Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Aggiornamento dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard per l'anno 2022
Riferimenti: SCH.DEC N.363/XVIII
Serie: Atti del Governo   Numero: 363
Data: 02/03/2022
Organi della Camera: V Bilancio, COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE

Aggiornamento dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard per l'anno 2022

 

Atto del Governo n. 363

 

 

Articolo 6, comma 1, del
D.Lgs. 26 novembre 2010, n. 216

 

 

 

 

 

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Atti del Governo n. 363

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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BI0261.docx

 

 


I N D I C E

 

 

 

 

Premessa. 3

Il contenuto del provvedimento. 7

 

 

 


 

Schede di lettura

 

 


Premessa

 

Lo schema di D.P.C.M. in esame reca la revisione della metodologia dei fabbisogni standard relativi al servizio Asili nido e l’aggiornamento dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard per le restanti funzioni fondamentali dei comuni delle regioni a statuto ordinario, da utilizzarsi per l’assegnazione del fondo di solidarietà comunale (FSC) per l’anno 2022.

Più in particolare, con lo schema di DPCM in esame si provvede:

§  all’aggiornamento dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle funzioni: Istruzione pubblica; Gestione del territorio e dell’ambiente - servizio smaltimento rifiuti; Settore sociale al netto degli asili nido; Generali di amministrazione, di gestione e di controllo; Polizia locale; Viabilità e territorio; Trasporto pubblico locale;

§  alla revisione dell’impianto metodologico per la valorizzazione della spesa e dei fabbisogni standard relativi al servizio Asili nido;

§  all’individuazione del fabbisogno standard complessivo per ciascun comune delle regioni a statuto ordinario.

 

La nota di Aggiornamento e revisione della metodologia dei fabbisogni standard dei comuni per il 2022, adottata dalla Società per gli studi di settore – Sose S.p.a., è stata trasmessa al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e al Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze, e approvata dalla Commissione tecnica per i Fabbisogni standard (CTFS) il 30 settembre 2021.

La nota è allegata allo schema di DPCM e ne costituisce parte integrante.

Ai sensi della normativa vigente, di cui all’articolo 6 del D.Lgs. n. 216/2010, sullo schema di DPCM è chiamata a pronunciarsi la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, che ha espresso parere favorevole il 9 febbraio 2022.

Nel caso di adozione della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo dei fabbisogni standard, si prevede che decorsi quindici giorni dalla trasmissione alla Conferenza, lo schema venga trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione del parere da parte della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e da parte delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario.

L’atto in esame è quindi assegnato, oltre che alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, alla Commissione Bilancio, le quali devono esprimere il proprio parere entro il 17 marzo 2022.

Decorsi quindici giorni dalla trasmissione alle Camere da parte del Governo, il decreto può essere comunque adottato, previa deliberazione definitiva da parte del Consiglio dei ministri.

Il Governo, se non intende conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette alle Camere una relazione con cui indica le ragioni per le quali non si è conformato ai citati pareri.

 

Si segnala che per la ripartizione del Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2022 è stato raggiunto l'accordo nella seduta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali del 22 dicembre 2021. Come emerge dalla nota metodologica sulla modalità di alimentazione e riparto del Fondo di Solidarietà Comunale (FSC) 2022 allegata all’accordo, i fabbisogni standard risultano essere quelli definiti dal provvedimento in esame, approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard nella seduta del 30 settembre 2021. In attesa della pubblicazione del relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riparto, al fine di facilitare la programmazione e la gestione del bilancio 2022 dei comuni, sul sito del Ministero dell’Interno relativo alla Finanza locale sono stati resi disponibili i dati relativi al Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2022.

 

 

 

I fabbisogni standard e le note metodologiche: quadro di sintesi

 

Si rammenta, in rapida sintesi, che i fabbisogni standard sono stati introdotti nell'ordinamento con il decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, emanato in attuazione della delega in materia di federalismo fiscale disposta con la legge n. 42 del 2009. Essi rappresentano le reali necessità finanziarie di un ente locale in base alle sue caratteristiche territoriali e agli aspetti socio-demografici della popolazione residente e costituiscono i parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica.

I fabbisogni standard, inoltre, congiuntamente alle capacità fiscali, costituiscono i parametri sulla base dei quali è ripartita una crescente quota perequativa del Fondo di solidarietà comunale: 30 per cento a partire dal 2016, e poi via via maggiore fino al 100 per cento dal 2030. Infatti è stato previsto un percorso di transizione (art. 1, comma 449, lett. c), della legge n. 232 del 2016, modificato da ultimo con il decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124) alla fine del quale, nel 2030, la componente del Fondo di solidarietà comunale perequabile sarà integralmente ripartita sulla base della differenza tra fabbisogni standard e capacità fiscali; in tal modo, sarà eliminato il vincolo alla perequazione basato sulle risorse storiche. Per un approfondimento del ruolo dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali nella ripartizione del Fondo di solidarietà comunale, si rinvia al riquadro alla fine del presente dossier.

Il D.Lgs. n. 216 del 2010 (determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province) prevede che i fabbisogni standard siano calcolati relativamente alle seguenti funzioni fondamentali dei comuni delle regioni a statuto ordinario: funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo; funzioni di polizia locale; funzioni di istruzione pubblica; funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti; funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente; funzioni nel settore sociale. Si ricorda, infatti, che la legge delega n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale ha previsto che l’assegnazione delle risorse agli enti territoriali debba essere tale da coprire integralmente i costi derivanti dall’esercizio delle loro funzioni fondamentali. Per queste funzioni, tuttavia, l’entità dei costi deve essere determinata sulla base di criteri standardizzati, in modo da superare le distorsioni insite nella distribuzione delle risorse sulla base della spesa storica.

Il compito di predisporre la metodologia per la determinazione dei fabbisogni è assegnato alla SOSE – Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A., con la collaborazione dell’Istituto per la finanza e per l'economia locale-IFEL.

Spetta a SOSE anche il compito di procedere al monitoraggio dei parametri di riferimento con cadenza annuale garantendo, allo stesso tempo, una revisione almeno triennale dell’intera metodologia, al fine di garantire continuità ed efficacia al processo di efficientamento dei servizi locali (art. 7 del D.Lgs. n. 216/2010).

La legge n. 208 del 2015 (articolo 1, commi da 29 a 34) ha semplificato la procedura per l'approvazione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard, prevedendo a tal fine l’istituzione di una nuova commissione, la Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS), in luogo della soppressa Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF). La Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS), istituita con D.P.C.M. 23 febbraio 2016, agisce come organo tecnico collegiale, con l'obiettivo principale di validare la metodologia da utilizzare per l'individuazione dei fabbisogni standard e di validare l'aggiornamento della base dati utilizzata.

La nota metodologica relativa alla procedura di calcolo dei fabbisogni e il fabbisogno standard per ciascun comune e provincia sono adottati, anche distintamente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, previa verifica da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze. Sullo schema di decreto è sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Il parere parlamentare è richiesto solo per l'adozione della nota metodologica, mentre non è previsto per l’aggiornamento dei fabbisogni standard a metodologia invariata.

Le prime note metodologiche afferenti le funzioni fondamentali dei comuni sono state adottate con i seguenti tre provvedimenti: il D.P.C.M. 21 dicembre 2012 recante le note metodologiche ed i fabbisogni standard delle funzioni fondamentali di polizia locale per ciascun comune e dei servizi del mercato del lavoro per ciascuna provincia; il D.P.C.M. 23 luglio 2014 recante le note metodologiche ed i fabbisogni standard per ciascun comune e provincia relativi alle funzioni generali di amministrazione, gestione e controllo; il D.P.C.M. 27 marzo 2015 recante le note metodologiche ed i fabbisogni standard per i comuni relativi alle funzioni di istruzione pubblica, e campo della viabilità e dei trasporti, di gestione del territorio e dell'ambiente e del settore sociale.

La metodologia è stata poi aggiornata, ai sensi del D.Lgs. n. 216/2010, con il D.P.C.M. 29 dicembre 2016 che ha previsto la revisione della metodologia di determinazione dei fabbisogni standard, nonché il conseguente aggiornamento dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard di tutte le funzioni fondamentali dei comuni delle regioni a statuto ordinario per il 2017.

Per gli anni successivi, i fabbisogni standard dei comuni sono stati aggiornati, a metodologie invariate, con i D.P.C.M. 22 dicembre 2017 per il 2018, con il D.P.C.M. 18 aprile 2019 per il 2019 e con il D.P.C.M. 5 marzo 2020 per il 2020.

Si segnala che con il citato D.P.C.M. 5 marzo 2020, sebbene la metodologia non sia stata innovata, sono state apportate modifiche alle regole di applicazione della funzione del Trasporto pubblico locale e del servizio Asili nido. Per ciò che riguarda il livello minimo del servizio di asili nido non è più considerato il livello storico ma il livello normalizzato. A tutti i comuni, con popolazione residente 0-2 anni, è stato assegnato un fabbisogno standard almeno sufficiente a erogare il servizio attraverso voucher. Il livello del servizio minimo è stato calcolato come media della percentuale di copertura storica per ogni fascia di abitanti.

Con il D.P.C.M. 11 dicembre 2020 è stata aggiornata la metodologia di calcolo dei fabbisogni standard relativi al servizio di smaltimento Rifiuti e sono stati aggiornati i coefficienti di riparto dei fabbisogni standard per le restanti funzioni fondamentali (A.G. n. 199).

Con il D.P.C.M. 27 luglio 2021, infine, è stata aggiornata la metodologia di calcolo dei fabbisogni standard relativi alla funzione del Settore Sociale e ai servizi relativi alla Viabilità e Territorio e sono stati aggiornati i coefficienti di riparto dei fabbisogni standard per le restanti funzioni fondamentali (A.G. n. 250).

 


 

Il contenuto del provvedimento

 

Lo schema di DPCM in esame provvede, in primo luogo, all’aggiornamento delle variabili che concorrono alla stima del fabbisogno standard relativi alle funzioni: Istruzione pubblica; Gestione del territorio e dell’ambiente (servizio smaltimento rifiuti); Settore sociale (al netto del servizio di asili nido); Generali di amministrazione, di gestione e di controllo; Polizia locale; Viabilità e territorio; Trasporto pubblico locale.

 

I coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle funzioni fondamentali sono stati aggiornati all’annualità 2018. Per le variabili desumibili da fonti ufficiali, l’aggiornamento è avvenuto considerando i valori relativi al 2018 o all’annualità disponibile più recente. Per le variabili desumibili dal questionario somministrato ai comuni, invece, i valori sono stati aggiornati al 2018 utilizzando le informazioni acquisite con il questionario FC50U alla data del 1° settembre 2021.

 

 

Fonte: Sose, Aggiornamento e revisione metodologica dei fabbisogni standard, 30 settembre 2021.

 

 

Fonte: Audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale del Presidente della SOSE, Vincenzo Carbone, sullo stato di attuazione e sulle prospettive del federalismo fiscale, anche con riferimento ai relativi contenuti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (21 ottobre 2021).

 

 

Lo schema di decreto provvede, inoltre, ad aggiornare la metodologia di calcolo dei fabbisogni standard relativi al servizio Asili nido.

Per tale servizio l’impianto metodologico di riferimento rimane quello basato sulla funzione di costo: il calcolo del fabbisogno standard corrisponde al prodotto tra il costo unitario e gli utenti serviti, ovvero il numero di bambini tra 0 e 2 anni che frequentano una struttura comunale o in convenzione e/o il numero di beneficiari di contributi/voucher per il servizio di asilo nido.

 

Le principali novità sono così riassumibili:

§  il modello di stima considera più annualità (modello di tipo panel a due stadi): nel primo stadio della stima del servizio di Asili nido, viene utilizzato un modello ad effetti fissi che considera i dati di cinque annualità (2013, 2015, 2016, 2017 e 2018). In tale stadio la spesa per utente è messa in relazione con le differenti caratteristiche e tipologie di utenza degli Asili nido. Il secondo stadio, invece, considera gli effetti fissi derivanti dal primo e li regredisce valutando la relazione con gli aspetti legati a caratteristiche dei comuni, come l’appartenenza ai cluster (ovvero raggruppamenti di comuni simili) e l’appartenenza regionale, e con elementi che cambiano in maniera molto lenta nel tempo, come le fasce demografiche di popolazione;

§   la variabile di riferimento, come detto, è l’utente servito, inteso come bambino (0-2 anni) frequentante (tempo pieno e/o tempo parziale) o che usufruisce di un contributo economico (utente voucher). Nel modello aggiornato è stata meglio caratterizzata la figura dell’utente a tempo parziale che svolge un orario ridotto e non usufruisce del servizio di refezione (con una significativa riduzione del costo del servizio);

§  sono stati utilizzati sia i metri quadrati delle superfici interne sia quelli degli spazi esterni, diversamente dalla precedente versione metodologica che considerava solamente le superfici interne.

 

La variabilità del costo standard è stata colta considerando nella stima le variabili che tengono conto delle differenze esistenti tra i comuni in termini di tipologia di servizio offerto (l’incidenza degli utenti lattanti, degli utenti a tempo parziale che non usufruiscono del servizio di refezione) e di modalità di gestione (diretta o esternalizzata a terzi). Inoltre sono state prese in considerazione le caratteristiche del contesto (individuazione di 10 gruppi omogenei di comuni, cluster) e la dimensione demografica del comune.

Tra le variabili utilizzate nella stima dei fabbisogni standard per il servizio Asili nido è considerata la spesa storica di riferimento. Dai dati utilizzati emerge come il livello di spesa ai fini dei fabbisogni standard cresca all’aumentare dell’ampiezza dimensionale dei comuni, dove si registra una maggiore offerta del servizio. Nel periodo preso come riferimento la spesa media per utente risulta costante nel primo triennio, mentre subisce una lieve contrazione negli ultimi due anni nella quasi totalità delle fasce. Questa riduzione della spesa nell’arco dei cinque anni in esame riflette una riduzione a livello aggregato nazionale del 13,7 per cento, passando quindi da una spesa ai fini dei fabbisogni standard per utente servito di 6.976 euro del 2013 a 6.017 euro del 2018.

L’analisi a livello di area geografica evidenzia una spesa storica per singolo utente superiore nel Nord-Est e nel Centro rispetto al Nord-Ovest e al Sud. Negli anni considerati (2013-2018) si osservano infatti valori medi di spesa nelle aree geografiche del Nord Est e del Centro rispettivamente pari a circa 7.200 euro e 6.800 euro, mentre al Nord Ovest la spesa media si attesta intorno ai 6.000 euro e al Sud intorno ai 5.700 euro circa.

Analizzando il tasso copertura a livello regionale, appare una netta separazione tra alcune regioni (Emilia-Romagna, Toscana e Liguria) e il restante territorio nazionale. In particolare nel quinquennio analizzato, la percentuale di copertura del servizio si attesta intorno al 24 per cento in Emilia-Romagna e al 22 per cento in Toscana a fronte di valori prossimi in media al 3 per cento in Campania e al 2 per cento in Calabria. In quasi tutte le regioni si registra una tendenza in crescita della percentuale di copertura del servizio: si passa da una percentuale di copertura media nel 2013 del 12,69 per cento ad una pari al 14,20 per cento nel 2018.

 

Si evidenzia che nelle ultime due leggi di bilancio, nell'ambito del Fondo di solidarietà comunale (FSC), sono state stanziate risorse espressamente finalizzate al raggiungimento di obiettivi di servizio nei settori degli asili nido e dei servizi sociali.

In particolare, la legge di bilancio per il 2021 (art. 1, commi 791-794, legge n. 178 del 2020) ha disposto l’incremento delle risorse del FSC (comma 791):

§  per lo sviluppo dei servizi sociali, svolti in forma singola o associata dai comuni delle regioni a statuto ordinario, nella misura di 215,9 milioni di euro per l’anno 2021, 254,9 milioni per l’anno 2022, 299,9 milioni per l’anno 2023, 345,9 milioni per l’anno 2024, 390,9 milioni per l’anno 2025, 442,9 milioni per il 2026, 501,9 milioni per il 2027, 559,9 milioni per il 2028, 618,9 milioni per il 2029 e 650,9 milioni a decorrere dal 2030;

§  per il potenziamento degli asili nido dei comuni delle regioni a statuto ordinario (RSO) e delle regioni Siciliana e Sardegna, nella misura di 100 milioni di euro per l’anno 2022, 150 milioni di euro per l’anno 2023, 200 milioni di euro per l’anno 2024, 250 milioni di euro per l’anno 2025 e 300 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026.

 

La disciplina di riparto del Fondo di solidarietà comunale, contenuta al comma 449 della legge n. 232/2016, è stata pertanto modificata (dal comma 792) al fine di ricomprendervi i criteri di ripartizione delle quote incrementali del Fondo stanziate per servizi sociali e per il potenziamento degli asili nido (mediante l’inserimento al comma 449 delle lettere d-quinquies) e d-sexies)). Al fine di garantire che le risorse aggiuntive si traducano in un incremento effettivo dei servizi, la legge ha previsto l’attivazione di un meccanismo di monitoraggio basato sull’identificazione di obiettivi di servizio. In tal modo, per la prima volta dall’introduzione dei fabbisogni standard, è stato superato il vincolo della spesa storica complessiva della funzione sociale, stanziando risorse aggiuntive vincolate al raggiungimento degli obiettivi di servizio e compiendo un passo in avanti nel percorso di avvicinamento ai livelli essenziali delle prestazioni.

 

Con la legge di bilancio per il 2022 (art. 1 commi 172-173, della legge n. 234 del 2021) le risorse aggiuntive stanziate per gli Asili nido nell'ambito del Fondo di solidarietà comunale sono state ulteriormente integrate ed è stato individuato, per la prima volta, il livello essenziale delle prestazioni (LEP) per quanto riguarda la disponibilità dei posti negli asili nido: si prevede, infatti, che il numero dei posti nei servizi educativi per l'infanzia per i bambini compresi nella fascia di età da 3 a 36 mesi debba raggiungere, con un percorso graduale, un livello minimo garantito del 33 per centro su base locale entro il 2027, considerando anche il servizio privato. Le risorse previste per raggiungere tale obiettivo sono stabilite in 120 milioni nel 2022, 175 milioni nel 2023, 230 milioni nel 2024, 300 milioni nel 2025, 450 milioni nel 2026 e 1,1 miliardo a decorrere dal 2027.

Dall'anno 2022 l'obiettivo di servizio, per fascia demografica del comune o del bacino territoriale di appartenenza, è fissato con decreto ministeriale, dando priorità ai bacini territoriali più svantaggiati, tenendo conto di una soglia massima del 28,88%, valida sino a quando anche tutti i comuni svantaggiati non avranno raggiunto un pari livello di prestazioni. L'obiettivo di servizio è progressivamente incrementato annualmente sino al raggiungimento, nell'anno 2027, del livello minimo garantito del 33 per cento su base locale, anche attraverso il servizio privato.

Il riparto delle risorse avviene mediante decreto ministeriale, previa intesa in Conferenza Stato-città ed autonomie locali, su proposta della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, tenendo conto, ove disponibili, dei costi standard per la funzione "Asili nido" approvati dalla stessa Commissione. Il contributo per l’anno 2022 è ripartito entro il 28 febbraio 2022 (il relativo d.m. non risulta ancora emanato), mentre per gli anni successivi rimane fermo il termine del 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento. Con il citato decreto ministeriale sono altresì disciplinati gli obiettivi di potenziamento dei posti di asili nido da conseguire, per ciascuna fascia demografica del bacino territoriale di appartenenza, con le risorse assegnate, e le modalità di monitoraggio sull'utilizzo delle risorse stesse. Si prevede, inoltre, che le risorse assegnate possono essere utilizzate dai comuni anche per l’assunzione del personale necessario alla diretta gestione dei servizi educativi per l’infanzia. In tal caso si applica l’articolo 57, comma 3-septies, del D.L. n. 104 del 2020, il quale esclude che le spese relative ad assunzioni fatte in data successiva al 14 ottobre 2020 (data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 104 del 2020), finanziate con risorse provenienti da altri soggetti, nonché le relative entrate poste a copertura, rilevino ai fini del rispetto di limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente.

La legge di bilancio per il 2022 ha incrementato il Fondo di solidarietà comunale con ulteriori risorse finalizzate allo sviluppo dei servizi sociali, in forma singola o associata, da parte dei comuni delle regioni a statuto ordinario, della Sardegna e della Sicilia e per il trasporto scolastico degli studenti disabili. Anche in questi casi sono previsti obiettivi di servizio e modalità di monitoraggio per l’effettivo utilizzo delle risorse all’interno delle finalità stabilite.

 

Occorre ricordare, inoltre, che il PNRR prevede uno stanziamento di 4,6 miliardi di euro fino al 2026 a favore del Piano per asili nido e scuole dell’infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia (Missione 4, Componente 1, Investimento 1.1). In sostanza, le risorse stanziate con la legge di bilancio sono funzionali a garantire la gestione del servizio asili nido, una volta realizzate le infrastrutture previste nell’ambito del PNRR.

 

Con il D.M. n. 343 del 2 dicembre 2021 sono stati definiti i criteri di riparto, su base regionale, delle risorse del PNRR e le modalità di individuazione degli interventi di edilizia scolastica. Sulla base del decreto è stato pubblicato l’avviso pubblico del 2 dicembre 2021 con il quale il Ministero dell’istruzione ha avviato la procedura per la costruzione, riqualificazione e messa in sicurezza degli asili nido e delle scuole dell’infanzia, con una dotazione di 3 miliardi di euro, di cui 2,4 miliardi destinati al potenziamento delle infrastrutture per la fascia di età 0-2 anni e 0,6 miliardi destinati al potenziamento delle infrastrutture per la fascia di età 3-5 anni. Il 55,29% delle risorse per il potenziamento delle infrastrutture per la fascia di età 0-2 anni e il 40% delle risorse per il potenziamento delle infrastrutture per la fascia di età 3-5 anni sono destinati a candidature proposte da parte di enti locali appartenenti alle Regioni del Mezzogiorno.

 

Infine, lo schema di DPCM in esame provvede all’individuazione del fabbisogno standard complessivo per ciascun comune delle regioni a statuto ordinario.

A tal fine in appendice allo schema sono riportati, per ciascuno dei 6.565 comuni delle regioni a statuo ordinario, i coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle otto funzioni Generali, Polizia locale, Istruzione pubblica, Rifiuti, TPL, Viabilità e territorio, Sociale, Asili nido. Per ogni comune il nuovo coefficiente di riparto complessivo è stato ottenuto dalla media ponderata dei coefficienti di riparto aggiornati di ogni singolo servizio, al netto del servizio Rifiuti (la cui componente è neutralizzata).

 


 

 

Il finanziamento dei servizi sociali e asili nido

 

Tra le funzioni fondamentali dei comuni è compresa la funzione sociale, che il D.Lgs n. 216 del 2010 ha scorporato in due ambiti trattati separatamente dal punto di vista metodologico:

         il settore sociale al netto del servizio di Asili nido (servizi sociali) che include una molteplicità di prestazioni rivolte al territorio comunale e che interessano diverse fasce di utenza tra cui i minori, i giovani, gli anziani, le famiglie, i disabili, le persone dipendenti da alcol o droghe, le persone con problemi di salute mentale, gli immigrati e i nomadi, nonché gli adulti con disagio socio-economico;

         il settore asili nido che comprende il servizio rivolto alla prima infanzia a favore dei bambini con età compresa tra zero e due anni.

Preme qui ricordare che, oltre le risorse perequative inserite nel Fondo di solidarietà comunale, gli asili nido e i servizi sociali godono di altre importanti linee di finanziamento.

Gli asili nidi, istituiti in Italia nel 1971 come “servizi sociali di interesse pubblico” (legge n. 1044 del 1971), sono stati finanziati in un primo tempo attraverso le risorse stanziate dalla legge finanziaria 2007 per un Piano per lo Sviluppo del Sistema Territoriale dei Servizi Socio-educativi per la prima infanzia. Il Piano si proponeva di costruire una rete integrata, estesa, qualificata e differenziata in tutto il territorio nazionale, relativa agli asili nido, ai servizi integrativi e ai servizi innovativi nei luoghi di lavoro, volta a promuovere il benessere e lo sviluppo sociale ed educativo dei bambini, il sostegno del ruolo genitoriale, la conciliazione dei tempi di lavoro e di cura tenendo conto della necessità di assicurare un adeguato livello di copertura della domanda dei servizi socio-educativi, stabilito nella misura media nazionale del 13% e, all'interno del sistema integrato di ciascuna Regione, in misura non inferiore al 6%.

Successivamente, la riforma della “Buona scuola” (legge n. 107 del 2015) ha sottratto gli asili nido dall’ambito assistenziale e ha integrato i servizi educativi per l’infanzia (zero/tre anni) e le scuole dell’infanzia (tre/sei anni) in un unico "Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni", disciplinato dal D. Lgs. n. 65 del 2017 che ha istituito un Fondo dedicato nel quale confluiscono le risorse del Piano di azione pluriennale indirizzate a:

a)      interventi di nuove costruzioni, ristrutturazione, messa in sicurezza, risparmio energetico di edifici pubblici che accolgono scuole e servizi per l’infanzia;

b)      finanziamento di spese di gestione delle scuole e dei servizi educativi per l’infanzia, per abbassarne i costi per le famiglie e migliorarne l’offerta;

c)      interventi di formazione continua in servizio del personale educativo e docente e la promozione dei coordinamenti pedagogici territoriali.

 

Il rapporto Nidi e servizi educativi per l’infanzia del giugno 2020, curato dal Dipartimento politiche per la famiglia e l’Istat, chiarisce come il tradizionale ruolo del nido d’infanzia come servizio assistenziale e di sostegno al lavoro femminile ha fatto sì che la diffusione dei servizi per la prima infanzia fosse guidata dal grado di sviluppo economico dei territori. Il risultato è una forte eterogeneità dell’offerta pubblica e privata sul territorio, dettagliatamente illustrata nel report, sulla quale si riflettono anche le scelte operate nel corso di decenni dalle amministrazioni regionali e comunali, che crea forti iniquità nelle opportunità di accesso a sfavore del Mezzogiorno. Nelle regioni meridionali i posti disponibili nei nidi e nei servizi integrativi pubblici e privati non raggiungono mediamente il 15% del potenziale bacino di utenza, costituito dai bambini fino a 3 anni di età, contro una media italiana del 24,7% (per la diffusione territoriale e i costi per l’utenza, si rinvia al Report Istat Offerta di asili nido e servizi integrativi per la prima infanzia | anno educativo 2018/2019). La carenza di investimenti pubblici e di spese correnti da parte dei Comuni è spesso associata ad una scarsa diffusione anche dei servizi privati. Il rapporto sottolinea inoltre come i contributi statali introdotti con la legge n. 232 del 2016, erogati a partire dal 2017 (“bonus nido”), hanno dato un impulso positivo allo sviluppo del sistema, contribuendo probabilmente all’aumento della domanda e dei tassi di utilizzo dei servizi registrati negli anni più recenti.

Nel report Nidi e servizi integrativi per la prima infanzia dell’ISTAT del 4 novembre 2021 si evidenzia che alla fine del 2019 sul territorio nazionale erano 13.834 i servizi educativi per la prima infanzia con oltre 361 mila posti autorizzati (circa la metà nel settore pubblico). Nel 2021, un’indagine ad hoc ha evidenziato aumenti generalizzati sia dei costi di gestione delle strutture (85% dei casi), sia dei costi straordinari (88%). A fronte delle criticità riscontrate, il 55% dei gestori ha ricevuto contributi straordinari dal settore pubblico e circa il 62% ha attivato ammortizzatori sociali come la Cassa integrazione o il Fondo d'integrazione salariale. Nonostante i segnali di miglioramento, l’offerta si conferma ancora sotto il parametro Ue pari al 33% di copertura dei posti rispetto ai bambini. Questo era il target da raggiungere entro il 2010, stabilito nel 2002 in sede di Consiglio europeo di Barcellona, a sostegno della conciliazione tra vita familiare e lavorativa e della maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Permangono ampi divari territoriali: sia il Nord-est che il Centro Italia consolidano la copertura sopra il target europeo (rispettivamente 34,5% e 35,3%); il Nord-ovest è sotto ma non lontano dall’obiettivo (31,4%) mentre il Sud (14,5 %) e le Isole (15,7%), pur in miglioramento, risultano ancora distanti dal target. A livello regionale i livelli di copertura più alti si registrano in Valle D’Aosta (43,9%), seguita da diverse regioni del Centro-nord, tutte sopra il target europeo. Dal 2019 anche il Lazio e il Friuli-Venezia Giulia superano il 33% (rispettivamente 34,3% e 33,7%). Sul versante opposto Campania e Calabria sono ancora sotto l’11%.


 

 

Il ruolo dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali
nella ripartizione del Fondo di solidarietà comunale

 

Nel definire i principi fondamentali del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali, la legge delega n. 42 del 2009 distingue le spese che investono i diritti fondamentali e le funzioni fondamentali degli enti locali - per le quali si prevede l'integrale copertura dei fabbisogni finanziari - rispetto a quelle che, invece, vengono affidate in misura maggiore al finanziamento con gli strumenti propri della autonomia tributaria, per le quali si prevede una perequazione delle capacità fiscali, ossia un finanziamento delle funzioni che tiene conto dei livelli di ricchezza differenziati dei territori.

Per le funzioni concernenti i diritti civili e sociali, spetta allo Stato definire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale in condizione di efficienza e di appropriatezza. Ad essi sono associati i fabbisogni standard necessari ad assicurare tali prestazioni. I fabbisogni standard, introdotti con il D.Lgs. n. 216/2010, costituiscono dunque i parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica. Le funzioni diverse da quelle fondamentali devono invece essere finanziate secondo un modello di perequazione delle capacità fiscali, che dovrebbe concretizzarsi in un tendenziale avvicinamento delle risorse a disposizione dei diversi territori, senza tuttavia alterare l'ordine delle rispettive capacità fiscali.

Il nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, delineato dalla legge n. 42/2009, è stato quindi incentrato sul superamento del sistema di finanza derivata e sull'attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati, nel rispetto dei principi di solidarietà, riequilibrio territoriale e coesione sociale sottesi al nostro sistema costituzionale. I provvedimenti attuativi della legge delega sul federalismo fiscale hanno determinato quindi la soppressione dei tradizionali trasferimenti erariali aventi carattere di generalità e permanenza e la loro sostituzione - ai fini del finanziamento delle funzioni degli enti locali - con entrate proprie e con risorse di carattere perequativo, dirette a ridurre le differenze tra le capacità fiscali.

Il Fondo di solidarietà comunale, alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni, è finalizzato ad assicurare un'equa distribuzione delle risorse ai comuni, con funzioni sia di compensazione delle risorse attribuite in passato sia di perequazione, in un'ottica di progressivo abbandono della spesa storica. I criteri di ripartizione del Fondo - definiti dal comma 449 dell'articolo 1 della legge n. 232/2016 e successive modificazioni - distinguono due diverse componenti del Fondo: a) una componente c.d. "ristorativa", costituita dalle risorse statali destinate a garantire ai comuni il ristoro del minor gettito derivante dalle esenzioni e agevolazioni IMU e TASI introdotte dalla legge di stabilità 2016, ripartita sulla base del gettito effettivo IMU e TASI relativo all'anno 2015; b) una componente "tradizionale", destinata al riequilibrio delle risorse storiche, un parte della quale viene annualmente accantonata e ripartita tra i comuni delle regioni a statuto ordinario (RSO) secondo criteri di tipo perequativi, basati sulla differenza tra capacità fiscali e fabbisogni standard.

L'applicazione di criteri di riparto di tipo perequativo nella distribuzione delle risorse del Fondo è iniziata nel 2015 con l'assegnazione di quote via via crescenti del Fondo, in previsione del raggiungimento del 100% della perequazione nell'anno 2021. La progressione del meccanismo di perequazione è stata, tuttavia, sospesa nell'anno 2019 (art. 1, comma 921, legge n. 145/2018). Successivamente, con il D.L. n. 124 del 2019, si è giunti alla definizione di un percorso molto più graduale di applicazione del meccanismo perequativo, che prevede un incremento costante della quota percentuale del Fondo sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dall'anno 2030. Anche l’ammontare complessivo della capacità fiscale perequabile (c.d. “target perequativo”) dei comuni delle RSO, determinato fino al 2019 in misura pari al 50%, è previsto incrementare progressivamente del 5 per cento annuo a decorrere dal 2020, sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dal 2029.

Si segnala, infine, che l'articolo 37, comma 1, del D.L. n. 50/2017, modificando il comma 449 (lettera c) della legge n. 232/2016, ha richiesto alla Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) di introdurre una metodologia per la neutralizzazione della componente rifiuti, nella determinazione della differenza tra le capacità fiscali e il fabbisogno standard.

Per l'anno 2022, in linea con quanto sopra indicato, la dotazione tradizionale del FSC per i comuni delle RSO, è stata ripartita in due quote: la prima quota, pari a 752 milioni, corrispondente al 40% della dotazione, è ripartita secondo il criterio di compensazione delle risorse storiche; la seconda quota, pari a 1.128 milioni, corrispondente al 60% della dotazione, è ripartita secondo il criterio perequativo in base alla differenza tra capacità fiscale e fabbisogni standard.

Per il riparto del Fondo 2022, si è inoltre proceduto alla neutralizzazione completata degli effetti generati dalla componente rifiuti secondo quanto deciso con parere unanime dalla CTFS nella seduta del 13 ottobre 2020, che prevede che la funzione rifiuti sia esclusa, contemporaneamente sia dalla composizione del coefficiente di riparto dei fabbisogni standard che dalla composizione del coefficiente di riparto della capacità fiscale complessiva.

Con l’avvio del sistema di perequazione, dal 2015, ai comuni delle regioni a statuto ordinario non è stata più assicurata l'invarianza delle risorse, avviandosi così il più volte teorizzato processo di allontanamento dalla spesa storica a favore dei fabbisogni standard. L'applicazione di criteri di riparto di tipo perequativo comporta, per i comuni con i fabbisogni standard superiori alle capacità fiscali, un incremento della quota del fondo di solidarietà comunale ad essi spettante (ovvero, in caso di enti incapienti, una diminuzione delle somme da versare al fondo), mentre, per i comuni con fabbisogni standard inferiori alle capacità fiscali, una riduzione della quota del fondo (ovvero, in caso di incapienza, un incremento delle somme da versare). La maggiore gradualità nel percorso di perequazione, definita dalla legge di bilancio per il 2020, è anche dovuta al fatto che il progressivo rafforzamento della componente perequativa ha comportato alcune distorsioni nella redistribuzione delle risorse del Fondo di solidarietà, che hanno di fatto richiesto, a più riprese, l'intervento del legislatore, con la previsione di meccanismi correttivi in grado di contenere il differenziale di risorse, rispetto a quelle storiche di riferimento, che si viene a determinare con l'applicazione del meccanismo della perequazione, soprattutto nei comuni di minori dimensioni (disciplinati dal comma 449, lett. da d-bis) a d-quater), della legge n. 232/2016).