Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Delega al Governo per la riforma fiscale
Riferimenti: AC N.3343/XVIII
Serie: Documentazione per l'attività consultiva della I Commissione   Numero: 174
Data: 15/06/2022
Organi della Camera: VI Finanze


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Delega al Governo per la riforma fiscale

15 giugno 2022
Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale


Indice

Contenuto|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|I principi di progressività e capacità contributiva nella giurisprudenza della Corte Costituzionale|


Contenuto

Il disegno di legge di delega per la revisione del sistema fiscale (A.C. 3343), consta di 10 articoli. Nel corso dell'esame in sede referente sono stati effettuati diversi interventi di modifica rispetto al testo originario. Oltre alla sintetica descrizione del contenuto, per ciascun articolo, sono inoltre descritte le modifiche intervenute nel corso dell'esame in sede referente. 


Il disegno di legge si è basato sui seguenti principi cardine:

  • lo stimolo alla crescita economica;
  • la razionalizzazione e semplificazione del sistema;
  • la progressività del sistema;
  • il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale.

 

L'articolo 1 delega il Governo ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi recanti la revisione del sistema fiscale, fissando anzitutto principi e criteri direttivi generali cui deve attenersi la stessa revisione (co.1).

Si tratta, oltre che dei principi di cui agli artt. 3 e 53 della Costituzione e del diritto dell'Unione Europea, dei seguenti principi e criteri direttivi, integrati ed emendati nel corso dell'esame in sede referente:

a) stimolare la crescita economica attraverso l'aumento dell'efficienza della struttura delle imposte e la riduzione del carico fiscale sui redditi derivanti dall'impiego dei fattori di produzione;

b) razionalizzare e semplificare il sistema tributario, anche con riferimento agli adempimenti -dichiarativi e di versamento, come precisato nel corso dell'esame in sede referente-  a carico dei contribuenti al fine di ridurre i costi di adempimento, di gestione e di amministrazione del sistema fiscale. Rispetto a tale principio, nel corso dell'esame in sede referente è stato precisato il dovere da parte dell'amministrazione finanziaria, di un rigoroso rispetto del divieto di richiedere  al contribuente documenti già in possesso delle amministrazioni pubbliche, ed estendendo la possibilità di ottemperare agli adempimenti tributari in via telematica. Oltre all'obiettivo di procedere  all'individuazione ed eliminazione di micro-tributi per i quali i costi di adempimento dei contribuenti risultino elevati a fronte di un gettito trascurabile per lo Stato e trovando le opportune compensazioni di gettito nell'ambito dei decreti legislativi adottati in attuazione della stessa legge (n. 2) sono stati fissati i seguenti obiettivi: assicurare il pieno utilizzo dei dati resi disponibili dalla fatturazione elettronica e dalla trasmissione telematica dei corrispettivi, nonché alla piena realizzazione dell'interoperabilità delle banche dati, ferma restando la salvaguardia dei dati personali ai sensi del regolamento (UE) 2016/ 679 del Parlamento europeo e del Consiglio (n. 1-bis) e pervenire ad un utilizzo efficiente, anche sotto il profilo tecnologico,  da parte dell'amministrazione finanziaria dei dati ottenuti attraverso lo scambio di informazioni (n. 1-ter);

c) preservare la progressività del sistema tributario e garantire il rispetto del principio di equità orizzontale (come precisato nel corso dell'esame in sede referente);

d) ridurre l'evasione e l'elusione fiscali, anche attraverso - come precisato nel corso dell'esame in sede referente) la piena utilizzazione dei dati che affluiscono al sistema informativo dell'anagrafe tributaria, il potenziamento dell'analisi del rischio, il ricorso alle tecnologie digitali e alle soluzioni di intelligenza artificiale, ferma restando la salvaguardia dei dati personali ai sensi del regolamento (UE) 2016/ 679 del Parlamento europeo e del Consiglio, nonché mediante il rafforzamento del regime di adempimento collaborativo di cui al decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128; 

d-bis) garantire il rispetto dell'autonomia tributaria degli enti territoriali  (principio aggiunto nel corso dell'esame in sede referente); 

d-ter) razionalizzare le sanzioni amministrative, garantendone la gradualità e proporzionalità rispetto alla gravità delle violazioni commesse, con particolare attenzione alle violazioni formali o meramente formali (principio aggiunto nel corso dell'esame in sede referente).

Sono poi disciplinate le modalità e i termini dell'esame parlamentare degli schemi di decreti legislativi, con la previsione del "doppio parere" e l'indicazione della documentazione che deve accompagnare i citati schemi per l'esame parlamentare, secondo quanto precisato nel corso dell'esame in sede referente (co. 2 e 3), nonché il meccanismo di eventuale slittamento del termine di delega (co. 4), stabilendo altresì le modalità di integrazione, coordinamento (formale e sostanziale) e abrogazione della normativa vigente da parte dei decreti legislativi di attuazione della legge (co. 5 e 6), fissando infine i termini per l'adozione degli eventuali decreti legislativi correttivi e integrativi (co.7).

Il comma 7 prevede in particolare che il Governo, entro 24 mesi dalla "data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi adottati" in attuazione della delega possa adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi. In proposito, si valuti l'opportunità di fare riferimento alla "data di in vigore di ciascuno dei decreti legislativi adottati" anziché alla "data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi" per evitare incertezze in sede applicativa.

L'articolo 2, che è stato profondamente modificato nel corso dell'esame in sede referente, reca i principi e i criteri direttivi concernenti la revisione del sistema di imposizione personale sui redditi.

Nel corso dell'esame in Commissione è stato in particolare disposto che nell'esercizio della delega

-         sia effettuata una progressiva revisione del trattamento fiscale dei redditi personali derivanti dall'impiego del capitale, aumentando il grado di neutralità fiscale e prevedendo ordinariamente l'applicazione di un prelievo proporzionale e regimi cedolari ai redditi da capitale, nonché distinguendo tra redditi da capitale mobiliare e immobiliare;

-         venga mantenuto il cd. regime forfetario, con la previsione di un regime agevolato di "uscita" dal medesimo, applicabile per due periodi di imposta.

Rispetto al testo originario del disegno di legge, viene eliminato il riferimento alla progressiva e tendenziale evoluzione del sistema verso un modello duale.

Resta fermo che la revisione dell'Irpef deve avvenire nel rispetto del principio di progressività e che detta riforma preveda la riduzione graduale delle aliquote medie effettive ma, come specificato in sede referente, ciò deve avvenire a partire da quelle relative ai redditi medio-bassi. Fermo restando inoltre il riordino delle deduzioni e delle detrazioni vigenti, nel corso dell'esame in Commissione è stato precisato che tale riordino deve avvenire con particolare riguardo alla tutela del bene casa, e in considerazione dei loro effetti sull'equità e sull'efficienza dell'imposta. È stato inoltre precisato che le risorse derivanti dall'eventuale eliminazione o rimodulazione di deduzioni e detrazioni sia destinato ai contribuenti Irpef, con particolare riferimento a quelli con redditi medio-bassi.

Si è specificato inoltre, sempre in sede referente, che l'opera di riordino delle predette agevolazioni deve prevedere la graduale trasformazione, senza oneri aggiuntivi, delle detrazioni al 19 per cento - con priorità a quelle di natura socio-sanitaria -  in relazione ad acquisti tracciabili di specifici beni e servizi, in rimborsi erogati direttamente tramite piattaforme telematiche diffuse, ferma restando la salvaguardia dei dati personali ai sensi delle norme UE.

Le modifiche apportate in sede referente hanno specificato che, in seno alla progressiva armonizzazione dei regimi di tassazione del risparmio e al progressivo superamento della distinzione tra redditi da capitale e redditi diversi di natura finanziaria, debba in ogni caso prevedersi che tale armonizzazione operi esclusivamente con riferimento ai redditi prodotti dopo l'entrata in vigore dei decreti delegati e tenendo conto dell'obiettivo di contenere gli spazi di elusione e di erosione dell'imposta.

Inoltre, in Commissione è stato specificato che venga attuata una semplificazione degli adempimenti dichiarativi e di versamento per i lavoratori autonomi e gli imprenditori individuali, nonché da tutti i contribuenti a cui si applicano gli Indicatori sintetici di affidabilità fiscale, pur mantenendo l'attuale sistema di calcolo, anche previsionale, del saldo e degli acconti, ma prevedendo una più equa distribuzione del carico fiscale nel corso del tempo, anche attraverso un meccanismo di progressiva "mensilizzazione degli acconti e dei saldi" e l'eventuale riduzione della ritenuta d'acconto.

L'articolo 3 reca i principi e i criteri direttivi specifici concernenti la revisione dell'IRES e della tassazione del reddito d'impresa, facendo in particolare riferimento alla semplificazione e razionalizzazione della tassazione del reddito d'impresa, finalizzate alla riduzione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, anche attraverso un rafforzamento del processo di avvicinamento tra valori civilistici e fiscali, con particolare attenzione alla disciplina degli ammortamenti e alla revisione dei costi parzialmente e totalmente indeducibili (lettera a), alla revisione della disciplina delle variazioni in aumento e in diminuzione apportate all'utile o alla perdita risultante dal conto economico per determinare il reddito imponibile, al fine di adeguarla ai mutamenti intervenuti nel sistema economico, anche allineando tendenzialmente tale disciplina a quella vigente nei principali Paesi europei (lettera b) e alla tendenziale neutralità tra i diversi sistemi di tassazione delle imprese, per limitare distorsioni di natura fiscale nella scelta delle forme organizzative e giuridiche dell'attività imprenditoriale (lettera c).

L'articolo 4 reca i principi e i criteri direttivi specifici concernenti la razionalizzazione dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) e delle imposte indirette sulla produzione e sui consumi (accise), facendo particolare riferimento alla razionalizzazione della struttura dell'IVA, allo scopo di semplificarne la gestione e applicazione, nonché di contrastare l'erosione e l'evasione fiscali ed aumentare l'efficienza del sistema impositivo (co. 1, lett. a), e all'adeguamento delle strutture e delle aliquote delle imposte indirette, in modo tale da tener conto  dell'impatto ambientale dei diversi prodotti soggetti ad accisa, nonché con l'obiettivo di riduzione progressiva delle emissioni di gas climalteranti e di promozione dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed ecocompatibili, oltre che, come precisato con una modifica introdotta sede referente, di promuovere uno sviluppo sostenibile (co. 1, lett. b).

L'articolo 5 delega il Governo, nell'ambito della revisione della tassazione personale sul reddito e dell'imposizione sul reddito d'impresa, a emanare uno o più decreti legislativi volti al graduale superamento dell'Imposta regionale sulle attività produttive – Irap, garantendo in ogni caso il finanziamento del fabbisogno sanitario.

Nel corso dell'esame in sede referente si è introdotta una priorità per le società di persone, gli studi associati e le società tra professionisti ed è stato specificato che occorre altresì garantire gettiti in misura equivalente per le regioni che presentano squilibri di bilancio sanitario ovvero per quelle che sono sottoposte a piani di rientro che comportano l'applicazione di aliquote dell'Irap maggior di quelle minime. E' stato altresì specificato che detti interventi normativi non devono generare aggravi di alcun tipo sui redditi da lavoro dipendente o da pensione.

L'articolo 6 reca la delega al Governo per l'adozione di norme finalizzate a modificare il sistema di rilevazione catastale degli immobili, prevedendo nuovi strumenti da porre a disposizione dei comuni e all'Agenzia delle entrate, atti a facilitare l'individuazione e il corretto classamento degli immobili. La norma indica altresì i principi e i criteri direttivi che dovranno essere utilizzati per l'integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati (da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026). Tali informazioni non dovranno essere utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi derivanti dalle risultanze catastali né, conseguentemente, a seguito di una modifica introdotta in sede referente, per la determinazione di agevolazioni e benefici sociali.

In particolare ai fini dell'integrazione dei dati, secondo le modifiche introdotte in sede referente, si dovrà prevedere che venga indicata per ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale risultante a normativa vigente, anche un'ulteriore rendita, suscettibile di periodico aggiornamento, determinata -secondo quanto previsto nel corso dell'esame in sede referente-  utilizzando i criteri già previsti in materia di tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane (mentre vengono espunti dal testo i precedenti riferimenti all'attribuzione del valore patrimoniale). Tale rendita, ove risultasse necessario, - sempre secondo quanto precisato nel corso dell'esame in sede referente- viene determinata anche tenendo conto dell'articolazione del territorio comunale, della rideterminazione delle destinazioni d'uso catastali, dell'adozione di unità di consistenza per gli immobili di tipo ordinario.

Per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico sono, inoltre, da introdurre adeguate riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario considerati i più gravosi oneri di manutenzione e conservazione. In sede referente è stato specificato inoltre che una quota dell'eventuale maggiore gettito derivante dalle attività di nuova rilevazione catastale in commento sia destinato alla riduzione dell'imposizione tributaria sugli immobili e sia prevalentemente attribuito ai comuni ove si trovano gli immobili interessati. Si è infine delegato il Governo a prevedere procedimenti amministrativi semplificati e modalità di collaborazione tra i Comuni e l'Agenzia delle entrate, affidando a quest'ultima anche i compiti di indirizzo e coordinamento.

L'articolo 7 contiene i principi e i criteri direttivi che devono guidare il Governo nella riforma della fiscalità locale, sia nella sua componente personale, sia nella componente immobiliare. Si delega anzitutto il Governo ad attuare una revisione delle addizionali comunali e regionali all'Irpef, sostituendo le vigenti addizionali con altrettante sovraimposte (dunque applicabili al debito d'imposta e non, come nell'attuale sistema, alla base imponibile del tributo erariale). Sono concessi alle regioni margini di manovrabilità, che, a seguito degli interventi formulati in sede referente, sono definiti in modo da garantire alle Regioni nel loro complesso lo stesso incremento di gettito ora garantito dall'applicazione del livello massimo dell'addizionale IRPEF con l'obiettivo di garantire un gettito corrispondente all'attuale, con specifiche regole per le regioni sottoposte a piani di rientro per disavanzi sanitari. Con riferimento alla sovraimposta comunale, a seguito delle modifiche introdotte in sede referente, si dispone che la manovrabilità dell'aliquota di base possa assicurare lo stesso incremento di gettito attualmente garantito dall'applicazione del livello massimo dell'addizionale IRPEF.  In sede referente è stato inoltre introdotto il principio secondo il quale una quota parte delle imposte provenienti dai regimi forfettari e dal nuovo regime di transizione dal regime forfettario al regime ordinario sia destinata ai comuni e alle regioni sulla base della residenza dei contribuenti, garantendo la neutralità finanziaria tra i vari livelli di governo interessati. Con riferimento alla fiscalità immobiliare si prevede che venga rivisto l'attuale riparto tra Stato e comuni del gettito dei tributi sugli immobili destinati a uso produttivo appartenenti al gruppo catastale D ed eventualmente degli altri tributi incidenti sulle transazioni immobiliari.

L'articolo 8 reca la delega al Governo per l'adozione di norme finalizzate a introdurre alcune modifiche al sistema nazionale della riscossione. La norma prevede, tra l'altro, la definizione di nuovi obiettivi legati ai risultati, una revisione dell'attuale disciplina del sistema di remunerazione dell'Agente della riscossione, l'incremento dell'uso di tecnologie innovative e dell'interoperabilità dei sistemi informativi, il trasferimento delle funzioni e delle attività attualmente svolte dall'Agente nazionale della riscossione all'Agenzia delle entrate.

L'articolo 9 reca la delega al Governo per l'adozione di norme finalizzate alla codificazione delle disposizioni legislative vigenti in materia tributaria. Il comma 1 stabilisce che i decreti legislativi per la codificazione dovranno essere adottati entro dodici mesi dalla scadenza del termine per l'adozione dei decreti legislativi correttivi e integrativi dei decreti legislativi recanti la revisione del sistema fiscale, al fine di garantire la certezza dei rapporti giuridici e la chiarezza del diritto nel sistema tributario. Il comma 2 stabilisce specifici princìpi e criteri direttivi ai quali dovrà attenersi il Governo nell'ambito della codificazione: omogeneità dei codici di settore, coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa, unicità, contestualità, completezza, chiarezza, semplicità dei codici di settore, aggiornamento linguistico e abrogazione espressa delle norme oggetto di revisione. Gli schemi di decreto, adottati nel rispetto del comma 3 dell'articolo in esame, sono trasmessi alle Camere per l'espressione dei pareri secondo quanto disposto dai commi 4 e 5. Il comma 6 disciplina lo scorrimento dei termini di delega mentre il comma 7 definisce termini e procedure per eventuali decreti correttivi e integrativi.

Nel corso dell'esame in sede referente si è precisato che nella formulazione dei testi si dovranno evitare rinvii superflui assicurando che ciascuna norma sia semanticamente chiara e concettualmente autosufficiente, secondo quanto previsto dall'articolo 2 dello Statuto del contribuente, di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212 e si è introdotto il principio che impone di prevedere un monitoraggio periodico della legislazione tributaria codificata.

L'articolo 10 reca le disposizioni riguardanti gli oneri derivanti dalle norme di delega e le relative coperture finanziarie. Nel corso dell'esame in sede referente è stato precisato che non deve comunque derivare dalle nuove disposizioni un incremento della pressione tributaria rispetto a quella derivante dall'applicazione della legislazione vigente.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

L'articolo 1, comma 1 del disegno di legge stabilisce che i decreti si conformino tra l'altro ai princìpi costituzionali, in particolare di quelli di cui agli articoli 3 (principio di uguaglianza formale e sostanziale) e 53 (principio della tassazione in ragione della capacità contributiva e principio di progressività del sistema tributario) della Costituzione.

La materia rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e) Cost. (sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie).


I principi di progressività e capacità contributiva nella giurisprudenza della Corte Costituzionale

L'articolo 53 della Costituzione individua i due principi fondamentali che ispirano il nostro sistema di imposizione fiscale.

La disposizione prevede, al primo comma, che "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva" e, al secondo comma, che "Il sistema tributario è informato a criteri di progressività".

Tali principi, nel corso degli anni, hanno formato oggetto di ampia elaborazione da parte della Corte costituzionale che ne ha delineato la caratterizzazione.

La Corte ha anche indicato le caratteristiche delle prestazioni tributarie. Da ultimo la sentenza 263 del 2020 ha precisato che: «La prestazione tributaria annovera – tra i suoi requisiti indefettibili – una disciplina legale finalizzata in via prevalente a provocare una decurtazione patrimoniale del soggetto passivo, svincolata da ogni modificazione del rapporto sinallagmatico» (sentenza n. 178 del 2015) e che «Le risorse derivanti dal prelievo, connesse a un presupposto economicamente rilevante, rivelatore della capacità contributiva, devono essere poi destinate a sovvenire pubbliche spese» (sentenze nn. 240 del 2019 e n. 89 del 2018).

Di seguito si propone una ricostruzione delle linee di principio indicate dalla Corte con riferimento ai citati principi.

Il principio di contribuzione secondo la capacità contributiva

a) il concetto di capacità contributiva

Il principio di contribuzione secondo la propria capacità contributiva, sin dai primi anni di analisi giurisprudenziale, è stato dalla Corte considerato (già con la sentenza n. 155/1963) come "un armonico e specifico sviluppo del principio di eguaglianza contenuto nell'articolo 3", ragion per cui, in relazione alle imposte dirette, la Corte ha affermato l'esigenza «di imposizione eguale per redditi eguali e di imposizione diversa per redditi diversi».

Dato questo inquadramento, la Corte ha peraltro autonomamente posto limiti al sindacato di legittimità costituzionale rilevando che al giudice delle leggi non spetta valutare e determinare l'entità e la proporzionalità dell'onere tributario imposto, trattandosi di compito riservato al legislatore, bensì soltanto controllare che le norme in questione non siano assolutamente arbitrarie o irrazionali.

 

La recente sentenza 262 del 2020 ha comunque previsto che "L'ampia discrezionalità del legislatore tributario nella scelta degli indici rivelatori di capacità contributiva (ex plurimis, sentenza n. 269 del 2017) non si traduce in un potere discrezionale altrettanto esteso nell'individuazione dei singoli elementi che concorrono alla formazione della base imponibile, una volta identificato il presupposto d'imposta: quest'ultimo diviene, infatti, il limite e la misura delle successive scelte del legislatore".

In altri termini il legislatore, una volta scelto un presupposto d'imposta deve attenersi ai principi applicabili al regime prescelto.

 

La sentenza n. 262 del 2020 si riferisce all'indeducibilità dell'IMU sugli immobili strumentali dall'imponibile delle imposte sui redditi d'impresa dall'IRES, dichiarando irragionevole tale regime e precisando, tra l'altro, che: "una volta che il legislatore nella sua discrezionalità abbia identificato il presupposto nel possesso del «reddito complessivo netto», scegliendo di privilegiare tra diverse opzioni quella della determinazione analitica del reddito, non può, senza rompere un vincolo di coerenza, rendere indeducibile un costo fiscale chiaramente e interamente inerente".

 

È del resto principio consolidato nella giurisprudenza della Corte costituzionale che il controllo «in ordine alla lesione dei principi di cui all'art. 53 Cost., come specificazione del fondamentale principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost.», si riconduce a un «giudizio sull'uso ragionevole, o meno, che il legislatore stesso abbia fatto dei suoi poteri discrezionali in materia tributaria, al fine di verificare la coerenza interna della struttura dell'imposta con il suo presupposto economico» (sentenza n. 116 del 2013 ma anche, ex plurimis, sentenze n. 10 del 2015, n. 223 del 2012, n. 111 del 1997, nonché, in senso analogo, già sentenza n. 42 del 1980).

Con la sentenza n. 162 del 2008 la Corte ha fissato il principio secondo il quale «la capacità contributiva, desumibile dal presupposto economico al quale l'imposta è collegata, può essere ricavata, in linea di principio, da qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, salvo il controllo di costituzionalità sotto il profilo della palese arbitrarietà e manifesta irragionevolezza». Analoga affermazione si ha nella sentenza n. 156 del 2001, secondo la quale il legislatore gode di un'ampia discrezionalità nell'individuare «i singoli fatti espressivi della capacità contributiva che, quale idoneità del soggetto all'obbligazione di imposta, può essere desunta da qualsiasi indice rivelatore di ricchezza e non solamente dal reddito individuale».

Anche la sentenza n. 240 del 2017 stabilisce che «al legislatore spetta un'ampia discrezionalità in relazione alle varie finalità alle quali s'ispira l'attività di imposizione fiscale» con il solo il limite della non arbitrarietà e della non manifesta irragionevolezza e sproporzione della scelta effettuata.

Tali principi sono ribaditi dalla citata sentenza n. 269 del 2017.

Nell'ordinanza n. 341 del 2000 viene scolpito un altro rilevante principio (più volte ripetuto nelle pronunce della Corte, ad esempio, ex plurimis, nella sentenza n. 116 del 2013) al fine di valutare la ragionevolezza delle scelte di imposizione fiscale: la pronuncia infatti chiarisce che se è vero che «la Costituzione non impone affatto una tassazione fiscale uniforme, con criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le tipologie di imposizione tributaria; ma esige invece un indefettibile raccordo con la capacità contributiva, in un quadro di sistema informato a criteri di progressività, come svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, del principio di eguaglianza, collegato al compito di rimozione degli ostacoli economico-sociali esistenti di fatto alla libertà ed eguaglianza dei cittadini-persone umane, in spirito di solidarietà politica, economica e sociale (artt. 2 e 3 della Costituzione)» (…) tuttavia, "ogni diversificazione del regime tributario, per aree economiche o per tipologia di contribuenti, deve essere supportata da adeguate giustificazioni, in assenza delle quali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione" (sentenza n.111 del 1997).

Una concreta applicazione di questo principio si riscontra nella sentenza n. 116 del 2013 (che dichiarava incostituzionale il taglio delle pensioni sopra una certa soglia, con destinazione delle risorse così ottenute al bilancio dello Stato) che ha evidenziato come nella valutazione della capacità contributiva una discriminazione per tipologie di reddito, non adeguatamente motivata, appare irragionevole.

 

Tuttavia la sentenza n. 234 del 2020 ha invece riconosciuto come ragionevole l'intervento di sospensione per un periodo determinato della rivalutazione delle pensioni di importo elevato anche in considerazione del fatto che le risorse così reperite restavano nel circuito previdenziale.

 

Nella sentenza n. 288 del 2019 la Corte costituzionale ricorda come l'inderogabilità del dovere tributario si giustifica solo nella misura in cui il sistema tributario rimanga saldamente ancorato al complesso dei principi e dei relativi bilanciamenti che la Costituzione prevede e consente, tra cui il rispetto del principio di capacità contributiva.

Sicché quando il legislatore disattende tali condizioni, "si allontana dalle altissime ragioni di civiltà giuridica che fondano il dovere tributario: in queste ipotesi si determina un'alterazione del rapporto tributario, con gravi conseguenze in termini di disorientamento non solo dello stesso sviluppo dell'ordinamento, ma anche del relativo contesto sociale".

b) gli indicatori di capacità contributiva nel mercato immobiliare e il valore delle rendite catastali

Con riferimento alla base imponibile della tassazione immobiliare, la Corte costituzionale si è trovata ben presto a verificare le modalità e la misura secondo la quale la rendita catastale potesse costituire un indicatore ragionevole di capacità contributiva.

I principi fondamentali sono stati riassunti già nella sentenza n. 16 del 1965.

In tale pronuncia (nella quale veniva in considerazione una situazione nella quale la rendita catastale poteva essere sensibilmente superiore al reddito ritraibile dal contribuente) la Corte ha qualificato come non irragionevole l'utilizzo della rendita catastale come base imponibile in quanto "Quando oggetto dell'imposta sia una cosa produttiva, la base per la tassazione è data (e la capacità del contribuente è rivelata) dall'attitudine del bene a produrre un reddito economico e non dal reddito che ne ricava il possessore, dalla produttività e non dal prodotto reale: ed è giusto che ciò avvenga perché l'imposta costituisce anche incentivo ad una congrua utilizzazione del bene e favorisce tra l'altro un migliore adempimento dei doveri di solidarietà economica e un più ampio contributo al progresso materiale del Paese (artt. 3 e 4 della Costituzione)".

La Corte giustifica la tassazione della potenzialità di reddito anziché del reddito effettivo in quanto "La legge, che disciplina le imposte immobiliari non indulge né può indulgere all'inerzia, all'incapacità di gestione, alla liberalità del contribuente, che ad esempio non tragga adeguato compenso dall'impiego del suo immobile. Perciò colpisce il possessore (almeno se lo stabile è di quelli che hanno una "destinazione ordinaria", ad es. è una casa d'abitazione) non sopra il canone effettivamente conseguito, ma su quello che, a parità di condizioni, avrebbe potuto conseguire l'uomo medio (v. anche art. 74 del T.U. sulle imposte dirette)".

In altri termini la rendita catastale è idoneo e non irragionevole presupposto nella misura in cui descriva la rendita effettivamente ritraibile dal bene.

Una volta che il principio è stato stabilito in via legale (ossia, come risulta dal sistema catastale vigente, ciò che rileva è il reddito ritraibile dal bene) non è possibile modificare tale presupposto se non per legge.

 

Ciò si desume dalle sentenze del TAR del Lazio che annullarono gli aggiornamenti del catasto urbano effettuati con il decreto ministeriale 20 gennaio 1990, che, nel dettare i criteri per la revisione del catasto, fece riferimento, per la determinazione delle tariffe di estimo, nonché per le rendite catastali delle unità immobiliari a destinazione speciale o particolare, al "valore unitario di mercato ordinariamente ritraibile", determinato "come media dei valori riscontrati nel biennio 1988- 1989" e il successivo decreto ministeriale 27 settembre 1991 che stabilì le tariffe di estimo per l'intero territorio nazionale, in quanto avevano trasformato in contrasto con il d.P.R. 1° dicembre 1949, n. 1142, da eccezionale a generale il criterio della determinazione delle tariffe di estimo sulla base dell'interesse del capitale fondiario, anziché sulla base del reddito virtualmente ritraibile, trasformazione che non era consentito effettuare in via amministrativa.

 

Peraltro la Corte nella sentenza n. 263 del 1994 ha sostanzialmente riconosciuto come la capacità di trarre reddito può essere dedotta dal legislatore anche da presupposti diversi dal reddito percepibile dall'utilizzo economico dell'immobile stesso (come nel disegno originario della disciplina catastale vigente). Infatti la Corte individua nelle finalità del catasto "quella di fissare in valori obiettivi, rappresentati dalla c.d. rendita catastale, l'attitudine del bene a produrre reddito" e precisando che gli stessi "hanno la limitata funzione di fornire una base di riferimento generale per l'applicazione delle singole imposte, secondo la disciplina apprestata per ciascuna di esse dal legislatore, sicché sarà piuttosto nell'ambito della regolamentazione delle singole imposte che si potrà verificare il rispetto del predetto canone costituzionale". In tale ambito la Corte riconosce tuttavia come non necessariamente irragionevole –purché stabilito per legge- un criterio che "anziché fondarsi sul tradizionale parametro del valore locatizio, si basi sul valore di mercato del bene in sé, nell'implicito presupposto, tratto dall'esperienza, di una connessione fra valore del bene e idoneità dello stesso a produrre un reddito".

La Corte precisa tuttavia che tale irragionevolezza potrebbe riemergere in determinate circostanze, individuando due importanti limiti di cui tenere conto: da un lato precisa che "i criteri di determinazione delle tariffe di estimo e delle rendite catastali, ove non ispirati a principi di ragionevolezza, potrebbero, benché le tariffe e le rendite non siano di per sé atti di imposizione tributaria, porre le premesse per l'incostituzionalità delle singole imposte che su di essi si fondino" e dall'altro rileva il rischio che "nel momento in cui, per determinare tariffe di estimo e rendite catastali, si abbandona il tradizionale ancoraggio al reddito ritraibile e si privilegia il valore di mercato del bene, si opera una scelta procedimentale alla quale non è logicamente estraneo il rischio di determinazione di rendite catastali tali da superare per la loro misura il reddito effettivo, sicché imposte ordinarie, che a tali rendite si rifacessero, porterebbero ad una sostanziale progressiva erosione del bene".

Recentemente con riferimento alla base imponibile immobiliare la Corte ha ritenuto ragionevole la scelta del legislatore di consentire, a determinate condizioni, la revisione del classamento per microzone posto che la stessa "si basa sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell'unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene, sicché può ritenersi non irragionevole che l'accertamento di una modifica del valore degli immobili presenti in una determinata microzona comporti una ricaduta sulla rendita catastale, il cui conseguente adeguamento, proprio in quanto espressione di una accresciuta capacità contributiva, è volto in sostanza a eliminare una sperequazione esistente a livello impositivo". La Corte tuttavia richiede un'adeguata motivazione a fondamento dell'intervento di adeguamento in ragione della natura "diffusa" dell'intervento medesimo (sentenza 249 del 2017).

Il principio di progressività

Con riferimento al principio di progressività la Corte costituzionale ha già da tempo affermato che lo stesso si riferisce "al sistema tributario nel suo complesso e non ai singoli tributi, dal momento che il principio stesso, se inteso come crescita dell'aliquota correlata con l'ammontare del reddito, non può che aver riguardo al rapporto diretto fra imposizione e reddito personale complessivo del contribuente" (sentenza n. 159 del 1985, in sentenza n.263 del 1994, ma già affermato ex multis nella sentenza 12 del 1960).

Già con la sentenza n. 128 del 1966 la Corte aveva chiarito che "il principio di progressività, se inteso nel senso che l'aliquota aumenta con il crescere del reddito, presuppone un rapporto diretto fra imposizione e reddito individuale del contribuente, e viene in forza dell'invocata statuizione a governare le imposte personali. La medesima pronuncia segnala peraltro come "nella molteplicità e varietà di imposte, attraverso le quali viene ripartito fra i cittadini il carico tributario - non tutti i tributi si prestano, dal punto di vista tecnico, all'adattamento al principio della progressività".

Inoltre la sentenza n. 30 del 1964 chiarisce come la progressività è un criterio di imposizione che "ha avuto riguardo soltanto a prestazioni di servizi il cui costo non si può determinare divisibilmente".

In diverse occasioni la Corte ha avuto modo di misurarsi con il tema della progressività in riferimento al sistema della rendita catastale come base per la determinazione del reddito imponibile, "la cui finalità è quella di fissare in valori obiettivi […] l'attitudine del bene a produrre reddito" (sentenza n. 263 del 1994), ovverosia la potenzialità economica dello stesso.

Negli anni successivi alla riforma del Titolo V della Costituzione, la Corte ha esaminato alcune questioni concernenti i risvolti applicativi del principio di progressività ex art. 53 Cost. con specifico riferimento alla fiscalità delle Regioni. In particolare, pronunciandosi sulle addizionali regionali all'IRPEF, la Consulta ha rilevato che, se pure il complessivo carattere progressivo dell'IRPEF "non è certo mess(o) in discussione dalle modeste (rispetto alle aliquote statali) addizionali regionali" (sentenza n. 8 del 2014), permettendo così alla fonte sub-statale di prevedere un'unica aliquota per larghe fasce di reddito, deve in ogni caso "negarsi che la Costituzione stabilisca una riserva esclusiva di competenza legislativa dello Stato in tema di progressività dei tributi. Al contrario, ai sensi dell'art. 53, secondo comma, Cost., la progressività è principio che deve informare l'intero sistema tributario ed è, quindi, legittimo che anche le Regioni, nell'esercizio del loro autonomo potere di imposizione, improntino il prelievo a criteri di progressività in funzione delle politiche economiche e fiscali da esse perseguite. Nella specie, la scelta del legislatore regionale di articolare l'addizionale all'IRPEF secondo scaglioni crescenti di reddito non solo rispetta i limiti di imposizione posti dalla legge statale, ma sviluppa coerentemente, a livello regionale, la struttura tipicamente "progressiva" di detta imposta erariale" (sentenza n. 2 del 2006).