Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Trasporti
Titolo: Misure urgenti per la tutela delle vie d'acqua di interesse culturale e per la salvaguardia di Venezia, nonché disposizioni urgenti per la tutela del lavoro
Serie: Progetti di legge   Numero: 464/1
Data: 05/08/2021
Organi della Camera: Assemblea

 

 

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Dossier n. 414/1

 

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 464/1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Schede di lettura. 5

Articolo 1 (Misure urgenti per la tutela delle vie d'acqua di interesse culturale e dichiarazione di monumento nazionale delle vie urbane d'acqua di Venezia) 7

Articolo 2 (Commissario Straordinario compiti per l'attuazione dell'articolo 3 del decreto-legge n. 45 del 2021 e ulteriori interventi complementari per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna) 15

Articolo 2-bis (em. 2.0.4 (testo 3)) (Credito di imposta in favore delle attività di trasporto passeggeri con navi minori in acque lagunari) 21

Articolo 3, commi da 1 a 4 (Trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19 per alcune imprese) 22

Articolo 3, comma 4-bis (em. 3.1 (testo 2) e identici) (Disposizioni sulla società ILVA S.p.A. e sulla produzione di preridotto) 26

Articolo 3-bis (em. 3.0.8 (testo 2)) (Servizi di supporto per la ricollocazione professionale in favore di alcuni lavoratori) 29

Articolo 3-bis (em. 3.0.11 (testo 4)) (Accordi di riallineamento retributivo nel settore agricolo) 30

Articolo 4, comma 1 (Sgravi contributivi per alcune società in procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria) 32

Articolo 4, comma 1-bis (em. 4.1 (testo 4)) (Interventi a favore della Laguna di Venezia) 34

Articolo 5 (Copertura finanziaria) 36

Articolo 6 (Entrata in vigore) 39

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Misure urgenti per la tutela delle vie d'acqua di interesse culturale e dichiarazione di monumento nazionale delle vie urbane d'acqua di Venezia)

 

 

L’articolo 1 dichiara monumento nazionale alcune vie d’acqua veneziane, precisa che le misure di tutela delle citate vie d’acqua possano comprendere anche limitazioni e divieto del transito di navi e prevede espressamente che a decorrere dal 1° agosto 2021 sia vietato il transito delle grandi navi in tali vie d’acqua (commi 1 e 2). Sono previste alcune misure di ristoro sia delle compagnie di navigazione sia del gestore dei terminal di approdo (rispetto al quale anche il comma 5 prevede la possibilità di interventi di sostegno) e dei soggetti esercenti servizi connessi al terminal nonché a beneficio dei lavoratori impiegati in attività, in qualsiasi forma incise direttamente dal divieto di transito delle navi citate (commi 3 e 4). Si rimette ad un decreto ministeriale il compito di definire le modalità di erogazione dei contributi e si quantificano le risorse necessarie a copertura di tali interventi (commi 6 e 7).

 

L'articolo 1, dispone, al comma 1, che al fine di assicurare l'integrità, il decoro e la sicurezza delle vie d'acqua dichiarate monumento nazionale o riconosciute di interesse culturale, ai sensi degli articoli 10 e 12 del Codice dei beni culturali, le misure di tutela e le prescrizioni concernenti gli usi non compatibili possano comprendere anche limitazioni e divieto del transito di navi con specifiche caratteristiche, riferite alla stazza lorda, alla lunghezza dello scafo, all'altezza di costruzione e alle emissioni di sostanze inquinanti.

 

Al riguardo, si ricorda, che l’art. 10, co. 1 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004) stabilisce che sono beni culturali – e in quanto tali, sottoposti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del medesimo Codice –  le cose immobili e mobili appartenenti a soggetti pubblici– cioè, allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, ad ogni altro ente ed istituto pubblico – nonché a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Si tratta, cioè, delle cose per le quali sia intervenuta la verifica dell'interesse culturale di cui all’art. 12.

Peraltro, in base al co. 1 del citato art. 12 – come modificato, da ultimo, dall'art. 1, co. 175, lett. c), della L. 124/2017 –, tali cose, qualora opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risale ad oltre settanta anni, sono sottoposte ope legis alle disposizioni di tutela, fino a quando non sia stata effettuata la verifica di interesse culturale: vige, cioè, la presunzione di interesse culturale, fino a quando non sia stata effettuata la relativa verifica.

La verifica della sussistenza dell'interesse culturale è effettuata, d'ufficio o su richiesta dei soggetti cui le cose appartengono, da parte dei competenti organi del Ministero della cultura. In caso di accertamento positivo dell'interesse culturale (decreto di vincolo), i beni restano definitivamente soggetti alle disposizioni di tutela. Qualora la verifica si concluda con un esito negativo, i beni sottoposti al procedimento vengono esclusi dall'applicazione della disciplina richiamata.

Tra le disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del Codice vi sono misure di protezione (artt. 21 e ss., che stabiliscono, tra l'altro, le tipologie di interventi vietati o soggetti ad autorizzazione) e misure di conservazione (artt. 29 e ss., che includono anche obblighi conservativi).

Con specifico riguardo alla dichiarazione di monumento nazionale, si ricorda che l’art. 6 della L. 153/2017 ha modificato l’art. 10, co. 3, lett. d), del Codice, introducendo una procedura amministrativa in base alla quale la dichiarazione di interesse culturale di un bene può ricomprendere anche la dichiarazione di “monumento nazionale”.

In particolare, ha previsto che la dichiarazione di interesse culturale di cui all’art. 13 dello stesso Codice, che accerta, ai fini della definizione di “bene culturale”, la sussistenza, nelle cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, di un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose, può comprendere anche, su istanza di uno o più comuni, o della regione, la dichiarazione di “monumento nazionale”, qualora le stesse cose rivestono, altresì, un valore testimoniale o esprimono un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale.

Non è stato specificato, tuttavia, se e in quale misura dalla dichiarata monumentalità scaturiscano effetti giuridici ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla stessa dichiarazione di interesse culturale.

Prima del 2017, il Codice non prevedeva una specifica procedura da porre in essere, limitandosi, all’art. 54, a disporre che sono inalienabili, quali beni del demanio culturale “gli immobili dichiarati monumenti nazionali a termini della normativa all’epoca vigente” e, all’art. 129, a far salve le leggi aventi specificamente ad oggetto monumenti nazionali.

 

La questione relativa alla dichiarazione di monumento nazionale

 

Una ampia disamina della questione relativa alla dichiarazione di monumento nazionale si riscontrava nella Circolare n. 13 del 5 giugno 2012 indirizzata dalla Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee dell’allora Mibac alle Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici.

In particolare, la circolare ricordava, anzitutto, che l’istituzione di monumenti nazionali risale al complesso di norme della seconda metà del XIX secolo, costituenti la legislazione eversiva del patrimonio ecclesiastico, in primis la L. 7  luglio 1866, n. 3096, che sanciva l’obbligo per lo Stato italiano appena formato, dopo la soppressione degli ordini monastici, di conservare alcuni siti monumentali ecclesiastici che furono dunque esclusi sia da possibili vendite, sia dalla conversione in altri usi. La legge citata, oltre a dichiarare direttamente tali alcuni complessi (si trattava delle abbazie di Montecassino, Cava dei Tirreni, San Martino della Scala e Monreale e della Certosa di Pavia), stabiliva la possibilità che altri beni ottenessero la stessa qualificazione, nel rispetto della procedura di designazione stabilita dalle norme regolamentari di attuazione della legge stessa.

Ricordava, altresì, che, norme legislative e regolamentari successive (L. 15 agosto 1867, n. 3848, e R.D. 5 luglio 1882, n. 917) stabilirono che altri complessi avrebbero potuto aggiungersi e che la relativa designazione dovesse essere fatta con decreto reale e con l’intesa del Ministro della pubblica istruzione.

Faceva presente, poi, che le prime leggi di tutela dei beni di interesse storico-artistico non facevano alcun riferimento ai beni qualificati come monumenti nazionali: in particolare, la L. 1089/1939 introduceva la nuova nozione di “interesse storico-relazionale” accertabile attraverso la procedura della notifica per le “cose immobili riconosciute di interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere”.

Evidenziava, dunque, che l’Ufficio legislativo del Mibact, con parere 6 marzo 2006, n. 9206, aveva fatto presente che il Codice dei beni culturali e del paesaggio, confermando la scelta del legislatore del 1939 di introdurre, in luogo della definizione di monumento nazionale, la nozione di interesse storico-relazionale e di prevedere, al riguardo, la ordinaria procedura di modifica, aveva confermato “l’incongruenza di tale nozione per l’accertamento della sussistenza del grado di interesse storico-artistico richiesto dalla legge per la operatività degli istituti della tutela. Precisava altresì l’Ufficio legislativo che il legislatore, qualora riconosca valore storico o culturale ad un immobile, anche qualificandolo monumento nazionale, avrebbe l’onere di chiarire se ed in quale misura dalla dichiarata monumentalità scaturiscano effetti tipici del vincolo tradizionale se non voglia limitare il suddetto riconoscimento alla funzione di mera onorificenza, senza specifico contenuto giuridico”.

Aggiungeva che, sempre l’Ufficio legislativo del Mibact, con parere prot. 5636 del 27 marzo 2012 aveva sostanzialmente confermato l’avviso già in precedenza espresso. Di tale nuovo parere, la circolare riportava ampi stralci, fra i quali il passaggio in cui si evidenziava che la soluzione di operare nuove dichiarazioni di monumento nazionale “appare peraltro non auspicabile, poiché porrebbe il problema di stabilire il regime giuridico applicabile agli eventuali beni così dichiarati. Pertanto, nell’attuale contesto ordinamentale, gli immobili a vario titolo ‘candidati’ ad essere dichiarati monumento nazionale dovrebbero ordinariamente, ricorrendone i presupposti, essere ricondotti ad una delle tipologie di beni culturali previste dal Codice”.

Pur in assenza di riferimenti in tal senso nel Codice, peraltro, erano state approvate – la L. 64/2014, recante dichiarazione di monumento nazionale della Basilica Palladiana di Vicenza e la L. 207/2016, recante dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Gramsci in Ghilarza. Tali disposizioni legislative si sono aggiunte a quelle precedentemente emanate con DPR 2 ottobre 2003, Dichiarazione di monumento nazionale per il cimitero delle vittime del Vajont, in Longarone, DPR 18 marzo 2008, Dichiarazione di monumento nazionale dell’antica area di San Pietro Infine e DPR 18 marzo 2008, Dichiarazione di monumento nazionale dell’isola di Santo Stefano. Successivamente a quanto disposto dalla L. 153/2017, sono state approvate la L. 213/2017, che ha dichiarato monumento nazionale la Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine e la L. 65/2019, recante la dichiarazione di monumento nazionale del ponte sul Brenta detto "Ponte Vecchio di Bassano". Inoltre, il 4 marzo 2021 il Senato ha approvato a proposta di legge A.C. 2927, che reca la dichiarazione di monumento nazionale dell’ex campo di prigionia di Servigliano, in provincia di Fermo, oggi denominato Parco della Pace.

 

In base al comma 2, le vie urbane d'acqua Bacino di San Marco, Canale di San Marco e Canale della Giudecca di Venezia, sono dichiarate monumento nazionale.

Si dispone che in dette vie d'acqua, a decorrere dal 1° agosto 2021 sia vietato il transito di navi che abbiano almeno una delle seguenti caratteristiche:

a) stazza lorda superiore a 25.000 GT (gross tonnage);

b) lunghezza dello scafo al galleggiamento superiore a 180 metri;

c) air draft superiore a 35 metri, con esclusione delle navi a propulsione mista vela - motore;

d)  impiego di combustibile in manovra con contenuto di zolfo uguale o superiore allo 0.1 per cento.

 

La relazione illustrativa spiega le ragioni del divieto introdotto precisando come esso si fondi sulla necessità di tutelare le vie urbane d’acqua di eccezionale interesse culturale, dichiarate monumento nazionale, dalle conseguenze negative prodotte dal passaggio di navi di grandi dimensioni, che possono mettere a rischio le medesime vie d’acqua, nonché gli argini e gli immobili ad esse prospicienti. Basti pensare al caso di Venezia e all’accesso delle grandi navi nel bacino di San Marco e nel canale della Giudecca, per il quale si è più volte rilevato che gli effetti del moto ondoso generato dal transito di imbarcazioni di grandi dimensioni possono provocare alterazioni idrodinamiche di rilievo, anche a carico di canali minori afferenti al canale principale di transito e, di conseguenza, delle costruzioni e degli edifici interessati. Su questo, peraltro, l’UNESCO ha già più volte avvisato lo Stato italiano, da ultimo lo scorso mese di giugno, quando ha deciso di portare all’Assemblea generale del 16 luglio 2021 la proposta di iscrivere Venezia e la sua laguna tra i siti del patrimonio mondiale in pericolo (c.d. Danger List). A ciò si aggiunge l'intrinseca pericolosità del passaggio di natanti di tali dimensioni all'interno di canali e spazi acquei lungo i quali insistono edifici e monumenti di eccezionale valore culturale. Gli effetti degli eventi calamitosi che potrebbero verificarsi al passaggio di grandi imbarcazioni, soprattutto nei tratti in cui la profondità dei fondali non consente di tenere queste ultime a distanza conveniente dalle sponde, appaiono suscettibili di conseguenze anche catastrofiche: si pensi a eventuali collisioni, manovre erronee, attentati terroristici, incendi, sversamento e combustione di carburanti, che provocherebbero danni incalcolabili. Infine, oltre alla necessità di assicurare la tutela e l’integrità del patrimonio storico e artistico, le dimensioni e le caratteristiche di natanti dalle grandi dimensioni appaiono scarsamente compatibili con l'esigenza di non danneggiare la prospettiva e la luce o le condizioni di ambiente e di decoro di vie d’acqua dichiarate di interesse culturale o monumento nazionale.

Si ricorda che il tema del transito delle Grandi Navi da Crociera è stato oggetto di ampio dibattito a partire dall'adozione del decreto interministeriale n. 79 del 2 marzo 2012 (cosiddetto decreto "Clini-Passera") che aveva previsto l'estromissione dal passaggio attraverso il bacino di San Marco - Canale della Giudecca delle navi con stazza superiore alle 40.000 tonnellate, una volta individuata una via alternativa praticabile per raggiungere la Stazione Marittima. Nel settembre 2017, l'Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Settentrionale aveva predisposto e inviato al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti un'analisi con delle alternative per la crocieristica a Venezia tenendo conto delle condizioni di fattibilità dei progetti e della loro sostenibilità economica in relazione ad un'analisi dell'andamento del mercato crocieristico. Tali documenti sono stati successivamente esaminati e discussi nell'ambito del Comitato Interministeriale di Indirizzo, Coordinamento e Controllo per la salvaguardia di Venezia di cui alla legge n. 798 del 1984 (cosiddetto Comitatone). Nel corso del 2018 il Ministero alle infrastrutture e trasporti ha richiesto all'Autorità di Sistema Portuale di trasmettere una serie di proposte alternative, a seguito delle quali è stato chiesto di sviluppare uno studio di fattibilità per due ipotesi alternative relative alle seguenti localizzazioni di un terminal crociere dedicato. Nel mese di dicembre 2018, infine, l'Autorità di Sistema Portuale ha trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la descrizione delle tredici alternative localizzative per la realizzazione del nuovo terminal crociere.

Per ulteriori approfondimenti circa gli interventi e le disposizioni per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna nel corso degli anni si veda anche il dossier predisposto su alcune proposte di legge in materia (A.C. 1428 e A.C. 2358), presentate nella corrente legislatura.

 

A seguito delle proposte di modifica approvate dalle Commissioni riunite (identici emendamenti 1.9, testo 2 e1.10 testo 2) il comma 3 dell'articolo 1 istituisce, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, un fondo con una dotazione di euro 35 milioni per l'anno 2021 e di euro 22,5 milioni per l'anno 2022, avente le seguenti finalità:

a) erogare, nel limite complessivo di euro 30 milioni per l'anno 2021, contributi in favore delle compagnie di navigazione, che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, abbiano già comunicato l'effettuazione a far data dal 1° agosto 2021 di transiti nelle vie d'acqua citate nel comma 2, in relazione agli eventuali maggiori costi sostenuti per la riprogrammazione delle rotte e per i rimborsi riconosciuti ai passeggeri che abbiano rinunciato al viaggio per effetto della riprogrammazione delle rotte, qualora non indennizzabili sulla base di eventuali contratti di assicurazione;

b) erogare, nel limite complessivo di euro 5 milioni per l'anno 2021 e di euro 20 milioni per l'anno 2022, contributi in favore del gestore dei terminal di approdo interessati dal divieto di transito di cui al comma 2 e dei soggetti esercenti i servizi connessi all'attività dei medesimi terminal;

 

La relazione tecnica ai fini della quantificazione degli oneri di cui alla lettera a), ha considerato le seguenti ipotesi, anche sulla base dei dati forniti dalle maggiori compagnie di navigazione crocieristica operanti presso il terminal passeggeri di Venezia. In particolare, nel periodo compreso tra il 1° agosto 2021 e il 31 dicembre 2021 sono state stimate 55 crociere, con una media passeggeri per singola crociera pari a 2.083 unità. Tenuto conto del numero di passeggeri complessivi stimati (114.583 unità) è stata considerata una percentuale di prenotazioni già effettuate, alla data di entrata in vigore del decreto – legge, pari al 56%. Al contempo, in considerazione del divieto di transito nella laguna di Venezia previsto dall’articolo 1, comma 2, è stato stimato un tasso di cancellazione pari al 15% dei passeggeri che hanno già effettuato la prenotazione. Inoltre, ai fini della stima complessiva si è provveduto a tener conto: a) delle iniziative di natura commerciale poste in essere dalle compagnie di navigazione crocieristica al fine di ridurre il tasso di cancellazione delle prenotazioni già effettuate ed incentivare le prenotazioni relative alle crociere già programmate, consistenti nel riconoscimento di uno sconto di circa 80 euro per ciascun passeggero; b) i maggiori costi (costo del terminal aggiuntivo ed extra security, gestione dei bagagli dei passeggeri in arrivo ed in partenza da Venezia, trasporto da e per Venezia dei passeggeri imbarcati) che le compagnie di navigazione crocieristica saranno chiamate a sostenere per l’attracco delle navi in altri porti ubicati in prossimità della città di Venezia (Porto di 2 Monfalcone o Porto di Trieste) e quantificati mediamente in circa 135 mila euro per singola nave.

Ai fini della quantificazione degli oneri di cui alla lettera b), stimati in 5 milioni per l’anno 2021 e in euro 20 milioni per l'anno 2022, è stata considerata, relativamente all’anno 2021, la cancellazione di tutte le navi interessate dal divieto di cui all’articolo 1, comma 2, di cui era previsto l’arrivo presso il terminal passeggeri di Venezia fino al termine della stagione crocieristica. Relativamente all’anno 2022, sono state considerate circa 248 navi in arrivo presso il terminal passeggeri di Venezia (con una riduzione, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, del 40% rispetto ai valori del 2019), stimando, in considerazione del divieto di cui all’articolo 1, comma 2, la cancellazione di 128 navi e l’approdo presso il porto di Marghera di 120 navi, da gestire con la c.d. modalità Redentore (trasporto via terra o via mare del passeggeri presso la stazione marittima di Venezia).

 

Il comma 4, in base alle proposte di modifica approvate dalle Commissioni riunite con gli identici emendamenti 1.18 (testo3), 1.20 (testo3), 1.26 (testo 2) 1.12 (testo 3), 1.19 (testo 2) e 1.21 (testo 2) incrementa di 5 milioni di euro per l'anno 2021 e di 10 milioni di euro per l'anno 2022 il Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

 

Lo scopo dell'intervento è quello di assicurare un sostegno economico al reddito, ove non sia possibile fare ricorso agli strumenti già previsti a legislazione vigente, dei lavoratori impiegati:

 

L’articolo 18, comma 7 della legge n. 84 del 1994, prevede che in ciascun porto l'impresa concessionaria di un'area demaniale deve esercitare direttamente l'attività per la quale ha ottenuto la concessione, non può essere al tempo stesso concessionaria di altra area demaniale nello stesso porto, a meno che l'attività per la quale richiede una nuova concessione sia differente da quella di cui alle concessioni già esistenti nella stessa area demaniale, e non può svolgere attività portuali in spazi diversi da quelli che le sono stati assegnati in concessione. Su motivata richiesta dell'impresa concessionaria, l'autorità concedente può autorizzare l'affidamento ad altre imprese portuali, autorizzate ai sensi dell'articolo 16, dell'esercizio di alcune attività comprese nel ciclo operativo.

 

Si tratta dei servizi tecnico-nautici di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio.

 

 

Si tratta di concessionari di beni del demanio e di zone di mare territoriale;

 

 

Si fa riferimento ai soggetti che esercitano un'attività nell'interno dei porti ed in genere nell'ambito del demanio marittimo.

 

 

Si tratta delle imprese che esercitano servizi portuali che richiedono impiego di navi e galleggianti addette al servizio del porto.

 

 

Si fa riferimento ai raccomandatari marittimi la cui attività è disciplinata dalla legge 4 aprile 1977, n. 135.

 

Per quanto riguarda le ultime tre categorie si fa riferimento alle imprese le cui attività siano connesse al transito delle navi nelle vie urbane d'acqua di cui al comma 2.

Si rimette ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in commento, la definizione dei criteri e delle modalità di utilizzo delle risorse di cui al presente comma che, in ogni caso, costituiscono limite di spesa.

 

Il porto di Venezia rappresenta uno degli snodi cardine della portualità Nord adriatica e nazionale, con una dotazione infrastrutturale di circa 1.500 ettari di aree operative portuali e industriali, servite da 12 chilometri di banchine, raggiungibili da navi con pescaggi fino a -11,5 m, tutte dotate di raccordi stradali e di 45 km di rete ferroviaria di manovra. Alcuni dati sintetici di traffico sono stati forniti nel corso dell'audizione del Presidente della Regione Veneto, svolta dinnanzi alla Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati il 31 luglio 2019: la movimentazione complessiva del Porto di Venezia è stata di circa 26,49 milioni di tonnellate al 2018, pari al 5,39% del totale nazionale, mentre il porto di Chioggia ha movimentato circa 1,01 milioni di tonnellate, pari allo 0,21% del totale nazionale. Per quanto riguarda il dettaglio delle tipologie merceologiche, Venezia è il sesto porto italiano per rinfuse liquide (9,36 milioni di tonnellate al 2018), il terzo in Italia per rinfuse solide (7,38 milioni di tonnellate al 2018) e l'ottavo per merci general cargo (9,75 milioni di tonnellate al 2018); in quest'ultima categoria, in particolare, è il quarto porto italiano per container movimentati (circa 632.000 twenty-foot equivalent unit -TEU - al 2018). Gli addetti che operano a vario titolo nel porto di Venezia sono più di 13.000. Oltre alla tradizionale vocazione logistica, una peculiarità veneziana è costituita 10 dall'essere "home port" crocieristico. Il porto, sempre secondo i dati forniti nella citata audizione, può accogliere fino a 10 navi da crociera contemporaneamente, grazie a 3,5 chilometri di banchine dedicate, 290.000 metri quadrati di superficie complessiva, 10 terminal croceristi e 11 accosti complessivi.

Il comma 5 dispone che la competente Autorità di Sistema Portuale può procedere, nel rispetto della normativa europea, alla revisione del predetto piano economico finanziario della concessione rilasciata al gestore di cui alla lettera b) del comma 3, tenendo conto dei contributi riconosciuti ai sensi della predetta lettera b) del comma 3 e ferma restando la sostenibilità di tale revisione per gli equilibri di bilancio dell'Autorità di sistema portuale.

Ove necessario per il riequilibrio, la revisione della concessione potrà prevedere la proroga della sua durata e la riduzione, rateizzazione o rimodulazione del canone concessorio.

Lo scopo dell'intervento è quello di sostenere l'equilibrio del piano in relazione alle misure di cui all'articolo appena commentato.

 

Il comma 6 rinvia ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro del turismo, da adottare entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la definizione delle modalità per l'erogazione dei contributi previsti dal comma 3. Tale decreto tiene conto anche dei costi cessanti e dei minori costi di esercizio.

 

In base al comma 7 e alle proposte di modifica presentate dalle Commissioni riunite a seguito dell'approvazione delle identiche proposte emendative gli identici emendamenti 1.18 (testo3), 1.20 (testo3), 1.26 (testo 2) 1.12 (testo 3), 1.19 (testo 2) e 1.21 (testo 2) alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'articolo in commento pari a 40 milioni per l'anno 2021 e a 30 milioni per l'anno 2022, rinviando a quanto previsto ai sensi dell'articolo 5.


Articolo 2
(Commissario Straordinario compiti per l'attuazione dell'articolo 3 del decreto-legge n. 45 del 2021 e ulteriori interventi complementari per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna)

 

 

L’articolo 2, a seguito delle proposte di modifica approvate dalle Commissioni riunite, individua un commissario straordinario, nella persona del Presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale, per la realizzazione degli interventi necessari in ragione del divieto di transito delle grandi navi nelle zone sensibili della laguna individuate all’articolo 1, definendo il regime giuridico cui è assoggettato, i poteri ad esso attribuiti nonché le modalità di computo dei compensi degli eventuali subcommissari. rimettendo ad un decreto ministeriale la fissazione dei termini e delle attività connesse alla realizzazione degli interventi.

 

In particolare l'articolo 2, comma 1, dispone che il Presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale di Venezia sia nominato Commissario straordinario, con il compito di procedere alla progettazione, all'affidamento e all'esecuzione degli interventi di seguito elencati.

 

a) realizzazione di punti di attracco temporanei non superiori a cinque nell'area di Marghera destinati anche alle navi adibite al trasporto passeggeri di stazza lorda pari o superiore a 25.000 GT;

b) manutenzione dei canali esistenti;

c) interventi accessori per il miglioramento dell'accessibilità nautica e della sicurezza della navigazione.

 

In base a quanto previsto dalle identiche proposte emendative 2.2 (testo 3), 2.4 (testo 3), 2.3 (testo 4), 2.6 (testo 3), 2.9 (testo 3), 2.16 (testo 3), 2.19 (testo 3) 2.5 (testo 2), 2. 18 (testo 3) e 2.20 (testo 2), approvate dalle Commissioni riunite, l'esecuzione degli interventi dovrà avvenire previa valutazione di impatto ambientale, secondo quanto previsto dalla normativa in materia garantendone la coerenza con le indicazioni del Piano Morfologico Ambientale della Laguna di Venezia. Inoltre, in base a quanto previsto dalla proposta 2.21 (testo 3), approvata dalle Commissioni riunite, il Commissario straordinario può promuovere degli studi idrogeologici, geomorfologici e archeologici volti alla salvaguardia di Venezia e della sua Laguna, qualora nell'attuazione degli interventi previsti dall'articolo in esame, il Commissario verifichi annualmente eventuali disponibilità finanziarie rispetto alle risorse assegnate di cui al comma 5.

 

Viene inoltre fatto salvo quanto previsto dall'articolo 3 del decreto-legge 1 aprile 2021, n. 45, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2021, n. 75.

 

Si ricorda che l'art. 3 del D.L. n. 45 del 2021 ha disposto che l'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Settentrionale procedesse, entro 60 giorni, all'esperimento di un concorso di idee articolato in due fasi, secondo quanto previsto dal codice dei contratti pubblici, al fine di acquisire proposte ideative e progetti di fattibilità tecnica ed economica volti a contemperare lo svolgimento dell'attività croceristica nel territorio di Venezia e della sua laguna al fine di salvaguardare l'unicità e le eccellenze del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale di tale territorio. In particolare, il comma 1 ha previsto che l'elaborazione delle proposte ideative dei progetti di fattibilità e riguardi la realizzazione e la gestione dei punti di attracco fuori dalle acque protette della laguna di Venezia utilizzabili dalle navi che sono adibite al trasporto passeggeri e che abbiano una stazza lorda superiore a 40.000 tonnellate nonché delle navi portacontenitori adibite a trasporti transoceanici.

Il bando per il "concorso di idee", è stato pubblicato il 29 giugno 2021 dall'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale. Il bando prevede che le proposte ed i progetti debbano rispettare i seguenti requisiti:

- garantire l'operatività e la sicurezza della navigazione anche in condizioni meteo-marine avverse e garantire la sostenibilità dal punto di vista ambientale, energetico e paesaggistico;

- prevedere il collegamento ai nodi di interscambio terrestri e alle reti TEN-T;

- garantire l'accoglienza di servizi transoceanici container (porto Gateway e transhipment) e per la crocieristica (Home Port).

Il bando specifica, inoltre, che l'opera portuale deve essere ideata e costruita fuori dalle acque protette della Laguna, cioè le aree esterne alla conterminazione lagunare di fronte all'arco costiero regionale veneto e non oltre le acque territoriali nazionali.

In base a quanto comunicato dall'AdSP, la call internazionale si articola in due fasi: la prima si concluderà entro il 31 dicembre del 2021 e prevede la presentazione delle proposte ideative. Al termine di questo periodo l'AdSP nominerà una commissione composta da cinque esperti con comprovata esperienza in ingegneria dei trasporti, nelle opere portuali, ed in generale nelle infrastrutture, nei trasporti e nell'economia dei trasporti, che selezionerà le prime tre proposte ideative per la seconda fase in cui dovranno essere elaborate le progettazioni di fattibilità tecnica ed economica. La seconda fase avrà termine il 31 dicembre del 2022, ed entro il 30 giugno 2023, la commissione nominerà il progetto vincitore tra le tre proposte progettuali.
Il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili riconoscerà un rimborso spese, di importo complessivo di 2 milioni e 200 mila euro da ripartirsi tra i tre soggetti che completeranno la progettazione di fattibilità tecnica ed economica.

Sono ammesse a prendere parte al bando internazionale tutte le società di progettazione, anche in forma di aggregazione temporanea di impresa (ATI), che abbiano registrato un fatturato di almeno 10 milioni di euro negli ultimi 3 anni e che dimostrino di aver progettato opere dal valore minimo di 500 milioni di euro negli ultimi 10 anni di esercizio.

 

La nomina avviene ai sensi e per gli effetti dell'articolo 4, commi da 1 a 4, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, che ha previsto la nomina di Commissari straordinari per gli interventi infrastrutturali caratterizzati da un elevato grado di complessità progettuale, una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, una complessità delle procedure tecnico - amministrative ovvero che comportino un rilevante impatto sul tessuto socio - economico a livello nazionale, regionale o locale, ed i relativi interventi sostitutivi e responsabilità erariali.

In sintesi, sull’insieme degli strumenti programmatori volti ad individuare le opere infrastrutturali per la cui realizzazione si ritengono necessarie procedure acceleratorie in ragione della loro rilevanza è intervenuto l’art. 4, commi 1-5, del D.L. 32/2019 (cd. Decreto “sblocca cantieri”), come modificato dall’art. 9 del D.L. 76/2020 (cd. decreto semplificazioni), che ha introdotto una procedura a termine (in quanto valida non oltre il 30 giugno 2021, ora differita al 31 dicembre 2021 da una modifica introdotta alla Camera all’art. 52 del D.L 77/2021 nel corso della conversione in legge del decreto) per l’individuazione – con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e previa intesa con il presidente della Regione interessata in caso di opere di rilevanza esclusivamente regionale o locale di interventi infrastrutturali per la cui realizzazione o il cui completamento si rende necessaria la nomina di uno o più Commissari straordinari in quanto caratterizzati:  da un elevato grado di complessità progettuale; da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa; da complessità delle procedure tecnico-amministrative; ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio-economico a livello nazionale, regionale o locale. La facoltà concessa dal comma 1 dell’art. 4 del D.L. 32/2019 di individuare interventi da commissariare è stata utilizzata ai fini dell’adozione: del D.P.C.M. 9 giugno 2020, relativo alla ricostruzione del Viadotto di Albiano sul fiume Magra tra le province di La Spezia e Massa Carrara (corrispondente all’atto del Governo n. 173, su cui l’VIII Commissione ha espresso il proprio parere nella seduta del 13 maggio 2020); del D.P.C.M. che ha portato alla nomina di 29 commissari straordinari a cui sono state affidate 57 opere per un valore complessivo di circa 83 miliardi di euro. Con l’Atto del Governo 262 è stato presentato un ulteriore schema di DPCM per la realizzazione di altri interventi con la relativa nomina dei commissari straordinari preposti, su cui le Commissioni VIII (Ambiente) e IX (Trasporti) della Camera hanno espresso il parere nella seduta del 15 luglio 2021.

In merito ai poteri attribuiti ai commissari, il comma 3 dell’art. 4 del D.L. 32/2019 prevede l’assunzione diretta delle funzioni di stazione appaltante e le deroghe alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici, fatto salvo le disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, ivi inclusi quelli derivanti dalle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE, e delle disposizioni in materia di subappalto.

 

Il comma 2 prevede che per lo svolgimento delle attività qui elencate, al Commissario straordinario non spetti alcun compenso, gettone di presenza, indennità comunque denominata o rimborso di spese.

 

In base a quanto previsto dalle identiche proposte emendative 2.28 (testo 3) e 2.33 (testo 4), approvate dalle Commissioni riunite il Commissario straordinario dovrà inviare al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, entro il 31 marzo 2022 e, successivamente, con cadenza semestrale, una relazione in ordine agli interventi di cui al comma 1. La relazione in questione dovrò, quindi, essere trasmessa alle Camere da parte del Ministro competente.

 

Il comma 3 dispone che il Commissario straordinario, al fine di assicurare la celere realizzazione degli interventi di cui al comma 1, con proprio provvedimento possa:

 

Si prevede altresì che resti fermo quanto previsto dai commi 2 e 4 dell'articolo 4 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32.

 

Si tratta delle disposizioni che prevedono tra l'altro che i Commissari straordinari, individuabili anche nell'ambito delle società a controllo pubblico, cui spetta l'assunzione di ogni determinazione ritenuta necessaria per l'avvio ovvero la prosecuzione dei lavori, anche sospesi, provvedano all'eventuale rielaborazione e approvazione dei progetti non ancora appaltati, operando in raccordo con i Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, anche mediante specifici protocolli operativi per l'applicazione delle migliori pratiche (comma 2) e che trasmettano al Comitato interministeriale per la programmazione economica, per il tramite del Ministero competente, i progetti approvati, il relativo quadro economico, il cronoprogramma dei lavori e il relativo stato di avanzamento, segnalando altresì semestralmente eventuali anomalie e significativi scostamenti rispetto ai termini fissati nel cronoprogramma di realizzazione delle opere, anche ai fini della valutazione di definanziamento degli interventi.

 

In base a quanto previsto dalla proposta 2.29 (testo 2), approvata dalle Commissioni riunite, qualora la realizzazione degli interventi di cui al comma 1 comporti la necessità di una variante al piano regolatore portuale, l'approvazione dei progetti da parte del Commissario straordinario, d'intesa con il Presidente della regione Veneto, ha effetto di variante.

 

Il comma 4 rinvia ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili adottato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Regione Veneto (proposta emendativa dei relatori 2.100) entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, la fissazione dei termini e delle attività connesse alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1, nonché una quota percentuale del quadro economico degli interventi da realizzare eventualmente da destinare alle spese di supporto tecnico.

Si prevede che per il supporto tecnico e le attività connesse alla realizzazione di detti interventi, il Commissario si possa avvalere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di strutture dell'amministrazione centrale o territoriale interessata, nonché di società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, dalle Regioni o da altri soggetti di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, i cui oneri sono posti a carico dei quadri economici degli interventi da realizzare nell'ambito della percentuale di cui al primo periodo.

Il Commissario straordinario può nominare fino a due sub-commissari.

L'eventuale compenso del sub commissario da determinarsi in misura non superiore a quella indicata all'articolo 15, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è posto a carico del quadro economico dell'intervento da realizzare, nell'ambito della quota percentuale di cui al primo periodo. I quadri economici di cui al comma in commento sono desumibili dal sistema di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229.

 

L’articolo 15, comma 3, del decreto-legge n. 98 del 2011 prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2012, il compenso dei commissari o sub commissari 2 è composto da una parte fissa e da una parte variabile. La parte fissa non può superare 50 mila euro, annui; la parte variabile, strettamente correlata al raggiungimento degli obiettivi ed al rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi ricadenti nell'oggetto dell'incarico commissariale, non può superare 50 mila euro annui.

Il decreto legislativo n. 229 del 2011 prevede, all’articolo 1, che le Amministrazioni pubbliche che realizzano opere pubbliche sono tenute a detenere ed alimentare un sistema gestionale informatizzato contenente le informazioni anagrafiche, finanziarie, fisiche e procedurali relative alla pianificazione e programmazione delle opere e dei relativi interventi, nonché all'affidamento ed allo stato di attuazione di tali opere ed interventi, a partire dallo stanziamento iscritto in bilancio fino ai dati dei costi complessivi effettivamente sostenuti in relazione allo stato di avanzamento delle opere; detenere ed alimentare un sistema informatizzato di registrazione e conservazione dei dati contabili relativi a ciascuna transazione posta in essere per la realizzazione delle opere ed interventi, idoneo ad assicurare la relativa evidenza e tracciabilità; (…) garantire che, nell'ambito dei sistemi di cui al presente articolo, l'opera sia corredata, ai fini dell'ottenimento dei relativi finanziamenti pubblici, del Codice unico di progetto (CUP) che deve figurare già nella fase di presentazione ed in tutte le successive transazioni.

 

Si segnala, inoltre, che in base alle identiche proposte 2.32 (testo 2) e 2.17 (testo 2), approvate dalle Commissioni riunite, l'aggiornamento del Piano morfologico e ambientale della Laguna di Venezia è approvato entro il 31 dicembre del 2021.

 

Il comma 5 quantifica gli oneri derivanti dall'articolo in commento, pari a 157 milioni di euro, così suddivisi: 2 milioni di euro per l'anno 2021, 8 milioni di euro per l'anno 2022, 15 milioni di euro per l'anno 2023, 42 milioni di euro per l'anno 2024, 55 milioni di euro per l'anno 2025 e 35 milioni di euro per l'anno 2026, rinviando all'articolo 5 per la copertura degli stessi.

 

La relazione tecnica precisa che i costi sono così ripartiti: Ormeggi temporanei nel Porto di Marghera: 2 milioni di euro; Attrezzamento temporaneo della Banchina sul Canale Industriale Nord, Sponda Nord per 1 nave da 340 mt: 13 milioni di euro; Realizzazione di due accosti per navi di lunghezza fino a 340 mt e realizzazione di un terminal passeggeri presso Canale Nord: 62 milioni di euro; Interventi di manutenzione dei canali esistenti finalizzati al transito delle navi da crociera lungo il Canale Malamocco-Marghera, agli ormeggi temporanei di Porto Marghera e all’accesso alla odierna Stazione Marittima: 65 milioni di euro; Opere accessorie finalizzate al miglioramento della navigabilità ed acquisizioni aree: 15 milioni di euro.


Articolo 2-bis (em. 2.0.4 (testo 3))
(Credito di imposta in favore delle attività di trasporto passeggeri con navi minori in acque lagunari)

 

 

 

L'articolo 2-bis, il cui inserimento nel testo viene proposto dalle Commissioni riunite a seguito dell'approvazione dell'emendamento 2.0.4 (testo 3), prevede un credito d'imposta, per l'anno 2022, in favore delle imprese che svolgono attività di trasporto di passeggeri con navi minori in acque lagunari.

Il credito in questione è individuato in una percentuale pari al 60 per cento dell'ammontare del canone annuale dovuto per le concessioni medesime.

 

In particolare il comma 1, nel definire la suddetta percentuale del 60 per cento, precisa che il credito d'imposta previsto a favore delle imprese concessionarie di beni del demanio marittimo e della navigazione interna, funzionali all'esercizio dell'attività di trasporto di passeggeri con navi minori in acque lagunari, viene riconosciuto al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

Il comma 2, tenendo conto delle osservazioni espresse dalla Commissione Bilancio nel proprio parere, stabilisce che il credito d'imposta, così come individuato dal comma 1, è utilizzabile esclusivamente in compensazione in un'unica quota annuale e che l'eventuale quota residua non è riportabile agli anni successivi.

 

Il comma 3 precisa che il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.

 

Il comma 4, infine, rimanda ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l'individuazione dei criteri e delle modalità di applicazione del presente credito d'imposta.

 

Il comma 5 precisa che le disposizioni in questione si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previste dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato, mentre il comma 6 reca la copertura finanziaria.

 

 


Articolo 3, commi da 1 a 4
(Trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19 per alcune imprese)

 

 

I commi 1 e 4 dell'articolo 3 prevedono la possibilità di riconoscimento di ulteriori settimane di trattamento ordinario di integrazione salariale con causale COVID-19 per alcune imprese industriali; la possibilità è ammessa per una durata massima di tredici settimane, fruibili fino al 31 dicembre 2021, e nel limite complessivo di spesa di 21,4 milioni di euro per il 2021. La nuova possibilità concerne le imprese con un numero di lavoratori dipendenti non inferiore a mille e che gestiscano almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale. Per i datori di lavoro che presentino la domanda per la nuova prestazione, i commi 2 e 3 prevedono, fino al termine del periodo di relativa fruizione, fatte salve alcune fattispecie, l'esclusione sia dell'avvio di nuove procedure di licenziamento collettivo sia della possibilità di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo. Alla copertura dell'onere corrispondente al suddetto limite di spesa si provvede (comma 4 citato) riducendo in misura corrispondente (sempre per il 2021) il Fondo sociale per occupazione e formazione[1].

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[2] indica che l'intervento normativo di cui ai commi in esame è stato adottato al fine di consentire il riconoscimento dei trattamenti in esame a circa "4.000 lavoratori dipendenti da ILVA-Arcelor Mittal".

Riguardo alla nozione di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, il comma 1 fa rinvio alla disciplina di cui all'articolo 1 del D.L. 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 dicembre 2012, n. 231, e successive modificazioni, il quale prevede che, secondo i criteri ivi posti, il riconoscimento dell'interesse suddetto sia operato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Si ricorda che per i trattamenti ordinari di integrazione salariale con causale COVID-19 non è dovuto (da parte del datore di lavoro) alcun contributo addizionale[3].

Si valuti l'opportunità di chiarire se, per la disciplina sulle modalità di presentazione delle domande per il trattamento in oggetto e sulle modalità di erogazione del medesimo, trovino applicazione le norme di cui all'articolo 8, commi 3, 4, 5 e 6, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69, le quali disciplinano i suddetti profili, con riferimento a precedenti periodi di trattamento ordinario di integrazione salariale con causale COVID-19.

 

Si ricorda che, ai sensi del comma 3 del suddetto articolo 8 del D.L. n. 41, la domanda deve essere presentata all’INPS[4], a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui abbia avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa.

Il successivo comma 6 prevede che la prestazione possa essere chiesta sia nella forma del pagamento diretto dall'INPS al dipendente sia nella forma dell'anticipo da parte del datore di lavoro. Nel caso di pagamento diretto, si prevede (commi 4 e 6) la possibilità di richiesta (nell'ambito della domanda da parte del datore di lavoro di accesso al trattamento) di un'anticipazione pari al 40 per cento delle ore autorizzate nell'intero periodo - anticipazione che l’INPS dispone entro quindici giorni dal ricevimento della domanda (la quale, in tal caso, deve contenere i dati essenziali per il calcolo e l'erogazione dell'anticipazione medesima)[5] -.

Sia per il caso di pagamento diretto dall'INPS al dipendente sia per il caso di anticipazione da parte del datore di lavoro, il comma 5 (dello stesso articolo 8) prevede che i dati necessari per il calcolo (o per il saldo) della prestazione, nonché per l'accredito della relativa contribuzione figurativa, siano trasmessi nell'ambito delle denunce mensili (concernenti le retribuzioni e le relative contribuzioni) che il datore di lavoro deve rendere all'INPS (cosiddette denunce UNIEMENS)[6].

In caso di pagamento diretto della prestazione al dipendente da parte dell’INPS, il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui sia collocato il periodo di integrazione salariale[7], ovvero, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione (comma 4).

 

In base al comma 4 del presente articolo 3, l'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del suddetto limite di spesa; qualora dal monitoraggio emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del limite, l'INPS non prende in considerazione ulteriore domande.

Riguardo alla copertura finanziaria dell'onere corrispondente al limite di spesa, cfr. supra.

Riguardo alle esclusioni - poste dai commi 2 e 3 del presente articolo 3 -delle possibilità di licenziamento, in relazione alla domanda del trattamento di cui al comma 1 ed al periodo di relativa fruizione, si rileva, in dettaglio, che il comma 2:

-        preclude l’avvio delle procedure relative ai licenziamenti collettivi (disciplinati ai sensi degli artt. 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223[8]: cfr. infra, scheda sull’istituto del licenziamento collettivo); non si prevede, invece, la sospensione di procedure già pendenti;

-        preclude, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, di cui all’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604[9], e dispone che restino altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge[10].

Ai sensi del comma 3 del presente articolo 3, infine, le preclusioni e le sospensioni di cui al comma 2 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati:

-        dal venir meno del soggetto imprenditoriale: a) per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, oppure per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività (sempre che nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art. 2112 del codice civile); b) in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nei casi in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;

-        nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione  del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo: a detti lavoratori è comunque riconosciuta l’indennità di disoccupazione (NASpI), ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22[11].

 

L’istituto del licenziamento collettivo (che non trova applicazione nei confronti dei dirigenti) è disciplinato principalmente dall’articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività. L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia. La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. È sempre obbligatoria la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata ed il ridimensionamento dei dipendenti (Cass., 4 dicembre 1998, n. 12297), nonché un nesso di congruità tra gli stessi (cioè una piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti). Spetta al datore di lavoro provare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza-lavoro, attraverso la mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o l’assenza di ulteriori assunzioni. Si ricorda che la procedura stabilita per il licenziamento collettivo è applicata anche alle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento. La procedura è contenuta nell’articolo 4 della L. 223/1991, che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (identica in caso di licenziamenti collettivi). In particolare, tale procedura può essere avviata dall’impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma – che l’impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale – ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1). La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. Sindacale e in una fase cd. Amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento.

 


Articolo 3, comma 4-bis (em. 3.1 (testo 2) e identici)
(Disposizioni sulla società ILVA S.p.A. e sulla produzione di preridotto)

 

 

Gli emendamenti identici 3.1 (testo 2), 3.2 (testo 2) e 3.0.1 (testo 3), approvati in sede referente, propongono l’introduzione di un nuovo comma 4-bis all’articolo 3.

Le disposizioni in esame autorizzano l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. - Invitalia a sottoscrivere ulteriori apporti di capitale e ad erogare finanziamenti in conto soci, nel limite massimo di 705 milioni di euro, per assicurare la continuità del funzionamento produttivo dell'impianto siderurgico di Taranto della società ILVA S.p.A.

Inoltre, Invitalia S.p.A. viene autorizzata alla costituzione di una società, con capitale sociale determinato nell'ambito di un limite massimo pari a 70 milioni di euro, al fine di condurre le analisi di fattibilità finalizzate alla realizzazione e alla gestione di un impianto per la produzione del cosiddetto preridotto.

 

Il comma 4-bis in esame introduce i nuovi commi 1-ter e 1-quater nell’articolo 1 del decreto-legge n. 142 del 2019 (come convertito dalla legge n. 5 del 2020).

Il comma 1-ter, come accennato, autorizza Invitalia S.p.A. a sottoscrivere ulteriori apporti di capitale e ad erogare finanziamenti in conto soci, nel limite massimo di 705 milioni di euro, per assicurare la continuità del funzionamento produttivo dell'impianto siderurgico di Taranto della società ILVA S.p.A. Il medesimo comma opera un richiamo alla qualificazione dell'impianto siderurgico in questione come "stabilimento di interesse strategico nazionale", ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 207 del 2012 (come convertito dalla legge n. 231 del 2012)[12].

Il nuovo comma 1-ter specifica, inoltre, che gli accordi sottoscritti da Invitalia S.p.A., aventi ad oggetto (ai sensi del medesimo comma) i suddetti ulteriori apporti di capitale o i finanziamenti in conto soci, rientrano tra le operazioni finanziarie - inclusa la partecipazione diretta o indiretta al capitale - a sostegno delle imprese e dell'occupazione, di cui all’articolo 1, comma 1, del citato decreto-legge n. 142 del 2019 (riguardo a tale comma, cfr. l'ultima parte della presente scheda).

All'onere derivante dal comma 1-ter, corrispondente al suddetto limite massimo di 705 milioni di euro, si provvede (ai sensi del medesimo comma) mediante utilizzo di una quota delle risorse disponibili in conto residui di cui all'articolo 79, commi 4 e 7, del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito dalla legge n. 27 del 2020 - nel testo sostituito dall'articolo 202, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020, "decreto rilancio", convertito dalla legge n. 77 del 2020 -. Queste ultime risorse, nella disciplina finora vigente, sono relative alla costituzione di una società di trasporto aereo, controllata direttamente dallo Stato o da una società a prevalente partecipazione pubblica, anche indiretta.

Si ricorda che il comma 1 dell’articolo 202, richiamato dalle disposizioni in esame, novella l’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020, dettando una nuova disciplina concernente la costituzione di una società di trasporto aereo, controllata direttamente dallo Stato o da una società a prevalente partecipazione pubblica, anche indiretta.

In particolare, il comma 4 dell'articolo 79, come novellato dal citato articolo 202, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020, autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze a partecipare, anche tramite società a prevalente partecipazione pubblica (anche indiretta), al capitale sociale e a rafforzare la dotazione patrimoniale della nuova società, con un apporto complessivo di 3.000 milioni di euro, da sottoscrivere e versare anche in più fasi e per successivi aumenti di capitale o della dotazione patrimoniale. Il comma 7 dello stesso articolo 79, nel testo novellato dal citato articolo 202, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020, stabilisce che, per l'attuazione delle norme suddette, è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo, con dotazione di 3.000 milioni di euro per l'anno 2020 - importo corrispondente all'autorizzazione suddetta -[13].

 

Il comma 1-ter in esame esplicita, inoltre, che per le risorse in oggetto - le quali, come detto, sono iscritte in conto residui - resta ferma l'applicazione della disciplina generale sui limiti temporali di possibilità di mantenimento in bilancio dei residui passivi, disciplina di cui all'articolo 34-bis della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009).

Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio, anche nel conto dei residui.

 

Il nuovo comma 1-quater, come accennato, autorizza Invitalia S.p.A. a costituire una società avente lo scopo di condurre le analisi di fattibilità, sotto il profilo industriale, ambientale, economico e finanziario, finalizzate alla realizzazione e alla gestione di un impianto per la produzione del cosiddetto preridotto (direct reduced iron). 

Il "preridotto" è un semilavorato siderurgico contenente prevalentemente ferro metallico ottenuto a partire da pellets (palline) di minerale ferroso, trattate per mezzo di monossido di carbonio (CO) e idrogeno (H2). Il "preridotto" è prodotto mediante processi a basso impatto ambientale, in quanto essi si basano sull’utilizzo del gas naturale e non implicano il consumo o il trattamento di carbon fossile. Al riguardo, si veda la documentazione depositata in occasione dell'audizione del professor Carlo Mapelli, tenuta il 12 novembre 2014 presso la 10ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo) del Senato, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul Gruppo Ilva nel quadro della siderurgia e dell'industria italiana (indagine conoscitiva svolta nel corso della XVII legislatura).

 

Alla società in questione non si applica la disciplina sulle società a partecipazione pubblica, posta dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016.

Il capitale sociale è determinato nell'ambito di un limite massimo pari a 70 milioni di euro. Esso è interamente sottoscritto e versato da Invitalia S.p.A., anche in più soluzioni, in relazione all'evoluzione dello stato di avanzamento delle analisi di fattibilità (funzionali alla realizzazione e alla gestione del suddetto impianto). A tale scopo, la disposizione demanda ad uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze l'assegnazione in favore di Invitalia S.p.A. di somme fino al limite di 70 milioni.

All'onere, corrispondente al suddetto limite massimo di spesa, si provvede a valere sulle risorse di cui al citato articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 142 del 2019.

Si ricorda che l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 142 demanda a decreti del Ministro dell'economia e delle finanze l'assegnazione (fino a 900 milioni di euro per il 2020) di contributi in conto capitale a Invitalia S.p.A. per: il rafforzamento patrimoniale della società Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale (MCC) S.p.A. (tali risorse mirano a consentire a MCC la promozione di attività finanziarie e di investimento, a sostegno delle imprese, anche mediante l'acquisizione di partecipazioni nel capitale di banche e società finanziarie); l'adozione di iniziative strategiche, da realizzarsi mediante operazioni finanziarie, inclusa la partecipazione diretta o indiretta al capitale, a sostegno delle imprese e dell'occupazione, anche nel Mezzogiorno.

 

Si segnala, infine, che gli emendamenti identici in esame propongono un'integrazione della rubrica dell'articolo 3 del decreto-legge in conversione, aggiungendo, in fine, le seguenti parole: "e misure in favore delle medesime imprese".


Articolo 3-bis (em. 3.0.8 (testo 2))
(Servizi di supporto per la ricollocazione professionale in favore di alcuni lavoratori)

 

 

L’emendamento 3.0.8 (testo 2), approvato in sede referente, propone di destinare - nell’ambito delle risorse già stanziate per il programma denominato "Garanzia di occupabilità dei lavoratori" (GOL) - 10 milioni di euro, per il 2021, in favore dell’accesso ai servizi di supporto per la ricollocazione professionale da parte dei lavoratori dipendenti di aziende che siano state poste in procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria o che siano stati collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione dell'attività aziendale[14]. Si demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la definizione delle modalità attuative.

Si ricorda che il richiamato articolo 2, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, definisce come supporto alla ricollocazione professionale "l'attività effettuata su specifico ed esclusivo incarico dell'organizzazione committente, anche in base ad accordi sindacali, finalizzata alla ricollocazione nel mercato del lavoro di prestatori di lavoro, singolarmente o collettivamente considerati, attraverso la preparazione, la formazione finalizzata all'inserimento lavorativo, l'accompagnamento della persona e l'affiancamento della stessa nell'inserimento nella nuova attività". I servizi di supporto in esame possono essere svolti dalle agenzie per il lavoro autorizzate per essi, secondo la disciplina di cui al medesimo D.Lgs. n. 276[15].

Riguardo alla suddetta copertura finanziaria, si ricorda che il richiamato articolo 1, comma 324, secondo periodo, della L. 30 dicembre 2020, n. 178, ha destinato 233 milioni di euro, per il 2021, per il finanziamento di un programma denominato "Garanzia di occupabilità dei lavoratori" (GOL), relativo all’erogazione di servizi specifici di politica attiva del lavoro, nell’ambito del patto di servizio personalizzato[16].


Articolo 3-bis (em. 3.0.11 (testo 4))
(Accordi di riallineamento retributivo nel settore agricolo)

 

 

L’emendamento 3.0.11 (testo 4), approvato in sede referente, propone alcune modifiche retroattive alla disciplina transitoria sugli accordi provinciali di riallineamento retributivo nel settore agricolo e sui relativi accordi aziendali di recepimento.

L’intervento, in primo luogo, è inteso (comma 1) a far salvi gli effetti degli accordi aziendali di recepimento che, riguardo al profilo della rappresentatività del datore di lavoro, pur non essendo stati sottoscritti anche da quest’ultimo, siano stati sottoscritti dall’associazione imprenditoriale alla quale sia iscritto il medesimo datore (purché la medesima sia anche firmataria dell’accordo provinciale). In secondo luogo, si consente, con effetto retroattivo, che i medesimi accordi aziendali, purché sottoscritti entro il termine vigente del 17 ottobre 2001[17], potessero prevedere inizialmente anche un periodo parziale di riallineamento, con successiva integrazione da parte di un accordo sottoscritto prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (comma 2). Resta fermo che gli accordi provinciali in oggetto potessero consentire diverse modulazioni di recepimento da parte degli accordi aziendali o anche demandare a questi ultimi la definizione del programma di riallineamento, purché gli accordi aziendali fossero o siano sottoscritti (entro la suddetta data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto) dalle stesse parti firmatarie dell’accordo provinciale.

Le summenzionate modifiche retroattive sono operate mediante l'adozione di norme di interpretazione autentica dell'articolo 10 della L. 29 ottobre 2016, n. 199[18].

Si specifica inoltre che il regime sanzionatorio si applica esclusivamente con riferimento a eventuali periodi non coperti dagli accordi aziendali di recepimento (comma 3). Si ricorda che tale regime sanzionatorio concerne il mancato versamento della contribuzione previdenziale ed assistenziale in base all'imponibile contributivo minimo, corrispondente ai valori retributivi previsti dai contratti collettivi; tali valori possono essere oggetto di deroga in base alle norme transitorie in oggetto ed agli accordi che su di esse si basino.

Agli oneri derivanti dal presente articolo, quantificati in 0,9 milioni di euro, per il 2021, in termini di saldo netto da finanziare e in 1,3 milioni, sempre per il 2021, in termini di fabbisogno di cassa e di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, si provvede mediante riduzione, nella suddetta misura di 1,3 milioni per il 2021, del Fondo sociale per occupazione e formazione[19] (comma 4).

 


Articolo 4, comma 1
(Sgravi contributivi per alcune società in procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 4 estende al 2022 una disciplina[20], già posta per gli anni 2020 e 2021, che concerne le società in procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria e che riconosce uno sgravio contributivo, su richiesta e previa autorizzazione dell'INPS, nel caso in cui esse usufruiscano o abbiano usufruito, nell'anno precedente a quello suddetto di riferimento, di specifiche ipotesi di trattamento straordinario di integrazione salariale. Lo sgravio consiste nell'esonero sia dal versamento (al Fondo di tesoreria dell'INPS) delle quote di accantonamento per il trattamento di fine rapporto, relative alla retribuzione persa a causa della riduzione oraria o della sospensione dal lavoro, sia dal pagamento all'INPS del contributo di cui all'articolo 2, commi da 31 a 35, della L. 28 giugno 2012, n.?92, e successive modificazioni (contributo inerente alle interruzioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato).

L'estensione temporale in oggetto viene concessa nel limite di spesa complessivo di 16 milioni di euro per il medesimo anno 2022, limite che viene posto a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione[21]; si ricorda che, per ciascuno degli anni 2020 e 2021, la normativa in esame già stabilisce un limite di identico importo, disposto a carico del medesimo Fondo e che essa prevede una procedura di monitoraggio finanziario da parte dell'INPS, la quale ora si applica anche per il limite relativo al 2022[22].

I trattamenti straordinari di integrazione salariale ai quali è connesso lo sgravio in esame sono quelli concessi, negli anni 2019-2021, ai sensi dell'articolo 44 del D.L. 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla L. 16 novembre 2018, n. 130, e successive modificazioni, previo accordo stipulato in sede governativa e in deroga ai limiti generali di durata vigenti per il medesimo trattamento, nei casi in cui l'azienda abbia cessato o cessi l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di cessione dell'attività con conseguente riassorbimento occupazionale, oppure sia possibile realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo o specifici percorsi di politica attiva del lavoro (posti in essere dalla regione interessata). I trattamenti in oggetto comprendono anche alcune ipotesi di proroga dei medesimi, per i casi in cui le azioni inerenti al completamento del processo di cessazione aziendale e alla salvaguardia occupazionale abbiano incontrato fasi di particolare complessità, anche rappresentate dal Ministero dello sviluppo economico.

 

 


Articolo 4, comma 1-bis (em. 4.1 (testo 4))
(Interventi a favore della Laguna di Venezia)

 

 

Il comma 1-bis dell'articolo 4, proposto a seguito dell'approvazione, da parte delle Commissioni riunite, della proposta emendativa 4.1 (testo 4) interviene sul riparto delle risorse finanziarie previste per la realizzazione di interventi di salvaguardia della Laguna di Venezia al fine di assicurare una più celere realizzazione degli interventi stessi.

 

Per quanto attiene agli interventi da realizzare per la salvaguardia della Laguna di Venezia (comma 1-bis), la proposta in esame interviene con un riparto delle risorse nel periodo dal 2020 al 2024 prevedendo la seguente assegnazione:

Comune di Venezia: 28.225.000 euro;

Comune di Chioggia: 5.666.666,66 euro;

Comune di Cavallino-Treporti: 1.775.000 euro;

Comune di Mira, Comune di Jesolo: 1.166.666,67 per ciascun comune;

Comuni di Musile di Piave, Campagna Lupia, Codevigo e Quarto d'Altino: 500.000 euro per ciascun comune

 

In merito alle risorse individuate per gli interventi di salvaguardia della Laguna di Venezia, si ricorda che l'articolo 1, comma 852 della legge n. 205 del 2017 aveva autorizzato la spesa complessiva di 25 milioni di euro per l’anno 2018 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024 al fine di garantire la realizzazione degli interventi per la salvaguardia della laguna di Venezia (di cui all’articolo 6 della legge n. 798 del 1984).

In particolare, si prevedeva che le risorse fossero destinate, per un importo di 20 milioni per il 2018 e 30 milioni per il periodo 2019-2024, ai comuni di Venezia, Chioggia e Cavallino Treporti, mentre la restante quota, per un importo di 5 milioni per il 2018 e 10 milioni per il periodo 2019-2024, era destinata ai tutti i comuni che compongono il comitato di cui all’articolo 4 della citata legge, previa ripartizione eseguita secondo deliberazione del Comitato stesso.

L'articolo 6 della legge n. 798 del 1984 (c.d. legge speciale per Venezia) prevede interventi: per l’acquisizione ed il restauro e risanamento conservativo di immobili da destinare alla residenza, nonché ad attività sociali e culturali, produttive, artigianali e commerciali essenziali per il mantenimento delle caratteristiche socio-economiche degli insediamenti urbani lagunari, compresi quelli finalizzati all'apprestamento di sedi sostitutive necessarie in conseguenza di altri interventi di restauro e risanamento (lett. a)); per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria nonché per la sistemazione di ponti, canali e fondamenta sui canali di competenza comunale (lett. b)); per l'assegnazione da parte dei comuni di Venezia e Chioggia di contributi per l'esecuzione di opere di restauro e risanamento conservativo del patrimonio immobiliare privato (lett. c)); per la acquisizione di aree da destinare ad insediamenti produttivi e per la urbanizzazione primaria e secondaria delle stesse nell'ambito dell'intero territorio comunale (lett. d)).

L’art. 4 della stessa legge ha previsto l’istituzione del Comitato di indirizzo, coordinamento e controllo per l'attuazione degli interventi previsti dalla medesima legge. Secondo quanto previsto dalla norma, il Comitato esprime suggerimenti circa un’eventuale diversa ripartizione dello stanziamento complessivo autorizzato in relazione a particolari esigenze connesse con l'attuazione dei singoli programmi di intervento.

Il Comitato è costituito, tra gli altri, dal Presidente della giunta regionale del Veneto, dai sindaci dei comuni di Venezia e Chioggia, o loro delegati, nonché da due rappresentanti dei restanti comuni di cui all'art. 2, ultimo comma, della legge 16 aprile 1973, n. 171, designati dai sindaci con voto limitato. Tale ultimo comma fa riferimento ai comuni di Venezia, Chioggia, Codevigo, Campagna Lupia, Mira, Quarto D'Altino, Iesolo e Musile di Piave.

Si ricorda altresì che l’art. 4 della L. 798/1984 prevede (al quarto comma) che il Comitato presenti annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione degli interventi.

 

 

 


Articolo 5
(Copertura finanziaria)

 

 

L'articolo 5 disciplina la copertura finanziaria delle previsioni di cui all'articolo 1 e all'articolo 2 del decreto-legge.

 

In particolare dispone che alla copertura degli oneri di cui alle citate disposizioni, pari complessivamente a 222 milioni di euro - ovvero a 229,5 milioni secondo le disposizioni di ulteriore copertura, previste dagli identici emendamenti 1.9 (testo 2) e 1.10 (testo 2) e dall'emendamento 1.12 (testo 3) ed altri emendamenti identici, approvati in sede referente - così ripartiti negli anni:

-        42 milioni di euro per l'anno 2021,

-        33 milioni di euro per l'anno 2022 - ovvero 40,5 milioni secondo le suddette proposte emendative -,

-        15 milioni di euro per l'anno 2023,

-        42 milioni di euro per l'anno 2024,

-        55 milioni di euro per l'anno 2025

-        35 milioni di euro per l'anno 2026,

 

si provveda secondo le seguenti modalità:

 

a)     quanto a 7 milioni di euro per l'anno 2021, 10 milioni di euro per l'anno 2022, 13 milioni di euro per l'anno 2024, 20 milioni di euro per l'anno 2025 e 10 milioni di euro per l'anno 2026, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

 

Si ricorda che il Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE) è stato istituito dall’articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 3075) al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo in questione presenta una dotazione nel bilancio di previsione 2021-2023 pari a 94,7 milioni per il 2021, 478,2 milioni per il 2022 e 309,2 milioni per il 2023.

 

b)    quanto a 15 milioni di euro per l'anno 2021, 5 milioni di euro per l'anno 2022, 14 milioni di euro per l'anno 2024, 20 milioni di euro per l'anno 2025 e 10 milioni di euro per l'anno 2026, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Fondo per esigenze indifferibili);

 

Il fondo per le esigenze indifferibili è stato istituito dall'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014), ed è iscritto sul capitolo 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Nel bilancio per il 2021-2023 (legge n. 178 del 2020 e relativo D.M. 30 dicembre 2020 di ripartizione in capitoli), il Fondo presenta una dotazione di 645,2 milioni per il 2021, 383,5 milioni per il 2022 e di 431,8 milioni per il 2023. La dotazione del Fondo è stata ridotta, nel corso dell’anno, di:

- 5,6 milioni di euro per il 2021 e di 10,8 milioni annui a decorrere dall'anno, ai sensi dell'art. 11, comma 1, lett. b) del D.L. n. 22/2021 (Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri);

- di 35 milioni di euro per il 2023, 14 milioni per il 2024 e di 8 milioni per l’anno 2025, ai sensi dell'art. 42, comma 10, lett. d), del D.L. n. 41/2021 (c.d. Sostegni). Il medesimo D.L. n. 41 prevede altresì, all’art. 41, un incremento della dotazione del Fondo di 550 milioni di euro per l’anno 2021;

- di 10,1 milioni nel 2033 e di 3,4 milioni nel 2034, ai sensi dell'art. 5, comma 2, lett. c), del D.L. n. 59/2021 (istitutivo del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR) in corso di esame al Senato;

- di 24,70 milioni di euro per l’anno 2023, 24,20 milioni per il 2024, 25,50 milioni per il 2025, 27,30 milioni per il 2026, 28,80 milioni per il 2027, 31,10 milioni per il 2028, 34,50 milioni per il 2029, 38,80 milioni per il 2030 e 39,20 milioni per ciascuno degli anni dal 2031 al 2033, 225,50 milioni per l'anno 2034 e 225,70 milioni di euro annui a decorrere dal 2035, dall’art. 77, comma 10, lett. b) del D.L. n. 73/2021 (Sostegni-bis). Il medesimo D.L. n. 73 prevede altresì, al comma 7 dell’art. 7, un incremento della dotazione del Fondo di 800 milioni per l’anno 2021 e di 100 milioni per l’anno 2022;

- di 4.316.000 euro per l'anno 2021 e 8.632.000 euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, ai sensi dell'art. 16 del D.L. n. 77 del 2021.

 

 

c) quanto a 18 milioni di euro per l'anno 2021 e 10 milioni di euro per l'anno 2022, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del Programma Fondi di riserva e speciali della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze per 5 milioni di euro per l'anno 2021, l'accantonamento relativo al Ministero per i beni e le attività culturali per 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per 8 milioni di euro per l'anno 2021 e 5 milioni di euro per l'anno 2022 nonché - secondo le suddette proposte emendative - l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali nella misura di 7,5 milioni di euro per il 2022;

 

d) quanto a 2 milioni di euro per l'anno 2021, 8 milioni di euro per l'anno 2022 e 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del Programma Fondi di riserva e speciali della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze per 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026 e l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per 2 milioni di euro per l'anno 2021, 8 milioni di euro per l'anno 2022 e 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026.

 

Il comma 2 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


Articolo 6
(Entrata in vigore)

 

 

Ai sensi dell'articolo 6, il presente decreto n. 103 è entrato in vigore il 21 luglio 2021 (giorno successivo alla pubblicazione dello stesso decreto nella Gazzetta Ufficiale).

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, quest'ultima legge (insieme con le modifiche apportate al decreto in sede di conversione) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 



[1]     Fondo di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2.

[2]     La relazione tecnica è reperibile nell'A.S. n. 2329.

[3]     Cfr. l'articolo 19, comma 4, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.

[4]     L'INPS ha specificato (cfr., per esempio, la circolare dell'INPS n. 72 del 29 aprile 2021) che l'effetto di decadenza concerne solo la frazione di periodo (oggetto della domanda) per la quale il termine sia scaduto e che il trattamento può essere quindi concesso con riferimento alla frazione successiva. Si ricorda inoltre che, nel caso di decadenza, l'INPS provvede al recupero, nei confronti del datore di lavoro, dell'acconto eventualmente corrisposto (cfr. la circolare dell'INPS n. 78 del 27 giugno 2020).

[5]     Riguardo a tale anticipazione, cfr. l'articolo 22-quater, comma 4, e l’articolo 22-quinquies del citato D.L. n. 18 del 2020, nonché, per l'interpretazione seguita, secondo la quale il meccanismo di anticipazione è facoltativo (nell'ambito della domanda del datore di lavoro di accesso al trattamento), la circolare dell'INPS n. 78 del 27 giugno 2020.

[6]     Cfr., al riguardo, la circolare dell'INPS n. 62 del 14 aprile 2021, nonché il paragrafo 19 della citata circolare dell'INPS n. 72 del 2021.

[7]     Si ricorda che, con riguardo ad una norma precedente in materia, l’INPS ha interpretato tale locuzione come riferita al mese successivo a quello in cui sia cessato l’intervento di integrazione salariale (cfr. la circolare dell'INPS n. 78 del 27 giugno 2020).

[8]      Ai sensi dell’art. 4, l'impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare la procedura di licenziamento collettivo; l’articolo 5 individua invece i criteri attraverso i quali scegliere i lavoratori da licenziare; l’articolo 24 definisce l’ambito soggettivo e dimensionale delle imprese cui si applicano le disposizioni degli artt. 4 e 5.

[9]     Ai sensi dell’articolo 3, il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

[10]   Le procedure di cui all’articolo 7, ai fini del licenziamento per giustificato motivo di cui all’art. 3, comportano una comunicazione del datore di lavoro nella quale egli deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La comunicazione prelude ad un tentativo di conciliazione tra datore di lavoro e lavoratore previa convocazione da parte della sede territoriale competente dell'Ispettorato nazionale del lavoro; l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione.

[11]   Ai sensi del predetto articolo 1, a decorrere dal 1° maggio 2015 è istituita presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti …una indennità mensile di disoccupazione, denominata: «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI)», avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.

[12]   L'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 207 del 2012, qualifica come "stabilimenti di interesse strategico nazionale" tutti gli impianti siderurgici della società ILVA S.p.A. L'articolo 1, comma 1, del medesimo decreto-legge n. 207 prevede che il Ministro della transizione ecologica possa autorizzare, in sede di riesame dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA), la prosecuzione dell'attività produttiva di uno stabilimento industriale dichiarato “di interesse strategico nazionale”, per un periodo di tempo determinato non superiore a trentasei mesi, a condizione che vengano adempiute le prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell’autorizzazione, secondo le procedure e i termini ivi indicati, al fine di assicurare la più adeguata tutela dell'ambiente e della salute secondo le migliori tecniche disponibili. La suddetta autorizzazione ministeriale è in ogni caso subordinata alle condizioni che lo stabilimento occupi almeno 200 lavoratori subordinati - compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione salariale - da almeno un anno e che vi sia un'assoluta necessità di salvaguardare l'occupazione e la produzione.

 

[13]   Il fondo è iscritto nel capitolo 7411 del programma 1.5 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

[14]   A quest'ultimo riguardo, la norma fa riferimento ai trattamenti straordinari di integrazione salariale concessi, in via eccezionale, ai sensi dell'articolo 44 del D.L. 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla L. 16 novembre 2018, n. 130, e successive modificazioni; si ricorda infatti che la suddetta causale della cessazione di attività non rientra tra quelle contemplate dalla disciplina generale sugli interventi di integrazione salariale.

[15]   Cfr., in particolare, l'articolo 4 del citato D.Lgs. n. 276, e successive modificazioni.

[16]   Di cui all'articolo 20 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150.

[17]   Riguardo a tale termine, cfr. la circolare dell'INPS n. 159 del 6 agosto 2001. In merito agli accordi di riallineamento nel settore agricolo, cfr. anche la circolare dell'INPS n. 138 del 12 ottobre 2017. Per i riferimenti legislativi, cfr. infra, in nota.

[18]   Tale articolo ha operato alcune modifiche, relative al settore agricolo, rispetto alla disciplina transitoria generale sugli accordi di riallineamento retributivo, di cui all'articolo 5 del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni.

[19]   Fondo di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2.

[20]   Di cui all'articolo 43-bis del D.L. 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla L. 16 novembre 2018, n. 130.

[21]   Fondo di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2.

[22]   In particolare, la disciplina prevede che, ai fini del monitoraggio della spesa, l'INPS verifichi con cadenza mensile i flussi di spesa e che, qualora dal monitoraggio medesimo emerga, anche in via prospettica, il raggiungimento del limite di spesa, l'INPS non prenda in considerazione ulteriori domande e ponga in essere ogni adempimento di propria competenza per ripristinare in capo alle aziende gli oneri in oggetto, dandone comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.