presente articolo;
§ quanto a 2,1 mln per il 2022, a 5,5 mln per il 2023, a 4,2 mln per il 2024, a 2,8 mln per il 2025 e a 0,7 mln per il 2027, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali”, della missione “Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dello sviluppo economico.
Qualora dal monitoraggio delle minori entrate contributive effettuato dall’INPS emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del suddetto limite di spesa, l’INPS medesimo non prende in considerazione ulteriori domande per l’accesso al beneficio contributivo
Come riportato nella Relazione tecnica allegata al provvedimento, le basi tecniche utilizzate per la quantificazione del suddetto onere sono le seguenti:
§ platea interessata dalla norma: 2.000 lavoratori;
§ importo medio mensile di sgravio: 254 euro;
§ durata sgravio: 36 mesi;
§ decorrenza norma: aprile 2022.
La relativa stima è stata effettuata ipotizzando la uniforme distribuzione delle assunzioni nel periodo considerato, le scadenze di pagamento dei contributi da parte dei datori di lavoro, nonché gli effetti fiscali derivanti dall’esonero contributivo in oggetto applicando un’aliquota media del 23 per cento, mentre non si è tenuto conto dell’effetto finanziario derivante dal risparmio di spesa conseguente alla eventuale mancata fruizione del beneficio previsto dal richiamato art. 2, co. 10-bis, della L. 92/2012 in caso di assunzione di soggetti beneficiari di NASpI.
La tabella seguente rappresenta gli effetti derivanti dall’articolo in esame, precisando che le minori entrate contributive costituiscono in ogni caso limite di spesa:
(valori in mln di euro; + effetti positivi per la finanza pubblica; - effetti negativi per la finanza pubblica)
|
Minori entrate contributive (lordo fisco) |
Effetto fiscale |
Effetto complessivo |
2022 |
-2,1 |
0,0 |
-2,1 |
2023 |
-6,3 |
0,8 |
-5,5 |
2024 |
-6,3 |
2,1 |
-4,2 |
2025 |
-4,2 |
1,4 |
-2,8 |
2026 |
0,0 |
0,6 |
0,6 |
2027 |
0,0 |
-0,7 |
-0,7 |
Articolo 12-bis
(Adempimenti del libero professionista in caso
di malattia o infortunio)
L’articolo 12-bis, introdotto nel corso dell’esame in Senato, anticipa alla data della dichiarazione dello stato di emergenza del 31 gennaio 2020 l’applicazione della disciplina che prevede la sospensione della decorrenza di termini per adempimenti da effettuarsi nei confronti della pubblica amministrazione da parte di professionisti colpiti dall'infezione da Covid-19.
Nello specifico, il comma 1 stabilisce che la disciplina dettata dall’art. 22-bis del decreto-legge n. 41 del 2021 abbia effetti retroattivi e quindi che la sospensione dei termini ivi prevista – che opera dall’inizio dell’impedimento fino a 30 giorni dopo la sua cessazione - si applichi non più soltanto ai casi di impedimento determinato da Covid-19 verificatisi a seguito dell’entrata in vigore della citata disposizione, bensì anche agli episodi avvenuti a partire dal 31 gennaio 2020, data in cui è stata emanata la delibera del Consiglio dei ministri[84] che dichiarava lo stato di emergenza.
L’art. 22-bis del d.l. 41/2021 prevede che - a decorrere dall’entrata in vigore della legge di conversione (legge 21 maggio 2021, n. 69) - la mancata trasmissione di atti, documenti e istanze e il mancato pagamento di somme entro il termine previsto, quando dovuti a impossibilità sopravvenuta per motivi connessi all’infezione da Covid-19:
- non comporta decadenza;
- non costituisce inadempimento;
- non produce effetti nei confronti del professionista e del suo cliente.
La sospensione dei termini opera dall’inizio dell’impedimento, che può consistere nel ricovero in ospedale, nella permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva o nella quarantena con sorveglianza attiva, fino a 30 giorni dopo la sua cessazione.
La sospensione è accordata soltanto a favore dei clienti che abbiano conferito al professionista un mandato professionale, avente data antecedente all’impedimento. Trascorso il periodo di sospensione, il professionista ha 7 giorni di tempo per procedere agli adempimenti.
Si ricorda inoltre che la legge di Bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021), art. 1, commi da 927 a 944 ha introdotto una specifica disciplina di sospensione della decorrenza di termini relativi ad adempimenti tributari a carico dei liberi professionisti, iscritti ad albi professionali, per i casi di malattia o di infortunio, anche non connessi al lavoro, nonché per i casi di parto prematuro e di interruzione della gravidanza della libera professionista e per i casi di decesso del libero professionista. In tali casi può scattare la sospensione per 30 giorni (6 mesi in caso di morte) della decorrenza dei termini relativi agli adempimenti tributari a carico del professionista e vi è l’esclusione di responsabilità, e delle relative sanzioni per professionista e cliente, per i termini tributari che scadono nei 60 giorni successivi all’evento.
Il comma 1 stabilisce inoltre che:
- non è previsto il rimborso di sanzioni ed interessi eventualmente già pagati relativi al mancato rispetto dei termini per la trasmissione di atti e documenti o per pagamenti verificatosi nel periodo temporale in cui la sospensione non era ancora operativa (31 gennaio 2020 – 21 maggio 2021);
- restano salve le dichiarazioni di regolarità contributiva già emesse, che non possono essere riesaminate o annullate.
Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, le modalità attuative della disposizione in commento. Il decreto deve essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.
Infine, il comma 3 quantifica in 3,6 milioni di euro per l’anno 2022 gli oneri finanziari necessari a coprire l’estensione della sospensione disposta dal comma 1, cui si provvede attraverso le risorse del Fondo per le esigenze indifferibili (art. 1, co. 200, della l. n. 190/2014 – legge di stabilità 2015).
L’articolo 12-ter - inserito dal Senato - introduce una nuova possibile tipologia di prestazioni per i fondi di solidarietà bilaterali istituiti presso l'INPS[85]. In base alla nuova ipotesi, il fondo può prevedere il versamento mensile, a carico del medesimo fondo, di contributi previdenziali relativi a lavoratori vicini al conseguimento dei requisiti per la pensione, in caso di contestuale assunzione per un periodo non inferiore a tre anni - da parte dei datori di lavoro che optino per la suddetta forma di versamento - di lavoratori di età non superiore a 35 anni.
La fattispecie in oggetto di versamento dei contributi previdenziali a carico del fondo viene ammessa con riferimento ai lavoratori che siano in grado di raggiungere i requisiti per il trattamento pensionistico di vecchiaia o anticipato nei successivi tre anni.
Gli oneri finanziari relativi alla nuova tipologia di prestazione sono a carico del fondo che eventualmente l'adotti e, nell'ambito della regolamentazione del fondo, ad essi si fa fronte mediante l'introduzione di un contributo straordinario a carico esclusivo del datore di lavoro. La misura del contributo straordinario deve essere idonea a coprire, oltre agli oneri derivanti dal versamento dei contributi previdenziali summenzionati, le minori entrate tributarie, derivanti dalla deducibilità fiscale del medesimo contributo straordinario.
Si ricorda che tra i fondi di solidarietà bilaterali istituiti presso l'INPS rientrano anche i due fondi di solidarietà territoriali intersettoriali, istituiti, rispettivamente, presso la provincia autonoma di Trento e quella di Bolzano[86].
La novella in esame non concerne i fondi di solidarietà bilaterali cosiddetti alternativi[87] (che non sono costituiti presso l'INPS).
Articolo 12-quater
(Disposizioni in materia di lavoro sportivo)
L’articolo 12-quater modifica il regime fiscale speciale per i lavoratori sportivi impatriati specificando le discipline sportive, le caratteristiche dei contribuenti e l'ammontare dei redditi a cui si applica. Reca, inoltre, alcune disposizioni di coordinamento.
Il presente articolo, inserito dal Senato, apporta alcune modificazioni all'articolo 16 (Regime speciale per lavoratori impatriati) del decreto legislativo n. 147 del 2015.
Si rammenta che l'articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 (attuativo della delega fiscale) ha previsto che i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare al ricorrere delle seguenti condizioni: a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi d'imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni; b) l'attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano.
Il vigente comma 5-quater del medesimo articolo deroga alla sopra esposta disciplina agevolativa per i lavoratori impatriati, sottoponendo a detassazione per il 50 per cento (in luogo del 70 per cento) il reddito degli sportivi professionisti impatriati ed escludendo, per tali soggetti le seguenti maggiorazioni:
- quella disposta (comma 5-bis) per i lavoratori impatriati che trasferiscono la residenza nel Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia);
- quella spettante (ai sensi del quarto periodo del comma 3-bis) nel caso di almeno tre figli minorenni o a carico.
Ai sensi del vigente comma 5-quinquies, inoltre, per i rapporti di cui al comma 5-quater, l'esercizio dell'opzione per il regime agevolato ivi previsto comporta il versamento di un contributo pari allo 0,5 per cento della base imponibile. Le entrate derivanti dal contributo di cui al primo periodo sono versate a un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate a un apposito capitolo, da istituire nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il potenziamento dei settori giovanili.
Il comma 1 dell'articolo in esame sostituisce i commi 5-quater e 5-quinquies del suddetto articolo 16:
a) il nuovo comma 5-quater prevede innanzitutto che ai rapporti di lavoro sportivo regolati dalla legge n. 91 del 1981 (Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti), e dal decreto legislativo n. 36 del 2021 (Riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo), non si applicano le disposizioni dell'articolo 16. Ferme restando le condizioni di cui all'articolo 16, le disposizioni dello stesso articolo trovano applicazione esclusivamente nel caso in cui detti redditi siano prodotti in discipline riconosciute dal CONI nelle quali le federazioni sportive nazionali di riferimento e le singole Leghe professionistiche abbiano conseguito la qualificazione professionistica entro l'anno 1990, il contribuente abbia compiuto il ventesimo anno di età e il reddito complessivo dello stesso sia superiore ad euro 1.000.000, nonché nel caso in cui detti redditi siano prodotti in discipline riconosciute dal CONI nelle quali le federazioni sportive nazionali di riferimento e le singole Leghe professionistiche abbiano conseguito la qualificazione professionistica dopo l'anno 1990, il contribuente abbia compiuto il ventesimo anno di età e il reddito complessivo dello stesso sia superiore ad euro 500.000. In tali circostanze i redditi di cui al comma 1 concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare. A tali rapporti non si applicano, in ogni caso, le disposizioni dei commi 3-bis quarto periodo (maggiorazione dell'agevolazione fiscale nel caso in cui il beneficiario abbia tre figli) e 5-bis (maggiorazione dell'agevolazione fiscale nel caso per i soggetti che trasferiscono la residenza in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia).
b) il nuovo comma 5-quinquies prevede che ai rapporti di lavoro sportivo cui risulta applicabile il regime di cui all'articolo 16, l'esercizio dell'opzione per il regime agevolato ivi previsto comporta il versamento di un contributo pari allo 0,5 per cento della base imponibile. Le entrate derivanti dal contributo di cui al primo periodo sono versate a un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate a un apposito capitolo, da istituire nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il potenziamento dei settori giovanili. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'autorità di Governo delegata per lo sport e di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti i criteri e le modalità di attuazione del presente comma, con riferimento al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui al comma 3.
Il comma 2 abroga il comma 8 dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 36 del 2021, il quale rinvia al regime speciale per i lavoratori sportivi rimpatriati, di cui all'articolo 16, commi 5-quater e 5-quinquies, sopra illustrato.
Il comma 3 specifica che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. In ogni caso, le disposizioni di cui ai commi 5-quater e 5-quinquies dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015, previgenti le modifiche di cui al comma 1, continuano ad applicarsi ai redditi derivanti dai contratti in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino alla loro naturale scadenza.
Articolo 12-quinquies
(Norma in materia di somministrazione di lavoro)
L’articolo 12-quinquies - inserito dal Senato - differisce dal 31 dicembre 2022 al 30 giugno 2024 il termine finale di applicazione di una norma transitoria, relativa - nell'ambito della disciplina della somministrazione di lavoro - alla durata complessiva delle missioni a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore.
In base alla disposizione transitoria oggetto della rimodulazione temporale in esame[88], qualora il contratto tra agenzia di somministrazione e lavoratore sia a tempo indeterminato, non trovano applicazione i limiti di durata complessiva della missione (o delle missioni) a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore; l'esclusione di tali limiti di durata è subordinata alla condizione che l'agenzia abbia comunicato all'utilizzatore la sussistenza del rapporto a tempo indeterminato tra la medesima agenzia e il lavoratore.
Si ricorda che, nella disciplina previgente rispetto a tale norma di esclusione, l'esclusione medesima già trovava applicazione, secondo l'interpretazione seguita dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 17 del 31 ottobre 2018 (sempre con riferimento al caso di un contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato). La previsione del termine del 31 dicembre 2022 - ora oggetto di differimento - determinerebbe invece, a decorrere dal 1° gennaio 2023, l'applicazione anche per la fattispecie in oggetto del limite di durata di ventiquattro mesi (ovvero del diverso limite previsto dai contratti collettivi[89]), secondo i medesimi criteri previsti per la disciplina del contratto di lavoro dipendente a termine[90]. In base al differimento in esame, tale effetto ha luogo, anziché dal 1° gennaio 2023, dal 1° luglio 2024.
La norma di esclusione in esame non modifica il principio[91] - che resta quindi fermo - in base al quale, per il computo del suddetto limite nei contratti di lavoro dipendente a termine, si tiene conto anche di periodi di missione a tempo determinato svolti (in regime di somministrazione) dal lavoratore presso il medesimo datore di lavoro/utilizzatore.
Articolo 12-sexies
(Comunicazioni di avvio attività
dei lavoratori autonomi occasionali)
L’articolo 12-sexies, introdotto dal Senato, dispone differenti modalità di comunicazione relative all’avvio di attività per alcune categorie di lavoratori autonomi occasionali.
La disposizione interviene modificando l’art. 14, comma 1 del d.lgs 81/2008, laddove è previsto che, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell'utilizzo del lavoro autonomo occasionale, l'avvio dell'attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all'Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica.
La novella proposta specifica che tale modalità non è riferita alle attività autonome occasionali intermediate dalle piattaforme digitali di cui alla legge 29 dicembre 2021, n.233, per le quali essa è, invece, resa successivamente alla instaurazione del rapporto di lavoro, operando in tal modo un coordinamento tra i due atti normativi, con riferimento alle attività di lavoro autonomo indicate.
Al riguardo, infatti, il comma 2-decies dell’articolo 27 della predetta legge novella l’art. 9-bis del dl 510/1996, introducendo l'obbligo di comunicazione dei rapporti di lavoro intermediato da piattaforma digitale. Tale comunicazione deve essere resa, da parte del committente, entro il ventesimo giorno del mese successivo all'instaurazione del rapporto di lavoro, secondo le modalità di trasmissione definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
La novella, in particolare, prevede che, ai fini in esame, si presumano rientranti nell'ambito dei rapporti di lavoro intermediato da piattaforma digitale le prestazioni d'opera - comprese quelle intellettuali e le attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente[92] - i cui corrispettivi siano erogati dal committente tramite piattaforma digitale[93].
La novella consente che, in caso di stipulazione contestuale di due o più contratti di lavoro intermediato da piattaforma digitale, l'obbligo di comunicazione sia assolto mediante un'unica comunicazione, contenente le generalità del committente e dei prestatori d'opera, la data di inizio e di cessazione della prestazione, le ore di lavoro presunte e l'inquadramento contrattuale.
Per l'emanazione del suddetto decreto ministeriale, viene posto il termine (ordinatorio) di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
Si ricorda che, in ogni caso, in base al comma 2 dell'articolo 9-bis del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, nell'ipotesi di instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato o di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, oppure di socio lavoratore di cooperativa o di associato in partecipazione con apporto lavorativo, i datori di lavoro privati, ivi compresi quelli agricoli, e gli enti pubblici economici sono tenuti a darne comunicazione al servizio per l'impiego competente (nel cui ambito territoriale sia ubicata la sede di lavoro) entro il giorno antecedente a quello di instaurazione del rapporto, mediante documentazione avente data certa di trasmissione.
Infine, con riferimento alle modalità delle comunicazioni, la disposizione prevede che esse siano effettuate non più mediante SMS o posta elettronica'', ma, genericamente, ''mediante modalità informatiche''.
Articolo 12-septies
(Norme in materia di assunzioni obbligatorie
di soggetti privi della vista)
L'articolo 12-septies - inserito dal Senato - reca alcune modifiche alla disciplina sul collocamento al lavoro dei centralinisti telefonici privi della vista; le novelle introducono il riferimento agli operatori della comunicazione (privi della vista) con qualifiche equipollenti a quella di centralisti telefonici e riformulano le norme procedurali sull'individuazione dei datori di lavoro, pubblici e privati, presso i quali siano installati o modificati i centralini telefonici e sulle modalità di pubblicazione delle graduatorie dei centralinisti e dei suddetti operatori (privi della vista).
La disciplina oggetto delle novelle in esame è posta dalla L. 29 marzo 1985, n. 113.
Si ricorda che, ai sensi di quest'ultima[94], per soggetti privi della vista si intendono i soggetti colpiti da cecità assoluta ovvero aventi un residuo visivo non superiore ad un decimo in entrambi gli occhi, anche con correzione di lenti.
La novella conferma il principio in base al quale i soggetti assunti in base alla suddetta legge sono computati nelle quote di riserva delle cosiddette assunzioni obbligatorie (relative alle categorie protette), di cui alla L. 12 marzo 1999, n. 68[95].
Si valuti l'opportunità di chiarire le modalità di estensione della disciplina di cui alla citata L. n. 113 alla suddetta categoria degli operatori della comunicazione con qualifiche equipollenti a quella di centralisti telefonici.
Si ricorda che, in base all'articolo 3 della citata L. n. 113, e successive modificazioni:
- i centralini telefonici in oggetto sono quelli per i quali le norme tecniche prevedano l'impiego di uno o più posti-operatore o che comunque siano dotati di uno o più posti-operatore;
- i datori di lavoro pubblici sono tenuti ad assumere, per ogni ufficio, sede o stabilimento dotati di centralino telefonico, un privo della vista, iscritto nel relativo elenco;
- i datori di lavoro privati sono tenuti ad assumere, per ogni centralino telefonico con almeno cinque linee urbane, un privo della vista, iscritto nel relativo elenco;
- qualora un centralino telefonico, in funzione presso datori di lavoro pubblici o privati, abbia più di un posto di lavoro, il 51 per cento dei posti è riservato ai centralinisti telefonici privi della vista.
Riguardo ad alcune deroghe o esclusioni, cfr. i commi da 5 a 7 del medesimo articolo 3.
Le graduatorie relative ai soggetti in esame[96] sono vincolanti per i datori di lavoro pubblici (in alternativa, può essere indetto un concorso riservato ai privi della vista); i datori privati possono provvedere all'obbligo di assunzione in esame con la chiamata nominativa (in caso di inadempimento, l'ufficio competente provvede all'avviamento in base alla graduatoria).
Articolo 13
(Ferrobonus e marebonus)
L’articolo 13 rifinanzia per il 2022 i contributi c.d. marebonus e ferrobonus, con risorse aggiuntive rispettivamente pari a 19,5 e a 19 milioni di euro.
In dettaglio, il comma 1, autorizza un’ulteriore spesa di 19,5 milioni di euro per il 2002 per il contributo “marebonus”.
Si ricorda che il "marebonus" è stato previsto dalla legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 647), per l'attuazione di progetti per migliorare la catena intermodale e decongestionare la rete viaria, riguardanti l'istituzione, l'avvio e la realizzazione di nuovi servizi marittimi per il trasporto combinato delle merci o il miglioramento dei servizi su rotte esistenti, in arrivo e in partenza da porti situati in Italia, che collegano porti situati in Italia o negli Stati membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo.
Il comma 1 prevede espressamente che resti fermo quanto previsto dall’articolo 1, comma 110 della legge di bilancio 2020 e dall’articolo 1, comma 672, della legge di bilancio 2021; si tratta delle disposizioni normative più recenti che hanno assegnato risorse per il contributo marebonus, che è stato istituito dalla legge di stabilità 2016:
§ la legge di bilancio 2020 (co. 110) ha autorizzato la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2021;
§ la legge di bilancio 2021 (co. 672) ha attribuito 25 milioni di euro per l'anno 2021, di 19,5 milioni di euro per l’anno 2022 e di 21,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026.
Pertanto, il finanziamento disposto dal comma 1, si aggiunge a quello già previsto per il 2022 dalla legge di bilancio 2021.
Analogamente, con il comma 2, viene rifinanziato per il 2022 il contributo “ferrobonus”, relativo ai servizi di trasporto ferroviario intermodale in arrivo e in partenza da nodi logistici e portuali in Italia, con un importo di 19 milioni di euro. Anche in questo caso si tratta di uno stanziamento aggiuntivo rispetto a quanto già disposto dalle leggi di bilancio 2020 e 2021:
§ la legge di bilancio 2020 (co. 111), ha autorizzato a spesa di 14 milioni di euro per l'anno 2020 e di 25 milioni di euro per l'anno 2021;
§ la legge di bilancio 2021 (co. 673) ha attribuito 25 milioni di euro per l'anno 2021, 19 milioni di euro per l’anno 2022 e 22 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026.
Si ricorda che la concessione dei contributi, sia marebonus che ferrobonus, è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea (ai sensi dell’art. 108, par. 3, del TFUE). L’aiuto di stato (SA.44627) è stato autorizzato con la Decisione della Commissione europea C(2016)7676 final per una durata massima complessiva di cinque anni a decorrere dalla pubblicazione del decreto attuativo: l'individuazione dei beneficiari, la commisurazione degli aiuti, le modalità e le procedure per l'attuazione degli interventi attinenti al "marebonus" e al "ferrobonus" sono state disciplinate dal decreto del MIT n. 125 del 2017 (entrato in vigore il 31 agosto 2017) e dal decreto ministeriale n.176 del 2017 (entrato in vigore il 13 dicembre 2017).
In proposito, si ricorda che con il decreto direttoriale MIMS 7 marzo 2021, sono state emanate le istruzioni per l’accesso al contributo ferrobonus nel periodo 31 agosto 2021-30 agosto 2022 (data di scadenza dell’autorizzazione europea alle agevolazioni).
Per ulteriori elementi informativi relativi al cosiddetto “marebonus” e al cosiddetto “ferrobonus” si rinvia all’approfondimento “Gli incentivi per il trasporto intermodale: ferrobonus e marebonus” sul portale della documentazione della Camera dei deputati.
Le risorse per il “marebonus” sono appostate sul capitolo 1245 e quelle per il “ferrobonus” sul capitolo 1246 dello stato di previsione del MIMS (tabella 10).
Il comma 3 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dai commi 1 e 2, pari a complessivi 38,5 milioni di euro per l’anno 2022, ai quali si provvede ai sensi dell’articolo 38.
Articolo 13-bis
(Traffico ferroviario merci in ambito portuale)
L’articolo 13-bis, introdotto al Senato, consente alle Autorità di sistema portuale di ridurre i canoni di concessione al fine di promuovere il traffico ferroviario delle merci in ambito portuale.
L’articolo 13-bis autorizza le Autorità di sistema portuale (AdSP) a prevedere un’agevolazione economica per i concessionari di aree demaniali su cui insistono attività terminalistiche, al fine di promuovere il traffico ferroviario delle merci in ambito portuale.
Più nel dettaglio, è consentito alle ASP, con riferimento a concessioni in essere per aree demaniali interessate da attività terminalistiche, riconoscere una progressiva diminuzione dei canoni di concessione. Tale beneficio è posto in funzione del raggiungimento di specifici obiettivi di traffico ferroviario nei porti generato da ciascuna area portuale o, comunque, a essa riferibile.
L’individuazione degli obiettivi specifici di traffico ferroviario da conseguire, così come l’entità e le modalità con le quali stabilire lo sconto da applicare al canone concessorio spetta alle singole Autorità di sistema portuale, le quali devono assicurarne la compatibilità con le risorse disponibili nei propri bilanci.
La disposizione pone, tuttavia, limiti all’autonomia delle ASP, stabilendo che la loro decisione di applicare la riduzione dei canoni di concessione demaniale deve rispettare:
- l’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, quindi non deve recare nuovi oneri o maggiori spese per l’erario;
- gli equilibri di bilancio;
- il divieto di utilizzare l’avanzo di amministrazione;
- i limiti minimi dei canoni di cui all’articolo 18 della legge n. 84 del 1994.
Com’è noto, la legge n. 84 del 1994 reca il riordino della legislazione in materia portuale e, all’articolo 18 appena citato, disciplina la concessione di aree e banchine alle imprese autorizzate, dall’Autorità di sistema portuale, allo svolgimento di operazioni portuali (ai sensi dell’articolo 16). In sede di affidamento della concessione, tale disposizione dispone che si faccia riferimento a quanto stabilito dal Ministro dei trasporti e della navigazione con proprio decreto, adottato di concerto con il Ministro delle finanze. Con tale decreto è previsto, in particolare, che siano stabiliti i limiti minimi dei canoni che i concessionari sono tenuti a versare.
Articoli 13-ter
(Ingresso per lavoro in Italia di lavoratori marittimi stranieri)
L’articolo 13-ter, introdotto dal Senato, detta disposizioni per il visto di ingresso in Italia di lavoratori marittimi stranieri
L’articolo 13-ter, introduce disposizioni che integrano l’art. 27 del d.lgs. 286/1998[97], “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, con l’inserimento del comma 1-septies.
In base a tale comma, i lavoratori marittimi chiamati per l'imbarco su navi, anche battenti bandiera di un Paese non appartenente all'Unione europea, ormeggiate in porti italiani, sono autorizzati a svolgere attività lavorativa a bordo, previa acquisizione del visto di ingresso per lavoro in Italia per il periodo necessario allo svolgimento della medesima attività lavorativa e comunque per un periodo non superiore ad un anno.
Ai fini dell'acquisizione del predetto visto non è richiesto il nulla osta al lavoro, mentre si rinvia alle disposizioni del Testo Unico e del relativo regolamento di attuazione concernenti il soggiorno di marittimi stranieri chiamati per l'imbarco su navi italiane da crociera.
Articolo 14
(Clausola di adeguamento corrispettivo)
L’articolo 14 reca alcune modifiche all’articolo 6 del decreto legislativo n. 286 del 2005 relativo alle disposizioni per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell'esercizio dell’attività di autotrasportatore.
L’intervento in questione è volto a far fronte all’eccezionale aumento dei prezzi del carburante che ha colpito la categoria degli autotrasportatori attraverso l'inserimento, nella relativa contrattualistica, di una clausola di adeguamento del corrispettivo per il servizio di autotrasporto qualora si verifichino degli aumenti significativi del prezzo del carburante.
Nello specifico con la lettera a) si interviene sul comma 3, lettera d) del richiamato articolo 6 prevedendo che, nei contratti del settore dell'autotrasporto, stipulati in forma scritta, deve essere presente, quale elemento essenziale del contratto stesso, non solo il riferimento al corrispettivo del servizio di trasporto ma anche una clausola di adeguamento del corrispettivo stesso al costo del carburante.
Tale clausola dovrà riferirsi alle variazioni intervenute nel prezzo del gasolio da autotrazione.
Le variazioni di prezzo in questione sono affidate alle rilevazioni compiute mensilmente dal Ministero della transizione ecologica e, per quanto riguarda l'adeguamento, potranno essere prese in considerazione qualora si superi del due per cento il valore preso a riferimento al momento della stipulazione del contratto rispetto al prezzo di mercato rilevato con le modalità sopra descritte.
La lettera b) dell'articolo in esame, invece, inserisce un comma ulteriore al suddetto articolo 6 prevedendo che il corrispettivo, nei contratti di trasporto di merci su strada conclusi in forma non scritta, si determina in base ai valori indicativi di riferimento dei costi di esercizio dell’impresa di trasporto merci per conto terzi pubblicati e aggiornati periodicamente dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.
Quest'ultima disposizione mira, evidentemente, a favorire la stipulazione di contratti in forma scritta.
Articolo 15
(Contributi per il settore dell’autotrasporto)
L’articolo 15 incrementa l’importo delle provvidenze finanziarie, già previste a legislazione vigente, per il settore dell’autotrasporto.
L’articolo 15, comma 1, enuncia la finalità della misura: sostenere il settore dell’autotrasporto in considerazione degli aumenti eccezionali dei prezzi che si sono verificati nel settore dei prodotti energetici.
Esso pertanto aumenta ulteriormente di 15 milioni di euro per l’anno 2022 l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 3, del d.l. n. 451 del 1998. Nell’ambito di tali stanziamenti viene finanziata la riduzione compensata dei pedaggi autostradali.
Al richiamato articolo 2, comma 3, del d.l. n. 451 del 1998 (recante “Disposizioni urgenti per gli addetti ai settori del trasporto pubblico locale e dell’autotrasporto”, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 40 del 1999) si legge che:
§ per l’anno 1998, è assegnato al Comitato centrale per l’Albo degli autotrasportatori l’importo di 140 miliardi di lire, da utilizzare entro il 31 dicembre 1999, per la protezione ambientale e per la sicurezza della circolazione, anche con riferimento all’utilizzo delle infrastrutture, da realizzare mediante apposite convenzioni con gli enti gestori delle stesse;
§ il Ministro dei trasporti e della navigazione è tenuto a presentare, entro il 31 dicembre 1999, una relazione sull’attuazione di tali disposizioni;
§ il medesimo Ministro emana, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione della legge di conversione del decreto, una direttiva contenente norme per dare attuazione ad un sistema di riduzione compensata di pedaggi autostradali e per interventi di protezione ambientale, al fine di consentire l’utilizzo delle risorse di cui al presente articolo 2, tenendo conto dei criteri già definiti con precedenti interventi legislativi in materia.
Si ricorda che il Comitato centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori è l’organo di direzione dell’Albo nazionale dei soggetti, persone fisiche e giuridiche, che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi (Albo istituito dalla legge n. 298 del 1974). L’iscrizione all’Albo è curata dagli uffici della motorizzazione civile. Il Comitato centrale è disciplinato dal decreto legislativo n. 284 del 2005, che all’articolo 9 ne definisce i compiti ed all’articolo 10 la composizione. Il D.P.R. n. 123 del 2009 contiene il regolamento di organizzazione del Comitato.
L’articolo 2, comma 3, del d.l. n. 451 del 1998, è stato interessato da numerose modifiche nel corso degli anni, recanti nuove autorizzazioni di spesa, l’ultima delle quali è contenuta nel d.l. n. 34 del 2020 (c.d. decreto Rilancio), il quale ha disposto, con l’articolo 210, comma 1, che l’autorizzazione di spesa di cui al predetto articolo 2, comma 3, del d.l. n. 451 del 1998, è incrementata di 20 milioni per l’anno 2020. Tanto, al duplice fine di:
§ sostenere il settore dell’autotrasporto, tenuto conto del ruolo centrale rivestito nella gestione dell’emergenza da COVID-19, che costituisce evento eccezionale ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE in materia di aiuti di Stato;
§ assicurare, in tale contesto, un adeguato sostegno di natura mutualistica alle imprese del settore.
Il comma 2 dell’articolo qui in commento, per la medesima finalità di sostegno al settore dell’autotrasporto, incrementa poi di 5 milioni di euro per l’anno 2022 l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 150, della L. n. 190 del 2014 (Legge di stabilità 2015), destinata a finanziare interventi in favore dell’autotrasporto.
Il citato articolo 1, comma 150, della legge n. 190 del 2014, autorizza la spesa di 250 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2015 per interventi in favore del settore dell’autotrasporto, prevedendo che sia il MIMS, di concerto con il MEF, a ripartire con decreto le relative risorse.
Tale previsione è stata oggetto di recenti modifiche, dapprima con il d.l. n. 104 del 2020 e, successivamente, con il d.l. n. 17 del 2022.
L’articolo 84, comma 1, del d.l. n. 104 del 2020 (c.d. decreto agosto), ha infatti modificato l’articolo 1, comma 150, della L. n. 190 del 2014, incrementando di 5 milioni di euro per l’anno 2020 l’autorizzazione di spesa ivi prevista ed espressamente destinando tali risorse all’aumento della deduzione forfettaria, per il medesimo anno, di spese non documentate di cui all’articolo 1, comma 106, della L. n. 266 del 2005 (su cui v. infra).
Similmente, l’articolo 6, comma 2, del d.l. n. 17 del 2022 (c.d. decreto energia), in corso di conversione, incrementa di 5 milioni per l’anno 2022 la predetta autorizzazione di spesa, vincolandone l’utilizzo sempre all’aumento della deduzione forfettaria di spese non documentate, e tanto in considerazione degli effetti economici derivanti dall’eccezionale incremento dei prezzi dei prodotti energetici e al fine di sostenere il settore dell’autotrasporto.
Nel caso in cui non venissero apportate modificazioni all’articolo 6, comma 2, in sede di conversione del d.l. n. 17 del 2022, per l’anno 2022 l’incremento dell’autorizzazione di spesa risulterebbe, pertanto, in totale, di 10 milioni di euro: 5 milioni ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del d.l. n. 17 del 2022, e 5 milioni ai sensi dell’articolo 15 del d.l. n. 21 del 2022 che qui si esamina.
Il secondo periodo del comma 2 dell’articolo 15 in esame espressamente prevede che tali risorse siano destinate ad aumentare la deduzione forfettaria, limitatamente al periodo d’imposta 2021, di spese non documentate di cui all’articolo 1, comma 106, della L. n. 266 del 2005 (Legge finanziaria 2006).
L’articolo 1, comma 106, della legge appena citata include (limitatamente al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2005), tra quelli beneficiari della deduzione forfettaria di spese non documentate prevista dall’articolo 66, comma 5, primo periodo, del TUIR, anche i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore all’interno del comune in cui ha sede l’impresa, per un importo pari al 35 per cento di quello spettante per i medesimi trasporti nell’ambito della regione o delle regioni confinanti.
Si ricorda che l’articolo 66 del TUIR, appena citato, al primo periodo del comma 5 prevede che, per le imprese autorizzate all’autotrasporto di merci per conto terzi, il reddito d’impresa, determinato a norma dei commi precedenti, è ridotto, a titolo di deduzione forfettaria di spese non documentate, di:
§ 7,75 euro per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore oltre il comune in cui ha sede l’impresa ma nell’ambito della regione o delle regioni confinanti;
§ 15,49 euro per i trasporti effettuati oltre tale ambito.
Infine, il comma 3 dell’articolo in esame reca la copertura finanziaria, stabilendo che agli oneri derivanti da quanto previsto dai commi 1 e 2, pari a 20 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede ai sensi del successivo articolo 38, il quale dispone, al secondo comma, lettera a), che agli oneri derivanti da vari articoli, tra cui il 15, e relativi all’anno 2022, si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 37.
Nel rinviare alla relativa scheda per ulteriori approfondimenti, si ricorda che con tale previsione viene istituito, per l’anno 2022, un contributo straordinario contro il caro bollette a titolo di prelievo solidaristico straordinario, a carico dei soggetti che operano nel mercato dei beni energetici.
L’articolo 16 esonera le imprese dell’autotrasporto dal dovere di contribuire al funzionamento dell’Autorità per la regolazione dei trasporti per l’esercizio finanziario 2022.
La disposizione si compone di un solo comma, con due periodi.
Nel primo periodo si stabilisce che il contributo dovuto dalle imprese di autotrasporto per conto terzi – disciplinate dalla legge n. 298 del 1974 e iscritte al relativo albo – per l’esercizio finanziario 2022 non sono tenute al versamento del contributo per il funzionamento dell’ART.
Si ricorda al proposito che la medesima ART è stata istituita con il decreto legge c.d. Salva Italia n. 201 del 2011 e che il contributo delle imprese assoggettate al suo potere di regolazione è previsto dal relativo art. 37, comma 6, lettera b).
La finalità dichiarata della disposizione consiste nel mitigare gli effetti economici derivanti dagli aumenti eccezionali dei prezzi dei carburanti e dei prodotti energetici.
Si ricorda che analoga esenzione era stata concessa per l’anno 2021 alle imprese di autotrasporto merci in conto terzi iscritte all'Albo, dall’art. 37-bis del decreto legge n. 41 del 2021, convertito dalla legge 21 maggio 2021, n. 69.
Il secondo periodo prevede quantificazione e copertura finanziaria.
È pertanto autorizzata la spesa pari a 1,4 milioni di euro per l'anno 2022, alla cui copertura si provvede mediante corrispondente utilizzo delle risorse di cui al Fondo di parte corrente di cui all'articolo 34-ter, comma 5, della legge n. 196 del 2009, iscritto nello stato di previsione del MIMS.
Articolo 17
(Fondo per il sostegno del settore dell’autotrasporto)
L’articolo 17 istituisce un fondo di 500 milioni di euro per il 2022 da destinare al sostegno del settore dell’autotrasporto.
In dettaglio, il comma 1 dispone che, al fine di mitigare gli effetti economici derivanti dagli aumenti eccezionali dei prezzi dei carburanti, il fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, con una dotazione di 500 milioni di euro per l’anno 2022.
Si ricorda che sui finanziamenti al settore dell’autotrasporto interviene anche il decreto legge n. 17 del 2022, in corso di esame parlamentare per la conversione in legge, il cui articolo 6 incrementa di 25 milioni di euro complessivi per l’anno 2022, l’autorizzazione di spesa per il Comitato centrale per l'Albo degli autotrasportatori per consentire la riduzione compensata dei pedaggi autostradali, nelle percentuali consentite dalla disciplina europea e per aumentare la deduzione forfetaria di spese non documentate; concede, inoltre, alle imprese italiane di logistica e di trasporto delle merci in conto terzi, un credito d’imposta per l’acquisto del componente AdBlue per la trazione dei mezzi di ultima generazione Euro VI/D e per l’acquisto di metano (GNL) utilizzato per l’autotrazione dei mezzi.
Per ulteriori approfondimenti sui finanziamenti al settore dell’autotrasporto si rinvia al relativo Tema, pubblicato sul portale di documentazione della Camera dei deputati.
Il comma 2 rinvia ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la definizione dei criteri di determinazione, delle modalità di assegnazione e delle procedure di erogazione delle risorse, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato.
Il comma 3 reca la copertura finanziaria degli oneri, pari a 500 milioni di euro per l’anno 2022, ai quali si provvede ai sensi dell’articolo 38.
Articoli 17-bis-17-quater
(Sistema di interscambio di pallet)
Le disposizioni in esame disciplinano un sistema di interscambio di pallet utilizzati per la produzione, lo stoccaggio, la movimentazione ed il trasporto delle merci ed aventi specifiche caratteristiche. Tale sistema obbliga i soggetti che ricevono i pallet medesimi, a qualunque titolo, fatta salva la compravendita, a restituire al proprietario o al committente un uguale numero di pallet aventi le medesime caratteristiche. Dall'attuazione di tale sistema di interscambio non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Si segnala che il sistema di interscambio di pallet è oggetto del disegno di legge A.S. 2506, di contenuto analogo alle disposizioni qui in esame, assegnato all'8a Commissione (Lavori pubblici, comunicazioni) del Senato.
Le disposizioni fanno riferimento ai pallet di cui alla norma UNI EN ISO 445 che definisce i termini relativi ai pallet per la movimentazione di merci in carichi unitari. Si tratta di piattaforme rigide utilizzate per la movimentazione di materiali mediante carrelli transpallet o carrelli elevatori a forche e altre attrezzature di movimentazione, anche costruite o equipaggiate con strutture superiorie. Viene quindi fornita la definizione di "pallet standardizzato", comprendente talune tipologie di tali piattaforme che rispondono alla necessità di armonizzazione e di riduzione dei costi. Si demanda la definizione delle caratteristiche di ciascuna tipologia di pallet a specifici capitolati tecnici che costituiscono dei documenti di riferimento su scala mondiale.
Il pallet è quindi "interscambiabile" quando, avendo le caratteristiche del pallet standardizzato, è riutilizzato e non è venduto al destinatario della merce.
La disciplina del sistema di interscambio dettata dalle disposizioni in esame prevede, come già accennato, che i soggetti che ricevono i pallet, come sopra definiti, debbano restituire al proprietario o al committente un uguale numero di pallet, della medesima tipologia, che abbiano caratteristiche tecnico-qualitative assimilabili o equiparabili a quelli ricevuti. Viene fatta salva la cessione del pallet a titolo di compravendita.
L'obbligo di restituzione permane indipendentemente dallo stato di conservazione e dalla conformità tecnica dei pallet, salvo quando il soggetto tenuto alla restituzione sia espressamente dispensato dalla medesima restituzione dal proprietario o dal committente. La tipologia del pallet interscambiabile è indicata sui relativi documenti di trasporto del mittente e non è modificabile dai soggetti riceventi.
Qualora l'interscambio immediato sia impossibile, il soggetto obbligato alla restituzione è tenuto ad emettere un voucher, in forma digitale o cartacea.
Il voucher ha la funzione di titolo di credito improprio cedibile a terzi senza vincoli di forma. Trova applicazione l'articolo 1992 del codice civile concernente l'adempimento dei titoli di credito.
L'art. 1992 c.c. richiamato stabilisce che il possessore di un titolo di credito ha diritto alla prestazione in esso indicata, dietro la sola presentazione del titolo, purché sia legittimato nelle formalità prescritte dalla legge. Il possessore del titolo può ottenere la prestazione anche quando non sia effettivamente titolare del diritto. Risulta infatti sufficiente che tale soggetto sia venuto in possesso del titolo in conformità alla legge.
Il voucher deve essere debitamente sottoscritto e contenere: data, denominazione dell'emittente e del beneficiario, tipologia e quantità dei pallet da restituire. Qualora non siano specificate tutte le suddette indicazioni, il possessore del voucher può richiedere immediatamente il pagamento di un importo pari al valore di mercato di ciascun pallet moltiplicato per il numero di pallet non restituiti.
In caso di mancata riconsegna di uno o più pallet entro sei mesi dalla data di emissione del predetto voucher, il soggetto obbligato alla restituzione deve pagare un importo pari al valore di mercato del pallet moltiplicato per il numero di pallet non restituiti. Il possessore del voucher deve restituirlo al soggetto emettitore al momento della riconsegna o del pagamento delle somme secondo la disciplina in esame.
La definizione del valore di mercato del pallet interscambiabile, nonché le tempistiche per l'aggiornamento del medesimo valore di mercato, è demandata, insieme alla definizione delle caratteristiche tecnico-qualitative del pallet interscambiabile, ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico - MISE, da adottare entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame.
Il medesimo decreto, inoltre, individua una struttura presso il MISE con compiti di vigilanza e di monitoraggio del corretto funzionamento del sistema di interscambio, anche con l'obiettivo di garantire il livello minimo di impatto ambientale. A tale struttura possono pervenire segnalazioni di violazioni da parte dei soggetti coinvolti nel mercato dei pallet.
Si ricorda, infine, che il codice ambientale (di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006), all'Allegato L-ter alla Parte Quarta, annovera, tra gli "esempi di strumenti economici e altre misure per incentivare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti", i sistemi di cauzione-rimborso per incoraggiare la raccolta efficiente di prodotti e materiali usati. In tale gerarchia, stabilita dall'art. 179 del medesimo codice, la preparazione per il riutilizzo figura quale priorità, seconda sola alla prevenzione.
L’articolo 18 introduce un credito d'imposta a favore delle imprese esercenti attività agricola e della pesca pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del carburante effettuato nel primo trimestre solare dell’anno 2022. Il credito d’imposta è cedibile, solo per intero, dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di determinati soggetti. Il credito d’imposta è utilizzato dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro la medesima data del 31 dicembre 2022.
In particolare, il comma 1 riconosce alle imprese esercenti attività agricola e della pesca un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del carburante effettuato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, comprovato mediante le relative fatture d’acquisto, al netto dell’imposta sul valore aggiunto.
Il testo fa riferimento, quale finalità del contributo, a una parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l’acquisto di gasolio e benzina per la trazione dei mezzi utilizzati per l’esercizio dell’attività agricola e della pesca.
Il comma 2 specifica che il credito d’imposta di cui al comma 1:
- è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, entro la data del 31 dicembre 2022. A tal fine, non si applicano alcuni dei vigenti limiti e divieti alla compensazione e, in particolare:
o il limite annuale all'utilizzo della compensazione dei crediti d'imposta (di cui all’articolo 1, comma 53 della legge n. 244 del 2007);
o il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale (di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000;
Resta, pertanto, fermo il divieto di compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali, fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a millecinquecento euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento (di cui all’articolo 31, comma 1del decreto-legge n. 78 del 2010);
- non concorre alla formazione del reddito d’impresa;
si valuti l'opportunità di formulare il testo in modo da precisare che il contributo non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi;
- non concorre alla formazione della base imponibile dell’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive) di cui al decreto legislativo n. 446 del 1997;
- non rileva ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi, delle spese e degli altri componenti negativi del reddito, di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986);
Ai sensi dell'articolo 61, comma 1, del TUIR, gli interessi passivi inerenti all'esercizio d'impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Ai sensi dell'articolo 109, comma 5 del TUIR, le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
- è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
Il comma 3 stabilisce che il credito d’imposta di cui al comma 1 è cedibile, solo per intero, dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione.
È fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di:
- banche e intermediari finanziari iscritti all’albo previsto dall’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993;
si rammenta che, ai sensi dell'articolo 106 (Albo degli intermediari finanziari), comma 1, del TUB, l'esercizio nei confronti del pubblico dell'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è riservato agli intermediari finanziari autorizzati, iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d'Italia;
- società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo di cui all’articolo 64 del predetto TUB, ovvero
- imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005.
La facoltà di due ulteriori cessioni ai predetti soggetti è stata prevista, secondo quanto precisato dal Governo nella relazione illustrativa, al fine di armonizzare tale disciplina a quella riguardante i bonus edilizi. Per approfondimenti sui bonus edilizi previsti dalla normativa vigente si rinvia alla corrispondente pagina del portale di documentazione della Camera.
Resta fermo il divieto per gli intermediari finanziari di acquistare il credito qualora sussistano gli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette e di astensione rispettivamente previsti dagli articoli 35 e 42 del decreto legislativo n. 231 del 2007, così come previsto dalle disposizioni di cui all’articolo 122-bis, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima.
Si ricorda, in estrema sintesi, che l'articolo 122-bis del decreto-legge n. 34 del 2020, inserito dall'articolo 1, comma 30, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021), riconosce all’Agenzia delle Entrate la possibilità di sospendere, per un periodo non superiore a trenta giorni, l’efficacia delle comunicazioni telematiche necessarie per l’esercizio dell’opzione della cessione del credito e dello sconto in fattura, nei casi in cui vengano riscontrati particolari profili di rischio. Nella Relazione illustrativa che accompagna il testo si segnala che ai fini dell’individuazione delle operazioni sospette, oggetto dell’obbligo di comunicazione all’UIF-Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia, è necessario tener conto dei rischi connessi con: “i) l’eventuale natura fittizia dei crediti stessi; ii) la presenza di cessionari dei crediti che pagano il prezzo della cessione con capitali di possibile origine illecita; iii) lo svolgimento di abusiva attività finanziaria da parte di soggetti privi delle prescritte autorizzazioni che effettuano plurime operazioni di acquisto di crediti da un’amplia platea di cedenti” (Comunicazione UIF – Covid 19 dell’11 febbraio 2021).
I contratti di cessione conclusi in violazione del precedente divieto sono nulli.
In caso di cessione del credito d’imposta, le imprese beneficiarie richiedono il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto al credito d’imposta di cui al presente articolo. Il visto di conformità è rilasciato ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo n. 241 del 1997, dai soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3 dell’articolo 3 del regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive e all’imposta sul valore aggiunto, di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, e dai responsabili dell’assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui all’articolo 32 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997.
Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 241 del 1997, il responsabile dell'assistenza fiscale dei centri di assistenza fiscale di cui all'articolo 32, comma 1, lettere a), b) e c) - e cioè le (a) associazioni sindacali di categoria fra imprenditori, presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, istituite da almeno dieci anni; le (b) associazioni sindacali di categoria fra imprenditori, istituite da almeno dieci anni, diverse dalle precedenti se, con decreto del Ministero delle finanze, ne è riconosciuta la rilevanza nazionale con riferimento al numero degli associati, almeno pari al 5 per cento degli appartenenti alla stessa categoria, iscritti negli appositi registri tenuti dalla camera di commercio, nonché all'esistenza di strutture organizzate in almeno 30 province; le (c) organizzazioni aderenti alle associazioni di cui alle lettere a) e b), previa delega della propria associazione nazionale; su richiesta del contribuente:
a) rilascia un visto di conformità dei dati delle dichiarazioni predisposte dal centro, alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile;
b) assevera che gli elementi contabili ed extracontabili comunicati all'amministrazione finanziaria e rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore corrispondono a quelli risultanti dalle scritture contabili e da altra documentazione idonea. Il responsabile dell'assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui all'articolo 32, comma 1, lettere d), e) e f) - e cioè le (d) organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti e pensionati od organizzazioni territoriali da esse delegate, aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti; i (e) sostituti di imposta, aventi complessivamente almeno cinquantamila dipendenti; le (f) associazioni di lavoratori promotrici di istituti di patronato riconosciuti aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti -
a) rilascia, su richiesta del contribuente, un visto di conformità dei dati delle dichiarazioni unificate alla relativa documentazione;
b) rilascia, a seguito della attività di verifica della conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni alla relativa documentazione (di cui alla lettera c) del comma 3 dell'articolo 34), un visto di conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni alla relativa documentazione. I soggetti indicati alle lettere a) e b), del comma 3 dell'articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998, abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, rilasciano, su richiesta dei contribuenti, il visto di conformità e l'asseverazione relativamente alle dichiarazioni da loro predisposte.
Ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del D.P.R. n. 322 del 1998, ai soli fini della presentazione delle dichiarazioni in via telematica mediante il servizio telematico Entratel si considerano soggetti incaricati della trasmissione delle stesse:
a) gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
b) i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;
c) le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori indicate nell'articolo 32, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo n. 241 del 1997, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;
d) i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;
e) gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
Il credito d’imposta è utilizzato dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro la medesima data del 31 dicembre 2022.
Per la definizione delle modalità attuative delle disposizioni relative alla cessione e alla tracciabilità del credito d’imposta, da effettuarsi in via telematica, anche avvalendosi dei soggetti previsti dal comma 3 dell’articolo 3 del regolamento di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, si rinvia a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Si applicano le disposizioni relative alla sospensione, per un periodo non superiore a trenta giorni, degli effetti delle comunicazioni delle cessioni che presentano profili di rischio, di cui all’articolo 122-bis (si veda sopra), nonché, in quanto compatibili, quelle di cui all’articolo 121, commi da 4 a 6, del decreto-legge n. 34 del 2020.
Si rammenta che il comma 4 dell'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 dispone che, ai fini del controllo, si applichino le attribuzioni e i poteri di accertamento in tema di imposte sui redditi, posti in capo all’Amministrazione finanziaria dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Si chiarisce che i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto. L’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo procede, in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacità operativa degli uffici, alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta negli ordinari termini di accertamento (per i crediti non spettanti: cinque anni dalla dichiarazione, ai sensi articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; per i crediti inesistenti: otto anni dall’utilizzo del credito ai sensi dell’articolo 27, commi da 16 a 20, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185).
Ai sensi del comma 5, in assenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione, l’Agenzia delle entrate provvede a recuperare l’importo corrispondente alla detrazione non spettante, maggiorato di interessi e sanzioni Tale importo, maggiorato degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo (di cui all’articolo 20 del DPR 29 settembre 1973, n. 602) e delle sanzioni per utilizzo di crediti di imposta in misura superiore a quella spettante, ovvero inesistenti (di cui all’ articolo 13 del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471).
Il comma 6 prevede che il recupero del predetto importo sia effettuato nei confronti del soggetto beneficiario delle originarie detrazioni. Resta ferma, in presenza di concorso nella violazione, l’applicazione della norma per cui, ove più persone concorrono in una violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta (articolo 9, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472); rimane ferma anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell’importo maggiorato di sanzioni e interessi.
Il comma 4 precisa che le disposizioni del presente articolo si applicano nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato. Ai relativi adempimenti europei provvede il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Il comma 5 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal presente articolo, valutati in 140,1 milioni di euro per l’anno 2022, rinviando per la copertura finanziaria all’articolo 38.
Il comma 6 attribuisce al Ministero dell’economia e delle finanze il compito di monitorare le fruizioni del credito d’imposta di cui al presente articolo ai fini di quanto previsto dall’articolo 17, comma 13, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009).
Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 17, comma 13, della legge di contabilità e finanza pubblica, il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. La medesima procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri.
Articolo 19, commi 1-3
(Rinegoziazione e ristrutturazione dei mutui agrari)
L’articolo 19 stabilisce che le esposizioni in essere alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, concesse dalle banche e dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito e destinate a finanziare le attività delle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, in forma individuale o societaria, possono essere rinegoziate e ristrutturate per un periodo di rimborso fino a venticinque anni, al fine di sostenere la continuità produttiva delle imprese medesime.
Il comma 2 consente che le operazioni di rinegoziazione e ristrutturazione possono essere assistite dalla garanzia gratuita fornita dall'ISMEA ai sensi dell'articolo 17, comma 2 del d.lgs. n. 102/2004.
La disposizione richiamata prevede che l'ISMEA può concedere la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del TUB (d.lgs. n. 385/1993), nonché dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca. La garanzia può altresì essere concessa anche a fronte di transazioni commerciali effettuate per le medesime destinazioni.
Il comma in esame subordina la concessione della garanzia al rispetto delle disposizioni stabilite dal regolamento (UE) n. 1408/2013 e dal regolamento (UE) n. 717/2014, relativi all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore agricolo, della pesca e dell'acquacoltura. Per la concessione delle predette garanzie esso autorizza, in favore di ISMEA, la spesa di 20 milioni di euro per il 2022.
Il comma 3 dispone in relazione agli oneri, pari a 20 milioni di euro per il 2022, ai quali si provvede:
§ quanto a 10 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole causati da alluvione, gelo-brina e siccità (istituito nello stato di previsione del MIPAAF dall'articolo 1, comma 515, della legge di bilancio per il 2022 - L. n. 234/2021);
§ quanto a 10 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa disposta dall'articolo 1, comma 522, della legge di bilancio per il 2022 (L. n. 234/2021), in favore di ISMEA, per la concessione di garanzie ai sensi dell'articolo 17, comma 2, del d.lgs. n. 102/2004 (su cui si veda supra il comma 2), al fine di favorire l'accesso al credito da parte delle imprese agricole.
I commi dal 3-bis al 3-quater dell’articolo 19 sono stati inseriti dal Senato. Il comma 3-bis introduce, per le finalità di cui al comma 1 (cioè per sostenere la continuità produttiva delle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, in forma individuale o societaria), un'ulteriore disciplina relativa alla rateizzazione dei debiti derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte, che si aggiunge a quella già in vigore (articolo 8-quinquies del D.L. n. 5/2009), la quale viene espressamente mantenuta ferma. Il comma 3-ter detta norme transitorie, relative all'ipotesi in cui i produttori, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, abbiano ricevuto la notifica di un atto dell'Agenzia delle entrate-riscossione. Essi possono esercitare la facoltà di richiedere la rateizzazione dei debiti derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte, sulla base della nuova disciplina introdotta, a pena di decadenza entro 60 giorni dalla stessa data. Il comma 3-quater prevede che l'efficacia della rateizzazione resta subordinata all'assenso della Commissione europea nell'ambito delle procedure di adempimento dello Stato membro alla sentenza 24 gennaio 2018 nella causa C 433/15. L'AGEA comunica con proprio provvedimento l'avvio della decorrenza dei predetti termini.
Si veda l'approfondimento La vicenda delle cosiddette "quote latte".
Secondo quanto si evince dalla Determinazione del 28 gennaio 2021, n. 10 della Corte dei conti (Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), 2018), pp. 8-12, l’onere che l’Italia ha sopportato a titolo di “prelievo supplementare quote latte”, quale riflesso immediato degli esuberi produttivi accertati nelle quattordici campagne lattiero-casearie dal 1995–1996 al 2008–2009 è stato quantificato, a fine 2013, in 2.537 milioni già versati dallo Stato alla Commissione europea. Con l’ultima campagna 2014-2015 (terminata il 31 marzo 2015, data in cui è cessato il regime delle “quote latte”) si è riscontrato un esubero produttivo che ha determinato un ulteriore prelievo supplementare di 31 milioni a carico dei produttori lattieri eccedentari, portando l’onere al complessivo importo di 2.568 milioni.
Secondo i dati forniti da AGEA, alla data del 31 dicembre 2018, l’importo del prelievo supplementare da recuperare a valere sui produttori eccedentari è stato rideterminato in 2.303 milioni.
Su tale importo i produttori, nella quasi totalità, da un lato hanno impugnato in sede giurisdizionale i provvedimenti di prelievo e, dall’altro, hanno beneficiato di iniziative legislative volte alla rateizzazione dell’importo dovuto.
Alla luce dei dati e delle informazioni trasmesse dall’Agenzia, alla data del 30 giugno 2020 i produttori hanno versato soltanto 382 milioni, con un incremento di appena l’1 per cento rispetto all’importo versato al 18 dicembre 2018 (pari a 379 milioni), 405 milioni sono stati oggetto di rateizzazioni previste dalla legge e 343 milioni sono stati stralciati, perché ritenuti irrecuperabili.
Il “prelievo ancora dovuto” al 30 giugno 2020 è pari, quindi, ad euro 1.173 milioni, di cui 371 ritenuto – sempre secondo le stime AGEA - inesigibile.
Il tutto come rappresentato nella seguente tabella trasmessa dall’Agenzia.
Come già evidenziato, la questione è, tutt’ora, oggetto di numerosi contenziosi, soprattutto con particolare riferimento ai criteri utilizzati per la riassegnazione delle quote inutilizzate e, di conseguenza, dei parametri per la determinazione del quantum del prelievo supplementare.
In materia, nel corso del 2019, la Corte di Giustizia è intervenuta -su domanda pregiudiziale del Consiglio di Stato- per chiarire la ratio e la portata dell’articolo 2, par. 1, comma 2, del Reg. 3950/1992 che ha istituito il prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari, come modificato dal regolamento (CE) n. 1256/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999.
In particolare, con la sentenza del 27/06/2019, C-348/186, è stato disposto che alla luce di tale articolato normativo del Regolamento U.E ”(..) contrariamente a quanto interpretato dallo Stato italiano7, qualora uno Stato membro decida di procedere alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, tale riassegnazione deve essere effettuata tra i produttori che hanno superato i propri quantitativi di riferimento, in modo proporzionale ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore” 8, e ciò in quanto il criterio di ripartizione proporzionale è il solo previsto dall’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92 e deve essere considerato come “l’unico criterio secondo il quale deve essere effettuata la riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati. Per contro, e in ogni caso, non può dedursi da un’interpretazione teleologica che, in aggiunta, anche in assenza di un’esplicita autorizzazione in tal senso, uno Stato membro sarebbe autorizzato a procedere alla riassegnazione in base ad altri criteri”.
Alla luce della suddetta pronuncia, il Consiglio di Stato, con le sentenze n. 7726/2019 e n. 7734/2019, pronunciandosi sull’appello proposto avverso le sentenze TAR Lazio, Sez. II, n. 8762/2012 e n. 9376/2012, ha annullato i provvedimenti con cui AIMA aveva comunicato alle aziende agricole appellanti i risultati delle compensazioni nazionali per i periodi di produzione lattiera 1995-1996/1996-1997 e conseguentemente gli importi da pagare allo Stato a titolo di prelievo supplementare. In particolare, nell’ambito delle suddette decisioni –il supremo consesso amministrativo ha affermato che “il meccanismo di compensazione-riassegnazione delle quote applicato dall’Amministrazione italiana risulta alterato dall’applicazione di un criterio non conforme al dettato comunitario, secondo quella che è stata l’ultima interpretazione resa dalla Corte di giustizia”. La questione è stata, dunque, espressamente demandata all’Amministrazione competente (individuata in primis nel Mipaaf) ai fini di una complessiva rideterminazione dei calcoli sottostanti all’operazione di compensazione.
Con la sentenza dell’11 settembre 2019, C-46/18, la Corte di Giustizia, sempre su domanda pregiudiziale presentata dal Consiglio di Stato,9 ha rilevato l’incompatibilità della normativa nazionale rispetto all’art. 2 del Regolamento, nella parte in cui prevede che il rimborso dell'eccedenza del prelievo supplementare debba favorire, in via prioritaria, i produttori che, in applicazione di una disposizione di diritto nazionale incompatibile con il diritto U.E, abbiano adempiuto il loro obbligo di versamento mensile.
La Corte ha, comunque, chiarito che l'accertamento dell'incompatibilità della normativa nazionale con l'articolo 2 del regolamento (CEE) n. 3950/92 non implica che i produttori soggetti a detta normativa non siano più debitori di tale prelievo e che il principio della tutela del legittimo affidamento non osta a che, nel caso di specie, sia ricalcolato l'importo del prelievo supplementare dovuto dai produttori che non hanno adempiuto l'obbligo, previsto dalla suddetta normativa nazionale, di versare su base mensile tale prelievo.
Per fini di completezza, si ricorda che il legislatore nazionale ha emanato il decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2019, n. 44, riconducendo le attività di riscossione coattiva delle somme relative al prelievo supplementare nell’ambito della disciplina generale della riscossione dei crediti pubblici, quale prevista dagli artt. 17 e 18 del decreto legislativo n. 46 del 1999, trasferendone all’Agenzia delle Entrate – Riscossione (AdE-R) la competenza, ai sensi del DPR 602 del 1973.
Il relativo decreto interministeriale attuativo è stato emanato in data 22 gennaio 2020 rubricato “Disciplina dei termini e delle modalità di trasmissione, in via telematica, all’agente della riscossione, dei residui di gestione dei ruoli per debiti relativi al prelievo supplementare latte, emessi da AGEA o dalle regioni fino alla data del 31 marzo 2019”.
Il comma 3-bis inserisce quindi al D.L. n. 5/2009 (L. n. 33/2009) il nuovo articolo 8-quinquies.1, composto da sette commi.
Il nuovo articolo 8-quinquies.1, al comma 1, prevede che, successivamente all'iscrizione a ruolo, il produttore interessato può presentare all'AGEA, per il tramite dell'Agenzia delle entrate-riscossione, la richiesta di rateizzazione dei debiti iscritti nel Registro nazionale istituito presso la stessa AGEA derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla notifica, da parte della stessa Agenzia, del primo atto di riscossione utile, inclusi quelli della procedura cautelare o esecutiva, eventualmente intrapresa.
Il comma 2 disciplina i poteri dell'Agenzia delle entrate-riscossione a seguito della presentazione dell'istanza di rateizzazione dei debiti derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte, soltanto se essa è tempestiva.
L'Agenzia:
a) sospende immediatamente ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo;
b) trasmette in via telematica la predetta istanza all'AGEA, entro il termine di dieci giorni successivi alla data di relativa ricezione.
Il comma 3 prevede che l'AGEA, a mezzo posta elettronica certificata ovvero a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, comunica al produttore l'esito dell'esame della richiesta di rateazione e:
a) in caso di accoglimento, il produttore rinuncia espressamente ad ogni azione giudiziaria eventualmente pendente dinanzi agli organi giurisdizionali amministrativi e ordinari, sono sospese le procedure di recupero per compensazione. In tal caso, la stessa AGEA dispone la sospensione della riscossione con proprio provvedimento, trasmesso telematicamente all'Agenzia delle entrate-riscossione;
b) in caso di rigetto, ne dà comunicazione in via telematica all'Agenzia delle entrate-riscossione, per la ripresa dell'attività di riscossione coattiva.
Il comma 4 dispone che il pagamento delle rate è effettuato direttamente all'AGEA, che provvede, con cadenza annuale, alle conseguenti operazioni di regolazione contabile con l'Agenzia delle entrate-riscossione. Tale pagamento è effettuato dal produttore con le modalità indicate nel provvedimento di accoglimento.
Il comma 5 prevede che il versamento della prima rata, comunicato mediante posta elettronica certificata dall'AGEA all'Agenzia delle entrate-riscossione, determina la cancellazione delle cautele iscritte e l'estinzione delle procedure esecutive precedentemente avviate.
Il comma 6 stabilisce che il mancato versamento anche di una sola rata comporta la decadenza dal beneficio della rateizzazione e la revoca della sospensione della riscossione, comunicata in via telematica dall'AGEA all'Agenzia delle entrate-riscossione. In tal caso, l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto, previa immediata regolazione contabile, è automaticamente ed immediatamente riscuotibile in unica soluzione, sono riprese le procedure di recupero per compensazione e le somme eventualmente corrisposte al produttore in costanza di rateizzazione sono iscritte a registro debitori sino a concorrenza del debito residuo.
Il comma 7 mantiene espressamente ferme le disposizioni - contenute nell'articolo 8-quinquies del D.L. n. 5/2009 - concernenti la rateizzazione dei debiti relativi alle quote latte nonché la disciplina relativa dilazione del pagamento dei debiti tributari, recata dall'articolo 19 del DPR n. 602/1973.
Il comma 3-ter prevede che i produttori che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, hanno ricevuto la notifica di un atto dell'Agenzia delle entrate-riscossione, possono esercitare la facoltà di richiedere la rateizzazione dei debiti derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte, disciplinata dal nuovo articolo 8-quinquies.1 del D.L. n. 5/2009 (L. n. 33/2009), a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla stessa data.
Il comma 3-quater prevede che l'efficacia della rateizzazione resta subordinata all'assenso della Commissione europea nell'ambito delle procedure di adempimento dello Stato membro alla sentenza 24 gennaio 2018 nella causa C 433/15. L'AGEA comunica con proprio provvedimento l'avvio della decorrenza dei predetti termini.
La citata sentenza della Corte di giustizia ha stabilito che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di una serie di disposizioni relative al prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari. In particolare, la Repubblica italiana ha omesso di garantire che il prelievo supplementare dovuto per la produzione realizzata in Italia in eccesso rispetto al livello della quota nazionale, a partire dalla prima campagna di effettiva imposizione del prelievo supplementare in Italia (1995/1996) e sino all’ultima campagna nella quale in Italia è stata accertata una produzione in eccesso (2008/2009),
– fosse effettivamente addebitato ai singoli produttori che avevano contribuito a ciascun superamento di produzione, nonché
– fosse tempestivamente pagato, previa notifica dell’importo dovuto, dall’acquirente o dal produttore, in caso di vendite dirette, ovvero
– qualora non pagato nei termini previsti, fosse iscritto a ruolo ed eventualmente riscosso coattivamente presso gli stessi acquirenti o produttori.
Articolo 19-bis
(Giovani agricoltori)
L’articolo 19-bis, introdotto al Senato, prevede disposizioni per favorire l’insediamento di giovani in agricoltura, in particolare escludendo il diritto di prelazione in caso di trasferimento a titolo oneroso di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti, a mezzadria, a colonia parziaria, o a compartecipazione, esclusa quella stagionale, quando sui finanziamenti bancari destinati all’acquisto dei terreni per favorire l’insediamento di giovani in agricoltura sia stata rilasciata garanzia dall’ISMEA.
L’articolo in esame, introdotto dal Senato - attraverso una novella al primo comma dell’articolo 14 della legge n. 590/1965 - prevede che il diritto di prelazione previsto dall’articolo 8 della medesima legge non può essere esercitato, tra l’altro, anche quando sui finanziamenti bancari destinati all’acquisto dei terreni per favorire l’insediamento di giovani in agricoltura sia stata rilasciata garanzia dall’ISMEA ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo n. 102/2004.
Si ricorda che l’articolo 8 della L. 590/1965 prevede che in caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti, a mezzadria, a colonia parziaria, o a compartecipazione, esclusa quella stagionale, l'affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante, a parità di condizioni, ha diritto di prelazione purché coltivi il fondo stesso da almeno due anni, non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, salvo il caso di cessione a scopo di ricomposizione fondiaria, ed il fondo per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.
Inoltre, il comma 1, dell’articolo 14 della legge n. 590/1965 prevede che il diritto di prelazione previsto dall'art. 8 non può essere esercitato quando i terreni vengano acquistati dagli Enti ai sensi e per gli scopi previsti dal precedente art. 12, o quando vengano acquistati o venduti dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA).
Sono estinti ad ogni effetto tutti i diritti di uso civico e le servitù civiche che eventualmente gravino sui terreni trasferiti in proprietà agli Enti o alla Cassa per la formazione della proprietà contadina, salvo indennizzo da far valere sul prezzo di acquisto.
Infine, il comma 2, dell’articolo 17, del decreto legislativo n. 102/2004 prevede interventi per favorire la capitalizzazione delle imprese agricole. A tal fine, ISMEA può concedere la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari (iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385) nonché dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca. La garanzia può altresì essere concessa anche a fronte di transazioni commerciali effettuate per le medesime destinazioni.
Articolo 19-ter
(Disposizioni per il sostegno del settore dell'agro-alimentare)
L’articolo 19-ter, introdotto al Senato, attraverso alcune novelle introduce misure per il sostegno del settore agro-alimentare, tra cui:
§ l’estensione della definizione di “deperibili” a prodotti a base di carne con determinate caratteristiche fisico-chimiche;
§ il divieto di pratiche commerciali sleali in materia di termini di pagamento;
§ la previsione di modalità speciali per il reclutamento del personale da assegnare all’assistenza tecnica dei programmi pluriennali cofinanziati con i fondi dell’Unione europea.
Il comma 1 - attraverso l’inserimento di un periodo alla fine del comma 1, lettera m), dell’articolo 2, del decreto legislativo n. 198/2021 – estende la definizione di prodotti agricoli e alimentari deperibili anche a quelli a base di carne che presentino una tra le seguenti caratteristiche fisico-chimiche: aW superiore a 0,95 e pH superiore a 5,2 oppure aW superiore a 0,91 oppure pH uguale o superiore a 4,5.
Si ricorda che il comma 1, lettera m), dell’articolo 2, del decreto legislativo n. 198/2021, definisce prodotti agricoli e alimentari deperibili i prodotti agricoli e alimentari che per loro natura o nella fase della loro trasformazione potrebbero diventare inadatti alla vendita entro 30 giorni dalla raccolta, produzione o trasformazione.
Il comma 2 - attraverso l’inserimento del comma 5-bis all’articolo 4, dello stesso decreto legislativo n. 198/2021 – estende il divieto di pratiche commerciali sleali in materia di termini di pagamento [comma 1, lettera a), numero 1 e lettera b), numero 1] ai seguenti prodotti agricoli e alimentari:
a) preconfezionati che riportano una data di scadenza o un termine minimo di conservazione non superiore ai sessanta giorni;
b) sfusi, anche se posti in involucro protettivo o refrigerati, non sottoposti a trattamenti atti a prolungare la durabilità degli stessi per un periodo superiore a sessanta giorni;
c) prodotti a base di carne che presentino una delle seguenti caratteristiche fisico-chimiche: aW superiore a 0,95 e pH superiore a 5,2 oppure aW superiore a 0,91 oppure pH uguale o superiore a 4,5;
d) tutti i tipi di latte.
Per tutti i prodotti agricoli e alimentari su menzionati, nei contratti di cessione con consegna pattuita su base periodica e su quella non periodica è vietata la pratica di versare il corrispettivo dopo oltre trenta giorni dalla data di consegna oppure dopo oltre trenta giorni dalla data in cui è stabilito l'importo da corrispondere.
Si ricorda che il comma 1, lettera a), punto 1 e lettera b), punto 1), dell’articolo 4, del decreto legislativo n. 198/2021 prevede che nelle relazioni commerciali tra operatori economici, ivi compresi i contratti di cessione, sono vietate le seguenti pratiche commerciali sleali:
a) nei contratti di cessione con consegna pattuita su base periodica:
1) il versamento del corrispettivo, da parte dell'acquirente di prodotti agricoli e alimentari deperibili, dopo oltre trenta giorni dal termine del periodo di consegna convenuto in cui le consegne sono state effettuate, che in ogni caso non può essere superiore a un mese, oppure dopo oltre trenta giorni dalla data in cui è stabilito l'importo da corrispondere per il periodo di consegna in questione, a seconda di quale delle due date sia successiva;
b) nei contratti di cessione con consegna pattuita su base non periodica:
1) il versamento del corrispettivo, da parte dell'acquirente di prodotti agricoli e alimentari deperibili, dopo oltre trenta giorni dalla data di consegna oppure dopo oltre trenta giorni dalla data in cui è stabilito l'importo da corrispondere, a seconda di quale delle due date sia successiva.
Il comma 3 - attraverso l’inserimento di un periodo alla fine del comma 2, dell’articolo 1, del decreto-legge n. 80/2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 113/2021 – prevede che le modalità speciali per il reclutamento del personale e il conferimento di incarichi professionali per l'attuazione del PNRR da parte delle amministrazioni pubbliche si applichino anche ai contratti stipulati dagli enti pubblici economici con il personale da assegnare all’assistenza tecnica dei programmi pluriennali cofinanziati con i fondi dell’Unione europea per un periodo non eccedente la durata di attuazione dei medesimi programmi.
Si ricorda che il comma 2, dell’articolo 1, del decreto-legge n. 80/2021, convertito, con modificazioni, dalla L. 113/2021, prevede che, al fine di accelerare le procedure per il reclutamento del personale a tempo determinato da impiegare per l'attuazione del PNRR, le amministrazioni di cui al comma 1 e i soggetti attuatori di interventi previsti dal medesimo Piano possono ricorrere alle modalità di selezione stabilite dal presente articolo.
A tal fine, i contratti di lavoro a tempo determinato e i contratti di collaborazione di cui al presente articolo possono essere stipulati per un periodo complessivo anche superiore a trentasei mesi, ma non eccedente la durata di attuazione dei progetti di competenza delle singole amministrazioni e comunque non eccedente il 31 dicembre 2026.
Tali contratti indicano, a pena di nullità, il progetto del PNRR al quale è riferita la prestazione lavorativa e possono essere rinnovati o prorogati, anche per una durata diversa da quella iniziale, per non più di una volta.
Il mancato conseguimento dei traguardi e degli obiettivi, intermedi e finali, previsti dal progetto costituisce giusta causa di recesso dell'amministrazione dal contratto ai sensi dell'articolo 2119 del codice civile.
L’articolo 20 è volto ad incrementare di 35 milioni di euro, per l’anno 2022, il Fondo per lo sviluppo ed il sostegno delle filiere agricole della pesca e dell’acquacoltura.
Tale rifinanziamento - come rileva il comma 1 della disposizione in esame - è stato previsto al fine di fronteggiare il peggioramento economico internazionale con innalzamento dei costi di produzione derivante dal conflitto russo-ucraino.
In proposito, si ricorda, che la legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) ha istituito il suddetto Fondo per lo sviluppo ed il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nello stato di previsione del MIPAAF, con una dotazione di 150 milioni di euro per l'anno 2021 (successivamente, l'art. 39, comma 1, del decreto-legge n. 41 del 2021, cosiddetto Sostegni, ha incrementato di 150 milioni di euro tale dotazione per il medesimo anno, portando le risorse complessive del fondo a 300 milioni di euro per il 2021).
L’art. 1, commi 128 e 129 della sopra citata legge di bilancio 2021, prevede che, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di bilancio 2021, con uno o più decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, siano definiti i criteri e le modalità di attuazione del Fondo. Si fa presente, al riguardo, che con decreto ministeriale 6 agosto 2021, recante "Interventi per le filiere zootecniche ai sensi dell'articolo 1, comma 128, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, che istituisce il «Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura»", sono stati assegnati complessivamente 94 milioni di euro delle predette risorse del Fondo, per il 2021, a favore delle filiere suinicola, cunicola, delle carni bovine, ovicaprina, caprina e di allevamento di vacche da latte. Con successivo decreto ministeriale 11 agosto 2021, recante "Criteri e modalità di utilizzazione del Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura", sono stati assegnati complessivamente 20 milioni di euro del predetto Fondo, per il 2021, in favore delle imprese della pesca e dell'acquacoltura. Con decreto direttoriale 30 settembre 2021 è stata data attuazione a quanto previsto dal predetto decreto ministeriale e sono state fornite le modalità ed i termini di presentazione delle domande relativamente ai contributi di competenza del MIPAAF - Direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura. Inoltre, con decreto ministeriale 8 novembre 2021, recante "Contributo straordinario per il rafforzamento patrimoniale delle Organizzazioni dei produttori ortofrutticoli e per favorire il processo di internazionalizzazione", sono stati assegnati (per il 2021) 50 milioni di euro, a titolo di contributo straordinario per il rafforzamento patrimoniale delle organizzazioni dei produttori ortofrutticoli, in possesso del riconoscimento giuridico alla data di emanazione del predetto decreto e 500.000 euro a sostegno del processo di internazionalizzazione delle imprese operanti nel settore ortofrutticolo, prevedendo di utilizzare le restanti risorse per il settore delle filiere agricole, nonché comunque per differenti misure in favore del settore della pesca e acquacoltura, disciplinando le relative procedure di utilizzo con successivi provvedimenti. Inoltre, l'art. 68, comma 2-bis, del decreto-legge n. 73 del 2021 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2021), ha incrementato il suddetto Fondo di 5 milioni di euro per l'anno 2021, al fine di erogare contributi agli allevatori bovini, mentre l'art. 68-quater del medesimo decreto-legge n. 73 del 2021 lo ha ridotto di 10 milioni di euro, sempre per il 2021, a copertura di misure a sostegno del settore della birra artigianale ivi previste. E’ stato poi emanato il decreto ministeriale 23 novembre 2021, recante "Interventi per la filiera olivicola ai sensi dell'articolo 1, comma 128, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 che istituisce il «Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura", che ha destinato 30 milioni di euro degli stanziamenti per il 2021 del predetto Fondo alla filiera olivicola-olearia. Inoltre, il Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura è stato rifinanziato di 80 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2022 e 2023, per mezzo di un rifinanziamento operato dalla sezione II del disegno di legge di bilancio 2022, ai sensi dell'art. 23, comma 3, lettera b) della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009).
Si ricorda, inoltre, che la legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021) ha previsto la destinazione di una somma non inferiore a 30 milioni di euro dello stanziamento per l'anno 2022 del predetto Fondo a misure in favore della filiera delle carni derivanti da polli, tacchini, conigli domestici, lepri e altri animali vivi destinati all'alimentazione umana, nonché delle uova di volatili in guscio, fresche e conservate (art. 1, comma 528).
Il comma 2 della disposizione in esame stabilisce che, agli oneri di cui al comma 1, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole causati da alluvione, gelo-brina e siccità. Tale Fondo è stato istituito dall’art. 1, commi 515-519 della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021) nello stato di previsione del MIPAAF, con una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2022.
Al comma 3 sono enumerate alcune modifiche ordinamentali ai sopra richiamati commi da 515 a 519 della legge di bilancio 2022, che - come evidenziato nella Relazione Tecnica che accompagna il provvedimento in esame - “si sono rese necessarie per rimodulare l’intervento anche alla luce della riduzione dello stanziamento originario che viene utilizzato per la copertura delle proposte di cui al presente decreto-legge”.
Nel dettaglio, alla lettera a), numero 2 - alla stessa lettera a), al numero 1, si dà conto, invece, di una modifica meramente formale - è specificato che la somma residua risultante sul predetto Fondo di cui al comma 515, a seguito delle riduzioni operate dagli articoli 19, comma 3 e dal 20 comma 2, pari a 5 milioni di euro, è destinata alla copertura delle spese amministrative di costituzione e gestione del Fondo medesimo nonché dei costi per le attività di sperimentazione e avviamento. A tali fini, si prevede il trasferimento all’ISMEA della dotazione 2022 del più volte citato Fondo mutualistico nazionale di cui all’art. 1, comma 515.
La lettera b) integra il comma 517 prevedendo il differimento dell’apertura del conto corrente di tesoreria al 1° gennaio 2023 ed individuando, in AGEA, il soggetto preposto al prelievo a carico dei pagamenti della Pac delle quote di partecipazione degli agricoltori nonché alla verifica di eventuali sovracompensazioni con altre misure di gestione del rischio.
La Relazione Tecnica allegata al provvedimento in esame, spiega, in proposito, che il sopra menzionato differimento è motivato dalla circostanza “che le attività del 2022 non prevedono il pagamento di compensazioni agli agricoltori e che i versamenti sul fondo a regime con prelevamenti dal primo pilastro della Politica agricolo comune (Feaga) e dal secondo pilastro (Fears) partiranno dal 2023”. Con riferimento all’affidamento dei predetti compiti ad AGEA, la stessa Relazione rileva che “tra le varie funzioni, l’Agenzia si occupa anche del coordinamento degli organismi pagatori delle misure del primo pilastro Pac; inoltre nell’attuale programmazione, AGEA è stata individuata dal MIPAAF quale organismo intermedio sulla “misura 17-gestione rischio del programma di sviluppo rurale nazionale 2015-2022”, e, pertanto, già svolge attività di verifica mirate ad evitare sovracompensazioni sulla misura gestione dei rischi”.
La lettera c), interviene, infine, sul comma 518 sopprimendo la previsione, per il corrente anno, del versamento delle risorse indicate al comma 515 nel conto corrente di tesoreria, in quanto le medesime risorse come sopra indicato saranno trasferite direttamente ad ISMEA.
Articolo 20-bis
(Proroga dei contributi finanziari in favore delle aziende agricole )
L'articolo 20-bis, inserito dal Senato, proroga fino al 31 dicembre 2022 la possibilità, attualmente prevista per tutta la durata dello stato di emergenza per la pandemia da Covid-19 (il cui termine è attualmente fissato al 31 marzo 2022), per le aziende agricole, di accedere ad aiuti, benefici e contributi finanziari a carico delle risorse pubbliche, rinviando l’adempimento di alcune verifiche relative alla concessione degli stessi, alla fase della corresponsione del saldo. A tal fine, novella l'articolo 78, comma 1-quater, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020).
L’articolo 78 del D.L. n. 18 del 2020 ha introdotto numerose misure in favore del settore agricolo, della pesca e dell'acquacoltura; in particolare, i commi 1-quater e 1-quinquies hanno previsto che le amministrazioni pubbliche possano posticipare al momento del saldo le verifiche richieste per la conformità dei provvedimenti di elargizione dei sussidi alla regolarità europea in materia di aiuti di Stato, alla regolarità contributiva e fiscale e alla conformità alla certificazione antimafia.
Nella formulazione vigente, il comma 1-quater prevede, per tutta la durata dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 (nella versione originaria per l’anno 2020), in relazione alla situazione di crisi determinata dall’emergenza da Covid-19 e al fine di garantire la liquidità delle aziende agricole, la possibilità per le amministrazioni pubbliche di posticipare le verifiche testé richiamate a carico delle aziende agricole alla fase successiva del versamento del saldo.
Articolo 20-ter
(Semplificazioni per le imprese agricole)
L'articolo 20-ter, inserito dal Senato, elimina la previsione relativa alla concessione di mutui a tasso zero a favore delle imprese agricole ubicate nei comuni indicati nell'allegato n. 1 al DPCM del 1° marzo 2020, nonché la disposizione riguardante la concessione, da parte dell'ISMEA, di mutui a tasso zero a favore delle aziende agricole che soddisfano determinate condizioni. Si dispone, conseguentemente, la chiusura delle contabilità speciali n. 6253 e 6254. A tal fine, l'articolo dispone l'abrogazione dell'articolo 78, comma 4-bis, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020) nonché dell'articolo 41, comma 4-bis, del D.L. n. 23/2020 (L. n. 40/2020).
In particolare, secondo quanto stabilito dall'articolo 78, comma 4-bis, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), i mutui hanno durata non superiore a 15 anni, saranno finalizzati all'estinzione dei debiti bancari in essere al 31 gennaio 2020 in capo alle imprese agricole ubicate, appunto, nei comuni individuati nell'allegato n. 1 al DPCM del 1° marzo 2020, che abbiano subito danni diretti o indiretti, al fine di assicurare la ripresa economica e produttiva.
L'art. 1 del DPCM del 1° marzo 2020 ha stabilito le misure di contenimento adottate allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus SARSCOV2-2019/2020, nei comuni indicati nell'allegato 1.
Tale allegato reca l'elenco dei Comuni: 1) nella Regione Lombardia: a) Bertonico; b) Casalpusterlengo; c) Castelgerundo; d) Castiglione D'Adda; e) Codogno; f) Fombio; g) Maleo; h) San Fiorano; i) Somaglia; l) Terranova dei Passerini; 2) nella Regione Veneto: a) Vo'.
Il fondo rotativo di cui al comma 4-ter è istituito, a copertura degli oneri, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole con una dotazione di 10 mln di euro per il 2020. Per la gestione del fondo rotativo il MIPAAF è autorizzato all'apertura di apposita contabilità speciale.
Il comma 4-quater demanda, infine, a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, la definizione dei criteri e delle modalità di concessione dei mutui previsti dal comma 4-bis.
L'articolo 41, comma 4-bis, del D.L. n. 23/2020 (L. n. 40/2020) prevede che l'ISMEA possa concedere mutui a tasso zero a favore delle aziende agricole che:
? intendano ristrutturare i mutui in essere;
? abbiano necessità di coprire le spese di gestione;
? intendano effettuare investimenti nel settore della produzione primaria e della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.
I criteri e le modalità attuative di concessione dei mutui avrebbero dovuto essere definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, adottato d’intesa con la Conferenza Stato- regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.
I mutui sono concessi nel limite massimo di 200.000 euro, per la durata massima di quindici anni, comprensiva del periodo di preammortamento, nel rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato per il settore agricolo e per quello della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.
Costituiscono titoli preferenziali per l'erogazione dei mutui:
? l'avere costituito l'azienda nel biennio 2019-2020;
? la dimensione della superficie utile agricola;
? la produzione di prodotti agroalimentari tipici, sotto qualsiasi forma tutelati.
Per l'attuazione delle disposizioni del presente comma viene prevista l’istituzione di un fondo rotativo con una dotazione finanziaria iniziale pari a 10 milioni di euro per l'anno 2020 allocato nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Per la gestione del fondo rotativo è autorizzata l'apertura di un'apposita contabilità speciale presso la tesoreria dello Stato intestata al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Secondo quanto si evince dalla relazione tecnica allegata all'emendamento 1.9000 (testo corretto), interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, per la gestione del fondo rotativo istituito nello stato di previsione del MIPAAF dal comma 4-ter del medesimo articolo 78, per le finalità di cui al comma 4-bis, è stata aperta la contabilità speciale n. 6253. Con l'abrogazione del comma 4-bis, dell'articolo 78, del D.L. 18/2020, pertanto, si porrebbe un problema di coordinamento normativo con il successivo comma 4-ter.
Inoltre, anche per l'attuazione dell'altra disposizione di cui si prevede l'abrogazione (articolo 41, comma 4-bis, del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23), nello stato di previsione del MIPAAF è stato istituito un fondo rotativo, per la gestione del quale è stata aperta la contabilità speciale n. 6254.
Articolo 21
(Disposizioni in materia di economia circolare)
Nel dettaglio, il comma 1 prevede che, al fine di promuovere la diffusione di pratiche ecologiche nella fase della produzione del biogas, di ridurre i fertilizzanti chimici, di aumentare l’approvvigionamento di materia organica nei suoli e per limitare i costi di produzione, i Piani di utilizzazione agronomica di cui all’art 5 del Decreto Interministeriale n. 5046 del 25 Febbraio 2016 recante "Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue di cui all'art. 112 del Decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, nonché per la produzione e l'utilizzazione agronomica del digestato di cui all'art. 52, comma 2-bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134” prevedono la sostituzione dei fertilizzanti chimici di sintesi con il digestato secondo le modifiche riportate al seguente comma 2.
L’art. 52, comma 2-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 134, statuisce che è considerato “sottoprodotto” ai fini ambientali il digestato ottenuto in impianti aziendali o interaziendali dalla digestione anaerobica, eventualmente associata anche ad altri trattamenti di tipo fisico-meccanico, di effluenti di allevamento o residui di origine vegetale o residui delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall'agro-industria, conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra loro, e utilizzato ai fini agronomici. La stessa disposizione demanda - al secondo periodo - ad un apposito decreto del MIPAAF, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la definizione delle caratteristiche e delle modalità di impiego del digestato equiparabile, per quanto attiene agli effetti fertilizzanti e all'efficienza di uso, ai concimi di origine chimica, nonché le modalità di classificazione delle operazioni di disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura. In attuazione di tale comma è stato quindi emanato il sopra citato Decreto Interministeriale n. 5046 del 2016. Si rileva, in proposito, che il secondo periodo del comma sopra richiamato è integralmente sostituito dalla disposizione in esame secondo le modifiche previste al comma 2 (vedi infra).
Il comma 2 interviene, sul secondo periodo del predetto articolo 52, comma 2-bis prevedendo, in particolare, l’equiparazione del digestato ai fertilizzanti chimici e demandando ad un apposito decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottarsi di concerto con il Ministro della transizione ecologica entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, la definizione delle caratteristiche e delle modalità di impiego dello stesso digestato equiparato.
Come rilevato nella Relazione Tecnica allegata al provvedimento in esame, la disposizione in commento evidenza “la necessità e l’importanza di introdurre norme che disciplinino tali sottoprodotti anche nell’ambito dell’economia circolare, prevedendo la delega al MIPPAF per la stesura di un decreto che normi le caratteristiche di qualità e disciplina dell’utilizzazione agronomica del digestato proveniente da impianti alimentati con biomasse diverse da quelle già individuate ai sensi del decreto ministeriale n. 5046 del 25 febbraio 2016”.
Per un approfondimento in materia di energie derivanti da fonti rinnovabili e di carburanti ottenuti da produzioni vegetali, si veda l’apposita sezione del tema web redatta a cura del Servizio Studi della Camera.
Il comma 3 prevede che in conseguenza di quanto disposto dai commi precedenti sono abrogati la lettera o-bis del comma 1 dell’art. 3 (contenente la definizione di “digestato equiparato”) ed il Capo IV-bis del Titolo IV (relativo all’utilizzazione agronomica del digestato equiparato e, in particolare, alle condizioni di equiparabilità e alle sue modalità di utilizzo) del più volte citato Decreto Interministeriale n. 5046 del 2016, cosi come introdotti dall’art.1, comma 527 della legge 160 del 2019 (legge di bilancio 2020).
Articolo 21-bis
(Applicazione del deflusso ecologico)
L'articolo 21-bis, introdotto dal Senato, reca misure in materia di sperimentazioni sul deflusso ecologico entro il 31 dicembre 2024.
Si stabilisce, al comma 1, che le autorità distrettuali di bacino procedono con il completamento delle sperimentazioni sul deflusso ecologico entro il 31 dicembre 2024, finalizzato all’aggiornamento dei flussi ecologici a valle delle derivazioni nel rispetto degli obiettivi ambientali fissati dal piano di gestione e di quanto disposto dagli strumenti normativi e attuativi vigenti a livello europeo, nazionale e regionale.
Si indica il fine di contribuire a soddisfare il fabbisogno nazionale di prodotti agricoli nonché di consentire di riesaminare e adattare gli strumenti attuativi finora vigenti per garantire la gestione integrata quali quantitativa e la razionale utilizzazione delle risorse idriche alla luce delle emergenze ambientali dovute agli effetti dei cambiamenti climatici in atto, assicurando al contempo la tutela degli equilibri naturali e la continuità dei servizi ecosistemici offerti da un sistema fluviale sano e resiliente ai territori e alle produzioni agroalimentari italiane.
La Direttiva Europea 2000/60/CE, c.d. Direttiva Quadro Acque (DQA) ha come obiettivo fondamentale il raggiungimento dello stato di qualità buono in tutti i corpi idrici di ciascun stato membro.
Il c.d. flusso ecologico risulta specificamente previsto dal Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee COM(2012)673.
Nel 2015 la Commissione europea ha pubblicato, nell'ambito della relativa strategia di attuazione, delle linee guida nelle quali raccomanda sostanzialmente agli Stati membri la progressiva implementazione delle linee guida, segnalando che è da attendersi che gli Stati Membri prendano in considerazione le linee guida prima dell’adozione dei Piani di gestione delle acque, e pianifichino l’implementazione delle misure, prevedendo un completo recepimento delle raccomandazioni nell’ambito del terzo ciclo di pianificazione (2021- 2027).
Il Deflusso Ecologico (DE) è definito come il volume d’acqua utile affinché l’ecosistema acquatico continui a prosperare e a fornire i servizi necessari. Il deflusso ecologico prevede che in ogni sezione di un corso d’acqua naturale la portata che transita abbia caratteristiche di naturalità, mantenendo valori non inferiori a quanto il fiume necessita per assicurare buone caratteristiche ecologiche.
Il DE subentra, in tale quadro, al deflusso minimo vitale (DMV), ovvero la portata residua in grado di permettere a lungo termine la salvaguardia della struttura naturale del corso d’acqua ed assicurare un equilibrato utilizzo della risorsa idrica, salvaguardando le esigenze di soddisfacimento dei diversi fabbisogni sotto il profilo qualitativo e quantitativo. I valori ipotizzati per il DE nella Direttiva Deflussi Ecologici sono pari a 2-3 volte quello del DMV: se la portata che deve rimanere nel fiume aumenta, progressivamente non possono che diminuire i prelievi artificiali per altri usi come quello irriguo o idroelettrico o, più in generale, quelli che soddisfano i fabbisogni del territorio circostante al fiume.
Si è prevista la possibilità di adottare un processo graduale di transizione dalla disciplina previgente (DMV) ai valori di DE, che comunque dovrà chiudersi entro il 31 dicembre 2025.
La Commissione agricoltura e produzione agroalimentare del Senato lo scorso 6 aprile ha approvato la risoluzione XXIV n. 64 a conclusione dell'affare assegnato n. 886 sulle problematiche relative al deflusso minimo vitale dei fiumi e dei torrenti, nell'ambito del quale si è svolto un ciclo di audizioni. La risoluzione è stata poi sottoposta all'Assemblea del Senato che l'ha approvata il 26 aprile scorso assieme a due ordini del giorno.
Dalle audizioni svolte è emerso come il passaggio verso la nuova metodologia di calcolo comporterà un rilevante impatto sulle derivazioni che potranno subire delle rilevanti restrizioni tali da comportare un possibile mancato soddisfacimento dei fabbisogni irrigui dell’intero territorio, con inevitabili ricadute non solo in ambito agricolo ma anche sul comparto industriale e dell’artigianato. La Commissione agricoltura ha peraltro potuto constatare come il passaggio dal deflusso minimo vitale al deflusso ecologico stia avvenendo in un contesto particolarmente sfavorevole, considerate in particolare le emergenze ambientali dell’ultimo ventennio, legate agli effetti dei cambiamenti climatici in atto. Nel corso dell’esame è emersa pertanto l’urgenza di riesaminare e adattare gli strumenti attuativi finora vigenti al fine di una razionale utilizzazione delle risorse idriche. È risultata altresì evidente l’opportunità di procedere ad un attento monitoraggio della gestione delle risorse idriche e ad un’attività di raccolta dati, ritenendo inoltre utile, in un quadro di bassa prevedibilità e in continua evoluzione, svolgere le necessarie sperimentazioni. A conclusione dell’esame di questa complessa problematica la Commissione agricoltura segnala la necessità di agire urgentemente in diversi ambiti.
La risoluzione, impegna quindi il Governo, tra le altre cose: ad avviare le procedure necessarie a garantire il proseguimento delle sperimentazioni, posticipando i termini temporali di adeguamento dei rilasci d’acqua dalle derivazioni esistenti, per un periodo non inferiore a due anni; a sostenere ed intensificare, anche attraverso la previsione di adeguate risorse finanziarie, la sperimentazione del nuovo regime di gestione della risorsa idrica; a concedere su scala nazionale un congruo periodo di tempo per lo svolgimento in parallelo dei necessari studi socioeconomici per dare seguito all’applicazione del deflusso ecologico come componente del piano di bacino; ad assicurare che la transizione dal deflusso minimo vitale al deflusso ecologico sia accompagnata da una valutazione esatta di una serie di dati, quali ad esempio le portate in alveo e gli impatti sugli ecosistemi che si intendono proteggere o restaurare; a reperire le opportune risorse finanziarie a supporto dell’attività di studio e di analisi necessaria al compimento della transizione; ad adottare una strategia per una regolamentazione dei consumi idrici.
In base al comma 2, le Autorità distrettuali di bacino procedono al monitoraggio e alla raccolta dati nonché alle sperimentazioni, nell'ottica dell'ottimizzazione della gestione idrica nel rispetto della tutela ambientale, delle esigenze d'uso, delle opportunità fruitive e delle valenze locali del territorio in considerazione degli effetti positivi degli interventi volti al risparmio idrico, realizzati mediante riduzione delle perdite e l'adozione di strumenti di contabilizzazione dei consumi, nonché dell'implementazione della capacità di invaso dei bacini idrici esistenti e di nuova realizzazione.
Il comma 3 stabilisce la clausola di invarianza finanziaria.
Più nel dettaglio, il concetto di Deflusso Ecologico rappresenta un’evoluzione di quello di Deflusso Minimo Vitale: con esso si passa dal garantire una portata istantanea minima al garantire un regime idrologico per il raggiungimento degli obiettivi ambientali indicati dalla Direttiva Comunitaria Quadro in materia di Acque n. 2000/60/CE.
Si rammenta che sulla citata Direttiva Comunitaria Quadro in materia di Acque vi sono state delle procedure c.d. EU pilot del 2015 (casi EU PILOT 6011/14/ENVI e 7304/15/ENVI) al momento archiviate.
Si ricorda che il Deflusso Minimo Vitale è stato introdotto per garantire una portata istantanea minima, a valle delle opere di derivazione e/o captazione, in modo da salvaguardare le caratteristiche dei corpi idrici.
L’attuazione del Deflusso Ecologico avviene principalmente attraverso l’applicazione di “fattori correttivi” al DMV, che costituiscono la “componente ambientale” del DE, in base al Programma di Tutela e Uso delle Acque in relazione ai diversi territori.
Si fa riferimento a delle formule per il calcolo del Deflusso Ecologico; essa consente di calcolare la portata da rilasciare come Deflusso Ecologico in un corpo idrico in funzione di una componente idrologica e di una componente ambientale, quest’ultima definita dal prodotto di una serie di fattori correttivi. Nel quadriennio 2018-2021, il metodo di calcolo poteva essere ulteriormente affinato attraverso la cosiddetta “fase di verifica e sperimentazione”, anche allo scopo di tener conto di situazioni sito-specifiche non individuabili alla scala di area vasta.
Si ricorda altresì che la Strategia sulla Biodiversità prevede che le autorità degli Stati membri dovrebbero riesaminare i permessi di estrazione e arginamento delle acque per ristabilire i flussi ecologici in modo da raggiungere entro il 2027 un buono stato o un buon potenziale ecologico di tutte le acque superficiali e un buono stato di tutte le acque sotterranee, come previsto dalla direttiva quadro Acque. A tal fine, entro il 2023 la Commissione fornirà agli Stati membri supporto tecnico per le loro misure.
Le Autorità di Bacino distrettuali adottano in tal senso direttive sui Deflussi Ecologici nei distretti di riferimento in aderenza alle indicazioni comunitarie circa la definizione di “deflusso ecologico” quale regime idrologico che, in un tratto idraulicamente omogeneo di un corso d’acqua, appartenente ad un corpo idrico definito nel Piano di Gestione del distretto idrografico, è conforme con il raggiungimento degli obiettivi ambientali definiti ai sensi della citata Direttiva Comunitaria Quadro in materia di Acque n. 2000/60/CE.
Si ricorda che in base all'art. 95 del c.d. Codice ambiente, in materia di pianificazione del bilancio idrico, la tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito dalle Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative. Il comma 3 di tale disposizione stabilisce che entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del Codice ambiente, le regioni definiscono, sulla base delle linee guida adottate dal Ministro dell'ambiente con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché sulla base dei criteri già adottati dalle Autorità di bacino, gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione, nonché gli obblighi e le modalità di trasmissione dei risultati delle misurazioni dell'Autorità concedente per il loro successivo inoltro alla regione ed alle Autorità di bacino competenti. Le Autorità di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio possesso al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 6.
In base al comma 4, salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono regolate dall'Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal Ministro dell'ambiente (ora MITE) con apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.
In Italia, con Decreto Direttoriale n. 30/STA del 13 febbraio 2017 sono state adottate “Linee guida per l’aggiornamento dei metodi di determinazione del deflusso minimo vitale al fine di garantire il mantenimento, nei corsi d’acqua, del deflusso ecologico a sostegno del raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti ai sensi delle Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000”, dal Ministero dell’Ambiente (ora MITE) per fornire indirizzi omogenei su scala nazionale ed evitare una procedura di infrazione europea. Nel maggio 2017 il Ministero ha istituito presso l'ISPRA un Tavolo tecnico sui deflussi nonché previsto, all'articolo 4 la relativa fase di sperimentazione: per approfondimenti tecnici, si veda qui.
Articolo 22
(Credito d'imposta per l’IMU in favore del comparto del turismo)
L’articolo 22 concede un contributo, sotto forma di credito d'imposta, alle imprese turistico ricettive, pari al 50 per cento dell'importo dell’Imposta municipale propria - IMU versato a titolo di seconda rata per l'anno 2021, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate e che i soggetti indicati abbiano subìto una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi, nel secondo trimestre 2021, di almeno il 50 per cento rispetto al corrispondente periodo dell'anno 2019.
Il comma 1 concede un contributo, sotto forma di credito d'imposta, alle imprese turistico ricettive pari al 50 per cento dell'importo dell’Imposta municipale propria - IMU versato a titolo di seconda rata per l'anno 2021.
Il contributo viene attribuito in considerazione del perdurare degli effetti connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19 e della conseguente situazione di tensione finanziaria degli operatori economici del settore, con gravi ricadute occupazionali e sociali.
Ai sensi del comma 2, l’agevolazione spetta alle imprese turistico-ricettive, comprese:
- le imprese che esercitano attività agrituristica (come definita dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96, e dalle pertinenti norme regionali);
- le imprese che gestiscono strutture ricettive all'aria aperta;
- le imprese del comparto fieristico e congressuale, i complessi termali e i parchi tematici, inclusi i parchi acquatici e faunistici.
Esso spetta in misura corrispondente al 50 per cento per cento dell'importo versato a titolo di seconda rata dell'anno 2021 dell'imposta municipale propria (IMU) per gli immobili rientranti nella categoria catastale D/2 presso i quali è gestita la relativa attività ricettiva, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate, e che i soggetti indicati abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel secondo trimestre 2021 di almeno il 50 per cento rispetto al corrispondente periodo dell'anno 2019.
Ai sensi del comma 3, il credito d'imposta:
§ è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, n. 241; non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007, e di cui all'articolo 34 della legge n. 388 del 2000. Al riguardo, si ricorda che l’articolo 22 del decreto legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) aveva modificato per l'anno 2021 il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili per soggetti intestatari di conto fiscale individuato dal menzionato articolo 34, elevandolo a 2 milioni di euro. Tale limite è stato reso strutturale dalla legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, comma 72 della legge n. 234 del 2021) a decorrere dal 2022. Resta fermo il limite di compensazione annuale per le agevolazioni alle imprese, di cui alla già menzionata legge n. 244 del 2007, pari a 250.000 euro.
§ non concorre alla formazione del reddito d'impresa né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);
§ non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR), né rispetto ai criteri di inerenza delle altre spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR.
I commi 4 e 5 condizionano l'applicazione della misura di sostegno al rispetto delle normativa europea in materia di aiuti di Stato (articolo 108, par. 3 TFUE) e, in particolare, dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final «?Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del Covid-19?», mantenendo comunque immutato l'ambito oggettivo indicato dal Ministero proponente.
Gli operatori economici devono presentare apposita autodichiarazione all'Agenzia delle entrate attestante il possesso dei requisiti e il rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalle Sezioni 3.1 «Aiuti di importo limitato» e 3.12 «Aiuti sotto forma di sostegno a costi fissi non coperti?» della predetta Comunicazione.
La determinazione delle modalità, dei termini di presentazione e del contenuto delle autodichiarazioni viene affidata a un successivo un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.
Il comma 6 quantifica gli oneri derivanti dall'applicazione della norma in 15,6 milioni di euro per l'anno 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo unico nazionale turismo di parte corrente di cui all'articolo 1, comma 366, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022).
Si ricorda in questa sede che negli ultimi anni numerosi provvedimenti hanno disposto specifiche agevolazioni IMU in relazione all’emergenza pandemica, di seguito sinteticamente elencati.
La prima rata IMU 2020 è stata abolita per alcune attività produttive particolarmente colpite dalla pandemia. Sono stati esentati, tra l’altro, gli stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali e gli stabilimenti termali, così come gli agriturismi, i villaggi turistici, gli ostelli della gioventù e i campeggi, a condizione che i proprietari siano anche gestori delle attività. L'agevolazione è stata disposta anche per gli immobili in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimenti di strutture espositive nell'ambito di eventi fieristici o manifestazioni (articolo 177 del D.L. n. 34 del 2020).
La seconda rata IMU 2020 è stata abolita: per le categorie immobiliari interessate dall’abolizione della prima rata, ivi comprese le pertinenze delle strutture ricettive (categoria D/2); per gli immobili destinati a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli, discoteche, sale da ballo, night-club e simili (articolo 78 del D.L. n. 104/2020); per gli immobili in cui si svolgono le attività imprenditoriali interessate dalla sospensione delle attività economiche disposta in ragione dell'aggravarsi dell'emergenza sanitaria, e cioè dei settori della ricettività alberghiera, della ristorazione e della somministrazione di cibi e bevande, del turismo, dello sport e dello spettacolo, della cultura e dell'organizzazione di fiere e altri eventi; tale abolizione è estesa alla vendita al dettaglio e servizi alla persona nei comuni delle aree con scenario di massima gravità e livello di rischio alto (art. 9, 9-bis e 9-ter del D.L. n. 137/2020);
La prima rata dell’IMU 2021 è stata abolita: per le attività produttive particolarmente colpite dalla pandemia, in analogia a quanto disposto per la prima rata 2020 (commi 599-600 della legge n. 178 del 2020); per i soggetti destinatari del contributo a fondo perduto disposto dal D.L. n. 41 del 2021, ovvero i soggetti passivi titolari di partita IVA che svolgono attività d'impresa, arte o professione o producono reddito agrario, con alcune eccezioni e a specifiche condizioni, in termini di limiti di reddito, ricavi o compensi, valevoli per accedere al contributo (art. 6-sexies, D.L. n. 41/2021).
L’intera IMU 2021 non è dovuta per gli immobili a uso abitativo, posseduti da persone fisiche e concessi in locazione, per cui sia stata emessa una convalida di sfratto per morosità entro il 28 febbraio 2020, la cui esecuzione è sospesa fino al 30 giugno 2021. La medesima esenzione per il 2021 si applica nel caso in cui la convalida di sfratto sia stata emessa dopo il 28 febbraio 2020 e l’esecuzione sia sospesa fino al 30 settembre 2021 o fino al 31 dicembre 2021. I soggetti destinatari dell’agevolazione hanno diritto al rimborso della prima rata pagata per il 2021 (articolo 4-ter del D.L. n. 73 del 2021).
L’IMU dovuta per gli anni 2021 e 2022 è stata abolita per gli immobili destinati a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli (articolo 78 del D.L. n. 104 del 2020).
Si ricorda infine che l’articolo 22-bis del decreto-legge Sostegni-ter (n. 4 del 2022) proroga fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati interessati e comunque non oltre il 31 dicembre 2022 il termine per l'esenzione dall'applicazione dell'IMU nei territori dei comuni delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto colpiti dal sisma del 2012.
Articolo 22-bis
(Misure di sostegno per il comparto teatrale)
L’articolo 22-bis, introdotto al Senato, prevede per i soggetti che gestiscono determinate strutture artistiche una sospensione dei termini di alcuni versamenti dovuti.
In particolare, il comma 1 della disposizione, stabilisce la sospensione per i soggetti che gestiscono teatri, sale da concerto e altre strutture artistiche (codici Ateco 90.04.00), aventi il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato, dei termini:
§ relativi ai versamenti delle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e su quelli assimilati a quelli di lavoro dipendente (di cui rispettivamente agli articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) e delle trattenute relative all'addizionale regionale e comunale, che i predetti soggetti operano in qualità di sostituti d'imposta, nei mesi di aprile, maggio e giugno 2022 (lettera a));
§ dei versamenti relativi all'imposta sul valore aggiunto in scadenza nel mese di aprile, maggio e giugno 2022 (lettera b)).
Il comma 2 precisa conseguentemente che i versamenti sospesi ai sensi del comma 1 sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un'unica soluzione entro il 16 novembre 2022.
Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.
Articolo 22-ter
(Contributo straordinario all'ENIT)
L'articolo 22-ter, inserito dal Senato, concede all'ENIT - Agenzia nazionale del turismo un contributo straordinario, per il 2022, di 15 milioni di euro (comma 1). Il comma 2 dispone in relazione agli oneri, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell'ambito del Programma Fondi di riserva e speciali della missione ''Fondi da ripartire'' dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2022, allo scopo utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del Turismo.
Il D.L. n 77/2021 (L. n 108/2021), all’articolo 8, comma 6-ter, ha autorizzato l'ENIT-Agenzia nazionale del turismo, in aggiunta alla dotazione organica prevista dalla legislazione vigente e a valere sulle risorse finanziarie iscritte nel bilancio di previsione per l'anno 2021, ad assumere, entro l'anno 2021, facendo ricorso a procedure concorsuali da effettuare nel rispetto dei princìpi generali per l'accesso all'impiego nelle pubbliche amministrazioni di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, un contingente fino a 120 unità di personale non dirigenziale, di cui 70 appartenenti al livello secondo e 50 appartenenti al livello terzo del contratto collettivo nazionale del lavoro per i dipendenti del settore turismo - aziende alberghiere. Le facoltà assunzionali sono state conferite per garantire il conseguimento degli obiettivi e degli interventi di competenza del Ministero del turismo previsti nel PNRR, con particolare riguardo a quelle strettamente connesse al coordinamento delle attività di gestione nonché al loro monitoraggio, rendicontazione e controllo, essenziali per l'efficace realizzazione delle misure di sostegno e incentivazione del settore del turismo.
Secondo quanto si evince dalla Determinazione 25 novembre 2021, n.125 della Corte dei conti (Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’ENIT - Agenzia nazionale del turismo 2019), pp. 5-6, tale norma comporta l’impiego di rilevanti risorse provenienti dal bilancio dell’ENIT per un importo, nel triennio 2021/2023, prossimo ai 15 milioni per finalità del Ministero del turismo connesse al PNRR. Ciò potrebbe condizionare, per il periodo in questione, lo svolgimento della missione istituzionale assegnata all’Agenzia, anche incidendo in modo rilevante sulle finalità di promozione del settore, sia all’interno del Paese che all’estero e potrebbe rendere più difficile la realizzazione degli obiettivi indicati nel piano triennale, approvato dal Ministero vigilante, in un momento nel quale, la valorizzazione e promozione del turismo sono le finalità per le quali il legislatore ha, con la legge n. 55 del 2021, disposto una così ampia trasformazione delle competenze nel settore.
In tal senso si pone anche il protocollo d’intesa, recentemente sottoscritto fra il Ministero del turismo ed ENIT (1° settembre 2021), nel quale è espressamente indicato che le 120 unità di personale da assumere, sono destinate alle attività istituzionali ed indifferibili di competenza del Ministero del turismo e che l’utilizzo del medesimo resta disciplinato esclusivamente dal Ministero del turismo. La formula individuata non fornisce un quadro chiaro e trasparente delle competenze, e può creare difficoltà gestionali in un momento nel quale proprio nel settore turistico, al fine di superare le gravi difficoltà connesse con la pandemia da Covid-19, mentre sarebbe necessario azionare, tutte le iniziative necessarie per il più ampio rilancio dell’Italia e dei suoi valori, puntando anche sulle consolidate esperienze professionali che negli anni l’Ente ha acquisito (è nato nel 1919). Inoltre, l’art 8, comma 6 ter, nell’assegnare il compito di reclutare le 120 unità di personale per gli obiettivi di competenza del Ministero del turismo, distoglie, nell’immediato, risorse umane ed organizzative alle finalità proprie dell’Ente, quali quelle individuate ed oggetto del Piano triennale approvato ed in corso di realizzazione. Trattandosi di un ente pubblico è importante definire soluzioni organizzative chiare e trasparenti che consentano di avere una visione adeguata delle finalità che si intende realizzare con le risorse pubbliche impiegate.
L’articolo 22-quater, introdotto dal Senato, reca la proroga, fino al 30 settembre 2022:
§ delle procedure semplificate, in via telematica, per la presentazione di domande di nuove concessioni per l’occupazione di suolo pubblico ovvero di ampliamento delle superfici già concesse;
§ delle disposizioni che prevedono, al solo fine di assicurare il rispetto delle misure di distanziamento a seguito dell'emergenza da COVID-19, che la posa di strutture amovibili in spazi aperti, a determinate condizioni, non sia soggetta a talune autorizzazioni e a termini per la loro rimozione, previsti a legislazione vigente.
Il comma 1 stabilisce che, a far data dal lº luglio 2022 e fino al 30 settembre 2022, le domande di nuove concessioni per l’occupazione di suolo pubblico, ovvero di ampliamento delle superfici già concesse, sono presentate in via telematica, con allegata la sola planimetria. Ciò è posto in deroga alla disciplina sullo Sportello unico delle attività produttive (SUAP) di cui al D.P.R. n. 160 del 2010, il quale reca puntuali prescrizioni in merito alla presentazione in via telematica delle domande indirizzate al SUAP medesimo.
Il comma 2 consente, sempre a far data dal lº luglio 2022 e fino al 30 settembre 2022, agli esercizi di ristorazione e di somministrazione di bevande e alimenti, di effettuare la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico, di dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, al solo fine di favorire il rispetto delle disposizioni sul distanziamento. Tali elementi devono comunque essere funzionali alle attività (ristorazione, somministrazione di alimenti e bevande e simili) previste dall'articolo 5 della legge n. 287 del 1991.
Si tratta delle seguenti tipologie di esercizi:
a) esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);
b) esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);
c) esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;
d) esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.
La posa di tali opere amovibili non è subordinata alle autorizzazioni di cui agli articoli 21 e 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 ("Codice dei beni culturali e del paesaggio").
L'articolo 21 del Codice citato disciplina le autorizzazioni necessarie alla realizzazione di interventi su beni culturali ivi elencati. Tenuto conto della disposizione in esame, sembra pertinente la disposizione di cui al comma 4 secondo la quale "l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente" in relazione alla collocazione di opere amovibili in spazi di interesse culturale.
L’articolo 146 del Codice riguarda l'autorizzazione paesaggistica e prevede un regime ordinario e un regime semplificato per interventi di lieve entità. Tale autorizzazione costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio (articolo 146, comma 4).
Si prevede, inoltre, che alla posa in opera delle strutture amovibili in oggetto non si applichi il limite temporale di novanta giorni per la loro rimozione (di cui all’articolo 6 co. 1, lettera e-bis), del D.P.R n. 380 del 2001, recante il testo unico in materia edilizia). In base a tale disposizione (fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel citato codice dei beni culturali e del paesaggio) rientrano tra gli interventi eseguibili, senza alcun titolo abilitativo, le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all'amministrazione comunale.
Le misure di semplificazione in esame erano state dettate dall'art. 9-ter, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 137 del 2020, come convertito dalla legge n. 176 del 2020, fino al 31 dicembre 2021. La legge di bilancio per il 2022 (legge n. 234 del 2021), art. 1, comma 706, ha poi ulteriormente prorogato le medesime misure fino al 31 marzo 2022.
È infine intervenuto l’articolo 3-quinquies, del decreto-legge n. 228 del 2021 (come convertito dalla legge n. 15 del 2022), il quale ha disposto l’ulteriore proroga, sino al 30 giugno 2022 delle disposizioni contenute nei medesimi commi 4 e 5 dell’articolo 9-ter del D.L. n. 137/2020.
Articolo 23
(Revisione prezzi)
L’articolo 23 interviene con alcune disposizioni volte a mitigare gli effetti economici derivanti dagli aumenti eccezionali dei prezzi di alcuni materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici.
L'articolo in esame, in particolare, integra quanto già a suo tempo previsto dall'articolo 1-septies, comma 8 del decreto-legge n. 73 del 2021.
A tale riguardo è utile ripercorrere quanto era stato previsto, nel suo complesso, dall'articolo 1-septies, del decreto-legge n. 73 del 2021.
In particolare, il comma 1 aveva previsto il rinvio ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili l'individuazione, dei materiali da costruzione più significati che abbiano registrato, nel primo semestre del 2021, un aumento o una diminuzione dei prezzi superiore all'8 per cento.
Il comma 2 stabiliva che le eventuali variazioni di prezzi, in aumento o in diminuzione, dei materiali individuati nel suddetto decreto ministeriale, diano luogo alle relative compensazioni, anche in deroga a quanto previsto dal codice degli appalti.
Il comma 3 precisava che la compensazione viene determinata, con riguardo ai singoli materiali che siano stati utilizzati nelle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori nel primo semestre del 2021.
Lo stesso comma prevedeva che le compensazioni avvengano per gli aumenti dei materiali, individuati nel decreto ministeriale di cui al comma 1, eccedenti l'8 per cento, qualora riferite a lavorazioni effettuate esclusivamente nell'anno 2021, ed eccedenti il 10 per cento complessivo, qualora riferite a più anni.
La variazione andrà calcolata prendendo come riferimento la data dell'offerta.
Nel corso dell'esame presso il Senato, è stato inserito un ulteriore comma 3-bis con cui si introduce una norma di interpretazione autentica in base alla quale gli articoli 1-septies del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106 e 29 del decreto- legge 27 febbraio 2022, n. 4 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 256 e 25 del decreto-legge 1º marzo 2022, n. 17 si interpretano nel senso che le disposizioni ivi contenute per gli appaltatori si applicano, alle medesime condizioni, anche ai contraenti generali, anche in deroga a quanto previsto dai contratti o convenzioni.
Il comma 4 stabiliva che la richiesta di compensazione per le variazioni in aumento debbano essere presentate dall'appaltatore alla stazione appaltante entro quindici giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di cui al comma 1.
Per quanto concerne, invece, le variazioni in diminuzione, sarà la stazione appaltante a procedere d'ufficio con l'avvio dell'accertamento e del relativo recupero a cura del responsabile del procedimento.
Il comma 5 precisava che per tutte le lavorazioni eseguite e contabilizzate negli anni precedenti il 2021 si dovrà prendere a riferimento la normativa relativa alle variazioni dei precedenti decreti ministeriali adottati in attuazione al codice degli appalti.
Il comma 6 stabiliva che le stazioni appaltanti provvedono alle compensazioni nei limiti del 50 per cento delle risorse appositamente accantonate per gli imprevisti nel quadro economico di ogni intervento.
Le stazioni appaltanti possono altresì utilizzare:
- somme derivanti da ribassi d'asta;
- somme disponibili relative ad altri interventi già ultimati e per i quali siano già stati effettuati i relativi collaudi ed emanati i certificati di regolare esecuzione.
Il comma 7 prevedeva che, qualora i soggetti tenuti all'applicazione del codice degli appalti, non abbiano sufficienti risorse, tra quelle individuate dal comma 6 dell'articolo in questione, per procedere con il saldo delle compensazioni, possano reperire le relative risorse finanziarie presso un apposito Fondo disciplinato dal successivo comma 8.
Il comma 8, come accennato in precedenza, istituiva un Fondo per l'adeguamento dei prezzi con una dotazione, per l'anno 2021, di 100 milioni di euro.
Il comma in questione rinviava ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili l'individuazione delle modalità di utilizzo del suddetto Fondo in modo da garantire la parità di accesso per le piccole, medie e grandi imprese di costruzione, nonché la proporzionalità, per gli aventi diritto, nell'assegnazione delle risorse.
Per quanto riguarda, quindi, quanto previsto dall'articolo 23 del decreto-legge in esame, l'articolo in questione, al comma 1, prevede che il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, in relazione alle domande di accesso al Fondo per l’adeguamento dei prezzi di cui al richiamato articolo 1-septies, comma 8, del decreto-legge n. 73 del 2021 può riconoscere, nel limite complessivo del 50 percento delle risorse del medesimo Fondo un’anticipazione pari al 50 per cento dell’importo richiesto dall'impresa interessata.
Ad esito dell’attività istruttoria, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili può disporre la ripetizione totale o parziale dell’importo erogato a titolo di anticipazione, che è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnato al Fondo stesso.
Il comma 2, inoltre, al fine di fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi di alcuni materiali da costruzione incrementa, per un importo pari a 200 milioni di euro per l'anno 2022, il Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 76 del 2020 e prevede altresì un incremento di ulteriori 120 milioni di euro per l'anno 2022 del richiamato Fondo di cui all’articolo 1 -septies, comma 8, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73.
Il comma 3, infine, stabilisce la copertura finanziaria degli oneri previsti dai precedenti commi.
L’articolo 23-bis - inserito dal Senato - modifica la disciplina che subordina per i lavori edili, rientranti nell'allegato X del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni[98], aventi importo complessivo superiore a 70.000 euro e avviati successivamente al 27 maggio 2022[99], il riconoscimento di alcuni benefici alla condizione dell'indicazione, nell’atto di affidamento dei lavori, dell'esecuzione di questi ultimi da parte di datori di lavoro che applicano i contratti collettivi di lavoro del settore edile, nazionale e territoriali, stipulati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. La novella di cui al presente articolo 23-bis specifica che la condizione è rispettata anche qualora i datori in esame applichino, per lavori diversi da quelli edili di cui al citato allegato X, altri contratti collettivi, non rientranti nella suddetta definizione.
Si ricorda che la disciplina oggetto della presente novella è stata posta dall'articolo 1, comma 43-bis, della L. 30 dicembre 2021, n. 234 - comma introdotto dall'articolo 28-quater, comma 1, del D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2022, n. 25 - al fine "di assicurare una formazione adeguata in materia di salute e sicurezza, nonché di incrementare i livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro".
Le misure di beneficio oggetto della condizione in esame sono le seguenti:
- il cosiddetto superbonus del 110 per cento[100], costituito da una detrazione dall'imposta sui redditi, pari alla suddetta misura percentuale ed applicata con riferimento ad alcune tipologie di spese (documentate e a carico del medesimo contribuente);
- la detrazione dall'imposta sui redditi per gli interventi intesi al superamento e all'eliminazione di barriere architettoniche[101];
- il credito di imposta cosiddetto per la sanificazione degli ambienti di lavoro. Tuttavia, tale misura (di cui all'articolo 120 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, e successive modificazioni) non è più operante;
- uno "sconto" sulla misura del corrispettivo che il committente deve corrispondere al soggetto che abbia eseguito i lavori (al quale viene riconosciuto, come compensazione, un credito d'imposta) o la cessione di un credito d'imposta dal committente dei lavori a soggetti terzi; questi due benefici sono previsti[102] - per determinati lavori -, in alternativa tra di essi, come possibile alternativa alla detrazione dall'imposta sui redditi, spettante al committente per i medesimi lavori, mentre il suddetto beneficio della detrazione non viene assoggettato alla condizione di cui al suddetto comma 43-bis;
- la detrazione dall'imposta sui redditi per l'acquisto, in connessione con interventi di ristrutturazione edile, di mobili e di alcuni elettrodomestici[103];
- la detrazione dall'imposta sui redditi per interventi di "sistemazione a verde" o di realizzazione di "coperture a verde" o di giardini pensili[104];
- la detrazione dall'imposta sui redditi per interventi, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, intesi al recupero o restauro della facciata esterna di alcuni edifici[105].
Il medesimo comma 43-bis richiede altresì che:
- il contratto collettivo di lavoro applicato, indicato nell’atto di affidamento dei lavori, sia riportato nelle fatture emesse in relazione all’esecuzione dei lavori in oggetto;
- i professionisti, o i responsabili dell'assistenza fiscale dei CAF[106], ai fini del rilascio, ove previsto, del visto di conformità[107] dei dati delle dichiarazioni alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile, verifichino anche che il contratto collettivo di lavoro applicato sia indicato nell’atto di affidamento dei lavori e sia riportato nelle suddette fatture.
L’Agenzia delle entrate, per la verifica dell’indicazione del contratto collettivo applicato negli atti di affidamento dei lavori e nelle fatture, può avvalersi dell’Ispettorato nazionale del lavoro, dell’INPS e delle casse edili[108].
Le amministrazioni e gli enti pubblici provvedono alle attività di verifica di cui al citato comma 43-bis con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del D.L. 25 febbraio 2022, n. 13 - D.L. il cui articolo 4 è stato poi trasposto nel citato articolo 28-quater, comma 1, del D.L. n. 4 del 2022[109] - osserva che l'intervento di cui al citato comma 43-bis, inteso ad elevare i livelli di sicurezza sul lavoro nel settore edile, è dovuto anche alla considerazione del sensibile aumento sia dei lavori avviati sia del numero delle imprese operanti. Secondo la stessa relazione, l'applicazione dei contratti collettivi di lavoro stipulati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale rappresenta una condizione efficace per la suddetta finalità, in quanto tali contratti assicurano ai lavoratori un robusto apparato di tutele in materia di salute e sicurezza (più elevate tutele di prevenzione con l'istituzione del libretto sanitario del lavoratore, formazione in materia di salute e sicurezza rafforzata sia come numero di ore sia come cadenza periodica, più ampi compiti collaborativi nella progettazione e monitoraggio del sistema di prevenzione del rischio, un maggior numero di ore di formazione per i lavoratori).
Gli articoli da 24 a 28 (Titolo IV, Capo I) del decreto in esame recano modifiche alla disciplina dei poteri speciali del governo esercitabili dal Governo (cosiddetti golden power) per salvaguardare gli assetti proprietari e la gestione delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale.
L'articolo 24 prevede la ridefinizione dei poteri speciali in materia di difesa e sicurezza nazionale. In primo luogo, viene precisata la portata generale del potere di veto, specificando che lo stesso può essere esercitato con riferimento a tutte le delibere, atti od operazioni che abbiano per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità degli attivi medesimi. Viene inoltre ridefinita la disciplina degli obblighi di notifica che assistono l'esercizio dei poteri speciali prevedendo, tra l'altro, l'esplicita partecipazione della società le cui partecipazioni sono oggetto dell’acquisto al procedimento finalizzato all'esercizio dei relativi poteri di opposizione o imposizione di specifiche condizioni. Con le modifiche approvate al Senato viene assoggettata agli obblighi di notifica anche la costituzione di imprese di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale.
La ridefinizione della disciplina degli obblighi di notifica viene effettuata anche dall'articolo 25 con riferimento agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e agli ulteriori attivi individuati con D.P.C.M n. 179 del 2020. Con le modifiche introdotte al Senato viene specificato che i beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale sono individuati anche fra quelli oggetto di concessioni, comunque affidate, incluse le concessioni di grande derivazione idroelettrica. L'articolo 25 include, inoltre, nell'ambito di applicazione del potere di veto su delibere, atti e operazioni, quelli che abbiano per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità degli attivi individuati ai sensi dal D.P.C.M. n. 179 del 2020, limitatamente ai settori delle comunicazioni, dell'energia, dei trasporti, della salute, agroalimentare e finanziario, ivi incluso quello creditizio e assicurativo, anche a favore di un soggetto appartenente all'Unione europea, ivi compresi quelli stabiliti o residenti in Italia. Il medesimo articolo prevede, ai fini dell'esercizio dei poteri speciali del Governo, l'obbligo di notifica per gli acquisti, a qualsiasi titolo, di partecipazioni da parte di soggetti appartenenti all'Unione europea ivi compresi quelli residenti in Italia, nei settori delle comunicazioni, dell'energia, dei trasporti, della salute, agroalimentare e finanziario, ivi incluso quello creditizio e assicurativo, di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell'acquisto. La norma stabilizza, perimetrandone l'ambito di applicazione settoriale, quelle previste dal regime temporaneo adottato con il decreto legge n. 23 del 2020 in risposta alla crisi pandemica e, pertanto, come stabilito dal comma 2 dell'articolo 25 in esame, le relative disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2023, ossia il giorno successivo al termine del predetto regime temporaneo. Viene inoltre stabilito un obbligo di notifica, che stabilizza, il regime temporaneo adottato con il decreto legge n. 23 del 2020 in risposta alla crisi pandemica, relativo gli acquisti di partecipazioni, da parte di soggetti esteri non appartenenti all'Unione europea, in società che detengono gli attivi individuati come strategici ai sensi dei commi 1 e 1-ter, che attribuiscono una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10 per cento, tenuto conto delle azioni o quote già direttamente o indirettamente possedute, quando il valore complessivo dell'investimento sia pari o superiore a un milione di euro, e sono altresì notificate le acquisizioni che determinano il superamento delle soglie del 15, 20, 25 e 50 per cento del capitale. Con le modifiche approvate in Senato viene sostituita la definizione di soggetto esterno all'Unione europea recata dal comma 5-bis dell'articolo 2 del decreto n. 21 del 2012 e viene assoggettata agli obblighi di notifica anche la costituzione di un'impresa che gli detiene attivi individuati come strategici ai sensi dei commi 1 e 1-ter è notificata alla Presidenza del Consiglio dei ministri qualora uno o più soci, qualificabili come soggetti esterni all'Unione europea ai sensi del comma 5-bis, detengano una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10 per cento.
L'articolo 26 stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri possono essere individuate misure di semplificazione delle modalità di notifica, dei termini e delle procedure relativi all'istruttoria finalizzata all'eventuale esercizio dei poteri speciali, prevedendo in particolare la "prenotifica", che consenta una valutazione preliminare delle operazioni. Con le modifiche introdotte al Senato viene inoltre delegata a un D.P.C.M. l'adozione di meccanismi di raccordo tra obbligo di notifica e procedure di gara e le misure di semplificazione nel caso di affidamento di concessioni, anche di competenza regionale.
L'articolo 27 prevede misure di potenziamento della capacità amministrativa della Presidenza del Consiglio dei ministri in relazione all'attività connessa all'esercizio dei poteri speciali, in particolare mediante l'istituzione di un nucleo di valutazione e analisi strategica in materia di esercizio dei poteri speciali, costituito da dieci componenti in possesso di specifica ed elevata competenza in materia giuridica, economica e nelle relazioni internazionali.
L'articolo 28 prevede la ridefinizione dei poteri speciali in materia di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia di quinta generazione (5G) e cloud. Il nuovo comma 1 dell'articolo 1-bis del decreto legge n. 21 del 2012 conferma il riconoscimento dei servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G quali attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ai fini dell’esercizio dei poteri speciali. Ai medesimi fini si consente inoltre di identificare ulteriori servizi, beni, rapporti, attività e tecnologie rilevanti ai fini della sicurezza cibernetica, ivi inclusi quelli relativi alla tecnologia cloud, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Il comma 2 modifica l'oggetto dell'obbligo di notifica funzionale all'esercizio dei poteri speciali, che fa riferimento al piano annuale degli acquisti da parte delle imprese invece che al singolo contratto. Il comma 3 definisce la procedura di approvazione del piano. Il comma 4 esplicita i criteri e gli elementi di valutazione in base ai quali sono esercitati i poteri speciali in relazione ai piani annuali trasmessi. I commi da 5 a 9 stabiliscono il regime sanzionatorio applicabile alla violazione di obblighi imposti ai sensi dei precedenti commi e le ulteriori misure per garantire la piena attuazione della relativa disciplina.
Gli articoli da 24 a 28 (Titolo IV, Capo I) del decreto in esame recano modifiche alla disciplina dei poteri speciali del governo esercitabili dal Governo (cosiddetti golden power) per salvaguardare gli assetti proprietari e la gestione delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale.
Per salvaguardare gli assetti proprietari e la gestione delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale, il legislatore ha organicamente disciplinato, con il decreto legge n. 21 del 2012, come successivamente modificato nel tempo, la materia dei poteri speciali esercitabili dal Governo (cosiddetti golden power) anche per aderire alle indicazioni e alle censure sollevate in sede europea con riferimento al previgente assetto legislativo nazionale. Il decreto ha riformato tale assetto determinando l'archiviazione della procedura di infrazione da parte della Commissione europea il 15 febbraio 2017, in quanto la nuova disciplina italiana è stata ritenuta compatibile con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Il decreto n. 21 del 2012 definisce, anche mediante il rinvio ad atti di normazione secondaria (D.P.C.M.), l'ambito oggettivo e soggettivo, la tipologia, le condizioni e le procedure di esercizio da parte dello Stato (in particolare, del Governo) dei poteri speciali.
Tali poteri si sostanziano principalmente nella facoltà di porre il veto rispetto all'adozione di determinate delibere, atti e operazioni delle imprese che gestiscono attività strategiche in specifici settori, di dettare impegni e condizioni in caso di acquisito di partecipazioni in tali imprese, ovvero di opporsi all'acquisto delle medesime partecipazioni.
Tali poteri riguardano i settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e negli ulteriori settori da individuare con norme regolamentari fra quelli indicati dall'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/452. Specifici poteri sono stati introdotti anche con riferimento alle operazioni che incidono sulle reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia di "quinta generazione" (5G).
L'esercizio dei poteri speciali è disciplinato dalla legge ed è assistito da obblighi di notifica e informazione applicabili alle imprese che gestiscono attivi strategici, con riferimento a specifiche delibere, atti e operazioni, nonché ai soggetti che acquistano partecipazioni rilevanti nelle medesime imprese. L'inosservanza degli obblighi di notifica o l'inadempimento di impegni e condizioni derivanti dall'esercizio dei poteri sono, di norma, puniti con specifiche sanzioni amministrative pecuniarie.
In risposta alla crisi causata dalla pandemia il decreto n. 23 del 2020 è intervenuto sulla disciplina dei poteri speciali ampliandone l'ambito di applicazione, originariamente fino al 31 dicembre 2020. Successivamente i termini di tale disciplina emergenziale sono stati estesi dal decreto legge n. 137 del 2020 (al 30 giugno 2021), dal decreto legge n. 56 del 2021 (al 31 dicembre 2021) e dal decreto n. 228 del 2021 al 31 dicembre 2022. In particolare, è stato previsto un obbligo di notifica per l'acquisto di partecipazioni e i relativi poteri esercitabili dal Governo (imposizione di impegni e condizioni e opposizione all'acquisto) con riferimento:
· agli attivi strategici, includendo (nelle more dell'individuazione mediante il D.P.C.M. n. 179 del 2020 - A.G. 178 - per cui vedi infra) tutti quelli connessi ai fattori critici richiamati dall'articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) ed e) del regolamento (UE) 2019/452, compresi quelli relativi ai settori finanziario, creditizio e assicurativo;
· alle operazioni di acquisto di partecipazioni, includendo quelle che abbiano per effetto l'assunzione del controllo da parte di qualunque soggetto estero, anche appartenente all'Unione europea, nonché quelle che attribuiscano una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10, 15, 20, 25 e 50 per cento da parte di soggetti esteri non appartenenti all'Unione europea, a prescindere dall'assunzione del controllo societario.
Le disposizioni si applicano nei confronti di delibere, atti o operazioni, nonché di acquisti di partecipazioni per i quali l'obbligo di notifica sia sorto entro il 31 dicembre 2021, ancorché la notifica sia intervenuta successivamente o sia stata omessa. I relativi atti e i provvedimenti connessi all'esercizio dei poteri speciali restano validi anche successivamente a termine e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base degli stessi successivamente al decorso del predetto termine.
In base ai dati riportati nella Relazione annuale 2021 sulla politica dell’informazione per la sicurezza nel 2021 è stato confermato un trend crescita delle notifiche pervenute alla Presidenza del Consiglio: al 31 dicembre 2021 ne risultano 496 (di cui 458 istruttorie già concluse), a fronte delle 341 del 2020 con un incremento pari al 45 per cento rispetto all’anno precedente. Sulle 458 istruttorie già concluse in 2 casi è stato esercitato il potere di veto e in 22 casi sono stati esercitati i poteri speciali con prescrizioni e condizioni. In 4 casi il mancato esercizio è stato accompagnato da raccomandazioni. Nella maggior parte dei casi (263, pari al 57 per cento del totale) l'operazione notificata è stata esclusa dall'ambito di applicabilità della disciplina. Per quanto riguarda i settori interessati, quello che ha fatto registrare il maggior numero di notifiche è il settore sanitario (120), seguito dal settore della difesa e sicurezza nazionale (63), dal settore creditizio e assicurativo (42) e dall'energia (41). Le notifiche relative alla tecnologia 5G sono state 20.
L'articolo 24 prevede la ridefinizione dei poteri speciali in materia di difesa e sicurezza nazionale.
L'articolo 1 del decreto legge n. 21 del 2012 fissa il requisito per l'esercizio dei poteri speciali nei comparti della sicurezza e della difesa: la sussistenza di una minaccia di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale.
I poteri speciali, con riferimento a imprese che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, consentono al Governo di:
· esercitare il veto all'adozione di specifiche delibere dell'assemblea o degli organi di amministrazione;
· imporre specifiche condizioni nel caso di acquisto di partecipazioni. Le condizioni fanno riferimento alla sicurezza di approvvigionamenti e informazioni, ai trasferimenti tecnologici e al controllo delle esportazioni;
· opporsi all'acquisto di partecipazioni da parte di un soggetto diverso dallo Stato italiano, enti pubblici italiani o soggetti da questi controllati, qualora l'acquirente venga a detenere un livello della partecipazione al capitale con diritto di voto in grado di compromettere nel caso specifico gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale (articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto legge n. 21 del 2012).
L'impresa che svolge attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale è tenuta a notificare alla Presidenza del Consiglio dei ministri una informativa completa sulla delibera, sull'atto da adottare o sull'operazione da compiere, in modo da consentire il tempestivo esercizio dei poteri del Governo.
Le norme disciplinano le modalità di esercizio dei poteri dello Stato e il relativo procedimento, nonché ipotesi specifiche. La disciplina legislativa è sostanzialmente allineata a quella prevista per il settore dell'energia dall'articolo 2 del decreto legge n. 21 del 2012 (vedi infra).
Si prevede che i decreti di individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e di sicurezza nazionale di cui al comma 1 siano aggiornati almeno ogni tre anni. Per la violazione degli obblighi connessi ai poteri speciali è generalmente prevista una sanzione amministrativa pecuniaria. Il D.P.C.M. 20 marzo 2014, n. 35 ha individuato le procedure per l'attivazione dei poteri speciali nei predetti settori. Con il D.P.R. 6 giugno 2014, n. 108 è stato adottato il Regolamento per l'individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale.
Il comma 1, lettera a) dell'articolo 24 modifica l'articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto legge n. 21 del 2012 specificando l'ambito di applicazione del potere di veto all'adozione di delibere, atti od operazioni dell'assemblea o degli organi di amministrazione di un'impresa che svolge attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale. In particolare, viene precisata la portata generale del potere di veto, specificando che lo stesso può essere esercitato con riferimento a tutte le delibere, atti od operazioni che abbiano per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità degli attivi medesimi, compresi quelli (già citati nel testo vigente) aventi ad oggetto la fusione o la scissione della società, il trasferimento dell'azienda o di rami di essa o di società controllate, il trasferimento all'estero della sede sociale, la modifica dell'oggetto sociale, lo scioglimento della società, la modifica di clausole statutarie relative al limite massimo del possesso azionario, le cessioni di diritti reali o di utilizzo relative a beni materiali o immateriali o l'assunzione di vincoli che ne condizionino l'impiego, anche in ragione della sottoposizione dell'impresa a procedure concorsuali. Con riferimento ai diritti reali o di utilizzo relativi a beni materiali o immateriali, viene inoltre specificato che rientrano negli atti e operazioni soggetti a potere di veto anche quelli relativi all'assegnazione degli stessi a titolo di garanzia. Tali modifiche allineano le previsioni applicabili al sistema di difesa e sicurezza nazionale con quelle relative ai settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
Il comma 1, lettera b) dell'articolo 24 modifica l'articolo 1, comma 4 del decreto legge n. 21 del 2012, che disciplina l'obbligo di notifica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dell'informativa completa sulla delibera, sull'atto o sull'operazione da adottare in modo da consentire il tempestivo esercizio del potere di veto. Con la novella in argomento viene esentata dall'obbligo di notifica l'operazione che sia in corso di valutazione o già sia stata valutata in relazione all'esercizio dei poteri connessi all'acquisto di partecipazioni in un'impresa che svolge attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale (opposizione all'acquisto o imposizione di specifiche condizioni).
Il comma 1, lettera c) dell'articolo 24 modifica l'articolo 1, comma 5 del decreto legge n. 21 del 2012, il quale disciplina l'obbligo di notifica che assiste l'esercizio dei poteri di opposizione o imposizione di specifiche condizioni, applicabile a chiunque acquisisca una partecipazione in imprese che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale. In particolare, viene previsto (numero 1) che la notifica dell'acquisizione venga resa dall'acquirente ove possibile congiuntamente alla società le cui partecipazioni sono oggetto dell’acquisto, confermando i termini (entro dieci giorni) e la contestuale trasmissione delle informazioni necessarie, comprensive di descrizione generale del progetto di acquisizione, dell'acquirente e del suo ambito di operatività, al fine di valutare la (eventuale) minaccia di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale, derivante dall'acquisto delle partecipazioni. Il comma 1, lettera c), numero 2) dell'articolo 24 aggiunge al comma 5 un nuovo periodo dopo il primo, che disciplina i casi in cui la notifica non sia effettuata congiuntamente da tutte le parti del procedimento. In tali casi, viene previsto che la società notificante trasmetta, contestualmente alla notifica, una informativa, contenente gli elementi essenziali dell’operazione e della stessa notifica, alla società le cui partecipazioni sono oggetto dell’acquisto, al fine di consentirne la partecipazione al procedimento, fornendo prova della relativa ricezione. A tale fine, viene inoltre inserito (numero 3) un ulteriore periodo, dopo il quarto, con il quale viene stabilito che entro quindici giorni dalla notifica, la società acquisita possa presentare memorie e documenti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che (numero 4), qualora lo ritenga necessario può richiedere informazioni alle parti del procedimento (e non più al solo acquirente come previsto dal testo previgente). Qualora il potere sia esercitato nella forma dell'imposizione di condizioni, viene specificato che l'inosservanza delle stesse da parte della società le cui partecipazioni sono oggetto dell’acquisto (oltre che da parte dell'acquirente citato dal testo previgente) la rende soggetta, salvo che il fatto costituisca reato, a una sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio del valore dell'operazione (effettuata con violazione o inadempimento delle condizioni imposte) e comunque non inferiore all'1 per cento del fatturato realizzato nell'ultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio.
Le modifiche approvate al Senato introducono al comma 1 dell'articolo 24 la lettera c-bis) per effetto della quale si dispone che la costituzione di imprese il cui oggetto sociale ricomprende lo svolgimento di attività di rilevanza strategica ovvero che detengono attivi di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale venga notificata alla Presidenza del Consiglio dei ministri secondo i termini e le norme procedurali di cui al medesimo articolo.
L'articolo 25 prevede la ridefinizione dei poteri speciali in materia di energia, trasporti, comunicazioni e ulteriori attivi strategici.
L'articolo 2 del decreto legge n. 21 del 2012 disciplina i poteri speciali inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e agli ulteriori attivi individuati ai sensi del comma 1-ter, sulla base dei fattori critici elencati dalla disciplina europea. Con riferimento a tali attività strategiche, la normativa consente al Governo di esercitare:
§ il potere di veto alle delibere, atti e operazioni che abbiano per effetto modifiche della titolarità, del controllo, della disponibilità o della destinazione di attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, dando luogo a una situazione eccezionale, non disciplinata dalla normativa nazionale ed europea di settore, di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti (articolo 2, comma 3);
§ il potere di veto alle delibere, atti e operazioni che abbiano per effetto modifiche della titolarità del controllo o della disponibilità degli ulteriori attivi individuati ai sensi del comma 1-ter, a favore di un soggetto esterno all'Unione europea e, per effetto del decreto in esame, limitatamente ai settori delle comunicazioni, dell'energia, dei trasporti, della salute, agroalimentare e finanziario, ivi incluso quello creditizio e assicurativo, anche a favore di un soggetto appartenente all'Unione europea, ivi compresi quelli stabiliti o residenti in Italia; il cambiamento della loro destinazione, nonché a qualsiasi delibera che abbia ad oggetto la modifica dell'oggetto sociale, lo scioglimento della società o la modifica di specifiche clausole statutarie, dando luogo a una situazione eccezionale, non disciplinata dalla normativa nazionale ed europea di settore, di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti (articolo 2, comma 2-bis);
L'esercizio di tali poteri è assistito dall'obbligo per la società di fornire al Governo una informativa completa sulla delibera, atto o operazione. Il potere di veto può essere espresso imponendo specifiche prescrizioni o condizioni ogniqualvolta ciò sia sufficiente ad assicurare la tutela degli interessi pubblici di cui al comma (articolo 2, comma 4);
§ l'imposizione di condizioni e impegni diretti a garantire la tutela degli interessi essenziali dello Stato, in caso di acquisto da parte di un soggetto esterno all'Unione europea di partecipazioni di rilevanza tale da determinare l'assunzione del controllo di società che detengono attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e negli ulteriori settori strategici (articolo 2, comma 6, primo periodo). L'esercizio del potere è assistito da un obbligo di notifica dell'acquisto di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell'acquisto (articolo 2, comma 5) e, per effetto delle modifiche in esame, anche le acquisizioni che attribuiscono una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10, 15, 20, 25 e 50 per cento del capitale. Per effetto del decreto in esame vengono inclusi in tale ambito gli acquisiti di partecipazioni di controllo limitatamente ai settori delle comunicazioni, dell'energia, dei trasporti, della salute, agroalimentare e finanziario, ivi incluso quello creditizio e assicurativo, anche qualora effettuati da un soggetto appartenente all'Unione europea, ivi compresi quelli stabiliti o residenti in Italia;
§ l'opposizione all'acquisto da parte di un soggetto esterno all'Unione europea delle partecipazioni di controllo in società che detengono i suddetti attivi strategici in casi eccezionali di rischio per la tutela dei predetti interessi, non eliminabili attraverso l'assunzione degli impegni (articolo 2, comma 6, secondo periodo). L'esercizio del potere è assistito da un obbligo di notifica dell'acquisto (articolo 2, comma 5).
Il comma 1-ter dell’articolo 2 del decreto legge n. 21 del 2012 prevede dunque che, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri possano essere individuati i beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale ulteriori rispetto a quelli (individuati sempre con decreto ai sensi dell'articolo 1, comma 1, e all'articolo 2, comma 1) nei settori della difesa, della sicurezza