Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Attività Produttive |
Titolo: | D.L. 17/2022 - Contenimento dei costi dell'energia e rilancio delle politiche industriali |
Riferimenti: | AC N.3495/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 550/2 |
Data: | 11/04/2022 |
Organi della Camera: | Assemblea, X Attività produttive, VIII Ambiente |
Contenimento dei costi
dell'energia e rilancio delle politiche industriali
D.L. 17/2022 – A.C. 3495-AR
Schede di lettura
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Dossier n. 516/2
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Progetti di legge n. 550/2
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D22017ar.docx
INDICE
TITOLO I – MISURE URGENTI IN MATERIA DI ENERGIA ELETTRICA, GAS NATURALE E FONTI RINNOVABILI
Articolo 1 (Azzeramento degli oneri di sistema per il secondo trimestre 2022)
Articolo 2, commi 1 e 2 (Riduzione IVA gas II trimestre 2022)
Articolo 2, commi 3 e 4 (Riduzione oneri generali sistema gas II trimestre)
Articolo 3 (Rafforzamento bonus sociale energia)
Articolo 3-bis (Strategia nazionale contro la povertà energetica)
Articolo 4, comma 5-bis (Recupero dei rifiuti nei cementifici)
Articolo 6 (Interventi in favore del settore dell’autotrasporto)
Articolo 7 (Contributi per le associazioni e società sportive dilettantistiche)
Capo II – Misure strutturali e di semplificazione in materia energetica
Articolo 9, comma 01 (Semplificazioni per le opere di modifica agli impianti a FER)
Articolo 9, commi 1-ter e 1-quater (Programma “Isole Verdi”)
Articolo 9-bis (Requisiti degli impianti termici)
Articolo 9-ter (Semplificazioni per l'installazione di impianti fotovoltaici flottanti)
Articolo 10-bis (Impianti solari fotovoltaici e termici su aree industriali)
Articolo 11 (Regolamentazione dello sviluppo del fotovoltaico in area agricola)
Articolo 11-bis (Riconversione e incremento dell’efficienza energetica degli impianti serricoli)
Articolo 12 (Semplificazione per impianti rinnovabili in aree idonee)
Articolo 12-bis (Uso di sottoprodotti negli impianti di biogas e biometano)
Articolo 13-bis (Semplificazioni in materia di infrastrutture elettriche)
Articolo 15, comma 1 (Semplificazioni per le piccole utilizzazioni locali di calore geotermico)
Articolo 17 (Promozione dei biocarburanti da utilizzare in purezza)
Articolo 18 (Ferrovie dello Stato Italiane)
Articolo 19-quater (Disposizioni in materia di riduzione dei consumi termici degli edifici pubblici)
Articolo 20 (Contributo del Ministero della difesa alla resilienza energetica nazionale)
Articolo 21, commi 1-3 (Disposizioni per aumentare la sicurezza delle forniture di gas naturale)
Articolo 21, commi 3-bis e 3-ter (Metanizzazione del Mezzogiorno)
TITOLO II – Politiche industriali
Articolo 22 (Riconversione, ricerca e sviluppo del settore automotive)
Articolo 22-bis (Ricerca e sviluppo del settore aerospaziale)
Articolo 23 (Ricerca e sviluppo di tecnologie innovative)
Articolo 24 (Fondo nuove competenze)
TITOLO III – REGIONI ED ENTI TERRITORIALI
Articolo 27 (Contributi straordinari agli enti locali)
Articolo 28 (Misure di rigenerazione urbana)
Articolo 28, comma 5-bis (Modifiche al Testo unico dell’edilizia)
Articolo 28-bis (Cooperative edilizie di abitazione)
TITOLO IV – ALTRE MISURE URGENTI
Articolo 29-bis (Cessione del credito)
Articolo 30, commi 1 e 2 (Risorse per l'acquisto di farmaci antivirali contro il virus SARS-CoV-2)
Articolo 34 (Modifiche urgenti alla normativa nazionale concernente la Procura europea « EPPO »)
Articolo 35 (Anagrafe dei dipendenti della pubblica amministrazione)
Articolo 37, comma 1 (Candidatura Roma Expo 2030)
Articolo 37, commi 2-3 (Partecipazione italiana ad EXPO OSAKA 2025)
Articolo 38 (Disposizioni urgenti per situazioni di crisi internazionale)
Articolo 39 (Misure urgenti per il potenziamento del fondo di venture capital)
Articolo 40 (Sorveglianza radiometrica)
TITOLO V – DISPOSIZIONI FINALI E FINANZIARIE
Articolo 42, commi 1-1-ter (Disposizioni finanziarie - Deduzione 12 per cento)
Articolo 42, commi 2 e 3 (Copertura finanziaria)
Articolo 42-bis ((Disposizioni finali)
Articolo 42-ter (Clausola di salvaguardia)
Articolo 43 (Entrata in vigore)
Articolo 1
(Azzeramento degli oneri di sistema per il secondo trimestre 2022)
L’articolo 1 rinnova – con riferimento al secondo trimestre 2022 –l’azzeramento delle aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze domestiche e alle utenze non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW, nonché alle utenze con potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, anche connesse in media e alta/altissima tensione o per usi di illuminazione pubblica o di ricarica di veicoli elettrici in luoghi accessibili al pubblico.
Il Titolo I del decreto-legge in esame reca una serie di misure volte a fronteggiare l’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche, che hanno determinato un aumento dei costi delle bollette elettriche e del gas.
Nella memoria del 14 febbraio 2022 depositata da ARERA presso la 10ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo) del Senato in riferimento alla Comunicazione della Commissione europea Risposta all'aumento dei prezzi dell'energia: un pacchetto di misure d'intervento e di sostegno COM/2021/660 final, l’Autorità rileva che “l’impennata dei prezzi all’ingrosso dell’energia nel 2021 - fra gennaio e dicembre i prezzi medi mensili dei mercati all’ingrosso hanno registrato un aumento di quasi il 500% per quanto riguarda il gas naturale e del 400% circa per l’energia elettrica - si è riflessa sui prezzi di vendita nel nostro Paese a partire dal secondo semestre 2021.
Pur con gli interventi straordinari da parte del Governo, nel primo trimestre 2022 sul primo trimestre 2021 si è registrato un aumento del 131% per il cliente domestico tipo di energia elettrica (da 20,06 a 46,03 centesimi di euro/kWh, tasse incluse) e del 94% per quello del gas naturale (da 70,66 a 137,32 centesimi di euro per metro cubo, tasse incluse)”.
Il Titolo I del decreto in esame si divide in due capi, il primo (Capo I – art. 1-8) dedicato alle misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale e il secondo (Capo II - art. 9-21) ad alcune misure strutturali in materia energetica, che rispondono ad una logica più di medio-lungo periodo, volta a prevenire che altre crisi analoghe all’attuale possano avere gli stessi effetti su famiglie e sistema produttivo nazionale. In particolare, si mira ad incrementare la produzione nazionale di energia.
In questo quadro, l’articolo 1 rinnova – con riferimento al secondo trimestre 2022 – l’azzeramento delle aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze domestiche e alle utenze non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW (comma 1), nonché alle utenze con potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, anche connesse in media e alta/altissima tensione o per usi di illuminazione pubblica o di ricarica di veicoli elettrici in luoghi accessibili al pubblico (comma 2).
Come esempi di utenze non domestiche con potenza inferiore a 16,5 kW (comma 1), la relazione illustrativa cita attività quali “negozi, piccole e medie imprese, attività artigianali, commerciali o professionali, capannoni e magazzini”.
Riprendendo quanto emerge nella relazione tecnica, la disposizione di cui al comma 1 (utenze fino a 16,5 kW) comporta un onere pari a 1.800 milioni di euro, mentre la disposizione di cui al comma 2 (utenze pari o superiori a 16, 5 kW) comporta un onere pari a 1.200 milioni di euro, per un impatto complessivo pari a 3 miliardi.
Il comma 3 prevede pertanto che entro il 31 maggio 2022 siano trasferiti alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) 3.000 milioni, con le modalità di copertura di cui all’articolo 42, alla cui scheda si rinvia.
Con riferimento al comma 2, riprendendo una sintesi contenuta nella già citata memoria del 14 febbraio 2022 depositata da ARERA, si rileva che “gli interventi adottati dal Governo fra l’1 luglio e il 31 dicembre 2021 sono stati finalizzati, in larga prevalenza, a limitare l’impatto dei rincari energetici sui clienti domestici e sulle piccole imprese in bassa tensione (con potenza fino a 16,5 kW), nonché a rafforzare la tutela dei clienti vulnerabili … tali interventi hanno permesso all’Autorità di contenere gli aumenti di prezzo tramite un azzeramento degli oneri generali di sistema per i clienti domestici e le microimprese in bassa tensione, e una riduzione degli oneri stessi per tutti gli altri clienti, nonché di rafforzare lo strumento del bonus sociale per le famiglie in difficoltà economiche, in modo tale che quest’ultima categoria di utenti non risentisse dei predetti aumenti. Ne è conseguito nell’anno 2021 un beneficio per 2,5 milioni di famiglie grazie al bonus elettrico e per 1,5 milioni di nuclei familiari in virtù del bonus gas.
Con l’articolo 14 del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (Sostegni-ter) (vedi box che segue sugli interventi per la riduzione del costo dell’energia) le misure di contenimento della spesa sono state estese alle utenze con potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, favorendo anche i clienti non domestici di piccola dimensione e ai clienti industriali e, in particolare gli energivori.
Per calmierare i rincari in bolletta e tutelare le famiglie a rischio povertà energetica il Governo ha adottato, dalla prima metà dell’anno 2021, una serie di provvedimenti legislativi urgenti (art. 5-bis del decreto-legge n. 73/2021, decreto-legge n. 130/2021, legge n. 234/2021 -legge di bilancio 2022 - articolo 1, commi 503-512).
Con l’articolo 5-bis del decreto-legge n. 73 del 25 maggio 2021, convertito con modificazioni in legge n. 106 del 23 luglio 2021[1], si è disposto il conferimento alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), dell’importo complessivo di 1.200 milioni di euro, anche al fine del contenimento degli oneri in bolletta derivanti dagli adeguamenti delle tariffe del settore elettrico fissati dall'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) per il terzo trimestre dell'anno 2021. In particolare, il comma 1 dell’articolo 5-bis ha destinato:
§ parte dei proventi derivanti dalle aste delle quote di emissione di C02, per una quota di competenza del Ministero della transizione ecologica e una quota di competenza del Ministero dello sviluppo economico, pari a 609 milioni, al sostegno delle misure di incentivazione delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica, e dunque, posto che tale sostegno trova copertura attraverso specifiche componenti tariffarie dell'energia, cd. oneri generali pagati in bolletta, alla riduzione degli oneri generali stessi (lett. a)).
§ 591 milioni da trasferite alla CSEA entro il 30 settembre 2021, senza specifico vincolo di destinazione.
Quanto alla necessità ed urgenza di tale primo intervento del Governo, si rimanda al comunicato stampa del 30 giugno 2021, di ARERA, nel quale si evidenziava che: “anche per l’Italia il forte aumento delle quotazioni delle materie prime - in continua crescita da inizio anno per la ripresa delle economie dopo i ribassi dovuti la pandemia - nonché la decisa crescita dei prezzi dei permessi di emissione di CO2, avrebbero portato ad un aumento di circa il 20% della bolletta dell’elettricità, se il Governo non fosse intervenuto con un provvedimento di urgenza per diminuire la necessità di raccolta degli oneri generali in bolletta del prossimo trimestre. L’incremento definitivo in bolletta è pertanto del 9,9% per la bolletta dell’elettricità e del 15,3% per quella del gas nel terzo trimestre del 2021 per la famiglia tipo in tutela”.
Successivamente, l’articolo 1, comma 1 del decreto-legge n. 130 del 27 settembre 2021 ha conferito, anche per il IV trimestre 2021, alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), l’importo di 1.200 milioni di euro destinati a parziale compensazione degli oneri generali di sistema per tutte le utenze elettriche, di cui, 700 milioni specificamente destinati al sostegno delle misure di incentivazione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica. Si tratta di somme dei proventi delle aste delle quote di emissione di anidride carbonica (CO2) di competenza del MITE[2]. Gli ulteriori 500 milioni sono trasferiti a CSEA entro il 15 dicembre 2021.
In via ulteriore, il comma 2 ha disposto che l’ARERA provveda ad annullare, per il IV trimestre 2021, le aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze domestiche e non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW. A tal fine, entro il 15 dicembre 2021, ha disposto il trasferimento alla CSEA ulteriori risorse, pari a 800 milioni di euro.
L’articolo 2, comma 1 del decreto legge ha poi previsto che, le somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2021, fossero assoggettate all’aliquota IVA ridotta del 5 per cento. In caso di somministrazioni sulla base di consumi stimati, l’aliquota IVA del 5 per cento si è applicata anche alla differenza derivante dagli importi ricalcolati sulla base dei consumi effettivi riferibili (anche percentualmente) ai mesi considerati. L'onere finanziario complessivo della misura è stato in 608,4 milioni di euro per il 2021.
L’articolo 2, comma 2 del decreto legge, al fine di contenere per il quarto trimestre 2021 gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore del gas, ha inoltre disposto che ARERA provvedesse a ridurre, per il medesimo trimestre, le aliquote relative agli oneri generali gas fino a concorrenza dell’importo di 480 milioni di euro da trasferire a CSEA entro il 15 dicembre 2021.
L’articolo 3 del decreto legge ha, infine, assegnato all'ARERA il compito di rideterminare, per il IV trimestre 2021:
- le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati ed ai clienti domestici in gravi condizioni di salute;
- la compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale prevista a favore delle famiglie economicamente svantaggiate aventi già diritto all'applicazione delle tariffe agevolate per la fornitura di energia elettrica.
La rideterminazione è stata finalizzata a minimizzare gli incrementi della spesa per la fornitura, previsti per il quarto trimestre 2021, fino a concorrenza dell'importo di 450 milioni di euro, da trasferire entro il 15 dicembre 2021 alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA)[3].
Quanto alla necessità ed urgenza degli interventi qui in esame, si rimanda al comunicato stampa del 28 settembre 2021, di ARERA nel quale si evidenziava che la straordinaria dinamica dei prezzi delle materie prime[4] verso i massimi storici - ancora in forte crescita per la ripresa delle economie dopo i ribassi dovuti alla pandemia e le difficoltà nelle filiere di approvvigionamento - e le alte quotazioni dei permessi di emissione di CO2, avrebbero portato, senza l’intervento del Governo contenuto nel decreto legge ad un aumento superiore al 45% della bolletta dell'elettricità e di oltre il 30% di quella del gas. Applicando le misure varate dall'Esecutivo, valide per il IV trimestre 2021, l'aumento per la famiglia tipo in tutela è stato ridotto a +29,8% per la bolletta dell'elettricità e a +14,4% per quella del gas (grazie anche alla riduzione dell'Iva contenuta nel decreto).
Anche per il I trimestre 2022, in ragione dell’andamento previsto dei prezzi dell’energia[5], il Governo, con la legge di bilancio 2022 (legge n. 232/2021), ha disposto, come sopra accennato, misure per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico, con lo stanziamento di risorse, pari, per il settore elettrico, in relazione agli oneri generali, a 1,8 miliardi di euro, ulteriori rispetto a quelle già stanziate dai precedenti decreti legge del 2021 rispettivamente per il III e IV trimestre 2021. Segnatamente, il comma 503 ha disposto una parziale compensazione degli oneri generali di sistema per le utenze elettriche (tutte) e il comma 504 ha affidato all'ARERA il compito di annullare, per il I° trimestre 2022, le aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze domestiche e non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW. Per le finalità il comma 505 ha disposto il trasferimento alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), entro il 28 febbraio 2022, 1.800 milioni di euro.
Come rileva ARERA, è stato pertanto possibile confermare anche per il I trimestre 2022 il livello delle componenti ASOS e ARIM del IV trimestre 2021, in generale praticamente dimezzato, e con aliquote nulle delle medesime componenti per tutti gli utenti domestici e le utenze non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW (cfr. deliberazione ARERA 635/2021/R/com). Con detto importo è pertanto possibile disporre l’annullamento delle suddette aliquote. In assenza dell’intervento dello Stato, sarebbe stato necessario procedere – rileva sempre ARERA - alla riattivazione delle componenti tariffarie ASOS e ARIM, con un impatto sull’utente domestico tipo[6] di circa +10% (cfr. Comunicato stampa ARERA del 30 dicembre 2021).
Quanto al settore del gas, la legge di bilancio 2022 ha stanziato, per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi, risorse ulteriori rispetto a quelle già stanziate per il IV trimestre 2021 dal decreto-legge 130/2021.
In particolare, il comma 507 ha demandato l'ARERA di ridurre, per il I trimestre 2022, le aliquote relative agli oneri generali di sistema per il settore del gas fino a concorrenza dell'importo di 480 milioni di euro. Tale importo è trasferito alla Cassa per i servizi energetici e ambientali entro il 28 febbraio 2022.
Come evidenzia ARERA le misure hanno consentito di confermare, per il I trimestre 2022, l’annullamento, per tutti gli utenti del settore gas, delle aliquote delle componenti tariffarie RE, GS e UG3[7]. Una riattivazione di tali componenti avrebbe comportato un aumento sulla spesa dell’utente domestico tipo di circa + 1,5%.
Il comma 506 – facendo seguito a quanto già disposto per il IV trimestre 2021 dall’articolo 2, comma 1 del decreto-legge n. 130/2021 – riduce al 5% l'aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas metano per combustione per usi civili e industriali, anche con riferimento alle fatture emesse per i consumi dei primi tre mesi del 2022. In caso di somministrazioni sulla base di consumi stimati, l’aliquota IVA del 5 per cento si è applicata anche alla differenza derivante dagli importi ricalcolati sulla base dei consumi effettivi riferibili (anche percentualmente) ai mesi considerati. L'onere finanziario complessivo della misura è stato in 610 milioni di euro per il 2021.
La legge di bilancio 2022 ha previsto anche un rafforzamento dei bonus elettrico e gas (come è stato previsto nel IV trimestre 2021 ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge n. 130/2021), al fine di minimizzare gli incrementi della spesa per la fornitura, previsti per il I trimestre 2022 sui clienti domestici svantaggiati, stanziando ulteriori 912 milioni di euro[8].
Segnatamente, il comma 508 della legge di bilancio demanda ad ARERA di rideterminare - per il primo trimestre 2022 - le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati o in gravi condizioni di salute e la compensazione per la fornitura di gas naturale, in modo da minimizzare gli incrementi della spesa per la fornitura, previsti per il I trimestre 2022, fino a concorrenza dell'importo di 912 milioni di euro.
La legge di bilancio dispone, inoltre, ai commi 509-511 che tutti i venditori (sia dei servizi di tutela sia del mercato libero) sono tenuti ad offrire una rateizzazione degli importi relativi alle fatture emesse nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2022 ed il 30 aprile 2022 ai clienti domestici di energia elettrica e gas naturale che risultino inadempienti al pagamento delle fatture emesse in tale periodo. Più in particolare, i venditori, prima di eseguire le procedure di sospensione della fornitura di energia elettrica e gas naturale, devono offrire, ai sensi del comma 509 e disposizioni attuative ARERA[9], al cliente finale inadempiente, in una comunicazione di sollecito di pagamento, se effettuata, e in ogni caso nella comunicazione di costituzione in mora, un piano di rateizzazione, senza applicazione di interessi, che preveda:
§ una periodicità di rateizzazione pari a quella di fatturazione ordinariamente applicata al cliente finale, con un numero di rate complessivamente pari al numero di fatture emesse di norma in 10 mesi e ciascuna di valore non inferiore a 50 euro;
§ una prima rata di valore pari al 50% dell’importo oggetto del piano di rateizzazione e quelle successive di ammontare costante.
Il comma 510 affida sempre ad ARERA il compito di definire un meccanismo di anticipo degli importi rateizzati a favore degli esercenti la vendita, nel limite di spesa di 1 miliardo di euro. L’anticipo può intervenire per gli importi delle fatture oggetto di rateizzazione superiori al 3% dell'importo delle fatture emesse per la totalità dei clienti finali. L’ARERA definisce anche le modalità di conguaglio o di restituzione, da parte degli esercenti la vendita, dell'anticipazione ricevuta, in modo da consentire il recupero da parte di CSEA del 70 per cento dell’anticipazione entro il mese di dicembre 2022 e la restante quota entro l’anno 2023.
ARERA, nel già citato comunicato del 30 dicembre, ha pubblicato la composizione percentuale della spesa, nel primo trimestre 2022, per la fornitura di energia elettrica dell'utente tipo domestico in maggior tutela e della spesa per la fornitura di gas naturale dell’utente tipo domestico servito in tutela.
Di nuovo, con riferimento al primo trimestre 2022, l’articolo 14 del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (Sostegni-ter), attualmente all’esame del Senato, ha previsto l’annullamento delle aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze con potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW anche connesse in media e alta/altissima tensione o per usi di illuminazione pubblica o di ricarica di veicoli elettrici in luoghi accessibili al pubblico. L’ARERA ha dato attuazione a tale disposizione con la delibera 35/2022/R/eel, disponendo anche in ordine ad eventuali conguagli per i consumi già verificatisi e fatturati.
Articolo 2, commi 1 e 2
(Riduzione IVA gas II trimestre 2022)
L'articolo 2, comma 1, riduce al 5 per cento l’aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali dei mesi aprile, maggio e giugno 2022. Il comma 2 reca la quantificazione degli oneri, pari a 591,83 milioni di euro per l’anno 2022, e l'indicazione della relativa copertura finanziaria.
Il comma 1 dell'articolo in esame prevede che, in deroga a quanto previsto dal d.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), le somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali di cui all’articolo 26, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di aprile, maggio e giugno 2022, sono assoggettate all’aliquota IVA del 5 per cento. Qualora le somministrazioni di cui al primo periodo siano contabilizzate sulla base di consumi stimati, l’aliquota IVA del 5 per cento si applica anche alla differenza derivante dagli importi ricalcolati sulla base dei consumi effettivi riferibili, anche percentualmente, ai mesi di aprile, maggio e giugno 2022.
L'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo n. 504 del 1995 stabilisce che il gas naturale, destinato alla combustione per usi civili e per usi industriali, nonché all'autotrazione, è sottoposto ad accisa, con l'applicazione delle aliquote di cui all'allegato I, al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per il gas naturale estratto per uso proprio. L'allegato I citato individua i seguenti usi di gas naturale (oltre alle relative aliquote vigenti): per autotrazione, per combustione per usi industriali, per combustione per usi civili a) per usi domestici di cottura cibi e produzione di acqua calda b) per usi di riscaldamento individuale c) per altri usi civili, per la produzione diretta o indiretta di energia elettrica.
Come precisato dal Governo nella relazione illustrativa, in base alla normativa in vigore dal 1° gennaio 2008, l’aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili è determinata sulla base di scaglioni di consumo. In particolare, l’articolo 2, comma 5, del decreto legislativo n. 26 del 2007, armonizzando le disposizioni IVA con quelle previste in materia di accise, ha modificato il n. 127-bis) della tabella A, parte III, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, prevedendo l’applicazione dell’aliquota IVA del 10 per cento per la somministrazione di gas metano usato per combustione per usi civili limitatamente a 480 metri cubi annui (riferiti all’anno solare). Per i consumi per uso civile, eccedenti il predetto limite, si applica l’aliquota del 22 per cento.
I consumi di gas metano per uso industriale sono ordinariamente assoggettati all’aliquota IVA del 22 per cento, ad eccezione di quanto previsto dal n. 103) della Tabella A, parte III, allegata al medesimo decreto n. 633 del 1972, che assoggetta all’aliquota IVA del 10 per cento le somministrazioni per uso di imprese estrattive, agricole e manifatturiere, comprese le imprese poligrafiche, editoriali e simili.
L’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 5 per cento riguarda, pertanto, sia le somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali ordinariamente assoggettate all’aliquota del 10 per cento sia a quelle per usi civili e industriali ordinariamente assoggettate all’aliquota del 22 per cento. La riduzione di aliquota si applica in via temporanea, limitatamente alle somministrazioni contabilizzate nelle fatture emesse per suddetti consumi dei mesi di aprile, maggio e giugno 2022.
Si rammenta che l'aliquota IVA sulle somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali era stata ridotta al 5 per cento per mesi di ottobre, novembre e dicembre 2021 dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 130 del 2021.
Il comma 2 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal comma 1, pari a 591,83 milioni di euro per l’anno 2022, e rinvia per la copertura finanziaria all’articolo 42 (si veda la relativa scheda).
Nella relazione tecnica, il Governo stima una riduzione di gettito derivante dall'applicazione di un'aliquota ridotta agli usi civili pari a 558,13 milioni di euro, mentre per gli usi industriali la riduzione di gettito è stimata pari a 33,7 milioni di euro. L'onere finanziario complessivo della misura è pertanto stimato pari a 591,83 milioni di euro nell'anno 2022.
Articolo 2, commi 3 e 4
(Riduzione oneri generali sistema gas II trimestre)
L’articolo 2, ai commi 3 e 4, rinnova – con riferimento al secondo trimestre 2022 – il compito conferito ad ARERA di ridurre le aliquote relative agli oneri generali di sistema per il settore del gas fino a concorrenza dell'importo di 250 milioni di euro.
L’articolo 2, comma 3, affida ad ARERA il compito di ridurre le aliquote relative agli oneri generali di sistema per il settore del gas fino a concorrenza dell'importo di 250 milioni di euro, con riferimento al secondo trimestre 2022.
Il comma 507 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2022 (legge n. 234 del 2021) reca una norma sostanzialmente identica a quella in commento, con l’affidamento all’ARERA del compito di ridurre – nel 1° trimestre 2022 - le aliquote relative agli oneri generali di sistema per il settore del gas, fino a concorrenza dell'importo di 480 milioni di euro.
A tal fine un corrispondente importo è trasferito alla Cassa per i servizi energetici e ambientali entro il 28 febbraio 2022.
Il comma 4 rinvia all’articolo 42 per la copertura dell’onere, pari appunto a 250 milioni di euro per l’anno 2022
Gli oneri generali comprendono i corrispettivi che gravano sugli utenti finali destinati alla copertura di costi relativi ad attività di interesse generale per il sistema gas. Essi incidono sulla bolletta del gas in maniera minore di quanto non accada per gli oneri generali di sistema per le forniture elettriche. Indicativamente, gli oneri di sistema rappresentano il 20% del costo annuo elettrico e circa il 4% del costo del gas.
Più dettagliatamente, gli oneri generali vengono pagati dai clienti finali del servizio gas, ad eccezione del bonus gas (pagato solo dai condomini con utenza ad uso domestico, più comunemente detti condomini con riscaldamento centralizzato). Gli oneri generali finanziano progetti di risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili nel settore del gas, nonché la realizzazione delle reti di teleriscaldamento; compensano inoltre i costi di commercializzazione della vendita al dettaglio e coprono i meccanismi di recupero degli oneri per morosità nei servizi di ultima istanza (si tratta dei casi di morosità di enti a cui il servizio di fornitura non può essere sospeso neanche a fronte di morosità, detti clienti non disalimentabili, come ad esempio ospedali, case di cura e di riposo, carceri e scuole) .
Gli oneri generali di sistema sono identici per tutti i fornitori. Le tariffe per questi oneri sono aggiornate in corrispondenza del fabbisogno per la copertura delle finalità sopra riportate e - di norma, ma non nei trimestri coperti dalla legislazione volta a contenere gli effetti dell’anomalo aumento del costo delle materie prime energetiche - vengono riviste ogni trimestre e sono composte da:
§ una quota fissa (euro/anno)
§ una quota energia (euro/smc –metro cubo standard).
Con riferimento al mercato del gas, il corrispettivo per gli oneri generali di sistema corrisponde alla sommatoria delle seguenti componenti:
§ RE (risparmio energetico): importo che serve a finanziare progetti di risparmio energetico, di sviluppo delle fonti rinnovabili nel settore del gas, a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento e dello sviluppo tecnologico. Si applica al gas consumato (euro/smc);
§ UG2 (compensazione dei costi di commercializzazione): garantisce che gli importi complessivamente versati dai clienti tramite la componente “commercializzazione (QVD)” equivalgano a quelli complessivamente sostenuti dalle imprese di vendita per i clienti serviti a condizioni di mercato e i clienti serviti in regime di tutela (che generano costi di gestione commerciale inferiori da quelli dei clienti serviti nel mercato libero);
§ UG3 (recupero oneri di morosità per gli esercenti i servizi di ultima istanza): copre gli oneri sostenuti dalle imprese distributrici per gli interventi di interruzione della fornitura per morosità. Si applica al gas consumato (euro/smc);
§ GS (bonus gas): finanzia il sistema dei bonus destinati ai clienti domestici del servizio gas che si trovano in stato di disagio economico, a cui viene assicurato un risparmio sulla spesa per la fornitura di elettricità e/o gas. Si applica al gas consumato (euro/smc); non grava sui singoli clienti domestici, ma sui condomini (ossia sui punti di riconsegna – PDR - che alimentano un intero edificio, diviso in più unità catastali, in cui ci sia almeno una unità abitativa con utilizzi analoghi a quelli di un cliente domestico).
Nel comunicato stampa emanato dall’ARERA il 30 dicembre 2021, si sottolinea che “nel primo trimestre 2022 si registrerà un aumento del prezzo del gas naturale per la famiglia tipo, con una variazione della spesa complessiva del +41,8% rispetto al trimestre precedente. La variazione, già applicando la riduzione IVA prevista dai provvedimenti governativi, è determinata dall’incremento della spesa per la materia gas naturale (+41,2%) dovuta all’aumento della componente CMEM, relativa ai costi di approvvigionamento del gas naturale”.
Per una descrizione delle voci presenti in tariffa, si rinvia alla pagina illustrativa della bolletta predisposta dalla stessa ARERA (in alternativa, è consultabile il glossario pubblicato dalla stessa Autorità).
Con riferimento al mercato del gas, il corrispettivo per gli oneri generali di sistema corrisponde alla sommatoria delle seguenti componenti:
§ RE (risparmio energetico): importo che serve a finanziare progetti di risparmio energetico, di sviluppo delle fonti rinnovabili nel settore del gas, a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento e dello sviluppo tecnologico. Si applica al gas consumato (euro/smc);
§ UG2 (compensazione dei costi di commercializzazione): garantisce che gli importi complessivamente versati dai clienti tramite la componente “commercializzazione (QVD)” equivalgano a quelli complessivamente sostenuti dalle imprese di vendita per i clienti serviti a condizioni di mercato e i clienti serviti in regime di tutela (che generano costi di gestione commerciale inferiori da quelli dei clienti serviti nel mercato libero);
§ UG3 (recupero oneri di morosità per gli esercenti i servizi di ultima istanza): copre gli oneri sostenuti dalle imprese distributrici per gli interventi di interruzione della fornitura per morosità. Si applica al gas consumato (euro/smc);
§ GS (bonus gas): finanzia il sistema dei bonus destinati ai clienti domestici del servizio gas che si trovano in stato di disagio economico, a cui viene assicurato un risparmio sulla spesa per la fornitura di elettricità e/o gas. Si applica al gas consumato (euro/smc); non grava sui singoli clienti domestici, ma sui condomini (ossia sui punti di riconsegna – PDR - che alimentano un intero edificio, diviso in più unità catastali, in cui ci sia almeno una unità abitativa con utilizzi analoghi a quelli di un cliente domestico).
Nel grafico che segue viene rappresentato il concorso delle varie componenti della bolletta per le utenze domestiche del mercato tutelato (fonte ARERA). Gli oneri generali di sistema incidono per lo 0,98 % (nel primo trimestre 2021 la percentuale era pari al 5%).
L’articolo 2-bis - introdotto in sede referente - prevede l'effettuazione, da parte dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), della rendicontazione dell’utilizzo delle risorse destinate al contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale, con particolare riferimento alle disponibilità in conto residui trasferite alla Cassa per i servizi energetici e ambientali, distinguendo nel dettaglio tra comparto elettrico e comparto del gas (comma 1). Il comma 2 impone all’ARERA di trasmettere, entro il 16 maggio 2022, la rendicontazione al MEF, al MITE e alle competenti Commissioni parlamentari. Il comma 3 prevede che, a decorrere dal 1° giugno 2022, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore di ulteriori misure di contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nei settori elettrico e del gas naturale, l’ARERA effettua la rendicontazione dell’utilizzo delle risorse destinate a tali misure, con particolare riferimento alle disponibilità in conto residui trasferite alla Cassa per i servizi energetici e ambientali, distinguendo nel dettaglio tra comparto elettrico e comparto del gas, e la trasmette al MEF, al MITE e alle competenti Commissioni parlamentari. Il comma 4 stabilisce che, entro il 31 dicembre di ogni anno, l’ARERA trasmette al MEF, al MITE e alle competenti Commissioni parlamentari, una relazione sull’effettivo utilizzo delle risorse destinate al contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nei settori elettrico e del gas naturale per l’anno in corso, con particolare riferimento alle disponibilità in conto residui trasferite alla Cassa per i servizi energetici e ambientali, distinguendo nel dettaglio tra comparto elettrico e comparto del gas.
Si veda il comunicato stampa dell'ARERA del 30 marzo 2022.
La preesistente Cassa conguaglio per il settore elettrico è stata trasformata in ente pubblico economico denominato Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) con l’articolo 1, comma 670, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016). La CSEA opera con autonomia organizzativa, tecnica e gestionale ed è sottoposta alla vigilanza del Ministero dell’economia e delle finanze e dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA). La CSEA opera nei settori dell’energia elettrica, del gas e dei servizi idrici. La sua funzione principale è rappresentata dalla riscossione dagli operatori (principalmente dai soggetti che svolgono l’attività di distribuzione nei settori interessati) di componenti tariffarie e di ulteriori corrispettivi. I proventi della riscossione garantiscono - in costanza di apposita gestione finanziaria – il riconoscimento delle partite di perequazione tariffaria e l’erogazione dei contributi e degli incentivi a favore dei soggetti che ne hanno diritto. Le regole per le riscossioni ed i pagamenti sono dettate da norme di rango primario e dai provvedimenti regolatori di ARERA, nell’esercizio del potere tariffario e nella generale funzione di regolazione dei mercati, attribuitile dalla legge istitutiva n. 481/1995.
Relativamente al comparto elettrico, il comma 1 richiama espressamente le seguenti disposizioni:
a) l'articolo 30, comma 3, del "decreto Rilancio" - D.L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020);
L’articolo 30 prevede che l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente - ARERA, operi, per i mesi di maggio, giugno e luglio 2020, con propri provvedimenti, una riduzione della spesa sostenuta dalle utenze elettriche connesse in bassa tensione diverse dagli usi domestici, con riferimento alle voci della bolletta identificate come "trasporto e gestione del contatore" e "oneri generali di sistema".
Per i soli clienti non domestici alimentati in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 3,3 kW, le tariffe di rete e gli oneri generali saranno rideterminate al fine di ridurre la spesa applicando una potenza “virtuale” fissata convenzionalmente pari a 3 kW, senza che a ciò corrisponda alcuna limitazione ai prelievi da parte dei medesimi clienti.
La riduzione opera nell’ambito del limite delle risorse stanziate dall’articolo, pari a 600 milioni di euro per l’anno 2020, che costituiscono limite massimo di spesa.
In particolare, il comma 3 dell’articolo in esame autorizza la spesa di 600 milioni di euro per l’anno 2020 per gli interventi previsti dall’articolo stesso.
Si demanda al Ministero dell’economia e finanze il versamento di detto importo sul Conto emergenza COVID-19 istituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) nella misura del: cinquanta per cento entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. 34/2020 e, del restante cinquanta per cento, entro il 30 novembre 2020. L’Autorità assicura, con propri provvedimenti, l’utilizzo di tali risorse a compensazione della riduzione delle tariffe di distribuzione e misura e degli oneri generali di sistema.
In attuazione dell'articolo 30 sono state adottate dall'ARERA le deliberazioni 26 maggio 2020, n. 190/2020/R/eel e 4 agosto 2020, n. 311/2020/R/eel.
b) l'articolo 6, comma 1, del "decreto Sostegni" (D.L. n. 41/2021 - L. n. 69/2021);
L’articolo 6, comma 1, prevede che l’Autorità di regolazione per l’energia reti e ambiente - ARERA, operi, per i mesi di aprile, maggio e giugno 2021, con propri provvedimenti, una riduzione della spesa sostenuta dalle utenze elettriche connesse in bassa tensione diverse dagli usi domestici, con riferimento alle voci della bolletta identificate come "trasporto e gestione del contatore" e "oneri generali di sistema”.
Per i soli clienti non domestici alimentati in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 3,3 kW, le tariffe di rete e gli oneri generali saranno rideterminate al fine di ridurre la spesa applicando una potenza “virtuale” fissata convenzionalmente pari a 3 kW.
La riduzione opera nel limite delle risorse stanziate dal comma 3, pari a 600 milioni di euro per l’anno 2021, che costituiscono limite massimo di spesa. Alla copertura dei relativi oneri si provvede, per quota parte (180 milioni), mediante utilizzo delle risorse rivenienti dall’abrogazione, disposta dal comma 2, dell’articolo 8-ter del D.L. n. 137/2020, che aveva disposto una riduzione per l’anno 2021 degli oneri in bolletta per gli utenti del medesimo tipo le cui attività rientravano tra quelle agevolate dal medesimo “Decreto Ristori”, secondo i criteri e i codici ATECO ivi indicati.
Ai sensi del comma 4, il Ministero dell'economia e finanze è autorizzato a versare l’importo di cui al comma 3 sul Conto emergenza COVID-19, istituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA).
In attuazione dell'articolo 6 l'ARERA ha adottato la deliberazione 29 marzo 2021, n. 124/2021/R/eel.
Per completezza d'informazione, si ricorda altresì che i commi 5-7 esonerano, per il solo anno 2021, le strutture ricettive nonché di somministrazione e consumo di bevande in locali pubblici o aperti al pubblico, comprese le attività similari svolte da enti del terzo settore, dal versamento del canone di abbonamento RAI. L'articolo assegna quindi 83 milioni di euro ad una contabilità speciale al fine di riconoscere un credito d'imposta di importo corrispondente a favore di coloro che hanno già provveduto al versamento del canone e di compensare la RAI per le minori entrate derivanti da tale disposizione.
c) gli articoli 5 e 5-bis, del "Decreto Sostegni - bis" (D.L. n. 73/2021 - L. n. 106/2021);
L’articolo 5, comma 1, proroga sino al mese di luglio 2021 la riduzione della spesa sostenuta dalle utenze elettriche connesse in bassa tensione diverse dagli usi domestici (piccoli esercizi commerciali, artigiani, professionisti, servizi e piccoli laboratori) già disposta a favore di tali categorie per i mesi di aprile, maggio e giugno del 2021 dall’articolo 6, commi 1-4, del D.L. n. 41/2021. Si applicano le medesime modalità ivi previste. La proroga opera entro il limite di spesa di 200 milioni di euro per l’anno 2021.Il comma 2 dispone in relazione agli oneri predetti.
L’articolo 5-bis conferisce alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) l’importo complessivo di 1.200 milioni di euro, anche al fine del contenimento degli oneri in bolletta derivanti dagli adeguamenti delle tariffe del settore elettrico fissati dall'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) per il terzo trimestre dell'anno 2021.
d) l'articolo 1 del D.L. n. 130/2021 (L. n. 171/2021);
L’articolo 1, comma 1 conferisce, anche per il IV trimestre 2021, alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), l’importo di 1.200 milioni di euro destinati a parziale compensazione degli oneri generali di sistema per tutte le utenze elettriche, di cui 700 milioni specificamente destinati al sostegno delle misure di incentivazione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica. Si tratta di somme dei proventi delle aste delle quote di emissione di anidride carbonica (CO2) di competenza del MITE. Gli ulteriori 500 milioni sono trasferiti a CSEA entro il 15 dicembre 2021.
Il comma 2 dispone che l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) provveda ad annullare, per il IV trimestre 2021, le aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze domestiche e non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW. A tal fine, entro il 15 dicembre 2021, sono trasferite a CSEA ulteriori risorse, pari a 800 milioni di euro.
e) l'articolo 1, commi da 503 a 505, della legge di bilancio per il 2022 (L. n. 234/2021);
Il comma 503 prosegue l’intervento disposto con gli articoli 1, 2 e 3 del decreto-legge 27 settembre 2021, n. 130, che provvede alle stesse finalità per il IV trimestre 2021 e che, a sua volta, confermava la misura già prevista per il III trimestre del 2021 dall’articolo 5-bis del decreto-legge n. 73/2021 “Sostegni-bis” (legge n. 106/2021). Esso dispone che gli oneri generali di sistema per le utenze elettriche sono parzialmente compensati con le risorse di cui al comma 505. La misura riguarda il primo trimestre 2022 e prosegue quanto già disposto per il terzo trimestre del 2021 dall'articolo 5-bis del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (L. n. 106 del 2021) e per il quarto trimestre del 2021 dall'articolo 1 del decreto-legge 27 settembre 2021, n. 130 (l. n. 171 del 2021).
Il comma 504 affida all'ARERA altresì il compito di annullare, sempre per il primo trimestre 2022, le aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze domestiche e alle utenze non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW. L'intervento include anche la conferma della riduzione, già prevista a partire dal l° luglio 2021, per tutte le altre utenze elettriche non domestiche, della componente degli oneri generali di sistema che finanzia l'incentivazione delle fonti rinnovabili (Asos).
Ai sensi del comma 505, per le finalità di cui ai commi 503 e 504 si provvede al trasferimento alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), entro il 28 febbraio 2022, della somma pari a 1.800 milioni di euro.
f) l'articolo 14 del decreto "Sostegni ter" (D.L. n. 4/2022 - L. n. 25/2022);
L’articolo 14 dispone l’annullamento, per il primo trimestre dell’anno in corso, delle aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze con potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW anche connesse in media e alta/altissima tensione o per usi di illuminazione pubblica o di ricarica di veicoli elettrici in luoghi accessibili al pubblico (comma 1). Ai relativi oneri, pari a 1.200 milioni per il 2022, si provvede mediante corrispondente utilizzo di quota parte dei proventi delle aste delle quote di emissione di CO2 (commi 2 e 3). L’intervento qui in esame integra le misure già adottate dalla legge di bilancio 2022 (e sopra indicate) per contenere, sempre nel 1° trimestre dell’anno in corso, i costi della bolletta elettrica delle utenze domestiche e non domestiche in bassa tensione con potenza disponibile fino a 16,5 kW.
g) l'articolo 1 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia).
Relativamente al comparto del gas, il comma 1 richiama espressamente le seguenti disposizioni:
a) l'articolo 2 del D.L. n. 130/2021 (L. n. 171/2021);
L'articolo 2, comma 1, riduce l’aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali. Il comma 1 prevede in particolare che, in deroga a quanto previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), le somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali di cui all’articolo 26, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2021, sono assoggettate all’aliquota IVA del 5 per cento. Qualora le somministrazioni di cui al primo periodo siano contabilizzate sulla base di consumi stimati, l’aliquota IVA del 5 per cento si applica anche alla differenza derivante dagli importi ricalcolati sulla base dei consumi effettivi riferibili, anche percentualmente, ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2021.
L’articolo 2, comma 2, al fine di contenere per il quarto trimestre 2021 gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore del gas, dispone che l'ARERA provveda a ridurre, per il medesimo trimestre, le aliquote relative agli oneri generali di sistema per il settore del gas fino a concorrenza dell’importo di 480 milioni di euro. L’importo è trasferito alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) entro il 15 dicembre 2021.
b) l'articolo 1, commi da 506 a 508, della legge di bilancio per il 2022 (L. n. 234/2021;
Il comma 506 dispone la riduzione –con riferimento alle fatture emesse per i consumi dei primi tre mesi del 2022 - dell'aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali. Qualora le fatture riguardino consumi stimati, l'aliquota IVA del 5 per cento si applica anche alla differenza derivante dagli importi ricalcolati sulla base dei consumi effettivi riferibili, anche percentualmente, ai mesi di gennaio, febbraio e marzo 2022.
Il comma 507 affida all’ARERA il compito di ridurre – nel 1° trimestre 2022 - le aliquote relative agli oneri generali di sistema per il settore del gas, fino a concorrenza dell'importo di 480 milioni di euro. A tal fine un corrispondente importo è trasferito alla Cassa per i servizi energetici e ambientali entro il 28 febbraio 2022.
Ai fini del potenziamento del bonus sociale nel settore elettrico e in quello del gas, il comma 508 prevede che - per il primo trimestre 2022 - le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati o in gravi condizioni di salute e la compensazione per la fornitura di gas naturale sono rideterminate dall'ARERA in modo da minimizzare gli incrementi della spesa per la fornitura, previsti per il primo trimestre 2022, fino a concorrenza dell'importo di 912 milioni di euro. Anche in questo caso un corrispondente importo viene trasferito alla Cassa per i servizi energetici e ambientali, entro il 31 marzo 2022.
In attuazione del comma 508, si veda l'art. 4, comma 4.1, della deliberazione dell'ARERA 30 dicembre 2021, n. 635/2021/R/com.
c) l'articolo 2 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia).
Articolo 3
(Rafforzamento bonus sociale energia)
L’articolo 3 dispone che le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati ed ai clienti in gravi condizioni di salute e la compensazione per la fornitura di gas naturale siano rideterminate dall'ARERA in modo da minimizzare gli incrementi della spesa per la fornitura, previsti per il II trimestre 2022, fino a concorrenza dell'importo di 400 milioni di euro. L’importo è trasferito alla Cassa per i servizi energetici e ambientali - CSEA entro il 31 maggio 2022.
L’intervento in esame opera un rafforzamento dei bonus sociali per l’energia elettrica ed il gas e del bonus per disagio fisico per l’energia elettrica, al fine di contemperare l’aumento dei prezzi energetici.
Riprendendo quanto riportato nella relazione illustrativa e nella relazione tecnica, la misura si rivolge a coloro che versano in particolari condizioni di disagio economico, fisico e sociale (platea di oltre 3 milioni di famiglie per il bonus elettrico e 2 milioni di famiglie per il bonus sul gas), ed in particolare a famiglie con ISEE fino a 8.265 euro, famiglie numerose (con più di tre figli) con ISEE fino a 20.000 euro, percettori di reddito o pensione di cittadinanza, clienti domestici affetti da grave malattia o clienti domestici presso i quali vive un soggetto costretto ad utilizzare apparecchiature elettromedicali salvavita”.
Si rammenta che integrazioni ai bonus per il settore elettrico e del gas sono state già autorizzate sia per il IV trimestre 2021 che per il I trimestre 2022.
In particolare, sono state disposte integrazioni ai bonus esistenti con i seguenti interventi:
§ l’articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 130/2021, ha provveduto per il IV trimestre 2021 (periodo di competenza delle fatturazioni compreso tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021). I bonus sono stati resi operativi con la Delibera attuativa ARERA 396/2021/R/Com.
Come chiarito dall’Autorità, l’ammontare dei bonus sociali integrativi si somma a quelli delle compensazioni già riconosciute ai clienti del settore elettrico e ai clienti diretti del settore gas in stato di disagio economico (di cui alle Tabelle 1 e 2 dell’Appendice 2 all’Allegato A alla deliberazione 63/2021/R/com) e ai clienti del settore elettrico in stato di disagio fisico (di cui alla Tabella 1 dell’Appendice 2 all’Allegato D alla deliberazione 63/2021/R/com);
§ l’articolo 1, comma 508, della legge di bilancio per l’anno 2022 (l. n. 234/2021) ha provveduto per il I trimestre 2022 (periodo di competenza delle fatturazioni compreso tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2022). Per questo trimestre è intervenuta la Delibera attuativa ARERA 635/2021/R/Com. L'Autorità, nella audizione dell’8 febbraio 2022, ha rilevato che il potenziamento dei bonus, per il solo primo trimestre 2022, ha il fine di sostenere le famiglie in difficoltà con circa 600 euro, di cui 200 euro per l'elettricità (famiglia con 3-4 componenti) e 400 euro per il gas (famiglia fino a 4 componenti, con riscaldamento a gas in zona climatica D).
Si riportano di seguito tre Tabelle, tratte dal sito istituzionale dell’Autorità, che riportano l’entità, per il I trimestre 2022, del bonus per disagio economico nei due settori (elettricità e gas) e di quello per disagio fisico nel settore elettrico (per il settore del gas non il bonus disagio fisico non è previsto). Gli importi sono inclusivi dei bonus straordinari integrativi previsti dalla legge di bilancio 2022.
Con i bonus, non vengono corrisposte somme al beneficiario, ma gli importi del bonus vengono compensati nella bolletta.
Tabella 1: Bonus sociale elettrico per disagio economico nel I Trimestre 2022 (1° gennaio-31 marzo 2022) |
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Valori in vigore nel I trim. 2022 €/trimestre/punto di prelievo |
||
Bonus ordinario (CCE) |
Esempio fatturazione mensile (30gg) |
|
Numerosità familiare 1-2 componenti |
165,60 |
55,20 |
Numerosità familiare 3-4 componenti |
200,70 |
66,90 |
Numerosità familiare oltre 4 componenti |
235,80 |
78,60 |
Tabella 2: Bonus sociale elettrico per disagio fisico nel I Trimestre 2022 |
|||
Valori in vigore nel I trim. 2022 €/trimestre/punto di prelievo |
|||
Extra consumo rispetto a utente tipo (2700/kWh/anno) |
Fasce di potenza |
Bonus disagio fisico ordinario (CCE + Bonus straordinari c.d. Compensazione integrativa temporanea - CCI) |
Esempio fatturazione mensile |
FASCIA MINIMA fino a 600 kWh/anno |
fino a 3 kW |
90,00 |
30,00 |
3,5 kW |
99,90 |
33,30 |
|
4,0 kW |
102,60 |
34,20 |
|
da 4,5 kW in su |
152,10 |
50,70 |
|
FASCIA MEDIA tra 600 e 1200 kWh/anno |
fino a 3 kW |
153,90 |
51,30 |
3,5 kW |
160,20 |
53,40 |
|
4,0 kW |
162,90 |
54,30 |
|
da 4,5 kW in su |
215,10 |
71,70 |
|
FASCIA MASSIMA oltre 1200 kWh/anno |
fino a 3 kW |
222,30 |
74,10 |
3,5 kW |
225,00 |
75,00 |
|
4,0 kW |
228,60 |
76,20 |
|
da 4,5 kW in su |
277,20 |
92,40 |
L'importo del bonus viene scontato direttamente sulla bolletta elettrica suddiviso nelle diverse bollette corrispondenti ai consumi dei 12 mesi successivi alla presentazione della domanda. Ogni bolletta riporta una parte del bonus proporzionale al periodo cui la bolletta fa riferimento.
Tabella 3: bonus gas per disagio economico nel I Trimestre 2022 |
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Valori in vigore nel I trimestre 2022 €/trimestre per punto di riconsegna[10] bonus ordinario (CCG) + compensazione integrativa temporanea prevista per il I trimestre 2022 (CCI) |
|||||
Zona climatica |
|||||
A/B |
C |
D |
E |
F |
|
Famiglie fino a 4 componenti |
|||||
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura |
62,10 |
62,10 |
62,10 |
62,10 |
62,10 |
Riscaldamento |
143,10 |
210,60 |
315,90 |
431,10 |
508,50 |
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura + Riscaldamento |
205,20 |
272,70 |
378,00 |
493,20 |
571,50 |
Famiglie oltre a 4 componenti |
|||||
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura |
112,50 |
112,50 |
112,50 |
112,50 |
112,50 |
Riscaldamento |
192,60 |
290,70 |
440,10 |
602,10 |
704,70 |
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura + Riscaldamento |
304,20 |
402,30 |
552,60 |
714,60 |
816,30 |
I bonus attualmente vigenti sono diretti a contemperare il costo della bolletta energetica sostenuto da clienti finali domestici in condizione di disagio fisico o da clienti finali domestici in condizione di disagio economico. Non vengono corrisposte somme al beneficiario, ma gli importi del bonus vengono compensati nella bolletta.
L’accesso al bonus per disagio fisico è valevole per la bolletta elettrica e non anche per quella del gas e non presenta limiti reddituali, ma è rivolto ai soggetti che si trovano in gravi condizioni di salute e che utilizzano apparecchiature elettromedicali di cui al Decreto del Ministero della Salute del 13 gennaio 2011.
Il bonus per il disagio economico è invece ancorato a limiti reddituali e a tal fine necessita dell’ISEE (sulla cui determinazione incidono anche condizioni di invalidità ai sensi della normativa vigente, es. l. n. 104/1992). Il bonus sociale per disagio economico è riconosciuto sia per la bolletta del gas, che dell’energia elettrica.
La disciplina dei bonus sociali è contenuta nell'articolo 1, comma 375, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), il quale ha affidato ad un decreto del Ministro delle attività produttive, da adottare d'intesa con i Ministri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, il compito di definire i criteri per l'applicazione delle tariffe agevolate per l’energia elettrica ai clienti economicamente svantaggiati, prevedendo in particolare una revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere le famiglie economicamente disagiate. Sulla base di tale disposizione è stato adottato il decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007, citato dall’articolo qui in esame.
Lo stesso decreto ha disciplinato anche i criteri per individuare i clienti aventi diritto alle tariffe agevolate per gravi condizione di salute[11].
A sua volta, l'articolo 3, comma 9, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (l. n. 2 del 2009), citato anch’esso dall’articolo in esame, ha esteso il diritto alla tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007 anche ai clienti domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute, tali da richiedere l'utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche, alimentate ad energia elettrica, necessarie per il loro mantenimento in vita.
Ai sensi della medesima disposizione - dal 1° gennaio 2009 - le famiglie economicamente svantaggiate aventi diritto all'applicazione delle tariffe agevolate per la fornitura di energia elettrica hanno diritto anche alla compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale.
L’articolo 5, comma 7, del decreto-legge 18 gennaio 2019, n. 4, ha accordato ai beneficiari del reddito o della pensione di cittadinanza le agevolazioni relative alle tariffe elettriche riconosciute alle famiglie economicamente svantaggiate e quelle relative alla compensazione per la fornitura di gas naturale, alle stesse applicabili.
Si ricorda che in base all’articolo 57-bis, comma 5, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (l. n. 157 del 2019), dal 1° gennaio 2021, i bonus sociali per la fornitura dell'energia elettrica e del gas naturale a cittadini in condizioni di disagio economico [12], sono riconosciuti automaticamente a tutti i soggetti il cui indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) in corso di validità sia compreso entro i limiti stabiliti dalla legislazione vigente. La norma ha demandato all’ARERA di definire, con propri provvedimenti, le modalità applicative per l'erogazione delle compensazioni nonché, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, le modalità di condivisione delle informazioni relative agli aventi diritto ai bonus tra il Sistema informativo integrato (Sii) e il Sistema di gestione delle agevolazioni sulle tariffe energetiche (Sgate) al fine di assicurare il pieno riconoscimento ai cittadini delle altre agevolazioni sociali previste. Ai sensi del comma 6 dell’articolo 57-bis l’ARERA ha stipulato un'apposita convenzione con l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) al fine di assicurare una capillare diffusione tra i cittadini delle informazioni concernenti i bonus sociali.
Le modalità operative per l’accesso ai bonus sono dettagliatamente illustrate da ARERA (si rinvia alle apposite pagine) e sul sito dell’ANCI.
La Tabella nella pagina seguente, tratta dalla Memoria depositata da ARERA, nell'audizione dell'8 febbraio 2022, presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti riporta gli interventi in termini di importo stanziato e di relativa manovra da parte di ARERA a tutela dei consumatori. La Tabella non riporta le misure favore delle imprese energivore per la riduzione del caro bolletta, adottate con il decreto-legge n. 4/2022, cd. “Sostegni ter”, che non rilevano in questa sede[13].
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Articolo 3-bis
(Strategia nazionale contro la povertà energetica)
L’articolo 3-bis - introdotto in sede referente - integra al comma 1 la vigente disciplina relativa ai clienti vulnerabili e in condizioni di povertà energetica di cui all'articolo 11 del d.lgs. n. 210/2021[14], che viene quindi novellato con l'introduzione dei nuovi commi da 6-bis a 6-quinquies. Il nuovo comma 6-bis affida a un decreto del Ministro della transizione ecologica, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, l'adozione della Strategia nazionale contro la povertà energetica sulla base dei dati forniti dall'Osservatorio nazionale della povertà energetica, disciplinato dal vigente articolo 11 del d.lgs. n. 210/2021 ai commi 5 e 6. In base al comma 6-ter, la Strategia nazionale contro la povertà energetica stabilisce obiettivi indicativi periodici, per l'elaborazione, a livello nazionale, di misure strutturali e di lungo periodo e per l'integrazione delle azioni in corso di esecuzione e di quelle programmate nell'ambito delle politiche pubbliche al fine di contrastare in modo omogeneo ed efficace il fenomeno della povertà energetica. Il comma 6-quater prevede che lo schema della Strategia nazionale contro la povertà energetica è sottoposto a consultazione pubblica e gli esiti della consultazione sono incorporati, in forma sintetica, nella versione definitiva della Strategia medesima. In fase di attuazione delle misure previste dalla Strategia sono svolte consultazioni pubbliche periodiche, in modo da favorire un'ampia partecipazione, per la valutazione dell'aggiornamento della Strategia medesima. Il comma 6-quinquies reca la clausola d'invarianza finanziaria.
La povertà energetica nel PNIEC
Secondo quanto si evince dal PNIEC, pp. 201-203, in generale, le politiche di contrasto alla povertà energetica possono essere classificate in tre tipologie:
1. politiche per ridurre la spesa energetica delle famiglie (e.g. bonus o tariffe sociali);
2. politiche per migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni (regolamenti, agevolazioni fiscali, certificati prestazione energetica, energy tutor, ecc.);
3. sussidi a famiglie con redditi bassi.
In Italia esistono diversi strumenti afferenti ai primi due gruppi. Al primo gruppo (riduzione spesa energetica) appartengono i bonus elettrico e gas e due detrazioni fiscali su elettricità e combustibili per riscaldamento. I bonus elettrico e gas erogano, sotto forma di sconto in bolletta, un importo che varia in base al numero dei componenti e, per il solo bonus gas, anche in base alla zona climatica e al tipo di uso. L’accesso è vincolato a un valore dell’ISEE inferiore a 8.107,50 euro, elevato a 20 mila euro per le famiglie numerose (con più di 3 figli a carico). A questi bonus si aggiunge uno sconto per la bolletta elettrica delle persone la cui sopravvivenza dipende da macchinari medicali salva-vita (c.d. “bonus per disagio fisico”), concesso indipendentemente dal reddito. Nel 2017 il complesso di questi bonus aveva comportato una spesa di 166 mln€. Nel 2018 l’ammontare complessivo delle erogazioni per il bonus elettrico è stato pari a circa 120 mln€, per il bonus gas pari a circa 64 mln€; tra l’avvio del meccanismo e il 31 dicembre 2018, circa 2,9 milioni di famiglie hanno beneficiato per almeno una volta del bonus elettrico, circa 1,8 milioni del bonus gas. Si tratta, in entrambi i casi, di valori con ampi margini di crescita: il rapporto fra nuclei familiari effettivamente agevolati e nuclei potenzialmente destinatari dei bonus (cosi come individuati sulla base dell’indicatore ISEE), infatti, è stimato dall’ARERA tra il 30% e il 35%. Al fine di estendere l’accesso alla misura, negli ultimi 12 mesi sono state introdotte misure di coordinamento con altre misure di politica sociale esistenti. In particolare, ai sensi dell’articolo 5, comma 7, del Decreto Legge 20 gennaio 2019, n.4 (convertito con modificazioni dalla Legge 28 marzo 2019, n.26), i beneficiari del reddito di cittadinanza (o pensione di cittadinanza) istituito con il medesimo decreto hanno accesso automatico al bonus sociale elettrico e gas
In aggiunta ai bonus vi sono due detrazioni che riducono, rispettivamente, l’accisa sui primi 150 kWh di consumo mensile delle famiglie italiane e il prezzo dei combustibili usati per il riscaldamento in Sardegna e nelle aree montuose/isole minori.
Per quanto riguarda le misure per l’efficienza energetica delle abitazioni, si distingue la detrazione fiscale per la riqualificazione energetica degli edifici (c.d. Ecobonus); tale strumento è stato esteso dapprima (Legge di Bilancio 2017) alle famiglie in povertà energetica, mediante la facoltà di cessione del credito per i soggetti incapienti e successivamente (Legge di Bilancio 2018) è stata prevista l’estensione agli Istituti autonomi per le case popolari/social housing. In generale, le politiche di contrasto alla povertà energetica possono essere classificate in tre tipologie:
1. politiche per ridurre la spesa energetica delle famiglie (e.g. bonus o tariffe sociali);
2. politiche per migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni (regolamenti, agevolazioni fiscali, certificati prestazione energetica, energy tutor, ecc.);
3. sussidi a famiglie con redditi bassi.
In Italia esistono diversi strumenti afferenti ai primi due gruppi. Al primo gruppo (riduzione spesa energetica) appartengono i bonus elettrico e gas e due detrazioni fiscali su elettricità e combustibili per riscaldamento. I bonus elettrico e gas erogano, sotto forma di sconto in bolletta, un importo che varia in base al numero dei componenti e, per il solo bonus gas, anche in base alla zona climatica e al tipo di uso. L’accesso è vincolato a un valore dell’ISEE inferiore a 8.107,50 euro, elevato a 20 mila euro per le famiglie numerose (con più di 3 figli a carico). A questi bonus si aggiunge uno sconto per la bolletta elettrica delle persone la cui sopravvivenza dipende da macchinari medicali salva-vita (c.d. “bonus per disagio fisico”), concesso indipendentemente dal reddito. Nel 2017 il complesso di questi bonus aveva comportato una spesa di 166 mln€. Nel 2018 l’ammontare complessivo delle erogazioni per il bonus elettrico è stato pari a circa 120 mln€, per il bonus gas pari a circa 64 mln€; tra l’avvio del meccanismo e il 31 dicembre 2018, circa 2,9 milioni di famiglie hanno beneficiato per almeno una volta del bonus elettrico, circa 1,8 milioni del bonus gas. Si tratta, in entrambi i casi, di valori con ampi margini di crescita: il rapporto fra nuclei familiari effettivamente agevolati e nuclei potenzialmente destinatari dei bonus (cosi come individuati sulla base dell’indicatore ISEE), infatti, è stimato dall’ARERA tra il 30% e il 35%. Al fine di estendere l’accesso alla misura, negli ultimi 12 mesi sono state introdotte misure di coordinamento con altre misure di politica sociale esistenti. In particolare, ai sensi dell’articolo 5, comma 7, del Decreto Legge 20 gennaio 2019, n.4 (convertito con modificazioni dalla Legge 28 marzo 2019, n.26), i beneficiari del reddito di cittadinanza (o pensione di cittadinanza) istituito con il medesimo decreto hanno accesso automatico al bonus sociale elettrico e gas
In aggiunta ai bonus vi sono due detrazioni che riducono, rispettivamente, l’accisa sui primi 150 kWh di consumo mensile delle famiglie italiane e il prezzo dei combustibili usati per il riscaldamento in Sardegna e nelle aree montuose/isole minori.
Per quanto riguarda le misure per l’efficienza energetica delle abitazioni, si distingue la detrazione fiscale per la riqualificazione energetica degli edifici (c.d. Ecobonus); tale strumento è stato esteso dapprima (Legge di Bilancio 2017) alle famiglie in povertà energetica, mediante la facoltà di cessione del credito per i soggetti incapienti e successivamente (Legge di Bilancio 2018) è stata prevista l’estensione agli Istituti autonomi per le case popolari/social housing.
La priorità per la strategia di contrasto alla povertà energetica prevede alcune azioni principali:
1. creazione di un Osservatorio istituzionale sulla povertà energetica;
2. revisione degli strumenti esistenti, in particolar modo i bonus elettrico e gas;
3. sussidi a famiglie con redditi bassi;
4. istituzione di un programma di efficientamento degli edifici di edilizia popolare.
Con riferimento alla prima azione, al fine di meglio coordinare gli sforzi esistenti, considerata anche la frammentarietà delle competenze e delle risorse, all’inizio del 2020 il Ministero dello Sviluppo Economico istituirà un Osservatorio Istituzionale sulla Povertà Energetica, operativamente coordinato dal GSE ma al quale saranno chiamati a far parte diversi soggetti e istituzioni, che rivestirà il ruolo di focal point sul tema della PE a livello sia nazionale sia internazionale. All’Osservatorio, tra l’altro, sarà affidato l’incarico di rilevare e monitorare il fenomeno nonché di supportare il decisore pubblico nell’individuazione di opportune politiche di contrasto, anche attraverso azioni di comunicazione, promozione, formazione e assistenza a soggetti pubblici, operatori e stakeholders.
L'articolo 11 del d.lgs. n. 210/2021, qui novellato, dà attuazione al criterio previsto dall'articolo 12, comma 1 lettera e), della legge n. 53/2021, concernente l'aggiornamento del quadro normativo in materia di protezione dei clienti vulnerabili e in condizioni di povertà energetica.
Al comma 1 sono definiti clienti vulnerabili i clienti civili (domestici) che si trovano in condizioni di svantaggio economico o che versano in gravi condizioni di salute e che per tali ragioni utilizzano dispositivi medico-terapeutici necessari per il mantenimento in vita e perciò non disalimentabili; coloro presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute e che per tali ragioni utilizzano dispositivi medico-terapeutici necessari per il mantenimento in vita; i soggetti con disabilità ai sensi della legge n. 104/1992; i clienti le cui utenze sono ubicate nelle isole minori non interconnesse e le cui utenze sono ubicate in strutture abitative di emergenza a seguito di eventi calamitosi; i clienti civili con età anagrafica superiore a 75 anni.
Il comma 2 prevede che ai clienti vulnerabili e in condizioni di povertà energetica, al momento della cessazione del servizio di maggior tutela, i fornitori sono tenuti ad offrire la fornitura di energia elettrica ad un prezzo che rifletta il costo dell'energia nel mercato all'ingrosso, i costi efficienti del servizio di commercializzazione e le condizioni contrattuali e di qualità del servizio, definiti dall'ARERA.
Il comma 5 demanda a un decreto del Ministro della transizione ecologica, che avrebbe dovuto essere adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del d.lgs. 210/2021 (cioè dal 26 dicembre 2021), l'istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, presso il Ministero della transizione ecologica, dell'Osservatorio nazionale della povertà energetica. L'Osservatorio è un organo collegiale composto da sei membri nominati con decreto del Ministro della transizione ecologica. Dei sei membri, due, compreso il Presidente dell'Osservatorio, sono designati dal Ministro della transizione ecologica; uno dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali; uno dal Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili; uno dalla Conferenza Stato-regioni; uno dall'ARERA. L'Osservatorio si avvale del supporto tecnico del Gestore dei servizi energetici S.p.a. e di Acquirente Unico S.p.a. La partecipazione all'Osservatorio non prevede il riconoscimento di compensi, rimborsi spese, gettoni di presenze ed altri emolumenti comunque denominati.
Il comma 6 prevede che l'Osservatorio: a) propone al Ministero della transizione ecologica e all'ARERA misure di contrasto alla povertà energetica, anche attraverso azioni di comunicazione, formazione e assistenza a soggetti pubblici ed enti rappresentativi dei portatori di interesse; b) effettua, con cadenza biennale, il monitoraggio del fenomeno della povertà energetica a livello nazionale, anche ai fini della comunicazione integrata sulla povertà energetica di cui all'articolo 24 del regolamento (UE) 2018/1999[15]; c) anche ai fini di cui alla lettera b), elabora criteri per l'elaborazione del numero di famiglie in condizioni di povertà energetica.
L'articolo 4, comma 1, riconosce alle imprese a forte consumo di energia elettrica che hanno subito un significativo incremento del relativo costo, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari al 20 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022. Il comma 2 chiarisce che il credito di imposta è riconosciuto anche in relazione alla spesa per l’energia elettrica prodotta a auto consumata dalle imprese energivore nel secondo trimestre 2022.
Il comma 1 dell'articolo in esame riconosce alle imprese a forte consumo di energia elettrica (cosiddette "energivore") che hanno subito un significativo incremento del relativo costo, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari al 20 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022.
Le imprese a forte consumo di energia elettrica sono identificate, in base alle disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017, come quelle che hanno un consumo medio di energia elettrica, calcolato nel periodo di riferimento, pari ad almeno 1 GWh/anno e che rispettano uno dei seguenti requisiti:
a) operano nei settori dell’Allegato 3 alla Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (estrazione di minerali, produzione di oli e grassi, tessitura, produzione di cemento, fabbricazione di componenti elettronici, etc.);
b) operano nei settori dell’Allegato 5 alla Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (altri settori minerari e manifatturieri non inclusi nell'allegato 3) e sono caratterizzate da un indice di intensità elettrica positivo determinato, sul periodo di riferimento, in relazione al valor medio triennale del valore aggiunto lordo a prezzi di mercato non inferiore al 20 per cento;
c) non rientrano fra quelle di cui ai precedenti punti a) e b), ma sono ricomprese negli elenchi delle imprese a forte consumo di energia redatti, per gli anni 2013 o 2014, dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) in attuazione dell’articolo 39 del decreto legge n. 83 del 2012;
Per "periodo di riferimento" si intende, per l'anno di competenza “N” in cui si fruisce dell'agevolazione, il triennio che va da “N-4” a “N-2”, salvo che per le imprese di più recente costituzione.
Il contributo è destinato a tali imprese, là dove risulti un incremento significativo del costo dell'energia, ovvero nel caso in cui i cui costi per kWh della componente energia elettrica, calcolati sulla base della media del primo trimestre 2022 ed al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, subiscano un incremento superiore al 30 per cento relativo al medesimo periodo dell'anno 2019, anche tenuto conto di eventuali contratti di fornitura di durata stipulati dall'impresa.
Il comma 2 chiarisce che il credito di imposta è riconosciuto anche in relazione alla spesa per l’energia elettrica prodotta e autoconsumata dalle imprese energivore nel secondo trimestre 2022.
In tal caso, l’incremento del costo è calcolato con riferimento alla variazione del prezzo unitario dei combustibili acquistati ed utilizzati dall’impresa per la produzione della medesima energia elettrica e il credito di imposta è determinato con riguardo al prezzo convenzionale dell’energia elettrica pari alla media, relativa al secondo trimestre 2022, del prezzo unico nazionale dell’energia elettrica (PUN, ovvero il prezzo di riferimento dell'energia elettrica in Italia acquistata alla borsa elettrica).
Il comma 3 specifica che il credito d'imposta:
§ è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, n. 241. Non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007, e di cui all'articolo 34 della legge n. 388 del 2000. Al riguardo, si ricorda che l’articolo 22 del decreto legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) aveva modificato per l'anno 2021 il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili per soggetti intestatari di conto fiscale individuato dal menzionato articolo 34, elevandolo a 2 milioni di euro. Tale limite è stato reso strutturale dalla legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, comma 72 della legge n. 234 del 2021) a decorrere dal 2022. Resta fermo il limite di compensazione annuale per le agevolazioni alle imprese, di cui alla già menzionata legge n. 244 del 2007, pari a 250.000 euro.
§ non concorre alla formazione del reddito d'impresa né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);
§ non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR), né rispetto ai criteri di inerenza delle altre spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR;
§ è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
Il comma 4 reca la stima degli oneri previsti per l'anno 2022 con riferimento all'utilizzo della misura agevolativa in argomento, pari a 700 milioni di euro.
Il comma 5 prevede che il MEF svolga il monitoraggio delle fruizioni del credito d'imposta in esame, ai sensi dell'articolo 17, comma 13, della legge n. 196 del 2009, per verificare che la sua attuazione non rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assumendo tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione.
Articolo 4, comma 5-bis
(Recupero dei rifiuti nei cementifici)
Il comma 5-bis dell’articolo 4, inserito in sede referente, prevede una disposizione transitoria (applicabile fino al 31 dicembre 2022) secondo cui, in deroga ai vigenti atti autorizzativi, in caso di impianti di produzione di cemento autorizzati allo svolgimento delle operazioni di recupero di rifiuti “R1” (utilizzazione dei rifiuti principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia) con limiti quantitativi orari, giornalieri o riferiti ad altro periodo inferiore all'anno, si considera vincolante soltanto il quantitativo massimo annuo di utilizzo, limitatamente ai quantitativi effettivamente avviati al recupero energetico.
Il comma 5-bis dell’articolo 4, inserito in sede referente, prevede – al fine di mitigare gli aumenti dei costi delle fonti energetiche, in particolare per le imprese del settore del cemento – che, in deroga ai vigenti atti autorizzativi, in caso di impianti di produzione di cemento autorizzati allo svolgimento delle operazioni di recupero di rifiuti “R1” con limiti quantitativi orari, giornalieri o riferiti ad altro periodo inferiore all'anno, si considera vincolante soltanto il quantitativo massimo annuo di utilizzo, limitatamente ai quantitativi effettivamente avviati al recupero energetico.
In base all’allegato C alla parte IV del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006), che elenca le operazioni di recupero dei rifiuti, l’operazione “R1” consiste nell’utilizzazione (di rifiuti) principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia.
Si ricorda altresì che la disciplina degli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti è recata dal titolo III-bis della parte IV del Codice dell'ambiente (artt. da 237-bis a 237-duovicies). In base all’art. 237-ter del Codice, per “impianto di coincenerimento” si intende “qualsiasi unità tecnica, fissa o mobile, la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di materiali e che utilizza rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a trattamento termico ai fini dello smaltimento, mediante ossidazione dei rifiuti, nonché altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. Nella nozione di impianto di coincenerimento si intendono compresi: il sito e l'intero impianto, compresi le linee di coincenerimento, la ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento e lo stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione dei rifiuti, del combustibile ausiliario e dell'aria di combustione, i generatori di calore, le apparecchiature di trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di coincenerimento, le installazioni di trattamento degli scarichi gassosi, i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo delle varie operazioni e di registrazione e monitoraggio delle condizioni di coincenerimento. Se per il trattamento termico dei rifiuti sono utilizzati processi diversi dall'ossidazione, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione o il processo al plasma, l'impianto di coincenerimento dei rifiuti include sia il processo di trattamento termico che il successivo processo di coincenerimento”.
Viene altresì precisato che la deroga in questione:
§ si applica previa comunicazione all'autorità competente che ha rilasciato l'autorizzazione e all'agenzia regionale per la protezione ambientale territorialmente competente;
§ si applica dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge fino al 31 dicembre 2022;
§ opera a condizione che vengano rispettati i limiti tecnici impiantistici previsti dalle disposizioni in materia di prevenzione degli incendi e dalle disposizioni in materia di elaborazione dei piani di emergenza interna per gli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti (previsti dall'art. 26-bis del D.L. 113/2018).
L'articolo 5, comma 1, riconosce alle imprese a forte consumo di gas naturale che hanno subito un significativo incremento del relativo costo, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari al 15 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici.
Il comma 1 dell'articolo in esame riconosce alle imprese a forte consumo di gas naturale (cosiddetti "gasivore") che hanno subito un significativo incremento del relativo costo, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari al pari al 15 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici.
Le imprese a forte consumo di gas naturale sono identificate (comma 2), facendo riferimento alle disposizioni del decreto del Ministro della Transizione ecologica 21 dicembre 2021, come quelle che:
a) operano nei settori elencati nell'allegato 1 al medesimo decreto;
b) che hanno un consumo medio di gas naturale, calcolato per il periodo di riferimento, pari ad almeno 1 GWh/anno (ovvero 94.582 Sm3/anno, considerando un potere calorifico superiore per il gas naturale pari a 10,57275 kWh/Sm3); e
c) hanno consumato, nel primo trimestre solare dell’anno 2022, un quantitativo di gas naturale per usi energetici non inferiore al 25 per cento di tale volume di gas naturale (indicato all’articolo 3, comma 1, del medesimo decreto), al netto dei consumi di gas naturale impiegato in usi termoelettrici.
Per "periodo di riferimento" si intende, per l'anno di competenza “N” in cui si fruisce dell'agevolazione, il triennio che va da “N-4” a “N-2”, salvo che per le imprese di più recente costituzione. Al riguardo, si rappresenta che la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), nel rispetto delle disposizioni impartite dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), è tenuta a costituire, in riferimento a ciascun anno di competenza, l’Elenco delle imprese a forte consumo di gas naturale.
Il contributo è destinato a tali imprese, là dove risulti un incremento significativo del costo dell'energia, ovvero nel caso in cui il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al medesimo trimestre, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore del Mercati Energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al primo trimestre dell’anno 2019.
Il comma 3 specifica che il credito d'imposta:
§ è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, n. 241. Non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007, e di cui all'articolo 34 della legge n. 388 del 2000. Al riguardo, si ricorda che l’articolo 22 del decreto legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) aveva modificato per l'anno 2021 il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili per soggetti intestatari di conto fiscale individuato dal menzionato articolo 34, elevandolo a 2 milioni di euro. Tale limite è stato reso strutturale dalla legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, comma 72 della legge n. 234 del 2021) a decorrere dal 2022. Resta fermo il limite di compensazione annuale per le agevolazioni alle imprese, di cui alla già menzionata legge n. 244 del 2007, pari a 250.000 euro.
§ non concorre alla formazione del reddito d'impresa né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);
§ non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR), né rispetto ai criteri di inerenza delle altre spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR;
§ è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
Il comma 4 reca la stima degli oneri previsti per l'anno 2022 con riferimento all'utilizzo della misura agevolativa in argomento, pari a 522,2 milioni di euro. Il comma 5 prevede che il MEF svolga il monitoraggio delle fruizioni del credito d'imposta in esame, ai sensi dell'articolo 17, comma 13, della legge n. 196 del 2009, per verificare che la sua attuazione non rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assumendo tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione.
Articolo 6
(Interventi in favore del settore dell’autotrasporto)
L’articolo 6 incrementa di 25 milioni di euro complessivi per l’anno 2022 il sostegno finanziario per l’autotrasporto.
Lo scopo della disposizione è duplice:
§ compensare gli effetti dell’incremento dei prezzi dei prodotti energetici;
§ consentire la deduzione forfetaria di spese non documentate (commi 1 e 2).
Essa concede, inoltre, alle imprese italiane di logistica e di trasporto delle merci in conto terzi, un credito d’imposta per l’acquisto del componente AdBlue per la trazione dei mezzi di ultima generazione Euro VI/D (commi 3 e 4) nonché Euro VI/C, Euro VI/B, Euro VI/A ed Euro V, secondo una modifica approvata nel corso dell’esame in Commissione e per l’acquisto di metano (GNL) utilizzato per l’autotrazione dei mezzi (commi 5 e 6).
In dettaglio, il comma 1 incrementa di 20 milioni di euro, per l’anno 2022, l’autorizzazione di spesa per il Comitato centrale per l'Albo degli autotrasportatori, prevista dall’articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 451 del 1998.
L’autorizzazione è finalizzata, come evidenziato nella Relazione tecnica, a consentire la riduzione compensata dei pedaggi autostradali, nelle percentuali previste dalla disciplina europea: gli stanziamenti a legislazione vigente ammontano attualmente a circa 148 milioni di euro, ai quali si aggiungono i 20 milioni qui stanziati in modo da consentire una riduzione dei pedaggi pari a circa l’11 per cento.
Si ricorda, infatti, che il citato Comitato centrale, disciplinato dal decreto legislativo n. 284 del 2005, è finanziato tramite le quote annuali di iscrizione delle imprese all’Albo (istituito dalla legge n. 298 del 1974) che vengono approvate dal MIMS, nonché tramite gli stanziamenti previsti dal decreto-legge n. 451 del 1998, nell’ambito dei quali viene finanziata la riduzione compensata dei pedaggi autostradali, consentita dalla direttiva europea n. 1999/62/CE c.d. "Eurovignette" purché (articolo 7, comma 4-ter), gli sconti non superino il 13 per cento del pedaggio pagato dagli autoveicoli equivalenti cui lo sconto o riduzione non è applicabile.
Per le medesime finalità, il comma 2 incrementa di 5 milioni di euro per l'anno 2022 l'autorizzazione di spesa annuale ordinaria al settore dell’autotrasporto (che, dal 2019, è pari a 240 milioni di euro annui), prevista dall'articolo 1, comma 150, della legge n. 190 del 2014. L’incremento è, in particolare, finalizzato ad aumentare la deduzione forfetaria di spese non documentate, di cui all'articolo 1, comma 106, della legge n. 266 del 2005.
Si ricorda che un analogo incremento di 5 milioni per tali spese era stato concesso, per il 2020, dall’art. 84, comma 1, del decreto-legge n. 104 del 2020.
Per approfondimenti sui contributi al settore dell’autotrasporto, si rinvia al relativo Tema pubblicato sul Portale di documentazione della Camera dei deputati.
Il comma 3 riconosce un contributo sotto forma di credito d’imposta, per il 2022, alle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia, ed esercenti attività logistica e di trasporto delle merci in conto terzi con mezzi di trasporto di ultima generazione Euro VI/D a bassissime emissioni inquinanti, nonché con mezzi di trasporto Euro VI/C, Euro VI/B, Euro VI/A ed Euro V, a seguito di una modifica approvata in Commissione, che estende pertanto la possibilità di fruire del credito d’imposta a tutti i veicoli euro VI e anche per gli Euro V. Il credito è pari al 15 per cento del costo di acquisto, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, del componente AdBlue che è necessario per la trazione di tali mezzi e i cui prezzi sono saliti a causa dell’aumento del costo del metano necessario per produrre tale componente: si tratta, infatti, di un elemento che abbatte le emissioni di ossidi di azoto (NOx) nei motori diesel di ultima generazione e ne consente l’utilizzo al posto di mezzi più obsoleti.
Si ricorda che la disciplina delle emissioni Euro VI prevede varie sottocategorie, da A a D, che sono entrate in vigore progressivamente, per i veicoli nuovi da immatricolare, a partire dal 2016 e fino al 2021. La normativa Euro 5 è entrata in vigore dall’ottobre 2008. Dal 1° gennaio 2021 è obbligatorio immatricolare veicoli che abbiano il livello di emissioni Euro 6/D. Il regolamento (CE) n. 715 del 2007 disciplina l'omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni da veicoli passeggeri e commerciali leggeri Euro 5 ed Euro 6 e la direttiva quadro n. 2007/46/CE ha regolato l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché i sistemi, le componenti e le entità tecniche dei veicoli. Con il regolamento (UE) 2017 del 1151 è stata poi introdotta una nuova procedura di prova delle emissioni dei veicoli che attua il collaudo per i veicoli leggeri armonizzato a livello mondiale (WLTP). Quest'ultima procedura prevede condizioni più rigorose e più dettagliate per l'esecuzione delle prove relative alle emissioni all'atto dell'omologazione; è stata inoltre introdotta una nuova metodologia per controllare le emissioni dei veicoli in condizioni di guida reali, la procedura di prova RDE. La definizione dei nuovi standard Euro VII da parte della Commissione UE è tutt’ora in corso ed è stata rinviata a luglio 2022.
L’acquisto deve essere comprovato mediante le relative fatture. Il limite massimo di stanziamento per tale agevolazione è fissato in 29,6 milioni di euro.
Circa le modalità di fruizione del credito d’imposta, la disposizione specifica che il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione con F24, ai sensi dell’'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997. Non si applicano i limiti di utilizzo dei crediti di imposta di cui all’articolo 34, comma 1, della legge n. 388 del 2000 e di cui all’articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007.
Si ricorda che l’articolo 22 del decreto-legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) aveva modificato per l'anno 2021 il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili per soggetti intestatari di conto fiscale individuato dal menzionato articolo 34, elevandolo a 2 milioni di euro. Tale limite è stato reso strutturale dalla legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, comma 72 della legge n. 234 del 2021) a decorrere dal medesimo anno. Resta fermo il limite di compensazione annuale per le agevolazioni alle imprese, di cui alla già menzionata legge n. 244 del 2007, pari a 250.000 euro.
Il credito d'imposta, inoltre, non concorre alla formazione del reddito d'impresa né della base imponibile dell'IRAP (imposta regionale sulle attività produttive) e non rileva ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi e degli altri componenti negativi, di cui rispettivamente agli articoli 61 e 109, comma 5, TUIR (d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917); il credito è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile IRAP, non porti al superamento del costo sostenuto.
Il comma 4 specifica che le disposizioni relative al credito d’imposta si applicano nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato e che ai relativi adempimenti europei provvederà il MIMS.
Per le disposizioni di attuazione relative al credito d’imposta, con particolare riguardo alle procedure di concessione, anche ai fini del rispetto del limite di spesa previsto, nonché alla documentazione richiesta, alle condizioni di revoca e all'effettuazione dei controlli, la disposizione rinvia ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro della transizione ecologica e con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni.
Con il comma 5 si riconosce alle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia ed esercenti attività logistica e di trasporto delle merci in conto terzi con mezzi di trasporto ad elevata sostenibilità ad alimentazione alternativa a metano liquefatto, un credito d’imposta, sempre per l’anno 2022, nella misura del 20 per cento delle spese sostenute, al netto dell’imposta sul valore aggiunto e nel limite massimo di spesa di 25 milioni di euro, per l’acquisto di gas naturale (metano) liquefatto (GNL) utilizzato per la trazione dei mezzi, comprovato sempre mediante le relative fatture d’acquisto.
Valgono, anche in tale caso, le regole per la fruizione del credito previste dal precedente comma 3: il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione senza applicazione dei già menzionati limiti, non concorre alla formazione del reddito d'impresa né della base imponibile IRAP e non rileva ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi e degli altri componenti negativi (articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR); il credito è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
Si prevede anche in questo caso, con il comma 6, l’applicazione dell’agevolazione nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, ai cui adempimenti europei provvede il MIMS.
Si rinvia inoltre ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro della transizione ecologica e con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni, la definizione dei criteri e le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 5, con particolare riguardo alle procedure di concessione, anche ai fini del rispetto del limite di spesa previsto, nonché alla documentazione richiesta, alle condizioni di revoca e all'effettuazione dei controlli.
Il comma 7 reca la copertura finanziaria della norma, per complessivi 79,6 milioni di euro per l’anno 2022, a cui si provvede ai sensi dell’articolo 42.
Articolo 7
(Contributi per le associazioni e società sportive dilettantistiche)
L’articolo 7, modificato in sede referente, ai commi da 1 a 3-bis, destina contributi a fondo perduto, pari a 40 milioni di euro per l'anno 2022, in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche maggiormente colpite dagli aumenti dei prezzi nel settore elettrico, con specifico riferimento a quelle che gestiscono impianti sportivi e piscine. Ai sensi dei commi 3-ter e 3-quater, inseriti in sede referente, vengono prorogati fino al 31 luglio 2022 i termini dei versamenti tributari e contributivi dovuti dalle federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva e le associazioni e società sportive professionistiche e dilettantistiche.
A tal fine, l'articolo opera un corrispondente incremento della dotazione, per il corrente anno, del Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano (comma 3) e, contestualmente, amplia le finalità del Fondo stesso prevedendo che le relative risorse possano essere parzialmente destinate all'erogazione dei richiamati contributi per le associazioni e società sportive (comma 1).
Alla copertura degli oneri derivanti dal comma 3, pari a 40 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede ai sensi delle disposizioni finanziarie recate dall’articolo 42 del provvedimento in esame (comma 3-bis, introdotto in sede referente).
L'intervento, come precisa il comma 1, mira a far fronte alla crisi economica determinatasi dagli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e ridurne gli effetti distorsivi nei confronti delle medesime associazioni e società sportive, specie quelle che, gestendo impianti sportivi e piscine, risultano maggiormente colpite.
Al riguardo, la Relazione illustrativa richiama l’esponenziale aumento, registrato negli ultimi mesi, del costo dell’energia termica ed elettrica, che ha inflitto un ulteriore severo colpo ai già precari piani economici e finanziari dei gestori di impianti sportivi, già severamente provati dalle misure messe in atto per contenere la diffusione del virus SARS-CoV-2.
Il Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano è stato istituito presso l'Ufficio per lo sport (che ha successivamente assunto configurazione dipartimentale con DPCM 29 maggio 2020) della Presidenza del Consiglio dei ministri, dall'articolo 1, comma 369, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
Ai sensi del richiamato comma 369, al fine di sostenere il potenziamento del movimento sportivo italiano è istituito il «Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano», con una dotazione pari a 12 milioni di euro per l'anno 2018, 7 milioni per l'anno 2019, 8,2 milioni per l'anno 2020 e 10,5 milioni a decorrere dall'anno 2021. Tali risorse sono destinate a finanziare progetti collegati a una delle seguenti finalità: incentivare l'avviamento all'esercizio della pratica sportiva delle persone disabili mediante l'uso di ausili per lo sport; sostenere la realizzazione di eventi calcistici e di altri eventi sportivi di rilevanza internazionale; sostenere la maternità delle atlete non professioniste; garantire il diritto all'esercizio della pratica sportiva quale insopprimibile forma di svolgimento della personalità del minore, anche attraverso la realizzazione di campagne di sensibilizzazione; sostenere la realizzazione di eventi sportivi femminili di rilevanza nazionale e internazionale.
Le modalità di riparto delle risorse sono stabilite, entro il 28 febbraio di ciascun anno, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati.
La definizione delle modalità e dei termini di presentazione delle richieste di erogazione dei contributi introdotti dal presente articolo, dei criteri di ammissione, delle modalità di erogazione, nonché delle procedure di controllo, da effettuarsi anche a campione, è affidata ad un decreto dell’Autorità politica delegata in materia di sport, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (comma 2).
La presente disposizione, per alcuni versi, opera in continuità con l'articolo 9, ai commi da 3 a 5, del decreto-legge n.4[16] del 2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n.25 del 2022.
Tali disposizioni incrementano infatti, a loro volta, la dotazione del Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano (di 20 milioni di euro) da destinare all’erogazione di contributi a fondo perduto per le associazioni e società sportive dilettantistiche che gestiscono impianti sportivi, maggiormente colpite dalle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.
Una quota delle risorse stanziate, fino a fino al 30 per cento della dotazione complessiva del Fondo, è destinata alle società e associazioni dilettantistiche che gestiscono impianti per l’attività natatoria.
La finalità delle misure di sostegno al settore recate nel DL 4/2022 è quella di alleviare le difficoltà economiche patite dalle predette associazioni e società conseguenti alle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 introdotte con il decreto legge n.229 del 2021.
Nel corso dell'esame in sede referente, sono state introdotte ulteriori disposizioni orientate a sostenere le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva e le associazioni e società sportive professionistiche e dilettantistiche che abbiano il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato e operino nell'ambito di competizioni sportive in corso di svolgimento, ai sensi delle disposizioni in materia di svolgimento delle competizioni sportive nella situazione di emergenza epidemiologica (di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 ottobre 2020).
In particolare, mediante l'aggiunta di due nuovi commi (3-ter e 3-quater), in favore dei predetti soggetti, vengono prorogati fino al 31 luglio 2022 i termini dei versamenti tributari e contributivi già sospesi fino al mese di aprile 2022 dall'articolo 1, comma 923, lettere a), b), c) e d), della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio per il 2022).
Sono inclusi nella proroga fino al 31 luglio 2022 i termini in scadenza nel periodo intercorrente tra il 1° maggio e il 31 luglio 2022.
Nello specifico, sono oggetto di proroga fino al 31 luglio 2022 i seguenti termini:
§ i termini relativi ai versamenti delle ritenute alla fonte (articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) che i predetti soggetti operano in qualità di sostituti d'imposta, già sospesi dal 1° gennaio al 30 aprile 2022 (art. 1, comma 923, lettere a), della legge n. 234 del 2021);
§ i termini relativi agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, anch'essi già sospesi dal 1° gennaio al 30 aprile 2022 (art. 1, comma 923, lettere b), della legge n. 234 del 2021);
§ i termini dei versamenti relativi all'IVA in scadenza nei mesi di gennaio, febbraio, marzo e aprile 2022 (art. 1, comma 923, lettere c), della legge n. 234 del 2021);
§ i termini relativi ai versamenti delle imposte sui redditi in scadenza dal 10 gennaio 2022 al 30 aprile 2022 (art. 1, comma 923, lettere d), della legge n. 234 del 2021).
Inoltre, ai sensi del comma 3-quater, i versamenti sospesi sulla base delle disposizioni di cui al comma 3-ter sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi: i) in un'unica soluzione entro il 31 agosto 2022, ii) ovvero mediante rateizzazione fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, pari al 50 per cento del totale dovuto, e l'ultima rata di dicembre 2022 pari al valore residuo. Il versamento della prima rata avviene entro il 31 agosto 2022, senza interessi. I versamenti relativi al mese di dicembre 2022 devono essere effettuati entro il giorno 16 di tale mese.
È espressamente disposto che non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.
Si valuti l'opportunità di modificare la rubrica al fine di tener conto delle disposizioni introdotte in sede referente.
L’articolo 8, comma 1, lettera a) estende la concessione delle garanzie straordinarie SACE a sostegno della liquidità delle imprese – previste dall’articolo 1 e dall’articolo 1-bis 1 del decreto-legge n. 23/2020 – anche a sostegno di comprovate esigenze di liquidità conseguenti agli aumenti dei prezzi dell’energia. Le garanzie in questione sono concedibili sino al 30 giugno 2022.
Il medesimo articolo 8, al comma 1, lettera b), interviene sulla disciplina straordinaria del Fondo di garanzia PMI, di cui all’articolo 13, comma 1 del decreto-legge n. 23/2020, disponendo che, fino al 30 giugno 2022, non è dovuta commissione per le garanzie rilasciate dal Fondo a sostegno delle esigenze di liquidità conseguenti agli aumenti dei prezzi dell’energia. Il pagamento della commissione è stato reintrodotto con effetto dal 1° aprile (articolo 1, comma 53, della legge di bilancio 2022).
Tra le misure volte a ridurre l’impatto dei rincari del settore energetico con il conseguente esponenziale aumento dei costi a carico delle imprese, rientra la misura volta a garantire maggiore liquidità alle stesse, che ne hanno bisogno in misura maggiore rispetto alle previsioni.
A tal fine, i finanziamenti richiesti dalle imprese per far fronte all’attuale emergenza energetica possono essere assistiti dalle garanzie dello Stato attraverso gli strumenti Garanzia Italia e Fondo di garanzia per le PMI alle medesime condizioni agevolative previste dai regimi operanti sotto Temporary Framework (quadro temporaneo di riferimento per le misure di aiuto di Stato adottato dalla Commissione europea).
La relazione tecnica rileva che le norme non comportano necessità di ulteriori stanziamenti a fronte delle dotazioni previste a legislazione vigente.
Per far fronte alla grave emergenza economica determinata dalla pandemia da coronavirus, e sostenere la liquidità del sistema produttivo, fortemente colpito dalle misure restrittive di contrasto all’espansione del virus, il decreto-legge n. 23/2020 delinea uno schema di garanzie straordinarie sulle operazioni di finanziamento delle imprese, incentrato sul ruolo di SACE S.p.A. e del Fondo di garanzia delle PMI (articolo 1 e articolo 13). Il quadro straordinario di misure di intervento opera sino al 30 giugno 2022, ai sensi di quanto consentito dalla disciplina quadro europea sugli aiuti di Stato nell’attuale contesto pandemico "Temporary Framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak", cd. "Temporary Framework" della Commissione UE.
Di seguito un’analisi nel dettaglio.
Fondo di garanzia PMI
L'articolo 13 del decreto-legge n. 23/2020 ha introdotto un potenziamento dell'intervento del Fondo di garanzia PMI, in deroga alla disciplina ordinaria, al fine di sostenere la liquidità delle imprese, colpite dagli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID. Il regime di aiuti è stato previamente notificato alla Commissione europea e dalla stessa autorizzato, in quanto conforme alla disciplina sugli aiuti di Stato nel contesto epidemico (State Aid Temporary Framework, cfr. tema dell’attività parlamentare sugli aiuti di Stato durante l’epidemia da Covid-19).
Il periodo di operatività dell’intervento straordinario del Fondo è stato via via prorogato:
§ dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021 dalla legge di bilancio 2021 (l. n. 178/2020, art. 1, co. 244),
§ al 31 dicembre 2021 dal decreto-legge n. 73/2020 (articolo 1, comma 2);
§ sino al 30 giugno 2022 dalla legge di bilancio per il 2022 (l. n. 234/2021, articolo 1, commi 53-58). Tale legge, come modificata dall’articolo 3, commi 4-bis e 4-ter del decreto-legge n. 228/2021, ha anche disposto, nel periodo tra il 1° luglio 2022 e il 31 dicembre 2022, solo un parziale ripristino delle modalità operative ordinarie del Fondo, in una logica di graduale phasing out dal regime emergenziale (articolo 1, comma 55). Sempre per l’anno 2022, la legge di bilancio di bilancio ha disposto che il limite cumulato massimo di assunzione degli impegni del Fondo sia di 210.000 milioni di euro. Le proroghe suddette sono state anch’esse notificate dalla Commissione UE e dalla stessa autorizzate alla luce di quanto consentito dalle proroghe del Temporary Framework (operante, appunto, sino al 30 giugno 2022).
Dunque, sino al 30 giugno 2022, ai sensi del comma 1 dell’articolo 13 del decreto-legge n. 23/2020:
§ l'intervento del Fondo è a titolo gratuito - senza pagamento di commissioni – fino al 31 marzo 2021. Dal 1° aprile 2021, l’accesso al Fondo avviene previo pagamento di una commissione, salvo ora quanto disposto dall’articolo qui in commento (lett. a));
§ l'importo massimo garantito è elevato fino a 5 milioni di euro per singola impresa beneficiaria[17]. Sono ammesse alla garanzia del Fondo le imprese con numero di dipendenti non superiore a 499, determinato sulla base delle unità di lavoro-anno rilevate per l'anno 2019, dunque non le mid-cap, per le quali, dal 1° marzo 2021, opera la Garanzia straordinaria SACE, di cui all’articolo 1-bis.1 del decreto-legge n. 23/2020[18] (lett. b));
§ dal 1° luglio 2021, per la garanzia diretta del Fondo, la percentuale di copertura è dell’80% per i finanziamenti con durata fino al 96 mesi per esigenze di liquidità o di investimento, di importo non superiore al doppio della spesa salariale annua o al 25% del fatturato oppure, in caso di superamento di entrambi i limiti, al fabbisogno per costi di capitale d’esercizio e costi d’investimento (lett. c)). La copertura del Fondo è del 100% in riassicurazione/controgaranzia (su garanzie rilasciate da confidi non superiori al 90% del finanziamento) sulle medesime tipologie di finanziamenti (lett. d)). Per tutti i finanziamenti che non rientrano nei casi suddetti, la copertura del Fondo è all'80 per cento per la garanzia diretta e al 90 per cento per la riassicurazione. La garanzia del Fondo può comunque essere cumulata con un'ulteriore garanzia concessa da confidi o da altri soggetti abilitati al rilascio di garanzie, a valere su risorse proprie, fino alla copertura del 100 per cento del finanziamento concesso (lett. d));
§ sono ammessi all'intervento del Fondo (80% di copertura per la garanzia diretta e 90% per la riassicurazione dell'importo garantito (in misura non maggiore dell’80%) dal Confidi o da altro fondo di garanzia) anche finanziamenti a fronte di operazioni di rinegoziazione del debito, purché il nuovo finanziamento preveda l'erogazione di credito aggiuntivo in misura almeno al 25 per cento del debito residuo. Inoltre, nei casi di rinegoziazione, al finanziatore deve trasmettere al gestore del Fondo una dichiarazione che attesta la riduzione del tasso d'interesse applicata sul finanziamento garantito (lett. e));
§ si prevede il prolungamento automatico della garanzia del Fondo in caso di sospensione del pagamento delle rate di ammortamento o della sola quota capitale correlata all'emergenza COVID-19 (lett. f));
§ sui finanziamenti fino a 30 mila euro[19] a favore di PMI, persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni, associazioni professionali e società tra professionisti, persone fisiche esercenti le "attività finanziarie e assicurative" di cui al codice ATECO 2007 - Sezione K, società di agenti in attività finanziaria, società di mediazione creditizia, nonché società che svolgono le attività contrassegnate dal codice ATECO 66.21.00, ovvero le attività di periti e liquidatori indipendenti delle assicurazioni[20], la garanzia del Fondo opera, a decorrere dal 1° gennaio 2022, nella misura dell’80% sia in garanzia diretta che in riassicurazione purché tali finanziamenti abbiano una durata fino a 15 anni e prevedano l'inizio del rimborso del capitale non prima di 24 mesi dall'erogazione[21](lett. m) e m-bis)). Il decreto-legge n. 228/2021 (articolo 3, comma 4-ter) ha aggiunto che, se il termine iniziale di rimborso del capitale matura nel corso dell’anno 2022, tale termine può essere prolungato[22], per un periodo non superiore a sei mesi, fermi gli obblighi di segnalazione e prudenziali (lett. m-ter)). A decorrere dal 1° aprile 2022, per il rilascio della garanzia di cui al presente punto è previsto il pagamento di una commissione;
§ l'accesso alla garanzia avviene senza applicazione del modello di valutazione del merito creditizio (lett. g));
§ la garanzia è concessa anche in favore di beneficiari che, alla data della richiesta di garanzia, presentino esposizioni nei confronti del soggetto finanziatore classificate come “inadempienze probabili” o “scadute o sconfinanti deteriorate”, purché tale classificazione non sia precedente al 31 gennaio 2020, ma sono in ogni caso escluse dalla garanzia le imprese che presentano esposizioni classificate come sofferenze ai sensi della disciplina bancaria (lett-g-bis e g-ter);
§ l'accesso al Fondo è allargato anche alle aziende che sono state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale, hanno stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti o hanno presentato un piano in tal senso, a condizione che alla data di presentazione della domanda le loro esposizioni non siano classificabili come esposizioni deteriorate, non presentino importi in arretrato e il soggetto finanziatore, sulla base dell’analisi della situazione finanziaria del debitore, possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell’esposizione alla scadenza (g-quater).
§ per i finanziamenti garantiti di importo superiore ai 25.000 euro è comunque prevista la possibilità per le imprese di avvalersi di un preammortamento fino a 24 mesi (lett. p-bis));
§ alle garanzie straordinarie del Fondo sono ammesse, a date condizioni, anche le imprese che hanno ottenuto, su operazioni garantite dal Fondo stesso, un prolungamento della garanzia per temporanea difficoltà ( decreto-legge n. 104/2020, art. 64, co. 3-bis).
SACE: Garanzia Italia e Garanzia-Mid Cap
L'articolo 1 del decreto-legge n. 23/2020, convertito in L. n. 40/2020, ha autorizzato SACE S.p.A a concedere garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma da questi concessi alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia Covid-19.
Possono beneficiare dei finanziamenti garantiti le imprese di qualsiasi dimensione, ma le PMI devono aver pienamente utilizzato la loro capacità di accesso al Fondo centrale di garanzia per le PMI (vedi supra), nonché alle garanzie fornite da ISMEA relativamente alle imprese del settore agricolo, agroalimentare e della pesca.
Sono escluse dal beneficio le società, direttamente o indirettamente, controllanti o controllate da una società residente in un Paese o territorio non cooperativo a fini fiscali.
L'operatività della misura, inizialmente prevista sino al 31 dicembre 2020, è stata dapprima prorogata fino al 30 giugno 2021 con la legge di bilancio 2021, l. n. 178/2020, art. 1, co. 206, lett. a)) , successivamente, sino al 31 dicembre 2021 dal decreto-legge n. 73/2021(articolo 13, comma 1, lett. a)), da ultimo con la legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 59) al 30 giugno 2022.
Gli impegni complessivamente assunti da SACE non devono superare i 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi destinati alle PMI, comprendendo tra queste i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA, nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti.
Gli impegni assunti da SACE sono garantiti dallo Stato e, a tal fine, è stato istituito un apposito Fondo a copertura dei relativi oneri statali presso il Ministero dell'economia e delle finanze[23].
La garanzia SACE è rilasciata – secondo quanto attualmente dispone la disciplina vigente - entro il 30 giugno 2022, sulla base di una serie di condizioni:
§ la durata massima del finanziamento è di 6 anni (con la possibilità di un preammortamento fino a 36 mesi). Con il decreto-legge n. 73/2021, previa notifica e autorizzazione della Commissione UE, su richiesta delle parti, è stato disposto che la durata dei finanziamenti garantiti da SACE S.p.A. possa essere estesa fino a 10 anni. L’esercizio di tale facoltà è stata limitata nel suo ammontare massimo. Si rinvia, sul punto al Manuale operativo SACE, aggiornato al 7 gennaio 2022, nel quale – all’indomani dell’interlocuzione con la Commissione UE - si indica la durata massima dei finanziamenti garantiti da SACE in 8 anni;
§ l'impresa beneficiaria, al 31 dicembre 2019 non doveva rientrare nella categoria delle imprese in difficoltà, e, al 29 febbraio 2020, non doveva avere esposizioni deteriorate nei confronti del settore bancario. Le imprese ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale, che hanno stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti o hanno presentato, in sede di procedura fallimentare, un piano idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria, sono state ammesse. a condizione che, alla data di presentazione della domanda, le loro esposizioni non fossero classificabili come deteriorate, non presentassero importi in arretrato e il finanziatore possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza. Sono in ogni caso escluse le imprese con esposizioni classificate come sofferenze ai sensi della disciplina bancaria vigente;
§ l'importo garantito non deve essere superiore, conformemente allo State Aid Temporary Framework europeo, al maggiore tra i seguenti elementi: 25 per cento del fatturato annuo relativo al 2019; doppio dei costi del personale relativi al 2019;
§ percentuale di copertura, che può essere del 70, 80 o 90 per cento. Le percentuali sono inversamente proporzionali alla dimensione delle imprese;
§ l'assunzione da parte delle imprese beneficiarie di specifici impegni, tra i quali quello di gestire i livelli occupazionali tramite accordi sindacali e quello di non approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020, o, se la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni al momento della richiesta di finanziamento ha già avuto luogo, l'impegno a non distribuire dividendi viene assunto per i 12 mesi successivi alla richiesta. Inoltre, le imprese beneficiarie si devono impegnare a non delocalizzare gli stabilimenti produttivi;
§ destinazione del finanziamento a determinate tipologie di spese aziendali; tra queste, per non più del 20 per cento dell'importo erogato, al pagamento di rate di finanziamenti, scadute o in scadenza nel periodo emergenziale il cui rimborso sia oggettivamente impossibile a causa dell'epidemia da COVID. In particolare, il finanziamento coperto dalla garanzia SACE deve essere destinato a sostenere costi del personale, canoni di locazione o di affitto di ramo d'azienda, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell'impresa beneficiaria, e le medesime imprese devono impegnarsi a non delocalizzare le produzioni;
§ ovvero il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato al rimborso di finanziamenti nell'ambito di operazioni di rinegoziazione del debito accordato in essere dell'impresa beneficiaria purché il finanziamento preveda l'erogazione di credito aggiuntivo in misura pari almeno al 25 per cento dell'importo del finanziamento oggetto di rinegoziazione e a condizione che il rilascio della garanzia sia idoneo a determinare un minor costo o una maggior durata del finanziamento rispetto a quello oggetto di rinegoziazione.
Per facilitare l'accesso delle imprese alle garanzie di SACE e per contrastare tentativi di infiltrazione criminale, è stata prevista l'autocertificazione. Il soggetto che eroga il finanziamento non è tenuto a svolgere accertamenti ulteriori rispetto alla verifica formale di quanto dichiarato (articolo 1-bis del decreto-legge n. 23/2020).
La "Garanzia Italia" SACE di cui all'articolo 1 del decreto-legge n.23/2020 si applica anche alle cessioni dei crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente (pro solvendo) e, a decorrere dal 1 gennaio 2021, senza di garanzia di solvenza (pro soluto) effettuate dalle imprese beneficiarie a favore di banche e intermediari finanziari. Si rinvia al sito istituzionale SACE.
Inoltre, SACE è stata autorizzata a concedere, fino al 30 giugno 2022, garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti che sottoscrivono in Italia prestiti obbligazionari o altri titoli di debito emessi dalle imprese ai quali sia attribuito un rating pari a BB- o equivalente.
La legge di bilancio 2021 ha consentito alle imprese "mid-cap" di accedere, a decorrere dal 1° marzo 2021, allo strumento "Garanzia Italia" SACE alle medesime condizioni agevolate straordinarie già offerte a tale tipologia di imprese dal Fondo di garanzia PMI ai sensi dell'articolo 13, comma 1 del decreto-legge 23/2020, la cui operatività straordinaria, per le imprese "mid cap", è cessata il 28 febbraio 2021 (art. 1, co. 245 e co. 209, che ha inserito un nuovo articolo 1-bis.1 nel decreto-legge n. 23/2020). La garanzia SACE a favore delle imprese cd. "mid-cap" opera anch'essa fino al 30 giugno 2022, ai sensi della proroga contenuta nella Legge di bilancio 2022. Si rinvia all'apposito manuale operativo SACE del 7 gennaio 2022.
Articolo 9, comma 01
(Semplificazioni per le opere di modifica agli impianti a FER)
Il comma 01 dell’articolo 9, inserito in sede referente, integra, alla lettera a), l’articolo 5, comma 3 del decreto legislativo n. 28/2011, che fissa il regime applicabile agli interventi di modifica sostanziale e non sostanziale degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati a fonti rinnovabili.
Il comma precisa che, nel caso di interventi di modifica non sostanziale che comportino un incremento della potenza installata e la necessità di ulteriori opere connesse senza incremento dell’area occupata, la realizzazione delle medesime opere connesse è autorizzata mediante la procedura semplificata di cui all’articolo 6-bis del decreto legislativo n. 28/2011, è assoggettata, dunque, a dichiarazione di inizio lavori asseverata (DILA).
Per le aree interessate dalle modifiche degli impianti non precedentemente valutate sotto il profilo della tutela archeologica resta fermo quanto previsto dall'articolo 25 del codice dei contratti pubblici, in materia di verifica preventiva dell'interesse archeologico.
La lettera b) incide sulle definizioni di “sito dell’impianto eolico” e di “altezza massima dei nuovi aerogeneratori”, contenute, rispettivamente, nei commi 3-bis e 3-quater dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 28/2011, ai fini dell’applicazione del regime semplificato della comunicazione in edilizia libera, agli interventi da realizzare sui progetti e impianti eolici esistenti, e sulle relative opere connesse, che, a prescindere dalla potenza risultante dalle modifiche, vengono realizzati nello stesso sito.
La lettera c) modifica la disciplina di calcolo dell’“altezza massima dei nuovi aerogeneratori”, rapportata ora al rapporto tra i diametri del rotore del nuovo aerogeneratore e di quello esistente.
L’intervento in sostanza ritocca la definizione di sito dell’impianto eolico e introduce una diversa modalità di calcolo delle dimensioni per i nuovi impianti.
L’articolo 9, comma 01, inserito in sede referente, alla lettera a), integra l’articolo 5, comma 3 del decreto legislativo n. 28/2011, che disciplina il regime applicabile agli interventi di modifica degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati a fonti rinnovabili, aggiungendovi due periodi.
La lettera a) dispone che, che, nel caso di interventi di modifica non sostanziale che comportino un incremento della potenza installata e la necessità di ulteriori opere connesse senza incremento dell’area occupata, la realizzazione delle medesime opere connesse è autorizzata mediante la procedura semplificata di cui all’articolo 6-bis del decreto legislativo n. 28/2011. Gli interventi sono quindi assoggettati a dichiarazione di inizio lavori asseverata (DILA).
Per le aree interessate dalle modifiche degli impianti non precedentemente valutate sotto il profilo della tutela archeologica resta fermo quanto previsto dall'articolo 25 del codice dei contratti pubblici, in materia di verifica preventiva dell'interesse archeologico.
L’articolo 5, comma 1 del decreto legislativo n. 28/2011[24], dispone che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, nonché le modifiche sostanziali degli impianti, sono soggetti all'autorizzazione unica, se superiori a date soglie di potenza individuate dal legislatore (cfr. art. 12 e Tabella A[25] del decreto legislativo 387/2003).
Gli interventi di modifica qualificati non sostanziali, anche relativi a progetti autorizzati e non ancora autorizzati, sono invece assoggettati, ai sensi dell’articolo 5, comma 3, a regimi amministrativi semplificati, indicati nell’articolo 6 (procedura abilitativa semplificata (PAS) e comunicazione in edilizia libera) e 6-bis del medesimo D.lgs., e, per specifici interventi indicati dall’articolo 6-bis, Dichiarazione di inizio lavori asseverata(DILA)).
Il comma 3 demanda l’individuazione degli interventi sostanziali e non sostanziali ad un decreto ministeriale, purtuttavia stabilisce direttamente - ex lege - che taluni interventi non sono sostanziali e anzi li assoggetta alla disciplina della comunicazione per le attività in edilizia libera di cui all’articolo 6, comma 11. In particolare, non sono considerati sostanziali e sono sottoposti a comunicazione:
· gli interventi da realizzare sui progetti e sugli impianti fotovoltaici ed idroelettrici che non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell'area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse;
· gli interventi da realizzare sui progetti e sugli impianti fotovoltaici ed idroelettrici che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell'area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse a prescindere dalla potenza elettrica risultante dall'intervento. Restano ferme, laddove previste, le procedure di verifica di assoggettabilità e valutazione di impatto ambientale di cui al Codice dell’Ambiente;
· gli interventi da realizzare sui progetti e sugli impianti eolici, nonché sulle relative opere connesse, che, a prescindere dalla potenza nominale risultante dalle modifiche, vengono realizzati nello stesso sito dell'impianto eolico e che comportano una riduzione minima del numero degli aerogeneratori rispetto a quelli già esistenti o autorizzati. Fermi restando il rispetto della normativa sulle distanze minime da unità abitative munite di abitabilità[26], e dai centri abitati[27], i nuovi aerogeneratori, a fronte di un incremento di diametro, dovranno avere un'altezza massima prestabilita. A tal fine, il comma 3-bis dell’articolo 5, reca la seguente definizione di "sito dell'impianto eolico", il comma 3-ter, la definizione di “riduzione minima del numero di aerogeneratori” e il comma 3-quater la definizione di "altezza massima dei nuovi aerogeneratori". Su tali definizioni incide peraltro l’articolo in esame, come modificato in sede referente (cfr. infra)
Ai sensi dell’articolo 6-bis, sono poi realizzabili a seguito del solo deposito di una dichiarazione accompagnata da una relazione sottoscritta da un tecnico progettista (DILA - dichiarazione inizio lavori asseverata) una serie di interventi su impianti esistenti o modifiche, che ricadono nelle seguenti categorie:
· impianti eolici: sostituzione della tipologia di rotore con una variazione in aumento delle dimensioni fisiche delle pale e delle volumetrie di servizio non superiore in ciascun caso al 15 per cento e interventi che comportano una riduzione di superficie o di volume, anche quando non vi sia sostituzione di aerogeneratori;
· impianti fotovoltaici con moduli a terra: sostituzione dei moduli e degli altri componenti e mediante la modifica del layout dell'impianto, che comporta una variazione delle volumetrie di servizio non superiore al 15 per cento e una variazione dell'altezza massima dal suolo non superiore al 20 per cento;
· impianti fotovoltaici con moduli su edifici: sostituzione dei moduli fotovoltaici su edifici a uso produttivo, nonché, per gli edifici a uso residenziale, interventi che non comportano variazioni o comportano variazioni in diminuzione dell'angolo tra il piano dei moduli e il piano della superficie su cui i moduli sono collocati;
· impianti idroelettrici: incremento della portata derivata, con una variazione delle dimensioni fisiche dei componenti e della volumetria delle strutture che li ospitano non superiore al 15 per cento.
· di fuori delle zone, agglomerati urbani storici e di pregio (zone A D.M., n. 1444/1968), e ad esclusione degli immobili tutelati come bene culturale e paesaggistico, progetti di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati sulle coperture di fabbricati rurali, di edifici a uso produttivo e di edifici residenziali, su cui è operata la completa rimozione dell'eternit o dell'amianto.
La lettera b) del comma incide sulle definizioni di “sito dell’impianto eolico” e di “altezza massima dei nuovi aerogeneratori”, contenute, rispettivamente, nei commi 3-bis e 3-quater dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 28/2011, ai fini dell’applicazione del regime semplificato della comunicazione in edilizia libera, agli interventi da realizzare sui progetti e sugli impianti eolici, e relative opere connesse, che, a prescindere dalla potenza nominale risultante dalle modifiche, comportano una riduzione minima del numero degli aerogeneratori rispetto a quelli già esistenti o autorizzati e vengano realizzati nello stesso sito.
Tali nuovi impianti, a fronte di un incremento di diametro, devono avere, secondo la legislazione vigente, un'altezza massima (dal suolo all’estremità delle pale) prestabilita.
Si rammenta che, ai sensi dell’articolo 5, comma 3, sesto e settimo periodo, del decreto legislativo n. 28/2011, non sono considerati sostanziali e sono sottoposti a mera comunicazione gli interventi da realizzare sui progetti e sugli impianti eolici, nonché sulle relative opere connesse, che, a prescindere dalla potenza nominale risultante dalle modifiche, vengono realizzati nello stesso sito dell'impianto eolico e che comportano una riduzione minima del numero degli aerogeneratori rispetto a quelli già esistenti o autorizzati. Fermi restando il rispetto della normativa sulle distanze minime da unità abitative munite di abitabilità, e dai centri abitati, i nuovi aerogeneratori, a fronte di un incremento di diametro, dovranno avere un'altezza massima (dal suolo all’estremità delle pale) prestabilita, non superiore all'altezza già esistente moltiplicata per il rapporto fra il diametro del rotore del nuovo aerogeneratore e il diametro dell'aerogeneratore già esistente. A tal fine, il comma 3-bis, reca la seguente definizione di "sito dell'impianto eolico", il comma 3-ter, la definizione di “riduzione minima del numero di aerogeneratori” e il comma 3-quater la definizione di "altezza massima dei nuovi aerogeneratori".
La lettera b) – attraverso la sostituzione del comma 3-bis dell’articolo 5 – che contiene la definizione di “sito dell’impianto eolico” dispone che:
· nel caso di impianti su una unica direttrice, il nuovo impianto deve essere realizzato sulla stessa direttrice con una deviazione angolare di 20°, anziché 10° attualmente previsto, utilizzando la stessa lunghezza più una tolleranza pari al 20 per cento, anziché del 15 per cento attuale, rispetto alla lunghezza dell'impianto autorizzato;
· nel caso di impianti dislocati su più direttrici, la superficie planimetrica complessiva del nuovo impianto è al massimo pari alla superficie autorizzata più una tolleranza complessiva del 20 per cento, anziché del 15 per cento attuale.
Il comma 3-bis, reca attualmente la seguente definizione di "sito dell'impianto eolico":
a) nel caso di impianti su una unica direttrice, il nuovo impianto è realizzato sulla stessa direttrice con una deviazione massima di un angolo di 10°, utilizzando la stessa lunghezza più una tolleranza del 15 per cento rispetto alla lunghezza dell'impianto autorizzato, calcolata tra gli assi dei due aerogeneratori estremi;
b) nel caso di impianti dislocati su più direttrici, la superficie planimetrica complessiva del nuovo impianto è all'interno della superficie autorizzata, definita dal perimetro individuato, planimetricamente, dalla linea che unisce, formando sempre angoli convessi, i punti corrispondenti agli assi degli aerogeneratori autorizzati più esterni, con una tolleranza complessiva del 15 per cento.
La lettera c) – attraverso la sostituzione del comma 3-quater – dispone che per “altezza massima dei nuovi aerogeneratori” (h2) raggiungibile dall'estremità delle pale si intende il prodotto tra l'altezza massima dal suolo (h1) dell'aerogeneratore già esistente e il rapporto tra i diametri del rotore del nuovo aerogeneratore (d2) e dell'aerogeneratore esistente (d1): h2=h1*(d2/d1).
Ai sensi del comma 3-quater, vigente per "altezza massima dei nuovi aerogeneratori" h2 raggiungibile dall'estremità delle pale si intende, per gli aerogeneratori su un’unica direttice, due volte e mezza l'altezza massima raggiungibile dal suolo h1 dall'aerogeneratore già esistente e, per gli aerogeneratori su più direttrici, il doppio dell'altezza massima raggiungibile dall’aerogeneratore già esistente.
L’articolo 9, comma 1, interamente sostituito nel corso dell’esame in sede referente, prevede che non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati l’installazione, con qualunque modalità, di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, ivi comprese strutture, manufatti e edifici già esistenti all'interno dei comprensori sciistici e la realizzazione di tutte le opere funzionali alla connessione alla rete elettrica, nonché nelle relative pertinenze, compresi eventuali potenziamenti e/o adeguamenti della rete esterni alle aree dei predetti edifici. Fanno eccezione gli impianti installati in aree o immobili individuati mediante apposito provvedimento amministrativo come di notevole interesse pubblico. Secondo quanto precisato in sede referente, in presenza dei vincoli di cui al periodo precedente, la realizzazione dei medesimi interventi è consentita previo rilascio dell'autorizzazione da parte dell'amministrazione competente, ai sensi del codice dei beni culturali e paesaggistici.
Sempre secondo quanto introdotto in sede referente, le disposizioni di cui al primo periodo del comma - che consente la realizzazione degli impianti ivi indicati in edilizia libera – si applicano anche in presenza di vincoli ai sensi dell'art. 136, comma 1, lettera c), del medesimo codice (immobili di pregio e nuclei storici), ai soli fini dell’installazione di pannelli integrati nelle coperture non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale.
L’articolo 9, comma 1 è stato modificato nel corso dell’esame in sede referente.
Il comma, sostituendo il comma 5 dell’articolo 7-bis del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, dispone che non è subordinata all'acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, inclusi quelli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004) l'installazione - con qualunque modalità - di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici - ivi comprese, come specificato in sede referente strutture, manufatti e edifici già esistenti all'interno dei comprensori sciistici, e la realizzazione delle opere (tutte) funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze compresi – sempre secondo quanto inserito in sede referente – eventuali potenziamenti e/o adeguamenti della rete esterni alle aree dei predetti edifici, strutture e manufatti che si rendessero necessari.
Tali interventi sono considerati di manutenzione ordinaria.
L’articolo 7-bis, comma 5, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, nella formulazione previgente all’intervento qui in esame, disponeva che non è subordinata all'acquisizione di atti amministrativi di assenso, comunque denominati - ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa sull'energia elettrica:
§ l'installazione di impianti solari fotovoltaici e termici con le modalità di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo n. 115/2008[28], su edifici - come definiti alla voce 32 dell'allegato A al regolamento edilizio-tipo, adottato con intesa sancita in sede di Conferenza unificata 20 ottobre 2016, n. 125/CU, ai sensi dell'articolo 4, comma 1-sexies, del Testo Unico sull’edilizia (D.P.R. n. 380/2001)[29] - o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici.
§ l'installazione, con qualunque modalità, di impianti solari fotovoltaici su strutture e manufatti diversi dagli edifici non ricadenti fra quelli, di notevole interesse pubblico, di cui all'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del codice del paesaggio.
Rispetto alla formulazione previgente del comma 5 dell’articolo 7-bis, quanto all’installazione di impianti solari fotovoltaici sugli edifici, non si richiamano più le modalità di cui all’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo n. 115/2008, che esentava dalla disciplina della denuncia di inizio attività gli impianti solari termici o fotovoltaici aderenti o integrati nei tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi, sempre che la superficie dell'impianto non fosse superiore a quella del tetto.
L’installazione può ora infatti avvenire con qualunque modalità, anche – secondo quanto inserito in sede referente - nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali, come individuate ai sensi del D.M. n. 1444 del 1968.
Si rammenta che, ai sensi del citato decreto ministeriale (articolo 2), sono zone A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi.
Il comma 5 dell’articolo 7-bis, come riformulato dal comma 1 qui in esame, specifica anche che rientrano nelle opere in edilizia libera la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze, compresi – sempre secondo quanto inserito in sede referente – eventuali potenziamenti e/o adeguamenti della rete esterni alle aree dei predetti edifici, strutture e manufatti che si rendessero necessari.
Il richiamo alla definizione di edifici di cui alla voce 32 dell'allegato A al regolamento edilizio-tipo adottato con intesa sancita in sede di Conferenza unificata 20 ottobre 2016, n. 125/CU, ai sensi dell'art. 4, co. 1-sexies, T. U. edilizia (D.P.R. n. 380/2001), già contenuto nel testo originario del comma 5 dell’articolo 7-bis, viene invece mantenuto.
Il richiamo alla definizione di edificio di cui alla voce 32 del regolamento edilizio tipo è stato introdotto dall’articolo 31, comma 2-bis, D.L. n. 77/2021 (L. n. 108/2021). La voce 32 definisce come “Edificio” una “costruzione stabile, dotata di copertura e comunque appoggiata o infissa al suolo, isolata da strade o da aree libere, oppure separata da altre costruzioni mediante strutture verticali che si elevano senza soluzione di continuità dalle fondamenta al tetto, funzionalmente indipendente, accessibile alle persone e destinata alla soddisfazione di esigenze perduranti nel tempo”.
Vengono comunque mantenute ferme, come nel testo originario del comma 5 dell’articolo 7-bis, le disposizioni tributarie in materia di accisa sull'energia elettrica. La relazione illustrativa richiama l'articolo 53 del testo unico accise (decreto legislativo n. 504/1995), che richiede una licenza di esercizio per gli impianti fotovoltaici aventi una potenza superiore a 200 kW.
Fanno eccezione (e quindi sono necessari atti di assenso), come già disposto nel testo originario del comma 5 dell’articolo 7-bis, gli impianti installati in immobili e aree di cui all’articolo 136, comma 1, lett. b) e c) del Codice dei beni culturali e del paesaggio, quindi, ville, giardini e parchi, che si distinguono per la loro non comune bellezza, complessi di cose immobili di valore estetico e tradizionale (come borghi e nuclei storici).
Al riguardo, si specifica che si tratta delle aree e degli immobili come individuati mediante apposito provvedimento amministrativo ai sensi degli articoli da 138 a 141 del citato Codice, che disciplinano la procedura con la quale le aree e gli immobili sono dichiarati, con provvedimento regionale o del Ministero, di notevole interesse pubblico.
Rimane fermo quanto previsto dall’articolo 21 del codice, relativamente agli interventi su beni di interesse culturale assoggettati ad autorizzazione del Ministero della cultura, e dall’articolo 157, che riconosce efficacia alle dichiarazioni di notevole interesse pubblico adottate ai sensi di specifiche disposizioni legislative previgenti al Codice stesso.
In presenza dei vincoli di cui al periodo precedente, la realizzazione dei medesimi interventi è consentita previo rilascio dell'autorizzazione da parte dell'amministrazione competente. Tale precisazione è stata introdotta in sede referente.
Sempre secondo quanto introdotto in sede referente, le disposizioni di cui al primo periodo del comma - che consente la realizzazione degli impianti ivi indicati in edilizia libera – si applicano anche in presenza di vincoli ai sensi dell'art. 136, comma 1, lettera c), del Codice (immobili di pregio e nuclei storici) ai soli fini l’installazione di pannelli integrati nelle coperture non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale.
L’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del codice del paesaggio (D.lgs. n. 42/2004), individua come aree e immobili di notevole interesse pubblico le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del codice (relativa ai beni culturali), che si distinguono per la loro non comune bellezza (lettera b)); i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici (lettera c)).
Tali beni sono dichiarati di notevole interesse pubblico in base ad un procedimento disciplinato dai successivi articoli da 138 a 141 del codice stesso.
Ai sensi dell’articolo 138, la dichiarazione di notevole interesse è preceduta da una proposta, avanzata da coloro che ne hanno titolo: le commissioni regionali costituite ad hoc, su iniziativa dei relativi componenti di parte ministeriale o regionale, ovvero su iniziativa di altri enti pubblici territoriali interessati, acquisite le necessarie informazioni attraverso le soprintendenze e i competenti uffici regionali e provinciali e consultati i comuni interessati.
La proposta è formulata con riferimento ai valori storici, culturali, naturali, morfologici, estetici espressi dagli immobili o dalle aree considerate e con riferimento alla valenza identitaria del territorio in cui gli immobili o le aree ricadono.
Ai sensi dell’articolo 139, la proposta viene resa pubblica mediante affissione agli albi pretori comunali e pubblicazione su quotidiani regionali e nazionali, affinché i soggetti interessati possano esserne a conoscenza e formulare eventuali osservazioni o presentare documenti. Per i beni di cui alla lettera b) viene altresì data comunicazione dell'avvio del procedimento di dichiarazione al proprietario, possessore o detentore del bene.
Ai sensi dell’articolo 140, il provvedimento di dichiarazione di notevole interesse è emanato dalla Regione su proposta delle commissioni o, ai sensi dell’articolo 141, dal Ministero dei beni culturali, su proposta della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici. Ai sensi dell’articolo 138, infatti, il Ministero, su proposta motivata del soprintendente, previo parere della regione interessata - che deve essere motivatamente espresso entro e non oltre trenta giorni dalla richiesta - ha il potere di dichiarare il notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136, sopra citato.
Infine, si rammenta che l’articolo 21 del codice è relativo ai beni di interesse culturale, tutelati ai sensi del Titolo II del codice. L’articolo 21 subordina ad autorizzazione del Ministero una serie di interventi su tali beni[30], disponendo che, fuori dai casi specificamente indicati, l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente.
L’articolo 157 dispone che conservino efficacia le dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate ai sensi di specifiche disposizioni legislative previgenti al codice stesso
La relazione tecnica afferma che la norma interviene ad ulteriore chiarimento della disposizione novellata, che già identifica gli interventi di installazione di impianti fotovoltaici e solari termici come interventi non subordinati all'acquisizione di atti amministrativi di assenso, comunque denominati.
In proposito, si evidenzia che l’articolo 10 del decreto-legge, per la comunicazione dell’installazione degli impianti di cui all’articolo 7-bis, comma 5 qui in commento, di potenza superiore a 50 kW e fino a 200 kW, dispone l’applicazione del modello unico semplificato.
Il comma 1-bis inserito in sede referente, dispone che la procedura abilitativa semplificata si applica ai progetti di nuovi impianti fotovoltaici da realizzare nelle aree idonee di potenza sino a 10 MW, nonché agli impianti agro-voltaici che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli sollevati da terra con possibilità di rotazione, che distino non più di 3 chilometri da aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale.
Il comma 1-quinquies, inserito in sede referente, dispone che sono realizzati mediante dichiarazione di inizio lavori asseverata (DILA) gli impianti fotovoltaici con moduli a terra la cui potenza elettrica risulti inferiore a 1 MW, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti ricadenti in aree idonee non sottoposte alle norme di tutela culturale e paesaggistica e al di fuori dei centri urbani soggetti a tutela, per la cui realizzazione non sono previste procedure di esproprio.
In sede di rinvio in Commissione, sono stati soppressi i commi 01 e 02 dell’articolo 9, per sostanziale identità degli stessi con i commi 1-bis ed 1-ter dell’articolo 12 del provvedimento in esame.
Il comma 1-bis, inserito in sede referente, sostituisce il comma 9-bis dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 28/2011.
Il comma 9-bis attualmente dispone che, per l'attività di costruzione ed esercizio di impianti fotovoltaici di potenza sino a 20 MW connessi alla rete elettrica di media tensione e localizzati in area a destinazione industriale, produttiva o commerciale nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento (per i quali l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione abbia attestato il completamento delle attività di recupero e di ripristino ambientale), si applica la procedura abilitativa semplificata.
Il comma 1-bis qui in esame integra la previsione, includendovi anche le opere connesse.
Il medesimo comma 1-bis dispone poi che la procedura abilitativa semplificata si applica anche ai progetti di nuovi impianti fotovoltaici da realizzare nelle aree idonee di potenza sino a 10 MW.
Si valuti l’opportunità di coordinare le previsioni del comma 1-bis con le previsioni di cui ai commi 1-bis ed 1-ter dell’articolo 12.
La procedura abilitativa semplificata si applica anche agli impianti agro-voltaici che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli sollevati da terra con possibilità di rotazione (di cui all’articolo 65, comma 1-quater, del D.L. n. 1/2012 (L. n.27/2012), che distino non più di 3 chilometri da aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale.
Sugli incentivi a tali tipologie di impianti si rinvia all’articolo 11 del presente provvedimento.
Per queste tipologie di impianti (del comma 9-bis), sono anche elevate le soglie limite - di cui alla lettera b) del punto 2 dell'allegato IV alla parte seconda del Codice dell’ambiente (decreto legislativo n. 152/2006) – per la verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale (VIA) di cui all'articolo 19 del medesimo Codice, dagli attuali 10 MW(10.000 KW) a 20 MW (20.000 KW), .purché il proponente alleghi una autodichiarazione dalla quale risulti che l'impianto non si trova all'interno di aree fra quelle specificamente elencate e individuate come sensibili e vulnerabili dalle Linee guida per la costruzione di impianti a FER (D.M. 10 settembre 2010). Si potrà procedere a seguito della procedura di cui sopra con edificazione diretta degli impianti fotovoltaici in questione anche qualora la pianificazione urbanistica richieda piani attuativi per l'edificazione.
Il comma 1-quinquies – anch’esso inserito in sede referente – dispone che sono realizzati mediante dichiarazione di inizio lavori asseverata (DILA), di cui all'articolo 6- bis, comma 1, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, gli impianti fotovoltaici con moduli a terra la cui potenza elettrica risulti inferiore a 1 MW, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti ricadenti in aree idonee, non sottoposte alle norme di tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004) e al di fuori delle zone A di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, per la cui realizzazione non sono previste procedure di esproprio.
Si valuti l’opportunità di coordinare il comma 1-quinquies con le modifiche introdotte dai commi 01 e 02 e 1-bis, già commentati.
Il decreto legislativo n. 199/2021 prevede all’articolo 20, la delimitazione delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili. Ai fini della delimitazione:
§ con decreto interministeriale (decreto del Ministro della transizione ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata), da adottare entro il 13 giugno 2022, verranno fissati i principi e criteri generali, e la ripartizione della potenza installata tra regioni e province autonome (comma 1 e 2).
§ Entro i successivi 180 giorni dall’entrata in vigore dei decreti ministeriali attuativi, le Regioni dovranno individuare, con propria legge, le aree idonee. Nel caso di mancata adozione della legge, interviene lo Stato, in via sostitutiva (comma 4).
Nelle more dell'individuazione delle aree idonee, sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti con decreto ministeriale, sono considerate aree idonee (comma 8):
§ i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica non sostanziale;
§ le aree dei siti oggetto di bonifica ai sensi del Codice dell’ambiente (Titolo V, Parte IV, decreto legislativo n. 152/2006),
§ le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale
§ i siti e gli impianti nelle disponibilità delle società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, secondo quanto inserito dall’articolo 18 del decreto legge qui in esame.
Per i procedimenti di autorizzazione di impianti a FER in aree idonee, - ivi inclusi quelli per l’autorizzazione di valutazione di impatto ambientale VIA, come precisato dal decreto legge in esame, all’articolo 12, comma 1 - l'autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante, dunque, decorso inutilmente il termine per l'espressione del parere, l'amministrazione competente provvede comunque; inoltre, i termini delle procedure autorizzative sono ridotti di un terzo.
Le zone A di cui al D.M. 1444/1968 sono le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi.
Si rammenta che i regimi amministrativi previsti dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 28/2011 (come sostituito dall’articolo 18 del decreto legislativo n. 199/2021), per la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica a fonti rinnovabili sono i seguenti:
a) Comunicazione al Comune per le attività in edilizia libera –CAEL, di cui all’art. 6, co.11, decreto legislativo n. 28/2011;
b) dichiarazione di inizio lavori asseverata – DILA, di cui all’art. 6-bis, decreto legislativo n. 28/2011). Il proprietario dell'immobile o chi abbia la disponibilità degli immobili interessati dall'impianto e dalle opere connesse presenta al Comune, in formato cartaceo o in via telematica, una dichiarazione accompagnata da una relazione sottoscritta da un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti il rispetto delle norme di sicurezza, antisismiche e igienico-sanitarie. La DILA si applica, come si dirà infra, alle casistiche indicate nell’art. 6-bis[31].
c) procedura abilitativa semplificata –PAS, di cui all’art. 6 decreto legislativo n. 28/2011) (corrisponde alla SCIA). Il proprietario dell'immobile o chi abbia la disponibilità sugli immobili interessati dall'impianto e dalle opere connesse presenta al Comune, mediante mezzo cartaceo o in via telematica, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, una dichiarazione accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. Per la PAS vale il meccanismo del silenzio assenso: trascorso il termine di 30 giorni dalla presentazione della PAS, senza riscontri o notifiche da parte del Comune, è possibile iniziare i lavori.
d) autorizzazione unica –AU, di cui all’art. 5, decreto legislativo n. 28/2011. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, nonché le modifiche sostanziali degli impianti stessi, sono soggetti all'autorizzazione unica, se superiori a date soglie di potenza individuate dal legislatore (cfr. art. 12 e Tabella A[32] del decreto legislativo 387/2003). L’autorizzazione unica è rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, ovvero, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico.
Al di sotto delle soglie di cui alla Tabella A – per il fotovoltaico, tale soglia è pari, come si evince infra dalla tabella ricostruttiva a 50 kw - gli impianti rientrano nel campo di applicazione della Procedura Autorizzativa Semplificata (PAS), della Comunicazione al Comune, a seconda della tecnologia, della taglia e della potenza.
Le Regioni hanno la facoltà di ampliare il campo di applicazione della PAS ad impianti di potenza fino a 1.000 kW (quindi 1 MW).
La normativa vigente prevede poi anche talune eccezioni legate alla localizzazione degli impianti in questione. Un panorama dell’articolata disciplina e delle eccezioni è stato recentemente aggiornato dal GSE, sul suo sito istituzionale.
Si segnala che l’articolo 18 del decreto legislativo n. 199/2021 dispone che, a seguito dell'entrata in vigore della disciplina statale e regionale per l'individuazione delle aree idonee, dovranno essere aggiornate le linee guida per l'autorizzazione degli impianti a FER (D.M. 10 settembre 2010).
Vista la complessità dei regimi autorizzatori vigenti per gli impianti fotovoltaici, che variano a seconda della potenza e dell’ambito su cui insistono, e che trovano la loro fonte in molteplici interventi normativi, si ritiene opportuno esporli in forma Tabellare, come fatto dal GSE sul proprio sito istituzionale. La Tabella è aggiornata a quanto prevede il decreto legge in esame, come pubblicato in G.U.
Fonte |
Provvedimento normativo |
Impianto nuovo/esistente |
Modalità operative |
Potenza |
Procedura |
Fotovoltaico |
DL n.77/2021, art. 31, co.7, che ha modificato la Tab. A D.lgs. n.387/2003 |
Nuovo |
Impianti al di sopra della soglia ex tab.A D.Lgs. n. 387/2003, come modificata dal DL n.77/2021 |
>50 |
AU |
Fotovoltaico |
DL n.77/2021, art. 31, co.7, che ha modificato la Tab. A D.lgs. n.387/2003 |
Nuovo |
Impianti al di sotto della soglia ex tab.A D.Lgs. n. 387/2003, come modificata dal DL n.77/2021 |
<50 |
PAS |
Fotovoltaico |
DL n.77/2021, articolo 31, co. 2, che ha introdotto il comma 9-bis, dell’articolo 6 del D.lgs. n. 28/2011 |
Nuovo |
Costruzione ed esercizio di impianti fotovoltaici localizzati in aree a destinazione industriale, produttiva o commerciale nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, per i quali l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione abbia attestato l'avvenuto completamento delle attività di recupero e di ripristino ambientale previste nel titolo autorizzatorio nel rispetto delle norme regionali vigenti |
Fino a 20.000 |
PAS |
Le soglie - di cui alla lettera b) del punto 2 dell'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - per la verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale di cui all'articolo 19 del medesimo decreto si intendono elevate a 10.000 KW (10 MW), purché il proponente alleghi una autodichiarazione dalla quale risulti che l'impianto non si trova all'interno di aree fra quelle specificamente elencate e individuate come sensibili e vulnerabili dalle Linee guida per la costruzione di impianti a FER (D.M. 10 settembre 2010). Si potrà procedere a seguito della procedura di cui sopra con edificazione diretta degli impianti fotovoltaici in questione anche qualora la pianificazione urbanistica richieda piani attuativi per l'edificazione. |
Verifica assoggettabilità a VIA Fino a 10.000 (10 MW) |
|
|||
Fotovoltaico |
DL n.77/2021, articolo 32, comma 1, lett. a), primo e secondo periodo che modifica l’art. 5, comma 3 del D.Lgs. n. 28/2011 |
Esistente |
Interventi su impianti che non comportino modifiche delle dimensioni fisiche degli impianti; del volume delle strutture e delle aree interessate dagli impianti e dalle relative opere, indipendentemente dalla potenza risultante a seguito dell'intervento. Ove previsto, si applicano comunque le procedure di verifica di compatibilità e di VIA ai sensi del Codice dell'Ambiente |
CAEL/CILA |
|
Fotovoltaico |
DL n.76/2020, articolo 56, comma 1, lett. d) che ha inserito l’articolo 6-bis nel D.lgs. n. 28/2011, poi modificato dall’articolo 32, comma 1-bis del D.L. n. 77/2021 |
Esistente |
Interventi su impianti esistenti e modifiche di progetti autorizzati che, senza incremento di area occupata dagli impianti e dalle opere connesse e a prescindere dalla potenza elettrica risultante a seguito dell'intervento: impianti con moduli a terra: interventi che, anche a seguito della sostituzione dei moduli e degli altri componenti e mediante la modifica del layout dell'impianto, comportano una variazione delle volumetrie di servizio non superiore al 15% e una variazione dell'altezza massima dal suolo non superiore al 20%; impianti fotovoltaici con moduli su edifici: interventi di sostituzione dei moduli fotovoltaici su edifici a uso produttivo, nonchè, per gli edifici a uso residenziale, interventi che non comportano variazioni o comportano variazioni in diminuzione dell'angolo tra il piano dei moduli e il piano della superficie su cui i moduli sono collocati. |
DILA |
|
Fotovoltaico |
D.M. 19/5/2015 |
Nuovo |
Modello unico per la realizzazione, la connessione e l'esercizio di piccoli impianti fotovoltaici integrati sui tetti degli edifici o su strutture o manufatti diversi dagli edifici o a terra |
<20 |
Comunicazione preliminare all'installazione secondo modello unico nazionale |
Fotovoltaico |
DL n.17/2022, articolo 9 e 10, che ha modificato il comma 5 dell’articolo 7-bis del D.lgs. n. 28/2011 |
Nuovo |
Installazione, con qualunque modalità, di impianti fotovoltaici e termici sugli edifici, come definiti alla voce 32 dell'allegato A al regolamento edilizio-tipo o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze, è considerata intervento di manutenzione ordinaria e non è subordinata all'acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati |
>50 <200 |
Comunicazione preliminare all'installazione secondo modello unico nazionale |
Articolo 9, commi 1-ter e 1-quater
(Programma “Isole Verdi”)
Il commi 1-ter e 1-quater dell’articolo 9, inseriti in sede referente, al fine di consentire la celere realizzazione della linea di investimento 3.1 (Isole Verdi) della missione 2 del PNRR e di raggiungere entro il 31 dicembre 2026 la copertura totale del fabbisogno delle isole minori non interconnesse attraverso energia da fonti rinnovabili, prevedono e disciplinano l’emanazione di un decreto ministeriale di aggiornamento delle disposizioni recate dal D.M. 14 febbraio 2017 (recante “Disposizioni per la progressiva copertura del fabbisogno delle isole minori non interconnesse attraverso energia da fonti rinnovabili”), nonché l’aggiunta di Giannutri, come territorio del Comune dell'Isola del Giglio, alle isole minori rientranti nel campo di applicazione del D.M. citato.
Il comma 1-ter dell’articolo 9, inserito in sede referente, reca disposizioni finalizzate a conseguire celermente i target del PNRR previsti dalla Missione 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica), Componente 1 (Economia circolare e agricoltura sostenibile), Investimento 3.1 (Isole Verdi) e a raggiungere entro il 31 dicembre 2026 la copertura totale del fabbisogno delle isole minori non interconnesse attraverso energia da fonti rinnovabili –
Si ricorda che la citata linea di investimento 3.1 “Isole verdi” prevede la realizzazione di investimenti per 200 milioni di euro concentrati su 19 piccole isole, che faranno da laboratorio per lo sviluppo di modelli "100 per cento green" e auto-sufficienti. Gli interventi, specifici per ciascuna isola, interesseranno la rete elettrica, le fonti rinnovabili, la raccolta differenziata dei rifiuti, integrazione del sistema elettrico con il sistema idrico, sistemi di desalinizzazione, costruzione o adeguamento di piste ciclabili e servizi/infrastrutture di mobilità sostenibile. In relazione a tale linea di investimento, il PNRR prevede, come traguardo da conseguire entro il settembre 2022, l’entrata in vigore del decreto ministeriale di approvazione delle proposte progettuali, e come obiettivo al 2026 l’attuazione in almeno 19 piccole isole di progetti integrati completi che comportano almeno tre tipi diversi di intervento.
L’avvio della procedura per la realizzazione degli investimenti in questione è avvenuto con l’emanazione del D.M. transizione ecologica 25 novembre 2021, istitutivo del “Programma Isole Verdi”, nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) Missione 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica), Componente 1 (Economia circolare e agricoltura sostenibile), Investimento 3.1 (Isole Verdi)”. In base all’art. 2 di tale decreto sono beneficiari del finanziamento i 13 comuni delle 19 isole minori non interconnesse, di cui all'Allegato 1 - Parte A del medesimo decreto, pubblicato nella sezione “PNRR - Isole verdi” del sito del Ministero della transizione ecologica.
Per le finalità indicate, il comma in esame prevede l’emanazione di un decreto ministeriale di aggiornamento del D.M. Sviluppo economico 14 febbraio 2017 (pubblicato nella G.U. 18 maggio 2017, n. 114, e recante “Disposizioni per la progressiva copertura del fabbisogno delle isole minori non interconnesse attraverso energia da fonti rinnovabili”).
L’art. 1 del D.M. 14 febbraio 2017 stabilisce che le disposizioni di tale decreto si applicano sul territorio delle isole minori elencate in allegato 1. Il successivo art. 2 individua gli obiettivi di sviluppo di fonti energetiche rinnovabili al 2020 e al 2030 in tali isole e dispone che, a fini del raggiungimento di tali obiettivi, gli interventi possono essere eseguiti dalle società elettriche indicate in allegato 1 (“gestori”) o da soggetti terzi. L’allegato 1 al D.M. 14 febbraio 2017 elenca quindi le seguenti isole e, per ognuna di esse, la società elettrica “gestore”: Capraia, Giglio, Ponza, Ventotene, Tremiti, Favignana, Levanzo, Marettimo, Pantelleria, Ustica, Alicudi, Filicudi, Lipari, Panarea, Salina, Stromboli, Vulcano, Lampedusa, Linosa, Capri.
Il comma in esame disciplina altresì le modalità e i termini di emanazione del decreto ministeriale di aggiornamento succitato, stabilendo che lo stesso deve essere emanato dal Ministero della transizione ecologica:
§ entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge;
§ sentita l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA);
§ previa intesa in sede di Conferenza Unificata.
In base al disposto del comma 1-quater, inserito in sede referente, la citata revisione del D.M. 14 febbraio 2017 deve prevedere:
§ la conversione entro il 2026 degli impianti di produzione energetica a combustibili fossili da parte delle società elettriche di cui all'Allegato 1 del decreto ministeriale (v. supra), mediante piani di investimenti, comprendenti anche le reti di distribuzione, da trasmettere al MiTE e agli enti locali competenti entro il 31 dicembre 2022.
§ l’aggiunta dell’isola di Giannutri, come territorio del Comune dell'Isola del Giglio, alle isole minori rientranti nel campo di applicazione del D.M. 14 febbraio 2017 (come individuato dall’elenco di isole minori recato dall’allegato 1 al medesimo decreto, v. supra).
L’articolo 9, comma 1-sexies, inserito in sede referente, modifica la disciplina inerente il regime autorizzatorio degli impianti di accumulo elettrochimico di cui all’articolo 1, comma 2-quater del decreto-legge n. 7/2002.
In particolare, la lettera a) estende la procedura abilitativa semplificata comunale (PAS) – già prevista per gli impianti di accumulo ubicati in aree dove si trovano impianti di produzione di energia elettrica a fonte fossile di potenza inferiore a 300 MW – anche agli impianti ubicati in aree dove si trovano impianti di produzione di energia elettrica a fonte rinnovabile , sempre che tali impianti abbiano il medesimo limite di potenza inferiore a 300 MW, e sempre che, come già previsto per i primi, non comportino estensione delle aree, né variante agli strumenti urbanistici.
Contestualmente, la lettera b) dispone che solo gli impianti di accumulo elettrochimico da esercire in combinato con impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili – e non gli impianti stand alone - sono considerati opere connesse ai predetti impianti.
L’articolo 1, comma 2-quater del decreto-legge n. 7/2002 dispone, nella sua formulazione vigente, che 1a realizzazione degli impianti di accumulo elettrochimico funzionali alle esigenze del settore elettrico, ivi inclusi i sistemi di conversione di energia, i collegamenti alla rete elettrica e ogni opera connessa e accessoria, sia autorizzata in base alle seguenti procedure:
a) gli impianti di accumulo elettrochimico ubicati in aree ove sono situati impianti industriali di qualsiasi natura, anche non più operativi o in corso di dismissione, o in aree ove sono situati impianti di produzione di energia elettrica in servizio alimentati da fonte fossile di potenza inferiore ai 300 MW termici, o in aree di cava o di produzione e trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi in via di dismissione, i quali non comportino estensione delle aree stesse, né aumento degli ingombri in altezza rispetto alla situazione esistente, né richiedano variante agli strumenti urbanistici adottati, sono autorizzati mediante la procedura abilitativa semplificata comunale (PAS). In assenza di una delle condizioni sopra citate, si applica l’autorizzazione unica;
b) gli impianti di accumulo elettrochimico ubicati in aree già occupate da impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonte fossile di potenza maggiore o uguale a 300 MW termici in servizio, nonché gli impianti "stand-alone" ubicati in aree non industriali e le eventuali connessioni alla rete, sono autorizzati mediante autorizzazione unica rilasciata dal Ministero della transizione energetica(MITE), secondo le disposizioni di cui al medesimo articolo 1[33];
c) gli impianti di accumulo elettrochimico da esercire in combinato o meno con impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono considerati opere connesse ai predetti impianti, ai sensi della normativa vigente, e sono autorizzati mediante:
1) autorizzazione unica rilasciata dalla regione o dalle province delegate o, per impianti di potenza installata superiore a 300 MW termici, dal MITE, ove l'impianto sia da realizzare;
2) procedura di modifica secondo la disciplina vigente, ove l'impianto sia già realizzato e l'impianto di accumulo elettrochimico comporti l'occupazione di nuove aree rispetto all'impianto esistente;
3) procedura abilitativa semplificata comunale, se l'impianto è già esistente o autorizzato, anche se non ancora in esercizio, e se l'impianto di accumulo elettrochimico non comporta occupazione di nuove aree;
d) la realizzazione di impianti di accumulo elettrochimico inferiori alla soglia di 10 MW, ovunque ubicati, è attività libera e non richiede il rilascio di un titolo abilitativo, fatta salva l'acquisizione degli atti di assenso previsti dal Codice dei beni culturali e paesaggistici (D.lgs. n. 42/2004), nonché dei pareri, autorizzazioni o nulla osta da parte degli enti territorialmente competenti, derivanti da specifiche previsioni di legge vigenti in materia ambientale, di sicurezza e di prevenzione degli incendi, e del nulla osta alla connessione da parte del gestore del sistema di trasmissione nazionale o da parte del gestore del sistema di distribuzione elettrica di riferimento.
Articolo 9-bis
(Requisiti degli impianti termici)
L’articolo 9-bis -introdotto in sede referente - interviene sulla vigente disciplina relativa ai requisiti e dimensionamento degli impianti termici di cui all'articolo 5 del regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia (DPR n. 412/1993), che viene quindi novellato. Con la novella al comma 9-bis, lettera e), si fa rientrare l'installazione delle pompe di calore a gas tra le eccezioni che ammettono la deroga ai requisiti previsti dal comma 9 dell'articolo qui novellato per gli impianti termici installati successivamente al 31 agosto 2013 (lettera a))[34]. Con la novella al comma 9-ter, numero iii, l'installazione delle pompe di calore a gas è sottoposta ai requisiti tecnici attualmente previsti per i generatori di calore a gas a condensazione (per i quali è stabilito che i prodotti della combustione devono avere emissioni medie ponderate di ossidi di azoto non superiori a 70 mg/kWh, misurate secondo le norme di prodotto vigenti); si prescrive altresì che le pompe di calore a gas (in luogo dell'attuale riferimento alle "pompe di calore"), comprese quelle dei generatori ibridi, devono avere un rendimento superiore a quello previsto all'articolo 4, comma 6, lettera b), del regolamento concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia (DPR n. 59/2009).
In base all'articolo 4, comma 6, lettera b), del DPR n. 59/2009, si intendono rispettate tutte le disposizioni vigenti in tema di uso razionale dell'energia, a condizione che le nuove pompe di calore elettriche o a gas abbiano un rendimento utile in condizioni nominali, ?u, riferito all'energia primaria, maggiore o uguale al valore limite calcolato con la formula a 90 + 3 log Pn; dove log Pn è il logaritmo in base 10 della potenza utile nominale del generatore, espressa in kW; la verifica è fatta utilizzando come fattore di conversione tra energia elettrica ed energia primaria il valore di riferimento per la conversione tra kWh elettrici e MJ definito con provvedimento dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, al fine di tener conto dell'efficienza media di produzione del parco termoelettrico, e suoi successivi aggiornamenti.
Articolo 9-ter
(Semplificazioni per l'installazione di impianti fotovoltaici flottanti)
L’articolo 9-ter - introdotto in sede referente - stabilisce al comma 1 l'applicazione della PAS (procedura abilitativa semplificata), disciplinata dall'articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011, per l'attività di realizzazione e di esercizio di impianti solari fotovoltaici di potenza sino a 10 MW, comprese le opere funzionali alla connessione alla rete elettrica, collocati in modalità flottante sullo specchio d'acqua di invasi e di bacini idrici, compresi gli invasi idrici nelle cave dismesse, o installati a copertura dei canali di irrigazione. Per espressa previsione del comma in esame: restano ferme le disposizioni tributarie in materia di accisa sull'energia elettrica e sono fatte salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche di cui al Codice dell'ambiente (d.lgs. n. 152/2006) a eccezione degli impianti installati in bacini d'acqua che ricadono all'interno delle aree di notevole interesse pubblico di cui all'articolo 136 del codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004), delle aree naturali protette istituite ai sensi della legge quadro n. 394/1991, o di siti della Rete Natura 2000. Il comma 2 demanda a un decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e con il Ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, previa intesa in sede di Conferenza unificata, l'individuazione dei criteri per l'inserimento e l'integrazione degli impianti di cui al comma 1 sotto il profilo ambientale, anche al fine di assicurare un'adeguata superficie di soleggiamento dello specchio d'acqua e una corretta posizione dell'impianto rispetto alle sponde e alla profondità del bacino.
La Procedura Abilitativa Semplificata (PAS) è la procedura introdotta dall’articolo 6, commi 1-10, del decreto legislativo 28/2011, equiparata alla SCIA ai sensi del decreto legislativo n. 222/2016 (Tabella A, Sezione II). La PAS è utilizzabile per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da FER al di sotto di prefissate soglie di potenza (oltre le quali si ricorre alla autorizzazione unica) e per alcune tipologie di impianti di produzione di caldo e freddo da FER.
L'articolo 136 del codice dei beni culturali e del paesaggio assoggetta alla disciplina in materia di tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici (parte terza, titolo I del codice dei beni culturali e del paesaggio) per il loro notevole interesse pubblico: a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali; b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza; c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici; d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.
L’articolo 9-quater - introdotto in sede referente - al comma 1 amplia l'ambito di operatività della proroga di diritto delle concessioni, ancorché scadute, per grandi derivazioni a scopo idroelettrico accordate nelle province autonome di Trento e di Bolzano, stabilendo che tale proroga opera non soltanto - come attualmente già previsto - per le concessioni aventi un termine di scadenza anteriore al 31 dicembre 2023, ma anche per quelle che prevedono un termine di scadenza "a data successiva individuata dallo Stato per analoghe concessioni di grandi derivazioni idroelettriche situate nel territorio nazionale". La durata della proroga si estende, come già previsto a legislazione vigente, per il periodo utile al completamento delle procedure di evidenza pubblica e comunque non oltre la predetta data ed esercitate fino a tale data alle condizioni stabilite dalle norme provinciali e dal disciplinare di concessione vigenti alla data della loro scadenza. A tal fine è novellato l'articolo 13, comma 6, del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (DPR n. 670/1972). Tale articolo è stato peraltro già interamente sostituito dall'articolo 1, comma 833, della legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018). Il comma 2 specifica che le disposizioni di cui al comma 1 sono approvate ai sensi e per gli effetti dell'articolo 104 del citato DPR n. 670/1972.
In base al richiamato articolo 104, le norme recate all'articolo 13, unitamente a quelle contenute nel titolo VI (Finanza della regione e delle province), possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province.
Si ricorda che, per le modificazioni delle restanti disposizioni, ai sensi dell'articolo 103 del citato DPR, si applica il procedimento stabilito dalla Costituzione per le leggi costituzionali.
Si ricorda altresì che l'articolo 1, comma 77, della legge di bilancio per il 2020 (L. n. 160/2019), aveva già differito il termine del 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023, novellando sul punto l'articolo 13, comma 6, del DPR n. 670/1972. L'articolo 11-quater, comma 1-sexies, del D.L. n. 135/2018 (L. 12/2019), aveva disposto che per le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche che prevedono un termine di scadenza anteriore al 31 dicembre 2023, ivi incluse quelle già scadute, le regioni che non abbiano già provveduto disciplinano con legge, non oltre il 31 marzo 2020, le modalità, le condizioni, la quantificazione dei corrispettivi aggiuntivi e gli eventuali altri oneri conseguenti, a carico del concessionario uscente, per la prosecuzione, per conto delle regioni stesse, dell'esercizio delle derivazioni, delle opere e degli impianti oltre la scadenza della concessione e per il tempo necessario al completamento delle procedure di assegnazione e comunque non oltre il 31 dicembre 2023.
Secondo quanto si evince dalla segnalazione 1730 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (c.d. legge di Bilancio 2018), ha trasferito alla competenza legislativa esclusiva delle Province Autonome la disciplina in materia di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico, mentre il D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con legge 11 febbraio 2019, n. 12, ha attribuito la materia alla competenza legislativa concorrente delle Regioni, dettando una normativa di principio e rimettendo quella di dettaglio ad apposite leggi regionali da adottare entro il 31 marzo 2020. Tale termine è stato prorogato dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27 (c.d. Decreto Cura Italia), al 31 ottobre 2020 e di ulteriori sette mesi per le Regioni interessate dalle elezioni amministrative regionali.
Al riguardo, l’Autorità rileva che le procedure per l’assegnazione di concessioni per grandi derivazioni idroelettriche dovrebbero essere definite dal legislatore statale in maniera unitaria su tutto il territorio nazionale. Infatti, rientra nella materia della «tutela della concorrenza», attribuita alla competenza legislativa esclusiva statale, di cui all’articolo117, comma 2, lett. e), Cost., l’intera disciplina delle procedure di gara, comprensiva della tempistica, della definizione del contenuto dei bandi, nonché dell’onerosità delle concessioni messe a gara nel settore idroelettrico, in quanto volta a garantire e promuovere la concorrenza in modo uniforme sull’intero territorio nazionale.
La frammentazione normativa derivante dall’adozione di discipline regionali non omogenee, innalzando i costi di partecipazione alle gare, è idonea ad alterare il confronto concorrenziale, in particolar modo a danno degli operatori di minori dimensioni, nonché a creare un’artificiale compartimentazione territoriale nella produzione energetica da fonte idroelettrica, che costituisce parte del più ampio mercato nazionale della generazione elettrica.
Con specifico riguardo alla definizione delle modalità di assegnazione delle concessioni, l’Autorità auspica, innanzitutto, che venga individuata una procedura equa, non discriminatoria e trasparente come modalità ordinaria di assegnazione delle concessioni. In secondo luogo, la garanzia di massima partecipazione e di parità di condizioni tra partecipanti richiede un attento vaglio dei criteri di quantificazione dei canoni concessori e dei criteri per l’ammissione alla procedura di assegnazione, affinché non risultino ingiustificatamente gravosi in termini di requisiti tecnici ed economici, tali da costituire una barriera all’accesso non necessaria né proporzionata alla selezione di un operatore qualificato. Nello stesso senso, deve essere evitata l’introduzione di misure che possano impropriamente avvantaggiare il gestore uscente. In particolare si deve assicurare una corretta quantificazione delle somme spettanti al gestore uscente per l’eventuale utilizzo dei beni di cui all’articolo25, comma 2, del Testo Unico delle Acque (R.D. n. 1775/1933) all’atto del trasferimento del ramo d’azienda idroelettrico in favore dell’eventuale nuovo entrante.
Nel settore della generazione idroelettrica, si propone di: 1. rivedere l’attuale assetto normativo delle procedure di assegnazione delle concessioni di grande derivazione idroelettrica, basato su discipline regionali, definendo viceversa procedure uniche per tutto il territorio nazionale in ossequio all’articolo 117, comma 2, lett. e), della Costituzione, che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva statale la materia della tutela della concorrenza; 2. individuare come modalità ordinaria di assegnazione delle concessioni procedure eque, non discriminatorie e trasparenti, assicurando la massima partecipazione, a parità di condizioni tra i partecipanti, tramite l’adeguata quantificazione dei canoni concessori e requisiti di ammissione che non risultino ingiustificatamente gravosi né discriminatori in favore del gestore incumbent.
L’articolo 10 estende il campo di applicazione del modello unico semplificato per la comunicazione dell’installazione di piccoli impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici agli impianti di potenza superiore a 50 kW e fino a 200 kW, realizzati (in edilizia libera) ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 5, del decreto legislativo 3 marzo 2011 n. 28, come modificato dall’articolo 9, comma 1 del provvedimento in esame.
Le condizioni e le modalità per l’estensione del modello unico sono demandate ad un decreto del Ministro della transizione ecologica, da adottare entro 60 giorni a decorrere dal 2 marzo 2022 (data di entrata in vigore del decreto legge).
Il modello unico semplificato è quello approvato con D.M. 19 maggio 2005 recante "Approvazione del modello unico per la realizzazione, la connessione e l'esercizio di piccoli impianti fotovoltaici integrati sui tetti degli edifici", richiamato dall’articolo 25, comma 3, lett. a) del decreto legislativo n. 199/2021[35].
L’articolo 25, comma 3, lettera b) del medesimo decreto legislativo n. 199/2021 aveva già esteso tale modello agli impianti fotovoltaici di potenza fino a 50kW a servizio degli edifici.
Quanto alla tipologia di impianti fino a 200 kW cui ora si applica il modello unico, l’articolo in esame richiama quelli realizzati ai sensi dell’articolo 7-bis comma 5 del decreto legislativo n. 28/2011, come modificato dall’articolo 9, comma 1 del provvedimento.
L’articolo 9, comma 1, interamente sostituito nel corso dell’esame in sede referente, prevede che non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati l’installazione, con qualunque modalità, di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, ivi comprese strutture, manufatti e edifici già esistenti all'interno dei comprensori sciistici e la realizzazione di tutte le opere funzionali alla connessione alla rete elettrica, nonché nelle relative pertinenze. Fanno eccezione gli impianti che ricadono in aree o immobili individuati mediante apposito provvedimento amministrativo come di notevole interesse pubblico. Secondo quanto precisato in sede referente, in presenza dei vincoli di cui al periodo precedente, la realizzazione dei medesimi interventi è consentita previo rilascio dell'autorizzazione da parte dell'amministrazione competente, ai sensi del Codice dei beni culturali e paesaggistici (D.lgs. n. 42/2004). Sempre secondo quanto introdotto in sede referente, le disposizioni di cui al primo periodo del comma - che consente la realizzazione degli impianti ivi indicati in edilizia libera – di applicano anche in presenza di vincoli ai sensi dell'art. 136, comma 1, lettera c), del Codice (immobili di pregio e nuclei storici) ai soli fini l’installazione di pannelli integrati nelle coperture non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale.
Il Governo ha evidenziato che le potenze tra 50 e 200 kW – oggetto dell’intervento qui in esame - sono normalmente appannaggio delle imprese (cfr. risposta all’interrogazione a risposta immediata in commissione 5-07625 Sut, del 2 marzo 2022).
Il decreto legislativo n. 199/2021, di recepimento della Direttiva (UE) 2018/2001 (cd. RED II) contiene, all’articolo 25, specifiche disposizioni semplificatorie per l'installazione di impianti a FER al servizio di edifici. Il comma 3 dell’articolo 25 dispone, in particolare:
§ alla lettera a), che - dal 14 aprile 2022[36] - con il modello unico semplificato per l’installazione di piccoli impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 maggio 2015, sarà anche possibile richiedere il ritiro dell’energia elettrica da parte del GSE, ivi incluso il ritiro dedicato[37];
§ alla lettera b) estende il campo di applicazione del modello unico semplificato agli impianti fotovoltaici di potenza fino a 50kW. Prima di tale intervento il modello unico semplificato poteva essere utilizzato per l’installazione di impianti di potenza nominale non superiore a 20 kW.
Articolo 10-bis
(Impianti solari fotovoltaici e termici su aree industriali)
L’articolo 10-bis, inserito nel corso dell’esame in sede referente, dispone che nelle aree industriali, in deroga agli strumenti urbanistici comunali e oltre agli indici di copertura già esistenti, è possibile installare impianti solari fotovoltaici e termici coprendo fino al 60 per cento dell'area industriale di pertinenza (comma 1).
Gli impianti possono essere installati, eventualmente, su strutture di sostegno appositamente realizzate (comma 2).
Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, all’art. 6 qualifica interventi che non necessitano titolo abilitativo, tra gli altri, gli interventi di installazione delle pompe di calore aria-aria di potenza termica utile nominale inferiore a 12 Kw; e i pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, come definiti alla voce 32 dell'allegato A al regolamento edilizio-tipo, posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444.
Sono fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
L’articolo 10-ter - introdotto in sede referente - al comma 1 interviene sulla disciplina relativa ai criteri in base ai quali un cliente finale diviene autoconsumatore di energia rinnovabile. In particolare, viene introdotta un'ulteriore ipotesi relativa alla produzione e accumulo di energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo da realizzare con impianti FER ubicati presso edifici o in siti diversi da quelli presso il quale l'autoconsumatore opera, escludendo l’allacciamento di utenze diverse da quella dell'unità di produzione e dell'unità di consumo.
Inoltre, si consente all'autoconsumatore di energia rinnovabile che utilizza la rete di distribuzione esistente per condividere l'energia prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili e la consuma nei punti di prelievo nella propria titolarità, l'accesso agli strumenti di incentivazione per la condivisione dell'energia (autoconsumo collettivo o comunità energetiche).
Il comma 2 prevede che gli oneri generali afferenti al sistema elettrico sono applicati agli impianti direttamente interconnessi all'utenza del cliente finale nella stessa misura applicata alla condivisione dell'energia prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili mediante rete di distribuzione esistente.
Spetta all'ARERA stabilire le modalità di ripartizione degli oneri generali per l'energia auto-consumata nel caso di impianti direttamente interconnessi all'utenza del cliente finale.
L’articolo 10-ter - introdotto in sede referente - al comma 1 interviene sulla disciplina relativa ai criteri in base ai quali un cliente finale diviene autoconsumatore di energia rinnovabile, contenuta nell'articolo 30 del decreto legislativo n. 199/2021[38], che viene novellato in più parti.
Con la novella al comma 1, lettera a), numero 2), (lettera a)), viene introdotta un'ulteriore ipotesi relativa alla produzione e accumulo di energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo, da realizzare con uno o più impianti di produzione da fonti rinnovabili ubicati presso edifici o in siti diversi da quelli presso il quale l'autoconsumatore opera, fermo restando che tali edifici o siti devono essere nella disponibilità dell'autoconsumatore stesso; in tal caso, si introduce quindi l'espressa previsione per cui l'impianto può essere direttamente interconnesso all'utenza del cliente finale con un collegamento diretto di lunghezza non superiore a 10 chilometri al quale non possono essere allacciate utenze diverse da quella dell'unità di produzione e dell'unità di consumo.
La linea diretta di collegamento tra l'impianto di produzione e l'unità di consumo, se interrata, è autorizzata con le medesime procedure di autorizzazione dell'impianto di produzione.
L'impianto dell'autoconsumatore può essere di proprietà di un terzo o gestito da un terzo alle condizioni di cui al numero 1).
Con la novella al comma 1, lettera c) (lettera b)), si consente espressamente all'autoconsumatore di energia rinnovabile - che utilizza la rete di distribuzione esistente per condividere l'energia prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili e la consuma nei punti di prelievo nella propria titolarità - l'accesso agli strumenti di incentivazione per la condivisione dell'energia (autoconsumo collettivo o comunità energetiche), di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 199/2021, e alle compensazioni di cui all'articolo 32, comma 3, lettera a)[39] dello stesso decreto.
Inoltre, in questa ipotesi e nel caso in cui l'autoconsumatore realizzi un impianto di produzione a fonti rinnovabili direttamente interconnesso all'utenza del cliente finale, quest’ultimo può accedere agli strumenti di incentivazione relativi agli impianti di potenza superiore a 1 MW (articolo 6), ai piccoli impianti (articolo 7) e alla condivisione dell'energia (articolo 8).
Il comma 2 introduce un nuovo comma 1-bis all'articolo 30 del decreto legislativo n. 199/2021. La nuova disposizione prevede che gli oneri generali afferenti al sistema elettrico, compresi quelli relativi alla garanzia per gli utenti di libertà di accesso a parità di condizioni, di imparzialità e neutralità del servizio di trasmissione e dispacciamento, di cui all'articolo 3, comma 11, del decreto legislativo n. 79/1999, sono applicati agli impianti direttamente interconnessi all'utenza del cliente finale (numero 2.1 della lettera a) del comma 1 dell'articolo 30, introdotta dal comma 1) nella stessa misura applicata alla condivisione dell'energia prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili mediante rete di distribuzione esistente (numero 2.2 della medesima lettera a).
In sede di aggiornamento e adeguamento della regolazione dei sistemi semplici di produzione e consumo, l'ARERA stabilisce le modalità con le quali la ripartizione degli oneri generali afferenti al sistema elettrico nella misura appena descritta è applicata all'energia auto-consumata nel caso di impianti direttamente interconnessi all'utenza del cliente finale (di cui all'articolo 30, comma 1, lettera a), numero 2.1)).
Articolo 11
(Regolamentazione dello sviluppo del fotovoltaico in area agricola)
L’articolo 11 introduce deroghe alla norma – contenuta nell’articolo 65, comma 1 del decreto-legge n. 1/2012 (L. n. 27/2012) - che dispone il divieto agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole di accedere agli incentivi statali per le fonti energetiche rinnovabili (FER).
L’articolo è stato in più punti modificato ed integrato nel corso dell’esame in sede referente.
Le modifiche hanno soppresso il vincolo del 10 per cento di copertura della superficie agricola ai fini dell’accesso agli incentivi statali per gli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, per gli impianti agro-voltaici con montaggio dei moduli sollevati da terra e possibilità di rotazione e per quelli che adottino altre soluzioni innovative. A tal fine, la formulazione vigente delle lettere a) e b) del comma 1 è stata soppressa e sostituita da nuove previsioni.
La nuova formulazione della lett. b) ammette agli incentivi statali gli impianti solari fotovoltaici flottanti da realizzare su superfici bagnate ovvero su invasi artificiali di piccole o grandi dimensioni ove compatibili con altri usi (nuovo comma 1-septies all’articolo 65).
Contestualmente, la lett. b) dispone che le particelle su cui insistono gli impianti ammessi agli incentivi (ai sensi dei commi da 1-quater fino ad 1-septies dell’articolo 65) - dunque, le particelle su cui insistono gli impianti con moduli sollevati da terra con possibilità di rotazione e gli impianti solari fotovoltaici flottanti da realizzare su superfici bagnate ovvero su invasi artificiali - non possono essere oggetto di ulteriori richieste di installazione (di fotovoltaico) per 10 anni successivi al rilascio degli incentivi statali.
Quanto agli impianti con moduli sollevati da terra con possibilità di rotazione, per cui la legislazione vigente prevede ai fini dell’accesso agli incentivi, la realizzazione di sistemi di monitoraggio dell’attività pastorale, la nuova lettera a) dispone che tali sistemi sono da attuare sulla base delle Linee guida adottate dal CREA, in collaborazione con il GSE, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame.
Nel corso dell’esame presso le Commissioni riunite è stata soppressa la lettera b) del comma 1 dell’articolo nella sua vigente formulazione.
La lettera b) – nel testo attualmente vigente - ammette agli incentivi statali
§ gli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, a condizione che occupino una superficie complessiva non superiore al 10 per cento della superficie agricola aziendale (nuovo comma 1-septies nell’articolo 65 del decreto-legge n. 1/2012) e
§ gli impianti agro-voltaici che, pur adottando soluzioni costruttive diverse da quelle già ammesse, prevedano la realizzazione del sistema di monitoraggio ai fini della verifica e della attestazione della continuità dell'attività agricola e pastorale sull'area interessata, e occupino una superficie complessiva non superiore al 10 per cento della superficie agricola aziendale (nuovo comma 1-octies nell’articolo 65).
La nuova formulazione della lett. b):
§ ammette agli incentivi statali gli impianti solari fotovoltaici flottanti da realizzare su superfici bagnate ovvero su invasi artificiali di piccole o grandi dimensioni ove compatibili con altri usi (nuovo comma 1-septies all’articolo 65);
§ contestualmente, dispone che le particelle su cui insistono gli impianti di cui sopra e gli impianti agro-voltaici con montaggio dei moduli elevati da terra con possibilità di rotazione - anche a seguito di frazionamento o trasferimento a qualsiasi titolo dei relativi terreni - non possono essere oggetto di ulteriori richieste di installazione di impianti fotovoltaici per 10 anni successivi al rilascio degli incentivi statali (nuovo comma 1-octies all’articolo 65).
Nel corso dell’esame in sede referente è stata anche soppressa la lett. a) del comma 1 nella sua vigente formulazione e sostituita con una nuova lett. a).
La lett. a) attualmente vigente dispone che il limite del 10 per cento della superficie agricola occupabile opera come condizione per la concessione gli incentivi agli impianti agro-voltaici che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli sollevati da terra con possibilità di rotazione (novella al comma 1-quinquies dell’articolo 65).
La nuova lett. a) sopprime il citato limite del 10 percento, intervenendo però sulla ulteriore condizione ai fini dell’accesso agli incentivi degli impianti citati, data dalla realizzazione di sistemi di monitoraggio della continuità dell’attività agricola che consentano di verificare l'impatto sulle colture, il risparmio idrico, la produttività e la continuità delle attività interessate (prevista dal comma 1-quinquies dell’articolo 65).
La nuova lettera dispone che la realizzazione dei sistemi di monitoraggio deve attuarsi sulla base delle Linee guida adottate dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria - CREA, in collaborazione con il Gestore dei servizi energetici- GSE, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
L’articolo 65, comma 1, del decreto-legge n. 1/2021, convertito con modificazioni in legge n. 27/2012, dispone – in via generale – che, agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non è consentito l'accesso agli incentivi statali di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.
Il comma 1-quater, citato nel testo dell’articolo in esame, dispone che il divieto di accesso agli incentivi di cui al comma 1 non si applica agli impianti agro-voltaici che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche consentendo l'applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione.
Il comma 1-quinquies dispone che l’accesso agli incentivi per gli impianti di cui al comma 1-quater è condizionato alla contestuale realizzazione di sistemi di monitoraggio che consentano di verificare l'impatto sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture e la continuità delle attività delle aziende agricole interessate. Tale comma viene dunque qui integrato con l’ulteriore condizione che tali impianti occupino una superficie complessiva non superiore al 10 per cento della superficie agricola aziendale.
Il comma 1-sexies dispone che, qualora dall'attività di verifica e controllo risulti la violazione delle condizioni di cui al comma 1-quater, cessino i benefìci fruiti.
Si rimanda più diffusamente al successivo box ricostruttivo, l’analisi dell’evoluzione della disciplina sullo sviluppo del fotovoltaico in agricoltura di cui all’articolo 65 del decreto-legge n. 1/2012 e l’analisi degli investimenti a tal fine previsti nel PNNR.
In proposito, si evidenzia che la relazione illustrativa all’articolo in esame precisa che i Fondi del PNRR del progetto M2C2 Investimento 1.1 allo "Sviluppo agrivoltaico" sono destinati dal solo ed esclusivamente agli impianti agrovoltaici di cui ai richiamati commi 1-quater e 1-quinquies dell'articolo 65 del decreto-legge n. l del 2012, e dunque agli impianti che adottano soluzioni integrative innovative (moduli sollevati da terra con possibilità di rotazione) e i sistemi di monitoraggio sull’attività agricola e pastorale, che occupano una superficie complessiva non superiore al 10 per cento della superficie agricola aziendale.
Il decreto-legge n. 1/2012 (legge n. 27/2012), all'articolo 65, comma 1, ha sancito - per gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole - il divieto di fruizione degli incentivi statali riconosciuti alle fonti energetiche rinnovabili di cui al decreto legislativo n. 28/2011[40].
Il comma 2 dell’articolo 65 ha ammesso limitate eccezioni al divieto, riguardanti:
- gli impianti realizzati o da realizzare su terreni nella disponibilità del demanio militare;
- gli impianti fotovoltaici insediati su aree agricole con titolo abilitativo entro il 25 marzo 2012 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 1/2012) entrati in esercizio entro 180 giorni.
È stato previsto per tali impianti, ai fini del godimento dei benefici, il rispetto dei seguenti requisiti: avere una potenza nominale non superiore a 1 MW; se appartengono allo stesso proprietario del terreno, rispettare la distanza di 2 km e non occupare più del 10% dell'area agricola.
La finalità del divieto introdotto dall’articolo 65, comma 1 del decreto-legge n. 1/2012 è la preservazione dell'ambiente e, dunque, l'eco sostenibilità dei terreni ad uso agricolo, in una fase di sviluppo “impetuoso” del fotovoltaico nel nostro Paese[41].
Il divieto, per come inizialmente strutturato, aveva escluso dagli incentivi anche gli impianti fotovoltaici con istallazioni su discariche e lotti di discarica chiusi e su cave o lotti di cave, ovvero su aree contaminate sottoposte a bonifica, le quali, seppure qualificate in sede catastale come "terreni agricoli", erano insuscettibili di ulteriore sfruttamento e, dunque, inadatte alla coltivazione. Posta la qualificazione catastale di "aree agricole", gli impianti fotovoltaici su tali terreni insuscettibili di sfruttamento agricolo non potevano dunque accedere ai bandi previsti dalle vigenti misure incentivanti. Al fine di risolvere l'impasse, il legislatore è intervenuto, con il decreto-legge n. 76/2020 (“semplificazioni”).
L'articolo 56, comma 8-bis, ha introdotto due nuovi commi 1-bis ed 1-ter nell'articolo 65 del decreto-legge n. 1/2012, e ha così disposto che il divieto di fruizione degli incentivi statali non si applichi, e dunque ha ammesso al godimento dei benefici statali, gli impianti solari fotovoltaici da realizzare:
- su aree dichiarate siti di interesse nazionale, purché siano stati autorizzati (ai sensi dell'art. 4, co. 2, decreto legislativo n. 28/2011), e in ogni caso l'accesso agli incentivi per tali impianti non necessita di ulteriori attestazioni e dichiarazioni (nuovo comma 1-bis);
- su discariche e lotti di discarica chiusi e ripristinati, cave o lotti di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento per le quali l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione abbia attestato l'avvenuto completamento delle attività di recupero e ripristino ambientale previste nel titolo autorizzatorio nel rispetto delle norme regionali vigenti. Gli impianti devono essere autorizzati (ai sensi dell'art. 4, co. 2, decreto legislativo n. 28/2011) e in ogni caso l'accesso agli incentivi per essi non necessita di ulteriori attestazioni e dichiarazioni (nuovo comma 1-ter).
In una logica di sviluppo delle fonti rinnovabili orientata al conseguimento degli obiettivi fissati in sede europea al 2030 da realizzare anche con gli investimenti contenuti nel Piano Nazionale di ripresa e resilienza, e in considerazione del fatto che – dati i continui miglioramenti di tecnologia ed efficienza – talune configurazioni delle strutture di sostegno dei pannelli consentono lo svolgimento delle attività agricole sottostanti e un’occupazione di suolo pari al solo 2% della superficie disponibile, contro il 40% degli impianti tradizionali, il successivo decreto-legge n. 77/2021 (articolo 31, comma 5), ha consentito l’accesso alle misure incentivanti statali per le FER agli impianti solari fotovoltaici che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione (nuovo comma 4-quater dell’art. 65 del decreto-legge 1/2012, inserito dal decreto-legge n. 77/2021).
L’accesso agli incentivi per gli impianti è subordinato alla contestuale realizzazione di sistemi di monitoraggio che consentano di verificare l’impatto sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture e la continuità delle attività delle aziende agricole interessate (nuovo comma 4-quinquies dell’art. 65, inserito dal decreto-legge n. 77/2021).
Qualora dall'attività di verifica e controllo risulti la violazione delle condizioni di cui sopra, cessano i benefìci fruiti (nuovo comma 4-sexies dell’art. 65, inserito dal decreto-legge n. 77/2021).
Si evidenzia, la connessione tra le citate previsioni e gli investimenti previsti nel PNRR, e, in particolare, l’investimento Sviluppo agro-voltaico M2C2-I 1.1-44, per cui sono stanziati 1.099 milioni di euro.
L’articolo 14, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 199/2021 - di recepimento della Direttiva 2018/2001/UE cd. RED II (entrato in vigore il 15 dicembre 2021) - ha previsto che, con decreto del Ministero della Transizione Ecologica (MiTE), al fine di realizzare l’intervento in oggetto siano definiti criteri e modalità per incentivare attraverso la concessione di prestiti o contributi a fondo perduto la realizzazione di impianti agrivoltaici realizzati in conformità a quanto stabilito dall'articolo 65, comma 1-quater, del decreto-legge n. 1/2012, che, attraverso l'implementazione di sistemi ibridi agricoltura-produzione energetica, non compromettano l'utilizzo dei terreni dedicati all'agricoltura. Con il medesimo decreto, sono definite le condizioni di cumulabilità con gli incentivi tariffari di cui al Capo II del medesimo decreto legislativo n. 199/2021, tra i quali gli incentivi di cui al vigente regime incentivante, valevole anche per il fotovoltaico, di cui al D.M. 4 luglio 2019[42].
Come evidenzia dunque il GSE, nel regolamento operativo per l’accesso agli incentivi del D.M. 4 luglio, la deroga al divieto generale di accesso agli incentivi per impianti fotovoltaici collocati su aree agricole, introdotta dal decreto-legge n. 77/2021 con i commi 1-quater e 1-quinquies dell'articolo 65 del decreto-legge n. 1/2012, sarà pertanto applicabile a seguito della pubblicazione dei provvedimenti del MiTE, previsti dal decreto legislativo 199/2021, con cui verranno definite le possibili opzioni tecniche di dettaglio necessarie per declinare i criteri generali fissati per gli impianti agrovoltaici dal richiamato decreto legge.
Articolo 11-bis
(Riconversione e incremento dell’efficienza energetica degli impianti serricoli)
L’articolo 11-bis, inserito in sede referente, introduce iniziative normative volte alla predisposizione di un Piano nazionale per la riconversione di strutture produttive ormai deteriorate del patrimonio serricolo nazionale in siti agroenergetici.
In dettaglio, il comma 1 stabilisce che il Ministro della transizione ecologica, - di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dello sviluppo economico, con decreto da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente provvedimento - al fine di contrastare il degrado ambientale e paesaggistico derivante dal progressivo deterioramento strutturale del patrimonio serricolo nazionale e favorire la riconversione di tali strutture per il loro efficiente reimpiego, predispone un Piano nazionale per la riconversione di tali strutture in siti agroenergetici.
Il comma 2, descrive le finalità che devono essere perseguite dal decreto in parola:
§ a) rinnovare strutturalmente gli impianti serricoli ai fini dell'adeguamento alle nuove metodologie di produzione, quali l'agricoltura integrata e la coltivazione fuori suolo, nonché dell'aggiornamento in materia di sicurezza;
§ b) indirizzare gli investimenti verso apprestamenti protetti progettati per assicurarne la sostenibilità ambientale e l'efficienza agronomica;
§ c) favorire l'uso di energie rinnovabili per la gestione colturale e climatica, sostenendo gli investimenti per la riduzione dell'impatto delle attività agricole sull'ambiente;
§ d) favorire la trasformazione degli impianti serricoli da strutture di consumo a strutture di produzione e di condivisione dell'energia, rendendo gli impianti medesimi produttori dell'energia necessaria al proprio funzionamento;
§ e) incrementare la resilienza degli impianti serricoli ai mutamenti climatici;
§ f) favorire il recupero delle acque piovane dai tetti degli impianti serricoli;
§ g) favorire gli investimenti nel settore del fotovoltaico semitrasparente da installare sui tetti degli impianti serricoli a duplice utilizzo sia energetico sia agricolo destinato alle nuove installazioni e al rinnovo e alla manutenzione straordinaria delle installazioni esistenti;
§ h) incentivare lo sviluppo di impianti geotermici a bassa entalpia;
§ i) favorire la diffusione di impianti di riscaldamento e di raffrescamento, compreso il teleriscaldamento da trasformazione di biomasse e da centrali a biogas;
§ l) incentivare la rottamazione degli impianti serricoli con caratteristiche di vetustà e di inefficienza energetica, anche attraverso la concessione di contributi per la demolizione delle strutture, per la bonifica dei terreni sottostanti e per la rinaturalizzazione nonché per il rinnovamento delle strutture con finalità produttive, prevedendo l'elaborazione di un piano di gestione e di coltivazione di durata almeno quinquennale;
§ m) favorire la manutenzione straordinaria degli impianti serricoli mediante l'introduzione di reti e di protezioni antigrandine nonché il miglioramento delle caratteristiche strutturali al fine di garantire l'incremento delle prestazioni di resilienza ai mutamenti climatici;
§ n) incentivare il rinnovamento delle coperture degli impianti serricoli e l'eventuale sostituzione delle coperture in vetro con impianti fotovoltaici semitrasparenti o con altre coperture idonee ad incrementare la coibentazione degli ambienti di coltivazione, quali la riduzione dei ponti termici e l'impiego di teli e di strutture termicamente isolanti;
§ o) favorire il rinnovamento delle coperture plastiche degli impianti serricoli con materiali innovativi fotoselettivi e di lunga durata, con caratteristiche di efficienza termica o con specifiche capacità di trattamento e di modifica della luce in entrata, ai fini della migliore gestione ed efficienza produttiva delle colture;
§ p) favorire il rinnovamento degli impianti di controllo ambientale, quali gli impianti di raffrescamento, di riscaldamento e di illuminazione, attraverso l'impiego di sistemi interattivi con l'operatore e con gli impianti di controllo;
§ q) incentivare il rinnovamento degli impianti di coltivazione mediante l'introduzione di sistemi di coltivazione fuori suolo in ambiente protetto anche con il ricorso all'uso di energia da fonti rinnovabili;
§ r) favorire l'introduzione di sistemi di raccolta dell'acqua piovana e gli investimenti in sistemi e impianti di raccolta e di riutilizzo delle acque meteoriche, quali gli invasi di raccolta superficiali o sotto-superficiali, per un'ottimale integrazione delle riserve idriche del suolo.
Il comma 3 prevede che il decreto di cui al comma 1 individua le forme e le modalità di raccordo delle finalità indicate nella presente disposizione con gli obiettivi previsti per il comparto agricolo dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche mediante il ricorso agli strumenti finanziari per l'agricoltura sostenibile e le agroenergie nonché ai contratti di filiera come strumento di programmazione complementare.
Con riferimento al PNRR si ricorda che nell'ambito della Missione 2, sono previste risorse nell'ambito della Componente 2 -Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile, nell'ambito di intervento 1 "Incrementare la quota di energia prodotta da fonti di energia rinnovabile", in relazione allo sviluppo dell'agro-voltaico, per circa 1,1miliardi di euro e allo sviluppo del biometano, per 1,923 miliardi di euro.
Il comma 4 prevede che il Piano è attuato con risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 12
(Semplificazione per impianti rinnovabili in aree idonee)
L’articolo 12:
§ al comma 01, aggiunto in sede referente, dispone che l’aggiornamento le linee guida per l'autorizzazione degli impianti a fonti rinnovabili avvenga con apposito decreto del Ministero della transizione ecologica, di concerto con il Ministero della cultura e d'intesa con la Conferenza Unificata. Secondo la disciplina vigente, l’aggiornamento dovrà intervenire a seguito dell'entrata in vigore della disciplina statale e regionale per l'individuazione di superfici e aree idonee;
§ al comma 02, aggiunto in sede referente, interviene sulla disciplina per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili, inserendo le aree a destinazione industriale e artigianale, per servizi e logistica, tra quelle il cui utilizzo debba essere privilegiato;
§ al comma 03, integra l’elencazione delle aree idonee inviduate ope legis, con riguardi ai soli impianti fotovolatici, con una serie di previsioni che toccano i siti in cui sono già presenti impianti fotovoltaici, le aree agricole e le aree interne agli impianti industriali; le aree adiacenti alle reti autostradali.
Il comma 1 interviene sulla norma che prevede il parere obbligatorio e non vincolante dell’autorità competente in materia paesaggistica nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati a fonti rinnovabili su aree idonee, precisando che sono inclusi quelli per l’adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA).
Il comma 1-bis, aggiunto in sede referente, modifica – nelle aree idonee - i regimi di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di impianti fotovoltaici di nuova costruzione e delle opere connesse nonché, senza variazione dell'area interessata, per il potenziamento, il rifacimento e l'integrale ricostruzione degli impianti fotovoltaici esistenti e delle opere connesse.
I commi 1-ter e 1-quater recano norme transitorie, volte ad anticipare le semplificazioni di cui al comma 1 anche ai procedimenti in corso.
L’articolo 12 disciplina l’installazione di impianti a fonti rinnovabili nelle aree che verranno considerate idonee a tal fine, anche ampliando i casi in cui già la legge definisce idonee alcune tipologie di aree.
Si segnala che - a sua volta – anche l’articolo 18 del decreto legge in esame, come modificato in sede referente, inserisce, nell’elenco delle aree ex lege idonee di cui al comma 8 dell’articolo 20, ulteriori casistiche, rinviando alla relativa scheda illustrativa.
Si rammenta che l’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo demanda ad uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica – da adottare di concerto con il Ministro della cultura e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata - la fissazione dei principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili. I decreti devono essere adottati entro il 13 giugno 2022 (180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 199, intervenuta il 15 dicembre 2021).
Ai sensi del comma 2, i decreti interministeriali appena citati stabiliscono anche la ripartizione della potenza installata fra Regioni e Province autonome, prevedendo sistemi di monitoraggio sul corretto adempimento degli impegni assunti e criteri per il trasferimento statistico fra le medesime Regioni e Province autonome, da effettuare secondo le regole generali indicate nell’Allegato I del decreto legislativo.
Ai sensi del comma 3, nella definizione della disciplina inerente le aree idonee, i decreti interministeriali tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, e verificando l'idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili, compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonché tenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete stessa.
Ai sensi del comma 4, entro 180 giorni dall’entrata in vigore dei decreti interministeriali, le Regioni dovranno individuare con propria legge le aree idonee. Nel caso di mancata adozione della legge, interviene lo Stato, in via sostitutiva.
Ai sensi del comma 8, nelle more dell'individuazione delle aree idonee, sono ope legis dichiarate aree idonee:
· i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica non sostanziale (lett. a));
· le aree dei siti oggetto di bonifica (Titolo V, Parte IV, decreto legislativo 152/2006) (lett. b)),
· le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale (lett. c));
· nonché, secondo l’integrazione introdotta dall’articolo 18 del decreto legge qui in commento, i siti e gli impianti nelle disponibilità delle società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane (lett. c-bis)).
Si prevede la costituzione di una piattaforma digitale realizzata presso il GSE con la finalità di includere tutte le informazioni e gli strumenti necessari alle Regioni e Province autonome per connettere ed elaborare i dati per la caratterizzazione e qualificazione del territorio (articolo 21).
L’articolo 12, comma 01, inserito in sede referente, modifica l'articolo 18, comma 3, del decreto legislativo n. 199/2021, ai sensi del quale, a seguito dell'entrata in vigore della disciplina statale e regionale per l'individuazione di superfici e aree idonee, sono aggiornate le linee guida per l'autorizzazione degli impianti a fonti rinnovabili.
Il comma 01 dispone che l’aggiornamento avvenga con apposito decreto del Ministero della transizione ecologica, di concerto con il Ministero della cultura e d'intesa con la Conferenza unificata.
Si valuti l’opportunità di inserire il termine per l’adozione del decreto interministeriale.
Il comma 02, aggiunto in sede referente, modifica l’articolo 20 del decreto legislativo n. 199/2021, il quale disciplina la procedura per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili, demandando ad uno o più decreti interministeriali la fissazione dei principi e dei criteri omogenei per l'individuazione di tali aree.
Il comma in esame, nello specifico, modifica il comma 3 dell’articolo 20, al fine di inserire le aree a destinazione industriale e artigianale, per servizi e logistica, tra quelle il cui utilizzo debba essere privilegiato ai fini dello sfruttamento con impianti a fonte rinnovabile.
Il comma 03 modifica ulteriormente l'articolo 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021.
In particolare:
a) alla lettera a) del citato articolo 20, comma 8, che considera aree idonee i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte in cui vengono realizzati interventi di modifica non sostanziale, viene aggiunta una disposizione relativa ai soli impianti solari fotovoltaici. Con riferimento a tali impianti, sono aree idonee i siti dove sono già presenti impianti fotovoltaici sui quali, senza variazione dell'area occupata o comunque con variazioni dell'area occupata che tengono conto dei limiti di cui alla lettera c-ter), numero 1), (vedi infra, si tratta di una disposizione che viene anch’essa introdotta in questa sede) sono eseguiti interventi di modifica sostanziale per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione, anche con l'aggiunta di sistemi di accumulo di capacità non superiore a 3 MWh per ogni MW di potenza dell'impianto fotovoltaico;
b) la lettera b) si riferisce nuovamente ai soli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra. Viene quindi inserita una lettera c-bis) nel più volte citato articolo 20, comma 8, del decreto n. 199 del 2021.
Tale lettera, per gli impianti ricordati, in assenza di vincoli ai sensi della parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), considera ree idonee:
1) le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 300 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere;
2) le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, nonché le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 300 metri dal medesimo impianto o stabilimento;
3) le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 150 metri.
Con riferimento alla previsione di cui al numero 2, si precisa che per la definizione degli stabilimenti la novella fa riferimento all'articolo 268, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cosiddetto codice ambientale). Tale lettera definisce stabilimento “il complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o più impianti o sono effettuate una o più attività che producono emissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all'esercizio di una o più attività”.
Il comma 1 dell’articolo novella l’articolo 22, comma 1, lett. a), del decreto legislativo n. 199/2021, che prevede che l’autorità competente in materia paesaggistica si esprima con parere obbligatorio e non vincolante nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati a fonti rinnovabili su aree idonee. A tale previsione si aggiunge l’inciso “ivi inclusi quelli per l'adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale”.
La relazione illustrativa evidenzia che le esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio sarebbero comunque tenute in considerazione nella fase (prodromica) di definizione dei principi e criteri per l'individuazione delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili, richiamando quanto prevede l'articolo 20, commi l e 3, del decreto legislativo n. 199/2021[43].
L’articolo 22 del decreto legislativo n. 199/2021, nella sua formulazione precedente alle modifiche apportate dall’articolo qui in esame, limitate peraltro all’integrazione della sola lettera a), in base al quale, per la costruzione e l'esercizio di impianti di produzione di energia da FER nelle aree idonee:
a) nei procedimenti di autorizzazione, l'autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante. Decorso inutilmente il termine per l'espressione del parere, l'amministrazione competente provvede comunque;
b) i termini delle procedure autorizzative sono ridotti di un terzo.
La norma in esame interviene sulla disciplina di snellimento delle procedure autorizzative per la costruzione e l’esercizio di impianti a FER già avviata con il decreto-legge n. 76/2020 (cd. "Semplificazioni") e con il decreto-legge n. 77/2021 (cd. "Semplificazioni-bis")[44].
Si valuti l’opportunità di coordinare la previsione in esame con l’articolo 25, comma 2-bis del codice dell’ambiente (decreto legislativo n. 152/2006), relativamente alle procedure di VIA per le opere di competenza statale rientranti nel PNIEC e nel PNRR di cui all’allegato 1-bis del medesimo Codice.
Nell’articolo 25, comma 2-bis, l’adozione del provvedimento di VIA è infatti rimesso al direttore generale del Ministero della transizione ecologica, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura (e non previo parere obbligatorio, come previsto invece dalla norma in esame).
Il comma 1-bis modifica a sua volta l'articolo 4 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (relativo alla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili), prevedendo che nelle aree idonee i regimi di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di impianti fotovoltaici di nuova costruzione e delle opere connesse nonché, senza variazione dell'area interessata, per il potenziamento, il rifacimento e l'integrale ricostruzione degli impianti fotovoltaici esistenti e delle opere connesse sono disciplinati come segue:
a) per impianti di potenza fino a 1 MW: si applica la dichiarazione di inizio lavori asseverata per tutte le opere da realizzare su aree nella disponibilità del proponente;
b) per impianti di potenza superiore a 1 MW e fino a 10 MW: si applica la procedura abilitativa semplificata;
c) per impianti di potenza superiore a 10 MW: si applica la procedura di autorizzazione unica.
Questa disciplina fa salva quanto disposto da alcune disposizione dello stresso decreto n. 28, ossia:
§ articolo 6, comma 9-bis (impianti fotovoltaici di potenza sino a 20 MW localizzati in specifiche aree, quali quelle a destinazione industriale, le discariche bonificate, cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento);
§ articolo 6-bis (modifiche e sostituzione dei moduli degli impianti fotovoltaici che comportano una variazione delle volumetrie di servizio non superiore al 15 per cento e una variazione dell'altezza massima dal suolo non superiore al 20 per cento e per gli impianti su edifici, interventi di sostituzione dei moduli fotovoltaici che non comportano variazioni o comportano variazioni in diminuzione dell'angolo tra il piano dei moduli e il piano della superficie su cui i moduli sono collocati);
§ articolo 7-bis, comma 5 (l'installazione di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici e opere funzionali alla connessione alla rete elettrica). Questo articolo è peraltro modificato dall’articolo 9, comma 1, alla cui scheda si rinvia.
Sempre il comma 1-bis inserisce nel decreto legislativo n. 28, all’articolo 4, un comma 2-ter, in base al quale ai fini delle disposizioni di cui al comma 2-bis quello (appena illustrato) resta fermo quanto stabilito all'articolo 22, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, ossia la disposizione modificata con il comma 1 dell’articolo in esame, già illustrato.
Il comma 1-ter reca una norma transitoria delle innovazioni appena illustrate, chiarendo che le disposizioni dei commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 4 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (appena illustrate) e introdotte con le modifiche al decreto in esame, si applicano, su richiesta del proponente, anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto stesso.
Il comma 1-quater, anch’esso inserito in sede referente, consente - nelle more dell'individuazione delle aree idonee - di applicare la procedura autorizzativa di cui all'articolo 22 del decreto legislativo n. 199 (quella modificata dal comma 1, illustrato) agli impianti che alla data di pubblicazione del presente decreto-legge, quindi anche prima dell’intervento della modifica in esame, avessero avviato un iter autorizzativo, sempre che si trovino in aree non soggette a vincolo e non rientrino in aree dichiarate non idonee sulla base della normativa regionale.
Articolo 12-bis
(Uso di sottoprodotti negli impianti di biogas e biometano)
L’articolo 12-bis, inserito in sede referente, propone di ammettere negli impianti di produzione di biogas e di biometano i sottoprodotti provenienti da attività agricola, di allevamento, dalla gestione del verde e da attività forestale e i sottoprodotti provenienti da attività alimentari ed agroindustriali previsti dal decreto ministeriale 23 giugno 2016. Inoltre, propone di definire tali sottoprodotti come "residui dell'attività agroalimentare" purché siano rispettate le condizioni relative alla distinzione tra sottoprodotto e rifiuto previste dall'articolo 184-bis del Codice dell'ambiente, e purché l'utilizzo agronomico del digestato rispetti le norme contenute nel Titolo IV del decreto ministeriale del 25 febbraio 2016.
L'articolo in esame, composto da un unico comma, è stato introdotto in sede referente e mira a semplificare il processo produttivo negli impianti di biogas e biometano. A tal fine, propone di ammettere in ingresso a tali impianti i sottoprodotti provenienti da attività agricola, di allevamento, dalla gestione del verde e da attività forestale e i sottoprodotti provenienti da attività alimentari ed agroindustriali, elencanti rispettivamente ai punti 2 e 3 della Tabella 1 A del decreto ministeriale 23 giugno 2016.
Il suddetto decreto disciplina l’incentivazione delle fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico per i nuovi impianti selezionati nel 2016. La Tabella 1 A reca l'elenco dei sottoprodotti utilizzabili negli impianti a biomasse e biogas ai fini dell'accesso ai meccanismi incentivanti che avranno durata ventennale.
I sottoprodotti provenienti da attività agricola, di allevamento, dalla gestione del verde e da attività forestale di cui al punto 2 comprendono: effluenti zootecnici; paglia; pula; stocchi; fieni e trucioli da lettiera; residui di campo delle aziende agricole; sottoprodotti derivati dall’espianto; sottoprodotti derivati dalla lavorazione dei prodotti forestali; sottoprodotti derivati dalla gestione del bosco; potature, ramaglie e residui dalla manutenzione del verde pubblico e privato.
Nei sottoprodotti provenienti da attività alimentari ed agroindustriali di cui al punto 3 rientrano, tra l'altro, i sottoprodotti derivanti dalla trasformazione di: pomodoro (es. buccette, semini), olive (es. acque di vegetazione, sanse), uva (es. vinaccioli), frutta, ortaggi vari, barbabietole da zucca, cereali. Rientrano, inoltre, i sottoprodotti derivanti da lavorazioni ittiche, dalla lavorazione della birra e di frutti e semi oleosi, dall'industria della panificazione e i sottoprodotti della torrefazione del caffè.
L'articolo in esame propone poi che tali sottoprodotti si intendano ricompresi nella definizione di "residui dell'attività agroalimentare" contenuta nell'articolo 3, comma 1, lettera i) del decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali del 25 febbraio 2016, recante criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue, nonché per la produzione e l'utilizzazione agronomica del digestato.
In base a tale definizione, sono considerati "residui dell'attività agroalimentare" i residui di produzione individuati nell'Allegato IX del decreto, derivanti da trasformazioni o valorizzazioni di prodotti agricoli, effettuate da imprese agricole di cui all'art. 2135 del codice civile o da altre imprese agroindustriali, a condizione che derivino da processi che non rilasciano sostanze chimiche, conformemente al regolamento (CE) n. 1907/2006.
L'Allegato IX del suddetto decreto 25 febbraio 2016 reca le caratteristiche dei digestati e le condizioni per il loro utilizzo. L'articolo 2135 del codice civile reca la definizione di imprenditore agricolo, inteso come colui che esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Il regolamento (CE) n. 1907/2006 (cd. "regolamento REACH") fornisce un quadro giuridico completo per la fabbricazione e l’uso delle sostanze chimiche in Europa e istituisce Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA). Esso reca, tra l'altro, restrizioni relative alla fabbricazione, all'immissione sul mercato e all'uso di alcune sostanze pericolose, miscele e prodotti.
In base alle norme proposte, affinché siano considerati "residui dell'attività agroalimentare" i suddetti sottoprodotti si prevede dovranno rispettare le condizioni previste dall'articolo 184-bis del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell'ambiente) che riguardano la distinzione tra sottoprodotto e rifiuto. Infine, l'utilizzo agronomico del digestato dovrà rispettare le disposizioni di cui al Titolo IV del citato decreto ministeriale del 25 febbraio 2016.
Per quanto concerne la distinzione tra sottoprodotto e rifiuto l'articolo 184-bis del Codice dell'ambiente prevede che siano considerati sottoprodotti e non rifiuti le sostanze o oggetti che rispettano determinate condizioni, tra cui: essere originati da un processo di produzione il cui scopo non è la produzione di tali sostanze o oggetti; essere riutilizzati, senza ulteriore trattamento, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione. Il loro utilizzo dovrà inoltre rispettare tutti i requisiti pertinenti e non comportare danni per la salute umana e per l'ambiente.
Il Titolo IV del decreto del 25 febbraio 2016 reca disposizioni sull'utilizzazione agronomica del digestato. In estrema sintesi, prevede che ai fini della sua utilizzazione agronomica il digestato dovrà essere prodotto da impianti aziendali interaziendali alimentati esclusivamente con: paglia, sfalci e potature o con altro materiale agricolo non pericoloso o derivante da colture agrarie; residui dell'attività agroalimentare o acque di vegetazione dei frantoi oleari. Inoltre, vieta l'utilizzazione agronomica del digestato agrozootecnico o agroindustriale prodotto con l'aggiunta di: a) sfalci o altro materiale vegetale utilizzato per operazioni di messa in sicurezza o bonifica di siti contaminati; b) sfalci o altro materiale vegetale proveniente da terreni in cui non sono consentite le colture alimentari in quanto si rileva la presenza di sostanze contaminanti. Il digestato di cui al comma 1 e' sottoposto a processi diessiccazione finalizzati a ridurre il rischio di dispersione delle sostanze pericolose eventualmente contenute e successivamente avviato ad operazioni di valorizzazione energetica, tra cui preferibilmente l'incenerimento. Disciplina, poi le condizioni affinché, in base all'articolo 184-bis del Codice dell'ambiente, il digestato sia classificato come sottoprodotto e non rifiuto (produzione in impianti autorizzati, certezza del suo riutilizzo senza ulteriore trattamento, rispetto di alcuni requisiti tra cui quelli igienico sanitari). Infine, il Titolo IV reca una serie di adempimenti del produttore o dell'utilizzatore di digestato.
L’articolo 13 introduce ulteriori semplificazioni alle procedure per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica offshore rispetto a quelle già introdotte dal decreto legislativo n. 199/2021 e in materia di impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro.
Il comma 1, modificato in sede referente, prevede che siano sottoposte ad autorizzazione unica anche le opere per la connessione alla rete di tali impianti. Secondo quanto inserito in sede referente, per gli impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro - l'autorizzazione unica è rilasciata dal Ministero della transizione ecologica, sentito il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e d'intesa con la regione interessata.
Il comma 2, alla lettera a), prevede che le semplificazioni già introdotte alla procedura autorizzativa unica per gli impianti off-shore in aree idonee (parere obbligatorio e non vincolante dell’autorità in materia paesaggistica e termini procedurali ridotti di un terzo) si applichino anche con riferimento alla realizzazione di impianti localizzati in aree non sottoposte a vincoli incompatibili con l’insediamento di impianti off-shore. Ai sensi della lettera b) per tali impianti, nelle more dell'individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei relativi procedimenti di autorizzazione per le domande già presentate.
Infine, la lettera c) dispone che le linee guida per lo svolgimento dei procedimenti autorizzatori dovranno essere adottate con decreto del Ministero della transizione ecologica, non più di concerto con il Ministero della cultura, ma solo di concerto con il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sentiti, per gli aspetti di competenza, il Ministero della cultura e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Segnatamente, il comma 1 modifica l’articolo 12, comma 3, quinto e ultimo periodo, del decreto legislativo n. 387/2003, al fine di prevedere che l'autorizzazione unica operi – non solo per gli impianti off-shore – ma anche per le opere di connessione alla rete dei medesimi impianti.
Nel citato articolo 12, comma 3, si aggiunge in fine, un ulteriore periodo, il quale prevede che per gli impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero della transizione ecologica, sentito il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e d'intesa con la regione interessata, con le modalità di cui al comma 4 del medesimo articolo 12. Questo ulteriore periodo è stato inserito in sede referente.
Sempre in quella sede è stato approvato un emendamento che dispone la soppressione del quarto periodo del comma 3 dell’articolo 12, il quale contiene una norma ormai superata (dal più recente quinto e ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 12).
L’articolo 12, comma 3, quinto e ultimo periodo, del D.lgs. n. 387/2003, recentemente inserito dall’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021, dispone che, per gli impianti off-shore, l’autorizzazione unica è rilasciata dal Ministero della transizione ecologica di concerto il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili sentito, per gli aspetti legati all'attività di pesca marittima, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, nell'ambito del provvedimento adottato a seguito del procedimento unico, di cui al comma 4 del medesimo articolo 12, comprensivo del rilascio della concessione d'uso del demanio marittimo.
Il quarto periodo del comma 3, di cui qui si propone la soppressione, dispone che per gli impianti offshore l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d'uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima. Tale norma è stata implicitamente superata dalla più recente, contenuta dal quinto periodo del comma.
Ai sensi del comma 4 dell’articolo 12, al procedimento unico partecipano tutte le Amministrazioni interessate. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto o, per gli impianti idroelettrici, l'obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. La procedura di VIA costituisce fase endo procedimentale (sulla VIA, vedi infra).
Il comma 2, lett. a), modifica l’articolo 23, comma 4, alinea, del decreto legislativo n. 199/2021 al fine di estendere le semplificazioni procedurali ivi previste per il rilascio dell’autorizzazione per gli impianti off-shore localizzati nelle aree idonee (parere obbligatorio e non vincolante dell’autorità in materia paesaggistica e termini procedurali ridotti di un terzo) anche agli impianti localizzati nelle aree non sottoposte a vincoli incompatibili con l’insediamento di impianti off-shore.
L’articolo 23, comma 4, del decreto legislativo n. 199/2021 dispone che, nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili off-shore, localizzati nelle aree individuate come idonee, ai sensi dei commi 2 e 3 del medesimo articolo:
a) l'autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante individuando, ove necessario, prescrizioni specifiche finalizzate al migliore inserimento nel paesaggio e alla tutela di beni di interesse archeologico;
b) i termini procedurali per il rilascio dell'autorizzazione sono ridotti di un terzo (da 90 a 60 giorni, al netto della procedura di VIA, sulla procedura di VIA, vedi infra).
Il comma 2 dell’articolo definisce idonee le aree per la produzione di energie rinnovabili individuate dal Piano di gestione dello spazio marittimo, alla cui adozione si deve provvedere entro 180 giorni dal 15 dicembre 2021 (data di entrata in vigore del decreto legislativo), dunque entro il 13 giugno 2022.
Il comma 3 dispone che, nelle more dell’adozione del suddetto Piano, sono ope legis idonee, le piattaforme petrolifere in disuso e l'area distante 2 miglia nautiche da ciascuna piattaforma (fatte salve le prescrizioni delle "Linee guida nazionali per la dismissione mineraria delle piattaforme per la coltivazione di idrocarburi in mare e delle infrastrutture connesse" di cui al D.M. 15 febbraio 2019); nonché i porti, per impianti eolici fino a 100 MW di potenza istallata, previa eventuale variante del Piano regolatore portuale, ove necessaria, da adottarsi entro 6 mesi dalla presentazione della richiesta.
Il comma 2, lett. b), modifica l’articolo 23, comma 5 del medesimo decreto legislativo n. 199/2021 il quale dispone che, nelle more dell'individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione per le domande già presentate.
La modifica è finalizzata a prevedere, anche con riferimento alla realizzazione di impianti localizzati nelle aree non sottoposte a vincoli incompatibili con l’insediamento di impianti off-shore, che, nelle more dell'individuazione delle aree idonee, non possano essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei relativi procedimenti di autorizzazione, per le domande già presentate.
La relazione illustrativa afferma che sono “aree non sottoposte a vincoli incompatibili con l'insediamento di impianti off-shore (..) esclusivamente quelle in cui non sussistono vincoli di natura amministrativa in attuazione della normativa europea e nazionale a tutela di aree protette, di specifici valori di biodiversità (riferiti, ad esempio, alle rotte migratorie degli uccelli e agli habitat delle specie marine protette) o della navigazione civile e militare”.
Si valuti l’opportunità di specificare in norma la definizione di aree non sottoposte a vincoli incompatibili con l’insediamento di impianti off-shore.
Infine, il comma 2, lett. c), modifica l’articolo 23, comma 6, al fine di prevedere che le linee guida per lo svolgimento dei procedimenti autorizzatori dovranno essere adottate con decreto del Ministero della transizione ecologica, non più di concerto con il Ministero della cultura, ma solo di concerto con il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sentiti, per gli aspetti di competenza, il Ministero della cultura e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Rimane fermo il termine di adozione (90 giorni dal 15 dicembre 2021, data di entrata in vigore del decreto legislativo).
La formulazione del comma 6 dell’articolo 23, previgente alle modifiche in esame, disponeva “entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del (..) decreto il Ministero della transizione ecologica, di concerto con i Ministeri della cultura e delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili, adotta le linee guida per lo svolgimento dei procedimenti di cui al presente articolo”.
Quanto alla durata dei termini per l’adozione della VIA, ai sensi del codice dell’ambiente, come modificato dai decreti legge di semplificazione (decreto-legge n. 76/2020 e decreto-legge n. 77/2021), gli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile, le infrastrutture per la produzione, il trasporto e lo stoccaggio di idrogeno e altri progetti destinati alla decarbonizzazione rientrano tra le opere e infrastrutture strategiche alla realizzazione del PNIEC (indicate nell’articolo 18 del decreto-legge n. 77/2020 che ha inserito l’Allegato 1-bis nel codice dell’ambiente). Tali opere sono sottoposte “a regime speciale”, come anche i progetti compresi nel PNRR e quelli finanziati a valere sul fondo complementare. Ed in particolare:
§ per lo svolgimento delle procedure di valutazione ambientale di competenza statale è competente la commissione tecnica PNRR-PNIEC (già istituita dall’articolo 50 del decreto-legge n. 76/2020 che ha novellato il comma 2-bis dell’articolo 8 del codice ambientale). Ai sensi dell’articolo 7-bis del codice ambientale, sono di competenza statale gli impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare, impianti geotermici pilota, nonché le attività di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche in mare[45];
§ la realizzazione degli impianti e le opere ad essi connesse costituiscono interventi di pubblica utilità, indifferibili e urgenti (comma 2-bis dell’art. 7-bis del codice dell’ambiente, prima inserito dall’art. 50 del decreto-legge n. 76/2020 e poi modificato dall’articolo 18 del decreto-legge n. 77/2021);
§ vi è una procedura di VIA fast-track.
In particolare, sono dimezzati i termini per la fase di consultazione (di cui all’articolo 24 del codice dell’ambiente, già modificato dall’articolo 50 del decreto-legge n. 76/2020 e poi dall’articolo 21 del decreto-legge n. 77)[46]; quanto alla fase di adozione del provvedimento di VIA di competenza statale la commissione tecnica PNRR-PNIEC, si deve esprimere, predisponendo lo schema di provvedimento di VIA, entro trenta giorni (anziché sessanta ordinari) dalla conclusione della fase di consultazione e comunque entro il termine di centotrenta giorni dalla data di pubblicazione della documentazione presentata dal proponente. Il direttore generale del MITE dovrà adottare il provvedimento di VIA nei successivi trenta giorni.
Articolo 13-bis
(Semplificazioni in materia di infrastrutture elettriche)
L’articolo 13-bis, introdotto in sede referente, reca disposizioni di semplificazione amministrativa in materia di infrastrutture elettriche.
Al comma 1 - composto da due lettere - si introducono tre modifiche al Testo unico misto in materia di espropriazione, allo scopo di semplificare la procedura espropriativa delle infrastrutture energetiche facenti parte della rete nazionale e di prorogare in via generale i termini per l'adozione del decreto di esproprio.
Il comma 2 modifica la disciplina riguardante il procedimento di rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica. Le novelle riguardano, principalmente, l'accertamento degli usi civici da parte delle regioni interessate e gli interventi di interramento in cavo di linee aeree esistenti sottoposti, a determinate condizioni, al regime di inizio attività. Il comma detta altresì una disposizione concernente le opere di rete per la connessione alla rete elettrica di trasmissione nazionale.
Il comma 1, alla lettera a), introduce due nuovi commi (1-ter e 1-quater) all'articolo 4 del Testo Unico in materia di espropriazione (di cui al d.P.R. n. 327 del 2001), finalizzati a prevedere la generale compatibilità con l'esercizio dell'uso civico degli elettrodotti facenti parte della rete elettrica nazionale e delle ricostruzioni aeree o interrate già esistenti degli elettrodotti medesimi, rendendone così più agevole la espropriazione per pubblica utilità non richiedendosi a questi fini il mutamento di destinazione d'uso.
Ai sensi dell'art. 4, co. 1-bis, del Testo Unico in materia di espropriazione, i beni gravati da uso civico non possono essere espropriati o asserviti coattivamente a meno che non venga pronunciato il mutamento di destinazione d'uso, fatte salve le ipotesi in cui l'opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l'esercizio dell'uso civico.
Con la prima modifica - recata dal nuovo comma 1-ter come introdotto in sede referente - si prevede che, fermo restando il rispetto della normativa paesaggistica, si intendono sempre compatibili con l'esercizio dell'uso civico gli elettrodotti di cui all'articolo 52-quinquies, comma 1, del predetto Testo unico, fatta salva la possibilità che la regione o un comune da essa delegato possa adottare una determinazione motivata difforme, nell'ambito del procedimento autorizzativo propedeutico alla dichiarazione di pubblica utilità dell'infrastruttura.
Nell’ambito del procedimento espropriativo si possono distinguere schematicamente tre diverse fasi e precisamente:
a) la fase dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio;
b) la fase della dichiarazione di pubblica utilità;
c) la fase della determinazione, anche in via provvisoria, dell’indennità di esproprio a cui segue il decreto di esproprio, il cui effetto ablativo si produce tuttavia solamente quando l’amministrazione si immette nel possesso dell’area e viene redatto il relativo verbale.
Per quanto riguarda la prima di tali fasi, questa può coincidere con l’approvazione del piano urbanistico generale (o di una sua variante) ovvero con un atto di natura equivalente (adottato, exempli gratia, mediante conferenza di servizi, o accordo di programma, o intesa) che prevedano la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità. Il vincolo ha generalmente la durata di 5 anni ed entro questo termine può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. A garanzia e tutela degli interessati la legge prevede e disciplina le modalità di partecipazione degli stessi al procedimento.
Il nuovo comma 1-quater, introdotto anch'esso in sede referente, è invece volto a rendere compatibile con l'esercizio dell'uso civico le ricostruzioni aeree o interrate già esistenti di elettrodotti facenti parte della rete elettrica nazionale (di cui al predetto articolo 52-quinquies, comma 1), che si rendano necessarie per ragioni di obsolescenza, purché siano realizzate con le migliori tecnologie esistenti o siano effettuate sul medesimo tracciato della linea già esistente o nelle sue immediate adiacenze.
La lettera b) del comma 1 interviene invece sull'articolo 13, comma 5, del Testo Unico citato ed è volta ad allungare da due a quattro anni la proroga dei termini previsti dai commi 3 e 4 per l'adozione del decreto di esproprio, sia nei casi in cui il predetto termine sia stato espressamente stabilito nella dichiarazione di pubblica utilità sia quando esso ha durata quinquennale, non essendo stato espressamente determinato nella dichiarazione medesima.
Il comma 3 dell'articolo 13 prevede che, nel provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera possa essere stabilito il termine entro il quale il decreto di esproprio va emanato.
Il successivo comma 4 stabilisce che se manca l'espressa determinazione del termine di cui al comma 3, il decreto di esproprio possa essere emanato entro il termine di cinque anni, decorrente dalla data di efficacia dell'atto che dichiara la pubblica utilità dell'opera.
Le predette proroghe - nel testo vigente non oggetto di modificazioni con l'intervento in esame - sono disposte anche d'ufficio prima della scadenza del termine e possono essere adottate dall'autorità che ha dichiarato la pubblica utilità dell'opera per casi di forza maggiore o per altre giustificate ragioni.
Il comma 2 novella la disciplina dei procedimenti di autorizzazione per le reti nazionali di trasporto dell'energia e per gli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, recata dall'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 239 del 2003, come convertito dalla legge n. 290 del 2003.
La lettera a) della disposizione in esame modifica la disciplina (recata dal comma 3 del citato art. 1-sexies) riguardante il procedimento di rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica.
Il comma 3 citato prevede che l'autorizzazione unica di cui, disciplinata dal comma 1 (v. infra) è rilasciata a seguito di un procedimento unico svolto entro il termine di centottanta giorni, nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. Il procedimento può essere avviato sulla base di un progetto preliminare o analogo purché evidenzi, con elaborato cartografico, le aree potenzialmente impegnate sulle quali apporre il vincolo preordinato all'esproprio, le eventuali fasce di rispetto e le necessarie misure di salvaguardia.
Secondo la medesima disciplina, viene sospesa ogni determinazione comunale in ordine alle domande di permesso di costruire nell'ambito delle aree potenzialmente impegnate, dalla data della comunicazione dell'avviso dell'avvio del procedimento ai comuni interessati, fino alla conclusione del medesimo procedimento.
La novella in esame:
§ stabilisce che tale misura di salvaguardia perda efficacia decorsi cinque anni (in luogo di tre anni, termine previsto dal testo vigente) dalla data della comunicazione dell'avvio del procedimento;
§ sopprime la possibilità da parte del MISE di prorogare tale termine di un anno, per una sola volta, per sopravvenute esigenze istruttorie.
La novella, inoltre, introduce una nuova disposizione la quale prevede che la regione o le regioni interessate, entro il termine di conclusione della conferenza di servizi di cui al capo IV della L. n. 241/1990, accertino in via definitiva l’esistenza di usi civici e la compatibilità dell’opera con essi, ai fini dell'avvio della procedura di esproprio o asservimento coattivo dei beni gravati da uso civico sulla base del novellato comma 1-ter dell’articolo 4 del DPR n. 327/2001, introdotto dal comma 1 del presente articolo (v. sopra). In caso di mancata espressione del parere,
Si segnala che il parere della regione (o regioni) in sede di conferenza di servizi era prevista dall'art. 60, comma 5, lett. a), del decreto-legge n. 76 del 2020, con riferimento al comma 1-bis dell'articolo 4 del Testo unico espropriazioni. Tale disposizione, tuttavia, venne soppressa dalla legge di conversione n. 120 del 2020. Al riguardo, cfr. il dossier sul decreto-legge n. 76 citato.
La lettera b) reca due novelle al comma 4-sexies del medesimo art. 1-sexies.
Il comma 4-sexies prevede che sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività gli interventi sugli elettrodotti o su componenti di linea che comportino varianti di lunghezza non superiore a 3.000 metri lineari (1.500 metri se ricadenti, anche parzialmente, all'interno di aree protette). La norma si applica comunque alle varianti che utilizzino il medesimo tracciato, ovvero se ne discostino per un massimo di 60 metri lineari. Con la novella si dispone che, nel rispetto dei medesimi limiti dimensionali, possano essere realizzati, mediante denuncia di inizio attività, le varianti consistenti nell'interramento del cavo.
Rimane fermo quanto previsto in tema di verifica preventiva dell'interesse archeologico dall'articolo 25 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016).
La seconda novella riguarda il secondo periodo, nel testo vigente, di detto comma 4-sexies. Con essa si stabilisce che sono altresì realizzabili mediante denuncia di inizio attività varianti all'interno delle stazioni elettriche che non comportino aumenti della cubatura degli edifici ovvero che comportino aumenti di cubatura necessari per lo svolgimento di attività o la collocazione di apparecchiature o impianti tecnologici al servizio delle stazioni stesse.
Le lettere c) e d) inseriscono il riferimento agli interventi di interramento in cavo, rispettivamente, nei commi 4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies del medesimo art. 1-sexies del DL n. 239. Anche con riferimento agli interventi previsti dai medesimi commi qui oggetto di modifica, rimane fermo quanto previsto in tema di verifica preventiva dell'interesse archeologico dall'articolo 25 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016).
Il comma 4-quaterdecies stabilisce che sono sottoposte al regime di inizio attività di cui al comma 4-sexies (v. sopra) le varianti da apportare al progetto definitivo approvato, sia in sede di redazione del progetto esecutivo sia in fase di realizzazione delle opere, ove non assumano "rilievo localizzativo", ivi compresi, secondo la novella in esame, gli interventi di interramento in cavo.
La lettera c) novella anche il secondo periodo del comma 4-quaterdecies, sopprimendovi le parole «di tracciato».
Ai sensi del medesimo comma 4-quaterdecies, non assumono rilievo localizzativo le varianti di tracciato contenute nell'ambito del corridoio individuato in sede di approvazione del progetto ai fini urbanistici. In mancanza di diversa individuazione costituiscono corridoio di riferimento a fini urbanistici le fasce di rispetto previste dalla normativa in materia di elettromagnetismo. Non assumono rilievo localizzativo, inoltre, le varianti all'interno delle stazioni elettriche che non comportino taluni aumenti della cubatura entro il limite del 20 per cento in più rispetto alle cubature esistenti all'interno della medesima stazione elettrica.
Il comma 4-quinquiesdecies prevede che, fermi restando i vincoli di esercizio e il rispetto della normativa ambientale e paesaggistica, sono sottoposte al regime di inizio attività previsto al comma 4-sexies le ricostruzioni di linee aeree esistenti, necessarie per ragioni di obsolescenza e realizzate con le migliori tecnologie esistenti, compreso, secondo la novella in esame, l'interramento del cavo. La disposizione si applica alle opere effettuate sul medesimo tracciato o che se ne discostino per un massimo di 15 metri lineari e non comportino una variazione dell’altezza utile dei sostegni superiore al 20 per cento rispetto all’esistente.
Ai sensi del medesimo comma 4-quinquiesdecies, nel testo vigente, sono altresì realizzabili tramite regime di inizio attività le ricostruzioni di linee in cavo interrato esistenti che siano effettuate sul medesimo tracciato o che si discostino entro il margine della strada impegnata o entro i tre metri dal margine esterno della trincea di posa, tenuto conto dei vincoli di fattibilità tecnica e della normativa tecnica vigente.
Il nuovo comma 4-sexiesdecies, introdotto dalla lettera e) della disposizione in esame, specifica che le ricostruzioni di linee aeree esistenti, necessarie per ragioni di obsolescenza e realizzate con le migliori tecnologie esistenti, che non hanno le caratteristiche indicate dal comma 4-quinquiesdecies sono autorizzate ai sensi del comma 1 dell'articolo 1-sexies. Si specifica che tutti gli interventi di ricostruzione possono essere realizzati senza il previo inserimento in piani o programmi.
Il richiamato comma 1 dell'articolo 1-sexies disciplina l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica, quali attività di preminente interesse statale. Tali interventi sono quindi soggetti all'autorizzazione unica comprendente tutte le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi, rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero della transizione ecologica, e previa intesa con la regione o le regioni interessate. L'autorizzazione unica sostituisce autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dalle norme vigenti e comprende ogni opera o intervento necessari alla risoluzione delle interferenze con altre infrastrutture esistenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire tali infrastrutture, opere o interventi e ad attraversare i beni demaniali, in conformità al progetto approvato. Il MITE provvede alla valutazione di impatto ambientale e alla verifica della conformità delle opere al progetto autorizzato. Restano ferme, nell'àmbito del presente procedimento unico, le competenze del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili in merito all'accertamento della conformità delle opere alle prescrizioni delle norme di settore e dei piani urbanistici ed edilizi.
La lettera f) introduce un nuovo comma 9-bis all'articolo 1-sexies. Esso prevede l'applicabilità delle norme riguardanti la rete elettrica nazionale alle opere di rete per la connessione alla rete elettrica di trasmissione nazionale quando l'autorizzazione per tali opere di concessione sia stata trasferita, mediante voltura, in favore del gestore della rete elettrica nazionale.
La disposizione fa riferimento alle opere autorizzate ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 387/2003 unitamente agli impianti di produzione da fonti rinnovabili ovvero autorizzate dai gestori della rete elettrica di distribuzione.
L'articolo 12 del decreto legislativo n. 387/2003 qualifica come "di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti" le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ivi comprese le opere connesse. Il comma 3 dispone che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica e potenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, ivi inclusi gli interventi di ripristino ambientale per la riqualificazione delle aree di insediamento degli impianti, sono soggetti ad una autorizzazione unica rilasciata dalla regione (o dalle province delegate dalla regione[47]), nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. Detta altresì specifica disciplina per gli impianti off-shore. Si segnale che il comma 3 in oggetto è modificato dall'art. 13, comma 1, del presente decreto-legge (cfr. la scheda relativa).
Il comma 4 disciplina il procedimento di rilascio dell'autorizzazione.
L'articolo 14, introduce, ai commi 1-3, misure di incentivazione degli investimenti diretti all’incremento dell’efficienza energetica e all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, anche mediante sistemi di accumulo abbinati agli impianti fotovoltaici, dirette alle regioni del mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), per il tramite di un credito d’imposta riconosciuto fino al 30 novembre 2023. Il contributo è concesso nel limite di 145 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e nella misura massima consentita dal regolamento n. 651/2014 della Commissione europea.
In particolare, il comma 1, modificato in sede referente, attribuisce un contributo sotto forma di credito d’imposta, nel limite di 145 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, nella misura massima consentita dal regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, alle imprese che effettuano investimenti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia volti ad ottenere una migliore efficienza energetica e a promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili e, come precisato con le modifiche apportate in sede referente, anche tramite la realizzazione di sistemi di accumulo abbinati agli impianti fotovoltaici.
Il contributo è concesso fino al 30 novembre 2023 ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, senza l’applicazione dei limiti annuali di utilizzo dei crediti d'imposta di cui all’articolo 1, comma 53, della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007) e di cui all’articolo 34 della legge finanziaria 2001 (legge n. 388 del 2000).
Si rammenta che il Regolamento n. 651/2014/UE della Commissione, del 17 giugno 2014 ? Regolamento generale di esenzione per categoria (General Block Exemption Regulation - GBER ? dichiara, a date condizioni, alcune categorie di aiuti di Stato compatibili con il mercato interno, esentandole dall'obbligo di notifica preventiva alla Commissione UE. La Commissione europea ha svolto una procedura di consultazione per una estensione dell'ambito di applicazione del Regolamento GBER per consentire un'attuazione senza ostacoli del programma InvestEU, del Dispositivo per la ripresa e la resilienza, nonché di altri fondi dell'UE e dei fondi nazionali destinati alla ripresa e al conseguimento degli obiettivi digitali e verdi dell'UE. A seguito della procedura di consultazione, è stato esteso l'ambito di applicazione del GBER, con l'adozione, da parte della Commissione, del Regolamento 2021/1237/UE del 23 luglio 2021. Tra le categorie di aiuti esentate dall'obbligo di notifica preventiva sono stati così inclusi (a date condizioni ed entro dati massimali) gli aiuti per progetti di cooperazione territoriale europea (Interreg) e gli aiuti consistenti in operazioni di finanziamento e di investimento sostenute dal Fondo InvestEU; gli aiuti a progetti di ricerca, sviluppo e innovazione che hanno ricevuto un "marchio di eccellenza" nell'ambito di Orizzonte 2020 o di Orizzonte Europa, nonché progetti di ricerca e sviluppo o azioni di Teaming cofinanziati nell'ambito di Orizzonte 2020 o di Orizzonte Europa. Quanto poi alla transizione energetica, sono ora esentati dall'obbligo di notifica preventiva alla Commissione (a date condizioni ed entro dati massimali), gli aiuti a progetti di efficienza energetica nell'edilizia, gli aiuti alle infrastrutture di ricarica e rifornimento per veicoli stradali a basse emissioni; gli aiuti a reti fisse a banda larga, reti mobili 4G e 5G, alcuni progetti transeuropei nell'ambito dell'infrastruttura per la connettività digitale e determinati buoni di collegamento a internet. Ai sensi del Regolamento n. 2020/972/UE, l'applicazione temporale del GBER è stata prorogata di tre anni, dunque fino al 31 dicembre 2023.
Il comma 1 precisa, inoltre, che il credito d’imposta:
§ non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap)
§ non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR (testo unico delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. n. 917 del 1986)
§ è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 61, comma 1, del TUIR, gli interessi passivi inerenti all'esercizio d'impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Ai sensi dell'articolo 109, comma 5 del TUIR, le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Il comma 2 precisa la tipologia di costi ammissibili all’agevolazione di cui al comma 1. Si tratta dei costi degli investimenti supplementari necessari per conseguire un livello più elevato di efficienza energetica e per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili nell’ambito delle strutture produttive.
Per i criteri e le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo, con particolare riguardo ai costi ammissibili all’agevolazione, alla documentazione richiesta, alle procedure di concessione, anche ai fini del rispetto del limite degli oneri annuali di cui al comma 1, nonché alle condizioni di revoca e all’effettuazione dei controlli, si rinvia a un decreto del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, di concerto con il Ministro della transizione ecologica, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Il comma 3 precisa che l’agevolazione di cui al comma 1 è concessa ai sensi e nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal regolamento (UE) n. 651/2014 (si veda sopra).
Nella relazione illustrativa il Governo precisa che, in base a tale comma, il contributo non sarà soggetto all'autorizzazione della Commissione UE.
Il comma 4 indica la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal presente articolo (145 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023) nella corrispondente riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui all’articolo 1, comma 177, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020).
Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è lo strumento finanziario nazionale attraverso il quale vengono attuate le politiche per lo sviluppo orientate alla coesione economica, sociale e territoriale e alla rimozione degli squilibri economici e sociali, in attuazione dell’articolo 119, comma 5, della Costituzione.
Nel Fondo - disciplinato dal D. Lgs. n. 88 del 2011 che lo ha così rinominato rispetto al precedente Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) - sono iscritte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate alle richiamate finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici. Il requisito dell'aggiuntività è espressamente precisato dalla disciplina istitutiva del Fondo, laddove si dispone (art. 2 del D. Lgs. n. 88/2011) che le risorse non possono essere sostitutive di spese ordinarie del bilancio dello Stato e degli enti decentrati, in coerenza con l'analogo criterio dell’addizionalità previsto per i fondi strutturali dell'Unione europea.
Il Fondo per lo sviluppo e la coesione è finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale, che sono rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese. Il Fondo ha carattere pluriennale, in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione europea, garantendo l'unitarietà e la complementarietà delle procedure di attivazione delle relative risorse con quelle previste per i fondi comunitari. L'intervento del Fondo è destinato al finanziamento di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi.
Il comma 3-bis dell’articolo 14 - introdotto in sede referente - dispone, al fine di assicurare il progetto di risanamento e riconversione dell'area industriale di Porto Torres e in funzione degli obbiettivi di transizione ecologica ed energetica delineata dal PNRR, che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione sia convocata, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di concerto con la regione Sardegna, la «Cabina di regia» secondo quanto previsto dal Protocollo di intesa del 2011 per la Chimica Verde, cui partecipano le istituzioni locali, le parti sociali e gli operatori economici per l'aggiornamento e la ridefinizione degli obiettivi e la trasformazione in «Accordo di Programma» degli impegni istituzionali ed economici contenuti nel citato Protocollo.
Il nuovo comma 3-bis prevede, al fine di assicurare il progetto di risanamento e riconversione dell'area industriale di Porto Torres ed anche in funzione degli obbiettivi di transizione ecologica ed energetica delineata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sia convocata, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di concerto con la regione Sardegna, la «Cabina di regia» come previsto dal Protocollo di intesa del 2011 per la Chimica Verde.
A questa partecipano le istituzioni locali, le parti sociali e gli operatori economici per la riscrittura, l'aggiornamento, la ridefinizione degli obiettivi e la trasformazione in «Accordo di Programma» degli impegni istituzionali ed economici contenuti nel Protocollo d'intesa, firmato nel 2011, e - in base a quanto riportato dalla disposizione - non ancora portati a termine.
Il Polo industriale di Porto Torres, sorto per ospitare uno dei più importanti complessi industriali del settore petrolchimico in Italia, ha subito nel corso del tempo una riduzione delle attività, oltre che una ingente perdita occupazionale, a causa dei processi di delocalizzazione e deindustrializzazione. L’area di crisi industriale complessa è stata dichiarata per i comuni di Porto Torres e Sassari (DM 8 Febbraio 2017).
Con l’Accordo di Programma del 10 agosto 2020, Ministero dello Sviluppo Economico, Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro, Ministero dell’Ambiente, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Regione Autonoma della Sardegna, Provincia di Sassari, Comune di Porto Torres, Comune di Sassari, Autorità di Sistema portuale del mare di Sardegna e Invitalia si sono impegnati ad attuare il Progetto di Riconversione e Riqualificazione Industriale (PRRI) dell’area. Si veda al riguardo la sezione del MISE.
L’Accordo ha una dotazione finanziaria di 22 milioni di euro, di cui 20 stanziati dal Ministero dello Sviluppo Economico a valere sull’intervento nazionale Legge 181/89 e 2 milioni stanziati dalla Regione Sardegna a titolo di cofinanziamento.
Il Progetto di riconversione, elaborato e coordinato da Invitalia, ha la finalità di: promuovere gli investimenti nel settore della chimica verde e della bioeconomia, rafforzare il tessuto produttivo esistente, attrarre nuovi investimenti, sostenere il reimpiego dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro. Nell’ambito delle attività previste dal Progetto era stato emanato, con circolare direttoriale 13 novembre 2020, n. 295074 , l’Avviso L.181/89 per l’area di crisi del polo industriale di Porto Torres con una dotazione finanziaria complessiva di 22 milioni di euro.
Per approfondimenti sul progetto di riconversione, si veda l'apposita Sezione di Invitalia.
In ordine al 'Protocollo di intesa del 2011 per la Chimica Verde', siglato il 26 maggio 2011, fonti stampa riferiscono rivendicazioni nell'area del nord ovest della Sardegna circa i profili dell'attuazione del Protocollo d'intesa, di cui si riferisce una attuazione solo in via parziale. Il Protocollo di Intesa in parola ha visto come firmatari istituzionali la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il MiSE, MLPS, MATTM, MiPAAF, Regione Sardegna, Provincia di Sassari, Comuni di Alghero, PortoTorres e Sassari, EniSpa, Novamontspa, Polimerispa, Enipowerspa, ed è stato volto alla definizione degli obiettivi e delle condizioni generali di sviluppo del progetto di riqualificazione della Chimica Verde. Il "protocollo d'intesa per la chimica verde a Porto Torres", prevede la riconversione dello stabilimento pe-trolchimico, mediante la dismissione dei vecchi impianti per la produzione di prodotti chimici di sintesi e la realizzazione di un polo per la chimica verde per la produzione di bioplastiche, biolubrificanti e additivi per gomme, alimentato da una centrale a biomasse solide. Al fine della realizzazione del polo industriale per la chimica Verde sono state utilizzate due aree interne allo stabilimento petrolchimico di pertinenza di ENI Rewind SpA, denominate "area newco fase 1 (polo sud)" e "area newco nord", per una superficie complessiva di circa 30 ettari. Per la prima area i terreni sono risultati conformi alle CSR (obiettivi di bonifica) calcolate con l'analisi di rischio, per la seconda area con decreto direttoriale n. 48/STA del 2 marzo 2015 è stato approvato il progetto di bonifica dei suoli, i cui lavori sono stati completati e certificati dalla Provincia di Sassari; a seguito della riconfigurazione del progetto industriale, Enipower SpA ha deciso di non procedere alla realizzazione della centrale a biomasse nel sito di Porto Torres.
In materia, si veda infatti la risposta scritta fornita dal Governo all'Interrogazione Sen. DORIA ed altri, sulla bonifica e la riqualificazione industriale del sito di interesse nazionale di Porto Torres (Sassari) (4-04424): nella risposta del Ministro CINGOLANI si è evidenziato come circa il 70 per cento delle aree a terra all'interno del perimetro interessato è stato caratterizzato a fini ambientali, chiarendo il quadro delle risorse pubbliche totali stanziate per il SIN ammontanti a 10.118.120,68 euro, di cui 8.053.823 euro messi a disposizione dal MiTe. In data 22 settembre 2009 è stato sottoscritto da Ministero, Regione autonoma della Sardegna, Provincia di Sassari, Comune di Sassari e Comune di Porto Torres, l'accordo di programma "per la definizione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica delle aree comprese nel sito di interesse nazionale di Porto Torres", riguardante alcune aree pubbliche. Sulla base dell'accordo sono state sottoscritte due convenzioni, di cui la citata risposta scritta dà conto, richiamando il quadro degli interventi adottati.
Articolo 15, comma 1
(Semplificazioni per le piccole utilizzazioni locali di calore geotermico)
L’articolo 15, al comma 1, modificato in sede referente, demanda a un decreto del Ministro della transizione ecologica, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, la definizione delle prescrizioni per la posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica, destinati al riscaldamento e alla climatizzazione di edifici e alla produzione di energia elettrica.
Si prevede altresì che il medesimo DM individui i casi in cui si applica la procedura abilitativa semplificata di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 28/2011, nonché i casi in cui l’installazione può essere considerata attività edilizia libera, alle seguenti condizioni:
- che tali impianti abbiano una potenza inferiore a 2 MW;
- e scambino solo energia termica con il terreno, utilizzando un fluido vettore che circola in apposite sonde geotermiche poste a contatto con il terreno, senza effettuare prelievi o immissione di fluidi nel sottosuolo, oppure utilizzino fluidi geotermici limitatamente al caso in cui il prelievo e la restituzione delle acque sotterranee restino confinati nell’ambito della falda superficiale (tale inciso è stato inserito in sede referente). Con una modifica in sede referente è stata introdotta la previsione che fa salve le modalità operative individuate dalle regioni che abbiano liberalizzato l’installazione di sonde geotermiche senza prelievo o immissione di fluidi nel sottosuolo.
A tal fine, all’articolo 25 del decreto legislativo n. 199/2021, di attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, cosiddetta RED II, sono rispettivamente inseriti i commi 6-bis, 6-ter e 6-quater (quest'ultima disposizione è stata aggiunta in sede referente).
In particolare, l'articolo qui novellato rinvia all'Allegato II del decreto legislativo n. 199/2021 al fine di promuovere l'installazione di impianti per la produzione di energia rinnovabile per il riscaldamento e il raffrescamento negli edifici, favorendo la semplificazione e l'armonizzazione delle procedure autorizzative. Detto Allegato disciplina il regime giuridico per gli interventi relativi alle pompe di calore, ai generatori di calore, ai collettori solari termici e ai generatori ibridi.
Al riguardo si ricorda che, secondo l'articolo 2, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 199/2021, per "energia geotermica" s'intende l'energia immagazzinata sotto forma di calore sotto la crosta terrestre.
Inoltre, le "nuove" disposizioni introdotte all'articolo 25 del decreto legislativo n. 199/2021 ricalcano in parte le previsioni contenute nell'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 28/2011. Tale disposizione aveva demandato a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Conferenza unificata, la definizione delle prescrizioni per la posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica, ovvero sonde geotermiche, destinati al riscaldamento e alla climatizzazione di edifici, nonché l'individuazione dei casi in cui si sarebbe dovuta applicare la procedura abilitativa semplificata di cui all'articolo 6 dello stesso decreto legislativo n. 28/2011.
L’articolo 25, comma 6, del decreto legislativo n. 199/2021 ha quindi abrogato l'articolo 7 del decreto legislativo n. 28/2011. A pagina 5 dell'ATN relativa all'AG n. 292 (Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili), si segnala che l'abrogazione dell'articolo 7 del decreto legislativo 28/2011 è da porre in "relazione alle semplificazioni per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili al servizio di edifici", previste dall'articolo 25 testé richiamato.
Stante la parziale coincidenza tra la disciplina abrogata e le disposizioni recate dall'articolo in esame, ad eccezione della previsione relativa all'individuazione dei casi in cui l’installazione delle sonde geotermiche può essere considerata attività edilizia libera, si valuti l'opportunità di un approfondimento in rapporto alla mancata previsione dell'intesa in sede di Conferenza unificata ai fini dell'adozione del previsto DM.
L’articolo 15, comma 1-bis, amplia il perimetro degli interventi ricompresi nella disciplina del superbonus al 110 per cento. Tra le spese sostenute a cui si applica la detrazione rientrano anche quelle di installazione di sonde geotermiche utilizzate per gli impianti geotermici.
Il comma 1-bis introduce un nuovo comma 1.1 all’articolo 119 del decreto legge n.34 del 2020 che prevede che per le spese sostenute per gli interventi a cui si applica la detrazione al 110 per cento rientrano anche quelle per l'installazione di sonde geotermiche utilizzate per gli impianti geotermici (previsti al comma 1 dell’articolo 119).
Si ricorda che il menzionato comma 1, lettere b) e c), prevede che tra gli interventi trainanti rientrano anche quelli di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a condensazione, con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto prevista dal regolamento delegato (UE) n. 811/2013 della Commissione del 18 febbraio 2013, a pompa di calore, ivi inclusi gli impianti ibridi o geotermici, anche abbinati all'installazione di impianti fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo.
L'articolo 119 del decreto legge n.34 del 2020 (cd. decreto Rilancio) introduce una detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici). La detrazione è ripartita dagli aventi diritto in 5 quote annuali di pari importo e in quattro quote annuali di pari importo per la parte di spesa sostenuta dal 1° gennaio 2022.
La detrazione può essere chiesta per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente sostenute dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2022 (nuovo termine introdotto dal comma 66 della legge di bilancio 2021) per interventi effettuati sulle parti comuni di edifici condominiali su unità immobiliari funzionalmente indipendenti e con uno o più accessi autonomi dall'esterno, site all'interno di edifici plurifamiliari, nonché sulle singole unità immobiliari (fino ad un massimo di due). Il medesimo comma 66 chiarisce che un'unità immobiliare può ritenersi funzionalmente indipendente qualora sia dotata di almeno tre delle seguenti installazioni o manufatti di proprietà esclusiva: impianti per l'approvvigionamento idrico; impianti per il gas; impianti per l'energia elettrica; impianto di climatizzazione invernale.
Il comma 28 della legge di bilancio 2022 ha ulteriormente modificato la disciplina, introducendo una serie di proroghe della misura con scadenze differenziate in base al soggetto beneficiario. In sintesi per gli interventi effettuati:
§ dai condomini,
§ dalle persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arte o professione, con riferimento agli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche, compresi quelli effettuati dalle persone fisiche sulle singole unità immobiliari all'interno dello stesso condominio o dello stesso edificio,
§ dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, dalle organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri,
§ il beneficio, da ripartire in quattro quote annuali di pari importo, spetta ancora nella misura del 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023, nella misura ridotta al 70% per le spese sostenute nel 2024 e in quella ulteriormente ridotta al 65% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025.
Tale beneficio si applica anche agli interventi effettuati su edifici oggetto di demolizione e ricostruzione.
§ da persone fisiche sugli edifici unifamiliari, la detrazione del 110% spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022 a condizione che al 30 giugno siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell'intervento complessivo;
§ dagli Iacp su immobili, di proprietà o gestiti per conto dei comuni, adibiti a edilizia residenziale pubblica, ovvero dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa su immobili assegnati in godimento ai propri soci, la detrazione è confermata al 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023, purché, al 30 giugno 2023, siano stati eseguiti lavori per almeno il 60% dell'intervento complessivo.
Per gli interventi effettuati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici dal 1° aprile 2009, laddove sia stato dichiarato lo stato di emergenza, la detrazione spetta comunque nella misura del 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025.
Gli interventi “trainanti” per i quali è previsto il Superbonus sono:
§ interventi di isolamento termico sugli involucri;
§ sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni;
§ sostituzione di impianti di climatizzazione invernale sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti;
§ interventi antisismici.
A queste tipologie di spese trainanti, si aggiungono altri interventi, a condizione però che siano eseguiti congiuntamente ad almeno un intervento trainante (interventi trainati).
Rientrano in questa categoria: interventi di efficientamento energetico, installazione di impianti solari fotovoltaici, infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici nonché interventi di eliminazione delle barriere architettoniche.
Per una panoramica dettagliata della disciplina del superbonus si rinvia alla lettura del dossier: Il superbonus edilizia al 110 per cento - aggiornamento alla legge di bilancio 2022 realizzato dal Servizio Studi della Camera dei deputati.
Sull’applicazione della misura, si segnala che, secondo i dati presentati dall'Enea nel suo Rapporto sul Superbonus 110%, al 31 marzo 2022, erano in corso 139.029 interventi edilizi incentivati, per circa 24,2 miliardi di investimenti ammessi a detrazione che porteranno a detrazioni per oltre 26,6 miliardi. Sono 21.775 i lavori condominiali avviati (64,7% già ultimati), che rappresentano il 48,7 % del totale degli investimenti, mentre i lavori negli edifici unifamiliari e nelle unità immobiliari funzionalmente indipendenti sono rispettivamente 72.980 (74,5 % già realizzati pari al 33,5% del totale investimenti) e 44.271 (76,6% realizzati pari al 17,7% degli investimenti). La regione con più lavori avviati è la Lombardia (21.269 edifici per un totale di oltre 4 miliardi di euro di investimenti ammessi a detrazione), seguita dal Veneto (17.756 interventi e 2,4 miliardi di euro d'investimenti) e dal Lazio (12.267 interventi già avviati e 2,2 miliardi di euro di investimenti).
L’articolo 16, modificato in sede referente, disciplina l'avvio e lo svolgimento, da parte del GSE o delle società del Gruppo GSE, di procedure per l’approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale dai titolari di concessioni di coltivazione di gas. La finalità è quella di contribuire al rafforzamento della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale a prezzi ragionevoli per i clienti finali e, contestualmente, alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti
Il comma 1 prevede, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, l'avvio, da parte del GSE o delle società del Gruppo GSE, su direttiva del Ministro della transizione ecologica, di procedure per l’approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale dai titolari di concessioni di coltivazione di gas. La finalità è quella di contribuire al rafforzamento della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale a prezzi ragionevoli per i clienti finali e, contestualmente, alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti.
Il comma 2, modificato in sede referente, prevede, da parte del Gruppo GSE, l'invito a manifestare interesse ad aderire alle procedure prima richiamate nei confronti dei titolari di concessioni di coltivazione di gas naturale, situate nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale. Tali soggetti devono comunicare i programmi delle produzioni di gas naturale delle concessioni in essere, per gli anni dal 2022 al 2031, nonché un elenco di possibili sviluppi, incrementi o ripristini delle produzioni di gas naturale per lo stesso periodo nelle concessioni di cui sono titolari, dei tempi massimi di entrata in erogazione, del profilo atteso di produzione e dei relativi investimenti necessari. Tale disposizione si applica alle concessioni i cui impianti di coltivazione sono situati in tutto o in parte in aree considerate compatibili nell’ambito del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), approvato con decreto del Ministro della transizione ecologica 28 dicembre 2021, anche nel caso di concessioni improduttive o in condizione di sospensione volontaria delle attività. La predetta comunicazione è effettuata nei confronti del Gruppo GSE, del MITE e dell’ARERA, entro trenta giorni dall’invito alla manifestazione di interesse sopra richiamata.
Il comma 3 stabilisce la conclusione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione delle opere necessarie alla realizzazione dei piani di interventi di cui al comma 2 entro il termine di sei mesi dalla data di avvio degli stessi. Le procedure di valutazione ambientale sono svolte dalla Commissione Tecnica PNRR-PNIEC istituita dall’articolo 8, comma 2-bis, del codice dell'ambiente (d.lgs. n. 152/2006) e posta alle dipendenze funzionali del MITE.
Il comma 4 prevede che il Gruppo GSE stipula contratti di acquisto di lungo termine, di durata massima pari a dieci anni, con verifica dei termini alla fine del quinto anno, con i concessionari prima indicati a condizioni e prezzi definiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della transizione ecologica e sentita l’ARERA. Il sistema dei prezzi garantisce la copertura dei costi totali effettivi delle singole produzioni, inclusi gli oneri fiscali e un’equa remunerazione, ferma restando la condizione di coltivabilità economica del giacimento. Lo schema di contratto tipo di acquisto è predisposto dal Gruppo GSE e approvato dai Ministeri dell’economia e delle finanze e della transizione ecologica.
In base al comma 5, modificato in sede referente, il Gruppo GSE, con una o più procedure, offre i volumi di gas di cui al comma 2 alle condizioni e ai prezzi determinati in applicazione del comma 4 a clienti finali industriali forte consumo di gas, come definiti dal decreto del Ministro della transizione ecologica n. 541 del 21 dicembre 2021, anche in forma aggregata, con priorità per le imprese a prevalente consumo termico, secondo criteri di assegnazione su base pluralistica definiti con decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e della transizione ecologica, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con riserva di almeno un terzo alle piccole e medie imprese come definite dalla raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE.
In base all'articolo 2 dell'allegato della raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE:
§ La categoria delle microimprese delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR.
§ Nella categoria delle PMI si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR.
§ Nella categoria delle PMI si definisce microimpresa un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR.
Lo schema di contratto tipo di offerta è predisposto dal Gruppo GSE e approvato dai Ministeri dell’economia e delle finanze e della transizione ecologica.
Il comma 6 autorizza il rilascio da parte del Gruppo GSE delle garanzie a beneficio dei concessionari di coltivazione di gas naturale, ricadenti nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale, di cui al comma 2, in relazione ai contratti di acquisto di lungo termine, di durata massima pari a dieci anni, ai sensi del comma 4. Il Gruppo GSE acquisisce dai clienti finali industriali corrispondente garanzia in relazione ai contratti stipulati per la vendita dei volumi di gas agli stessi clienti finali industriali ai sensi del comma 5.
Articolo 16-bis
(Integrazione stabile delle fonti rinnovabili nel mercato elettrico con trasferimento delle efficienze risultanti ai clienti finali)
L’articolo 16-bis - introdotto in sede referente - disciplina l'offerta da parte del GSE di un servizio di ritiro e di acquisto di energia elettrica da fonti rinnovabili prodotta da impianti stabiliti nel territorio nazionale, mediante la stipulazione di contratti di lungo termine di durata pari ad almeno tre anni.
Il comma 1 prevede che il GSE offre un servizio di ritiro e di acquisto di energia elettrica da fonti rinnovabili prodotta da impianti stabiliti nel territorio nazionale, mediante la stipulazione di contratti di lungo termine di durata pari ad almeno tre anni, al fine di garantire la piena integrazione e remunerazione di medio termine degli investimenti in fonti rinnovabili nel mercato elettrico nonché di trasferire ai consumatori partecipanti al mercato elettrico i benefìci conseguenti alla predetta integrazione,.
Il comma 2 prevede che il GSE procede, senza oneri a carico del proprio bilancio, secondo quanto precisato in sede di rinvio nelle Commissioni di merito, alla stipulazione di contratti di vendita dell’energia elettrica da fonti rinnovabili ritirata nei termini predetti di durata pari a quella dei contratti di acquisto di cui al comma 1, attraverso gli strumenti informativi e di negoziazione predisposti dal Gestore dei mercati energetici Spa (GME) ai sensi dell’articolo 28 del d.lgs. n. 199/2021.
L'articolo 28 riguarda gli accordi di compravendita di energia elettrica da fonti rinnovabili a lungo termine, in particolare prevedendo una bacheca informatica per promuovere l'incontro tra le parti interessate alla stipula dei contratti e la definizione di uno o più strumenti di gara per la fornitura attraverso schemi di accordo per compravendita di energia elettrica di lungo termine da parte di Consip (comma 4) e l'integrazione delle linee guida in materia di gruppi di acquisto da parte di ARERA per garantire l'aggregazione di più clienti finali e ampliare la platea di consumatori (comma 5).
Il comma 3 demanda a uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, la definizione:
a) del prezzo di vendita offerto dal GSE ai sensi del comma 2, valorizzando opportunamente i differenti profili di produzione degli impianti a fonti rinnovabili, tenuto conto dei valori di investimento standard delle singole tecnologie e della redditività dell’investimento nonché in coerenza con i valori di cui all’articolo 15-bis, comma 3, lettera a), del decreto "Sostegni ter" (D.L. n. 4/2022 - L. n. 25/2022);
L’articolo 15-bis, al comma 1, dispone, a decorrere dalla data del 1° febbraio 2022 e fino alla data del 31 dicembre 2022, l’applicazione di un meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell’energia immessa in rete da:
impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW che beneficiano di premi fissi derivanti dal meccanismo del Conto Energia, non dipendenti dai prezzi di mercato.
Con riferimento agli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW che beneficiano di tariffe fisse del Conto energia - già contemplati dall’articolo 16 del D.L. n. 4/2022 - la relazione illustrativa all’articolo 5 del D.L. n. 13/2022 ha precisato che si tratta di impianti entrati in esercizio prima del 2014. Tali impianti, attualmente, beneficiano (in aggiunta all’incentivo fisso goduto) dei proventi della vendita dell’energia che, nell’attuale congiuntura in cui si registra una impennata del prezzo del gas, è remunerata a prezzi molto più alti rispetto a quelli prevedibili al momento di adozione delle decisioni di investimento (cfr. subito infra approfondimento tratto dalla relazione illustrativa).
impianti di potenza superiore a 20 kW alimentati da fonte solare, idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica, i quali non accedono a meccanismi di incentivazione tariffaria, e che – come ora precisato in norma, rispetto all’articolo 16 previgente – sono entrati in esercizio in data antecedente al 1° gennaio 2010.
Per quanto riguarda gli impianti alimentati da fonte solare, idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica, che non accedono a meccanismi di incentivazione tariffaria, e che – come ora precisato in norma – sono entrati in esercizio in data antecedente al 1° gennaio 2010, la relazione illustrativa al decreto legge n. 13/2022 ha motivato questa limitazione, originariamente non prevista dall’articolo 16 del D.L. n. 4/2022, specificando che si intende riferire l’intervento agli impianti a FER non incentivati entrati in funzione prima del 2010, i quali – secondo la valutazione fatta – hanno generalmente ormai ammortizzato gli investimenti del capitale e che, utilizzando fonti rinnovabili, non presentano costi variabili di acquisto del combustibile (essendo alimentati da sole, vento, acqua e calore geotermico). Anche tali impianti si trovano, pertanto, in una situazione analoga alla prima categoria, “godendo di un aumento dei ricavi della vendita legati ai maggiori costi della CO2 e del gas naturale”, pur non dovendo sopportare tali costi.
Il comma 2, aggiuntivo rispetto a quanto disposto nell’articolo 16, reca una norma procedurale, secondo la quale i produttori interessati - previa richiesta da parte del Gestore dei Servizi Energetici - GSE S.p.A. (GSE) – sono tenuti a trasmettere al medesimo, entro trenta giorni dalla richiesta stessa, una dichiarazione che attesti – sotto la responsabilità anche penale del dichiarante (redatta ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445) - le informazioni necessarie per le finalità di cui all’articolo in esame. Tali elementi saranno individuati dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), secondo quanto prevede il successivo comma 6.
Il comma 3 demanda al Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A. il compito di calcolare la differenza tra un prezzo di riferimento e un prezzo di mercato. Il comma fornisce i criteri per individuare i due prezzi:
a) il prezzo di riferimento è pari a quanto indicato nella seguente tabella 1-bis allegata al decreto legge, che distingue sei zone geografiche
b) il prezzo di mercato è pari a:
1) per gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW (comma 1, lettera a)) nonché per gli impianti di potenza superiore a 20 kW da fonte solare, eolica, geotermica ed idrica ad acqua fluente (comma 1, lettera b)), al prezzo zonale orario di mercato dell'energia elettrica, ovvero, per i contratti di fornitura stipulati prima del 27 gennaio 2022 che non rispettano le condizioni di cui al comma 7 (vedi subito di seguito), il prezzo indicato nei contratti medesimi;
2) per gli impianti di potenza superiore a 20 kW da fonte solare, idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica, di cui al comma 1, lettera b), diversi da quelli di cui al precedente numero 1), la media aritmetica mensile dei prezzi zonali orari di mercato dell'energia elettrica, ovvero, per i contratti di fornitura stipulati prima del 27 gennaio 2022 che non rispettano le condizioni di cui al comma 7, il prezzo indicato nei contratti medesimi.
Per chiarire la portata del comma appena descritto, si tenga quanto esplicitato dal Governo (nella relazione tecnica all’articolo 5 del D.L. n. 13). Essa chiarisce che il prezzo di riferimento corrisponde alla media aritmetica dei prezzi in ciascuna zona di mercato, registrati dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2020, rivalutati sulla base del tasso di variazione annuo dei prezzi al consumo delle famiglie di operai e impiegati rilevato dall’ISTAT (il valore medio dei prezzi di riferimento relativi alle varie zone geografiche è pari a 60,8 euro).
Il prezzo di mercato preso in considerazione dalla medesima relazione tecnica è pari a 147 euro, per cui è previsto un andamento sfavorevole ai detentori degli impianti cui si applica la disciplina, che, sulla base di quanto previsto dal comma 4, saranno pertanto tenuti a corrispondere al GSE i relativi importi.
Non a caso, la relazione tecnica prevede un gettito stimabile in almeno (la stima è definita come “conservativa”) 1,3 miliardi di euro a favore della Cassa per i servizi energetici e ambientali, come si vedrà anche più avanti.
In base al comma 7, il meccanismo di compensazione a due vie (e, dunque, le disposizioni che lo disciplinano, di cui ai commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6) non si applica all’energia oggetto di contratti di fornitura conclusi prima del 27 gennaio 2022 (data di entrata in vigore del D.L. n. 4/2022), a condizione che questi non siano collegati all’andamento dei prezzi dei mercati spot dell’energia e che, comunque, non siano stipulati a un prezzo medio superiore del 10 per cento rispetto al prezzo di riferimento, limitatamente al periodo di durata dei predetti contratti.
Ai sensi del comma 4, qualora la differenza tra i due prezzi indicati al comma 3 (prezzo zonale fissato in tabella – prezzo di mercato medio) sia positiva, il GSE eroga il relativo importo al produttore.
Nel caso – che come detto dovrebbe essere quello che si verificherà nel 2022, periodo di vigenza della norma - in cui la differenza risulti negativa, il GSE conguaglia o provvede a richiedere al produttore gli importi corrispondenti.
Il comma 5 dispone che per gli impianti che accedono al ritiro dedicato dell’energia (articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387), la differenza tra i prezzi di riferimento e di mercato siano calcolate dal GSE in modo tale che ai produttori spetti una remunerazione economica totale annua non inferiore a quella derivante dai prezzi minimi garantiti, nei casi previsti.
Il Ritiro Dedicato (RD) è una modalità semplificata a disposizione dei produttori per la commercializzazione dell'energia elettrica prodotta e immessa in rete, attiva dal 1 gennaio 2008. Consiste nella cessione al GSE dell'energia elettrica immessa in rete dagli impianti che vi possono accedere, su richiesta del produttore e in alternativa al libero mercato, secondo principi di semplicità procedurale e applicando condizioni economiche di mercato. Il GSE corrisponde al produttore un determinato prezzo per ogni kWh immesso in rete. I ricavi derivanti ai produttori dalla vendita al GSE dell'energia elettrica si sommano quindi a quelli conseguiti dagli eventuali meccanismi di incentivazione ad eccezione che si applichino prezzi fissi onnicomprensivi, inclusivi dell'incentivo, per il ritiro dell'energia elettrica immessa in rete. Possono chiedere l'accesso al RD gli impianti alimentati a fonti rinnovabili e non rinnovabili alle seguenti condizioni:
- potenza apparente nominale inferiore a 10 MVA alimentati da fonti rinnovabili, compresa la produzione imputabile delle centrali ibride;
- potenza qualsiasi per impianti che producano energia elettrica dalle seguenti fonti rinnovabili: eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica (limitatamente agli impianti ad acqua fluente);
- potenza apparente nominale inferiore a 10 MVA alimentati da fonti non rinnovabili, compresa la produzione non imputabile delle centrali ibride;
- potenza apparente nominale uguale o superiore a 10 MVA, alimentati da fonti rinnovabili (diverse dalla fonte eolica, solare, geotermica, del moto
ondoso, maremotrice e idraulica) limitatamente, per quest'ultima, agli impianti ad acqua fluente purché nella titolarità di un autoproduttore83.
Il comma 6 demanda all’ARERA di disciplinare, entro trenta giorni dal 26 febbraio 2022 (data di entrata in vigore dell’articolo 5 del D.L. n. 13/2022), le modalità attuative della misura, nonché le modalità con le quali i relativi proventi sono versati in un apposito fondo istituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) e portati a riduzione del fabbisogno a copertura degli oneri generali del sistema elettrico.
b) le modalità con le quali il GSE può cedere l’energia nella sua disponibilità derivante da impianti a fonti rinnovabili che beneficiano di tariffe onnicomprensive o dal servizio di ritiro e vendita a lungo termine di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo in esame nell’ambito dei meccanismi del ritiro dedicato dell’energia di cui all’articolo 13, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 387/2003 (su cui si veda supra), o dello scambio sul posto di cui all’articolo 6 del medesimo decreto legislativo n. 387 del 2003, ai quali non si applicano i commi 1, 2, 3, 4 e 5 del citato articolo 15-bis del decreto-legge n. 4 del 2022 (sui quali se veda supra), garantendo che la medesima energia sia ceduta prioritariamente ai clienti industriali, alle piccole e medie imprese come definite dalla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione europea, e ai clienti localizzati nelle isole maggiori e che partecipino al servizio di interrompibilità e riduzione istantanea insulare di cui alla deliberazione dell’ARERA 16 dicembre 2020, n. 558/2020/R/EEL;
c) le modalità con le quali il GSE cede l’energia di cui al comma 1, garantendo che i prezzi di cui alla lettera a) siano direttamente praticati ai clienti finali con priorità ai clienti finali energivori, con attenzione alle isole Sicilia e Sardegna;
d) le modalità di coordinamento del meccanismo di cui al comma 1 del presente articolo con i regimi di sostegno per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili previsti al capo II del titolo II del d.lgs. n. 199/2021, gestiti dal GSE.
Il comma 4 reca la clausola d'invarianza finanziaria.
Articolo 17
(Promozione dei biocarburanti da utilizzare in purezza)
L’articolo 17, modificato in vista dell’esame in Assemblea, introduce un nuovo parametro per il calcolo della quota - almeno pari al 16 per cento - di fonti rinnovabili sul totale di carburanti immessi in consumo nell'anno di riferimento, che i singoli fornitori di benzina, diesel e metano sono obbligati a conseguire entro il 2030. Il nuovo vincolo si sostanzia nella previsione che a partire dal 2023, la quota di biocarburanti sostenibili utilizzati in purezza deve essere pari ad almeno 500 mila tonnellate, che si incrementa di 100 mila tonnellate all’anno nel successivo triennio. A tal fine viene previsto un contributo in conto capitale assegnato tramite procedure competitive.
L’articolo inoltre istituisce, nello stato di previsione del MITE, il Fondo per la decarbonizzazione e per la riconversione verde delle raffinerie esistenti nei SIN, con una dotazione pari a euro 205 milioni per il 2022, a euro 45 milioni per il 2023 e a euro 10 milioni per il 2024. La finalità è quella di promuovere la riconversione industriale delle raffinerie tradizionali esistenti all’interno di siti di bonifica di interesse nazionale (SIN) per la produzione di biocarburanti da utilizzare in purezza.
L'articolo in esame novella, al comma 1, l’articolo 39 del d.lgs. n. 199/2021, di attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (RED II).
La lettera a) inserisce la nuova lettera d-bis) al comma 3. La novella introduce un nuovo parametro per il calcolo della quota - almeno pari al 16 per cento - di fonti rinnovabili sul totale di carburanti immessi in consumo nell'anno di riferimento, che i singoli fornitori di benzina, diesel e metano sono obbligati a conseguire entro il 2030. Il nuovo vincolo si sostanzia nella previsione che a partire dal 2023, la quota di biocarburanti sostenibili utilizzati in purezza deve essere pari ad almeno 500 mila tonnellate, che si incrementa di 100 mila tonnellate all’anno nel successivo triennio.
La relazione illustrativa precisa che la norma è volta a promuovere ed accelerare la decarbonizzazione del settore dei trasporti prevedendo un regime di sostegno all’immissione al consumo di biocarburanti sostenibili utilizzabili in purezza, ossia biocarburanti che non soffrono di limitazioni di miscibilità con carburanti tradizionali e che sono quindi perfettamente sostituibili al fossile, sia per quanto riguarda l’utilizzo nei motori a combustione interna che con riferimento alla compatibilità con i sistemi di immagazzinamento e distribuzione. Con l’idrogenazione, infatti, vengono rimosse le impurità, quali ossigeno e zolfo tali da renderne possibile l’utilizzo puro al 100%. Inoltre, tali biocarburanti in purezza al 100% possiedono un numero di cetano elevato che permette un'ottima combustione, ed essendo anche privo di aromatici e poliaromatici il suo uso consente di abbattere le emissioni di CO2 (calcolate lungo tutto il ciclo di vita) tra il 60 e il 90% rispetto al carburante tradizionale, in funzione della tipologia di carica biogenica. Il supporto ai biocarburanti utilizzabili in purezza è, in particolare, strategico per la decarbonizzazione del trasporto pesante, per il quale le soluzioni di elettrificazione sono di difficile realizzabilità tecnica ed economica soprattutto nel breve/medio termine. I risparmi emissivi sono stimabili nell’ordine dei 2-3 MTon/a CO2 per un consumo pari a 1 MTon/a di prodotto, in funzione delle caratteristiche dei biocarburanti utilizzabili in purezza.
La lettera b) introduce i nuovi commi 3-bis, 3-ter e 3-quater nello stesso articolo 39 del d.lgs. n. 199/2021.
Il nuovo comma 3-bis introduce un incentivo per la produzione di biocarburanti liquidi da utilizzare in purezza aggiuntivi rispetto alle quote d'obbligo attraverso la riconversione delle raffinerie tradizionali esistenti all’interno di siti di bonifica di interesse nazionale (SIN).
L’incentivo si basa in un contributo assegnato mediante procedure competitive, la cui durata e valore sono definiti con decreto del MITE (vedi il comma successivo), in modo da garantire un’adeguata remunerazione dei costi di investimento dell’impianto e comunque nei limiti delle disponibilità finanziarie del Fondo per la decarbonizzazione e per la riconversione verde delle raffinerie esistenti nei SIN, previsto dal comma successivo, cui si fa rinvio
Il comma 3-ter – come anticipato - istituisce nello stato di previsione del MITE il Fondo per la decarbonizzazione e per la riconversione verde delle raffinerie esistenti nei SIN, con una dotazione pari a euro 205 milioni per l’anno 2022, a euro 45 milioni per l’anno 2023 e a euro 10 milioni per l’anno 2024. La finalità è quella di promuovere la riconversione industriale delle raffinerie tradizionali esistenti all’interno dei SIN per la produzione di biocarburanti da utilizzare in purezza incentivando la produzione aggiuntiva di biocarburanti liquidi in purezza.
L'articolo 252 del codice dell'ambiente (d.lgs. 152/2006) disciplina la procedura di individuazione dei siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali. All'individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate. Per quanto qui rileva, tra i principi e criteri direttivi, si menziona l'insistenza, attualmente o in passato, di attività di raffinerie, di impianti chimici integrati o di acciaierie.
Sul sito del MITE è presente l'ultimo rapporto sull’avanzamento dei procedimenti di bonifica nei SIN attualmente perimetrati.
Lo stesso comma 3-ter demanda a un decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, la definizione dei quantitativi di biocarburanti liquidi oggetto dello schema di incentivazione, i criteri e le modalità di attuazione delle procedure competitive di cui al comma precedente (il testo si riferisce alle modalità di attuazione del comma 3-bis), nonché le modalità di riparto delle risorse.
Ai relativi oneri si provvede:
a) quanto ad euro 150 milioni, per il 2022, mediante utilizzo delle risorse disponibili, in conto residui, sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del MITE, iscritte ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 111/2019 (L. n. 141/20199), per 130 milioni di euro, e dell’articolo 2, comma 2, del medesimo D.L. n. 111 del 2019, per 20 milioni di euro, che sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per restare acquisite all’erario;
b) quanto ad euro 55 milioni per il 2022, ad euro 45 milioni per il 2023 e ad euro 10 milioni per il 2024 mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 1, del citato D.L. n. 111 del 2019.
La RT riporta un quadro di sintesi delle risorse allocate nei fondi sopra indicati nell'attuale stato di previsione del MITE, da riprogrammare per effetto dell'istituzione del Fondo per la decarbonizzazione e per la riconversione verde delle raffinerie ricadenti nei SIN e da allocare presso apposito capitolo di bilancio.
Il nuovo comma 3-quater autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.
Articolo 18
(Ferrovie dello Stato Italiane)
L’articolo 18, così come modificato nel corso dell'esame in sede referente, contiene alcune disposizioni volte a considerare i siti e gli impianti di proprietà di società del Gruppo FS (ferroviarie e stradali) e dei gestori delle infrastrutture ferroviarie, nonché delle società concessionarie autostradali, come potenziali aree idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
La norma, come emerge anche dalla relazione illustrativa, ha la finalità di contribuire alla decarbonizzazione, attraverso l’incremento di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, contenendo il consumo di suolo e migliorando la distribuzione territoriale degli impianti alimentati da fonti di energia rinnovabili, anche al fine di promuovere la realizzazione di Sistemi Efficienti di Utenza (SEU)
Il comma 1 dell'articolo in esame contiene alcune modifiche all'articolo 20, comma 8 del decreto legislativo n. 199 del 2021 per favorire la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili da realizzare presso i siti appartenenti al gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie, nonché delle società concessionarie autostradali.
Con il comma 2, invece, anch’esso modificato in sede referente, si prevede che per gli interventi sulle aree del Gruppo FS e per le relative opere di connessione alla rete elettrica di trasmissione nazionale e di distribuzione si applicano le procedure autorizzative indicate all’articolo 22 del medesimo decreto legislativo 199 del 2021 – che stabilisce la riduzione di un terzo dei termini autorizzativi degli impianti e modificato dall’articolo 12, comma 1 del decreto in esame – ferme restando le competenze in materia paesaggistica e archeologica in capo alle amministrazioni competenti.
A seguito delle modifiche introdotte in sede referente si prevede, infine, con un nuovo comma 2-bis, che i gestori delle infrastrutture ferroviarie possano stipulare accordi di compravendita di energia elettrica da fonti rinnovabili a lungo termine.
Articolo 18-bis
(Modifica all’articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481, in materia di Autorità per i servizi di pubblica utilità)
L’articolo 18-bis - introdotto in sede referente - integra la disciplina relativa alle funzioni svolte dall'ARERA, introducendo il rinvio al reale costo di approvvigionamento della materia prima oltre che all'andamento del mercato tra i parametri in relazione ai quali l'Autorità stabilisce e aggiorna la tariffa base, i parametri e gli altri elementi di riferimento per determinare le tariffe per i settori di propria competenza, nonché le modalità per il recupero dei costi eventualmente sostenuti nell'interesse generale in modo da assicurare la qualità, l'efficienza del servizio e l'adeguata diffusione del medesimo sul territorio nazionale, nonché la realizzazione degli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse di cui al comma 1 dell'articolo 1, tenendo separato dalla tariffa qualsiasi tributo od onere improprio; verifica la conformità ai criteri di cui alla presente lettera delle proposte di aggiornamento delle tariffe annualmente presentate e si pronuncia, sentiti eventualmente i soggetti esercenti il servizio, entro novanta giorni dal ricevimento della proposta; qualora la pronuncia non intervenga entro tale termine, le tariffe si intendono verificate positivamente.
A tal fine, è novellato l’articolo 2, comma 12, lettera e), della L. n. 481/1995.
L'articolo 19 apporta modifiche alla disciplina del programma di interventi per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione centrale, prevedendo tra i soggetti cui le pubbliche amministrazioni centrali possono rivolgersi per elaborare i progetti, in alternativa ai Provveditorati interregionali opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, anche l’Agenzia del demanio (comma 1). Inoltre attribuisce anche all’Agenzia del demanio il ruolo di soggetto “facilitatore” nella fase di predisposizione delle proposte progettuali del programma per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione centrale (c.d. “PREPAC”).
Nella relazione illustrativa il Governo chiarisce che la disposizione è volta a consentire l’attuazione, nei tempi stabiliti, della Riforma 1.1.d “Accelerare la fase di attuazione dei progetti finanziati dal programma PREPAC”, prevista nell’ambito della Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica” - Componente 3 “Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici” del PNRR, con scadenza 30 giugno 2022.
Si veda la relativa pagina del portale di documentazione della Camera dei deputati.
In particolare, l'unico comma dell'articolo in esame apporta una serie di modificazioni all’articolo 5 (Miglioramento della prestazione energetica degli immobili della Pubblica Amministrazione) del decreto legislativo n. 102 del 2014 (Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE).
Si rammenta che il citato articolo 5 del decreto legislativo n. 102 del 2014 prevede che, a partire dall'anno 2014 e fino al 2030, e nell'ambito della cabina di regia di cui all'articolo 4 del medesimo decreto, sono realizzati interventi sugli immobili della pubblica amministrazione centrale, inclusi gli immobili periferici, in grado di conseguire la riqualificazione energetica almeno pari al 3 per cento annuo della superficie coperta utile climatizzata (comma 1). Il comma 2 attribuisce al Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e in collaborazione con l'Agenzia del demanio, il compito di predisporre entro il 30 novembre di ogni anno, a decorrere dal 2014, un programma di interventi per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione centrale coerente con la percentuale indicata al comma 1, e promuove, altresì, le attività di informazione e di assistenza tecnica eventualmente necessarie alle pubbliche amministrazioni interessate dal comma 1, anche tramite propri enti e società collegate. Le stesse Amministrazioni, con il supporto dell'ENEA e del GSE nel rispetto delle rispettive competenze, assicurano il coordinamento, la raccolta dei dati e il monitoraggio necessario per verificare lo stato di avanzamento del programma, promuovendo la massima partecipazione delle Amministrazioni interessate, e la pubblicità dei dati sui risultati raggiunti e sui risparmi conseguiti. Nella redazione del programma, si tiene, altresì, conto delle risultanze dell'inventario, predisposto in attuazione dell'articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2012/27/UE, e successive modificazioni, contenente informazioni sulle superfici e sui consumi energetici degli immobili della pubblica amministrazione centrale, dei dati sui consumi energetici rilevati nell'applicativo informatico IPer gestito dall'Agenzia del demanio, delle risultanze delle diagnosi energetiche nonché delle misure di cui al comma 10. Il comma 3 prevede che, al fine di elaborare il programma di cui al comma 2, le Pubbliche Amministrazioni centrali, entro il 30 settembre per l'anno 2014 e entro il 30 giugno di ciascun anno successivo, predispongono, anche in forma congiunta, proposte di intervento per la riqualificazione energetica degli immobili dalle stesse occupati, anche avvalendosi dei Provveditorati interregionali opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e trasporti (ora MIMS) e le trasmettono, entro i quindici giorni successivi, al Ministero dello sviluppo economico. Tali proposte devono essere formulate sulla base di appropriate diagnosi energetiche o fare riferimento agli interventi di miglioramento energetico previsti dall'Attestato di prestazione energetica di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192.
a) L'articolo in esame modifica innanzitutto il comma 3 dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 102 del 2014 in modo da prevedere che le proposte di interventi di riqualificazione energetica degli immobili possano essere formulate dalle pubbliche amministrazioni avvalendosi, oltre che dei Provveditorati interregionali opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e trasporti, anche dell’Agenzia del demanio, attraverso la Struttura per la progettazione di beni ed edifici pubblici di cui all’articolo 1, comma 162 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018).
b) L'articolo in esame, inoltre, sostituisce il comma 8 dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 102 del 2014 prevedendo che la realizzazione degli interventi compresi nei programmi definiti ai sensi del comma 2 è gestita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dai Provveditorati interregionali per le opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, dalle amministrazioni interessate e dall’Agenzia del demanio, in considerazione della tipologia di intervento e delle eventuali diverse forme di finanziamento adottate per il medesimo immobile, al fine di promuovere forme di razionalizzazione e di coordinamento tra gli interventi, anche tra più amministrazioni, favorendo economie di scala e contribuendo al contenimento dei costi. I Provveditorati interregionali per le opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS) realizzano gli interventi ricompresi nei programmi predisposti ai sensi del comma 2, secondo le modalità più innovative, efficienti ed economicamente più vantaggiose, nonché utilizzando metodi e strumenti elettronici di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture. Su richiesta del Ministero della transizione ecologica, d’intesa con le strutture operative dei Provveditorati interregionali per le opere pubbliche, l’Agenzia del demanio può curare anche l’esecuzione degli interventi già oggetto di convenzionamento con le medesime strutture operative nell’ambito dell’attuazione dei programmi predisposti ai sensi del comma 2. I Provveditorati interregionali per le opere pubbliche, l’Agenzia del demanio e il Ministero della difesa o gli organi del genio del medesimo Ministero, possono fare ricorso agli strumenti di acquisto e negoziazione telematici, ivi inclusi il mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA) e il sistema dinamico di acquisizione della pubblica amministrazione (SDAPA).
Si rammenta che il pre-vigente testo del comma 8 prevedeva che la realizzazione degli interventi compresi nei programmi definiti ai sensi del comma 2 fosse gestita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dalle strutture operative dei Provveditorati interregionali opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e trasporti, (ora MIMS),ove occorra in avvalimento e con il supporto delle Amministrazioni interessate. L'Agenzia del Demanio promuove forme di razionalizzazione e di coordinamento tra gli interventi, anche tra più Amministrazioni, al fine di favorire economie di scala e di contribuire al contenimento dei costi.
Nella relazione illustrativa il Governo chiarisce che affiancando l’operato dei Provveditorati con quello dell'Agenzia del demanio, fin dalla fase antecedente alla richiesta di finanziamento al Ministero della transizione ecologica, possono essere agevolate forme di razionalizzazione e coordinamento tra interventi di efficientamento energetico e interventi di adeguamento/miglioramento sismico (anche essi gestiti, ex lege, dall’Agenzia del demanio), che molto spesso si prestano ad essere effettuati in modo integrato, favorendo economie di scala, razionalizzando i costi e promuovendo forme di utilizzo sinergico di fondi differenti. Ciò anche al fine di assicurare, in prospettiva, la progressiva transizione verso edifici più sicuri ed efficienti, agevolando, altresì, il raggiungimento degli sfidanti obiettivi di efficientamento energetico a cui l’Italia è tenuta, in coerenza con quanto da ultimo previsto nell’ambito del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC).
Nello specifico, la disposizione è finalizzata a favorire la semplificazione e l’efficientamento delle procedure relative alla realizzazione del predetto programma “PREPAC”, assicurando una più efficace distribuzione delle attività tra i diversi enti coinvolti, nell’ottica di una migliore valorizzazione delle rispettive competenze, favorendo modalità innovative, efficienti, economicamente vantaggiose nella gestione degli interventi di efficientemente energetico, anche attraverso l’impiego di metodi e strumenti elettronici di modellazione per l’edilizia (BIM) e garantendo, altresì, forme di razionalizzazione degli interventi stessi, in ragione delle eventuali altre forme di finanziamento adottate per il medesimo immobile.
Nell’ottica di raccogliere i suggerimenti della Corte dei conti (Deliberazione del 12 luglio 2021 n. 11/2021/G), la norma prevede che l’Agenzia del demanio, i Provveditori interregionali per le opere pubbliche, nonché il Ministero della difesa o gli organi del genio militari, possano fare ricorso agli strumenti di acquisto e negoziazione telematici, ivi inclusi il mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA) e il sistema dinamico di Acquisizione della pubblica amministrazione (SDAPA).
Gli interventi “PREPAC”, infatti, spesso presentano particolari peculiarità, tali da essere trattati separatamente e prioritariamente rispetto alle manutenzioni ordinarie e straordinarie, attraverso procedure che permettano una gestione più snella ed efficiente delle risorse specificatamente destinate allo scopo.
L’articolo 19-bis, introdotto in sede referente, prevede l’istituzione nella giornata del 16 febbraio della Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili, al fine di promuovere iniziative pubbliche per la diffusione di pratiche consapevoli nell’uso delle risorse esistenti, con il coordinamento delle attività previste da parte del Ministero della transizione ecologica, con il coinvolgimento di altri Ministeri interessati e dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, ed in collaborazione con le regioni e gli enti locali.
L’articolo 19-bis, introdotto in sede referente, prevede al comma 1 che il 16 febbraio sia istituita la Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili (d’ora in avanti “Giornata”), volta a promuovere la cultura del risparmio energetico e di risorse, attraverso la riduzione degli sprechi, la messa in atto di azioni di condivisione e la diffusione di stili di vita sostenibili.
Si prevede al comma 2 che in occasione di tale Giornata, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le istituzioni pubbliche - presso gli edifici e gli spazi aperti di loro competenza –adottino iniziative di risparmio energetico e azioni di risparmio nell'uso delle risorse, anche attraverso pratiche di condivisione, con la possibilità di promuovere altresì incontri, convegni e interventi concreti, dedicati alla promozione del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili.
Si stabilisce al comma 3 che il Ministero della transizione ecologica assicura, con il coinvolgimento di altri Ministeri interessati e dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile e in collaborazione con le regioni e gli enti locali, il coordinamento delle iniziative di cui al comma 2.
Il comma 1-bis prevede che la Giornata non rientri nell’ambito delle disposizioni in materia di ricorrenze festive previste dalla legge n. 260/1949.
Si ricorda che presso la VIII Commissione della Camera dei deputati risulta in corso di esame la proposta di legge A.C. 104, composta di tre articoli e volta all’istituzione il 16 febbraio della Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili, recante contenuto identico a quanto ora previsto dalla disposizione in esame.
Sul tema del risparmio energetico e per la promozione di uno sviluppo sostenibile, in ambito internazionale, dal 2005 è stata istituita il 18 febbraio la “Giornata internazionale del risparmio energetico”, in occasione dell’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, sottoscritto nel 1997, ma entrato in vigore dopo otto anni, successivamente alla ratifica operata dalla Russia (vedi infra).
Il Protocollo di Kyoto è un trattato internazionale in materia ambientale riguardante il surriscaldamento globale, adottato l’11 dicembre 1997 in occasione della Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), aperta alle ratifiche il 9 maggio 1992 ed entrata in vigore il 21 marzo 1994.
Il Protocollo è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, successivamente alla ratifica da parte della Federazione Russa avvenuta il 18 novembre 2004.
In base all’art. 25 del trattato, il Protocollo sarebbe entrato in vigore il novantesimo giorno successivo alla data in cui almeno 55 Nazioni che inoltre rappresentassero complessivamente non meno del 55% delle emissioni serra globali.
Si ricorda che in ambito nazionale, da diversi anni, l’11 marzo si svolge l’iniziativa promossa dalla Rai, che tra l’altro vede il coinvolgimento delle scuole da parte del Ministero dell’istruzione, riguardante la Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili, denominata “M’illumino di meno”.
L’articolo 19-ter, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, demanda ad un decreto del Ministro della transizione ecologica il compito di stabilire gli standard tecnici e le misure di moderazione dell'utilizzo dei diversi dispositivi di illuminazione pubblica, a fini di contenimento della spesa per i servizi di illuminazione pubblica e di incremento dell'efficienza energetica.
Nel dettaglio, l’articolo in esame prevede che, al fine di contenere la spesa per i servizi di illuminazione pubblica degli enti locali e perseguire una strategia di incremento dell'efficienza energetica basata sulla razionalizzazione e sull'ammodernamento delle fonti di illuminazione pubblica, con decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentita la Conferenza unificata, sono stabiliti gli standard tecnici e le misure di moderazione dell'utilizzo dei diversi dispositivi di illuminazione pubblica, nel rispetto dei livelli di tutela della sicurezza pubblica e della circolazione negli ambiti stradali, secondo i seguenti criteri:
§ utilizzo di appositi sensori di movimento dotati di temporizzatore variabile che garantiscano, durante le ore notturne, l'affievolimento dell'intensità luminosa e il ripristino della piena luminosità al rilevamento di pedoni o veicoli (lettera a);
§ individuazione delle modalità di ammodernamento o sostituzione degli impianti o dispositivi di illuminazione esistenti, al fine di garantire che gli impianti o dispositivi siano economicamente e tecnologicamente sostenibili ai fini del perseguimento di una maggiore efficienza energetica (lettera b);
§ individuazione della rete viaria ovvero delle aree, urbane o extraurbane, idonee e non idonee all'applicazione e all'utilizzo delle tecnologie dinamiche e adattive di cui alla lettera a) (lettera c).
Il comma 1-bis stabilisce che per l’attuazione delle norme previste si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Si ricorda che il comma 697 dell’articolo unico della L. n. 205/2017 (legge di bilancio 2018) ha disposto che, al fine di ridurre la spesa pubblica corrente e di favorire interventi di elevata qualità di efficientamento energetico, entro il 31 dicembre 2022, è promossa la realizzazione da parte degli enti locali di interventi di efficientamento energetico e di adeguamento alle normative vigenti sugli impianti di illuminazione pubblica di proprietà degli enti medesimi tali da ottenere, entro il 31 dicembre 2023, una riduzione dei consumi elettrici per illuminazione pubblica pari almeno al 50 per cento rispetto al consumo medio calcolato con riferimento agli anni 2015 e 2016 e ai punti luce esistenti nel medesimo periodo per i quali non siano già stati eseguiti nell'ultimo quadriennio o siano in corso di esecuzione, alla data di entrata in vigore della presente legge, interventi di efficientamento energetico o non sia stata installata tecnologia LED, mediante il ricorso a tecnologie illuminanti che abbiano un'emergenza luminosa almeno pari a 90 lumen Watt (lm/W). In base al successivo comma 698, per il perseguimento delle predette finalità gli interventi di efficientamento energetico e di adeguamento alle normative vigenti ivi previsti possono essere realizzati con il ricorso a strumenti di acquisto e di negoziazione messi a disposizione dalla società Consip Spa e, ove realizzati da imprese, possono fruire, nel limite di 288 milioni di euro, delle agevolazioni erogate a valere sul Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca di cui all'art. 1, comma 354, della L. n. 311/2004 (legge finanziaria 2005).
Assumono rilievo nella materia oggetto della norma in esame anche i criteri ambientali minimi (CAM) per l’affidamento del servizio di illuminazione pubblica di cui al D.M. 28 marzo 2018 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 2018).
La materia in esame è ora interessata dalla nuova norma tecnica UNI 10819:2021 “Luce e illuminazione – Impianti di illuminazione esterna – grandezze illuminotecniche e procedure di calcolo per la valutazione della dispersione verso l’alto del flusso luminoso”, che definisce i criteri di valutazione degli impianti nei seguenti ambiti applicativi:
- impianti di illuminazione dei luoghi di lavoro in esterno;
- impianti di illuminazione stradale;
- impianti di illuminazione dei capi e aree sportive in esterno;
- impianti di illuminazione monumentale e architettonica;
- impianti di illuminazione delle aree esterne degli edifici residenziali;
- impianti di illuminazione delle aree esterne di parchi e giardini;
- insegne luminose e impianti pubblicitari luminosi in aree esterne.
Articolo 19-quater
(Disposizioni in materia di riduzione dei consumi termici degli edifici pubblici)
L’articolo 19-quater, al fine di ridurre i consumi termici ed ottenere un risparmio annuo immediato, dispone che dal 1° maggio 2022 e fino al 31 marzo 2023, la media ponderata della temperatura dell’aria, misurata nei singoli ambienti di ciascuna unità immobiliare per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici pubblici (salvo le eccezioni previste dall’articolo 3, comma 4 del DPR. n. 74/2013) non debba, rispettivamente, superare i 19 gradi centigradi più 2 gradi centigradi di tolleranza e non debba essere minore di 27 gradi centigradi, meno 2 gradi centigradi di tolleranza.
Attualmente, i valori massimi della temperatura ambiente degli edifici (tutti) fissati dall'articolo 3 del D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74, sono i seguenti:
· per la climatizzazione invernale, la media ponderata delle temperature dell'aria, misurate nei singoli ambienti riscaldati di ciascuna unità immobiliare, non deve superare:
a) 18°C + 2°C di tolleranza per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili;
b) 20°C + 2°C di tolleranza per tutti gli altri edifici (comma 1);
· per la climatizzazione estiva, la media ponderata delle temperature dell'aria, misurate nei singoli ambienti raffrescati di ciascuna unità immobiliare, non deve essere minore di 26°C - 2°C di tolleranza per tutti gli edifici (comma 2)[48].
Gli edifici adibiti a ospedali, cliniche o case di cura e assimilabili, ivi compresi quelli adibiti a ricovero o cura di minori o anziani, nonché le strutture protette per l'assistenza e il recupero dei tossico-dipendenti e di altri soggetti affidati a servizi sociali pubblici, sono esclusi dal rispetto dei predetti limiti, limitatamente alle zone riservate alla permanenza e al trattamento medico dei degenti o degli ospiti.
Per gli edifici adibiti a piscine, saune e assimilabili, per le sedi delle rappresentanze diplomatiche e di organizzazioni internazionali non ubicate in stabili condominiali, le autorità comunali possono concedere deroghe motivate ai limiti di temperatura dell'aria, qualora elementi oggettivi o esigenze legati alla specifica destinazione d'uso giustifichino temperature diverse di detti valori[49].
Articolo 20
(Contributo del Ministero della difesa
alla resilienza energetica nazionale)
L’articolo 20 riguarda l’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sui beni del demanio militare o comunque in uso al Ministero della difesa, per contribuire alla crescita sostenibile del Paese, alla decarbonizzazione del sistema energetico e al perseguimento della resilienza energetica nazionale.
Più in particolare, il comma 1 dispone che il Ministero della difesa, anche per il tramite della società Difesa Servizi S.p.A., affida in concessione o utilizza direttamente, in tutto o in parte, i beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso al medesimo Ministero, per installare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
La finalità della norma è il perseguimento della resilienza energetica nazionale, della crescita sostenibile del Paese e della decarbonizzazione del sistema energetico.
Difesa Servizi S.p.a. è una società per avente come socio unico il Ministero della difesa, costituita ai sensi dell’articolo 535, comma 1, del codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66), che svolge, come organo in house, la sua attività in favore del Ministero della difesa, sotto la vigilanza dello stesso Ministero La società opera secondo gli indirizzi strategici e i programmi stabiliti con decreto del medesimo Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Ai sensi della citata legge istitutiva, Difesa Servizi S.p.a. - strumento organizzativo del Ministero - provvede, in qualità di concessionario o mandatario, alla gestione economica di beni, anche immateriali, e servizi derivanti dalle attività istituzionali dell’Amministrazione, non direttamente correlate alle attività operative delle Forze armate, nonché all’acquisto di beni e servizi occorrenti per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell’Amministrazione stessa, anche questi non direttamente correlati alle attività operative delle Forze armate, attraverso le risorse finanziarie derivanti da detta gestione economica.
L’originaria previsione normativa della legge istitutiva è stata poi integrata dall’art. 1, comma 380, della legge 24 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), entrato in vigore il 1° gennaio 2015, il quale, in riferimento a Difesa Servizi S.p.A., dispone: “Le citate attività negoziali sono svolte attraverso l’utilizzo integrale delle risorse acquisite dalla Società, attraverso la gestione economica dei beni dell’Amministrazione della difesa e dei servizi da essa resi a terzi, da considerare aggiuntive rispetto a quelle iscritte nello stato di previsione del dicastero”. Tale disposizione ha codificato la possibilità, in deroga alle ordinarie norme di contabilità, di utilizzare direttamente le entrate derivanti dall’attività della Società, al di fuori dello stato di previsione del bilancio statale.
Per approfondimenti si rinvia alla relativa Relazione al Parlamento della Corte dei conti (Doc. XV n. 464), riferita all’esercizio 2019.
Si ricorda infine che l’articolo 7 del D.L. n. 152/2021 (disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose) ha previsto che la Presidenza del Consiglio dei ministri si avvalga della società Difesa Servizi S.p.A. per l’espletamento delle procedure di gara per la realizzazione del Polo strategico nazionale, infrastruttura cloud della pubblica amministrazione finanziata dal PNRR. A tal fine la società Difesa servizi viene inserita nel novero delle centrali di committenza qualificate.
Per la copertura degli oneri il Ministero della Difesa può anche ricorrere alle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Missione 2, previo accordo con il Ministero della transizione ecologica, qualora ne ricorrano le condizioni in termini di coerenza con gli obiettivi specifici del PNRR e di conformità ai relativi principi di attuazione.
La relazione tecnica ricorda che la facoltà per il Ministero della difesa di affidare in concessione o in locazione, o utilizzare direttamente, in tutto o in parte, i siti militari, le infrastrutture e i beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso o in dotazione all'Esercito italiano, alla Marina militare, all'Aeronautica militare e all'Arma dei carabinieri, con la finalità di installare impianti energetici, ferma restando l'appartenenza al demanio dello Stato, è già prevista dall’articolo 355 del Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. n. 66/2010).
Per approfondimenti si rinvia al tema dell’attività parlamentare “La transizione ecologica della Difesa”.
Per quanto riguarda la disposizione in esame,
§ laddove il Ministero della difesa, anche per il tramite di Difesa Servizi S.p.A., scegliesse di affidare in concessione a terzi i beni del demanio militare (o a qualunque titolo in uso al medesimo Ministero) per installare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, si genererebbero addirittura maggiori entrate a beneficio del bilancio dello Stato;
§ nell’ipotesi di utilizzo diretto, gli oneri derivanti dall’installazione degli impianti sarebbero sostenuti con le risorse previste a legislazione vigente, iscritte nello Stato di previsione del Ministero della difesa o, qualora ne ricorrano le condizioni in termini di coerenza con gli obiettivi specifici del PNRR e di conformità ai relativi principi di attuazione, con le risorse del Piano Nazionale di investimenti di cui alla Missione 2 del citato Piano.
Ai sensi del comma 2, le articolazioni del Ministero della difesa e i terzi concessionari dei beni di cui al comma 1 possono provvedere alla fornitura dell’energia prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili di cui al comma 1 ai clienti finali organizzati in comunità energetiche rinnovabili ai sensi dell’articolo 31 del decreto legislativo n. 199/2021, di attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili..
Alle Comunità energetiche rinnovabili possono partecipare gli enti militari territoriali.
Una comunità energetica rinnovabile è un soggetto giuridico che:
§ si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione detenuti dalla comunità di energia rinnovabile;
§ i cui azionisti o membri sono persone fisiche, piccole e medie imprese (PMI), enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali, a condizione che, per le imprese private, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non costituisca l'attività commerciale e/o industriale principale;
§ il cui obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai propri azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari.
L’articolo 31 del D.Lgs. n. 199/2021 attribuisce ai clienti finali, ivi inclusi i clienti domestici, il diritto di organizzarsi in comunità energetiche rinnovabili, nel rispetto di determinate condizioni e requisiti espressamente elencati.
Secondo il comma 3, modificato in sede referente, i beni di cui al comma:
§ sono qualificati di diritto come superfici e aree idonee ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 199/2021, relativo alla disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili,
§ sono assoggettati alle procedure autorizzative di cui all’articolo 22 del medesimo decreto legislativo.
Secondo il citato articolo 22, la costruzione e l'esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili nelle aree idonee sono disciplinati secondo le seguenti disposizioni:
a) nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili su aree idonee, l'autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante. Decorso inutilmente il termine per l'espressione del parere non vincolante, l'amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione;
b) i termini delle procedure di autorizzazione per impianti in aree idonee sono ridotti di un terzo.
L’autorità competente ad esprimersi in materia culturale e paesaggistica è la Soprintendenza speciale per il PNRR, autorità operativa fino al 31 dicembre 2026, istituita dall’articolo 29 del decreto-legge n. 77/2021 (Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure), presso il Ministero della cultura. La Soprintendenza speciale svolge le funzioni di tutela dei beni culturali e paesaggistici nei casi in cui tali beni siano interessati dagli interventi previsti dal PNRR sottoposti a VIA in sede statale oppure rientrino nella competenza territoriale di almeno due uffici periferici del Ministero.
Articolo 21, commi 1-3
(Disposizioni per aumentare la sicurezza
delle forniture di gas naturale)
L’articolo 21 prevede, al comma 1, l'adozione da parte del Ministro della transizione ecologica, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, di:
- misure volte a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti per il sistema del gas naturale, anche tenendo conto di logiche di mercato; nel dettaglio, in base all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 93/2011[50], espressamente richiamato, il Ministro dello sviluppo economico emana, al fine di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti per il sistema del gas naturale e dell'energia elettrica, atti di indirizzo e adotta gli opportuni provvedimenti, in funzione dell'esigenza di equilibrio tra domanda e offerta sul mercato nazionale, del livello della domanda attesa in futuro, della capacità addizionale in corso di programmazione o costruzione, nonché della qualità e del livello di manutenzione delle reti, delle misure per far fronte ai picchi della domanda e alle carenze delle forniture di uno o più fornitori;
- misure di salvaguardia in caso di crisi improvvisa sul mercato dell'energia e quando è minacciata l'integrità fisica o la sicurezza delle persone, delle apparecchiature o degli impianti o l'integrità del sistema del gas naturale o del sistema elettrico; infatti, in base all’articolo 4 del medesimo decreto legislativo n. 93 del 2011, anch'esso espressamente richiamato, ricorrendo i predetti presupposti, il Ministero dello sviluppo economico può temporaneamente adottare le necessarie misure di salvaguardia.
La finalità è quella di accrescere la sicurezza delle forniture di gas naturale con particolare riferimento alle esigenze di tutela dei clienti civili e tutelati ai sensi degli articoli 12, comma 7, lettera a), e 22 del decreto legislativo n. 164/2000.
Al riguardo la relazione illustrativa precisa che la disposizione ha particolare riguardo ai "clienti civili e tutelati".
Si ricorda che l'articolo 12, comma 7, lettera a), del decreto legislativo n. 164/2000 prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas fissi le modalità atte a garantire a tutti gli utenti la libertà di accesso a parità di condizioni, la massima imparzialità e la neutralità del servizio di stoccaggio in condizioni di normale esercizio e gli obblighi dei soggetti che svolgono le attività di stoccaggio, sulla base dei seguenti criteri: a) le capacità di stoccaggio di modulazione sono assegnate prioritariamente per le esigenze di fornitura ai clienti civili, ivi comprese le utenze relative ad attività di servizio pubblico, tra cui ospedali, case di cura e di riposo, carceri, scuole, e altre strutture pubbliche o private che svolgono un'attività riconosciuta di assistenza, nonché a clienti non civili con consumi non superiori a 50.000 metri cubi annui, per un volume calcolato annualmente e pari al fabbisogno di modulazione stagionale degli stessi clienti in ipotesi di inverno rigido, in base ai criteri di cui all'articolo 18, comma 2, dello stesso decreto legislativo. Il rimanente stoccaggio è assegnato, secondo modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, anche per servizi diversi da quelli di modulazione.
L’articolo in commento completa le previsioni di cui all’articolo 2 del decreto-legge 28 febbraio 2022, n. 16, destinato ad essere trasposto nel decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14 (“Disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina”).
L’articolo 2 appena richiamato contiene altre norme necessarie alla sicurezza del sistema nazionale del gas naturale. In particolare, per fronteggiare l'eccezionale instabilità del sistema nazionale del gas naturale derivante dalla guerra in Ucraina, autorizza l’adozione di misure per:
§ l'aumento della disponibilità di gas;
§ la riduzione programmata dei consumi di gas;
§ consentire il riempimento degli stoccaggi di gas dell'anno termico 2022-2023.
Tornando all’articolo 21 in commento, il comma 1 dispone che le misure che dovranno essere adottate dal Ministro della transizione ecologica adotta sono finalizzate a:
a) ottimizzare il ciclo di iniezione di gas negli stoccaggi nazionali, anche mediante particolari condizioni di esercizio degli stoccaggi, le relative modalità di allocazione dello spazio di stoccaggio di modulazione e i relativi obblighi di iniezione, per portare a un livello di riempimento di almeno il 90 per cento delle capacità di stoccaggio nazionali disponibili, in funzione dei possibili scenari di utilizzo del gas in stoccaggio nel ciclo invernale di erogazione, a partire dall’anno contrattuale di stoccaggio 2022-2023;
Il decreto legislativo n. 164 del 2000 distingue «stoccaggio di modulazione» (lo stoccaggio finalizzato a soddisfare la modulazione dell'andamento giornaliero, stagionale e di punta dei consumi), «stoccaggio minerario» (lo stoccaggio necessario per motivi tecnici ed economici a consentire lo svolgimento ottimale della coltivazione di giacimenti di gas naturale nel territorio italiano) e «stoccaggio strategico» (lo stoccaggio finalizzato a sopperire a situazioni di mancanza o riduzione degli approvvigionamenti o di crisi del sistema del gas).
La relazione illustrativa avverte che all'inizio dell'inverno si registrava in Italia un buon livello di riempimento degli stoccaggi (quasi il 90% alla fine del mese di ottobre 2021 rispetto a circa il 75% degli stoccaggi a livello europeo). Tuttavia, ora gli stoccaggi sono stati finora utilizzati a pieno ritmo e che nel mese di febbraio 2022 hanno raggiunto il livello che in genere hanno a fine marzo, per cui ad aprile – quando ripartirà la fase di iniezione di gas negli stoccaggi in vista dell’anno successivo – “si partirà “da un livello prossimo a zero”.
Nella relazione annuale dell'ARERA per il 2020, p. 224, si precisa che lo stoccaggio è il processo mediante il quale è possibile conservare il gas naturale in giacimenti esauriti. Si tratta di un servizio necessario per ottimizzare l’utilizzo della rete nazionale dei gasdotti, assicurando al contempo flessibilità di fornitura a fronte di variazioni della domanda (stoccaggio commerciale) e risposta a situazioni di mancanza/riduzione degli approvvigionamenti o di crisi del sistema nazionale, per esempio quando si presentano condizioni climatiche estreme o in caso di interruzioni dell’approvvigionamento dai gasdotti (stoccaggio strategico).
b) assicurare che il servizio di modulazione di cui all’articolo 18 del decreto legislativo n. 164/2000 sia assicurato prioritariamente attraverso l’utilizzo dello stoccaggio di gas naturale;
La relazione illustrativa precisa che al riguardo che il Ministro della transizione ecologica adotta disposizioni che attribuiscano ai soggetti che effettuano attività di vendita a clienti finali l’obbligo di assicurare la modulazione invernale delle forniture (obbligo già presente nell’ordinamento) mediante una quota obbligatoria di stoccaggio in Italia, invece che basandosi prevalentemente su un ipotizzato maggior import invernale, ciò sempre al fine di assicurare un maggiore riempimento degli stoccaggi nazionali a fine campagna di iniezione e una maggiore tutela delle sicurezza delle forniture invernali di gas ai clienti tutelati.
c) promuovere, nel corso del ciclo di erogazione invernale, il mantenimento dello stato di riempimento degli stoccaggi, anche mediante il ricorso a iniezioni di gas in controflusso (ovvero - come chiarisce la relazione illustrativa - in un periodo dell’anno in cui normalmente si osserva erogazione dagli stoccaggi. Più nel concreto, come chiarisce la medesima relazione, si tratta di procedere da subito a parziali compensazioni dei volumi via via erogati, sfruttando i periodi di minore richiesta, come i fine settimana e le festività natalizie);
d) stabilire meccanismi economici per rendere disponibili volumi aggiuntivi di gas naturale dai punti di interconnessione con gasdotti non interconnessi alla rete europea dei gasdotti e nei terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, allo scopo di contrastare l’insorgere di situazioni di emergenza.
La relazione illustrativa chiarisce che tale previsione assegna al Ministro della transizione ecologica il potere di stabilire indirizzi e misure per promuovere, in caso di emergenza o di prevenzione di possibili criticità, l’importazione aggiuntiva di volumi di gas naturale mediante contratti di breve durata attraverso i gasdotti non interconnessi alla rete europea dei gasdotti (quindi importazioni dall’Algeria, dalla Libia e attraverso il TAP) e nei terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto importato dall’estero. Questo potrebbe ad esempio essere attuato mediante la riduzione/azzeramento temporaneo delle tariffe che gli importatori pagano all’entrata della rete italiana dei gasdotti o delle tariffe di rigassificazione, in modo da rendere più competitivo l’arrivo del gas sul mercato italiano.
Il comma 2 prevede l'adozione da parte del Ministro della transizione ecologica, per gli anni successivi al 2022, delle misure volte a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti per il sistema del gas naturale nonché delle misure di salvaguardia "ove ne ricorra la necessità".
Per le altre misure sono dettati i seguenti termini di adozione:
§ per le misure di cui al comma 1, lettere a) e b), il termine è fissato al 31 marzo di ciascun anno;
§ per le misure di cui al comma 1, lettera c), il termine è stabilito al 30 settembre di ciascun anno.
Infine, il comma 3 dispone che le misure previste dal comma 1 sono adottate anche mediante specifici indirizzi alle imprese di trasporto e di stoccaggio, nonché ai gestori di impianti di gas naturale liquefatto operanti sul territorio nazionale, sentita l’ARERA. L’ARERA dà attuazione alle misure rientranti nell’ambito delle proprie competenze.
Articolo 21, commi 3-bis e 3-ter
(Metanizzazione del Mezzogiorno)
Il comma 3-bis dell’articolo 21, inserito in sede referente, abbrevia a nove mesi il termine di presentazione degli atti di collaudo alle amministrazioni competenti nell’ambito del programma generale di metanizzazione del Mezzogiorno.
Il successivo comma 3-ter riassegna le risorse non utilizzate per la realizzazione delle reti urbane di distribuzione del gas metano alle regioni nel cui territorio ricadono i comuni o i consorzi di comuni beneficiari di finanziamento, al fine di un riallineamento dei cronoprogrammi di realizzazione che porti ad una realizzazione nel tempo massimo di 42 mesi dall’approvazione del progetto esecutivo, salva una sola proroga.
L’ultima Relazione sullo stato di attuazione del programma generale di metanizzazione del mezzogiorno risale al 2017, nella precedente legislatura (Doc. CIV, n. 5).
Il Programma generale di metanizzazione del Mezzogiorno risale all’articolo 11 della legge 28 novembre 1980. n. 784, ed è stato inizialmente definito dal CIPE con delibera dell’11 febbraio 1988.
Il programma ha autorizzato la concessione di contributi in favore di determinati comuni per la costruzione di reti urbane di distribuzione del gas metano, nonché in favore di operatori privati per la realizzazione di adduttori secondari.
Il programma ha goduto, sin dal suo avvio. del cofinanziamento comunitario attraverso il sostegno del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR).
I dati della relazione del 2017 riportano che con i fondi stanziati fino al 1996 è stata realizzata la metanizzazione di oltre 800 comuni del Mezzogiorno e la realizzazione di 116 adduttori e collegamenti di bacino per il trasporto del gas.
L'art. 1, co. 319, L. 147/2013, al fine di consentire il completamento del programma di metanizzazione del Mezzogiorno (segnatamente nell'area del Cilento), ha tra l'altro autorizzato la concessione, ai comuni e ai loro consorzi, di contributi in conto capitale fino ad un massimo del 54 per cento del costo dell'investimento previsto per la realizzazione delle reti urbane del gas metano, per un importo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2020. I contributi sono erogati qualora l'avanzamento dell'opera raggiunga almeno il 25 per cento della spesa ammessa al finanziamento. Con delibera del CIPE sono stabilite le procedure per la concessione dei contributi secondo le seguenti priorità: a) concessione ai comuni che abbiano già presentato, nei tempi previsti, la domanda di contributo ai sensi delle deliberazioni del CIPE n. 99 del 30 giugno 1999 e n. 28 del 29 settembre 2004; b) proseguimento del programma generale di metanizzazione del Mezzogiorno, biennio operativo, di cui alla deliberazione CIPE del 30 giugno 1999. Alla copertura di tali impegni finanziari si provvede a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione relative alla programmazione nazionale 2014-2020.
In attuazione di quanto previsto dalla precedente disposizione, è intervenuta la delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica n. 5 del 28 gennaio 2015.
Il comma 3-bis dell’articolo 21, inserito in sede referente, aggiunge un nuovo comma 5-sexies all’art. 9 della legge 266/1997 (che reca norme finalizzate a consentire il completamento del programma generale di metanizzazione del Mezzogiorno).
In base a tale nuovo comma, per gli interventi di metanizzazione ammessi ai finanziamenti di cui al citato articolo 9, il termine di presentazione degli atti di collaudo alle amministrazioni competenti è di 90 giorni dalla data di approvazione del collaudo da parte dell'amministrazione comunale.
Il comma 3-ter dell’articolo 21, inserito in sede referente, aggiunge un comma 319-bis all’art. 1 della legge 147/2013, specificando che le risorse finanziarie di cui al sesto periodo del comma 319, prima descritto, che non siano non ancora state erogate, vengono assegnate alle regioni nel cui territorio ricadono i comuni o i consorzi di comuni beneficiari di finanziamento per la realizzazione delle reti urbane di distribuzione del gas metano, in base alla graduatoria vigente. Tali comuni sono stati individuati dalla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica n. 5 del 28 gennaio 2015.
Le competenze in materia di istruttoria tecnica, di concessione dei finanziamenti e di erogazione delle risorse finanziarie ai comuni sono quindi trasferite alle regioni, che approvano altresì l'aggiornamento dei cronoprogrammi dei progetti in attuazione dell'articolo 23, comma 4-bis, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (“Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144”), in base a un tempo massimo di realizzazione dei progetti di quarantadue mesi dalla data di approvazione del progetto esecutivo, prorogabile una sola volta.
Il citato comma 4-bis prevede che il potenziamento di reti e impianti esistenti nei comuni già metanizzati e le nuove costruzioni di reti e di impianti in comuni da metanizzare appartenenti alla zona climatica F classificati come territori montani, nonché' nei comuni che hanno presentato nei termini previsti la domanda di contributo relativamente al completamento del programma di metanizzazione del Mezzogiorno, si considerano efficienti e già valutati positivamente ai fini dell'analisi dei costi e dei benefici per i consumatori, per cui il CIPE avrebbe dovuto aggiornare i tempi per le attività istruttorie sulle domande di cui alle deliberazioni adottate in materia e l’ARERA riconosce integralmente a livello tariffario il reintegro dei relativi investimenti.
Il comma aggiuntivo in esame conclude stabilendo che il mancato rispetto dei tempi di realizzazione comporta la perdita del finanziamento per la parte dei lavori non completata nei termini.
Le regioni, che come detto subentrano al CIPE per le risorse non erogate, possono utilizzare per l'attività di assistenza tecnica fino all'1 per cento delle risorse finanziarie di cui divengono assegnatarie e devono inviare semestralmente al CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) e al Ministero della transizione ecologica una relazione sull'esecuzione del programma.
Articolo 22
(Riconversione, ricerca e sviluppo del settore automotive)
L’articolo 22 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, un fondo con una dotazione di 700 milioni di euro per l’anno 2022 e 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2030, volto a favorire la ricerca, gli investimenti nella filiera del settore automotive finalizzati all’insediamento, alla riconversione e riqualificazione verso forme produttive innovative e sostenibili, in linea con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni nocive per l’ambiente e di sviluppo digitale, nonché per il riconoscimento di incentivi all’acquisto di veicoli non inquinanti e per favorire il recupero e il riciclaggio dei materiali.
In particolare il comma 1 prevede le dotazioni finanziarie così come indicate in precedenza, mentre il comma 2 stabilisce che l’individuazione degli interventi ammissibili al finanziamento del fondo, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato, dei criteri e delle modalità di riparto di tali risorse venga demandata ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e con il Ministro della transizione ecologica, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento d'urgenza in esame.
Il comma 3, infine, prevede la copertura finanziaria.
Articolo 22-bis
(Ricerca e sviluppo del settore aerospaziale)
L’articolo 22-bis - introdotto in sede referente - dispone al comma 1 che i diritti di regia derivanti dalla vendita dei prodotti utilizzanti le tecnologie sviluppate nell'ambito dei singoli progetti finanziati sono calcolati sull'incasso conseguito dai soggetti beneficiari quale ricavato delle vendite effettive nel quindicennio successivo alla data di conclusione di ciascun progetto, secondo gli scaglioni di avanzamento degli incassi in base alle aliquote previste nei provvedimenti di ammissione agli interventi. La finalità è quella di garantire la continuità degli investimenti in ricerca e sviluppo nell'ambito del settore aerospaziale, anche rivolti alla transizione ecologica e digitale, nell'area della sicurezza nazionale già destinatari dei finanziamenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), della L. n. 808/1985. Il comma in esame esclude comunque l'applicazione del principio stabilito dall'articolo 2033 del codice civile per le somme già versate; ai sensi di tale disposizione, chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda. Il comma in esame si applica ai soggetti che presentano la dichiarazione di cui al comma 2 nei termini ivi previsti. Il comma 2 prevede la presentazione al MISE, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, da parte dei soggetti beneficiari dei finanziamenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1985, n. 808, di apposita dichiarazione attestante l'ammontare dei diritti di regia maturati ai sensi del comma 1, nonché delle somme ancora non versate, formulata sulla base dei bilanci regolarmente depositati. Il comma 3 prevede che il MISE effettua idonei controlli, anche a campione, sulla veridicità delle dichiarazioni presentate.
Al riguardo, si ricorda che l'articolo 52 del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), più volte novellato, stabilisce attualmente che i versamenti di quote di restituzione e di diritti di regia, relativi ai finanziamenti concessi ai sensi della legge 24 dicembre 1985, n. 808, in scadenza nel 2020 e nel 2021, sono sospesi e sono effettuati, senza applicazione di interessi e di sanzioni, in unica soluzione rispettivamente entro il 31 dicembre 2022 ed entro il 31 dicembre 2023 o mediante rateizzazione fino ad un massimo di dieci rate mensili di pari importo a decorrere rispettivamente dal 31 dicembre 2022 e dal 31 dicembre 2023 (comma 1). Le quote dei finanziamenti, concessi ai sensi della legge 24 dicembre 1985, n. 808 con cadenza nell'esercizio 2020 o in esercizi precedenti e nell'esercizio 2021, sono erogate rispettivamente entro il 31 luglio 2020 ed entro il 31 luglio 2021 alle aziende per le quali non risultano inadempienze rispetto ai versamenti di quote di restituzione dovuti fino alla data del 31 dicembre 2019; alle imprese che diano corso a tali adempimenti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, e comunque entro il 30 settembre 2021, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio le quote vengono erogate entro tre mesi dal completamento degli adempimenti. Con riguardo agli interventi inerenti ai progetti di ricerca e di sviluppo nell'area della sicurezza nazionale, nelle more della definizione dei diritti di regia maturati, alla data del 31 dicembre 2019, in relazione agli introiti derivanti dalla vendita dei prodotti utilizzanti le tecnologie sviluppate nell'ambito dei singoli progetti finanziati, può procedersi all'erogazione delle quote relative ai finanziamenti già oggetto di liquidazione.
Al riguardo si ricorda altresì che l'articolo 3 della legge 808/1985 disciplina i finanziamenti e i contributi per la partecipazione di imprese nazionali a programmi in collaborazione internazionale per la realizzazione di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici.
L'intervento di sostegno di cui alla legge n. 808/85 è di regola nella forma di finanziamenti agevolati (a tasso zero) che vengono restituiti attraverso un piano di rimborso dalle imprese beneficiarie. L'accesso ai finanziamenti, avviene attraverso appositi bandi.
A valere sulle risorse della legge, possono essere concessi finanziamenti per l'elaborazione di programmi e l'esecuzione di studi, progettazioni, sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei relativi costi, inclusi i maggiori costi di produzione sostenuti in relazione all'apprendimento precedente al raggiungimento delle condizioni produttive di regime. Tali finanziamenti sono rimborsabili mediante quote sul ricavato della vendita dei prodotti oggetto del programma in collaborazione determinate in relazione ai previsti risultati commerciali ed economici.
L'ammissione del programma di ricerca e sviluppo dell'impresa ai benefici previsti è deliberata dal MISE previo parere del Comitato per lo sviluppo dell'industria aeronautica, previsto dall’articolo 2 della legge n. 808/1985 per assicurare la coordinata e razionale applicazione degli interventi di sostegno previsti dal citato articolo 3. Il Comitato è presieduto dal Ministro dello sviluppo economico ed è costituito da rappresentanti del MISE, del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'istruzione università e ricerca e del Ministero della Difesa e da tre esperti (professori universitari) nelle discipline riconducibili all'aerospazio.
Secondo quanto si evince dalla Relazione della Corte dei conti sul rendiconto generale dello Stato 2020 (documento XIV, n. 4), volume II, tomo I, p. 121, con riguardo all’industria aeronautica, settore particolarmente colpito dalla crisi, nel corso dell’anno è stata disposta una moratoria rispetto all’obbligo di restituzione delle quote di rimborso e dei diritti di regia in scadenza al 2020 dei finanziamenti ex lege n. 808/1985. Non tutte le aziende potenzialmente beneficiarie della moratoria hanno deciso di avvalersene, procedendo al rimborso delle quote di finanziamenti per complessivi 2,9 milioni. Allo scopo di sostenere la liquidità degli operatori del settore, è stata altresì anticipata, a luglio 2020, l’erogazione delle quote dei finanziamenti alle aziende in regola con i versamenti delle quote di restituzione. Nel corso dell’anno sono stati adottati 4 decreti di concessione dei finanziamenti per un importo complessivo di 479 milioni (relativamente al periodo 2020-2032), erogando quote per un totale di 64,9 milioni. In esito all’operatività del 2020, il valore complessivo dei finanziamenti concessi ammonta a 4,6 miliardi, di cui 2,2 già liquidati. Sotto il profilo della gestione amministrativa, sono state espletate le procedure per la ricostituzione del Comitato per lo sviluppo dell’industria aeronautica (ex art. 2, comma 1, legge n. 808/1985), perfezionatesi con il D.M. del 5 gennaio 2021.
Per quanto riguarda il settore della difesa, sono proseguite le erogazioni delle quote riguardanti i programmi di collaborazione sovranazionale EFA, FREMM, TORNADO, NH90, FSAF-B1NT gestiti dalle agenzie OCCAR, NAHEMA e NETMA, come anche le erogazioni relative agli altri programmi di interesse della Difesa, finanziati con risorse facenti capo a varie leggi di spesa (D.L. n. 321/1996, legge n. 266/1997, legge n. 266/2005, legge n. 147/2013). Complessivamente, nel 2020, sono stati effettuati pagamenti per 2,4 miliardi, di cui 265 milioni per rate di mutui.
L’efficacia delle politiche di sviluppo del settore industriale dell’aerospazio e della difesa assume un ruolo rilevante per l’economia nazionale, costituendo tali settori un driver importante per le tecnologie avanzate, con sensibili ricadute sugli investimenti e sull’occupazione a livello nazionale. In questa prospettiva si ritiene necessario sottolineare l’importanza di una tempestiva predisposizione della relazione annuale di cui all’art. 2, legge n. 808/1985, sullo stato dell'industria aeronautica e, in particolare, sull'attuazione dei programmi più significativi per gli aspetti tecnologici, economici ed occupazionali, al fine di disporre di elementi informativi utili per ridefinire e migliorare progressivamente le forme di intervento pubblico di sostegno.
Articolo 23
(Ricerca e sviluppo di tecnologie innovative)
L’articolo 23, al comma 1, istituisce un fondo nello stato di previsione del MISE con una dotazione di 150 milioni di euro per il 2022 e 500 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2030, al fine di promuovere la ricerca, lo sviluppo della tecnologia dei microprocessori e l’investimento in nuove applicazioni industriali di tecnologie innovative, anche tramite la riconversione di siti industriali esistenti e l’insediamento di nuovi stabilimenti nel territorio nazionale. Il comma 2 demanda a uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro dell’università e della ricerca e con il Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, la definizione degli ambiti di applicazione e di intervento nonché i criteri e le modalità di riparto delle risorse del fondo istituito dal comma 1. Il comma 3 rinvia all’articolo 42 del provvedimento in esame per la copertura degli oneri relativi.
La componente M1C2 del PNRR, che ha l’obiettivo di rafforzare la competitività del sistema produttivo rafforzandone il tasso di digitalizzazione, innovazione tecnologica e internazionalizzazione attraverso una serie di interventi tra loro complementari, comprende l'investimento 2: Investimenti ad alto contenuto tecnologico. In tale ambito, si osserva che, per l’Italia, caratterizzata da un robusto settore manifatturiero e un’economia orientata all’export, la sfida dell’innovazione e della modernizzazione è cruciale. Questa linea di intervento prevede contributi per sostenere gli investimenti in macchinari, impianti e attrezzature per produzioni di avanguardia tecnologica (Allegato A alla legge n. 232 del 2016) ed è complementare alle misure Transizione 4.0 descritte nel paragrafo precedente. L’importo dei contributi è pari al 40 percento dell’ammontare complessivo delle spese ammesse.
Si veda il tema Competitività del sistema produttivo per ulteriori approfondimenti.
Articolo 24
(Fondo nuove competenze)
L’articolo 24 amplia il novero dei datori di lavoro che possono accedere alle risorse del Fondo nuove competenze - come ridefinite dalla normativa vigente, anche al fine di potenziare gli interventi previsti dal PNRR – includendovi coloro che hanno sottoscritto accordi di sviluppo per progetti di investimento strategico, dai quali emerga un fabbisogno di adeguamento strutturale delle competenze dei lavoratori, ovvero siano ricorsi al Fondo per il sostegno alla transizione industriale.
In dettaglio, la norma in commento dispone che il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali - a cui l’art. 11-ter del D.L. 146/2021 (vedi infra) demanda la specificazione di alcuni parametri per l’accesso al Fondo nuove competenze (di cui all’art. 88, co. 1, D.L. 34/2020)[51] – ridefinisca le caratteristiche dei datori di lavoro che possono presentare istanza, avendo particolare attenzione a coloro che operano nei settori maggiormente interessati dalla transizione ecologica e digitale, nonché, come aggiunto dal presente articolo, a coloro che hanno sottoscritto accordi per progetti di sviluppo di impresa rilevanti (il testo in esame parla di investimenti “strategici”, mentre la norma a cui si fa rinvio usa la locuzione “investimenti rilevanti”) per il rafforzamento della struttura produttiva del Paese (di cui all’art. 43 del D.L. 112/2008) dai quali emerga un fabbisogno di adeguamento strutturale delle competenze dei lavoratori, ovvero siano ricorsi al Fondo per il sostegno alla transizione industriale (di cui all’art. 1, co. 478, della l. n. 234/2021).
Il comma 478 della legge di bilancio 2022 (l. n. 234/2021) ha istituito nello stato di previsione del MISE il Fondo per il sostegno alla transizione industriale con una dotazione di 150 milioni di euro a decorrere dal 2022, allo scopo di favorire l'adeguamento del sistema produttivo nazionale alle politiche europee in materia di lotta ai cambiamenti climatici. A valere sulle risorse del fondo possono essere concesse agevolazioni alle imprese, con particolare riguardo a quelle che operano in settori ad alta intensità energetica, per la realizzazione di investimenti per l'efficientamento energetico, per il riutilizzo per impieghi produttivi di materie prime e di materie riciclate. Non risulta ancora emanato il decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della transizione ecologica, recante le disposizioni attuative del fondo, come prevede il comma 479.
Si ricorda che attualmente i criteri per l’utilizzo delle risorse del Fondo nuove competenze, nonché quelli per l’applicazione della misura, sono definiti dal decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 9 ottobre 2020, volto a favorire la crescita del livello del capitale umano nel mercato del lavoro, offrendo ai lavoratori l’opportunità di acquisire nuove o maggiori competenze.
Al fine di potenziare gli interventi previsti dal PNRR, il richiamato art. 11-ter del D.L. 146/2021 consente di destinare altresì al Fondo nuove competenze le risorse del “Fondo per l'attuazione di misure relative alle politiche attive rientranti tra quelle ammissibili dalla Commissione europea nell'ambito del programma React EU”[52].
Viene demandato al decreto ministeriale di cui sopra la ridefinizione dei limiti degli oneri finanziabili a valere sulle risorse del Fondo nuove competenze (comunque prevedendo almeno gli oneri relativi ai contributi previdenziali e assistenziali delle ore destinate alla formazione), le caratteristiche dei progetti formativi e, come detto, dei datori di lavoro che possono presentare istanza, avendo particolare attenzione a coloro che operano nei settori maggiormente interessati dalla transizione ecologica e digitale, nonché, come aggiunto dall’articolo in esame, a coloro che hanno sottoscritto accordi di sviluppo per progetti di investimento strategico, ovvero siano ricorsi al Fondo per il sostegno alla transizione industriale.
Articolo 25
(Incremento del Fondo per l’adeguamento dei prezzi e disposizioni in materia di revisione dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici)
L’articolo 25 reca disposizioni finalizzate a fronteggiare nel primo semestre dell’anno 2022, in relazione ai contratti in corso di esecuzione, gli aumenti eccezionali dei prezzi di alcuni materiali da costruzione. A tal fine viene previsto (al comma 1) l’incremento di 150 milioni di euro per il 2022 della dotazione del “Fondo per l’adeguamento dei prezzi” (istituito dall’art. 1-septies, comma 8, del D.L. 73/2021). Sono altresì disciplinate: la copertura degli oneri conseguenti al citato rifinanziamento (comma 9); la determinazione delle variazioni superiori all’8% dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi, in relazione alle quali provvedere alle compensazioni (comma 2); nonché le modalità per l’effettuazione delle compensazioni medesime (commi 3-8).
Si fa notare che, in linea di massima, la disciplina dettata dall’articolo in esame ricalca, per il primo semestre del 2022, quella prevista dall’art. 1-septies del D.L. 73/2021, come modificato dal comma 398 della legge di bilancio 2022 (L. 234/2021), per il primo e il secondo semestre del 2021 (v. infra).
Si fa altresì notare che la norma in esame pare sovrapporsi a quella recentemente introdotta dall’art. 4 del D.L. 4/2022 (v. infra), il cui disegno di legge di conversione è attualmente all’esame del Senato.
La differenza risiede tuttavia nel campo di applicazione, dato che le disposizioni del D.L. 4/2022 si applicano ai nuovi contratti mentre quelle recate dall’articolo in esame riguardano i contratti in corso di esecuzione.
In relazione agli eccezionali aumenti dei prezzi in questione, nella relazione illustrativa viene sottolineato che “secondo elaborazioni condotte dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS) nel primo semestre del 2021 i materiali da costruzione derivati dall'acciaio hanno registrato variazioni superiori al 40 per cento rispetto alla media del 2020 (per le lamiere in acciaio di qualsiasi spessore lisce, piane e striate e i nastri in acciaio per manufatti o barriere stradali gli aumenti hanno registrato aumenti pari a rispettivamente il 59 e il 76 per cento); forti aumenti hanno riguardato anche i materiali che utilizzano il legno, il ferro o il rame come materia prima. In particolare, a partire a partire dall'ultimo trimestre dell'anno 2020, anche per gli effetti negativi prodotti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, si sono registrati rilevanti rincari dei prezzi di alcuni materiali da costruzione (acciaio, cemento, prodotti petroliferi, rame, materiali plastici e i loro derivati) con una vertiginosa impennata dei relativi costi che sta determinando un'alterazione dell'equilibrio nei contratti di affidamento dei lavori, soprattutto negli appalti pubblici”.
Di seguito si illustra il dettaglio delle disposizioni recate dall’articolo in esame.
Incremento del “Fondo per l’adeguamento dei prezzi” (comma 1)
Il comma 1 dell’articolo in esame, per fronteggiare, nel primo semestre dell’anno 2022, gli aumenti eccezionali dei prezzi di alcuni materiali da costruzione, incrementa di 150 milioni di euro per il 2022 la dotazione del “Fondo per l’adeguamento dei prezzi” istituito dall’art. 1-septies, comma 8, del D.L. 73/2021.
Determinazione delle variazioni superiori all’8% (comma 2)
Il comma 2, per le finalità indicate dal comma precedente, in relazione ai contratti in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del presente decreto, prevede che il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS) procede, entro il 30 settembre 2022, alla determinazione con proprio decreto, sulla base delle elaborazioni effettuate dall'ISTAT (in attuazione della metodologia definita dal medesimo Istituto ai sensi dell’art. 29, comma 2, del D.L. 4/2022, v. infra), delle variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori all’8%, verificatesi nel primo semestre dell'anno 2022, dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi.
Disciplina delle compensazioni (commi 3-8)
Il comma 3 dispone che per i materiali da costruzione di cui al comma 2 si procede a compensazioni, in aumento o in diminuzione:
§ nei limiti disciplinati dai successivi commi 4, 5, 6 e 7;
§ anche in deroga a quanto previsto, in materia di compensazioni per variazioni di prezzo superiori al 10%, dal Codice dei contratti pubblici vigente (in particolare dall’art. 106, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 50/2016) e da quello precedente (art. 133, commi 4, 5, 6 e 6-bis, del D.Lgs. 163/2006);
Per l’illustrazione delle disposizioni richiamate si rinvia infra alla ricostruzione normativa intitolata “Le principali norme in materia di revisione dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici”.
§ determinate al netto delle compensazioni eventualmente già riconosciute o liquidate in relazione al primo semestre dell’anno 2022, ai sensi dell’art. 106, comma, 1, lettera a), del D.Lgs. 50/2016.
Il comma 4 dispone che la compensazione è determinata applicando alle quantità dei singoli materiali impiegati nelle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori, ovvero annotate sotto la responsabilità del direttore dei lavori nel libretto delle misure, dal 1° gennaio 2022 fino al 30 giugno 2022, le variazioni in aumento o in diminuzione dei relativi prezzi rilevate dal decreto di cui al comma 2 con riferimento alla data dell'offerta:
§ eccedenti l'8% se riferite esclusivamente all’anno 2022;
§ eccedenti il 10% complessivo se riferite a più anni.
Il comma 5 dispone che:
§ per le variazioni in aumento, a pena di decadenza, l'appaltatore presenta alla stazione appaltante l'istanza di compensazione entro 15 giorni dalla data di pubblicazione in G.U. del decreto di cui al comma 2;
§ per le variazioni in diminuzione, la procedura è avviata d'ufficio dalla stazione appaltante, entro 15 giorni dalla predetta data.
Lo stesso comma dispone altresì che il responsabile del procedimento accerta con proprio provvedimento il credito della stazione appaltante e procede a eventuali recuperi.
Il comma 6 dispone che per le lavorazioni eseguite e contabilizzate negli anni precedenti all’anno 2022 restano ferme le variazioni già rilevate dai decreti previsti dalla normativa vigente.
La norma fa riferimento ai decreti adottati ai sensi:
§ dell’art. 133, comma 6, del “vecchio” Codice (D.Lgs. 163/2006);
§ dell’art. 216, comma 27-ter, del “nuovo” Codice di cui al D.Lgs. 50/2016 (tale norma si limita a disporre che ai contratti di lavori affidati prima dell'entrata in vigore del “nuovo” Codice e in corso di esecuzione a quella data si applica la disciplina già contenuta nell'articolo 133, commi 3 e 6, del “vecchio” Codice);
§ e dell’art. 1-septies, comma 1, del D.L. 73/2021.
Il comma 7 prevede che ciascuna stazione appaltante provvede alle compensazioni nei limiti del 50% delle risorse accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, nonché le eventuali ulteriori somme a disposizione della stazione appaltante per lo stesso intervento e stanziate annualmente. Possono, altresì, essere utilizzate le somme derivanti da ribassi d'asta, qualora non ne sia prevista una diversa destinazione sulla base delle norme vigenti, nonché le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza della medesima stazione appaltante e per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi ed emanati i certificati di regolare esecuzione nel rispetto delle procedure contabili della spesa, nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Il comma 8 dispone che, in caso di insufficienza delle risorse disponibili presso la stazione appaltante (indicate dal precedente comma 7), per i lavori realizzati ovvero affidati, alla copertura degli oneri si provvede, fino alla concorrenza dell'importo di 150 milioni di euro, che costituisce limite massimo di spesa, con le risorse del Fondo di cui al comma 1 e secondo le modalità previste dall’art. 1-septies, comma 8, secondo e terzo periodo, del D.L. 73/2021
Copertura degli oneri (comma 9)
Il comma 9 disciplina la copertura degli oneri derivanti dal rifinanziamento di 150 milioni di euro del “Fondo per l’adeguamento dei prezzi” recato dal comma 1.
A tali oneri, quantificati in 150 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede ai sensi dell’art. 42 (al cui commento si rinvia).
Nella risposta all’interrogazione 4-09185, resa nella seduta del 21 luglio 2021, viene sottolineato che “negli ultimi tempi è emersa la vulnerabilità del nostro sistema produttivo in termini di approvvigionamento di materie prime e la tematica dell'andamento dei prezzi è attentamente monitorata dal Governo che sta valutando specifiche iniziative, anche di carattere normativo, per arginare il forte impatto che i riscontrati aumenti del costo di varie tipologie di materie prime hanno sui diversi settori interessati. Per quanto attiene specificamente ai prezzari dei materiali da costruzione in applicazione del codice dei contratti pubblici, preme evidenziare che la competenza in materia è del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. La citata Amministrazione, con proprio decreto, rileva annualmente le variazioni percentuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi relativamente ai contratti di lavori affidati prima dell'entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50) e tuttora in corso di esecuzione. A tale proposito, si informa che è stato recentemente pubblicato il decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili 25 maggio 2021 (decreto «Caro Materiali»), con il quale è stato rilevato lo scostamento dei prezzi rispetto alle precedenti annualità. Per quanto riguarda i contratti affidati sulla base del decreto legislativo n. 50 del 2016, il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è determinato sulla base dei prezzari regionali aggiornati annualmente[53] ma non è previsto un sistema di adeguamento prezzi come avveniva nel precedente codice. In ragione della particolare situazione dei prezzi che si è venuta a creare nel corrente anno, sono allo studio del Governo le possibili iniziative, anche di carattere normativo, aventi ad oggetto i contratti aggiudicati sulla base del vigente codice”.
Ai citati propositi ha fatto seguito l’approvazione dell’art. 1-septies del D.L. 73/2021 che, in estrema sintesi, al fine di fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi di alcuni materiali da costruzione verificatisi nel primo semestre dell'anno 2021, ha introdotto una disciplina specifica (derogatoria rispetto a quella vigente) per i contratti in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge. In particolare il comma 1 di tale articolo ha previsto che il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS) rileva, entro il 31 ottobre 2021, con proprio decreto, le variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori all'8 per cento, verificatesi nel primo semestre dell'anno 2021, dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi.
In attuazione di tale disposizione è stato emanato il Decreto 11 novembre 2021 (pubblicato nella G.U. 23 novembre 2021, n. 279), recante “Rilevazione delle variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori all'8 per cento, verificatesi nel primo semestre dell'anno 2021, dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi”.
Successivamente, il comma 398 della legge di bilancio 2022 (L. 234/2021) ha modificato l’art. 1-septies al fine di estenderne l’applicazione a tutto il 2021 e quindi di prevedere la rilevazione, da parte del MIMS, entro il 31 marzo 2022, delle variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori all'8%, verificatesi nel secondo semestre dell'anno 2021, dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi. Al fine di consentire la copertura degli oneri connessi del citato ampliamento del campo di applicazione dell’art. 1-septies, il comma 399 della legge 234/2021 ha autorizzato la spesa di 100 milioni di euro per il 2022.
Per i materiali di costruzione più significativi per i quali il comma 1 dell’art. 1-septies prevede la rilevazione delle variazioni dei prezzi, il comma 2 del medesimo articolo dispone che si procede a compensazioni, in aumento o in diminuzione, secondo la disciplina dettata dai commi da 3 a 6 del medesimo articolo. Al fine di approntare risorse sufficienti a garantire le compensazioni in questione, il successivo comma 8 ha previsto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS), di un Fondo per l'adeguamento dei prezzi, con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2021 (a cui, come si è ricordato, si aggiungono i 100 milioni di euro autorizzati per il 2022 dal comma 399 della legge 234/2021) e l’emanazione di un apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili finalizzato alla determinazione delle modalità di utilizzo del Fondo. Tale ultima disposizione è stata attuata con l’emanazione del D.M. 30 settembre 2021 (pubblicato nella G.U. 28 ottobre 2021, n. 258), recante “Modalità di utilizzo del Fondo per l'adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione di cui all'articolo 1-septies, comma 8, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73”.
Ulteriori disposizioni sono state recentemente introdotte dall’art. 29 del D.L. 4/2022, attualmente in corso di conversione (v. atto Senato n. 2505).
In particolare, al comma 1 – in relazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici di cui al D.Lgs. 50/2016, i cui bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in questione, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, qualora l’invio degli inviti a presentare le offerte sia effettuato successivamente alla data di entrata in vigore del suddetto provvedimento d'urgenza, e fino al 31 dicembre 2023 – si prevede che:
- l’inserimento, nei documenti di gara iniziali, delle clausole di revisione dei prezzi previste come facoltative dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) diviene obbligatorio;
- per i contratti relativi ai lavori, in deroga all’articolo 106, comma 1, lettera a), quarto periodo, del medesimo Codice, le variazioni di prezzo dei singoli materiali da costruzione, in aumento o in diminuzione, sono valutate dalla stazione appaltante se superiori al 5% rispetto al prezzo (e non al 10%, come previsto dal Codice), rilevato nell'anno di presentazione dell'offerta;
- nei casi indicati al punto precedente, si procede a compensazione, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il 5% e comunque in misura pari all'80% (e non in misura pari al 50%, come previsto dal Codice) di detta eccedenza.
Si ricorda che l’art. 106, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 50/2016 dispone, al primo periodo, che le modifiche, nonché le varianti, dei contratti di appalto in corso di validità devono essere autorizzate dal RUP con le modalità previste dall'ordinamento della stazione appaltante cui il RUP dipende. Il successivo secondo periodo prevede che i contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi indicati. In particolare la lettera a) del medesimo comma fa riferimento al caso in cui “le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti. Esse non apportano modifiche che avrebbero l'effetto di alterare la natura generale del contratto o dell'accordo quadro. Per i contratti relativi ai lavori, le variazioni di prezzo in aumento o in diminuzione possono essere valutate, sulla base dei prezzari (…), solo per l'eccedenza rispetto al dieci per cento rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla metà”.
Si ricorda inoltre che l’art. 29, comma 8, del D.L. 4/2022, in merito alle risorse da utilizzare ai fini della compensazione, dispone che fino al 31 dicembre 2026, in caso di insufficienza delle risorse “a disposizione della stazione appaltante” (per la precisione quelle indicate dal comma 7 del medesimo articolo) e limitatamente alle opere pubbliche finanziate, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, alla copertura degli oneri derivanti dal riconoscimento della compensazione si provvede, nel limite del 50% delle risorse annualmente disponibili e che costituiscono limite massimo di spesa annuale, a valere sulla dotazione del Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche (di cui all’art. 7 del D.L. 76/2020). Tale fondo, in virtù del successivo comma 10, è incrementato di 40 milioni di euro per l'anno 2022 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023-2024, interamente destinati alle compensazioni in questione per le opere pubbliche indicate al comma 8.
Il comma 2 dell’art. 29 del D.L. 4/2022 ha inoltre demandato all’ISTAT la definizione (sentito il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili) della metodologia di rilevazione delle variazioni dei prezzi dei materiali di costruzione e ha previsto che entro il 31 marzo e il 30 settembre di ciascun anno, il MIMS procede alla determinazione con proprio decreto, sulla base delle elaborazioni effettuate dall'ISTAT, delle variazioni percentuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi relative a ciascun semestre.
Si evidenzia, infine, che la Conferenza delle regioni, nella seduta del 2 febbraio scorso, ha approvato un documento (n. 22/14/CR07/C4) recante “Prime indicazioni relative alle misure operative da adottare per coordinare l’aggiornamento dei prezzari delle regioni e delle province autonome in considerazione dell’estrema fluttuazione del mercato delle materie prime e dei prodotti da costruzione”, in cui vengono fornite prime indicazioni per l’applicazione dell’istituto della revisione dei prezzi ai sensi dell’art.106 del Codice dei contratti pubblici e cenni sul nuovo art. 29 del decreto-legge n. 4/2022.
Articolo 25-bis
(Credito d’imposta investimenti incrementali effettuati
in campagne pubblicitarie sulla stampa)
L’articolo 25-bis introduce, a partire dal 2023, a regime, una nuova disciplina per la concessione del credito d’imposta prevista per gli investimenti incrementali effettuati in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica, escludendo dal perimetro del credito d’imposta gli investimenti in campagne pubblicitarie sulle emittenti televisive e radiofoniche locali (comma 1) cui è tuttavia destinata un corrispondente quota di risorse a valere sul Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione (comma 3). Viene conseguentemente abrogata la precedente disciplina del credito d’imposta per l’anno 2023 (comma 2) e, a valere sulle risorse ivi appostate, viene individuata la copertura finanziaria dell’intervento (comma 4).
Preliminarmente si ricorda l’articolo 57-bis del decreto legge n. 50 del 2017 ha previsto l’attribuzione di un credito di imposta, a decorrere dal 2018, in favore di imprese e lavoratori autonomi che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica, nonché sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, il cui valore superi almeno dell’1 per cento quelli, di analoga natura, effettuati nell’anno precedente. In particolare, la misura dell'incentivo, nel limite massimo di 62,5 milioni di euro per l'anno 2018, è stata definita pari al 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, elevato al 90% nel caso di microimprese, piccole e medie imprese e start-up innovative. Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione (art. 17 del d.lgs. 241/1997), previa istanza al Dipartimento per l’informazione e l’editoria. Le modalità e i criteri di attuazione sono stati definiti con DPCM 16 maggio 2018 n.90(pubblicato nella GU n. 170 del 24 luglio 2018).
Si ricorda che il 30 novembre 2018 sul sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria era poi stata data notizia di una serie di rilievi formulati dalla Commissione europea su diversi aspetti della misura. Una prima obiezione aveva riguardato l’ipotesi che si configurasse un aiuto di Stato indiretto, con profili di selettività rispetto ai media non presi in considerazione dalla norma. Una seconda obiezione aveva riguardato gli investimenti per l’anno 2017, per i quali la misura avrebbe avuto carattere sostanzialmente retroattivo, perdendo quindi la loro funzione incentivante. Infine, era stato obiettato che i costi della pubblicità – generalmente classificati come costi di funzionamento (e non di investimento) – non avrebbero potuto essere considerati, in quanto tali, quale base di calcolo per una misura di aiuto coerente con i principi della normativa europea in materia. Successivamente l’art. 1, co. 762, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha precisato che le agevolazioni sono concesse entro i limiti consentiti dalle specifiche disposizioni dell'UE in materia di aiuti c.d. de minimis.
In particolare, sono stati citati i seguenti regolamenti:
§ regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti "de minimis";
§ regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore agricolo;
§ regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore della pesca e dell’acquacoltura.
Il decreto legge 28 giugno 2019, n. 59 (art. 3-bis, comma 1, lett. b)) stabilisce che a decorrere dall'anno 2019 il sopra citato credito d'imposta è concesso, alle stesse condizioni e ai medesimi soggetti, ma nella misura unica del 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, restando ferma la necessità di garantire il rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato (conseguentemente, la disciplina previgente viene limitata al 2018).
Successivamente, tuttavia, in considerazione dell'attesa caduta dei volumi di investimento derivante dall'emergenza sanitaria relativa al COVID-19, il decreto legge n.18 del 2020 (art. 98, co. 1) ha previsto, per il 2020, un regime straordinario di accesso al credito di imposta per gli investimenti pubblicitari. In particolare, ha disposto che il credito di imposta era concesso, per il 2020, alle stesse condizioni e ai medesimi soggetti già contemplati, nella misura unica del 30% del valore degli investimenti effettuati (e non già entro il limite del 75% dei soli investimenti incrementali). Nel prosieguo, il decreto legge n.34 del 2020 (art. 186) e il decreto legge n.104 del 2020 (art. 96, co. 1) hanno progressivamente rafforzato il regime straordinario introdotto per il 2020. In particolare, l'importo massimo dell'investimento ammesso al credito d'imposta è stato elevato, per il medesimo 2020, (dal 30) al 50% ed è stato direttamente fissato in 85 milioni di euro il tetto di spesa: nell'ambito del tetto, è stato previsto che il beneficio doveva essere concesso nel limite di 50 milioni di euro per gli investimenti pubblicitari effettuati su quotidiani e periodici, anche online, e nel limite di 35 milioni di euro per quelli effettuati sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, nonché nazionali, analogiche o digitali, non partecipate dallo Stato. Si è così, determinato anche un ampliamento della platea di emittenti televisive e radiofoniche sulle quali è possibile effettuare gli investimenti.
Ancora dopo, la legge di bilancio 2021 (art. 1, co. 608) aveva previsto che, per gli anni 2021 e 2022, il credito d'imposta era concesso nella misura unica del 50% del valore degli investimenti pubblicitari effettuati su quotidiani e periodici, anche digitali, entro il limite massimo di 90 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022. Il beneficio è concesso nel limite di 65 milioni di euro per gli investimenti pubblicitari effettuati sui giornali quotidiani e periodici, anche online, e nel limite di 25 milioni di euro per gli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti televisive e radiofoniche locali e nazionali, analogiche o digitali, non partecipate dallo Stato.
Per una panoramica dettagliata sulla disciplina degli incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani, periodici e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, si rinvia alla consultazione del dossier Interventi per l'editoria del Servizio studi della Camera dei deputati.
La norma in esame, al comma 1, lettera a), modificando il comma 1-bis del menzionato articolo 57-bis, stabilisce che la disciplina prevista a regime per il credito di imposta in esame (introdotta dal sopra citato decreto legge n. 59) sia valida per il solo anno 2019.
La disposizione, lettera b), introduce conseguentemente un nuovo comma 1-quinquies che definisce la nuova disciplina dell’agevolazione fiscale. La norma stabilisce che a decorrere dall'anno 2023, il credito d'imposta è concesso, alle stesse condizioni e ai medesimi soggetti nella misura unica del 75 per cento del valore incrementale degli investimenti effettuati in campagne pubblicitarie esclusivamente sulla stampa quotidiana e periodica anche on line, nel limite massimo di spesa di 30 milioni di euro in ragione d'anno, che costituisce tetto di spesa, e in ogni caso nei limiti dei regolamenti dell'Unione europea richiamati. Dal testo della norma in esame, pertanto, sembra ridursi il perimetro di applicazione dell’agevolazione fiscale (a partire dal 2023) ai soli investimenti effettuati in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica anche on line (non essendo più ricompresi gli investimenti sulle emittenti televisive e radiofoniche).
Ai fini della concessione del credito d'imposta si applica il citato regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 maggio 2018, n. 90.
Il comma 2, coerentemente con le modifiche apportate dalle norme precedenti, abroga il comma 13 dell'articolo 67 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, che recava la copertura finanziaria del credito di imposta previsto a decorrere dall'anno 2023 e ne stabiliva il tetto di spesa a 45 milioni.
Il comma 3, conseguentemente alla riduzione a 30 milioni del nuovo limite di spesa previsto a regime, stabilisce che a decorrere dall'anno 2023, il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione (articolo 1 della legge 26 ottobre 2016, n. 198) è incrementato di 15 milioni di euro annui da destinare alla quota spettante al Ministero dello sviluppo economico.
La quota di 15 milioni di euro è pertanto destinata alla parte del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione destinata al sostegno finanziario all'emittenza locale, compensando quindi la riduzione degli importi del credito d’imposta.
Il comma 4 prevede la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle norme in esame, pari a 45 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023. A tali oneri si provvede mediante utilizzo delle risorse rivenienti dall'abrogazione delle disposizioni di cui al comma 2.
Si ricorda che il sopracitato comma 13, abrogato dal comma 2 dell’articolo in commento, prevede che a decorrere dall'anno 2023, per la concessione del credito d'imposta di cui all'articolo 57-bis, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, è autorizzata la spesa di 45 milioni di euro in ragione d'anno, che costituisce tetto di spesa. Agli oneri derivanti, pari a 45 milioni di euro in ragione d'anno, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, di cui all'articolo 1 della legge 26 ottobre 2016, n. 198. La predetta riduzione del Fondo è da imputare per 30 milioni di euro alla quota spettante alla Presidenza del Consiglio dei ministri e per 15 milioni di euro alla quota spettante al Ministero dello sviluppo economico.
Il comma 1 dell'articolo 26 incrementa la dotazione finanziaria per il 2022 del fondo destinato al riconoscimento di un contributo statale, a titolo definitivo, per le ulteriori spese sanitarie, collegate all’emergenza epidemiologica da COVID-19, rappresentate dalle regioni e province autonome. L'incremento di cui al comma 1 è pari a 400 milioni di euro, i quali si aggiungono alla dotazione di 400 milioni già prevista per il medesimo anno 2022. Le risorse in oggetto, pur essendo stanziate nell'esercizio finanziario statale per il 2022, riguardano anche le spese sostenute dai suddetti enti territoriali nel 2021[54]; in quest'ultimo caso, i contributi così attribuiti concorrono alla valutazione dell'equilibrio finanziario per l'anno 2021 dei Servizi sanitari dei medesimi enti.
Il comma 2 dell'articolo 26 rinvia, per la copertura finanziaria dello stanziamento di cui al comma 1, alle disposizioni di cui al successivo articolo 42.
Il fondo oggetto del comma 1 dell'articolo 26 è stato istituito (nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze) dall'articolo 16, comma 8-septies, del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215, con una dotazione pari a 600 milioni di euro per l'anno 2021; la dotazione per il 2022 è stata introdotta - nella misura, come detto, di 400 milioni, che viene ora elevata a 800 milioni complessivi per il medesimo anno 2022 - dall'articolo 11, comma 1, del D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2022, n. 25. In base alla disciplina in esame: al fondo accedono tutte le regioni e province autonome - in deroga al criterio secondo cui le autonomie speciali (ad esclusione della regione Sicilia) provvedono autonomamente al finanziamento della spesa sanitaria corrente -; il riparto del fondo è definito sulla base di apposita intesa, sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome; riguardo alla suddetta dotazione di 600 milioni per il 2021, l'intesa è stata sancita nella seduta del 20 dicembre 2021, mentre per la suddetta dotazione complessiva di 800 milioni per il 2022 l'intesa è stata sancita nella seduta del 16 marzo 2022. Il Ministero dell'economia e delle finanze provvede all'erogazione alle regioni e alle province autonome delle relative somme.
Il comma 2-bis, introdotto durante l’esame referente, differisce, per il solo anno 2022, (dal 30 aprile) al 15 giugno il termine limite previsto per la certificazione da parte delle Regioni e Province autonome dell’equilibrio di bilancio tramite rendicontazione dell’esercizio finanziario precedente, nel caso in cui i medesimi enti territoriali presentino un disavanzo di gestione del servizio sanitario regionale per il quarto trimestre consecutivo. In caso di disequilibrio dei conti, successivamente a tale data, a seguito della diffida con atto del Presidente del Consiglio dei ministri, la Regione o la provincia autonoma interessata deve adottare i provvedimenti necessari al rientro finanziario.
Conseguentemente, viene differito (dal 31 maggio) al 15 luglio, il termine entro il quale il Presidente della giunta regionale, nel ruolo di Commissario ad acta per la Regione interessata, è chiamato ad applicare comunque il divieto di effettuare spese non obbligatorie fino al 31 dicembre dell'anno successivo a quello di verifica e - nella misura massima prevista dalla vigente normativa – l’incremento dell'addizionale IRPEF e le dovute maggiorazioni dell'aliquota IRAP.
Il comma 2-bis dell’articolo 26 in esame dispone una proroga già adottata anche in passato[55] per il differimento dei termini previsti (dal 30 aprile al 15 giugno, e in questo caso per il solo anno 2022) per la rendicontazione dell’equilibrio di bilancio relativo all’esercizio finanziario precedente e, in caso di disavanzo emerso nel sistema sanitario regionale, per la dovuta adozione dei provvedimenti necessari al rientro finanziario delle Regioni e Province autonome interessate.
Tale differimento, come già precedentemente avvenuto, si rende necessario per consentire il completamento della rendicontazione relativa all’anno 2021 in modo tale che le Regioni e le Province autonome possano tenere conto, ai fini della valutazione dell’equilibrio del servizio sanitario, sia di alcuni ritardi nelle contabilizzazioni (connessi anche allo stato di emergenza epidemiologica), sia degli stanziamenti autorizzati e non ancora impegnati o pagati, con particolare riferimento all’articolo 24 del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41[56] (cd. D.L. Sostegni).
Quest’ultima norma ha previsto il rimborso delle spese sostenute nel 2020 da Regioni e Province autonome per le spese di acquisto di dispositivi di protezione individuale (DPI) e altri beni sanitari connessi all'emergenza epidemiologica da COVID-19, mediante le risorse allocate in un nuovo fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze, con una dotazione pari ad 1 miliardo di euro per il 2021, da destinare al concorso (a titolo definitivo, quindi non a titolo di anticipazione) delle predette spese. Dato l’ingente importo del Fondo, è verosimile che si siano verificati dei ritardi in fase di rendicontazione.
Viene quindi conseguentemente differito (dal 31 maggio) al 15 luglio, il termine entro il quale il Presidente della giunta regionale, nel ruolo di Commissario ad acta per la Regione interessata, è chiamato ad applicare comunque il divieto di effettuare spese non obbligatorie fino al 31 dicembre dell'anno successivo a quello di verifica e - nella misura massima prevista dalla vigente normativa – l’incremento dell'addizionale IRPEF e le dovute maggiorazioni dell'aliquota IRAP.
In merito alle disposizioni oggetto di proroga, si ricorda che con la legge finanziaria 2005 (legge n. 311/2004) e con la successiva Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 sono stati introdotti una serie di adempimenti per le Regioni con un bilancio sanitario in deficit.
In particolare, l’articolo 1, comma 174 della legge n. 311/2004, modificato da successivi interventi normativi (cfr. il comma 277 dell'articolo 1 della legge 266/ 2005 (legge finanziaria 2006), il comma 796, lettera c) dell'articolo 1 della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007), e l'articolo 2, comma 76, della legge 191/2009 (legge finanziaria 2010)), ha stabilito che, in caso di disavanzo di gestione del servizio sanitario regionale, che persista nel quarto trimestre di un dato esercizio finanziario, a partire dal 2005, a fronte del quale non siano stati adottati in corso di esercizio i necessari provvedimenti di copertura, ovvero i medesimi non siano risultati sufficienti, il Presidente del Consiglio dei ministri diffida la Regione ad adottare i provvedimenti necessari in base alle disposizioni recate dall’articolo 1, comma 180, della legge finanziaria 2005, entro il 30 aprile dell'anno successivo; qualora la Regione persista nella propria inerzia, entro i successivi trenta giorni il Presidente della Giunta regionale, in qualità di commissario ad acta, determina il disavanzo di gestione e adotta i necessari provvedimenti per il ripiano, ivi inclusi gli aumenti dell'addizionale Irpef[57] e le maggiorazioni dell'aliquota Irap[58], entro i limiti previsti dalla normativa vigente.
In caso di inerzia da parte del commissario ad acta entro il 31 maggio, nella Regione interessata, con riferimento agli anni di imposta 2006 e successivi, si applicano comunque, nella misura massima prevista dalla vigente normativa, l'addizionale Irpef e le maggiorazioni dell'aliquota Irap, nelle misure fisse di 0,15 punti percentuali l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive e di 0,30 punti percentuali l’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) rispetto al livello delle aliquote vigenti, (art. 2, comma 79, lettera b) della legge 191/2009 (legge finanziaria 2010)).
Scaduto il termine del 31 maggio, i provvedimenti del commissario ad acta non possono avere ad oggetto l'addizionale e le maggiorazioni d'aliquota delle predette imposte.
L’articolo 2, comma 76 della legge finanziaria 2010, ha previsto che, in caso di inerzia da parte della regione commissariata, sia attuato:
- il blocco automatico del turn over del personale del servizio sanitario regionale per due anni (fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in corso);
- e il divieto di effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo.
La legge finanziaria 2010 prevede, inoltre, che gli atti emanati e i contratti stipulati in violazione del blocco automatico del turn over e del divieto di effettuare spese non obbligatorie sono nulli e che, in sede di verifica annuale degli adempimenti previsti, la regione interessata deve inviare una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale dell’ente e dal responsabile del servizio finanziario, attestante il rispetto dei predetti vincoli.
Per quanto riguarda la definizione dello standard dimensionale del disavanzo sanitario strutturale, rispetto al finanziamento ordinario e alle maggiori entrate proprie sanitarie, l’articolo 2, comma 77 della legge 191/2009 (legge finanziaria 2010) ha stabilito il livello del 5 per cento - precedentemente al 7 per cento (articolo 8 della citata Intesa del 23 marzo 2005) - ancorché coperto dalla regione, ovvero il livello inferiore al 5 per cento, qualora gli automatismi fiscali o altre risorse di bilancio della regione non garantiscano con la quota libera la copertura integrale del disavanzo.
Il comma 2-ter, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, proroga i termini di approvazione di documenti contabili da parte delle regioni e delle province autonome. In particolare si dispone la proroga dell’approvazione del rendiconto relativo all'anno 2021 da parte del Consiglio entro il 30 settembre 2022 (anziché entro il 31 luglio), con preventiva approvazione da parte della Giunta entro il 30 giugno 2022 (anziché entro il 30 aprile), nonché la proroga dei termini per l’approvazione del bilancio consolidato relativo all'anno 2021 al 30 novembre 2022 (anziché al 30 settembre).
La disciplina dell’approvazione dei due documenti contabili da parte delle regioni e delle province autonome è contenuta nell’articolo 18, comma 1, del D.Lgs. 118 del 2011 – a cui fa esplicito riferimento la norma in esame - che stabilisce i suddetti termini in via ordinaria:
§ per l’approvazione del rendiconto da parte dei consigli regionali, la lettera b) stabilisce il termine del 31 luglio dell’anno successivo a quello di riferimento, con preventiva approvazione da parte della giunta regionale entro il 30 aprile, per consentire la parifica delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti;
§ per l’approvazione del bilancio consolidato, la lettera c) fissa il termine entro il 30 settembre dell'anno successivo a quello di riferimento[59].
Si ricorda che il decreto legislativo n. 118 del 2011, come modificato e integrato dal D.Lgs. n. 126 del 2014, disciplina l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro enti ed organismi strumentali. In particolare, il Titolo I (articoli da 1 a 18-bis) contiene i principi contabili generali e applicati per le regioni, le province autonome e gli enti locali, mentre il Titolo III (articoli da 36 a 73, titolo interamente aggiunto dal D.Lgs. 126/2014) disciplina specificamente l’ordinamento finanziario e contabile delle regioni.
Sulla applicabilità delle suddette norme alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, l’articolo 79 dello stesso decreto legislativo 118 del 2011 specifica che decorrenza e modalità di applicazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo, nei confronti delle autonomie speciali e degli enti locali dei ubicati nei rispettivi territori, sono stabilite in conformità ai rispettivi statuti e con le procedure ‘concordate’ previste per l’adozione delle norme di attuazione degli statuti. Pertanto, se da un lato non vi è dubbio che le autonomie speciali, al pari degli altri enti territoriali, siano tenute ad osservare ed adeguarsi ai principi di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio contenuti nel decreto legislativo 118 del 2011, è anche necessario che le disposizioni in esso contenute vengano recepite nei rispettivi ordinamenti (in quanto non direttamente applicabili). Così è avvenuto, anche se con modalità e tempistiche diverse, per tutte le autonomie speciali.
Si rammenta, infine, che anche in riferimento all’esercizio 2020 sono stati prorogati i termini per l’approvazione dei due documenti contabili.
L’art. 11-quater, comma 3 del decreto legge n. 52 del 2021, come modificato dalla legge di conversione n. 87 del 2021, ha rinviato l’approvazione del rendiconto relativo all'anno 2020 da parte del consiglio entro il 30 settembre 2021, con preventiva approvazione da parte della giunta entro il 30 giugno 2021. La lettera b) della stessa ha stabilito la proroga dell’approvazione del bilancio consolidato 2020 è stata dal 30 settembre al 30 novembre 2021.
Il comma 2-quater - inserito in sede referente - dell’articolo 26 opera un differimento temporale nell'ambito della normativa transitoria sull'inquadramento finanziario delle quote di ripiano a carico delle aziende farmaceutiche dei superamenti dei limiti di spesa farmaceutica; la normativa transitoria in oggetto riguarda le quote che siano state versate dalle aziende con riserva.
La normativa transitoria - di cui all'articolo 1, comma 286, della L. 30 dicembre 2021, n. 234, e successive modificazioni - oggetto della novella di cui al presente comma 2-quater prevede che, in considerazione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, le suddette quote di ripiano, relative all'anno 2019 e all'anno 2020, che siano state oggetto di pagamento con riserva, possano essere utilizzate dalle regioni e province autonome per l'equilibrio del settore sanitario dell'anno 2021, nei limiti - per le quote relative al 2020 - di quanto effettivamente versato dalle aziende alla data di entrata in vigore (27 gennaio 2022) del D.L. 27 gennaio 2022, n. 4. La novella di cui al comma 2-quater modifica quest'ultimo limite temporale, sostituendo il suddetto riferimento con quello della data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo D.L. n. 4 (L. 28 marzo 2022, n. 25, entrata in vigore il 29 marzo 2022).
Si ricorda che la normativa transitoria in oggetto stabilisce la necessità di compensazione a valere sul fabbisogno sanitario nazionale standard dell'anno in cui il pagamento con riserva sia definito, qualora tale valore definitivo sia di entità inferiore (rispetto a quello oggetto di riserva).
In materia di limiti di spesa farmaceutica e di ripiani dei relativi superamenti, si ricordano, oltre al citato comma 286, i commi da 282 a 285 del medesimo articolo 1 della L. n. 234 del 2021. Si rinvia alla scheda di lettura di tali commi presente nel volume II del dossier dei Servizi Studi del Senato e della Camera dei deputati sulla suddetta legge (dossier n. 474/4 nella numerazione del Servizio Studi del Senato e n. 501/4-Serie progetti di legge nella numerazione del Servizio Studi della Camera dei deputati).
Articolo 27
(Contributi straordinari agli enti locali)
L’articolo 27, modificato nel corso dell’esame in sede referente, autorizza alcuni contributi finanziari in favore enti locali destinati a diverse finalità.
Il comma 1 incrementa di 50 milioni di euro per l'anno 2022 le risorse del fondo di ristoro ai comuni a seguito dei minori incassi dell’imposta di soggiorno, del contributo di sbarco e del contributo di soggiorno, relativi al secondo trimestre del 2022.
Il comma 2 istituisce un fondo per garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti locali, da ripartire in relazione alla spesa per utenze di energia elettrica e gas, con una dotazione di 250 milioni di euro per l’anno 2022, da destinare, per 200 milioni di euro in favore dei comuni e per 50 milioni di euro in favore delle città metropolitane e delle province.
I commi 3 e 4, come sostituiti nel corso dell’esame in sede referente, recano un contributo di 22,6 milioni di euro per l’anno 2022 a sostegno dei comuni in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale che hanno usufruito di anticipazioni di liquidità, a ristoro dei maggiori oneri connessi alla riduzione dell’arco temporale di restituzione delle predette anticipazioni a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 14 febbraio 2019. Le modifiche introdotte nel corso dell’esame in sede referente, prevede l’esclusione dal beneficio di determinati enti già beneficiari di precedenti contributo.
Il comma 3-bis, introdotto in sede referente, stabilisce che le rate scadute e non pagate nel triennio 2019-2021 della restituzione delle anticipazioni di liquidità, siano restituite al netto del contributo ricevuto ai sensi del comma 3, in quote costanti, in cinque anni decorrenti dal 2022. La rateizzazione in cinque anni si applica anche agli enti esclusi dal contributo di cui al comma 3.
Il comma 4-bis, anch’esso introdotto nel corso dell’esame in sede referente, stabilisce che, per i comuni delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le risorse di cui all’articolo in esame sono assegnate alle predette autonomie, le quali provvederanno al successivo riparto in favore dei comuni compresi nel proprio territorio.
Il comma 5 quantifica gli oneri derivanti dal presente articolo, in 322,6 milioni di euro per l'anno 2022.
Ristoro minori incassi imposta di soggiorno e analoghi contributi (comma 1)
Il comma 1 incrementa di 50 milioni di euro per l'anno 2022 le risorse del fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno dall’articolo 25 del D.L. n. 41/2021 (DL Sostegni), destinato al ristoro parziale dei comuni a seguito della mancata riscossione dell’imposta di soggiorno, del contributo di sbarco e del contributo di soggiorno, a seguito delle misure di contenimento del COVID-19.
Il contributo è riferito ai mancati incassi relativi al secondo trimestre del 2022.
Alla ripartizione del Fondo tra gli enti interessati si provvede con uno o più decreti del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato- città ed autonomie locali, da adottare entro il 31 luglio 2022.
L'articolo 25, comma 1, del D.L. n. 41 del 2021 (c.d. Sostegni) ha istituito un fondo, per l'anno 2021, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, per il ristoro parziale dei comuni a seguito della mancata riscossione dell’imposta di soggiorno o del contributo di sbarco e del contributo di soggiorno, nonché dell'imposta di soggiorno di cui alla legge della Provincia Autonoma di Bolzano n. 9/2012, a seguito delle misure di contenimento del COVID-19. La dotazione del Fondo, inizialmente stabilita in 250 milioni di euro, è stata aumentata a 350 milioni per l’anno 2021 dal D.L. n. 73/2021 (c.d. Sostegni-bis).
Per la ripartizione delle risorse autorizzate per il 2021 è previsto un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro il 31 ottobre 2021 (il testo iniziale del D.L. n. 41/2021 stabiliva il termine in 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, cioè il 31 luglio 2021).
Le risorse stanziate per il 2021 risultano già ripartite: il decreto 8 luglio 2021 ha recato il primo riparto (di 250 milioni) del fondo, mentre il decreto 13 dicembre 2021 ha provveduto al riparto dell’ulteriore quota di 100 milioni.
Il Fondo è stato successivamente rifinanziato dal D.L. n. 4/2022 (c.d. Sostegni-ter) di 100 milioni di euro per l'anno 2022, per i mancati incassi relativi al primo trimestre del 2022. Al relativo riparto, si provvede uno o più decreti del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro il 30 aprile 2022.
Riguardo all'imposta di soggiorno, l'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 ("Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale") dispone che i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte possono istituire, con deliberazione del consiglio comunale, un'imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio. L'imposta è determinata secondo criteri di gradualità, in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali. Il comma 1-bis del medesimo articolo 4 (introdotto dal decreto-legge n. 124 del 2019, conv. dalla legge n. 157 del 2019) dispone che nei comuni capoluogo di provincia che - in base all'ultima rilevazione resa disponibile da parte delle amministrazioni pubbliche competenti per la raccolta ed elaborazione di dati statistici - abbiano avuto presenze turistiche in numero venti volte superiore a quello dei residenti, l'imposta di soggiorno può essere applicata fino all'importo massimo di 10 euro a notte (rispetto al vigente limite massimo di 5 euro).
Il contributo di sbarco può essere istituito dai comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori e i comuni nel cui territorio insistono isole minori. È disciplinato dal comma 3-bis del citato art. 4 del decreto legislativo n. 23 del 2011, a seguito delle modifiche recate dall'articolo 33 della legge n. 221 del 2015 (cd. collegato ambientale). Esso ha sostituito la previgente imposta di sbarco e, come l'imposta di sbarco, è alternativo all'imposta di soggiorno. Tale contributo è istituito con regolamento, nella misura massima di euro 2,50 e può essere elevato a 5 euro dai comuni in via temporanea. È applicabile ai passeggeri che sbarcano sul territorio dell'isola minore utilizzando vettori che forniscono collegamenti di linea, così come ai passeggeri che sbarcano mediante vettori aeronavali che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali (dunque non solo di linea), abilitati e autorizzati ad effettuare collegamenti verso l'isola. Il contributo di sbarco è riscosso, unitamente al prezzo del biglietto, da parte delle compagnie di navigazione e aeree o dei soggetti che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali. Il contributo può essere elevato fino a 5 euro anche in relazione all'accesso a zone disciplinate nella loro fruizione per motivi ambientali, in prossimità di fenomeni attivi di origine vulcanica; in tal caso il contributo può essere riscosso dalle locali guide vulcanologiche, regolarmente autorizzate, o da altri soggetti individuati dall'amministrazione comunale con apposito avviso pubblico.
Il contributo di soggiorno è stato introdotto per Roma Capitale, a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive della città, secondo criteri di gradualità in proporzione alla loro classificazione, fino all'importo massimo di 10 euro per notte di soggiorno (art. 14, co. 16, lett. e) del D.L. n. 78 del 2010).
I gestori delle strutture ricettive, situate nei territori dei comuni che, in base alla legge, hanno istituito l’imposta di soggiorno, una volta incassata l'imposta devono versarla al comune, tramite modello F24. Il comma 1-ter dell'art. 4 del decreto legislativo n. 23 del 2011 attribuisce al gestore della struttura ricettiva la qualifica di responsabile del pagamento delle imposte in oggetto, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi. La dichiarazione deve essere presentata cumulativamente ed esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo. La medesima norma reca poi la seguente disciplina sanzionatoria. Tali disposizioni sono state introdotte dall'art. 180, comma 3, del decreto-legge n. 34 del 2020 (convertito dalla legge n. 77 del 2020) ed è quindi entrata in vigore il 19 maggio 2020. L'art. 5-quinquies del decreto-legge n. 146 del 2021 (come convertito dalla legge n. 215 del 2021) ha chiarito che esse sono applicabili ai casi verificatisi prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 34 del 2020.
L'imposta comunale di soggiorno nella Provincia autonoma di Bolzano è disciplinata dalla legge provinciale n. 9 del 2012. L’art. 1 della legge provinciale stabilisce che l'imposta è graduata e può ammontare da un minimo di 0,50 euro sino ad un massimo di 2,50 euro per notte. Casi di esenzione possono essere stabiliti dalla Giunta provinciale. Gli esercizi ricettivi assumono il ruolo di sostituti di imposta.
Contributo straordinario per garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti locali (comma 2)
Il comma 2 autorizza un contributo straordinario agli enti locali finalizzato a garantire la continuità dei servizi erogati, da ripartire in relazione alla spesa sostenuta dagli enti per utenze di energia elettrica e gas.
A tal fine viene istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo con una dotazione di 250 milioni di euro per l’anno 2022, da destinare, per 200 milioni di euro in favore dei comuni e per 50 milioni di euro in favore delle città metropolitane e delle province.
Alla ripartizione del fondo tra gli enti interessati si provvede con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
A seguito delle modifiche approvate in sede referente, la data di adozione del predetto decreto è stata fissata entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (mentre il testo iniziale prevedeva trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, corrispondenti al 30 marzo, ormai trascorso), tenendo conto della spesa sostenuta dagli enti per utenze di energia elettrica e gas, secondo i dati risultanti dal SIOPE-Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici.
Contributo ai comuni in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (commi 3 e 4)
Il comma 3 – il cui testo è stato sostituito nel corso dell’esame in sede referente - reca un contributo complessivo di 22,6 milioni di euro per l’anno 2022 in favore dei comuni in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale che hanno usufruito di anticipazioni di liquidità, a ristoro dei maggiori oneri connessi alla riduzione dell’arco temporale di restituzione delle anticipazioni a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 14 febbraio 2019.
In particolare, il contributo è destinato ai comuni in condizioni di predissesto che hanno usufruito delle anticipazioni di liquidità a valere sull’apposito “Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali”, ai sensi dell'articolo 243-ter del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), o che sono stati destinatari delle anticipazioni dal predetto Fondo in quanto sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso ai sensi dell'articolo 143 del TUEL, e che, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 2019, si trovano a dover sostenere un maggiore onere finanziario dovuto alla riduzione dell'arco temporale di restituzione delle predette anticipazioni.
Si rammenta, in estrema sintesi, che con la citata sentenza n. 18 del 2019, la Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 1, comma 714, della legge n. 208 del 2015, che aveva consentito ad alcuni enti locali in predissesto di riformulare/rimodulare i piani di riequilibrio finanziario pluriennale già approvati, con ripiano e restituzione delle anticipazioni di liquidità su un arco temporale di trent’anni (in luogo dei dieci anni previsti dall’art. 243-bis del TUEL)[60].
Di conseguenza, a seguito della sentenza, con il D.L. n. 34 del 2019 (decreto crescita, art. 38, co. 2-bis e 2-ter) è stato consentito agli enti locali che avevano rimodulato/riformulato il piano di riequilibrio ai sensi del comma 714, di riproporre nuovamente il piano, al fine di adeguarlo alla normativa vigente, con il ricalcolo complessivo del disavanzo da ripianare, già oggetto del piano modificato, nel rispetto della disciplina vigente, ferma restando la disciplina prevista per gli altri disavanzi[61] [62].
Riguardo alle anticipazioni concesse agli enti in predissesto, richiamate dalla norma in esame, si ricorda che per il risanamento finanziario degli enti locali che hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, lo Stato prevede un'anticipazione a valere sull’apposito "Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali" (articolo 243-ter, TUEL), da restituire in un periodo massimo di 10 anni, decorrente dall'anno successivo a quello in cui viene erogata l'anticipazione, secondo i criteri e le modalità definiti con il D.M. 11 gennaio 2013. In caso di accesso al Fondo, l’ente locale deve adottare alcune specifiche misure di riequilibrio statuite dall’articolo 243-bis, consistenti nella riduzione delle spese per il personale, di quelle per prestazioni di servizi e di trasferimenti, nonché nel blocco dell’indebitamento.
Per la gestione finanziaria degli enti locali sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell'articolo 143 del TUEL, per i quali sussistono squilibri strutturali di bilancio, in grado di provocare il dissesto finanziario, la commissione straordinaria per la gestione dell'ente può richiedere una anticipazione di cassa, da destinare esclusivamente al pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e ai conseguenti oneri previdenziali, al pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari, nonché all'espletamento dei servizi locali indispensabili. L'anticipazione è concessa con decreto del Ministero dell'interno, nei limiti di 20 milioni di euro annui, a valere sulle dotazioni del fondo di rotazione di cui all’articolo 243-ter, La restituzione dell'anticipazione straordinaria è stabilita in un periodo massimo di 10 anni a decorrere dall'anno successivo a quello in cui è erogata l'anticipazione (comma 243-quinquies, TUEL).
Nel corso dell’esame in sede referente è stata introdotta nel comma 3 una disposizione che esclude espressamente dal contributo i comuni, tra quelli di cui al primo periodo, che sono in dissesto finanziario o che risultano beneficiari dei contributi autorizzati dalla legislazione vigente diretti a sostenere gli enti in disavanzo o in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale.
La disposizione in esame individua i seguenti contributi che, se percepiti, determinano l’esclusione dei comuni dal contributo in esame:
§ contributi ai sensi dell’art. 53, D.L. n. 104/2020, assegnati ai comuni in procedura di riequilibrio finanziario, in base all’indice di vulnerabilità,
§ contributi di cui all’art. 1, comma 775, della legge n. 178/2020, in favore degli enti in difficoltà finanziarie imputabili alle condizioni socio economiche dei territori,
§ contributi ai sensi dell’art. 52, comma 1, del D.L. n. 73/2011, per gli enti locali che hanno registrato un peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all’esercizio precedente a seguito della ricostituzione del fondo anticipazioni di liquidità (FAL),
§ contributi di cui all’art. 38, commi 1-septies, D.L. n. 34/2019, assegnati per il concorso al pagamento del debito dei comuni capoluogo delle città metropolitane tra i comuni capoluogo delle città metropolitane che hanno deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale o la dichiarazione di dissesto finanziario,
§ contributi di cui al comma 8-quinquies dell'art. 16 del D.L n. 146/2021, in favore di comuni sede di capoluogo di città metropolitana che presentano un disavanzo procapite superiore a 700 euro,
§ contributi di cui ai commi 565 o 567 dell'art. 1 della legge n. 234/2021 (legge di bilancio 2022), autorizzati in favore dei comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, con un indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM) superiore al valore medio nazionale.
Il comma 3-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, stabilisce che il contributo è erogato agli enti in proporzione all'ammontare del maggior onere ad essi derivante a seguito della sentenza di cui al primo periodo del comma 3.
Per le rate scadute e non pagate nel triennio 2019-2021, il comma 3-bis stabilisce che esse siano restituite al netto del contributo ricevuto ai sensi del comma 3, in quote costanti, in cinque anni decorrenti dal 2022.
Tale ultima disposizione, che prevede la rateizzazione in cinque anni delle rate scadute, si applica a tutti i comuni che si trovano nelle condizioni di cui al comma 3 nonché a quelli esclusi dal contributo ai sensi del medesimo comma 3.
II comma 4 prevede che il contributo di 22,6 milioni sia ripartito con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, tenendo conto del maggior onere finanziario annuale derivante dalla rimodulazione delle rate di restituzione delle anticipazioni, con riferimento alle rate scadute nel triennio 2019-2021.
A seguito delle modifiche approvate in sede referente, la data di adozione del predetto decreto è stata fissata entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (in luogo del 31 marzo 2022 prima previsto).
Infine, il comma 4-bis, anch’esso introdotto nel corso dell’esame in sede referente, chiarisce che, per i comuni delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le risorse di cui all’articolo in esame sono assegnate alle predette autonomie, le quali provvederanno al successivo riparto in favore dei comuni compresi nel proprio territorio.
Si ricorda che la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (c.d. predissesto) può essere attivata, con deliberazione consiliare, dagli enti locali che presentano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, che non possono essere superati con le procedure ordinarie previste dal Testo unico degli enti locali (TUEL - D.Lgs. n. 267 del 2000) (art. 243-bis).
La deliberazione di approvazione della procedura è trasmessa alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell'interno.
Il consiglio dell'ente locale, entro il termine perentorio di 90 giorni dalla deliberazione consiliare, delibera un piano di riequilibrio finanziario pluriennale della durata compresa tra quattro e venti anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario. La durata massima del piano di riequilibrio finanziario pluriennale è determinata sulla base del rapporto tra le passività da ripianare e l'ammontare degli impegni di spesa corrente (Titolo I) del rendiconto dell'anno precedente a quello di deliberazione del ricorso alla procedura di riequilibrio o dell'ultimo rendiconto approvato ed è individuata, per determinati valori di detto rapporto, da una specifica tabella (art. 243-bis, comma 5-bis). Il piano di riequilibrio deve contenere tutte le misure necessarie a superare lo squilibrio.
Una volta deliberato, il piano deve essere trasmesso entro 10 giorni alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, per l'istruttoria, ed alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti (art. 243-quater, co. 1), ai fini dell'approvazione o del diniego dello stesso entro 30 giorni, valutandone la congruenza ai fini del riequilibrio (art. 243-quater, co. 5). La delibera di approvazione o di diniego del piano può essere impugnata entro 30 giorni innanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione che si pronunciano entro 30 giorni dal deposito del ricorso.
Ai fini del riequilibrio, l’ente interessato può avvalersi anche di una apposita anticipazione, prevista dall’articolo 243-ter: Questa è erogata dallo Stato a valere sul Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, con predeterminati massimali (300 euro per abitante per i comuni e 20 euro per abitante per le province) e deve essere restituita entro 10 anni.
In caso di accesso al Fondo, l’ente locale deve adottare alcune specifiche misure di riequilibrio statuite dall’articolo 243-bis, consistenti nella riduzione delle spese per il personale, di quelle per prestazioni di servizi e di trasferimenti, nonché nel blocco dell’indebitamento.
Sulla suesposta disciplina sono successivamente intervenute numerose integrazioni e modifiche normative, principalmente volte a consentire agli enti locali, che avevano già attivato la procedura di riequilibrio, la facoltà di riformulazione e/o rimodulazione dei piani di riequilibrio, per lo più legate all’esigenza di coordinamento tra i contenuti del piano di riequilibrio e gli eventuali effetti peggiorativi derivanti dall’adozione degli adempimenti previsti per il passaggio al sistema di contabilità armonizzata, di cui al D.Lgs. n. 118/2011, connessi principalmente al riaccertamento straordinario dei residui.
Copertura finanziaria degli oneri dei commi 1, 2 e 3
Il comma 5 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dai commi 1, 2 e 3, pari a 322,6 milioni di euro per l'anno 2022, cui si provvede ai sensi dell'articolo 42 (alla cui scheda di lettura si rinvia).
Articolo 28
(Misure di rigenerazione urbana)
L’articolo 28 dispone una serie di misure volte a rafforzare gli interventi della Missione M5C2-2.1, per la rigenerazione urbana nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), a favore dei progetti di determinati comuni, ritenuti ammissibili ma non finanziati. A tale fine, si prevede lo scorrimento della graduatoria prevista nel D.M. 30 dicembre 2021 del Ministero dell’interno e l’assegnazione, con successivo decreto ministeriale, di complessivi 905 milioni, per il periodo 2022-2026 (commi 1 e 2), con obbligo a carico degli enti locali beneficiari del contributo previsto del rispetto di determinati criteri (comma 3). Sono inoltre individuate le dotazioni finanziarie, presenti in diverse disposizioni di legge, che vengono ridotte, al fine di coprire gli oneri previsti dal presente articolo (comma 4). È previsto, altresì, il vincolo del 40 per cento delle risorse assegnate a favore degli enti locali del Mezzogiorno (commi 6 e 7). In conseguenza degli interventi previsti, viene poi abrogata la norma che permette alle regioni, a decorrere dall'anno 2023, di assegnare specifiche risorse previste nella legge di bilancio 2019, per il finanziamento delle opere degli enti locali, ricadenti nel proprio territorio, ammissibili e non finanziate, presenti nella graduatoria del D.M. 30 dicembre 2021 (comma 5).
Scorrimento della graduatoria delle opere degli enti locali ammissibili e non finanziate e assegnazione delle risorse
Il comma 1 autorizza lo scorrimento della graduatoria delle opere ammissibili e non finanziate dei comuni (vedi infra), prevista nel D.M. 30 dicembre 2021 del Ministero dell’interno, al fine di rafforzare le misure per la rigenerazione urbana, indicate dall’art. 1, comma 42, della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), confluite nella Missione 5 “Inclusione e Coesione”, Componente 2 “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore”, Investimento 2.1 “Investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale” del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
L’art. 1, commi 42-43, della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) ha previsto l’assegnazione da parte del Ministero dell’interno di complessivi 8,5 miliardi, per il periodo 2021-2034, ai comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, non capoluogo di provincia, ed ai comuni capoluogo di provincia o sede di città metropolitana, per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, nel limite complessivo di 150 milioni di euro per l'anno 2021, di 250 milioni di euro per l'anno 2022, di 550 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 700 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034.
In sede di prima applicazione, ed in via sperimentale, per il triennio 2021-2023, il D.P.C.M. del 21 gennaio 2021 ha stabilito i criteri e le modalità di ammissibilità delle istanze, prevedendo, prioritariamente, l’assegnazione dei contributi a favore dei comuni che presentano nel proprio territorio una maggiore densità demografica caratterizzata da condizioni di vulnerabilità sociale e materiale (in base all'indice di vulnerabilità sociale e materiale – Ivsm – calcolato dall'Istat), con conseguente più elevata manifestazione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, individuando quali destinatari delle medesime i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, non capoluogo di provincia nonché i comuni capoluogo di provincia o sede di città metropolitana.
Con l’art. 20, comma 1, lett. e), del D.L. n. 152/2021 è stato introdotto nel citato art. 1 della legge di bilancio 2020, il comma 42-bis, il quale ha disposto che le somme relative al periodo 2021-2026, confluite nell'ambito del PNRR nella Missione M5C2-2.1, sono integrate con 100 milioni per l’anno 2022 e con 200 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024.
Il D.M. 2 aprile 2021 del Ministero dell’interno ha previsto il modello di presentazione della domanda per il triennio 2021-2023 e il D.M. 30 dicembre 2021 ha disposto - per il periodo 2021-2026 - l’approvazione dell’elenco delle 1.784 opere presentate dai 483 enti locali beneficiari del finanziamento per un finanziamento complessivo pari a 3,4 miliardi di euro (allegato 3). In particolare, nel citato D.M. 30 dicembre 2021 sono inoltre, presenti: l’allegato 1, che contiene l’elenco dei 2.418 progetti ammissibili, in cui sono evidenziati distintamente quelli ammessi con riserva, con la indicazione anche dei progetti esclusi dall’assegnazione del contributo perché ritenuti non ammissibili, per un fabbisogno totale di risorse pari a 4,4 miliardi di euro; e l’allegato 2, che approva la graduatoria dei progetti ammissibili, pari a 2.325 opere ammesse, individuati in quelli che presentano il valore più elevato dell’indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM), per un ammontare complessivo di 4,3 miliardi di euro.
Un ulteriore intervento in tema di rigenerazione urbana è stato disposto dall'art. 1, commi 534-542 della legge di bilancio 2022 (L. 234/2021), che - al fine di favorire gli investimenti in progetti di rigenerazione urbana volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale - ha previsto l'assegnazione da parte del Ministero dell’interno ai comuni di piccole dimensioni di contributi per investimenti nel limite complessivo di 300 milioni di euro per l'anno 2022 a favore: a) dei piccoli comuni con popolazione inferiore a 15 mila abitanti che, in forma associata, presentano una popolazione superiore a 15 mila abitanti, nel limite massimo di 5 milioni di euro; b) dei comuni più grandi, sopra i 15 mila abitanti, che non beneficiano delle risorse previste dai citati commi 42-43 dell'articolo 1 della legge 160/2019.
In argomento, si ricorda che nella seduta della Camera del 9 febbraio 2022 è stata approvata la mozione 1-00569, in materia di investimenti per progetti di rigenerazione urbana, che, nel primo dei quattro impegni previsti, impegna il Governo “ad assumere tutte le iniziative di competenza per individuare e integrare le risorse necessarie, pari a circa ulteriori 900 milioni di euro, nella misura che assicuri comunque al Mezzogiorno risorse pari ad almeno il 40% delle risorse complessive (pari ad almeno 4,3 miliardi di euro), al fine di garantire il finanziamento di tutti i progetti che abbiano superato il vaglio di ammissibilità, progettazioni pronte e rapidamente cantierabili in grado di imprimere un forte sviluppo alle economie locali di tutto il territorio nazionale e di rispondere alle reali esigenze dei territori”.
Il comma 1 prevede, inoltre, uno stanziamento complessivo di 905 milioni per il periodo 2022-2026, per il finanziamento degli ulteriori progetti degli enti locali, ammissibili e non finanziati, ripartiti nel modo seguente: 40 milioni di euro per l’anno 2022, 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, 285 milioni di euro per l’anno 2025 e 280 milioni di euro per l’anno 2026.
Il comma 2 prevede l’assegnazione delle risorse con un D.M. del Ministero dell’interno, da emanare entro il 31 marzo 2022, sulla base del cronoprogramma dichiarato nella domanda presentata dal comune nel citato D.M. 2 aprile 2021 del Ministero dell’interno.
Il comma 3 stabilisce che gli enti locali beneficiari del contributo previsto dal comma 2 devono rispettare gli obblighi indicati negli articoli 6-9 del DPCM 21 gennaio 2021 e negli articoli 4-8 del D.M. 30 dicembre 2021.
Il citato D.P.C.M. 21 gennaio 2021 prevede, in particolare: all’art. 6, l’individuazione dei termini entro i quali l’ente beneficiario del contributo è tenuto ad affidare i lavori; all’art. 7 le modalità di erogazione del contributo; all’art. 8 gli adempimenti informativi richiesti agli enti beneficiari; e all’art. 9 le ipotesi di revoca del contributo e i controlli a campione. Il predetto D.M. 30 dicembre 2021 specifica, in modo puntuale, il rispetto da parte degli enti beneficiari di termini e condizionalità per l’esecuzione delle opere (art. 4), le modalità per l’erogazione dei contributi (art. 5), il monitoraggio e la rendicontazione delle opere finanziate (art. 6), la revoca e la riassegnazione delle risorse disponibili (art. 8), la vigilanza e i controlli (art. 9).
Copertura degli oneri
Il comma 4 individua le dotazioni finanziarie presenti in diverse disposizioni di legge che vengono ridotte al fine di coprire gli oneri previsti dal presente articolo.
In primo luogo, per quanto riguarda i 40 milioni di euro, previsti per l’anno 2022, si riduce del medesimo importo l’autorizzazione di spesa dell’art. 1, comma 51, della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), in cui sono individuati i contributi del Ministero dell’interno destinati agli enti locali, per la spesa di progettazione definitiva ed esecutiva, relativa ad interventi di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, di messa in sicurezza ed efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio comunale, nonché per investimenti di messa in sicurezza di strade.
Con l’intervento in esame, le risorse del citato comma 51 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020 previste per l’anno 2022 vengono ridotte da 320 milioni a 280 milioni di euro.
Si ricorda che i commi 51-58 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) hanno previsto contributi erogati dal Ministero dell’interno agli enti locali, nel limite delle seguenti risorse: 85 milioni di euro per l’anno 2020, 128 milioni di euro nell’anno 2021, 170 milioni di euro per l’anno 2022 e 200 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2034. Con l’art. 45 del D.L. 104/2020, in particolare, si è ridotto l’intervento previsto per il periodo 2023-2034, pari a 200 milioni di euro annui, limitandolo fino all’anno 2031. Successivamente, con l'art. 1, comma 415, lettere a) e b), della legge di bilancio 2022 (L. 234/2021), sono state incrementate le risorse previste per l’anno 2022, portandole da 170 milioni a 320 milioni di euro, nonché le risorse previste per l’anno 2023, portandole da 200 milioni a 350 milioni di euro; inoltre, è stato introdotto il comma 51-bis all’art. 1 della legge di bilancio 2020, che stabilisce un ordine prioritario di assegnazione dei contributi per il biennio 2022-2023, il quale include, tra l’altro, le opere pubbliche nell'ambito del PNRR. A decorrere dall'anno 2022, almeno il 40 per cento delle suddette risorse è assicurato agli enti locali delle regioni del Mezzogiorno (precisazione introdotta nel comma 54 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020 dall'art. 13, comma 2, lett. b-bis), del D.L. 121/2021). In conseguenza di tali modifiche, i finanziamenti erogati dal Ministero dell’interno agli enti locali, previsti nel comma 51 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020, risultano pari a complessivi 2,5 miliardi per il periodo 2020-2031, ripartiti secondo le seguenti annualità: 85 milioni di euro per l’anno 2020, 128 milioni di euro nell’anno 2021, 320 milioni di euro per l’anno 2022, 350 milioni per l’anno 2023 e 200 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2024 al 2031.
In secondo luogo, per quanto riguarda i 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, si riduce del medesimo importo l’autorizzazione di spesa dell’art. 1, comma 139, della legge di bilancio 2019 (L.145/2018), che prevede l’assegnazione ai comuni di contributi per investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio.
Con l’intervento in esame, le risorse del citato art. 1, comma 139, della legge di bilancio 2019 sono ridotte da 550 milioni a 400 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2023 e 2024.
Si ricorda che i commi 139-148 dell’art. 1 della legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019) hanno previsto l’assegnazione ai comuni di contributi per investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, nel limite complessivo di 4,9 miliardi di euro per il periodo 2021-2033. Tali risorse sono state successivamente incrementate dal comma 38 dell'art. 1 della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), che ha ampliato l’ambito temporale di applicazione della norma prevedendo risorse anche per il 2034, e che ha elevato lo stanziamento complessivo da 4,9 a 8,8 miliardi di euro per il periodo 2021-2034. Successivamente, l’art. 46 del D.L. n. 104/2020 ha rimodulato le risorse assegnabili dal Ministero dell'interno ai comuni, con un incremento di 2,65 miliardi di euro degli stanziamenti per gli anni 2021 e 2022, eliminando, parimenti, le risorse assegnate per il periodo 2031-2034.
In tale ambito, l'art. 20, comma 2, lett. 0a), del D.L. 152/2021 ha stabilito, con una modifica al comma 139 dell’art. 1 della legge n. 145/2018, che a decorrere dall'anno 2022, in sede di definizione delle procedure di assegnazione dei suddetti contributi, almeno il 40 per cento delle risorse allocabili sia destinato agli enti locali del Mezzogiorno. In conseguenza degli interventi descritti, le risorse assegnabili ai comuni dal Ministero dell’interno, sono pari a complessivi 8,8 miliardi di euro, da ripartirsi secondo le seguenti modalità: 1.250 milioni di euro per l’anno 2021, 2.200 milioni di euro per l’anno 2022, 550 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025, 700 milioni di euro per l'anno 2026 e 750 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2027 al 2030.
Per quanto riguarda i 285 milioni per l’anno 2025 ed i 280 milioni per l’anno 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dall’art. 1, comma 44, della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), il quale ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un Fondo per gli investimenti nei comuni, con una dotazione di 400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034, nei settori dell'edilizia pubblica, della viabilità, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e dei beni culturali e ambientali.
Con l’intervento in esame, le risorse del citato Fondo per le annualità 2025 e 2026 si riducono da 400 milioni annui a 115 milioni di euro per l’anno 2025 ed a 120 milioni di euro per l’anno 2026, rimanendo inalterate le dotazioni previste per il restante periodo 2027-2034.
L’art. 1, commi 44-46, della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) ha istituito un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'interno, per investimenti nei comuni, con una dotazione di 400 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034, destinato al rilancio degli investimenti per lo sviluppo sostenibile e infrastrutturale del Paese, in particolare nei settori di spesa dell'edilizia pubblica, inclusi manutenzione e sicurezza ed efficientamento energetico, della manutenzione della rete viaria, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Il comma 46 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020 prevede l’emanazione di uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro la data del 31 marzo 2024, per l’individuazione di criteri di riparto e delle modalità di utilizzo delle risorse. I previsti decreti prevedono altresì che, nel caso di mancata approvazione del piano urbanistico attuativo (PUA) e del piano di eliminazione delle barriere architettoniche (PEBA) entro il 31 dicembre dell'anno precedente, i contributi assegnati sono ridotti del 5 per cento. Gli importi per ciascun beneficiario sono individuati con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dei previsti decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.
Abrogazione
In conseguenza degli interventi introdotti dalla disposizione in esame, il comma 5 abroga il comma 458 dell’art. 1 della legge di bilancio 2022 (L. 234/2021), che ha inserito il comma 135.1 all’art. 1 della legge di bilancio 2019 (L. 145/2018). Il citato comma 135.1 ha permesso alle regioni, a decorrere dall'anno 2023, di assegnare le risorse previste dal comma 134 dell’art. 1 della legge di bilancio 2019, al finanziamento delle opere degli enti locali, ricadenti nel proprio territorio, ammissibili e non finanziate, presenti nella graduatoria del D.M. 30 dicembre 2021 (vedi supra).
I commi 134-137 dell’art. 1 della legge di bilancio 2019 (L. 145/2018) hanno previsto, per il periodo 2021-2033, l’assegnazione di 3,2 miliardi di euro alle regioni a statuto ordinario, da destinarsi a favore degli enti locali, per investimenti per la progettazione e per la realizzazione di opere pubbliche, volti alla messa in sicurezza degli edifici e del territorio, nel limite complessivo di 135 milioni di euro annui per gli anni dal 2021 al 2025, di 270 milioni di euro per l'anno 2026, di 315 milioni di euro annui per gli anni dal 2027 al 2032 e di 360 milioni di euro per l'anno 2033.
L'art. 49, comma 1, lettere a) e b), del D.L. n. 124/2019 ha, successivamente, esteso l'utilizzo delle risorse attribuite ai comuni dalle singole regioni, anche al settore dei trasporti e della viabilità, con la finalità di ridurre l'inquinamento ambientale e di favorire investimenti finalizzati alla rigenerazione urbana, alla riconversione energetica verso fonti rinnovabili, ad infrastrutture sociali e alle bonifiche ambientali.
L’art. 1, comma 66, lett. a), della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) ha, successivamente, provveduto a sostituire il comma 134 dell’art. 1 della legge di bilancio 2019 (L. 145/2018), al fine di estendere le misure previste anche all’anno 2034 e di rimodulare i suddetti contributi, nel limite complessivo di 135 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, di 335 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025, di 470 milioni di euro per l'anno 2026, di 515 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2027 al 2032, di 560 milioni di euro per l'anno 2033 e di 200 milioni di euro per l'anno 2034, per un importo totale di 5,6 miliardi di euro per il periodo 2021-2034.
L’art. 39, comma 14-octies, del D.L. 162/2019 (c.d. decreto proroga termini) ha ridotto da 5,6 miliardi a 3,3 miliardi di euro i contributi previsti.
La legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 809, della legge n. 178/2020) è quindi intervenuta nuovamente sulla disciplina recata dai citati commi 134-138 della legge di bilancio 2019, al fine di incrementare di 1 miliardo di euro le risorse stanziate per le Regioni da destinarsi agli enti locali, e di ampliare le finalità a cui sono destinate, prevedendo che possano essere utilizzate anche per l'acquisto di forniture, per un totale di 4,3 miliardi di euro per il periodo 2021-2034, nel limite complessivo di 135 milioni di euro per l'anno 2021, di 435 milioni di euro per l'anno 2022, di 424,5 milioni di euro per l'anno 2023, di 524,5 milioni di euro per l'anno 2024, di 124,5 milioni di euro per l'anno 2025, di 259,5 milioni di euro per l'anno 2026, di 304,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2027 al 2032, di 349,5 milioni di euro per l'anno 2033 e di 200 milioni di euro per l'anno 2034.
In tale ambito, il comma 135.1 dell’art. 1 della legge di bilancio 2019 (L. 145/2018), introdotto dal comma 458 dell’art. 1 della legge di bilancio 2022 (L. 234/2021), prevede che, a decorrere dall'anno 2023, le regioni possono finalizzare le suddette risorse al finanziamento delle opere, ricadenti nel proprio territorio, ammissibili e non finanziate, nell'ambito della graduatoria del decreto del Ministero dell'interno del 30 dicembre 2021.
Vincolo delle risorse a favore degli enti locali del Mezzogiorno
Il comma 6, lett. a) modifica il comma 46 (vedi supra) dell’art. 1 della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), al fine di introdurre, tra i criteri di riparto delle risorse previste a favore dei comuni, il vincolo di almeno il 40 per cento delle risorse agli enti locali del Mezzogiorno.
Il comma 6, lettera b), modifica inoltre il comma 51 (vedi supra) dell’art. 1 della legge di bilancio 2020, al fine di stabilire che, a decorrere dall'anno 2022, in sede di definizione delle procedure di assegnazione dei contributi destinati agli enti locali, per la spesa di progettazione definitiva ed esecutiva per determinati interventi, almeno il 40 per cento delle risorse allocabili sia destinato agli enti locali del Mezzogiorno.
Il comma 7 prevede che ai fini del rispetto del vincolo di assicurare almeno il 40 per cento delle risorse allocabili agli enti locali del Mezzogiorno - stabilito per le risorse indicate nell’art. 1, comma 139, ultimo periodo, della legge di bilancio 2019 (L. 145/2018), e nell’articolo 1, commi 46 e 51 della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), come modificati dal comma 6 del presente articolo - siano considerate anche le risorse, pari a 905 milioni per il periodo 2022-2026, da assegnare ai comuni, con il decreto del Ministero dell’interno previsto al comma 2 del presente articolo.
Articolo 28, comma 5-bis
(Modifiche al Testo unico dell’edilizia)
Il comma 5-bis dell’art. 28, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, reca modifiche al D.P.R. n. 380/2001 (Testo unico dell’edilizia) finalizzate a prevedere che gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino la demolizione e ricostruzione di edifici ricadenti in aree tutelate ai sensi dell'art. 142 del D.lgs. 142/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) sono subordinati a permesso di costruire.
Il comma 5-bis dell’art. 28, introdotto in sede referente, reca modifiche agli articoli 3 e 10 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo unico dell’edilizia) in materia di interventi edilizi su edifici ricadenti in aree tutelate ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Nel dettaglio, la lettera a) novella l’art. 3, comma 1, lettera d), sesto periodo, del D.P.R. 380/2001 al fine di inserirvi la precisazione che tra gli interventi di ristrutturazione edilizia ivi disciplinati non rientrano quelli riferiti ad edifici ricadenti in aree tutelate ai sensi dell'art. 142 del D. Lgs. 142/2004.
La lettera d) dell’art. 3, comma 1, del D.P.R. 380/2001, come da ultimo modificata dall'art. 10, comma 1, lettera b), n. 2), del D.L. n. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni), definisce quali interventi di ristrutturazione edilizia (come tali realizzabili, ai sensi dell’art. 22 del Testo unico dell’edilizia, mediante la segnalazione certificata di inizio di attività di cui all'art. 19 della L. n. 241/1990) gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico. L'intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. In base al vigente sesto periodo della lettera d) – oggetto della novella in esame – rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al D.M. n. 1444/1968, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria.
La novella in esame appare pertanto finalizzata ad escludere gli edifici ricadenti in aree tutelate ai sensi dell'art. 142 del D.Lgs. 142/2004 dal novero degli interventi di ristrutturazione edilizia anche laddove siano rispettate le condizioni previste dal citato sesto periodo della lettera d) (ossia il mantenimento di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e l’assenza di incrementi di volumetria).
Si ricorda che l’art. 142 (Aree tutelate per legge) del Codice dei beni culturali e del paesaggio prevede, al comma 1, che sIn vigore dal 24 aprile 2008ono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni del Titolo I della Parte terza del Codice:
a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con R.D. 1775/1933, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
e) i ghiacciai e i circhi glaciali;
f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'art. 2, commi 2 e 6, del D.Lgs. n. 227/2001;
h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal D.P.R. n. 448/1976;
l) i vulcani;
m) le zone di interesse archeologico.
Il comma 2 dispone una deroga alle disposizioni di cui alle lettere a), b), c), d), e), g), h), l), m), per le aree che alla data del 6 settembre 1985 erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del D.M. n. 1444/1968, come zone territoriali omogenee A e B, ovvero come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate, nonché per quelle che nei comuni sprovvisti di tali strumenti ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi dell'art. 18 della L. n. 865/1971.
Il comma 3 stabilisce inoltre che il comma 1 non si applica, altresì, ai beni ivi indicati alla lettera c) che la regione abbia ritenuto in tutto o in parte irrilevanti ai fini paesaggistici includendoli in apposito elenco reso pubblico e comunicato al Ministero. Il Ministero, con provvedimento motivato, può confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni.
La lettera b), in conseguenza dell’eccezione disposta dalla lettera a), con novella all’art. 10, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 380/2001, precisa che sono subordinati a permesso di costruire anche gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino la demolizione e ricostruzione di edifici ricadenti in aree tutelate ai sensi dell'art. 142 del D. Lgs. 42/2004 o il ripristino di edifici, crollati o demoliti, ricadenti nelle medesime aree, in entrambi i casi ove siano previste modifiche della sagoma o dei prospetti o del sedime o delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente oppure siano previsti incrementi di volumetria.
Si ricorda che, ai sensi della vigente lettera c) del comma 1 dell’art. 10 del Testo unico dell’edilizia (come da ultimo sostituita dall'art. 10, comma 1, lettera e), del D.L. n. 76/2020), costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Articolo 28-bis
(Cooperative edilizie di abitazione)
L’articolo 28-bis introdotto nel corso dell’esame in sede referente, inserisce nella legge sulle cooperative (legge n. 59 del 1992) una specifica definizione di società cooperative edilizie di abitazione.
In particolare, inserendo nell’art. 13 della legge del 1992, il comma 1-bis, la disposizione in commento definisce le cooperative edilizie di abitazione – ai soli fini della legge sulle cooperative – come:
§ società costituite ai sensi degli articoli 2511 e seguenti del codice civile. Si tratta delle disposizioni relative alle cooperative a mutualità prevalente (che, ai sensi dell’art. 2512 c.c., svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi; che si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci; che si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci);
§ società che hanno come scopo principale la realizzazione e la assegnazione ai soci di alloggi in proprietà, godimento o locazione;
§ società che possono inoltre svolgere, in via accessoria o strumentale rispetto allo scopo principale, attività o servizi anche di interesse collettivo, da svolgere secondo i principi della mutualità cooperativa, senza fini di speculazione privata, a favore dei soci, dei familiari o di soggetti terzi. Tali attività o servizi devono essere riconducibili allo scopo principale.
La definizione è inserita nell’art. 13 della citata legge n. 59, che istituisce e disciplina l’Albo nazionale delle società cooperative edilizie di abitazione e dei loro consorzi, al quale devono iscriversi tutte le cooperative edilizie che intendano beneficiare di contributi pubblici.
Una definizione di «cooperative edilizie di abitazione» in parte analoga a quella ora introdotta nella legge è contenuta nel Regolamento del comitato per l'Albo nazionale delle società cooperative edilizie di abitazione e dei loro consorzi, di cui al D.M. del Ministro dello Sviluppo economico del 26 luglio 2007, in attuazione del citato articolo 13.
Il regolamento fa infatti riferimento alle cooperative costituite ai sensi dell'art. 2511 e seguenti del codice civile, che hanno come scopo mutualistico e come oggetto sociale principale l'assegnazione di alloggi ai soci in proprietà, in godimento, ovvero in locazione, nonché in via accessoria o strumentale, attività o servizi anche di interesse collettivo connessi direttamente all'oggetto sociale principale e comunque sempre riconducibili all'attività caratteristica delle cooperative di abitazione.
Rispetto alla definizione contenuta nel decreto ministeriale, la nuova definizione legislativa introdotta dalla norma in esame prevede che anche le attività e i servizi non prevalenti, svolti in via accessoria o strumentale rispetto allo scopo principale, siano svolti secondo i principi della mutualità cooperativa e senza fini di speculazione privata, a favore dei soci, dei loro familiari nonché di soggetti terzi.
A questo proposito, si ricorda che, ai sensi dell'art. 2520, comma 2, c.c., "la legge può prevedere la costituzione di cooperative destinate a procurare beni o servizi a soggetti appartenenti a particolari categorie anche di non soci". Viene quindi riconosciuta, subordinatamente ad una specifica previsione di legge, la legittimità alla c.d. mutualità esterna, che si riscontra ogni qualvolta i destinatari dell'attività sociale non siano i soci, bensì i soggetti terzi.
Ferma restando la mutualità interna (c.d. gestione di servizio a favore dei soci), la novella appare dunque finalizzata a prevedere espressamente la possibilità che le cooperative edilizie di abitazione possano svolgere altresì attività di mutualità esterna in favore di soggetti terzi non soci, ma pur sempre in misura strumentale e accessoria – quindi non prevalente – rispetto all’oggetto sociale principale e “senza fini di speculazione privata”.
Articolo 29
(Riapertura dei termini per la rideterminazione dei valori
di acquisto dei terreni e delle partecipazioni)
L'articolo 29, comma 1, proroga la facoltà di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti, sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che il valore così rideterminato sia assoggettato a un'imposta sostitutiva.
Con le modifiche apportate in sede referente, si prevede che le imposte sostitutive possono essere rateizzate in un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dal 15 novembre 2022 (in luogo del 15 giugno 2022, come previsto dal testo originario della norma); analogamente, si dispone che la redazione e il giuramento della perizia siano effettuati entro la data del 15 novembre (in luogo del 15 giugno) 2022.
Il comma 2 aumenta dall'11 al 14 per cento le aliquote dell'imposta sostitutiva applicabili alla rideterminazione di valore delle partecipazioni in società non quotate (siano esse qualificate o non qualificate) e dei terreni edificabili e con destinazione agricola.
L'articolo in esame, al comma 1, proroga la facoltà di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti, sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che il valore così rideterminato sia assoggettato a un'imposta sostitutiva.
Gli articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) hanno introdotto la possibilità di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti da persone fisiche e società semplici alla data del 1° gennaio 2002, agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all'articolo 81, comma 1, lettere a) e b), del D.P.R. n. 917 del 1986 (testo unico delle imposte sui redditi - TUIR). Il valore da assumere in luogo del costo o valore di acquisto deve essere determinato sulla base di una perizia giurata di stima redatta da specifiche categorie di soggetti. Il valore così rideterminato è assoggettato un’imposta sostitutiva.
Il decreto legge n. 282 del 2002 ha poi riaperto i termini per la rivalutazione dei suddetti valori, applicandola a partecipazioni e terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2003. In seguito, i termini sono stati riaperti annualmente, sino alla proroga contenuta nella disposizione in esame, che consente di effettuare la rivalutazione per le partecipazioni in società non quotate e per i terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2022. Le imposte sostitutive possono essere rateizzate – come disposto per effetto delle modifiche apportate durante l’esame in Commissione - fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 15 novembre 2022 (in luogo della data del 15 giugno 2022, prevista dalla formulazione originaria del decreto in esame). Con le medesime modifiche in sede referente, si dispone che la redazione e il giuramento della perizia devono essere effettuati entro la data del 15 novembre (in luogo dell’originario 15 giugno) 2022.
Il comma 2 aumenta dall'11 al 14 per cento le aliquote dell'imposta sostitutiva applicabili alla rideterminazione di valore delle partecipazioni in società non quotate (siano esse qualificate o non qualificate) e dei terreni edificabili e con destinazione agricola.
La partecipazione in una società non quotata si definisce qualificata, ai sensi dell'articolo 67 del D.P.R. n. 917 del 1986, Testo Unico delle Imposte sui Redditi - TUIR, quando è associata a una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 20 per cento ovvero ad una quota del patrimonio superiore al 25 per cento.
Articolo 29-bis
(Cessione del credito)
L’articolo 29-bis, inserito in sede referente, modifica la disciplina dell’utilizzo di alcune agevolazioni fiscali mediante sconto in fattura e cessione del credito. Per effetto delle norme in commento, si eleva da tra a quattro il numero di cessioni effettuabili con riferimento ai predetti crediti di imposta. In particolare con le modifiche viene prevista la facoltà di una ultima cessione, da parte delle sole banche a favore dei soggetti coi quali abbiano concluso un contratto di conto corrente.
Le norme in commento si applicano alle comunicazioni della prima cessione del credito o dello sconto in fattura inviate all'Agenzia delle entrate a partire dal 1° maggio 2022.
L’articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cd. Rilancio) consente, in origine per le spese sostenute negli anni 2020 e 2021, di usufruire di alcune agevolazioni fiscali in materia edilizia ed energetica (in prevalenza, aventi forma di detrazione dalle imposte sui redditi) sotto forma di sconti sui corrispettivi, ovvero crediti d’imposta cedibili ad altri soggetti, comprese banche e intermediari finanziari, in deroga alle ordinarie disposizioni previste in tema di cedibilità dei relativi crediti.
Si permette in particolare, in favore di chi sostiene spese in materia edilizia ed energetica per le quali è previsto un meccanismo di detrazione dalle imposte sui redditi, di usufruire di tali agevolazioni sotto forma, alternativamente, di:
§ un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto fino a un importo massimo pari al corrispettivo dovuto, che viene anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi, il quale può recuperarlo sotto forma di credito d'imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti;
§ per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare, originariamente cedibile in successione ulteriore ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari, con trasformazione della detrazione in credito di imposta solo all’atto della cessione ad altri soggetti.
L’opzione si può esercitare in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori. In particolare, per gli interventi di cui all’articolo 119 del provvedimento in esame (cd. ecobonus, sismabonus, incentivi per il fotovoltaico e per l’installazione di colonnine elettriche) gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento.
Le norme suddette si applicano alle spese relative agli interventi di:
a) recupero del patrimonio edilizio (di cui all'articolo 16-bis, comma 1, lettere a) e b), del TUIR - Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917): manutenzione, restauro e ristrutturazione edilizia sulle parti comuni dell’edificio o sulle singole unità immobiliari;
b) efficienza energetica (di cui all’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 e di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 119 del decreto Rilancio);
c) adozione di misure antisismiche (di cui all’articolo 16, commi da 1-bis e 1-ter a 1-septies del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, e di cui al comma 4 del richiamato articolo 119);
d) recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti (cd. bonus facciate) ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, di cui all’articolo 1, comma 219, della legge di bilancio 2020 (27 dicembre 2019, n. 160), ivi compresi i lavori di rifacimento della facciata, che non siano di sola pulitura o tinteggiatura esterna, e che riguardino interventi influenti dal punto di vista termico o interessino oltre il 10 per cento dell'intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell'edificio;
e) installazione di impianti fotovoltaici, di cui al già richiamato articolo 16-bis, comma 1, lettera h) del TUIR e di cui ai commi 5 e 6 dell'articolo 119 del decreto Rilancio;
f) installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici (di cui all’articolo 16-ter del richiamato decreto-legge n. 63 del 2013 e di cui al comma 8 dell'articolo 119);
f-bis) superamento ed eliminazione di barriere architettoniche di cui all'articolo 119-ter del decreto legge 34 del 2020).
I crediti d’imposta cedibili sono utilizzati in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241), sulla base delle rate residue di detrazione non fruite, e con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione. La quota di credito d’imposta non utilizzata nell'anno non può essere usufruita negli anni successivi e non può essere richiesta a rimborso.
L’Agenzia delle entrate ha attuato le relative norme con il provvedimento dell’8 agosto 2020 e con il provvedimento del 29 luglio 2021.
Successivamente, il decreto-legge n. 157 del 2021 ha rafforzato i presidi per la fruizione di alcuni crediti d’imposta e delle detrazioni per lavori edilizi, anche attraverso lo sconto in fattura e la cessione del credito.
In sintesi, le disposizioni del predetto decreto-legge:
- hanno esteso l’obbligo del visto di conformità anche al caso in cui il c.d. Superbonus sia utilizzato in detrazione nella dichiarazione dei redditi, fatta eccezione per il caso in cui la dichiarazione è presentata direttamente dal contribuente, attraverso l’utilizzo della dichiarazione precompilata predisposta dall’Agenzia delle entrate ovvero tramite il sostituto d’imposta che presta l’assistenza fiscale;
- hanno previsto che per stabilire la congruità dei prezzi, da asseverarsi da un tecnico abilitato, occorre fare riferimento anche ai valori massimi stabiliti, per talune categorie di beni, con decreto del Ministro della transizione ecologica;
- hanno introdotto l’obbligo del visto di conformità anche in caso di opzione per la cessione del credito o sconto in fattura relativa alle detrazioni fiscali per lavori edilizi diversi da quelli che danno diritto al Superbonus 110% e l’obbligo di asseverazione della congruità di prezzi, da operarsi a cura dei tecnici abilitati;
- hanno riconosciuto all’Agenzia delle Entrate la possibilità di sospendere, per un periodo non superiore a trenta giorni, l’efficacia delle comunicazioni telematiche necessarie per l’esercizio dell’opzione della cessione del credito e dello sconto in fattura, nei casi in cui vengano riscontrati particolari profili di rischio;
- hanno chiarito i poteri dell'Agenzia delle entrate nell'ambito dei controlli su Superbonus, sconto in fattura, cessione del credito e sulle agevolazioni e i contributi a fondo perduto, da essa erogati, introdotti a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, consentendo all’Agenzia di esercitare i poteri di accertamento e controllo delle imposte dei redditi e dell’IVA, consentendo di emanare un atto di recupero per gli importi dovuti e non versati.
Dopo l’emanazione del decreto-legge n. 157 l’Agenzia delle entrate ha pubblicato:
- il 12 novembre 2021, il nuovo modello per comunicare l’opzione per la cessione o lo sconto in fattura per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio;
- il 29 novembre 2021, la Circolare n. 16/2021 che contiene i chiarimenti sulle misure antifrode introdotte dal menzionato decreto-legge n. 157;
- il provvedimento del 1 dicembre 2021, con la definizione dei criteri e delle modalità per la sospensione delle comunicazioni delle cessioni, anche successive alla prima, e delle opzioni inviate all’Agenzia delle entrate;
Sul punto è intervenuta poi la legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 29 della legge n. 234 del 2021) che ha prorogato:
§ agli anni 2022, 2023 e 2024 la facoltà dei contribuenti di usufruire delle detrazioni fiscali concesse per gli interventi in materia edilizia ed energetica, alternativamente, sotto forma di sconto in fattura o credito d’imposta cedibile anche a banche e intermediari finanziari;
§ al 31 dicembre 2025 la facoltà di optare per la cessione del credito o per lo sconto in fattura, in luogo della detrazione fiscale, per le spese sostenute per gli interventi coperti dal cd. Superbonus.
Durante l’esame parlamentare sono state trasfuse nella norma alcune disposizioni del decreto-legge n. 157, contestualmente abrogato (con salvezza degli effetti nel frattempo prodottisi) e sono state previste specifiche novità: si è chiarito che rientrano tra le spese detraibili anche quelle sostenute per il rilascio del visto di conformità, nonché delle asseverazioni e attestazioni previste dalla legge, sulla base dell’aliquota di detrazione fiscale pervista per ciascuna tipologia di intervento.
È stato escluso l’obbligo del visto di conformità per le opere di edilizia libera e per gli interventi di importo complessivo non superiore a 10.000 euro, eseguiti sulle singole unità immobiliari o sulle parti comuni dell’edificio, fatta eccezione per gli interventi relativi al cd. bonus facciate.
L’articolo 28 del decreto-legge Sostegni-ter (decreto-legge n. 4 del 2022) è ulteriormente intervenuto sulla disciplina dell’utilizzo delle agevolazioni fiscali per gli interventi edilizi mediante sconto in fattura e cessione del credito, nonché dei crediti di imposta riconosciuti in ragione dell’emergenza da COVID-19. Ove il contribuente usufruisca delle detrazioni per interventi edilizi sotto forma di sconto sul corrispettivo ovvero opti per la trasformazione delle detrazioni in crediti d’imposta cedibili, in luogo di consentire una sola cessione del credito d'imposta (comma 1 del testo originariamente previsto dall'articolo in esame, già abrogato dal decreto legge n. 13 del 2022), le norme permettono di effettuare due ulteriori cessioni, ma solo a banche, intermediari finanziari e società appartenenti a un gruppo bancario vigilati, ovvero a imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia, ferma restando l’applicazione delle norme in materia di antiriciclaggio per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima. Analoghe previsioni sono disposte per la cessione dei crediti di imposta riconosciuti in base a provvedimenti emanati per fronteggiare l'emergenza da COVID-19. Per le predette agevolazioni, dunque, in luogo di una sola cessione viene prevista la possibilità di effettuarne tre in totale.
I crediti derivanti dall’esercizio delle opzioni per lo sconto in fattura o per la cessione non possono formare oggetto di cessioni parziali successivamente alla prima comunicazione dell’opzione all’Agenzia delle entrate, a partire dalle comunicazioni della prima cessione o dello sconto in fattura inviate all’Agenzia delle entrate dal 1° maggio 2022.
Per i crediti che alla data del 7 febbraio 2022 sono stati precedentemente oggetto di cessione o sconto in fattura, viene consentita esclusivamente una ulteriore cessione ad altri soggetti.
Con Provvedimento del 3 febbraio 2022 l’Agenzia delle entrate ha emanato le disposizioni di attuazione degli articoli 119 e 121 del decreto-legge Rilancio, per l’esercizio delle opzioni relative alle detrazioni spettanti per gli interventi di ristrutturazione edilizia, recupero o restauro della facciata degli edifici, riqualificazione energetica, riduzione del rischio sismico, installazione di impianti solari fotovoltaici e infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici.
L’Agenzia delle entrate pubblica, sul proprio sito internet, le FAQ relative ai bonus edilizi, in aggiornamento.
L’articolo 122 del decreto-legge n. 34 del 2020 prevede altresì che anche i soggetti beneficiari dei crediti d'imposta riconosciuti da alcuni provvedimenti emanati per fronteggiare l'emergenza da COVID-19 possono, in luogo dell'utilizzo diretto, optare per la cessione, anche parziale, degli stessi ad altri soggetti, ivi inclusi il locatore o il concedente (a fronte di uno sconto di pari ammontare sul canone da versare), gli istituti di credito e altri intermediari finanziari. Si tratta del
- credito d'imposta per botteghe e negozi (articolo 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18);
- credito d'imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d'azienda (articolo 28 del decreto legge n.34 del 2020);
- credito d'imposta per l'adeguamento degli ambienti di lavoro (articolo 120 del decreto legge n.34 del 2020);
- credito d'imposta per la sanificazione e l'acquisto di dispositivi di protezione (articolo 125 del decreto legge n.34 del 2020).
Il comma 1 aggiunge un periodo alla fine dell'articolo 121, comma 1, lettera a), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, che – come anticipato supra – consente di fruire delle agevolazioni mediante sconto in fattura (recuperato dai fornitori mediante credito di imposta cedibile).
Il comma 2 aggiunge un identico periodo alla fine dell'articolo 121, comma 1, lettera b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, che – come anticipato supra – consente di fruire delle agevolazioni mediante credito di imposta cedibile.
Per effetto delle modifiche in esame, dunque, nel caso di fruizione delle detrazioni sotto forma di sconto in fattura e credito di imposta cedibile, oltre alle tre cessioni effettuabili a legislazione vigente (una libera, e le due successive vincolate, ovvero in favore di banche e intermediari), si consente esclusivamente alle banche che abbiano esaurito il numero delle possibili cessioni sopra indicate, di effettuare un’ulteriore quarta cessione esclusivamente a favore dei soggetti con i quali abbiano concluso un contratto di conto corrente, senza facoltà di ulteriore cessione.
Il comma 3 fissa la decorrenza delle norme in commento, che si applicano alle comunicazioni della prima cessione del credito o dello sconto in fattura inviate all'Agenzia delle entrate a partire dal 1° maggio 2022.
L’articolo 29-ter, per consentire l'esercizio delle opzioni di sconto sul corrispettivo o cessione del credito relative ad alcune agevolazioni fiscali, tra cui quelle edilizie, permette per l'anno 2022, ai soggetti IRES e i titolari di partita IVA, che sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi entro il 30 novembre 2022, di trasmettere all'Agenzia delle Entrate la comunicazione per l'esercizio delle predette opzioni anche successivamente al termine del 29 aprile 2022 ma, comunque, entro il 15 ottobre 2022.
Si ricorda che l’articolo 10-quater del decreto-legge Sostegni-ter, (n. 4 del 2022) ha prorogato il termine entro il quale deve essere trasmessa all’Agenzia delle entrate la comunicazione dell’opzione per la cessione o per lo sconto in fattura relativa alle detrazioni spettanti per alcuni interventi edilizi nonché il termine entro il quale l’Agenzia medesima rende disponibile telematicamente la dichiarazione precompilata.
In particolare, si prorogano i termini previsti per la comunicazione per l’esercizio dell’opzione per la cessione o per lo sconto in luogo delle detrazioni fiscali riconosciute (ai sensi dell’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34) per alcuni interventi edilizi.
L’articolo 10-quater stabilisce che, per le spese sostenute nel 2021, nonché per le rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute nel 2020, la comunicazione per l’esercizio delle opzioni di sconto sul corrispettivo o cessione del credito, relative alle detrazioni spettanti per gli interventi di ristrutturazione edilizia, recupero o restauro della facciata degli edifici, riqualificazione energetica, riduzione del rischio sismico, installazione di impianti solari fotovoltaici e infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici (sia per gli interventi eseguiti sulle unità immobiliari, sia par gli interventi eseguiti sulle parti comuni degli edifici) deve essere trasmessa, a pena di decadenza, all’Agenzia delle Entrate, entro il 29 aprile 2022.
Si proroga conseguentemente al 23 maggio 2022 il termine entro il quale l’Agenzia delle entrate rende disponibile telematicamente la dichiarazione precompilata relativa ai redditi prodotti nell'anno precedente (rispetto al termine del 30 aprile stabilito in via generale dall'articolo l, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2014, n.175).
Le norme in commento inseriscono un nuovo comma 2-bis all’articolo 10-quater, il quale dispone che – per consentire l'esercizio delle opzioni di sconto sul corrispettivo o cessione del credito - per l'anno 2022 i soggetti IRES e i titolari di partita IVA, tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi entro il 30 novembre 2022, possono trasmettere all'Agenzia delle Entrate la comunicazione per l'esercizio delle opzioni di sconto sul corrispettivo o cessione del credito, anche successivamente al 29 aprile 2022 (termine di cui al comma 1) ma comunque entro il 15 ottobre 2022.
Per una ricostruzione della disciplina sulla cessione del credito e lo sconto in fattura si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 29-bis del provvedimento in esame.
Articolo 30, commi 1 e 2
(Risorse per l'acquisto di farmaci antivirali contro il virus SARS-CoV-2)
Il comma 1 dell’articolo 30 reca un'autorizzazione di spesa, pari a 200 milioni di euro per il 2022, per l'acquisto di farmaci antivirali contro il virus SARS-CoV-2, nell'ambito degli interventi di competenza del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 e per l'esecuzione della campagna vaccinale nazionale. Il comma 2 rinvia, per la copertura finanziaria dello stanziamento di cui al comma 1, alle disposizioni di cui al successivo articolo 42.
Il comma 1 specifica anche che le risorse finanziarie ivi stanziate sono trasferite sull'apposita contabilità speciale intestata al medesimo Commissario straordinario.
Si ricorda che la suddetta figura di Commissario straordinario, che ha operato fino al 31 marzo 2022, è disciplinata dall'articolo 122 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni. Nelle funzioni e nei rapporti attivi e passivi del medesimo Commissario straordinario è subentrata - ai sensi dell'articolo 2 del D.L. 24 marzo 2022, n. 24, attualmente in fase di conversione alle Camere - l'Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia (Unità alla quale, dal 1° gennaio 2023, subentrerà il Ministero della salute).
Articolo 30, comma 3
(Conservazione in bilancio di risorse destinate al sostegno del settore delle mostre d’arte a seguito dell'emergenza Covid-19)
Il comma 3 dell’articolo 30 dispone la conservazione come residui di stanziamento, nello stato di previsione della spesa del Ministero della cultura, di 25 milioni di euro per il 2022, per le finalità individuate dall’articolo 183, comma 2, secondo periodo, del D.L. n. 34/2020 (L. 77/2020), e cioè per il ristoro delle perdite derivanti dall'annullamento, dal rinvio o dal ridimensionamento di spettacoli e mostre afferenti al Fondo per le emergenze delle imprese e delle istituzioni culturali, istituito a seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.
Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 183, comma 2, del D.L. 34/2020, più volte modificato – per mitigare il significativo impatto economico delle misure di contenimento della pandemia – ha istituito nello stato di previsione dell’allora Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo un “Fondo per le emergenze delle imprese e delle istituzioni culturali”, destinato a due finalità, indicate rispettivamente dal primo e dal secondo periodo del medesimo comma 2: i) sostegno delle librerie, dell'intera filiera dell'editoria, compresi le imprese e i lavoratori della filiera di produzione del libro, nonché dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura; ii) ristoro delle perdite derivanti dall'annullamento, dal rinvio o dal ridimensionamento di spettacoli e mostre. Il comma 3 dell’articolo 183 ha rinviato a uno o più decreti del Ministro per la definizione delle modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse. Il Fondo, nel corso del tempo, è stato oggetto di diversi rifinanziamenti, con una consistenza, per l’anno 2020, pari a 231,5 milioni di euro.
In particolare, come si evince dalla relazione tecnica, le risorse di cui la disposizione in commento dispone la conservazione sono quelle indicate dal D.M. 28 giugno 2021 e dal D.M. 4 agosto 2021, relativi al settore delle mostre d’arte.
Il DM 28 giugno 2021 ha destinato 20 milioni di euro del Fondo per il 2021 al ristoro delle perdite subite dagli operatori a causa della cancellazione, dell’annullamento, del rinvio o del ridimensionamento, in seguito all'emergenza epidemiologica da Covid-19, di almeno una mostra d’arte in calendario in Italia o all’estero nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 26 aprile 2021.
Il DM 4 agosto 2021 ha destinato 5 milioni di euro del Fondo per il 2021 al ristoro delle perdite subite dai soggetti erogatori di servizi di logistica e trasporto e di allestimento che abbiano una quota superiore al 50% del fatturato derivante da attività riguardanti mostre d’arte, a causa della mancata programmazione, della cancellazione, dell’annullamento, del rinvio o del ridimensionamento delle stesse in seguito all'emergenza epidemiologica da Covid-19.
Il comma 3-bis - inserito in sede referente - dell'articolo 30 opera un'integrazione della disciplina transitoria che demanda al Commissario ad acta (nominato dal Governo) per il Servizio sanitario della Regione Calabria l’attuazione dei progetti in materia di edilizia sanitaria. Le novelle di cui al comma in esame - che inseriscono i commi 3-bis e 3-ter nell’articolo 3 del D.L. 10 novembre 2020, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2020, n. 181, e successive modificazioni - prevedono che per gli adempimenti in oggetto il Commissario ad acta possa avvalersi anche di determinate strutture e risorse umane pubbliche ed autorizzano - con riferimento alle risorse finanziarie relative ai medesimi progetti di edilizia sanitaria - l'apertura di un'apposita contabilità speciale, intestata al medesimo Commissario.
In particolare, la novella di cui al capoverso 3-bis prevede che, per gli adempimenti in oggetto, il Commissario ad acta possa avvalersi anche delle aziende del Servizio sanitario della regione Calabria, in qualità di soggetti attuatori, nonché del supporto di strutture regionali e di personale in servizio presso le medesime, con oneri a carico delle amministrazioni o enti di appartenenza, posto in posizione di utilizzo a tempo pieno o parziale[63].
La novella di cui al capoverso 3-ter autorizza, nei limiti dell’utilizzo delle risorse finanziarie trasferite per la realizzazione dei progetti in materia di edilizia sanitaria, l’apertura di un'apposita contabilità speciale, intestata al Commissario ad acta, nonché il trasferimento a quest'ultima, da parte degli attuali soggetti attuatori e su richiesta del Commissario, delle residue risorse finanziarie disponibili per l’attuazione degli interventi inseriti nel Piano triennale straordinario di edilizia sanitaria e di adeguamento tecnologico della rete di emergenza, della rete ospedaliera e della rete territoriale della Regione.
Si ricorda che le norme transitorie oggetto delle presenti novelle integrative - ai sensi dell'articolo 7, comma 1, del citato D.L. n. 150 del 2020 - si applicano fino all'11 novembre 2022 ovvero fino ad un termine anteriore a tale data, in caso di raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 1, comma 1, dello stesso D.L. (obiettivi previsti nei programmi operativi di prosecuzione del piano di rientro dai disavanzi del Servizio sanitario della Regione in esame).
Più in particolare, nell'ambito della disciplina transitoria (relativa al Servizio sanitario della Regione in esame) di cui al capo I del citato D.L. n. 150 del 2020, e successive modificazioni, l'articolo 3, comma 3, dello stesso (e successive modificazioni) prevede che gli interventi in materia di edilizia sanitaria (da finanziare a valere sulle risorse di cui all'articolo 20 della L. 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni) - qualunque sia il livello di progettazione raggiunto[64] - siano attuati dal Commissario ad acta, avvalendosi anche dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A.-Invitalia, previo parere dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, e, ove necessario in relazione alla complessità degli interventi, nominando esperti, individuati all'esito di una selezione comparativa[65].
Riguardo alle novelle integrative inserite dal comma 3-bis del presente articolo 30, cfr. supra.
L’articolo 31 modifica la disciplina vigente riguardante le iniziative di solidarietà in favore dei famigliari del personale sanitario, socio-sanitario, nonché degli esercenti la professione di assistente sociale, che sono stati impegnati nel contrasto dell’emergenza epidemiologica ed abbiano contratto, per causa di servizio, una patologia dalla quale sia derivata la morte.
In particolare, per il 2022 viene incrementata di 15 milioni di euro la dotazione del Fondo esistente a tale scopo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri; vengono inoltre previste speciali elargizioni in luogo di iniziative di solidarietà; ed è precisato il grado di parentela dei famigliari beneficiari.
L’articolo 31 dispone alcune novelle all’articolo 22-bis del DL. n. 18/2020[66] in tema di iniziative di solidarietà a favore dei famigliari di medici, personale infermieristico, operatori socio-sanitari (OSS), nonché esercenti la professione di assistente sociale, impegnati nelle azioni di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 che, a seguito di patologia contratta in tale operato, siano successivamente morti.
Più in dettaglio:
§ viene inserito (lett.a)) il nuovo comma 1-bis che:
- incrementa di 15 milioni la dotazione per il 2022 del Fondo (che, per l’anno 2020, ammontava a 10 milioni) originariamente previsto per l'adozione di iniziative di solidarietà a favore dei famigliari degli esercenti le professioni sanitarie, degli esercenti la professione di assistente sociale e degli operatori socio-sanitari, impegnati nelle azioni di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 (v. box);
Al riguardo, il Fondo non risulta finanziato per l’anno 2021 e per l’anno 2020 non risulta emanato il DPCM con il quale, ai sensi del comma 2 del richiamato art. 22-bis devono essere previste le modalità di attuazione della misura.
La relazione illustrativa peraltro specifica che le disponibilità finanziarie del Fondo, ai sensi dell’articolo 265, comma 9, del DL. 34/2020 (L. 77/2020) che ha previsto un apposito monitoraggio del MEF sulle risorse autorizzate ai sensi (anche) del citato DL. 18/2020, sono state riassegnate al fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.
- modifica la finalità del Fondo, prevedendo la corresponsione di speciali elargizioni e non più l'adozione di iniziative di solidarietà;
In proposito si valuti l’opportunità di chiarire la natura di tali nuove “speciali elargizioni”;
- viene inoltre precisato il grado di parentela dei famigliari, sostituendo nella disposizione tale generico termine con gli specifici riferimenti al coniuge, ai figli o, in mancanza, ai genitori;
- viene infine inserita la disposizione in base alla quale la dotazione del predetto fondo può essere incrementata mediante erogazioni da parte di soggetti o enti privati.
Sul punto si ricorda l’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione civile del 5 aprile 2020 con la quale, per assicurare un sostegno economico ai famigliari delle persone direttamente impegnate per fronteggiare l'emergenza COVID-19, decedute nell'esercizio della propria funzione ed attività a causa del coronavirus, è stata disposta l’autorizzazione del Dipartimento della protezione civile a ricevere risorse finanziare derivanti da erogazioni liberali allo scopo espressamente finalizzate dal donante.
§ è apportata una modifica (lett. b)) al comma 2 dell’art. 22-bis del citato DL. 18/2020 prevedendo che le modalità di attuazione del comma 1 siano disposte, in alternativa, o con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero con un decreto dell’Autorità politica delegata alla famiglia, di concerto con il Ministro della salute.
§ viene aggiunto (lett. c)) il comma 2-bis al richiamato articolo 22-bis, stabilendo che per le finalità del presente articolo, la Presidenza del Consiglio dei ministri può avvalersi di società in house[67] mediante stipula di apposita convenzione, con oneri posti a carico delle risorse assegnate al Fondo, nel limite massimo del 2% delle risorse stesse.
Il comma 2, infine, appronta la copertura all’autorizzazione di spesa prevista in 15 milioni per il 2022, a valere sull’apposito articolo 42 di copertura del provvedimento in esame (v. infra).
L’articolo 22-bis ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un Fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2020, per l'adozione di iniziative di solidarietà a favore dei famigliari di medici, personale infermieristico e operatori socio-sanitari (OSS) impegnati nelle azioni di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.
La norma più in dettaglio precisa che i destinatari delle iniziative di solidarietà sono famigliari di medici, personale infermieristico e operatori socio-sanitari (OSS), nonché – disposizione inserita durante l’esame parlamentare del decreto – gli esercenti la professione di assistente sociale, per tutta la durata dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020[68] abbiano contratto, in conseguenza dell'attività di servizio prestata, una patologia alla quale sia conseguita la morte per effetto diretto ovvero "come concausa" del contagio da COVID-19 (comma 1).
Il comma 2 stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – che non risulta ancora emanato - vengano individuate le modalità di attuazione delle disposizioni in esame.
L’articolo 32, modificata durante l’esame referente, autorizza la spesa annua di 2,6 milioni di euro per ciascuno anno del triennio 2022-2024, allo scopo di prorogare il pieno funzionamento della REMS provvisoria di Genova-Prà e di consentire contestualmente l’avvio della REMS di Calice al Cornoviglio (La Spezia) in Liguria.
Inoltre, dal 2025 si prevede l’incremento di 1 milione di euro dello stanziamento statale indirizzato alle REMS, attualmente pari a 55 milioni di euro.
La disposizione in commento, modificata durante l’esame in Commissione, autorizza la spesa annua di 2,6 milioni di euro per ciascuno anno del triennio 2022-2024 allo scopo di prorogare il pieno funzionamento della REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) provvisoria di Genova-Prà e di consentire contestualmente l’avvio della REMS di Calice al Cornoviglio (La Spezia).
Con una modifica durante l’esame della disposizione in Commissione è stato soppresso il riferimento al carattere sperimentale del REMS di Calice al Cornoviglio, stante il carattere addizionale di residenza rispetto a quella esistente di Genova-Prà.
A tal fine è vincolato, in favore della Regione Liguria, il corrispondente importo a valere sulle risorse accantonate sul Fondo sanitario Nazionale – parte corrente - per il finanziamento di obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale (risorse vincolate di cui all’art. 1, co. 34 e 34-bis, della legge n. 662 del 1996[69], Misure di razionalizzazione della finanza pubblica).
La Regione Liguria ha disposto l’attivazione di una REMS regionale provvisoria presso la Struttura “Villa Caterina”, sita in Genova Prà con D.G.R n. 822 del 13 settembre 2016, come modificata dalla deliberazione di Giunta 25 novembre 2016, n. 1088. La struttura dotata di 20 posti letto è stata aperta nel febbraio 2017 in attesa dell’apertura, prevista nei primi mesi del 2019, della REMS definitiva della Liguria, a Calice al Cornoviglio (La Spezia), non ancora attiva. Il 15 febbraio 2022, in risposta ad una interrogazione in Consiglio regionale, il Presidente della Giunta ha chiarito che la REMS di Calice al Cornoviglio è stata consegnata al gestore il 1 febbraio 2022, sono iniziati i corsi di formazione del personale mentre sono in via di definizione le procedure per la gestione. Il Presidente ha inoltre annunciato che la REMS a Calice al Cornoviglio sarà attivata in aggiunta, e non in sostituzione, della REMS di Genova-Prà.
A decorrere dal 2025, il comma 2 consente l’incremento del limite di spesa corrente di cui all’articolo 3-ter, comma 7, del decreto legge n. 211 del 2011[70], e all’articolo 23-quinques, del decreto legge n. 137 del 2020[71], in relazione agli eventuali maggiori fabbisogni emergenti, come individuati annualmente in sede di riparto del finanziamento sanitario corrente standard e in coerenza con la dinamica del medesimo finanziamento. Al maggiore onere si provvede a valere sulle risorse accantonate sul Fondo sanitario Nazionale – parte corrente - per il finanziamento di obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale (di cui all’art. 1, commi 34 e 34-bis, della legge n. 662 del 1996).”
Per quanto riguarda le risorse di parte corrente, l’art.3-ter, comma 7, del decreto legge n. 211 del 2011 ha disposto lo stanziamento di 55 milioni di euro annui a partire dal 2013 da distribuire tra le Regioni, destinandoli sia al funzionamento delle nuove REMS, sia al rafforzamento della rete complessiva dei servizi residenziali e ambulatoriali per la salute mentale. Dal 2021, tale stanziamento è stato incrementato di 1 milione di euro dall’art. 23-quinquies, comma 1, del decreto legge n. 137 del 2020 che ha previsto l’incremento con la finalità “di non vanificare la portata innovativa dell’articolo 3-ter del decreto legge n. 211 del 2011”, e di rispettare le misure di prevenzione legate all’emergenza da COVID-19 e contestualmente di implementare la capienza e il numero delle REMS.
Con l’ordinanza del 24 giugno 2021, n. 131 la Consulta - chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della disciplina in materia di REMS, per i profili concernenti la mancata previsione in capo al Ministero della Giustizia di poteri relativi all'organizzazione e al funzionamento delle Residenze -, ha disposto una apposita istruttoria (Relazioni dei ministeri Giustizia e Salute, della Conferenza delle Regioni e dell’Ufficio parlamentare di bilancio - UPB) finalizzata ad acquisire specifiche informazioni ritenute indispensabili ai fini della decisione. Nei 14 punti elencati nell’ordinanza si chiede, fra l’altro, di chiarire se esistano, allo stato, forme di coordinamento tra il ministero della Giustizia, il ministero della Salute, le ASL e i Dipartimenti di salute mentale volte ad assicurare la pronta ed effettiva esecuzione, su scala regionale o nazionale, dei ricoveri nelle REMS; se sia prevista la possibilità dell’esercizio di poteri sostitutivi del Governo nel caso di riscontrata incapacità di assicurare la tempestiva esecuzione di tali provvedimenti nel territorio di specifiche Regioni e se le difficoltà riscontrate siano dovute a ostacoli applicativi, all’inadeguatezza delle risorse finanziarie o ad altre motivazioni.
In risposta ai quesiti formulati dalla Corte con la citata ordinanza istruttoria n. 131 del 2021, il Ministro della giustizia, il Ministro della salute, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e l’UPB hanno depositato un’unica relazione, predisposta congiuntamente, della quale sono riassunti i dati salienti nella successiva sentenza della Consulta n. 22 del 2022 . La citata sentenza fornisce, peraltro, una puntuale ricostruzione normativa della disciplina di riferimento, a conclusione della quale la Corte afferma testualmente che:
“Le considerazioni sin qui svolte hanno, piuttosto, evidenziato l’urgente necessità di una complessiva riforma di sistema, che assicuri, assieme:
§ un’adeguata base legislativa alla nuova misura di sicurezza, secondo i principi poc’anzi enunciati (supra, punto 5.3.);
§ la realizzazione e il buon funzionamento, sull’intero territorio nazionale, di un numero di REMS sufficiente a far fronte ai reali fabbisogni, nel quadro di un complessivo e altrettanto urgente potenziamento delle strutture sul territorio in grado di garantire interventi alternativi adeguati rispetto alle necessità di cura e a quelle, altrettanto imprescindibili, di tutela della collettività (e dunque dei diritti fondamentali delle potenziali vittime dei fatti di reato che potrebbero essere commessi dai destinatari delle misure) (supra, punto 5.4.);
§ forme di adeguato coinvolgimento del Ministro della giustizia nell’attività di coordinamento e monitoraggio del funzionamento delle REMS esistenti e degli altri strumenti di tutela della salute mentale attivabili nel quadro della diversa misura di sicurezza della libertà vigilata, nonché nella programmazione del relativo fabbisogno finanziario, anche in vista dell’eventuale potenziamento quantitativo delle strutture esistenti o degli strumenti alternativi (supra, punto 5.5.).
Nel dichiarare l’inammissibilità delle odierne questioni, questa Corte non può peraltro non sottolineare – come in altre analoghe occasioni (segnatamente, sentenza n. 279 del 2013; nonché recentemente, in diverso contesto, sentenza n. 32 del 2021) – che non sarebbe tollerabile l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa in ordine ai gravi problemi individuati dalla presente pronuncia”.
L’articolo 33, modificato in sede referente, contiene disposizioni riguardanti diversi aspetti relativi alle assunzioni presso l’ufficio del processo, effettuate nell’ambito delle procedure di reclutamento previste a supporto del PNRR.
In particolare:
§ dispone che per i soggetti che vengono assunti presso l’ufficio del processo durante lo svolgimento del tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari ex art. 73 del d.l. n. 69/2013, il periodo lavorativo svolto dopo l’assunzione si cumula con il periodo di tirocinio effettivamente svolto ai fini del raggiungimento dei 18 mesi di durata del tirocinio stesso in modo da consentire che il titolo sia riconosciuto valido per la partecipazione al concorso per magistrato ordinario (comma 1);
§ introduce l’incompatibilità tra la professione di avvocato e lo svolgimento dell’attività di addetto all’ufficio del processo, imponendo la sospensione dall’esercizio della professione per l’intero periodo di lavoro svolto presso la P.A., con obbligo di comunicazione al consiglio dell’ordine (comma 2, lettera a);
§ prevede che i praticanti avvocati possano ricongiungere il periodo di pratica forense al periodo lavorativo svolto come addetto all’ufficio per il processo ai fini del conseguimento del certificato di compiuta pratica (comma 2, lettera a);
§ detta norme di semplificazione della procedura di assunzione degli addetti all’ufficio del processo, prevedendo lo scorrimento delle graduatorie dei diversi distretti al fine di realizzare la copertura integrale dei posti messi a concorso e, per il distretto di Trento, la facoltà, per la commissione esaminatrice, di ammettere a sostenere la prova scritta un numero di candidati pari ad un multiplo, non superiore a trenta, dei posti messi a concorso, in deroga al bando (comma 2, lettera b).
Il comma 1 interviene sull’articolo 73, comma 11-bis, del decreto-legge n. 69/2013, che disciplina il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari.
Si ricorda che il comma 11-bis dell’articolo 73 del decreto-legge n. 69/2013, prevede che il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari, ove conclusosi con esito positivo, costituisce titolo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario. La durata del tirocinio, anche ai fini dell’idoneità dello stesso a costituire titolo per la partecipazione al concorso per magistrato, è stabilita in 18 mesi (comma 1 dell’art. 73).
La novella è volta a consentire ai tirocinanti che sono stati assunti come addetti all’ufficio per il processo durante lo svolgimento del tirocinio, di richiedere che nel calcolo ai fini dell’idoneità del tirocinio stesso a costituire titolo per la partecipazione al concorso per magistrato ordinario, oltre al periodo di stage svolto sino all'assunzione, sia computato anche il periodo di lavoro a tempo determinato svolto presso l’amministrazione giudiziaria dopo l’assunzione, sino al raggiungimento dei diciotto mesi di durata complessiva richiesta.
Le assunzioni alle quali la norma fa riferimento sono quelle riguardanti gli addetti all’ufficio per il processo indicate all’art. 11 del decreto-legge n. 80/2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 113/2021, avvenute nell’ambito della procedura straordinaria di reclutamento prevista dall’art. 14 del medesimo decreto-legge n. 80/2021 al fine di garantire il rispetto dei tempi per l’attuazione del PNRR (v. comma 2 infra).
L'art. 73 del decreto-legge n. 69 del 2013 ha disciplinato la possibilità, per i giovani laureati in giurisprudenza, di fruire di un periodo di formazione presso gli uffici giudiziari. In base a tale disposizione, successivamente modificata dal decreto-legge n. 90 del 2014 e da ultimo dal decreto-legge n. 168 del 2016, i laureati in giurisprudenza, che abbiano riportato una media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo, ovvero un punteggio di laurea non inferiore a 105/110 e che non abbiano compiuto i 30 anni di età, possono accedere, a domanda e per una sola volta, a un periodo di formazione teorico-pratica presso le Corti di appello, i tribunali ordinari, gli uffici requirenti di primo e secondo grado, gli uffici e i tribunali di sorveglianza e i tribunali per i minorenni, la Corte di Cassazione e la Procura Generale, della durata complessiva di 18 mesi. I laureati, con i medesimi requisiti, possono accedere a un periodo di formazione teorico-pratica, della stessa durata, anche presso il Consiglio di Stato, sia nelle sezioni giurisdizionali che consultive, e i Tribunali Amministrativi Regionali. Per l'accesso allo stage gli interessati presentano domanda ai capi degli uffici giudiziari.
Gli ammessi allo stage assistono e coadiuvano il magistrato cui sono affidati nel compimento delle ordinarie attività: hanno accesso ai fascicoli processuali, partecipano alle udienze del processo, anche non pubbliche e dinanzi al collegio, nonché alle camere di consiglio, salvo che il giudice ritenga di non ammetterli; non possono avere accesso ai fascicoli relativi ai procedimenti rispetto ai quali versano in conflitto di interessi per conto proprio o di terzi e sono tenuti al rispetto degli obblighi di riservatezza e di riserbo riguardo ai dati, alle informazioni e alle notizie acquisite durante il periodo di formazione.
Lo stage può essere svolto contestualmente ad altre attività formative, compreso il dottorato di ricerca, il tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato o di notaio e la frequenza dei corsi delle scuole di specializzazione per le professioni legali, purché con modalità compatibili con il conseguimento di un'adeguata formazione; al contrario, i tirocinanti non possono esercitare attività professionale innanzi l'ufficio ove lo stesso si svolge, né possono rappresentare o difendere, anche nelle fasi o nei gradi successivi della causa, le parti dei procedimenti che si sono svolti dinanzi al magistrato formatore o assumere da costoro qualsiasi incarico professionale.
Lo svolgimento dello stage non dà diritto ad alcun compenso e non determina il sorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo né di obblighi previdenziali e assicurativi. Agli ammessi allo stage è peraltro attribuita una borsa di studio determinata in misura non superiore ad euro 400 mensili.
L'esito positivo dello stage, risultante da una relazione redatta dal magistrato formatore sull'esito del periodo di formazione costituisce titolo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario e costituisce altresì titolo di preferenza:
per la nomina a giudice onorario di tribunale e a vice procuratore onorario,
nei concorsi indetti dall'amministrazione della giustizia, dall'amministrazione della giustizia amministrativa e dall'Avvocatura dello Stato (a parità di merito);
nei concorsi indetti da altre amministrazioni dello Stato (a parità di titoli e di merito).
L'esito positivo dello stage è inoltre computato, per il periodo di un anno, ai fini del compimento del tirocinio professionale per l'accesso alla professione di avvocato o del tirocinio per l'accesso alla professione di notaio e ai fini della frequenza dei corsi della scuola di specializzazione per le professioni legali, fermo il superamento delle verifiche intermedie e delle prove finali d'esame.
I tirocinanti svolgono il periodo di stage presso una struttura organizzativa, denominata "ufficio per il processo", costituita presso i tribunali ordinari (e relative Procure della Repubblica) e presso le Corti d'appello a norma dell’art. 50 del decreto-legge n. 90 del 2014 (che ha introdotto l’art. 16-octies al decreto-legge n. 179 del 2012) al fine di garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l'innovazione dei modelli organizzativi ed assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Tale struttura è composta, oltre che dai suddetti tirocinanti, anche da giovani laureati che svolgono la formazione professionale nel primo anno del corso di dottorato di ricerca, del corso di specializzazione per le professioni legali o della pratica forense (ex art. 37, D.L. 98/2011); da personale di cancelleria; dai giudici ausiliari già previsti per lo smaltimento dell'arretrato civile (ex art. 62, D.L. 69/2013) per gli uffici del processo istituiti presso le corti d'appello; dai giudici onorari di tribunale (GOT), previsti dall'art. 42-ter dell'ordinamento giudiziario (R.D. 12/1941) per gli uffici del processo istituiti presso i tribunali.
Il modello dell'ufficio del processo è stato anche presso gli uffici della giustizia amministrativa dal decreto-legge n. 168 del 2016.
Il comma 2 prevede modifiche agli articoli 11 e 14 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, recanti, rispettivamente l’autorizzazione all’assunzione di un contingente massimo di 16.500 unità di addetti all'ufficio per il processo e la procedura per il loro reclutamento (per un approfondimento sul reclutamento del personale del settore giustizia nell’ambito del PNRR vedi infra).
La prima modifica (comma 2, lettera a)), intervenendo sull’articolo 11 con l’inserimento del nuovo comma 2-bis, introduce, per gli addetti all’ufficio del processo, l’incompatibilità con l’esercizio della professione forense e stabilisce, per tutta la durata del rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica, la sospensione dall’esercizio dell’attività professionale. A tal fine, l’avvocato ed il praticante avvocato sono tenuti a comunicare al consiglio dell’ordine in cui sono iscritti l’assunzione come addetto all’ufficio del processo; in caso di omessa comunicazione, non sarà loro consentito di prendere servizio.
Si ricorda che, per le assunzioni nell’ambito dei progetti di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), al fine di incentivare il reclutamento delle migliori professionalità, il comma 7-ter dell’art. 1 del d.l. n. 80/2021 stabilisce, in via generale, che ai professionisti non è richiesta la cancellazione dall'albo, dal collegio o dall’ordine professionale di appartenenza, né l'eventuale assunzione determina la cancellazione d'ufficio. Inoltre, per gli iscritti negli elenchi di personale dotato di alta specializzazione[72], istituiti presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, non si applica, ove abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni, il divieto di svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri, sanzionato con la nullità dei contratti in tal modo conclusi e con il divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni dal comma 16-ter dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001.
Con riferimento alla professione forense, si è posto il problema della conciliabilità di tale dettato generale con la disciplina specifica in vigore per gli avvocati (art. 18 della legge n. 247/2012), che prevede l’incompatibilità della stessa professione forense con quasi tutte le forme di lavoro autonomo, subordinato e di attività di impresa[73], pur facendo eccezione per le attività di insegnamento e ricerca in materie giuridiche nelle università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici (art. 19 della medesima legge n. 247/2012).
Prima ancora della legge del 2012, recante il nuovo ordinamento della professione forense, altre leggi avevano già stabilito “l’esclusività” della professione di avvocato: già il regio decreto-legge n. 1578 del 1933, all’art. 3 prevedeva che l’esercizio delle professioni di avvocato e procuratore è incompatibile “con qualunque impiego od ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato, delle province, dei comuni, (…omissis…) ed in generale di qualsiasi altra amministrazione o istituzione pubblica soggetta a tutela o vigilanza dello Stato, delle province e dei comuni”, al contempo stabilendo la medesima eccezione sopra vista a favore dei professori e degli assistenti universitari e degli altri istituti superiori ed i professori degli istituti secondari dello Stato. Più recentemente, la legge n. 339 del 2003 è intervenuta per escludere che l’eccezione al divieto di iscrizione in albi professionali, riconosciuta dalla legge n. 662 del 1996 a favore dei dipendenti pubblici in regime di part-time al 50%, riguardasse la professione di avvocato, per la quali si ribadivano le incompatibilità indicate dal regio decreto-legge del 1933.[74]
Nel contesto del quadro normativo sopra descritto, la questione dell’applicabilità agli avvocati delle disposizioni di cui al comma 7-ter ha provocato richieste di chiarimenti al Consiglio Nazionale Forense da parte di diversi Consigli dell’Ordine degli avvocati, tanto che il CNF ha inteso sollecitare il Governo, con una propria delibera, ad intervenire sulla norma, sottolineandone l’evidente contrasto “con il rigoroso regime di incompatibilità tra l’esercizio della professione forense e il lavoro subordinato” e avanzando le seguenti proposte di modifica:
§ che il reclutamento degli avvocati negli uffici della P.A. e, in particolare, nell’Ufficio per il processo, costituisca una causa necessaria di sospensione dall’esercizio della professione (ai sensi dell’art. 20 della legge n. 247/2012), con iscrizione in una sezione speciale dell’albo, in modo da permettere all’avvocato di conservare il proprio status professionale anche ai fini previdenziali e con assunzione in capo all’amministrazione pubblica dell’onere contributivo nel rispetto della normativa dell’ente previdenziale Cassa Forense al quale è iscritto il professionista;
§ in alternativa, l’introduzione di norme che stabiliscano un severo regime di incompatibilità territoriale, similmente a quanto già previsto dall’ordinamento per la magistratura onoraria, in modo da impedire che lo stesso professionista possa operare nel medesimo circondario in cui è addetto all’Ufficio per il processo, sia come difensore, sia per lo svolgimento di altre funzioni, quali delegato alle vendite, curatore fallimentare, procuratore speciale di minori o amministratore di sostegno.
Sul punto la relazione illustrativa, afferma che “anche su indicazione degli organi rappresentativi dell’Avvocatura si è ritenuto opportuno un chiarimento normativo in ordine all’applicabilità dell’articolo 1, comma 7-ter, del predetto decreto-legge 80 del 2021 anche ai soggetti assunti nell’ufficio per il processo”; tale chiarimento è finalizzato ad evitare che i principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa possano essere “lesi nell’ipotesi di contemporaneo svolgimento delle due attività (lavorativa e professionale) che potrebbe comportare una indebita commistione di interessi confliggenti”.
Nel corso dell’esame in sede referente, è stata approvata una disposizione che aggiunge un ulteriore periodo al comma 2-bis dell’articolo 11 del decreto-legge n. 80/2021, introdotto dall’articolo in esame (v. supra).
In base a tale disposizione, i praticanti avvocato possono cumulare il periodo lavorativo effettuato in qualità di addetto all’ufficio per il processo con il periodo di pratica forense svolto prima dell’assunzione presso l’ufficio del processo, al fine di ottenere il certificato di compiuta pratica. Il ricongiungimento dei due periodi suddetti è consentito anche qualora l’ufficio o la sede di assegnazione non coincidano con la sede del consiglio dell’ordine degli avvocati presso il quale sia iscritto il praticante.
L’emendamento recepisce parzialmente due delle osservazioni contenute nel parere che la Commissione Giustizia ha espresso in sede consultiva sul disegno di legge di conversione del decreto legge in esame, segnatamente quelle sub c) e d), riguardanti, rispettivamente, i praticanti avvocato abilitati e quelli non ancora abilitati all’esercizio della professione.
Il comma 2, lettera b), concerne invece due modifiche all’articolo 14 del decreto-legge n. 80 del 2021.
Il numero 1) sostituisce il secondo periodo del comma 11, al fine di consentire, nel caso in cui all’esito delle procedure concorsuali bandite dal Ministero della giustizia, vi siano distretti nei quali non sono stati coperti tutti i posti messi a concorso, che si possa attingere, tramite scorrimento, dalle graduatorie di altri distretti in cui, per il medesimo profilo rimasto scoperto, siano disponibili candidati che sono risultati idonei ma non vincitori. Per partecipare alla procedura di assegnazione di tali posti i candidati idonei, ma non utilmente collocati, nelle graduatorie distrettuali ancora capienti devono presentare apposita domanda, indicando uno solo dei distretti in cui risultano scoperture di posti. L’assegnazione avviene tramite sulla base della votazione conseguita.
Come ricorda la relazione illustrativa, è garantita la massima omogeneità di valutazione, anche per candidati provenienti da distretti diversi, dal momento che l’ordine di priorità dei partecipanti allo scorrimento si fonda sulla votazione conseguita da ciascuno all’esito della valutazione dei titoli e poi del superamento della prova scritta, secondo i punteggi attribuiti dall’unica Commissione esaminatrice per tutti i distretti.
Resta comunque fermo il vincolo di permanenza nella sede di prima assegnazione per l'intera durata del contratto a tempo determinato, stabilito dall’art. 15 del d.l. n. 80 del 2021 (salva la possibilità di mobilità interna, su domanda del dipendente, presso uffici situati nel medesimo distretto, fondata su circostanze sopravvenute successivamente all'assegnazione della sede, di cui al comma 2 del medesimo art. 15).
Secondo quanto specificato dalla Relazione illustrativa, la sostituzione del secondo periodo del comma 11 dell’art. 14 si è resa necessaria in quanto la procedura precedentemente prevista, individuando le graduatorie da cui attingere secondo un sistema basato sulla contiguità geografica, si è dimostrata inidonea a garantire la completa copertura delle vacanze poiché non teneva conto della circostanza che le graduatorie incapienti riguardano in concreto proprio distretti confinanti tra loro. In particolare, i distretti nei quali si è rilevato il maggior numero di scoperture sono tutti situati nel Centro-Nord del Paese, secondo una tendenza storicamente radicata: si tratta dei distretti di Milano (189 posti vacanti), Venezia (139), Brescia (127) e Genova (118), seguiti dal distretto di Torino, con poco 92 posti vacanti.
Il numero 2) interviene sul comma 12-bis dell’articolo 14, che disciplina la procedura speciale per il distretto di Trento, aggiungendo un periodo allo scopo di autorizzare la commissione esaminatrice, anche in deroga al bando di concorso, ad ammettere a sostenere la prova scritta un numero di candidati pari ad un multiplo non superiore a trenta volte quello dei posti messi a concorso, in base alla graduatoria risultante a seguito della valutazione dei titoli.
Il bando di concorso emesso dalla Commissione RIPAM prevede l’ammissione alla prova scritta di un numero pari a venti volte i posti messi a concorso, analogamente a quanto disposto nella procedura nazionale; la modifica normativa si è resa quindi necessaria per ampliare la platea dei candidati ammessi alla prova scritta, al fine di addivenire alla copertura di tutti i posti messi a concorso. Si ricorda che la procedura, ad oggi in corso, è articolata sui due circondari di Bolzano (ove è tutelata la particolarità linguistica della Provincia, anche con la previsione del necessario possesso dell’attestato di bilinguismo) e di Trento (che invece, presenta criteri sostanzialmente analoghi a quelli previsti nel concorso nazionale); mentre nel circondario di Bolzano il numero di candidature presentato è stato inferiore al multiplo contemplato dal bando di concorso, a Trento risultano pervenute 1584 domande per 51 posti.
Nel titolo II del decreto-legge n. 80/2021, relativo alle misure organizzative per l'attuazione del PNRR, uno specifico Capo è dedicato alle misure urgenti per la giustizia ordinaria e amministrativa (artt. 11-17).
In particolare, gli articoli 11, 12 e 13 del decreto-legge sono volti a realizzare la piena operatività delle strutture organizzative dell'ufficio del processo, secondo quanto previsto nel PNRR. A tal fine, il decreto-legge:
autorizza l'assunzione di addetti all'ufficio per il processo: 16.500 unità nell'ambito della giustizia ordinaria, e 326 unità, nell'ambito della giustizia amministrativa; entrambi i contingenti saranno assunti in due scaglioni, con contratto di lavoro a tempo determinato;
con riferimento alle procedure assunzionali nell'ambito della giustizia ordinaria, specifica i titoli richiesti per l'accesso, i profili professionali e il trattamento economico; individua altresì i profili professionali per le assunzioni da parte della giustizia amministrativa;
specifica che il servizio prestato con merito al termine del rapporto di lavoro presso l'ufficio del processo costituirà titolo per l'accesso al concorso in magistratura; equivarrà ad un anno di tirocinio professionale per l'accesso alla professione di avvocato e di notaio e ad un anno di frequenza dei corsi della scuola di specializzazione per le professioni legali e potrà essere titolo di preferenza per l'accesso alla magistratura onoraria; inoltre, nelle successive procedure di selezione di personale a tempo indeterminato, il servizio prestato con merito darà diritto a un punteggio aggiuntivo.
Il provvedimento demanda al Ministro della giustizia l'individuazione dei tribunali e delle corti di appello cui assegnare gli addetti all'ufficio per il processo mentre provvede direttamente per quanto riguarda la collocazione del personale assunto a tempo determinato per la giustizia amministrativa.
L'individuazione delle modalità di utilizzo degli addetti all'ufficio del processo è demandata ai singoli capi degli uffici giudiziari, di concerto con i dirigenti amministrativi, tramite la predisposizione di uno specifico progetto organizzativo.
Oltre a personale di formazione giuridica, l'ufficio del processo potrà beneficiare anche di assunzioni a tempo determinato di 5.410 unità di personale di formazione tecnica, chiamato a supportare gli obiettivi del Ministero individuati dal PNRR anche con riferimento all'edilizia giudiziaria e alla digitalizzazione.
L'articolo 14 disciplina le procedure assunzionali per tutte le unità di personale con contratto di lavoro a tempo determinato e l'articolo 15 impone al personale l'obbligo di permanenza nella sede di assegnazione per l'intera durata del contratto a tempo; ogni forma di mobilità interna potrà riguardare soltanto uffici situati nel medesimo distretto e il personale assunto non potrà essere comandato, distaccato o assegnato presso altre pubbliche amministrazioni. In base all'articolo 16, l'Amministrazione giudiziaria ordinaria e la giustizia amministrativa dovranno assicurare l'informazione, la formazione e la specializzazione di tutto il personale a tempo determinato assunto.
L'articolo 17 prevede la costante rilevazione di ogni dato conferente per la valutazione, anche in corso d'opera, della attuazione della misura nell'ambito del PNRR, stabilendo nel contempo disposizioni per lo smaltimento dell'arretrato. Inoltre, la disposizione novella sia il codice del processo amministrativo sia le norme di attuazione del medesimo codice, in materia di udienze pubbliche e procedimenti in camera di consiglio, inserendovi la previsione che le udienze straordinarie dedicate allo smaltimento dell'arretrato sono svolte da remoto. Detta previsione è tesa a evitare la formazione di nuovo arretrato.
Articolo 34
(Modifiche urgenti alla normativa nazionale concernente
la Procura europea « EPPO »)
L’articolo 34 apporta alcune modifiche al decreto legislativo n. 9 del 2021, che contiene le disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/1939, relativo all'istituzione della Procura europea «EPPO». Al riguardo il decreto legge:
§ innalza il limite di età per i magistrati che si candidano all’incarico di procuratore europeo delegato (PED) (comma 1, lett. a), n.1);
§ introduce una specifica disciplina relativa alla designazione di PED addetti esclusivamente alla trattazione dei giudizi innanzi alla Corte di cassazione, specificando che in tal caso le candidature possono essere presentate dai soli magistrati che svolgono o che abbiano svolto le funzioni di legittimità (comma 1, lett. a), n.1));
§ apporta numerose modifiche volte al coordinamento con la nuova disciplina sui PED di legittimità, riguardanti tra l’altro la sede in relazione alla quale la dichiarazione di disponibilità viene presentata dai candidati, le limitazioni connesse al tramutamento di funzioni, i provvedimenti organizzativi che il Procuratore generale presso la Corte di cassazione dovrà adottare in conseguenza della nomina dei suddetti PED, la riassegnazione di questi ultimi in caso di cessazione dell’incarico (comma 1, lett. a), nn. 2, 3 e 4; lett. b), nn. 1 e 2; lett. e));
§ specifica che, la riassegnazione del PED alla sede di provenienza, una volta cessato l’incarico, non comporta, in alcun caso, il conferimento delle funzioni direttive o semidirettive, ove in precedenza svolte (lett. b), n. 3);
§ interviene sul regime contributivo dei procuratori europei delegati (comma 1, lett. c);
§ dedica specifiche disposizioni agli obblighi di comunicazione al Procuratore capo europeo di determinati provvedimenti adottati dal CSM (cessazione dal servizio; disciplinari, anche di natura cautelare e trasferimento di ufficio) modificando altresì la disciplina affinché il Procuratore stesso possa esprimere il consenso prima che il procedimento disciplinare nei confronti del PED sia iniziato, in conformità con quanto richiesto dal Regolamento europeo (comma 1, lett. f) e g));
§ modifica la tabella relativa al Ruolo organico della magistratura ordinaria includendo tra i magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di legittimità quelli destinati all’esercizio delle funzioni di procuratori europei delegati innanzi alla Corte di cassazione (comma 2).
Con il Regolamento (UE) 2017/1939 - relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura Europea “EPPO”, cui hanno aderito 22 Stati membri - è stata istituita la Procura Europea, competente per tutti i reati che offendono gli interessi finanziari dell’Unione Europea.
La Procura Europea (EPPO) risulta organizzata a livello centrale e a livello decentrato (art. 8). Il livello centrale è composto: - dal Procuratore Capo Europeo (PCE), che organizza il lavoro dell’EPPO e ne dirige le attività (art. 11); - dal Collegio, a sua volta composto dal PCE che lo presiede e dai Procuratori Europei (PE), uno per ciascuno stato membro (art. 9); - dalle Camere permanenti, presiedute dal PCE o da uno dei suoi sostituti, composte, oltre che dal PCE, da due membri permanenti (art. 10); - dai Procuratori Europei (PE), che supervisionano le indagini e le azioni penali di cui sono responsabili i Procuratori Europei Delegati (art. 12); - dal direttore amministrativo. Il livello decentrato è costituito dai Procuratori Europei Delegati (PED), aventi sede negli Stati membri, integrati nelle giurisdizioni nazionali ma dipendenti funzionalmente ed economicamente dalla Procura Europea (art. 13). Ai sensi dell’art. 4 del Regolamento, l’EPPO è l’unica autorità inquirente competente per i reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione, che sono stati individuati dalla Direttiva UE 2017/1371, recepita in Italia con D.Lvo 14 luglio 2020, n. 75. L’EPPO esercita le proprie funzioni sul territorio degli Stati membri (svolge indagini, esercita l’azione penale e svolge le funzioni di pubblico ministero dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri fino alla pronuncia della sentenza definitiva) attraverso i procuratori europei delegati (PED).
I procuratori europei delegati, ai sensi del Regolamento, “agiscono per conto dell’EPPO nei rispettivi Stati membri e dispongono degli stessi poteri dei procuratori nazionali in materia di indagine, azione penale e atti volti a rinviare casi a giudizio”, potendo “espletare anche le funzioni di pubblici ministeri nazionali” (art. 13, paragrafi 1 e 3); essi “sono membri attivi delle procure o della magistratura dei rispettivi Stati membri che li hanno designati. Essi offrono tutte le garanzie di indipendenza, possiedono le qualifiche necessarie e vantano una rilevante esperienza pratica relativa al loro sistema giuridico nazionale” (art. 17, paragrafo 2).
Con il decreto legislativo n. 9 del 2021, sono state adottate le “Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939”.
Dopo la nomina del Procuratore Capo Europeo e dei Procuratori Europei (uno per ciascuno Stato Membro), con l’accordo tra il Ministro e il Procuratore Capo Europeo, previsto dall’art. 13, paragrafo 2, del Regolamento UE 2017/1939 e dall’art. 4 comma 1 D.Lgs. 9/21, sono stati determinati il numero e la distribuzione funzionale e territoriale dei procuratori europei delegati (PED) (vedi infra). In particolare:
§ il 25 febbraio 2021 il CSM - autorità competente a designare i procuratori europei delegati ai fini della loro nomina da parte del collegio della Procura Europea – ha adottato la Delibera sui criteri e la procedura per la valutazione delle dichiarazioni di disponibilità e la designazione dei procuratori europei delegati dello Stato Italiano
§ il 1° aprile 2021 è stato concluso il previsto accordo tra l’attuale Ministra della giustizia e la nominata Procuratrice capo europea sul funzionamento della Procura Europea;
§ nelle sedute del 28 e 29 aprile 2021, il plenum del CSM ha designato quindici dei venti procuratori europei delegati.
La Procura europea è operativa dal 1° giugno 2021[75].
Nello specifico, il comma 1, lettera a) modifica l’articolo 5 del decreto legislativo n. 9 del 2021, relativo alla disciplina dell’autorità competente e del procedimento per la designazione dei procuratori europei delegati (PED).
In primo luogo il limite di età per i magistrati che si candidano all’incarico di procuratore europeo delegato viene innalzato da 59 a 64 anni (lettera a), n. 1).
Si ricorda che l’art. 5, comma 3, nella formulazione antecedente all’entrata in vigore del decreto-legge in esame, prevedeva che potessero candidarsi per l'incarico di procuratore europeo delegato i magistrati, anche se collocati fuori dal ruolo organico della magistratura o in aspettativa, che alla data di presentazione della dichiarazione di disponibilità non avessero compiuto il cinquantanovesimo anno di età e avessero conseguito almeno la terza valutazione di professionalità.
Inoltre, aggiungendo un periodo al comma 3 dell’articolo 5 del D.lgs. 19/2021, si specifica che quando - in seguito ad accordo tra il Procuratore capo europeo e il Ministro della giustizia – si provveda alla designazione di procuratori europei delegati addetti esclusivamente alla trattazione dei giudizi innanzi alla Corte di cassazione, la legittimazione alla presentazione della dichiarazione di disponibilità per la designazione all’incarico di PED presso la Procura generale della Corte di cassazione è attribuita ai soli magistrati che svolgono o che abbiano svolto le funzioni di legittimità (lettera a), n.1)).
Conseguentemente, come si ricava dal testo a fronte inserito in calce alla scheda di lettura:
§ è modificato il comma 4 del medesimo articolo specificandosi che nei predetti casi la dichiarazione di disponibilità si intende presentata in relazione alla Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione (lettera a) n.2);
§ è modificato il comma 5 del medesimo articolo, relativo alla valutazione da parte del CSM delle candidature, coordinandolo alle nuove disposizioni introdotte e specificando che nel caso di tramutamento di funzioni, l'anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche; resta ferma, al di fuori dei casi dei PED presso la Procura della Cassazione, l’applicazione delle disposizioni vigenti relative al passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa (lettera a), n.3);
§ sono coordinate con le nuove disposizioni le disposizioni contenute nel comma 6 relative alla designazione dei PED da parte del CSM (lettera a) n. 4).
Con riguardo al numero e alla distribuzione funzionale e territoriale dei procuratori europei delegati, il Regolamento rimette ogni decisione in proposito alla conclusione di un accordo con il procuratore capo europeo da parte della competente autorità nazionale che, nel caso italiano, il decreto legislativo 9/2021 ha indicato nel Ministro della giustizia.
Nello specifico, l’articolo 13, comma 2, del Regolamento EPPO, prevede che in ciascuno Stato membro siano presenti due o più procuratori europei delegati e che il procuratore capo europeo, dopo essersi consultato e aver raggiunto un accordo con le competenti autorità degli Stati membri, approva il numero dei procuratori europei delegati nonché la ripartizione funzionale e territoriale delle competenze tra i procuratori europei delegati all’interno di ciascuno Stato membro.
Dopo la nomina del Procuratore Capo Europeo e dei Procuratori Europei (uno per ciascuno Stato Membro), con l’accordo tra il Ministro e il Procuratore Capo Europeo, previsto dall’art. 13, paragrafo 2, del Regolamento UE 2017/1939 e dall’art. 4 comma 1 D.lgs 9/21, sono stati determinati il numero e la distribuzione funzionale e territoriale dei procuratori europei delegati (PED). Con riferimento alla distribuzione territoriale, le sedi individuate sono:
§ Roma (tre Ped), per i distretti di Roma, Perugia, Cagliari e L’Aquila;
§ Milano (tre Ped), per i distretti di Milano e Brescia;
§ Napoli (due Ped), per i distretti di Napoli e Salerno;
§ Bologna (due Ped) per i distretti di Bologna, Ancona e Firenze;
§ Palermo (due Ped) per i distretti di Palermo Catania, Caltanissetta e Messina;
§ Venezia (due Ped), per i distretti di Venezia, Trieste e Trento;
§ Torino (due Ped), per i distretti di Torino e Genova;
§ Bari (due Ped), per i distretti di Bari, Lecce e Campobasso;
§ Catanzaro (due Ped), per i distretti di Catanzaro, Reggio Calabria e Potenza.
All’accordo è poi seguito il D.M. 15 aprile 2021, concernente la “Determinazione del contingente complessivo dei Procuratori Europei Delegati e individuazione delle sedi di servizio”, con il quale – conformemente al predetto accordo – il numero dei PED è stato determinato in 20 unità complessive, distribuite nelle 9 sedi sopra indicate (sette con due PED e due con tre PED). Il CSM, con delibera del 28.4.2021, ha designato 15 PED per 7 delle 9 sedi stabilite (sono rimasti vacanti, per assenza di aspiranti, un posto dei due previsti presso la sede di Bologna; i due posti previsti per la sede di Bari; i due posti previsti per la sede di Catanzaro).
La Relazione illustrativa specifica al riguardo che il Ministro ha comunicato che intende formulare al PCE una proposta di accordo integrativo, finalizzata alla designazione di due ulteriori PED, già incardinati presso la Procura generale della Corte di Cassazione, dal momento che l’ordinamento interno riserva le funzioni di legittimità ai soli magistrati che ne siano effettivi titolari.
Normativa previgente |
Decreto-legge n. 17 del 2022 |
Decreto legislativo n. 9 del 2021 |
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Art. 5 Autorità competente e procedimento per la designazione dei procuratori europei delegati |
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1. Il Consiglio superiore della magistratura è l'autorità competente a designare i procuratori europei delegati ai fini della loro nomina da parte del collegio della Procura europea, ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, del regolamento. |
1. Identico |
2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Consiglio superiore della magistratura determina con propria delibera i criteri e la procedura per la valutazione delle dichiarazioni di disponibilità e la designazione dei candidati, nel rispetto delle qualifiche e dei requisiti previsti dall'articolo 17 del regolamento e dal presente decreto. Nell'individuazione dei criteri di valutazione specifico rilievo è accordato all'esperienza maturata dal magistrato nella conduzione di indagini relative a reati contro la pubblica amministrazione e in materia di criminalità economica e finanziaria, nonché alle sue competenze nel settore della cooperazione giudiziaria internazionale. |
2. Identico |
3. Possono candidarsi per l'incarico di procuratore europeo delegato i magistrati, anche se collocati fuori dal ruolo organico della magistratura o in aspettativa, i quali alla data di presentazione della dichiarazione di disponibilità alla designazione non hanno compiuto il cinquantanovesimo anno di età e hanno conseguito almeno la terza valutazione di professionalità. . |
3. Possono candidarsi per l'incarico di procuratore europeo delegato i magistrati, anche se collocati fuori dal ruolo organico della magistratura o in aspettativa, i quali alla data di presentazione della dichiarazione di disponibilità alla designazione non hanno compiuto il sessantaquattresimo anno di età e hanno conseguito almeno la terza valutazione di professionalità. Quando l'accordo di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento prevede la designazione di procuratori europei delegati addetti in via esclusiva alla trattazione dei giudizi innanzi alla Corte di cassazione, la dichiarazione di disponibilità a ricoprire tale incarico può essere presentata unicamente da magistrati che svolgono o che hanno svolto funzioni di legittimità. |
4. I magistrati interessati presentano una dichiarazione di disponibilità in relazione a una o più delle sedi indicate nell'articolo 10, allegando ogni elemento ritenuto utile a dimostrare una conoscenza adeguata della lingua di lavoro adottata dal collegio della Procura europea ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 2, del regolamento, nonché il possesso degli altri requisiti richiesti dall'articolo 17 del regolamento e dalla delibera del Consiglio superiore della magistratura di cui al comma 2.
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4. I magistrati interessati presentano una dichiarazione di disponibilità in relazione a una o più delle sedi indicate nell'articolo 10, allegando ogni elemento ritenuto utile a dimostrare una conoscenza adeguata della lingua di lavoro adottata dal collegio della Procura europea ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 2, del regolamento, nonché il possesso degli altri requisiti richiesti dall'articolo 17 del regolamento e dalla delibera del Consiglio superiore della magistratura di cui al comma 2. Nel caso di cui al comma 3, secondo periodo, la dichiarazione di disponibilità si intende presentata in relazione alla Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione. |
5. Il Consiglio superiore della magistratura valuta, in relazione a ciascuna delle sedi indicate nell'articolo 10, le dichiarazioni di disponibilità pervenute nel rispetto delle disposizioni cui all'articolo 13, commi 3, 4 e 5, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e dei criteri di cui alla delibera prevista dal comma 2. Non si applica il termine previsto dall'articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12. |
5. Il Consiglio superiore della magistratura valuta, in relazione a ciascuna delle sedi indicate ai sensi del comma 4 dai magistrati interessati, le dichiarazioni di disponibilità pervenute nel rispetto dei criteri di cui alla delibera prevista dal comma 2. Nel caso di tramutamento di funzioni, l'anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche. Fuori del caso di cui al comma 3, secondo periodo, si osservano, in relazione a ciascuna delle sedi indicate nell'articolo 10, le disposizioni cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160. Non si applica il termine previsto dall'articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12. |
6. Entro trenta giorni dalla presentazione delle dichiarazioni di disponibilità, il Consiglio superiore della magistratura designa con delibera motivata, per ciascuna delle sedi indicate nell'articolo 10, un numero di magistrati idonei corrispondente a quello indicato dal procuratore capo europeo all'esito della negoziazione di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento. |
6. Entro trenta giorni dalla presentazione delle dichiarazioni di disponibilità, il Consiglio superiore della magistratura designa con delibera motivata, per ciascuna delle sedi indicate nell'articolo 10, e, nel caso di cui al comma 3, secondo periodo, per la Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione un numero di magistrati idonei corrispondente a quello indicato dal procuratore capo europeo all'esito della negoziazione di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento. |
7. Il Ministro della giustizia procede alla immediata comunicazione al procuratore capo europeo dei nominativi dei magistrati designati. |
7. Identico |
Il comma 1, lettera b) modifica l’articolo 6 del decreto legislativo n. 9 del 2021 concernente la disciplina dei provvedimenti conseguenti alla nomina dei procuratori europei delegati, con particolare riguardo all’assegnazione degli stessi alle sedi, all’esonero dal carico di lavoro ordinario nonché alla riassegnazione alla sede di provenienza alla cessazione dell’incarico.
In particolare le modifiche dei commi 1 e 2 (lettera b) nn. 1) e 2) sono di coordinamento con l’introduzione delle nuove disposizioni relative ai PED destinati alla Procura generale presso la Corte di cassazione.
Anche la modica al comma 3 (lett. b, n.3) coordina la disciplina della riassegnazione del magistrato nominato PED, con l’introduzione dei PED di legittimità. La medesima disciplina viene inoltre integrata al fine di chiarire che, la riassegnazione alla sede di provenienza non comporta, in alcun caso, il conferimento delle funzioni direttive o semidirettive, ove in precedenza svolte.
Normativa previgente |
Decreto-legge n. 17 del 2022 |
Decreto legislativo n. 9 del 2021 |
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Art. 6 Provvedimenti conseguenti alla nomina dei procuratori europei delegati |
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1. Il Consiglio superiore della magistratura destina i magistrati nominati procuratori europei delegati alle sedi indicate nell'articolo 10, disponendo il trasferimento e, se necessario, il mutamento di funzioni degli stessi nel rispetto delle disponibilità manifestate in relazione alle sedi di tramutamento e delle disposizioni cui all'articolo 13, commi 3, 4 e 5 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 |
1. Il Consiglio superiore della magistratura destina i magistrati nominati procuratori europei delegati alle sedi indicate nell'articolo 10, disponendo il trasferimento e, se necessario, il mutamento di funzioni degli stessi nel rispetto delle disponibilità manifestate in relazione alle sedi di tramutamento e delle disposizioni cui all'articolo 13, commi 3, 4 e 5 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160. Fermo quanto previsto dall'articolo 5, comma 5, allo stesso modo il Consiglio superiore della magistratura provvede per la destinazione alla Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione dei magistrati nominati procuratori europei delegati addetti in via esclusiva alla trattazione dei giudizi innanzi alla Corte di cassazione. |
2. Con la delibera di trasferimento, qualora l'accordo di cui all'articolo 4, comma 1, preveda che il magistrato nominato procuratore europeo delegato eserciti anche le funzioni di pubblico ministero nazionale, il Consiglio superiore della magistratura dispone l'esonero parziale dall'attività giudiziaria ordinaria in misura corrispondente a quella convenuta nell'accordo. Le funzioni di pubblico ministero nazionale sono esercitate presso la procura della Repubblica di assegnazione di cui al comma 1.
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2. Con la delibera di trasferimento, qualora l'accordo di cui all'articolo 4, comma 1, preveda che il magistrato nominato procuratore europeo delegato eserciti anche le funzioni di pubblico ministero nazionale, il Consiglio superiore della magistratura dispone l'esonero parziale dall'attività giudiziaria ordinaria in misura corrispondente a quella convenuta nell'accordo. Le funzioni di pubblico ministero nazionale sono esercitate presso la procura della Repubblica di assegnazione di cui al comma 1 e, nel caso di cui all'articolo 5, comma 3, secondo periodo, presso la Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione. |
3. Alla cessazione dell'incarico di procuratore europeo delegato, il magistrato ha diritto ad essere riassegnato, a domanda, alla sede di provenienza, con le precedenti funzioni, anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze. In mancanza di una domanda di riassegnazione alla sede di provenienza o di trasferimento ad altra sede, il magistrato cessato dall'incarico di procuratore europeo delegato resta assegnato alla procura della Repubblica cui è stato trasferito ai sensi del comma 1, anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze.. |
3.. Alla cessazione dell'incarico di procuratore europeo delegato, il magistrato ha diritto ad essere riassegnato, a domanda, alla sede di provenienza, con le precedenti funzioni, anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze, previo nuovo conferimento delle funzioni giudicanti ove necessario. La riassegnazione alla sede di provenienza non comporta, in alcun caso, il conferimento delle funzioni direttive o semidirettive, ove in precedenza svolte. In mancanza di una domanda di riassegnazione alla sede di provenienza o di trasferimento ad altra sede, il magistrato cessato dall'incarico di procuratore europeo delegato resta assegnato alla procura della Repubblica cui è stato trasferito ai sensi del comma 1 o, nel caso di cui all'articolo 5, comma 3, secondo periodo, alla Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze. |
Il comma 1, lettera c), interviene sull’articolo 7, comma 3, del d. lgs. n. 9 del 2021, relativo al regime contributivo dei procuratori europei delegati.
L’art.7, comma 3, del D.lgs. 9/2021 prevede che il versamento dei contributi previdenziali dei PED sia integralmente posto a carico del Ministero della giustizia, fatto salvo il rimborso all'amministrazione della quota previdenziale posta a carico del magistrato nominato procuratore europeo delegato, secondo le aliquote vigenti.
In particolare la disposizione specifica che la quota previdenziale posta a carico del magistrato nominato PED non dovrà essere rimborsata all’amministrazione, nei casi in cui la quota stessa sia stata già computata nel trattamento economico erogato dalla Procura europea.
Secondo quanto specificato dalla Relazione tecnica, allegata al decreto legge in esame, tale modifica si rende necessaria al fine di rispettare il principio di parità retributiva previsto dall’articolo 96, paragrafo 6, del regolamento EPPO, laddove obbliga gli Stati membri a « garanti[r]e [...] che la remunerazione complessiva di un procuratore europeo delegato non sia inferiore a quella che gli sarebbe spettata se avesse mantenuto solo la carica di procuratore nazionale ».
Si ricorda, al riguardo, che l’art. 96 del Regolamento 2017/1939/UE, relativo al trattamento del personale dell’EPPO, garantisce (par. 6) l'esistenza di disposizioni adeguate affinché siano mantenuti i diritti dei procuratori europei delegati in materia di previdenza sociale, pensioni e copertura assicurativa previsti dal regime nazionale. La medesima norma garantisce altresì che la remunerazione complessiva di un procuratore europeo delegato non sia inferiore a quella che gli sarebbe spettata se avesse mantenuto solo la carica di procuratore nazionale.
Normativa previgente |
Decreto-legge n. 17 del 2022 |
Decreto legislativo n. 9 del 2021 |
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Art. 7 Trattamento economico e regime contributivo dei procuratori europei delegati europei delegati |
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1. Dalla data di decorrenza degli effetti economici del contratto di assunzione sottoscritto con la Procura europea dal magistrato nominato procuratore europeo delegato, cessa il trattamento economico erogato a suo favore dal Ministero della giustizia. In caso di esonero parziale, il Ministero della giustizia provvede a rimborsare alla Procura europea la quota di trattamento economico spettante per lo svolgimento dell'ordinaria attività di procuratore nazionale. |
1. Identico |
2. In ogni caso, il periodo di servizio prestato nella qualità di procuratore europeo delegato è computato ai fini della progressione economica per anzianità di servizio e agli effetti del trattamento di quiescenza e di previdenza, da determinarsi con riferimento al trattamento economico goduto alla data di assunzione dell'incarico e alla progressione di esso per anzianità di servizio. |
2. Identico |
3. Il versamento dei contributi previdenziali, commisurati sulla base del trattamento economico individuato ai sensi del comma 2, è integralmente posto a carico del Ministero della giustizia, fatto salvo il rimborso all'amministrazione della quota previdenziale posta a carico del magistrato nominato procuratore europeo delegato, secondo le aliquote vigenti. |
3. Il versamento dei contributi previdenziali, commisurati sulla base del trattamento economico individuato ai sensi del comma 2, è integralmente posto a carico del Ministero della giustizia, fatto salvo il rimborso all'amministrazione della quota previdenziale posta a carico del magistrato nominato procuratore europeo delegato, secondo le aliquote vigenti, ad esclusione dei casi in cui tale quota risulti già computata nel trattamento economico erogato dalla Procura Europea. |
Il comma 1, lettera d) interviene sull’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 9 del 2021 che attribuisce ai procuratori europei delegati le funzioni ed i poteri spettanti ai pubblici ministeri nazionali in relazione ai procedimenti di competenza della Procura europea (tanto per i procedimenti per i quali EPPO ha deciso di avviare un’indagine, quanto per quelli che EPPO abbia avocato in una fase successiva all’avvio delle indagini).
La novella aggiunge un periodo al comma 1, per specificare che l’esercizio delle funzioni dei PED addetti in via esclusiva alla trattazione dei giudizi innanzi alla Corte di cassazione è limitato alle sole udienze penali.
La disposizione in commento richiama infatti l’art. 76, comma 1, dell’Ordinamento giudiziario - R.D. n. 12 del 1941 (Attribuzioni del pubblico ministero presso la Corte suprema di cassazione) limitatamente alla lettera a), in base alla quale il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude in tutte le udienze penali.
Normativa previgente |
Decreto-legge n. 17 del 2022 |
Decreto legislativo n. 9 del 2021 |
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Art. 9 Poteri dei procuratori europei delegati e del procuratore europeo |
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1. In relazione ai procedimenti per i quali la Procura europea ha assunto la decisione di avviare o avocare un'indagine, i procuratori europei delegati esercitano, in via esclusiva e fino alla definizione del procedimento, nell'interesse della Procura europea e conformemente alle disposizioni del regolamento e del presente decreto, le funzioni e i poteri spettanti ai pubblici ministeri nazionali. |
1. In relazione ai procedimenti per i quali la Procura europea ha assunto la decisione di avviare o avocare un'indagine, i procuratori europei delegati esercitano, in via esclusiva e fino alla definizione del procedimento, nell'interesse della Procura europea e conformemente alle disposizioni del regolamento e del presente decreto, le funzioni e i poteri spettanti ai pubblici ministeri nazionali. I magistrati nominati procuratori europei delegati addetti in via esclusiva alla trattazione dei giudizi innanzi alla Corte di cassazione esercitano le sole funzioni di cui all'articolo 76, comma 1, lettera a), e comma 2, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12. |
Il comma 1, lettera e), modifica l’articolo 10 del d.lgs. n. 9 del 2021, con riguardo ai provvedimenti organizzativi che i dirigenti delle procure devono adottare per integrare i procuratori europei delegati nell'ambito dell'ufficio di destinazione; tale disciplina è estesa altresì alla Procura generale presso la Corte di cassazione, in conseguenza dell’introduzione da parte del decreto legge in esame dei PED di legittimità.
Normativa previgente |
Decreto-legge n. 17 del 2022 |
Decreto legislativo n. 9 del 2021 |
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Art. 10 Sedi dei procuratori europei delegati |
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3. Nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto del Ministro della giustizia di cui al comma 1, i dirigenti delle procure della Repubblica individuate quali sedi dei procuratori europei delegati adottano i provvedimenti organizzativi necessari a favorire la piena integrazione dei procuratori europei delegati nell'ambito dell'ufficio e a dotarli delle unità di personale amministrativo, dei locali e dei beni strumentali di cui al comma 2, assicurando in ogni caso l'eguaglianza di trattamento rispetto ai procuratori pubblici ministeri nazionali nelle condizioni generali di lavoro e nella fruizione dell'ambiente lavorativo |
3. Nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto del Ministro della giustizia di cui al comma 1, i dirigenti delle procure della Repubblica individuate quali sedi dei procuratori europei delegati adottano i provvedimenti organizzativi necessari a favorire la piena integrazione dei procuratori europei delegati nell'ambito dell'ufficio e a dotarli delle unità di personale amministrativo, dei locali e dei beni strumentali di cui al comma 2, assicurando in ogni caso l'eguaglianza di trattamento rispetto ai procuratori pubblici ministeri nazionali nelle condizioni generali di lavoro e nella fruizione dell'ambiente lavorativo. Allo stesso modo provvede il Procuratore generale presso la Corte di cassazione nel caso di nomina di procuratori europei delegati addetti in via esclusiva alla trattazione dei giudizi innanzi alla Corte di cassazione. |
Il comma 1, lettera f) modifica il comma 1 dell’articolo 12 del decreto legislativo n. 9, in relazione alla necessaria comunicazione al Procuratore capo europeo di determinati provvedimenti (di cessazione dal servizio; disciplinari, anche di natura cautelare e di trasferimento di ufficio) adottati dal CSM nei confronti del procuratore europeo delegato, per motivi non connessi alle sue responsabilità derivanti dal Reg. EPPO.
La novella è volta ad anticipare l’obbligo di comunicazione dalla fase esecutiva dei provvedimenti alla fase che precede l’inizio del procedimento.
Per definire il quadro giuridico applicabile nel nostro ordinamento nazionale alla responsabilità disciplinare dei Procuratori europei delegati, occorre tenere conto del testo dell’art. 17 par. 4 del Regolamento (UE) 2017/1939, che impone agli Stati membri un duplice onere: a) un onere di preventiva informazione al Procuratore capo europeo prima di attivarsi per la rimozione dall’incarico o l’adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti di un Procuratore europeo delegato per motivi non connessi alle responsabilità derivanti dal Regolamento; b) un onere di ottenere il consenso del Procuratore capo europeo per la rimozione dall’incarico o l’adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti di un Procuratore europeo delegato per motivi connessi alle responsabilità derivanti dal Regolamento.
Come sottolineato altresì nella Relazione illustrativa, la modifica risponde alla finalità di assicurare la piena conformità della disciplina interna alla previsione dell’articolo 17, paragrafo 4, del regolamento EPPO, secondo il quale «Se uno Stato membro decide la rimozione dall'incarico o l'adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti di un procuratore nazionale nominato procuratore europeo delegato per motivi non connessi alle responsabilità che gli derivano dal presente regolamento, esso informa il procuratore capo europeo prima di attivarsi in tal senso. […]».
Normativa previgente |
Decreto-legge n. 17 del 2022 |
Decreto legislativo n. 9 del 2021 |
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Art. 12 Comunicazione al procuratore capo europeo di provvedimenti riguardanti i procuratori europei delegati |
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1. I provvedimenti che comportano la cessazione dal servizio, i provvedimenti di trasferimento di ufficio e i provvedimenti disciplinari, anche di natura cautelare, adottati per motivi non connessi alle responsabilità derivanti dal regolamento nei confronti dei magistrati nominati procuratori europei delegati, sono eseguiti solo dopo averne dato comunicazione al procuratore capo europeo. |
1. Quando nei confronti del magistrato nominato procuratore europeo delegato occorre avviare a un procedimento che possa comportare, per motivi non connessi alle responsabilità derivanti dal regolamento, la cessazione dal servizio, il trasferimento di ufficio o l'adozione, anche in via cautelare, di provvedimenti disciplinari, prima di dare inizio al procedimento è data comunicazione al procuratore capo europeo. |
Il comma 1, lettera g), interviene sull’articolo 13 del d.lgs. n. 9 del 2021, che disciplina il procedimento disciplinare nei confronti dei procuratori europei delegati per fatti connessi alle loro responsabilità derivanti dal regolamento EPPO, e stabilisce che l’azione disciplinare in Italia possa essere promossa solo con il consenso del procuratore capo europeo.
La novella incide sul comma 2 del citato articolo 13, specificando che il Ministro della giustizia prima di promuovere l’azione disciplinare (e nello specifico prima di trasmettere la richiesta di indagini) nei confronti del PED deve comunicarlo al procuratore generale presso la Cassazione in modo tale che lo stesso possa acquisire il consenso del procuratore capo europeo prima che il procedimento sia iniziato, in conformità con quanto richiesto dal Regolamento europeo.
La disposizione richiama l’art. 14 del decreto legislativo n. 109 del 2006, relativo alla titolarità dell'azione disciplinare che, come è noto, può essere promossa dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione. In particolare, in base al comma 2 dell’articolo richiamato, il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere, entro un anno dalla notizia del fatto, l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Quest’ultimo, a sua volta, ha l'obbligo di esercitare l'azione disciplinare dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede (comma 3).
Si ricorda che l’art. 17 del Reg. (UE) 2017/1939, nella seconda parte del par. 4 prevede che: «[…] Uno Stato membro non può rimuovere dall'incarico un procuratore europeo delegato o adottare provvedimenti disciplinari nei suoi confronti per motivi connessi alle responsabilità che gli derivano dal presente regolamento senza il consenso del procuratore capo europeo. Se il procuratore capo europeo non dà il suo consenso, lo Stato membro interessato può chiedere al collegio di esaminare la questione».
Secondo quanto riportato nella Relazione illustrativa, anche tale intervento è finalizzato a rimuovere un possibile problema di conformità della norma con il Regolamento europeo. Nella formulazione dell’articolo 13, comma 2, del D.lgs. 9/2021 si prevedeva che il procuratore generale della Cassazione chiedesse al procuratore capo europeo di esprimere il consenso, in seguito ad una richiesta di indagini da parte del Ministro della giustizia. Tuttavia la formulazione della richiesta da parte del Ministro già segna l’inizio dell’azione disciplinare: la disposizione in commento anticipa dunque l’obbligo di comunicazione del Ministro della giustizia affinché il procuratore capo europeo possa esprimersi prima dell’avvio del procedimento.
Normativa previgente |
Decreto-legge n. 17 del 2022 |
Decreto legislativo n. 9 del 2021 |
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Art. 13 Procedimenti disciplinari nei confronti dei procuratori europei delegati per motivi connessi alle responsabilità derivanti dal regolamento |
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1. Quando è fondato su motivi connessi alle responsabilità derivanti dal regolamento, il procedimento disciplinare nei confronti del magistrato nominato procuratore europeo delegato può essere iniziato solo dopo aver acquisito il consenso del procuratore capo europeo.
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1. Identico |
2. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione richiede al procuratore capo europeo di esprimere il consenso ai sensi del comma 1 una volta ricevuta la richiesta di indagini dal Ministro della giustizia o prima di effettuare la comunicazione al Consiglio superiore della magistratura prevista dall'articolo 14, comma 3, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109.
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2. All'acquisizione del consenso del procuratore capo europeo provvede, in ogni caso, il procuratore generale presso la Corte di cassazione. A tal fine, prima di trasmettere la richiesta di indagini di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, il Ministro della giustizia comunica al procuratore generale presso la Corte di cassazione che intende promuovere l'azione disciplinare. |
Il comma 2 infine, modifica la tabella relativa al Ruolo organico della magistratura ordinaria (tabella B annessa alla legge 5 marzo 1991, n. 71) includendo tra i magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di legittimità (lett. E della tabella) quelli «destinati all’esercizio delle funzioni di procuratori europei delegati innanzi alla Corte di cassazione».
Articolo 35
(Anagrafe dei dipendenti della pubblica amministrazione)
L’articolo 35 prevede l’istituzione dell’Anagrafe dei dipendenti della pubblica amministrazione, al fine del completo raggiungimento dei traguardi e degli obiettivi relativi alla Missione “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA” del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché del completamento del fascicolo elettronico del dipendente.
Per le suddette finalità, il nuovo articolo 34-ter del D.lgs. 165/2001 – introdotto dalla norma in commento - dispone che presso il Dipartimento della funzione pubblica venga avviato il censimento anagrafico permanente dei dipendenti pubblici, avvalendosi della base di dati del personale della PA del Ministero dell’economia e delle finanze, strumentale all’erogazione dei servizi di pagamento delle retribuzioni (di cui all’art. 11, co. 9, del D.L. 98/2011), ed ampliata in attuazione del Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione 2017-2019, nel rispetto della normativa nazionale ed europea relativa alla protezione dei dati personali (di cui al D.Lgs. 196/2003 e al Regolamento (UE) 2016/679)[76].
Il Piano triennale per l’informatica della PA prevede nell’ambito delle Piattaforme abilitanti, diverse linee di azione tra cui “L’evoluzione del sistema NoiPA”, che prevede la realizzazione del nuovo sistema di gestione del personale pubblico a copertura di tutti i processi amministrativi di gestione del personale e della la base di dati del personale della PA.
La disciplina delle modalità di funzionamento e di comunicazione dei dati da parte delle amministrazioni pubbliche (di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001)[77] e degli enti pubblici economici è demandata ad apposito decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in Conferenza unificata, da adottarsi entro il 1° aprile 2022 (trenta giorni dal 2 marzo 2022, data di entrata in vigore del presente decreto legge).
Alle attività derivanti dall’articolo in commento provvede il Dipartimento della funzione pubblica con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Sul punto, la relazione tecnica allegata al provvedimento specifica che si tratta, di attività che il Dipartimento della funzione pubblica in parte sta già svolgendo in collaborazione con alcuni dei soggetti pubblici che dispongono dei dati in questione (INPS e SOGEI), per l'avvio della campagna di formazione del personale delle pubbliche amministrazione denominata "PA 110 e lode"[78]. La disposizione in commento, quindi, colloca queste modalità convenzionali di collaborazione, indispensabili per il completamento del fascicolo digitale del dipendente, in una cornice normativa e regolamentare.
La medesima Relazione evidenzia inoltre che l'attuazione della norma in commento comporta principalmente la definizione di modalità di comunicazione digitale dei dati tra amministrazioni e non prevede in alcun modo che il personale del Dipartimento della funzione pubblica sia preposto ad attività ulteriori, “dovendosi escludere qualsiasi attività di raccolta dati o di archiviazione delle informazioni acquisite”.
In merito alle richiamate finalità, si ricorda che nell'ambito della Componente 1 della Missione 1 del PNRR sono previste due aree di intervento.
La prima di queste è costituita dalla Digitalizzazione della pubblica amministrazione, incentrata soprattutto sulla creazione di infrastrutture digitali per la P.A., sulla interoperabilità dei dati, sull'offerta di servizi digitali e sulla sicurezza cibernetica con la finalità di realizzare una trasformazione della p.a. in chiave digitale. Tale area rappresenta, al contempo, uno dei temi trasversali del Piano.
La seconda area è dedicata in modo particolare alle misure per l'innovazione della pubblica amministrazione, incentrate principalmente sulla valorizzazione del personale e della capacità amministrativa del settore pubblico e sulla semplificazione dell'attività amministrativa e dei procedimenti. Tale area prevede tra l’altro una riforma dei meccanismi di selezione del personale della PA, anche tramite il nuovo Portale digitale unico del reclutamento “InPA”(attivo da novembre 2021), nell’ambito del quale - come riportato nel Contributo del Ministro per la pubblica amministrazione alla Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR (15_PNRR_PA) - nel corso del secondo trimestre 2022 saranno rilasciate funzionalità per integrare i dati curriculari con il fascicolo elettronico del dipendente pubblico che raccoglie, informazioni relative alle esperienze, formazione, sviluppo professionale durante la tutta la carriera, da quando è assunto a seguito di selezione pubblica a quando va in quiescenza.
L’articolo 35-bis, inserito nel corso dell’esame in sede referente, prevede l’obbligo per le amministrazioni statali di pubblicare sul proprio sito internet una comunicazione con le informazioni essenziali riguardanti i bandi e gli avvisi destinati agli enti territoriali e relativi a infrastrutture e a opere pubbliche finanziati con risorse previste dal PNRR.
La norma prevede che la comunicazione deve essere pubblicata entro 30 giorni dall’emanazione dei bandi e deve indicare:
a) la tipologia di intervento;
b) la tempistica;
c) l'individuazione degli enti destinatari del finanziamento;
d) il livello progettuale richiesto;
e) l'importo massimo finanziabile per singolo ente.
Si ricorda che alla realizzazione operativa degli interventi previsti dal PNRR provvedono i singoli soggetti attuatori: le amministrazioni centrali, le Regioni e le Province autonome e gli enti locali, sulla base delle specifiche competenze istituzionali o della diversa titolarità degli interventi definita nel PNRR. Ciascuna amministrazione centrale titolare di interventi previsti nel PNRR provvede al coordinamento delle relative attività di gestione, nonché al loro monitoraggio, rendicontazione e controllo (art. 8 del decreto-legge n. 77 del 2021). Con il D.M. 6 agosto 2021 (modificato dal D.M. 23 novembre 2021) è stata disposta l'assegnazione delle risorse finanziarie (191,5 miliardi di euro) previste per l'attuazione del PNRR italiano alle amministrazioni centrali titolari, indicando la somma complessiva spettante a ciascuna di esse e la ripartizione di traguardi e obiettivi per scadenze semestrali di rendicontazione.
Gli enti territoriali ricoprono il ruolo di soggetti attuatori di gran parte dei progetti del PNRR. La prima Relazione del Governo sull’attuazione del PNRR (23 dicembre 2021) stima che circa il 36 per cento delle risorse del Piano saranno affidate a Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane o altre amministrazioni locali (66 miliardi di euro nel caso del PNRR in senso stretto, 80 miliardi di euro se si considera anche il Piano nazionale per gli investimenti complementari).
Le amministrazioni locali partecipano alla realizzazione del PNRR in aree che variano dagli asili nido, ai progetti di rigenerazione urbana, all’edilizia scolastica e ospedaliera, all’economia circolare, agli interventi per il sociale. Partecipano in qualità di destinatari finali alla realizzazione di alcuni progetti attivati a livello nazionale, come quelli in materia di digitalizzazione della pubblica amministrazione.
Nel corso dell’audizione presso la Commissione Bilancio della Camera dei deputati del 23 febbraio 2022, il Ministro dell’economia e delle finanze, Daniele Franco, ha riferito che per l’attuazione del PNRR sono stati attivate complessivamente 149 procedure, per un importo complessivo di 55,9 miliardi, distinte tra procedure per appalti pubblici (beni, servizi e lavori), bandi per l’individuazione delle proposte progettuali e bandi per la selezione di esperti. Alla data dell’audizione risultavano ancora aperti 65 bandi, per un valore di circa 39,6 miliardi di euro. Dei predetti bandi, 99 sono stati emanati dalle Amministrazioni titolari e pubblicate anche sul sito “Italia Domani”.
Sul sito del Governo Italia Domani è presente una sezione dedicata ai bandi, agli avvisi e alle altre procedure pubbliche per la presentazione e selezione dei progetti PNRR. È possibile inserire dei parametri per selezionare la ricerca sulla base, ad esempio, dell’ente titolare, dei soggetti destinatari, dell’area geografica, dello stato del bando (in programma, in corso, scaduto).
Per informazioni sul PNRR italiano e sulla sua attuazione si veda anche il tema web curato dal Servizio studi della Camera (con i relativi link interni)
L’articolo 36, comma 1, modificato in sede referente, interviene sulla disciplina del procedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA) al fine di stabilire che l’avvio dell’istruttoria sull’istanza di VIA deve avvenire entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza medesima.
Il comma 01, introdotto in sede referente, apporta una serie di modificazioni alla disciplina delle Commissioni tecniche VIA-VAS e PNRR-PNIEC recata dall’art. 8 del Codice dell'ambiente.
Il comma 1-bis, introdotto in sede referente, attribuisce, nell’ambito del procedimento di VIA, alcuni compiti connessi alla richiesta di documentazione integrativa alle Commissioni tecniche VIA-VAS e PNRR-PNIEC.
Il comma 1-ter, introdotto in sede referente, provvede a riscrivere il comma 6-bis dell’art. 4 del D.Lgs. 28/2011 – che semplifica la procedura di VIA nel caso di modifiche di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili afferenti a integrali ricostruzioni, rifacimenti, riattivazioni e potenziamenti – al fine di precisarne l’ambito applicativo (in particolare, limitandolo ai progetti di modifica finalizzati a migliorare il rendimento e le prestazioni ambientali).
Il comma 1 dell’articolo 36, mediante la riscrittura del secondo periodo del comma 3 dell’art. 23 del Codice dell’ambiente (decreto legislativo n. 152/2006), interviene sulla disciplina del procedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA) al fine di stabilire che l’avvio dell’istruttoria sull’istanza di VIA deve avvenire entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza medesima.
Tale riscrittura è stata modificata in sede referente. La riscrittura operata dal testo iniziale del decreto-legge prevedeva infatti che l’istruttoria in questione fosse svolta dalle Commissioni tecniche VIA-VAS e PNRR-PNIEC e che a tali Commissioni fosse attribuito il compito (che la norma previgente attribuisce invece all’autorità competente) di richiedere al proponente le eventuali integrazioni alla documentazione presentata. Nel corso dell’esame in sede referente sono state operate modifiche al fine di eliminare i riferimenti alle citate Commissioni tecniche e quindi riattribuire la competenza delle citate attività all’autorità competente.
Il comma 01, introdotto in sede referente, apporta una serie di modificazioni alla disciplina delle Commissioni tecniche VIA-VAS e PNRR-PNIEC recata dall’art. 8 del Codice dell'ambiente.
Al fine di una migliore comprensione delle modifiche in questione, appare opportuno richiamare la disciplina di tali Commissioni tecniche.
L’art. 50, comma 1, lettera d), numero 1), del D.L. 76/2020, tramite l’inserimento di un nuovo comma 2-bis all’art. 8 del decreto legislativo n. 152/2006 (c.d. codice dell’ambiente), ha previsto – per lo svolgimento delle procedure di valutazione ambientale di competenza statale dei progetti delle opere necessarie per l'attuazione del Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC) – l’istituzione della Commissione Tecnica PNIEC, posta alle dipendenze funzionali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (oggi Ministero della transizione ecologica in virtù della ridenominazione operata dal D.L. 22/2021) e formata da un numero massimo di quaranta unità. Successivamente, l’art. 17 del D.L. 77/2021 ha riscritto integralmente il citato comma 2-bis al fine di ampliare l’ambito di attività della Commissione in questione anche alla valutazione ambientale di competenza statale dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e di quelli finanziati a valere sul fondo complementare, limitandone però il campo di azione alle sole tipologie progettuali previste dal nuovo allegato I-bis alla parte seconda del codice, introdotto dall’art. 18 del medesimo decreto-legge. La Commissione ha così assunto la nuova denominazione di "Commissione Tecnica PNRR-PNIEC".
In relazione ai contenuti dell’allegato I-bis si ricorda che lo stesso elenca una serie di opere classificate in tre categorie (“dimensioni”): dimensione della decarbonizzazione (in cui sono inclusi “nuovi impianti per la produzione di energia e vettori energetici da fonti rinnovabili, residui e rifiuti, nonché ammodernamento, integrali ricostruzioni, riconversione e incremento della capacità esistente…”); dimensione dell'efficienza energetica; dimensione della sicurezza energetica.
Nella riscrittura operata dall’art. 17 è stato altresì precisato che i componenti nominati nella Commissione Tecnica PNRR-PNIEC svolgono tale attività a tempo pieno e non possono far parte della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS già operante presso il Ministero e alla quale l’art. 8, comma 1, del Codice affida il supporto tecnico-scientifico all'autorità competente per le valutazioni di impatto ambientale (VIA) e le valutazioni ambientali strategiche (VAS) spettanti allo Stato. La riscrittura provvede inoltre a disciplinare i requisiti e le modalità di nomina dei componenti.
L’art. 17 ha inoltre, tra l’altro, introdotto nel testo dell’art. 8 del codice un comma 2-quater volto a consentire al Ministro della transizione ecologica di attribuire la presidenza delle due Commissioni (quella VIA-VAS e quella PNRR-PNIEC) alla stessa persona.
Nel comunicato stampa del Ministero della transizione ecologica del 16 gennaio 2022 si dà notizia dell’insediamento della Commissione PNRR-PNIEC e del fatto che “la Commissione sarà presieduta da Massimiliano Atelli, al vertice da gennaio 2021 anche della Commissione Tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA VAS, proprio in un'ottica di garanzia di impiego di criteri di uniformità di giudizio sui dossier trattati dall'una e dall'altra Commissione”.
Si fa infine notare che modifiche e integrazioni alla disciplina della Commissione PNRR-PNIEC sono previste dall’art. 17 del D.L. 4/2022 (convertito dalla legge 25/2022), in particolare, al fine di: consentire la nomina fino a un massimo di sei componenti della Commissione VIA-VAS quali membri anche della Commissione PNRR-PNIEC; precisare che i lavori istruttori della Commissione PNRR-PNIEC possono svolgersi anche in videoconferenza; consentire alle Commissioni VIA-VAS e PNRR-PNIEC di avvalersi di un contingente massimo di quattro unità di personale del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei carabinieri; prevedere l’aumento di dieci unità del numero di membri della Commissione VIA-VAS.
La lettera a) del comma in esame aggiunge due periodi, alla fine del comma 1 dell’art. 8 del Codice dell'ambiente, volti ad integrare la disciplina relativa all’ordine di priorità delle procedure di VIA statali.
L’ultimo periodo del testo vigente del comma 1 dell’art. 8 dispone che, nella trattazione dei procedimenti di sua competenza ai sensi della normativa vigente, le Commissioni tecniche VIA-VAS e PNRR-PNIEC danno precedenza ai progetti aventi un comprovato valore economico superiore a 5 milioni di euro ovvero una ricaduta in termini di maggiore occupazione attesa superiore a quindici unità di personale, nonché ai progetti cui si correlano scadenze non superiori a dodici mesi, fissate con termine perentorio dalla legge o comunque da enti terzi, e ai progetti relativi ad impianti già autorizzati la cui autorizzazione scade entro dodici mesi dalla presentazione dell'istanza.
Tale criterio di priorità viene integrato dalla norma in esame, secondo cui, con riferimento alle procedure di VIA di competenza statale relative ai progetti attuativi del PNIEC (Piano nazionale integrato per l'energia e il clima), individuati nell'allegato I-bis al Codice, fra quelli che ai sensi del periodo precedente (vale a dire l’ultimo periodo del testo vigente, testé illustrato) vanno trattati con precedenza, hanno in ogni caso priorità, in ordine decrescente, i progetti dal maggior valore di potenza installata o trasportata prevista.
La norma in esame prevede inoltre che la Commissione tecnica può derogare all'ordine di priorità di cui ai due periodi precedenti in caso di deliberazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei Ministri. In tal caso, le Commissioni tecniche VIA-VAS e PNRR-PNIEC danno precedenza ai progetti connessi alle misure relative allo stato di emergenza.
Si ricorda che la deliberazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei Ministri, vale a dire la deliberazione dello stato d'emergenza di rilievo nazionale, è disciplinata dall’art. 24 del Codice della protezione civile (D.Lgs. 1/2018).
La lettera b) del comma in esame integra le disposizioni recate dal comma 2-bis dell’art. 8 nella parte in cui viene disciplinata la nomina e l’attività dei Commissari che fanno parte sia della Commissione VIA-VAS sia della Commissione PNRR-PNIEC.
Il testo vigente prevede (al quinto periodo) che, con apposito decreto del Ministro della transizione ecologica su proposta del presidente della Commissione VIA-VAS, i componenti della Commissione VIA-VAS, fino a un massimo di sei, possono essere nominati anche componenti della Commissione PNRR-PNRR-PNIEC. Il testo vigente prevede altresì (al quarto periodo) che i componenti nominati nella Commissione PNRR-PNIEC svolgono tale attività a tempo pieno ad eccezione dei componenti nominati ai sensi del quinto periodo, cioè dei commissari appartenenti ad entrambe le Commissioni tecniche.
In relazione ai commissari che appartengono ad entrambe le Commissioni tecniche (VIA-VAS e PNRR-PNIEC), la norma in esame precisa che:
§ l’eccezione citata, che consente ai commissari in questione di non svolgere attività a tempo pieno nella Commissione PNRR-PNIEC, è esclusa qualora il tempo pieno sia previsto nel decreto di nomina;
§ nelle more del perfezionamento del decreto di nomina, il Commissario in esso individuato è autorizzato a partecipare, con diritto di voto, alle riunioni della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC.
La lettera c) del comma in esame riscrive il comma 2-octies dell’art. 8 del Codice dell'ambiente (inserito dall'art. 17, comma 1, lett. b), del D.L. 4/2022, convertito dalla legge 25/2022).
Il testo vigente prevede che, allo scopo di consentire l'incremento di operatività delle Commissioni VIA-VAS e PNRR-PNIEC, le stesse possono avvalersi di un contingente massimo di quattro unità di personale del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri, che il Comando medesimo provvede a individuare e distaccare entro dieci giorni dalla richiesta del Ministero della transizione ecologica.
Il nuovo testo, previsto dalla norma in esame, dispone che il Presidente della Commissione VIA-VAS si avvale di una struttura di supporto composta da 4 unità di personale dell'Arma dei carabinieri, appartenenti all'organizzazione per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare (di cui all'art. 174-bis del D.Lgs. 66/2010) o comunque con comprovata esperienza nel settore della tutela ambientale o nel coordinamento di unità complesse o nella gestione di fondi. I componenti della struttura di supporto sono individuati dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri (di cui all'art. 170 del medesimo decreto legislativo) e inviati in posizione di comando, con oneri rientranti nei costi di funzionamento disciplinati dall’art. 8, comma 5, del Codice dell'ambiente. Viene inoltre stabilito che la struttura di supporto cessa al rinnovo della Commissione VIA-VAS.
Relativamente agli oneri citati, si osserva che l’art. 8, comma 5, del Codice dell'ambiente disciplina “i costi di funzionamento della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale e della Commissione tecnica PNRR-PNIEC”, mentre la norma in esame fa riferimento alla sola Commissione VIA-VAS. Si fa altresì notare che (in base al comma 2-quater dell’art. 8 del Codice) il Ministro della transizione ecologica può attribuire al presidente di una delle Commissioni tecniche anche la presidenza dell'altra. In tal caso quindi, poiché la norma in esame pone la struttura di supporto a servizio del Presidente della Commissione VIA-VAS, la struttura di supporto opera anche in relazione ai progetti PNRR-PNIEC. Ma nel caso in cui i presidenti fossero diversi, allora solo il Presidente della Commissione VIA-VAS potrebbe avvalersi della struttura di supporto.
Il comma 1-bis, introdotto in sede referente, modifica il comma 4 dell’art. 24 del Codice dell'ambiente che, nell’ambito del procedimento di VIA, disciplina il caso in cui all'esito della consultazione ovvero della presentazione delle controdeduzioni da parte del proponente si renda necessaria la modifica o l'integrazione degli elaborati progettuali o della documentazione acquisita.
Il testo vigente prevede che, nel caso in questione, l’autorità competente:
§ entro i venti giorni successivi, ovvero entro i dieci giorni successivi per i progetti di competenza della Commissione PNRR-PNIEC, può, per una sola volta, stabilire un termine non superiore ad ulteriori venti giorni, per la trasmissione, in formato elettronico, degli elaborati progettuali o della documentazione modificati o integrati;
§ su richiesta motivata del proponente, può, per una sola volta, concedere la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a sessanta giorni ovvero a centoventi giorni nei casi di integrazioni che richiedono maggiori approfondimenti su motivata richiesta del proponente in ragione della particolare complessità tecnica del progetto o delle indagini richieste.
La modifica recata dalla norma in esame è volta ad attribuire i compiti testé menzionati, attualmente posti in capo all’autorità competente, alle Commissioni tecniche VIA-VAS e PNRR-PNIEC.
Il comma 1-ter, introdotto in sede referente, provvede a riscrivere il comma 6-bis dell’art. 4 del D.Lgs. 28/2011 che, nel testo vigente, prevede che nel caso di progetti di modifica di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili afferenti a integrali ricostruzioni, rifacimenti, riattivazioni e potenziamenti, la VIA ha ad oggetto solo l'esame delle variazioni dell'impatto sull'ambiente indotte dal progetto proposto.
La riscrittura conferma sostanzialmente quanto previsto dal testo vigente, che viene integrato al fine di:
§ precisare che la finalità della norma è l’accelerazione della transizione energetica;
§ precisare che il caso già contemplato dal testo vigente (cioè di progetti di modifica di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili afferenti a integrali ricostruzioni, rifacimenti, riattivazioni e potenziamenti) è limitato ai progetti finalizzati a migliorare il rendimento e le prestazioni ambientali. Viene poi stabilito che, nel caso in questione:
- il proponente può ricorrere prioritariamente alla verifica preliminare ai sensi dell’art. 6, comma 9, del Codice dell'ambiente, nella sussistenza dei presupposti per l'applicazione di quest'ultima norma;
Il citato comma 9 dispone che per le modifiche, le estensioni o gli adeguamenti tecnici finalizzati a migliorare il rendimento e le prestazioni ambientali dei progetti elencati negli allegati II, II-bis, III e IV alla parte seconda del Codice (vale a dire dei progetti sottoposti a VIA o verifica di assoggettabilità a VIA di competenza statale o regionale), fatta eccezione per le modifiche o estensioni di cui alla lettera d) del comma 7 (cioè quelle modifiche o estensioni dei progetti assoggettati a VIA statale o regionale che comportano il superamento degli eventuali valori limite), il proponente, in ragione della presunta assenza di potenziali impatti ambientali significativi e negativi, ha la facoltà di richiedere all'autorità competente, trasmettendo adeguati elementi informativi tramite apposite liste di controllo, una valutazione preliminare al fine di individuare l'eventuale procedura da avviare. L'autorità competente, entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta di valutazione preliminare, comunica al proponente l'esito delle proprie valutazioni, indicando se le modifiche, le estensioni o gli adeguamenti tecnici devono essere assoggettati o meno a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA.
- ove, all'esito di tale procedura preliminare, risultino applicabili le procedure di assoggettabilità a VIA o di VIA, ovvero ove il proponente vi sottoponga direttamente il progetto, queste procedure hanno in ogni caso ad oggetto solo l'esame delle variazioni dell'impatto sull'ambiente indotte dal progetto proposto.
Alla luce delle integrazioni operate in sede referente, alcune delle quali non riguardanti le Commissioni tecniche succitate, si valuti l’opportunità di modificare la rubrica dell'articolo in esame al fine di fare generale riferimento al procedimento di VIA.
Articolo 37, comma 1
(Candidatura Roma Expo 2030)
L’articolo 37, comma 1, modifica la disciplina in materia di candidatura della città di Roma ad ospitare l'Esposizione universale internazionale del 2030 recata dall’art. 1, comma 447, della L. n. 234/2021 (legge di bilancio per il 2022). La norma dispone, da un lato, che gli importi di 5 milioni di euro per l’anno 2022 e di 10 milioni di euro per l’anno 2023 destinati alle attività e agli adempimenti connessi alla candidatura della città di Roma ad ospitare l’Expo del 2030, già stanziati dal comma 447 della legge di bilancio 2022, sono interamente erogati in forma di contributo statale a favore di Roma Capitale. Dall’altro, la disposizione integra la disciplina prevista dal citato comma 447 riconoscendo a Roma Capitale e alle società in house dalla stessa controllate i poteri attribuiti ai Commissari straordinari dall’art. 4, commi 2 e 3, del D.L. n. 32/2019, e dettando ulteriori disposizioni concernenti la costituzione del Comitato promotore e l’autorizzazione di consulenze e assunzioni di unità di personale da parte di Roma Capitale e delle società in house dalla stessa controllate.
Il comma 1 dell’articolo 37 modifica la disciplina recata dall’art. 1, comma 447, della L. n. 234/2021 (legge di bilancio per il 2022) in materia di candidatura della città di Roma ad ospitare l'Esposizione universale internazionale del 2030.
La relazione illustrativa evidenzia che la norma introduce semplificazioni per far fronte agli adempimenti della “complessa campagna internazionale nella quale l'Italia sarà impegnata nel corso degli anni 2022 e 2023”, precisando che “la campagna sarà condotta nei confronti degli Stati membri del Bureau international des expositions, organizzazione internazionale con sede a Parigi, che stabilisce, mediante un meccanismo di votazioni a scrutinio segreto per successive eliminazioni dei concorrenti, a quale città attribuire l'onore e la responsabilità di ospitare l'evento, che si svolge a cadenza quinquennale”.
La lettera a) dispone – in luogo della istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (prevista dalla norma oggetto di novella) – l’autorizzazione dell’erogazione di un contributo statale a favore di Roma Capitale, con un importo invariato rispetto alla dotazione del fondo istituito dalla norma previgente, pari a 5 milioni di euro per l’anno 2022 e di 10 milioni di euro per l’anno 2023 destinato alle attività e agli adempimenti connessi alla candidatura della città di Roma ad ospitare l’Expo del 2030.
La relazione tecnica sottolinea che “la lettera a) si limita a chiarire in modo espresso le modalità di gestione dello stanziamento di cui all'articolo l, comma 447, della legge di bilancio 2022: il fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (capitolo 2095 dello stato di previsione del predetto dicastero) per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio viene espressamente e interamente destinato alla diretta erogazione di un contributo a Roma Capitale. Trattandosi di una modifica relativa alla sola modalità di gestione dello stanziamento rimangono inalterati l'ammontare e le finalità dello stesso”.
Si ricorda che il comma 447 dell’art. 1 della L. n. 234/2021 (legge di bilancio 2022) ha previsto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del consiglio dei ministri, di un fondo con uno stanziamento di 5 milioni di euro per l’anno 2022 e di 10 milioni di euro per l’anno 2023, destinato alle attività e agli adempimenti connessi alla candidatura della città di Roma ad ospitare l’Esposizione universale internazionale del 2030.
Con il comunicato congiunto di Ministero degli affari esteri, Comune di Roma Capitale e Comitato di candidatura del 14 dicembre 2021 è stato reso noto che il titolo proposto per Expo Roma 2030 è “Persone e territori: rigenerazione urbana, inclusione e innovazione” e che “alla base del tema proposto vi è l’esigenza di una rigenerazione profonda del tessuto urbano sulla base di un nuovo modello che ponga la persona, i suoi bisogni e le sue aspettative al centro di una città che sappia conciliare l’innovazione e la bellezza con uno sviluppo sostenibile e inclusivo”.
Il Paese ospitante Expo 2030 verrà proclamato in occasione dell’Assemblea generale del Bureau International des Expositions (BIE) che si svolgerà a Parigi nell’ottobre 2023.
La lettera b), mediante l’aggiunta di cinque nuovi periodi, integra la disciplina recata dal citato comma 447 al fine di:
§ prevedere che, per l’attuazione del comma 447, Roma Capitale e le società in house dalla stessa controllate operano, in qualità di stazioni appaltanti, con i poteri e con le modalità di cui all’art. 4, commi 2 e 3, del D.L. n. 32/2019;
La relazione illustrativa segnala che “i contratti pubblici per questa esigenza che saranno stipulati da Roma Capitale potranno beneficiare delle stesse modalità semplificate previste per i contratti gestiti dai commissari per le opere pubbliche previsti dall'articolo 4 del decreto-legge n. 32 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 55 del 2019”.
La relazione tecnica precisa che la disposizione ha natura ordinamentale “riguardando le sole modalità di stipula ed esecuzione dei contratti pubblici”.
I commi 2 e 3 dell’art. 4 del D.L. n. 32/2019 (c.d. decreto sblocca cantieri) disciplinano i poteri, e le relative modalità di esercizio, dei Commissari straordinari ai quali (mediante una specifica procedura di nomina con appositi D.P.C.M. disciplinata dal comma 1) sono affidati la realizzazione o il completamento di interventi infrastrutturali caratterizzati da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico - amministrative ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio - economico a livello nazionale, regionale o locale. In sintesi, il comma 2 dispone, tra l’altro, che, allo scopo di poter celermente stabilire le condizioni per l'effettiva realizzazione dei lavori, i Commissari straordinari provvedono all'eventuale rielaborazione e approvazione dei progetti non ancora appaltati, operando in raccordo con i Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, anche mediante specifici protocolli operativi per l'applicazione delle migliori pratiche. L'approvazione dei progetti da parte dei Commissari straordinari, d'intesa con i Presidenti delle regioni territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta occorrenti per l'avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela ambientale, per i quali i termini dei relativi procedimenti sono dimezzati, e per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali il termine di adozione dell'autorizzazione, parere, visto e nulla osta è fissato nella misura massima di sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta, decorso il quale, ove l'autorità competente non si sia pronunciata, detti atti si intendono rilasciati. Il comma 3, per gli aspetti che rilevano ai fini della norma in esame, attribuiscono ai Commissari straordinari il potere di operare in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici, fatto salvo il rispetto dei principi di cui agli articoli 30, 34 e 42 del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), nonché delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al D.Lgs. n. 159/2011, e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, ivi inclusi quelli derivanti dalle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE, e delle disposizioni in materia di subappalto. Il medesimo comma 3 riconosce, inoltre, ai Commissari straordinari il potere di provvedere anche a mezzo di ordinanze e, per le occupazioni di urgenza e per le espropriazioni delle aree occorrenti per l'esecuzione degli interventi, il potere di provvedere alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti della regione o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento.
§ autorizzare la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale a partecipare alla costituzione di un Comitato promotore per l’indirizzo e il coordinamento delle attività di promozione della candidatura della città di Roma ad ospitare l’Esposizione universale del 2030, stabilendo che gli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del Comitato sono posti in capo a Roma Capitale e che ai componenti del Comitato promotore non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati;
§ autorizzare, nei limiti delle risorse di cui al primo periodo e in deroga ai limiti previsti a legislazione vigente, Roma Capitale e le società in house dalla stessa controllate a conferire fino a 30 incarichi di consulenza e di collaborazione per l’importo massimo di 100.000 euro lordi annui per singolo incarico e a reclutare un contingente di personale fino a 30 unità con forme contrattuali flessibili, con scadenza non oltre il 31 dicembre 2023.
Articolo 37, commi 2-3
(Partecipazione italiana ad EXPO OSAKA 2025)
L'articolo 37 ai commi 2 e 3 reca novelle alla legge di bilancio per il 2022 per anticipare al 2022 rispetto al 2023 la spesa autorizzata necessaria a sostenere gli adempimenti connessi alla partecipazione italiana all'Expo 2025 Osaka, recandone la copertura di spesa.
L'articolo 37 al comma 2, lett. a) e b) reca novelle al primo e secondo periodo del comma 382 dell'art. 1 della legge di bilancio per il 2022. Com'è noto, l'articolo 1, comma 382 della legge di bilancio per il 2022 (legge 30 dicembre 2021, n. 234) ha autorizzato, per gli anni dal 2023 al 2026, la spesa necessaria a sostenere gli adempimenti connessi alla partecipazione italiana all'Expo 2025 Osaka.
L'Esposizione Universale di Osaka che si terrà dal 13 aprile al 13 ottobre del 2025 in Giappone avrà come tema "Future society for our lives". Al fine di consentire la partecipazione dell'Italia a tale Esposizione, è autorizzata la relativa spesa, quantificata in 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, di 15 milioni di euro per l'anno 2024, 25 milioni di euro per l’anno 2025 e di 3 milioni di euro per l’anno 2026. Viene stabilito che si applica l’articolo 1, comma 587, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019) che provvedeva in merito alla partecipazione italiana ad Expo 2020 Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, eccetto i periodi primo, terzo e -per effetto della presente novella - anche il quinto, riferiti a Dubai, mutuandone la disciplina essenziale dell'attività del Commissariato generale di sezione.
Le Esposizioni universali hanno una frequenza ogni 5 anni per una durata massima di 6 mesi, sono delle mostre espositive di portata internazionale ospitate ogni volta da un Paese nel mondo. Lo scopo delle esposizioni universali è quello di promuovere il progresso industriale e tecnologico a livello globale, mettendo in mostra le ultime innovazioni tecniche e scientifiche che in qualche modo possono migliorare le condizioni di vita sociale ed economica del pianeta.
L'organismo internazionale che regola la frequenza e l'organizzazione delle esposizioni è il BIE, Bureau International des Expositions, nato il 22 novembre del 1928 a Parigi da una Convenzione sottoscritta da numerose nazioni nel mondo: è un'organizzazione intergovernativa che ha sede a Parigi. Oggi il BIE conta un numero di ben 170 Stati e organismi membri. Nella Convenzione, che viene costantemente aggiornata sono espressi i criteri e le regole di organizzazione che ogni esposizione universale deve assumere, i rapporti di partecipazione tra gli Stati membri e sono indicati gli obiettivi che si vogliono raggiungere. Sempre all'interno della convenzione del 1928, entrata ufficialmente in vigore nel 1931, vengono elencate le caratteristiche che un'Esposizione deve avere.
La partecipazione italiana a Expo Osaka 2025 è un impegno internazionale assunto dall'Italia, in conseguenza dei significativi rapporti col Giappone e dell'avvenuta presentazione della candidatura del nostro Paese ad ospitare a Roma la successiva edizione del 2030.
L'adesione impone adempimenti di carattere amministrativo e finanziario di pronta attuazione, a partire dalla nomina di un Commissario generale di sezione che, secondo le norme del BIE, è la figura incaricata di porre in essere tutte le attività necessarie ad assicurare la partecipazione all'esposizione e a cui compete, tra le altre cose, la presentazione del "Theme Statement" e la successiva predisposizione degli adempimenti.
Della disciplina di cui all’articolo 1, comma 587, della richiamata legge di bilancio per il 2019, vengono mutuate le disposizioni secondo cui la composizione ed organizzazione del Commissariato generale di sezione per la partecipazione italiana all’Expo siano disciplinate con uno o più DPCM, di concerto con i Ministri degli Affari esteri e dell’Economia, prevedendo un massimo di 17 unità di personale reclutato con forme contrattuali flessibili, oltre al Commissario generale di sezione e al personale appartenente alla P.A., con esclusione del personale docente, educativo ed amministrativo, tecnico ed ausiliario delle istituzioni scolastiche.
Si dispone del compenso spettante al Commissario generale e di quello dei dipendenti di amministrazioni pubbliche: gli oneri del trattamento economico fondamentale e accessorio del personale della P.A. collocato fuori ruolo, in comando o distaccato presso il Commissariato restano a carico delle amministrazioni di provenienza.
I contratti di lavoro flessibile previsti possono essere prorogati, anche in deroga ai limiti previsti dalla normativa vigente, fino alla conclusione delle attività del Commissariato generale di sezione.
Alle attività all'estero del Commissariato si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 2010, n. 54, Regolamento recante norme in materia di autonomia gestionale e finanziaria delle rappresentanze diplomatiche e degli Uffici consolari di I categoria del Ministero degli affari esteri, a norma dell'art. 6 della legge 18 giugno 2009, n. 69.
Il Commissariato è assistito da un Comitato di monitoraggio, composto da un membro designato dal Presidente della Corte dei conti, in qualità di presidente, da un componente designato dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e da un componente designato dal Ministro dell'economia e delle finanze.
Il comma 2 alla lettera c) inserisce un periodo aggiuntivo alla fine del comma 382 già richiamato, con cui viene stabilito che al Commissario generale di sezione è attribuito un compenso in misura non superiore al limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione pari a 240.000 annui lordi (di cui all’articolo 13, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, come rideterminato ai sensi dell’articolo 1, comma 68, della legge 30 dicembre 2021, n. 234). Ai contratti di fornitura, servizi e lavori da stipulare in attuazione del presente comma si applicano le disposizioni in materia di contratti pubblici applicabili nello svolgimento dei progetti inclusi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
Il comma 3 stabilisce che agli oneri derivanti dal precedente comma pari a 2 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per l’anno 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al MAECI. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
All’attuazione delle disposizioni di cui al comma 2, lettere b) e c) si provvede mediante le risorse finanziarie, strumentali e umane disponibili a legislazione vigente.
Articolo 38
(Disposizioni urgenti per situazioni di crisi internazionale)
L’articolo 38 dispone il riorientamento delle quote non spese di contributi già versati alle competenti organizzazioni internazionali (NATO e UNDP), in applicazione dei provvedimenti di autorizzazione alla partecipazione a missioni internazionali, adottati fino al 2022. e di sicurezza afghane) per finalità non più attuali (sostegno alle forze armate e di sicurezza afghane) e la contestuale riassegnazione al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per incrementare le dotazioni finanziarie della rete diplomatica e consolare e per il finanziamento d’interventi umanitari d’aiuto e di assistenza.
Nel corso dell’esame in sede referente è stato introdotto il comma 1-bis che, fino al 31 dicembre 2022, esenta dalle imposte di bollo e di registro gli atti di registrazione dei contratti di comodato d’uso gratuito con finalità umanitarie a favore di cittadini di nazionalità Ucraina e altri soggetti provenienti comunque dall’Ucraina.
In particolare l’articolo in commento prevede che le quote retrocesse dalle competenti organizzazioni internazionali dei contributi per il sostegno alle forze armate e di sicurezza afghane secondo quanto previsto dai provvedimenti autorizzatori delle missioni internazionali adottati fino al 2020, siano versati all’entrata del bilancio dello Stato nell’anno 2022 e riassegnate, nel medesimo anno, allo stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per l’incremento delle dotazioni finanziarie delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari di prima categoria nonché per il finanziamento d’interventi di aiuto e di assistenza, anche umanitaria, in aree di crisi.
Si segnala in proposito che, dal 2014 al 2020, i provvedimenti di autorizzazione delle missioni internazionali - fino al 2016 appositi decreti-legge e, successivamente, le deliberazioni previste dalla legge 21 luglio 2016, n. 145) hanno stanziato, in adempimento di obbligazioni contratte in ambito NATO, un importo annuo di 120 milioni di euro a favore dei due fondi internazionali costituiti per il supporto rispettivamente alle forze armate (fondo ANATF) e a quelle di sicurezza (fondo LOTFA) afghane.
Come evidenziato nella relazione illustrativa allegata al disegno di legge, al momento della cessazione della loro attività, i versamenti a suo tempo effettuati non erano stati interamente spesi dalle due organizzazioni internazionali incaricate della loro gestione (la NATO per il fondo ANATF e Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo per il fondo LOTFA).
La relazione sottolinea altresì che gli interventi contemplati dalla disposizione in commento comprenderanno, oltre ad attività di assistenza per la popolazione afghana (compreso il sostegno alla ricollocazione di rifugiati in altri Paesi e la promozione di programmi internazionali di gestione e di mitigazione degli effetti dei flussi migratori venutisi a creare nella regione a seguito della crisi afghana), anche interventi a favore di altre aree di crisi, a cominciare dall’Ucraina, mentre parte dei fondi sarà utilizzata per consentire l’ordinato funzionamento della rete diplomatica e consolare.
Si rileva, da ultimo, che il decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, attualmente in fase di conversione presso la Camera dei deputati, ha previsto, all’art. 4, comma 1, un incremento di 10 milioni di euro della dotazione finanziaria delle ambasciate e degli uffici consolari di prima categoria per potenziare le misure di sicurezza a tutela delle sedi, del personale e degli interessi italiani nei Paesi maggiormente esposti alle conseguenze dell’aggravamento delle tensioni in Ucraina.
Nel corso dell’esame in Commissione è stato introdotto il comma 1-bis il quale, fino al 31 dicembre 2022, esenta dalle imposte di bollo e di registro gli atti di registrazione dei contratti di comodato d’uso gratuito con finalità umanitarie a favore di cittadini di nazionalità Ucraina e altri soggetti provenienti comunque dall’Ucraina.
Secondo la disciplina generale (articolo 5, comma 4 della Tariffa allegata al Testo Unico delle imposte di registro, D.P.R. n. 131 del 1986) il contratto di comodato d’uso di immobili è soggetto a imposta di registro in misura fissa pari a 200 euro e a imposta di bollo (assolta con i contrassegni telematici (ex marca da bollo) aventi data di emissione non successiva alla data di stipula. L’importo dei contrassegni deve essere di 16 euro ogni 4 facciate scritte di contratto e, comunque, ogni 100 righe, ai sensi del D.P.R. 624 del 1972 e successive modifiche).
Articolo 39
(Misure urgenti per il potenziamento del fondo di venture capital)
L’articolo 39 incrementa di 200 milioni di euro per il 2022 la dotazione del fondo rotativo per operazioni di venture capital previsto dall'articolo 1, comma 932, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007). Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa all'incremento - pari a 1,5 miliardi di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026 - del Fondo rotativo a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri (Fondo 394 del 1981), disposto dall’articolo 1, comma 49, lettera a), della legge di bilancio 2022 (L. n. 234/2021).
Il comma 1-bis - introdotto in sede referente - aggiunge due periodi al comma 7-sexies dell’articolo 10 del D.L. n. 121/2021 (L. n. 156/2021), al fine di garantire la piena operatività dei fondi per il venture capital sottoscritti dal MISE. Tale comma ha autorizzato il MISE a sottoscrivere, fino ad un ammontare pari a euro 2 miliardi, secondo la disciplina dei relativi regolamenti di gestione, quote o azioni di uno o più fondi per il venture capital. Le nuove disposizioni:
- autorizzano, per la gestione di tali interventi, l’apertura di un apposito conto corrente presso la Tesoreria centrale dello Stato intestato al MISE cui affluiscono le risorse ad esso assegnate e sul quale la società Cassa depositi e prestiti Spa è autorizzata a effettuare operazioni di versamento e di prelevamento per le medesime finalità;
- prevedono la stipula tra il MISE e la Cassa depositi e prestiti di un’apposita convenzione per la disciplina delle modalità operative di gestione delle risorse assegnate al citato conto corrente.
L'articolo 1, comma 932, della L. n. 296/2006 (legge finanziaria 2007) ha unificato in un unico fondo tutti i fondi rotativi gestiti dalla SIMEST destinati ad operazioni di venture capital in Paesi non aderenti all'Unione europea nonché il fondo (articolo 5, comma 2, lettera c), della L. n. 84/2001) della medesima SIMEST con finalità di capitale di rischio (venture capital) per l'acquisizione, da parte di quest'ultima, di partecipazioni societarie fino al 49 per cento del capitale o fondo sociale delle società o imprese partecipate.
L'articolo 91, comma 5, del D.L. n. 104/2020 (L. n. 126/2020) aveva incrementato la dotazione del Fondo di 100 milioni di euro per il 2020.
Come osservato nella relazione illustrativa, il rifinanziamento sviluppa l’operatività del fondo di venture capital gestito da SIMEST S.p.A., per consentire un pieno utilizzo delle potenzialità offerte dalle nuove modalità previste dal decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (sostegno alle start-up) e dall’articolo 1, comma 714, della legge n. 234 del 2021.
Il comma 714 richiamato nella RI ha apportato modifiche alla disciplina del Fondo venture capital, estendendone l’area di intervento tramite due modifiche all’articolo 18-quater del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34. In particolare, sono stati aggiunti altri possibili beneficiari oltre alle start-up innovative, con specifico riferimento alle PMI innovative, nonché alle quote o azioni di uno o più fondi per il venture capital o ancora di fondi che investono in fondi per il venture capital, allo scopo di favorire il processo di internazionalizzazione delle imprese italiane oggetto di investimento e anche senza il coinvestimento di SIMEST S.p.A. o Finest S.p.A.
La legge 21 marzo 2001, n. 84, all'articolo 5, comma 2, lettera c), ha istituito
presso la SIMEST S.p.a. un fondo autonomo e distinto dal patrimonio della società medesima con finalità di capitale di rischio, per l'acquisizione di partecipazioni societarie temporanee e di minoranza in società o imprese costituite o da costituire nei Paesi dell'area balcanica.
Il Fondo interviene ad agevolare la creazione di società miste all’estero, attraverso l’acquisizione da parte di SIMEST di quote di capitale di rischio in imprese aventi sede in uno dei Paesi di destinazione previsti dal Fondo stesso.
Come anticipato, con l’articolo 18-quater l’operatività del Fondo è stata estesa a tutti i Paesi non appartenenti all'Unione europea o allo Spazio economico europeo.
Si ricorda che il venture capital è l'attività di investimento in capitale di rischio realizzata da operatori professionali e finalizzata ad operazione c.d. di early stage ovvero l'insieme dei finanziamenti (seed financing e start up financing) a sostegno delle imprese nei primi stadi di vita.
Con decreto 9 marzo 2020 del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sono definite le modalità e le condizioni di intervento del Fondo di venture capital, nonché le attività e gli obblighi del soggetto gestore del Fondo, le funzioni di controllo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e la composizione e i compiti del Comitato di indirizzo e rendicontazione competente all'amministrazione del Fondo.
Il decreto chiarisce che i progetti di intervento proposti devono prevedere il
mantenimento sul territorio nazionale delle attività di ricerca, sviluppo,
direzione commerciale, nonché di una parte sostanziale delle attività produttive, per l'intera durata dell'intervento del Fondo.
Le richieste di intervento del Fondo sono da presentare a SIMEST che svolge
l’attività istruttoria e la valutazione di eleggibilità delle richieste di intervento.
Successivamente il Comitato di indirizzo e rendicontazione (costituito presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale) esamina le richieste di intervento del Fondo trasmesse da SIMEST e delibera la concessione dell'intervento del Fondo a valere sulle disponibilità del medesimo, nonché i successivi aggiornamenti e le modifiche inerenti agli interventi del Fondo con riferimento anche a proroghe, dilazioni, recessi, transazioni, cessioni a terzi e subentri di altri soci.
Per ulteriori approfondimenti sul Fondo unico di Venture Capital, si veda la Determinazione della Corte dei conti del 13 gennaio 2021, n. 4 (Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della SIMEST S.p.A. 2020), pp. 32 e 35.
Il comma 7-quinquies dell’articolo 10 del D.L. n. 121/2021 (L. n. 156/2021), al fine di assicurare l'efficace e tempestiva attuazione degli interventi pubblici previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, di cui al regolamento (UE) 2021/241, dispone che fino al 31 dicembre 2026 le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, possono avvalersi direttamente di CDP S.p.A. e di sue società direttamente o indirettamente controllate per attività di assistenza e supporto tecnico operativo, per la gestione di fondi e per attività ad esse connesse, strumentali o accessorie. I rapporti tra le parti sono regolati sulla base di apposite convenzioni, anche in relazione alla remunerazione dell'attività svolta, concluse sulla base e in conformità con l'accordo quadro stipulato tra il Ministero dell'economia e delle finanze e CDP S.p.A.. Le amministrazioni possono sottoscrivere le suddette convenzioni nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente nell'ambito dei rispettivi bilanci, anche a valere sui quadri economici degli investimenti che concorrono a realizzare.
Si rammenta che l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 definisce amministrazioni pubbliche tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI.
Per quanto riguarda CDP S.p.A., si rammenta che essa finanzia sotto qualsiasi forma lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.A. o società da essa controllate, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato. L'utilizzo dei fondi è consentito anche per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A. effettuata nei confronti dei medesimi soggetti, o dai medesimi promossa, nonché nei confronti di soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati con D.M., tenuto conto della sostenibilità economico-finanziaria di ciascuna operazione. Le operazioni adottate nell'ambito delle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo possono essere effettuate anche in cofinanziamento con istituzioni finanziarie europee, multilaterali o sovranazionali, nel limite annuo stabilito con apposita convenzione stipulata tra la medesima CDP e il Ministero dell'economia e delle finanze.
Ai sensi del comma 7-sexies, per le medesime finalità di cui al comma 7-quinquies ed al fine di rafforzare il settore del venture capital, il Ministero dello sviluppo economico, nel rispetto delle condizioni previste dai punti da 29 a 45 della Comunicazione della Commissione europea 2014/C 19/04 (recante orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio), è autorizzato a sottoscrivere, fino ad un ammontare pari a euro 2 miliardi, secondo la disciplina dei relativi regolamenti di gestione, quote o azioni di uno o più fondi per il venture capital, come definiti dall'articolo 31, comma 2, del D.L. n. 98 del 2011 (L. 111 del 2011), o di uno o più fondi che investono in fondi per il venture capital, ivi incluse quote o azioni di fondi di venture debt o di uno o più fondi che investono in fondi per il venture debt, istituiti dalla società che gestisce anche le risorse di cui all'articolo 1, comma 116, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018), a condizione che altri investitori professionali, ivi incluso l'Istituto nazionale di promozione di cui all'articolo 1, comma 827, della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), sottoscrivano risorse aggiuntive per almeno il 30 per cento dell'ammontare della sottoscrizione del Ministero medesimo e fermo restando il rispetto dei richiamati punti della Comunicazione della Commissione europea 2014/C 19/04.
A tal fine è autorizzato il versamento all'entrata del bilancio dello Stato, entro il 31 dicembre 2021, dell'imposto di 2.000 milioni di euro delle somme iscritte in conto residui nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 27, comma 17, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, per la successiva riassegnazione al pertinente capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico relativo all'articolo 1, comma 209, della legge n. 145 del 2018. La normativa di attuazione recante le modalità di investimento del Ministero dello sviluppo economico attraverso il Fondo di sostegno al venture capital disciplina anche le conseguenze del mancato investimento di almeno il 60 per cento del patrimonio del fondo entro cinque anni dalla chiusura anche parziale del primo periodo di sottoscrizione.
Ai sensi del comma 7-septies, per le medesime finalità di cui al comma 7-quinquies, limitatamente agli strumenti e agli interventi in favore delle piccole e medie imprese, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 (si veda sopra) possono avvalersi anche di Mediocredito Centrale S.p.A.
Articolo 40
(Sorveglianza radiometrica)
L’articolo 40 apporta alcune modifiche volta a semplificare la normativa vigente in materia di obblighi di sorveglianza radiometrica in capo ai soggetti che, a scopo industriale o commerciale, operano con materiali in metallo, rinviando le norme di carattere esecutivo, originariamente rimesse all’adozione di decreto interministeriale, direttamente ad un allegato al decreto legislativo che disciplina modalità e criteri di osservanza di detti obblighi. Ulteriori modifiche sono previste con riferimento all’entrata in vigore delle modifiche apportate al procedimento e all’adozione di eventuali successivi aggiornamenti.
L’articolo 40 interviene, mediante la tecnica della novella, sull’articolo 72 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, per introdurre una più rapida e sostenibile disciplina a regime per i soggetti obbligati alla sorveglianza radiometrica
In proposito si ricorda che il previgente disposto dell’articolo 72 aveva demandato la definizione dei criteri e delle modalità di esecuzione della sorveglianza radiometrica ed altri aspetti di carattere attuativo, all’adozione di un decreto interministeriale – non adottato, cfr. infra- di cui al comma 3 del citato art. 72, i cui criteri e modalità vengono ora direttamente introdotti nell’Allegato XIX di detto decreto legislativo. Le conseguenti modifiche al testo dell’articolo 72 operano anche con riferimento all’entrata in vigore delle novelle e all’adozione di necessari aggiornamenti.
Il termine per l’approvazione del richiamato decreto interministeriale - coordinato dall’allora MISE ora Ministero della transizione ecologica -, in quanto “frutto di condivisione sul piano tecnico da parte di tutte le amministrazioni interessate all’esito di una istruttoria particolarmente complessa”[79], è stato più volte prorogato, da ultimo al 31 marzo 2022[80], dato il complesso iter di approvazione (acquisizione dei concerti e pareri; comunicazione dello schema alla Commissione europea; ulteriori adempimenti connessi alla natura regolamentare dell’atto – quali il parere del Consiglio di Stato, la comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri, il controllo preventivo della Corte dei conti), rimanendo in tal modo in vigore la disciplina transitoria prevista nelle more dell’adozione.
Le modifiche apportate sono le seguenti (v. anche TAF più avanti):
§ al comma 1, mediante la sostituzione della precedente disposizione, viene sostanzialmente riproposto analogo contenuto, precisando il riferimento alla procedura definita ai sensi del nuovo comma 3. Si conferma pertanto l’obbligo di sorveglianza radiometrica dei soggetti che, a scopo industriale o commerciale, esercitano attività di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta, finalizzata alla rilevazione della presenza di livelli anomali di radioattività o di eventuali sorgenti dismesse, per garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione da eventi che possono comportare esposizioni alle radiazioni ionizzanti ed evitare la contaminazione dell’ambiente.
Identico obbligo si applica, sempre in base alle procedure individuate al successivo (nuovo) comma 3, alla seconda fattispecie individuata, vale a dire ai soggetti che, in grandi centri di importazione di metallo o presso i principali nodi di transito, esercitano attività a scopo industriale o commerciale di importazione di prodotti semilavorati metallici o di prodotti finiti in metallo. In proposito viene implicitamente soppressa la disposizione che il predetto obbligo deve essere disposto su specifica richiesta delle Autorità compenti, e perciò dovrà intendersi che tale obbligo operi ora in automatico (lett. a)).
La disposizione peraltro conferma la non applicazione dell’obbligo di sorveglianza radiometrica ai soggetti che svolgono attività che comportano esclusivamente il trasporto e non effettuano operazioni doganali;
§ al comma 3, parzialmente modificato, viene superata la previgente disposizione che prevedeva l’adozione di un decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della salute, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e l’ISIN (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione), che avrebbe dovuto essere emanato entro 120 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo e che, come sopra indicato, è stato oggetto di successive proroghe.
La novella al comma 3 dell’articolo 72 in sostanza rimanda la nuova disciplina della sorveglianza radiometrica sui metalli a quanto prescritto dal nuovo Allegato XIX del D. Lgs. n. 101/2020 (Allegato A al presente decreto), che viene allo scopo interamente sostituito, rimanendo però pressochè identici i contenuti. In particolare, la nuova disciplina, ora contenuta all’Allegato XIX del citato D. Lgs. n. 101, deve contenere:
§ le modalità esecutive della sorveglianza radiometrica, individuate secondo norme di buona tecnica e i contenuti della relativa attestazione (lett. a) non modificata);
§ l’elenco dei prodotti semilavorati metallici e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza e le relative modalità (lett. b) parzialmente modificata), ora con esclusivo riferimento ai soggetti di cui al comma 1, secondo periodo, vale a dire i soli soggetti che, in grandi centri di importazione di metallo o presso i principali nodi di transito, esercitano attività a scopo industriale o commerciale di importazione di prodotti semilavorati metallici o di prodotti finiti in metallo. L’elenco deve includere le condizioni per l’applicazione della sorveglianza radiometrica ai prodotti finiti in metallo, nonché l’elenco dei grandi centri di importazione di metallo e dei nodi di transito. Per l’aggiornamento degli elenchi di cui alla presente lettera si procede ai sensi del (nuovo) comma 4.
In proposito si segnala che viene implicitamente soppressa la disposizione che prevedeva forme semplificate delle procedure di controllo per i semilavorati e prodotti costruiti in serie o comunque standardizzati. Invece, la possibilità di un aggiornamento dell’elenco da effettuarsi sulla base delle variazioni della nomenclatura combinata, come stabilite dai regolamenti dell’Unione europea per i medesimi prodotti, con decreto del Ministero dello sviluppo economico adottato su proposta dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, è stata inserita nell’ambito del successivo comma 4;
§ rimangono identici i contenuti di cui alle successive lettere c) e d) che prevedono, rispettivamente, la formazione da impartire al personale dipendente per il riconoscimento delle più comuni tipologie di sorgenti radioattive ed al personale addetto alla sorveglianza radiometrica, per l’ottimale svolgimento delle specifiche mansioni e le condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciati dai paesi terzi per i quali esistono equivalenti livelli di protezione, ai fini dell’espletamento delle formalità doganali;.
§ viene inserito il comma 3-bis, che detta i nuovi termini di applicabilità delle dell’Allegato XIX, i quali, nel rispetto della disciplina europea, hanno effetto decorsi 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ad eccezione dell’articolo 10 del medesimo allegato sul mutuo riconoscimento delle attestazioni dei controlli su prodotti provenienti da Paesi terzi (ex articolo 7) che, nelle more, trova applicazione congiuntamente all’articolo 2 del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 100 che aveva dettato un regime transitorio sull’analogo obbligo e pertanto fino alla data di adozione del decreto di cui all’articolo 157 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, interamente abrogato dal medesimo decreto legislativo n. 101/2020. Allo stesso tempo, la disposizione precisa che tutti i rinvii indicati dalla norma si intendono riferiti alle corrispondenti nuove disposizioni di cui all’Allegato XIX novellato dal presente decreto.
Quest’ultima disposizione in sostanza determina che nelle more dell’entrata in vigore della disciplina a regime, al fine di garantire continuità al sistema dei controlli, seguiti a trovare applicazione la disciplina transitoria ad oggi prevista dall’articolo 2 del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 100[81], oltre che le condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici equivalenti rilasciati dai Paesi terzi.
Pertanto, la nuova disciplina a regime sulla sorveglianza sanitaria risulta ora rinviata direttamente ai contenuti dell’Allegato XIX in sostituzione del decreto interministeriale MISE- MAECI – Salute – Ambiente – Lavoro e ISIN di cui al citato comma 3 dell’articolo 72.
L’Allegato XIX contiene la definizione della disciplina attuativa ed operativa riguardante le modalità di esecuzione della sorveglianza radiometrica, ivi incluse le condizioni per la sorveglianza radiometrica sui prodotti finiti in metallo, nonché l’identificazione dell’elenco di prodotti metallici semilavorati e finiti e dei grandi centri di importazione e dei nodi di transito in cui la medesima trova applicazione per tali prodotti, oltre che i contenuti della formazione da impartire al personale dipendente per il riconoscimento delle più comuni tipologie di sorgenti radioattive ed al personale addetto alla sorveglianza radiometrica e le condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciati dai Paesi terzi per i quali esistono equivalenti livelli di protezione, ai fini dell’espletamento delle formalità doganali.
§ viene infine interamente sostituito il comma 4 (lett. d)), diretto a definire le modalità di adeguamento, modifica ed aggiornamento tecnico dell’Allegato XIX in esame, stabilendone altresì ambito di operatività, finalità, parametri e presupposti, principalmente legati ad eventuali mutamenti delle condizioni di rischio o di fatto che rendano opportune semplificazioni o comunque revisioni della possibile disciplina attuativa. Nello specifico, si prevede che, nel rispetto della disciplina europea, con decreto del Ministero della transizione ecologica e dello sviluppo economico, di concerto con i Ministeri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della salute, del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e l’ISIN (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione), possono essere apportate modifiche all’allegato XIX con riferimento alle modalità esecutive della sorveglianza radiometrica, in ragione delle mutate condizioni di rischio e diffusione o dell’opportunità di adottare forme semplificate delle procedure di controllo ai contenuti della formazione per la sorveglianza, nonché alle condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciati da Paesi terzi ai fini dell’espletamento delle formalità doganali.
Si precisa peraltro che l’aggiornamento dell’elenco dei prodotti semilavorati in metallo e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza radiometrica può essere effettuato, anche sulla base delle variazioni della nomenclatura combinata, come stabilite dai regolamenti dell’Unione europea per i medesimi prodotti, con decreto del Ministero della transizione ecologica e dello sviluppo economico adottato su proposta dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. L’elenco dei grandi centri di importazione di metallo e dei principali nodi di transito è definito sulla base dei dati statistici disponibili per l’ultimo triennio per le operazioni di importazione dei prodotti semilavorati in metallo e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza radiometrica e viene aggiornato, con scadenza biennale, con determinazione del Direttore generale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, salva la possibilità di modifica prima di tale scadenza, su impulso delle Autorità competenti o della stessa Agenzia delle dogane e dei monopoli.
La disposizione del nuovo comma 4 stabilisce, come sopra accennato, anche la previsione delle variazioni della nomenclatura combinata (precedentemente prevista al comma 3) che determinerà l’aggiornamento dell’elenco dei prodotti oggetto di sorveglianza, come stabilito dai regolamenti dell’UE, con decreto MISE, adottato su proposta dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
Inoltre, l’elenco dei grandi centri di importazione di metallo e dei principali nodi di transito, definito sulla base dei dati statistici disponibili per l’ultimo triennio per le operazioni di importazione dei prodotti semilavorati in metallo e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza radiometrica, continuerà ad essere aggiornato, con scadenza biennale, con determinazione del Direttore generale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, salva la possibilità di modifica prima di tale scadenza, su impulso delle Autorità competenti o della stessa Agenzia delle dogane e dei monopoli.
Il comma 2 dispone che l’Allegato XIX al decreto legislativo n. 101 del 2020 sulle modalità di applicazione, contenuti delle attestazioni della sorveglianza radiometrica ed elenco dei prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo oggetto della sorveglianza radiometrica, venga sostituito dall’allegato A annesso al presente decreto (qui il link del nuovo testo dell’Allegato XIX).
In particolare, il nuovo Allegato XIX dispone sulle “Condizioni e modalità di applicazione della sorveglianza radiometrica ai sensi dell’articolo 72, comma 3” e si compone di 10 articoli[82] e di tre allegati:
§ l’Allegato I, recante il “Documento di accompagnamento per l’importazione in Italia di rottami metallici o di altri materiali metallici di risulta e di prodotti semilavorati metallici o di prodotti finiti in metallo”;
§ l ’Allegato II, recante l’elenco dei prodotti finiti in metallo e semilavorati in metallo oggetto di sorveglianza radiometrica;
§ l’Allegato 3, recante l’elenco dei “Grandi centri di importazione di metallo e principali nodi di transito”.
T.A.F. D.Lgs. 31/07/2020, n. 101[83] |
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Art. 72. Sorveglianza radiometrica su materiali, o prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo |
Art. 72. Sorveglianza radiometrica su materiali, o prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo (novellato) |
1. I soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attività di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta, hanno l’obbligo di effettuare la sorveglianza radiometrica sui predetti materiali, al fine di rilevare la presenza di livelli anomali di radioattività o di eventuali sorgenti dismesse, per garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione da eventi che possono comportare esposizioni alle radiazioni ionizzanti ed evitare la contaminazione dell’ambiente. Lo stesso obbligo si applica ai soggetti che, in grandi centri di importazione di metallo o presso i principali nodi di transito, esercitano attività a scopo industriale o commerciale di importazione di prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo e viene disposto su specifica richiesta delle Autorità competenti. La disposizione non si applica ai soggetti che svolgono attività che comportano esclusivamente il trasporto e non effettuano operazioni doganali. |
1. I soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attività di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta, hanno l’obbligo di effettuare, secondo quanto previsto dal comma 3, la sorveglianza radiometrica sui predetti materiali, al fine di rilevare la presenza di livelli anomali di radioattività o di eventuali sorgenti dismesse, per garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione da eventi che possono comportare esposizioni alle radiazioni ionizzanti ed evitare la contaminazione dell’ambiente. Lo stesso obbligo si applica, secondo quanto previsto dal comma 3, ai soggetti che, in grandi centri di importazione di metallo o presso i principali nodi di transito, esercitano attività a scopo industriale o commerciale di importazione di prodotti semilavorati metallici o di prodotti finiti in metallo. La disposizione non si applica ai soggetti che svolgono attività che comportano esclusivamente il trasporto e non effettuano operazioni doganali. |
2. L'attestazione dell'avvenuta sorveglianza radiometrica è rilasciata da esperti di radioprotezione di secondo o terzo grado, compresi negli elenchi istituiti ai sensi dell'articolo 129, i quali nell'attestazione riportano anche l'ultima verifica di buon funzionamento dello strumento di misurazione utilizzato e deve essere allegata alla dichiarazione doganale di importazione. Mediante intese tecniche con le competenti autorità di Stati terzi, stipulate dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentiti l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e l'ISIN, possono essere mutuamente riconosciuti, ai fini dell'importazione dei materiali e prodotti di cui al comma 1, i controlli radiometrici effettuati da Stati terzi che assicurano livelli di sicurezza equivalenti a quelli previsti dalla direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, del 5 dicembre 2013. |
2. Identico. |
3. Con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del lavoro e delle politiche sociali, sentita l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e l'ISIN, da emanarsi entro 120 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, previa notifica alla Commissione europea ai sensi della direttiva 2015/1535/CE, sono determinate: a) le modalità esecutive della sorveglianza radiometrica, individuate secondo norme di buona tecnica e i contenuti della relativa attestazione; b) l'elenco dei prodotti semilavorati metallici e dei prodotti in metallo oggetto della sorveglianza, individuati con riferimento ai prodotti e semilavorati completamente in metallo ed in ragione della loro rischiosità e diffusione, nonché prevedendo forme semplificate delle procedure di controllo per i semilavorati e prodotti costruiti in serie o comunque standardizzati. L'aggiornamento dell'elenco potrà essere effettuato, sulla base delle variazioni della nomenclatura combinata, come stabilite dai regolamenti dell'Unione europea per i medesimi prodotti, con decreto del Ministero dello sviluppo economico adottato su proposta dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. c) i contenuti della formazione da impartire al personale dipendente per il riconoscimento delle più comuni tipologie di sorgenti radioattive ed al personale addetto alla sorveglianza radiometrica, per l'ottimale svolgimento delle specifiche mansioni; d) le condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciati dai paesi terzi per i quali esistono equivalenti livelli di protezione, ai fini dell'espletamento delle formalità doganali. |
3. La sorveglianza radiometrica di cui al presente articolo è effettuata secondo quanto prescritto dall’allegato XIX al presente decreto, che disciplina:
a) le modalità esecutive della sorveglianza radiometrica, individuate secondo norme di buona tecnica e i contenuti della relativa attestazione; b) con riferimento ai soggetti di cui al comma 1, secondo periodo, l’elenco dei prodotti semilavorati metallici e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza e le relative modalità, ivi incluse le condizioni per l’applicazione della sorveglianza radiometrica ai prodotti finiti in metallo, nonché l’elenco dei grandi centri di importazione di metallo e dei nodi di transito; per l’aggiornamento degli elenchi di cui alla presente lettera si procede ai sensi del comma 4;
c) i contenuti della formazione da impartire al personale dipendente per il riconoscimento delle più comuni tipologie di sorgenti radioattive ed al personale addetto alla sorveglianza radiometrica, per l’ottimale svolgimento delle specifiche mansioni; d) condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciati dai paesi terzi per i quali esistono equivalenti livelli di protezione, ai fini dell’espletamento delle formalità doganali. |
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3-bis. Le disposizioni dell’allegato XIX, si applicano, nel rispetto della disciplina europea, decorsi centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ad eccezione dell’articolo 10 del medesimo allegato che, nelle more, trova applicazione congiuntamente all’articolo 2 del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 100, i cui rinvii alle disposizioni del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, s’intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto. |
4. Nelle more dell'approvazione del decreto di cui al comma 3, comunque non oltre il 31 marzo 2022, continua ad applicarsi l'articolo 2 del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 100, e si applica l'articolo 7 dell'allegato XIX al presente decreto. Decorso tale termine e fino all'adozione del decreto di cui al comma 3, si applicano le disposizioni dell'Allegato XIX. L'Allegato XIX stabilisce le modalità di applicazione, nonché i contenuti delle attestazioni della sorveglianza radiometrica ed elenca i prodotti semilavorati metallici e prodotti in metallo oggetto della sorveglianza. I rinvii alle disposizioni del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 contenuti nelle disposizioni del decreto legislativo di cui al primo periodo s'intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto. |
4. Nel rispetto della disciplina europea, con decreto del Ministero della transizione ecologica e dello sviluppo economico, di concerto con i Ministeri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della salute, del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e l’ISIN, possono essere apportate modifiche all’allegato XIX con riferimento alle modalità esecutive della sorveglianza radiometrica, in ragione delle mutate condizioni di rischio e diffusione o dell’opportunità di adottare, per le medesime ragioni, forme semplificate delle procedure di controllo, ai contenuti della formazione per la sorveglianza, nonché alle condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciati da Paesi terzi ai fini dell’espletamento delle formalità doganali. Le relative modifiche entrano in vigore nel termine ivi previsto. L’aggiornamento dell’elenco dei prodotti semilavorati in metallo e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza radiometrica può essere effettuato, anche sulla base delle variazioni della nomenclatura combinata, come stabilite dai regolamenti dell’Unione europea per i medesimi prodotti, con decreto del Ministero della transizione ecologica e dello sviluppo economico adottato su proposta dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. L’elenco dei grandi centri di importazione di metallo e dei principali nodi di transito è definito sulla base dei dati statistici disponibili per l’ultimo triennio per le operazioni di importazione dei prodotti semilavorati in metallo e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza radiometrica e viene aggiornato, con scadenza biennale, con determinazione del Direttore generale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, salva la possibilità di modifica prima di tale scadenza, su impulso delle Autorità competenti o della stessa Agenzia delle dogane e dei monopoli |
Commi 5, 6 e 7 non modificati. |
Il decreto legislativo n. 101 del 29 luglio 2020[84] è stato predisposto in attuazione della disciplina di delega di cui agli articoli 1 e 20 della L. 4 ottobre 2019, n. 117 (legge di delegazione europea 2018).
Tale disciplina di delega concerne il recepimento della direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, del 5 dicembre 2013, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, con riferimento sia all'esposizione medica sia alle persone soggette ad esposizione professionale, sia alla popolazione.
Il termine per il recepimento della direttiva, scaduto il 6 febbraio 2018, ha determinato l’avvio contro l'Italia della procedura di infrazione 2018/2044, che ha portato la Commissione europea a comunicare, il 17 maggio 2018, la messa in mora formale, ad inviare, il 24 gennaio 2019, un parere motivato chiedendo il recepimento della richiamata direttiva, ed infine, il 25 luglio 2019, a deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea per mancato recepimento della direttiva entro tale data (qui il comunicato).
Si ricorda che la suddetta direttiva ha aggiornato e raccolto in un quadro unitario le disposizioni in materia di sorveglianza radiometrica contenute in cinque precedenti direttive (contestualmente abrogate)[85], introducendo ulteriori tematiche, in precedenza trattate solo in raccomandazioni europee (come l'esposizione al radon nelle abitazioni) o non considerate (come le esposizioni volontarie per motivi non medici).
il decreto legislativo n. 101 del 29 luglio 2020 (qui il Dossier del Servizio Studi sul corrispondente schema del decreto presentato alle Camere) ha dato attuazione alla direttiva 2013/59/Euratom che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti.
Più in dettaglio, l'articolo 72, comma 3, ha previsto che il decreto interministeriale coordinato dal Ministero dello sviluppo economico inteso a regolare gli aspetti sopra illustrati, quali, qui in breve, a) le modalità esecutive della sorveglianza radiometrica; b) l'elenco dei prodotti semilavorati metallici e dei prodotti in metallo oggetto della sorveglianza; c) i contenuti della formazione da impartire al personale dipendente per il riconoscimento delle più comuni tipologie di sorgenti radioattive; d) le condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciati dai Paesi terzi per i quali esistono equivalenti livelli di protezione, ai fini dell'espletamento delle formalità doganali.
La conclusione del regime transitorio per la sorveglianza radiometrica il 25 dicembre 2020 (120 giorni successivi alla sua entrata in vigore, 27 agosto 2020) avrebbe permesso l’applicazione dell'Allegato XIX al citato decreto legislativo n. 101/2020 (nella formulazione antecedente alle novelle in commento), che prevedeva, in particolare, l’attestazione di sorveglianza da parte di esperti di radioprotezione con le modalità indicate nel medesimo Allegato XIX nel quale sono elencati i prodotti oggetto della sorveglianza.
Le successive proroghe del termine dell’approvazione del prima menzionato decreto interministeriale hanno consentito la possibilità di posticipare l’applicazione dell’Allegato in commento che presupponeva l’oneroso obbligo della misurazione dei livelli anomali di radioattività, adottando misure idonee ad evitare il rischio di esposizione delle persone e di contaminazione dell'ambiente. L’obbligo infatti include l’immediata comunicazione alle autorità competenti per territorio. Poiché ai suddetti obblighi sono tenuti anche i vettori di trasporti sui materiali interessati alla sorveglianza radiometrica, come rappresentato da alcune associazioni di categoria all’allora Ministero dello sviluppo economico, è stata concessa la proroga dell’entrata a regime delle nuove procedure che avrebbero potuto produrre, tra l’altro, significativi rallentamenti delle attività portuali e aeroportuali con un impatto sul sistema logistico nazionale, a danno della concorrenzialità dei soggetti interessati[86].
L’articolo 41 estende al 2022 la disposizione che consente la sospensione, senza applicazione di sanzioni e interessi, del pagamento delle rate dei mutui, in scadenza nel corso dell’esercizio, concessi ai comuni colpiti dal sisma dell’agosto 2016 dalla Cassa depositi e prestiti S.p.a. e trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze.
A tal fine, l’articolo interviene con una novella all’articolo 44, comma 1, del D.L. 189/2016, che già dispone in materia di sospensione del pagamento dei mutui concessi da CDP agli enti locali dei territori colpiti dal sisma 2016 delle regioni Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria, e trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento alle rate in scadenza negli esercizi 2018, 2019, 2020 e 2021.
L’articolo 44, comma 1, del D.L. n. 189 del 2016 ha previsto, al primo periodo, il differimento, all’anno immediatamente successivo alla data di scadenza del periodo di ammortamento, del pagamento delle rate in scadenza negli esercizi 2016 e 2017 dei mutui concessi da Cassa Depositi e prestiti i Comuni colpiti dal sisma dell’agosto 2016, nonché alle Province in cui questi ricadono[87], trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze, in attuazione del D.L n. 269 del 2003. Tale differimento è stato concesso senza l'applicazione di sanzioni e interessi.
Il pagamento dei predetti mutui è stato sospeso anche per gli anni successivi, con una serie di interventi normativi che hanno riguardato le rate in scadenza nell’esercizio 2018 (art. 1, comma 753, L. n. 205/2017), nell’esercizio 2019 (art. 015, D.L. n. 55/2018) e negli esercizi 2020 e 2021 (art. 8, comma 1, D.L. n. 123/2019), il cui pagamento è stato differito, senza applicazione di sanzioni e interessi, rispettivamente, al primo, al secondo, al terzo e al quarto anno immediatamente successivi alla data di scadenza del periodo di ammortamento, sulla base della periodicità di pagamento prevista nei provvedimenti e nei contratti regolanti i mutui stessi.
In sostanza, con il comma 1 dell’articolo in esame si prevede il differimento del termine di sospensione del pagamento delle rate in scadenza anche nell’esercizio 2022 - come già previsto a legislazione vigente per quelle in scadenza negli esercizi 2018, 2019, 2020 e 2021 - dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.a. ai comuni colpiti dal sisma dell’agosto 2016 nonché alle Province in cui questi ricadono, trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze in attuazione del D.L n. 269/2003.
Il pagamento delle rate in scadenza nei suddetti esercizi finanziari dal 2018 al 2022 viene pertanto differito, rispettivamente, al primo, al secondo, al terzo, al quarto e al quinto anno immediatamente successivi alla data di scadenza del periodo di ammortamento, sulla base della periodicità di pagamento prevista nei provvedimenti e nei contratti regolanti i mutui stessi, senza applicazione di sanzioni e interessi.
La disposizione comporta un onere pari a 2,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, cui si provvede ai sensi del successivo articolo 42 (comma 2).
L’articolo 41-bis, introdotto in sede referente, prevede la possibilità di costituire specifiche strutture in sede regionale alle dipendenze dei due Commissari straordinari nominati per la ricostruzione dei territori colpiti dagli eventi sismici avvenuti nel 2018 in provincia di Campobasso e nella città metropolitana di Catania.
L’articolo 41-bis, introdotto in sede referente, interviene sulla disciplina riguardante i poteri dei Commissari straordinari, nominati a seguito degli eventi sismici che hanno colpito la provincia di Campobasso (a far data dal 16 agosto 2018) e la città metropolitana di Catania (il 26 dicembre 2018)[88]. La norma modifica l’art. 18 del D.L. 32/2019, aggiungendo due ulteriori commi dopo il comma 4-bis.
In particolare, il comma 4-ter prevede la possibilità di costituire un'apposita struttura regionale a disposizione di ciascuno dei due Commissari, utilizzando le risorse assegnate dall’art. 1 comma 463 della legge di bilancio 2022 (L. 234/2021), pari a 2,6 milioni di euro per l’anno 2022, e comunque fino al 31 dicembre 2022, in alternativa alla struttura posta alle dipendenze dei due Commissari prevista dal comma 2 dell’art. 18 del D.L 32/2019.
La struttura prevista, che deve essere composta da personale appartenente alla medesima amministrazione o ad enti strumentali di quest'ultima, può usufruire della collaborazione delle strutture e degli uffici regionali, provinciali, comunali e delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato.
Il comma 2 dell’art. 18 del D.L. 32/2019 consente a ciascuno dei due Commissari di avvalersi di una struttura posta alle proprie dirette dipendenze, composta da un contingente di personale scelto tra il personale delle amministrazioni pubbliche, con esclusione del personale docente educativo ed amministrativo tecnico ausiliario delle istituzioni scolastiche, nel numero massimo di 5 unità per l'emergenza della provincia di Campobasso e di 15 unità per l'emergenza di Catania.
Il comma 4-quater riconosce al personale non dirigenziale delle due strutture previste, nel numero massimo di quattro unità per struttura, la possibilità di effettuare fino a trenta ore mensili pro capite di lavoro straordinario.
Al personale dirigenziale delle medesime strutture è attribuita, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, un'indennità mensile pari al 30 per cento della retribuzione mensile di posizione o di rischio prevista dall'ordinamento dell'amministrazione di appartenenza, commisurata ai giorni di effettivo impiego.
Gestione commissariale sisma di Catania e Molise 2018
Fino al 31 dicembre 2021, è stata prevista la nomina di due Commissari straordinari (con il D.P.C.M. 16 luglio 2020 è stato nominato il presidente della Regione Molise e con il D.P.C.M. 5 agosto 2019, il dott. Scalia è stato nominato per Catania), incaricati dello svolgimento delle funzioni di ricostruzione e di assistenza per i due sismi, e la relativa gestione straordinaria.
Ciascuno dei due territori interessati dagli eventi sismici è stato dotato di una propria struttura commissariale (5 unità per Campobasso e 10 unità per Catania) (artt. 6, 7 e 18 del D.L. 32/2019).
La struttura commissariale per Catania è stata incrementata di 5 unità (da 10 a 15) (art. 9-vicies bis del D.L. 123/2019).
Le assunzioni di personale delle due strutture commissariali sono state prorogate fino al 31 dicembre 2022 (art. 1, comma 463, legge di bilancio 2022, L. 234/2021).
Le nomine dei due Commissari straordinari e la relativa gestione straordinaria sono state prorogate fino al 31 dicembre 2022 (art. 1, comma 463, legge di bilancio 2022, L.234/2021).
Sono state altresì aperte contabilità speciali intitolate ai due Commissari in cui confluiscono le risorse previste dall'apposito Fondo per la ricostruzione per una dotazione pari a 275,7 milioni di euro per il quinquennio 2019-2023 così ripartita: 236,7 milioni di euro per il Commissario straordinario per la ricostruzione nei territori dei comuni della Città metropolitana Catania, e 39 milioni di euro per il Commissario straordinario per la ricostruzione nei territori dei comuni della provincia di Campobasso (art. 8 del D.L. 32/2019).
A favore dei comuni della città metropolitana di Catania è consentita l'assunzione fino a 40 unità complessive di personale con professionalità di tipo tecnico o amministrativo contabile, per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, nel limite di spesa di 0,83 milioni di euro per il 2019 e 1,66 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 a valere sulle risorse disponibili nella contabilità speciale intestata al Commissario straordinario (art. 14-bis del D.L. 32/2019, modificato dall'art. 9-vicies bis del D.L. 123/2019).
Tali assunzioni sono state prorogate fino al 31 dicembre 2022 (art. 1, comma 463, legge di bilancio 2022, L. 234/2021).
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia al tema web “Terremoti” della Camera.
Articolo 42, commi 1-1-ter
(Disposizioni finanziarie - Deduzione 12 per cento)
L'articolo 42, modificato in sede referente, differisce al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 e ai tre successivi (in luogo del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022 e ai tre successivi, come previsto dalla formulazione originaria della norma) una quota della deducibilità, pari al 12 per cento, dell’ammontare delle svalutazioni di banche, intermediari e assicurazioni riferite ad annualità precedenti, prevista con riferimento al 2022 (in luogo del 2021). La deduzione della quota sospesa rimane deducibile in 4 esercizi (3% annuo) dal 2023 al 2026 (in luogo di operare dal 2022 al 2025). La deducibilità in 4 anni opera in sede di saldo e non di acconto.
Si rammenta che l’articolo 16 del decreto legge n.83 del 2015 ha stabilito, tra l'altro, la deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti di enti creditizi e finanziari e imprese di assicurazione, modificando l'articolo 106, comma 3, del TUIR (Testo unico delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. n. 917 del 1986).
In particolare, il comma 4 prevede che le svalutazioni e le perdite su crediti verso la clientela a tale titolo iscritte in bilancio fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2014 e non ancora dedotte ai sensi del comma 3 dell'articolo 106 del TUIR sono deducibili per il 5 per cento del loro ammontare nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016, per l'8 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017, per il 10 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018, per il 12 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2024, e per il 5 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2025.
Inoltre, il comma 9 prevede che le rettifiche, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette iscritte in bilancio dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013 e non ancora dedotte ai sensi della lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo 6 e della lettera b-bis) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 446 del 1997 sono deducibili per il 5 per cento del loro ammontare nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016, per l'8 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017, per il 10 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018, per il 12 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2024, e per il 5 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2025.
Sul punto è poi intervenuta la legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 1056 della legge n. 145 del 2018) che ha differito la quota del 10 per cento, prevista dal citato articolo 16 per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018, al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2026.
La legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 712 della legge n. 160 del 2019) ha differito la deduzione della quota del 12 per cento dell'ammontare dei componenti negativi prevista dal richiamato articolo 16, commi 4 e 9, prevista per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019, in quote costanti, al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2022 e ai tre successivi (3 per cento annuo).
Il comma 1 della disposizione in esame, come modificato in sede referente, differisce, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 e ai tre successivi (in luogo del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022 e ai tre successivi, come previsto dalla formulazione originaria del testo) una parte della quota di deducibilità, pari al 12 per cento, dell’ammontare dei componenti negativi prevista, ai fini dell’IRES (imposta sul reddito delle società) e dell’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive), per gli enti creditizi e finanziari e per le imprese di assicurazione, rispettivamente dai commi 4 e 9 dell’articolo 16 (Deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti enti creditizi e finanziari e imprese di assicurazione) del decreto-legge n. 83 del 2015, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022 (per effetto delle predette modifiche in sede referente, in luogo del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2021).
Come chiarito dalla relazione illustrativa che accompagna l’emendamento del Governo, il differimento disposto dal testo originario della norma in esame produce effetti sui bilanci già redatti e sulle segnalazioni di vigilanza già inviate, relativi all’esercizio 2021, da parte delle banche e degli intermediari coinvolti da tale differimento. Le modifiche in commento sono di conseguenza volte a evitare eventuali effetti retroattivi sui bilanci 2021.
Con le modifiche in esame viene sostanzialmente sospesa, in luogo della quota deducibile nel 2021, parte della quota riferibile al 2022.
La norma quindi differisce una parte della quota di deducibilità prevista per il 2022, pari al 12 per cento (ai sensi del citato articolo 16, commi 4 e 9 del decreto-legge n, 83 del 2015). Come chiarito dal Governo, resta ferma la deducibilità dell’ulteriore quota del 3 per cento (derivante dal richiamato articolo 1, comma 712 della legge n. 160 del 2019, che ha diluito la quota del 12%, relativa al 2019, nel quadriennio 2022-2025) e viene confermato il recupero in quote costanti nei quattro successivi esercizi.
Di conseguenza, con riferimento al 2022, del vigente 15% (combinato disposto del comma 712 della legge di bilancio 2020 e dell’articolo 16 del decreto-legge 83 del 2015) rimane deducibile il 3%.
Nel corso dell’esame in sede referente sono stati inseriti i commi 1-bis e 1-ter.
Ai sensi del comma 1-bis, che modifica l’articolo 1, comma 1056 della legge di bilancio 2019, la quota del 10 per cento relativa al 2018, già differita al 2026 (per effetto della richiamata legge di bilancio 2019, legge n. 145 del 2018), viene parzialmente anticipata al 2022, nella quota corrispondente a 5,3 punti percentuali, cioè al 53 per cento del suo ammontare. Rimane dunque differita al 2026 la parte rappresentata da 4,7 punti percentuali (47 per cento).
Il comma 1-ter contiene disposizioni relative alle modalità di determinazione degli acconti.
In particolare, ai sensi dalla lettera a), per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022:
§ si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata in mancanza della possibilità di dedurre a quota del 12 per cento dei componenti negativi summenzionati per il 2021 (dunque non applicando il differimento previsto dall’articolo 16, commi 4 e 9, del citato decreto-legge n. 83 del 2015);
§ non si tiene conto dell’anticipazione al 2022 della quota del 10 per cento, relativa al 2018, disposta dal comma 1-bis in commento.
La lettera b) prevede che, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2023:
§ si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando l’anticipazione di cui al richiamato comma 1-bis;
§ non si tiene conto del differimento disposto dal comma 1 della norma in commento.
Ai sensi della lettera c), per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024 e per i due successivi:
§ non si tiene conto del differimento disposto dal comma 1 della norma in commento;
§ al 31 dicembre 2027 si assume, quale imposta del periodo precedente, quella determinata non applicando il comma 1 e il comma 1-bis.
Articolo 42, commi 2 e 3
(Copertura finanziaria)
I commi 2 e 3 dell’articolo 42 recano le disposizioni relative alla copertura finanziaria del provvedimento.
Il comma 2 quantifica gli oneri finanziari complessivi in 7.769,53 milioni di euro per l'anno 2022, 2.240,6 milioni di euro per l'anno 2023, 2.038,6 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026, 1.778,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2027 al 2030, 278,5 milioni di euro per l'anno 2031 e 33 milioni di euro per l'anno 2032.
Per l’anno 2022, gli oneri aumentano a 7.794,53 milioni di euro, in termini di indebitamento netto e fabbisogno.
In particolare, gli oneri derivano dalle seguenti disposizioni:
§ articolo 1: Azzeramento degli oneri di sistema per il secondo trimestre 2022;
§ articolo 2: Riduzione dell'IVA e degli oneri generali nel settore del gas;
§ articolo 3: Rafforzamento del bonus sociale elettrico e gas;
§ articolo 4: Contributo straordinario, sotto forma di credito d'imposta, a favore delle imprese energivore;
§ articolo 5: Contributo straordinario, sotto forma di credito d'imposta, a favore delle imprese a forte consumo di gas naturale;
§ articolo 6: Interventi in favore del settore dell'autotrasporto;
§ articolo 7: Incremento del Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano;
§ articolo 22: Riconversione, ricerca e sviluppo del settore automotive;
§ articolo 23: Ricerca e sviluppo di tecnologie innovative;
§ articolo 25: Incremento del Fondo per l'adeguamento dei prezzi e disposizioni in materia di revisione dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici;
§ articolo 26: Contributo statale alle spese straordinarie sostenute dalle regioni e dalle province autonome;
§ articolo 27: Contributi straordinari agli enti locali;
§ articolo 29: Riapertura dei termini per la determinazione dei valori di acquisto dei terreni e delle partecipazioni;
§ articolo 30: Risorse al Commissario straordinario emergenza COVID-19, per l'acquisto di farmaci antivirali;
§ articolo 31: Iniziativa di solidarietà in favore dei famigliari degli esercenti le professioni sanitarie, degli esercenti la professione di assistente sociale e operatori socio-sanitari;
§ articolo 41: Sospensione del pagamento dei mutui concessi agli enti locali dei territori colpiti dal sisma 2016;
§ articolo 42, comma 1: indeducibilità nel periodo d’imposta 2021 delle svalutazioni e perdite su crediti corrispondenti al 12% dello stock delle svalutazioni relative agli anni precedenti.
Alla copertura di tali oneri si provvede:
a) quanto a 4.516 milioni di euro per l'anno 2022, 1.730 milioni per l'anno 2023, 1.530 milioni per l'anno 2024, 2.040 milioni per l'anno 2025, 2.040 milioni per l'anno 2026, 1.580 milioni per l'anno 2027, 1.780 milioni per ciascuno degli anni dal 2028 al 2030, 280 milioni per l'anno 2031 e 33 milioni di euro per l'anno 2032, mediante corrispondente riduzione degli stanziamenti, di competenza e di cassa, delle Missioni e dei Programmi di spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, per gli importi indicati nell'allegato B al presente decreto.
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE |
|||||||||||
(importi in milioni di euro in termini di competenza e cassa) |
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MISSIONE/Programma |
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
2027 |
2028 |
2029 |
2030 |
2031 |
2032 |
23. FONDI DA RIPARTIRE (33) |
1.886 |
400 |
400 |
400 |
400 |
400 |
400 |
400 |
400 |
280 |
33 |
23.2 Fondi di riserva e speciali (2) |
1.186 |
400 |
400 |
400 |
400 |
400 |
400 |
400 |
400 |
280 |
33 |
23.1 Fondi da assegnare (1) |
700 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
1. POLITICHE ECONOMICO-FINANZIARIE E DI BILANCIO E TUTELA DELLA FINANZA PUBBLICA (29) |
1.630 |
1.130 |
1.130 |
1.640 |
1.640 |
1.180 |
1.380 |
1.380 |
1.380 |
- |
- |
1.4 Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi di imposte (5) |
1.630 |
1.130 |
1.130 |
1.640 |
1.640 |
1.180 |
1.380 |
1.380 |
1.380 |
|
|
7. COMPETITIVITA' E SVILUPPO DELLE IMPRESE (11) |
1.000 |
200 |
- |
|
|
|
|
|
|
|
|
7.2 Interventi di sostegno tramite il sistema della fiscalità (9) |
1.000 |
200 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
TOTALE |
4.516 |
1.730 |
1.530 |
2.040 |
2.040 |
1.580 |
1.780 |
1.780 |
1.780 |
280 |
33 |
b) quanto a 250 milioni di euro per l'anno 2022, mediante corrispondente utilizzo delle risorse di cui all'articolo 1, commi da 16 a 27, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (c.d. Sostegni-bis), che risultano nella disponibilità della contabilità speciale 1778 intestata all’Agenzia delle entrate che, a tal fine, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato.
I commi da 16 a 27 dell’articolo 1 del D.L. n. 73/2021 (c.d. Sostegni-bis), richiamati dalla norma in esame, disciplinano un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti titolari di partita IVA che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario, che hanno subito un peggioramento del risultato economico di esercizio (utile o perdita nell'esercizio di riferimento) relativo al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020 rispetto a quello in corso al 31 dicembre 2019, per un valore complessivo di 4 miliardi di euro.
c) quanto a 1.968,5 milioni di euro per l'anno 2022 e 515,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 29.
Si tratta delle entrate derivanti dalla riapertura dei termini previsti per effettuare la rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni e delle partecipazioni non relativi all'impresa. Tale riapertura riguarda i terreni e le partecipazioni posseduti alla data del l° gennaio 2022. La facoltà di rideterminare il valore d'acquisto di terreni e di partecipazioni non quotate va esercitata mediante pagamento di un'imposta sostitutiva, con aliquota fissata al 14 per cento;
d) quanto a 1.040,2 milioni di euro per l'anno 2022 e 199,1 milioni di euro per l'anno 2027, mediante utilizzo delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dal comma 1 dell’articolo 42.
Si tratta delle entrate derivanti dal differimento per il solo anno d'imposta 2021 dell'indeducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti corrispondenti al 12% dello stock delle svalutazioni relative agli anni precedenti. Tale deduzione viene successivamente recuperata nella misura del 3% annuo dall'anno 2022 all'anno 2025. Secondo quanto riportato nella relazione tecnica, utilizzando il modello di simulazione IRES ed IRAP, per il 2021, la percentuale di deducibilità del basket si è azzerata, registrando un recupero di gettito di competenza 2021 di circa 1.040,2 milioni di euro (877,9 milioni di euro ai fini IRES e circa 162,3 milioni di euro ai fini IRAP).
e) quanto a 20 milioni di euro per l'anno 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione.
Si tratta del Fondo istituito dall'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 3076). Nel bilancio triennale 2022-2024, il Fondo presenta una dotazione di 176,4 milioni per il 2022, di circa 303 milioni per il 2023 e di 387,3 milioni per il 2024.
Di seguito, si riporta la tabella che ricostruisce gli importi degli oneri e delle risorse poste a copertura finanziaria delle disposizioni del provvedimento in esame, sulla base del Prospetto riepilogativo degli effetti finanziari delle norme, allegato alla relazione tecnica del provvedimento.
(milioni di euro)
Art. |
TABELLA ONERI/COPERTURA |
2022 |
2023 |
2024 |
TOTALE ONERI (maggiori spese/minori entrate) |
7.769,5 |
2.240,6 |
2.038,6 |
|
1 |
Azzeramento degli oneri di sistema utenze per il secondo trimestre 2022 |
3.000,0 |
|
|
2 |
Riduzione dell'IVA e degli oneri generali nel settore del gas |
841,8 |
|
|
3 |
Rafforzamento del bonus sociale elettrico e gas |
400,0 |
|
|
4 |
Credito d'imposta a favore delle imprese energivore |
700,0 |
|
|
5 |
Credito d'imposta a favore delle imprese a forte consumo di gas naturale |
522,2 |
|
|
6 |
Interventi in favore del settore dell'autotrasporto |
79,6 |
|
|
7 |
Incremento del Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano |
40,0 |
|
|
22 |
Riconversione, ricerca e sviluppo del settore automotive |
700,0 |
1.000,0 |
1.000,0 |
23 |
Fondo per ricerca e sviluppo di tecnologie innovative |
150,0 |
500,0 |
500,0 |
25 |
Incremento del Fondo per l'adeguamento dei prezzi e disposizioni in materia di revisione dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici |
150,0 |
|
|
26 |
Contributi statali alle spese sanitarie collegate all’emergenza COVID sostenute dalle regioni e dalle province autonome |
400,0 |
|
|
27 |
Contributi straordinari agli enti locali |
322,6 |
|
|
29 |
Rideterminazione costo di acquisto terreni e partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati per i beni posseduti al 1° gennaio 2022 - IIDD |
245,4 |
278,5 |
278,5 |
30 |
Risorse al Commissario straordinario emergenza COVID-19, per l'acquisto di farmaci antivirali |
200,0 |
|
|
31 |
Fondo in favore dei famigliari di medici, personale infermieristico e operatori socio-sanitari deceduti per aver contratto il COVID-19 |
15,0 |
|
|
41 |
Oneri per interessi derivanti da differimento pagamento rate 2016 e 2017 mutui CDP a comuni e province dei territori colpiti dal sisma 2016 |
2,9 |
2,9 |
- |
42, co.1 |
Deduzione svalutazioni e perdite su crediti. Differimento periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2022 e ai tre successivi, ai fini IRES e IRAP |
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459,2 |
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TOTALE COPERTURA art. 42, comma 2 |
7.794,7 |
2.245,5 |
2.245,5 |
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lett. a) |
Riduzione degli stanziamenti, di competenza e di cassa, delle Missioni e dei Programmi di spesa del Ministero dell’economia e delle finanze |
4.516,0 |
1.730,0 |
1.530,0 |
lett. b) |
Utilizzo risorse contributo a fondo perduto operatori economici colpiti dall’emergenza COVID (art. 1, commi 16-27, del D.L. n. 73/2021) |
250,0 |
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lett. c) |
Maggiori entrate derivanti dall'articolo 29 |
1.968,5 |
515,5 |
515,5 |
lett. d) |
Maggiori entrate derivanti dal comma 1 dell’articolo 42 |
1.040,2* |
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lett. e) |
Riduzione fondo esigenze indifferibili in corso di gestione |
20,0 |
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* N.B. Nel Prospetto degli effetti finanziari delle norme del provvedimento, l’importo di 1.040,2 milioni di euro è composto da maggiori entrate per 877,9 milioni di euro e da minori spese per 162,3 milioni di euro.
Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio ai fini dell’attuazione delle disposizioni recate dal decreto. Il Ministero può altresì disporre, ove necessario, il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione è effettuata con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa (comma 3).
Articolo 42-bis
((Disposizioni finali)
L’articolo 42-bis -introdotto in sede referente - prevede che nelle fatture per i consumi di energia elettrica e di gas, emesse nei mesi successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, cui si applicano le disposizioni concernenti la riduzione delle aliquote relative agli oneri generali di sistema nel settore del gas (al riguardo si rinvia alla scheda relativa all'articolo 2, commi 3 e 4, nel presente dossier) e il bonus sociale elettrico e gas, previste dal provvedimento in esame, dal D.L. n. 130/2021 (L. n. 171/2021), e dalla legge di bilancio per il 2022 (L. n. 234/2021) (al riguardo si rinvia alla scheda relativa all'articolo 3 nel presente dossier), sono riportate, rispettivamente, le seguenti diciture: «Importi rideterminati a seguito di intervento del Governo e del Parlamento» e «Bonus sociale ». La finalità è quella di tutelare la concorrenza e di assicurare la massima trasparenza delle voci di costo sostenute dai consumatori.
Articolo 42-ter
(Clausola di salvaguardia)
L’articolo 42-ter inserito nel corso dell’esame in sede referente, stabilisce che le disposizioni del decreto legge in esame siano applicabili anche nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
Le disposizioni del provvedimento in esame non modificano il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti. L’esplicitazione di questo principio è stata introdotta in passato nelle leggi finanziarie per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale. La clausola di salvaguardia è ormai inserita in tutti i provvedimenti che possono riguardare le competenze delle regioni a statuto speciale e costituisce uno dei parametri su cui si fondano i giudizi della Corte costituzionale sulle questioni che le vengono poste.
Articolo 43
(Entrata in vigore)
L'articolo 43 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il decreto-legge è dunque vigente dal giorno 2 marzo 2022.
[1] L’articolo 5-bis, riproduce nella sostanza l’intervento disposto del già vigente articolo 3 del decreto-legge n. 99 del 30 giugno 2021. I contenuti di tale decreto legge sono stati trasposti, in sede di conversione, nello stesso decreto-legge n. 73/2021. Il decreto legge è stato dunque abrogato dall'art. 1, comma 3, legge 23 luglio 2021, n. 106, di conversione del decreto-legge n. 73/2021, a decorrere dal 25 luglio 2021. A norma dell’art. 1, comma 3, Legge n. 106/2021, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del presente decreto.
[2] Le norme europee prevedono che almeno il 50% dei proventi delle aste nazionali delle emissioni della e- debba essere investito in misure di lotta ai cambiamenti climatici, sviluppo delle rinnovabili e promozione dell’efficienza energetica, mentre la parte rimanente è oggetto di libero utilizzo. Nel pacchetto di proposte legislative denominato “Fit for 55”, nella nuova proposta di direttiva EU ETS, la Commissione europea propone che la misura diventi obbligatoria per il 100% dei proventi.
[3] Appare opportuno evidenziare che quota parte degli interventi sopra descritti, pari a 700 milioni di euro è stata coperta mediante utilizzo di quota parte dei proventi delle aste delle quote di emissione di CO2 del 2021 di competenza del Ministero della transizione ecologica, giacenti sull'apposito conto aperto presso la tesoreria dello Stato da reimputare alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (art. 5, comma 1, lett. d) decreto-legge n. 130/2021).
[4] Secondo ARERA, gli aumenti, a livello internazionale, sono legati al trend di forte crescita delle quotazioni delle principali materie prime energetiche; in particolare, i prezzi europei del gas sono cresciuti di oltre l'80% nel terzo trimestre del 2021 rispetto al secondo, con picchi nei mercati all'ingrosso di oltre 70 €/MWh nella seconda metà di settembre (contro i circa 20 €/MWh di inizio anno).
Prezzi correlati anche al prezzo della CO2 che, dalla fine del mese di agosto di quest'anno, si è attestato oltre i 60 €/ CO2. A titolo di confronto, si pensi che nel mese di settembre del 2020 la CO2 valeva circa 28 €/t CO2. Nel confronto con il secondo trimestre del 2021, il prezzo medio rilevato nel terzo trimestre è risultato in aumento del 13% circa.
Aumenti delle materie prime e della CO2 che confermano forti ripercussioni sui prezzi finali dei consumatori anche in altri Paesi europei, come la Spagna e la Francia.
[5] Nell’audizione informale svoltasi presso la X Commissione della Camera il 10 novembre 2021, il Presidente di ARERA, prof. Stefano Besseghini, aveva già fatto presente come i dati disponibili confermassero, pur con una forte volatilità su base settimanale, la tendenza a ulteriori rialzi dei prezzi dell’energia attesi per il primo trimestre 2022; inoltre, le quotazioni di medio periodo lasciavano intravedere un processo ancora lento di riallineamento verso prezzi più bassi, con prezzi del gas naturale superiori ai 40 EUR/MWh per tutto il 2022, per poi scendere verso i 30 EUR/MWh solo nel 2023.
[6] La famiglia tipo ha consumi medi di energia elettrica di 2.700 kWh all’anno e una potenza impegnata di 3 kW; per il gas i consumi sono di 1.400 metri cubi annui.
[7] Gli oneri di sistema pagati con la bolletta del gas dai clienti serviti in regime di tutela sono i seguenti: RE (risparmio energetico), UG2 (compensazione dei costi di commercializzazione), UG3 (recupero oneri di morosità per gli esercenti i servizi di ultima istanza), GS (bonus gas), pagata solo dai condomini con uso domestico.
[8] A questo proposito, l’ARERA, nel citato comunicato stampa ha precisato che, essa usualmente, all’inizio dell’anno aggiorna i valori dei bonus sociali da riconoscere nel corso di tutto il medesimo anno. Dato l’attuale andamento dei prezzi di mercato e la loro volatilità, l’Autorità ha ritenuto opportuno rinviare tale adeguamento ai trimestri successivi. L’impatto degli aumenti del I trimestre 2022 sarà comunque ammortizzato dal riconoscimento di un bonus “straordinario”, aggiuntivo a quello ordinario (che pertanto rimane quello del 2021), valido per tutto il I trimestre 2022.
[9] Cfr. Deliberazione 30 dicembre 2021 636/2021/R/COM - Disposizioni urgenti in materia di rateizzazione per i clienti domestici.
[10] Valori calcolati con arrotondamento a due decimali e tenendo conto del vincolo di divisibilità per 90 giorni del trimestre.
[11] Il bonus per disagio fisico, dunque, prescinde dalla posizione reddituale e per avervi accesso non è necessario presentare l’ISEE, ma una apposita domanda presso i Comuni o i CAF abilitati.
[12] Nonché le agevolazioni relative al servizio idrico integrato, di cui all'articolo 60, comma 1, della legge 28 dicembre 2015, n. 221.
[13] Per un’analisi di tali ultime misure si rinvia al Dossier - n. 499/2022 sul Decreto Legge n.4/2022 "Sostegni-ter" (A.S. 2505), articoli 14-16.
[14] Attuazione della direttiva UE 2019/944, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che modifica la direttiva 2012/27/UE, nonché recante disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento UE 943/2019 sul mercato interno dell'energia elettrica e del regolamento UE 941/2019 sulla preparazione ai rischi nel settore dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 2005/89/CE.
[15] Tale disposizione prevede che, laddove si applichi l'articolo 3, paragrafo 3, lettera d), secondo comma (sia cioè verificata la presenza di un numero elevato di famiglie in condizioni di povertà energetica, per cui lo Stato membro interessato deve includere nel suo piano nazionale integrato per l'energia e il clima un obiettivo indicativo nazionale di riduzione della povertà energetica), lo Stato membro interessato include nella relazione intermedia nazionale integrata per l'energia e il clima: a) informazioni sui progressi verso l'obiettivo indicativo nazionale nel ridurre il numero delle famiglie in condizioni di povertà energetica; nonché b) informazioni quantitative sul numero delle famiglie in condizioni di povertà energetica e, se del caso, informazioni sulle politiche e le misure di lotta alla povertà energetica. La Commissione condivide i dati comunicati dagli Stati membri a norma del presente articolo con l'Osservatorio della povertà energetica.
[16] Recante misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico.
[17] Quanto previsto si applica anche alle imprese in cui almeno il 25 per cento del capitale o dei diritti di voto sia detenuto direttamente o indirettamente da un ente pubblico oppure, congiuntamente, da più enti pubblici.
[18] A questo proposito, appare opportuno ricordare che fino al 28 febbraio 2021 sono state ammesse all’intervento straordinario del Fondo anche le imprese mid-cap (cioè, le imprese fino a 499 dipendenti). A decorrere dal 1° marzo 2021, la legge di bilancio 2021 ha disposto la "migrazione" delle garanzie per finanziamenti concessi in favore delle cd. mid-cap sullo strumento "Garanzia Italia" SACE. Dunque, a decorrere dal 1 marzo 2021 fino al 30 giugno 2022, SACE concede a favore delle "mid-cap" garanzie alle medesime condizioni già ad esse riconosciute dal Fondo di garanzia PMI, indicate nell’articolo 1.bis-1 del decreto-legge n. 23/2020 : a titolo gratuito, con copertura fino al 90 per cento del finanziamento, per un importo massimo garantito fino a 5 milioni di euro, o inferiore, tenuto conto dell'ammontare in quota capitale non rimborsato di eventuali finanziamenti assistiti dalla garanzia del Fondo di garanzia PMI.
[19] Fermo restando l’importo massimo di 30 mila euro, il finanziamento non può superare il 25% dei ricavi o il doppio della spesa salariale annua dell’ultimo esercizio utile, ai sensi di quanto consentito dalla Disciplina europea sugli aiuti di Stato nell’attuale contesto pandemico “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 cd. Temporary Framework”.
[20] Nonché a favore degli enti del Terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, esercenti attività di impresa o commerciale, anche in via non esclusiva o prevalente o finalizzata all'autofinanziamento. Per essi, ai sensi del comma 12-bis dell’art. 13, fino al 30 giugno 2022, opera una riserva fino al 100 milioni di euro delle risorse del Fondo;
[21] La legge di bilancio 2021 (art. 1, co. 216-218) è intervenuta, disponendo che i finanziamenti suddetti possano avere, dal 1° gennaio 2021, una durata non più di 10, come originariamente previsto, ma di 15 anni e che, il beneficiario dei finanziamenti già concessi a quella data, possa chiederne il prolungamento, con il mero adeguamento della componente Rendistato del tasso d'interesse applicato, in relazione alla maggiore durata
[22] Su richiesta del finanziato e previo accordo tra le parti.
[23] La dotazione iniziale del Fondo era pari a 1.000 milioni di euro per il 2020. Il decreto-legge n. 34/2020 ha consistentemente rifinanziato il Fondo, di 30.000 milioni di euro per l'anno 2020 destinando, di tale importo, 1.700 milioni di euro alle garanzie rilasciate da SACE in favore delle assicurazioni sui crediti commerciali, ai sensi dell’art. 35 del medesimo decreto (articolo 31, comma 1). Gli stanziamenti a favore del Fondo sono dunque complessivamente pari a 29,3 miliardi di euro (articolo 31).
[24] Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE
[25] Le soglie per l’applicazione dell’AU indicate nella tabella A del D.lgs. n. 387/2003, da ultimo modificata dal D.L. n. 77/2021 (L. n. 108/2021) sono le seguenti:
Fonte |
Soglie |
1 Eolica |
60 kW |
2 Solare fotovoltaica |
50 kW |
3 Idraulica |
100 kW |
4 Biomasse |
200 kW |
5 Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas |
300 kW |
L’autorizzazione unica è rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, ovvero, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico. Al di sotto delle soglie di cui alla Tabella A, gli impianti rientrano nel campo di applicazione della Procedura Autorizzativa Semplificata (PAS), della Comunicazione al Comune, a seconda della tecnologia, della taglia e della potenza. Le Regioni hanno la facoltà di ampliare il campo di applicazione della PAS ad impianti di potenza fino a 1 MW. La normativa vigente prevede poi anche talune eccezioni legate alla localizzazione degli impianti in questione. Un panorama dell’articolata disciplina e delle eccezioni è stato recentemente aggiornato dal GSE, sul suo sito istituzionale.
[26] Regolarmente censite e stabilmente abitate.
[27] Individuati dagli strumenti urbanistici vigenti, nonché il rispetto della normativa in materia di smaltimento e recupero degli aerogeneratori.
[28] L’articolo 11, comma 3, del D.lgs. n. 115/2008 dispone che l’installazione di impianti solari termici o fotovoltaici aderenti o integrati nei tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi sono considerati interventi di manutenzione ordinaria e non sono soggetti alla disciplina della SCIA (PAS). Sono dunque soggetti a comunicazione.
[29] Il richiamo alla definizione di edificio di cui alla voce 32 del regolamento edilizio tipo è stato introdotto dall’articolo 31, comma 2-bis, D.L. n. 77/2021 (L. n. 108/2021). La voce 32 definisce come “Edificio” una “costruzione stabile, dotata di copertura e comunque appoggiata o infissa al suolo, isolata da strade o da aree libere, oppure separata da altre costruzioni mediante strutture verticali che si elevano senza soluzione di continuità dalle fondamenta al tetto, funzionalmente indipendente, accessibile alle persone e destinata alla soddisfazione di esigenze perduranti nel tempo”.
[30] Secondo l’articolo, sono subordinati ad autorizzazione del Ministero:
a) la rimozione o la demolizione, anche con successiva ricostituzione, dei beni culturali;
b) lo spostamento, anche temporaneo, dei beni culturali mobili;
c) lo smembramento di collezioni, serie e raccolte;
d) lo scarto dei documenti degli archivi pubblici e degli archivi privati per i quali sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale, nonché lo scarto di materiale bibliografico delle biblioteche pubbliche, con talune eccezioni, e delle biblioteche private per le quali sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale;
e) il trasferimento ad altre persone giuridiche di complessi organici di documentazione di archivi pubblici, nonché di archivi privati dichiarati di interesse culturale.
Lo spostamento di beni culturali, dipendente dal mutamento di dimora o di sede del detentore, è preventivamente denunciato al soprintendente, che, entro trenta giorni dal ricevimento della denuncia, può prescrivere le misure necessarie perché i beni non subiscano danno dal trasporto.
Lo spostamento degli archivi correnti dello Stato e degli enti ed istituti pubblici non è soggetto ad autorizzazione, ma comporta l'obbligo di comunicazione al Ministero.
[31] Per i progetti di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati sulle coperture di fabbricati rurali, edifici a uso produttivo ed edifici residenziali, nonché i progetti di nuovi impianti fotovoltaici i cui moduli sono installati in sostituzione di coperture di fabbricati rurali e di edifici su cui è operata la completa rimozione dell'eternit o dell'amianto, alla dichiarazione sono allegati gli elaborati tecnici per la connessione alla rete elettrica redatti dal gestore della rete.
[32] Le soglie per l’applicazione dell’AU indicate nella tabella A del D.lgs. n. 387/2003, da ultimo modificata dal D.L. n. 77/2021 (L. n. 108/2021) sono le seguenti:
Fonte |
Soglie |
1 Eolica |
60 kW |
2 Solare fotovoltaica |
50 kW |
3 Idraulica |
100 kW |
4 Biomasse |
200 kW |
5 Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas |
300 kW |
.
[33] Nel caso di impianti ubicati all'interno di aree ove sono presenti impianti per la produzione o il trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi, l'autorizzazione è rilasciata ai sensi della disciplina vigente.
[34] In base al comma 9, gli impianti termici installati successivamente al 31 agosto 2013 devono essere collegati ad appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione, con sbocco sopra il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente.
[35] Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili.
[36] Decorsi 120 giorni dal 15 dicembre 2021 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 199/2021).
[37] Per alcune tipologie di impianti di produzione di energia elettrica (in linea di massima, quelli a fonti rinnovabili e quelli con potenza inferiore a 10 MVA alimentati da fonti non rinnovabili), è prevista la possibilità per il produttore di richiedere il ritiro a prezzo amministrato dell'energia elettrica prodotta e immessa in rete (ritiro dedicato), in alternativa al normale regime di vendita dell'energia elettrica.
[38] Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili.
[39] Tale disposizione prevede che l'ARERA nei casi in cui gli impianti di produzione e i punti di prelievo sono connessi alla porzione di rete di distribuzione sottesa alla stessa cabina primaria, individua, anche in via forfettaria, il valore delle componenti tariffarie disciplinate in via regolata, nonché di quelle connesse al costo della materia prima energia, che non risultano tecnicamente applicabili all'energia condivisa, in quanto energia istantaneamente autoconsumata sulla stessa porzione di rete.
[40] Gli articoli 24 -33 del decreto legislativo n. 28/2011, di recepimento della Direttiva 2009/28/UE cd. RED I, da ultimo modificati dall’articolo 56 del D.L. n. 76/2020, definiscono le modalità e i criteri per l’incentivazione dell’energia elettrica da fonte rinnovabile, rinviando, in particolare:
§ al comma 5 e 6, a decreti interministeriali (del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare– ora del MITE- e, per i profili di competenza con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentite l’ARERA e la Conferenza Unificata), la definizione delle modalità per l’attuazione dei sistemi di incentivazione, nel rispetto dei criteri individuati dallo stesso articolo.
§ al comma 7, all’ARERA la definizione delle modalità attraverso le quali le risorse per l'erogazione degli incentivi, trovano copertura nel gettito della componente A3 – ora Asos - delle tariffe dell'energia elettrica.
Dunque, in virtù dell’articolo 24, i cui principi e criteri sono di derivazione comunitaria, sono stati adottati, nel corso degli anni una serie di decreti interministeriali di sostegno alle FER elettriche. Quanto al fotovoltaico, si rammenta, in particolare, il cd. “Conto energia” (cfr., in particolare, il D.M. 5 luglio 2012, cd. V° Conto energia), il cui accesso si è però esaurito nel 2013 per raggiungimento del costo indicativo cumulato annuo degli incentivi “Conto energia” di 6,7 miliardi di euro. Gli impianti fotovoltaici non possono quindi più accedere a questa forma di incentivazione, la quale comunque continua ad essere erogata a quegli impianti che, nei tempi consentiti, vi avevano avuto accesso.
Attualmente, le procedure di accesso sono ancora in corso per il D.M. 4 luglio 2019, cd. FER 1, in vigore dal 10 agosto 2019, che ha introdotto nuovi meccanismi d'incentivazione per gli impianti fotovoltaici di nuova costruzione, eolici on-shore, idroelettrici e a gas di depurazione.
[41] Il comma 3 dell’articolo 65 ha peraltro disposto che l'ARERA, nel rispetto dei principi della normativa dell'Unione europea, assicuri la priorità di connessione alla rete elettrica per un solo impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di potenza non superiore ai 200 kW per ciascuna azienda agricola.
[42] Fino all’entrata in vigore dei nuovi meccanismi incentivanti per le FER delineati nel decreto legislativo n 199/2021 – dunque, fino all’entrata entrata in vigore dei relativi decreti ministeriali attuativi (art. 6 e 7) - continua infatti ad operare il meccanismo d'asta e registro di cui al D.M. cd. FER 1 (D.M. 4 luglio 2019), con la messa a disposizione da parte del GSE della potenza residua non assegnata, fino al suo esaurimento (articolo 9). Si rinvia all'apposita pagina sul sito istituzionale del GSE, in cui è data indicazione dei Bandi per la partecipazione ai Registri e/o alle Aste. Circa le modalità di accesso degli impianti fotovoltaici al D.M. FER 1, si rinvia alla Tabella esplicativa del GSE.
[43] D.Lgs. n. 199/2021, recante Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili.
[44] Quest’ultimo decreto reca un pacchetto di norme specificamente finalizzato all’accelerazione delle procedure per impianti a fonti rinnovabili anche in relazione ad aree contermini a quelle sottoposte a vincolo paesaggistico. L’articolo 30, comma 2, del decreto legge ha disposto che nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, localizzati in aree contermini, il Ministero della cultura si esprima nell'ambito della conferenza di servizi con parere obbligatorio non vincolante. Decorso inutilmente il termine per l'espressione del parere da parte del Ministero, l'amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione. In tutti i casi, il rappresentante del Ministero della cultura non può attivare i rimedi avverso la determinazione di conclusione della Conferenza. L’articolo 30, comma 1, dispone poi che il Ministero della cultura partecipi al procedimento unico in relazione ai progetti aventi ad oggetto impianti alimentati da fonti rinnovabili comprese le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, localizzati in aree sottoposte a tutela, anche in itinere, ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004 (codice dei beni culturali), nonché nelle aree contermini ai beni sottoposti a tutela.
[45] L’articolo 7-bis del codice dell’ambiente ripartisce le competenze tra Stato e Regioni stabilendo che sono sottoposti a VIA e a verifica di assoggettabilità a VIA, in sede statale i progetti elencati, rispettivamente, negli allegati II e II-bis alla parte seconda del codice dell’ambiente, e, in sede regionale i progetti elencati, rispettivamente, negli allegati III e IV. Tra i progetti di competenza statale rientrano le centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW; centrali per la produzione dell'energia idroelettrica con potenza di concessione superiore a 30 MW incluse le dighe ed invasi direttamente asserviti, impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW; impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW; impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica con potenza complessiva superiore a 10 MW, nonché gli impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare, impianti geotermici pilota, nonché attività di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche in mare. Il comma 4 dell’articolo dispone che in via generale che, “in sede statale, l'autorità competente è il Ministero della transizione ecologica, che esercita le proprie competenze in collaborazione con il Ministero della cultura per le attività istruttorie relative al procedimento di VIA. In sede regionale, ai sensi del comma 5, l’autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle province autonome.
[46] È previsto un termine di trenta giorni (che invece sono 60 giorni secondo la procedura ordinaria) dalla pubblicazione dell’avviso al pubblico per la presentazione delle osservazioni da parte di chiunque sia interessato; un termine di dieci giorni (anziché venti) entro il quale l’Autorità competente può chiedere al proponente la modifica o l’integrazione degli elaborati progettuali o della documentazione acquisita; un termine di quindici giorni (anziché trenta) per la presentazione delle osservazioni del pubblico e la trasmissione dei pareri delle amministrazioni e degli enti pubblici interessati in relazione alle modifiche e integrazioni.
[47] Ovvero, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico.
[48] Il mantenimento della temperatura dell'aria negli ambienti entro i limiti fissati deve essere ottenuto con accorgimenti che non comportino spreco di energia (comma 3)
[49] L'articolo 4 del DPR indica poi i limiti di esercizio degli impianti termici per la climatizzazione invernale, a seconda delle zone climatiche di appartenenza (da A a F). L'articolo 5 dispone che in deroga a quanto previsto dall'articolo 4, i sindaci, con propria ordinanza, possono ampliare o ridurre, a fronte di comprovate esigenze, i periodi annuali di esercizio e la durata giornaliera di attivazione degli impianti termici, nonché stabilire riduzioni di temperatura ambiente massima consentita sia nei centri abitati sia nei singoli immobili. I comuni dunque, non agiscono sui limiti di temperatura ma solo sul tempo (d'inizio e fine) e l'orario dei riscaldamenti (che è zonale).
[50] Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE.
[51] Si tratta di un Fondo pubblico, istituito presso l’Anpal e cofinanziato dal Fondo sociale europeo, che sostiene gli oneri relativi alla possibilità - riconosciuta per gli anni 2020, 2021 e 2022 – per i contratti collettivi aziendali o territoriali di realizzare specifiche intese di rimodulazione dell'orario di lavoro per mutate esigenze organizzative e produttive dell'impresa ovvero per favorire percorsi di ricollocazione dei lavoratori, con le quali parte dell'orario di lavoro viene finalizzato a percorsi formativi. Le ore di stipendio del personale in formazione sono a carico del fondo, grazie ai contributi dello Stato e del FSE - Pon Spao, gestito da Anpal.
[52] Il Fondo, di cui all’art. 1, co. 324 della L. 178/2020, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione di 500 milioni di euro nel 2021, al fine di favorire la transizione occupazionale mediante il potenziamento delle politiche attive del lavoro e di sostenere il percorso di riforma degli ammortizzatori sociali.
[53] Si ricorda che l’art. 23, comma 16, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) dispone, tra l’altro, che “per i contratti relativi a lavori il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è determinato sulla base dei prezzari regionali aggiornati annualmente. Tali prezzari cessano di avere validità il 31 dicembre di ogni anno e possono essere transitoriamente utilizzati fino al 30 giugno dell'anno successivo, per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data. In caso di inadempienza da parte delle Regioni, i prezzari sono aggiornati, entro i successivi trenta giorni, dalle competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sentite le Regioni interessate”.
L’art. 216, comma 27-ter, del medesimo Codice dispone che “ai contratti di lavori affidati prima dell'entrata in vigore del presente codice e in corso di esecuzione si applica la disciplina già contenuta nell'articolo 133, commi 3 e 6, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”.
Il citato comma 6 dell’art. 133 del “vecchio” Codice (abrogato e sostituito dal “nuovo” Codice di cui al D.Lgs. 50/2016) disponeva che “il Ministero delle infrastrutture, entro il 31 marzo di ogni anno, rileva con proprio decreto le variazioni percentuali annuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi”. Il comma 4 del medesimo articolo 133 disponeva, tra l’altro, che “qualora il prezzo di singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, subisca variazioni in aumento o in diminuzione, superiori al 10 per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell'anno di presentazione dell'offerta con il decreto di cui al comma 6, si fa luogo a compensazioni, in aumento o in diminuzione, per la metà della percentuale eccedente il 10 per cento e nel limite delle risorse di cui al comma 7”. Tale comma 7 prevedeva tra l’altro che, per le finalità indicate, “si possono utilizzare le somme appositamente accantonate per imprevisti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel quadro economico di ogni intervento, in misura non inferiore all'1 per cento del totale dell'importo dei lavori, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, nonché le eventuali ulteriori somme a disposizione della stazione appaltante per lo stesso intervento nei limiti della relativa autorizzazione di spesa. Possono altresì essere utilizzate le somme derivanti da ribassi d'asta, qualora non ne sia prevista una diversa destinazione sulla base delle norme vigenti, nonché le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza dei soggetti aggiudicatori nei limiti della residua spesa autorizzata”.
[54] Cfr., al riguardo, l'intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome nella seduta del 16 marzo 2022; riguardo a tale intesa, cfr. anche infra.
[55] Da ultimo si veda, relativamente all’anno 2021, l’art. 9 del DL. 44/2021 Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici (L. n. 76/2021).
[56] “Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute, e servizi territoriali, connesse all’emergenza da Covid-19”
[57] L'addizionale IRPEF ha una base percentuale pari all'1,23 per cento, così rideterminata dall'articolo 28, commi 1 e 2 del D.L. 201/2011, in precedenza era pari allo 0,9 per cento. Tale modifica, valida anche per le regioni e province a statuto speciale, si applica a decorrere dall'anno di imposta 2011. L'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 68/2011, prevede inoltre che a decorrere dal 2012 ciascuna regione a statuto ordinario può con legge, aumentare o diminuire l'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF di base. Tale maggiorazione non può essere superiore: a) a 0,5 punti percentuali per gli anni 2012 e 2013 b) a 1,1 punti percentuali per l'anno 2014; c) a 2,1 punti percentuali a decorrere dall'anno 2015.
[58] L'aliquota ordinaria IRAP è pari al 3,9 per cento (sulle imprese bancarie e finanziarie essa grava nella misura del 4,65 per cento e, con riferimento al settore assicurativo, nella misura del 5,9 per cento). Le Regioni e le Province autonome, con propria legge, a norma dell’art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, hanno facoltà di variare le aliquote fino ad un massimo di 0,92 punti percentuali, differenziandole per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.
[59] si ricorda che il bilancio consolidato, secondo quanto stabilito dall’articolo 11-bis del citato D.Lgs. 118 del 2011, è il bilancio che la regione redige con i propri enti ed organismi strumentali, aziende, società controllate e partecipate, costituito dal conto economico consolidato, dallo stato patrimoniale consolidato rappresenta il risultato economico, patrimoniale e finanziario del «gruppo amministrazione pubblica».
[60] Più in dettaglio, il citato comma 714 aveva dato facoltà agli enti locali che avevano presentato il piano di riequilibrio finanziario prima dell’approvazione del rendiconto per l’esercizio 2014 e che non avevano ancora provveduto ad effettuare il riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi richiesto dall’art. 3, comma 7, del D.Lgs. n. 118/2011 (disciplina di armonizzazione armonizzazione contabile), di rimodulare o riformulare il predetto piano entro il 31 maggio 2017, scorporando la quota di disavanzo risultante anche dalla revisione dei residui richiesta dalla procedura di riequilibrio e consentendone il ripiano - e la restituzione delle anticipazioni di liquidità erogate - in un arco temporale di 30 anni (in luogo dei 10 anni allora previsti dall’art. 243-bis del TUEL), in coerenza con il ripiano trentennale concesso per il riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi dall’art. 3, comma 16, del D.Lgs. n. 118/2011.
[61] Va ricordato che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 18 del febbraio 2019 ha dichiarato fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 714, della legge n. 208 del 2015, come sostituito dall’art. 1, comma 434, della legge n. 232/2016, in riferimento agli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., sia sotto il profilo della lesione dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, sia per contrasto con i principi di copertura pluriennale della spesa e di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo. La Corte ricorda come il regime ordinario inerente alla copertura del disavanzo di gestione preveda (art. 188 del T.U. enti locali) che esso sia immediatamente applicato all’esercizio in corso di gestione contestualmente alla delibera di approvazione del rendiconto o, comunque, nell’arco del triennio successivo e – in caso di scadenza del mandato elettorale – entro la data di quest’ultimo. Già la disciplina del predissesto consentirebbe una rilevante deroga temporale per completare il rientro dal deficit, consentendo di fruire di anticipazioni e prolungare gli accantonamenti fino al limite di dieci anni. La norma censurata consentirebbe in modo irragionevole e contraddittorio di mantenere inalterato il piano di pagamento dei creditori e di fruire di un allargamento della spesa corrente fino al limite temporale dei trenta anni, in misura pari al minore accantonamento conseguente alla dilazione trentennale. Con l’allungamento dei tempi di rientro dal disavanzo - afferma la Corte - “l’equilibrio del bilancio sarebbe alterato per l’intero trentennio, durante il quale sarebbero consentite spese correnti oltre la dimensione delle risorse di parte corrente; sarebbero violate le regole inerenti all’indebitamento che, per finanziare la permanenza in deficit trentennale, graverebbero in modo ingiusto e illogico sulle generazioni future; sarebbe leso in modo irreparabile il principio di rappresentanza democratica, perché la responsabilità degli amministratori che hanno provocato il deficit sarebbe stemperata per un lunghissimo arco generazionale, in modo da determinare una sorta di oblio e di immunità a favore dei responsabili”.
[62] Va peraltro ricordato che anche le disposizioni del D.L. n. 34/2019 (art. 38, co. 2-ter) sono state successivamente dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 115 del 2020, in quanto, nel richiedere la riproposizione del piano di riequilibrio per adeguarlo alla disciplina legislativa vigente alla luce della sentenza n. 18 del 2019, prevede che il ricalcolo del disavanzo sia effettuato "ferma restando la disciplina prevista per gli altri disavanzi". Ciò in quanto introduce, ad avviso della Corte, un “meccanismo di manipolazione del deficit” che consente di sottostimare, attraverso la strumentale tenuta di più disavanzi, l'accantonamento annuale finalizzato al risanamento e, conseguentemente, di peggiorare, anziché migliorare, nel tempo del preteso riequilibrio, il risultato di amministrazione.
[63] Si ricorda che la struttura del Commissario in esame ed il supporto alla stessa sono oggetto, in via generale, dell'articolo 1 del D.L. 10 novembre 2020, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2020, n. 181, nonché della sentenza della Corte costituzionale n. 168 del 24 giugno-23 luglio 2021, che ha, nel punto del dispositivo relativa a tale articolo, dichiarato l'illegittimità del comma 2, nella parte in cui non prevede che al prevalente fabbisogno della struttura commissariale provveda direttamente lo Stato e nella parte in cui, nell’imporre alla Regione Calabria di mettere a disposizione del Commissario un contingente di venticinque unità di personale, prevede che tale entità costituisca un "minimo" anziché un "massimo".
Riguardo al supporto specifico (alla struttura del Commissario in esame) per l’attuazione dei progetti di edilizia sanitaria, cfr. infra.
[64] I suddetti interventi in materia di edilizia sanitaria sono costituiti da:
- gli interventi già inseriti nel summenzionato Piano triennale straordinario di edilizia sanitaria e di adeguamento tecnologico della rete di emergenza, della rete ospedaliera e della rete territoriale;
- gli interventi inseriti negli accordi di programma già sottoscritti ai sensi dell’articolo 5-bis del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni (per la realizzazione di opere di ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico, con particolare riguardo alla qualificazione e messa a norma delle strutture sanitarie) e ai sensi dell’articolo 2, comma 203, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni (il quale disciplina le tipologie di accordi per la realizzazione di interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati ed implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e locali);
- gli ulteriori programmi sottoscritti con il Ministero della salute.
[65] Quest'ultima deve essere effettuata, mediante avviso pubblico, tra persone di comprovata esperienza ed elevata professionalità, nel rispetto delle previsioni del quadro economico generale degli interventi.
[66] Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2020.
[67] Le società in house sono società di diritto privato, solitamente costituite sotto forma di società di capitali (spa), che però lavorano come braccio operativo di un ente pubblico, una sorta di articolazione che agisce nell'interesse dell'ente statale, che le controlla come se fossero proprie.
[68] E’ noto che con Delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, stato di emergenza che è stato più volte prorogato, fino – da ultimo – alla data del 31 marzo 2022.
[69] L. 23 dicembre 1996, n. 662, Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
[70] D.L. 22 dicembre 2011, n. 211, convertito con legge n. 9 del 2021, Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri.
[71] Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176/2020.
[72] Si tratta degli elenchi previsti dall’art. 1, comma 5, lettera b), del medesimo d.l. n. 80 del 2021, nei quali confluiscono, in ordine di graduatoria, soggetti in possesso di alta specializzazione che hanno superato apposite procedure idoneative svolte secondo modalità semplificate, con previsione della sola prova scritta. Dagli elenchi così formati le amministrazioni attingono per l’assunzione di personale con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato.
[73] Più in dettaglio, la legge stabilisce che la professione di avvocato è incompatibile:
a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l'esercizio dell'attività di notaio. È consentita l'iscrizione nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell'elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell'albo dei consulenti del lavoro;
b) con l'esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui. È fatta salva la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa;
c) con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l'esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L'incompatibilità non sussiste se l'oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all'amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico;
d) con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato.
[74] Sulla legittimità costituzionale della normativa che limita la possibilità di iscrizione ad un ordine professionale per i dipendenti pubblici in part-time, escludendo dal novero degli ordini professionali a cui è consentita l’iscrizione quello degli avvocati, si è pronunciata la Corte costituzionale con sentenza n. 166 del 2012.
[75] Secondo i dati riportati dal sito ufficiale di EPPO, alla data del 23 febbraio 2022, negli Stati che hanno aderito alla Procura europea risultano essere stati nominati 104 Ped così distribuiti: Italia 15, Germania 11, Romania 9, Bulgaria 9, Rep. Ceca 8, Spagna 7, Slovacchia 6, Grecia 5, Francia 4, Lettonia 4, Lituania 4, Portogallo 4, Austria 2, Belgio 2, Croazia 2, Estonia 2, Lussemburgo 2, Malta 2, Paesi Bassi 2, Slovenia 2, Cipro 1, Finlandia 1.
[76] In materia di consistenza del personale della PA, si ricorda anche il Conto annuale a cura della Ragioneria generale dello Stato, una rilevazione censuaria riguardante la consistenza del personale e le relative spese sostenute dalle amministrazioni pubbliche destinatarie delle disposizioni del D.Lgs. 165/2001.
[77] Per amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001, si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. 300/1999.
[78] Con l’iniziativa “PA 110 e lode” – sorta a seguito di un protocollo d’intesa firmato il 7 ottobre 2021 tra il Ministro per la Pubblica amministrazione e la Ministra dell’Università e della Ricerca - si consentirà a tutti i dipendenti pubblici che lo vorranno di usufruire di un incentivo per l’accesso all’istruzione terziaria (corsi di laurea, corsi di specializzazione e master). Qui il Protocollo Funzione pubblica – Università.
[79] Già trasmesso per l’acquisizione dei concerti e dei pareri previsti dalla norma attributiva del potere con nota dell’Ufficio Legislativo MiTE del 17 settembre 2021, prot. n. 19838.
[80] In forza dell’articolo 9 del DL. 172/2021 (L. 3/2022).
Il termine dell’applicazione di detto regime transitorio è stato precedentemente prorogato dal 30 settembre al 30 novembre 2021, ai sensi del comma 3, articolo 4 del DL. n. 130 del 27 settembre 2021 (DL. cd. contenimento rincari “bollette”, L. 171/2021). Ancora prima, detto termine, prorogato al 30 aprile 2021 ai sensi dell’art. 12, co. 5 del DL. 183/2020 (L. n. 21/2021, cd. Proroghe termini legislativi), è stato successivamente fissato al 30 settembre 2021, ai sensi dell’art. 11-undecies, co. 2, del DL. 22 aprile n. 52/2021 (L. n. 87/2021, cd. Riaperture).
[81] In sostanza mediante il rilascio dell'attestazione dell'avvenuta sorveglianza radiometrica sui prodotti semilavorati metallici da parte di esperti qualificati.
[82] La relazione illustrativa sintetizza il contenuto del nuovo allegato come segue: l’articolo 1 - cui si riferisce la successiva numerazione salva indicazione contraria -, reca l’elenco delle definizioni rilevanti. L’articolo 2 elenca le finalità e l’oggetto, in conformità con quanto prescritto dall’articolo 72, comma 3, del decreto legislativo. L’articolo 3 individua l’ambito soggettivo di applicazione ed elenca i soggetti ai quali il medesimo si applica, prevedendo altresì le condizioni di applicazione della sorveglianza radiometrica ai prodotti finiti in metallo. L’articolo 4 individua l’ambito oggettivo di applicazione, ovvero i materiali e prodotti in metallo oggetto di sorveglianza radiometrica, con rinvio ai relativi allegati ed alle disposizioni contenute nel medesimo allegato regolanti le modalità di espletamento della sorveglianza radiometrica per ciascuna delle tipologie ivi individuate. L’articolo 5 reca i criteri per la sorveglianza radiometrica sia per i prodotti semilavorati e finiti in metallo sia per i carichi di rottami e altri materiali metallici di risulta. L’articolo 6 individua le modalità applicative della sorveglianza radiometrica. L’articolo 7 prescrive i contenuti informativi che devono essere presenti nelle attestazioni di sorveglianza radiometrica, secondo il modello previsto nell’allegato 1. L’articolo 8 riguarda il personale addetto alle misure radiometriche. L’articolo 9 reca i contenuti dell’informazione e della formazione che l’esperto di radioprotezione, almeno di II grado, deve fornire al personale addetto allo scarico, alla movimentazione e a ogni manipolazione dei materiali oggetto del decreto. L’articolo 10 prescrive le condizioni di mutuo riconoscimento delle attestazioni dei controlli radiometrici sui rottami metallici o sugli altri materiali metallici di risulta e sui prodotti semilavorati completamente in metallo o prodotti completamente in metallo provenienti da Paesi terzi.
[83] Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.
[84] Originariamente il termine per l’adozione è stato previsto entro 120 giorni dalla sua entrata in vigore (27 agosto 2020, e pertanto entro il 26 dicembre 2020), previa notifica alla Commissione europea ai sensi della direttiva 2015/1535/CE in materia di procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (codificazione).
[85] La direttiva 2013/59/Euratom ha abrogato, in particolare, le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29 Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e ha disposto il riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lett. a) della legge delega n. 117 del 2019 (legge di delegazione europea 2018), per l’attuazione delle norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, con riferimento sia all'esposizione medica sia alle persone soggette ad esposizione professionale sia alla popolazione.
[86] Il materiale che si suppone contaminato, infatti, non potrebbe essere utilizzato, posto sul mercato o smaltito senza l’autorizzazione del Prefetto, chiamato ad adottare i provvedimenti opportuni avvalendosi degli organi del SSN e delle agenzie regionali o provinciali dell’ambiente. Nei casi in cui le misure radiometriche dovessero indicare la presenza di livelli anomali di radioattività, i prefetti possono adottare gli opportuni provvedimenti, ivi compreso il rinvio dell'intero carico o di parte di esso all'eventuale soggetto estero responsabile del suo invio, con oneri a carico del soggetto venditore.
[87] Si tratta dei comuni individuati negli Allegati 1, 2 e 2-bis del D.L. n. 189/2016, nell’ambito delle Regioni colpite, rispettivamente, dagli eventi sismici del 24 agosto 2016, del 26 e del 30 ottobre 2016, nonché del gennaio 2017.
[88] L’allegato 1 al D.L. 32/2019 elenca i seguenti 21 comuni della provincia di Campobasso colpiti dagli eventi sismici avvenuti in Molise a far data dal 16 agosto 2018 (per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con la delibera del Consiglio dei ministri del 6 settembre 2018): Acquaviva Collecroce; Campomarino; Castelbottaccio; Castelmauro; Guardialfiera; Guglionesi; Larino; Lupara; Montecilfone; Montefalcone del Sannio; Montemitro; Montorio nei Frentani; Morrone del Sannio; Palata; Portocannone; Rotello; San Felice del Molise; San Giacomo degli Schiavoni; San Martino in Pensilis; Santa Croce di Magliano; Tavenna. Nello stesso allegato sono altresì indicati i seguenti 9 comuni della città metropolitana di Catania colpiti dal sisma del 26 dicembre 2018 (per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con la delibera del Consiglio dei ministri del 28 dicembre 2018): Aci Bonaccorsi; Aci Catena; Aci Sant'Antonio; Acireale; Milo; Santa Venerina; Trecastagni; Viagrande; Zafferana Etnea.