Modifiche al TU stupefacenti, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati 22 giugno 2022 |
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Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Rispetto degli altri princìpi costituzionali| |
Il testo unificato C. 2307-2965, elaborato dalla Commissione Giustizia, si compone di 8 articoli ed è volto ad affermare la liceità della coltivazione e della detenzione per uso personale di non oltre 4 piante femmine di cannabis, che non dovrà più essere considerato neanche illecito amministrativo. Inoltre, il provvedimento:
ContenutoL'Coltivazione e detenzione in forma individuale di cannabis per uso personalearticolo 1 interviene sul TU stupefacenti per consentire la coltivazione e la detenzione in forma individuale, e per uso personale, di massimo 4 piante femmine di cannabis idonee e finalizzate alla produzione di sostanza stupefacente.
In particolare, laAutorizzazione non necessaria lettera a) interviene sull'art. 17 del TU stupefacenti per specificare che l'autorizzazione, obbligatoria per chiunque intenda coltivare sostanze stupefacenti, non è richiesta quando la coltivazione riguardi quattro piante femmine di cannabis, la cui coltivazione è consentita dall'art. 26, comma 1-bis (v. infra). Le lettere b) e c) novellano l'art. 26 del TU stupefacenti per consentire a Consentite 4 piante femminepersone maggiorenni la coltivazione e la detenzione esclusivamente per uso personale di non oltre 4 piante femmine di cannabis, idonee e finalizzate alla produzione di sostanza stupefacente e del prodotto da esse ottenuto (nuovo comma 1-bis). Tale coltivazione è conseguentemente inserita tra le eccezioni ai divieti di coltivazione (modifica del comma 1). L'Modifiche all'art. 73 del DPR n. 309 del 1990articolo 2 interviene sull'art. 73 del TU stupefacenti (D.P.R. n. 309 del 1990), che punisce la coltivazione, produzione, fabbricazione, estrazione, raffinazione, vendita, offerta o messa in vendita, cessione o ricezione, a qualsiasi titolo, distribuzione,commercio, acquisto, trasporto, esportazione, importazione, procacciamento ad altri, invio, passaggio o spedizione in transito, consegna per qualunque scopo o comunque illecita detenzione (al di fuori delle autorizzazioni e della destinazione all'uso personale) di sostanze stupefacenti o psicotrope.
In particolare, la lettera a) sostituisce il comma 2 dell'art. 73, che attualmente punisce con la reclusione da 8 a 22 anni e la multa da 25.822 a 309.874 euro la coltivazione, produzione, detenzione e traffico di droghe "pesanti" (di cui alle tabelle I e III), effettuate da un soggetto autorizzato, prevedendo una modifica delle pene, con la riduzione da 22 a 20 anni la pena detentiva massima, l'aumento da 25.822 a 31.000 euro della pena pecuniaria minima e la riduzione da 309.874 a 301.000 euro della pena pecuniaria massima.
Le lettere b) e d) intervengono sull'art. 73 del TU al fine di modificare la disciplina sanzionatoria penale della produzione e del traffico di cannabis.
Si ricorda che attualmente, in base all'art. 73, comma 4, TU, ai fatti previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 73 riferiti a c.d. droghe leggere (Tabelle II e IV) si applicano la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 5.164 a 77.468 euro.
In particolare, la lettera b) inserisce nell'art. 73 il comma 2-bis per prevedere la reclusione da 3 a 8 anni e la multa da 15.000 a 150.000 euro quando le attività illecite di coltivazione, produzione, detenzione e traffico di droghe "leggere" (di cui alle tabelle II e IV) sono effettuate da un soggetto autorizzato; si tratta di un significativo aumento della pena attualmente prevista (reclusione da 2 a 6 anni e multa da 5.164 a 77.468 euro). La lettera c) interviene sul comma 3 per prevedere che le pene previste dai commi 2 e 2-bis si applichino anche quando il soggetto è autorizzato alla produzione di sostanze stupefacenti ma coltiva, produce o fabbrica sostanze di specie diversa. La lettera d) sostituisce il comma 4 per prevedere che quando le condotte di cui al comma 1 (droghe pesanti) riguardano le droghe leggere ("sostanze di cui alle Tabelle II e IV"), si applica la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 5.000 a 80.000 euro. Rispetto alla disciplina vigente, dunque, il provvedimento conferma la pena detentiva e rimodula la pena pecuniaria (attualmente multa da 5.164 a 77.468 euro). Inoltre, la disposizione precisa che non costituisce reato la detenzione ad uso esclusivamente personale del prodotto derivante dalla coltivazione di fino a 4 piante femmine di cannabis (ai sensi dell'art. 26, comma 1-bis del TU). Le lettere e) ed f) abrogano i commi 5, 5-bis e 5-ter dell'articolo 73. L'abrogazione del comma 5, che prevede la reclusione da 6 mesi a 4 anni e la multa da 1.032 a 10.329 euro quando le condotte di produzione, traffico e detenzione «per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze», sono di lieve entità, va coordinata con l'inserimento nel TU dell'art. 73-bis ad opera dell'art. 3 del testo in commento (v. infra, specialmente il comma 1 del nuovo articolo). Analogamente, l'abrogazione dei commi 5-bis e 5-ter, che individuano il trattamento sanzionatorio dei reati commessi dal tossicodipendente, va letta alla luce del nuovo art. 73-bis, commi 3 e 4 (v. infra). La lettera g) sostituisce il comma 7 dell'art. 73 TU, che disciplina l'attenuante (pene diminuite dalla metà ai due terzi) per quanti cooperano con le autorità, aggiungendo alle attività che ne consentono l'applicazione l'aiuto concreto alle autorità di polizia o all'autorità giudiziaria nell'individuazione o nella cattura dei concorrenti. La modifica apportata dalla lettera h) al comma 7-bis è volta a coordinarne il testo alla luce della soppressione del comma 5. Nuovo quadro sanzionatorio penaleDal combinato delle modifiche apportate all'art. 73, risulta il seguente quadro sanzionatorio della produzione, del traffico e della detenzione illeciti di stupefacenti:
La riforma conferma che le pene sono aumentate se i fatti sono commessi da 3 o più persone (comma 6) e diminuite per colui che si adopera per collaborare con le autorità (comma 7). In caso di condanna o patteggiamento della pena, è sempre ordinata la confisca penale, anche per equivalente (comma 7-bis). L'Fatti di lieve entità (nuovo art. 73-bis TU)articolo 3, comma 1, inserisce nel TU stupefacenti l'art. 73-bis, per punire la produzione, l'acquisto e la cessione illeciti di lieve entità di sostanze stupefacenti. In tale nuovo articolo il provvedimento colloca le disposizioni attualmente contenute nei commi 5, 5-bis e 5-ter dell'art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990 (che l'art. 2 del testo unificato provvede ad abrogare, v. sopra). In particolare, il comma 1 dell'art. 73-bis prevede che, se il fatto non costituisce più grave reato, chiunque commette un reato di detenzione e traffico di stupefacenti di cui all'art. 73 del TU che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la quantità delle sostanze, è di lieve entità, soggiace alle seguenti pene:
Rispetto alla normativa vigente, che non distingue tra stupefacenti, indifferentemente applicando ai fatti di lieve entità la pena della reclusione da 6 mesi a 4 anni e della multa da 1.032 a 10.329 euro, il testo unificato distingue le droghe pesanti dalle droghe leggere prevedendo limiti edittali inferiori agli attuali per le sole droghe leggere. Il comma 2 prevede l'applicabilità, anche ai fatti di lieve entità, dell'attenuante prevista dall'art. 73, comma 7, del TU, per quanti collaborino con le autorità: la pene previste dal comma 1 potranno essere diminuite dalla metà a due terzi. I commi 3 e 4 dell'art. 73-bis sostanzialmente ricalcano i contenuti degli attuali comma 5-bis e 5-ter dell'art. 73 TU. Si tratta infatti di prevedere, quando la fattispecie lieve è commessa da un tossicodipendente, che il giudice possa applicare, in luogo delle pene detentive e pecuniarie, il lavoro di pubblica utilità per una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva (comma 3). Analogamente si procede quando un tossicodipendente commette, in relazione alla propria condizione di dipendenza, un reato diverso dai fatti di lieve entità relativi agli stupefacenti (purché non sia un reato contro la persona o uno dei gravi delitti per i quali è consentita una più lunga durata delle indagini preliminari), per il quale il giudice infligga una pena non superiore a un anno di detenzione (comma 4). Rispetto alla normativa vigente, il TU richiede:
Infine, con previsione innovativa, il comma 5 specifica che non può essere considerato un fatto di lieve entità e che dunque non si applicano le pene ridotte, lo spaccio di stupefacenti a minorenni da parte di un maggiorenne. Il Modifica di coordinamento al c.p.p.comma 2 dell'articolo 3 del testo unificato interviene sul codice di procedura penale per apportarvi una modifica di coordinamento. All'art. 380 c.p.p., che prevede l'arresto obbligatorio in fragranza di uno dei reati previsti dall'art. 73 del TU stupefacenti (lett. h), viene soppresso l'inciso che esclude tale misura restrittiva in caso di lieve entità. L'arresto obbligatorio in fragranza resta escluso per i fatti di lieve entità, ma non è più necessaria la clausola di salvezza, avendo spostato la relativa disciplina in un articolo diverso.
L'Modifiche all'art. 74 del DPR n. 309 del 1990articolo 4 apporta tre modifiche al delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
In primo luogo, intervenendo sul comma 2 dell'art. 74 TU, il testo unificato individua in 8 anni la pena minima applicabile al partecipante all'associazione (attualmente il minimo è 10 anni di reclusione) e fissa in 15 anni la pena massima (attualmente non è fissato un massimo di pena). In secondo luogo, il provvedimento abroga il comma 6 dell'art. 74, che prevede l'applicazione delle pene previste dall'art. 416 c.p. per la semplice associazione a delinquere (reclusione da 3 a 7 anni per i promotori e reclusione da 1 a 5 anni per i partecipanti) all'associazione finalizzata a commettere un fatto di lieve entità. Infine, analogamente a quanto fatto per l'attenuante prevista all'art. 73 e al nuovo art. 73-bis del TU, il provvedimento specifica che la collaborazione può concretizzarsi anche in condotte di ausilio alla identificazione o alla cattura dei concorrenti o degli associati. Viene a tal fine integrato il comma 7 dell'art. 74 TU.
L'Illeciti amministrativi (art. 75 TU)articolo 5 del testo unificato interviene sull'art. 75 del DPR n. 309 del 1990, che prevede l'applicazione di sanzioni amministrative quando i fatti illeciti di importazione, esportazione, acquisto, coltivazione, ricezione o detenzione di stupefacenti siano volti a farne uso personale.
Con la modifica introdotta all'art. 26, comma 1-bis, del TU stupefacenti, la proposta di legge stabilisce che la coltivazione e la detenzione da parte di un maggiorenne di non oltre 4 piante femmine di cannabis per uso personale, non rappresenta più un illecito, neanche di tipo amministrativo. Il consumo della cannabis derivante da tale coltivazione non comporta dunque l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'art. 75 del TU stupefacenti. Tali sanzioni amministrative continueranno invece a trovare applicazione per le ulteriori e diverse ipotesi di uso personale di cannabis, per le quali la proposta di legge individua specifiche circostanze da considerare al fine di distinguere i casi penalmente rilevanti da quelli rilevanti solo dal punto di vista amministrativo. A tal fine, il provvedimento interviene sul comma 1-bis dell'art. 75, che individua le circostanze delle quali tenere conto ai fini dell'accertamento della destinazione ad uso esclusivamente personale della sostanza stupefacente, inserendovi criteri specifici da applicare alla cannabis. In particolare, l'uso potrà essere considerato personale quando le inflorescenze e le resine detenute siano il prodotto di una coltivazione domestica di cannabis che presenti le seguenti caratteristiche:
Sul punto il legislatore pare codificare quanto elaborato dalla giurisprudenza di legittimità. Si ricorda, infatti, che le Sezioni Unite della Cassazione penale, con la sentenza n. 12348 del 2019, hanno affermato che «devono ritenersi escluse dal campo d'applicazione del reato di coltivazione di stupefacenti, in quanto non riconducibili all'ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numera di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore» (in senso conforme v. Cass. pen. Sez. VI, sent. n. 2388 del 2021).
L'articolo 6 interviene sull'art. 77 del TU stupefacenti, che configura come illecito amministrativo l'abbandono, in un luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero in un luogo privato di comune o altrui uso, di siringhe o di altri strumenti pericolosi utilizzati per l'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, tale da mettere a rischio l'incolumità altrui. Il provvedimento all'esame della Commissione raddoppia la sanzione amministrativa pecuniaria, attualmente del pagamento di una somma da 51 a 516 euro, quando i fatti siano commessi all'interno o in prossimità di scuole di ogni ordine o grado, comunità giovanili, caserme, carceri, ospedali, strutture per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti (luoghi di cui all'art. 80, comma 1, lett. g) del TU stupefacenti). L'Giornata nazionale sui danni derivanti dalle dipendenzearticolo 7 interviene sull'art. 104 del TU stupefacenti relativo alla promozione e al coordinamento, a livello nazionale, delle attività di educazione ed informazione. Inserendo il comma 2-bis, il provvedimento demanda al Ministero dell'Istruzione la promozione, all'inizio di ogni anno scolastico, nelle scuole di primo e secondo grado, di una giornata nazionale sui danni derivanti da alcolismo, tabagismo e uso delle sostanze stupefacenti e psicotrope. L'articolo 8 interviene sull'art. 114 del TU stupefacenti, relativo agli obiettivi di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti posti a carico dei comuni, per specificare che gli enti locali dovranno predisporre anche interventi di inserimento socio-lavorativo e occupazionale. |
Relazioni allegate o richiesteLe proposte di legge, di iniziativa parlamentare, sono corredate dalla relazione illustrativa. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteIl testo unificato approvato dalla Commissione giustizia appare riconducibile alla materia "ordinamento civile e penale", di esclusiva competenza legislativa statale in base all'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione. |
Rispetto degli altri princìpi costituzionaliSulla coltivazione di cannabis si ricorda come già la sentenza n. 360/1995 della Corte Costituzionale abbia dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 73 e 75 del TU stupefacenti nella parte in cui prevedono l'illiceità penale della coltivazione di piante da cui siano estraibili sostanze stupefacenti anche per uso personale degli agenti.
Nella
sentenza citata, la Corte ha evidenziato l'
insussistenza della denunciata
disparità di trattamento della condotta di
coltivazione, prevista e punita soltanto penalmente dall'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990,
rispetto a quello previsto per le condotte di
detenzione, acquisto e importazione di sostanze stupefacenti, sanzionate invece in via amministrativa quando finalizzate al consumo personale. Queste ultime, infatti, sono condotte collegate immediatamente e direttamente all'uso della sostanza stupefacente. Al contrario, nel caso della coltivazione tale nesso di immediatezza manca e, pertanto,
non è irragionevole che il legislatore sanzioni penalmente anche l'approvvigionamento di sostanze stupefacenti per uso personale. Spetta poi al giudice di merito la verifica dell'offensività in concreto, al limite ricorrendo
alla figura del reato impossibile ex art. 49 c.p.
qualora ne riscontri del tutto l'assenza.
Alle medesime conclusioni la Corte costituzionale è giunta anche in tempi più recenti, con la sentenza n. 109 del 2016 che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 75 del TU stupefacenti, con riguardo alla parte in cui non include tra le condotte punibili con sole sanzioni amministrative, ove finalizzate in via esclusiva all'uso personale della sostanza stupefacente, anche la coltivazione di piante di cannabis. La Corte costituzionale non ha infatti accolto l'avviso della Corte rimettente, secondo cui risulterebbe in tal modo violato il principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione), sotto il profilo della ingiustificata disparità di trattamento fra chi detiene per uso personale sostanza stupefacente ricavata da piante da lui stesso precedentemente coltivate – assoggettabile soltanto a sanzioni amministrative, in forza della disposizione denunciata – e chi è sorpreso mentre ha in corso l'attività di coltivazione, finalizzata sempre al consumo personale: condotta che assume, invece, rilevanza penale. Secondo la Corte, infatti, il detentore a fini di consumo personale dello stupefacente "raccolto" e il coltivatore "in atto" rispondono entrambi penalmente. Né, secondo la Corte costituzionale, la norma censurata violerebbe il principio di necessaria offensività del reato, desumibile dalla disposizione combinata degli artt. 13, secondo comma, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost. (secondo la Corte rimettente, in quanto non diretta ad alimentare il mercato della droga, la coltivazione di piante di cannabis per uso personale risulterebbe, infatti, inidonea a ledere i beni giuridici protetti dalla norma incriminatrice). L'esistenza di contrasti interpretativi nella giurisprudenza di legittimità in relazione alla nozione giuridica di coltivazione di piante da cui siano ricavabili sostanze stupefacenti, ha condotto alla rimessione della questione alle Sezioni unite della Cassazione. In particolare, non essendovi dubbi circa la legittimità della disposizione che sanziona penalmente la condotta di coltivazione sul piano dell'offensività in astratto, negli ultimi anni la giurisprudenza di legittimità si è però divisa sul concetto di offensività in concreto.
Secondo
un primo orientamento, sarebbe irrilevante la verifica dell'efficacia drogante delle sostanze ricavabili dalle colture al momento dell'accertamento della polizia giudiziaria;
rileverebbe invece
il giudizio predittivo sull'attitudine della pianta (conforme al tipo botanico vietato)
di giungere a maturazione
e produrre sostanze a effetto stupefacente, anche in relazione all'esito del suo fisiologico sviluppo e alle modalità di coltivazione.
Secondo
un opposto orientamento, non sarebbe sufficiente la verifica della conformità della pianta coltivata al tipo botanico proibito e della capacità della sostanza, ricavata o ricavabile, a produrre un effetto drogante, ma
sarebbe necessaria la sussistenza di un ulteriore elemento: il pericolo concreto di aumento della disponibilità di stupefacente e di diffusione dello stesso. Nel solco di tale orientamento
si è quindi giunti a escludere l'offensività in concreto per la modesta entità della coltivazione e del principio attivo ricavato (ad esempio nel caso di un'unica pianta in vaso, contenente una piccola quantità di principio attivo, Cass. n. 25674/2011). E, facendo perno sulla distinzione tra tipicità e offensività già sottolineata dalla sentenza n. 109/2016 della Corte costituzionale,
si è affermata l'assenza di tipicità della condotta nei casi di mancanza di un qualunque effetto stupefacente nella sostanza prodotta o coltivata (Cass. n. 36037/2017).
A composizione del contrasto di giurisprudenza, la già citata sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite penali, n. 12348 del 2020, ha affermato che dall'area dell'illecito penale del comma 1 dell'art. 73 TU stupefacenti devono ritenersi escluse – per difetto di tipicità, quale necessaria connotazione della fattispecie penale – le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore.
Ferma restando la distinzione tra la nozione di coltivazione e quella di detenzione, il Collegio ritiene che debba procedersi a
un'interpretazione restrittiva della fattispecie penale che escluda dall'area penalmente rilevante la coltivazione di minime dimensioni finalizzata esclusivamente al consumo personale. Le Sezioni unite non si limitano a stabilire che la
coltivazione domestica non rientra nel tipo di coltivazione previsto dall'art. 73 d.P.R. 309/1990, ma
indicano anche il criterio utile a distinguere la coltivazione domestica da quella invece penalmente rilevante. Secondo il Collegio, il
principale criterio a cui il giudice deve fare riferimento per valutare se la condotta di coltivazione integri il reato
ex art. 73 t.u. stup. è quello della
prevedibilità della potenziale produttività
di sostanza stupefacente;
criterio che deve però «essere ancorato a presupposti oggettivi
[…]
che devono essere tutti compresenti, quali: la minima dimensione della coltivazione, il suo svolgimento in forma domestica e non in forma industriale, la rudimentalità delle tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, la mancanza di indici di un inserimento dell'attività nell'ambito del mercato degli stupefacenti, l'oggettiva destinazione di quanto prodotto all'uso personale esclusivo del coltivatore.
A contrario
, la circostanza che la coltivazione sia intrapresa con l'intenzione soggettiva di soddisfare esigenze di consumo personale deve essere ritenuta da sola insufficiente ad escluderne la rispondenza al tipo penalmente sanzionato, perché […]
la stessa deve concretamente manifestare un nesso di immediatezza oggettiva con l'uso personale»
La Corte sottolinea inoltre come la
soluzione a cui perviene si ponga
in conformità con l'ordinamento sovranazionale, e in particolare con
la decisione quadro del Consiglio dell'Unione europea n. 2004/757/GAI che fissa le norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti. Tale decisione quadro, infatti, impone agli Stati membri di configurare come reato anche la coltivazione della
cannabis, ma esclude dal proprio campo applicativo le condotte (coltivazione compresa) finalizzate al consumo personale dello stupefacente. Decisione, quella della rilevanza penale della condotta di coltivazione finalizzata a uso personale, che il Consiglio dell'Unione europea rimette alla legislazione degli Stati membri senza esprimere alcun orientamento.
In particolare, le Sezioni unite sottolineano che
:«a) devono considerarsi lecite la coltivazione domestica, a fine di autoconsumo – alle condizioni sopra elencate – per mancanza di tipicità, nonché la coltivazione industriale che, all'esito del completo processo di sviluppo delle piante non produca sostanza stupefacente, per mancanza di offensività in concreto; b) la detenzione di sostanza stupefacente esclusivamente destinata al consumo personale, anche se ottenuta attraverso una coltivazione domestica penalmente lecita, rimane soggetta al regime sanzionatorio amministrativo dell'art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990; c) alla coltivazione penalmente illecita restano comunque applicabili l'art. 131-bis cod. pen., qualora sussistano i presupposti per ritenere la particolare tenuità, nonché, in via gradata, l'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, qualora sussistano i presupposti per ritenere la minore gravità del fatto»
Infine si segnala che la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la richiesta di referendum popolare in tema di coltivazione di stupefacenti (sentenza n. 51 del 2022).
Il quesito referendario era articolato in tre parti, riguardanti la depenalizzazione della coltivazione della cannabis, l'eliminazione della sanzione della reclusione da due a sei anni per tutti i reati concernenti le droghe leggere e l'esclusione della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida in caso di uso personale di stupefacenti, sia di tipo pesante sia di tipo leggero.
La Corte ha rilevato che l'eliminazione della parola "coltiva" dal primo comma dell'articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti – oggetto della prima parte del quesito referendario – farebbe venir meno la rilevanza penale anche della coltivazione delle piante da cui si estraggono le droghe pesanti (papavero sonnifero e foglie di coca), e ciò sebbene la richiesta referendaria, secondo le intenzioni dei promotori dichiarate in giudizio, mirasse a depenalizzare le sole condotte di coltivazione "domestica" e "rudimentale" delle piante di cannabis.
La Corte ha ritenuto che la lettura riduttiva prospettata dai promotori non è in alcun modo ricavabile dal testo normativo. Attraverso il richiamo testuale alla Tabella I, la "coltivazione" di cui si parla al comma 1 dell'articolo 73 non può che riferirsi alle droghe pesanti, e non già solo alla cannabis che, invece, è compresa nella Tabella II, richiamata dall'articolo 73, comma 4, del medesimo Testo unico.
La richiesta referendaria – secondo il suo contenuto oggettivo, unico rilevante – avrebbe condotto quindi alla depenalizzazione della coltivazione di tutte le piante da cui si estraggono sostanze stupefacenti, pesanti e leggere, con ciò ponendosi in contrasto con gli obblighi internazionali derivanti dalle Convenzioni di Vienna e di New York e con la Decisione Quadro 2004/757/GAI.
Inoltre, la Corte ha osservato che il risultato perseguito dalla richiesta referendaria neppure sarebbe stato raggiunto, in quanto sarebbero rimaste nell'ordinamento altre norme, non toccate dalla richiesta referendaria, che sanzionano la coltivazione della pianta di cannabis nonché di ogni altra pianta da cui possono estrarsi sostanze stupefacenti (articoli 26 e 28 del Testo unico sugli stupefacenti). Ciò rendeva, in questa parte, il quesito "fuorviante" per l'elettore.
Con riferimento alla seconda parte del quesito, la Corte ha evidenziato un profilo di manifesta contraddittorietà, perché l'abrogazione della pena detentiva per le condotte aventi ad oggetto le sole droghe leggere avrebbe determinato una stridente antinomia con il trattamento sanzionatorio di analoghi fatti, ma di «lieve entità». Per questi ultimi, infatti, sarebbe rimasta comunque in vigore la pena congiunta della reclusione e della multa; ciò avrebbe finito per porre l'elettore di fronte a una scelta illogica e contraddittoria».
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