Schema di decreto ministeriale recante la definizione di nuove classi di corsi di laurea ad orientamento professionale 7 luglio 2020 |
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Sintesi dell'atto|Presupposti normativi|Contenuto|Formulazione del testo| |
Sintesi dell'attoLo schema di decreto ministeriale in titolo istituisce tre nuove classi di laurea ad orientamento professionale:
Per ciascuna delle summenzionate classi di laurea sono individuati gli obiettivi formativi qualificanti. Tra gli obiettivi formativi di ciascuna delle nuove classi di laurea ad orientamento professionale si precisa che il proseguimento degli studi nelle lauree magistrali non è uno sbocco naturale per i corsi relativi alle classi medesime (art. 4, co. 2, dello schema di decreto in esame, su cui si veda infra).
Sullo schema di decreto sono stati acquisiti i pareri dei seguenti organismi:
Ai sensi dell'art. 17, co. 95, della L. 127/1997, sui decreti ministeriali recanti i criteri generali per la definizione, da parte degli atenei, dell'ordinamento degli studi dei corsi universitari, è acquisito fra l'altro il parere delle Commissioni parlamentari competenti. |
Presupposti normativiL'atto in esame si colloca nella disciplina dell'istruzione terziaria universitaria. L'art. 11 della L. 341/1990 ha attribuito autonomia didattica agli atenei, demandando loro la definizione degli ordinamenti degli studi dei corsi universitari, nel quadro però di criteri generali definiti dal Ministero competente, in base all'art. 17, co. 95, della L. 127/1997. Il regolamento sull'autonomia didattica degli atenei è stato disciplinato dapprima con D.M. 509/1999 e poi con D.M. 270/2004. Per quanto qui di interesse, le università rilasciano titoli di laurea (L), di durata triennale, per conseguire i quali occorre acquisire 180 crediti formativi universitari (CFU), e di laurea magistrale (L.M.), di durata biennale, per conseguire i quali occorre acquisire 120 CFU. I corsi di studio dello stesso livello sono raggruppati in classi di appartenenza (art. 4 del D.M. 270/2004). Le classi di laurea sono attualmente disciplinate dal D.M. 16 marzo 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.155 del 6 luglio 2007, mentre le classi di laurea magistrale sono disciplinate dal D.M. 16 marzo 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.157 del 9 luglio 2007. Rispetto ad entrambi i DD.MM. sono state emanate linee guida per l'istituzione e l'attivazione da parte delle università dei corsi di studio con D.M. 26 luglio 2007. Lo schema di decreto in esame interviene dunque sulle classi di laurea (L).
L'istituzione delle classi di laurea
L'art. 4 del D.M. 270/2004 stabilisce che le classi dei corsi di studio sono individuate, modificate o istituite con decreto ministeriale, anche su proposta delle università, sentito il CUN. In base all'art. 10 del D.M. 270/2004, i decreti ministeriali individuano preliminarmente, per ogni classe di corsi di laurea, gli obiettivi formativi qualificanti e le attività formative indispensabili per conseguirli, raggruppandole nelle seguenti tipologie:
In aggiunta a ciò, sono previste anche:
Con specifico riferimento al profilo professionalizzante oggetto dell'atto in esame, si segnala che l'art. 3, co. 4 e 5, del D.M. 270/2004, precisa che il corso di laurea assicura allo studente la padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, anche nel caso in cui sia orientato all'acquisizione di conoscenze professionali, preordinate all'inserimento del laureato nel mondo del lavoro e all'esercizio delle correlate attività professionali regolamentate. Inoltre, l'art. 5, co. 7, del D.M. 270/2004 stabilisce che le università possono riconoscere come CFU le conoscenze e abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post secondario alla cui progettazione e realizzazione l'università abbia concorso. L'art. 10, co. 2, del D.M. 270/2004, nello stabilire il numero minimo di CFU riservati alle attività formative e agli ambiti disciplinari, fa salvi "i corsi preordinati all'accesso delle attività professionali". In tale direzione, l'art. 8 del D.M. 12 dicembre 2016, prot. n. 987, come modificato dai DD.MM. 8 febbraio 2017, n. 60 e 29 novembe 2017, n. 935 e poi sostituito dal D.M. 7 gennaio 2019, prot. n. 6, ha previsto per le università, negli anni accademici 2018/2019 e 2019/2020, la possibilità - nell'ambito della flessibilità dell'offerta formativa - di attivare corsi di laurea sperimentale ad orientamento professionale riconducibili ad esigenze del mercato del lavoro, all'interno di classi di laurea esistenti. Si è dunque consentita la sperimentazione di un corso di laurea ad orientamento professionale in ciascun ateneo subordinandolo ai seguenti criteri:
Da informazioni avute per le vie brevi dal Ministero dell'università e della ricerca, risultano attualmente attivi 31 cori di laurea sperimentale ad indirizzo professionale, 25 dei quali rientranti nelle classi di laurea di cui all'art. 9 del presente provvedimento e dunque rientranti negli ambiti professionali qui descritti.
Successivamente, l'allora Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con D.M. 23 febbraio 2017, n. 115 ha istituito la Cabina di regia nazionale per l'armonizzazione e il coordinamento dell'offerta formativa del sistema di istruzione tecnica superiore e delle lauree professionalizzanti, con l'obiettivo di creare un sistema professionalizzante con due ambiti distinti, uno universitario e l'altro basato sull'istruzione tecnica superiore.
Nel
documento sulla formazione terziaria professionalizzante, elaborato dal MIUR per la Cabina di regia, si prefigurava "un
nuovo sistema di lauree triennali professionalizzanti, e auspicabilmente abilitanti, con percorsi di studio ordinamentali definiti a livello nazionale in relazione a professioni comunque regolamentate, a partire da quelle ordinistiche, che permett[esse] agli studenti di acquisire rapidamente una qualificazione professionale e l'abilitazione all'esercizio professionale".
Il CUN, nel rendere
osservazioni l'11 aprile 2017 dinanzi alla Cabina di regia, si è pronunciato anche sulla collocazione nel panorama universitario dei corsi sperimentali a orientamento professionale, sottolineando che "quando gli obiettivi formativi dei corsi sperimentali a orientamento professionale sono significativamente diversi dagli obiettivi formativi qualificanti delle classi esistenti, si ritiene importante
creare classi di laurea specifiche, sul modello efficacemente testato delle professioni sanitarie".
L'allegato 3 (Linee guida sulla programmazione delle università relativa all'istituzione dei corsi di studio) al
D.M. n. 989 del 25 ottobre 2019 (con cui sono state fornite le
Linee generali d'indirizzo della programmazione
delle università 2019-2021 e gli indicatori per la valutazione periodica dei risultati) ha confermato che ciascun ateneo può utilizzare, per il triennio 2019-2021, negli ambiti relativi alle attività di base o caratterizzanti, ulteriori settori scientifico-disciplinari rispetto a quelli previsti dalle tabelle allegate ai DD.MM.16 marzo 2007, nel rispetto degli obiettivi formativi della relativa classe, entro il limite del 20% dell'offerta formativa.
Lo schema di decreto in esame, istituendo a regime nuove classi di laurea ad orientamento professionale in alcuni settori quale esito del percorso sopradescritto, parrebbe porre fine alle sperimentazioni in atto, consentendo dunque una formazione universitaria di tipo tecnico, di durata triennale.
La CRUI, nel parere reso sull'atto in titolo, osserva che le tre nuove classi di laurea non coprono l'intero spettro dei corsi di laurea sperimentali ad orientamento professionale attivati dagli atenei negli anni accademici 2018/2019 e 2019/2020.
La formazione terziaria professionalizzante non universitaria
Si ricorda che l'art. 13, co. 2, del D.L. 7/2007 (l. 40/2007) ha istituito, quale segmento di formazione terziaria non universitaria, gli Istituti tecnici superiori (ITS) che offrono percorsi successivi al diploma di istruzione secondaria superiore o al diploma quadriennale di istruzione e formazione professionale abbinato ad un corso annuale di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS). Attualmente sono presenti 104 ITS, i cui corsi si articolano di norma in 4 semestri (1.800/2.000 ore) e possono arrivare fino a 6 semestri, per una durata solitamente biennale e qualche volta triennale. Le aree tecnologiche interessate sono sei:
Al termine del corso si consegue il diploma di tecnico superiore con la certificazione delle competenze corrispondenti al V livello del Quadro europeo delle qualifiche – EQF (su cui si veda infra). Per favorire la circolazione in ambito nazionale ed europeo, il titolo è corredato dall'EUROPASS diploma supplement. Qui la pagina dedicata del sistema degli ITS.
Con
D.P.C.M. 25 gennaio 2008 sono state emanate le Linee guida per la riorganizzazione del Sistema di istruzione e formazione tecnica superiore e la costituzione degli ITS, poi seguite dal
D.M. 7 febbraio 2013
, recante Linee guida contenente misure di semplificazione e di promozione dell'istruzione tecnico-professionale e degli ITS.
I titoli per l'accesso alle professioni regolamentate
Le nuove classi di laurea istituite dallo schema di decreto in esame disciplinano la formazione di professioni - agrotecnico, geometra, perito agrario e perito industriale - cosiddette "regolamentate". Ai sensi dell'articolo 1 del D.P.R. 137/2012 per «professione regolamentata» si intende l'attività, o l'insieme delle attività, riservate per espressa disposizione di legge o non riservate, il cui esercizio è consentito solo a seguito d'iscrizione in ordini o collegi subordinatamente al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità.
La materia ha anche una cornice normativa europea, in quanto la Direttiva
2005/36/CE ha definito le norme in materia di
reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali tra Paesi dell'Unione europea (UE), Paesi dello Spazio economico europeo (SEE) non appartenenti all'UE e la Svizzera, delineando un "quadro comune di formazione" per le
professioni regolamentate. Ai sensi della direttiva, una professione è regolamentata se il suo esercizio è subordinato al possesso di un diploma specifico, al superamento di esami particolari o all'iscrizione a un ordine professionale. La direttiva 2005/36/CE, recepita dall'ordinamento italiano con il
d.lgs. 206/2007, è stata modificata dalla direttiva
2013/55/UE (applicabile nei Paesi dell'UE dal 18 gennaio 2016), che prevede la creazione di una
tessera professionale europea. In base alla normativa europea, gli Stati membri presentano alla Commissione europea i Piani nazionali di riforma delle professioni, contenenti la valutazione di tutte le regolamentazioni nazionali. L'Italia ha presentato il
Piano nazionale di riforma delle professioni il 6 febbraio 2016.
Si ricorda inoltre che, al fine di facilitare la comprensione e la comparabilità delle qualifiche professionali, l'UE ha sviluppato il
Quadro europeo delle qualifiche professionali (EQF). Istituito nel
2008 e successivamente modificato con raccomandazione del Consiglio del
22 maggio 2017, esso funge da strumento di "traduzione" tra i diversi quadri nazionali delle qualifiche. L'EQF, che si riferisce sia all'istruzione superiore (università e istituzioni simili) sia alla formazione professionale, intende contribuire ad aumentare la mobilità di lavoratori e studenti, consentendo il riconoscimento delle loro qualifiche al di fuori del paese di provenienza.
La disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché la disciplina dei relativi ordinamenti è contenuta nel D.P.R. 328/2001[1], il cui art. 55 stabilisce che agli esami di Stato per le professioni di agrotecnico, geometra, perito agrario e perito industriale, oltre che con i titoli e tirocini previsti dalla normativa vigente, si accede con la laurea comprensiva di un tirocinio di sei mesi. Il medesimo art. 55 individua anche le classi di laurea che danno titolo all'accesso alle predette professioni. Inoltre, l'art. 7 del D.P.R. 328/2001 dispone che i decreti ministeriali che introducono modifiche delle classi di laurea e di laurea specialistica definiscono anche la relativa corrispondenza con i titoli previsti dal medesimo DPR, quali requisiti di ammissione agli esami di Stato. A fronte dell'istituzione delle nuove classi di laurea a orientamento professionale non parebbe sufficiente l'individuazione di corrispondenze con i titoli già previsti, ma occorrerebbe definire la valenza dei nuovi titoli ai fini dell'esercizio della professione. La relazione illustrativa prefigura un successivo intervento normativo di modifica dell'art. 55 del citato D.P.R. 328/2001 nonchè la possibilità di un intervento legislativo teso a rendere i titoli in questione direttamente abilitanti, come richiesto anche dalla CRUI.
[1] Le professioni regolamentate dal
D.P.R. n. 328 del 2001 sono: dottore agronomo e dottore forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario, perito industriale, psicologo
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ContenutoLo schema di decreto ministeriale definisce tre nuove classi di laurea ad orientamento professionale in professioni tecniche per l'edilizia e il territorio (LP-01), professioni tecniche agrarie, alimentari e forestali (LP-02), professioni tecniche industriali e dell'informazione LP-03. La relazione illustrativa rende noto che il provvedimento è stato predisposto a seguito di una apposita richiesta della CRUI e sulla base di una proposta resa dal CUN nell'adunanza del 5 dicembre 2018. Rispetto alla proposta formulata dal CUN di definizione dell'ulteriore classe ad orientamento professionale denominata "Professioni tecniche paraveterinarie", la relazione illustrativa segnala che il Ministero della salute e la Federazione nazionale degli ordini dei medici veterinari italiani (FNOVI), hanno espresso parere contrario, evidenziando la necessità della preventiva istituzione della corrispondente nuova figura sanitaria, secondo la procedura di cui all'art. 5 della L. 43/2006, novellato dall'art. 6 della L. 3/2018. Di conseguenza, il Ministero dell'università e della ricerca ha ritenuto opportuno stralciare tale nuova classe di laurea dal testo.
L'art. 5 della L. 43/2006 stabilisce infatti che l'istituzione di nuove professioni sanitarie è effettuata, previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepiti con D.P.R., previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Tali accordi individuano il titolo professionale, l'ambito di attività di ciascuna professione, i criteri di valutazione dell'esperienza professionale nonché i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti. Con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, acquisito il parere del CUN e del Consiglio superiore di sanità, è definito l'ordinamento didattico della formazione universitaria per le nuove professioni sanitarie.
Lo schema di decreto si compone di 10 articoli e un allegato, che costituisce parte integrante dell'atto. L'articolo 1 definisce le classi dei corsi di laurea a orientamento professionale dettagliate nell'allegato, stabilendo che il provvedimento si applica a tutte le università statali e non statali, escluse le università telematiche (considerato che i predetti corsi prevedono attività laboratoriali, di tirocinio e pratiche, secondo il successivo articolo 3). In base all'art. 17, co. 3, lett. a), del d.lgs. 19/2012 - che ha sostituito l'art. 9, co. 2, del D.M.270/2004 - le università possono procedere all'istituzione e all'attivazione dei corsi di laurea afferenti alle nuove classi di laurea a orientamento professionale, previo apposito accreditamento iniziale con le modalità stabilite dal citato d.lgs. 19/2012 e dai conseguenti decreti attuativi (da ultimo il D.M. 6/2019) e dal D.M. n. 989 del 25 ottobre 2019, previo parere positivo del CUN sull'ordinamento didattico e verifica da parte dell'ANVUR di appositi requisiti. Inoltre, per l'accreditamento iniziale di corsi di studio convenzionali (come nel caso in questione, si veda infra l'articolo 3), con modalità mista o prevalentemente a distanza, tutte le università sono tenute ad acquisire preventivamente il parere favorevole del Comitato regionale di coordinamento competente per territorio.
L'art. 4 del D.M. 6/2019 specifica che i nuovi corsi di studio sono istituiti previo accreditamento iniziale di durata massima triennale, disposto non oltre il
15 giugno antecedente
l'anno accademico di attivazione.
I regolamenti didattici di ateneo, che disciplinano gli ordinamenti didattici dei corsi di studio, sono redatti in conformità all'art. 11 del D.M. 270/2004 e del provvedimento in esame.
I
regolamenti didattici di ateneo sono approvati dal Ministero e sono emanati con decreto rettorale. Ogni ordinamento didattico, previa consultazione delle università con le organizzazioni rappresentative nel mondo della produzione, dei servizi e delle professioni con particolare riferimento alla valutazione dei fabbisogni formativi e degli sbocchi professionali, determina:
I regolamenti didattici di ateneo, nel rispetto degli statuti, disciplinano altresì gli aspetti di organizzazione dell'attività didattica comuni ai corsi di studio, nonchè le modalità con cui le università rilasciano, come supplemento al diploma di ogni titolo di studio, un certificato che riporta, secondo modelli conformi a quelli adottati dai Paesi europei, le principali indicazioni relative al
curriculum specifico seguito dallo studente per conseguire il titolo.
L'articolo 2 demanda ai regolamenti didattici di ateneo l'individuazione delle strutture didattiche competenti, anche interateneo, per l'attivazione e la gestione dei corsi di laurea a orientamento professionale. Si stabilisce inoltre che - nelle more dell'aggiornamento del D.M. 6/2019 - il numero minimo di docenti di riferimento appartenenti ai settori scientifico-disciplinari di base, caratterizzanti o affini e integrativi è pari a 5, di cui almeno 3 a tempo indeterminato. Si riproduce quindi quanto già disposto per i corsi di laurea sperimentale ad orientamento professionale.
In base all'art. 4 del D.M. 6/2019 e dell'Allegato A, l'accreditamento di nuovi corsi di studio è subordinato alla verifica del possesso di requisiti di docenza: in generale, il numero minimo di docenti di riferimento appartenenti ai settori scientifico-disciplinari di base, caratterizzanti o affini e integrativi per i corsi erogati in modalità convenzionale o mista è 9, di cui almeno 5 a tempo indeterminato, mentre per i
corsi di laurea sperimentale ad orientamento professionale si prevede un numero minimo di 5 docenti, di cui almeno 3 a tempo indeterminato.
L'articolo 3 dettaglia i diversi CFU attribuiti alle varie attività, introducendo una disciplina parzialmente diversa da quella prevista dal D.M. 16 marzo 2007 per le classi delle lauree universitarie. Dei 180 CFU che caratterizzano il triennio, si prevede la seguente ripartizione (commi 1-6):
Per ciascuno degli insegnamenti o delle attività di base e caratterizzanti, o per ciascun modulo coordinato, può essere previsto un numero di CFU inferiore a 5.
Al contrario, nell'Allegato A al D.M. 6/2019 si precisa che, per evitare l'eccessiva parcellizzazione delle attività didattiche, a ciascun insegnamento o attività di base e caratterizzante o a ciascun modulo coordinato, corrispondono di norma non meno di 6 CFU, o comunque non meno di 5, previa delibera dell'organo competente a livello di ateneo. Per le attività affini o integrative è ammesso un numero minimo di CFU inferiore a 6 o a 5 previa delibera motivata delle strutture didattiche competenti. Sono ammesse deroghe per alcune classi di laurea e comunque nei casi in cui l'assegnazione di un numero superiore di crediti sia in contrasto con gli obiettivi specifici del corso.
Limitatamente alle attività formative caratterizzanti, qualora nell'allegato siano indicati più ambiti disciplinari per ciascuno dei quali non sia stato specificato il numero minimo dei relativi crediti, i regolamenti didattici di ateneo individuano per ciascun corso di studio i settori scientifico-disciplinari, afferenti anche ad un solo ambito, funzionali alla specificità del corso stesso, cui riservare un numero adeguato di crediti.
L'art. 3, co. 3, del D.M. 16 marzo 2007 vincola tale previsione a tre ambiti disciplinari, prevedendo che qualora la classe preveda più di tre ambiti caratterizzanti, ciascun corso in quella classe deve attivarne almeno tre;
In proposito, nel parere reso sullo schema di decreto, l'ANVUR ha chiesto che fosse definito il numero di
tutor per studente, individuando un rapporto di uno a 15-20 studenti. Tale suggerimento non è stato accolto, come argomentato nella relazione illustrativa, in quanto si è preferito demandare alle università tale valutazione in relazione al tipo di attività da svolgere e di soggetti convenzionati;
I corsi di laurea a orientamento professionale prevedono anche attività formative relative alla prova finale, da coordinare con le attività relative al tirocinio, e alla verifica della conoscenza di almeno una lingua straniera (comma 7). Si precisa altresì che i corsi di laurea a orientamento professionale possono essere erogati solo in modalità convenzionale, ferma restando la possibilità di adoperare tecnologie telematiche.
L'Allegato 3 (Linee guida sulla programmazione delle università relativa all'istituzione dei corsi di studio) al
D.M. n. 989 del 25 ottobre 2019 definisce "corsi di studio convenzionali" quei corsi erogati interamente in presenza, ovvero che prevedono - per le attività diverse dalle attività pratiche e di laboratorio - una limitata attività didattica erogata con modalità telematiche, in misura non superiore a un decimo del totale.
Le attività formative devono essere progettate specificamente per questi corsi, non essendo consentito mutuare le attività di base e caratterizzanti da corsi di studio non a orientamento professionale (comma 8).
L'articolo 4 dispone che i corsi di laurea a orientamento professionale sono a numero programmato locale, ai sensi dell'art. 2 della L. 264/1999, considerata la presenza di attività laboratoriali e tirocini. A differenza degli attuali corsi di laurea sperimentali ad orientamento professionale, non è fissato un limite massimo di studenti (pari, come si è detto supra, a 50 per i corsi sperimentali), ma le università stabiliscono il numero di studenti ammessi parametrandolo alla disponibilità di tirocini, alla capienza dei laboratori e alle esigenze del mondo del lavoro. Nei propri manifesti degli studi, gli atenei esplicitano che l'iscrizione ad una laurea magistrale non costituisce uno sbocco naturale per i laureati nei corsi a orientamento professionale.
Al riguardo, sia il CUN che il CNSU hanno evidenziato che non viene limitata la possibilità del singolo laureato del corso di laurea a orientamento professionale di proseguire gli studi in un corso di laurea magistrale in quanto ciò può avvenire previa eventuale integrazione di CFU e verifica dei requisiti per l'accesso al percorso magistrale come definito da ciascuna università, secondo le previsioni dell'art. 6, co. 2, del D.M. 270/2004.
In base all'articolo 5, nel rispetto degli obiettivi formativi qualificanti e delle attività formative indispensabili (di base e caratterizzanti), per ciascun corso di laurea a orientamento professionale, le competenti strutture didattiche determinano, con il regolamento didattico del corso di studio e in conformità al regolamento didattico di ateneo, l'elenco degli insegnamenti e delle altre attività formative ai sensi dell'art. 12, co. 2, del D.M. 270/2004, secondo criteri di stretta funzionalità con gli obiettivi formativi specifici del corso.
Secondo l'art. 12, co. 2, del D.M. 270/2004, il
regolamento didattico di un corso di studio determina in particolare:
Il percorso formativo assicura un numero di CFU idoneo ad acquisire i contenuti indispensabili per tutti i corsi della classe di laurea. Le università garantiscono l'attribuzione, a ciascun insegnamento attivato, di un congruo numero di crediti formativi, evitando la parcellizzazione delle attività formative. In ciascun corso di laurea a orientamento professionale non possono comunque essere previsti in totale più di 20 esami o verifiche di profitto, anche favorendo prove di esame integrate per più insegnamenti o moduli coordinati. In tal caso, i docenti titolari degli insegnamenti o moduli coordinati partecipano alla valutazione collegiale complessiva del profitto dello studente con modalità previste nei regolamenti didattici di ateneo e nei regolamenti didattici dei corsi di studio. Si precisa poi che per il conteggio dei 20 esami o verifiche di profitto si considerano le attività formative:
Nell'Allegato 1 del D.M. 26 luglio 2007 si giustifica tale previsione con la possibile varietà e non omogeneità delle attività scelte dallo studente quanto a CFU corrispondenti. Si specifica inoltre che le valutazioni relative alle attività formative legate alla prova finale per il conseguimento del titolo di studio, alle attività laboratoriali e di tirocinio, in ragione della loro natura e modalità e fatta salva diversa decisione assunta in autonomia dagli atenei in relazione e specifiche esigenze, possono non essere considerate ai fini del conteggio.
L'articolo 6 prevede che, per ogni corso di laurea a orientamento professionale, i regolamenti didattici di ateneo determinano - tramite il regolamento didattico del corso - i crediti assegnati a ciascuna attività formativa (l'art. 3, co. 1, del D.M. 16 marzo 2007 specifica "il numero intero di crediti"), indicando, limitatamente alle attività formative di base, caratterizzanti, affini o integrative, il settore o i settori scientifico-disciplinari di riferimento (comma 1). Per ciascun corso di laurea a orientamento professionale, i regolamenti didattici di ateneo stabiliscono l'intervallo in cui deve ricadere il numero di CFU da assegnare agli ambiti disciplinari, in conformità al numero minimo di crediti previsto. Il regolamento (didattico) del corso di laurea a orientamento professionale identifica, in linea con il regolamento didattico di ateneo, per ciascun curriculum, il numero intero di crediti da assegnare a ognuno degli ambiti disciplinari e i settori scientifico-disciplinari da attivare (comma 2).
Sul piano della fonte chiamata a individuare i CFU, si osserva che l'art. 3, co. 2, del D.M. 16 marzo 2007 attribuisce ai
regolamenti didattici di ateneo la definizione del numero di crediti da assegnare ai settori scientifico-disciplinari ricompresi in ambiti disciplinari; l'art. 11, co. 2, del D.M. 270/2004 affida infatti ai regolamenti didattici di ateneo la disciplina degli ordinamenti didattici che include, fra l'altro, i crediti assegnati a ciascuna attività formativa e a ciascun ambito, riferendoli, per le attività di base e caratterizzanti, a uno o più settori scientifico-disciplinari.
Al
regolamento didattico del corso di studio, in base all'art. 12 del D.M. 270/2004, è demandata invece, per quanto qui rileva, la disciplina dei curricula offerti agli studenti e la determinazione dei crediti e delle propedeuticità di ogni insegnamento e altra attività formativa.
Si valuti dunque un approfondimento. Il comma 3 affida ai regolamenti didattici di ateneo la determinazione dei casi in cui la prova finale è sostenuta in lingua straniera. Il comma 4 stabilisce che, nel definire gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea a orientamento professionale, le università specificano gli obiettivi formativi in termini di risultati di apprendimento attesi, con riferimento al sistema di descrittori adottato in sede europea, e individuano eventualmente gli sbocchi professionali anche con riferimento alle attività classificate dall'ISTAT.
In ambito europeo è stato approvato il
Quadro delle qualifiche dello spazio europeo dell'istruzione superiore con i suoi descrittori dei cicli, concordato nel 2005 dai Ministri dell'istruzione coinvolti nel cosiddetto
processo di Bologna. Il Quadro rappresenta la cornice generale nella quale ogni singolo Paese deve collocare il proprio
Quadro di riferimento nazionale dei titoli di istruzione superiore. Un elemento fondamentale del
Framework è costituito dai "
descrittori di Dublino" che puntualizzano, per i corsi di studio ai vari livelli, cinque tipologie di apprendimenti che gli studenti dovranno dimostrare di aver acquisito per poter conseguire il titolo corrispondente al corso.
La disciplina del riconoscimento dei crediti è dettata dai commi 5-7, e prevede le seguenti ipotesi:
Tale previsione è analoga all'art. 3, co. 8, del D.M. 16 marzo 2007, che però stabilisce l'obbligo di adeguata motivazione nel caso di mancato riconoscimento di crediti;
Tale previsione è analoga all'art. 3, co. 9, del D.M. 16 marzo 2007.
Si ricorda che in base all'art. 5, co. 7, del D.M. 270/2004, le università possono riconoscere come CFU le conoscenze e abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello
post secondario alla cui progettazione e realizzazione l'università abbia concorso.
Nel caso di uno studente in possesso di un
titolo rilasciato da un ITS, l'art.1, co. 51 della
L.107/2015
, nel demandare ad un DM la definizione dei criteri per il riconoscimento dei crediti acquisiti dallo studente a conclusione dei percorsi realizzati dagli ITS, secondo le tabelle di confluenza tra gli esiti di apprendimento in relazione alle competenze acquisite al termine dei suddetti percorsi e le competenze in esito ai corsi di laurea ad essi assimilabili, stabilisce che l'ammontare dei CFU riconosciuti non può essere comunque inferiore a quaranta per i percorsi della durata di quattro semestri e a sessantadue per i percorsi della durata di sei semestri.
L'articolo 7 ribadisce quanto previsto dall'art. 5 del D.M. 16 marzo 2007 e dall'art. 5 del D.M. 270/2004 in merito alla corrispondenza dei CFU dei corsi di laurea a orientamento professionale a 25 ore di impegno medio per studente (comma 1). Si valuti al riguardo se specificare che ciascun CFU corrisponde a 25 ore di impegno medio per studente. Si conferma inoltre che i regolamenti didattici di ateneo determinano per ciascun corso di laurea a orientamento professionale la quota dell'impegno orario complessivo che deve rimanere riservata a disposizione dello studente per lo studio personale o per altre attività formative di tipo individuale. Tale quota non può comunque essere inferiore al 50% dell'impegno orario complessivo, salvo nel caso in cui siano previste attività formative ad elevato contenuto sperimentale o pratico, quali ad esempio le attività laboratoriali e i tirocini (comma 2). Gli studenti che maturano tutti crediti necessari per la laurea, secondo le modalità previste nei "regolamenti didattici delle proprie università", ai sensi dell'art. 7 del D.M. 270/2004, possono conseguire il titolo di studio indipendentemente dal numero di anni di iscrizione all'università (comma 3). Sul piano della formulazione del testo, si valuti l'opportunità di precisare se le modalità richiamate siano quelle dei "regolamenti didattici del corso di laurea", come previsto dall'art. 5, co. 3, del D.M. 16 marzo 2007, tenuto conto che potrebbe generarsi confusione con i regolamenti didattici di ateneo, espungendo peraltro le parole "delle proprie università". Rispetto alla disposizione in commento, l'art. 5, co. 3, del D.M. 16 marzo 2007 precisa che nei 180 crediti complessivi per il conseguimento del titolo sono inclusi "quelli relativi alla preparazione della prova finale" e che la relativa acquisizione consente agli studenti di "essere ammessi a sostenere la prova finale" e conseguire il titolo di studio. Si valuti dunque l'opportunità di una integrazione in tal senso.
L'articolo 8 dispone che le università rilasciano i titoli di laurea con la denominazione del corso di studio e con l'indicazione della classe di laurea ad orientamento professionale, assicurando che la denominazione del corso di studio corrisponda agli obiettivi formativi specifici del corso stesso. I regolamenti didattici di ateneo e i regolamenti dei corsi di studio non possono prevedere denominazioni dei corsi di studio e dei relativi titoli che facciano riferimento a curricula, indirizzi, orientamenti o ad altre articolazioni interne dei medesimi corsi. Le università provvedono a rilasciare, ai sensi dell'art. 11, co. 8, del D.M. 270/2004, e con le modalità indicate nel D.M. 30 aprile 2004, prot. n. 9, e successive modificazioni, come supplemento al diploma di ogni titolo di studio, una relazione informativa che riporta, secondo modelli conformi a quelli adottati dai Paesi europei, le principali indicazioni relative al curriculum specifico seguito dallo studente per conseguire il titolo.
In merito al
supplemento al diploma si veda da ultimo il
D.D. n. 389 del 5 marzo 2019, cui sono allegati: il modello aggiornato di supplemento al diploma (
Allegato 1); le nuove linee guida per la compilazione del supplemento al diploma (
Allegato 2 e
Allegato 3); le linee guida nazionali per la digitalizzazione del supplemento al diploma (
Allegato 4).
L'articolo 9 stabilisce che i corsi di laurea sperimentali a orientamento professionale attivati in base ai DD.MM. 987/2016 e 6/2009, nell'ambito delle classi L-7[1], L-8[2], L-9[3], L-23[4], L-25[5], L-26[6], con contenuti e sbocchi analoghi a quelli delle classi disciplinate dallo schema di decreto, sono disattivati entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Non possono essere attivati nuovi corsi sperimentali negli ambiti delle stesse classi. Le università assicurano agli studenti già iscritti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame la possibilità di concludere gli studi e di conseguire il relativo titolo.
Al riguardo, nel parere reso dal CUN, si segnala l'esigenza di un passaggio tempestivo dai corsi di laurea sperimentale alle nuove classi di laurea, prima che i suddetti corsi concludano un ciclo, onde evitare di avere "laureati in corsi a orientamento professionale ancora inseriti in classi non a orientamento professionale".
Si ricorda che il primo ciclo dei corsi di laurea sperimentale è stato attivato nell'anno accademico 2018/2019 e dovrebbe terminare nellanno accademico 2020/2021.
Si stabilisce poi che gli studenti iscritti ai corsi di laurea sperimentali a orientamento professionale possono optare per il trasferimento ai corsi delle classi a orientamento professionale di cui allo schema di decreto in esame, con il riconoscimento del maggior numero di crediti già maturati.
L'articolo 10 prevede che, nel primo triennio di applicazione, modifiche tecniche alla tabella delle attività formative indispensabili sono adottate con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, sentito il CUN.
[1] Classe di laurea in ingegneria civile e ambientale.
[2] Classe di laurea in ingegneria dell'informazione.
[3] Classe di laurea in ingegneria industriale.
[4] Classe di laurea in scienze e tecniche dell'edilizia.
[5] Classe di laurea in scienze e tecnologie agrarie e forestali.
[6] Classe di laure in scienze e tecnologie agro-alimentari.
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Formulazione del testoNelle premesse, si valuti se richiamare anche il D.M. n. 989 del 25 ottobre 2019 recante le Linee generali d'indirizzo della programmazione delle università 2019-2021 e gli indicatori per la valutazione periodica dei risultati. All'articolo 6, comma 2, secondo periodo, si valuti l'inserimento della parola "didattico" dopo la parola "regolamento" e l'utilizzo del tempo verbale presente anzichè futuro ("indentifica" e non "identificherà"). All'articolo 7, comma 3, si valuti se richiamare più specificamente il comma 1 dell'art. 7 del D.M. 270/2004, espressamente dedicato al conseguimento del titolo di studio riferito alla laurea. All'articolo 8, comma 1, si valuti se richiamare l'art. 3, co. 1, lett.a), del D.M. 270/2004, espressamente dedicato al conseguimento del titolo di studio riferito alla laurea. |