Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Agricoltura
Titolo: Emergenza settore agricolo e interventi per lo stabilimnto Stoppani
Riferimenti: AC N.1718/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 123
Data: 01/04/2019
Organi della Camera: XIII Agricoltura

 

Emergenza settore agricolo e interventi per lo stabilimento Stoppani

 

D.L. 27/2019 – A.C. 1718

 

 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 114

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 123

 

 

 

 

 

 

 

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D19027

 


INDICE

Schede di lettura

§  Articolo 1 (Misure di sostegno al settore lattiero caseario del comparto del latte ovino) 5

§  Articolo 2 (Disposizioni urgenti per il settore lattiero-caseario del comparto del latte ovino caprino) 13

§  Articolo 3 (Monitoraggio della produzione di latte vaccino, ovino e caprino e dell’acquisto di latte e prodotti lattiero-caseari a base di latte importati dai Paesi dell’Unione europea) 15

§  Articolo 4 (Modifiche all’articolo 8-quinquies del decreto -legge 10 febbraio 2009, n.5 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33) 19

§  Articolo 5 (Integrazione del Fondo indigenti) 27

§  Articolo 6 (Gelate nella Regione Puglia nei mesi di febbraio e marzo 2018) 29

§  Articolo 7 (Misure a sostegno delle imprese del settore olivicolo-oleario) 31

§  Articolo 8 (Norme per il contrasto della Xylella fastidiosa e di altre fitopatie) 34

§  Articolo 9 (Misure a sostegno delle imprese del settore agrumicolo) 41

§  Articolo 10 (Rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale) 45

§  Articolo 11 (Campagne promozionali o di comunicazione istituzionali) 46

§  Articolo 12 (Misure urgenti per l’emergenza nello stabilimento Stoppani sito nel Comune di Cogoleto) 47

 

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Articolo 1
(Misure di sostegno al settore lattiero caseario del comparto del latte ovino)

 

 

L’articolo 1, inserito nel Capo I recante misure di sostegno al settore lattiero caseario, contiene misure per il settore del latte ovino.

Il comma 1 introduce un nuovo articolo aggiuntivo all’articolo 23 del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, recante misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio, laddove, al Capo IV reca disposizioni per l’agricoltura, e, più precisamente, all’art. 23 dispone misure per i produttori di latte e di prodotti lattiero caseari e all’art. 23-bis reca disposizioni per il rilancio di alcune filiere agricole strategiche e del settore olivicolo nelle aree colpite da Xylella fastidiosa.

L’articolo aggiuntivo prevede:

-       al comma 1, l’istituzione di un Fondo destinato a migliorare la qualità e la qualità del latte ovino attraverso:

ü  il sostegno ai contratti e agli accordi di filiera

ü  l’adozione di misure temporanee di regolazione della produzione, tra le quali, lo stoccaggio privato dei formaggi ovini a denominazione di origine protetta (DOP);

ü  la ricerca;

ü  il trasferimento tecnologico;

ü  gli interventi strutturali nel settore di riferimento.

Il Fondo ha una dotazione di 10 milioni di euro per l’anno 2019;

-       al comma 2, il rinvio ad un decreto per la definizione dei criteri e delle modalità di ripartizione delle risorse del Fondo. Il decreto dovrà essere adottato dal Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Il decreto dovrà tener conto delle specificità territoriali, in particolare delle aree di montagna, della consistenza dei capi bestiame, dell’adozione di iniziative per favorire l’imprenditoria giovanile, della promozione della qualità dei prodotti Made in Italy;

-       al comma 3, che, nell’ambito degli interventi previsti dal comma 1, il contributo è concesso nel limite del massimale stabilito nei regolamenti (UE) n.1407/2013 e n.1408/2013;

-       al comma 4, la copertura degli oneri, pari a 10 milioni per il 2019, sul Fondo per le politiche di bilancio di cui all’articolo 1, comma 748, della legge n.145 del 2018, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle Finanze al capitolo 3080 (per il 2019 lo stanziamento è pari a 44.380.452 euro).

Secondo quanto riportato nella relazione tecnica il contributo in esame sarà concesso, nel rispetto dell’ordinamento europeo, con le regole dell’aiuto di Stato Italia SA. 4241 “Contratti di filiera e di distretto”, autorizzato dalla Commissione europea o, in alternativa, a ogni singolo produttore nel rispetto del regime del de minimis.

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede che il decreto di attuazione dovrà essere adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

 

La relazione illustrativa spiega le ragioni dell’intervento in esame con la crisi che ha colpito il settore lattiero caseario del comparto ovino e caprino, interessato da una sovrapproduzione del formaggio DOP “ pecorino romano DOP” che ha portato il prezzo del latte venduto a valori inferiori ai costi di produzione.

Si ricorda, al riguardo, che la XIII Commissione Agricoltura ha svolto un ciclo di audizioni informali sulla crisi del comparto in occasione della presentazione delle risoluzioni 7-00069 Cadeddu, 7-00148 Luca De Carlo, 7-00182 Gadda, 7-00184 Spena e 7-00185 Gastaldi.

In tale ambito sono stati sentiti:

-    i rappresentanti del Consorzio per la tutela del pecorino Toscano DOP i quali hanno messo in risalto come occorra investire nel settore per risolvere alcune criticità, tra le quali:

a)  la qualità del latte che deve essere implementata prestando maggiore attenzione all’alimentazione e alla selezione genetica, attraverso un’assistenza tecnica qualificata che possa aiutare a ottimizzare i costi;

b)  la stagionalità del latte, che raggiunge picchi di produzione tra marzo e maggio con una produzione minimale nel periodo autunnale. Questo sbilanciamento può essere corretto con l’assistenza tecnica favorendo un minore squilibrio produttivo, con premialità sul prezzo;

c)  il sostegno al prezzo del latte, che può essere configurato solo in via provvisoria e come premialità sul prezzo, condizionato alle iniziative descritte nei punti precedenti;

d) la valorizzazione del prodotto finito, promuovendone la conoscenza all’estero.

-    i rappresentanti di Ismea, i quali hanno fornito taluni dati relativi alla produzione del comparto ovino. Il latte ovino caprino rappresenta lo 0,9 % della produzione agricola (il latte vaccino e bufalino interessa l’8,9%). Il valore della produzione a prezzi base è pari a 438 milioni di euro per il latte e 163 milioni di euro per la carne. Rispetto alle ultime rilevazioni (gennaio 2019), i prezzi (IVA esclusa) alla stalla del latte ammontano a 0,62 euro; i costi variabili di produzione sono pari a 0,70, con una differenza tra prezzi e costi variabili di 0,14.

Secondo l’analisi Swot fornita da Ismea, i punti di forza del comparto possono riassumersi in:

a)  forte rilevanza sociale e ambientale delle attività di allevamento in aree marginali e svantaggiate;

b)  ruolo strategico dell’allevamento per la trasformazione industriale;

c)  buoni livelli standard di qualità e sanità degli allevamenti;

d) forte legame con il territorio e apprezzamento delle caratteristiche di tipicità presso il consumatore finale nazionale ed estero;

e)  elevata presenza di marchi di qualità; elevato posizionamento nei mercati di sblocco consolidati.

I punti di debolezza sono stati così riassunti:

a)    frammentazione, senilizzazione, scarsa attrattività del settore, scarsa propensione agli investimenti e all’innovazione;

b)   stagionalità dei consumi (soprattutto per la carne) concentrati nelle festività; forte impatto della normativa di tipo igienico-sanitario sui costi di produzione;

c)    rapporti interprofessionali conflittuali e sbilanciati a sfavore della parte agricola;

d)   presenza di numerose imprese di trasformazione dotate di impianti di modesta dimensione tecnica e economica; eccessiva specializzazione di prodotto (Pecorino Romano) e di mercato (USA).

-       i rappresentanti dell’Associazione interprovinciale pastori sardi i quali hanno rilevato come la crisi economica che ha caratterizzato l’abbassamento del prezzo del formaggio “Pecorino romano DOP” sia dovuta all’assenza di moderni strumenti di programmazione e al deficit di investimenti in ricerca, finalizzati a creare alternative produttive alla monocultura. Hanno, quindi, ritenuto particolarmente rilevante per superare la crisi del settore:

a)    prevedere una migliore programmazione delle produzioni da parte dei Consorzi delle DOP Pecorino Romano, Pecorino sardo e Fiore sardo;

b)   ritirare dal mercato almeno 50 mila quintali di prodotto da destinare alle persone meno abbienti;

c)    predisporre un Fondo per la gestione delle eccedenze;

d)   potenziare le organizzazioni dei produttori affinché possano gestire gli esuberi di latte per destinarli alla polverizzazione e alla vendita di tale tipologia di latte nel mercato estero;

e)    convocare un Tavolo permanente del settore con la presenza dei rappresentanti del Movimento pastori sardi; verificare la possibilità di ripristinare il meccanismo delle restituzioni verso mercati extra europei.

-       i rappresentanti del Consorzio per la Tutela del formaggio Pecorino Romano DOP, incaricato per la tutela, vigilanza, promozione e cura generale della DOP, i quali hanno ricordato che, a far data dal 2012, è stato implementato, per il tramite dell’organismo di controllo (OdC) incaricato, un sistema informatico di monitoraggio e verifica dei dati di produzione del formaggio tutelato. Tale sistema implementato su un portale pubblico è gestito dall’OdC, con accesso e verifica da parte del Ministero delle Politiche Agricole per il tramite dell’ICQRF (Ispettorato per la Repressione delle Frodi). Le produzioni di ogni singolo caseificio, sono pertanto monitorate mensilmente e dal 2016, anche il latte conferito a qualsiasi titolo e idoneo alla trasformazione in DOP, risulta essere regolarmente registrato, nel portale di cui sopra. I dati di produzione e del latte utilizzato sono veicolati mensilmente tramite il portale ISMEA Mercati e resi pertanto pubblici e fruibili da tutti.

-       l’Assessore all’Agricoltura della regione Lazio, il quale ha ricordato che nella regione si registrano 743.823 unità di capi. Dal punto di vista economico la regione ha incrementato l’incentivo del PSR sulle pratiche di benessere animale; sul piano della promozione e valorizzazione delle eccellenze regionali, è stato predisposto un piano di azione che prevede un’azione sinergica di promozione con la grande distribuzione, un piano di educazione alimentare e sostegni ad iniziative ad hoc. Inoltre la regione sta promuovendo presso il Dicastero agricolo il riconoscimento di un formaggio di media stagionatura, detto “cacio romano”. E’, poi, posto in risalto come il processo produttivo ha seguito nel Lazio strade diverse da quelle della Sardegna. Nel primo caso il Pecorino romano è rimasto confinato in una nicchia mentre è aumentata la produzione di formaggi freschi, primo sale e semistagionati, strada difficile da perseguire per la Sardegna data la sua dimensione isolana.

A seguito delle audizioni svolte, il 21 marzo 2019 la Commissione Agricoltura della Camera ha approvato la risoluzione unitaria n.8-00019.

Si ricorda, inoltre, che l’8 marzo 2019 è stata raggiunta un’intesa nel Tavolo istituzionale di Sassari che prevede il pagamento di 74 centesimi al litro di latte, con l’impegno di un conguaglio a novembre in base al prezzo di mercato del pecorino romano.

Per un ulteriore approfondimento delle problematiche del comparto si veda la Risoluzione del Parlamento europeo del 3 maggio 2018 sulla situazione del settore ovino caprino nell'UE.

 

 

Normativa europea e nazionale in merito agli strumenti di programmazione della produzione lattiero casearia

 

Il regolamento (UE) 1308/2013 ha riformato l'organizzazione comune dei mercati nell'ambito dell'ultima riforma della politica agricola comune, e ha previsto, agli articoli 148-151, disposizioni specifiche relativamente al ruolo assegnato alle organizzazioni dei produttori (OP) e alle organizzazioni interprofessionali (OI) nel settore lattiero caseario.

Ai sensi dell'art. 149, le OP riconosciute costituite dai produttori di latte, o le associazioni di dette organizzazioni, possono negoziare collettivamente con le imprese le condizioni contrattuali, compresi i prezzi di cessione, per la totalità o per una parte della produzione dei suoi membri.

Tali negoziazioni sono subordinate alle seguenti condizioni:

a) il volume del latte crudo oggetto di contrattazione non deve superare il 3,5% della produzione totale dell'Unione europea;

b)  il volume del latte crudo oggetto di contrattazione prodotto e consegnato in un particolare Stato membro non deve superare il 33% della produzione nazionale totale dello Stato membro.

In base all'art. 148, per pervenire alla definizione di relazioni contrattuali più trasparenti ed eque lungo la filiera, uno Stato membro può prevedere la formulazione obbligatoria di contratti scritti, relativamente alla consegna di latte crudo.

Il contratto e/o l'offerta di contratto è stipulato prima della consegna, per iscritto e comprende, fra l'altro, i seguenti elementi:

a)  il prezzo da pagare alla consegna, che è fisso ed è stabilito nel contratto, o è calcolato combinando vari fattori stabiliti nel contratto, che possono comprendere indicatori di mercato che riflettono cambiamenti nelle condizioni di mercato, il volume consegnato e la qualità o la composizione del latte crudo consegnato;

b)  il volume di latte crudo che deve essere consegnato e il calendario di tali consegne;

c)  la durata del contratto, che può essere determinata o indeterminata, con clausole di risoluzione;

d) le precisazioni riguardanti le scadenze e le procedure di pagamento;

f)  le modalità per la raccolta o la consegna del latte crudo;

g)  le norme applicabili in caso di forza maggiore.

Qualora uno Stato membro decida di rendere obbligatorio un contratto scritto per la consegna di latte crudo ai sensi del paragrafo 1, può stabilire:

a)  un obbligo per le parti di concordare un rapporto tra un determinato quantitativo consegnato e il prezzo da pagare per tale consegna;

b) una durata minima applicabile soltanto ai contratti scritti tra un agricoltore e il primo acquirente di latte crudo; tale durata minima è di almeno sei mesi e non compromette il corretto funzionamento del mercato interno;

c) qualora uno Stato membro decida che il primo acquirente di latte crudo deve presentare un'offerta scritta per un contratto all'agricoltore, esso può prevedere che l'offerta comprenda una durata minima per il contratto come previsto dalla legislazione nazionale a tal fine; tale durata minima è di almeno sei mesi e non compromette il corretto funzionamento del mercato interno.

L'art. 150 prevede la possibilità per gli Stati membri di stabilire, per un periodo di tempo limitato (inferiore a 3 anni), norme vincolanti per la regolazione dell'offerta dei prodotti caseari DOP e IGP, a condizione che siano rappresentati almeno i due terzi dei produttori di latte crudo utilizzato per la produzione del formaggio considerato e i due terzi dei produttori di formaggio. La regolazione non può riguardare la determinazione del prezzo.

L'art. 157, prevede che gli Stati membri possono riconoscere le organizzazioni interprofessionali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari le quali sono chiamate a svolgere attività per:

a)    migliorare la conoscenza e la trasparenza della produzione e del mercato, anche mediante la pubblicazione di dati statistici;

b)    contribuire a un migliore coordinamento dell'immissione sul mercato;

c)    promuoverne il consumo nei mercati interni ed esterni;

d)   esplorare potenziali mercati d'esportazione;

e)     redigere contratti tipo;

f)     fornire le informazioni e per orientare la produzione a favore di prodotti più adatti al fabbisogno del mercato e ai gusti e alle aspirazioni dei consumatori;

g)   promuovere innovazione e sostenere programmi di ricerca applicata e sviluppo;

h)   ricercare metodi per limitare l'impiego di prodotti zoosanitarie la gestione di altri fattori di produzione;

i)     mettere a punto metodi e strumenti per migliorare la qualità dei prodotti in tutte le fasi della produzione e della commercializzazione;

j)     valorizzare il potenziale dell'agricoltura biologica e integrata e altri metodi ecocompatibili nonché la produzione di prodotti con denominazioni di origine, marchi di qualità e indicazioni geografiche;

k)   stabilire clausole standard di ripartizione del valore, comprendenti utili e perdite di mercato, determinando le modalità di ripartizione tra di loro di eventuali evoluzioni dei relativi prezzi di mercato dei prodotti interessati o di altri mercati di materie prime;

l)     attuare misure volte a prevenire e gestire i rischi per la salute degli animali, nonché di ordine fitosanitario e ambientale.

Sono, comunque, incompatibili con la normativa europea contratti che possano comportare la fissazione di prezzi o di quote.

Il Decreto-legge n. 51 del 2015, all'art. 2, ha dato attuazione alle disposizioni contenute nel citato Reg. 1308/2013, prevedendo che i contratti, stipulati o eseguiti nel territorio nazionale, aventi ad oggetto la cessione di latte crudo, stipulati obbligatoriamente in forma scritta ai sensi dell'art. 62, comma 1, del decreto-legge n.1/2012, devono avere una durata non inferiore a dodici mesi, salvo rinuncia espressa formulata per iscritto da parte dell'agricoltore cedente.

A tali contratti si applicano le disposizioni di cui al citato articolo 148 del regolamento (UE) n. 1308/2013: i costi medi di produzione del latte crudo sono elaborati mensilmente, tenuto anche conto della collocazione geografica dell'allevamento e della destinazione finale del latte crudo, dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), anche avvalendosi dei dati resi disponibili dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria sulla base della metodologia approvata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Le associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale nel settore lattiero possono agire in giudizio per l'inserzione di diritto degli elementi obbligatori

L'art. 3 ha, poi, dettato disposizioni specifiche per le organizzazioni interprofessionali nel settore lattiero caseario in attuazione del Reg. 1308/2013.

A tal fine è stato previsto che per il riconoscimento, l'organizzazione interprofessionale richiedente deve dimostrare di rappresentare una quota delle attività economiche pari ad almeno il 25 per cento del relativo settore, ovvero, per ciascun prodotto o gruppo di prodotti. Nel caso di organizzazioni interprofessionali operanti in una singola circoscrizione economica, la medesima condizione si intende verificata se l'organizzazione interprofessionale richiedente dimostra di rappresentare una quota delle richiamate attività economiche pari ad almeno il 51 per cento del relativo settore, ovvero per ciascun prodotto o gruppo di prodotti, nella circoscrizione economica, e comunque almeno il 15 per cento delle medesime a livello nazionale.

Le organizzazioni interprofessionali, nella redazione dei contratti-tipo per la vendita di prodotti agricoli ad acquirenti o per la fornitura di prodotti trasformati a distributori e rivenditori al minuto, garantiscono il rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 62, commi 1 e 2, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1.

L'estensione delle regole è disposta, per un periodo limitato, dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e del turismo, su richiesta dell'organizzazione interprofessionale riconosciuta interessata, per le regole adottate con il voto favorevole di almeno l'85 per cento degli associati per ciascuna delle attività economiche cui le medesime sono suscettibili di applicazione, salvo che lo statuto dell'organizzazione disponga maggioranze più elevate. Qualora sia stata disposta l'estensione delle regole, esse si applicano a tutti gli operatori del settore, anche se non aderenti all'organizzazione interprofessionale. In caso di violazione, l'operatore economico è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 50.000, in ragione dell'entità della violazione, ovvero, in caso di violazione di regole relative all'applicazione di contratti-tipo, fino al 10 per cento del valore dei contratti stipulati in violazione delle medesime.

Il c.d. "pacchetto latte" (quanto cioè previsto dal reg. 1308/2013 nella parte riguardante il settore lattiero caseario) è stato recepito in Italia, dapprima con il DM n.15164 del 2012, poi sostituito, da ultimo, dal DM 3 febbraio 2016.

Le Organizzazioni dei produttori sono riconosciute dalle regioni e devono:

1.    essere costituite come società di capitali, società cooperative o società consortili;

2.    associare un numero minimo di produttori (per il comparto ovicaprino il numero di produttori minimo è pari a 5 con un valore minimo di produzione commercializzata pari a 300.000);

3.    rappresentare un valore o volume minimo di produzione commercializzata ceduta ai soci, non inferiore, al: valore minimo di produzione di 300.000 euro e al 2% della produzione regionale di riferimento, desunta dai dati ISTAT. In deroga ai requisiti in ordine al volume di produzione, se il riconoscimento è richiesto da una OP che negozia esclusivamente latte crudo dei propri aderenti, deve rappresentare una quantità minima di 900 tonnellate per il latte ovicaprino e un valore pari all'1% del numero complessivo dei capi dei singoli settori zootecnici;

4.    avere nell'oggetto sociale la concentrazione dell'offerta, assicurando la programmazione della produzione;

5.    garantire che il valore della produzione commercializzata proveniente dalla cessione dei soci sia superiore al 50% della produzione commercializzata;

6.    inserire nel proprio statuto taluni specifici obblighi per i propri soci, specificamente indicati.

Le OP che conducono le trattative contrattuali alla fine della stipula dei contratti di consegna del latte crudo, devono informare annualmente la regione, entro il 31 gennaio di ogni anno, sul volume di latte crudo oggetto di tali trattative.

Le OP riconosciute sono inserite in un elenco nazionale delle Organizzazioni dei produttori tenuto dal Ministero delle politiche agricole.

Si ricorda che l'articolo 1, comma 241, della legge n.190 del 2014 (legge di stabilità 2015) ha istituito, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Fondo per gli investimenti nel settore lattiero caseario, dotandolo di 8 milioni di euro nel 2015 e 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2016 e 2017, al fine di ristrutturare il settore lattiero caseario ed il miglioramento della qualità del latte bovino.

Il cap. 7100 del MIPAAFT, che è relativo al Fondo per gli investimenti nel settore lattiero caseario nonché contributi sui mutui concessi alle imprese del settore suinicolo e della produzione di latte bovino, presenta, per il 2019, in conto competenza, risorse per 782.910 euro e, in conto cassa, risorse per 6.024.785 euro.

 

 

 


 

Articolo 2
(Disposizioni urgenti per il settore lattiero-caseario del comparto del latte ovino caprino)

 

 

L’articolo 2 introduce, con il comma 1, un articolo aggiuntivo – l’art. 3-bis - all’articolo 3 del decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, che ha recato disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi, di sostegno alle imprese agricole colpite da eventi di carattere eccezionale e di razionalizzazione delle strutture ministeriali.

Il comma 1 di tale articolo prevede che, per far fronte alla ristrutturazione del settore lattiero-caseario ovino caprino, siano disposti, nel limite di spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2019, contributi destinati alla copertura, totale o parziale, dei costi sostenuti per gli interessi sui mutui bancari contratti, entro il 31 dicembre 2018, dalle imprese che operano nel settore (non risulta esattamente specificato se si tratta delle sole imprese agricole o anche delle imprese di trasformazione).

Il comma 2 specifica che il contributo è concesso per un ammontare identico a ciascun singolo produttore, nel rispetto dell’importo massimo consentito agli aiuti de minimis del settore agricolo di cui ai regolamenti (UE) n.1407/2013 e 1408/2013 della Commissione.

Il comma 3 prevede che la copertura degli oneri venga rinvenuta nell’ambito dei Fondi speciali, allo scopo, parzialmente utilizzando, l’accantonamento relativo al Ministero per le politiche agricole, alimentari forestali e del turismo.

 

Il comma 2 dell’articolo 2 prevede che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge venga emanato un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, con il quale sono stabilite le modalità per la concessione del contributo, la disciplina dell’istruttoria delle relative richieste e i casi di revoca e decadenza.

 

La relazione tecnica fa presente che l’obiettivo della norma è quello di fornire un sostegno alle imprese del settore lattiero caseario del comparto ovino caprino che si trovano, a causa della crisi del mercato, a non avere flussi di liquidità sufficienti per far fronte agli impegni finanziari assunti nella gestione dell’impresa.

Si ricorda che, a partire dal 14 marzo 2019, sono in vigore le nuove disposizioni che hanno innalzato il limite finanziario entro il quale poter erogare gli aiuti de minimis (quelli che non richiedono una preventiva notifica alla Commissione europea per poter essere erogati). L’articolo 3 del regolamento n.1408 del 2013, come da ultimo modificato, ha, infatti, portato il massimale di aiuto concedibile per singola impresa nell’arco di tre esercizi finanziari dai precedenti 15.000 euro a 25.000 euro ed il plafond nazionale dall’1% all’1,5% della produzione agricola di ciascun Stato membro, a condizione però che lo Stato adotti il registro centrale degli aiuti “de minimis” (in Italia è già predisposto, ma non è ancora operativo) e che non venga superato il limite del 50% dell’importo massimo di tali aiuti a favore di un singolo settore).

Sempre la relazione tecnica specifica che, date le disponibilità previste, pari a 5 milioni di euro, con un intervento medio di 7.500 euro, si raggiungerebbero circa 660 imprese. Ciò, nell’ottica di una copertura totale della spesa per interessi da sostenere nel 2019; in caso di copertura parziale, i beneficiari potrebbero aumentare in misura proporzionale.

Lo stanziamento utilizzato a copertura dell’onere, il Fondo speciale di parte corrente, accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, presenta per il 2019 uno stanziamento pari a 19 milioni di euro.

Si ricorda, al riguardo, che con decreto ministeriale 18 aprile 2016 sono stati previsti interventi per la copertura, totale o parziale, degli interessi passivi dei finanziamenti erogati dalle banche per la ristrutturazione dei debiti assunti dalle aziende produttrici di latte bovino, utilizzando le risorse previste dal Fondo per gli investimenti nel settore lattiero caseario e le garanzie concesse da Ismea.

 

 


 

Articolo 3
(Monitoraggio della produzione di latte vaccino, ovino e caprino e dell’acquisto di latte e prodotti lattiero-caseari a base di latte importati dai Paesi dell’Unione europea)

 

 

L’articolo 3 detta disposizioni in materia di monitoraggio della produzione di latte vaccino, ovino e caprino e dell’acquisto di latte e prodotti lattiero-caseari a base di latte importati da Paesi dell’Unione europea e da Paesi terzi.

Il comma 1 prevede che i primi acquirenti di latte crudo sono tenuti a registrare mensilmente nella banca dati del Sistema informativo nazionale (SIAN):

a)   i quantitativi di latte ovino e caprino e il relativo tenore di materia grassa consegnati loro dai singoli produttori nazionali;

b)   i quantitativi di latte e i prodotti lattiero-caseari semilavorati introdotti nei propri stabilimenti ed importati da altri Paesi dell’Unione europea o da Paesi terzi.

Il testo fa salvo quanto stabilito per il latte vaccino dall’allegato III, punto 9, del regolamento di esecuzione (UE) n. 2017/1185 della Commissione del 20 aprile 2017.

 

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 151 del Regolamento 1308 del 2013 ha previsto talune dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari

In particolare, è stato stabilito che i primi acquirenti di latte crudo sono tenuti a dichiarare all'autorità nazionale competente il quantitativo di latte crudo che è stato loro consegnato ogni mese.

Per "primo acquirente" si intende un'impresa o un'associazione che acquista latte dai produttori:

a) per sottoporlo a raccolta, imballaggio, magazzinaggio, refrigerazione o trasformazione, compreso il lavoro su ordinazione;

b) per cederlo a una o più imprese dedite al trattamento o alla trasformazione del latte o di altri prodotti lattiero-caseari.

Gli Stati membri notificano alla Commissione la quantità di latte crudo di cui al primo comma.

La Commissione può adottare atti di esecuzione, recanti norme in materia di contenuto, formato e periodicità di tali dichiarazioni e misure relative alle notifiche da effettuare da parte degli Stati membri a norma del presente articolo.

In attuazione di tale disposizione è stato adottato il regolamento di esecuzione UE n. 2017/1185 il quale ha previsto che gli Stati membri siano tenuti a comunicare alla Commissione le informazioni relative alla produzione come indicate nell’Allegato III.

Quest’ultimo, al punto 9, intitolato latte e prodotti lattiero-caseari, prevede che:

-    la comunicazione debba riguardare il quantitativo totale di latte vaccino crudo, espresso in chilogrammi al tenore di grassi effettivo;

-    la notifica debba avvenire entro il 25 di ogni mese;

-    i quantitativi si debbano riferire al latte consegnato il mese precedente ai primi acquirenti stabiliti nel territorio dello Stato membro.

Gli Stati membri sono tenuti a garantire che tutti i primi acquirenti stabiliti nel loro territorio dichiarino all'autorità nazionale competente il quantitativo di latte vaccino crudo loro consegnato ogni mese, in modo tempestivo e preciso, in modo da soddisfare tale requisito.

Il Governo, in attuazione di quanto disposto in sede europea, ha introdotto l’obbligo della comunicazione dei dati per il solo latte vaccino (decreto ministeriale 7 aprile 2015).

Il decreto ha, infatti, previsto che:

-     i primi acquirenti devono essere preventivamente riconosciuti dalle regioni competenti per territorio, in relazione alla sede legale del primo acquirente dove sono rese disponibili le scritture contabili;

-     l'agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) è tenuta a rendere disponibili i servizi attraverso il Sistema informativo nazionale (SIAN), determinando le modalità di accesso telematico;

-     i primi acquirenti riconosciuti possono acquistare latte vaccino dai produttori;

-     i produttori devono consegnare il latte di vacca da loro prodotto solo ai primi acquirenti previamente riconosciuti;

-     i primi acquirenti registrano, entro il giorno 20 di ogni mese, nella banca dati del SIAN, tutti i quantitativi di latte vaccino crudo acquistati direttamente da produttori di latte, nel mese di calendario precedente, con l'indicazione del tenore di materia grassa. Le registrazioni sono certificate dall'acquirente con l'apposizione della propria firma digitale, secondo le modalità di trasmissione telematica che saranno indicate dall'Agea Le regioni, per ogni campagna di commercializzazione, effettuano i controlli volti a verificare la correttezza e la completezza delle dichiarazione dei primi acquirenti. Entro il giorno 15 del mese successivo ad ogni comunicazione, gli acquirenti possono rettificare i dati trasmessi. Entro 30 giorni dal termine di ogni campagna, individuata ai sensi dell'art. 6, lettera c) del regolamento (UE) n. 1308/2013, i primi acquirenti registrano nella banca dati del SIAN i quantitativi di latte di vacca acquistati nella campagna in causa da altri soggetti non produttori di latte, provenienti direttamente da altri Paesi comunitari, specificando il Paese di provenienza. Entro 30 giorni dal termine di ogni campagna, i produttori di latte che effettuano vendite dirette registrano nella banca dati del SIAN i quantitativi di latte venduto direttamente e i quantitativi di latte utilizzato per la fabbricazione dei prodotti lattiero-caseari venduti direttamente nella campagna in causa. Entro il giorno 25 di ogni mese Agea comunica alla Commissione europea il quantitativo nazionale di latte di vacca crudo consegnato nel mese precedente ai primi acquirenti, conformemente a quanto stabilito all'art. 1-bis del regolamento (UE) n. 479/2010. Il SIAN mette a disposizione degli acquirenti, per via telematica, il contenente le informazioni dagli stessi dichiarate. I dati comunicati ai sensi del comma 6 sono resi noti da Agea. Agea comunica al Dicastero agricolo

-     ai fini dell'espletamento dei controlli, le regioni si avvalgono anche della Banca dati nazionale (BDN) dell'Anagrafe zootecnica, istituita dal Ministero della salute presso il Centro servizi nazionale dell'Istituto G. Caporale di Teramo.

 

Alla luce di quanto già disposto dal decreto ministeriale 7 aprile 2015, si valuti l’opportunità di meglio precisare la portata applicativa della disposizione in esame, con particolare riferimento ai soggetti sui quali grava l’obbligo di registrazione del latte e dei prodotti lattiero-caseari semilavorati importati. Non essendo in tal caso specificato che si debba trattare di latte ovino caprino, la norma sembrerebbe applicabile anche al latte di vacca importato, nonostante già sussista una disposizione specifica al riguardo, contenuta nel decreto ministeriale 7 aprile 2015.

 

Quanto al Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) si ricorda che l’art. 15 del decreto legislativo n.74 del 2018 prevede che esso sia il sistema informativo nazionale unico per la gestione dei servizi essenziali di natura trasversale attinenti al fascicolo aziendale, al sistema informativo geografico (GIS), al registro nazionale titoli, al registro nazionale debiti e al sistema integrato di gestione e controllo (SIGC). Ulteriori servizi da realizzare nell’ambito del SIAN possono essere individuati con decreti. L'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), in qualità di organismo di coordinamento, svolge le funzioni di organizzazione, gestione e sviluppo del SIAN, fatti salvi i compiti di indirizzo e monitoraggio del Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo. L'AGEA assicura che i servizi del SIAN siano a disposizione degli utenti e, sulla base di apposite convenzioni, delle pubbliche amministrazioni interessate, incluse le regioni e gli altri enti territoriali.

 

Il comma 2 prevede che le aziende che producono prodotti lattiero-caseari (il termine utilizzato sembra riferirsi al prodotto lavorato del formaggio) contenenti latte vaccino, ovino o caprino sono tenute a registrare mensilmente, per ogni unità produttiva, nella banca dati del SIAN, i quantitativi di ciascun prodotto fabbricato, i quantitativi di ciascun prodotto ceduto e le relative giacenze di magazzino.

 

Ai sensi del comma 3, le modalità di attuazione dell’articolo in esame sono stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, adottato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di prevedere l’intesa con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

 

Il comma 4 prevede che chiunque non adempia agli obblighi di registrazione previsti dai commi 1 e 2, entro il quinto giorno del mese successivo a quello al quale la registrazione si riferisce, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 20.000 euro. Nel caso in cui la mancata registrazione riguardi quantitativi di latte vaccino, ovino e caprino superiori a 500 ettolitri non registrati mensilmente nel rispetto del termine previsto al primo periodo, si applica la sanzione amministrativa accessoria del divieto di svolgere le attività previste dal comma 1 e dal comma 2 sull’intero territorio nazionale.

 

In ordine alla formulazione della norma si rileva quanto segue:

-     la norma non specifica, a differenza del decreto del 7 aprile 2015 relativo al latte vaccino, la tempistica dell’adempimento relativo alla trasmissione dei dati al SIAN (il DM prevede all’art. 6, comma 3, che entro il 20 di ogni mese, i primi acquirenti registrano al SIAN i quantitativi di latte vaccino). Solo una volta che sia stabilito questo primo termine, può risultare certo “per relationem” il termine dei cinque giorni dopo il quale si applica la sanzione amministrativa;

-     non risulta chiaro il rapporto tra la mancata registrazione di quantitativi di latte vaccino, ovino e caprino superiori a 500 ettolitri che comporta la sanzione accessoria del divieto di svolgere l’attività di primo acquirente, e la mancata registrazione dei quantitativi di prodotti lattiero caseari fabbricati, ceduti e invenduti ad opera delle aziende produttrici

 

Il comma 5 prevede che le sanzioni previste dal comma precedente siano irrogate dal Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

 

Il comma 6 dispone che lo stesso ICQRF, le regioni, gli enti locali e le autorità di controllo, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, esercitano i controlli per l’accertamento delle infrazioni delle disposizioni in esame.

Articolo 4
(Modifiche all’articolo 8-
quinquies del decreto -legge 10 febbraio 2009, n.5 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33)

 

 

L'articolo in esame interviene sulle modalità di effettuazione della riscossione coattiva degli importi dovuti relativi al prelievo supplementare latte.

 

A tal fine il comma 1 novella i commi 10, 10-bis e 10-ter dell’art. 8-quinquies, D.L. 5/2009 (L. 33/2009), introducendovi altresì un nuovo comma 10-quater.

 

L'articolo novellato ha introdotto disposizioni integrative per la rateizzazione in materia di debiti relativi alle quote latte.

Esso ha previsto che l'AGEA, entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 5/2009 (cioè dal 12 aprile 2009), avrebbe dovuto intimare a ciascun debitore il versamento delle somme che risultassero esigibili, comprese anche le imputazioni di prelievo non sospese in sede giurisdizionale. A sua volta il produttore interessato avrebbe potuto presentare all'AGEA, entro 60 giorni dal ricevimento dell'intimazione, la richiesta di rateizzazione; a decorrere dall'11 febbraio 2009 (data di entrata in vigore del D.L. 5/2009) e fino alla scadenza del suddetto termine sarebbero state sospese le procedure di recupero per compensazione, di iscrizione a ruolo, nonché le procedure di recupero forzoso e si sarebbero interrotti i termini di impugnazione. L'AGEA avrebbe provveduto alla tempestiva comunicazione a Equitalia Spa per gli adempimenti di competenza.

 

La previgente disciplina contenuta nell'art. 8-quinquies, di fatto abrogata dall'articolo in esame, prevedeva che, nei casi di mancata adesione alla rateizzazione e in quelli di decadenza dal beneficio della dilazione, l'AGEA avrebbe proceduto alla riscossione mediante ruolo, avvalendosi, su base convenzionale, per le fasi di formazione del ruolo, di stampa della cartella di pagamento e degli altri atti della riscossione, nonché per l'eventuale assistenza nella fase di gestione del contenzioso, delle società del Gruppo Equitalia. Tali attività sarebbero state remunerate avuto riguardo ai costi medi di produzione stimati per le analoghe attività normalmente svolte dalle stesse società (comma 10).

La notificazione della cartella di pagamento - prevista dall'articolo 25 del DPR 602/1973 - e ogni altra attività di riscossione coattiva contemplata dal titolo II del medesimo DPR sarebbero state effettuate dall'AGEA, che a tal fine si sarebbe dovuta avvalere delle società del gruppo Equitalia ovvero del Corpo della guardia di finanza (comma 10-bis).

Infine, le procedure di riscossione coattiva sospese dovevano essere proseguite, sempre avvalendosi delle società del gruppo Equitalia ovvero del Corpo della guardia di finanza, dalla stessa AGEA, che restava surrogata negli atti esecutivi eventualmente già avviati dall'agente della riscossione e nei cui confronti le garanzie già attivate mantenevano validità e grado (10-ter).

 

Il nuovo comma 10 - rinviando espressamente agli articoli 17, comma 1, e 18, del d.lgs. 46/1999 - prevede che, a decorrere dal 1° aprile 2019, la riscossione coattiva degli importi dovuti relativi al prelievo supplementare latte, nei casi di mancata adesione alla rateizzazione e in quelli di decadenza dal beneficio della dilazione, sia effettuata mediante ruolo, sulla base della disciplina dettata dal DPR 602/1973 (si tratta delle disposizioni relative alla riscossione mediante ruoli - contenute nel capo II del titolo I - e di quelle relative alla riscossione coattiva, contenute nel titolo II).

Conseguentemente, il nuovo comma 10-bis demanda a un DM MEF-MIPAAFT la determinazione dei termini e delle modalità di trasmissione telematica, all’agente della riscossione, dei residui di gestione relativi ai ruoli emessi dall’AGEA fino al 31 marzo 2019.

 

L'art. 1 del D.L. 193/2016 (L. 225/2016) ha disposto lo scioglimento - a decorrere dal 1° luglio 2017 - delle società del Gruppo Equitalia, a esclusione della società Equitalia Giustizia S.p.A., con conseguenti cancellazione d'ufficio dal registro delle imprese ed estinzione, senza l'esperimento di alcuna procedura di liquidazione.

L'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale è stato quindi attribuito all'Agenzia delle entrate che le avrebbe svolte attraverso un ente pubblico economico strumentale, denominato Agenzia delle entrate-Riscossione, istituito, a far data dal 1° luglio 2017, dallo stesso co. 3 dell'art. 1 in esame, e sottoposto all'indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell'economia e delle finanze.

È stato previsto che tale ente subentrasse, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia di cui è stato disposto lo scioglimento e che assumesse la qualifica di agente della riscossione con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II del già citato DPR 602/1973.

 

La consegna dei residui è equiparata a quella dei ruoli, anche ai fini del discarico delle quote iscritte a ruolo e della reiscrizione nei ruoli, di cui agli articoli 19 e 20 del d.lgs. 112/1999.

Il nuovo comma 10-ter - per consentire l’ordinato passaggio all’agente della riscossione dei residui di gestione - dichiara sospesi, fino al 15 luglio 2019, con riferimento ai relativi crediti:

a) i termini di prescrizione;

b) le procedure di riscossione coattiva;

c) i termini di impugnazione e di opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi.

Il nuovo comma 10-quater prevede che le procedure di riscossione coattiva sospese sono successivamente proseguite dall’agente della riscossione, il quale resta surrogato negli atti esecutivi eventualmente già avviati dall'AGEA e nei confronti del quale le garanzie già attivate mantengono validità e grado.

 

Il comma 2 dell'articolo 4 in esame prevede l'applicazione delle nuove disposizioni a decorrere dal 1° aprile 2019.

Il comma 3 prevede l'adozione del DM MEF-MIPAAFT richiamato nel nuovo comma 10-bis dell'art. 8-quinquies del D.L. 5/2009 entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.

 

Come ricorda la relazione illustrativa, l'articolo in esame interviene nella delicata fase attuativa della sentenza della Corte di giustizia UE del 24 gennaio 2018, C-433/15.

Nella citata decisione la Corte osserva che sebbene la Repubblica italiana dedichi un’ampia parte delle sue memorie alla descrizione dettagliata del quadro giuridico nazionale relativo alla ripartizione e al recupero del prelievo supplementare e delle sue modifiche, essa non fornisce, tuttavia, elementi precisi idonei a mettere in discussione le disfunzioni suffragate dalla Commissione o atti a dimostrare che essa abbia, conformemente all’obbligo di diligenza ad essa incombente, attuato in tempo utile un sistema effettivo in grado di consentirle di recuperare gli importi di cui trattasi secondo i regolamenti citati dalla Commissione.

In tali circostanze, l’argomento relativo a un asserito «obbligo di mezzi» deve essere respinto in quanto inconferente. Infatti, (...) la Repubblica italiana non ha adottato le misure necessarie al fine di garantire prontamente l’imputazione del prelievo ai produttori di latte interessati e il suo efficace recupero.

La Repubblica italiana afferma poi che i numerosi mutamenti della normativa dell’Unione relativa al prelievo supplementare sul latte hanno sostanzialmente contribuito alle difficoltà legislative e amministrative incontrate sul piano nazionale.

A tal riguardo, occorre rammentare che, anche supponendo che l’applicazione della normativa dell’Unione relativa al prelievo sul latte abbia fatto sorgere difficoltà significative sul piano nazionale, ciò nondimeno, come la Corte ha ripetutamente giudicato, uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del suo ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi risultanti dal diritto dell’Unione (v., segnatamente, sentenza del 2 marzo 2017, Commissione/Grecia, C?160/16, non pubblicata, EU:C:2017:161, punto 13 e giurisprudenza ivi citata).

Inoltre, se la Repubblica italiana riteneva che la normativa dell’Unione relativa al prelievo supplementare sul latte ostacolasse, per sua stessa natura, l’imputazione e, se del caso, il recupero di tale prelievo, prontamente ed efficacemente, tale Stato membro avrebbe potuto proporre ricorsi dinanzi alla Corte per un controllo di legittimità delle misure dell’Unione di cui trattasi. Orbene, nel corso dell’intero periodo controverso, che copre più di dodici anni, nessun ricorso in tal senso è stato proposto dalla Repubblica italiana. Del resto, la circostanza che il regime del prelievo supplementare sul latte abbia fatto sorgere difficoltà di ordine giuridico e politico a livello dell’Unione, e che tale regime sia stato infine sostituito, non giustifica affatto la mancata adozione da parte degli Stati membri di tutte le misure necessarie per garantirne l’effettività a livello nazionale.

Inoltre, per quanto attiene più precisamente alla decisione 2003/530, dalla quale la Repubblica italiana deduce che il Consiglio dell’Unione europea non avrebbe potuto adottare tale decisione se essa si fosse trovata in una situazione d’inadempimento, è sufficiente rilevare che il Consiglio, con la decisione in parola, si è limitato ad approvare le misure di aiuti volti a facilitare il pagamento del prelievo supplementare da parte dei produttori di latte interessati, senza formulare valutazioni sulla situazione esistente alla data dell’adozione di quest’ultima in Italia. Inoltre, con la decisione 2003/530 il Consiglio ha implicitamente confermato l’obbligo che incombeva a tale Stato membro di garantire il pagamento del prelievo supplementare da parte dei produttori di latte e ha rilevato che (...) «il governo italiano [si era impegnato a imporre] una rigorosa applicazione del prelievo supplementare sulla base di una nuova legge».

In tali circostanze, l’argomento della Repubblica italiana riguardante il rispetto degli obblighi ad essa incombenti in materia d’imputazione e di recupero eventuale del prelievo supplementare sul latte non è tale da inficiare le conclusioni della Commissione.

Occorre altresì esaminare gli argomenti della Repubblica italiana secondo cui il presente ricorso per inadempimento (...) viola i principi del ne bis in idem, di proporzionalità e di specialità. Essa afferma che, nei limiti in cui ha già versato al FEAOG le somme relative al prelievo corrispondente al superamento del suo quantitativo di riferimento nazionale, (...) tale ricorso implicherebbe che essa possa essere nuovamente «sanzionata» per l’inadempimento dei medesimi obblighi relativi all’imputazione e, se del caso, al recupero del prelievo supplementare.

A tal riguardo, occorre rammentare che (...) le disposizioni citate al precedente punto impongono alla Repubblica italiana diversi obblighi che, da un lato, riguardano il versamento del prelievo supplementare al FEAOG incombente a tale Stato membro, in forza dell’articolo 3 del regolamento n. 1788/2003 e dell’articolo 78, paragrafo 2, del regolamento n. 1234/2007. Dall’altro, lo Stato membro in parola è tenuto a ripartire il prelievo supplementare tra i produttori di latte che hanno contribuito al superamento delle quote nazionali e di recuperarlo (...). Pertanto, il fatto che la Repubblica italiana abbia eventualmente adempiuto il primo di tali obblighi non esclude che essa possa essere venuta meno al secondo di tali obblighi, il quale costituisce il solo oggetto del presente ricorso per inadempimento.

Una simile valutazione s’impone a fortiori ove si consideri che l’argomento della Repubblica italiana equivale, in definitiva, a travisare la finalità del prelievo supplementare consistente nell’obbligare i produttori di latte a rispettare i quantitativi di riferimento ad essi attribuiti (sentenza del 25 marzo 2004, Cooperativa Lattepiù e a., C?231/00, C?303/00 e C?451/00, EU:C:2004:178, punto 75).

Ne consegue che l’argomento della Repubblica italiana relativo a una violazione dei principi del ne bis in idem, di proporzionalità e di specialità deve essere respinto.

Tenuto conto dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte si deve dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di garantire che il prelievo supplementare dovuto per la produzione realizzata in Italia in eccesso rispetto al livello della quota nazionale, a partire dalla prima campagna di effettiva imposizione del prelievo supplementare in Italia (1995/1996) e sino all’ultima campagna nella quale in Italia è stata accertata una produzione in eccesso (2008/2009),

– fosse effettivamente addebitato ai singoli produttori che avevano contribuito a ciascun superamento di produzione, nonché

– fosse tempestivamente pagato, previa notifica dell’importo dovuto, dall’acquirente o dal produttore, in caso di vendite dirette, ovvero

– qualora non pagato nei termini previsti, fosse iscritto a ruolo ed eventualmente riscosso coattivamente presso gli stessi acquirenti o produttori,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti (...).

 

Inoltre, secondo la Corte dei conti (Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), delibera del 20 dicembre 2018, n. 131, pp. 11-15), l’onere che l’Italia ha sopportato a titolo di “prelievo supplementare quote latte” quale riflesso immediato degli esuberi produttivi accertati nelle quattordici campagne lattiero-casearie dal 1995–1996 al 2008–2009 è stato quantificato a fine 2013 in 2.537 milioni di euro già versati alla Commissione europea. Con l’ultima campagna 2014-2015 (terminata il 31 marzo 2015, data in cui è cessato il regime delle “quote latte”) si è riscontrato un esubero produttivo che ha ingenerato un prelievo supplementare di 31 milioni a carico dei produttori lattieri che non hanno rispettato in tale periodo la quota latte loro assegnata. Tale esubero ha determinato una perdita netta complessiva per l’economia italiana di 2.568 milioni.

Tale importo è stato successivamente rideterminato in 2.303 milioni di euro (dato di fine aprile 2018) per le modifiche apportate a seguito di ricorsi avverso le rideterminazioni regionali, che ancora oggi vedono coinvolte le amministrazioni territoriali, come risulta dal successivo prospetto che evidenzia le varie casistiche.

 

Per il periodo lattiero 2014-2015, alla fine del quale, come già detto, è cessato il regime delle quote latte, soggetto normativamente preposto al recupero del prelievo latte sono le amministrazioni regionali (legge n. 119 del 2003, che subentra alla legge n. 33 del 2009 che limitava i propri effetti sino al periodo 2008-2009). Per tutti gli altri periodi lattieri, tale competenza è posta dalla legge in capo ad Agea.

Dei ricordati 2.568 milioni di euro, 2.245 milioni sono stati imputati ai produttori eccedentari, sui quali avrebbe dovuto gravare l’intero onere del prelievo supplementare, come detto finanziato, invece, con fondi pubblici e quindi posto a carico della generalità dei contribuenti italiani. I citati produttori alla data di aprile 2018 (vedasi precedente prospetto) hanno versato soltanto 359 milioni avendo nella quasi totalità, da un lato, impugnato in sede giurisdizionale i provvedimenti di prelievo, e, dall’altro, avendo beneficiato di iniziative legislative “ad hoc "che hanno spinto alcuni di essi (di solito debitori di importi non rilevanti) a sottoscrivere accordi di rateizzazione per l’importo di 411 milioni.

Con riguardo alle rateizzazioni si ricorda che all’inizio del 2009, nel quadro delle misure assunte a sostegno dei settori industriali in crisi, è stato disposto, con decretazione d’urgenza, un duplice intervento a favore dei produttori lattiero-caseari: da un lato, l’assegnazione delle quote integrative del quantitativo nazionale di latte attribuite all’Italia dall’UE; dall’altro, la facoltà di rateizzare il prelievo dovuto e non versato.

Nel 2015, il D.L. n. 51, convertito nella legge 2 luglio 2015, n. 91, intervenuto in favore delle imprese colpite dalla crisi del settore lattiero-caseario, ha dato attuazione alla possibilità di rateizzare il versamento dei prelievi sulle eccedenze di latte relativi alla campagna 2014/2015.

L’art. 2 del citato decreto legge, integrando l’art. 9 della legge 119 del 2003, ha disciplinato nel dettaglio alcune ulteriori modalità di calcolo del prelievo.

Nel 2016, con l’emanazione del D.L. n. 113, convertito nella legge 7 agosto 2016, n. 160, mutano le norme per il calcolo del prelievo supplementare latte relative al periodo 2014/2015, di chiusura del regime quote latte.

I dati sopra riportati avvalorano le riserve già espresse dalla Corte in merito ad una realizzazione almeno soddisfacente del principale degli obiettivi politico-amministrativi della decretazione di urgenza: quello di garantire l’incasso attraverso la rateizzazione. Obiettivo, questo, che si configurava strettamente correlato a quello, anch’esso non perseguito, di deflazionare il contenzioso in materia di prelievo supplementare.

Deve infine la Corte ribadire quanto già affermato in altra sede che “è del tutto insostenibile, sia per i principi comunitari ostativi agli aiuti di Stato, sia per le considerazioni di politica economica interna generale e relative alla congiuntura attuale, mantenere a carico dello Stato, e quindi della collettività, gli oneri derivanti dal comportamento contra legem di operatori del settore lattiero-caseario”.

Queste ultime considerazioni/affermazioni risultano ora avvalorate anche dalla recente sentenza (24 gennaio 2018) della Corte di giustizia europea avente per oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 258 TFUE, di disposizioni del diritto dell’Unione europea pertinenti al regime delle quote latte, proposto dalla Commissione europea contro la Repubblica italiana in data 6 agosto 2015 (causa C-433/15).

In sintesi con tale sentenza la Corte di giustizia - dopo aver esaminato le richieste della Commissione (contestazione alla Repubblica italiana di non aver istituito un regime che garantisca che il prelievo supplementare dovuto a livello nazionale sia effettivamente addebitato agli operatori economici interessati e pagato da questi ultimi o, in caso di mancato pagamento, riscosso dalle autorità competenti - nonché le risposte, le argomentazioni e le motivazioni presentate dalla Repubblica italiana per contrastare tali richieste) - dichiara che:

La Repubblica italiana, avendo omesso di garantire che il prelievo supplementare dovuto per la produzione realizzata in Italia in eccesso rispetto al livello della quota nazionale, a partire dalla prima campagna di effettiva imposizione del prelievo supplementare in Italia (1995/1996) e sino all’ultima campagna nella quale in Italia è stata accertata una produzione in eccesso (2008/2009),

ü  fosse effettivamente addebitato ai singoli produttori che avevano contribuito a ciascun superamento di produzione, nonché

ü  fosse tempestivamente pagato, previa notifica dell’importo dovuto, dall’acquirente o dal produttore, in caso di vendite dirette, ovvero

ü  qualora non pagato nei termini previsti, fosse iscritto a ruolo ed eventualmente riscosso coattivamente presso gli stessi acquirenti o produttori,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 1 e 2 del regolamento n. 950/1992, dell’articolo 4 del regolamento n. 1788/2003, degli articoli 79, 80 e 83 del regolamento n. 1234/2007, nonché, per quanto riguarda le disposizioni di esecuzione della Commissione, dell’articolo 7 del regolamento n. 536/1993, dell’articolo 11, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1392/2001, e, da ultimo, degli articoli 15 e 17 del regolamento n. 595/2004”.

Da osservare che con la sentenza in argomento la Corte di giustizia: a) non si pronuncia sugli importi esatti che il mancato recupero del prelievo avrebbe generato durante le diverse campagne d’imposizione e neppure sull’importo complessivo a copertura di tutte le campagne d’imposizione 1995/1996-2008-2009, in quanto le conclusioni del ricorso della Commissione non menzionano tali importi; b) ma rimarca “che, alla data dell’11 ottobre 2014, vale a dire più di 18 anni dopo le conclusioni della prima campagna d’imposizione del prelievo supplementare in Italia e più di 5 anni dopo l’ultima campagna, le autorità italiane non avevano ancora recuperato i considerevoli importi dovuti a titolo di prelievo supplementare.

Occorre, infine, sottolineare che con la sentenza, la Corte di giustizia statuisce altresì la condanna alle spese della Repubblica italiana, senza definirne l’ammontare.

 

 


 

Articolo 5
(Integrazione del Fondo indigenti)

 

 

L'articolo in esame incrementa la dotazione del Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti al fine di favorire la distribuzione gratuita di alimenti ad alto valore nutrizionale.

 

Il comma 1 incrementa in particolare la dotazione di ulteriori 14 milioni di euro per il 2019, per l’acquisto di formaggi DOP:

ü fabbricati esclusivamente con latte di pecora,

ü con stagionatura minima di 5 mesi,

ü contenuto in proteine non inferiore al 24,5 per cento,

ü umidità superiore al 30 per cento,

ü cloruro di sodio sul tal quale inferiore al 5 per cento.

 

Si ricorda che il suddetto Fondo è stato istituito con il decreto-legge n. 83 del 2012 (art. 58, comma 1) ed opera presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nel territorio della Repubblica Italiana. Le derrate alimentari sono distribuite agli indigenti mediante organizzazioni caritatevoli, conformemente alle modalità previste dal Regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio del 22 ottobre 2007.

Come dispone il Regolamento FEAD 223/2014 (art. 2, n. 2), per «indigenti» si intendono persone fisiche, singoli, famiglie e nuclei familiari o gruppi composti da tali persone, la cui necessità di assistenza è stata riconosciuta in base ai criteri oggettivi fissati dalle competenti autorità nazionali in consultazione con le parti interessate, evitando conflitti di interessi, o definiti dalle organizzazioni partner e approvati da dette autorità nazionali, che possono includere elementi tali da consentire di indirizzare il sostegno verso le persone indigenti in determinate aree geografiche.

L'art. 1, comma 399, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) ha finanziato il fondo in esame per 5 mln di euro a decorrere dal 2017.

L'art. 1, comma 668, della legge 145/2018 (legge di bilancio 2019) ha rifinanziato il Fondo di 1 milione di euro, per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021.

Il Fondo - allocato sul cap. 1526 dello stato di previsione del MIPAAFT - presenta attualmente risorse pari a € 6 mln in conto competenza e cassa per il 2019.

Si fa presente, infine, che nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 4 del 2019, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, convertito dalla legge n. 26 del 2019, è stata inserita una disposizione all’articolo 11 che prevede la possibilità di impiegare le eventuali disponibilità del Fondo distribuzione derrate alimentari agli indigenti (Fondo indigenti), di cui al decreto legge 83/2012, per il finanziamento di interventi complementari rispetto al programma operativo FEAD. Viene, a tal previsto che le risorse corrispondenti possono essere versate nel Fondo di rotazione, istituito dall’art. 5 della legge 183/1987, che eroga alle amministrazioni pubbliche e agli operatori pubblici e privati interessati la quota di finanziamento a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione dei programmi di politica comunitaria.

 

Per il comma 2, l'efficacia di tali disposizioni è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del TFUE, previa notifica della misura effettuata dal MIPAAFT.

 

In base alla norma richiamata, alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno, la Commissione inizia senza indugio la procedura per la modifica o l'eliminazione dell'aiuto. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

 

Ai sensi del comma 3, ai predetti oneri si provvede mediante l’utilizzo delle risorse iscritte per il 2019 nel Fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente, di cui alla legge 15 marzo 1997, n. 59 nello stato di previsione del Ministero dell’interno.

 


 

Articolo 6
(Gelate nella Regione Puglia nei mesi di febbraio e marzo 2018)

 

 

L'articolo in esame consente l'accesso agli interventi previsti per favorire la ripresa dell'attività produttiva alle imprese agricole ubicate nella Regione Puglia che hanno subito danni dalle gelate eccezionali verificatesi nel 2018.

 

Il comma 1 estende l'accesso agli interventi previsti per favorire la ripresa dell'attività produttiva (art. 5 del d.lgs. n. 102 del 2004), nel limite della dotazione ordinaria del Fondo di solidarietà nazionale (FSN), come rifinanziato dall’articolo 10 del decreto legge in esame in favore delle imprese agricole ubicate nei territori della Regione Puglia che hanno subito danni dalle gelate eccezionali verificatesi dal 26 febbraio al 1° marzo 2018, e che non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi.

 

Gli aiuti che possono essere concessi - in base all'art. 5 del d.lgs. 102/2004 - alle imprese che abbiano subito danni superiori al 30 per cento della produzione lorda vendibile consistono in:

a) contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno accertato sulla base della produzione lorda vendibile media ordinaria, da calcolare secondo le modalità e le procedure previste dagli orientamenti e dai regolamenti comunitari in materia di aiuti di Stato. Nelle zone svantaggiate di cui all'articolo 32 del regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, il contributo può essere elevato fino al 90 per cento;

b)  prestiti ad ammortamento quinquennale per le esigenze di esercizio dell'anno in cui si è verificato l'evento dannoso e per l'anno successivo, da erogare al seguente tasso agevolato:

1)  20 per cento del tasso di riferimento per le operazioni di credito agrario oltre i 18 mesi per le aziende ricadenti nelle zone svantaggiate di cui all'articolo 32 del regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013;

2)  35 per cento del tasso di riferimento per le operazioni di credito agrario oltre i 18 mesi per le aziende ricadenti in altre zone; nell'ammontare del prestito sono comprese le rate delle operazioni di credito in scadenza nei 12 mesi successivi all'evento inerenti all'impresa agricola;

c)  proroga delle operazioni di credito agrario, di cui all'articolo 7;

d) agevolazioni previdenziali, di cui all'articolo 8.

In caso di danni causati alle strutture aziendali ed alle scorte possono essere concessi a titolo di indennizzo contributi in conto capitale fino all'80 per cento dei costi effettivi elevabile al 90 per cento nelle zone svantaggiate di cui all'articolo 32 del regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013

La dotazione per il 2019 del Fondo di solidarietà nazionale - interventi indennizzatori in agricoltura (determinata ai sensi dell'art. 15, co. 3, secondo periodo, d.lgs. 102/2004) è pari a € 13.005.560 in termini sia di competenza che di cassa (cap. 967 del bilancio di previsione per il 2019 della Presidenza del Consiglio).

Secondo la relazione tecnica, il numero dei potenziali soggetti beneficiari è di circa 25 mila unità.

 

L'ammissione agli interventi compensativi avviene in deroga all'art. 1, co. 3, lett. b), del d.lgs. 102/2004, secondo cui il Fondo di solidarietà nazionale prevede - tra gli altri - interventi compensativi, esclusivamente nel caso di danni a produzioni, strutture e impianti produttivi non inseriti nel Piano di gestione dei rischi in agricoltura, finalizzati alla ripresa economica e produttiva delle imprese agricole che hanno subito danni da calamità naturali ed eventi assimilabili nei limiti previsti dalla normativa comunitaria.

 

Il comma 2 autorizza la Regione Puglia a deliberare la proposta di declaratoria di eccezionalità dei predetti eventi entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.

 

La declaratoria di eccezionalità comporta la possibilità di accedere agli aiuti disponibili nell'ambito del PSR 2014/2020 per la Regione Puglia - Misura 5 “Ripristino del potenziale produttivo agricolo danneggiato da calamità naturali e da eventi catastrofici e introduzione di adeguate misure di prevenzione”, la quale vanta una disponibilità di € 20 mln (la relazione tecnica precisa che risulta già impegnato l'ammontare di € 15 mln).

 

 


 

Articolo 7
(Misure a sostegno delle imprese del settore olivicolo-oleario)

 

 

L'articolo in esame introduce un contributo per la copertura dei costi sostenuti per gli interessi dovuti per il 2019 sui mutui bancari contratti dalle imprese del settore olivicolo-oleario.

 

Il comma 1 inserisce l'articolo 4-bis nel D.L. 51/2015 (L. 91/2015).

 

Il nuovo articolo 4-bis riconosce, al comma 1, un contributo per la copertura, totale o parziale, dei costi sostenuti per gli interessi dovuti per il 2019 sui mutui bancari contratti dalle imprese del settore olivicolo-oleario entro la data del 31 dicembre 2018, considerate le particolari criticità produttive e la necessità di recupero e rilancio della produttività e della competitività, in crisi anche a causa degli eventi atmosferici avversi e delle infezioni di organismi nocivi ai vegetali.

Il contributo è riconosciuto nel limite complessivo di spesa di € 5 mln per il 2019 ed è concesso - ai sensi del comma 2 - in identico ammontare ad ogni singolo produttore, nel rispetto dei massimali stabiliti dai regolamenti (UE) n. 1407/2013 e n. 1408/2013, relativi all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de minimis.

 

Per il comma 3 del nuovo articolo 4-bis, agli oneri previsti per il riconoscimento del contributo si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del Programma Fondi di riserva e speciali della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del MEF per il 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al MIPAAFT.

 

Il comma 2 dell'articolo 7 prevede l'adozione - entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione - di un DM MIPAAFT-MEF, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, per la definizione delle modalità di concessione del contributo e per la disciplina dell’istruttoria delle relative richieste e dei casi di revoca e decadenza.

 

In base alla Stima preliminare dei conti economici dell’agricoltura, curata dall'ISTAT, nel 2018 la produzione di olio di oliva ha subìto un sensibile calo (-36,9%).

Le ultime elaborazioni dell'ISMEA - diffuse il 29 gennaio 2019 - indicano una produzione di olio di oliva a 185 mila tonnellate (-57%) rispetto al 2017.

Una delle peggiori annate di sempre per l'olivicoltura nazionale, con una produzione di olio di oliva più che dimezzata rispetto al 2017( -57%). È quanto emerge dalle ultime elaborazioni ISMEA sulla base dei dichiarativi di dicembre, che collocano la produzione di olio di oliva del 2018 a 185 mila tonnellate, in ulteriore ribasso rispetto alle stime - già poco ottimistiche - presentate a ottobre, a frantoi ancora chiusi. In particolare sono state le Regioni del Mezzogiorno ad accusare le perdite maggiori, con la Puglia, che da sola rappresenta circa la metà della produzione nazionale, colpita da una flessione stimabile attorno al 65%, a causa delle gelate e dei problemi fitosanitari che hanno colpito gli uliveti. Negli ultimi sei anni - sottolinea l'ISMEA - è già la terza volta che le campagne di "scarica" si presentano con flessioni produttive che vanno oltre la fisiologica alternanza, a causa della frequenza con cui si manifestano eventi meteorologici avversi.

I riflessi sul mercato della scarsità di prodotto non hanno tardato a manifestarsi. I listini dell'extra vergine hanno raggiunto, infatti, a dicembre i 5,60 euro al kg (+40% rispetto a giugno), con valori superiori ai 7 euro al chilo in Sicilia e vicini ai 6 euro nel Barese. Nonostante tali recuperi, rimane comunque negativo il confronto dei prezzi su base annua anche per la pressione determinata dal mercato spagnolo che, di contro, può contare su una campagna produttiva abbondante. Secondo le ultime stime, la produzione iberica sfiora infatti 1,6 milioni di tonnellate (24%) sul 2017, determinando una flessione dei listini spagnoli e condizionando anche il mercato greco e tunisino, dove invece la produzione è prevista in calo di oltre il 30%.

Secondo l'analisi SWOT dell'ISMEA, i punti di debolezza della filiera sono:

ü  frammentarietà della struttura produttiva (ridotte dimensioni aziendali) e diffusione dell’olivicoltura in zone difficili: scarsa mobilità fondiaria. Valore unitario dei terreni molto elevato;

ü  presenza prevalente di impianti tradizionali e limitata diffusione di meccanizzazione e irrigazione;

ü  ritardo nel recepimento delle innovazioni tecnologiche e mancati investimenti;

ü  oscillazioni delle produzioni in termini qualitativi e quantitativi con relative ripercussioni a livello commerciale;

ü  ricambio generazionale quasi assente;

ü  presenza diffusa di un’olivicoltura non “imprenditoriale” e poco ricorso ai PSR;

ü  costi di produzione elevati e flessione della redditività;

ü  ruolo poco incisivo delle organizzazioni dei produttori nella concentrazione dell’offerta e nella valorizzazione del prodotto;

ü  ritardo nell’applicazione dei risultati della ricerca scientifica;

ü  numero elevato di frantoi economicamente poco efficienti e con impianti di trasformazione non ottimali e che di fatto costituiscono "non imprese";

ü  capacità limitata di investimento e di innovazione tecnologica di molte aziende e non garanzia di qualità;

ü  dimensioni che non permettono “massa critica”: eccessiva frammentazione;

ü  costi elevati di produzione soprattutto per i piccoli frantoi;

ü  ritardi negli investimenti;

ü  accesso difficoltoso ai finanziamenti soprattutto per gli impianti non collegati ad aziende agricole o a frantoi non cooperativi;

ü  ruolo poco incisivo delle organizzazioni dei produttori nella concentrazione dell’offerta e nella valorizzazione del prodotto;

ü  costo elevato del lavoro e della burocrazia;

ü  impianti sottoutilizzati;

ü  scarsa capacità di aggregazione;

ü  potere contrattuale limitato rispetto agli acquirenti;

ü  basso livello di integrazione dell’industria olearia con le fasi a monte della filiera nazionale e scarsa capacità di attuare politiche di aggregazione per raggiungere “massa critica”;

ü  dipendenza dall’import anche a causa dell’eccessiva alternanza produttiva interna;

ü  eccessivo “nanismo” di larga parte delle imprese del settore e conseguente struttura finanziaria e commerciale poco adeguata ad affrontare la competizione sempre più allargata;

ü  scarsa percezione del surplus qualitativo delle produzioni dop e igp da parte del consumatore;

ü  mancanza di insegne italiane nella distribuzione estera;

ü  dipendenza eccessiva dalle regole dettate dalla gdo;

ü  poca attitudine degli operatori italiani a fare sistema, in parte superata dagli ultimi accordi tra produzione e industria;

ü  range di prezzo troppo ampio, e poco comprensibile, nella fase al consumo.

 

 


 

Articolo 8
(Norme per il contrasto della
Xylella fastidiosa e di altre fitopatie)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 8 aggiunge un nuovo articolo – l’articolo 18-bis – al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, recante attuazione della direttiva 2002/89/CE sulle misure di protezione contro l’individuazione e la diffusione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali.

Il provvedimento contiene norme di carattere ordinamentale, relativamente alle modalità cui è chiamato ogni Stato membro ad agire nel caso di riscontro di un organismo nocivo sui prodotti vegetali sul proprio territorio.

 

L’articolo 18-bis, come introdotto dalla disposizione in esame, si compone di sei commi.

 

Il comma 1 dispone che le misure fitosanitarie ufficiali e ogni altra attività connessa, compresa la distruzione delle piante contaminate, incluse quelle aventi carattere monumentale, sono attuate in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e secondo i criteri indicati nell’articolo 6, comma 2-bis, della decisione di esecuzione (UE) 2015/789 della Commissione del 18 maggio 2015 e nei provvedimenti di emergenza fitosanitaria.

La disposizione prosegue prevedendo che le piante monumentali presenti nelle zone di cui all’articolo 4 della decisione richiamata non sono rimosse se non è accertata la presenza dell’infezione, fermo restando il rispetto delle ulteriori misure stabilite dalla stessa decisione.

 

La decisione di esecuzione (UE) 2015/789 della Commissione del 18 maggio 2015 - modificata dalla decisione di esecuzione (UE) 2018/927 del 27 giugno 2018 - è relativa alle misure per impedire l'introduzione e la diffusione nell'Unione della Xylella fastidiosa.

Mentre l’articolo 6, paragrafo 2, lettera a) dispone che lo Stato membro deve rimuovere immediatamente, indipendentemente dal loro stato di salute, le piante che si trovano entro un raggio di 100 metri da quelle risultate infette, il richiamato comma 2-bis dell'articolo 6 dispone che, in deroga al disposto richiamato, è possibile decidere che non è necessario rimuovere singole piante ospiti ufficialmente riconosciute come piante di valore storico purché siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a)    le pianti ospiti sono state sottoposte a campionamento e analisi ed è stato confermato che non sono infette dall’organismo specificato;

b)   le singole piante ospiti o la zona interessata sono state isolate fisicamente dai vettori in modo adeguato affinché tali piante non contribuiscano all’ulteriore diffusione dell’organismo specificato;

c)    sono state applicate pratiche agricole appropriate per la gestione dell’organismo specificato e dei suoi vettori.

 

Il comma 2 prevede che nei casi di misure fitosanitarie derivanti da provvedimenti di emergenza, i Servizi fitosanitari competenti per territori sono legittimati ad attuare tutti i provvedimenti di urgenza necessari per evitare il diffondersi della malattia, compresa la distruzione delle piante contaminate e l’intervento su qualsiasi altro materiale che possa risultare contaminato (materiali di imballaggio, recipienti, macchinari e ogni possibile veicolo di diffusione di organismi nocivi). A tal fine, gli ispettori sanitari e il personale di supporto, muniti di autorizzazione del servizio fitosanitario accedono, previo avviso almeno cinque giorni prima della verifica, ai luoghi in cui si trovano i vegetali e i prodotti vegetali, in qualsiasi fase della catena di produzione e di commercializzazione. L’accesso è consentito ai mezzi utilizzati per il loro trasporto e ai magazzini doganali. Sono fatte salve le normative in materia di sicurezza nazionale e internazionale.

 

L’articolo 2 del Dlgs n. 214/2005 definisce vegetali le piante e le parti vive di piante che comprendono i frutti, le verdure, i tuberi, i fiori recisi, i rami con foglie, gli alberi tagliati, le foglie, le culture di tessuti vegetali, il polline vivo, e le sementi.

L’art. 8 fa obbligo a chiunque sia a conoscenza della comparsa di organismi nocivi, di darne immediata comunicazione al Servizio fitosanitario regionale competente per territorio. Il Servizio fitosanitario regionale deve immediatamente notificare al Servizio fitosanitario nazionale che a sua volta comunica alla Commissione europea.

I servizi fitosanitari regionali sono chiamati a svolgere, ai sensi dell’art. 11, le ispezioni sul materiale vegetale, sugli imballaggi e sui mezzi di trasporto.

Se gli esiti dell’ispezione sono positivi il Servizio emette il relativo passaporto (nel caso di zone protette, il passaporto sarà valido solo per quelle zone), altrimenti dispone l’adozione delle misure ufficiali che consistono, a norma dell’art. 15, in trattamenti adeguati, autorizzazione di spostamenti, distruzione.

Ai sensi dell’art. 34 gli ispettori fitosanitari sono funzionari della pubblica amministrazione; ad essi è rilasciato un apposito documento di riconoscimento, con validità quinquennale. Essi possono avvalersi, ai sensi dell’art. 34-bis, di personale tecnico di supporto, opportunamente formato, denominato “agente fitosanitario”. Gli Ispettori, a norma dell’art. 35, hanno accesso a tutti i luoghi in cui i vegetali, i prodotti vegetali si trovano, in qualsiasi fase della catena di produzione e di commercializzazione, compresi i mezzi utilizzati per il loro trasporto e i magazzini doganali, fatte salve le normative in materia di sicurezza nazionale e internazionale. Gli Ispettori svolgono le funzioni di polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 57 del codice di procedura penale.

 

Il comma 3 prevede che il proprietario, il conduttore o il detentore, a qualsiasi titolo, di terreni sui quali sono riscontrate piante infette da organismi nocivi che non fornisce tempestiva denuncia ai Servizi sanitari competenti per territorio è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516 a euro 30.000.

Ai sensi del comma 4, i medesimi soggetti sono puniti con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 30.000 in caso di mancata esecuzione delle prescrizioni di estirpazione di piante infette dagli organismi nocivi. In tal caso è prevista la sostituzione degli ispettori fitosanitari, coadiuvati dal personale di supporto, nel procedere alle misure indicate. La sanzione amministrativa è raddoppiata per chiunque impedisce tali operazioni.

 

Si fa presente che l’ambito soggettivo di applicazione della norma non coincide essendo interessati, nel primo caso, i proprietari, i conduttori o i detentori, a qualsiasi titolo, di terreni, e nel secondo caso, qualunque soggetto.

Si valuti l’opportunità di chiarire cosa esattamente si intenda, alla luce di quanto previsto dall’articolo 15 del D.Lgs. 214/2005 per estirpazione di piante infette dagli organismi nocivi. Si valuti, inoltre, l’opportunità di premettere la clausola “salvo che il fatto costituisca reato”.

 

Si ricorda, al riguardo, che il Titolo XII del D.Lgs. n. 214/2005 già definisce le sanzioni amministrative in caso di violazioni delle disposizioni ivi previste.

Tra le altre si prevede che:

-    chiunque introduce nel territorio italiano organismi nocivi, dei vegetali, dei prodotti vegetali od altre voci in violazione dei divieti previsti è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 5.000,00 euro a 30.000,00 euro ;

-    chiunque non rispetta i divieti di diffusione, commercio e detenzione di organismi nocivi, dei vegetali, dei prodotti vegetali è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 1.000,00 euro a 6.000,00 euro;

-    chiunque non consente agli incaricati del Servizio fitosanitario l'effettuazione dei controlli è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 1.000,00 euro a 6.000,00 euro;

-    chiunque esercita attività di produzione e commercio dei vegetali, prodotti vegetali in assenza o sospensione delle autorizzazioni è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 2.500,00 euro a 15.000,00 euro;

-    chiunque non ottempera agli obblighi di comunicazione al Servizio sanitario nazionale e non rispetti i divieti di commercializzazione è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250,00 ad euro 1.500,00;

-    chiunque, in possesso dell'autorizzazione, non consente l'accesso nell'azienda da parte dei soggetti incaricati dei controlli ovvero ne ostacola l'attività, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 2.500,00 euro a 15.000,00 euro;

-    chiunque non osservi gli obblighi in relazione all'introduzione, alla circolazione ed al transito di vegetali, prodotti vegetali ed altre voci nelle zone protette è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 2.500,00 ad euro 15.000,00;

-    chiunque, in violazione delle misure ufficiali adottate, introduce, detiene o pone in commercio vegetali, prodotti vegetali o altre voci, per i quali i controlli fitosanitari hanno avuto esito non favorevole, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 5.000,00 euro a 30.000,00 euro;

-    chiunque non ottemperi alle prescrizioni impartite dai Servizi fitosanitari regionali è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 500,00 euro a 3.000,00 euro;

-    chiunque non osserva il divieto di messa a dimora di piante ha l'obbligo di provvedere alla loro estirpazione e distruzione entro quindici giorni dalla notifica dell'atto di intimazione ad adempiere. La mancata ottemperanza a tale obbligo è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 200,00 euro a 1.200,00 euro; gli organi di vigilanza dispongono altresì l'estirpazione delle piante ponendo a carico dei trasgressori le relative spese. L'importo della sanzione è raddoppiato nel caso si tratti di soggetti autorizzati e di soggetti che, in base ai dati conservati nelle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, si occupano professionalmente della progettazione, della realizzazione e della manutenzione di parchi e giardini;

-    chiunque esegua trattamenti di quarantena disposti dai Servizi fitosanitari regionali, oppure disciplinati dai decreti ministeriali emanati conformemente al presente decreto, in impianti non in possesso del previsto riconoscimento o con modalità non conformi alle norme vigenti, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000,00 ad euro 6.000,00;

-    chiunque, dopo essere stato riconosciuto responsabile della trasgressione di una delle prescrizioni contenute nei commi precedenti, nei tre anni successivi ne trasgredisce un'altra, con la nuova sanzione da infliggere è sottoposto anche alla sospensione delle autorizzazioni regionali per un periodo non superiore a centoventi giorni;

-    salvo che il fatto costituisca reato, chiunque elimini o manometta contrassegni o sigilli apposti dagli ispettori fitosanitari, è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 250,00 euro a 1.500,00 euro.

 

Il comma 5 prevede che gli ispettori sanitari possono accedere ai fondi per attuare le misure fitosanitarie di urgenza, anche in caso di irreperibilità dei proprietari e dei conduttori a qualsiasi titolo dei terreni o in caso in cui venga manifestato un rifiuto dagli stessi soggetti in ordine all’accesso ai fondi.

Dall’attuazione delle disposizioni introdotte si provvede, ai sensi del comma 6, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Anche in relazione alla normativa vigente richiamata, si valuti l’opportunità di chiarire la portata innovativa della disposizione in esame rispetto a quanto già previsto nel decreto legislativo n. 214/2005, valevole per tutte le fitopatie e non solo per la Xylella. Si valuti in particolare l’opportunità di chiarire il rapporto con le fattispecie già previste, anche in termini di sanzioni.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame abroga l'art. 1, co. 661, della legge n. 145/2018 (Bilancio di previsione dello Stato per il 2019).

 

La disposizione abrogata prevede che agli ulivi che insistono nella zona di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/927 non siano applicabili le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 9 del decreto ministeriale 23 ottobre 2014, recante “Istituzione dell’elenco degli alberi monumentali d’Italia e principi e criteri direttivi per il loro censimento”.

Le disposizioni richiamate (art. 9, commi 1 e 2) prevedono che:

-    l'abbattimento e le modifiche della chioma e dell'apparato radicale sono realizzabili, dietro specifica autorizzazione comunale, solo per casi motivati e improcrastinabili per i quali è accertata l'impossibilità di adottare soluzioni alternative, previo parere vincolante del Corpo forestale dello Stato, che si può avvalere della consulenza dei Servizi fitosanitari regionali. I comuni comunicano alla regione gli atti autorizzativi emanati per l'abbattimento o modifica degli esemplari. Nell'eventualità in cui si rilevi un pericolo imminente per la pubblica incolumità e la sicurezza urbana, l'Amministrazione comunale provvede tempestivamente agli interventi necessari a prevenire e a eliminare il pericolo, dandone immediata comunicazione al Corpo forestale dello Stato, e predispone, ad intervento concluso, una relazione tecnica descrittiva della situazione e delle motivazioni che hanno determinato l'intervento (comma 1);

-    per gli elementi arborei che risultano sottoposti a provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi dell'art. 136, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni e integrazioni, o per i quali risulti già pubblicata la proposta di dichiarazione ai sensi dell'art. 139, comma 2 del medesimo decreto, deve essere richiesta, altresì, l'autorizzazione paesaggistica ai sensi dell'art. 146 della suddetta normativa.

 

Il comma 3 prevede che all’articolo 6, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Testo unico in materia ambientale, sia aggiunta una nuova lettera, al fine di prevedere l’esclusione, in aggiunta a quelle già previste, dall’ambito di applicazione del testo unico, dei “piani, i programmi e i provvedimenti di difesa fitosanitaria adottati dal Servizio fitosanitario nazionale che danno applicazione a misure fitosanitarie di emergenza”.

 

L’articolo 6, comma 4, del testo unico in materia di ambiente prevede, infatti che sono comunque esclusi dal campo di applicazione del provvedimento:

a) i piani e i programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza o coperti dal segreto di Stato ricadenti nella disciplina di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Contratti secretati o che esigono particolari misure di sicurezza)

b) i piani e i programmi finanziari o di bilancio;

c) i piani di protezione civile in caso di pericolo per l'incolumità pubblica;

c-bis) i piani di gestione forestale o strumenti equivalenti, riferiti ad un ambito aziendale o sovraziendale di livello locale, redatti secondo i criteri della gestione forestale sostenibile e approvati dalle regioni o dagli organismi dalle stesse individuati.

 

Quanto all’emergenza causata dal rinvenimento della Xylella nella regione Puglia, la XIII Commissione Agricoltura ha concluso, il 21 febbraio 2019, un’indagine conoscitiva approvando il documento conclusivo.

La relazione tecnica specifica che gli interventi previsti nei commi da 1 a 5 rientrano nell’ambito delle attività istituzionali già svolte dagli uffici centrali e periferici competenti sulla base di quanto previsto da ultimo nel decreto ministeriale n. 4999 del 13 febbraio 2018. Con il provvedimento citato è stato adottato il Piano nazionale di emergenza per la gestione della Xylella secondo il quale:

-       gli oneri conseguenti alle misure fitosanitarie gravano sui proprietari e sui conduttori, a qualunque titolo, dei terreni agricoli e delle aree non agricole che insistono nella zona delimitata;

-       il finanziamento per le misure di lotta integrata sono passibili di apposito finanziamento;

-       apposite risorse possono essere disposte a favore di enti pubblici e soggetti privati i cui terreni insistono nella zona delimitata nei limiti delle risorse stanziate per la dichiarazione dello stato di calamità naturale.

Sempre secondo quanto riportato nella relazione tecnica, le risorse a disposizione ammontano a 100,65 milioni di euro così ripartite:

a)      48,05 milioni di euro di risorse messe a disposizione dal Ministero delle politiche agricole (30 a valere sui Fondi per lo sviluppo e la coesione);

b)      52,60 milioni di euro a valere sulle risorse della Regione Puglia.

 

In merito agli interventi già predisposti dalla regione Puglia, con DGR 1890 del 2018 sono state previste:

-       azioni di contrasto alla diffusione della Xylella;

-       misure fitosanitarie del vettore;

-       azioni per il potenziamento dell’Osservatorio fitosanitario.

Il PSR Puglia 2014-2020 ha stanziato 20 milioni di euro destinati:

-    alla misura 5.1 per il sostegno agli investimenti per la prevenzione della diffusione del patogeno;

-    alla misura 5.2 per il sostegno agli interventi di ripristino del potenziale produttivo olivicolo danneggiato dalla diffusione della fitopatia.

Per la ricerca, sempre la regione Puglia ha stanziato 2 milioni di euro, selezionando 27 progetti.

Con una rimodulazione successiva sono stati previsti 32 milioni di euro per il sostegno agli investimenti delle aziende olivicole in area infetta. 12 milioni di euro sono stati attivati nell’ambito del Fondo di solidarietà nazionale per compensare i danni da calamità. 5 milioni di euro sono stati, poi, attivati con risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per l’allungamento del periodo di ammortamento dei mutui contratti dalle aziende olivicole e dai frantoi in area infetta.

 

 

 


 

Articolo 9
(Misure a sostegno delle imprese del settore agrumicolo)

 

 

L'articolo in esame prevede la possibilità di concedere un contributo per la copertura dei costi sostenuti per gli interessi dovuti per il 2019 sui mutui bancari contratti dalle imprese del settore agrumicolo.

 

In particolare, il comma 1 introduce l’articolo 4-bis nel D.L. 51/2015 (L. 91/2015).

 

Il nuovo articolo 4-bis riconosce un contributo destinato alla copertura, totale o parziale, dei costi sostenuti per gli interessi dovuti per il 2019 sui mutui bancari contratti dalle imprese del settore agrumicolo entro la data del 31 dicembre 2018, al fine di contribuire alla ristrutturazione di tale settore.

Il contributo è concesso nel limite complessivo di spesa di € 5 mln per il 2019 in identico ammontare ad ogni singolo produttore, nel rispetto dei massimali stabiliti dai regolamenti (UE) n. 1407/2013 e n. 1408/2013, relativi all’applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE agli aiuti de minimis (comma 2).

In base al comma 3, agli oneri derivanti dalla concessione del contributo si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del Programma Fondi di riserva e speciali della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del MEF per il 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al MIPAAFT

 

Il comma 2 dell'articolo 9 in esame prevede l'adozione - entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione - di un DM MIPAAFT-MEF, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, per la definizione delle modalità di concessione del contributo e per la disciplina dell’istruttoria delle relative richieste e dei casi di revoca e decadenza.

 

La legge di bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n. 205), articolo 1, comma 131, ha istituito, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, un Fondo per favorire la qualità e la competitività delle imprese agrumicole e dell’intero comparto agrumicolo, con una dotazione di 2 milioni di euro per il 2018 e di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020.

Il suddetto Fondo ha il fine di incentivare l’aggregazione, gli accordi di filiera, l’internazionalizzazione, la competitività e la produzione di qualità del comparto, anche attraverso il sostegno ai contratti e agli accordi di filiera.

Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, adottato previa intesa in Conferenza Stato-regioni, sono definiti i criteri e le modalità di ripartizione delle risorse del suddetto Fondo.

Sullo schema di DM è stata sancita l'intesa in Conferenza Stato-Regioni (si veda al riguardo il comunicato stampa diffuso dal MIPAAFT il 21 febbraio 2019).

Gli interventi finanziati con tali risorse sono erogati alle condizioni previste dal regolamento (UE) n. 1408 del 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de minimis nel settore agricolo.

 

Il Fondo è allocato al cap. 7051 dello stato di previsione del MIPAAFT (tabella n. 12). Gli stanziamenti per il 2019 risultano pari a € 4 mln in termini di competenza e a € 6 mln in termini di cassa; per il 2020 essi ammontano a € 4 mln in termini sia di competenza che di cassa.

 

La Stima preliminare dei conti economici dell’agricoltura - predisposta dall'ISTAT - rileva che un netto ridimensionamento ha interessato le produzioni agrumicole (-6,8%) nel 2018.

Secondo l'Annuario dell'agricoltura italiana 2017, pubblicato dal CREA nel 2019, pp. 179-182, l’Italia, negli ultimi dieci anni, ha visto diminuire la produzione di agrumi, in controtendenza rispetto agli altri paesi produttori del Bacino del Mediterraneo, nei quali il trend è risultato in crescita, e attualmente si trova dietro a Spagna, Turchia ed Egitto. Nei confronti del paese iberico, in particolare, l’Italia ha perso sempre più peso in campo internazionale e da competitor è diventato importatore netto. Oggi la dipendenza dalla Spagna pesa per oltre 212 milioni di euro.

La produzione agrumicola nazionale raccolta nel 2017 si è mantenuta sugli stessi livelli della stagione precedente, attestandosi, secondo l’ISTAT, su 2,8 milioni di tonnellate (+1,6%; tab. 5.5).

 

Anche la superficie in produzione non ha evidenziato variazioni degne di nota (+1,4%), a parte l’incremento di poco meno di 2.000 ettari di aranceti in Sardegna.

Il livello di autoapprovvigionamento dell’Italia, pur sempre alto, segna un’ulteriore leggera decrescita, portandosi sul 92%.

Il 2017 è stato fortemente influenzato dal protrarsi di uno stato siccitoso particolarmente incisivo e diffuso, che ha colpito l’intera penisola e segnato tutta la campagna produttiva. L’andamento climatico ha richiesto, laddove possibile, il ricorso a interventi irrigui ben superiori all’ordinario, con conseguente aggravio dei costi; mentre, laddove le risorse idriche si sono rivelate insufficienti, ha condizionato gli aspetti produttivi e qualitativi.

In generale, l’annata è stata caratterizzata da temperature medie superiori alla norma, con notevole escursione termica durante i mesi invernali, scarse precipitazioni, diffuse a macchia di leopardo. Gli effetti sui frutti si sono riscontrati in termini di calibro e accumulo di zuccheri. Buona è stata l’invaiatura con coloritura apprezzabile della buccia. Nelle aree che hanno beneficiato delle utili, per quanto modeste, piogge autunnali le produzioni hanno raggiunto standard soddisfacenti per dimensioni, gusto e contenuto in succo.

 

Secondo l'analisi SWOT dell'ISMEA, i punti di debolezza della filiera sono i seguenti:

ü  polverizzazione del tessuto produttivo;

ü  insufficiente aggregazione dell’offerta;

ü  difficoltà ad approvvigionarsi di acqua per l’irrigazione;

ü  calendario di commercializzazione non sufficientemente ampio per mandarini, clementine e pompelmi;

ü  scarsa valorizzazione dei derivati e sproporzione tra produzione di semilavorati e prodotti finiti;

ü  assenza di interprofessione e contratti di filiera;

ü  scarsa propensione all’associazionismo ed alla cooperazione della fase agricola;

ü  frammentazione dell’offerta ed eccessivo potere contrattuale della Grande Distribuzione.

Le minacce sono invece le seguenti:

ü  gravi problemi fitosanitari in importanti aree agrumicole (ad esempio Virus della Tristeza);

ü  persistenza di varie forme di intermediazione commerciale;

ü  elevata incidenza dei costi della manodopera e difficoltà a reperire lavoratori nei momenti di picco della raccolta;

ü  problemi di microcriminalità che agisce con furti di prodotti ed attrezzature nelle aziende;

ü  elevata competizione internazionale basata sul prezzo.

 

 


 

Articolo 10
(Rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale)

 

 

L'articolo in esame incrementa la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale-interventi indennizzatori.

In particolare, il comma 1 incrementa tale dotazione di € 20 mln per il 2019.

 

In base all'art. 15, co. 2, del d.lgs. 102/2004, il Fondo di solidarietà nazionale-interventi indennizzatori è iscritto nello stato di previsione del MIPAAFT e riguarda il finanziamento di interventi compensativi, esclusivamente nel caso di danni a produzioni, strutture e impianti produttivi non inseriti nel Piano di gestione dei rischi in agricoltura, finalizzati alla ripresa economica e produttiva delle imprese agricole che hanno subito danni da eventi calamitosi nei limiti previsti dalla normativa comunitaria nonché di interventi di ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola, tra cui quelle irrigue e di bonifica, compatibilmente con le esigenze primarie delle imprese agricole.

Il Fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi è del pari iscritto nello stato di previsione del MIPAAFT ed è destinato al finanziamento di misure volte a incentivare la stipula di contratti assicurativi prioritariamente finalizzate all'individuazione e diffusione di nuove forme di copertura mediante polizze sperimentali e altre misure di gestione del rischio.

Si ricorda che sul capitolo 7411 dello stato di previsione del MIPAAFT, relativo al Fondo di solidarietà nazionale-interventi indennizzatori, risultano iscritte per il 2019 risorse per 1 mln di euro in conto competenza e 31.633.000 euro in conto cassa.

Per completezza, si segnala anche che sul capitolo 7439 del medesimo stato di previsione del MIPAAFT, relativo al Fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi, risultano allocate risorse per 11 milioni di euro per il 2019 sia in conto competenza che in conto cassa.

 

Ai predetti oneri si provvede mediante riduzione delle risorse allocate nel Fondo per l’attuazione del programma di Governo, istituito nello stato di previsione del MEF dall’articolo 1, comma 748, della legge 30 dicembre 2018, n.145 (Legge di bilancio 2019) (comma 2).

 

La dotazione iniziale per il 2019 ammonta a € 44.380.452 (cap. 3080 dello stato di previsione del MEF).

 


 

Articolo 11
(Campagne promozionali o di comunicazione istituzionali)

 

 

L'articolo in esame prevede uno stanziamento per la realizzazione di campagne promozionali e di comunicazione istituzionale al fine di incentivare il consumo di olio extra-vergine di oliva, di agrumi e del latte ovi-caprino e dei prodotti da esso derivati

 

Il comma 1 destina a tal fine al MIPAAFT la somma di 2 milioni di euro per il 2019.

Per il comma 2, ai predetti oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del Programma Fondi di riserva e speciali della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del MEF per il 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al MIPAAFT.

 

 


 

Articolo 12
(Misure urgenti per l’emergenza nello stabilimento Stoppani
sito nel Comune di Cogoleto)

 

 

L’articolo 12 disciplina una serie di misure volte al completamento degli interventi urgenti necessari a favore dello stabilimento Stoppani, sito nel comune di Cogoleto in provincia di Genova, previsti nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3554 del 5 dicembre 2006, individuato quale sito di interesse nazionale per le procedure di bonifica ambientale. Nello specifico, vengono disciplinati i compiti del Ministero dell’ambiente del territorio e del mare, i poteri del Prefetto di Genova, i soggetti attuatori degli interventi risolutivi, da concludersi entro il 31 dicembre 2020, l’assegnazione delle risorse e le deroghe normative.

 

La bonifica Cogoleto-Stoppani

La produzione base dello stabilimento Luigi Stoppani SpA, che prese avvio negli Anni ’40, era costituita dal bicromato di sodio, dal quale si ottenevano altri derivati del cromo, quali acido cromico o anidride cromica per l’industria galvanotecnica e per l’impregnazione del legno, nonché salcromo o solfato basico di cromo per l’industria conciaria. Lo stabilimento ha cessato la sua produzione nell’anno 2003. A seguito di richiesta da parte della regione Liguria, con decreto del Ministero dell’ambiente n. 468 del 18 settembre 2001, il sito è stato inserito nel Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale e sono stati stanziati per gli interventi di bonifica 6.920.522,45 euro (all’epoca 13.400.000.000 di lire). L’area, successivamente perimetrata con decreto del Ministero dell’ambiente dell’8 luglio 2002, comprende una superficie di circa 45 ettari a terra e di circa 1,67 chilometri quadrati (167 ettari) a mare.

Con il D.P.C.M. del 23 novembre 2006 è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione alla grave situazione ambientale e sanitaria nello stabilimento e con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3554/2006 è stato nominato il commissario delegato per il superamento dello stato di emergenza.

Nel 2007 la società Immobiliare Val Lerone SpA - nella quale aveva modificato la propria denominazione la società Luigi Stoppani SpA nell’anno 2004 - falliva, rimanendo inadempiente agli obblighi gravanti sulla società in base alla citata ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 3554 del 5 dicembre 2006. Tali obblighi riguardavano: il costante mantenimento delle attività di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda attraverso l’emungimento e trattamento delle acque prelevate dai pozzi della barriera idraulica; l’immediato smaltimento dei fanghi derivanti dall’impianto di trattamento delle acque di falda contaminate presso idoneo impianto autorizzato, la ripresa delle attività di rimozione e smaltimento dell’amianto previa presentazione dei relativi piani di lavoro alla USL competente, la ripresa delle attività di decommissioning delle strutture impiantistiche previa predisposizione dei relativi piani, con particolare riferimento al problema degli edifici contaminati dalla presenza di cromo, la rimozione e smaltimento di tutti i rifiuti presenti nell’area di stabilimento, il costante manutenzione di tutte le reti di drenaggio delle acque superficiali al fine di garantirne l’opportuno convogliamento.

Successivamente, con l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3981 del 18 novembre 2011, il Prefetto di Genova è stato nominato Commissario delegato, con poteri sostituivi in ordine agli interventi di bonifica.

Lo stato di emergenza  e la gestione commissariale, che inizialmente dovevano terminare il 31 dicembre 2007, sono stati successivamente  prorogati fino al 31 dicembre 2018 (articolo 1, comma 1133, della legge di bilancio 2018 – L. n. 205/2017).

Per approfondire le vicende giudiziarie e ambientali del sito Cogoleto-Stoppani, si rinvia al capitolo dedicato nell’ambito della Relazione territoriale sulla regione Liguria presentato nella XVII legislatura dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.

 

Di seguito sono analizzate le disposizioni contenute nell’articolo 12 in esame.

Compiti del Ministero dell’Ambiente (comma 1)

Il comma 1 prevede che il Ministero dell’Ambiente individui - entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge – le misure, gli interventi e le relative risorse disponibili finalizzate alla conclusione delle attività previste nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3554 del 5 dicembre 2006 e alla riconsegna dei beni agli aventi diritto.

Poteri del Prefetto di Genova (comma 1)

Il comma 1 prevede che il Prefetto di Genova, di cui si avvale il Ministero dell’Ambiente, d’intesa con il Ministro dell’interno ai sensi dell’articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, realizzi le previste attività entro il 31 dicembre 2020.

L’articolo 37, comma 2, del D. Lgs. n. 300/1999 consente al Ministero dell’Ambiente di avvalersi altresì della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo, per lo svolgimento delle attribuzioni previste dall’ordinamento statale.

In base al D.P.R. 3 aprile 2006, n. 180 (Regolamento recante disposizioni in materia di Prefetture-Uffici territoriali del Governo, in attuazione dell'articolo 11 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300), sono disciplinati, tra l’altro, le attribuzioni, i compiti e i poteri sostitutivi della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo. In particolare, i Ministri, in base alle linee di indirizzo politico-amministrativo indicate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, adottano apposite direttive ai prefetti sulle modalità di svolgimento dell'intervento sostitutivo da porre in essere qualora il livello dei servizi pubblici statali erogati alla cittadinanza sia tale da poter arrecare un grave pregiudizio alla qualità dei servizi stessi.

 

Al Prefetto sono attribuiti i poteri previsti per i Commissari straordinari dall'articolo 13, commi 4-4-quater, del D.L. n. 67/1997 (cd. Sblocca cantieri):

-         l’adozione di provvedimenti con poteri sostitutivi, in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto comunque della normativa comunitaria sull'affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, della normativa in materia di tutela ambientale e paesaggistica, di tutela del patrimonio storico, artistico e monumentale, e dei princìpi generali dell'ordinamento, con indicazione delle principali norme cui si intende derogare, con motivazione;

-         l’assunzione diretta della qualità di stazione appaltante

 

La figura del commissario straordinario è stata introdotta dall’articolo 13 del decreto-legge n. 67 del 1997, provvedimento divenuto noto con il nome di «sbloccacantieri», nominata con D.P.C.M.

La norma introdusse questa nuova figura nell’ambito di un provvedimento volto ad attivare stanziamenti già esistenti,  incagliati per diversi motivi, per opere appaltate o affidate a general contractor di rilevante interesse nazionale per le implicazioni occupazionali ed i connessi riflessi sociali.

 

Il comma 1 attribuisce al Prefetto le seguenti ulteriori facoltà:

-         procedere all’intimazione e diffida ad adempiere nei confronti dei soggetti responsabili per lo svolgimento degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica di loro competenza ed all’eventuale esercizio del potere sostitutivo, in caso di inadempienza e di rivalsa, in danno dei medesimi, per le spese a tal fine sostenute;

-         avvalersi del personale già dipendente dalla Immobiliare Val Lerone s.p.a. (ex stabilimento Stoppani);

-         procedere ad attività di formazione e di specializzazione dello stesso personale nell’attività di bonifica di competenza, mediante apposita convenzione;

-         corrispondere - in caso di mancata esecuzione da parte dell’Immobiliare Val Lerone s.p.a. degli interventi di caratterizzazione messa in sicurezza e bonifica di propria competenza, ovvero in caso di mancata corresponsione delle retribuzioni o, comunque, in caso di collocamento in cassa integrazione del personale dipendente della società sopra citata -  le competenze maturate e non corrisposte;

-         adottare provvedimenti derogatori circa i rifiuti pericolosi in deposito presso il Sito di interesse nazionale (SIN) Stoppani, limitatamente alla loro gestione all’interno del perimetro del SIN stesso;

-         avvalersi dei volumi residui disponibili presso la discarica di Molinetto, anche mediante occupazione di urgenza ed eventuali espropriazioni delle aree occorrenti per l’esecuzione delle opere e degli interventi;

-         avvalersi di non oltre tre esperti nelle materie tecniche, giuridiche ed amministrative, ai quali è corrisposta un’indennità mensile omnicomprensiva non superiore 2.500 euro lordi, ad eccezione del trattamento di missione.

Soggetti attuatori (commi 2 e 3)

Il comma 2 consente al Prefetto di Genova di individuare, d’intesa con il Ministero dell’ambiente e con il Presidente della Regione Liguria, un soggetto attuatore, cui sono affidati specifici settori di intervento sulla base di direttive impartite dal medesimo Prefetto.

Il comma 3  autorizza il Prefetto di Genova ad avvalersi, altresì, per le attività volte alla risoluzione dell’emergenza nello stabilimento Stoppani delle seguenti strutture:

-         Sogesid S.p.a.;

-         altre società in house delle amministrazioni centrali dello Stato dotate di specifica competenza tecnica;

-         Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (SNPA - legge 28 giugno 2016, n. 132);

-         Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato;

-         Enti pubblici che operano nell'ambito delle aree di intervento.

La norma prevede l’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Personale del Prefetto (comma 4)

Il comma 4  assegna al Prefetto di Genova fino ad un massimo di cinque unità di personale appartenente alle amministrazioni pubbliche poste a tal fine in posizione di comando o di distacco, i cui oneri gravano sulle risorse finanziarie previste nella contabilità speciale assegnata.

Per l'attuazione degli interventi individuati dal Ministero dell’ambiente, dichiarati ad ogni effetto indifferibili, urgenti e di pubblica utilità, il Prefetto, ove non sia possibile l'utilizzazione delle strutture pubbliche, può affidare la progettazione a liberi professionisti.

Assegnazione delle risorse (comma 5)

Il comma 5 prevede l’intestazione di apposita contabilità speciale al Prefetto di Genova, in deroga alla normativa vigente, a cui attribuire le risorse del Ministero dell’ambiente destinate al finanziamento degli interventi necessari urgenti a favore dello stabilimento Stoppani, già assegnate al Commissario delegato per il superamento dello stato di emergenza di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3554 del 5 dicembre 2006.

 

Disciplina transitoria delle disposizioni dell’ordinanza n. 3554 del 5 dicembre 2006 (comma 5)

Il comma 5 stabilisce l’efficacia, per un periodo di trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, delle disposizioni presenti nella ordinanza n. 3554 del 5 dicembre 2006, finalizzate al proseguimento delle attività di messa in sicurezza in atto.

Gli atti adottati sulla base della stessa ordinanza continuano ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2020.

Le  deroghe alle disposizioni statali e regionali (comma 6)

Il comma 6 autorizza il Prefetto di Genova, ove lo ritenga indispensabile e sulla base di specifica motivazione, a derogare, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico e dei vincoli derivanti dall’ordinamento europeo, alle seguenti disposizioni normative statali e della Regione Liguria riguardanti:

a) regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 (Disciplina generale in materia di amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato), articoli 3 e 19;

b) regio decreto 23 maggio 1924, n. 827 (Regolamento in materia di amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato), articoli 37, 38, 39, 40, 41, 42, 117 e 119;

c) decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici):

1) articoli 31, 36, 37, 40, 48, 83, comma 10, 93, 95, commi 3, 4, 10, 11, 12, 13,14-bis e 15, 102, 105, 106, commi da 8 a 14, 111, 140, 162, 209, 213;

2) limitatamente ai lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo di cui alla presente lettera: articoli 9, 16, 17, 28, 52, 53, 59, 60, 61, 62, 63, 68, 69, 70, 74, 79, 83, commi da 1 a 9, 91, 92, 95, commi 1, 2, 5, 6, 7, 8, 9 e 14, 98, 106, commi da 1 a 7, 126, 142, 143, 144, 158, 161, 174;

d) decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’Ambiente), articoli 107, 108, 124, 125, 126, 239, 240, 241, 242, 243, 244, 245, 246, 247, 248, 249, 250, 251, 252 (escluso il comma 7), 253 limitatamente alle norme procedimentali e sulla competenza, articolo 113, Tabella 3 dell'Allegato 5 alla Parte Terza relativamente ai parametrici di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 9, 16, 29, 30, 31, 36, 37, 42, 50, 51, articoli 183, comma 1, lett. bb), 191, 208, 212, 269, 270, 271, 272, 278 e 281;

e) legge 9 dicembre 1998, n. 426 (Nuovi interventi in campo ambientale), articolo 1;

f)  legge 7 agosto 1990, n. 241 (Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), articoli 7, 8, 9, 10, 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater, 16 e 17;

g) decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro), articolo 30;

h) decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni), articoli 13, 14, 15, 16, 31, 32, 33, 34, 42, 43, 44 e 45;

i)  decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali), articoli 21, 22, 23, 24, 25, 26, 146, 147, 150, 152, 153 e 154;

l)  decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), art. 42;

m)     legge regionale 21 giugno 1999, n. 18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia), articoli 23, 24, 25, 31 35, 82, 84, 86, 91, 92, 93, 95, 98, e 102;

n) legge regionale 16 agosto 1995, n. 43 (Norme in materia di valorizzazione delle risorse idriche e di tutela delle acque dall'inquinamento), articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 25;

o) legge regionale 24 marzo 1999, n. 9 (Attribuzione agli enti locali e disciplina generale dei compiti e delle funzioni amministrative), articoli 8 e 9;

p) legge regionale 28 gennaio 1993, n. 9 (Organizzazione regionale della difesa del suolo);

q) legge regionale 31 ottobre 2006, n. 30 (Disposizioni urgenti in materia ambientale);

r)  legge regionale 5 aprile 2012, n. 10 (Disciplina per l'esercizio delle attività produttive e riordino dello sportello unico);

s)  legge regionale 27 dicembre 2016, n. 33 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l'anno 2017), articolo 4;

t)  legge regionale 6 giugno 2017, n. 12 (Norme in materia di qualità dell'aria e di autorizzazioni ambientali), articoli 4, 5, 6 14, 17, 18, 19 e 24;

u) legge regionale 24 febbraio 2014, n. 1 (Norme in materia di individuazione degli ambiti ottimali per l'esercizio delle funzioni relative), articolo 8;

v) legge regionale 9 aprile 2009, n. 10 (Norme in materia di bonifiche di siti contaminati), articoli 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 18 e 25;

z) legge regionale 12 aprile 2011, n. 7 (Disciplina di riordino e razionalizzazione delle funzioni svolte dalle Comunità montane soppresse e norme di attuazione per la liquidazione), articoli 2 e 4;

aa) legge regionale 10 aprile 2015, n. 15 (Disposizioni di riordino delle funzioni conferite alle province), articoli 3, 5, e 12.