Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Ambiente
Titolo: Disposizioni per il contrasto degli incendi boschivi e altre misure urgenti di protezione civile
Riferimenti: AC N.3341/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 476/2
Data: 29/10/2021
Organi della Camera: VIII Ambiente

 

 

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Dossier n. 452/2

 

 

 

 

 

 

 

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Dipartimento Ambiente

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Progetti di legge n. 476/2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

D21120b

 

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I N D I C E

 

 

Schede di lettura. 5

Articolo 1 (Piano nazionale di coordinamento contro gli incendi boschivi. Promozione degli investimenti di messa in sicurezza del territorio) 7

Articolo 1-bis (Riduzione della durata del corso di formazione per l'accesso al ruolo di capi squadra e capi reparto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco) 18

Articolo 1-ter (Proroga graduatoria del concorso pubblico nella qualifica di vigile del fuoco) 19

Articolo 2 (Acquisto di ulteriori mezzi e attrezzature) 20

Articolo 3 (Misure per l'accelerazione dell'aggiornamento del catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco) 21

Articolo 4 (Misure per il rafforzamento delle attività di previsione e prevenzione degli incendi boschivi) 26

Articolo 5 (Misure per il rafforzamento della lotta attiva contro gli incendi boschivi e dell’apparato sanzionatorio e modifiche alla legge 21 novembre 2000, n. 353) 32

Articolo 6 (Modifiche al codice penale) 39

Articolo 7 (Altre misure urgenti di protezione civile) 43

Articolo 7-bis (Contratti relativi agli addetti agricoli e forestali) 48

Articolo 7-ter (Interventi delle regioni per il rimboschimento compensativo delle superfici bruciate) 49

Articolo 8 (Disposizioni finanziarie) 52

Articolo 8-bis (Clausola di salvaguardia) 55

Articolo 9 (Entrata in vigore) 56

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Piano nazionale di coordinamento contro gli incendi boschivi. Promozione degli investimenti di messa in sicurezza del territorio)

 

 

L'articolo 1 disciplina un nuovo strumento di programmazione - statale - a fini di coordinamento, relativo alla previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi. Esso è volto sia all'aggiornamento tecnologico sia all'accrescimento della capacità operativa.

Durante l'esame presso il Senato, sono state apportate, tra l'altro, alcune modifiche in materia di strutture funzionali alla vigilanza antincendio effettuata con mezzi aerei, di protezione degli animali, di promozione degli investimenti di messa in sicurezza del territorio.

 

Il presente decreto-legge 8 settembre 2021, n. 120 reca disposizioni volte al contrasto degli incendi boschivi - dietro sollecitazione della grave emergenza registratasi nel corso dell'estate del 2021, flagellata da estesi e ripetuti incendi[1].

Le disposizioni muovono lungo alcune direttrici, quali l'articolazione degli strumenti programmatori di coordinamento (integrandone l'assetto, quale definito dalla vigente legge-quadro in materia di incendi boschivi: legge n. 335 del 2001), a fini di previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi; rafforzamento delle diverse componenti operative, incrementandone la capacità di intervento; prevenzione e repressione del reato di incendio boschivo (e fattispecie connesse).   

 

Sulla scorta della legge-quadro sugli incendi boschivi n. 353 del 2000[2], spetta alle Regioni la competenza in materia di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi. Loro compete sia l'elaborazione dei piani regionali di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi - triennali, con aggiornamento annuale (in base a linee guida definite da decreto ministeriale del 20 dicembre 2001) - sia l'attivazione delle sale operative affinché intervengano così le squadre per lo spegnimento di terra come i mezzi aerei regionali (in genere elicotteri), con personale regionale, volontari e vigili del fuoco (ed eventualmente l'ausilio di un intervento di protezione civile).

Spetta invece allo Stato il concorso alle attività di spegnimento degli incendi, con i mezzi della flotta aerea antincendio di Stato.

Il coordinamento di tali mezzi - ossia Canadair CL-415 ed elicotteri S-64 (di proprietà del Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, cui è stata trasferita la flotta aerea antincendio della Protezione civile con il decreto-legge n. 59 del 2012) nonché altri tipi di elicotteri miliari (di proprietà del comparto della Difesa) - è attribuito al Dipartimento della protezione civile, che lo esercita mediante Centro operativo aereo unificato (COAU).

Quest'ultimo è il centro di comando e controllo di tutti i mezzi aerei resi disponibili per il concorso statale nell'attività antincendio boschivo. Esso ne pianifica e coordina la dislocazione a terra (tenuto conto delle aree di rischio e delle condizioni meteorologiche) e le attività di volo. In contatto con le sale operative regionali, interviene allorché le forze regionali non siano in grado di fronteggiare da sole l'incendio e muovano richiesta di concorso aereo statale.

 

Tale configurazione competenziale ed organizzativa non è incisa dall'articolo 1 del presente decreto-legge, il quale integra il novero di disposizioni poste dalla legge-quadro n. 353 del 2000 mediante previsione di un Piano nazionale di coordinamento per l'aggiornamento tecnologico e l'accrescimento della capacità operativa nelle azioni di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi (comma 3).

Tale Piano nazionale è predisposto sulla scorta di una specifica, articolata rilevazione condotta dal Dipartimento della protezione civile (comma 1), il quale può avvalersi di un Comitato tecnico (comma 2).

Specifica previsione concerne la prima applicazione, onde adottare (entro il 10 ottobre 2021) un primo "Piano nazionale speditivo" (comma 4).

 

Vale dunque avviare l'esame di quest'articolo del decreto-legge muovendo dal comma 3, il quale prevede - quale nuovo strumento previsionale e di coordinamento - un Piano nazionale di coordinamento per l'aggiornamento tecnologico e l'accrescimento della capacità operativa nelle azioni di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi.

Il Piano nazionale è previsto avere validità triennale (può essere aggiornato annualmente, a seguito di eventuali modifiche ai relativi stanziamenti).

È approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza Unificata.

Ai fini dell'approvazione con D.P.C.M., è previsto il concerto di un novero di Ministri (interno; difesa; economia e finanze; innovazione tecnologica e transizione digitale; Mezzogiorno e coesione territoriale; transizione ecologica; politiche agricole alimentari e forestali; affari regionali e autonomie, nonché, secondo una modifica approvata dal Senato, dell'università e della ricerca).

Alla realizzazione del Piano si provvede nell'ambito delle risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Ancora il comma 3 aggiunge la previsione che il Ministro per gli affari regionali e le autonomie convochi (entro il 30 aprile di ciascun anno) la Conferenza unificata, per il "confronto" sullo stato di aggiornamento dei Piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi (previsti dall’articolo 3 della legge n. 353 del 2000)[3] nonché dei connessi adempimenti dei Comuni.

Una modifica al presente comma, approvata dal Senato, prevede che il Piano nazionale possa destinare risorse, nell'ambito di quelle già stanziate, ad incentivi premiali in favore di soggetti pubblici o privati. Tali incentivi sono attribuiti in relazione ai risultati conseguiti per una diminuzione significativa delle aree percorse da incendi, nelle zone ad alto rischio, come individuate nei piani regionali ai sensi all'art. 3, comma 3, lettera c), della legge quadro contro gli incendi boschivi.

L'art. 3 della legge quadro n. 353 del 2000 stabilisce che nei Piani regionali di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, siano indicate le "aree a rischio di incendio boschivo rappresentate con apposita cartografia tematica aggiornata, con l'indicazione delle tipologie di vegetazione prevalenti" (comma 3, lettera c), richiamata dalla disposizione in esame).

 

Il Piano nazionale è redatto sulla base degli esiti di una ricognizione condotta dal Dipartimento della protezione civile, secondo le previsioni del comma 1.

Il Dipartimento della protezione civile (il quale è collocato presso la Presidenza del Consiglio, com'è noto) provvede - con cadenza triennale - alla ricognizione e valutazione di un insieme di profili:

§  le tecnologie - anche satellitari - volte alla integrazione dei sistemi previsionali nonché di sorveglianza, monitoraggio e rilevamento dell'ambiente, impiegabili per rafforzare la previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi. La disposizione menziona in particolare il Bollettino di suscettività all'innesco degli incendi boschivi (emanato dal medesimo Dipartimento - come previsto dalla direttiva del Presidente del Consiglio in materia di lotta attiva agli incendi boschivi del 1° luglio 2011 - quale Bollettino di previsione nazionale incendi boschivi, su base giornaliera, tenendo conto delle condizioni meteo-climatiche, della vegetazione, dello stato fisico e di uso del suolo, della morfologia e dell'organizzazione del territorio, riportando lo scenario di previsione di natura probabilistica delle condizioni di suscettività all'innesco ed alla propagazione degli incendi boschivi, su tre livelli - probabilità bassa, media, alta -, anche ai fini della gestione organizzativa della flotta aerea di Stato). E fa menzione di una revisione della disciplina di tale Bollettino, da realizzarsi mediante direttiva del Presidente del Consiglio (per effetto del richiamo normativo all'articolo 15 del decreto legislativo n. 1 del 2018, Codice della protezione civile). La disposizione espressamente prevede che sulla base del Bollettino, il Dipartimento provveda alla rimodulazione del dispiegamento dei mezzi aerei della flotta statale; insieme dà facoltà di "rimodulare il dispiegamento preventivo" dei propri mezzi e delle proprie squadre terrestri, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco ed al Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei Carabinieri - nonché beninteso alle Regioni e Province autonome, come si legge nella disposizione (lettera a));

§  esigenze di potenziamento di mezzi aerei ad ala fissa e rotante e al connesso impiego di mezzi aerei a pilotaggio remoto. Questo, ai fini del rafforzamento della capacità di concorso statale alle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi. Si tiene conto anche del quadro di una possibile strategia comune dell'Unione europea (lettera b), modificata dal Senato);

§  potenziamento delle strutture di aviosuperfici, elisuperfici e idrosuperfici serventi alla alle attività nazionali di gestione, previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi. La disposizione fa riferimento anche alla semplificazione del sistema delle autorizzazioni, al fine di garantire il buon funzionamento delle strutture suddette. Si specifica che tali disposizioni debbano applicarsi alle strutture "strettamente connesse" alle attività di gestione, previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi. Tra queste strutture sono compresi: distributori di carburanti, hangar e officine, piste di decollo e atterraggio, impianti idrici quali le vasche di raccolta di acqua (lettera b-bis), introdotta dal Senato).

§  esigenze di potenziamento di mezzi terrestri, onde rafforzare la capacità di lotta attiva contro gli incendi boschivi da parte del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, delle Regioni, delle Province autonome e del volontariato organizzato di protezione civile qualificato per tali attività; durante l'esame presso il Senato, è stato introdotto il riferimento al potenziamento di flotte aere delle Regioni ed infrastrutture a loro supporto, nonché al potenziamento di attrezzature, strumentazioni e dispositivi di protezione individuale (lettera d), modificata dal Senato);

§  formazione del personale addetto alle attività contro gli incendi boschivi boschivi, ivi comprese le attività di messa in salvo degli animali coinvolti (disposizione così modificata nel corso dell'esame in Senato).

 

Al riguardo si vedano infra anche i nuovi commi 4-bis, 4-ter e 4-quater, di cui si propone l'introduzione, concernenti la vigilanza aerea antincendio,

 

Il comma 2, come modificato dal Senato, prevede che ai fini della ricognizione sopra ricordata, il Dipartimento per la protezione civile si avvalga di un Comitato tecnico. Ne fanno parte - si prevede - "qualificati rappresentanti" dei Ministeri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze, della transizione ecologica, delle politiche agricole alimentari e forestali e della cultura, del Dipartimento per la trasformazione digitale e del Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché del Ministero dei trasporti e della mobilità sostenibili, del Dipartimento Casa Italia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (cfr. articolo 18-bis del decreto-legge n. 8 del 2017), del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei Carabinieri, delle Regioni e Province autonome, nonché dei Comuni designati dalla Conferenza Unificata.

Il Comitato può avvalersi anche dei rappresentanti dei centri di competenza che dispongano di conoscenze utili alle attività. Tali Centri sono enti e istituti di ricerca, consorzi e strutture universitarie, od altre pubbliche amministrazioni, che siano titolari e rendano disponibili conoscenze e forniscono prodotti derivanti da attività di ricerca e innovazione, tali da potere essere integrati nelle attività di protezione civile (cfr. articolo 21 del decreto legislativo n. 1 del 2018, Codice della protezione civile).

Con modifiche approvate dal Senato, è stato specificato che tali rappresentanti contribuiscono alle attività del Comitato in qualità di esperti ai quali non spettano compensi, indennità o emolumenti comunque denominati. Ulteriori modifiche approvate dal Senato stabiliscono che la disposizione in oggetto faccia specifico riferimento alle attività svolte dai seguenti enti: Associazioni con finalità di protezione degli animali che hanno sottoscritto un protocollo d'intesa con il Dipartimento della protezione civile; enti del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente; Consiglio dell'Ordine nazionale dei Dottori agronomi e dei Dottori forestali; Consiglio nazionale dei Geologi; enti no-profit impegnati nell'attività di protezione civile e antincendio boschivo iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 e delle organizzazioni di rappresentanza delle imprese agricole.

Il Comitato tecnico è da costituirsi con decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile.

La partecipazione al Comitato tecnico è assicurata dai diversi componenti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Né sono corrisposti compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.

Per altra competenza attribuita al Comitato, cfr. infra l'articolo 4, comma 1 del presente decreto-legge.

 

La legge n. 132 del 2016 ha istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, di cui fanno parte l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e le agenzie regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano per la protezione dell'ambiente (cfr. il sito per approfondimenti).

Il Registro unico nazionale è disciplinato dagli articoli 45 e seguenti del Codice del Terzo settore (decreto legislativo n. 117 del 2017). Il Registro è tenuto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed è articolato (art. 46 del Codice) nelle seguenti sezioni: a) organizzazioni di volontariato; b) associazioni di promozione sociale; c) enti filantropici; d) imprese sociali, incluse le cooperative sociali; e) reti associative; f) società di mutuo soccorso; g) altri enti del Terzo settore. Ad eccezione delle reti associative, nessun ente può essere contemporaneamente iscritto in due o più sezioni.   

 

Il comma 4 reca disposizione per una fase di prima applicazione.

Prevede l'adozione di un primo "Piano nazionale speditivo", entro il 10 ottobre 2021.

Esso è approntato sulla base sulla base della ricognizione - condotta del pari dal Dipartimento della protezione civile - delle più urgenti necessità (tra quelle indicate dal comma 1). Durante l'esame presso il Senato, si è specificato che il Piano in oggetto sia adottato previa intesa in Conferenza unificata.

Il Dipartimento si avvale a tal fine del Tavolo tecnico inter-istituzionale per il monitoraggio del settore antincendio boschivo e la proposizione di soluzioni operative (costituito con decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile del 10 aprile 2018), integrandolo, ove necessario, con ulteriori esperti, segnalati dalle Amministrazioni centrali componenti del Comitato tecnico.

La partecipazione al Tavolo tecnico inter-istituzionale avviene senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Durante l'esame presso il Senato sono stati introdotti quattro commi aggiuntivi.

 

Il comma 4-bis demanda ad una direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione di indirizzi e procedure di coordinamento che assumono la denominazione di Sistema Aereo di Vigilanza Antincendio - SAVA, in attuazione del Piano nazionale di cui al comma 3. Le misure afferenti al SAVA mirano ad integrare il dispositivo operativo nazionale costituito da aeroporti nazionali, aviosuperfici, elisuperfici e idrosuperfici. Quanto all'emanazione della direttiva citata, la disposizione specifica che essa sia adottata sulla base di una proposta tecnica condivisa dal Dipartimento della protezione civile, il Mims ed il Ministero dell'interno, tenuto conto degli esiti della ricognizione di cui alla lettera b-bis) del comma 1 (v. sopra).

La direttiva in oggetto è adottata ai sensi dell'art. 15 del Codice della protezione civile (di cui al decreto legislativo n. 1 del 2018).

Tale art. 15 stabilisce che le direttive del Presidente del Consiglio dei ministri assicurano, sul piano tecnico, l'indirizzo unitario, nel rispetto delle peculiarità dei territori, per l'esercizio della funzione e lo svolgimento delle attività di protezione civile e sono adottate su proposta del Capo Dipartimento della protezione civile e previa intesa in sede di Conferenza unificata ovvero di Conferenza Stato-Regioni in ragione delle competenze interessate dalle disposizioni ivi contenute. Su specifiche materie, per la predisposizione delle proposte di direttiva il Dipartimento della protezione civile può promuovere confronti in sede tecnica con le rappresentanze delle componenti del Servizio nazionale. Restano ferme le competenze attribuite alle Regioni e alle Province autonome.

 

Il comma 4-ter prevede che, nell'ambito dei piani regionali, le Regioni e le Province autonome possano stipulare convenzioni con Avio Club e Aero Club locali, nell'ambito delle risorse disponibili per la lotta agli incendi boschivi. La finalità dichiarata è quella di integrare nei rispettivi dispositivi operativi gli apparecchi per il volo da diporto o sportivo (disciplinato dalla legge n. 106 del 1985).

La disposizione fa riferimento in particolare alle azioni previste dai Piani regionali concernenti gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi anche attraverso sistemi di monitoraggio satellitare nonché la consistenza e la localizzazione dei mezzi, degli strumenti e delle risorse umane nonché le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi (art. 3, comma 2, lettere g) e h) della legge quadro n. 353 del 2000).

 

Il comma 4-quater demanda ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione di misure di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione relative alle strutture connesse ad aeroporti nazionali, aviosuperfici, elisuperfici e idrosuperfici, anche derogatorie. Si tratta, specifica la disposizione, di strutture direttamente connesse quali distributori di carburanti, hangar e officine, piste di decollo e atterraggio esistenti, esclusivamente ai fini dell'adeguamento di queste, nonché impianti idrici, in particolare vasche per la raccolta di acqua. Sono comunque fatte salve le procedure di prevenzione incendi (d.P.R. n. 151 del 2011), il rispetto delle norme dell'Unione europea e della normativa in materia ambientale e paesaggistica.

I d.P.C.m. sono adottati entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, di concerto con i Ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

 

Il comma 4-quinquies, con la dichiarata finalità di promuovere gli investimenti di messa in sicurezza del territorio, interviene sulle disposizioni della legge di bilancio 2019, relative alla concessione ai Comuni di contributi per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio. Si tratta delle disposizioni recate dai commi 139-148 dell’art. 1 della legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019).

Il comma 140 dell’art. 1 della legge n. 145/2018 disciplina la documentazione che i Comuni devono allegare alla richiesta di contributo. Vi si prevede che gli enti interessati (di cui al comma 139) comunicano le richieste di contributo, corredate dalla documentazione ivi specificata, al Ministero dell'interno entro il termine perentorio del 15 settembre dell'esercizio precedente all'anno di riferimento del contributo. La disposizione introdotta dal Senato prevede la proroga di tale termine al 15 febbraio 2022, limitatamente ai contributi riferiti all'anno 2022. Inoltre, si proroga al 28 febbraio 2022 il termine entro il quale è determinato l'ammontare del contributo attribuito a ciascun ente (termine fissato al 15 novembre dell'esercizio precedente all'anno di riferimento del contributo dal successivo comma 141).

A seguito dell'approvazione della suddetta modifica, l'integrazione della rubrica del presente articolo 1.

 

In particolare, il comma 139 dell'art. 1 della legge di bilancio per il 2019 prevede che siano assegnati ai Comuni contributi per le citate finalità, nel limite complessivo di 350 milioni di euro per l'anno 2021, di 450 milioni di euro per l'anno 2022, di 550 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025, di 700 milioni di euro per l'anno 2026 e di 750 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2027 al 2030. Non rientrano nel campo di applicazione della disposizione le opere integralmente finanziate da altri soggetti. Il successivo comma 139-bis aumenta le risorse di 900 milioni di euro per l'anno 2021 e di 1.750 milioni di euro per l'anno 2022. Tali ulteriori risorse sono finalizzate allo scorrimento della graduatoria delle opere ammissibili per l'anno 2021, a cura del Ministero dell'interno, nel rispetto dei criteri di cui ai commi da 141 a 145. Gli enti beneficiari del contributo per l'anno 2022 sono individuati con comunicato del Ministero dell'interno da pubblicare entro il 20 luglio 2021. Il Ministero dell'interno provvede a formalizzare le relative assegnazioni ai comuni con proprio decreto da emanare entro il 10 agosto 2021.

 

Si segnala che durante l'esame presso la Camera dei deputati del decreto-legge n. 121 del 2021 è stata inserita una disposizione (art. 13, comma 2-bis) di contenuto analogo al comma in esame. Il disegno di legge di conversione del citato decreto-legge n. 121 è stato approvato dalla Camera il 28 ottobre 2021 e trasmesso al Senato.

 

Per la campagna estiva antincendio boschivo 2021, la flotta aerea di Stato, nel periodo di massima attenzione, è composta da 15 velivoli Canadair CL415 e da 5 elicotteri Erickson S64F.

Alla flotta Canadair ed elicotteri S64, si aggiungono ulteriori 10 elicotteri del comparto Difesa, del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e dell'Arma dei Carabinieri (dati tratti dal sito internet del Dipartimento per la protezione civile).

In caso di situazioni estremamente critiche, sono impiegati sul territorio nazionale anche velivoli cofinanziati dalla Commissione Europea nell’ambito del Progetto “rescEU".

 

L'Unione europea ha istituito nel 2001 un meccanismo unionale di protezione civile, quale strumento per sostenere l'azione degli Stati membri di prevenzione e risposta alle catastrofi naturali o provocate dall'uomo, all'interno e all'esterno dell'Unione e di assicurare la preparazione alle stesse.

Tale meccanismo si basa su un sistema volontario di assistenza reciproca e sulle capacità pre-impegnate offerte dagli Stati membri (nonché da altri sei Stati partecipanti: Islanda, Norvegia, Serbia, Macedonia del Nord, Montenegro e Turchia). Gli aiuti possono essere sotto forma di assistenza in natura, dispiegamento di squadre appositamente attrezzate, valutazione e coordinamento da parte di esperti inviati sul campo.

Nel 2019 è stata creata una riserva specifica di mezzi di risposta a livello dell'Unione europea (il "rescEU") per rispondere a situazioni particolarmente gravi.

Le risorse di rescEU sono acquisite, affittate o noleggiate dagli Stati membri, che le ospitano, mentre l'Unione cofinanzia lo sviluppo. La riserva "rescEU", consistente in aerei ed elicotteri per interventi antincendio, capacità di evacuazione medica e risorse per squadre mediche di emergenza, è stata ampliata in relazione all'emergenza da Covid-19 (per includervi la costituzione di scorte di materiale medico).

Per fronteggiare gli incendi boschivi su vasta scala, la Commissione europea ha istituito una flotta europea composta da 11 aerei antincendio e 6 elicotteri, ubicati in vari Stati membri nell'ambito del sistema "rescEU" (2 aerei antincendio dalla Croazia, 2 aerei antincendio dalla Grecia, 2 aerei antincendio dall'Italia, 2 aerei antincendio dalla Spagna, 6 elicotteri antincendio dalla Svezia. A questi mezzi vanno ad aggiungersi 1 aereo antincendio dalla Francia e 2 aerei antincendio dalla Svezia, che fanno parte della flotta rescEU a lungo termine).

L'intervento è attivato dal Centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell'Unione europea. Il servizio dell'Unione di mappatura satellitare di emergenza Copernicus contribuisce alle operazioni con informazioni dettagliate provenienti dai sistemi spaziali.

La Commissione ha inoltre reso Nuovi orientamenti sulla prevenzione degli incendi boschivi ed informazioni circa il Sistema europeo d'informazione sugli incendi boschivi (EFFIS ).

 

Per quanto concerne la programmazione regionale, suo strumento sono - secondo previsione della legge-quadro n. 353 del 2000 - i piani regionali di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi (triennali, sottoposti a revisione annuale).

Vi si rinvengono: la descrizione del territorio (con specificazione delle zone boscate, arborate, cespugliate ecc., onde definire gli obiettivi prioritari da difendere); la cartografia di base (ove sono evidenziati i centri operativi, la dislocazione delle squadre e la mappa degli obiettivi da difendere con l’indicazione delle priorità; le aree percorse dal fuoco; la vegetazione; l’uso del suolo; la viabilità e i punti di approvvigionamento idrico); le banche dati (da aggiornare annualmente, con l'indicazione degli incendi boschivi degli ultimi cinque anni, le reti di monitoraggio, avvistamento e telecomunicazione; gli interventi strutturali e silviculturali già realizzati; mezzi e materiali disponibili; le informazioni relative alle squadre di personale dislocate sul territorio e le procedure per la lotta attiva agli incendi boschivi); l’analisi storica dei dati antincendio boschivo; il modello organizzativo (con l'indicazione delle strutture e delle forze utilizzate, e degli eventuali accordi della regione con le amministrazioni pubbliche e private); i principali obiettivi da difendere.

Per la parte più specificamente previsionale, vi sono individuati: le cause e i fattori predisponenti l'incendio; le aree percorse dal fuoco nell'anno precedente, rappresentate in un’apposita cartografia; le aree a rischio incendio boschivo, rappresentate in una cartografia tematica con le tipologie di vegetazione prevalenti (tenuto conto anche del grado di urbanizzazione della zona, della viabilità e del livello socio economico della zona); i periodi a rischio e gli indici di pericolosità.

Per la prevenzione, vi si individuano: le azioni che potrebbero potenzialmente innescare un incendio; la consistenza e la localizzazione delle vie di accesso, dei tracciati spartifuoco e delle fonti di approvvigionamento idrico; la programmazione degli interventi di gestione, manutenzione e pulizia del bosco; le attività formative e addestrative e la relativa programmazione; le attività informative (per sensibilizzare i cittadini sul problema degli incendi boschivi e per divulgare notizie sui massima pericolosità, i vincoli e i divieti da osservare, ecc).

Per la lotta attiva agli incendi, vi si pongono: la descrizione della struttura operativa antincendio boschivo e le procedure per la lotta attiva (con particolare riferimento all’organizzazione e alla localizzazione dei mezzi, degli strumenti e delle risorse attivate dalla Regione e dagli enti locali); le indicazioni relative alla rete di ricognizione-sorveglianza-avvistamento-allarme, fissa e mobile, terrestre e aerea; le informazioni relative alle sale operative unificate permanenti (SOUP); l’intervento sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni inadempienti.

 

Il Dipartimento della Protezione Civile elabora giornalmente un Bollettino nazionale di previsione incendi boschivi (come previsto dalla direttiva in materia di lotta attiva agli incendi boschivi del 1° luglio 2011 a firma del Presidente del Consiglio dei Ministri), tenendo conto delle condizioni meteo-climatiche, della vegetazione, dello stato fisico e di uso del suolo, della morfologia e dell’organizzazione del territorio.

Il Bollettino riporta lo scenario di previsione di natura probabilistica delle condizioni di suscettività all’innesco e alla propagazione degli incendi boschivi, articolate su tre livelli (bassa, media, alta), con una stima fino a 24 ore e una rappresentazione della loro tendenza fino alla scala temporale più opportuna.

Tale strumento di previsione punta a fornire informazioni a supporto delle attività del Dipartimento della protezione civile relative alla flotta aerea di Stato, sì da modularne la gestione organizzativa. Il Bollettino è beninteso reso disponibile alle altre Amministrazioni competenti in materia.

 

Elaborazioni statistiche ufficiali complete relative al fenomeno degli incendi boschivi sono disponibili con riferimento all'anno 2019. Allora gli incendi boschivi interessarono 36.034 ettari di superficie, pari all’1,2 per mille del territorio nazionale (stando a recenti elaborazioni di Legambiente che arrivano a comprendere il 2020, nonostante la pandemia la situazione sarebbe peggiorata, con aumenti della superficie bruciata, dei reati accertati e delle persone denunciate rispetto al 2019; e per il 2021 in corso si ha la percezione di un'annata decisamente negativa).   

Per numero di ettari andati a fuoco, nel 2019 l'Italia si è collocata al quarto posto tra i Paesi europei (preceduta da Spagna, Portogallo e Polonia). Peraltro, il dato italiano del 2019 è tra i più bassi dell’ultimo decennio nel nostro Paese; i picchi più alti, infatti, si registrarono nel 2012 e nel 2017, anni in cui, rispettivamente, bruciarono aree pari al 4,3 e al 5,4 per mille del territorio. Allargando ulteriormente l'arco temporale, si rileva che dal 1980 al 2019 il fenomeno degli incendi è complessivamente regredito, in maniera abbastanza costante se i dati vengono aggregati per fasce decennali invece che per singole annualità. Si pensi che dal 1980 al 1989 in media bruciavano quasi 150.000 ettari all'anno.

Di solito gli incendi si concentrano prevalentemente nel Mezzogiorno, pur non risparmiando il resto del Paese. In particolare, le aree collinari dell'Italia centrale, meridionale e insulare sono le più colpite. Le cronache dell'estate 2021, sebbene frammentarie e provvisorie, sembrano confermare questa tendenza geografica.

Spesso gli incendi sono di natura dolosa. In base alle indagini dei Carabinieri, nel 2019 le cause degli incendi sono state dolose nel 57,4% dei casi, colpose nel 13,7%, naturali appena l'1,9% delle volte (nei rimanenti casi, sono rimaste indeterminate o sono risultate non classificabili). Tra il 2017 e il 2019, i soggetti arresti in flagranza sono stati 139, i denunciati all'autorità giudiziaria 1.013.

Le sterpaglie (ossia quei grovigli di arbusti spinosi e rami secchi che per loro natura prendono fuoco facilmente) nel 2020 hanno prodotto oltre 64.000 incendi, una quantità circa sei volte maggiore di quelli che si sono accesi nel resto della macchia mediterranea.

 


 

Articolo 1-bis
(Riduzione della durata del corso di formazione per l'accesso al ruolo di capi squadra e capi reparto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

 

La disposizione, introdotta dal Senato, riduce a cinque settimane (anziché tre mesi) la durata del corso di formazione per l'accesso al ruolo di capi squadra (e conseguentemente, di capi reparto) del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

L'immissione in ruolo dei capi squadra e dei capi reparto avviene - ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 217 del 2005, recante l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco - mediante concorso interno per titoli e superamento di un successivo corso di formazione professionale, della durata non inferiore a tre mesi (riservato al personale che rivesta la qualifica di vigile del fuoco coordinatore).

Una volta terminato con successo il corso di formazione, si accede alla qualifica di capo squadra. La successiva promozione alla qualifica di capo reparto è conferita (a ruolo aperto, secondo l'ordine di ruolo, prevede l'articolo 15 del medesimo decreto legislativo n. 217) ai capi squadra esperti che, nel triennio precedente lo scrutinio, non abbiano riportato una sanzione disciplinare pari o più grave della sanzione pecuniaria e che, alla data del medesimo scrutinio, abbiano maturato cinque anni di effettivo servizio nella qualifica ed abbiano frequentato con profitto i corsi di aggiornamento professionale (individuati nei contenuti e nella durata con decreto del capo del Dipartimento).

La disposizione recata dal presente articolo aggiuntivo introdotto dal Senato deroga alla previsione vigente relativa alla durata di quel corso di formazione professionale, requisito per l'accesso alla qualifica di capo squadra.

La durata del corso di formazione professionale, finora prevista di tre mesi, verrebbe ridotta a cinque settimane.

Questo, con decorrenza dal 1° gennaio 2020.

Non è previsto un termine ad quem, bensì che la deroga valga per l'accesso ad un numero di posti "corrispondente a quelli vacanti al 31 dicembre 2019".

La disposizione fin qui vigente che viene incisa prevede, si ricorda, che l'accesso alla qualifica di capo squadra avvenga nel limite dei posti "disponibili al 31 dicembre di ogni anno".

Inoltre la novella menziona un accesso al ruolo dei capi-squadra e dei capi reparto, "per un numero di posti corrispondente a quelli vacanti". Potrebbe valutarsi se tale formulazione sia sufficientemente chiara, dal momento che secondo la previsione vigente l'accesso al ruolo di capi reparto è a ruolo aperto.

L'onere finanziario è quantificato in 230.718 euro, cui si provvede a valere sulle disponibilità degli stanziamenti di bilancio del Ministero dell'interno a legislazione vigente.


 

Articolo 1-ter
(Proroga graduatoria del concorso pubblico nella qualifica di vigile del fuoco)

 

 

La disposizione - introdotta dal Senato -  proroga fino al 31 dicembre 2022 la validità della graduatoria del concorso a 250 posti nella qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, approvata con decreto ministeriale n. 237 del 14 novembre 2018.

 

Il concorso era stato bandito con il decreto dipartimentale 18 ottobre 2016, n. 676, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4ª Serie Speciale Concorsi ed Esami – n. 90 del 15 novembre 2016.

 

Si ricorda che le disposizioni di carattere generale concernenti l'accesso al ruolo dei vigili del fuoco mediante concorso pubblico sono dettate dall'art. 5 del decreto legislativo n. 217 del 2005 (recante "Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco").


 

Articolo 2
(Acquisto di ulteriori mezzi e attrezzature)

 

 

L'articolo 2 stanzia 40 milioni per l'acquisto di mezzi operativi e di attrezzature per la lotta attiva agli incendi boschivi.

 

Sono qui destinati aggiuntivi 40 milioni per il rafforzamento urgente della capacità operativa delle componenti statali nelle attività di prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi.

Le risorse sono finalizzate all'acquisizione di mezzi operativi, terrestri e aerei, e di attrezzature per la lotta attiva agli incendi boschivi, ulteriori rispetto alla vigente programmazione.

Esse sono ripartite - dispone il comma 1 - nella misura di:

33,3 milioni per il Ministero dell'interno, per le esigenze del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco;

2,1 milioni per il Ministero della difesa;

4,6 milioni per le esigenze del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei Carabinieri.

Il comma 4 reca la disposizione di copertura finanziaria.

Prevede che le risorse siano attinte mediante corrispettiva riduzione dell'autorizzazione di spesa destinata al credito d'imposta per l'adeguamento dei posti di lavoro in correlazione all'emergenza epidemiologica da Covid-19 (cfr. articolo 120, comma 6, del decreto-legge n. 34 del 2020, con un'autorizzazione di spesa lì pari a complessivi 2 miliardi).

 

La relazione tecnica che correda il disegno di legge di conversione del presente decreto-legge enumera puntualmente i beni di cui si prevede l'acquisizione mediante siffatta autorizzazione di spesa.

 

Le attività di cui al presente articolo sono realizzate mediante il pagamento delle relative spese entro il termine del 31 dicembre 2021, prevede il comma 2.

 

Il comma 3 demanda al Dipartimento della protezione civile il monitoraggio delle attività, anche ai fini del relativo coordinamento con le misure previste nel Piano nazionale di cui all'articolo 1.


 

Articolo 3
(Misure per l'accelerazione dell'aggiornamento del catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco)

 

 

L’articolo 3, modificato dal Senato, introduce misure finalizzate a garantire il tempestivo aggiornamento del catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco, integrando quanto già disposto dall’articolo 10 della Legge n. 353 del 2000. In sede di esame al Senato, è stata approvata una modifica in base alla quale gli organi preposti sono tenuti a rilevare le aree percorse dal fuoco entro 45 giorni dall'estinzione dell'incendio, nonché a rendere disponibili i conseguenti aggiornamenti non oltre il 1° aprile di ogni anno su supporto digitale, prevedendo che il termine di applicazione dei relativi divieti decorra dalla data di pubblicazione degli aggiornamenti sui siti istituzionali; è stata, altresì, approvata una modifica in base alla quale si demanda alla legge regionale di disporre le misure per l'attuazione delle azioni sostitutive in caso di inerzia dei comuni nella pubblicazione degli elenchi definitivi dei soprassuoli percorsi dal fuoco nel quiquennio precedente e delle relative perimetrazioni.

 

 

L'articolo 3 si compone di 5 commi e reca misure per l'accelerazione dell'aggiornamento del catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco.

A tal fine, il comma 1 - come risultante dalla modifica del Senato - dispone che il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri e i Corpi Forestali delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano provvedano:

Ø  a rilevare le aree percorse dal fuoco entro 45 giorni dall'estinzione dell'incendio

Ø  e a rendere disponibili alle Regioni e ai Comuni interessati - su apposito supporto digitale - i conseguenti aggiornamenti non oltre il 1° aprile di ogni anno.

 

Si prevede che gli aggiornamenti siano contestualmente pubblicati in apposita sezione sui rispettivi siti istituzionali; per i nuovi soprassuoli percorsi dal fuoco rilevati, la disposizione in esame comporta l’immediata e provvisoria applicazione delle misure previste dall’articolo 10, comma 1, della Legge n. 353 del 2000 (Legge-quadro in materia di incendi boschivi), sino all’attuazione, da parte dei comuni interessati, degli adempimenti di cui al comma 2 del medesimo articolo 10.

Il testo originario del comma 1 - interamente sostituito per effetto della modifica proposta dal Senato - prevede che gli aggiornamenti annuali degli elenchi dei soprassuoli percorsi dal fuoco nel quinquennio precedente - rilevati annualmente dal Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri e dai Corpi Forestali delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano e resi tempestivamente disponibili alle Regioni e ai Comuni interessati su supporto digitale - fossero contestualmente pubblicati in apposita sezione sui rispettivi siti istituzionali, ciò comportando, per i nuovi soprassuoli rilevati, l’immediata e provvisoria applicazione delle misure previste dal citato articolo 10, comma 1, della Legge n. 353 del 2000, sino all’attuazione da parte dei comuni interessati degli adempimenti di cui al comma 2 del medesimo articolo 10.

 

Al riguardo, con la modifica proposta dal Senato, viene inoltre previsto, rispetto al testo originario del decreto-legge, che il termine di applicazione dei relativi divieti decorre dalla data di pubblicazione degli aggiornamenti sui siti istituzionali.

 

Il citato articolo 10 della Legge-quadro in materia di incendi boschivi regola i divieti, le prescrizioni e le sanzioni. Esso è stato in parte riscritto dall'articolo 5 del D.L. incendi qui in esame (alla cui scheda si rinvia).

Si ricorda che la citata legge quadro in materia di incendi boschivi n. 353/2000 definisce divieti, prescrizioni e sanzioni in relazione alle aree boschive e ai pascoli e terreni i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco prevedendo vincoli sulle zone interessate.

In particolare, il comma 1 dell'articolo 10 dispone che le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco, non possano avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni. È comunque consentita la costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell'ambiente. In tutti gli atti di compravendita di aree e immobili situati nelle predette zone, stipulati entro quindici anni dagli eventi previsti dal comma in esame, deve essere espressamente richiamato il vincolo di cui al primo periodo, pena la nullità dell'atto. Nei comuni sprovvisti di piano regolatore è vietata per dieci anni ogni edificazione su area boscata percorsa dal fuoco. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui detta realizzazione sia stata prevista in data precedente l'incendio dagli strumenti urbanistici vigenti a tale data. Sono vietate per cinque anni, sui predetti soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche, salvo specifica autorizzazione concessa dalla direzione generale competente in materia del Ministero dell'ambiente, per le aree naturali protette statali, o dalla regione competente, negli altri casi, per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici. Sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia. Come sopra anticipato, l'articolo 5 del provvedimento in esame (alla cui scheda si rinvia) novella il comma 1 introducendo, altresì, il divieto di raccolta dei prodotti del sottobosco sui soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, per tre anni. I contratti che costituiscono diritti reali di godimento su aree e immobili situati nelle zone di cui al primo periodo stipulati entro due anni dal fatto sono trasmessi, a cura dell'Agenzia delle entrate, entro trenta giorni dalla registrazione, al prefetto e al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche con riguardo ai contratti di affitto e di locazione relativi alle predette aree e immobili.

Il successivo comma 2 dispone che i comuni provvedano, entro novanta giorni dalla data di approvazione del piano regionale Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, a censire, tramite apposito catasto, i soprassuoli già percorsi dal fuoco nell'ultimo quinquennio, avvalendosi anche dei rilievi effettuati dal Corpo forestale dello Stato. Il catasto è aggiornato annualmente. L'elenco dei predetti soprassuoli deve essere esposto per trenta giorni all'albo pretorio comunale, per eventuali osservazioni. Decorso tale termine, i comuni valutano le osservazioni presentate ed approvano, entro i successivi sessanta giorni, gli elenchi definitivi e le relative perimetrazioni. È ammessa la revisione degli elenchi con la cancellazione delle prescrizioni relative ai divieti di cui al comma 1 solo dopo che siano trascorsi i periodi rispettivamente indicati, per ciascun divieto, dal medesimo comma 1.

Si segnala che, con novella recata dal citato articolo 5 del provvedimento in esame, il comma 2 dell’art. 10 della L. 353/2000 è integrato con la previsione che stabilisce che i comuni, nelle attività di censimento del catasto dei soprassuoli già percorsi dal fuoco nell'ultimo quinquennio, possano avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, del supporto tecnico messo a disposizione da ISPRA mediante il Sistema nazionale di Protezione dell’Ambiente, o da altri soggetti muniti delle necessarie capacità tecniche. È precisato, altresì, che la superficie percorsa dal controfuoco non rientra nel perimetro finale dell’incendio e, pertanto, non si applicano le sanzioni previste per le aree oggetto di incendio.

 

Il comma 2 precisa che, nel periodo di applicazione temporanea delle richiamate misure di cui all’articolo 10, comma 1, della L. n. 353 del 2000, previsto dal comma precedente, si applichino le disposizioni e le sanzioni previste dai commi 3, 5, 6 e 7 del medesimo articolo 10.

 

Il richiamato comma 3 dell’articolo 10 della Legge-quadro in materia di incendi boschivi dispone, in caso di trasgressioni al divieto di pascolo su soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco ai sensi del comma 1, l’applicazione di una sanzione amministrativa, per ogni capo, non inferiore a lire 60.000 e non superiore a lire 120.000 e, in caso di trasgressione al divieto di caccia sui medesimi soprassuoli, l’applicazione di una sanzione amministrativa non inferiore a lire 400.000 e non superiore a lire 800.000. Con novella recata dal citato articolo 5 del provvedimento in esame, il comma 3 è integrato con la previsione della confisca degli animali se il proprietario ha commesso il fatto su soprassuoli delle zone boscate percorsi da incendio, in relazione al quale è stato condannato, nei dieci anni precedenti, per il reato di incendio boschivo doloso di cui all’articolo 423-bis, primo comma, del codice penale (novellato dall'articolo 6 del D.L. in esame, alla cui scheda si rinvia).

Il richiamato comma 5 vieta, nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo, tutte le azioni determinanti anche solo potenzialmente l'innesco di incendio (individuate ai sensi dell'art. 3, co. 3, lettera f)). Con medesima novella di cui all'articolo 5 del provvedimento in esame, al comma 5 in commento viene inserita una disposizione secondo cui, nelle aree a rischio di incendio boschivo, oltre ai divieti già prescritti, sono resi altresì obbligatori gli adempimenti individuati nel Piano, con riferimento alle azioni di cui all’articolo 3, comma 3, lettera f), il cui inadempimento può determinare, anche solo potenzialmente, l’innesco di incendio.

In materia di sanzioni, per le trasgressioni ai divieti di cui al comma 5, il comma 6 dispone l’applicazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a lire 2.000.000 e non superiore a lire 20.000.000. Tali sanzioni sono raddoppiate se il responsabile appartiene a una delle categorie descritte all'articolo 7, commi 3 e 6 (personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo forestale dello Stato; personale appartenente ad organizzazioni di volontariato impiegato nelle attività di spegnimento del fuoco; personale delle Forze armate e delle Forze di polizia dello Stato; personale stagionale utilizzato dalle regioni per attività connesse alle finalità di cui alla legge-quadro).

Il comma 7 dispone altresì la revoca della licenza, dell'autorizzazione o del provvedimento amministrativo che consente l'esercizio dell'attività, quando le trasgressioni ai divieti di cui al comma 5 siano compiute da esercenti attività turistiche, oltre all’applicazione della sanzione di cui al comma 6.

 

Il comma 3 reca disposizioni in materia di potere sostitutivo.

Il testo originario del decreto-legge, come entrato in vigore, riconosce il potere sostitutivo delle Regioni, laddove gli elenchi definitivi dei soprassuoli percorsi dal fuoco nel quinquennio precedente e delle relative perimetrazioni, di cui al citato art. 10, co. 2, L. n. 353 del 2000, non siano approvati dai comuni entro il termine dei 90 giorni complessivamente previsti dalla data di approvazione della revisione annuale del piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi (di cui all’art. 3 della medesima L. n. 353 del 2000).

Nel corso dell'esame in Senato, è stata al riguardo approvata una proposta di modifica - con l'aggiunta di un nuovo primo periodo al comma 3 della norma , in base alla quale si demanda in via generale alla legge regionale di disporre le misure per l'attuazione delle azioni sostitutive in caso di inerzia dei comuni nella pubblicazione degli elenchi definitivi dei soprassuoli percorsi dal fuoco nel quinquennio precedente e delle relative perimetrazioni (di cui all'articolo 10, comma 2, della legge 353/2000).

Si stabilisce, quindi, in base a tale proposta approvata dal Senato, che solo fino all'entrata in vigore di tali predette normative regionali vi sia il previsto potere sostitutivo delle Regioni alla adozione degli elenchi (laddove tali elenchi definitivi dei soprassuoli percorsi dal fuoco nel quinquennio precedente e delle relative perimetrazioni non siano approvati dai comuni entro il termine dei 90 giorni previsti, in base a quanto previsto dal testo del decreto già vigente). La modifica appare quindi delimitare alla sola fase transitoria, precedente alla adozione di normative regionali, il potere sostitutivo già previsto dal testo originario del decreto-legge, relativo alla adozione degli elenchi in parola.

 

In base all'ultimo periodo del comma 3, si prevede la conseguente applicazione dei correlati obblighi di pubblicità. Si stabilisce, in particolare, che la pubblicazione, finalizzata all'acquisizione di eventuali osservazioni, venga effettuata sul sito istituzionale della Regione. Si applicano i medesimi termini previsti dal quarto e quinto periodo del citato articolo 10, comma 2, della legge quadro.

 

Il comma 4 demanda al Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri e ai Corpi Forestali delle Regioni a statuto speciale - e delle province autonome di Trento e di Bolzano  -, il monitoraggio, da parte dei Comuni, degli adempimenti di cui al citato articolo 10, co. 2, della Legge-quadro in materia di incendi boschivi.

Gli esiti del monitoraggio sono comunicati alle Regioni - ai fini della tempestiva attivazione dei suddetti poteri sostitutivi - e ai Prefetti territorialmente competenti.

La relazione illustrativa, facendo riferimento anche ai poteri sostitutivi previsti, delinea la previsione di una disposizione “ponte” finalizzata a stimolare l’attività degli enti preposti.

Il comma 5 reca la consueta clausola di invarianza finanziaria, disponendo che le amministrazioni interessate provvedano all’attuazione delle misure previste dall’articolo in esame con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

Articolo 4
(Misure per il rafforzamento delle attività di previsione e prevenzione degli incendi boschivi)

 

 

L’articolo 4, modificato durante l'esame presso il Senato, reca misure finalizzate al rafforzamento delle attività di previsione e prevenzione degli incendi boschivi:

§  mediante misure di potenziamento dei piani regionali (comma 1)

§  stanziando fondi specifici nell’ambito della Strategia Nazionale per le Aree Interne per il finanziamento di interventi volti a prevenire gli incendi boschivi nelle aree interne del Paese in cui il rischio di incendio è elevato (comma 2) e nei Comuni localizzati nelle Isole minori (comma 3).

La norma dispone, inoltre, al comma 4, che nei Piani Operativi Nazionali attuativi dei fondi strutturali 2021-2027 si tenga conto dell’esigenza di dotare il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, le forze armate e le forze dell’ordine di dispositivi di videosorveglianza utili alla rilevazione dei focolai.

 

 

Il comma 1, come modificato dal Senato, prevede che le revisioni annuali dei piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi siano trasmessi, entro trenta giorni dalla loro approvazione al Dipartimento della protezione civile. Il Comitato tecnico - disciplinato dall'articolo 1, comma 2, del presente decreto-legge, alla cui scheda si rinvia - procede ad una lettura sinottica di tali piani e si esprime in forma non vincolante ai fini di un più efficace conseguimento degli obiettivi di prevenzione "stabiliti dalla legislazione vigente", anche in relazione:

§  agli interventi e le opere da approntare ai fini della prevenzione degli incendi boschivi;

§  alle convenzioni stipulate tra le Regioni e le Province autonome ed il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, ai sensi dell'accordo-quadro del 4 maggio 2017, tra il Governo e le Regioni, in materia di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi;

§  all'impiego del volontariato organizzato di protezione civile specificamente qualificato.

 

Durante l'esame presso il Senato è stato introdotto un nuovo comma 1-bis. Tale comma aggiuntivo prevede che le Regioni possano adeguare i propri piani, ai fini della revisione annuale, sulla base di quanto espresso dal Comitato tecnico.

 

Secondo la relazione illustrativa da decreto-legge, le disposizioni in esame mirano "al rafforzamento delle attività di previsione e prevenzione degli incendi boschivi mediante un’azione di raccordo e confronto delle best practices contenute nelle revisioni dei Piani approvati dalle Regioni nell’ambito della propria autonomia.

Il piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi è disciplinato dall'art. 3 della legge quadro in materia di incendi boschivi (legge n. 353 del 2000). I piani sono approvati dalle regioni sulla base delle linee guida approvate con d.m. 20 dicembre 2001, nonché delle ulteriori direttive del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, sentita la Conferenza unificata.

Il piano è sottoposto a revisione annuale.

Il comma 3 dell'art. 3 della legge quadro elenca i contenuti dei piani. In sintesi, il piano deve indicare: le cause determinanti ed i fattori predisponenti l'incendio; le aree percorse dal fuoco nell'anno precedente e le aree a rischio, indicate con apposita cartografia; i periodi di rischio; le aree trattate con il fuoco prescritto; gli indici di pericolosità; i fattori di innesco nella aree e nei periodi a rischio, come individuati; gli interventi di prevenzione e protezione, anche mediate monitoraggio satellitare; la consistenza e la localizzazione di mezzi, strumenti, risorse umane, punti di accesso, dei tracciati spartifuoco e delle risorse idriche; le operazioni di pulizia e manutenzione delle aree boschive; le attività di formazione, di informazione e le risorse finanziarie sottese al piano.

Al riguardo, si segnala che tale comma 3 è stato modificato dall'articolo 5 del presente decreto-legge. Per approfondimenti, si rinvia alla relativa scheda.

In caso di inadempienza delle regioni, il Ministro delegato, sentita la Conferenza unificata, predispone, anche a livello interprovinciale, le attività di emergenza per lo spegnimento degli incendi boschivi, tenendo conto delle strutture operative delle province, dei comuni e delle comunità montane (art. 3, comma 4, della legge quadro).

Sui Piani regionali, si veda anche la pagina dedicata sul sito del Dipartimento della protezione civile.

 

L'accordo quadro del 4 maggio 2017 individua i criteri generali, i principi direttivi e le modalità della collaborazione tra il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e le regioni interessate, nell'esercizio dei rispettivi compiti in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e di concorso del Corpo stesso alle attività di previsione e prevenzione nella medesima materia.

A tale riguardo, si rammenta che al Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono stati attribuiti (all'art. 9, comma 1, lettera a), b) e c), del citato decreto legislativo n. 177 del 2016) taluni compiti in materia di incendi boschivi, prima spettanti al Corpo forestale dello Stato. Successivamente il d.m. 12 gennaio 2018 ha disciplinato il Servizio antincendio boschivo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Inoltre, si rammenta che l'art. 24, comma 6, del decreto legislativo n. 139 prevede la possibilità che siano posti a disposizione delle regioni, da Corpo nazionale, sulla base di preventivi accordi di programma, risorse, mezzi e personale per gli interventi di lotta attiva contro gli incendi boschivi.

 

Il comma 2 dispone che, nell’ambito della Strategia Nazionale per lo sviluppo delle Aree Interne del Paese (SNAI), una quota delle risorse non impegnate autorizzate dall’articolo 1, comma 314, della legge n. 160/2019 (legge di bilancio 2020), nell’importo di 20 milioni per l’anno 2021 e di 40 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023 a valere sul Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (di cui alla legge 16 aprile 1987 n. 183), venga destinata al finanziamento di interventi volti a prevenire gli incendi boschivi nelle aree interne del Paese in cui il rischio di incendio è elevato, anche con riguardo alle aree naturali protette di cui all’articolo 8 della legge n. 353/2000 (legge quadro in materia di incendi boschivi).

La disposizione si applica tenendo conto di quanto previsto dalle classificazioni di carattere regionale, elaborate nell’ambito dei Piani antincendio boschivi approvati dalle Regioni, ai sensi dell’articolo 3 della legge 21 novembre 2000, n. 353, e nel rispetto delle competenze previste dall’articolo 4, comma 5, della medesima legge.

Si rammenta che il citato comma 314 della legge di bilancio per il 2020 ha incrementato di 200 milioni, di cui 60 milioni per il 2021 e di 70 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023, le risorse nazionali destinate alla “Strategia nazionale per lo sviluppo delle Aree interne del Paese” a valere sul Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie.

Per quanto riguarda le aree protette, l'art. 8, comma 1, della citata legge quadro n. 353, stabilisce che alle aree naturali protette regionali siano dedicate apposite sezioni all'interno dei piani regionali contro gli incendi boschivi, definita di intesa con gli enti gestori, su proposta degli stessi, sentito il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Restano ferme le disposizioni di cui alla legge quadro sulle aree protette (legge n. 394 del 1991). Ulteriori sezioni sono previste per i parchi naturali e le riserve naturali dello Stato, contenenti un apposito piano predisposto dal Ministro della transizione ecologica, di intesa con le regioni interessate, su proposta degli enti gestori, sentito il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco. Riguardo alle aree a rischio di incendio boschivo esse devono essere indicate, come sopra accennato, nei piani regionali (art. 3, comma 3, lettera c) della legge quadro n. 353). Tali aree devono essere rappresentate con apposita cartografia tematica aggiornata, corredata dall'indicazione delle tipologie di vegetazione prevalenti.

Infine, il richiamato art. 4, comma 5, della medesima legge n. 353, stabilisce che le province, le comunità montane ed i comuni attuano le attività di previsione e di prevenzione secondo le attribuzioni stabilite dalle regioni. 

 

La Strategia nazionale per le aree interne del Paese costituisce una delle linee strategiche di intervento dei Fondi strutturali europei del ciclo di programmazione 2014-2020, e rappresenta una azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle aree più lontane dai poli di servizio essenziale primario e avanzato, che corrispondono al 60% della superficie territoriale, al 52% dei Comuni e al 22% della popolazione italiana.  La Strategia, che ha lo scopo di creare nuove possibilità di reddito e di assicurare agli abitanti maggiore accessibilità ai servizi essenziali, con riferimento prioritariamente ai servizi di trasporto pubblico locale, di istruzione e socio-sanitari, è sostenuta sia dai fondi europei (FESR, FSE e FEASR), per il cofinanziamento di progetti di sviluppo locale, sia da risorse nazionali.

Per la Strategia Nazionale per le Aree Interne il legislatore ha stanziato risorse nazionali, a partire dall'esercizio 2014, per complessivi 481,2 milioni per il periodo 2015-2023, a valere sulle risorse del Fondo per l'attuazione delle politiche comunitarie (art. 5 della legge n. 187 del 1983, c.d. Fondo IGRUE).

Il processo di selezione delle aree è stato completato nel corso del 2017 e ha interessato 72 aree, composte da 1.060 Comuni, da poco meno di 2 milioni abitanti (dato al 2020) e un territorio di circa 51mila kmq, pari ad un sesto del territorio nazionale. Come illustrato nell’ultima Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, allegata al DEF 2021, al 31 dicembre 2020, le aree interne che hanno definito strategie d’area sono 71, con un totale di investimenti programmati di circa 1,167 miliardi di euro. Lo sforzo, che ha accumunato Amministrazioni centrali, Regioni e comunità locali, ha consentito di approvare, nel corso del 2020, 24 strategie di area (un terzo delle aree interne selezionate), portando a conclusione la fase di sperimentazione definita nell’Accordo di partenariato 2014-2020.

I finanziamenti statali sono stati assegnati dal CIPE con le delibere 28 gennaio 2015, n. 9, 10 agosto 2016, n. 43, 7 agosto 2017, n. 80 e 25 ottobre 2018, n. 52.

Inoltre, con la Delibera CIPE n. 14/2019 sono state assegnate ai Patti per il Sud ulteriori risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 in favore delle Regioni, per un importo complessivo pari a 80 milioni di euro destinati all’attuazione di un “Piano straordinario di messa in sicurezza delle strade nei piccoli comuni delle aree interne”. Per tale finalità, a ciascuna Regione del Sud è stato destinato un importo pari a 10 milioni di euro.

Da ultimo, l'art. 1, commi 2, lett. c) n. 12, e seguenti, del D.L. n. 59/2021, che ha istituito il Fondo nazionale per gli interventi complementari al PNRR, destina 300 milioni di euro, per gli anni dal 2021 al 2026, in favore della Strategia Nazionale Aree interne, per interventi di messa in sicurezza e manutenzione straordinaria della rete viaria, anche rispetto a fenomeni di dissesto idrogeologico o a situazioni di limitazione della circolazione.

 

Gli interventi finanziati dal comma in esame devono essere volti anche a dare concreta attuazione a quanto previsto dai Piani antincendio boschivi approvati dalle Regioni, di cui al precedente comma 1, mediante azioni e misure volte, tra l’altro, a contrastare l’abbandono di attività di cura del bosco, prevedere postazioni di atterraggio dei mezzi di soccorso, realizzare infrastrutture, quali vasche di rifornimento idrico utili ad accelerare gli interventi di spegnimento degli incendi, vie di accesso e tracciati spartifuoco, nonché attività di pulizia e manutenzione delle aree periurbane, finalizzate alla prevenzione degli incendi.

In base ad una modifica approvata dal Senato, i medesimi interventi sono orientati al principio fondamentale di tutela degli ecosistemi e degli habitat.

Al fine della realizzazione delle opere, l’approvazione del progetto definitivo - corredato di una relazione geologica sulle probabili conseguenze in termini di tenuta idrogeologica dal suolo interessato, secondo una modifica approvata dal Senato - equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori.

 

La dichiarazione di pubblica utilità è disciplinata dagli articoli da 12 a 14 del testo unico in materia di espropriazione (d.P.R. n. 327 del 2001). In particolare, l'art. 12 dispone in ordine agli atti che comportano la dichiarazione di pubblica utilità, stabilendo comunque che, in base alla normativa vigente, può equivalere a dichiarazione di pubblica utilità l'approvazione di uno strumento urbanistico, anche di settore o attuativo, la definizione di una conferenza di servizi o il perfezionamento di un accordo di programma, ovvero il rilascio di una concessione, di una autorizzazione o di un atto avente effetti equivalenti. La dichiarazione attribuisce alle opere, anche private, la natura giuridica di opera pubblica e costituisce presupposto per eventuali procedure espropriative. Relativamente alla dichiarazione di indifferibilità ed urgenza, si ricorda che essa costituisce il presupposto di legittimità del provvedimento d'occupazione d'urgenza (di cui all'art. 22-bis del citato d.P.R. n. 327 del 2001).

 

Ai fini dell’individuazione degli interventi in questione, il comma 2 dispone che l’istruttoria sia effettuata con il coinvolgimento delle Regioni interessate, nell’ambito della procedura prevista in via generale per l’attuazione della SNAI, e con la partecipazione del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali, nonché il Ministero dell’interno – Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Con modifica approvata dal Senato si stabilisce che all'istruttoria partecipi, altresì, il Ministero della transizione ecologica nonché il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari Carabinieri. Tale modifica richiama l'art. 8, comma 2, della legge quadro sugli incendi boschivi (legge n. 353 del 2000). Tale disposizione stabilisce che per i parchi naturali e le riserve naturali dello Stato è predisposto un apposito piano - che costituisce un'apposita sezione del piano regionale - dal Ministro della transizione ecologica con le regioni interessate, su proposta degli enti gestori, sentito il Corpo forestale dello Stato, ora assorbito dall'Arma dei Carabinieri, ai sensi dell'art. 7 del decreto legislativo n. 177 del 2016. Tale art. 7, comma 2 lettera g) (parimenti richiamata) prevede che l'Arma dei Carabinieri, assorbendo il Corpo forestale, assuma i compiti prevenzione e repressione delle violazioni compiute in materia di incendi boschivi.

Ai fini della realizzazione degli interventi, la norma prevede l’applicazione delle misure di accelerazione e semplificazione previste, dall’articolo 48 del decreto-legge n. 77 del 2021 (come convertito dalla legge n. 108 del 2021) in materia di affidamento dei contratti pubblici relativi ad interventi finanziati con risorse del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e del PNC (Piano Nazionale Complementare).

Il citato articolo 48 del D.L. n. 77/2021 ("Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure") prevede l’applicazione di misure di semplificazioni in materia di affidamento dei contratti pubblici, in relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea.

In particolare, il comma 2 dell’art. 48 citato stabilisce che, per ogni procedura è nominato, un responsabile unico del procedimento che, con propria determinazione adeguatamente motivata, valida e approva ciascuna fase progettuale o di esecuzione del contratto, anche in corso d'opera, fermo restando quanto previsto dall’articolo 26, comma 6, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (codice degli appalti).

Il comma 3 prevede che le stazioni appaltanti possano ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara nella misura strettamente necessaria, quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti da circostanze imprevedibili, non imputabili alla stazione appaltante, l’applicazione dei termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie può compromettere la realizzazione degli obiettivi o il rispetto dei tempi di attuazione degli interventi.

Il comma 5 stabilisce, inoltre, che è ammesso l’affidamento di progettazione ed esecuzione dei relativi lavori anche sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica di cui al codice degli appalti. Le stazioni appaltanti nel procedere agli affidamenti possono prevedere, nel bando di gara o nella lettera di invito, l’assegnazione di un punteggio premiale per l’uso nella progettazione dei metodi e strumenti elettronici specifici (comma 6).

Infine, con il comma 7, si introducono ulteriori misure di semplificazione procedurale in relazione al parere obbligatorio del Consiglio superiore dei lavori pubblici previsto dalla normativa vigente, che è reso esclusivamente sui progetti di fattibilità tecnica ed economica di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50 per cento dallo Stato, di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro.

 

Il comma 3 dispone che tra gli enti territoriali beneficiari delle risorse di cui al comma precedente, siano ricompresi anche i comuni localizzati nelle Isole minori.

 

Un elenco di "isole minori" è stato individuato, seppur per uno specifico profilo, nell'ambito del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 14 febbraio 2017 ("Disposizioni per la progressiva copertura del fabbisogno delle isole minori non interconnesse attraverso energia da fonti rinnovabili").

Detto decreto ha precisato, nel preambolo, di prendere in considerazione - in aderenza alla definizione di isola adottata da Eurostat (Ufficio Statistico dell'Unione Europea) - le sole isole minori con superficie superiore a 1 km², localizzate ad una distanza minima di 1 km dal continente e con popolazione residente di almeno 50 persone (escludendo l'isola di Gorgona, in ragione della specifica destinazione della principale infrastrutture esistente, gestita dal Ministero di Giustizia).

Si ricorda che è all'esame delle commissioni riunite 5ª (Bilancio, tesoro e programmazione) e 8ª (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati l'A.C.  1285 ("Legge quadro sulle isole minori"), approvato dal Senato.

 

Il comma 4, come modificato dal Senato, prevede che i Piani Operativi Nazionali (PON), approvati nell’ambito della programmazione dei Fondi Strutturali 2021-2027, tengano conto dell’esigenza di dotare il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, le forze armate e le forze dell’ordine, impegnate nella prevenzione e nello spegnimento degli incendi boschivi, di dispositivi di videosorveglianza utili alla rilevazione dei focolai, in particolare di droni dotati di sensori, videocamere ottiche e a infrarossi, nonché di radar.

La norma in esame fa riferimento ai Piani operativi finalizzati alla sicurezza e all'incolumità delle persone e degli animali. Ulteriore modifica apportata dal Senato stabilisce che si debba tener conto di quanto previsto dall'art. 4, comma 2-ter, della legge quadro. n. 353 del 2000 (cfr. la scheda relativa all'articolo 5).


 

Articolo 5
(Misure per il rafforzamento della lotta attiva contro gli incendi boschivi e dell’apparato sanzionatorio e modifiche alla legge 21 novembre 2000, n. 353)

 

 

L’articolo 5 introduce una serie di modifiche alla legge 21 novembre 2000, n. 353, recante la legge-quadro in materia di incendi boschivi. In particolare, con il comma 1 dell’art. 5 si introduce la nuova definizione di incendio di interfaccia urbano-rurale, con cui si intende quella tipologia di incendi boschivi che interessano zone o aree nelle quali sussiste una interconnessione tra strutture antropiche e aree naturali (lett. a); si stabilisce che il Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi individui, tra l’altro, le aree trattate con la tecnica del fuoco prescritto, gli inadempimenti determinanti anche solo potenzialmente l'innesco di incendio e le operazioni di incendi in zone di interfaccia urbano-rurale (lett. b); si includono nelle attività di previsione del rischio di incendi boschivi anche le aree trattate con la tecnica del fuoco prescritto, inserendo tale tecnica tra gli interventi colturali previsti nell’ambito dell’attività di prevenzione degli incendi (lett. c); si introduce nella lotta attiva contro gli incendi boschivi l’uso delle attrezzature manuali e la tecnica del controfuoco, e compensi incentivanti in misura proporzionale (invece che come precedentemente previsto “in rapporto”) ai risultati conseguiti in termini di riduzione delle aree percorse dal fuoco (lett. d); viene introdotto, inoltre, il divieto per tre anni della raccolta dei prodotti del sottobosco nei soprassuoli percorsi dal fuoco (lett. e); si prevede poi la facoltà per i comuni di avvalersi di ISPRA, mediante il Sistema nazionale di Protezione dell’Ambiente, o da altri soggetti muniti delle necessarie capacità tecniche, per il censimento delle aree colpite da incendi (lett. e); si prevede la confisca degli animali nel caso di trasgressione al divieto di pascolo nelle aree colpite da incendi (lett. e).

I commi 2 e 3 dell’art. 5 prevedono, rispettivamente, obblighi di comunicazione e di informazione in relazione al numero e alla localizzazione delle denunce effettuate per le trasgressioni ai divieti previsti dall’articolo 10 della legge 353/2000 e per le condanne riportate per il reato di incendio boschivo di cui all’articolo 423- bis del codice penale, oltre che alle risultanze delle attività di monitoraggio previste all’articolo 2, comma 3, del presente decreto-legge.

Al Senato, sono state introdotte modifiche alle disposizioni del presente articolo riguardanti, la definizione di incendio di interfaccia urbano-rurale, gli interventi colturali per la prevenzione degli incendi, i piani antincendio boschivo, le attività di censimento del catasto dei soprassuoli, le sanzioni amministrative.

 

La lettera a), punto 2, del comma 1, modifica l’art. 2 della legge 353/2000, con l’aggiunta del comma 1-bis che introduce la nuova definizione di incendio di interfaccia urbano-rurale, con cui si intende quella tipologia di incendi boschivi che interessano zone o aree nelle quali sussiste una interconnessione tra strutture antropiche e aree naturali, laddove il sistema urbano e quello rurale si incontrano ed interagiscono, potendo venire rapidamente in contatto, con la possibile propagazione di un incendio originato da vegetazione combustibile.

Nella relazione illustrativa si specifica che “l’estensione dell’ambito applicativo del piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi anche a tale tipologia di incendi, mediante l’introduzione di una serie di obblighi e di prescrizioni volti alla corretta gestione della vegetazione limitrofa agli insediamenti abitativi, è finalizzata alla riduzione del rischio e della vulnerabilità generata da tale tipologia di incendi”.

 

Al Senato, è stata sostituita la definizione di incendio di interfaccia urbano-rurale con la definizione di zone di interfaccia urbano-rurale, intese come zone, aree o fasce, nelle quali l'interconnessione tra le abitazioni o altre strutture antropiche e le aree naturali o la vegetazione combustibile è molto stretta.

A seguito dell’introduzione della nuova definizione, la lettera a), punto 1) provvede, inoltre, a modificare la rubrica del medesimo art. 2.

 

La lettera b), punti 1-3,  interviene sull’art. 3 della legge 353/2000, che disciplina il contenuto e la procedura per l’approvazione del Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, redatto sulla base di determinate Linee guida (D.M. 20 dicembre 2001), emanate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione civile, sentita la Conferenza unificata.

In sintesi, l’art. 3 della legge 353/2000 disciplina il Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, che è approvato dalla Regione sulla base delle citate Linee guida. Come specificato al comma 3 dell’art. 3, il Piano, sottoposto a revisione annuale, deve individuare:

a) le cause determinanti ed i fattori predisponenti l'incendio;

b) le aree percorse dal fuoco nell'anno precedente, rappresentate con apposita cartografia;

c) le aree a rischio di incendio boschivo rappresentate con apposita cartografia tematica aggiornata, con l'indicazione delle tipologie di vegetazione prevalenti;

d) i periodi a rischio di incendio boschivo, con l'indicazione dei dati anemologici e dell'esposizione ai venti;

e) gli indici di pericolosità fissati su base quantitativa e sinottica;

f) le azioni determinanti anche solo potenzialmente l'innesco di incendio nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo di cui alle lettere c) e d);

g) gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi anche attraverso sistemi di monitoraggio satellitare;

h) la consistenza e la localizzazione dei mezzi, degli strumenti e delle risorse umane nonché le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi;

i) la consistenza e la localizzazione delle vie di accesso e dei tracciati spartifuoco nonché di adeguate fonti di approvvigionamento idrico;

l) le operazioni silvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco, con facoltà di previsione di interventi sostitutivi del proprietario inadempiente in particolare nelle aree a più elevato rischio;

m) le esigenze formative e la relativa programmazione;

n) le attività informative;

o) la previsione economico-finanziaria delle attività previste nel piano stesso.

 

In particolare, la lettera b), punto 1), modificata al Senato, inserisce la lettera c-bis) al comma 3 dell’art. 3, prevedendo l’individuazione da parte del Piano regionale di previsione e prevenzione anche delle aree trattate con la tecnica del fuoco prescritto, come definita all’articolo 4, comma 2-bis.

La lettera b), punti 2) e 3), modifica, inoltre, le lettere f) e l) del medesimo art. 3, comma 3, al fine di ricomprendere nel citato Piano regionale l’individuazione degli inadempimenti determinanti anche solo potenzialmente l'innesco di incendio e l’individuazione degli incendi di interfaccia urbano-rurale.

Al Senato, è stato modificato il comma 1, lettera b), punti 2) e 3), al fine di sostituire, anche in questo caso (vedi supra), la definizione di incendi di interfaccia urbano-rurale, con quella di incendi in zone di interfaccia urbano-rurale.

 

La lettera c), punto 1, modifica il comma 1 dell’art. 4 della legge 353/2000, che disciplina gli ambiti dell’attività di previsione del rischio di incendi boschivi, al fine di includervi anche le aree trattate con il fuoco prescritto.

Nello specifico, il comma 1 dell’art. 4 stabilisce che l'attività di previsione consiste nell'individuazione, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettere c), d) ed e) (vedi supra), delle aree e dei periodi a rischio di incendio boschivo nonché degli indici di pericolosità.

Il comma 2 dell’art. 4 specifica che l'attività di prevenzione consiste nel porre in essere azioni mirate a ridurre le cause e il potenziale innesco d'incendio nonché interventi finalizzati alla mitigazione dei danni conseguenti. A tale fine sono utilizzati tutti i sistemi e i mezzi di controllo e vigilanza delle aree a rischio di cui al comma 1 ed in generale le tecnologie per il monitoraggio del territorio, conformemente alle direttive di cui all'articolo 3, comma 1, nonché interventi colturali idonei volti a migliorare l'assetto vegetazionale degli ambienti naturali e forestali.

 

La lettera c), punto 2), modificata al Senato,  aggiunge il comma 2-bis all’art. 4, per specificare che gli interventi colturali previsti al comma 2 del medesimo articolo 4 e all’articolo 3, comma 3, lettera l), prevedono anche interventi di trattamento dei combustibili mediante tecniche selvicolturali -  ai sensi dell’art. 3, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34, Testo unico in materia di foreste e filiere forestali), in cui è contenuta la definizione delle pratiche selvicolturali volte alla prevenzione di incendi -  inclusa la tecnica del fuoco prescritto (di cui si dà la seguente definizione), intesa come applicazione esperta di fuoco su superfici pianificate, attraverso l’impiego di personale appositamente addestrato all’uso del fuoco e adottando prescrizioni e procedure operative preventivamente definite con apposite linee-guida predisposte dal Comitato tecnico che provvede all’istruttoria del Piano nazionale di coordinamento per l’aggiornamento tecnologico e l’accrescimento della capacità operativa nelle azioni di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi.

Fino alla data di entrata in vigore delle citate linee-guida per la lotta agli incendi boschivi restano valide le procedure e prescrizioni eventualmente già definite nei piani regionali. Si prevede, inoltre, di poter utilizzare rilievi diretti di campo eseguiti da tecnici esperti, al fine di stabilire le priorità negli interventi urgenti e necessari di prevenzione e mitigazione dei danni. Si provvede con le risorse disponibili a legislazione vigente.

 

Al Senato, è stata, ancora, modificata la lettera c), inserendo il punto 2-bis) che prevede - con l’aggiunta del comma 2-quater) all’art. 4 della legge 353/2000 -  che gli interventi colturali, previsti al comma 2 del medesimo art. 4 e all’art. 3, comma 3, lettera l), devono tenere conto delle specificità delle aree protette o di habitat di interesse conservazionistico, e che aggiunge inoltre il comma 2-ter) all’art. 4, al fine di stabilire la necessità di coordinare i piani antincendio boschivo e i piani operativi nazionali, approvati nell'ambito della programmazione dei fondi strutturali 2021/2027 e finalizzati alla sicurezza e all'incolumità dei territori e delle persone, con i documenti nazionali e regionali di programmazione e pianificazione forestale, previsti dall'art. 6 del decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34.

 

La lettera d), punto 1, modifica l’art. 7, comma 1, che disciplina gli interventi di lotta attiva contro gli incendi boschivi, comprendendo le attività di ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme e spegnimento con mezzi da terra e aerei, al fine di includervi gli interventi effettuati con le attrezzature manuali e la tecnica del controfuoco. 

La lettera d), punto 2, che modifica l’articolo 7, comma 6, prevede, analogamente a quanto già stabilito a legislazione vigente, che le regioni in via facoltativa nel limite delle risorse disponibili e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalle disposizioni normative e contrattuali vigenti in materia, stabiliscono compensi incentivanti in misura proporzionale ai risultati conseguiti in termini di riduzione delle aree percorse dal fuoco.

Nella relazione illustrativa si puntualizza che “tale meccanismo deriva dall’esperienza maturata in diverse aree protette a valenza nazionale, ove, al fine di contrastare il fenomeno degli incendi, sono stati stipulati particolari tipologie di contratti con le associazioni ambientaliste/di protezione civile regionale, i quali prevedono che gli Enti Parco, al momento della stipula, anticipino solo parte del contributo complessivo, lasciando dipendere la restante erogazione dai risultati ottenuti. A titolo esemplificativo, se la superficie bruciata, superava lo 0,2% di quella gestita si perdeva il 10%, sino ad arrivare all’1% di superficie bruciata che comportava la perdita totale della metà del valore del contratto. Un meccanismo di “premialità rovesciata”, che anziché finanziare i territori colpiti dai roghi, incentiva la sorveglianza e la cura dei boschi. L’intervento previsto mira ad orientare i contratti dei compensi incentivanti verso tale meccanismo di premialità rovesciata”.

 

La lettera e), punti 1-4, modifica l’art. 10, che stabilisce i divieti, le prescrizioni e le sanzioni previste con riferimento alle zone boscate ed ai pascoli, i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco.

Nello specifico, con il punto 1) viene introdotto al comma 1 dell’art. 10, il divieto di raccolta dei prodotti del sottobosco sui soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, per tre anni.

Il comma 1 dell’art. 10 stabilisce, in sintesi, i seguenti divieti:

-      le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni;

-      nei comuni sprovvisti di piano regolatore è vietata per dieci anni ogni edificazione su area boscata percorsa dal fuoco. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui detta realizzazione sia stata prevista in data precedente l'incendio dagli strumenti urbanistici vigenti a tale data;

-      sono vietate per cinque anni, sui predetti soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche, salvo specifica autorizzazione concessa dalla direzione generale competente in materia del Ministero dell'ambiente, per le aree naturali protette statali, o dalla regione competente, negli altri casi, per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici;

-      sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia.

 

Con il punto 2) è integrato il comma 2 dell’art. 10 della L. 353/2000, con la previsione che stabilisce che i comuni, nelle attività di censimento del catasto dei soprassuoli già percorsi dal fuoco nell'ultimo quinquennio, possano avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, del supporto tecnico messo a disposizione da ISPRA mediante il Sistema nazionale di Protezione dell’Ambiente, o da altri soggetti muniti delle necessarie capacità tecniche. È precisato, altresì, che la superficie percorsa dal controfuoco non rientra nel perimetro finale dell’incendio e, pertanto, non si applicano le sanzioni previste per le aree oggetto di incendio.

Il comma 2 dell’art. 10 prevede che i comuni provvedono, entro novanta giorni dalla data di approvazione del piano regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3, a censire, tramite apposito catasto, i soprassuoli già percorsi dal fuoco nell'ultimo quinquennio, avvalendosi anche dei rilievi effettuati dal Corpo forestale dello Stato. Il catasto è aggiornato annualmente. L'elenco dei predetti soprassuoli deve essere esposto per trenta giorni all'albo pretorio comunale, per eventuali osservazioni. Decorso tale termine, i comuni valutano le osservazioni presentate ed approvano, entro i successivi sessanta giorni, gli elenchi definitivi e le relative perimetrazioni. È ammessa la revisione degli elenchi con la cancellazione delle prescrizioni relative ai divieti di cui al comma 1 solo dopo che siano trascorsi i periodi rispettivamente indicati, per ciascun divieto, dal medesimo comma 1.

Al Senato, è stato sostituito il citato punto 2) della lettera e), al fine di cambiare, per l’attività di censimento del catasto dei soprassuoli, il previsto supporto tecnico messo a disposizione da ISPRA, con le strutture organizzative della Regione o di altri soggetti nel medesimo ambito territoriale muniti delle necessarie capacità tecniche. Viene inoltre soppressa la previsione che stabilisce che alla superficie percorsa dal controfuoco non si applicano le sanzioni previste per le aree incendiate.

 

Con il punto 3) è integrato il comma 3 dell’art. 10, che disciplina le sanzioni amministrative nel caso di trasgressioni al divieto di pascolo su soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, con la previsione della confisca degli animali se il proprietario ha commesso il fatto su soprassuoli delle zone boscate percorsi da incendio, in relazione al quale è stato condannato, nei dieci anni precedenti, per il reato di incendio boschivo doloso di cui all’articolo 423-bis[4], primo comma, del codice penale.

La relazione tecnica puntualizza che “in relazione a quanto disposto dalla lettera e), punto 3), che modifica l’articolo 10, comma 3 della legge 353/2000, si rappresenta che nell’eventualità di confisca degli animali, gli oneri relativi alla custodia degli animali restano a carico dei proprietari degli stessi. Dalla disposizione non derivano pertanto nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

Al Senato, viene introdotto il punto 2-bis alla lettera e), al fine di esprimere in euro, anziché in lire come previsto dal testo vigente, i valori delle sanzioni amministrative comminate nel caso di trasgressioni al divieto di pascolo su soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco.

 

Con il punto 4 è inserita al comma 5 dell’art. 10 della L. 353/2000 una disposizione secondo cui, nelle aree a rischio di incendio boschivo, oltre ai divieti prescritti dal medesimo comma, sono altresì obbligatori gli adempimenti individuati nel Piano, con riferimento alle azioni di cui all’articolo 3, comma 3, lettera f) (vedi supra), il cui inadempimento può determinare, anche solo potenzialmente, l’innesco di incendio.

Il comma 5 dell’art. 10 prevede nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo il divieto di tutte le azioni, individuate ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettera f), determinanti anche solo potenzialmente l'innesco di incendio.

Al Senato, è stato aggiunto il punto 4-bis) alla lettera e), al fine di esprimere in euro, anziché in lire, come previsto dal testo vigente, i valori delle sanzioni amministrative comminate nel caso di trasgressione dei divieti previsti per le azioni che, anche solo potenzialmente, possono causare l'innesco di incendio nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo.

 

I commi 2 e 3 della disposizione in esame prevedono, rispettivamente, obblighi di comunicazione e di informazione in relazione al numero e alla localizzazione delle denunce effettuate per le trasgressioni ai divieti previsti dall’art. 10 della legge 353/2000 e per le condanne riportate per il reato di incendio boschivo di cui all’articolo 423- bis del codice penale, oltre che alle risultanze delle attività di monitoraggio di cui all’articolo 2, comma 3, del presente decreto-legge.

In particolare, il comma 2 dispone che sia il Ministero dell’interno a comunicare alle Camere ed a pubblicare sul proprio sito istituzionale, annualmente, le suddette informazioni; mentre, il comma 3 stabilisce che tali informazioni siano fornite dal Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza, dal Ministero della giustizia, dal Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri e dai comandi dei Corpi Forestali delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, per quanto di rispettiva competenza, entro il 30 marzo di ogni anno, con modalità idonee alla relativa pubblicazione e prive di dati personali sensibili.

Il comma 4 dispone che le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione dei commi 2 e 3 con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 


 

Articolo 6
(Modifiche al codice penale)

 

 

L’articolo 6 del decreto-legge interviene sul delitto di incendio boschivo, previsto dall’art. 423-bis del codice penale, per introdurre una circostanza aggravante - quando i fatti siano commessi da coloro che svolgono compiti di prevenzione incendi – e due circostanze attenuanti, per coloro che collaborano con le autorità e si impegnano a contenere le conseguenze dell’incendio. La disposizione prevede inoltre, in caso di condanna, l’applicabilità delle pene accessorie del divieto di contrattare con pubblica amministrazione, dell’estinzione dell’eventuale rapporto di lavoro pubblico e dell’interdizione dall’assunzione di incarichi legati alla prevenzione incendi, oltre che la confisca obbligatoria, anche per equivalente, dei profitti del reato.

Il Senato è intervenuto sul testo del decreto-legge eliminando l’aggravante e introducendo ulteriori modifiche alla fattispecie di incendio boschivo, nonché estendendo le aggravanti previste per i delitti di incendio e danneggiamento seguito da incendio anche ai fatti commessi nei confronti di aziende agricole.

 

 

 

In particolare, la lettera a) estende l’applicabilità della pena accessoria dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione a chi cagiona un incendio boschivo per danneggiare o avvantaggiare un’attività imprenditoriale, o comunque in relazione ad essa. A tal fine è modificato l’art. 32-quater del codice penale, aggiungendovi il riferimento all’art. 423-bis, primo comma (ipotesi dolosa, v. infra), del codice penale.

 

Si ricorda che l’art. 32-quater del codice penale prevede l’applicazione della pena accessoria dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione in caso di condanna per alcuni specifici delitti commessi in danno o a vantaggio di un'attività imprenditoriale o comunque in relazione ad essa.

Il catalogo di delitti, ora integrato dal DL in commento, prevede alcuni delitti dei pubblici ufficiali contro la p.a. (peculato, malversazione a danno dello Stato, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, concussione, corruzione per l'esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio, istigazione alla corruzione), delitti dei privati contro la p.a. (traffico di influenze illecite, turbata libertà degli incanti, inadempimento di contratti di pubbliche forniture, frode nelle pubbliche forniture), delitti di associazione per delinquere, anche di tipo mafioso, delitto di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, delitti contro l’ambiente (inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti), delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio, manovre speculative su merci), truffa in danno dello Stato e per il conseguimento di erogazioni pubbliche e usura.

La relazione illustrativa dell’originario d.d.l. di conversione specifica che questa previsione «assume particolare rilievo in relazione alla cosiddetta “fida di pascolo” con la quale gli enti territoriali dispongono, dietro pagamento di un corrispettivo, il godimento in natura di terreni demaniali per il pascolo. La previsione del citato articolo 423-bis avrà, quindi, tra i suoi effetti quello di escludere dalle procedure di concessione dei terreni i soggetti resisi responsabili di incendi boschivi dolosi».

 

Il decreto-legge interviene poi sulla fattispecie di incendio boschivo, di cui all’art. 423-bis del codice penale.

 

Si ricorda che il codice penale, all’art. 423-bis, punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui (primo comma). In caso di incendio colposo, la pena è la reclusione da 1 a 5 anni (secondo comma). Tanto la fattispecie dolosa che la colposa sono aggravate se dall'incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree protette (pena aumentata fino a un terzo, in base al terzo comma) e se dall'incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all'ambiente (pena aumentata della metà, in base al quarto comma).

 

Anzitutto, il Senato ha inserito la lettera a-bis) volta a modificare il primo comma dell’art. 423-bis per specificare che la fattispecie penale non si applica quando l’incendio sprigiona “nei casi di uso legittimo delle tecniche di controfuoco e di fuoco prescritto”.

 

Con l’espressione “controfuoco” si intende una contromisura applicata in caso di incendio, consistente nell'appiccare volontariamente il fuoco a un'area circoscritta e controllata, per eliminare materiale combustibile che potrebbe alimentare l’incendio che si intende contrastare.

L’espressione “fuoco prescritto” designa una tecnica di applicazione esperta e autorizzata del fuoco alla vegetazione, su superfici pianificate, adottando precise prescrizioni e procedure operative, per conseguire diversi obiettivi di gestione del territorio.

 

Inoltre, il Senato ha inserito la lettera a-ter) per modificare il terzo comma dell’art. 423-bis c.p. e prevedere una aggravante quando dall’incendio (sia doloso che colposo) deriva pericolo per specie animali o vegetali protette, per animali domestici o da allevamento.

 

La lettera b) inserisce nell’art. 423-bis c.p. ulteriori commi. Le nuove disposizioni prevedono:

§  una circostanza aggravante ad effetto speciale, punita con la reclusione da 7 a 12 anni, quanto la fattispecie dolosa di incendio boschivo sia commessa con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo svolgimento di servizi nell'ambito della prevenzione e della lotta attiva contro gli incedi (nuovo quinto comma). Il Senato ha soppresso questo comma eliminando dunque l’aggravante introdotta dal decreto-legge;

§  una circostanza attenuante ad effetto speciale, che comporta una diminuzione di pena dalla metà a due terzi, per l’ipotesi in cui il reo si sia adoperato per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, abbia provveduto concretamente alla messa in sicurezza e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi (nuovo sesto comma);

§  una circostanza attenuante ad effetto speciale, che comporta una diminuzione di pena da un terzo alla metà, per l’ipotesi in cui il reo abbia aiutato concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell'individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti (nuovo settimo comma).

 

La lettera c) inserisce nel codice penale due nuovi articoli che completano il regime sanzionatorio del delitto di incendio boschivo, quando commesso dolosamente (art. 423-bis, primo comma), prevedendo per l’autore del reato pene accessorie e confisca.

 

In particolare, ferma l’applicabilità delle pene accessorie previste dalla parte generale del codice penale (e segnatamente dell’interdizione dai pubblici uffici e dalle professioni) il nuovo articolo 423-ter c.p., rubricato “Pene accessorie”, prevede che la condanna per il delitto di incendio boschivo comporti:

§  l'estinzione del rapporto di lavoro pubblico (presso amministrazioni o enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica), in caso di condanna alla reclusione per almeno 2 anni (primo comma);

§  l’interdizione dall'assunzione di incarichi o dallo svolgimento di servizi nell'ambito della lotta attiva contro gli incedi boschivi, per una durata da 5 a 10 anni (secondo comma).

 

Il nuovo articolo 423-quater c.p., rubricato “Confisca”, introduce una nuova ipotesi di confisca penale obbligatoria, anche per equivalente, dei profitti del reato di incendio boschivo.

 

Si tratta di una disposizione che ricalca sostanzialmente il contenuto dell’art. 452-undecies c.p., relativo alla confisca nei delitti contro l’ambiente.

 

In particolare, per le sole ipotesi dolose (art. 423-bis, primo comma), in caso di condanna o di patteggiamento della pena, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono il prodotto o il profitto del reato e delle cose che servirono a commettere il reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato (primo comma). Se la confisca non è possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca (secondo comma).

I beni così confiscati sono assegnati all’amministrazione competente che dovrà impiegarli per il ripristino dei luoghi danneggiati dall’incendio (terzo comma).

Non si procede a confisca se l'imputato ha efficacemente provveduto al ripristino dello stato dei luoghi (quarto comma).

 

Infine, il Senato ha inserito una lettera c-bis), volta a novellare l’art. 425 del codice penale, che prevede le aggravanti per i delitti di incendio (art. 423 c.p.) e danneggiamento seguito da incendio (art. 424 c.p.).

 

In particolare, l’art. 425 prevede un aumento di pena (fino a un terzo) se i fatti sono commessi:

1)  su edifici pubblici o destinati a uso pubblico, su monumenti, cimiteri e loro dipendenze;

2)  su edifici abitati o destinati a uso di abitazione, su impianti industriali o cantieri, o su miniere, cave, sorgenti, o su acquedotti o altri manufatti destinati a raccogliere e condurre le acque;

3)  su navi o altri edifici natanti, o su aeromobili;

4)  su scali ferroviari o marittimi, o aeroscali, magazzini generali o altri depositi di merci o derrate, o su ammassi o depositi di materie esplodenti, infiammabili o combustibili.

 

Il Senato ha previsto una pena aggravata anche quando l’incendio o danneggiamento seguito da incendio è commesso su aziende agricole.

 


 

Articolo 7
(Altre misure urgenti di protezione civile)

 

 

L'articolo 7, modificato dal Senato, reca misure ulteriori urgenti in materia di protezione civile. I commi 1 e 2 recano la ridefinizione delle modalità di svolgimento delle attività istituzionali dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), prevedendo accordi pluriennali attuati mediante convenzioni di durata almeno biennale tra l'INGV e il Dipartimento della protezione civile e recando la copertura degli oneri previsti. Il comma 3 proroga di circa due anni (dal 31 dicembre 2021 al 31 ottobre 2023) il termine di durata dei contratti a tempo determinato e delle altre forme di lavoro flessibile previste per l'accelerazione e l'attuazione degli investimenti in materia di contrasto al dissesto idrogeologico, indicando altresì l'entità dei conseguenti oneri finanziari ed i mezzi per farvi fronte. Con una modifica del Senato si prevede di inserire la previsione secondo la quale, in caso di risoluzione anticipata dei contratti di lavoro indicati, è consentita la stipula di nuovi contratti al solo fine di sostituire il personale cessato e, comunque, nei limiti delle risorse finanziarie assegnate rispettivamente a ciascuna amministrazione. Ulteriore modifica concerne il trattamento dei materiali vulcanici.

 

Il comma 1 interviene sull'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 381 del 1999 recante il codice della protezione civile¸ precisando che le attività di protezione civile ivi contemplate siano ora svolte nel quadro di accordi pluriennali attuati mediante convenzioni di durata almeno biennale tra l'INGV e il Dipartimento della protezione civile, ferma restando l'autonomia scientifica dell'INGV. In questo modo l'intervento in esame, in aggiunta alla previsione di accordi pluriennali precedentemente non contemplati, prevede il regime della convenzione tra l'INGV e il Dipartimento della protezione civile nello svolgimento delle attività di protezione civile indicate al citato art. 2, co. 2, d. lgs. n. 381 del 1999, che la precedente modifica alla previsione in oggetto - come recata dall'art. 9, co. 1-quater, del d. l. n. 73 del 2021 (conv. in l. n. 106/2021) - aveva invece eliminato, prevedendo il mero cordinamento tra l'INGV e il Dipartimento della protezione civile.

L'INGV è stato istituito con il decreto legislativo 29 settembre 1999, n. 381, e fa parte del servizio nazionale della protezione civile. Le attività dell'INGV sono state delineate dall'articolo 2, comma 1, del suddetto decreto legislativo. Il successivo comma 2 - nella versione originaria - stabiliva che talune attività relative alla valutazione dei rischi e della pericolosità, nonché di sorveglianza sismica e vulcanica, di organizzazione di una rete sismica nazionale integrata e di supporto a determinati altri soggetti impegnati nella difesa dai terremoti e dediti alla vulcanologia dovessero svolgersi in regime di convenzione con il Dipartimento della protezione civile. Il comma 1-quater dell'art. 9 del d.l. n. 73 del 2021 aveva modificato la predetta disposizione prevedendo che le descritte attività di protezione civile dovessero svolte in coordinamento (anziché in regime di convenzione) con il Dipartimento della protezione civile, ferma restando l'autonomia scientifica dell'INGV.  

 

L'intervento in esame prevede altresì che gli accordi descritti siano conformi ai dettami dell'articolo 19, commi 1 e 2, del Codice della protezione civile (decreto legislativo n. 1/2018).

Sulla base di quanto previsto dall'art. 19, commi 1 e 2 del Codice della protezione civile, la comunità scientifica partecipa al Servizio nazionale della protezione civile mediante l'integrazione nelle attività di protezione civile di conoscenze e prodotti derivanti da attività di ricerca e innovazione, anche già disponibili, che abbiano raggiunto un livello di maturazione e consenso riconosciuto dalla comunità scientifica secondo le prassi in uso, anche frutto di iniziative promosse dall'Unione europea e dalle Organizzazioni internazionali nel campo della ricerca per la difesa dai disastri naturali.

La suddetta partecipazione si realizza mediante le seguenti attività: a) attività ordinarie e operative condotte in favore delle componenti del Servizio nazionale che includono, tra l'altro, il monitoraggio e la sorveglianza degli eventi, lo sviluppo di banche dati e ogni altra attività utile per la gestione delle emergenze e la previsione e prevenzione dei rischi che fornisca prodotti di immediato utilizzo; b) attività di sperimentazione propedeutiche alle attività di cui alla lettera a), e di realizzazione di contributi scientifici e di sintesi di ricerche esistenti utili a tal fine; c) ricerca finalizzata propedeutica alla realizzazione di prodotti utili alla gestione dei rischi ed allo studio dei relativi scenari; d) collaborazione nelle attività di predisposizione della normativa tecnica di interesse. 

Nella relazione illustrativa al disegno di legge in esame si precisa che l'intervento in oggetto è volto a riallineare il contenuto della disposizione alle previsioni del Codice della protezione civile ed in coerenza con il quadro di responsabilità ivi previsto.

 

Sempre al comma 1 si provvede alla copertura finanziaria delle convenzioni tra INGV e Dipartimento della protezione civile, prevedendo che, a decorrere dall’anno 2022, l’ammontare delle risorse assegnate all’INGV sarà determinato in misura non inferiore a 7,5 milioni di euro annui e nell'assegnazione e rendicontazione si agevolerà al massimo l’efficace impiego delle medesime da parte del Dipartimento, a valere sulle risorse già disponibili a legislazione vigente sul bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La disciplina dell'autonomia finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio dei Ministri è dettata dal D.P.C.M 22 novembre 2010. Secondo l'articolo 2 (Autonomia finanziaria) del citato decreto, la Presidenza, che provvede autonomamente alla gestione delle risorse finanziarie necessarie ai propri fini istituzionali, può contribuire, con proprie risorse ed entro i limiti delle disponibilità annuali iscritte nel bilancio di previsione, al rimborso parziale delle spese sostenute da soggetti pubblici o privati, che non abbiano finalità di lucro, per la realizzazione di progetti culturali o sociali di alta rilevanza. 

 

Il comma 2 dell'articolo 7 prevede due esplicite modifiche all'articolo 9 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 106 del 2021) :

-        alla lettera a), una modifica al comma 1-quinquies è volta a ridefinire il contributo economico assegnato all'INGV per lo svolgimento delle attività di protezione civile indicate all'art. 2, co. 2, D.Lgs. n. 381 del 1999 (che passa ora da 15 milioni a 7,5 milioni di euro); tale importo risulta dimezzato: l'intervento in esame è strettamente collegato alla modifica recata dal comma precedente, in quanto la somma di 7,5 milioni di euro corrispondente alla riduzione operata dalla presente lettera a), risulta pari alla soglia minima delle risorse, assegnate allo stesso INGV, ai sensi del comma 1, come attinta dal bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio.

Si segnala che non è prevista un'indicazione di soglia massima delle risorse assegnate all'INGV, ma esclusivamente una soglia minima.

 

-        alla lettera b), una novella apportata comma 1-sexies fa sì che agli oneri derivanti dal contributo pari a 7,5 milioni di euro annui da assegnare all'INGV si provvederà mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'art. 10, co. 5, del d.l. n. 282/2004 (convertito dalla l. n. 307/2004), anziché del Fondo per la protezione civile (come invece era disposto dalla previsione previgente del comma 1-sexies). 

Il comma 1-sexies dell'art. 9 del d.l. n. 73 del 2021 - nella versione previgente - disponeva infatti che agli oneri derivanti dai commi 1-quater e 1-quinquies del presente articolo (come detto, precedentemente pari a 15 milioni di euro annui), si provvedesse mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195. Quest'ultima previsione si riferisce al Fondo per la protezione civile le cui risorse sono state successivamente integrate da ulteriori interventi normativi.

Il Fondo per la protezione civile («Fondo nazionale di protezione civile per le attività di previsione e prevenzione») è costituito dall'insieme delle risorse per lo svolgimento delle attività di previsione e prevenzione dei rischi assicurate dal Dipartimento della protezione civile iscritte nel bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri provenienti dallo stato di previsione del MEF. Il suo riferimento normativo è l'articolo 43 del citato Codice della protezione civile.

Il Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282 (recante Disposizioni urgenti di finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, è invece finalizzato ad agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo è nello stato di previsione del MEF.

 

Il comma 3 dell'articolo 7 dà facoltà alle regioni, alle province autonome di Trento e di Bolzano, al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e ai soggetti attuatori indicati nelle ordinanze del Capo del Dipartimento della protezione civile di prorogare o rinnovare fino al 31 ottobre 2023 la durata di contratti di lavoro a tempo determinato, comprese altre forme di lavoro flessibile, di personale di comprovata esperienza e professionalità, per l'accelerazione e l'attuazione degli investimenti concernenti il dissesto idrogeologico. Si tratta di un'estensione che proroga al 31 ottobre 2023 il precedente termine temporale per tale facoltà, che era precedentemente fissato al 31 dicembre 2021. La possibilità di prorogare o rinnovare la durata dei contratti di lavoro in oggetto viene disposta per mezzo di una novella al comma 701 dell'articolo 1 della legge di bilancio per l'anno 2021 (legge 178/2020), il cui contenuto, per il resto, rimane invariato.

Il comma 701 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2021 dispone che per l'accelerazione e l'attuazione degli investimenti concernenti il dissesto idrogeologico, compresi quelli finanziabili tra le linee di azione sulla tutela del territorio nell'ambito del PNRR, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e i soggetti attuatori indicati nelle ordinanze del Capo del Dipartimento della protezione civile possono, sulla base della ricognizione e del riparto di cui al comma 702 e nel limite delle risorse assegnate, fare ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato, comprese altre forme di lavoro flessibile (con durata ora come detto estesa al 31 ottobre 2023), di personale di comprovata esperienza e professionalità connessa alla natura degli interventi.

Il successivo comma 702 -  non sottoposto a modifiche dall'intervento in esame - prevede che per le predette finalità di cui al comma 701, i soggetti ivi indicati inviano i propri fabbisogni di personale al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri per il successivo riparto, tra i medesimi soggetti, delle risorse finanziarie disponibili, nel limite massimo dell'importo di cui al comma 704 (pari a 35 milioni di euro fino al 2021). Al riparto si provvede con d.P.C.M., di concerto con il MEF, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile.

In attuazione del predetto comma 702 è stato adottato il D.P.C.M. 2 luglio 2021 (pubblicato nella G.U. n. 183 del 2021) che ha previsto  che venissero ripartiti 7.358.346 euro dei 35 milioni di euro complessivamente disponibili. 

 

Con una modifica del Senato, si propone di inserire la previsione secondo la quale, in caso di risoluzione anticipata dei contratti di lavoro di cui al precedente periodo, è consentita la stipula di nuovi contratti al solo fine di sostituire il personale cessato e, comunque, nei limiti delle risorse finanziarie assegnate rispettivamente a ciascuno dei soggetti di cui al medesimo comma 701 sopra citato.

La formulazione della modifica approvata recepisce una condizione posta dalla 5? Commissione bilancio, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

In ordine all'onere finanziario derivante dalla proroga o dal rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato, comprese altre forme di lavoro flessibile di cui al comma 701, esso è indicato pari a:

-        14.716.692 euro per l’anno 2022

-        12.263.910 euro per l’anno 2023.

Ad esso si provvede utilizzando le risorse finanziarie residue di cui al comma 704 dell’articolo 1 della medesima legge di bilancio per il 2021, disponibili sul bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri.

In proposito si ricorda che il comma 704 dell'articolo 1 della legge 178/2020 aveva istituito un apposito fondo nello stato di previsione del MEF per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio, dotandolo di 35 milioni di euro per l'anno 2021.

Nella relazione tecnica allegata al disegno di legge in esame si spiega che l’onere è stato quantificato estendendo il costo medio mensile di 1.226.391 euro (7.358.346 diviso per 6 mesi) previsto nel DPCM del 2 luglio u.s. per gli ulteriori 22 mesi del 2022 e 2023, determinando un costo complessivo di 26.980.602 euro così appunto ripartito: 14.716.692 euro per l’anno 2022, 12.263.910 euro per l’anno 2023.

Si fa presente che tale costo è peraltro inferiore alle risorse finanziarie complessivamente residue di cui al comma 704 dell'art. 1 della legge di bilancio che invece ammonterebbero a 27.641.654 euro (risultanti dalla sottrazione dai 35 milioni di euro - inizialmente disponibili ai sensi del predetto comma 704 - della somma pari a 7.358.346 euro, già ripartita con il D.P.C.M. del 2 luglio 2021).

 

Il comma 3 prevede infine una compensazione in termini di indebitamento e fabbisogno (per l'anno 2022, pari a 7.579.097 euro e, per il 2023, pari a 6.315.914 euro), con corrispondente riduzione dell'apposito Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente, conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali.

Il Fondo in questione è nello stato di previsione del MEF. Come stabilisce l'articolo 6, comma 2 del decreto legge n. 154/2008 convertito con modificazioni dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189 (al quale fa esplicito richiamo il comma 3), per l'utilizzo di tale Fondo deve essere adottato un decreto del MEF, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.

 

Con altra modifica approvata dal Senato, viene altresì proposto di aggiungere il comma 3-bis, che - modificando l'art. 183, comma 1, lettera n) del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006)è volto ad includere i materiali vulcanici tra quelli non compresi nelle attività di gestione dei rifiuti, in relazione alle operazioni di prelievo, raggruppamento, selezione e deposito preliminari, da effettuarsi nel tempo tecnico necessario, presso il medesimo sito, nel quale gli eventi naturali li hanno depositati.

L’art. 35, comma 1, lett. b), n. 1), del D.L. 77/2021 ha previsto, modificando l’art. 185 del Codice dell’ambiente che elenca le esclusioni dall’ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti contenuta nella parte quarta, che le ceneri vulcaniche non siano soggette alla disciplina sui rifiuti, laddove riutilizzate in sostituzione di materie prime all'interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana.

 

 


 

Articolo 7-bis
(Contratti relativi agli addetti agricoli e forestali)

 

 

L’articolo 7-bis - introdotto dal Senato - prevede che, per gli addetti agricoli e forestali assunti dalle amministrazioni pubbliche con contratti di diritto privato, per l’esecuzione di talune tipologie di lavori ivi indicati, si applichino i relativi contratti o accordi collettivi nazionale, regionali e provinciali.

 

Nel dettaglio, il comma unico del suddetto articolo aggiuntivo prevede che, per gli addetti ai lavori agricoli e forestali assunti con contratti di diritto privato dalle amministrazioni (pubbliche) di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, per l’esecuzione in amministrazione diretta dei lavori concernenti le opere di bonifica, idraulico-forestali, idraulico-agrarie, di gestione forestale, di prevenzione ed estinzione incendi boschivi e in zone di interfaccia urbano-rurale (ossia incendi che interessano luoghi dove l'area naturale e quella urbano-rurale si incontrano e interferiscono reciprocamente), di forestazione e agrarie-florovivaistiche si applichino, nei limiti di spesa previsti a legislazione vigente e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti per le spese del personale delle pubbliche amministrazioni (non meglio specificati), i relativi contratti o accordi collettivi nazionale, regionali e provinciali. Si prevede, inoltre, che per le amministrazioni pubbliche partecipi al tavolo di contrattazione nazionale e a livello territoriale per la stipulazione del CCNL privatistico, un rappresentante delle Regioni.

 

Si ricorda, relativamente ai vincoli finanziari previsti per le spese del personale delle pubbliche amministrazioni, in relazione - in particolare - ai contratti a tempo determinato, quanto previsto dall’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010).

 

Il suddetto art. 9, comma 28 del d.l. 78/2010 prevede, in sintesi, che le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici, le università e altri enti pubblici ivi richiamati, possano avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.  Per le medesime amministrazioni, la spesa per personale relativa a contratti di formazione lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio, non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009. Tali limiti non si applicano, anche con riferimento ai lavori socialmente utili, ai lavori di pubblica utilità e ai cantieri di lavoro, nel caso in cui il costo del personale sia coperto da finanziamenti specifici aggiuntivi o da fondi dell'Unione europea; nell'ipotesi di cofinanziamento, i limiti medesimi non si applicano con riferimento alla sola quota finanziata da altri soggetti. Le suddette disposizioni costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

Articolo 7-ter
(Interventi delle regioni per il rimboschimento compensativo delle superfici bruciate)

 

 

L'articolo 7-ter, introdotto dal Senato, autorizza, al comma 1, le Regioni a individuare, nell'ambito dello stesso bacino idrografico e limitatamente ai terreni di proprietà del demanio regionale, superfici nude ovvero terreni saldi da sottoporre a rimboschimento compensativo delle superfici bruciate, fermi restando i divieti e le prescrizioni previste dalla legge. Il comma 2 consente alle Regioni di avvalersi, al fine di individuare i siti più idonei, del contributo scientifico di università ed enti di ricerca utilizzando tutti i sistemi di rilevazione e analisi a loro disposizione. Il comma 3 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

Al riguardo si ricorda che l'art. 3, co. 3, del d.lgs. 34/2018 (Testo unico in materia di foreste e filiere forestali) definisce, per le materie di competenza esclusiva dello Stato, come bosco le superfici coperte da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, di origine naturale o artificiale in qualsiasi stadio di sviluppo ed evoluzione, con estensione non inferiore ai 2.000 metri quadri, larghezza media non inferiore a 20 metri e con copertura arborea forestale maggiore del 20 per cento. Il co. 4 autorizza le regioni, per quanto di loro competenza e in relazione alle proprie esigenze e caratteristiche territoriali, ecologiche e socio-economiche, ad adottare una definizione integrativa di bosco, nonché definizioni integrative di aree assimilate a bosco e di aree escluse dalla definizione di bosco di cui, rispettivamente, agli articoli 4 e 5, purché non venga diminuito il livello di tutela e conservazione così assicurato alle foreste come presidio fondamentale della qualità della vita.

L'art. 4 dello stesso d.lgs. reca la definizione di aree assimilate a bosco: esse, unitamente all'insieme dei boschi, come definiti sopra, radicati sul territorio dello Stato e di proprietà pubblica e privata, costituiscono il patrimonio forestale nazionale.

L'art. 8 ha quindi stabilito un'apposita disciplina della trasformazione del bosco e delle opere compensative.

Il comma 1 definisce la nozione di "trasformazione del bosco": è tale ogni intervento che comporti l'eliminazione della vegetazione arborea e arbustiva esistente, finalizzato ad attività diverse dalla gestione forestale[5] come definita all'articolo 7, comma 1.

Il comma 2 vieta ogni intervento di trasformazione del bosco che determini un danno o un danno ambientale ai sensi della direttiva 2004/35/CE e della relativa normativa interna di recepimento (in Italia, il d.lgs. n. 152 del 2006) e che non sia stato preventivamente autorizzato, ove previsto, in quanto bene o area di interesse paesaggistico, ai sensi dell'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004), delle disposizioni dei piani paesaggistici regionali ovvero ai fini del ripristino delle attività agricole tradizionali e della realizzazione di opere di rilevante interesse pubblico e di viabilità forestale connessa alle attività selvicolturali e alla protezione dei boschi dagli incendi, sempre che la trasformazione del bosco risulti compatibile con le esigenze di difesa idrogeologica, di stabilità dei terreni, di regime delle acque, di difesa dalle valanghe e dalla caduta dei massi, di conservazione della biodiversità e di tutela della pubblica incolumità.

Il comma 3 prescrive che la trasformazione del bosco deve essere compensata a cura e spese del destinatario dell'autorizzazione alla trasformazione. Le regioni stabiliscono i criteri di definizione delle opere e dei servizi di compensazione per gli interventi di trasformazione del bosco, nonché gli interventi di ripristino obbligatori da applicare in caso di eventuali violazioni all'obbligo di compensazione. Le regioni, sulla base delle linee guida adottate con il decreto di cui al comma 8, stabiliscono inoltre i casi di esonero dagli interventi compensativi. La trasformazione del bosco che determini un danno o un danno ambientale ai sensi del comma 2, deve essere oggetto di riparazione ai sensi della direttiva 2004/35/CE e della relativa normativa interna di recepimento.

Il comma 4 prevede che le compensazioni per la trasformazione del bosco che non determini un danno o un danno ambientale ai sensi della direttiva 2004/35/CE, possono essere realizzate con opere e servizi di: a) miglioramento e restauro dei boschi esistenti nonché del paesaggio forestale in ambito rurale, urbano e periurbano; b) rimboschimenti e creazione di nuovi boschi su terreni non boscati e in aree con basso coefficiente di boscosità, tramite l'utilizzo di specie autoctone, preferibilmente di provenienza locale e certificata, anche al fine di ricongiungere cenosi forestali frammentate e comunque in conformità alle disposizioni attuative della direttiva 1999/105/CE del Consiglio del 22 dicembre 1999. I nuovi boschi realizzati a seguito degli interventi di compensazione sono equiparati a bosco; c) sistemazioni idraulico-forestali o idraulico-agrarie o realizzazione e sistemazione di infrastrutture forestali al servizio del bosco e funzionali alla difesa idrogeologica del territorio, che rispettino i criteri e requisiti tecnici adottati ai sensi dell'articolo 9, comma 2; d) prevenzione di incendi boschivi e di rischi naturali e antropici; e) altre opere, azioni o servizi compensativi di utilità forestale volti a garantire la tutela e valorizzazione socio-economica, ambientale e paesaggistica dei boschi esistenti o il riequilibrio idrogeologico nelle aree geografiche più sensibili.

Il comma 5 impone ai richiedenti l'autorizzazione alla trasformazione del bosco la presentazione di progetti delle opere o dei servizi compensativi alle regioni che individuano le aree dove dovrà essere effettuato l'intervento a cura e spese del destinatario. Ove non diversamente previsto dalla legislazione regionale, tali aree sono individuate all'interno del medesimo bacino idrografico nel quale è stata autorizzata la trasformazione del bosco. Ai fini dell'esecuzione degli interventi compensativi, le regioni prevedono la prestazione di adeguate garanzie.

Il comma 6 prevede che, in luogo dell'esecuzione diretta degli interventi compensativi, le regioni possono prevedere, relativamente agli interventi di trasformazione del bosco che non determinino un danno o un danno ambientale ai sensi della direttiva 2004/35/CE, che il soggetto autorizzato versi in uno specifico fondo forestale regionale una quota almeno corrispondente all'importo stimato dell'opera o al servizio compensativo previsto. Le regioni destinano tale somma alla realizzazione degli interventi compensativi di cui al comma 4, anche se ricadenti in altri bacini idrografici, considerando gli eventuali aspetti sperequativi tra l'area in cui è realizzata la trasformazione del bosco e gli interventi compensativi.

Il comma 7 vieta la trasformazione nonché il mutamento della destinazione d'uso del suolo per i boschi aventi funzione di protezione diretta di abitati, di beni e infrastrutture strategiche, individuati e riconosciuti dalle regioni, fatti salvi i casi legati a motivi imperativi di rilevante interesse pubblico nonché le disposizioni della direttiva 2004/35/CE e della relativa normativa interna di recepimento.

In attuazione del comma 8, è stato adottato il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 7 ottobre 2020, con il quale sono state adottate le linee guida per la definizione di criteri minimi nazionali per l'esonero dagli interventi compensativi.

 

 


 

Articolo 8
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L'articolo 8 destina 150 milioni di euro disponibili nell'ambito del PNRR, Missione 2, componente 4 alle misure di lotta contro gli incendi boschivi, e in particolare alla realizzazione di un sistema avanzato e integrato di monitoraggio del territorio.

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che, fermo restando lo stanziamento di 40 milioni per l'acquisto di mezzi operativi e di attrezzature per la lotta attiva agli incendi boschivi previsto dall'articolo 2 (si veda la relativa scheda), alla realizzazione delle misure di lotta contro gli incendi boschivi di cui al presente decreto, concorrono le risorse disponibili nell’ambito del PNRR Missione 2, componente 4, specificamente destinate alla realizzazione di un sistema avanzato e integrato di monitoraggio del territorio, nel limite di 150 milioni di euro.

Con una modifica approvata dal Senato si prevede che si assuma quale ambito prioritario di intervento l'insieme delle aree protette (nazionali e regionali). dei siti della rete Natura 2000, nonché delle aree classificate ad elevato rischio idrogeologico nelle vigenti pianificazioni.

 

Sarebbe opportuno specificare la scansione temporale dello stanziamento, anche in virtù del fatto che le risorse destinate alla realizzazione del sistema di monitoraggio nell'ambito del PNRR (si veda la ricostruzione seguente) si ripartiscono sugli anni 2022-2026.

 

La Missione 2 concerne i temi dell’agricoltura sostenibile, dell’economia circolare, della transizione energetica, della mobilità sostenibile, dell’efficienza energetica degli edifici, delle risorse idriche e dell’inquinamento. La tabella seguente riporta, per ciascuna delle 4 componenti della Missione 2, le relative risorse finanziarie a valere sul PNRR, sul fondo ReactEU, e sul Fondo complementare.

 

(miliardi di euro)

M2

Rivoluzione verde e transizione ecologica

PNRR (a)

React EU (b)

Fondo complementare
(c)

Totale (a+b+c)

M2C1

Economia circolare e agricoltura sostenibile

5,27

0,50

1,20

6,97

M2C2

Transizione energetica e mobilità sostenibile

23,78

0,18

1,40

25,36

M2C3

Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici

15,36

0,32

6,56

22,24

M2C4

Tutela del territorio e della risorsa idrica

15,06

0,31

0,0

15,37

Totale Missione 2

59,47

1,31

9,16

69,94

 

Le risorse destinate alla tutela del territorio e della risorsa idrica sono allocate nella componente 4 della Missione 2. Si tratta, complessivamente, di 15,06 miliardi di euro.

I soggetti destinatari in prima battuta delle risorse previste per il raggiungimento degli obiettivi di messa in sicurezza e monitoraggio del territorio, pari a circa 9 miliardi di euro, sono prevalentemente gli enti territoriali.

I soggetti destinatari in prima battuta delle risorse previste per la salvaguardia delle aree verdi e della biodiversità, pari a circa 1,7 miliardi di euro, sono prevalentemente gli enti locali.

I soggetti destinatari in prima battuta delle risorse destinate al settore idrico per l’infrastrutturazione, la riduzione delle perdite, l’irrigazione e la depurazione, pari a circa 4,4 miliardi di euro, sono prevalentemente gli enti territoriali.

Tra gli investimenti della Missione 2, componente 4, è in particolare prevista la realizzazione di un sistema avanzato ed integrato di monitoraggio e previsione (M2C4.1-I.1.1 – 8 e 9), a cui sono destinati 500 milioni di euro in termini di prestiti (di cui 150 milioni in ciascuno degli anni 2022 e 2023, 100 milioni nell'anno 2024 e 50 milioni in ciascuno degli anni 2025 e 2026). L’investimento è orientato a sviluppare un sistema di monitoraggio da remoto di ampie fasce territoriali, che consenta di individuare e prevedere i rischi sul territorio, come conseguenza dei cambiamenti climatici e di inadeguata pianificazione territoriale. I dati di monitoraggio costituiranno la base per lo sviluppo di piani di prevenzione dei rischi, anche per le infrastrutture esistenti, e di adattamento ai cambiamenti climatici. Lo strumento consentirà anche di contrastare fenomeni di smaltimento illecito di rifiuti, identificando gli accumuli per i conseguenti interventi di rimozione. Gli elementi costitutivi del sistema sono la raccolta e omogeneizzazione di dati territoriali sfruttando satelliti, droni, sensoristica da remoto e integrazione di sistemi informativi esistenti; reti di telecomunicazione a funzionamento continuo; sale di controllo centrali e regionali, sistemi e servizi di cyber security, per la protezione da attacchi informatici.

L'implementazione prevede una fase di “progettazione preliminare” svolta dal MITE, con il supporto del Dipartimento della Protezione Civile e in coordinamento con altri ministeri e un successivo bando di gara per la realizzazione del nuovo “Centro” al servizio del territorio entro la fine del 2021 che dovrebbe portare all’inizio della fase operativa di utilizzo entro la metà del 2024. Nell’allegato alla decisione UE viene prevista l’emanazione, entro il mese di settembre del 2021, di un decreto ministeriale di approvazione di un piano operativo per la realizzazione di un sistema avanzato e integrato di monitoraggio e previsione per l'individuazione dei rischi idrologici, che deve, come minimo: prevedere applicazioni di sensoristica da remoto e sensori da campo per la rilevazione di dati; sviluppare un sistema di comunicazione che consenta il coordinamento e l'interoperabilità tra i vari operatori nelle sale di controllo; allestire sale di controllo centrali e regionali; sviluppare sistemi e servizi di cybersecurity. Entro il mese di settembre 2024, il 90% della superficie delle regioni meridionali dev’essere coperto dal sistema citato.

Secondo l’allegato alla decisione UE, la componente 4 dà seguito a una parte della raccomandazione specifica per paese 2020, punto 3, con la quale il Consiglio dell'Unione europea ha raccomandato all'Italia di intervenire per "concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale, in particolare [...] sulla gestione [...] delle risorse idriche e su un'infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura di servizi essenziali". Dà anche seguito ad alcune parti della raccomandazione specifica per paese 2019, punto 3 ("incentrare la politica economica connessa agli investimenti sulla ricerca e l'innovazione e sulla qualità delle infrastrutture, tenendo conto delle disparità regionali; [...] migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione [...] accelerando la digitalizzazione e aumentando l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali").

Per ulteriori dettagli sugli investimenti e sulle riforme previste dalla Missione 2, componente 4, si rinvia alla Documentazione di finanza pubblica n. 28/1 curata dai Servizi studi della Camera e del Senato.

Si veda inoltre la Proposta di piano per la transizione ecologica (Atto del Governo n. 297), all'esame delle competenti Commissioni parlamentari, e il relativo dossier dei Servizi studi di Camera e Senato.

 

Il comma 1 prevede inoltre che, in sede di attuazione del PNRR e compatibilmente con le specifiche finalità dello stesso, il Ministero della transizione ecologica, valuta, di comune accordo con le altre Amministrazioni interessate, la possibilità di destinare ulteriori fondi del PNRR in favore delle azioni di contrasto all’emergenza incendi, ivi compreso gli interventi di ripristino territoriale.

 

Il comma 2 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze, al fine di dare immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto, ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio, anche nel conto dei residui; a disporre, ove necessario, il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione è effettuata con l’emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.


 

Articolo 8-bis
(Clausola di salvaguardia)

 

 

L'articolo 8-bis, introdotto dal Senato, prevede che le disposizioni in esame si applichino alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e le relative disposizioni di attuazione.

 

La disposizione in commento stabilisce che le norme del decreto-legge in esame non sono idonee a disporre in senso difforme a quanto previsto negli statuti speciali di regioni e province autonome (si tratta pertanto di una clausola a salvaguardia dell'autonomia riconosciuta a tali autonomie territoriali). Tale inidoneità, che la norma in esame esplicita, trae invero origine dal rapporto fra le fonti giuridiche coinvolte e, nello specifico, rileva che norme di rango primario (quali quelle recate dal decreto-legge) non possono incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore) e dalle relative norme di attuazione. Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.

Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti che intervengono su ambiti materiali ascrivibile alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme legislative coperte dalla stessa, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale. La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale, nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione legislativa (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).

La presenza di una siffatta clausola tuttavia non esclude a priori la possibilità che una o più norme (ulteriori) del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, quando "singole norme di legge, in virtù di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente applicabili agli enti ad autonomia speciale"[6].

 

 


 

Articolo 9
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo 9 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il decreto-legge è dunque vigente dal 10 settembre 2021.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, la medesima legge di conversione (la quale apporta modifiche al decreto-legge) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 



[1]     Talché la delibera del Consiglio dei ministri del 26 agosto 2021 ha dichiarato - per sei mesi dalla data di deliberazione - lo stato di emergenza in conseguenza dell'eccezionale diffusione degli incendi boschivi che hanno determinato uno straordinario impatto nei territori colpiti delle Regioni Calabria, Molise, Sardegna e Sicilia a partire dall’ultima decade del mese di luglio 2021. Per l’attuazione degli interventi da compiere durante tale stato di emergenza si provvede con ordinanze emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, acquisita l’intesa della Regione interessata, in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, nel limite delle risorse finanziarie indicate dalla deliberazione stessa. Nelle more della valutazione dell’effettivo impatto dell’evento calamitoso, il Governo ha stanziato 7 milioni per l'attuazione dei primi interventi, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali (di cui all'articolo 44, comma 1, del decreto legislativo n. 1 del 2018).

[2]     Si rinviene altresì nella legge n. 353 del 2000 la definizione normativa di incendio boschivo (cfr. suo articolo 2). "Per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all'interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree".

[3]     L'articolo 3 della legge-quadro n. 353 del 2000 dispone che le Regioni approvino il Piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, sulla base di linee guida e di direttive approvate in Consiglio dei ministri (cfr. decreto ministeriale del 20 dicembre 2001). Tale Piano regionale, sottoposto a revisione annuale, individua: a) le cause determinanti ed i fattori predisponenti l'incendio; b) le aree percorse dal fuoco nell'anno precedente, rappresentate con apposita cartografia; c) le aree a rischio di incendio boschivo rappresentate con apposita cartografia tematica aggiornata, con l'indicazione delle tipologie di vegetazione prevalenti; d) i periodi a rischio di incendio boschivo, con l'indicazione dei dati anemologici e dell'esposizione ai venti; e) gli indici di pericolosità fissati su base quantitativa e sinottica; f) le azioni determinanti anche solo potenzialmente l'innesco di incendio nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo; g) gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi anche attraverso sistemi di monitoraggio satellitare; h) la consistenza e la localizzazione dei mezzi, degli strumenti e delle risorse umane nonché le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi; i) la consistenza e la localizzazione delle vie di accesso e dei tracciati spartifuoco nonché di adeguate fonti di approvvigionamento idrico; l) le operazioni silvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco, con facoltà di previsione di interventi sostitutivi del proprietario inadempiente in particolare nelle aree a più elevato rischio; m) le esigenze formative e la relativa programmazione; n) le attività informative; o) la previsione economico-finanziaria delle attività previste nel medesimo Piano.

[4]     Chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. Se l'incendio di cui al primo comma è cagionato per colpa, la pena è della reclusione da uno a cinque anni. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se dall'incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree protette. Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della metà, se dall'incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all'ambiente. Quando il delitto di cui al primo comma è commesso con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo svolgimento di servizi nell'ambito della prevenzione e della lotta attiva contro gli incedi boschivi, si applica la pena della reclusione da sette a dodici anni. Salvo che ricorra l'aggravante di cui al quinto comma, le pene previste dal presente articolo sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi. Le pene previste dal presente articolo sono diminuite da un terzo alla metà nei confronti di colui che aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell'individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.

[5]     Sono definite attività di gestione forestale tutte le pratiche selvicolturali a carico della vegetazione arborea e arbustiva di cui all'articolo 3, comma 2, lettera c) e previste dalle norme regionali, gli interventi colturali di difesa fitosanitaria, gli interventi di prevenzione degli incendi boschivi, i rimboschimenti e gli imboschimenti, gli interventi di realizzazione, adeguamento e manutenzione della viabilità forestale al servizio delle attività agro-silvo-pastorali e le opere di sistemazione idraulico-forestale realizzate anche con tecniche di ingegneria naturalistica, nonché la prima commercializzazione dei prodotti legnosi quali tronchi, ramaglie e cimali, se svolta congiuntamente ad almeno una delle pratiche o degli interventi predetti. Tutte le pratiche finalizzate alla salvaguardia, al mantenimento, all'incremento e alla valorizzazione delle produzioni non legnose, rientrano nelle attività di gestione forestale.

[6]     Si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2016. In altra decisione (la n.191 del 2017) la Corte afferma che occorre "verificare, con riguardo alle singole disposizioni impugnate, se esse si rivolgano espressamente anche agli enti dotati di autonomia speciale, con l’effetto di neutralizzare la portata della clausola generale". Sul tema si vedano altresì le sentenze nn.154 e 231 del 2017.