Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni |
Titolo: | D.L. 53/2019 - Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica |
Riferimenti: | AC N.1913/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 169 |
Data: | 20/06/2019 |
Organi della Camera: | I Affari costituzionali, II Giustizia |
Servizio Studi
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Dossier n. 136
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Progetti di legge n. 169
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D19053
INDICE
§ Articolo 1 (Misure a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e in materia di immigrazione)............................................................................... 3
§ Articolo 2 (Inottemperanza a limitazioni o divieti in materia di ordine, sicurezza pubblica e immigrazione)............................................................. 13
§ Articolo 3 (Modifica all’articolo 51 del codice di procedura penale)............ 18
§ Articolo 4 (Potenziamento delle operazioni di polizia sotto copertura)...... 22
§ Articolo 5 (Termini per la comunicazione da parte dei gestori di strutture ricettive delle generalità delle persone alloggiate)...................................... 25
§ Articolo 6 (Modifiche alla legge 22 maggio 1975, n. 152).......................... 26
§ Articolo 7 (Modifiche al codice penale)...................................................... 28
§ Articolo 8 (Misure straordinarie per l’eliminazione dell’arretrato relativo all’esecuzione delle sentenze penali di condanna definitive)....................... 32
§ Articolo 9, comma 1 (Protezione dei dati personali)................................... 36
§ Articolo 9, comma 2 (Proroghe in materia di intercettazioni).................... 39
§ Articolo 10 (Misure urgenti per il presidio del territorio in occasione dell'Universiade Napoli 2019)..................................................................... 43
§ Articolo 11 (Disposizioni sui soggiorni di breve durata)............................ 46
§ Articolo 12 (Fondo di premialità per le politiche di rimpatrio).................. 48
§ Articolo 13, comma 1, lett. a) (Modifiche alla disciplina sul divieto di accesso alle competizioni sportive, c.d. DASPO)........................................ 55
§ Articolo 13, comma 1, lett. b) e c) (Disposizioni a tutela degli arbitri)...... 67
§ Articolo 13, comma 2 (Divieto per le società sportive di corrispondere agevolazioni e di contrattare con determinati soggetti).............................. 70
§ Articolo 14 (Ampliamento delle ipotesi di fermo di indiziato di delitto)..... 75
§ Articolo 15 (Disposizioni in materia di arresto in flagranza differita)....... 78
§ Articolo 16 (Modifiche al codice penale).................................................... 80
§ Articolo 17 (Ambito applicativo della disciplina sanzionatoria della vendita non autorizzata di biglietti per le competizioni sportive e del cd. bagarinaggio)............................................................................................... 82
L’articolo 1, che integra l’articolo 11 del decreto legislativo n. 286/1998 (testo unico immigrazione) prevede che il Ministro dell’interno – con provvedimento da adottare di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e informato il Presidente del Consiglio - possa limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale nei seguenti casi:
· per motivi di ordine e sicurezza pubblica;
Si ricorda che la nozione di “sicurezza” è richiamata più volte nella prima parte della Carta costituzionale (art. 13, libertà personale, art. 16, libertà di circolazione, art. 17 libertà di riunione). A sua volta, nell’ambito delle materie di competenza legislativa esclusiva statale, l’endiadi “ordine pubblico e sicurezza” è oggetto dell’art. 117, secondo comma, lett. h) Cost. declinato dalla Corte costituzionale come “materia che attiene alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico, inteso quale «complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza nella comunità nazionale»” (ex multis sentenze n. 118 del 2013, n. 35 del 2011, n. 129 del 2009 e n. 108 del 2017). E’ inoltre materia di competenza legislativa esclusiva statale la “sicurezza dello Stato” (art. 117, secondo comma, lett. d) Cost.) ed è richiamata dagli articoli 120 e 126 della Costituzione in materia, rispettivamente, di potere sostitutivo dello Stato e di scioglimento del Consiglio regionale e rimozione del Presidente della giunta.
· quando si concretizzino le condizioni di cui all’articolo 19, comma 2, lettera g), della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del Mare di Montego Bay limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti.
L’articolo 19, comma 2, lettera g) della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982[1], e ratificata dall’Italia dalla legge 2 dicembre 1994, n. 689 considera come “pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza dello Stato” costiero il passaggio di una nave straniera se, nel mare territoriale, la nave è impegnata, tra le altre, in un’attività di carico o scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero.
La disposizione in esame richiama nello specifico, ai fini dell’adozione del provvedimento ivi previsto, le violazioni delle leggi di immigrazione vigenti. La relazione illustrativa del decreto-legge evidenzia che tale disposizione è adottata “in una specifica ottica di prevenzione” per impedire il c.d. ‘passaggio pregiudizievole’ o ‘non inoffensivo’ di una specifica nave in relazione alla quale si possano concretizzare, limitatamente alle violazioni delle leggi in materia di immigrazione, le condizioni di cui al citato art. 19, comma 2 della Convenzione di Montego Bay. Viene evidenziato inoltre che l’esercizio delle prerogative che la legge pone in capo al Ministero dell’interno assumono particolare rilievo in un periodo storico “contrassegnato da persistenti e ricorrenti minacce, anche di tipo terroristico internazionale”.
Viene così posto in capo ai rappresentanti dei Dicasteri (informato il Presidente del Consiglio) la determinazione del concretizzarsi delle condizioni di “violazione delle leggi di immigrazione”.
Il decreto legislativo n. 286 del 1998 (testo unico) costituisce il principale corpus normativo in materia di immigrazione, cui si è affiancato negli ultimi anni il D.Lgs. 142 del 2015 (c.d. decreto accoglienza) che ha provveduto al recepimento alle direttive dell’Unione europea n. 32 e n. 33 del 2013 definendo le condizioni e le procedure dell'accoglienza per i richiedenti protezione internazionale.
Il testo unico immigrazione ed il decreto accoglienza sono stati oggetto negli ultimi anni di modifiche ed integrazioni da parte del decreto-legge n. 13/2017, che ha previsto alcuni interventi urgenti in materia di immigrazione, successivamente, della L. n. 47/2017 sui minori stranieri non accompagnati con il correttivo D.Lgs. n. 220/2017 e, nella legislatura in corso, dal decreto-legge n. 113/2018 in materia di sicurezza ed immigrazione.
In particolare, nell’ambito del Capo II del testo unico immigrazione sono disciplinate le misure per il contrasto all’immigrazione clandestina: l’articolo 10 dispone che la polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti dal testo unico per l'ingresso nel territorio dello Stato. L’art. 10-bis interviene in materia di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, l’art. 10-ter reca norme per l'identificazione dei cittadini stranieri rintracciati in posizione di irregolarità sul territorio nazionale o soccorsi nel corso di operazioni di salvataggio in mare, l’art. 11 è finalizzato al potenziamento e coordinamento dei controlli di frontiera e l’art. 12 prevede disposizioni contro le immigrazioni clandestine sanzionando in particolare coloro che promuovano, dirigano, organizzino, finanzino o effettuino il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compiano altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato. Il comma 2 specifica che, fermo restando quanto previsto dall'articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.
L’art. 11 dà in particolare facoltà alle forze dell’ordine operanti nelle zone di confine e in mare di procedere al controllo, alle ispezioni e alle perquisizioni dei mezzi di trasporto nel corso delle operazioni di contrasto dei traffici legati all’immigrazione clandestina, e, in caso di necessità, al sequestro di tali mezzi e degli altri beni eventualmente utilizzati (art. 11, commi 7 e 8, TU).
Un’altra misura, specificatamente rivolta al contrasto dell’immigrazione clandestina via mare, consente alle navi italiane di fermare e ispezionare le navi delle quali si sospetti che siano adibite al traffico di migranti. Esse possono, inoltre, in caso di effettivo coinvolgimento nel traffico illecito, sequestrare e condurre le navi in un porto dello Stato (art. 12, comma 9-bis e seguenti, TU).
L’adozione del provvedimento previsto dalla disposizione in commento è consentito “nell’esercizio delle funzioni di coordinamento previste dall’articolo 11, comma 1-bis, del testo unico immigrazione e nel rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia”.
Per quanto riguarda l’esercizio delle funzioni di coordinamento il comma 1-bis dell’articolo 11 TU - introdotto dalla L. 189/2002 e richiamato espressamente dalla disposizione del decreto-legge in commento – sono in particolare demandate al Ministro dell’interno:
- l’emanazione delle misure necessarie per il coordinamento unificato dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre italiana, sentito, ove necessario, il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica[2];
- la promozione di apposite misure di coordinamento tra le autorità italiane competenti in materia di controlli sull’immigrazione e le autorità europee competenti nella stessa materia in base all’Accordo di Schengen.
Il comma 1 del medesimo articolo 11 inoltre, relativamente ai controlli di frontiera, attribuisce la funzione di controllo delle frontiere al Ministro dell’interno e al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Spetta ai titolari dei due dicasteri adottare, per la rispettiva competenza, il piano generale per il potenziamento e il perfezionamento delle misure di controllo delle frontiere (art. 11, comma 1, TU).
Da ultimo, il Ministro dell’interno ha esercitato la funzione di coordinamento con l’emanazione di una direttiva in data 13 giugno 2019; in precedenza, negli ultimi mesi, erano state adottate le direttive del Ministro dell’Interno del 15 aprile 2019, del 18 marzo 2019, del 28 marzo 2019 e del 4 aprile 2019 sempre in materia di coordinamento unificato dell’attività di sorveglianza delle frontiere marittime e per il contrasto all’immigrazione illegale ex articolo 11 del testo unico immigrazione.
Con tali atti si dispone, in particolare, alle competenti Autorità, destinatarie del provvedimento, di “vigilare” affinché il comandante e la proprietà della nave “si attengano alle vigenti normative nazionali ed internazionali in materia di coordinamento delle attività di soccorso in mare”, “rispettino le prerogative di coordinamento delle Autorità straniere legittimamente titolate ai sensi della vigente normativa internazionale al coordinamento delle operazioni di soccorso in mare nelle proprie acque di responsabilità dichiarate e non contestate dai paesi costieri limitrofi” e non reiterino condotte in contrasto con la vigente normava in materia di soccorso in mare e immigrazione nonché con le istruzioni di coordinamento delle competenti autorità.
Le direttive evidenziano inoltre che il rispetto e la salvaguardia della vita umana in mare comportano l’obbligo di applicare le vigenti normative internazionali, evitando ogni comportamento che concorra alla determinazione di situazioni di rischio per la vita umana e ad incentivare i pericolosi attraversamenti via mare da parte di immigrati. La suddetta attività, svolta con modalità sistematiche, accresce il pericolo di situazioni di rischio per la vita umana in mare e determina, a prescindere dalla configurabilità di ogni altra responsabilità, la violazione delle norme nazionali ed europee in materia di sorveglianza delle frontiere marittime e di contrasto all’immigrazione illegale. Tale attività altresì può determinare rischi di ingresso sul territorio nazionale di soggetti coinvolti in attività terroristiche o comunque pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica, in quanto trattasi nella totalità di cittadini stranieri privi di documenti di identità e la cui nazionalità è presunta sulla base delle rispettive dichiarazioni.
In merito agli “obblighi internazionali dell’Italia”, tale espressione sembra ricomprendere tutti gli obblighi assunti dall’Italia in virtù dell’adesione a trattati internazionali, inclusa l’appartenenza all’Unione europea e, più in generale, la conformità alla normativa internazionale ed ai relativi princìpi generali (art. 10 Cost.).
Tra gli altri può richiamarsi quanto disposto dalla Convenzione internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo (cosiddetta Convenzione SAR), adottata ad Amburgo il 27 aprile 1979[3] che obbliga gli Stati contraenti a dividere, sulla base di accordi regionali, il mare in zone di propria competenza S.A.R. (soccorso e salvataggio).
A sua volta la Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974[4] (cosiddetta Convenzione SOLAS), adottata a Londra il 12 novembre 1974[5], obbliga il comandante di una nave - che sia in posizione tale da poter prestare assistenza, avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare - a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza, se è possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la nave sta effettuando tale operazione.
La richiamata Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 dispone inoltre che ogni Stato esiga che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l'equipaggio e i passeggeri, presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita e proceda quanto più velocemente possibile al soccorso delle persone in pericolo qualora sia a conoscenza del loro bisogno di assistenza, nella misura in cui ci si può ragionevolmente aspettare da lui tale iniziativa (art. 98).
Dal 1° luglio 2006 sono inoltre entrati in vigore per l’Italia gli emendamenti alle Convenzioni SOLAS e SAR, adottati dall’Organizzazione marittima mondiale (International Maritime Organization - IMO). Questi impongono agli Stati competenti per la regione SAR di cooperare nelle operazioni di soccorso e di prendersi in carico i naufraghi individuando e fornendo al più presto, la disponibilità di un luogo di sicurezza (Place of Safety - POS) inteso come luogo in cui le operazioni di soccorso si intendono concluse e la sicurezza dei sopravvissuti garantita[6].
Si ricorda inoltre che nell’ambito dell’Unione europea alla missione Triton è subentrata l’operazione Themis, che opera nel Mediterraneo centrale assistendo l'Italia circa i flussi provenienti da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia e Albania. L'operazione continua ad occuparsi, come le precedenti missioni, della ricerca e del soccorso dei migranti in mare, ma si concentra anche sul contrasto ad attività criminali e a minacce terroristiche.
Il Governo italiano e l’agenzia Frontex hanno reso noto che la novità più importante nella nuova missione riguarda il fatto che i migranti soccorsi nell’ambito dell’operazione devono essere fatti sbarcare nel porto più vicino al punto in cui è stato effettuato il salvataggio in mare. Themis inoltre continuerà ad occuparsi della ricerca e del soccorso dei migranti in mare ma, allo stesso tempo, avrà un focus rafforzato sulle attività delle forze dell'ordine (Ministero dell’interno, Comunicato del 1° febbraio 2018).
Nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune, a partire dal giugno 2015 è attiva l'operazione dell’Unione europea nel Mediterraneo centromeridionale denominata EUNAVFOR MED Sophia, che consiste nell'individuare, fermare ed eliminare imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai passatori o dai trafficanti nel Mediterraneo centromeridionale.
All'operazione sono stati progressivamente assegnati ulteriori compiti di sostegno: formare la guardia costiera e la marina libiche; contribuire all'attuazione dell'embargo dell'ONU sulle armi in alto mare al largo delle coste libiche; svolgere attività di sorveglianza e raccolta di informazioni sul traffico illecito delle esportazioni di petrolio dalla Libia.
Il Governo italiano, ha sollecitato una revisione del piano operativo di EUNAVFOR MED Sophia, nella parte in cui (tramite rinvio alle regole di ingaggio della non più in vigore missione Triton di Frontex) si prevede che lo sbarco di migranti eventualmente soccorsi debba avvenire in porti italiani. Il 29 marzo 2019, il Consiglio dell'UE ha prorogato fino al 30 settembre 2019 il mandato di EUNAVFOR MED operazione SOPHIA. Il Consiglio dell'UE ha precisato che il comandante dell'operazione ha ricevuto istruzioni di sospendere temporaneamente, per motivi operativi, lo spiegamento delle forze navali dell'operazione per la durata di tale proroga, e che gli Stati membri dell'UE continueranno a lavorare, nelle sedi appropriate, a una soluzione al problema degli sbarchi nell'ambito del seguito da dare alle conclusioni del Consiglio europeo di giugno 2018. Il Consiglio ha infine comunicato che l'operazione continuerà ad attuare opportunamente il suo mandato, aumentando la sorveglianza con mezzi aerei e rafforzando il sostegno alla guardia costiera e alla marina libiche nei compiti di contrasto in mare attraverso un monitoraggio potenziato, anche a terra, e continuando la formazione.
Al riguardo, si segnala che è attualmente all’esame delle Camere la deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2019 con la quale viene definito l’assetto delle missioni internazionali per l’anno 2019 (Doc. XXVI, n. 2). Nello specifico, la scheda 9 (2019) dell’allegato n. 1 della richiamata deliberazione attiene alla proroga, dal 1° gennaio al 31 dicembre 2019, della partecipazione di personale militare alla sopra ricordata operazione EUNAVFOR MED - SOPHIA. L’Italia partecipa alla missione con 520 unità militari per una media annua di 470 unità in funzione dei giorni di impiego. Si prevede, inoltre, l’invio di 1 unità navale e 3 unità aeree.
In relazione alle attività di sostegno alla guardia costiera e alla marina libiche si ricorda, altresì, la Missione di assistenza del personale del Corpo della Guardia di Finanza alla Guardia costiera libica e il dispositivo aeronavale nazionale di sorveglianza e di sicurezza nel Mediterraneo centrale, (cosiddetta “Operazione Mare Sicuro”), comprensivo del supporto alla Guardia costiera libica richiesto dal Consiglio presidenziale - Governo di accordo nazionale libico (GNA) di cui alle schede 23 e 38 dell’allegato n. 1 della richiamata deliberazione DEL 23 APRILE 2019.
Per un approfondimento si rinvia ai seguenti dossier: Autorizzazione e proroga missioni internazionali 2019; La partecipazione italiana alle missioni in Libia.
Si specifica che il Ministro dell’interno, nell’esercitare i nuovi poteri conferitegli dalla disposizione, agisce quale Autorità nazionale di pubblica sicurezza ai sensi dell’articolo 1 della legge 1° aprile 1981, n. 121.
La legge 121/1981 (ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza), attribuisce al Ministro dell'interno le seguenti funzioni:
- responsabilità della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica;
- autorità nazionale di pubblica sicurezza;
- alta direzione dei servizi di ordine e sicurezza pubblica;
- coordinamento in materia i compiti e le attività delle forze di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria);
- adozione dei provvedimenti per la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
L’articolo 1 in esame esclude dall’ambito di applicazione della norma il naviglio militare e le navi in servizio governativo non commerciale.
La medesima esclusione è prevista all’art. 2 del decreto-legge, che reca le sanzioni conseguenti all’inottemperanza alle limitazioni o divieti disposti in base alla norma in commento.
Al riguardo, si ricorda che ai sensi del Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. 66/2010) sono:
• navi militari (art. 239, comma 1), le navi che:
- sono iscritte nel ruolo del naviglio militare, classificate, per la Marina militare, in base alle caratteristiche costruttive e d'impiego, in navi di prima linea, navi di seconda linea e naviglio specialistico e collocate nelle categorie e nelle posizioni stabilite con decreto del Ministro della difesa;
- sono comandate ed equipaggiate da personale militare, sottoposto alla relativa disciplina;
- recano i segni distintivi della Marina militare o di altra Forza armata o di Forza di polizia a ordinamento militare;
• navi da guerra (art. 239, comma 2), navi che appartengono alle Forze armate di uno Stato, che portano i segni distintivi esteriori delle navi militari della sua nazionalità e sono poste sotto il comando di un ufficiale di marina al servizio dello Stato e iscritto nell'apposito ruolo degli ufficiali o in documento equipollente, il cui equipaggio è sottoposto alle regole della disciplina militare;
• navi e galleggianti in servizio governativo non commerciale (art. 281, comma 1, lett. c), navi impiegate in attività d'istituto delle amministrazioni dello Stato, alle quali sono attribuite competenze in materia di: pubblica sicurezza, protezione dagli incendi, protezione dell'ambiente marino, trasporto di mezzi e di personale per la pubblica utilità e per le esigenze dell'amministrazione penitenziaria, intervento in caso di calamità; sperimentazione tecnologica e ricerca scientifica oceanografica o ambientale marina.
La disposizione prevede che il “provvedimento” del Ministro dell’interno sia adottato di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, secondo le rispettive competenze, informandone il Presidente del Consiglio dei ministri.
Si ricorda che l’articolo 12 del testo unico immigrazione disciplina i casi che si verificano in acque territoriali (o nella zona contigua) e quello che si verifica al di fuori di esse.
Nel primo caso (comma 9-bis dell’art. 12 TU), è la nave italiana in servizio di polizia che può fermare la nave sospetta, ispezionarla e, se sono rinvenuti elementi che confermino il coinvolgimento in un traffico di migranti, sequestrarla, conducendola in un porto nazionale. Il successivo comma 9-ter, prevede che le navi della Marina militare (fermo restando l’assolvimento dei loro compiti istituzionali) possano concorrere alle attività di cui al comma 9-bis.
Nel secondo caso (intervento al di fuori delle acque territoriali, comma 9-quater) i medesimi poteri sono posti in capo sia alle navi della Marina militare, sia alle navi in servizio di polizia, e possono essere esercitati a prescindere dalla bandiera battuta dalla nave fermata, purché nei limiti consentiti dalla legge o dal diritto internazionale.
Le modalità di intervento delle navi militari e il raccordo tra le loro attività e quelle svolte dalle navi in servizio di polizia sono rimesse dal comma 9-quinquies a un decreto interministeriale adottato dai ministri dell’interno, della difesa, dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti.
Tale disposizione è stata attuata con l’adozione del decreto del Ministro dell’interno 14 luglio 2003, Disposizioni in materia di contrasto all’immigrazione clandestina. Il decreto affida le attività di vigilanza, prevenzione e contrasto dell’immigrazione clandestina ai mezzi aereonavali della Marina militare, delle Forze di polizia e delle Capitanerie di porto. Alla Marina militare spettano in modo prevalente le attività in acque internazionali, mentre le attività nelle acque territoriali e nelle zone contigue sono attribuite principalmente alle Forze di Polizia (Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di finanza, cui compete il coordinamento in caso di interventi di più corpi). Al Corpo delle capitanerie di porto sono affidati compiti soccorso, assistenza e salvataggio. Il coordinamento di tutte le attività è esercitato dalla Direzione centrale della polizia di frontiera del Ministero dell’interno.
Successivamente, nel luglio 2004, Polizia di Stato, Marina militare, Guardia di finanza e Comando delle capitanerie di porto hanno sottoscritto l’Accordo tecnico operativo per gli interventi connessi con il fenomeno dell’immigrazione clandestina via mare, che stabilisce le procedure da seguire in caso di rilevazioni di natanti sospetti, comprese quelle per determinare il necessario flusso informativo verso una unica sala operativa presso il Dipartimento della pubblica sicurezza (Ministero dell’interno, Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, Relazione annuale al Parlamento ex art. 3 D.Lgs. 286/1998. Anno 2004 (doc. CCXII, n. 2), p. 13.
Si ricorda, inoltre, che il D.Lgs. 177/2016, recante disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia, all'articolo 2 ha provveduto a disciplinare i compiti delle diverse Forze di polizia nei rispettivi comparti di specialità, attribuendo, tra gli altri, alla Polizia di Stato compiti di sicurezza delle frontiere, e al Corpo della Guardia di finanza funzioni attinenti la sicurezza in mare, facendo salve le attribuzioni assegnate dalla legislazione vigente al Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera. Tali attribuzioni si riferiscono, quindi, all’assolvimento dei compiti di ordine e sicurezza pubblica e non sono attinenti, invece, alla sicurezza della navigazione e al soccorso in mare, funzioni alle quali è preposta la Guardia costiera.
A questo proposito si ricorda che il Corpo delle Capitanerie di Porto -Guardia Costiera è un Corpo della Marina Militare che svolge compiti e funzioni collegate in prevalenza con l'uso del mare per i fini civili e con dipendenza funzionale da vari ministeri che si avvalgono della loro opera, primo fra tutti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il Corpo ha un consistenza complessiva di 10592 militari tra ruolo ufficiali (1357), ruolo marescialli (2531), ruolo sergenti (1770), graduati (3132) e truppa (1802). Dispone di circa 600 mezzi navali (compresi battelli e gommoni) dislocati in oltre 113 porti della Penisola e delle isole, 6 pattugliatori d’altura e 330 motovedette alturiere e costiere. Si avvale, inoltre, di 57 operatori subacquei che costituiscono i 5 nuclei subacquei del Corpo e svolgono compiti ad alto contenuto specialistico con particolare riferimento alle attività connesse alla salvaguardia della vita umana in mare.
Per quanto riguarda il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti si ricorda che l’art. 83 del Codice della navigazione, novellato dalla legge 14 marzo 2001, n. 51, prevede che il Ministro delle infrastrutture e trasporti possa limitare o vietare il transito e la sosta di navi mercantili nel mare territoriale, per motivi di ordine pubblico, di sicurezza della navigazione e, di concerto con il Ministro dell’ambiente, per motivi di protezione dell’ambiente marino, determinando le zone alle quali il divieto si estende.
L’esercizio di tale potere in base alla Convenzione UNCLOS, che obbliga gli Stati a esigere che il comandante della nave presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita, non può essere esercitato in maniera discriminatoria.
Tale potere è stato utilizzato in due casi per motivi di protezione ambientale:
- con i D.M. 21.02.2003 e 18 aprile 2003, il Ministro dei trasporti, di concerto con quello dell’Ambiente, ha vietato l’accesso ai porti nazionali alle navi cisterna monoscafo per esigenze di protezione ambientale;
- con i D.M. 2 marzo 2012 e. 30 aprile 2012, il Ministro dei trasporti, di concerto con quello dell’Ambiente, a seguito del sinistro della m/n Costa Concordia, ha vietato la navigazione, l’ormeggio e la sosta delle navi mercantili e passeggeri entro certi limiti di distanza dalle aree marine protette nazionali.
Relativamente alla previsione di un “provvedimento” da adottare, ai sensi del nuovo comma 1-ter, andrebbe valutata l’esigenza di indicare la relativa natura giuridica.
Si ricorda che la relazione illustrativa evidenzia che la modifica disposta dall’articolo 1 “declina con specifico riferimento ai profili che più attengono al fenomeno migratorio via mare, competenze e prerogative che la vigente normativa già attribuisce al Ministro dell’interno in via generale” (…). Si prevede inoltre che il provvedimento sia adottato di concerto con i Ministri della difesa e delle infrastrutture e dei trasporti, informandone il Presidente del Consiglio. L’intervento normativo si rende necessario, indifferibile ed urgente in considerazione dell’evidenza che gli scenari geopolitici internazionali possono rischiare di riaccendere l’ipotesi di nuove ondate di migrazione. Un’eventualità, questa, che comunque non può essere sottovalutata anche in considerazione dell’approssimarsi della stagione estiva che, da sempre, fa registrare il picco massimo di partenze di imbarcazioni cariche di migranti (in cui, peraltro, con maggiore facilità, possono celarsi anche cellule terroristiche)”.
L’articolo 2, che integra l’articolo 12 del testo unico immigrazione, introduce una sanzione amministrativa pecuniaria, consistente nel pagamento di una somma da 10 mila a 50 mila euro, in caso di violazione - da parte del comandante di una nave - del divieto di ingresso, transito o sosta di navi nel mare territoriale italiano che venga disposto con provvedimento del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e della difesa, ai sensi dell’articolo 11, comma 1-ter, del testo unico immigrazione introdotto dall’articolo 1 del decreto-legge in esame.
La disposizione sanziona altresì l’armatore e il proprietario della nave tenuti entrambi a pagare la medesima sanzione amministrativa imposta al comandante a seguito della violazione del divieto, che deve essere anche ad essi notificato “ove possibile”. Il legislatore dunque non prevede una responsabilità solidale per il pagamento ma attribuisce a ciascuno di questi soggetti la responsabilità dell’illecito.
Evidentemente, affinché l’armatore e il proprietario siano responsabili dell’illecito occorre che abbiano commesso l’omissione in modo cosciente e volontario (art. 3 della legge n. 689 del 1981) e che dunque la notifica del divieto sia stata effettuata.
La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione precisa che «l’inciso “ove possibile” – riferito alla notifica del provvedimento del Ministro dell’Interno, da effettuarsi all’armatore e al proprietario – non deroga al principio generale della necessaria pre-conoscenza del presupposto della violazione (e della conseguente applicazione della sanzione)».
L’articolo 2 fa salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato.
Con questa affermazione il legislatore intende presumibilmente precisare che l’illecito amministrativo derivante dalla violazione dell’ordine impartito al comandante non esclude l’applicazione delle pene previste dall’ordinamento quando la condotta del comandante integri anche un reato, ad esempio di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Peraltro, si ricorda che l’art. 650 del codice penale (Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità) punisce con l’arresto fino a 3 mesi o l’ammenda fino a 206 euro chiunque non osservi un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragioni, ad esempio, di sicurezza pubblica o ordine pubblico, salvo che il fatto non costituisca un più grave reato.
In merito, la giurisprudenza, in assenza di una esplicita volontà legislativa contraria, interpreta la clausola di sussidiarietà contenuta nell'art. 650 ben più ampiamente rispetto al dettato letterale della norma, escludendo la configurabilità del reato di cui all'art. 650 ogni qual volta il provvedimento dell'autorità rimasto inosservato sia munito di proprio specifico meccanismo sanzionatorio, di qualunque natura esso sia, penale o amministrativa.
La formulazione dell’art. 2, che fa esplicitamente salve le sanzioni penali, determina per la medesima condotta (violazione del divieto di ingresso, transito o sosta) sia l’applicazione della sanzione amministrativa testé introdotta sia l’applicazione della pena prevista dall’art. 650 c.p.
Si ricorda che nel nostro ordinamento il principio del ne bis in idem non è applicabile ai rapporti tra sanzioni penali e sanzioni amministrative; ciò nonostante, la giurisprudenza della Cassazione e della Corte europea dei diritti (sviluppatesi in relazione agli illeciti attinenti all’abuso di mercato) hanno specificato che il doppio binario è accettabile qualora sia dimostrata la “connessione sostanziale” tra i due procedimenti, dovendo essi perseguire scopi complementari, mostrarsi prevedibili ex ante all’autore della condotta, evitare, per quanto possibile, ogni duplicazione nel raccoglimento e nella valutazione delle prove, ed infine dovendo l’una sanzione, nell’atto di essere determinata ed eseguita, tenere conto dell’altra.
In caso di reiterazione della violazione commessa con l’uso della medesima nave, è disposta l’applicazione della sanzione accessoria della confisca della nave e l’immediato sequestro cautelare.
In base ai primi tre commi dell’art. 8-bis della legge n. 689 del 1981, si ha reiterazione quando, nei 5 anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un'altra violazione della stessa indole.
La disposizione introduce una deroga ai commi quarto, quinto e sesto dell’articolo 8-bis della citata legge 689/1981 che, in generale, escludono la reiterazione qualora:
· le violazioni successive alla prima siano commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria;
· per la precedente violazione si sia provveduto al pagamento in misura ridotta;
· per la precedente violazione sia in corso il procedimento di accertamento.
Conseguentemente, anche in tali casi, si potrà procedere al sequestro cautelare della nave ai fini della confisca. Tale previsione, come si legge nella relazione illustrativa, “si rende necessaria al fine di scongiurare il rischio che, attraverso l’applicazione di tali norme (…) l’autore della violazione possa riuscire di fatto ad eludere (ovvero a rinviare sine die) l’applicazione nei suoi confronti della sanzione ablatoria”.
All’irrogazione delle sanzioni, accertate dagli organi competenti al controllo, provvede il prefetto competente. E’ fatto rinvio alle disposizioni di cui alla legge n. 689 del 1981 (Modifiche alla legge penale), ad eccezione dei commi quarto, quinto e sesto dell’articolo 8-bis.
In base alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria avviene secondo il seguente procedimento:
- accertamento, contestazione-notifica al trasgressore;
- pagamento in misura ridotta o inoltro di memoria difensiva all'autorità amministrativa: archiviazione o emanazione di ordinanza ingiunzione di pagamento da parte dell'autorità amministrativa;
- eventuale opposizione all'ordinanza ingiunzione davanti all'autorità giudiziaria (giudice di pace o tribunale);
- accoglimento dell'opposizione, anche parziale, o rigetto (sentenza ricorribile per cassazione);
- eventuale esecuzione forzata per la riscossione delle somme.
Dal punto di vista procedimentale, occorre innanzitutto che essa sia accertata dagli organi di controllo competenti o dalla polizia giudiziaria (art. 13).
La violazione deve essere immediatamente contestata o comunque notificata al trasgressore entro 90 giorni (art. 14); entro i successivi 60 giorni l'autore può conciliare pagando una somma ridotta pari alla terza parte del massimo previsto o pari al doppio del minimo (cd. oblazione o pagamento in misura ridotta, art. 16). In caso contrario, egli può, entro 30 giorni, presentare scritti difensivi all'autorità competente; quest'ultima, dopo aver esaminato i documenti e le eventuali memorie presentate, se ritiene sussistere la violazione contestata determina l'ammontare della sanzione con ordinanza motivata e ne ingiunge il pagamento (cd. ordinanza-ingiunzione, art. 18).
Entro 30 giorni dalla sua notificazione l'interessato può presentare opposizione all'ordinanza ingiunzione (che, salvo eccezioni, non sospende il pagamento), inoltrando ricorso all'autorità giudiziaria competente (artt. 22, 22-bis). In base all'art. 6 del decreto-legislativo 150/2011, l'autorità giudiziaria competente sulla citata opposizione è il giudice di pace a meno che, per il valore della controversia (sanzione pecuniaria superiore nel massimo a 15.493 euro) o per la materia trattata (tutela del lavoro, igiene sui luoghi di lavoro e prevenzione degli infortuni sul lavoro; previdenza e assistenza obbligatoria; tutela dell'ambiente dall'inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette; igiene degli alimenti e delle bevande; materia valutaria; antiriciclaggio), non sussista la competenza del tribunale. L'esecuzione dell'ingiunzione non viene sospesa e il giudizio che con esso si instaura si può concludere o con un'ordinanza di convalida del provvedimento o con sentenza di annullamento o modifica del provvedimento. Il giudice ha piena facoltà sull'atto, potendo o annullarlo o modificarlo, sia per vizi di legittimità che di merito. In caso di condizioni economiche disagiate del trasgressore, l'autorità che ha applicato la sanzione può concedere la rateazione del pagamento (art. 26) Decorso il termine fissato dall'ordinanza ingiunzione, in assenza del pagamento, l'autorità che ha emesso il provvedimento procede alla riscossione delle somme dovute con esecuzione forzata in base alle norme previste per l'esazione delle imposte dirette (art. 27). Il termine di prescrizione delle sanzioni amministrative pecuniarie è di 5 anni dal giorno della commessa violazione (art. 28).
Le navi militari e le navi in servizio governativo non militare sono escluse dall’ambito di applicazione della disposizione, come previsto anche dall’art. 1 del decreto-legge in esame (v. scheda art. 1). Peraltro, dalla formulazione testuale della norma potrebbero sembrare escluse anche dall’osservanza della normativa internazionale. Si valuti in proposito l’opportunità di un’ulteriore specificazione.
Nella relazione illustrativa si evidenzia che la disposizione in esame, richiamando la normativa internazionale, fa implicito riferimento alla applicazione delle norme contenute nella Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare (SOLAS), fatta a Londra il 12 novembre 1974 e ratificata dall’Italia con la legge n. 313/1980, nella Convenzione internazionale sulla sicurezza ed il salvataggio marittimo (SAR), fatta ad Amburgo il 27 aprile 1979, resa esecutiva dall’Italia con la legge n. 147/1989 e alla quale è stata data attuazione con il D.P.R. n. 662/1994, nonché nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), stipulata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 e ratificata dall’Italia con la legge n. 689/1994, i cui contenuti peraltro sono stati oggetto di evidenza anche in recenti direttive, emanate dal Ministro dell’Interno. Per un esame di tale quadro normativo si veda la scheda sull’articolo 1 del presente provvedimento.
Il comma 2 reca la copertura finanziaria dei relativi oneri, quantificati in:
· 500.000 euro per il 2019;
· 1.000.000 di euro annui a decorrere dal 2020.
Ad essa si fa fronte mediante riduzione corrispondente del fondo speciale di parte corrente iscritto – ai fini del bilancio 2019-2021 - nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (programma “Fondi di riserva e speciali” – missione “Fondi da ripartire”), utilizzando parzialmente l’accantonamento relativo al Ministero dell’interno.
Nella relazione tecnica si specifica che gli oneri sono conseguenti alla custodia delle imbarcazioni sottoposte a sequestro o confiscate in base alla norma in esame di cui si farà carico il prefetto territorialmente competente.
L’articolo 3 del decreto-legge interviene sull’art. 51 del codice di procedura penale, relativo alle indagini di competenza della procura distrettuale, per estenderne l’applicazione anche alle fattispecie associative realizzate al fine di commettere il reato di favoreggiamento, non aggravato, dell’immigrazione clandestina. Conseguentemente, sarà inoltre possibile svolgere intercettazioni preventive per l'acquisizione di notizie utili alla prevenzione di tale delitto.
In particolare, il provvedimento d’urgenza modifica il comma 3-bis dell’art. 51 c.p.p., che attribuisce all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, le indagini preliminari per alcuni delitti associativi.
Prima dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 53 del 2019, in base al comma 3-bis, erano attribuite alla procura distrettuale le indagini relative ai seguenti delitti, consumati o tentati:
- associazione a delinquere finalizzata a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601, 601-bis e 602 c.p. (art. 416, sesto comma, c.p.);
- associazione a delinquere finalizzata a commettere taluno dei delitti di pedopornografia e di violenza sessuale in danno di minori (art. 416, settimo comma c.p.);
- associazione a delinquere finalizzata a commettere taluno dei delitti di cui all'articolo 12, commi 3 e 3-ter, TU immigrazione;
- associazione a delinquere finalizzata a commettere un delitto di contraffazione (artt. 473 e 474 c.p.)
- tratta di persone e riduzione in schiavitù (artt. 600, 601, 602 c.p.);
- associazione a delinquere di tipo mafioso, anche straniera (art. 416-bis), voto di scambio politico-mafioso (art. 416-ter c.p.) e delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni mafiose;
- attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.);
- sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (art. 630 c.p.);
- associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 TU stupefacenti);
- associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater, TU stupefacenti).
In particolare, l’attribuzione alla procura distrettuale delle indagini sui delitti previsti dal TU immigrazione è stata prevista dall’art. 18 del recente decreto-legge n. 13 del 2017[7], che si è limitato a fare riferimento ai commi 3 e 3-ter dell’art. 12 del d.lgs. n. 286 del 1998. Il decreto-legge in commento integra l’elencazione dell’art. 51 c.p.p. con riferimento ai delitti previsti dal TU immigrazione, aggiungendo alle già previste indagini per i delitti di favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina (di cui all’art. 12, commi 3 e 3-ter del d.lgs. n. 286 del 1998), anche le indagini per il delitto di favoreggiamento semplice (di cui all’art. 12, comma 1 del TU).
Per comprendere le ragioni dell’inserimento di questa fattispecie pare opportuno ricordare il contenuto e confrontare la fattispecie punita dal comma 1 e aggravata ai sensi dei comma 3 e 3-ter dell’art. 12.
Art. 12, TU immigrazione |
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Comma 1 |
Comma 3 |
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona. |
3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui: a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone; b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale; c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale; d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti; e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti. |
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Comma 3-ter |
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3-ter. La pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona se i fatti di cui ai commi 1 e 3: a) sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento; b) sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto. |
Appare di tutta evidenza come il testo del comma 3 dell'art. 12, nella sua prima parte ("salvo che il fatto costituisca più grave reato ... è punito"), risulti assolutamente identico al testo del comma 1, da questo però distinguendosi, oltre che per la ben più grave pena detentiva edittale, per la sua seconda parte, introdotta dalla locuzione "nel caso in cui", alla quale segue l'elenco di cinque ipotesi molto diverse tra loro, che attengono, alternativamente, al numero degli stranieri agevolati (lett. a) o dei concorrenti nel reato (lett. d, prima parte); alle modalità del fatto (che espongano a pericolo la vita o l'incolumità del trasportato o lo sottopongano a trattamento inumano o degradante: lett. b e c); ai mezzi utilizzati (servizi internazionali di trasporto o documentazione alterata, contraffatta o comunque illegalmente ottenuta: lett. d, seconda parte); alla disponibilità, infine, di armi o materie esplodenti da parte degli autori del fatto (lett. e).
Dottrina e giurisprudenza si sono dunque interrogate sulla natura del comma 3, per alcuni autonoma fattispecie di reato e per altri circostanza aggravante del reato previsto dal comma 1. La questione è stata recentemente risolta dalle Sezioni Unite penali della Corte di cassazione che hanno affermato che l’art. 12, comma 3, del TU immigrazione configura una circostanza aggravante del reato di pericolo di cui al comma 1 del medesimo articolo (cfr. sentenza n. 40982 del 2018).
Se, dunque, prima dell’entrata in vigore del decreto-legge la procura distrettuale era competente solo per il favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina (commi 3 e 3-ter dell’art. 12), lasciando alla procura circondariale la competenza per le indagini sul reato semplice di favoreggiamento (comma 1 dell’art. 12), con la riforma si dispone di accentrare tutte le indagini sul favoreggiamento presso la procura distrettuale.
Il comma 2 dell’articolo 3 del decreto-legge contiene una disposizione transitoria ai sensi della quale la competenza della procura distrettuale opererà in relazione ai procedimenti penali iniziati successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge.
Individuando l’inizio del procedimento penale nell’iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall’art. 335 c.p.p., si ha come conseguenza che potranno continuare a indagare le procure circondariali sulle notizie di reato iscritte prima del 14 giugno 2019; successivamente, gli atti dovranno essere trasmessi alla procura distrettuale.
Si ricorda, infine, che per tutti i delitti elencati nell’art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, e dunque ora anche per il delitto semplice di favoreggiamento dell’immigrazione clandestine (di cui all’art. 12, comma 1, TU), l’ordinamento consente intercettazioni e controlli preventivi sulle comunicazioni.
L’art. 226 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, infatti, dispone che il Ministro dell'interno o, su sua delega, il direttore della Direzione investigativa antimafia, i responsabili dei Servizi di sicurezza, nonché il questore o il comandante provinciale dei Carabinieri e della Guardia di finanza, richiedono al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto in cui si trova il soggetto da sottoporre a controllo ovvero, nel caso non sia determinabile, del distretto in cui sono emerse le esigenze di prevenzione, l'autorizzazione all'intercettazione di comunicazioni o conversazioni, anche per via telematica, nonché all'intercettazione di comunicazioni o conversioni tra presenti quando sia necessario per l'acquisizione di notizie concernenti la prevenzione di delitti di cui – tra gli altri – all’art. 51, comma 3-bis c.p.p.
Il procuratore della Repubblica, qualora vi siano elementi investigativi che giustifichino l'attività di prevenzione e lo ritenga necessario, autorizza l'intercettazione per la durata massima di 40 giorni, prorogabile per periodi successivi di 20 giorni ove permangano i presupposti di legge.
In ogni caso gli elementi acquisiti attraverso le attività preventive non possono essere utilizzati nel procedimento penale, fatti salvi i fini investigativi. In ogni caso le attività di intercettazione preventiva e le notizie acquisite a seguito delle attività medesime, non possono essere menzionate in atti di indagine né costituire oggetto di deposizione né essere altrimenti divulgate.
La Relazione illustrativa del disegno di legge di conversione in merito afferma che «l’intervento attuato prima della consumazione del reato appare, oltre che efficace, auspicabile sol pensando che esso può permettere di impedire a monte l’organizzazione di trasporti di stranieri irregolari, laddove l’intervento successivo alla commissione del reato non elimina le criticità derivanti dalla gestione dei medesimi irregolari giunti su suolo italiano».
L’articolo 4 destina alcune risorse alla copertura degli oneri conseguenti ad operazioni di polizia sotto copertura, effettuate da operatori di Stati esteri con i quali siano stati stipulati appositi accordi.
L'articolo esplicita come propria finalità l'implementazione dell'utilizzo delle operazioni sotto copertura, quale strumento investigativo delle Forze di polizia (oggetto della disciplina posta dall'articolo 9 della legge n. 146 del 2006).
Ed aggiunge: "anche con riferimento al contrasto del delitto di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina".
Sono oggetto della disposizione le operazioni sotto copertura cui concorrano operatori di polizia di Stati esteri, con i quali siano stati stipulati appositi accordi per il loro impiego nel territorio italiano.
Per tali operazioni, sono stanziati:
· 500.000 euro per il 2019;
· 1 milione per il 2020;
· 1,5 milioni per il 2021.
Siffatte risorse sono attinte alle entrate affluite al bilancio dello Stato (che restano acquisite all'erario) quali contributo - volto ad alimentare il Fondo di solidarietà per le vittime di richieste estorsive - sui premi assicurativi, raccolti nel territorio dello Stato, nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi e furto (contribuzione prevista dall'articolo 18, comma 1, lettera a) della legge n. 44 del 1999).
La legge n. 146 del 2006 reca la ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001.
Il suo articolo 9 disciplina le operazioni sotto copertura.
Esso sancisce la non punibilità (nelle forme e nei limiti ivi previsti) per:
a) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ad alcuni delitti, anche per interposta persona, danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro o altra utilità, armi, documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto, prezzo o mezzo per commettere il reato o ne accettano l'offerta o la promessa o altrimenti ostacolano l'individuazione della loro provenienza o ne consentono l'impiego ovvero corrispondono denaro o altra utilità in esecuzione di un accordo illecito già concluso da altri, promettono o danno denaro o altra utilità richiesti da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio o sollecitati come prezzo della mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o per remunerarlo o compiono attività prodromiche e strumentali (i delitti considerati dalla norma sono quelli previsti dagli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis, 452-quaterdecies, 453, 454, 455, 460, 461, 473, 474, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter, nonché nel libro secondo, titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale; i delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi, ai delitti previsti dall'articolo 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter, del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, decreto legislativo n. 286 del 1998; i delitti previsti dal Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, d.P.R. n. 309 del 1990, e dall'articolo 3 della legge n. 75 del 1958);
b) gli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti agli organismi investigativi della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri specializzati nell'attività di contrasto al terrorismo e all'eversione e del Corpo della guardia di finanza competenti nelle attività di contrasto al finanziamento del terrorismo, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti commessi con finalità di terrorismo o di eversione, anche per interposta persona, compiono le attività di cui alla lettera a).
Tra i delitti richiamati dall'articolo 9, comma 1, lettera a) della legge n. 146 del 2006 figurano quelli previsti dai commi 1, 3, 3-bis e 3-ter dell'articolo 12 del Testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998).
Le disposizioni richiamate di quel suo articolo 12 (recante "disposizioni contro le immigrazioni clandestine") prevedono, nell'ordine, quanto segue.
Comma 1: salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del Testo unico sull'immigrazione, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni (e con la multa di 15.000 euro per ogni persona). Il comma 2 aggiunge che non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.
Comma 3: salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni (e con la multa di 15.000 euro per ogni persona) nel caso in cui: a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone; b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale; c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale; d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti; e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti.
Comma 3-bis: se i fatti di cui al comma 3 sono commessi ricorrendo due o più delle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del medesimo comma, la pena ivi prevista è aumentata.
Comma 3-ter: la pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà (e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona) se i fatti di cui ai commi 1 e 3: a) sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento; b) sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto.
L’articolo 5 modifica l'articolo 109 del Testo unico di pubblica sicurezza (regio decreto n. 773 del 1931).
La disposizione interessata concerne l'obbligo di comunicazione da parte dei gestori di strutture ricettive, di comunicare alla questura territorialmente competente le generalità delle persone alloggiate, entro ventiquattr'ore dal loro arrivo.
La novella viene ad aggiungere che, per i soggiorni non superiori alle ventiquattr'ore, la comunicazione debba essere effettuata con immediatezza.
Secondo la disposizione vigente, siffatto obbligo di comunicazione - entro ventiquattr'ore, ed ora con immediatezza per i soggiorni non superiori a un giorno - vige per i gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive (comprese quelle che forniscono alloggio in tende, roulotte) nonché per i proprietari o gestori di case e di appartamenti per vacanze e gli affittacamere (compresi i gestori di strutture di accoglienza non convenzionali), ad eccezione dei rifugi alpini inclusi in apposito elenco istituito dalla Regione o dalla Provincia autonoma.
Tali soggetti possono dare alloggio esclusivamente a persone munite della carta d'identità (o di altro documento idoneo ad attestarne l'identità secondo le norme vigenti) e sono tenuti a comunicare - entro il termine sopra ricordato - le generalità delle persone alloggiate alle questure territorialmente competenti, avvalendosi di mezzi informatici o telematici o mediante fax.
L’articolo 6 interviene sulla legge 22 maggio 1975, n. 152 (cd. “Legge Reale”), con particolare riguardo al regolare svolgimento delle manifestazioni in luogo pubblico e aperto al pubblico.
In primo luogo, la lettera a), modifica l’articolo 5 della citata legge, che vieta l'uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona:
· senza giustificato motivo in luogo pubblico o aperto al pubblico (primo periodo del primo comma);
· in ogni caso in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino (secondo periodo del primo comma).
Con la riforma, la pena edittale - che nella disciplina previgente è fissata per entrambe le modalità di commissione della contravvenzione nell'arresto da uno a due anni e nell'ammenda da 1.000 a 2.000 euro - è inasprita per l’ipotesi di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico ed è determinata nell’arresto da due a tre anni e nell’ammenda da 2.000 a 6.000 euro.
La lettera b) invece, inserisce un nuovo articolo 5-bis nella citata legge n. 152/1975, ai sensi del quale è punito, con la reclusione da uno a quattro anni, chi, nel corso delle manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, lancia o utilizza illegittimamente, in modo da creare un concreto pericolo per l’incolumità delle persone o l’integrità delle cose, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile o in grado di nebulizzare gas contenenti principi attivi urticanti, ovvero bastoni, mazze, oggetti contundenti o, comunque, atti a offendere.
Si tratta della medesima condotta già punita qualora realizzata in occasione di manifestazioni sportive. Infatti, la riforma fa espressamente salva la disciplina prevista dalla legge n. 401/1989 in materia di manifestazione sportive e, in particolare, i reati di cui agli articoli 6-bis e 6-ter della medesima legge (lancio di materiale pericoloso, scavalcamento, invasione di campo e possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive).
L’art. 6-bis della legge n. 401 del 1989 punisce con la reclusione da uno a quattro anni, chi nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive lancia o utilizza, in modo da creare un concreto pericolo per le persone, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l'emissione di fumo o di gas visibile, ovvero bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti, o, comunque, atti ad offendere.
Il reato di cui all’art. 6-bis è un reato di pericolo concreto e per la sua realizzazione non è necessario un danno o sue ulteriori conseguenze. Peraltro, se il fatto produce un danno alle persone la pena è aumentata fino alla metà. Questa aggravante non è riprodotta nella nuova fattispecie introdotta nell’art. 5-bis della Legge Reale.
L’art. 6-ter, incrimina il possesso di artifizi pirotecnici in occasioni di manifestazioni sportive, punendo con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 1.000 a 5.000 euro chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito, o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime o, comunque, nelle immediate adiacenze di essi, nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione sportiva, e a condizione che i fatti avvengano in relazione alla manifestazione sportiva stessa, è trovato in possesso di razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile, ovvero di bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti, o, comunque, atti ad offendere.
L’articolo 7 apporta modifiche al codice penale al fine di rafforzare il vigente quadro normativo a presidio del regolare e pacifico svolgimento delle manifestazioni in luogo pubblico e aperto al pubblico.
E' appena il caso di ricordare che per luogo pubblico si intende il luogo in cui tutti possono accedere liberamente; mentre per luogo aperto al pubblico si intende quello nel quale l'accesso è possibile solo dopo l'espletamento di particolari formalità: pagamento del biglietto, esibizione dell'invito etc.
In particolare, la lettera a) del comma 1, modifica il primo comma dell'articolo 339 c.p., prevedendo un'ulteriore circostanza aggravante per i reati di cui agli articoli 336 (Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), 337 (Resistenza a un pubblico ufficiale) e 338 (Violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti) c.p., qualora le condotte siano poste in essere durante manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Formulazione vigente |
Articolo come modificato dal D.L. |
Articolo 339 c.p. (Circostanze aggravanti) |
Articolo 339 c.p. (Circostanze aggravanti) |
Le pene stabilite nei tre articoli precedenti sono aumentate se la violenza o la minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte. |
Le pene stabilite nei tre articoli precedenti sono aumentate se la violenza o la minaccia è commessa nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte. |
Se la violenza o la minaccia è commessa da più di cinque persone riunite, mediante uso di armi anche soltanto da parte di una di esse, ovvero da più di dieci persone, pur senza uso di armi, la pena è, nei casi preveduti dalla prima parte dell'articolo 336 e dagli articoli 337 e 338, della reclusione da tre a quindici anni e, nel caso preveduto dal capoverso dell'articolo 336, della reclusione da due a otto anni. |
Identico |
Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche, salvo che il fatto costituisca più grave reato, nel caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa mediante il lancio o l'utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere, compresi gli artifici pirotecnici, in modo da creare pericolo alle persone. |
Identico |
La lettera b) del comma 1 introduce una circostanza aggravante del reato di cui all’articolo 340 c.p. (Interruzione di ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessità), nel caso in cui la condotta incriminata sia posta in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. In questi casi è prevista la pena della reclusione fino a due anni.
Formulazione vigente |
Articolo come modificato dal D.L. |
Articolo 340 c.p. (Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità) |
Articolo 340 c.p. (Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità) |
Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge cagiona un'interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità è punito con la reclusione fino a un anno. |
Identico |
|
Quando la condotta di cui al primo comma è posta in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, si applica la reclusione fino a due anni. |
I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni. |
Identico |
La lettera c) del comma 1 modifica l'articolo 419 c.p., introducendo una specifica aggravante qualora le condotte di devastazione e saccheggio vengano perpetrate nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Formulazione vigente |
Articolo come modificato dal D.L. |
Articolo 419 c.p. (Devastazione e saccheggio) |
Articolo 419 c.p. (Devastazione e saccheggio) |
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, commette fatti di devastazione o di saccheggio è punito con la reclusione da otto a quindici anni. |
Identico |
La pena è aumentata se il fatto è commesso su armi, munizioni o viveri esistenti in luogo di vendita o di deposito. |
La pena è aumentata se il fatto è commesso nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero su armi, munizioni o viveri esistenti in luogo di vendita o di deposito. |
La lettera d) interviene infine sull’articolo 635 c.p., il quale disciplina il reato di danneggiamento. La disposizione introduce nell'articolo del codice un ulteriore comma, ai sensi del quale chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con la reclusione da uno a cinque anni (numero 2).
La nuova ipotesi è punita con la pena della reclusione da uno a cinque anni, e pertanto è possibile - come precisa la relazione illustrativa - l’arresto facoltativo in flagranza ex art. 381 c.p.p..
Conseguentemente all'introduzione della nuova autonoma ipotesi di danneggiamento è soppresso al primo comma dell'articolo 635 c.p. ogni riferimento alle manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico (numero 1). Per coordinamento è infine modificato il quarto comma dell'articolo 635 c.p. (numero 3)
Formulazione vigente |
Articolo come modificato dal D.L. |
Articolo 635 c.p. (Danneggiamento) |
Articolo 635 c.p. (Danneggiamento) |
Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia ovvero in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto previsto dall'articolo 331, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. |
Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia ovvero in occasione del delitto previsto dall'articolo 331, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. |
Alla stessa pena soggiace chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili le seguenti cose altrui: 1. edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all'esercizio di un culto o cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o immobili compresi nel perimetro dei centri storici, ovvero immobili i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento sono in corso o risultano ultimati o altre delle cose indicate nel numero 7) dell'articolo 625; 2. opere destinate all'irrigazione; 3. piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o boschi, selve o foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento; 4. attrezzature e impianti sportivi al fine di impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive. |
Identico |
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Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con la reclusione da uno a cinque anni. |
Per i reati di cui al primo e al secondo comma, la sospensione condizionale della pena è subordinata all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
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Per i reati di cui ai commi precedenti, la sospensione condizionale della pena è subordinata all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
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L’articolo 8 introduce misure straordinarie per l’eliminazione dell’arretrato relativo ai procedimenti di esecuzione delle sentenze penali di condanna.
Come sottolinea la relazione illustrativa tali misure straordinarie sono volte a neutralizzare i riflessi negativi sull’ordine pubblico derivanti dalla ritardata esecuzione di sentenze di condanna per reati anche gravi, i cui effetti risultano pregiudizievoli per l’ordine e la sicurezza pubblica, anche in relazione alla mancata iscrizione delle sentenze di condanna nel casellario giudiziale, grazie alla quale i condannati risultano incensurati e quindi possono, di fatto, in caso di reiterazione, ottenere il beneficio della sospensione condizionale della pena pur non avendone titolo. La stessa relazione precisa inoltre che "La dimensione del fenomeno, amplificato dal recente reiterarsi di gravi episodi delittuosi, che hanno suscitato vivo allarme nell’opinione pubblica, suggerisce un intervento straordinario, prevedendo il supporto di un contingente di personale, appositamente assunto con contratti a tempo determinato, che possa implementare l’azione delle strutture amministrative interessate".
Ai sensi del comma 1 dell'articolo in commento, il Ministero della giustizia è chiamato, nel biennio 2019-2020, a dare attuazione ad un programma di interventi, temporaneo ed eccezionale, finalizzato ad eliminare, anche mediante l’uso di strumenti telematici, l'arretrato relativo ai procedimenti di esecuzione delle sentenze penali di condanna, nonché ad assicurare la piena efficacia dell’attività di prevenzione e repressione dei reati.
A tal fine, il Ministero è autorizzato ad effettuare, in conformità a quanto disposto dall’articolo 36, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, assunzioni a tempo determinato di durata annuale, fino ad un massimo di 800 unità di personale amministrativo non dirigenziale, di cui 200 unità di Area I/Fascia retributiva 2[8] e 600 unità di Area II/Fascia retributiva 2[9], anche in sovrannumero ed in aggiunta alle facoltà assunzionali ordinarie e straordinarie previste a legislazione vigente.
Il comma 2 dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001 prevede che le amministrazioni pubbliche possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, nonché avvalersi delle forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell'impresa, esclusivamente nei limiti e con le modalità in cui se ne preveda l'applicazione nelle amministrazioni pubbliche. Tali contratti possono essere stipulati soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale e nel rispetto delle condizioni e modalità di reclutamento stabilite dall'articolo 35. Sempre ai sensi del comma 2 dell'articolo 36, i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato possono essere stipulati nel rispetto degli articoli 19 e seguenti del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. I contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato sono disciplinati dagli articoli 30 e seguenti del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, fatta salva la disciplina ulteriore eventualmente prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Non è possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro per l'esercizio di funzioni direttive e dirigenziali. Per prevenire fenomeni di precariato, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto delle disposizioni del presente articolo, sottoscrivono contratti a tempo determinato con i vincitori e gli idonei delle proprie graduatorie vigenti per concorsi pubblici a tempo indeterminato.
Tali assunzioni possono essere effettuate:
· secondo le modalità semplificate di cui all’articolo 14, comma 10-ter, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (conv. L. n. 26 del 2019), già previste per il reclutamento del personale dell’amministrazione giudiziaria, attraverso la forma del concorso unico di cui all'articolo 4, comma 3-quinquies, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (conv. L. n. 125 del 2013),
I commi 10-bis e 10-ter dell'articolo 14 del decreto-legge n. 4 del 2019 (conv. L. n. 26 del 2019) dettano disposizioni volte a rimediare alle scoperture di personale negli uffici giudiziari derivanti dall’attuazione della disciplina sull’accesso anticipato al trattamento pensionistico (cd. quota 100). In particolare il comma 10-bis autorizza, per l’anno 2019, il reclutamento di personale dell’amministrazione giudiziaria. Il comma 10-ter stabilisce che, al reclutamento del personale previsto dal comma 10-bis, si provvede mediante procedure pubbliche espletate nelle forme del concorso unico di cui all’art. 4, comma 3-quinquies, del decreto-legge n. 101 del 2013[10] e in deroga alle previsioni dei commi 4 e 4-bis dell’art. 35 del TU pubblico impiego[11].
Le concrete modalità di reclutamento prevedono la relativa richiesta al Dipartimento della funzione pubblica del Ministero della pubblica amministrazione che ne cura lo svolgimento con priorità e modalità semplificate. Anche qui si stabilisce la possibilità di deroga al regolamento della disciplina dei concorsi nella pubblica amministrazione (DPR 487 del 1994).
Tale deroga concerne anzitutto la possibilità di nomina e composizione di commissioni e sottocommissioni d’esame (in particolare, queste ultime potranno essere nominate anche per le prove scritte derogando ai requisiti di nomina dei componenti e ad esse dovranno aver assegnati almeno 250 candidati). E' inoltre possibile derogare alla disciplina delle prove d’esame in relazione, tra le altre: alla possibilità di far svolgere una prova preselettiva, anche con domande a risposta multipla (da correggere con l’ausilio di sistemi informatici e telematici); di prevedere forme semplificate di svolgimento degli scritti; di far svolgere – per profili tecnici - anche prove pratiche in aggiunta o in sostituzione di quelle scritte; di prevedere un particolare calcolo del punteggio d’esame. Un’ultima deroga al DPR del 1994 riguarda la disciplina della formazione delle graduatorie del concorso con l’inclusione tra i vincitori del concorso dei disabili risultati idonei (nei limiti numerici previsti dalla legge); ai fini della deroga, questi ultimi devono, tuttavia, risultare disoccupati al momento di formazione della graduatoria nonché essere iscritti nell’elenco tenuto dai servizi per il “collocamento mirato” nel cui ambito territoriale si trova la residenza dell'interessato.
· mediante l’avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento secondo le procedure previste dall’articolo 35, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
La lettera b) del comma 1 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001 prevede che l'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità.
· mediante lo scorrimento delle graduatorie vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.
La disposizione prevede, infine, che l'amministrazione giudiziaria può indicare un punteggio aggiuntivo in favore dei soggetti che abbiano i titoli di preferenza di cui all'articolo 50, commi 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (conv. L. n. 114 del 2014).
I commi 1-quater e 1-quinquies dell'articolo 50, introdotti dall'articolo 21-ter del decreto-legge n. 83 del 2015 (conv. L. n. 132 del 2015), recano disposizioni relative ai c.d. tirocinanti della giustizia, ovvero coloro che svolgono il tirocinio formativo presso l'ufficio per il processo. Lo svolgimento positivo di questa attività formativa costituisce titolo di preferenza nei concorsi nella pubblica amministrazione. Inoltre si prevede che nelle procedure concorsuali indette dall'amministrazione della giustizia siano introdotti meccanismi finalizzati a valorizzare l'esperienza formativa acquisita mediante il completamento del periodo di perfezionamento presso l'ufficio per il processo.
Il comma 2 reca disposizioni per la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo, che vengono quantificati in 3.861.324 euro per l’anno 2019 e in 27.029.263 euro per l’anno 2020.
Alla copertura dei predetti oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo, di parte corrente, per il federalismo amministrativo, di cui alla legge 15 marzo 1997, n. 59, iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno.
Al comma 3 si autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
L’articolo 9 ripristina la vigenza - fino al 31 dicembre 2019 - dell'articolo 57 del Codice in materia di protezione dei dati personali.
Quell'articolo del Codice concerne il trattamento dei dati effettuato dal Centro elaborazioni dati del Dipartimento di pubblica sicurezza e da organi, uffici o comandi di polizia, per finalità di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati.
La sua abrogazione è attualmente prevista dall'articolo 49 del decreto legislativo n. 51 del 2018. Essa vi è prevista come decorrente da un anno dall'entrata in vigore di tale decreto legislativo: dunque decorrente dall'8 giugno 2019.
Si intende così che la 'posticipazione' di tale termine, che ora si viene a prevedere, importi - giacché quel termine è ormai scaduto - il riacquisto della vigenza dell'articolo 57 del Codice (a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge).
Per sciogliere la catena normativa qui incisa, occorre risalire all'articolo 53 del Codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196 del 2003), quale vigente fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 51 del 2018.
L'articolo 53 richiamato prevedeva una sorta di regime 'speciale' per il trattamento di dati personali effettuato dal Centro elaborazione dati del Dipartimento di pubblica sicurezza o da forze di polizia sui dati destinati a confluirvi in base alla legge, ovvero da organi di pubblica sicurezza o altri soggetti pubblici per finalità di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati.
La 'specialità' era data dalla non applicazione di alcune disposizioni del medesimo Codice cd. della privacy.
L'articolo 57 del medesimo Codice, al contempo, prevedeva che per il sopra richiamato trattamento dei dati effettuato dal Centro elaborazioni dati e da organi, uffici o comandi di polizia, le modalità di attuazione dei principi del Codice fossero da definirsi con specifico decreto del Presidente della Repubblica, con particolare riguardo ad alcuni profili e principi[12]. A ciò provvide il regolamento recato dal D.P.R. n. 15 del 2018.
Successivamente è intervenuto il decreto legislativo n. 51 del 2018. Esso reca attuazione della direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016. Quella direttiva reca apposita disciplina relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati.
La direttiva europea 2016/680 procede in combinato disposto con il regolamento (UE) 2016/679 (atto di diretta applicazione: il coordinamento con la normativa nazionale è intervenuto con il decreto legislativo n. 101 del 2018).
Il complesso di tale disciplina europea ha importato una non marginale rivisitazione del Codice cd. della privacy.
Per la parte relativa agli articoli 53 e 57 del Codice, peraltro, la trasposizione della normativa europea nell'ordinamento italiano si è profilata come abrogazione tout court di quei due articoli, la cui disciplina risultava assorbita dal dispositivo della direttiva europea.
Pertanto l'articolo 49 del decreto legislativo n. 51 del 2018 ha disposto l'abrogazione di quei due articoli del Codice (insieme con alcuni altri), con il differimento tuttavia dell'abrogazione dell'articolo 57 del Codice decorso un anno dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.
Questo, onde dar tempo per il 'trapasso' al nuovo assetto ordinamentale (posto che i regolamenti adottati in attuazione degli articoli 53 e 57 del Codice continuano ad applicarsi fino all'adozione di diversa disciplina, prevede il medesimo articolo 49, comma 3, del decreto legislativo n. 51).
Il termine di decorrenza dell'abrogazione dell'articolo 57 del Codice quindi è scaduto l'8 giugno 2018.
È dunque intervenuta l'abrogazione dell'articolo 57 del Codice della privacy.
La disposizione del decreto-legge dispone ora che quel medesimo articolo 57 riacquisti vigenza (dalla data di entrata in vigore del decreto-legge), fino al 31 dicembre 2019.
Tale maggiore lasso di tempo è inteso come necessario (si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione) per evitare un 'vuoto', posto che un emanando d.P.R. in materia (su cui deve essere acquisito il parere del Consiglio di Stato) deve altresì tener conto di quanto previsto dal decreto-legge n. 113 del 2018 (al suo articolo 18), in materia di accesso al Centro elaborazione dati del Dipartimento di pubblica sicurezza, da parte dei Corpi e servizi di polizia municipale.
L'articolo 9, comma 2, proroga al 1° gennaio 2020 il termine a partire dal quale acquista efficacia la riforma della disciplina delle intercettazioni introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017.
Tale proroga, si precisa nella relazione illustrativa, si rende necessaria in quanto l'operatività della nuova disciplina è subordinata al completamento delle complesse misure organizzative in atto, anche relativamente alla predisposizione di apparati elettronici e digitali. Allo stato, infatti, le attività di collaudo dei sistemi presso i singoli uffici giudiziari delle procure della Repubblica, nonché quelle di adeguamento dei locali, risultano ancora in corso.
La lettera a), del comma 2 dell'articolo 9, modifica l’art. 9, comma 1, del decreto legislativo n. 216 del 2017, di riforma della disciplina delle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni che ha previsto che le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 7 si applicano alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi del giudice emessi dopo il 31 luglio 2019. Il decreto-legge proroga tale termine al 1° gennaio 2020.
Il decreto legislativo n. 216 del 2017 ha attuato la delega volta a riformare la disciplina delle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni, conferita al Governo dalla legge n. 103 del 2017 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario) sulla base di specifici principi e criteri direttivi. L’articolo 9 del decreto legislativo prevedeva nella sua versione originaria che le disposizioni di riforma della disciplina delle intercettazioni (con alcune eccezioni) avrebbero dovuto applicarsi alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi del giudice emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore dello stesso decreto (e quindi il 26 luglio 2018). Tale termine è stato quindi prorogato, dapprima, dal decreto-legge n. 91 del 2018, al 1°aprile 2019, e successivamente, dalla legge n. 145 del 2018 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) al 1°agosto 2019.
La proroga disposta dal decreto-legge non riguarda gli articoli 1 e 6 del decreto legislativo 216/2017:
· l’art. 1 inserisce nel codice penale il delitto di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente per punire con la reclusione fino a quattro anni chiunque, partecipando a incontri o conversazioni private con la persona offesa, ne registra il contenuto all'insaputa dell'interlocutore (microfoni o telecamere nascoste) per diffonderlo allo scopo di recare un danno all'altrui reputazione;
· l’art. 6 semplifica i presupposti per disporre le intercettazioni nei procedimenti per i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, quando tali reati siano puniti con pena detentiva non inferiore nel massimo a 5 anni. Se si procede per tali delitti, infatti, si deroga ai presupposti dell’art. 267 c.p.p. e l'intercettazione dovrà risultare necessaria (non più assolutamente indispensabile) e saranno sufficienti indizi di reato (anche non gravi).
La lettera b) del comma 2 dell'articolo 9 del decreto legge in esame, modifica invece il comma 2 del citato articolo 9 del decreto legislativo n. 216 del 2017.
In particolare è prorogato al 1°gennaio 2020 il termine a partire dal quale acquista efficacia la disposizione (art. 2, comma 1, lett. b) del citato decreto legislativo n.216 del 2017) che introduce un’eccezione al generale divieto di pubblicazione degli atti (art. 114 c.p.c.), tale da consentire la pubblicabilità dell’ordinanza di custodia cautelare di cui all’art. 292 c.p.c.
La proroga di cui alla lett. b) è conseguente a quella disposta dalla lett. a) del medesimo comma 2 della disposizione in commento che, come si è detto, procrastina l’applicazione della riforma delle intercettazioni al 1° gennaio 2020.
L'articolo 114, comma 2, c.p.c. dispone il divieto di pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti da segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare. Il D.Lgs 216 del 2017, all’art. 2, comma 1, lett. b) esclude dal suddetto divieto di pubblicazione l’ordinanza (con la quale il giudice concede la misura cautelare) indicata dall’art. 292 c.p.c.
Si ricorda peraltro che l’art. 292 è esso stesso oggetto di riforma da parte del D.lgs. 216 del 2017. In particolare l’art. 3, comma 6, lettera f) di tale provvedimento ha introdotto, nell’art. 292 c.p.c. un nuovo comma 2-quater, il quale prevede che quando è necessario per l'esposizione delle esigenze cautelari e degli indizi, delle comunicazioni e conversazioni intercettate sono riprodotti soltanto i brani essenziali. Tale disposizione come si è visto, per effetto della proroga disposta dalla lettera a) si applicherà esclusivamente alle intercettazioni disposte dopo il 31 dicembre 2019.
In relazione ai profili oggetto della proroga, la riforma prevista dal decreto legislativo n. 216 del 2017, in estrema sintesi:
· a tutela della riservatezza delle comunicazioni dei difensori nei colloqui con l'assistito, ne vieta la trascrizione, anche sommaria;
· prevede - con riguardo alla garanzia di riservatezza delle comunicazioni non penalmente rilevanti o contenenti dati sensibili - che quando l'ufficiale di polizia giudiziaria ascolta una comunicazione di questa natura non la trascriva, neanche sommariamente. L'ufficiale avrà, tuttavia, un obbligo di annotazione, anche sommaria, dei contenuti di quelle comunicazioni affinché il PM possa, eventualmente, compiere valutazioni diverse, chiedendo la trascrizione anche di quelle comunicazioni quando le ritenga utili alle indagini;
· in relazione alla procedura di selezione delle intercettazioni, disciplina la fase del deposito dei verbali e delle registrazioni, con la possibilità offerta alle parti di prenderne cognizione, e la fase dell'acquisizione del materiale intercettato al fascicolo delle indagini. Tale fase segue una duplice procedura, a seconda che le intercettazioni debbano o meno essere utilizzate per motivare una misura cautelare: nel primo caso, l'acquisizione è disposta dal PM a seguito del provvedimento del giudice che adotta la misura cautelare; nel secondo caso è disposta dal giudice che ha autorizzato le operazioni all'esito di un contradditorio tra accusa e difesa che può essere anche solo cartolare;
· prevede, a tutela dei difensori, che questi possano ottenere la trasposizione su supporto informatico delle registrazioni acquisite al fascicolo, e copia dei verbali delle operazioni. La trascrizione delle intercettazioni, attualmente prevista al termine dell'udienza di stralcio, dovrà invece essere effettuata all'apertura del dibattimento; solo in quella fase le parti potranno estrarre copia delle intercettazioni;
· stabilisce che tutti gli atti delle intercettazioni non acquisiti al fascicolo siano restituiti al PM per la conservazione nell'archivio riservato tenuto presso l'ufficio del PM e siano coperti da segreto; ogni accesso all'archivio dovrà essere registrato. Il GIP potrà accedere e ascoltare le registrazioni; i difensori delle parti potranno ascoltare le registrazioni ma non potranno ottenere copia delle registrazioni e degli atti;
· per quanto riguarda l'uso delle intercettazioni nel procedimento cautelare, prevede che, tanto nella richiesta di misura cautelare fatta dal PM, quanto nell'ordinanza del giudice che concede la misura, possano essere riprodotti solo i brani essenziali delle comunicazioni intercettate, che risultino necessari a sostenere la richiesta del PM o a motivare la decisione del giudice. Anche in questa fase, i difensori potranno esaminare gli atti e le registrazioni, ma non estrarre copia.
· dispone, poi, che sia il PM ad acquisire al fascicolo delle indagini le intercettazioni utilizzate per l'adozione di una misura cautelare; ciò farà seguito, peraltro, a un vaglio di rilevanza del materiale presentato dal PM a corredo della richiesta, effettuato dal giudice della cautela, che dovrà restituire al PM gli atti contenenti le comunicazioni e conversazioni intercettate ritenute dal giudice non rilevanti o inutilizzabili per la conservazione nell'archivio riservato;
· disciplina le intercettazioni tra presenti mediante immissione di captatori informatici in dispositivi elettronici portatili (c.d. trojan). I dettagli tecnici dei programmi informatici da utilizzare e che devono assicurare la possibilità di disattivare il dispositivo alla fine delle operazioni rendendolo inservibile sono stati definiti dal decreto ministeriale 20 aprile 2018.
L’articolo 10 integra di 500 unità, dal 20 giugno 2019 e fino al 14 luglio 2019, il contingente di personale militare di cui al comma 688 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017) da destinare alle esigenze di sicurezza connesse allo svolgimento dell'Universiade Napoli 2019, limitatamente ai servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili,
Il comma 688 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2018 ha prorogato fino al 31 dicembre 2019 e limitatamente a 7.050 unità l'operatività del piano di impiego di cui all’articolo 7-bis del decreto-legge 23 maggio 2008 n. 92 (c.d. “operazione strade sicure”), concernente l'utilizzo di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia. Da ultimo, l’articolo 27 del decreto legge n. 32 del 2019 ha integrato di ulteriori 15 unità, fino al 31 dicembre 2019, il contingente di personale militare di cui al richiamato piano di impiego operativo da destinare al presidio della zona rossa dei comuni di Casamicciola Terme e Lacco Ameno dell’isola d’Ischia, interessati dagli eventi sismici verificatisi il 21 agosto 2017.
La possibilità di fare ricorso alle Forze armate per far fronte a talune gravi emergenze di ordine pubblico sul territorio nazionale è stata contemplata per la prima volta nel corso della XI legislatura (1992-1994). Nelle successive legislature in diverse occasioni e attraverso specifici provvedimenti legislativi, si è nuovamente disposto l'invio di contingenti di personale militare da affiancare alle forze dell'ordine nell'ambito di operazioni di sicurezza e di controllo del territorio e di prevenzione dei delitti di criminalità organizzata. Il principale riferimento normativo in merito alle possibilità di impiego delle Forze armate in compiti di ordine pubblico è attualmente rappresentato dall'articolo 89 del Codice dell'ordinamento militare (d.lgs n. 66 del 2010) il quale include tra i compiti delle Forze Armate, oltre alla difesa della patria, il concorso alla "salvaguardia delle libere istituzioni".
Per quanto concerne le disposizioni di carattere ordinamentale applicabili al personale militare impiegato nelle richiamate attività di vigilanza connesse allo svolgimento dell'Universiade Napoli 2019 l’articolo 10 rinvia alle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 7-bis del decreto legge n. 92 del 2008, in base alle quali:
1. il personale militare è posto a disposizione dei prefetti interessati;
2. il piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell'interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari;
3. nel corso delle operazioni i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza.
In relazione al richiamato contingente di personale delle forze armate utilizzato nel piano di impiego operativo (comma 74 dell'articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2009) la disposizione in esame autorizza la spesa di euro 1.214.141 euro per l'anno 2019.
Alla relativa copertura si provvede a valere mediante corrispondente utilizzo delle risorse iscritte sul Fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente di cui alla legge 15 marzo 1997, n. 59, dello stato di previsione del Ministero dell'interno.
La XXX Universiade, che si svolgerà a Napoli dal 3 al l4 luglio 2019, è una manifestazione sportiva multidisciplinare rivolta ad atleti universitari provenienti da ogni parte del mondo.
Al riguardo, si ricorda che, al fine di assicurare la realizzazione dell’Universiade 2019, l’art. 1, co. 375-388, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) – come modificato dall’art. 10 del D.L. 91/2018 (L. 108/2018) – ha previsto la nomina di un commissario straordinario, individuato nel Direttore dell'Agenzia regionale Universiade 2019 (ARU).
Il commissario straordinario è stato chiamato a predisporre un piano degli interventi – volto alla progettazione e realizzazione di lavori e all'acquisizione di servizi e beni, anche per eventi strettamente connessi allo svolgimento della manifestazione sportiva –, nei termini e con le modalità previste dall’art. 61 del D.L. 50/2017 per gli eventi di sci alpino 2020 e 2021, tenendo conto dei progetti e degli interventi già approvati dagli enti interessati e dalla Federazione internazionale dello sport universitario.
Gli interventi previsti nel piano approvato sono dichiarati di pubblica utilità e di urgenza e qualificati come di preminente interesse nazionale.
Allo scopo di assicurare la realizzazione degli interventi del piano è stata costituita una cabina di coordinamento, che è composta dal commissario straordinario, dal Presidente della Regione Campania o da un suo delegato, dai sindaci delle città capoluogo di provincia della Campania o loro delegati, nonché dei comuni ove vengano localizzati gli interventi, dai presidenti di FISU, CUSI, CONI o un suo delegato, e dal presidente dell'ANAC o un suo delegato.
La consegna delle opere doveva avvenire entro il 31 maggio 2019 (salvo per quelle che, in quanto non indispensabili al regolare svolgimento degli eventi sportivi, potranno essere ultimate dopo).
Ai fini indicati, è stata autorizzata la spesa di € 100.000 per ciascuno degli anni 2018 e 2019.
Ogni sei mesi e al termine dell'incarico, il commissario invia, tra gli altri, alle competenti Commissioni parlamentari e al Presidente del Consiglio dei ministri, una relazione sulle attività svolte, insieme alla rendicontazione contabile delle spese sostenute[13].
Al termine delle Universiadi, le opere realizzate in attuazione del piano degli interventi restano acquisite al patrimonio della regione Campania o degli altri enti locali territorialmente competenti.
L’articolo 11 introduce una duplice fattispecie di ingresso in Italia - per missione e per gara sportiva - tra quelle per cui il permesso di soggiorno non sia necessario (in caso di soggiorni non superiori a tre mesi).
L'articolo novella la legge n. 68 del 2007, recante "Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio".
Di questa legge, la disposizione qui novellata (articolo 1, comma 1) prevede che per l'ingresso in Italia per visite, affari, turismo e studio, non sia richiesto il permesso di soggiorno, qualora la durata del soggiorno sia non superiore a tre mesi.
In tal caso è sufficiente il visto d'ingresso (rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello Stato di origine o di stabile residenza dello straniero); ed al momento dell'ingresso (o in caso di provenienza da Paesi dell'area Schengen, entro otto giorni dall'ingresso) lo straniero dichiara la sua presenza all'autorità di frontiera (o al questore della provincia in cui si trova).
Dunque tale regime 'agevolato' vale, secondo la norma vigente, per quattro tipologie e finalità di ingresso: visite; affari; turismo; studio.
La novella ne aggiunge due altre: missione; gara sportiva.
Conseguentemente, viene meno l'obbligo per l'interessato di acquisire (entro otto giorni dal suo ingresso in Italia) il permesso di soggiorno per gara sportiva o per missione. Rimane, immodificato, l'obbligo di acquisire il visto d'ingresso per gara sportiva o per missione (di cui al decreto interministeriale n. 850 del 2011).
Siffatta semplificazione è disposta - si legge nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione - con carattere di urgenza in ragione dello svolgimento delle Universiadi di Napoli (previsto dal 3 al 14 luglio 2019). Si prevede una partecipazione di 8.000 atleti (più il loro staff). Tale afflusso di persone importerebbe un'attività amministrativa da parte della questura di Napoli assai intensa e concentrata, qualora essa dovesse procedere al rilascio dei permessi di soggiorno per gara sportiva o per missione.
In relazione alle due tipologie di soggiorno il citato D.M. 11 maggio 2011, n. 850 dispone quanto segue:
Visto per "gara sportiva" (V.S.U.)
Il visto per gara sportiva consente l'ingresso, ai fini di un soggiorno di breve durata, allo sportivo straniero, agli allenatori, ai direttori tecnico-sportivi, ai preparatori atletici che intendano partecipare o siano invitati a partecipare, a carattere professionistico o dilettantistico, a singole competizioni o ad una serie di manifestazioni sportive organizzate dalle Federazioni sportive nazionali o dalle Discipline sportive associate riconosciute dal Comitato Olimpico nazionale Italiano, in territorio nazionale.
Per la partecipazione a tali gare, di carattere ufficiale o amichevole, ma esclusivamente nell'ambito di discipline sportive organizzate dalle Federazioni Sportive Nazionali o dalle Discipline associate riconosciute dal Comitato Olimpico, è necessaria la comunicazione del C.O.N.I. che attesti la notorietà della competizione, confermi l’invito a partecipare rivolto all’atleta o al gruppo sportivo, e richieda il rilascio del relativo visto d’ingresso. (…) Per l’ottenimento del visto d’ingresso per gara sportiva è in ogni caso richiesto il possesso di adeguati mezzi economici di sostentamento, non inferiori all'importo stabilito dal Ministero dell'interno con la direttiva di cui all'art. 4, comma 3 del testo unico n. 286/1998 e successive modifiche ed integrazioni, la disponibilità di un alloggio (prenotazione alberghiera o dichiarazione di ospitalità, prestata da cittadino dell’U.E. o straniero regolarmente residente in Italia), ed il possesso di un’assicurazione sanitaria, di cui alla Decisione del Consiglio del 22 dicembre 2003, nei termini ed alle condizioni stabilite dalle relative Linee Guida.
Visto per "missione" (V.S.U. o V.N.)
Il visto per missione consente l'ingresso in Italia, ai fini di un soggiorno di breve o lunga durata, a tempo determinato, allo straniero che per ragioni legate alla sua funzione politica, governativa o di pubblica utilità debba recarsi in territorio italiano.
Hanno accesso a tale categoria di visto gli stranieri che rivestano cariche governative o siano dipendenti di pubblica amministrazione, di enti pubblici, o di Organizzazioni internazionali, inviati in Italia nell'espletamento delle loro funzioni, ovvero i privati cittadini che per l'importanza della loro attività e per gli scopi del soggiorno possano ritenersi di pubblica utilità per le relazioni tra lo Stato di appartenenza e l'Italia.
Il visto per missione può essere rilasciato anche in favore di giornalisti corrispondenti ufficiali da accreditare in Italia. In tal caso, le richieste di visto dovranno essere avanzate per le vie diplomatiche, e la concessione del visto è in ogni caso subordinata all’acquisizione del preventivo nulla osta del Ministero degli affari esteri, Servizio Stampa.
Analogo visto per missione può essere rilasciato agli stranieri componenti lo stretto nucleo familiare convivente del titolare, anche quando quest'ultimo sia esente dal visto.
L’articolo 12 istituisce, presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, un fondo per le politiche di rimpatrio volto a sostenere iniziative di cooperazione o intese bilaterali per la riammissione degli stranieri irregolari presenti nel territorio nazionale e provenienti da Paesi extra-UE.
Il fondo ha una dotazione inziale di 2 milioni di euro per l’anno 2019, che potranno essere incrementati da una quota annua fino a 50 milioni di euro determinata annualmente con decreto interministeriale.
In particolare, (comma 1) il fondo è destinato a finanziare:
· interventi di cooperazione attraverso il sostegno al bilancio generale o settoriale;
· intese bilaterali.
Il sostegno al bilancio è uno degli strumenti per il finanziamento utilizzati dalla cooperazione allo sviluppo, disciplinata dalla legge 11 agosto 2014, n. 125 . In questo caso le risorse non sono destinate a finanziare un progetto specifico ma confluiscono direttamente nel bilancio dello Stato beneficiario. Il sostegno al bilancio generale consiste in finanziamenti del bilancio dello Stato per sostenere l’attuazione delle riforme macroeconomiche (programmi di aggiustamento strutturale, strategie di riduzione della povertà, promosse da organizzazioni internazionali). Il sostegno settoriale al bilancio, come il sostegno al bilancio generale, è un contributo finanziario al bilancio del governo destinatario. Tuttavia, il sostegno settoriale al bilancio è destinato a settori specifici id intervento, quali l’istruzione o la sanità.
La dotazione del fondo, inizialmente pari a 2 milioni per il 2019 (comma 1), potrà essere successivamente incrementata da una quota annua al massimo di 50 milioni di euro all’anno, a valere su una quota delle risorse derivanti dalle misure di razionalizzazione della spesa per la gestione dei centri per l’immigrazione e dagli interventi per la riduzione del costo giornaliero per l’accoglienza dei migranti posti in essere dal Ministero dell’interno in attuazione della legge di bilancio 2019. Il riferimento non riguarda la totalità di tali risorse, bensì dagli eventuali risparmi ulteriori alla soglia minima fissata dalla medesima legge di bilancio. La quota è individuata annualmente con il decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze ivi previsto, sentito il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (comma 2).
L’articolo 1, comma 767, secondo periodo, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) prescrive una razionalizzazione di spesa da parte del Ministero dell’interno. La norma specifica che la razionalizzazione debba coinvolgere la gestione dei centri per l’immigrazione, in conseguenza, si legge nella disposizione, della contrazione del fenomeno migratorio. Inoltre, il medesimo comma prevede, al contempo, interventi per la riduzione del costo giornaliero per l’accoglienza dei migranti. Da tali misure, prescrive la legge, devono derivare risparmi connessi all’attivazione, locazione e gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri irregolari per un ammontare almeno pari a 400 milioni di euro per l’anno 2019, a 550 milioni di euro per l’anno 2020 e a 650 milioni di euro annui a decorrere dal 2021.
Eventuali risparmi realizzati in eccesso rispetto alle predette soglie, e annualmente accertati con decreto interministeriale da adottare entro il 30 settembre di ciascun anno, sono destinati alle esigenze di funzionamento del Ministero dell’interno. Per essi si prevede l’istituzione di un apposito fondo nel programma "Servizi e affari generali per le amministrazioni di competenza" della missione "Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche" del Ministero medesimo.
La medesima legge di bilancio dispone, infine, che le somme accertate ai sensi del comma 2 e iscritte sul fondo siano ripartite tra i capitoli di funzionamento del Ministero dell’interno, con decreto del Ministro medesimo, previo assenso del Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato-Ispettorato generale del bilancio (art. 1, comma 768).
Alla copertura degli oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019 – 2021, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (comma 3).
L’allontanamento degli stranieri, quale sistema di contrasto alla immigrazione irregolare, trova applicazione nel nostro ordinamento attraverso diverse misure.
Una di questa è l’espulsione amministrativa, che può essere eseguita con l’accompagnamento alla frontiera da parte delle forze dell’ordine, disposto dal prefetto in determinati casi (rischio di fuga, presentazione di domanda di permesso di soggiorno fraudolenta ecc.).
Se l’espulsione non può essere eseguita immediatamente, gli stranieri sono trattenuti presso appositi Centri di permanenza per i rimpatri (CPR) istituiti dal D.L. 13/2017 in sostituzione dei centri di identificazione ed espulsione (i CIE, che a loro volta avevano sostituito i centri di permanenza temporanea ed assistenza – CPTA), per il tempo strettamente necessario alla loro identificazione ed espulsione.
Qualora non ricorrano le condizioni per l’accompagnamento immediato alla frontiera, lo straniero può chiedere al prefetto, ai fini dell’esecuzione dell’espulsione, la concessione di un periodo per la partenza volontaria, anche attraverso programmi di rimpatrio volontario ed assistito (RVA).
Al finanziamento di tali programmi si provvede attingendo al Fondo rimpatri, cui si aggiungono le risorse disponibili dei fondi europei per il rimpatrio.
Tra le misure previste dai programmi RVA è prevista anche la collaborazione con i Paesi di destinazione dei cittadini stranieri, per la promozione del reinserimento degli interessati.
Hanno la stessa finalità di agevolare i rimpatri gli accordi bilaterali di riammissione e gli accordi di riammissione UE, stipulati con i Paesi terzi a più forte pressione migratoria.
Secondo i dati inclusi nella documentazione menzionata dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Moavero Milanesi, nell’audizione sulle politiche internazionali in materia d’immigrazione, svoltasi il 6 marzo 2019 presso il Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e di vigilanza in materia di immigrazione, il Ministero dell’interno ha sottoscritto accordi di riammissione ed intese tecniche di varia natura con Algeria, Costa d’Avorio, Egitto, Filippine, Ghana, Gibuti, Kosovo, Marocco, Niger, Nigeria, Senegal, Sudan e Tunisia.
L’Unione europea ha invece sottoscritto accordi riammissione con Albania, Armenia, Azerbaijan, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Georgia, Hong Kong, Macao, Macedonia del Sud, Moldova, Montenegro, Pakistan, Russia, Serbia, Sri Lanka, Turchia ed Ucraina. Nell’ambito di quest’ultima categoria l’Italia ha sottoscritto protocolli bilaterali attuativi con Albania, Bosnia-Erzegovina, Moldova, Montenegro, Russia e Serbia, mentre è in corso di parafatura un’intesa con lo Sri Lanka ed in via di negoziazione un’intesa con l’Ucraina.
Con l’istituzione del Fondo di premialità per le politiche di rimpatrio la disposizione in esame si prefigge l’obiettivo di introdurre un ulteriore strumento per una “politica estera dell’immigrazione” finalizzato a favorire la riammissione degli stranieri nei Paesi di origine.
Si ricorda che l’art. 2, comma 6 della legge n. 125/2014 nel determinare i criteri dell’azione italiana nell’ambito della cooperazione internazionale allo sviluppo, menziona espressamente che essa è finalizzata a definire “politiche migratorie condivise con i Paesi partner, ispirate alla tutela dei diritti umani ed al rispetto delle norme europee e internazionali”.
Il rimpatrio volontario assistito
Il rimpatrio volontario assistito RVA consiste nella possibilità di ritorno offerta ai migranti che non possano o non vogliano restare nel Paese ospitante e che desiderano, in modo volontario e spontaneo, ritornare nel proprio Paese d´origine. L’istituto del rimpatrio volontario assistito è stato introdotto nell’ordinamento dal D.L. 89/2011, in attuazione della direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. In particolare il decreto-legge ha modificato l’articolo 13 del testo unico sull’immigrazione (Espulsione amministrativa), l’articolo 14 (Esecuzione dell’espulsione) e introdotto l’articolo 14-ter (Programmi di rimpatrio assistito). Le disposizioni sul rimpatrio volontario assistito non si applicano a coloro i quali sono destinatari di un provvedimento di espulsione come sanzione penale o conseguenza di questa, o sono destinatari di un provvedimento di estradizione o di un mandato di arresto europeo o di un mandato di arresto da parte della Corte penale internazionale.
Il RVA avviene sulla base di programmi di rimpatrio attuati dal Ministero dell’interno, anche in collaborazione con le organizzazioni internazionali o intergovernative esperte nel settore dei rimpatri, con gli enti locali e con associazioni attive nell’assistenza agli immigrati.
Al finanziamento dei programmi di rimpatrio volontario assistito si provvede nei limiti: a) delle risorse disponibili del Fondo rimpatri, individuate annualmente con decreto del Ministro dell’interno; b) delle risorse disponibili dei fondi europei destinati a tale scopo, secondo le relative modalità di gestione.
Il quadro normativo è stato successivamente integrato dal decreto ministeriale 27 ottobre 2011, recante Linee guida per l’attuazione dei programmi di rimpatrio volontario e assistito, le quali si applicano ai cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione Europea e agli apolidi che fanno richiesta di partecipazione ai programmi di rimpatrio volontario e assistito.
I programmi di rimpatrio volontario e assistito possono prevedere le seguenti attività:
- divulgazione di informazioni sulla possibilità di usufruire di sostegno al rimpatrio e sulle modalità di partecipazione ai relativi programmi;
- assistenza al cittadino straniero in fase di presentazione della richiesta e di altri adempimenti necessari per il rimpatrio;
- informazione sui diritti e doveri del cittadino straniero connessi alla partecipazione al programma di rimpatrio;
- organizzazione dei trasferimenti, assistenza del cittadino straniero, con particolare riguardo ai soggetti vulnerabili;
- corresponsione di un contributo economico per le prime esigenze nonché assistenza ed eventuale sostegno del cittadino straniero, al momento dell’arrivo nel Paese di destinazione;
- collaborazione con i Paesi di destinazione del cittadino straniero, al fine di promuovere adeguate condizioni di inserimento.
Il Fondo rimpatri
Il Fondo rimpatri, istituito presso il Ministero dell’interno, è disciplinato dall’articolo 14-bis del TU, introdotto dalla L. 94/2009. Esso è finalizzato a finanziare le spese per il rimpatrio (volontario e non) degli stranieri nei Paesi di origine o di provenienza.
Il Fondo è alimentato dalla metà del gettito del contributo per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno di cui all’art. 5, comma 2-ter del testo unico. Contributo introdotto dalla medesima legge 94/2009 e la cui misura è stata fissata da ultimo dal decreto interministeriale 5 maggio 2017, che ha dimezzato gli importi determinati in precedenza dal D.M. 6 ottobre 2011. Attualmente il contributo è di euro 40 per i permessi di soggiorno di durata superiore a tre mesi e inferiore o pari a un anno; in euro 50 per quelli di durata superiore a un anno e inferiore o pari a due anni; in euro 100 per il rilascio del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo. Gli importi sono stati così rideterminati a seguito della pronuncia della Corte di giustizia europea (sent. 2 settembre 2015 C-309/14) che li aveva ritenuti sproporzionati rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, e atti a creare un ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti da quest’ultima.
Il Fondo è allocato nel capitolo 2817 dello stato di previsione del Ministero dell’interno, con una dotazione di 11,4 milioni per il 2019, 11,5 per il 2020 e 10 per il 2021 (Decreto Ministero dell’economia e delle finanze 31 dicembre 2018, Ripartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e per il triennio 2019-2021).
Il decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, al fine di garantire l’esecuzione delle procedure di espulsione, respingimento o allontanamento degli stranieri irregolari dal territorio dello Stato, anche in considerazione dell’eccezionale afflusso di cittadini stranieri provenienti dal Nord Africa, ha autorizzato in favore del Ministero dell’interno per l’anno 2017, la spesa di euro 19.125.000 a valere sulle risorse del programma Fondo Asilo, migrazione e integrazione cofinanziato dall’Unione europea nell’ambito del periodo di programmazione 2014/2020 (vedi oltre).
Inoltre, al fine di incrementare il ricorso al rimpatrio volontario, la legge di bilancio 2018 aveva autorizzato la spesa di 500.000 euro per il 2018 e 1,5 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020 per l’avvio sperimentale di un Piano nazionale per la realizzazione di interventi di ritorno volontario assistito comprensivi di misure di reintegrazione (RVA&R) e di reinserimento dei rimpatriati nel Paese di origine (L. 205/2017, art. 1, comma 1122, lett. b).
In base alle nuove disposizioni, il Piano prevedeva:
- l’attivazione di massimo trenta sportelli comunali per attività di informazione, di orientamento e di assistenza sociale e legale per gli stranieri che possono accedere ai programmi esistenti di ritorno volontario e assistito. Gli sportelli sono attivati in concorso con le associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali e in accordo con prefetture, questure e con le organizzazioni internazionali;
- la formazione specialistica di personale interno;
- l’informazione sui progetti di reintegrazione nei Paesi di origine.
Le linee guida e le modalità di attuazione del Piano erano rimesse ad un decreto del Ministro dell’interno da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge. Tali somme erano allocate nel capitolo 2302 dello stato di previsione del ministero dell’interno.
Con il primo decreto sicurezza del 2018, gli stanziamenti destinati al progetto RVA&R sono trasferiti al Fondo rimpatri, cosicché le risorse possano essere destinate anche a forme di rimpatrio diverse dal rimpatrio volontario e assistito (D.L. 113/2018, art. 6).
I finanziamenti UE
Il Fondo Asilo Migrazione e Integrazione 2014-2020, istituito con il Regolamento UE 516/2014, ha l’obiettivo generale di “contribuire alla gestione efficace dei flussi migratori e all’attuazione, al rafforzamento e allo sviluppo della politica comune di asilo, protezione sussidiaria e protezione temporanea e della politica comune dell’immigrazione, nel pieno rispetto dei diritti e dei principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea” (art. 1 Reg. UE 516/2014).
Il Fondo offre un supporto agli Stati per perseguire i seguenti obiettivi particolari:
- rafforzare e sviluppare tutti gli aspetti del sistema europeo comune di asilo, compresa la sua dimensione esterna;
- sostenere la migrazione legale verso gli Stati membri in funzione del loro fabbisogno economico ed occupazionale e promuovere l’effettiva integrazione dei cittadini di Paesi terzi;
- promuovere strategie di rimpatrio eque ed efficaci negli Stati membri, che contribuiscano a contrastare l’immigrazione illegale, con particolare attenzione al carattere durevole del rimpatrio e alla riammissione effettiva nei paesi di origine e di transito;
- migliorare la solidarietà e la ripartizione delle responsabilità fra gli Stati membri, specie quelli più esposti ai flussi migratori e di richiedenti asilo, anche attraverso la cooperazione pratica.
Le risorse globali previste in origine dal Regolamento per il FAMI ammontavano a 3.137 milioni di euro per 7 anni (art. 14 Reg. UE 516/2014).
Parte di queste risorse sono impiegate nell’ambito dei programmi nazionali adottati di concerto con i Paesi membri (art. 19).
Il Programma nazionale per l’Italia è stato adottato nel 2015 e successivamente modificato, da ultimo il 21 maggio 2019.
Il PN è articolato al suo interno in tre Obiettivi Specifici afferenti rispettivamente al sistema di Asilo (Obiettivo Specifico 1 – Asilo), alle misure di integrazione (Obiettivo Specifico 2 – Integrazione/Migrazione legale) e agli interventi di rimpatrio sia volontario sia forzato (Obiettivo Specifico 3 – Rimpatri). Nell’ambito di ciascun Obiettivo Specifico sono delineate molteplici azioni che si riferiscono a diversi settori di intervento.
La dotazione originaria prevista per l’Italia era pari a 310.355.777 euro Attualmente le risorse complessive, riferite all’ultima versione approvata del PN, ammontano a 394.185.470 euro di quota comunitaria (di cui 184.876.596,36 per asilo e solidarietà e 209.308.873,64 per integrazione e rimpatrio), cui si aggiunge una pari somma di risorse nazionali.
I progetti RVA
Con le risorse europee del ciclo di programmazione 2014-2020 e con le risorse nazionali del 2017 sono stati finanziati alcuni progetti RVA attualmente tutti conclusi.
I progetti hanno previsto l’adozione di misure volte alla realizzazione di un piano individuale o familiare di reintegrazione, anche attraverso l’erogazione di un sussidio di beni e servizi compreso tra i 1.500 e i 2.000 euro, oltre ad un contributo di prima sistemazione pari a 400 euro al momento della partenza.
Inoltre, sono state adottate misure finalizzate a diffondere l’informazione e la conoscenza qualificata del RVA, quali l’attivazione di un numero verde dedicato, la previsione di una campagna informativa nazionale, l’attivazione di regional counsellors che hanno svolto attività divulgativa sul territorio.
In numero totale dei RVA effettuati dall’Italia a partire dall’estate 2016, nell’ambito di 7 progetti complessivi, ammonta a 2.312 persone, con un picco nel 2018 di 1.185. Nel 2019 (al 20 aprile) risultano 122 RVA.
Nell’ottobre 2018, con avviso pubblico FAMI, sono stati selezionati e ammessi a finanziamento 6 nuovi progetti di RVA che prevedono di realizzare 1.600 rimpatri entro il dicembre 2021. Il finanziamento è pari complessivamente 7.244 milioni di euro.
Fonte: Camera dei deputati, Documento acquisito in occasione dell’audizione del Capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione nel corso dell’indagine conoscitiva in materia di politiche dell’immigrazione, diritto d’asilo e gestione dei flussi migratori, 29 maggio 2019.
Gli articoli da 13 a 17, che costituiscono il Capo III del decreto-legge, dettano disposizioni urgenti per il contrasto dei fenomeni di violenza connessi a manifestazioni sportive.
Il provvedimento d’urgenza anticipa così l’entrata in vigore di disposizioni attualmente inserite nel disegno di legge A.C. 1603-ter, in corso di esame in Commissione Giustizia alla Camera dei deputati.
In estrema sintesi, attraverso le disposizioni di questo capo il decreto-legge:
• interviene sulla disciplina del c.d. DASPO, divieto di accesso alle competizioni sportive, per ampliarne la portata;
• estende anche agli arbitri e agli altri soggetti chiamati ad assicurare la regolarità delle competizioni sportive le tutele attualmente previste dall’ordinamento per gli addetti ai varchi di accesso agli impianti;
• estende il campo d’applicazione del divieto, per le società sportive, di corrispondere titoli di accesso o altre agevolazioni, nonché di contrattare, con i soggetti destinatari di DASPO, di misure di prevenzione o con i pregiudicati per specifici reati.
• interviene sul c.d. Codice antimafia per consentire il fermo di indiziato di delitto, in deroga ai limiti di pena previsti dal codice di procedura penale, anche per coloro che risultino gravemente indiziati di un delitto commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
• stabilizza nel nostro ordinamento l’istituto dell’arresto in flagranza differita sia per reati violenti commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto, sia quando per gli stessi reati, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, sia obbligatorio l’arresto.
• apporta modifiche al codice penale, volte al rafforzamento delle misure di contrasto dei fenomeni di violenza nelle competizioni sportive.
• amplia l’ambito applicativo della disciplina sanzionatoria della vendita non autorizzata di biglietti per le competizioni sportive e del cd. bagarinaggio, ossia la stessa vendita a prezzi maggiorati.
L’unica disposizione dell’A.C. 1603-ter che non è stata inserita nel decreto-legge è quella che affida al Governo una delega per l’adozione di un testo unico di riordino della disciplina sulla prevenzione e il contrasto alla violenza nelle manifestazioni sportive, dettando alcuni principi e criteri direttivi. Come è noto, infatti, le deleghe legislative non possono essere inserite in decreti-legge.
In particolare, il comma 1 dell’articolo 13 interviene sulla legge n. 401 del 1989, relativa a Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive.
La lettera a) modifica l’articolo 6 della citata legge, che disciplina il c.d. DASPO, divieto di accesso alle competizioni sportive.
Il DASPO nelle manifestazioni sportive è una “misura di prevenzione atipica” (Cass. Sez. 1, n. 42744 del 15/10/2003). Anche la Corte costituzionale intervenuta più volte sull’istituto, ha inquadrato la misura del DASPO tra quelle di prevenzione, che possono quindi essere inflitte indipendentemente dalla commissione di un reato (cfr sentenza n. 512 del 2002). In base alla disciplina anteriore al decreto-legge in commento, la misura poteva essere emessa:
a) nei confronti delle persone denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi 5 anni, per uno dei seguenti reati: porto d’armi od oggetti atti ad offendere; uso di caschi protettivi od altro mezzo idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona; esposizione o introduzione di simboli o emblemi discriminatori o razzisti; lancio di oggetti idonei a recare offesa alla persona, indebito superamento di recinzioni o separazioni dell’impianto sportivo, invasione di terreno di gioco e possesso di artifizi pirotecnici;
b) nei confronti di chi abbia preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive o che abbia, nelle medesime circostanze, incitato, inneggiato, o indotto alla violenza;
c) nei confronti degli indiziati di reati di terrorismo, anche internazionale, e di altri reati contro la personalità interna dello Stato e l’ordine pubblico (art. 4, comma, 1, lett. d) del Codice antimafia).
Recentemente la Corte di Cassazione (Sez. III, sentenza 16.01.2017 n. 1767) ha specificato che l’espressione “in occasione o a causa di manifestazioni sportive” non deve essere intesa nel senso che gli atti di violenza o comunque le restanti condotte che possano giustificare la adozione dei provvedimenti di DASPO debbano essersi verificati durante lo svolgimento della manifestazione sportiva ma nel senso che con essa abbiano un immediato nesso eziologico, ancorché non di contemporaneità. La ratio della disposizione in questione è, infatti, quella di prevenire fenomeni di violenza, tali da mettere a repentaglio l’ordine e la sicurezza pubblica, laddove questi siano connessi non con la pratica sportiva ma con l’insorgenza di quegli incontrollabili stati emotivi e passionali che, tanto più ove ci si trovi di fronte ad una moltitudine di persone, spesso covano e si nutrono della appartenenza a frange di tifoserie organizzate, perlopiù, ma non esclusivamente, operanti nell’ambito del gioco del calcio. Per la Corte un’eventuale limitazione della portata della norma, che ne confinasse l’applicazione alla sola durata della manifestazione sportiva, ridurrebbe di molto la efficacia dissuasiva della medesima, posto che renderebbe inapplicabile la relativa disciplina ogniqualvolta gli eventi, pur determinati da una mal governata passione sportiva e dalla distorsione del ruolo del tifoso, si realizzino in un momento diverso dal verificarsi del fattore che li ha scatenati.
Il Daspo viene emesso dal questore o dall’autorità giudiziaria (con la sentenza di condanna per i reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, come sopra specificati).
Il provvedimento può prevedere come prescrizione ulteriore l’obbligo di presentazione in un ufficio o comando di polizia durante lo svolgimento di manifestazioni specificatamente indicate. Tale prescrizione, comportando una limitazione della libertà personale dell’interessato, è sottoposta alla procedura di convalida del provvedimento davanti al GIP competente, sulla base del luogo dove ha sede l’ufficio del questore che ha emesso il provvedimento.
Con riferimento alla durata, il divieto e l'ulteriore prescrizione (obbligo di comparizione) non possono avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni e sono revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione. In caso di condotta di gruppo, la durata non può essere inferiore a tre anni nei confronti di coloro che ne assumono la direzione. Nei confronti dei recidivi è sempre disposta la prescrizione dell’obbligo di comparizione e la durata del nuovo divieto e della prescrizione non può essere inferiore a cinque anni e superiore a otto anni.
Il contravventore alle suddette disposizioni è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 10.000 euro a 40.000 euro. Le stesse disposizioni si applicano nei confronti delle persone che violano in Italia il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive adottato dalle competenti Autorità di uno degli altri Stati membri dell'Unione europea.
Il DASPO viene sempre notificato all'interessato ma, nel caso in cui ad esso si aggiunga l'obbligo di comparizione, esso è comunicato anche alla Procura della Repubblica presso il Tribunale competente (art. 6, comma 3, legge n. 401/89). In quest’ultimo caso, il Procuratore della Repubblica, entro 48 ore dalla sua notifica all'interessato, ne chiede la convalida al G.i.p. presso il medesimo Tribunale, che deve provvedere entro le successive 48 ore pena la perdita di efficacia. Tuttavia, il questore può autorizzare l'interessato, in caso di gravi e documentate esigenze, a comunicare per iscritto il luogo in cui questi sia reperibile durante le manifestazioni sportive.
Il DASPO è ricorribile in sede giurisdizionale-amministrativa (ossia al TAR e, in secondo grado, al Consiglio di Stato). Invece, l’ordinanza del G.I.P. che lo convalida nelle ipotesi di cui all’art. 6 commi 2 e 3 L. 401/89 è ricorribile per Cassazione, ma il ricorso non ha effetto sospensivo.
Rispetto alla normativa previgente, come si evince dal testo a fronte che segue, il decreto-legge:
· aggiunge il reato di rissa (art. 588 c.p.) tra quelli che, in caso di denuncia o di condanna anche non definitiva, possono comportare l’applicazione del DASPO (nuovo comma 1, lett. c), dell’art. 6);
Si ricorda che l’art. 588 c.p. punisce con la multa fino a 309 euro chiunque partecipa a una rissa (primo comma). Se nella rissa taluno rimane ucciso o riporta una lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, è della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se l'uccisione o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa. La Relazione illustrativa del disegno di legge di conversione motiva l’inserimento di questa fattispecie con «l’elevato rischio per la sicurezza pubblica che deriverebbe dalla realizzazione di simili condotte nell’ambito di una manifestazione sportiva».
· specifica che i fatti che determinano il questore o l’autorità giudiziaria ad emettere il divieto di accesso alle competizioni sportive possono essere stati commessi anche non in occasione o a causa di manifestazioni sportive (nuovo comma 1, lett. c) e d), dell’art. 6);
La Relazione illustrativa fa l’esempio di comportamenti posti in essere nel corso di manifestazioni politiche, che convincono le autorità ad applicare il divieto di accesso agli stadi, in quanto i reati per i quali si procede sarebbero comunque indice di particolare allarme sociale. Il Governo ritiene infatti che occorra evitare che soggetti coinvolti in indagini per reati contro l’ordine pubblico «possano accedere alle manifestazioni sportive, luoghi in cui condotte analoghe potrebbero comportare una condizione di particolare rischio per l’ordine e l’incolumità pubblica».
· introduce un nuovo comma 1-ter, nel quale sposta il contenuto dei previgenti secondo e ultimo periodo del comma 1, e precisa che il DASPO per fatti commessi all’estero può essere disposto a seguito di accertamenti svolti, non solo dall’autorità straniera competente, ma anche dalle forze di polizia italiane che cooperano con detta autorità in relazione alla specifica manifestazione sportiva;
Si ricorda che a livello internazionale, a seguito degli episodi particolarmente gravi avvenuti durante lo svolgimento di manifestazioni sportive internazionali, si è giunti alla firma, e successiva ratifica, della Convenzione Europea sulla violenza e i disordini degli spettatori durante le manifestazioni sportive, segnatamente nelle partite di calcio, conclusa a Strasburgo il 19 agosto del 1985 dagli Stati membri del Consiglio d'Europa e dagli altri Stati parte nella Convenzione culturale europea.
Successivamente, sono seguiti numerosi provvedimenti a livello UE tra cui la Decisione del Consiglio del 25 aprile 2002, concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali , che istituisce punti nazionali d'informazione sul calcio per lo scambio delle informazioni e l'agevolazione della cooperazione internazionale tra forze di polizia (Gazzetta ufficiale n. L 121 dell’8 maggio 2002).
· aumenta al comma 5 la durata della misura di prevenzione applicabile ai recidivi ed a coloro che abbiano violato un precedente DASPO: nei confronti di persona già destinataria del DASPO, la durata del nuovo divieto – cui si accompagna sempre l’obbligo di presentarsi all’ufficio di polizia in concomitanza con le manifestazioni sportive – non potrà essere inferiore a 6 anni né superiore a 10 (in precedenza da 5 a 8 anni). In caso di violazione del divieto di accesso alle manifestazioni sportive, la durata del DASPO può essere aumentata fino a 10 anni (in luogo degli attuali 8);
· interviene sul comma 7, relativo al DASPO comminato dal giudice a seguito di sentenza di condanna per violazione di un precedente provvedimento di divieto di accesso a manifestazioni sportive: anche in questo caso la durata massima del provvedimento viene portata a 10 anni, rispetto ai previgenti 8 anni;
· subordina (comma 8-bis) il provvedimento di riabilitazione, che il destinatario può chiedere trascorsi 3 anni dalla cessazione del divieto, a condotte di ravvedimento operoso consistenti nella riparazione dei danni causati, nel risarcimento del danno, nella collaborazione con le autorità ai fini dell’individuazione di altri autori delle violenze. La disposizione sembra fare esclusivo riferimento al DASPO applicato a seguito di violenze nell’ambito di manifestazioni sportive e non anche, invece, a quello che potrebbe essere applicato a soggetti ritenuti pericolosi per l’ordine pubblico in base alle lettere c) e d) del nuovo comma 1 (gli indiziati di particolari reati). Per tali soggetti, dunque, potrebbe non essere possibile conseguire la riabilitazione.
· inserisce il comma 8-ter, per consentire al questore, quando il DASPO colpisca soggetti definitivamente condannati per delitti non colposi, di aggiungere al divieto di partecipazione alle manifestazioni sportive anche i divieti normalmente impartiti ai destinatari dell’avviso orale (disciplinato dall’art. 3 del d.lgs. n. 159 del 2011): si tratta del divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti e accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto blindati o modificati al fine di aumentarne la potenza o la capacità offensiva, ovvero comunque predisposti al fine di sottrarsi ai controlli di polizia, armi a modesta capacità offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi tipo, compresi i giocattoli riproducenti armi, altre armi o strumenti, in libera vendita, in grado di nebulizzare liquidi o miscele irritanti non idonei ad arrecare offesa alle persone, prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, nonché sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme, nonché programmi informatici ed altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi.
In analogia con quanto previsto per l’avviso orale dal Codice antimafia, anche in questo caso gli ulteriori divieti possono essere applicati in presenza di qualsiasi condanna per delitto non colposo: non si fa infatti riferimento a condanne per delitti ricompresi nell’elenco di quelli che giustificano il DASPO nei confronti dell’indagato.
Contro l’applicazione di questi ulteriori divieti, il destinatario del DASPO può presentare opposizione davanti al tribunale in composizione monocratica.
In caso di violazione dei divieti, si applica l’art. 76, comma 2, del Codice antimafia, che prevede la reclusione da 1 a 8 anni e la multa da 1.549 a 5.164 euro. Gli strumenti, gli apparati, i mezzi e i programmi posseduti o utilizzati sono confiscati ed assegnati alle Forze di polizia, se ne fanno richiesta, per essere impiegati nei compiti di istituto.
Normativa previgente |
D.L. n. 53 del 2019 |
L. 13/12/1989, n. 401 |
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Art. 6 Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive |
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1. Nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati di cui all'articolo 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, all'articolo 6-bis, commi 1 e 2, e all'articolo 6-ter, della presente legge, nonché per il reato di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, e per uno dei delitti contro l'ordine pubblico e dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro II, titolo V e titolo VI, capo I, del codice penale, nonché per i delitti di cui all'articolo 380, comma 2, lettere f) ed h) del codice di procedura penale, ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime. Il divieto di cui al presente comma può essere disposto anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all'estero, specificamente indicate, ovvero dalle competenti Autorità degli altri Stati membri dell'Unione europea per le manifestazioni sportive che si svolgono in Italia. Il divieto di cui al presente comma può essere adottato anche nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. Il divieto di cui al presente comma può essere, altresì, disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi di fatto, risulta avere tenuto, anche all'estero, una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l'ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui al primo periodo. Il divieto per fatti commessi all'estero, accertati dall'autorità straniera competente, è disposto dal questore della provincia del luogo di residenza ovvero del luogo di dimora abituale del destinatario della misura. |
1. Il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime nei confronti di: a) coloro che risultino denunciati per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza; b) coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all'estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l'ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui alla lettera a); c) coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti per alcuno dei reati di cui all'articolo 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, agli articoli 6-bis, commi 1 e 2, e 6-ter della presente legge, per il reato di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, o per alcuno dei delitti contro l'ordine pubblico o dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro II, titoli V e VI, capo I del codice penale o per il delitto di cui all’articolo 588 dello stesso codice, ovvero per alcuno dei delitti di cui all'articolo 380, comma 2, lettere f) ed h) del codice di procedura penale, anche se il fatto non è stato commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive; d) ai soggetti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), del codice della leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, anche se la condotta non è stata posta in essere in occasione o a causa di manifestazioni sportive. |
1-bis. Il divieto di cui al comma 1 può essere disposto anche nei confronti di soggetti minori di diciotto anni che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età. Il provvedimento è notificato a coloro che esercitano la potestà genitoriale. |
1-bis. Identico. |
[v. sopra, comma 1, secondo periodo]
[v. sopra, comma 1, ultimo periodo]
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1-ter. Il divieto di cui al comma 1 può essere disposto anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all'estero, specificamente indicate. Il divieto di accesso alle manifestazioni sportive che si svolgono in Italia può essere disposto anche dalle competenti Autorità degli altri Stati membri dell'Unione europea, con i provvedimenti previsti dai rispettivi ordinamenti. Per fatti commessi all’estero, accertati dall'autorità straniera competente o dagli organi delle Forze di polizia italiane che assicurano, sulla base di rapporti di cooperazione, il supporto alle predette autorità nel luogo di svolgimento della manifestazione, il divieto è disposto dal questore della provincia del luogo di residenza ovvero del luogo di dimora abituale del destinatario della misura. |
2. Alle persone alle quali è notificato il divieto previsto dal comma 1, il questore può prescrivere, tenendo conto dell'attività lavorativa dell'invitato, di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, nell'ufficio o comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell'obbligato o in quello specificamente indicato, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto di cui al comma 1. |
2. Identico. |
2-bis. La notifica di cui al comma 2 deve contenere l'avviso che l'interessato ha facoltà di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni al giudice competente per la convalida del provvedimento. |
2-bis. Identico. |
3. La prescrizione di cui al comma 2 ha effetto a decorrere dalla prima manifestazione successiva alla notifica all'interessato ed è immediatamente comunicata al procuratore della Repubblica presso il tribunale o al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, se l'interessato è persona minore di età, competenti con riferimento al luogo in cui ha sede l'ufficio di questura. Il pubblico ministero, se ritiene che sussistano i presupposti di cui al comma 1, entro quarantotto ore dalla notifica del provvedimento ne chiede la convalida al giudice per le indagini preliminari. Le prescrizioni imposte cessano di avere efficacia se il pubblico ministero con decreto motivato non avanza la richiesta di convalida entro il termine predetto e se il giudice non dispone la convalida nelle quarantotto ore successive. Nel giudizio di convalida, il giudice per le indagini preliminari può modificare le prescrizioni di cui al comma 2. |
3. Identico. |
4. Contro l'ordinanza di convalida è proponibile il ricorso per Cassazione. Il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza. |
4. Identico. |
5. Il divieto di cui al comma 1 e l'ulteriore prescrizione di cui al comma 2 non possono avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni e sono revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione. In caso di condotta di gruppo di cui al comma 1, la durata non può essere inferiore a tre anni nei confronti di coloro che ne assumono la direzione. Nei confronti della persona già destinataria del divieto di cui al primo periodo è sempre disposta la prescrizione di cui al comma 2 e la durata del nuovo divieto e della prescrizione non può essere inferiore a cinque anni e superiore a otto anni. La prescrizione di cui al comma 2 è comunque applicata quando risulta, anche sulla base di documentazione videofotografica o di altri elementi oggettivi, che l'interessato ha violato il divieto di cui al comma 1. Nel caso di violazione del divieto di cui al periodo precedente, la durata dello stesso può essere aumentata fino a otto anni. |
5. Il divieto di cui al comma 1 e l'ulteriore prescrizione di cui al comma 2 non possono avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni e sono revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione. In caso di condotta di gruppo di cui al comma 1, la durata non può essere inferiore a tre anni nei confronti di coloro che ne assumono la direzione. Nei confronti della persona già destinataria del divieto di cui al primo periodo è sempre disposta la prescrizione di cui al comma 2 e la durata del nuovo divieto e della prescrizione non può essere inferiore a sei anni e superiore a dieci anni. La prescrizione di cui al comma 2 è comunque applicata quando risulta, anche sulla base di documentazione videofotografica o di altri elementi oggettivi, che l'interessato ha violato il divieto di cui al comma 1. Nel caso di violazione del divieto di cui al periodo precedente, la durata dello stesso può essere aumentata fino a dieci anni. |
6. Il contravventore alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 10.000 euro a 40.000 euro. Le stesse disposizioni si applicano nei confronti delle persone che violano in Italia il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive adottato dalle competenti Autorità di uno degli altri Stati membri dell'Unione europea. |
6. Identico. |
7. Con la sentenza di condanna per i reati di cui al comma 6 e per quelli commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni il giudice dispone, altresì, il divieto di accesso nei luoghi di cui al comma 1 e l'obbligo di presentarsi in un ufficio o comando di polizia durante lo svolgimento di manifestazioni sportive specificamente indicate per un periodo da due a otto anni, e può disporre la pena accessoria di cui all'articolo 1, comma 1-bis, lettera a), del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205. Il capo della sentenza non definitiva che dispone il divieto di accesso nei luoghi di cui al comma 1 è immediatamente esecutivo. Il divieto e l'obbligo predetti non sono esclusi nei casi di sospensione condizionale della pena e di applicazione della pena su richiesta. |
7. Con la sentenza di condanna per i reati di cui al comma 6 e per quelli commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni il giudice dispone, altresì, il divieto di accesso nei luoghi di cui al comma 1 e l'obbligo di presentarsi in un ufficio o comando di polizia durante lo svolgimento di manifestazioni sportive specificamente indicate per un periodo da due a dieci anni, e può disporre la pena accessoria di cui all'articolo 1, comma 1-bis, lettera a), del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205. Il capo della sentenza non definitiva che dispone il divieto di accesso nei luoghi di cui al comma 1 è immediatamente esecutivo. Il divieto e l'obbligo predetti non sono esclusi nei casi di sospensione condizionale della pena e di applicazione della pena su richiesta. |
8. Nei casi di cui ai commi 2, 6 e 7, il questore può autorizzare l'interessato, per gravi e comprovate esigenze, a comunicare per iscritto allo stesso ufficio o comando di cui al comma 2 il luogo di privata dimora o altro diverso luogo, nel quale lo stesso interessato sia reperibile durante lo svolgimento di specifiche manifestazioni agonistiche. |
8. Identico. |
8-bis. Decorsi almeno tre anni dalla cessazione del divieto di cui al comma 1, l'interessato può chiedere la cessazione degli ulteriori effetti pregiudizievoli derivanti dall'applicazione del medesimo divieto. La cessazione è richiesta al questore che ha disposto il divieto o, nel caso in cui l'interessato sia stato destinatario di più divieti, al questore che ha disposto l'ultimo di tali divieti ed è concessa se il soggetto ha dato prova costante ed effettiva di buona condotta, anche in occasione di manifestazioni sportive. |
8-bis. Decorsi almeno tre anni dalla cessazione del divieto di cui al comma 1, l'interessato può chiedere la cessazione degli ulteriori effetti pregiudizievoli derivanti dall'applicazione del medesimo divieto. La cessazione è richiesta al questore che ha disposto il divieto o, nel caso in cui l'interessato sia stato destinatario di più divieti, al questore che ha disposto l'ultimo di tali divieti ed è concessa se il soggetto ha adottato condotte di ravvedimento operoso, quali la riparazione integrale del danno eventualmente prodotto, mediante il risarcimento anche in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile, nonché la concreta collaborazione con l’autorità di polizia o con l’autorità giudiziaria per l’individuazione degli altri autori o partecipanti ai fatti per i quali è stato adottato il divieto di cui al comma 1 e ha dato prova costante ed effettiva di buona condotta, anche in occasione di manifestazioni sportive. |
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8-ter. Con il divieto di cui al comma 1, il questore può imporre ai soggetti che risultano definitivamente condannati per delitti non colposi anche i divieti di cui all’articolo 3, comma 4, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, avverso i quali può essere proposta opposizione ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 3. Nel caso di violazione dei divieti di cui al periodo precedente, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 76, comma 2, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011. |
Le lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo 13 intervengono, rispettivamente, sugli articoli 6-quater e 6-quinquies della legge n. 401 del 1989, per estendere anche agli arbitri e agli altri soggetti chiamati ad assicurare la regolarità delle competizioni sportive, le tutele attualmente previste dall’ordinamento per gli addetti ai varchi di accesso agli impianti.
In particolare,
· inserendo un ulteriore comma all’art. 6-quater, la riforma (lett. b) prevede la pena della reclusione da 6 mesi a 5 anni a carico di chiunque commette fatti di violenza o minaccia nei confronti degli arbitri e degli altri soggetti che assicurano la regolarità tecnica delle manifestazioni sportive. E’ prevista infatti l’applicazione delle pene previste per i reati di violenza o minaccia a pubblico ufficiale (art. 336 c.p.) e di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.).
Si ricorda che l’art. 336 c.p. punisce con la reclusione da 6 mesi a 5 anni chiunque usa violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, o ad omettere un atto dell'ufficio o del servizio; la pena è della reclusione fino a tre anni, se il fatto è commesso per costringere alcuna delle persone anzidette a compiere un atto del proprio ufficio o servizio, o per influire, comunque, su di essa. L’art. 337 c.p. punisce con la reclusione da 6 mesi a 5 anni chiunque usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza.
· inserendo un ulteriore comma all’art. 6-quinquies, la riforma (lett. c) prevede l’applicazione delle pene previste per il reato di lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive (art. 583-quater c.p.) quando le lesioni siano arrecate ad arbitri o ad altri soggetti che assicurano la regolarità tecnica delle manifestazioni sportive. In particolare, l’art. 583-quater c.p. prevede la reclusione da 4 a 10 anni in caso di lesioni gravi e la reclusione da 8 a 16 anni per le lesioni gravissime.
Normativa previgente |
Decreto-legge n. 53 del 2019 |
L. 13/12/1989, n. 401 |
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Art. 6-quater Violenza o minaccia nei confronti degli addetti ai controlli dei luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive |
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1. Chiunque commette uno dei fatti previsti dagli articoli 336 e 337 del codice penale nei confronti dei soggetti incaricati del controllo dei titoli di accesso e dell'instradamento degli spettatori e di quelli incaricati di assicurare il rispetto del regolamento d'uso dell'impianto dove si svolgono manifestazioni sportive, purché riconoscibili e in relazione alle mansioni svolte, è punito con le stesse pene previste dai medesimi articoli. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 339, terzo comma, del codice penale. Tali incaricati devono possedere i requisiti morali di cui all'articolo 11 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. |
1. Identico. |
1-bis. Nei confronti delle società sportive che abbiano incaricato dei compiti di cui al comma 1 persone prive dei requisiti previsti dall'articolo 11 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, è irrogata, dal prefetto della provincia in cui le medesime società hanno la sede legale o operativa, la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 20.000 a 100.000 euro. |
1-bis. Identico. |
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1-ter. Le disposizioni di cui al comma 1, primo e secondo periodo, si applicano altresì a chiunque commette uno dei fatti previsti dagli articoli 336 e 337 del codice penale nei confronti degli arbitri e degli altri soggetti che assicurano la regolarità tecnica delle manifestazioni sportive. |
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Art. 6-quinquies Lesioni personali gravi o gravissime nei confronti degli addetti ai controlli dei luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive |
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1. Chiunque commette uno dei fatti previsti dall'art. 583-quater del codice penale nei confronti dei soggetti indicati nell'articolo 2-ter del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, nell'espletamento delle mansioni svolte in occasione delle manifestazioni sportive, è punito con le stesse pene previste dal medesimo articolo 583-quater. |
1. Identico. |
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1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, si applicano altresì a chiunque commette uno dei fatti previsti dall’art. 583-quater del codice penale nei confronti degli arbitri o altri soggetti che assicurano la regolarità tecnica delle manifestazioni sportive. |
Il comma 2 dell’articolo 13 modifica l’articolo 8 del decreto-legge n. 8 del 2007[14] per estendere il campo d’applicazione del divieto, per le società sportive, di corrispondere titoli di accesso o altre agevolazioni, nonché di contrattare, con i soggetti destinatari di DASPO, di misure di prevenzione o con i pregiudicati per specifici reati.
Prima dell’entrata in vigore del decreto-legge in commento, l’art. 8, comma 1, del D.L. 8/2007 prevedeva il divieto di corrispondere determinati benefici (sovvenzioni, contributi e facilitazioni di qualsiasi natura, ivi inclusa l'erogazione a prezzo agevolato o gratuito di biglietti e abbonamenti o titoli di viaggio) ai seguenti soggetti:
- destinatari di provvedimenti che vietano l’accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive, ai sensi dell’art. 6 della L. 401/1989 (DASPO);
- destinatari di misure di prevenzione personali, ai sensi della L. 1423/1956;
condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
Inoltre, la disposizione vieta alle società sportive di corrispondere contributi, sovvenzioni, facilitazioni di qualsiasi genere ad associazioni di tifosi, comunque denominate[15].
Il comma 2 del medesimo art. 8 demanda ad un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, la definizione delle modalità di verifica, attraverso la questura, della sussistenza dei requisiti ostativi per i nominativi comunicati dalle società sportive. In attuazione di tale disposizione è intervenuto il DM 15 agosto 2009 che, in particolare, all’art. 3, dispone che le società, prima della corresponsione delle agevolazioni (ovvero della cessione dei titoli di accesso), devono comunicare alla questura, anche per via telematica, attraverso un sistema dedicato, i dati anagrafici del soggetto destinatario. Le società provvedono con le stesse modalità, anche in caso di sostituzione del nominativo del beneficiario dell'agevolazione (o del destinatario del titolo di accesso).
Rispetto alla normativa previgente, il decreto-legge:
· distribuisce su due distinti commi (comma 1 e comma 1-bis) i divieti di corrispondere benefici e di contrattare in precedenza disciplinati dal comma 1 dell’art. 8 del decreto-legge n. 8/2007;
· specifica che, tanto il divieto di corrispondere benefici, quanto quello di contrattare, opera nei confronti dei soggetti destinatari di DASPO non solo per la durata del provvedimento, ma anche oltre la scadenza, finché non intervenga la riabilitazione (v. sopra, art. 6, comma 8-bis della legge n. 401 del 1989);
· sostituisce il riferimento alla legge n. 1423 del 1956 con quello al Codice antimafia (D.Lgs. n. 159 del 2011) mantenendo inalterato il campo d’applicazione del divieto, che fa sempre riferimento ai destinatari di una misura di prevenzione personale, in quanto ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica (art. 6 del D.Lgs. n. 159/2011);
· specifica, anche in relazione ai destinatari di una misura di prevenzione personale, che il divieto per le società opera anche oltre la scadenza della misura, finché non intervenga la riabilitazione disciplinata dal Codice antimafia;
Si ricorda che l’art. 70 del D.Lgs. n. 159 del 2011 prevede che, dopo 3 anni dalla cessazione della misura di prevenzione personale, l'interessato possa chiedere alla corte di appello nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria che ha applicato la misura di prevenzione la riabilitazione, che sarà concessa se il soggetto ha dato prova costante ed effettiva di buona condotta (comma 1). La riabilitazione comporta la cessazione di tutti gli effetti pregiudizievoli riconnessi allo stato di persona sottoposta a misure di prevenzione nonché la cessazione dei divieti previsti dall'articolo 67[16] (comma 2). Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale riguardanti la riabilitazione (comma 3). Quando è stata applicata una misura di prevenzione personale nei confronti di indiziati di mafia o di altri gravi reati di competenza della procura distrettuale, la riabilitazione può essere richiesta dopo cinque anni dalla cessazione della misura di prevenzione personale (comma 4).
Normativa previgente |
Decreto-legge n. 53 del 2019 |
D.L. 8 febbraio 2007, n. 8 |
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Art. 8 Divieto di agevolazioni nei confronti di soggetti destinatari dei provvedimenti di cui all'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 |
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1. È vietato alle società sportive corrispondere in qualsiasi forma, diretta o indiretta, a soggetti destinatari di provvedimenti di cui all'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, o di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ovvero a soggetti che siano stati, comunque, condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero per reati in materia di contraffazione di prodotti o di vendita abusiva degli stessi, sovvenzioni, contributi e facilitazioni di qualsiasi natura, ivi inclusa l'erogazione a prezzo agevolato o gratuito di biglietti e abbonamenti o titoli di viaggio, nonché stipulare contratti con soggetti destinatari dei provvedimenti di cui all'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, aventi ad oggetto la concessione dei diritti di cui all'articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. È parimenti vietato alle società sportive corrispondere contributi, sovvenzioni, facilitazioni di qualsiasi genere ad associazioni di tifosi comunque denominate, salvo quanto previsto dal comma 4. |
1. È vietato alle società sportive corrispondere, in qualsiasi forma, diretta o indiretta, sovvenzioni, contributi e facilitazioni di qualsiasi natura, compresa l’erogazione di biglietti e abbonamenti o di titoli di viaggio a prezzo agevolato o gratuito: a) ai destinatari dei provvedimenti previsti dall’articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, per la durata del provvedimento e fino a che non sia intervenuta la riabilitazione ai sensi dell’articolo 6, comma 8-bis, della medesima legge n. 401 del 1989; b) ai destinatari dei provvedimenti previsti dall’articolo 6 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, per la durata del provvedimento e fino a che non sia intervenuta la riabilitazione ai sensi dell’articolo 70 del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011; c) ai soggetti che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive ovvero per reati in materia di contraffazione di prodotti o di vendita abusiva degli stessi. |
[v. sopra, comma 1[ |
1-bis. Alle società sportive è vietato altresì stipulare con soggetti destinatari dei provvedimenti di cui all’articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, per la durata del provvedimento e fino a che non sia intervenuta la riabilitazione, contratti aventi ad oggetto la concessione dei diritti previsti dall’articolo 20, commi 1 e 2, del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. È parimenti vietato alle società sportive corrispondere contributi, sovvenzioni e facilitazioni di qualsiasi genere ad associazioni di sostenitori, comunque denominate, salvo quanto previsto dal comma 4. |
2. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, sono definite, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le modalità di verifica, attraverso la questura, della sussistenza dei requisiti ostativi di cui al comma 1 per i nominativi comunicati dalle società sportive interessate. |
2. Identico. |
3. Alle società sportive che non osservano i divieti di cui al comma 1 è irrogata dal prefetto della provincia in cui la società ha sede legale la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 50.000 a 200.000 euro. |
3. Alle società sportive che non osservano i divieti di cui ai commi 1 e 1-bis è irrogata dal prefetto della provincia in cui la società ha sede legale la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 50.000 a 200.000 euro. |
4. Le società sportive possono stipulare con associazioni legalmente riconosciute, aventi tra le finalità statutarie la promozione e la divulgazione dei valori e dei princìpi della cultura sportiva, della non violenza e della pacifica convivenza, come sanciti dalla Carta olimpica, contratti e convenzioni in forma scritta aventi ad oggetto progetti di interesse comune per la realizzazione delle predette finalità, nonché per il sostegno di gemellaggi con associazioni legalmente riconosciute dei sostenitori di altre società sportive aventi i medesimi fini statutari. I contratti e le convenzioni stipulati con associazioni legalmente riconosciute che abbiano tra i propri associati persone a cui è stato notificato il divieto di cui al comma 1 dell'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, e successive modificazioni, sono sospesi per la durata di tale divieto, salvo che intervengano l'espulsione delle persone destinatarie del divieto e la pubblica dissociazione dell'associazione dai comportamenti che lo hanno determinato. |
4. Identico. |
5. Per quanto non previsto dal presente articolo si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. |
5. Identico. |
L’articolo 14 interviene sul c.d. Codice antimafia (D.Lgs. n. 159 del 2011[17]) per consentire il fermo di indiziato di delitto, in deroga ai limiti di pena previsti dal codice di procedura penale, anche per coloro che risultino gravemente indiziati di un delitto commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
Si ricorda che il fermo è una misura precautelare a cui viene sottoposta una persona gravemente indiziata di determinati delitti: comporta uno stato di privazione della libertà personale ed è adottabile, anche fuori dai casi di flagranza, dal pubblico ministero e, in via sussidiaria, dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria. Ai sensi dell’art. 384 c.p.p., i suoi presupposti sono:
- l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza,
- il pericolo di fuga dell’indagato,
- la commissione di delitti particolarmente gravi con riferimento alla pena edittale (delitti punibili con l’ergastolo o con la reclusione non inferiore nel minimo ai due anni e nel massimo ai sei anni) e alla natura del delitto (delitti concernenti le armi da guerra e gli esplosivi o commesso per finalità di terrorismo).
Dopo il fermo, la polizia giudiziaria è tenuta a compiere le seguenti attività:
- dare immediata informativa al pubblico ministero del luogo in cui è stato eseguito il fermo;
- dare immediato avviso al fermato di nominare un difensore di fiducia e immediato avviso dell’avvenuto fermo al difensore di fiducia o eventualmente a quello nominato d’ufficio;
- mettere il fermato a disposizione del pubblico ministero entro e non oltre le ventiquattro ore dal fermo, pena l’inefficacia dello stesso (art. 386 c.p.p.).
L’art. 77 del decreto legislativo n. 159 del 2011 (c.d. Codice antimafia) consente il fermo dei soggetti ai quali può essere applicata una misura di prevenzione personale (indicati dall’art. 4 del d.lgs. n. 159 del 2011), anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’art. 384 c.p.p., purché siano indiziati di un reato per il quale è consentito l'arresto facoltativo in flagranza (art. 381 c.p.p.).
Per quanto riguarda i reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, già prima del decreto-legge in esame il fermo di indiziato di delitto era consentito nei confronti delle «persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, nonché alle persone che, per il loro comportamento, debba ritenersi, anche sulla base della partecipazione in più occasioni alle medesime manifestazioni, ovvero della reiterata applicazione nei loro confronti del divieto previsto dallo stesso articolo, che sono dediti alla commissione di reati che mettono in pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l'incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive»; tali soggetti, infatti, sono già possibili destinatari di misure di prevenzione in base all’art. 4, comma 1, lett. i) del Codice antimafia.
Il decreto-legge interviene sull’art. 77 del d.lgs. n. 159 del 2011 per consentire il fermo degli indiziati di un delitto commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive anche quando il reato commesso sia punito con pene inferiori rispetto a quelle richieste dall’art. 384 c.p.p. (ergastolo o reclusione non inferiore nel minimo ai due anni e nel massimo ai sei anni). Per procedere al fermo sarà comunque richiesto che il reato per il quale si procede sia contemplato tra quelli per i quali è consentito l’arresto facoltativo in flagranza.
Normativa previgente |
Decreto-legge n. 53 del 2019 |
D.Lgs. 06/09/2011, n. 159 |
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Art. 77 Fermo di indiziato di delitto |
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1. Nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 4 il fermo di indiziato di delitto è consentito anche al di fuori dei limiti di cui all'articolo 384 del codice di procedura penale, purché si tratti di reato per il quale è consentito l'arresto facoltativo in flagranza ai sensi dell'articolo 381 del medesimo codice. |
1. Nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 4 e di coloro che risultino gravemente indiziati di un delitto commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive il fermo di indiziato di delitto è consentito anche al di fuori dei limiti di cui all'articolo 384 del codice di procedura penale, purché si tratti di reato per il quale è consentito l'arresto facoltativo in flagranza ai sensi dell'articolo 381 del medesimo codice. |
Si ricorda che, in base all’art. 381 c.p.p. gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni ovvero di un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno altresì facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti:
a) peculato mediante profitto dell'errore altrui previsto dall'articolo 316 del codice penale;
b) corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio prevista dagli articoli 319 comma 4 e 321 del codice penale;
c) violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall'articolo 336 comma 2 del codice penale;
d) commercio e somministrazione di medicinali guasti e di sostanze alimentari nocive previsti dagli articoli 443 e 444 del codice penale;
e) corruzione di minorenni prevista dall'articolo 530 del codice penale;
f) lesione personale prevista dall'articolo 582 del codice penale;
f-bis) violazione di domicilio prevista dall'articolo 614 , primo e secondo comma, del codice penale;
g) furto previsto dall'articolo 624 del codice penale;
h) danneggiamento aggravato a norma dell'articolo 635 comma 2 del codice penale;
i) truffa prevista dall'articolo 640 del codice penale;
l) appropriazione indebita prevista dall'articolo 646 del codice penale;
l-bis) offerta, cessione o detenzione di materiale pornografico previste dagli articoli 600-ter, quarto comma, e 600-quater del codice penale, anche se relative al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 del medesimo codice;
m) alterazione di armi e fabbricazione di esplosivi non riconosciuti previste dagli articoli 3 e 24 comma 1 della legge 18 aprile 1975, n. 110;
m-ter) falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri, prevista dall'articolo 495 del codice penale;
m-quater) fraudolente alterazioni per impedire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali, previste dall'articolo 495-ter del codice penale;
m-quinquies) delitto di lesioni colpose stradali gravi o gravissime previsto dall'articolo 590-bis, secondo, terzo, quarto e quinto comma, del codice penale.
L’articolo 15 stabilizza nel nostro ordinamento l’istituto dell’arresto in flagranza differita nei seguenti casi:
· per i reati violenti commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto;
· per i reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, per i quali è obbligatorio l’arresto.
L’arresto in flagranza differita - introdotto nell’ordinamento dal D.L. n. 28 del 2005 - è disciplinato dall’art. 8, comma 1-ter, della citata legge n. 401 del 1989.
Nei casi di reati commessi con violenza alle persone o alle cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto ai sensi degli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, quando non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, si considera comunque in stato di flagranza ai sensi dell'articolo 382 c.p.p. colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro 48 ore dal fatto. L'arresto è, inoltre, consentito in caso di violazione del divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive (Daspo). Il comma 1-quater dello stesso art. 8 consente, poi, quando l'arresto è stato eseguito per uno dei reati indicati, e nel caso di violazione del Daspo, l'applicazione delle misure coercitive anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c), e 280 del codice di procedura penale.
Il decreto-legge n. 14 del 2017, inoltre, ha consentito l’arresto in flagranza differita (art. 10, comma 6-quater) anche nel caso di reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, per i quali è obbligatorio l'arresto, quando non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica; anche in questo caso si procede all’identificazione del responsabile sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto e l’autore.
Lo strumento dell’arresto differito - anche a seguito dei numerosi dubbi di legittimità costituzionale (legati alla nozione di flagranza, che presuppone uno stretto collegamento con la commissione del fatto-reato) – è stato introdotto in entrambi i casi in via transitoria: originariamente la misura poteva essere applicata fino al 30 giugno 2005, termine poi prorogato più volte con provvedimenti d’urgenza, fino al differimento al 30 giugno 2020 previsto dal decreto-legge n. 14 del 2017 (art. 10, comma 6-ter).
Ai fini della stabilizzazione dell’istituto l’articolo 15 interviene, quindi, sull’articolo 10 del decreto-legge n. 14 del 2017 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città) sopprimendo - ai commi 6-ter e 6-quater - il riferimento temporale al 30 giugno 2020, termine dell’efficacia delle disposizioni sull’arresto in flagranza differita per i reati collegati alle manifestazioni sportive (comma 6-ter) e per quelli commessi in presenza di più persone, anche nelle occasioni pubbliche (comma 6-quater).
Alla soppressione di cui al comma 6-ter consegue, per i reati nelle manifestazioni sportive e in caso di violazione del Daspo, anche la messa a regime della possibile applicazione di misure coercitive in deroga ai limiti ordinari di pena previsti dal codice di rito penale.
La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione motiva l’intervento «in considerazione del fatto che lo strumento dell’arresto differito ha rappresentato uno dei cardini del composito e complesso sistema delle misure di contrasto della violenza sportiva, rappresentando uno dei principali fattori alla base della positiva inversione di tendenza registratasi con riguardo agli episodi di violenza durante le manifestazioni sportive e, soprattutto, nell’ambito delle competizioni calcistiche».
L’articolo 16 apporta modifiche agli articoli 61 e 131-bis del codice penale, ed è volto al rafforzamento delle misure di contrasto dei fenomeni di violenza nelle competizioni sportive.
In particolare, il comma 1, lettera a) integra la formulazione dell’art. 61, primo comma, del codice penale con l’introduzione di una nuova aggravante comune (nuovo numero 11-septies), consistente nell’aver commesso il fatto-reato in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni.
Ai sensi dell’art. 64 c.p. - in assenza di concorso di circostanze - la presenza di tale nuova aggravante comune comporta l’aumento della pena edittale fino a un terzo.
Con le stesse finalità, il comma 1, lettera b), novella l’art. 131-bis del codice penale relativo all’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.
Si ricorda che l’art. 131-bis c.p. è stato introdotto dal d.lgs n. 28 del 2015 ed esclude, al primo comma, la punibilità di reati sanzionati con pena detentiva fino a 5 anni (o con pena pecuniaria sola o congiunta a detta pena) quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale (i parametri di valutazione di cui all’art. 133 fanno riferimento alla gravità del reato e alla capacità a delinquere del reo, a loro volta desunti da ulteriori, specifici elementi).
Il secondo comma precisa, tuttavia, che non possono mai costituire offese di particolare tenuità quelle in cui l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.
All’art. 131-bis, secondo comma, è aggiunto un periodo che prevede una ulteriore ipotesi di esclusione della particolare tenuità del fatto quando si procede per delitti commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi.
La Relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto sottolinea l’intento di garantire la punibilità di condotte che, per il particolare allarme sociale che determinano, non si ritiene possano mai costituire ipotesi di lieve entità.
L’articolo 17 amplia l’ambito applicativo della disciplina sanzionatoria della vendita non autorizzata di biglietti per le competizioni sportive e del cd. bagarinaggio, ossia la stessa vendita a prezzi maggiorati.
L’art. 1-sexies del D.L. n. 28 del 2003 (Disposizioni urgenti per contrastare i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive) punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro chiunque, non appartenente alle società appositamente incaricate, vende i titoli di accesso nei luoghi in cui si svolge la manifestazione sportiva o in quelli interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alla manifestazione medesima. La sanzione può essere aumentata fino alla metà del massimo per il contravventore che ceda o metta in vendita i titoli di accesso a prezzo maggiorato rispetto a quello praticato dalla società appositamente incaricata per la commercializzazione dei tagliandi. Competente per l’irrogazione delle sanzioni è il Prefetto del luogo del commesso illecito.
La previgente formulazione dell’art. 1-sexies del DL 28/2013 limita la punibilità alla vendita abusiva e al bagarinaggio commesso in tutti i luoghi interessati dai singoli eventi sportivi, quali l’impianto sportivo, i parcheggi, le aree di sosta autostradali.
Rispetto alla disciplina previgente, il decreto-legge in commento:
· tramite la soppressione (al comma 1 dell’art. 1-sexies citato) del riferimento ai luoghi di commissione dell’illecito, consente la punibilità (con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro) di tutte le condotte di vendita non autorizzata di biglietti per accedere alle manifestazioni sportive, dunque sia quelle che avvengano fuori dei luoghi interessati all’evento sportivo, sia quelle effettuate “on line”.
· specifica (nuovo comma 1-bis dell’art. 1-sexies) che il divieto di vendita non autorizzata dei biglietti opera anche nei confronti di enti forniti di personalità giuridica e di società e associazioni anche prive di personalità giuridica (i soggetti di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 231 del 2001).
[1] Più in generale, secondo la Convenzione di Montego Bay, le navi di tutti gli Stati, costieri o privi di litorale, godono del diritto di passaggio inoffensivo attraverso il mare territoriale (art. 17). L’articolo 21 della medesima Convenzione consente allo Stato costiero di emanare leggi e regolamenti, conformemente alle disposizioni della presente Convenzione e ad altre norme del diritto internazionale, relativamente al passaggio inoffensivo attraverso il proprio mare territoriale, in merito ad una serie di materie, tra cui, la prevenzione di violazioni delle leggi e regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione dello Stato costiero. Viene, inoltre, sancito il diritto di protezione dello Stato costiero che può adottare le misure necessarie per impedire nel suo mare territoriale ogni passaggio che non sia inoffensivo (art. 25).
[2] Il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica è un organo ausiliario di consulenza del Ministro dell’interno per l’esercizio delle sue attribuzioni di alta direzione e di coordinamento in materia di ordine e sicurezza pubblica.
[3] L’autorizzazione alla ratifica della Convenzione è intervenuta con la legge 3 aprile 1989, n. 147.
[4] La cui adesione da parte italiana è stata autorizzata dalla legge 23 maggio 1980, n. 313.
[5] La cui autorizzazione alla ratifica è intervenuta con la richiamata legge n. 313 del 1980.
[6] Il quadro internazionale in materia è richiamato anche nelle pronunce della Cassazione penale sulla materia (si veda ad es. Cass. Pen. 1165/2015 e Cass. Pen. 36052/2014).
[7] D.L. 17/02/2017, n. 13, Disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale.
[8] Nella prima area funzionale (articolata in tre fasce retributive) rientrano i lavoratori che svolgono attività ausiliarie e di supporto.
[9] Nella seconda area funzionale (articolata in sei fasce retributive) rientrano i lavoratori che, con conoscenze teoriche e pratiche di medio livello, svolgono attività lavorative anche specialistiche, connesse al proprio settore di competenza.
[10] Per quanto concerne il concorso unico il richiamato comma 3-quinquies dell'articolo 4 del decreto-legge n. 101 del 2013 stabilisce che a partire dal 1° gennaio 2014 il reclutamento dei dirigenti e di tutte le figure professionali comuni alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 35 comma 4 del d.lgs. n. 165/2001 (cioè le seguenti amministrazioni che abbiamo più di 200 unità di dipendenti: amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, le agenzie - compresa quella per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali - gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca; restano esclusi dall’elenco regioni, enti locali e sanità) si svolge attraverso concorsi unici, organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica, previa ricognizione del fabbisogno preso le amministrazioni interessate e nel rispetto dei vincoli finanziari in materia di assunzione a tempo indeterminato.
[11] La deroga all’art. 35 del citato TU concerne, rispettivamente, (comma 4) l’adozione del piano triennale sulla cui base le amministrazioni devono determinare l’avvio delle procedure di reclutamento e la necessaria, relativa autorizzazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia nonché (comma 4-bis) l’applicazione di tale procedura autorizzatoria anche ai reclutamenti a tempo determinato per contingenti superiori alle cinque unità, inclusi i contratti di formazione e lavoro.
[12] Ossia: a) il principio secondo cui la raccolta dei dati sia correlata alla specifica finalità perseguita, in relazione alla prevenzione di un pericolo concreto o alla repressione di reati, in particolare per quanto riguarda i trattamenti effettuati per finalità di analisi; b) l'aggiornamento periodico dei dati, anche relativi a valutazioni effettuate in base alla legge, alle diverse modalità relative ai dati trattati senza l'ausilio di strumenti elettronici e alle modalità per rendere conoscibili gli aggiornamenti da parte di altri organi e uffici cui i dati sono stati in precedenza comunicati; c) i presupposti per effettuare trattamenti per esigenze temporanee o collegati a situazioni particolari; d) l'individuazione di specifici termini di conservazione dei dati in relazione alla natura dei dati o agli strumenti utilizzati per il loro trattamento, nonché alla tipologia dei procedimenti nell'ambito dei quali essi sono trattati o i provvedimenti sono adottati; e) la comunicazione ad altri soggetti, anche all'estero o per l'esercizio di un diritto o di un interesse legittimo, e la loro diffusione, ove necessaria in conformità alla legge; f) l'uso di particolari tecniche di elaborazione e di ricerca delle informazioni (anche mediante il ricorso a sistemi di indice).
[13] Il Commissario straordinario per la realizzazione dell'Universiade Napoli 2019, con lettera in data 10 aprile 2019, ha trasmesso la prima relazione sulle attività svolte, corredata della rendicontazione contabile delle spese sostenute, riferita al periodo dal 26 luglio 2018 al 25 gennaio 2019 (Doc. CCXLVII, n. 1).
[14] “Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, nonché norme a sostegno della diffusione dello sport e della partecipazione gratuita dei minori alle manifestazioni sportive”, convertito in legge, con modificazioni dall'art. 1, della legge 4 aprile 2007, n. 41.
[15] In deroga a ciò, il comma 4 del medesimo art. 8 consente alle società sportive di stipulare con associazioni legalmente riconosciute e aventi tra le finalità statutarie la promozione e la divulgazione dei valori e dei principi della cultura sportiva, della non violenza e della pacifica convivenza, come sanciti dalla Carta olimpica, contratti e convenzioni in forma scritta aventi ad oggetto progetti di interesse comune per la realizzazione delle richiamate finalità, nonché per il sostegno di gemellaggi con associazioni legalmente riconosciute dei sostenitori di altre società sportive aventi i medesimi fini statutari. Tuttavia, i contratti e le convenzioni stipulati con associazioni che abbiano tra i propri associati persone a cui sia stato notificato il divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive (di cui all’art. 6, co. 1, L. 401/1989) sono sospesi per la durata di tale divieto, salvo che intervengano l’espulsione delle persone destinatarie dello stesso e la pubblica dissociazione dell’associazione dei comportamenti che lo hanno determinato.
[16] Tra l’altro, l’art. 67 esclude che i destinatari di misure di prevenzione possano ottenere licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio; concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali; concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici; iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della camera di commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all'ingrosso; attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici; altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati; contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali; licenze per detenzione e porto d'armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti.
[17] D.Lgs. 06/09/2011, n. 159, Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136.