Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni |
Titolo: | D.L. 91/2018 - A.S. 717 Proroga termini |
Riferimenti: | AC N.1117/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 18 |
Data: | 27/07/2018 |
Organi della Camera: | I Affari costituzionali |
Servizio Studi
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Dossier n. 48
Servizio Studi
Dipartimento istituzioni
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Progetti di legge n. 18
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Articolo 1, comma 2 (Elezione dei presidenti di provincia e dei consiglieri provinciali)
Articolo 2, comma 1 (Proroga di termini in materia di intercettazioni)
Articolo 3 (Proroga di termini in materia di ambiente)
Articolo 4, comma 1 (Proroga di termini in materia di edilizia scolastica)
Articolo 5 (Proroga di termini in materia di politiche sociali)
Articolo 6, comma 1 (Abilitazione scientifica nazionale)
Articolo 6, comma 2 (Incarichi di insegnamento nelle istituzioni AFAM)
Articolo 7 (Estensione della Card cultura)
Articolo 8 (Proroga di termini in materia di salute)
Articolo 9, comma 1 (Proroga di termini in materia di aiuti di Stato dichiarati illegittimi)
Articolo 9, comma 2 (Minori riduzioni del Fondo di solidarietà per i comuni colpiti dal sisma)
Articolo 10 (Misure per la realizzazione dell’Universiade di Napoli 2019)
Articolo 11 (Proroga di termini in materia di banche popolari e gruppi bancari cooperativi)
Articolo 1, comma 1
(Fondo sperimentale di riequilibrio delle province e
trasferimenti erariali per le Provincie di Sardegna e Sicilia)
Il comma 1 dell’articolo 1 conferma per l’anno 2018 alcune disposizioni di interesse per le province, concernenti le modalità di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio delle province e delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, nonché la determinazione dei trasferimenti erariali non fiscalizzati da corrispondere alle province appartenenti alla regione Siciliana e alla regione Sardegna (non interessate dal Fondo sperimentale di riequilibrio).
Più in dettaglio, il comma in esame estende al 2018 le modalità di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio provinciale già adottate dal 2003 con il D.M. 4 maggio 2012, secondo quanto disposto dall’articolo 4, comma 6-bis, del D.L. n. 210/2015, che viene qui novellato.
Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, la mancata conferma della citata disposizione non consentirebbe al Ministero dell’interno di procedere al riparto delle risorse in questione nonché alla loro erogazione, con conseguenti ricadute negative sulla cassa degli enti beneficiari.
Il citato D.M. 4 maggio 2012 prevede i seguenti criteri di riparto:
a) il 50% in proporzione al valore della spettanza figurativa dei trasferimenti fiscalizzati di ciascuna provincia;
b) il 38% in proporzione al gettito della soppressa addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, negli importi quantificati per ciascuna provincia nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale in data 22 febbraio 2012;
c) il 5% in relazione alla popolazione residente;
d) il 7% in relazione all'estensione del territorio provinciale.
La disposizione prorogata rinvia ad un successivo decreto del Ministero dell’interno, da adottare di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, la ricognizione delle risorse del Fondo da attribuire a ciascuna provincia.
Si rammenta che il Fondo sperimentale di riequilibrio per le province delle regioni a statuto ordinario è stato istituito dall'articolo 21 del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68[1], attuativo della legge delega sul federalismo fiscale (L. n. 42/2009), per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attribuzione alle province dell’autonomia di entrata. Esso è operante dal 2012, e la sua durata si protrarrà fino all’istituzione del fondo perequativo vero e proprio destinato ad operare a regime, disciplinato dall’articolo 23 del medesimo D.Lgs. n. 68/2011.
Il Fondo è alimentato dal gettito della compartecipazione provinciale all’IRPEF, la cui aliquota è determinata in misura tale da compensare la soppressione dei trasferimenti erariali ed il venir meno delle entrate legate all’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, anch’essa soppressa dall’anno 2012.
La soppressione dei trasferimenti erariali delle province è stata attuata con il D.P.C.M. 12 aprile 2012, nell’importo di 1.039,9 milioni[2]. Il Fondo sperimentale di riequilibrio è stato di conseguenza determinato per il 2012 nel medesimo ammontare di risorse, pari a 1.039,9 milioni, con il D.M. Interno 4 maggio 2012, e ripartito tra le province delle regioni a statuto ordinario sulla base dei criteri recati dal D.M. medesimo. Negli anni successivi, l’ammontare complessivo di risorse finanziarie lorde a titolo di Fondo sperimentale di riequilibrio è stato sostanzialmente confermato[3].
Va segnalato che le disponibilità di bilancio del fondo sperimentale di riequilibrio delle province (iscritto sul cap. 1352/Interno) sono state significativamente erose nel corso di questi anni per effetto delle manovre di finanza pubblica e delle riduzioni disposte da diversi provvedimenti normativi che ne hanno, di fatto, inficiato la finalità perequativa ad esso assegnata dal legislatore. La sovrapposizione di siffatti provvedimenti di contenimento ed il cumulo degli effetti degli stessi hanno prodotto, infatti, un sostanziale azzeramento del Fondo.
Nel bilancio di previsione per il 2018, il Fondo presenta una dotazione di 106,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020[4].
Il comma in esame interviene anche in merito alla determinazione dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione da corrispondere in favore delle province appartenenti alla regione Siciliana e alla regione Sardegna, estendendo all’anno 2018 l’applicazione delle medesime norme già applicate negli anni scorsi.
Si tratta delle disposizioni recate dall'articolo 10, comma 2, del D.L. 6 marzo 2014, n. 16[5], cui rinvia l’articolo 4, comma 6-bis, del D.L. n. 210/2015 che viene qui novellato.
Le norme sopra citate contengono una serie di rinvii normativi che riportano all’articolo 4, comma 6, del D.L. n. 16 del 2012, disposizione con la quale si è provveduto per la prima volta nel 2010 - anno di prima applicazione della legge n. 42/2009 di attuazione del federalismo fiscale - alla quantificazione dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione ancora spettanti agli enti locali.
La norma riguarda la determinazione dei trasferimenti delle sole Regioni Sicilia e Sardegna in quanto, soltanto in queste regioni - contrariamente a quanto avviene nelle altre regioni a statuto speciale - la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato[6].
Si ricorda che con il termine di “trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione” si intendono - per quel che concerne gli enti locali delle regioni a statuto ordinario - quei trasferimenti residuali che, in linea di massima, non presentando il carattere della generalità e della permanenza, non sono stati soppressi dai provvedimenti attuativi del federalismo fiscale, nonché i trasferimenti erariali spettanti agli enti locali delle regioni a Statuto speciale, che non rientrano ancora nel sistema del federalismo fiscale, necessari a finanziare i bilanci e le funzioni ad esse attribuite.
Tali trasferimenti continuano ancora ad essere assegnati agli enti come spettanza ed erogati dal Ministero dell’interno alle scadenze indicate nel suo decreto del 21 febbraio 2002[7].
Articolo 1, comma 2
(Elezione dei presidenti di provincia e dei consiglieri provinciali)
L’articolo 1, comma 2, fissa al 31 ottobre 2018 la data per lo svolgimento delle elezioni provinciali e proroga il mandato dei presidenti di provincia e dei consiglieri provinciali in scadenza fino a tale data; prevede inoltre che, in tale quadro, abbiano luogo contestualmente le elezioni del rispettivo consiglio provinciale o presidente di provincia, qualora sia in scadenza per fine mandato entro il 31 dicembre 2018.
La disposizione in esame introduce per il 2018 una sorta di election day provinciale stabilendo che le elezioni per il rinnovo del mandato dei presidenti di provincia e dei consigli provinciali si svolgano in una unica tornata il 31 ottobre 2018. La disposizione si applica agli organi in scadenza tra la data di entrata in vigore del decreto-legge (26 luglio 2018) e il 31 ottobre 2018. Di conseguenza, si provvede a prorogare, alla medesima data, il mandato degli amministratori in scadenza.
Si stabilisce, inoltre, che le elezioni si svolgano contestualmente alle elezioni del rispettivo consiglio provinciale o presidente di provincia, qualora sia in scadenza per fine mandato entro il 31 dicembre 2018. In altre parole, se, nella medesima provincia, uno dei due organi (presidente o consiglio) è in scadenza entro il 31 ottobre 2018 e l’altro successivamente (fino al 31 dicembre), le elezioni per il rinnovo del secondo sono anticipate e avvengono contestualmente al primo. In tal caso, la conclusione del mandato del secondo organo verrebbe anticipata al 31 ottobre.
La disposizione in esame prevede, altresì, che la proroga delle cariche di cui sopra avvenga “anche in deroga” a quanto previsto dall’articolo 1, commi 65 e 69 della legge 56/2014.
Il comma 65 citato prevede che “il presidente della provincia decade dalla carica in caso di cessazione dalla carica di sindaco”; il comma 69 dispone che “il consiglio provinciale è eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della provincia. Sono eleggibili a consigliere provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica. La cessazione dalla carica comunale comporta la decadenza da consigliere provinciale”.
Finalità della disposizione appare quella di consentire ai presidenti della provincia e ai consiglieri provinciali di proseguire nel loro mandato anche in caso di cessazione, rispettivamente, dalla carica di sindaco e di consigliere comunale (sempre nell’ambito della finestra temporale su cui interviene la disposizione).
Appare opportuno valutare l’esigenza di specificare che la deroga al comma 69 dell’art. 1 si riferisce solo al terzo periodo, per evitare incertezze in sede applicativa.
Secondo i dati dell’Unione delle province italiane (UPI) la disposizione interessa 47 presidenti e 27 consigli provinciali che verranno rinnovati il 31 ottobre 2018. Nel gennaio 2019 andranno a scadenza altri 43 consigli provinciali.
Si ricorda che il nuovo sistema elettorale delle province è stato disciplinato dalla legge Delrio (L. 56/2014) che ha riformato l’intero assetto degli enti locali prevedendo:
• l’istituzione delle città metropolitane;
• l’introduzione di una nuova disciplina delle province;
• la definizione di una disciplina organica delle unioni di comuni e la riforma dell’istituto della fusione di comuni.
Con la legge 56/2014, in particolare, le province hanno assunto il ruolo di enti di area vasta e i relativi organi – il presidente della provincia ed il consiglio provinciale - sono divenuti organi elettivi di secondo grado; analogo impianto è seguito per il consiglio nelle città metropolitane. L'assemblea dei sindaci, per le province, e la conferenza metropolitana, per le città metropolitane, sono composte dai sindaci dei comuni dell'ente.
Per quanto riguarda la formazione degli organi provinciali, il nuovo sistema stabilisce che l’elezione del presidente della provincia è di secondo grado, essendo eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia.
Hanno diritto di elettorato passivo i sindaci della provincia il cui mandato non scada prima di 18 mesi dalla data delle elezioni.
Ciascun elettore vota per un solo candidato alla carica di presidente della provincia. Il voto è ponderato in base ad un indice di ponderazione, i cui criteri di determinazione sono fissati nell’allegato A della legge 56/2014, che tiene conto della popolazione legale di ciascun comune e del rapporto tra questa e la popolazione della provincia.
Il presidente della provincia dura in carica quattro anni e decade in caso di cessazione dalla carica di sindaco (art. 1, commi 58-65, L. 56/2014).
Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione residente:
– 16 consiglieri, se la popolazione è superiore a 700.000 abitanti;
– 12 consiglieri, se la popolazione è compresa tra 300.000 e 700.000 abitanti;
– 10 consiglieri, se la popolazione è inferiore a 300.000 abitanti.
Per il consiglio provinciale hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri dei comuni della provincia. La durata del consiglio provinciale è più breve di quella del presidente della provincia, in quanto il consiglio resta in carica due anni (art, 1, commi 67-78, L. 56/2014). Il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (convertito, con modificazioni, legge 11 agosto 2014, n. 114 art. 23) ha introdotto, per l’elezione del consiglio provinciale, il voto di lista, con preferenza per uno dei candidati all’interno della lista, analogamente a quanto già previsto per le elezioni dei consigli metropolitani.
Dal 26 dicembre 2017 (5 anni dalla data di entrata in vigore della legge n. 215/2012 che ha introdotto disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali) trova inoltre applicazione la disposizione dell’art. 1, comma 71 in base alla quale nelle liste nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento del numero dei candidati.
In sede di prima applicazione, la legge 56/2014 (art. 1, comma 79) stabiliva che le elezioni del presidente della provincia e del consiglio provinciale si tenessero:
· entro il 30 settembre 2014 (termine poi differito al 12 ottobre 2014 dal D.L. 90/2014) per le province i cui organi scadevano per fine mandato nel 2014 (lett. a);
· entro 30 giorni (termine poi portato a 90 giorni dal D.L. 210/2015) dalla scadenza per fine mandato o dalla decadenza o scioglimento anticipato degli organi provinciali, qualora tali eventi si verifichino dal 2015 in poi (lett. b).
In tali casi, il comma 82 della legge 56/2014 ha previsto che il presidente della provincia in carica ovvero, qualora la provincia sia commissariata, il commissario, restassero in carica, a titolo gratuito, per l'ordinaria amministrazione e per gli atti urgenti e indifferibili, fino all'insediamento del presidente della provincia eletto. Nella formulazione originaria, la prorogatio del presidente della provincia riguardava esclusivamente le province i cui organi fossero scaduti per fine mandato nel 2014 (lett. a) del comma 79), mentre il D.L. 210/2015 ha esteso l’applicazione della norma anche per gli scioglimenti successivi (lett. b) del comma 79).
La procedura elettorale sopra descritta, dunque, prevede che le elezioni si svolgano entro 90 giorni dalla scadenza di fine mandato. Questo elemento di flessibilità consente di accorpare le elezioni del presidente della provincia e del rispettivo consiglio provinciale, sempre nei 90 giorni dalla scadenza.
Si ricorda infine che secondo la giurisprudenza costituzionale, le disposizioni sulla elezione indiretta degli organi territoriali, contenute nella legge n. 56 del 2014, si qualificano come norme fondamentali delle riforme economico-sociali. Tali norme costituiscono un limite anche all’esercizio delle competenze legislative di tipo esclusivo quali quelle esercitate dalla Regione siciliana (che aveva reintrodotto l’elezione diretta con la L.R. 17/2017), in base all’art. 14 dello statuto speciale (sent. 168/2018). In più occasioni la Corte ha “ribadito che l’intervento di riordino di Province e Città metropolitane, di cui alla citata legge n. 56 del 2014, rientra nella competenza esclusiva statale nella materia «legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane», ex art. 117, secondo comma, lettera p), Cost. (sentenze n. 32 del 2017, n. 202 e n. 159 del 2016)”. Pertanto: “Il modello di governo di secondo grado, adottato dal legislatore statale, diversamente da quanto sostenuto dalla Regione, rientra, tra gli «aspetti essenziali» del complesso disegno riformatore che si riflette nella legge stessa. I previsti meccanismi di elezione indiretta degli organi di vertice dei nuovi «enti di area vasta» sono, infatti, funzionali al perseguito obiettivo di semplificazione dell’ordinamento degli enti territoriali, nel quadro della ridisegnata geografia istituzionale, e contestualmente rispondono ad un fisiologico fine di risparmio dei costi connessi all’elezione diretta” (sen. 168/2018).
Articolo 2, comma 1
(Proroga di termini in materia di intercettazioni)
L’articolo 2, comma 1, proroga al 1° aprile 2019 l’efficacia della riforma della disciplina delle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017.
La disposizione in esame modifica l’art. 9, comma 1, del decreto legislativo n. 216 del 2017, di riforma della disciplina delle intercettazioni, che ha previsto che le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 4, 5 e 7 si applicano alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi del giudice emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore dello stesso decreto. La nuova disciplina delle intercettazioni avrebbe, quindi, acquistato efficacia il 26 luglio 2018.
Il termine è prorogato dal decreto-legge al 1° aprile 2019.
La proroga disposta dal decreto-legge non riguarda gli articoli 1 e 6 del decreto legislativo 216/2017:
- l’art. 1 inserisce nel codice penale il delitto di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente per punire con la reclusione fino a quattro anni chiunque, partecipando a incontri o conversazioni private con la persona offesa, ne registra il contenuto all'insaputa dell'interlocutore (microfoni o telecamere nascoste) per diffonderlo allo scopo di recare un danno all'altrui reputazione;
- l’art. 6 semplifica i presupposti per disporre le intercettazioni nei procedimenti per i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, quando tali reati siano puniti con pena detentiva non inferiore nel massimo a 5 anni. Se si procede per tali delitti, infatti, si deroga ai presupposti dell’art. 267 c.p.p. e l'intercettazione dovrà risultare necessaria (non più assolutamente indispensabile) e saranno sufficienti indizi di reato (anche non gravi). Le intercettazioni ambientali tra presenti nel domicilio e altri luoghi di privata dimora non possono essere eseguite mediante l'inserimento di un captatore informatico (cd. trojan) su dispositivo elettronico portatile quando non vi è motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa.
Tali disposizioni sono in vigore dal 26 gennaio 2018.
La relazione al provvedimento d’urgenza giustifica tale proroga con la necessità del “completamento delle complesse misure organizzative in atto, anche relativamente alla predisposizione di apparati elettronici e digitali” presso strutture ed uffici. Risultano, infatti, ancora in corso i collaudi dei sistemi presso le procure nonché l’individuazione e l’adeguamento delle cd. sale di ascolto. La nuova data di efficacia della riforma dà, quindi “certezza di giungere all’applicazione della disciplina con le misure organizzative completamente dispiegate e funzionanti”.
Il D.Lgs. n. 216 del 2017 ha attuato la delega volta a riformare la disciplina delle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni, conferita al Governo dalla legge n. 103 del 2017 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario) sulla base di specifici principi e criteri direttivi.
La stessa legge n. 103 ha, inoltre, parzialmente modificato la disciplina dei costi delle intercettazioni, conferendo in materia una ulteriore delega al Governo, non ancora esercitata (il termine scade il 26 gennaio 2019).
In relazione ai profili oggetto della proroga, la riforma prevista dal decreto legislativo n. 216 del 2017, in estrema sintesi:
§ a tutela della riservatezza delle comunicazioni dei difensori nei colloqui con l'assistito, ne vieta la trascrizione, anche sommaria;
§ prevede - con riguardo alla garanzia di riservatezza delle comunicazioni non penalmente rilevanti o contenenti dati sensibili - che quando l'ufficiale di polizia giudiziaria ascolta una comunicazione di questa natura non la trascriva, neanche sommariamente. L'ufficiale avrà, tuttavia, un obbligo di annotazione, anche sommaria, dei contenuti di quelle comunicazioni affinché il PM possa, eventualmente, compiere valutazioni diverse, chiedendo la trascrizione anche di quelle comunicazioni quando le ritenga utili alle indagini;
§ in relazione alla procedura di selezione delle intercettazioni, disciplina la fase del deposito dei verbali e delle registrazioni, con la possibilità offerta alle parti di prenderne cognizione, e la fase dell'acquisizione del materiale intercettato al fascicolo delle indagini. Tale fase segue una duplice procedura, a seconda che le intercettazioni debbano o meno essere utilizzate per motivare una misura cautelare: nel primo caso, l'acquisizione è disposta dal PM a seguito del provvedimento del giudice che adotta la misura cautelare; nel secondo caso è disposta dal giudice che ha autorizzato le operazioni all'esito di un contradditorio tra accusa e difesa che può essere anche solo cartolare;
§ prevede, a tutela dei difensori, che questi possano ottenere la trasposizione su supporto informatico delle registrazioni acquisite al fascicolo, e copia dei verbali delle operazioni. La trascrizione delle intercettazioni, attualmente prevista al termine dell'udienza di stralcio, dovrà invece essere effettuata all'apertura del dibattimento; solo in quella fase le parti potranno estrarre copia delle intercettazioni;
§ stabilisce che tutti gli atti delle intercettazioni non acquisiti al fascicolo siano restituiti al PM per la conservazione nell'archivio riservato tenuto presso l'ufficio del PM e siano coperti da segreto; ogni accesso all'archivio dovrà essere registrato. Il GIP potrà accedere e ascoltare le registrazioni; i difensori delle parti potranno ascoltare le registrazioni ma non potranno ottenere copia delle registrazioni e degli atti;
§ per quanto riguarda l'uso delle intercettazioni nel procedimento cautelare, prevede che, tanto nella richiesta di misura cautelare fatta dal PM, quanto nell'ordinanza del giudice che concede la misura, possano essere riprodotti solo i brani essenziali delle comunicazioni intercettate, che risultino necessari a sostenere la richiesta del PM o a motivare la decisione del giudice. Anche in questa fase, i difensori potranno esaminare gli atti e le registrazioni, ma non estrarre copia.
§ dispone, poi, che sia il PM ad acquisire al fascicolo delle indagini le intercettazioni utilizzate per l'adozione di una misura cautelare; ciò farà seguito, peraltro, a un vaglio di rilevanza del materiale presentato dal PM a corredo della richiesta, effettuato dal giudice della cautela, che dovrà restituire al PM gli atti contenenti le comunicazioni e conversazioni intercettate ritenute dal giudice non rilevanti o inutilizzabili per la conservazione nell'archivio riservato;
§ disciplina le intercettazioni tra presenti mediante immissione di captatori informatici in dispositivi elettronici portatili (c.d. trojan). Tali intercettazioni saranno consentite nei luoghi di privata dimora solo quando vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo un'attività criminosa; il presupposto non è richiesto però se si procede per uno dei gravi delitti previsti dagli articoli 51, comma 3-bis e comma 3-quater del codice di procedura penale. Il PM e il giudice dovranno motivare l'esigenza di impiego di questa modalità e indicare in quali luoghi e tempi sarà possibile attivare il microfono. Dovrà essere costantemente garantita la sicurezza e l'affidabilità della rete di trasmissione attraverso la quale i dati intercettati vengono trasferiti agli impianti della procura della Repubblica; spetterà a un decreto del Ministro della giustizia definire i dettagli tecnici dei programmi informatici da utilizzare, che dovranno comunque assicurare la possibilità di disattivare il dispositivo alla fine delle operazioni rendendolo inservibile.
Articolo 2, comma 2
(Partecipazione al procedimento penale a distanza con il sistema del collegamento audiovisivo)
L’articolo 2, comma 2, sospende fino al 15 febbraio 2019 l'efficacia delle disposizioni della legge n. 103 del 2017 (c.d. Legge Orlando) con la quale sono state apportate modifiche alla disciplina della partecipazione al procedimento penale mediante videoconferenza.
Più nel dettaglio la disposizione sospende l'efficacia delle disposizioni di cui ai commi 77-80 dell'articolo 1 della legge n. 103 del 2017, le quali apportano modifiche alla disciplina relativa alla partecipazione a distanza -con il sistema del collegamento audiovisivo- al procedimento penale da parte dell’imputato o del detenuto. La disposizione fa salva l'immediata efficacia di quanto previsto dal comma 81 dell'articolo 1 della suddetta legge, concernente le persone che si trovano in stato di detenzione per i delitti di cui agli art. 270-bis, primo comma e 416-bis, secondo comma, c.p., nonché di cui all'art. 74, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990.
I commi 77, 78 e 79 dell'articolo 1 della legge n. 103 del 2017 riguardano la partecipazione a distanza al procedimento penale da parte dell’imputato o del detenuto sia nel giudizio ordinario che nel rito abbreviato nonché la partecipazione a distanza all’udienza camerale.
ll comma 77 apporta, anzitutto, alcune modifiche all’art. 146-bis, disp. att. c.p.p. per riformare la disciplina della partecipazione al dibattimento a distanza. In particolare, partecipa a distanza:
L'eccezione a tale regola - ovvero la presenza fisica in udienza - può essere prevista dal giudice con decreto motivato “qualora lo ritenga necessario” e comunque non opera mai per i detenuti soggetti alle misure di detenzione speciale di cui all'art. 41-bis dell'ordinamento penitenziario (nuovo comma 1-ter). La partecipazione a distanza può essere, poi, disposta dal giudice, sempre con decreto motivato, fuori dalle ipotesi obbligatorie, quando ravvisi ragioni di sicurezza, ovvero quando il dibattimento sia particolarmente complesso o debba essere assunta la testimonianza di un recluso (nuovo comma 1-quater). Viene riformulato il comma 2 dell’art. 146-bis per prevedere la semplice comunicazione della partecipazione al dibattimento a distanza da parte del presidente del tribunale o della corte di assise (nella fase degli atti preliminari), ovvero dal giudice (nel corso del dibattimento); sono soppressi i riferimenti agli atti con cui è disposta la misura (decreto motivato nella fase preliminare; ordinanza in dibattimento) nonché l’obbligo di comunicazione del decreto a parti e ai difensori almeno 10 gg. prima dell'udienza. E’, poi, aggiunto un comma 4-bis che permette che il giudice consenta, nei processi in cui si procede con collegamento audio-video, che le altri parti e i loro difensori possano intervenire con le stesse modalità assumendosi i costi di collegamento.
Il comma 78 modifica l’art. 45-bis delle norme di attuazione del c.p.p., relativo alla partecipazione dell’imputato o del condannato al procedimento in camera di consiglio a distanza.
Tale modalità di partecipazione all’udienza camerale viene allineata alle ipotesi previste per il dibattimento a distanza dalla nuova formulazione dell’art. 146-bis delle stesse norme di attuazione, come modificato dal precedente comma 77. E’, poi, modificato il comma 2 dell’art. 45-bis con l’eliminazione, per finalità di semplificazione, dell’obbligo di ordinanza (del giudice) o decreto motivato (del presidente del collegio) per la comunicazione della partecipazione a distanza all’udienza camerale. Un’ultima modifica riguarda l’applicazione al procedimento camerale a distanza della possibilità di cui al comma 4-bis dell’art. 146 (intervento dei difensori e delle altre parti con collegamento audio-video, di cui sono chiamati a sostenere le spese).
Il comma 79 interviene sull’art. 134-bis delle norme di attuazione al c.p.p. che prevede la partecipazione a distanza nel giudizio abbreviato.
Alle ipotesi di cui ai commi 1 e 1-bis dell’art. 146-bis, già contemplate, è aggiunta quella di cui al nuovo comma 1-quater dello stesso articolo. Il giudice, potrà, quindi, con decreto motivato disporre la partecipazione a distanza dell’imputato al rito abbreviato per ragioni di sicurezza, quando il dibattimento sia particolarmente complesso o quando vada assunta la testimonianza di un detenuto.
Il comma 80 modifica il comma 8 dell’art. 7 del Codice antimafia (D.Lgs. n.159 del 2011) prevedendo l’applicazione per l’esame dei testimoni nel corso del procedimento di prevenzione anche della disciplina dell’art. 146-bis delle norme di attuazione del c.p.p. come riformata dal precedente comma 77.
Il comma 81 prevede che le disposizioni sulla nuova disciplina della partecipazione a distanza al procedimento penale da parte dell’imputato o del detenuto nel dibattimento ordinario (comma 77), nel procedimento in camera di consiglio (comma 78), nel rito abbreviato (comma 79) e nel procedimento di applicazione delle misure di prevenzione personali antimafia acquistano efficacia decorso un anno dalla pubblicazione della legge in esame sulla Gazzetta ufficiale.
Una deroga è introdotta in relazione all’esame a distanza nel dibattimento (comma 77) quando la persona interessata sia detenuta in quanto ritenuta al vertice di associazioni mafiose (art. 416-bis, secondo comma, c.p.), terroristiche (art. 270-bis, primo comma, c.p.) o dedite al traffico di droga (art. 74, comma 1, DPR 309/1990).
Come si precisa nella relazione illustrativa, l'ampliamento dell'ambito di applicazione del regime della videoconferenza anche ai detenuti non in regime di cui all'articolo 41-bis O.P. "comporta ...la revisione organizzativa e informatica di tutta la precedente architettura giudiziaria, con necessità di aumento dei livelli di sicurezza informatica". Il differimento in esame si rende quindi necessario proprio al fine di "garantire che l'adeguamento degli accresciuti fabbisogni possa essere efficacemente gestito, soprattutto dal punto di vista dei livelli di sicurezza informatica, nonché adeguato alle esigenze di calendarizzazione dei processi, consentendo, a tal fine una più proficua interlocuzione con gli uffici giudiziari interessati". Il Ministero della giustizia ha, infatti, programmato un passaggio tecnico e organizzativo (cd. switch off) molto concentrato nei tempi e in periodo estivo.
Articolo 2, comma 3
(Proroga del termine per la cessazione del temporaneo ripristino della sezione distaccata di Ischia nel circondario del tribunale di Napoli)
La disposizione proroga al 31 dicembre 2021 il temporaneo ripristino, previsto dall'art. 10 del decreto correttivo della cd. geografia giudiziaria, della sezione distaccata di tribunale ad Ischia.
Il comma 3 dell'articolo 2 modifica- limitatamente alla sezione distaccata di Ischia- in primo luogo il comma 1 dell'articolo 10 del D.lgs. n. 14 del 2014.
Tale comma dispone fino al 31 dicembre 2016 (termine prorogato dal decreto-legge n. 210 del 2015 al 31 dicembre 2018), il ripristino nel circondario del tribunale di Napoli della sezione distaccata di Ischia, avente giurisdizione sul territorio dei comuni di Barano d'Ischia, Casamicciola Terme, Forio, Ischia, Lacco Ameno, Serrara Fontana.
Come si rileva nella relazione illustrativa i dati statistici riguardanti la sezione distaccata di Ischia (procedimenti penali pendenti all’ultima rilevazione disponibile pari a 1.460; procedimenti civili sopravvenuti nell’anno 2016 pari ad oltre 1.000; procedimenti di esecuzione mobiliare sopravvenuti nell’anno 2016 pari ad oltre 1.300), che differiscono rispetto alle altre sezioni distaccate insulari ripristinate – per le quali i dati sono nettamente più contenuti – inducono a formulare per questa sola sezione una proroga del predetto termine per la cessazione del temporaneo ripristino. Infatti, proprio in relazione ai citati riferimenti statistici, per la sola sezione distaccata di Ischia, isola peraltro colpita di recente da un significativo evento sismico, sussiste una effettiva esigenza di conservazione dell’ufficio giudiziario che mantenga sul territorio il servizio giustizia. Tale proroga - si precisa- viene disposta con anticipo rispetto alla scadenza del 31 dicembre 2018 per consentire un ordinato svolgimento dell’attività giudiziaria, ove si consideri, in particolare, la necessità che i differimenti dei processi in corso possano essere programmati sul presupposto che i processi medesimi vengano svolti presso gli uffici della stessa sezione distaccata.
La disposizione in commento, inoltre interviene sull'ultimo comma dell'articolo 10 del decreto legislativo del 2014, il quale nella sua formulazione vigente prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2017 le disposizioni del presente articolo cessano di avere efficacia e opera la tabella A dell'ordinamento giudiziario (R.D. n. 12 del 1941) come modificata dalla tabella di cui all'allegato II del decreto legislativo del 2014. Il comma 3 in esame proroga, quindi, tale termine al 1° gennaio 2022.
Articolo 3
(Proroga di termini in materia di ambiente)
L’articolo 3, comma 1, proroga al 31 agosto 2019 il termine per la denuncia del possesso di animali da compagnia tenuti a scopo non commerciale e appartenenti a specie esotiche invasive iscritte nell’apposito elenco.
L’articolo 3, composto di un solo comma, prevede la proroga, al 31 agosto 2019, del termine per la denuncia del possesso - da parte dei proprietari - di animali da compagnia a scopo non commerciale e appartenenti a specie esotiche invasive, di cui all’art. 27, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 230.
Il predetto decreto legislativo ha adeguato la normativa nazionale al regolamento (UE) n. 1143 del 2014, recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive: le specie invasive di cui si tratta – secondo la norma in commento - devono essere state iscritte nell’apposito elenco dell’Unione europea alla data di entrata in vigore del suddetto decreto legislativo (ossia al 14 febbraio 2018).
La denuncia, che permette di essere autorizzati a detenere tali animali sino alla fine della loro vita naturale, deve essere presentata al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, tramite – come riportato sul sito internet del dicastero - apposito modulo da compilare e inviare (insieme a una copia del documento di identità) per mezzo di posta elettronica certificata, o raccomandata con ricevuta di ritorno, oppure fax.
Si ricorda che per "specie esotiche invasive" – in via generale - si intendono le specie di animali (e di piante) originarie di altre regioni geografiche introdotte volontariamente o accidentalmente in un ambiente naturale nel quale normalmente non risiedono e che si insediano talmente bene da rappresentare una vera e propria minaccia per l'ambiente nel quale vengono a trovarsi. Questo fenomeno – afferma la relazione illustrativa al provvedimento in esame - “rappresenta una delle principali cause di perdita di biodiversità in Italia, in Europa e nel mondo”.
La denuncia va effettuata:
1. entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto (e cioè dal 14 febbraio 2018) in caso di detenzione di uno o più esemplari di specie esotiche inclusi negli elenchi delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale adottati dalla Commissione europea, ai sensi dell'articolo 4 del citato regolamento (UE) n. 1143/2014 (l’elenco iniziale è stato adottato con il regolamento di esecuzione (UE) 2016/1141 ed è stato aggiornato con il regolamento di esecuzione (UE) 2017/1263, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 13 luglio 2017);
2. in caso di aggiornamento dei suddetti elenchi ad opera della Commissione europea, entro centottanta giorni dalla pubblicazione dell'aggiornamento;
3. entro centottanta giorni dalla pubblicazione dell’elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza nazionale di cui all'articolo 5 del medesimo d.lgs. 230/2017 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana (tale elenco, da adottarsi con decreto ministeriale, non è ancora stato predisposto e quindi - come chiarisce la relazione illustrativa – a questa ipotesi non si applica la proroga al 31 agosto 2019 e il relativo termine per l’eventuale denuncia rimane quello originario di 180 giorni dalla pubblicazione del relativo – e ancora da adottare - decreto ministeriale nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana).
Il termine che si proroga al 31 agosto 2019 è, quindi, esclusivamente il primo, relativo al termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (e cioè a partire dal 14 febbraio 2018).
Si osserva, al riguardo, che nella formulazione della norma si fa rinvio all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 230 che definisce l’obbligo di denuncia delle specie esotiche invasive detenute dai proprietari, mentre il termine per la denuncia è previsto all’articolo 26, comma 1 del medesimo provvedimento. Sarebbe, pertanto, opportuno riformulare la disposizione specificando che il termine oggetto di proroga è quello di cui all’articolo 26, comma 1.
La proroga – afferma la relazione illustrativa - si rende necessaria per applicare al meglio e con efficacia il citato regolamento (UE) n. 1143/2014 e il suddetto d.lgs. 230/2017: sia il regolamento che il decreto, infatti, hanno l’obiettivo di salvaguardare la biodiversità dall’introduzione di specie esotiche in grado di insediarsi nell’ecosistema, a danno delle specie vegetali ed animali già presenti.
In particolare - osserva ancora la relazione - la disposizione di cui all’articolo 31 del suddetto regolamento (che reca le disposizioni transitorie per proprietari di animali da compagnia tenuti a scopi non commerciali e appartenenti alle specie esotiche invasive) e all’articolo 27 del decreto legislativo (che adegua la normativa italiana al predetto art. 31 del regolamento unionale) “riguarda essenzialmente i proprietari di animali, come, ad esempio, la Trachemys scripta (cd. tartaruga palustre) che sono detenuti in casa in condizioni di sicurezza per l’ambiente e che non rappresentano un pericolo per l’ecosistema, ammesso che la detenzione rimanga in capo ai proprietari e non siano rilasciati nell’ambiente. Occorre, inoltre, sottolineare che la conoscenza delle nuove disposizioni normative non sembra ancora ben diffusa tra i proprietari degli animali da compagnia (a fronte di un elevato numero presunto di esemplari detenuti, il Ministero ha ricevuto un basso numero di denunce) e che non sono ancora stati realizzate o individuate le strutture (pubbliche o private) alle quali gli esemplari possono essere consegnati ai sensi dei commi 1 e 5 dell’articolo 27. Pertanto, stante la sanzione prevista all’articolo 25, comma 4, lettera d), del d.lgs. n. 230/2017” (che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 150 sino a 20.000 euro nel caso di omessa denuncia) “è necessario incentivare la detenzione consapevole degli animali da compagnia, che rappresenta una modalità efficiente di applicare la normativa unionale e nazionale, consentendo di prevenire abbandoni in natura e di salvaguardare la biodiversità. Di conseguenza, con la norma all’esame ci si prefigge di consentire ai proprietari di animali da compagnia di denunciare la detenzione degli esemplari sino al 31 agosto 2019 (al fine di detenerli legalmente). La norma risulta necessaria in quanto il numero di denunce circa il possesso di esemplari di specie esotiche invasive, fino ad oggi pervenute, ammonta a circa 1.000, a fronte di una stima di esemplari valutata fino a 100.000 unità, ragion per cui si propone la proroga del termine di presentazione delle denunce; inoltre, la proposta in esame riveste carattere di urgenza in quanto il termine ultimo per le denunce al Ministero scadrà il 13 agosto p.v.”
La disposizione in esame – secondo quanto riportato sia dalla relazione illustrativa sia da quella tecnica - non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, né nuove attività a carico delle amministrazioni interessate o l’aggravamento di attività già svolte a legislazione vigente.
Articolo 4, comma 1
(Proroga di termini in materia di edilizia scolastica)
L’articolo 4, comma 1 proroga dal 30 settembre 2018 al 31 dicembre 2019 il termine entro il quale il CIPE deve individuare le modalità di impiego delle risorse, già destinate all’edilizia scolastica, che si siano rese disponibili a seguito di definanziamenti, da destinare alle medesime finalità di edilizia scolastica.
A tal fine è novellato il comma 165 dell’articolo 1 della legge n. 107/2015, che detta disposizioni finalizzate ad assicurare la prosecuzione e il completamento di una serie di programmi in materia di edilizia scolastica avviati nel recente passato, relativi al c.d. Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici istituito dall’art. 80, comma 21, della L. 289/2002
Più nel dettaglio, la modifica è riferita al quarto periodo del comma 165, nel quale si dispone che le somme, già disponibili o che si rendano disponibili a seguito dei definanziamenti, relative a interventi non avviati e per i quali non siano stati assunti obblighi giuridicamente vincolanti, sono destinate dal CIPE alle medesime finalità di edilizia scolastica in favore di interventi compresi nella programmazione delle medesime regioni i cui territori sono oggetto dei definanziamenti.
Si ricorda che il Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici risulta articolato in due stralci (approvati con le delibere CIPE 102/2004 e 143/2006 e oggetto di definanziamenti e riprogrammazioni con la delibera CIPE 17/2008) per complessivi 489,083 milioni di euro (delibera ricognitiva del CIPE n. 10/2009 sullo stato di attuazione del Programma delle infrastrutture strategiche) riferiti a 1.593 interventi.
Nella scheda opera n. 181 del Sistema informativo legge opere strategiche (SILOS), curato dal Servizio studi della Camera, viene ricordato che “dalla Relazione semestrale del MIT sull'avanzamento al 30 giugno 2016 del Piano straordinario per la messa in sicurezza delle strutture scolastiche, con particolare riguardo a quelle ubicate in zone a rischio sismico, I e II programma stralcio (legge 289/2002, art. 80, comma 21), risultano attivati dagli Enti locali beneficiari 1.378 interventi (pari all'86,5% del totale interventi programmati) dell'importo di 414 milioni di euro (l'84,7% del valore dell'intero Piano). I lavori ultimati risultano invece 951 (59,7%) per un importo complessivo di 269 milioni di euro (55,1% del totale)”.
Nello specifico, la norma in esame proroga di quindici mesi (dal 30 settembre 2018 al 31 dicembre 2019) il termine entro il quale il CIPE deve individuare le modalità secondo cui destinare le risorse che siano disponibili o si rendano disponibili a seguito di definanziamenti, relative ad interventi non avviati e per cui non siano stati assunti obblighi giuridicamente vincolanti, in favore di interventi, comunque relativi all’edilizia scolastica, tra quelli ricompresi nella programmazione delle regioni i cui territori sono oggetto dei definanziamenti.
Si fa notare che il termine attualmente vigente del 30 settembre 2018 è stato modificato dall’articolo 1, comma 1143, della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017), che ha prorogato di nove mesi il termine precedente del 31 dicembre 2017. Tale termine era stato introdotto dall’art. 11-ter, comma 1, lettera a), del D.L. 20 giugno 2017, n. 91 (c.d. decreto Mezzogiorno), nell’ambito di una serie di interventi sul quarto periodo del comma 165 in questione, che hanno modificato il quadro programmatorio.
La principale modifica apportata dalla citata lettera a) dell’art. 11-ter è stata quella volta a prevedere che le somme, disponibili in seguito ai definanziamenti, possano essere utilizzate non per tutti gli interventi compresi nella programmazione nazionale triennale 2015-2017 (come prevedeva il testo previgente), ma solo in favore degli interventi compresi nella programmazione delle medesime regioni i cui territori sono oggetto dei definanziamenti.
Un’ulteriore modifica ha riguardato le possibili destinazioni delle risorse disponibili, contemplate dal testo previgente, al fine di introdurre una destinazione esclusiva, delle risorse riutilizzabili, agli interventi della programmazione regionale del “Piano straordinario” in questione.
In considerazione di tali modifiche, nella parte della disposizione che già nel testo previgente attribuiva al CIPE la definizione delle modalità per il riutilizzo delle risorse, era stato inserito il termine del 31 dicembre 2017 (poi prorogato dalla legge di bilancio 2018) entro il quale il Comitato vi doveva provvedere.
Secondo la relazione illustrativa, le lunghe tempistiche necessarie all’individuazione degli interventi da finanziare e alla riassegnazione dei fondi non rendono possibile la definizione della programmazione entro la data del 30 settembre 2018.
Infatti, il CIPE necessita di acquisire da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l’entità dei definanziamenti ai sensi del citato comma 165, nonché da parte delle competenti Regioni un’intesa sulla nuova programmazione.
La Relazione fa inoltre notare che il medesimo comma 165 prevede analoga procedura per il programma di edilizia scolastica di cui alle delibere CIPE n. 32/2010 e n. 6/2012, ma non fissa alcun termine per l’individuazione delle modalità di impiego delle economie derivanti dai definanziamenti, a differenza di quanto previsto per il caso in esame.
A causa della difficoltà di individuazione degli interventi da finanziare da parte delle Regioni, che sono impegnate nella redazione della programmazione nazionale triennale 2018-2020 relativa all’edilizia scolastica, la Relazione sottolinea che sono ancora in corso le attività necessarie alla definitiva individuazione degli interventi da finanziare.
Inoltre, si rappresenta che le somme da recuperare, derivanti dai definanziamenti degli interventi finanziati dalle delibere CIPE n. 32/2010 e n. 6/2012, in parte dovranno essere recuperati dagli Enti ai quali è stato erogato il 45 per cento dell’importo totale del finanziamento in forma di anticipazione e, in parte, sono caduti in perenzione. Per queste ultime occorrerà avviare con il MEF la procedura di riassegnazione al MIT con destinazione al relativo programma.
Articolo 4, comma 2
(Differimento dell’applicazione del regolamento
per gli addetti al salvamento acquatico)
L’articolo 4, comma 2, differisce al 31 ottobre 2019 l’entrata in vigore del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 29 luglio 2016, n. 206, per l'individuazione dei soggetti autorizzati alla tenuta dei corsi di formazione al salvamento in acque marittime, acque interne e piscine e al rilascio delle abilitazioni all'esercizio dell’attività di assistente bagnante, prorogando contestualmente alla medesima data le autorizzazioni all'esercizio di attività di formazione e concessione per lo svolgimento delle attività di salvamento acquatico, rilasciate entro il 31 dicembre 2011.
Il differimento viene operato prorogando al 31 ottobre 2019 i termini già fissati al 31 ottobre 2018 dall’articolo 9, comma 2, del D.L. n. 244 del 2016 (decreto di proroga dei termini) come modificato dall'art. 1, comma 1136, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
Entra innanzitutto in considerazione la proroga del termine per l’applicazione delle disposizioni del decreto ministeriale n. 206/2016, che era originariamente fissato, dall’articolo 13, comma 1, dello stesso decreto, al 1° gennaio 2017. Tale decreto ministeriale contiene il regolamento che individua i criteri generali per l'ordinamento di formazione dell'assistente bagnante in acque interne e piscine e dell'assistente bagnante marittimo e determina la tipologia delle abilitazioni rilasciate.
Tale termine era stato già prorogato: prima al 31 luglio 2017, dal decreto-legge n. 210 del 2015 di proroga di termini previsti da disposizioni legislative; successivamente al 31 dicembre 2017 dall’art. 9, co. 2, del decreto-legge n. 244 del 2016 e quindi al 31 ottobre 2018 dall'art. 1, comma 1136, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
Il differimento dell’applicazione del decreto si rende necessaria, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, “in ragione delle criticità emerse a seguito dell’ampliamento della competenza dell’Autorità Marittima anche alle procedure per il rilascio del brevetto per piscine ed acque interne, e delle conseguenti ripercussioni sull’organizzazione complessiva dei servizi assicurati dagli Uffici territoriali del Corpo”.
Si ricorda peraltro che si tratta di un termine di applicazione delle misure del regolamento, che non era stabilito originariamente da una fonte normativa primaria, bensì dal decreto ministeriale stesso, ma che è stato successivamente prorogato con una fonte legislativa primaria.
Viene altresì disposta la proroga al 31 ottobre 2019 delle autorizzazioni all’esercizio di attività di formazione e concessione per lo svolgimento delle attività di salvamento acquatico, rilasciate entro il 31 dicembre 2011, per le quali era già prevista la proroga al 31 ottobre 2018 dal D.L. n. 244/2016 come modificato dall'articolo 1, comma 1136, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
Si ricorda che il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 29 luglio 2016, individua i criteri generali per l'ordinamento di formazione dell'assistente bagnante in acque interne e piscine e dell'assistente bagnante marittimo e determina la tipologia delle abilitazioni rilasciate, individuando altresì i soggetti cui è riservata l’attività di formazione, nonché i contenuti dei corsi di formazione professionale e degli esami di abilitazione. La domanda per svolgere l'attività di addestramento e formazione per assistente bagnante marittimo è presentata al Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto i cui uffici verificano le condizioni e i requisiti previsti per il rilascio dell'autorizzazione. Sono inoltre individuate le cause della sospensione e della revoca della medesima autorizzazione. L'abilitazione all'esercizio della professione dell'assistente bagnante in acque interne e piscine e l’abilitazione all'esercizio della professione di assistente bagnante marittimo sono rilasciate dal Capo del compartimento marittimo competente.
Articolo 4, comma 3
(Differimento dell’applicazione dell’obbligo di titolarità della patente nautica per la conduzione di unità aventi motore di cilindrata superiore a 750 cc a iniezione a due tempi)
L’articolo 4, comma 3, differisce al 1° gennaio 2019 l’applicazione dell’obbligo di titolarità della patente nautica per la conduzione di unità aventi motore di cilindrata superiore a 750 cc a iniezione a due tempi.
L’intervento è realizzato attraverso il differimento degli effetti dell’obbligo previsto dall’articolo 39, comma 1, del codice della nautica da diporto, come modificato dall’articolo art. 29, comma 2, lett. a), D.Lgs. 3 novembre 2017, n. 229.
Quest’ultima disposizione ha introdotto, tra l’altro, rispetto al regime giuridico precedentemente vigente, l’obbligo del conseguimento della patente nautica anche per la conduzione di unità a bordo delle quali è installato un motore di cilindrata superiore a 750 cc a iniezione a due tempi.
Precedentemente alla riforma la patente nautica era necessaria, con riferimento alla conduzione di unità con motori di cilindrata superiore 750 cc ma inferiore a 1000 cc, solo per i motori a carburazione a due tempi mentre non era necessaria per i motori ad iniezione.
Nel corso dell’audizione svolta alla Camera dei deputati il 19 luglio 2019 presso le Commissioni riunite IX e XIV il rappresentate di UCINA – Confindustria nautica, nell’ambito dell’esame dell’atto del Governo n. 31, in materia di requisiti tecnici per le unità navali adibite alla navigazione interna, ha segnalato incidentalmente le problematiche connesse all’entrata in vigore della disposizione in commento (riportate in termini sostanzialmente corrispondenti anche nella relazione di accompagnamento del decreto-legge).
Infatti il nuovo testo dell’articolo 39, comma 1, ha prodotto l’effetto di imporre a un significativo numero di titolari di piccole e piccolissime imbarcazioni dotate di motori fuori bordo l’obbligo di conseguire la patente nautica (secondo quanto affermato nel corso dell’audizione si tratta di circa 6000/8000 privati). Inoltre anche alcune centinaia di aziende che hanno acquistato motori della tipologia sopra indicata proprio al fine di utilizzarli per la locazione di piccole unità (evidentemente per soggetti non titolari di patente nautica) si sono trovate spiazzate dalla novità legislativa.
In ragione di ciò, dei tempi per l’eventuale conseguimento della patente nautica da parte degli interessati, nonché dei costi non preventivati per l’utilizzo sulle proprie unità di motori che non impongano la titolarità di patenti nautiche, il Governo ha aderito all’idea di differire l’operatività di tale obbligo.
Nella relazione illustrativa si dà comunque conto del fatto che, a seguito dell’istruttoria condotta dalla competente direzione generale, tale differimento non dovrebbe presentare criticità sotto il profilo della tutela della sicurezza marittima.
Articolo 5
(Proroga di termini in materia di politiche sociali)
Il presente articolo modifica i termini temporali di decorrenza della disciplina sulla precompilazione, da parte dell'INPS, della dichiarazione sostitutiva unica (DSU), relativa all'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)[8], e sopprime la previsione che la medesima modalità precompilata sia, a regime, l'unica possibile.
In particolare, la novella di cui al comma 1, lettera a), differisce la decorrenza della suddetta modalità di precompilazione dal 2018 al 2019. La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto osserva che il differimento è inteso a consentire gli interventi tecnici per una più semplice accessibilità per i cittadini e per il soddisfacimento delle esigenze di tutela della privacy.
Si ricorda che la precompilazione in oggetto è svolta da parte dell'INPS in cooperazione con l'Agenzia delle entrate e che la medesima DSU precompilata può essere accettata o modificata secondo i criteri di cui all'art. 10 del D.Lgs. 15 settembre 2017, n. 147.
Resta fermo - in base alla norma ora riformulata dalla novella di cui alla lettera b) - che la data specifica di decorrenza della modalità precompilata (con una prima fase di sperimentazione) è determinata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (quest'ultimo decreto, come già previsto dalla disciplina vigente, deve altresì individuare "le componenti della DSU che restano interamente autodichiarate e non precompilate, suscettibili di successivo aggiornamento in relazione alla evoluzione dei sistemi informativi e dell'assetto dei relativi flussi d'informazione").
La novella di cui alla successiva lettera c) sopprime la norma che prevedeva nella fase a regime (decorrente, secondo la disciplina finora vigente, dal 1° settembre 2018) il ricorso esclusivo alla modalità precompilata. La medesima novella differisce dal 1° settembre 2018 al 1° gennaio 2019 la decorrenza del principio secondo cui una DSU presentata è valida fino al 31 agosto dell'anno successivo[9] (a decorrere da settembre, i dati sui redditi e i patrimoni devono essere aggiornati, con riferimento all'anno precedente) - mentre, nella disciplina attualmente in applicazione, la DSU presentata è valida fino al 15 gennaio dell'anno successivo[10] -.
Articolo 6, comma 1
(Abilitazione scientifica nazionale)
Il comma 1 proroga al 31 ottobre 2018 il termine entro il quale la commissione esaminatrice per il conferimento dell'Abilitazione scientifica nazionale (ASN) deve concludere la valutazione delle domande relative al V quadrimestre della tornata ASN 2016-2018.
Nella relazione illustrativa si precisa che la disposizione in oggetto intende prorogare dal 6 agosto 2018 al 30 ottobre 2018 (presumibilmente per effetto di un refuso, essendo il termine di scadenza della proroga fissato al 31 ottobre 2018) il termine per il completamento delle attività riferite al V quadrimestre della tornata ASN 2016-2018, in considerazione del fatto che, con riferimento al predetto quadrimestre, è stato registrato il più alto numero complessivo di domande rilevato nell’ambito della tornata 2016-2018, ossia 21749 domande a fronte di 20369 del I quadrimestre, 4768 del II quadrimestre, 3824 del III quadrimestre, 7621 del IV quadrimestre.
La disposizione in oggetto, peraltro, così come formulata, può ingenerare l'equivoco che il termine oggetto di proroga sia quello ordinario relativo all'articolo 8, comma 3, del DPR 95/2016, che ha previsto che la valutazione debba concludersi entro 3 mesi, decorrenti dalla scadenza del quadrimestre nel corso del quale è stata presentata la domanda. Su tale previsione è intervenuto l'articolo 4, comma 5-sexies, del decreto legge 244/2016 - aggiunto dalla legge di conversione 24/2007 - che ha prorogato tale termine di 30 giorni.
Con Decreto Direttoriale 29 luglio 2016, n. 1532, è stata definita, per il primo biennio, la procedura per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale. In base all'art. 2 del D.D. 1532/2016, la domanda di partecipazione doveva essere presentata, ai sensi di quanto disposto dall'art. 3 del DPR 95/2016, durante tutto l'anno, con modalità telematiche e secondo i seguenti termini:
§ I quadrimestre: a decorrere dalla data della pubblicazione del decreto nella Gazzetta ufficiale (GU 4? Serie Speciale -n. 61 del 2 agosto 2016) ed entro le ore 15.00 del 2 dicembre 2016;
§ II quadrimestre: a decorrere dal 3 dicembre 2016 ed entro le ore 15.00 del 3 aprile 2017;
§ III quadrimestre: a decorrere dal 4 aprile 2017 ed entro le ore 15.00 del 4 agosto 2017;
§ IV quadrimestre: a decorrere dal 5 agosto 2017 ed entro le ore 15.00 del 5 dicembre 2017;
§ V quadrimestre: a decorrere dal 6 dicembre 2017 ed entro le ore 15.00 del 6 aprile 2018.
Per ulteriori approfondimenti sulla tematica si veda il Focus del Servizio Studi della Camera su "La disciplina per il reclutamento dei professori e per il conferimento di contratti per ricercatore universitario".
A tale riguardo sarebbe opportuno specificare a quali valutazioni si riferisce l'intervento in oggetto o quanto meno indicare che la proroga in esame si riferisce, in via transitoria, solo alle procedure di abilitazione ancora pendenti.
Articolo 6, comma 2
(Incarichi di insegnamento nelle istituzioni AFAM)
Il comma 2, in attesa dell’entrata in vigore del Regolamento sul reclutamento del personale docente AFAM, estende all'anno accademico 2018-2019 la possibilità di attingere alle graduatorie nazionali ad esaurimento di cui all’articolo 2-bis, D.L. 97/2004 (convertito in L. 143/2004), per l’attribuzione degli incarichi di insegnamento a tempo indeterminato e determinato nelle istituzioni AFAM. A tal fine viene novellato l’articolo 19, comma 1, D.L. 104/2013 (convertito in L. 128/2013).
Nella relazione illustrativa si precisa infatti che la disposizione di proroga si rende necessaria nelle more dell’entrata in vigore del Regolamento sul reclutamento del personale docente AFAM in attuazione della Legge n. 508 del 1999 che dovrebbe completare l’iter di adozione in tempo utile per le assunzioni dell’a.a. 2019/2020. La disposizione in oggetto permette di effettuare, per l’a.a. 2018/19, le assunzioni a tempo indeterminato per le quali è in fase di predisposizione la richiesta di autorizzazione al Mef e al Dipartimento della Funzione Pubblica, nonché quelle a tempo determinato, atteso che dette graduatorie sono utilizzabili in entrambi i casi. Tale disposizione è ritenuta indispensabile in considerazione del fatto che il Ministero e le Istituzioni AFAM debbono conoscere con chiarezza il quadro normativo e le possibili facoltà di disporre assunzioni entro il mese di settembre 2018, al fine di garantire un corretto e ordinato inizio dell’anno accademico e in modo da poter organizzare la didattica e le lezioni.
Si deve rammentare che l’articolo 19, comma 1, D.L. 104/2013, al fine di garantire il regolare avvio dell’a.a. 2013-2014, aveva trasformato le graduatorie nazionali di cui all’articolo 2-bis, D.L. 97/2004 - destinate all’attribuzione degli incarichi di insegnamento a tempo determinato - in graduatorie ad esaurimento, al contempo estendendo il loro utilizzo anche all’attribuzione degli incarichi di insegnamento con contratto a tempo indeterminato. Nelle graduatorie suddette sono stati inseriti i docenti precari con un servizio di 360 giorni nelle istituzioni AFAM, previa valutazione dei titoli artistico-professionali e culturali.
Tale possibilità (originariamente prevista solo per l’a.a. 2013-2014) era già stata estesa mediante successive novelle al citato articolo 19, comma 1, D.L. 104/2013: agli a.a. 2014-2015 e 2015-2016 (dall'articolo 6, comma 3, lett. b), D.L. 192/2014, convertito in L. 11/2015); all'a.a. 2016/2017 (dall'articolo 4, comma 5-quater, D.L. 244/2016, convertito in L. 19/2017), e all’a.a. 2017/2018 (dall'articolo 1, comma 1146, L. 205/2017 - legge di bilancio 2018).
Per ulteriori approfondimenti si veda lo studio del Servizio Studi della Camera del 22 giugno 2018 su "Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM)".
Articolo 6, comma 3
(Proroga delle procedure di selezione e delle graduatorie per le assegnazioni temporanee del personale da destinare alle scuole italiane all’estero)
Il comma 3 consente, nelle more della piena applicazione delle procedure innovative introdotte dal decreto legislativo n. 64/2017, di utilizzare anche per il prossimo anno scolastico graduatorie in vigore nell’anno scolastico corrente, sia per ricoprire eventuali vuoti nel contingente del personale operante presso le scuole italiane all’estero, sia per far fronte a esigenze di servizio non programmate mediante assegnazione temporanea all’estero.
Il comma 3 dell’articolo 6 novella anzitutto il comma 5 dell’articolo 37 (Disposizioni transitorie) del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 64, che ha recentemente innovato la disciplina complessiva sulle scuole italiane all’estero, precedentemente contenuta nella parte V del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Testo unico in materia di istruzione).
La novella concerne l’applicazione dell’articolo 19, commi 2, 3 e 4, e dell’articolo 20 del citato decreto legislativo 64/2017, che la nuova formulazione fa decorrere dall’anno scolastico 2019/20 anziché dall’anno scolastico 2018/19.
Si ricorda che il sopra richiamato articolo 19 riguarda le procedure di selezione del personale da destinare all’estero e la formazione delle relative graduatorie, mentre l’articolo 20 concerne l’effettiva destinazione all’estero, che avviene con procedure concertate tra il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR) e il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI.
Il comma 3 in commento prevede inoltre la proroga all’anno scolastico 2018/19 delle graduatorie in vigore per l’anno scolastico 2017/18, limitatamente alle assegnazioni temporanee previste dall’articolo 24 del decreto legislativo n. 64/2017, nonché ai posti disponibili nei contingenti di cui agli articoli 18, comma 1, e 35, comma 2 del medesimo decreto legislativo.
Il citato articolo 24 prevede che il MAECI, di concerto con il MIUR, può inviare per esigenze di servizio, e sulla base delle graduatorie di cui al citato articolo 19, personale e dirigenti scolastici in assegnazione temporanea tanto presso scuole statali all’estero quanto presso altre iniziative rientranti nell’ambito della formazione italiana nel mondo, limitatamente a un anno scolastico e nei limiti delle disponibili risorse finanziarie.
D’altra parte l’articolo 18, comma 1 decreto legislativo 64/2017 stabilisce la possibilità di destinare al sistema della formazione italiana all’estero dirigenti scolastici, docenti e personale amministrativo della scuola a tempo indeterminato, nei limiti di un contingente di 674 unità.
Infine, l’articolo 35, comma 2 del decreto legislativo 64/2017 prevede che il contingente del personale destinato alle scuole europee è stabilito con le modalità già previste nel comma 1 dell’articolo 18.
La relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, precisa che la norma di cui al comma 3 è finalizzata ad assicurare il regolare avvio del prossimo anno scolastico bel sistema della formazione italiana nel mondo, assicurando la copertura di almeno 183 posti, compresi 40 posti nelle scuole statali all’estero e 28 posti nelle scuole europee.
La relazione evidenzia altresì il carattere di urgenza della diposizione, poiché è necessario disporre l’invio all’estero del personale necessario con un anticipo di alcuni mesi rispetto all’inizio dell’anno scolastico, onde consentire in tempi adeguati il trasferimento all’estero del personale e delle relative famiglie.
Si ricorda che il decreto legislativo 64/2017 è stato predisposto o a norma dell’articolo 1, commi 180-182, della legge n. 107 del 2015.
Il comma 181, lettera h), in particolare, prevede la revisione, il riordino e l’adeguamento della normativa in materia di istituzioni e iniziative scolastiche italiane all’estero al fine di realizzare un effettivo e sinergico coordinamento tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ed il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nella gestione della rete scolastica e della promozione della lingua italiana all’estero. Tale riassetto è da conseguire attraverso:
1) la definizione dei criteri e delle modalità di selezione, destinazione e permanenza in sede del personale docente e amministrativo;
2) la revisione del trattamento economico del personale docente e amministrativo;
3) la previsione della disciplina delle sezioni italiane all’interno di scuole straniere o internazionali;
4) la revisione della disciplina dell’insegnamento di materie obbligatorie secondo la legislazione locale o l’ordinamento scolastico italiano da affidare a insegnanti a contratto locale.
Si ricorda altresì che negli ultimi anni vi sono stati vari interventi di carattere normativo su diversi profili dell’ordinamento delle scuole italiane all’estero: si segnalano anzitutto due decreti del Ministro degli affari esteri del 4 agosto 2010, di concerto con il Ministro dell’istruzione, università e ricerca, concernenti rispettivamente l’applicazione della riforma degli istituti tecnici e dei licei alle scuole italiane all’estero, sia statali che paritarie.
Successivamente, i commi 11 e 12 dell’articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario, convertito con modificazioni dalla legge 135 del 2012, hanno fissato limiti alle destinazioni di personale docente presso le scuole italiane all’estero, nell’ottica del più generale sforzo amministrativo per la riduzione degli oneri a carico del bilancio dello Stato.
Nella stessa prospettiva la legge di stabilità 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228) ai commi 38 e 39 dell’articolo 1 ha disposto una riduzione degli assegni di sede per il personale delle scuole italiane all’estero, nella misura di 712.265 euro annui.
Misure urgenti per le istituzioni scolastiche e culturali italiane all’estero sono state previste poi dall’articolo 9 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, convertito con modificazioni dalla legge 125 del 2013.
La legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190) ha nuovamente previsto, all’articolo 1, comma 320 una riduzione degli stanziamenti per il personale in servizio nelle istituzioni scolastiche e culturali all’estero, nella misura di 3,7 milioni di euro per il 2015 e di 5,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2016.
Infine, la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016) ha disposto all’articolo 1, comma 385, lettera i), un contributo di un milione di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, a favore delle scuole italiane non statali paritarie all’estero. Il medesimo provvedimento, all’articolo 1, comma 625 ha disposto la riduzione di due milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 della spesa relativa al trattamento economico del personale supplente delle istituzioni scolastiche all’estero.
Articolo 7
(Estensione della Card cultura)
Il comma 1, venendo incontro ai rilievi espressi dal Consiglio di Stato, estende anche ai soggetti che compiono diciotto anni nel 2018 l'assegnazione della Carta elettronica per i giovani - la c.d. Card cultura - introdotta dalla legge di stabilità 2016. A tal fine si interviene sul primo periodo del comma 626 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017.
La Legge di stabilità 2016 (L. 208/2015: articolo 1, commi 979 e 980) ha introdotto disposizioni finalizzate a promuovere lo sviluppo della cultura e la conoscenza del patrimonio culturale tra i diciottenni. In particolare – nel testo come modificato dall'articolo 2-quinquies, comma 1, D.L. 42/2016 (convertito in L. 89/2016) – era stato disposto che a tutti i residenti nel territorio nazionale, in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno, che compivano 18 anni di età nel 2016, era assegnata una Carta elettronica, dell'importo nominale massimo di 500 euro, da utilizzare per ingressi a teatro, cinema, mostre e altri eventi culturali, spettacoli dal vivo, per l’accesso a musei, monumenti, gallerie e aree archeologiche e parchi naturali, nonché per l’acquisto di libri. A tal fine, ha autorizzato la spesa di 290 mln di euro per il 2016.
I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, sono stati disciplinati con il DPCM 15 settembre 2016, n. 187.
Successivamente, tale previsione è stata estesa dalla Legge di bilancio 2017 (L. 232/2016: articolo 1, comma 626) anche ai giovani che compivano 18 anni nel 2017, che potevano utilizzare la Card anche per l'acquisto di musica registrata, nonché di corsi di musica, di teatro o di lingua straniera. A tal fine, è stata autorizzata la spesa di 290 mln di euro per il 2017 (cap. 1430).
I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, sono stati disciplinati con DPCM 4 agosto 2017, n. 136, che ha modificato il DPCM del 2016.
Da ultimo, la Legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) ha rifinanziato l’iniziativa per il 2018 e per il 2019 con 290 mln di euro annui (intervenendo direttamente nello stato di previsione del Mibact ed in particolare alla Tabella n. 13).
Al riguardo, però - come anche menzionato nella relazione illustrativa - il Consiglio di Stato, con Parere 15 giugno 2018, n. 1546, pronunciandosi sullo schema di DPCM concernente ulteriori modifiche al DPCM 187/2016, ha ritenuto necessaria una fonte normativa primaria legittimante l’intervento in favore della platea dei nuovi beneficiari, in coerenza con la conferma dello stanziamento finanziario. A tale proposito si è precisato che né nella Tabella n. 13 dello stato di previsione del Mibact, né nell’ambito della Parte II della legge di bilancio 2018 approvativa degli stati di previsione dei Ministeri, era possibile rinvenire alcuna previsione normativa ordinamentale idonea a giustificare l'estensione della platea dei beneficiari del diritto in questione.
Articolo 8
(Proroga di termini in materia di salute)
Il presente articolo reca un complesso di proroghe e di modifiche di norme transitorie in materia di salute umana e di sanità veterinaria. I commi 1 e 2 concernono le ricette dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati. Il comma 3 modifica la disciplina di una quota premiale nell'àmbito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Il comma 4 riguarda alcune deroghe transitorie per la regione Sardegna in materia di spesa sanitaria.
I commi 1 e 2 prorogano dal 1° settembre 2018 al 1° dicembre 2018 la decorrenza dell’obbligo di redigere secondo il modello di ricetta elettronica le prescrizioni, ove necessarie, dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati (i quali sono prodotti a partire da premiscele medicate autorizzate).
Si ricorda che l'obbligo in esame e la contestuale cessazione della possibilità di ricetta cartacea sono stati previsti, con la decorrenza suddetta, dalle novelle di cui all'art. 3 della L. 20 novembre 2017, n. 167 ("legge europea 2017"). La relazione illustrativa governativa dell'originario disegno di legge europea 2017[11] osservava che "il sistema informatizzato di registrazione dei dati relativi alla produzione, alla commercializzazione e alla distribuzione dei medicinali veterinari" agevola il conseguimento degli obiettivi di tutela della salute pubblica, posti dalla direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, "recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari", e, in particolare, attua in maniera efficace l'obbligo di registrazione, previsto dalla medesima direttiva.
La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto osserva che la proroga in esame è dovuta alla circostanza che è ancora in corso di emanazione il decreto del Ministro della salute relativo al modello di ricetta elettronica, in quanto è stato necessario, in via preliminare rispetto all'emanazione di tale decreto, lo svolgimento di un'istruttoria complessa e di un'attività di informazione e formazione degli operatori degli enti territoriali e delle categorie coinvolti.
Si ricorda che la normativa demanda al suddetto decreto ministeriale di definire le modalità in base alle quali i produttori, i depositari, i grossisti, le farmacie, le parafarmacie, i titolari delle autorizzazioni alla vendita diretta e al dettaglio di medicinali veterinari ed i medici veterinari debbano inserire nella banca dati centrale (istituita presso l'AIFA)[12]: a) le informazioni relative all'inizio dell'attività di vendita, ad ogni sua variazione intervenuta successivamente e alla sua cessazione, nonché all'identità dell'acquirente della medesima attività; b) i dati concernenti la produzione e la commercializzazione dei medicinali veterinari.
Il comma 3 modifica la disciplina di una quota premiale nell'àmbito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Tale quota è relativa alle regioni che abbiano istituito una Centrale regionale per gli acquisti e l'aggiudicazione di procedure di gara per l'approvvigionamento di beni e servizi per un volume annuo non inferiore ad un determinato importo e per quelle che introducano misure idonee a garantire la piena applicazione delle norme in materia di equilibrio di bilancio delle strutture ospedaliere pubbliche, nel rispetto del principio della remunerazione a prestazione.
La novella proroga per il 2018 una disposizione transitoria già prevista per gli anni 2012-2017, relativa ai criteri per il riparto della quota premiale.
La norma transitoria, oggetto della proroga in esame, prevede che, in attesa del decreto ministeriale contemplato dalla disciplina a regime[13], il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, stabilisca il riparto della quota premiale, tenendo anche conto di criteri di riequilibrio, indicati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Si ricorda che la misura percentuale della quota premiale è pari allo 0,25 per cento delle risorse ordinarie per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Per l'anno 2018, tale aliquota, come indicato nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto, corrisponde ad un importo di 283.510.328 euro.
La lettera a) del comma 4 modifica il termine temporale di una deroga transitoria per la regione Sardegna, relativa alla spesa sanitaria e posta con riferimento al "carattere sperimentale dell'investimento straniero" da realizzarsi per l’ospedale ex San Raffaele di Olbia (struttura in passato mai ultimata). La deroga, prevista finora con riguardo al triennio 2015-2017, viene adesso invece posta con riferimento al periodo 2018-2020, anche in considerazione della circostanza che la struttura ospedaliera in oggetto - denominata Mater Olbia e che dovrebbe essere gestita, in base ad un accordo del luglio 2017, dalla Qatar Foundation Endowment e dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli - non è entrata ancora in funzione. In relazione a tale modifica, la successiva lettera b) riferisce al medesimo periodo 2018-2020 la norma - inerente finora al periodo 2015-2017 - secondo cui la regione Sardegna e il Ministero della salute devono assicurare un monitoraggio sull’effettiva rispondenza della qualità delle prestazioni sanitarie della struttura in oggetto e sulla loro piena integrazione con la restante offerta sanitaria pubblica in Sardegna nonché sulla mobilità sanitaria verso altre regioni.
Più in particolare, secondo la norma di deroga oggetto della novella di cui alla lettera a), la regione Sardegna, nel periodo di tempo ivi considerato, può incrementare, nella misura di 6 punti percentuali, il limite vigente della spesa per la remunerazione - da parte del Servizio sanitario regionale - delle prestazioni sanitarie rese da soggetti privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera. Si ricorda che il limite annuo (ai sensi dell'art. 15, comma 14, del citato D.L. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135 del 2012, e successive modificazioni) è pari, per gli anni 2014 e seguenti, alla spesa registrata a consuntivo per il 2011, ridotta di 2 punti percentuali; peraltro, per la regione Sardegna, secondo la normativa già vigente[14], l'obiettivo finanziario sotteso a tale limite può essere conseguito, in alternativa, in altre aree della spesa sanitaria (facoltà ammessa "al fine di garantire un adeguato livello di erogazione di servizi sanitari nella regione Sardegna, interessata dai gravi eventi alluvionali del mese di novembre 2013"). Agli oneri finanziari derivanti dalla presente deroga di sei punti percentuali la regione Sardegna fa fronte annualmente all'interno del proprio bilancio, ai sensi del principio di cui all'art. 1, comma 836, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, secondo il quale, dall'anno 2007, la regione in esame provvede al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato.
L'intervento di modifica temporale di cui al presente comma 4 non riguarda un'altra deroga in materia di spesa sanitaria, già posta[15] con riferimento alla struttura in oggetto per il triennio 2015-2017. Quest'ultima deroga escludeva, per il periodo suddetto, i posti letto accreditati nella struttura sanitaria, ai fini del rispetto del parametro massimo di 3,7 posti letto ospedalieri (accreditati nelle strutture sanitarie, pubbliche o private, ed effettivamente a carico del Servizio sanitario regionale) per mille abitanti[16].
In ogni caso, in base alla medesima norma di deroga, la regione deve assicurare, mediante la trasmissione della necessaria documentazione al Ministero della salute, l’approvazione di un programma di riorganizzazione della rete ospedaliera, il quale garantisca che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, il suddetto parametro sia rispettato anche al lordo dei posti letto in questione.
Sotto il profilo della formulazione letterale, si rileva che nel testo oggetto della modifica temporale di cui alla lettera a) del presente comma 4 continua ad essere presente la locuzione "nelle more dell'adozione del provvedimento di riorganizzazione della rete ospedaliera", provvedimento per il quale, come detto, si prevede invece la decorrenza già dall'anno in corso.
Articolo 9, comma 1
(Proroga di termini in materia di aiuti di Stato dichiarati illegittimi)
L’articolo 9, comma 1, proroga i termini della procedura per il recupero degli aiuti dichiarati illegittimi, disponendo che i dati relativi all'ammontare dei danni subiti per effetto degli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo a partire dal 6 aprile 2009 e le eventuali osservazioni relative alle somme effettivamente percepite debbano essere presentati, a pena di decadenza, entro trecento giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento di recupero degli aiuti dichiarati illegittimi, rispetto ai centottanta giorni previsti dall'articolo 1-septies del decreto-legge n. 55 del, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2018.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 del 2 marzo 2018, ha disposto la nomina del commissario straordinario per il recupero degli aiuti di Stato dichiarati illegali e la procedura per l'attuazione della decisione della Commissione europea C(2015) 5549 del 14 agosto 2015.
Nell'ambito di tale procedura, è previsto che il Commissario straordinario provveda a dare notizia ai beneficiari di agevolazioni fiscali, previdenziali ed assicurative, identificati sulla base delle informazioni fornite dalle amministrazioni o agli enti che le hanno concesse, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 241/1990, dell’avvio del procedimento di recupero.
La comunicazione di avvio del procedimento indica quali sono, in linea generale ed esemplificativa, i costi ammissibili per i danni materiali ed economici provocati dalle calamità naturali, sulla base di quanto stabilito dalla normativa rilevante in materia; indica quali sono i mezzi di prova a disposizione dei beneficiari e invita a presentare, a pena di decadenza, entro centoventi giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento, i dati relativi all’ammontare dei danni subiti per effetto del sisma del 2009 e le eventuali osservazioni relative alle somme effettivamente percepite.
La disposizione in esame, pertanto, amplia a trecento giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento il termine per l'invio dei dati e delle osservazioni, già esteso da trenta a centoventi giorni per effetto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 aprile 2018 e, successivamente, a centottanta giorni dall'articolo 1-septies del decreto-legge n. 55 del, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2018. Trascorso il termine, il Commissario straordinario quantifica, entro i successivi 25 giorni, l’importo degli aiuti da recuperare, determinato come differenza tra il totale delle agevolazioni complessivamente concesse e l’importo dei danni ammissibili subiti da ciascun beneficiario.
Si ricorda che l’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) dichiara compatibili con il mercato interno “gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali”. Nella valutazione dei regimi di aiuto di cui all’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE, la Commissione europea è tenuta a verificare che le circostanze relative alle calamità naturali invocate per giustificare la concessione dell’aiuto e che le seguenti condizioni siano soddisfatte, In particolare, deve essere dimostrato che il danno per cui viene concessa la compensazione sia una conseguenza diretta della calamità naturale e che l’aiuto non deve comportare un trasferimento eccedente rispetto alla compensazione del danno ma solo ovviare al danno provocato dalla calamità naturale. Secondo il costante parere della Commissione europea, terremoti, alluvioni ed eruzioni vulcaniche costituiscono calamità naturali ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE, e dunque le imprese danneggiate a seguito di tali eventi possono, in via di principio, qualificarsi come beneficiari di aiuto per l’importo del danno subito. La norma del Trattato trova una sua declinazione giuridica nell’articolo 50 del Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE. L’articolo 50 citato dispone che i regimi di aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati (tra gli altri) da terremoti sono compatibili con il mercato interno e sono esentati dall'obbligo di notifica purché soddisfino le seguenti condizioni: a) le autorità pubbliche competenti di uno Stato membro hanno riconosciuto formalmente il carattere di calamità dell'evento; e b) esiste un nesso causale diretto tra i danni provocati dalla calamità naturale e il danno subito dall'impresa. I regimi di aiuti connessi a una determinata calamità sono adottati nei tre anni successivi alla data dell'evento. Gli aiuti sono concessi entro quattro anni dall'evento. I costi ammissibili sono i costi dei danni subiti come conseguenza diretta della calamità naturale, valutati da un esperto indipendente riconosciuto dall'autorità nazionale competente o da un'impresa di assicurazione. Tra i danni vi sono quelli materiali ad attivi (ad esempio immobili, attrezzature, macchinari, scorte) e la perdita di reddito dovuta alla sospensione totale o parziale dell'attività per un periodo massimo di sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento. Il calcolo dei danni materiali è basato sui costi di riparazione o sul valore economico che gli attivi colpiti avevano prima della calamità. Il danno viene calcolato individualmente per ciascun beneficiario. L'aiuto e tutti gli altri pagamenti ricevuti a copertura dei danni, compresi i pagamenti nell'ambito di polizze assicurative, non superano il 100% dei costi ammissibili.
Articolo 9, comma 2
(Minori riduzioni del Fondo di solidarietà
per i comuni colpiti dal sisma)
L’articolo 9, comma 2, ridetermina allo stesso livello del 2018 la percentuale di partecipazione alla riduzione di risorse a titolo di Fondo di solidarietà comunale, introdotta per finalità di contenimento della spesa pubblica dalla legge di stabilità 2015, da applicare nell’anno 2019 nei confronti di alcuni comuni colpiti da eventi sismici che erano stati esentati dal taglio del Fondo negli anni 2015 e 2016.
Rispetto alla normativa vigente, la percentuale da applicare nel 2019 si riduce dal 75 al 50 per cento dell'importo della riduzione non applicata negli anni 2015-2016.
A tal fine, è novellato il comma 436-bis dell’articolo 1 della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015).
Si ricorda che l’art. 1, co. 435, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015) ha definito il concorso dei comuni al contenimento della spesa pubblica stabilendo una riduzione del Fondo di solidarietà comunale di 1.200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015[17].
In base al successivo comma 436 (modificato prima dal D.L. n. 78/2015 e poi dalla legge n. 208/2015), per gli anni 2015 e 2016 la riduzione dei trasferimenti a titolo di Fondo di solidarietà - fermo restando l’obiettivo complessivo di contenimento della spesa per l’intero comparto comunale nella misura di 1.200 milioni - è stata:
- esclusa per i comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 (comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo nonché i comuni di Ferrara, Mantova) e quelli danneggiati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 (provincia dell'Aquila e altri comuni della regione Abruzzo), individuati dalle lettere a) e b) del citato comma 436;
- applicata nella misura del 50% per i comuni danneggiati dagli eventi sismici del 21 giugno 2013 nel territorio delle province di Lucca e Massa Carrara, di cui alla lettera c) del comma 436.
Con il D.L. n. 113/2016 (articolo 2) – che ha introdotto due nuovi commi 436-bis e 436-ter alla legge di stabilità n. 190/2014 – si è disposta una applicazione graduale, a partire dal 2017, della riduzione a valere sul Fondo di solidarietà comunale nei confronti dei comuni che fino al 2016 erano stati esentati dal taglio, in misura pari al:
- 25 per cento nel 2017,
- 50 per cento nel 2018,
- 75 per cento nel 2019,
- 100 per cento a decorrere dal 2020 dell’importo della riduzione non applicata (comma 436-bis).
E’ stato altresì definito un incremento graduale della misura a carico di quei comuni nei confronti dei quali la riduzione del Fondo di solidarietà è stata applicata, fino al 2016, nel limite del 50 per cento, in misura pari al 60 per cento nel 2017, 80 per cento nel 2018 e del 100 per cento a decorrere dal 2019 (comma 436-ter).
Con la modifica introdotta dal comma in esame alle lettere b) e c) del comma 436-bis, la percentuale di partecipazione alla riduzione del Fondo di solidarietà comunale da applicare nell’anno 2019 ai comuni esentati dal taglio nel biennio 2015-2016 viene rideterminata nella medesima misura già applicata per il 2018, riducendosi dunque dal 75 al 50 per cento dell'importo della riduzione non applicata.
La norma riguarda, come sopra ricordato, i comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 (comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo nonché i comuni di Ferrara, Mantova) e quelli danneggiati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 (provincia dell'Aquila e altri comuni della regione Abruzzo).
Articolo 10
(Misure per la realizzazione dell’Universiade di Napoli 2019)
L'articolo 10 proroga dal 30 aprile al 31 maggio 2019 il termine per la consegna delle opere previste nel piano degli interventi necessari al fine di assicurare la realizzazione dell’Universiade Napoli 2019. Individua, inoltre, nel Direttore dell'Agenzia regionale Universiade 2019 il Commissario straordinario per l’attuazione del piano degli interventi necessari allo svolgimento della manifestazione sportiva in oggetto. Dispone, infine, in ordine alla composizione della cabina di coordinamento per l'attuazione del piano.
A tal fine l'articolo in esame modifica la legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017) la quale, all'articolo 1, comma 375, prevede la nomina di un Commissario straordinario a cui è affidato il compito di provvedere all’attuazione del piano degli interventi necessari ad assicurare la realizzazione delle Universiadi di Napoli 2019. La medesima legge di bilancio disciplina le procedure per la predisposizione e l’approvazione del piano, i compiti e i poteri attribuiti al Commissario (tra cui le funzioni di stazione appaltante), nonché i termini di consegna delle opere e della chiusura della gestione commissariale (commi 376-382). Ulteriori norme sono volte al contrasto delle infiltrazioni della criminalità organizzata (commi 383-387). Per le finalità perseguite dalle norme in parola viene autorizzata la spesa di 100.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 (comma 388).
Si ricorda che la Regione Campania - che presentò la candidatura con il sostegno del Governo e la collaborazione delle Università italiane e campane, del CUSI (Centro Universitario Sportivo Italiano) e del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) - in data 5 marzo 2016 ha ottenuto dalla FISU (Federazione Internazionale Sport Universitari) la designazione di Napoli quale sede delle Universiadi del 2019.
Le Universiadi (Olimpiadi Universitarie) sono una manifestazione sportiva multidisciplinare rivolta ad atleti universitari provenienti da ogni parte del mondo.
Le Universiadi del 2019 si svolgeranno a Napoli dal 3 al 14 luglio 2019.
Le novelle in esame riguardano i commi 375, 378 e 379 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2018.
Il comma 375 prevedeva la nomina del Commissario straordinario, scelto tra i prefetti da collocare fuori ruolo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare d’intesa con il Presidente della regione Campania, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge (cioè entro il 31 gennaio 2018).
Il prefetto dr.ssa Luisa Latella è stata, di seguito alla suddetta norma, nominata Commissario straordinario per la realizzazione delle Universiadi 2019 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 febbraio 2018 (v. anche link al sito)
L'articolo 10 del decreto-legge in esame, invece, stabilisce che quale Commissario straordinario è nominato il Direttore dell'Agenzia regionale Universiade 2019 (ARU).
Si ricorda che lo stesso comma 375 dispone che il Commissario opera in via esclusiva con il compito di provvedere all’attuazione del piano di interventi volti alla progettazione e realizzazione di lavori e all’acquisizione di servizi e beni, anche per eventi strettamente connessi allo svolgimento della manifestazione sportiva.
La formulazione della norma potrebbe essere chiarita, posto che il riferimento 'in via esclusiva', nella norma come novellata, sembrerebbe riferirsi alla nomina e non all'attività del Commissario ivi prevista.
L'ARU 2019, istituita per mezzo dell'art. 18 della legge regionale della Campania 5 aprile 2016, n. 6, in base a tale norma è ente di scopo della Regione Campania, dotato di personalità giuridica e di autonomia amministrativa e contabile. Secondo lo Statuto, l'ARU è competente a porre in essere tutte le attività gestionali, operative ed organizzative, anche in attuazione del contratto di assegnazione per lo svolgimento della manifestazione Universiadi 2019, fatte salve le competenze esclusive del CUSI nei rapporti con la FISU e la gestione tecnica degli eventi sportivi.
L'attuale Direttore generale dell'ARU è l'ing. Gianluca Basile (Decreto Presidente Giunta n. 185 del 12 agosto 2016). Si ricorda che, ai sensi dell'art. 7 dello Statuto, il Direttore generale è nominato dal Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione della Giunta regionale, su proposta del Comitato direttivo, tra soggetti in possesso di comprovata esperienza e professionalità nelle materie d'interesse dell'Agenzia.
Si rileva che il comma 376 prevede che il commissario straordinario subentri ai soggetti istituiti, ivi compresa l’Agenzia regionale Universiadi 2019 (ARU) per definire, coordinare e realizzare le attività necessarie per l'Universiade 2019. L'Agenzia può, previa intesa, svolgere attività di supporto tecnico
Sembrerebbe opportuno un intervento di coordinamento della novella in esame con la disposizione di cui al comma 376.
Si ricorda, inoltre, che, in base alla normativa, il commissario, sentito il Presidente della regione Campania, può esercitare i poteri di cui al comma 5 dell'articolo 61 del decreto-legge n. 50 del 2017, in base al quale, nel rispetto della normativa dell'Unione europea, degli obblighi internazionali assunti dall'Italia e dei principi generali dell'ordinamento nazionale, nonché nei limiti delle risorse stanziate, il commissario esercita i poteri sostitutivi per risolvere eventuali situazioni o eventi ostativi alla tempestiva realizzazione degli interventi previsti nel piano approvato, anche mediante ordinanza contingibile e urgente analiticamente motivata. Il potere è esercitato nei limiti di quanto strettamente necessario e negli ulteriori limiti previamente indicati con delibera del Consiglio dei ministri e le ordinanze sono immediatamente efficaci (comma 377 della legge di bilancio per il 2018).
Il terzo periodo del comma 379 precisa che il commissario assicura la realizzazione degli interventi per lo svolgimento delle Universiadi. Con la modifica in esame si prevede che, per gli interventi da realizzare nel territorio del comune di Napoli, il Commissario debba procedere d'intesa con il sindaco della città.
Al fine di assicurare la realizzazione degli interventi del piano, il quarto periodo del comma 379 istituisce una cabina di coordinamento. Secondo la novella in esame fanno parte della cabina di coordinamento:
§ il Commissario straordinario
§ il Presidente della Regione Campania o un suo delegato
§ i sindaci delle città capoluogo di provincia della Campania o loro delegati nonché dei comuni ove vengano localizzati gli interventi
§ il presidente della FISU (Federazione Internazionale Sport Universitari)
§ il presidente del CUSI (Centro Universitario Sportivo Italiano)
§ il presidente del CONI o un suo delegato
§ il presidente dell'ANAC o un suo delegato.
Rispetto alle disposizioni sulla composizione previste dal testo previgente:
§ non fanno più parte della cabina di coordinamento il Presidente del Consiglio dei ministri ovvero, su sua delega, il Ministro per lo sport, che la presiede; il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca; il Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno,
§ la nuova formulazione prevede che il Presidente della Regione Campania, il presidente del CONI e il presidente dell'ANAC (già previsti quali membri della cabina nel testo previgente) possano rispettivamente designare propri delegati
§ quanto ai sindaci interessati, la formulazione previgente prevedeva la sola partecipazione del sindaco del comune di Napoli.
Il comma 378 della legge di bilancio prevedeva che la consegna delle opere previste nel piano degli interventi deve avvenire entro il 30 aprile 2019. Tale temine è prorogato al 31 maggio 2019.
Il medesimo comma 378 prevede l’applicazione dei commi 6 e 7 dell’art. 61 del D.L. 50/2017. Essi recano disposizioni al fine di assicurare la realizzazione del progetto sportivo delle finali di coppa del mondo e dei campionati mondiali di sci alpino, che si terranno a Cortina d'Ampezzo, rispettivamente, nel marzo 2020 e nel febbraio 2021
Il comma 6, oltre al termine di consegna, stabilisce che il piano deve indicare altresì quelle opere che, pur connesse sotto il profilo materiale o economico alla realizzazione degli interventi del progetto sportivo, in quanto non indispensabili al regolare svolgimento degli eventi sportivi potranno essere ultimate oltre il previsto termine di consegna. Il successivo comma 7 dispone che gli interventi previsti nel piano approvato sono:
§ dichiarati di pubblica utilità e di urgenza;
§ qualificati come di preminente interesse nazionale e automaticamente inseriti nelle intese istituzionali di programma e negli accordi di programma quadro, ai fini della individuazione delle priorità e ai fini dell'armonizzazione con le iniziative già incluse nelle intese e negli accordi stessi.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al dossier sulla legge di bilancio 2018, in particolare alla scheda sull'articolo 1, commi 375-388.
Articolo 11
(Proroga di termini in materia di banche popolari e gruppi bancari cooperativi)
L’articolo 11 modifica alcuni termini relativi ai processi di riforma delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo (BCC) avviati, rispettivamente con il decreto-legge n. 3 del 2015 e con il decreto-legge n. 18 del 2016.
In primo luogo è stabilito il termine del 31 dicembre 2018 per adeguare l’attivo delle banche popolari alla soglia di 8 miliardi di euro o per deliberare la trasformazione in società per azioni.
Con riguardo alle BCC sono invece aumentati da 90 a 180 i giorni per la stipula del contratto di coesione e per l’adesione al gruppo bancario cooperativo. La quota del capitale della capogruppo detenuta dalle BCC aderenti è fissata almeno al 60 per cento e i componenti dell’organo di amministrazione espressione delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo sono almeno la metà più due. È inoltre specificato il carattere localistico delle BCC tra i parametri da rispettare nel contratto di coesione, disciplinato il processo di consultazione sulle strategie del gruppo, nonché il grado di autonomia delle singole BCC in relazione alla relativa classe di rischio.
Con riferimento alle banche popolari, il comma 1 modifica il termine previsto in sede di prima applicazione del decreto-legge n. 3 del 2015 per adeguarsi a quanto stabilito dall'articolo 29, commi 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario - TUB), originariamente pari a 18 mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d'Italia il 9 giugno 2015.
Secondo l'articolo 29 del TUB l’attivo di una banca popolare non può superare la soglia di 8 miliardi di euro e, trascorso un anno dal superamento di tale limite, ove lo stesso non sia stato ridotto al di sotto della soglia né sia stata deliberata la trasformazione in società per azioni o la liquidazione, vengono previsti rilevanti poteri di intervento da parte dell'autorità di vigilanza, che può proporre la revoca dell'autorizzazione e la liquidazione coatta amministrativa della banca.
L'articolo 11, comma 1, del decreto in esame sostituisce al termine di adeguamento precedentemente indicato (18 mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d’Italia ai sensi dell'articolo 29 del TUB) la data del 31 dicembre 2018.
La relazione illustrativa del Governo evidenzia che il decorso della riforma è stato sospeso, con effetti erga omnes, dal Consiglio di Stato con decreto 15 dicembre 2016, n. 5571, confermato con ordinanza 13 gennaio 2017, n. 111, fino alla pubblicazione dell’ordinanza di Sezione che concluderà la seconda fase dell’incidente cautelare all’esito della pronuncia della Corte costituzionale sulla questione ad essa rimessa. La questione risulta tuttora pendente, nonostante la sentenza della Corte del 21 marzo 2018 (vedi oltre).
La trasformazione in società per azioni delle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi è stata attuata da otto delle dieci banche interessate dalla riforma del 2015. Per le due rimanenti (Banca Popolare di Sondrio e Banca Popolare di Bari) il termine per la trasformazione è stato sospeso, in attesa delle decisioni della Corte costituzionale in ordine a una questione sollevata dal Consiglio di Stato.
In particolare, con ordinanza del 15 dicembre 2016, il Consiglio di Stato ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale relativa ad alcune prescrizioni della riforma delle banche popolari, tra cui il diritto di recesso per i soci e la facoltà concessa alle banche, su autorizzazione della Banca d’Italia anche in deroga alle norme del codice civile, di sospenderlo o di rimborsarlo solo in parte, nel caso in cui il pagamento andasse a indebolire i coefficienti patrimoniali.
La questione è stata rimessa dunque alla Corte Costituzionale che con sentenza n. 99 del 21 marzo 2018 si è pronunciata sulle predette questioni di costituzionalità ritenendole infondate e confermando la sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza per il decreto legge. Inoltre, la Consulta ha affermato che la normativa impugnata la quale, in attuazione di quella europea sui requisiti prudenziali, prevede la possibilità per le banche di introdurre limitazioni al rimborso in caso di recesso del socio, non lede il diritto di proprietà. Ha affermato infine che, quanto ai poteri normativi affidati alla Banca d’Italia, essi rientrano nei limiti di quanto consentito dalla Costituzione.
La riforma era stata già sottoposta all'attenzione della Corte Costituzionale che, con sentenza n. 287 del 2016, aveva dichiarato manifestamente inammissibili e non fondate alcune questioni di legittimità costituzionale riferite alla riforma delle banche popolari.
In tale contesto, la proroga del termine fino al 31 dicembre 2018, disposta dalle norme in esame, intende assicurare la continuità dell’attività bancaria per i tempi tecnici occorrenti al completamento di quanto previsto dalla normativa vigente, nelle more della pronuncia del Consiglio di Stato.
Con riferimento alla riforma delle BCC, l'articolo 2 del decreto-legge n. 18 del 2016 ha previsto, in fase di prima applicazione, un termine di 18 mesi dall'entrata in vigore delle norme attuative del Ministro dell'economia e delle finanze (MEF) e della Banca d'Italia (di cui all'art. 37-bis, commi 7 e 7-bis del TUB) per l'invio alla stessa Banca d'Italia, da parte della potenziale banca capogruppo, della documentazione di legge richiesta per costituire il gruppo bancario cooperativo.
La Banca d'Italia ha provveduto a emanare le disposizioni di attuazione della riforma con il 19° Aggiornamento, del 2 novembre 2016, alle Disposizioni di vigilanza (circolare n. 285 del 17 dicembre 2013). Come precisato dalla Banca d'Italia in apposita comunicazione, la presentazione alla Banca d'Italia delle istanze di costituzione dei nuovi gruppi bancari è stata possibile entro il termine massimo di 18 mesi dall'entrata in vigore delle disposizioni attuative, ovvero entro il 4 maggio 2018.
Le disposizioni di attuazione della riforma regolano, tra l'altro, i requisiti organizzativi della capogruppo e la composizione del gruppo, con riferimento sia al gruppo bancario cooperativo sia al gruppo provinciale, nonché il contenuto minimo del contratto di coesione che disciplina la direzione e il coordinamento della capogruppo sul gruppo bancario cooperativo, al quale le singole BCC aderiscono per mezzo del citato contratto.
In particolare, la banca che intende assumere il ruolo di capogruppo di un gruppo bancario cooperativo deve presentare alla Banca d’Italia un’istanza accompagnata da:
- lo schema del contratto di coesione, che deve contenere, tra l'altro, un accordo di garanzia in solido tra la capogruppo e le banche affiliate,
- l’elenco delle BCC che intendono aderire al gruppo bancario cooperativo e delle altre società che farebbero parte del gruppo,
- gli schemi di statuto della capogruppo e delle banche del gruppo e un piano delle modifiche da apportare agli statuti delle banche affiliate.
La Banca d'Italia si pronuncia entro 120 giorni dalla presentazione dell'istanza di costituzione del gruppo, sentita la Banca centrale europea ove emerga che il costituendo gruppo bancario cooperativo sarebbe significativo ai fini del Meccanismo di Vigilanza Unico.
L'articolo 2, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 18 del 2016 prevedono che il contratto di coesione sia stipulato entro 90 giorni dal rilascio del provvedimento di accertamento dei requisiti richiesti per l'autorizzazione. Il contratto stipulato è trasmesso alla Banca d'Italia, che provvede all'iscrizione del gruppo nell'albo dei gruppi. Successivamente, si dà corso all'iscrizione nel registro delle imprese ai sensi dell'articolo 2497-bis, secondo comma, del codice civile. Entro 90 giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese, una banca di credito cooperativo può chiedere di aderire a un gruppo costituito ai sensi dell'articolo 37-bis alle medesime condizioni previste per gli aderenti originari.
In tale quadro, l'articolo 11, comma 1 del decreto-legge in esame estende entrambi i termini, consentendo che la stipula del contratto di adesione avvenga entro 180 giorni dal rilascio del suddetto provvedimento e che una BCC possa richiedere di aderire a un gruppo entro 180 giorni dall'iscrizione del medesimo al registro delle imprese (in luogo dell’originario termine di 90 giorni previsto per entrambi gli adempimenti).
L'articolo 11, comma 2 del decreto-legge in esame modifica la disciplina del gruppo bancario cooperativo contenuta nell'articolo 37-bis del TUB.
La lettera a) interviene sul comma 1 del citato articolo, ai sensi del quale il gruppo bancario cooperativo è composto in primo luogo da una società capogruppo, costituita in forma di società per azioni e autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria, fissando la quota di capitale detenuta dalle BCC appartenenti al gruppo in misura almeno pari al sessanta per cento.
Il decreto in esame rafforza, dunque, quanto già previsto in via di principio, aumentando la quota minima di capitale della capogruppo detenuta dalle BCC aderenti dalla maggioranza semplice al sessanta per cento.
La lettera b) del comma 2 inserisce un nuovo comma 2-bis nell'articolo 37-bis del TUB. Il comma 2 prevede che lo statuto della capogruppo indichi il numero massimo delle azioni con diritto di voto che possono essere detenute da ciascun socio, direttamente o indirettamente, ai sensi dell’articolo 22, comma 1 del TUB. Il comma 2-bis introduce un ulteriore vincolo legislativo alla redazione dello statuto della capogruppo prevedendo che lo stesso stabilisca che i componenti dell’organo di amministrazione espressione delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo siano pari alla metà più due del numero complessivo dei consiglieri di amministrazione.
Le lettere c) e d) del comma 2 modificano il comma 3 dell'articolo 37-bis del TUB, contenente alcuni elementi che devono essere necessariamente indicati nel contratto di coesione. In particolare, esso deve indicare i poteri della capogruppo, da esercitare nel rispetto delle finalità mutualistiche e, ai sensi dell'articolo, 11, comma 2, lettera c) del decreto in esame, anche del carattere localistico delle banche di credito cooperativo.
Fra i poteri che il contratto deve necessariamente indicare con riferimento alla capogruppo vi sono l’individuazione e l’attuazione degli indirizzi strategici ed obiettivi operativi del gruppo, nonché gli altri poteri necessari per l’attività di direzione e coordinamento, proporzionati alla rischiosità delle banche aderenti, ivi compresi i controlli ed i poteri di influenza sulle banche aderenti volti ad assicurare il rispetto dei requisiti prudenziali e delle altre disposizioni in materia bancaria e finanziaria applicabili al gruppo e ai suoi componenti. L'articolo, 11, comma 2, lettera d) del decreto in esame integra tale previsione specificando che l’individuazione e l’attuazione degli indirizzi strategici e degli obiettivi operativi del gruppo deve tenere conto di quanto previsto dal nuovo comma 3-bis dell'articolo 37-bis del TUB, introdotto dalla successiva lettera e).
Tale disposizione prevede che, con atto della capogruppo venga disciplinato il processo di consultazione delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo in materia di strategie, politiche commerciali, raccolta del risparmio ed erogazione del credito nonché riguardo al perseguimento delle finalità mutualistiche. Al fine di tener conto delle specificità delle aree interessate, la consultazione si prevede che sia organizzata mediante assemblee territoriali delle banche di credito cooperativo, i cui pareri non sono tuttavia vincolanti per la capogruppo.
La medesima lettera e) prevede inoltre il nuovo comma 3-ter dell'articolo 37-bis del TUB, per effetto del quale, le banche del gruppo che, sulla base del sistema di classificazione del rischio adottato dalla capogruppo, si collocano nelle classi di rischio migliori sono dotate di un maggior grado di autonomia. In particolare, le BCC meno rischiose:
- definiscono in autonomia i propri piani strategici e operativi, nel quadro degli indirizzi impartiti dalla capogruppo e sulla base delle metodologie da quest’ultima definite;
- comunicano tali piani alla capogruppo che ne verifica la coerenza con i citati indirizzi;
- nominano i componenti dei propri organi di amministrazione e controllo e, in caso di mancato gradimento della capogruppo, sottopongono alla stessa, ai fini della sostituzione di ogni componente non gradito, una lista di tre candidati diversi da quelli già indicati nella medesima procedura di nomina, fermi restando i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, e gli ulteriori criteri di cui al decreto del MEF adottato ai sensi dell’articolo 26 del TUB.
Si ricorda che, in base alle disposizioni di attuazione della riforma adottate dalla Banca d'Italia, il contratto di coesione deve prevedere che l'attività di controllo della capogruppo sulle affiliate sia basata su un sistema di indicatori di “early warning” che consenta di verificare il rispetto delle disposizioni emanate dalla capogruppo, classificare il livello di rischio delle banche del gruppo, fornire gli elementi istruttori a supporto degli interventi e delle misure sanzionatorie attivabili dalla capogruppo in conformità del contratto di coesione e attivare tempestivamente le appropriate misure di sostegno intra-gruppo previste dall’accordo di garanzia.
Il contratto di coesione deve, inoltre, attribuire alla capogruppo il potere di approvare preventivamente le operazioni delle banche affiliate che abbiano rilievo strategico sul piano patrimoniale o finanziario per il gruppo o per le singole banche affiliate, ivi comprese le operazioni di fusione, scissione, cessione o acquisto di beni e rapporti giuridici di rilievo strategico, acquisto di partecipazioni (diverse da quelle rientranti nell’esclusiva responsabilità della capogruppo) e immobili, apertura di succursali in Italia e all’estero, prestazione all’estero di servizi senza stabilimento di succursali.
Il contratto di coesione deve attribuire, altresì, alla capogruppo il compito di emanare disposizioni vincolanti concernenti l’articolazione territoriale e la rete distributiva (anche fuori sede) delle banche del gruppo, volti a coordinare e razionalizzare la presenza nel territorio mediante succursali e altri canali distributivi in un’ottica di efficienza ed eliminazione delle duplicazioni. In tale ambito, la capogruppo predispone un piano di sviluppo territoriale per l’intero gruppo, raccogliendo e coordinando le proposte delle banche affiliate.
Con riferimento ai processi di nomina e revoca dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle banche affiliate, l'articolo 37-bis del TUB prevede che il contratto di coesione indichi "i casi, comunque motivati, in cui la capogruppo può, rispettivamente, nominare, opporsi alla nomina o revocare uno o più componenti, fino a concorrenza della maggioranza, degli organi di amministrazione e controllo delle società aderenti al gruppo e le modalità di esercizio di tali poteri".
In attuazione di tale norma, le disposizioni di vigilanza della Banca d'Italia stabiliscono che nel contratto di adesione e negli statuti delle banche affiliate siano individuati "i casi e le modalità di esercizio dei poteri della capogruppo di nomina e revoca degli organi delle banche affiliate [...] ispirandosi al principio per cui la nomina degli organi di amministrazione e controllo spetta, di norma, all’assemblea dei soci, salvo che i soggetti proposti per tali cariche siano ritenuti dalla capogruppo inadeguati rispetto alle esigenze di unitarietà della governance del gruppo o di efficacia dell’attività di direzione e coordinamento della capogruppo oppure inidonei ad assicurare la sana e prudente gestione della banca avendo riguardo in particolare al merito individuale comprovato dalle capacità dimostrate e dai risultati conseguiti come esponente aziendale. In tali casi, sulla base di motivate considerazioni, la capogruppo esercita il potere di nominare o revocare direttamente i componenti degli organi delle banche affiliate, fino alla maggioranza degli stessi".
Per favorire l'accordo preventivo fra capogruppo e banche affiliate, limitando gli interventi di natura successiva, le disposizioni di vigilanza prevedono che la capogruppo definisca regolamenti e procedimenti elettorali delle banche affiliate con cui:
"a) si prevede una fase di consultazione della capogruppo sui candidati per gli organi di amministrazione e controllo delle banche affiliate, da svolgere con congruo anticipo rispetto alla data prevista per la riunione dell’organo competente alla nomina;
b) si assicura che gli organi sociali eletti dall’assemblea dei soci (o altro organo competente) della banca affiliata siano composti in maggioranza da soggetti su cui la capogruppo si è espressa favorevolmente nella precedente fase di consultazione;
c) nell’eventualità che, in esito alle fasi b) e c), il numero di candidati valutati favorevolmente dalla capogruppo sia insufficiente per la formazione di organi completi e regolarmente funzionanti, si attribuisce esclusivamente alla capogruppo il potere di opporsi alla nomina degli esponenti ritenuti non idonei e/o di nominare, per via extra-assembleare (in base al combinato disposto dell’art. 33, comma 3, e dell’art. 37-bis, comma 3, lettera b), n. 2, del TUB), i componenti mancanti, fino a raggiungere (insieme ai candidati su cui la capogruppo ha eventualmente espresso parere favorevole) la maggioranza dei componenti dell’organo.
Il contratto di coesione attribuisce alla capogruppo anche la facoltà di revocare uno o più componenti degli organi di amministrazione e controllo di una banca affiliata, motivandone l’esercizio avendo riguardo alle esigenze di unitarietà della governance del gruppo o all’efficacia dell’attività di direzione e coordinamento della capogruppo oppure alla sana e prudente gestione della banca; ove sia necessaria la sostituzione del componente revocato e questi sia determinante per conseguire la maggioranza dell’organo, la capogruppo indica la persona da eleggere al posto del componente cessato. Sulla richiesta della capogruppo, gli organi competenti della banca affiliata provvedono nel più breve tempo possibile e, comunque, non oltre il termine massimo previsto nel contratto; qualora tale termine trascorra senza che si sia provveduto, la capogruppo provvede direttamente e ne dà notizia all’autorità competente informando sui motivi per i quali ha richiesto la revoca o la sostituzione.
Per favorire l’efficace ed efficiente esercizio delle prerogative della capogruppo, il contratto di coesione può consentire che la capogruppo, a propria discrezione e ferma restando la propria responsabilità per il corretto esercizio dei propri poteri, disponga semplificazioni del procedimento di nomina degli esponenti in singole banche affiliate.
Anche quando il contratto di coesione contempli la semplificazione del procedimento di nomina sopra indicata, resta fermo che i poteri di opposizione, nomina e revoca sono esercitabili dalla capogruppo incondizionatamente nei confronti di ogni banca affiliata, indipendentemente dalla sua rischiosità, fermo restando l’obbligo di motivazione previsto dalla legge".
Le lettere f) e g) del comma 2, infine, modificano il comma 7 dell'articolo 37-bis del TUB, che contiene una serie di elementi sui quali il MEF, al fine di assicurare l’adeguatezza dimensionale e organizzativa del gruppo bancario cooperativo, può intervenire con proprio decreto, sentita la Banca d’Italia. Fra questi, era inclusa la possibilità di definire una diversa soglia di partecipazione delle BCC al capitale della società capogruppo rispetto a quella indicata al comma 1, lettera a).
Il decreto in esame rafforza il procedimento necessario per modificare di tale soglia, prevedendo che l'adozione debba avvenire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del MEF, sentita la Banca d’Italia.
Secondo quanto riferito nella Relazione Annuale della Banca d'Italia sul 2017 (29 maggio 2018) ICCREA, Cassa Centrale Banca e Cassa Centrale Raiffeisen dell'Alto Adige hanno presentato istanza per divenire capogruppo di tre gruppi bancari cooperativi. Sulla base delle intenzioni finora manifestate, 144 BCC aderiranno al gruppo ICCREA, 95 a quello Cassa Centrale Banca e 39 al gruppo Cassa Centrale Raiffeisen dell'Alto Adige.
La Banca d'Italia sottolinea inoltre che, una volta completato il processo di costituzione, la struttura del sistema bancario italiano si modificherà in modo rilevante; questo sarà infatti composto da 52 gruppi (inclusi i tre cooperativi) e 67 banche non appartenenti a gruppi (a fronte di 60 gruppi e 347 banche operanti alla fine dello scorso anno).
Il gruppo Cassa Centrale Banca avrà un attivo di bilancio consolidato superiore a 30 miliardi e sarà classificato, insieme al gruppo ICCREA che già supera questa soglia, tra quelli sottoposti alla vigilanza diretta della Banca centrale europea; il gruppo Cassa Centrale Raiffeisen dell'Alto Adige sarà vigilato dalla Banca d'Italia.
Considerando i dati di fine 2017, i gruppi ICCREA e Cassa Centrale Banca, che opereranno sull'intero territorio nazionale, diverranno nell'ordine il sesto e il decimo gruppo bancario italiano per quota di mercato dei prestiti (5,3 e 2,7 per cento rispettivamente). Il gruppo cooperativo provinciale Cassa Centrale Raiffeisen dell'Alto Adige, a fronte di una quota del mercato nazionale dei prestiti pari allo 0,6 per cento, risulterà tra i principali istituti di credito della regione Trentino-Alto Adige (22 per cento dei prestiti).
Si segnala, infine, che la Banca d'Italia, ad esito di un processo di consultazione pubblica dei soggetti interessati, ha nuovamente aggiornato le disposizioni di vigilanza il 24 maggio 2018, disponendo alcune norme necessarie a qualificare le BCC come banche mutualistiche a carattere locale, tra cui:
- le categorie di soci e di azioni;
- la zona di competenza territoriale nella quale le BCC possono raccogliere soci e svolgere l'attività;
- l'obbligo di operare prevalentemente con i soci e i limiti all'operatività fuori della zona di competenza;
- le attività esercitabili e le partecipazioni detenibili.
Articolo 12
(Rifinanziamento del Fondo per la concessione di contributi agli interessi in operazioni di export-credit)
L’articolo 12 reca, al comma 1, un rifinanziamento del Fondo – istituito presso il Mediocredito centrale - per la concessione di contributi al pagamento degli interessi sui finanziamenti che gli istituti ed aziende ammessi ad operare con il Mediocredito stesso concedono per attività di sostegno all’export.
Il rifinanziamento opera nella misura di 160 milioni di euro per l'anno 2018, di 125 milioni di euro per l'anno 2019, e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032, ed è finalizzato a consentire la prosecuzione delle attività di sostegno alle esportazioni italiane già finanziate con le risorse derivanti dal riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese.
L’articolo, al comma 2, reca la quantificazione degli oneri derivanti dal comma 1, sia in termini di saldo netto da finanziare che in termini di effetti sul fabbisogno e sull’ indebitamento netto, disponendone la relativa copertura finanziaria. Al comma 3 autorizza il Ministro dell’economia ad effettuare le relative variazioni di bilancio.
Il comma 1 rifinanzia, di 160 milioni di euro per l'anno 2018, di 125 milioni di euro per l'anno 2019, e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032, il Fondo istituito presso il Mediocredito centrale (MCC) - per la concessione di contributi al pagamento degli interessi sui finanziamenti che gli istituti ed aziende ammessi ad operare con il Mediocredito stesso concedono, senza o con parziale ricorso al MCC.
Il rifinanziamento è finalizzato a consentire il proseguimento per l’anno 2018 delle attività di sostegno alle esportazioni italiane, già finanziate con le risorse derivanti dal riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese (di cui all'articolo 1, comma 140, della legge di bilancio per il 2017).
La relazione illustrativa afferma che il rifinanziamento del Fondo è necessario al fine di evitare la sospensione dell’operatività del Fondo stesso, posta l’attuale assenza di disponibilità per nuove operazioni.
La relazione tecnica al provvedimento, nel rilevare come il Fondo in questione costituisce lo strumento di stabilizzazione del tasso di interesse e di cambio in operazioni di export-credit - afferma che il complessivo rifinanziamento del Fondo per il periodo 2018-2032 rappresenta la miglior stima degli accantonamenti necessari – sulla base della metodologia fissata nella seduta del 24 aprile 2018 dal Comitato Agevolazioni (soggetto amministratore del Fondo stesso) – per permettere la stabilizzazione del tasso di interesse su una serie di operazioni di finanziamento all’export (per un importo complessivo di 6 miliardi) a supporto di commesse assegnate (subordinatamente alla chiusura dei suddetti finanziamenti) ad imprese italiane per un importo di 7 miliardi, la cui sottoscrizione è prevista tra luglio e ottobre 2018.
Come spiega la relazione, il Fondo paga il tasso variabile del finanziamento alla banca finanziatrice e incassa il tasso fisso dal debitore estero. Il Gestore del Fondo, la Società SIMEST, deve dunque effettuare accantonamenti a valere sul Fondo pari alla somma di impegni derivanti dai citati finanziamenti e degli importi ulteriori per far fronte ad ulteriori flussi in uscita a fronte di uno scenario di stress dei tassi. Il profilo temporale dell’operazione è stimato in relazione alle erogazioni e alle tempistiche di rimborso degli stessi finanziamenti.
L’articolo 37, secondo comma, D.L. n. 745/1970, nella formulazione vigente come introdotta dall’articolo 3 della Legge n. 295/1973, ha previsto l’istituzione presso l'Istituto centrale per il credito a medio termine (Mediocredito centrale) di un fondo per la concessione di contributi nel pagamento degli interessi sui finanziamenti che gli istituti ed aziende ammessi ad operare con il Mediocredito centrale concedono senza o con parziale ricorso al Mediocredito stesso. Il Fondo è stato istituito per operare in sostituzione o a completamento di operazioni di finanziamento anche per attività di esportazione di merci e servizi.
Il Fondo in questione è gestito dalla SIMEST - ai sensi della normativa vigente (D.Lgs. n. 143/1998) e sulla base della Convenzione sottoscritta il 28 marzo 2014 con il MISE - e amministrato da un Comitato Agevolazioni, che approva le operazioni, composto da due rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, di cui uno con funzioni di presidente, da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, da un rappresentante del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e da un rappresentante designato dalle regioni, nominati con decreto del Ministero dello sviluppo economico, ai sensi di quanto previsto dal comma 270 dell’art. 1 della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 208/2017).
Anche se il Fondo è nella titolarità del MEF, l'Amministrazione vigilante è il MISE.
Il Fondo, come evidenzia la Corte dei Conti nel giudizio di parificazione sul Rendiconto generale dello Stato per l’anno 2017 (Volume I, pg. 527) ha carattere rotativo, ed è alimentato sia da assegnazioni a carico del bilancio dello Stato che dagli introiti differenziali, qualora positivi, degli interessi pagati dalle banche finanziatrici al Fondo.
Il Fondo, come sopra accennato, è destinato alla corresponsione di contributi agli interessi a supporto di:
- finanziamenti per il credito all’esportazione (tramite operazioni di credito acquirente e credito fornitore), che consentono a committenti esteri che importano dall’Italia, l’accesso ad un indebitamento a medio/lungo termine a tasso agevolato (CIRR, regolamentato in sede OCSE), tramite operazioni di credito fornitore e credito acquirente.
La Relazione illustrativa al provvedimento in esame afferma che le operazioni di credito acquirente costituiscono oltre il 95% della intera operatività del Fondo e sono appunto finalizzate alla stabilizzazione del tasso di interesse per finanziamenti export, per:
(i) coprire il differenziale tra tasso fisso CIRR, fissato in sede OCSE (offerto ai committenti esteri) e il tasso variabile (euribor o libor + spread) che la banca finanziatrice applica ai finanziamenti export
(ii) corrispondere un contributo sullo spread, volto a ridurre il differente costo della liquidità tra l’Italia e gli altri paesi;
- finanziamenti per l’internazionalizzazione, che consentono ad imprese italiane di finanziare la propria quota di capitale di rischio in società all’estero, partecipate da SIMEST/FINEST, in paesi non appartenenti all’Unione Europea, tramite l’accesso a finanziamenti bancari agevolati.
La Corte dei Conti, nel valutare la gestione fuori bilancio del Fondo in questione, ricorda che, nell’anno 2017, sono stati assegnati al Fondo 35 milioni di euro, sulla base del D.P.C.M. del 21 luglio 2017 di riparto del Fondo per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese di cui all’art. 1, comma 140, legge di bilancio 2017(legge n. 232/2016). Sempre sulla base del predetto D.P.C.M., si prevede uno stanziamento pluriennale a favore del Fondo pari per il 2017, come detto, a 35 milioni, e pari per il 2018 a 90 milioni, a 170 milioni per il 2019 e a 105 milioni per il periodo 2020-2032, per un ammontare complessivo di 400 milioni.
Si ricorda, infine, che la legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 269) ha introdotto:
a) la possibilità per il gestore del Fondo di:
- modificare la metodologia di calcolo degli impegni in relazione sia al portafoglio in essere sia alle operazioni attese, prevedendo la copertura sia di scenari “di base” pari al costo atteso di mercato per la copertura dei rischi di variazione dei tassi di interesse e di cambio, che “di stress” connessi ad ulteriori variazioni dei predetti tassi;
- conferire a soggetti terzi di provata esperienza e capacità operativa l’incarico di definire/verificare tale metodologia (nuovo comma 1-bis dell’art. 16 del D.Lgs. n. 143/1998 introdotto dal comma 269, lett. a)).
b) la previsione per cui, entro il 30 giugno di ogni anno, il CIPE, su proposta del Ministro dell’economia e finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, deliberi:
c) (i) il Piano previsionale dei fabbisogni del Fondo per l’anno successivo, quantificati sulla base della nuova metodologia;
d) (ii) i criteri di priorità nell’utilizzo delle risorse del Fondo (tipologia e caratteristiche delle operazioni ammissibili all’agevolazione di tasso) e la misura massima del contributo sul margine in relazione alle diverse tipologie di operazioni, tenendo conto delle risorse disponibili e delle caratteristiche dell’esportazione (settore, Paese di destinazione, durata dell’intervento, impatti economici ed occupazionali in Italia) (comma 1 dell’art. 17 del D.Lgs. n. 143/1998, come sostituito dal comma 269, lett. b)).
Il comma 2 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal comma 1, sia in termini di saldo netto da finanziare che in termini di effetti sul fabbisogno e sull’ indebitamento netto, disponendone la relativa copertura finanziaria.
Alla copertura finanziaria si provvede:
· quanto a 150 milioni di euro per l'anno 2018 e a 110 milioni di euro per l'anno 2019, mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo di cui all'articolo 37, comma 6, del D.L. n. 66/2014.
Si stratta del Fondo istituito presso il Ministero dell’economia, volto ad integrare le risorse del bilancio statale destinate alle garanzie rilasciate dallo Stato. Il Fondo, costituito con una dotazione finanziaria pari ad 1 miliardo di euro per il 2014, è stato successivamente rifinanziato dalla legge di stabilità per il 2015, che ha altresì previsto l'istituzione di apposita contabilità speciale per la gestione del Fondo medesimo.
· quanto a 10 milioni di euro per l'anno 2018 e a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2032, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di conto capitale, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell’economia e finanze;
· quanto a 12,6 milioni di euro per l'anno 2020, 10,4 milioni di euro per l'anno 2021, a 2,2 milioni di euro per l'anno 2023, a 18,4 milioni di euro per l'anno 2024, a 39,9 milioni di euro per l'anno 2025, a 40,5 milioni di euro per l'anno 2026, a 40,1 milioni di euro per l'anno 2027, a 38,3 milioni di euro per l'anno 2028, a 32,1 milioni di euro per l'anno 2029, a 24,7 milioni di euro per l'anno 2030, a 16,4 milioni di euro per l'anno 2031, a 10,8 milioni di euro per l'anno 2032, mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154/2008.
Il comma 3 autorizza il Ministro dell’economia ad effettuare le relative variazioni di bilancio.
Articolo 13
(Proroga termini in materia di finanziamento degli investimenti e dello sviluppo infrastrutturale del Paese)
L’articolo 13 proroga di otto mesi, dal 1° marzo 2018 al 31 ottobre 2018, il termine per l’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese.
Il Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese è stato istituito dalla legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232/2016, articolo 1, comma 140) per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese in determinati settori di spesa, tra cui i trasporti, le infrastrutture, la ricerca, la difesa del suolo, l'edilizia pubblica, la riqualificazione urbana. A tali finalità sono stati destinati oltre 47 miliardi di euro in un orizzonte temporale venticinquennale[18].
Con la successiva legge di bilancio (legge n. 205/2017, articolo 1, comma 1072), il Fondo è stato rifinanziato per complessivi 36,115 miliardi di euro per gli anni dal 2018 al 2033. In particolare, il rifinanziamento disposto è così ripartito nel periodo considerato: 800 milioni di euro per l'anno 2018, 1.615 milioni di euro per l'anno 2019, 2.180 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023, 2.480 milioni per il 2024 e a 2.500 milioni per ciascuno degli anni dal 2025 al 2033.
Per quanto riguarda la procedura di ripartizione delle risorse, il citato comma 1072 ha mantenuto fermo quanto previsto dalla norma istitutiva del Fondo (al secondo, terzo e quarto periodo del comma 140), che prevede il riparto tramite uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, al parere parlamentare e al contenuto dei decreti, introducendo però un termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio (dunque dal 1° gennaio 2018) per la sua emanazione.
Tale termine, attualmente scaduto, viene rinnovato dalla norma in esame.
[1] Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.
[2] Secondo le risultanze contenute nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale nella seduta del 22 febbraio 2012. Sulla base del medesimo documento della Commissione, il citato D.P.C.M. ha altresì quantificato i trasferimenti statali non fiscalizzati per le province per il 2012, nell’importo di 13,4 milioni.
[3] Dal 2014 l’importo è stato rideterminato in 1.047 milioni (cfr. D.M. 24 ottobre 2014), in quanto integrato di 7 milioni di euro per la cessazione dell'efficacia, a decorrere da tale anno, della riduzione dei contributi ordinari prevista dall'art. 1, comma 183, della legge n. 191/2009.
[4] Già nell’aprile 2015, la Corte dei conti, nella Relazione sul "Riordino delle province, aspetti ordinamentali e riflessi finanziari", analizzando i dati relativi alla ripartizione annuale del Fondo sperimentale di riequilibrio - che mostrano l'incidenza dei recuperi e delle riduzioni operate in forza delle disposizioni di finanza pubblica ed il significativo disallineamento tra le somme astrattamente imputabili in forza del decreto ministeriale di ripartizione del Fondo, quelle effettivamente assegnate e quelle, addirittura, oggetto di recupero (annualmente esposte nella tabella in appendice ai decreti di riparto) – sottolineava come le risorse da Fondo sperimentale di riequilibrio abbiano rappresentato in questi anni un'entrata solo nominale.
[5] La disposizione richiamata rinviava a sua volta alle precedenti norme per la determinazione dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione da corrispondere alle province appartenenti alla regione Siciliana e alla regione Sardegna, a partire dall’articolo 4, comma 6, del D.L. n. 16 del 2012, che ha provveduto alla quantificazione dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione ancora spettanti agli enti locali nell’anno 2012, anno di prima applicazione della legge n. 42 del 2009 (di attuazione del federalismo fiscale).
[6] Si ricorda, al riguardo, che tutte le regioni e province autonome hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione: per le regioni Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e per le Province autonome di Trento e di Bolzano sono poi intervenute specifiche norme di attuazione dello statuto speciale che hanno disciplinato la materia della finanza locale nel senso che è la regione [o la provincia autonoma] a provvedere alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio. Ciò non è avvenuto nel caso regione Sardegna e della Regione siciliana, dove la finanza degli enti locali è, dunque, ancora a carico dello Stato.
Per quanto concerne, in particolare, le province della regione Siciliana, si ricordano i procedimenti normativi in atto per la loro soppressione, nell'ambito dell’autonomia della regione.
[7] Il decreto disciplina le modalità di erogazione dei trasferimenti erariali a favore degli enti locali, prevedendone l’erogazione in tre rate, entro i mesi di febbraio, maggio ed ottobre.
[8] Per la disciplina dell'ISEE, cfr. il regolamento di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, l'art. 2-sexies del D.L. 29 marzo 2016, n. 42, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 maggio 2016, n. 89, e l'art. 10 del D.Lgs. 15 settembre 2017, n. 147.
[9] Per alcune ipotesi di successivo aggiornamento dell'ISEE durante il periodo di validità della DSU, cfr. il comma 5 del citato art. 10 del D.Lgs. n. 147.
[10] Cfr. l'art. 10 del citato regolamento di cui al D.P.C.M. n. 159 del 2013.
[11] Cfr. l'A.C. n. 4505 della scorsa legislatura.
[12] La banca dati è stata istituita con il D.M. 15 luglio 2004, al fine di monitorare le confezioni dei medicinali all'interno del sistema distributivo.
[13] Quest'ultima è posta dall'art. 2, comma 67-bis, della L. 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, e dall'art. 15, comma 23, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135; essa fa riferimento ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi di concerto con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.
[14] Ai sensi dell'art. 1, comma 119, della L. 27 dicembre 2013, n. 147.
[15] Ai sensi dell'art. 16, comma 1, del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.
[16] Tale parametro è comprensivo di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie.
Riguardo alla disciplina sul parametro massimo di posti letto ospedalieri, cfr. l'art. 15, comma 13, lettera c), del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, ed il regolamento di cui al D.M. 2 aprile 2015, n. 70.
[17] Si ricorda che il Fondo di solidarietà comunale, disciplinato dall’articolo 1, commi 380-380-quinquies, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012) - costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni anche con finalità di perequazione, alimentato con quota parte del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi. Il Fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno (cap. 1365).
[18] Per approfondimenti si veda il Tema dell’attività parlamentare sul Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, sul sito della Camera dei Deputati relativo alla XVII legislatura.