Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP26 6 ottobre 2021 |
Indice |
Introduzione: dal Protocollo di Kyoto all'Accordo di Parigi|Le iniziative internazionali in vista della COP26|Il quadro europeo|Il quadro nazionale italiano| |
Introduzione: dal Protocollo di Kyoto all'Accordo di ParigiIl Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) è entrato in vigore nel febbraio 2005 e ha regolamentato per il periodo 2008-2012 le emissioni di gas ad effetto serra, primo tra tutti l'anidride carbonica (CO2). Il Protocollo prevedeva per l'UE una riduzione delle emissioni dell'8% rispetto ai livelli del 1990 e, per l'Italia, una riduzione del 6,5% rispetto al 1990.
L'Accordo di ParigiIl 12 dicembre 2015 si è conclusa a Parigi la XXI Conferenza delle Parti (COP21), con l'obiettivo di pervenire alla firma di un accordo volto a regolare il periodo post-2020. Tale accordo, adottato con la decisione 1/CP21, definisce quale obiettivo di lungo termine il contenimento dell'aumento della temperatura ben al di sotto dei 2°C e il perseguimento degli sforzi di limitare l'aumento a 1.5°C rispetto ai livelli pre-industriali. L'accordo prevede che ogni Paese, al momento dell'adesione, comunichi il proprio "contributo determinato a livello nazionale" (INDC – Intended Nationally Determined Contribution) con l'obbligo di perseguire misure domestiche per la sua attuazione. Ogni successivo contributo nazionale (da comunicare ogni cinque anni) dovrà costituire un avanzamento rispetto allo sforzo precedentemente rappresentato con il primo contributo. L'Accordo di Parigi è entrato in vigore il 4 novembre 2016 (ovvero 30 giorni dopo il deposito degli strumenti di ratifica da parte di almeno 55 Parti della Convenzione che rappresentano almeno il 55% delle emissioni mondiali di gas-serra) e si applica dal 2021.
L'accordo di Parigi si inquadra nella cornice più ampia definita dall'
Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (il programma d'azione adottato all'unanimità dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite nel settembre 2015) e si integra con i traguardi dell'Agenda, a partire dall'obiettivo 13 "Lotta contro il cambiamento climatico". In particolare, l'Accordo di Parigi definisce nel dettaglio i contenuti del sotto-obiettivo 13.2 dell'Agenda 2030, che richiede di "integrare le misure di cambiamento climatico nelle politiche, strategie e pianificazione nazionali".
L'Italia ha ratificato l'Accordo di Parigi con la legge n. 204/2016. In base a quanto chiarito con il Comunicato del Ministero degli affari esteri pubblicato nella G.U. del 6 dicembre 2016, l'Accordo è entrato in vigore per l'Italia l'11 dicembre 2016. |
Le iniziative internazionali in vista della COP26Il 2021 costituisce un anno cruciale per la transizione ecologica e climatica, contrassegnato da una serie di conferenze internazionali e dall'avvio di importanti programmi promossi dalle Nazioni Unite per salvaguardare l'ecosistema terrestre e contenere gli effetti dei cambiamenti climatici a livello planetario: dal lancio del Decennio delle Nazioni Unite sul ripristino dell'ecosistema (2021-2030) e di quello delle scienze del mare per lo sviluppo sostenibile, dal Vertice mondiale sui Sistemi alimentari fino alla COP26.
All'inizio dell'anno si è aperto il Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile, una piattaforma mondiale, articolata lungo il 2021-2030 per mobilitare la comunità scientifica, i governi, il settore privato e la società civile intorno a un programma comune di ricerca e di innovazione tecnologica per un oceano pulito, sano, sicuro e sostenibile.
Il progetto, lanciato dalla
Commissione oceanografica intergovernativa dell'UNESCO (IOC-UNESCO) intende far sì che il decennio 2021-2030 venga dedicato alla concretizzazione di un progetto comune che coinvolga il mondo scientifico, i governi, le imprese e i cittadini.
Il
Rapporto speciale su oceano e criosfera IPCC ha rivelato come d
all'equatore ai poli lo scioglimento dei ghiacciai, l'innalzamento del livello del mare, il riscaldamento degli oceani e altri processi stiano distruggendo gli ecosistemi marini sul nostro pianeta. Per raggiungere l'obiettivo entro il 2030, occorrerà un approccio multidisciplinare che attraversi tutti i settori nel campo delle scienze oceaniche. Partenariati e cooperazione a livello internazionale saranno dunque al cuore del programma decennale, che coinvolgerà anche le comunità indigene, spesso a più alto rischio a causa dei cambiamenti climatici.
La fase preparatoria del Vertice di Glasgow è stata caratterizzata dall'esigenza di affrontare due ordini di criticità emersi con chiarezza in questi ultimi anni in sede di attuazione dell'Accordo di Parigi sul clima. Da un lato, infatti, i cosiddetti "contributi determinati a livello nazionale" (NDC), con cui le Parti si danno propri obiettivi di riduzione delle emissioni, appaiono oggi inadeguati a permettere di raggiungere l'obiettivo di limitare l'aumento della temperatura a 2 gradi centigradi, e a maggior ragione sono perciò inadeguati rispetto all'obiettivo più ambizioso di limitare l'aumento a 1,5 gradi centigradi. Dall'altro lato, rimangono da risolvere i seguenti punti controversi che hanno accompagnato i negoziati successivi al 2015 con un continuo rinvio della soluzione, ormai improrogabile: - la finalizzazione delle regole tecniche dell'Accordo di Parigi (a cominciare dall'allineamento dei tempi e format per la definizione degli impegni nazionali sul clima, la definizione di criteri di maggiore trasparenza per misurare e valutare gli sforzi dei Paesi, il funzionamento del mercato volontario delle emissioni); - la revisione dei meccanismi di cooperazione su perdite economiche e danni all'ambiente causati dai cambiamenti climatici; - la definizione di politiche condivise di adattamento; - il tema – sempre problematico – del finanziamento delle azioni per il clima (a cominciare dall'impegno assunto dai Paesi sviluppati nel 2009 di mobilitare entro il 2020 100 miliardi di dollari all'anno di finanziamenti per le misure di adattamento e mitigazione dei Paesi in via di sviluppo). Complessivamente, al netto del dinamismo dell'UE riconosciuto internazionalmente, i Paesi sviluppati non sono riusciti a fornire chiari segnali di un reale impegno per affrontare le crescenti e urgenti necessità dei Paesi in via di sviluppo e dell'emergenza climatica. In questo contesto, occorre segnalare la scelta dell'Amministrazione statunitense di Joe Biden di rientrare nell'Accordo di Parigi e di aggiornare gli impegni nazionali, cui si aggiunge la posizione assunta dalla Cina, che si dice pronta a raggiungere emissioni nette zero entro il 2060, un obiettivo significativo per il più grande emettitore del mondo. Il nostro Paese è chiamato a svolgere un ruolo essenziale, oltre che in seno all'UE (attraverso l'attuazione del PNRR), con la presidenza di turno del G20 e la co-presidenza della COP26, che si è tradotta nell'ospitare un evento specifico per i giovani (Youth4Climate2020) e la Pre-COP26 che ha aperto la strada ai negoziati finali di Glasgow. Riepilogando gli eventi recenti in ordine cronologico, il 12 dicembre 2020, in occasione del V anniversario dell'adozione dell'Accordo di Parigi, si è tenuto un vertice virtuale sull'ambizione climatica a livello di leader politici internazionali, co-ospitato congiuntamente dalle Nazioni Unite, dalla presidenza britannica della COP26 e dalla Francia, in collaborazione con il Cile (presidente nel 2019 della COP25, ospitata poi dalla Spagna a causa della difficile situazione che il Cile stava affrontando) e l'Italia, co-presidente della COP26. Il vertice virtuale, insieme ad una serie di cosiddetti dialoghi, è servito come piattaforma per i governi e gli attori statali e non statali per fare il punto sui progressi complessivi dell'azione per il clima compiuti nel 2020 e ha fornito uno spazio informale per i negoziatori per migliorare la comprensione delle questioni in sospeso in preparazione dei negoziati nel 2021. La nuova posizione di Washington di fronte ai cambiamenti climatici, cui si è accennato, è stata esplicitata dal presidente americano Biden nel summit dei leader mondiali sul clima da lui convocato in occasione della Giornata della Terra (12 aprile 2021): in quell'occasione gli USA si sono impegnati ad assicurare un taglio delle emissioni fra il 50 e il 52% entro il 2030, cercando di assicurarsi una posizione di leadership a livello globale sul tema.
L'annuncio del Presidente USA costituisce inoltre un significativo passo avanti anche rispetto agli impegni assunti dall'Amministrazione Obama, ovvero una riduzione fra il 25 e il 28% entro il 2025, "a segnalare che la decisione di Biden di rientrare nell'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici è solo l'inizio di uno sforzo aggressivo che comprende anche tentare di spingere gli altri paesi nella stessa direzione" secondo quanto ha osservato il
New York Times.
Da parte europea, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha affermato in quella sede che "il nostro impegno politico per diventare il primo continente climaticamente neutro entro il 2050 è ora anche un impegno legale"; von der Leyen ha anche sottolineato l'importanza degli obiettivi fissati per offrire una prospettiva migliore alle prossime generazioni.
L'articolata stagione di vertici e di conferenze internazionali sulle problematiche connesse ai cambiamenti climatici è proseguita a maggio - con un anno di ritardo, dovuto all'emergenza pandemica - con lo svolgimento della sessione di lavoro, a Bonn, dell'organismo sussidiario di consulenza scientifica, tecnica e tecnologica (SBSTA) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite su cambiamenti climatici (UNFCCC). Tra maggio e giugno si sono tenute a Bonn le LII sessioni di lavoro dell'Organismo sussidiario di attuazione (Subsidiary Body for Implementation, SBI) e dell'Organismo sussidiario di consulenza scientifica e tecnologica (Subsidiary Body for Scientific and Technological Advice, SBSTA) dell'UNFCCC. Il 2021 è un anno cruciale per la transizione ecologica e climatica, con una serie di eventi globali che si svolgeranno nei prossimi mesi: la Conferenza delle Parti (COP) delle tre Convenzioni di Rio sui cambiamenti climatici, la biodiversità e la desertificazione, il lancio del Decennio delle Nazioni Unite (2021-2030) sul ripristino dell'ecosistema, il Vertice sui sistemi alimentari delle Nazioni Unite e la Conferenza oceanica delle Nazioni Unite. Un particolare rilievo ha assunto, in tale prospettiva, lo svolgimento della Riunione dei ministri dell'energia e dell'ambiente del G20, svoltasi a Napoli del 22 e 23 luglio scorsi che ha consentito alla Presidenza italiana di avanzare una serie di proposte-chiave alla comunità internazionale, orientandola verso obiettivi ambiziosi di tutela ambientale, progresso sociale e benessere umano. La prima giornata della riunione ministeriale G20, conclusasi con l'approvazione di un comunicato congiunto, frutto di settimane di trattative, evidenzia tre grandi aree tematiche in tema di protezione dell'ambiente: 1) biodiversità: protezione del capitale naturale e ripristino degli ecosistemi con soluzioni basate sulla natura, difesa e ripristino del suolo, protezione delle risorse idriche, oceani e mari compresa la prevenzione e la riduzione dei rifiuti plastici marini; 2) uso efficiente delle risorse ed economia circolare: visione del G20 sull'economia circolare con un focus su tessile e moda sostenibili, città circolari, istruzione e formazione; riconoscimento per la prima volta dei risultati del recente rapporto IPBES e IPCC lanciato il 10 giugno 2021 sul legame tra biodiversità e cambiamento climatico; 3) finanza sostenibile: concentrarsi su specifiche esigenze di finanziamento per la protezione e il ripristino degli ecosistemi come contributo al lavoro del G20 sulla forma futura del sistema finanziario globale. Una peculiare evidenza assumono altresì, nell'architettura delineata dal documento, i temi dell'economia circolare, in relazione ai quali i Paesi G20 s'impegnano volontariamente a raddoppiare la circolarità dei materiali entro il 2030, quelli dell'inclusione dei giovani nei processi decisionali legati alle questioni ambientali e quelli della finanza verde, nella prospettiva di rafforzare gli investimenti nelle attività del capitale naturale, promuovendo sinergie tra i flussi finanziari destinati al clima, alla biodiversità e agli ecosistemi. La seconda giornata della riunione si è invece concentrata sui grandi nodi del clima e dell'energia: al termine di una difficile mediazione, promossa dal ministro della transizione ecologica Stefano Cingolani e dall'inviato statunitense per il clima, John Kerry, si è pervenuti ad un'intesa in 58 punti, in cui si confermano tutti gli obiettivi già sottoscritti nell'accordo di Parigi, e quindi l'impegno a mantenere l'innalzamento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2 gradi rispetto al periodo preindustriale. Su due punti, tuttavia, riguardanti la riduzione di un grado e mezzo e la decarbonizzazione entro il decennio, si è registrata la contrarietà di India e Cina: la discussione è stata rimandata a ottobre quando a Roma si terrà il G20 dei capi di stato e di governo seguita poi dalla COP26 di Glasgow.
In sostanza, se i paesi del G20 sembrano essere allineati sulla
necessità di raggiungere la carbon neutrality riducendo a zero le emissioni di CO2, quanto velocemente farlo resta il nodo del contendere. Da una parte i membri del G7 puntano alla neutralità carbonica entro il 2050. Dall'altra, Stati come Cina, Russia, India, Indonesia e Arabia Saudita rimangono freddi sull'ipotesi dell'impatto zero entro tre decenni, resistendo ai tentativi – anche della presidenza italiana – di rendere più vincolanti gli impegni assunti in sede G20. Ulteriore scoglio nelle trattative è anche l'annosa questione su chi finanzierà la transizione: gli Stati del Sud del mondo insistono sulla necessità che siano i paesi sviluppati ad assumersi la responsabilità di finanziare la lotta al cambiamento climatico. Il
documento finale registra comunque la convergenza di Stati molto distanti tra loro in termini di politica ambientale su temi divisivi come la transizione energetica, i cambiamenti climatici e la necessità di tenere l'incremento della temperatura del pianeta sotto il grado e mezzo.
Tutti i Paesi G20 hanno concordato che, soprattutto dopo la fase pandemica, la transizione energetica verso le energie rinnovabili costituisce uno strumento per una crescita socio-economica inclusiva e veloce. Al contempo, la Comunità internazionale del G20 riconosce lo stretto nesso tra clima ed energia, condividendo la consapevolezza di ridurre le emissioni globali e di migliorare l'adattamento al cambiamento climatico. Il Decennio per il ripristino degli ecosistemi è stato proclamato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 5 giugno scorso, per per prevenire, arrestare e invertire il degrado degli ecosistemi in tutto il mondo. Guidato dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente e dall'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura, mira a combinare sostegno politico, ricerca scientifica e forza finanziaria con l'obiettivo di far rivivere milioni di ettari di ecosistemi terrestri e acquatici. Il periodo di tempo individuato per agire non è casuale: secondo gli scienziati, infatti, i prossimi dieci anni saranno cruciali nel determinare il successo della battaglia contro il surriscaldamento globale e della strategia per la conservazione della biodiversità. Il nostro Paese ha altresì ospitato a Roma, dal 26 al 28 luglio scorsi, il pre-vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari, co-promosso dal Governo italiano, che ha delineato un'agenda, con il concorso di tutti gli stakeholder del settore, per concordare le future strategie e iniziative per trasformare e rendere più resistenti le filiere alimentari in tutto il mondo. Agnes Kalibata, inviata speciale delle Nazioni Unite al Vertice, ha sottolineato che la chiave per cambiare drasticamente la rotta – che sembra andare verso la polarizzazione delle risorse e la creazione di fratture sempre più profonde tra chi ha e chi non ha – sta proprio nel riconoscere che occorre una coalizione mondiale per battere la fame e la malnutrizione che con la pandemia si sono ulteriormente aggravate, privilegiare le cosiddette filiere corte, investire con un'altra visione che non sia solo il profitto ma la profonda modifica della produzione agricola. Grande rilievo internazionale ha assunto, inoltre, la presentazione, il 9 agosto scorso del VI Rapporto di valutazione dell'IPCC che evidenzia come il degrado ambientale in generale, ed i cambiamenti climatici in particolare, siano già oggi tra le cause scatenanti di notevoli spostamenti di popolazioni sfollate costrette ad abbandonare i loro territori per sfuggire a siccità, inondazioni, carestie. Questa tendenza sta purtroppo aggravandosi e con un aumento di 2 gradi i flussi migratori sarebbero certamente ingestibili e incontrollabili. Il rapporto mette in luce la centralità delle attività umane nella determinazione dei cambiamenti climatici sulla scorta dei progressi degli attuali mezzi di osservazione (come ad esempio i satelliti). Il documento presenta inoltre un'articolata disamina delle diverse realtà regionali del pianeta attraverso l'Atlas interattivo, che fornisce una notevole messe di dati regionali sul cambiamento climatico. Il rapporto raccomanda l'adozione di azioni di adattamento (ossia "la capacità dei sistemi, delle istituzioni, degli esseri umani e degli altri organismi di adattarsi a potenziali danni, per sfruttare le opportunità o per rispondere alle conseguenze") e di mitigazione ("limitando o prevenendo le emissioni di gas serra e potenziando le attività che rimuovono questi gas dall'atmosfera", IPCC 2018). Il Vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari si è svolto il 23 settembre scorso, a New York, nell'ambito dei lavori dell'Assemblea generale dell'ONU: il Vertice ha cercato di porre in evidenza la stretta connessione tra i sistemi alimentari e i problemi mondiali quali la fame, cambiamenti climatici, povertà e disuguaglianze, promuovendo una mobilitazione pubblica, a livello planetario, e l'adozione di impegni perseguibili da parte dai capi di stato e governo di tutto il mondo.
Sulla crisi climatica è di recente intervenuto anche Papa Francesco, il quale ha affermato - in una riunione di giovani economisti riuniti ad Assisi - che "Oggi la nostra madre Terra geme e ci avverte che ci stiamo avvicinando a soglie pericolose. Voi siete forse l'ultima generazione che ci può salvare, non esagero". |
Youth4Climate e PreCOP26Dal 30 settembre al 2 ottobre l'Italia ha promosso a Milano Youth4Climate2020, una conferenza mondiale che s'inserisce nel processo di un coinvolgimento sempre più attivo dei giovani alla causa climatica, iniziato con lo United Nations Youth Climate Summit, tenutosi a New York il 21 settembre 2019. All'evento hanno partecipato 400 ragazzi e ragazze selezionati in collaborazione con l'Ufficio dell'inviato speciale per la gioventù del Segretario Generale, provenienti da tutte le parti del mondo per interagire con i ministri dell'ambiente presenti alla Pre-Cop26. All'iniziativa hanno preso parte le giovani attiviste per lo sviluppo sostenibile Greta Thunberg e Vanessa Nakate, che hanno incontrato il presidente del Consiglio dei ministri Draghi.
La conferenza si è conclusa con l'adozione di un documento articolato in quattro punti. Con il primo, dedicato al ruolo dei giovani nella lotta alla crisi climatica, si chiede ai Governi e alle istituzioni internazionali di coinvolgerli in tutte le questioni che riguardano l'argomento. Il secondo punto riguarda la ripresa dopo la pandemia: qui la richiesta è di puntare sulla transizione energetica, investendo sulle fonti rinnovabili, in grado di garantire posti di lavoro dignitosi, sul rafforzamento delle misure di adattamento e resilienza e su un sistema trasparente di finanza per il clima. Il documento sottolinea l'importanza di un turismo internazionale responsabile, che rispetti le comunità locali. Al terzo punto, sul coinvolgimento dei soggetti non statali, si chiede di sostenere la partecipazione di giovani imprenditori, artisti, agricoltori e atleti nell'adozione di misure contro la crisi climatica. Si chiede inoltre che il settore privato si ponga obiettivi di zero emissioni, che l'industria delle fonti fossili sia chiusa entro il 2030 e che governi e privati cessino di finanziarla. Il quarto punto focalizza l'attenzione sulla costruzione di una società consapevole, con un sistema educativo sul cambiamento climatico.
La Pre-Cop26, l'evento preparatorio della conferenza annuale dell'ONU sul clima, svoltosi sempre a Milano dal 30 settembre al 2 ottobre, ha visto la partecipazione di 50 ministri dell'ambiente che hanno largamente concordato sull'esigenza dii aggiornare gli obiettivi di decarbonizzazione di ciascun Stato, assunti a Parigi nel 2015, oramai inadeguati a mantenere il riscaldamento globale sotto 2 gradi dai livelli pre-industriali (obiettivo minimo dell'Accordo) o sotto 1,5 (obiettivo massimo). |
La conferenza parlamentare di Roma in vista della COP26Per quanto riguarda l'evento parlamentare, che tradizionalmente accompagna quello governativo, esso viene organizzato in collaborazione con l'Unione interparlamentare. In particolare, per quanto riguarda la COP26, il Parlamento italiano aveva raggiunto nel 2019 un accordo con il Parlamento britannico per organizzare a Roma nell'autunno del 2020 la Conferenza parlamentare COP26, mentre il Parlamento britannico si era riservato comunque la possibilità di organizzare a Glasgow una riunione con i parlamentari dei diversi paesi che parteciperanno come osservatori alla Conferenza governativa. Al riguardo si sono avuti nei mesi scorsi dei contatti a livello politico e amministrativo sia con l'Unione interparlamentare (IPU) che con il Gruppo britannico presso l'Unione interparlamentare (BGIPU), in cui questo accordo è stato confermato anche per il 2021. In base agli accordi assunti con la controparte inglese, si è convenuto sull'organizzazione di due riunioni parlamentari COP26, una a Roma, l'altra a Glasgow, che definiranno il documento da presentare al Vertice governativo di Glasgow. A tal fine, sono stati nominati due relatori, uno italiano, l'altro inglese: la Presidente della Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici Alessia Rotta e Alex Sobel, componente del Gruppo britannico presso l'Unione interparlamentare (ove ricopre la carica di Tesoriere). I due parlamentari hanno avuto alcuni incontri in modalità virtuale per delineare le loro priorità e concordare un programma per la stesura della bozza di dichiarazione (Outcome document), da presentare alla conferenza di Roma e successivi incontri per esaminare gli emendamenti riferiti all'Outcome document, il cui testo è stato definito e pubblicato sul sito della Unione interparlamentare. La conferenza parlamentare di Roma sulla COP 26 si terrà l'8 e il 9 ottobre 2021 a Roma presso la Camera dei deputati, mentre la riunione parlamentare di Glasgow è programmata per il 7 novembre 2021. La Conferenza di Roma, che sarà aperta dai Presidenti delle due Camere e dal Ministro per gli Affari Esteri e la Cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, si articolerà in quattro sessioni: - Approcci green alla ripresa post COVID 19; - Lo stato dei negoziati nell'ambito della COP26; - Il finanziamento delle politiche globali per il clima; - Il contributo parlamentare al raggiungimento degli obiettivi della COP26. Si ricorda, infine, che nella XVIII legislatura si è svolta una riunione parlamentare in occasione della COP25, originariamente prevista a Santiago del Cile, poi svoltasi a Madrid dal 2 al 13 dicembre 2019. La riunione, tenutasi il 10 dicembre in collaborazione con l'Unione interparlamentare, ha visto la partecipazione del deputato Antonio Federico, membro della VIII Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici. |
Gli obiettivi della COP26La COP26 - la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021 – si terrà a Glasgow (Regno Unito) dal 1° al 12 novembre 2021. La COP26 è organizzata dal Regno Unito in partenariato con l'Italia, alla quale, come detto, è stato affidato il compito di ospitare la Pre-COP26, che si è svolta a Milano dal 30 settembre al 2 ottobre.
Come si legge sul sito ufficiale, gli obiettivi della COP26 sono così riassumibili:
1. Azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 e puntare a limitare l'aumento delle temperature a 1,5°C: ad ogni Paese si chiede di presentare obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni entro il 2030 che siano allineati con il raggiungimento di un sistema a zero emissioni nette entro la metà del secolo. Per raggiungere questi obiettivi ambiziosi, ciascun Paese dovrà:
2. Adattarsi per la salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali: il clima sta già cambiando e continuerà a cambiare provocando effetti devastanti anche riducendo le emissioni. Alla COP26 si dovranno decidere misure per incoraggiare i Paesi colpiti dai cambiamenti climatici e metterli in condizioni di:
3. Mobilitare i finanziamenti: per raggiungere i primi due obiettivi, i Paesi sviluppati devono mantenere la loro promessa di mobilitare almeno 100 miliardi di dollari l'anno in finanziamenti per il clima entro il 2020. Le istituzioni finanziarie internazionali devono fare la loro parte per liberare le migliaia di miliardi che la finanza pubblica e quella privata dovranno impiegare per raggiungere zero emissioni nette globali. 4. Collaborare: solo lavorando tutti assieme si potranno affrontare le sfide della crisi climatica. Alla COP26 sarà necessario:
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Il quadro europeoAll'indomani della scadenza del periodo regolatorio del Protocollo di Kyoto, e nelle more dell'entrata in vigore dell'emendamento di Doha allo stesso Protocollo di Kyoto (recante gli impegni per il periodo post-2012), l'UE si è impegnata sin dal 1° gennaio 2013 a dare attuazione agli impegni in esso previsti, corrispondenti a quelli del "pacchetto clima-energia" adottato nel 2007 dall'UE. L'obiettivo indicato dal "pacchetto clima-energia" è stato perseguito mediante una serie di strumenti normativi. In particolare si ricordano, per il loro impatto sul sistema produttivo nonché sulla finanza pubblica:
Si fa notare che la direttiva 2003/87/CE è stata di recente profondamente modificata dalla direttiva 2018/410/UE. Le principali modifiche sono volte a potenziare la capacità del sistema ETS di contribuire efficacemente al raggiungimento dell'obiettivo del 40% di abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, in coerenza con il Quadro 2030 delle Politiche per il clima e l'energia dell'UE e come contributo all'Accordo di Parigi sul clima del 2015 (v. infra). La direttiva 2018/410 è stata recepita nell'ordinamento nazionale con il decreto legislativo 9 giugno 2020, n. 47.
Le assegnazioni annuali di emissioni di gas-serra di tutti gli Stati membri per il periodo 2017-2020 (già disposte dalla decisione 2013/162/UE per il periodo 2013-2020) sono state rivedute dalla decisione n. 2017/1471/UE. Si ricorda altresì che gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra per il periodo 2021-2030, per ciascuno degli Stati membri, da raggiungere nei settori non-ETS, sono stati stabiliti dal Regolamento n. 2018/842/UE. L'allegato I di tale regolamento prevede, per l'Italia, una riduzione del 33%. Con la decisione 2020/2126/UE, la Commissione europea ha stabilito le assegnazioni annuali di emissioni degli Stati membri per il periodo 2021-2030 con riferimento alle attività non rientranti nell'ETS.
Dopo la presentazione della Comunicazione sul "Quadro Clima-Energia 2030", il Consiglio europeo del 23-24 ottobre 2014 ha approvato le Conclusioni recanti gli obiettivi per il periodo 2021-2030, costituenti l'INDC dell'UE. L'elemento centrale del nuovo Quadro Clima-Energia 2030 era l'obiettivo di riduzione dei gas serra del 40% a livello europeo rispetto all'anno 1990.
Le citate Conclusioni prevedono, inoltre, obiettivi vincolanti a livello europeo per i consumi finali di energia da fonti rinnovabili ed un target indicativo di efficienza energetica e stabiliscono che l'obiettivo relativo ai gas-serra sia ripartito tra i settori ETS e non-ETS, rispettivamente, in misura pari al 43% e al 30% rispetto al 2005. Al fine di raggiungere tali obiettivi sono stati approvati numerosi provvedimenti legislativi, tra cui la revisione della direttiva ETS (direttiva n. 2018/410/UE), il nuovo regolamento per i settori non-ETS (Regolamento n. 2018/842/UE), nonché il c.d. regolamento LULUCF (Regolamento n. 2018/841/UE) relativo all'inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas-serra risultanti dall'uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura.
Si ricordano altresì la direttiva (UE) 2018/2002 sull'efficienza energetica, che prevede un obiettivo di efficienza energetica al 2030 pari al 32,5%, nonché la direttiva (UE) 2018/2001 sulle fonti rinnovabili, che prevede che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia almeno pari al 32%.
Come si legge nel comunicato del 18 dicembre 2020, in tale data l'UE ha trasmesso all'UNFCCC il proprio NDC, che contiene l'obiettivo aggiornato e rafforzato di ridurre almeno del 55% le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
La strategia europea per un'economia climaticamente neutra entro il 2050 e il Green Deal europeoIl 28 novembre 2018 la Commissione ha presentato la comunicazione "Un pianeta pulito per tutti. Visione strategica europea a lungo termine per un'economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra" (COM(2018)773 final), La comunicazione costituisce il contributo della Commissione europea alla strategia di sviluppo a lungo termine dell'UE a basse emissioni di gas a effetto serra, da adottare e comunicare entro il 2020 alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, conformemente all'Accordo di Parigi. In parallelo, ogni Stato membro è stato invitato ad elaborare una propria strategia nazionale a lungo termine. Dopo lo svolgimento di una consultazione pubblica volta a definire la "Strategia di lungo termine" con orizzonte temporale al 2050, il testo definitivo della Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra è stato adottato e poi trasmesso all'UE nel primo bimestre del 2021. Nel dicembre 2019 il Consiglio europeo ha approvato l'obiettivo di realizzare un'UE a impatto climatico zero entro il 2050 e la Commissione europea ha presentato il Green Deal con la stessa finalità. L'implementazione del Green Deal e il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 restano l'obiettivo prioritario delle politiche dell'Unione anche dopo la crisi provocata dalla pandemia di Covid-19 (Programma di lavoro adattato presentato il 27 maggio 2020). Tra le principali misure prospettate dal Green Deal europeo figura l'approvazione di una "legge europea per il clima", avvenuta poi con il Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 giugno 2021 che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento (UE) 2018/1999 («Normativa europea sul clima»). Tale regolamento stabilisce:
Si fa notare che l'obiettivo intermedio del 55% al 2030 non era contemplato nella proposta di regolamento presentata nel marzo 2020 ed è stato introdotto successivamente (in data 17 settembre 2020). Il Governo italiano ha espresso riserve (cfr. relazione al Parlamento ai sensi della legge 24 dicembre 2012, n. 234) sull'attribuzione alla Commissione europea del potere di stabilire con atti delegati la traiettoria di riduzione delle emissioni dei gas serra nel periodo 2031-2050, ritenendo opportuno il coinvolgimento degli Stati membri. Riserve sono state altresì espresse sull'ipotesi di assegnare l'obiettivo di neutralità climatica ad ogni singolo Stato membro (cfr. le dichiarazioni del Ministro dell'Ambiente nell'audizione svoltasi presso la Camera dei Deputati, nella seduta del 16 giugno 2020).
Degna di rilievo anche la presentazione, avvenuta in data 17 settembre 2020, della comunicazione della Commissione UE "Un traguardo climatico 2030 più ambizioso per l'Europa", che illustra il Piano per l'obiettivo climatico 2030 ed individua gli interventi con cui l'UE si prefigge di conseguire il nuovo più ambizioso obiettivo di riduzione delle emissioni. Il Piano prevede l'aggiornamento del Quadro 2030 per il clima e l'energia e la revisione dei vigenti obiettivi in materia di energie rinnovabili ed efficienza energetica, nonché della normativa in materia di clima ed energia e interventi in tutti i settori dell'economia, a cominciare dal settore energetico e dell'edilizia.
Si ricorda che in data 29 maggio 2020, il Governo ha trasmesso alla Camera un documento concernente la posizione del Governo nell'ambito della procedura di consultazione pubblica avviata dalla Commissione europea sul Patto europeo per il clima nell'ambito del Green Deal europeo (Doc. NN 15, n. 431).
Successivamente il Governo ha trasmesso la relazione concernente la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (UE) 2018/1999 - c.d. legge europea sul clima (Doc. NN 15, n. 453).
Su tale relazione, la Commissione Ambiente del Senato ha approvato la risoluzione Doc. XVIII, n. 21.
Il 14 luglio 2021, la Commissione europea ha quindi adottato un pacchetto di proposte legislative che definiscono come si intende raggiungere la neutralità climatica nell'UE entro il 2050, compreso l'obiettivo intermedio di riduzione netta di almeno il 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030. Tale pacchetto, denominato "Fit for 55%", propone dunque di rivedere diversi atti legislativi dell'UE sul clima, tra cui l'EU ETS, il regolamento sulla condivisione degli sforzi, la legislazione sui trasporti e l'uso del suolo, definendo in termini reali i modi in cui la Commissione intende raggiungere gli obiettivi climatici dell'UE nell'ambito del Green Deal europeo. Si segnala anche la pubblicazione del regolamento (UE) 2021/1056 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 giugno 2021 che istituisce il Fondo per una transizione giusta, al fine di fornire sostegno alle persone, alle economie e all'ambiente dei territori che fanno fronte a gravi sfide socioeconomiche derivanti dal processo di transizione verso gli obiettivi 2030 dell'Unione per l'energia e il clima e verso un'economia climaticamente neutra dell'Unione entro il 2050.
Per approfondimenti sulle iniziative e sulla posizione negoziale dell'Unione europea in vista della COP26 si rinvia al
dossier dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea.
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Il quadro nazionale italianoIl piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC)Come ricordato nella "Relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra" allegata al DEF 2020, con il Regolamento (UE) 2018/1999 è stato istituito un sistema di Governance dell'Unione dell'Energia, che mira a pianificare e tracciare le politiche e misure messe in atto dagli Stati Membri dell'UE al fine del raggiungimento degli obiettivi in materia di riduzione delle emissioni, incremento dell'efficienza energetica, ricerca e innovazione, sicurezza energetica e sviluppo del mercato interno dell'energia. Il meccanismo di governance è basato sulle strategie a lungo termine, sui piani nazionali integrati per l'energia e il clima (PNIEC) che coprono periodi di dieci anni a partire dal decennio 2021-2030, sulle corrispondenti relazioni intermedie nazionali integrate sull'energia e il clima trasmesse dagli Stati membri e sulle modalità di monitoraggio della Commissione. Tale meccanismo prevede un processo strutturato, trasparente e iterativo tra la Commissione e gli Stati membri volto alla messa a punto e alla successiva attuazione dei PNIEC. Nell'ambito di questo inquadramento, il 31 dicembre 2019 è stato inviato alla Commissione il testo definitivo del PNIEC dell'Italia con orizzonte al 2030, il cui obiettivo è quello di realizzare una nuova politica energetica che assicuri la piena sostenibilità ambientale, sociale ed economica e accompagni tale transizione.
Per addivenire alla stesura del citato testo definitivo, l'Italia aveva inviato, l'8 gennaio 2019, alla Commissione UE la propria proposta di PNIEC, su cui la Commissione europea si era pronunciata con la raccomandazione 18 giugno 2019, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'UE del 3 settembre 2019. Successivamente all'ottenimento del parere della Conferenza unificata (reso nella seduta del 18 dicembre 2019), la versione definitiva del PNIEC è stata trasmessa alla Commissione europea, come segnalato nel comunicato stampa del 21 gennaio 2020 del Ministero dell'ambiente.
Sul testo definitivo del PNIEC italiano, la Commissione europea si è pronunciata in data 14 ottobre 2020 (SWD(2020)911 final).
Le azioni dell'Italia per il raggiungimento degli obiettivi al 2020 e al 2030 e gli investimenti del PNRR per la transizione ecologicaNella "Relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra" allegata al DEF 2021, viene evidenziato, relativamente agli obiettivi da raggiungere entro il 2020, che "sulla base degli scenari emissivi più aggiornati, la piena attuazione delle politiche e misure ad oggi approvate permette all'Italia di ottenere riduzioni di emissione superiori a quelle necessarie per adempiere agli obiettivi di cui alla Decisione 406/2009/CE (Decisione ‘Effort Sharing'). La stessa relazione fornisce le stime delle emissioni di gas serra (riferite sia ai settori ETS che non-ETS) fino al 2030, che evidenziano, per l'Italia, che l'implementazione delle misure previste dal Piano nazionale per l'energia e il clima (PNIEC) dovrebbe consentire il raggiungimento sia degli obiettivi per i settori ETS (con le misure previste dal PNIEC la riduzione al 2030, rispetto al 2005, dovrebbe essere del 61%) che di quelli per i settori non-ETS (con le misure previste dal PNIEC la riduzione al 2030, rispetto al 2005, dovrebbe essere del 39%).
Nella relazione viene però anche sottolineato che tale analisi fa riferimento ad uno scenario ormai superato, in quanto il Consiglio UE del dicembre 2020 ha stabilito un nuovo obiettivo vincolante di riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 (elevando il precedente obiettivo del 40%), per mettere l'Unione in linea con il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Nella relazione viene altresì evidenziato che "Al momento, il citato obiettivo, tuttavia, non è ancora stato tradotto in normativa attuativa" e pertanto la relazione si limita a considerare gli obiettivi vigenti. In relazione al raggiungimento del nuovo obiettivo stabilito dal Consiglio UE del dicembre 2020, la relazione ricorda che "nell'ambito del Next Generation EU, lo strumento stabilito a livello europeo per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19, il Governo sta finalizzando il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il programma di investimenti disegnato per rendere l'Italia un Paese più equo, verde e inclusivo, con un'economia più competitiva, dinamica e innovativa. Il più ampio stanziamento di risorse è previsto per la missione ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica', alla quale sarà destinato più del 31% dell'ammontare complessivo del Piano, per circa 70 miliardi di euro per intensificare l'impegno dell'Italia in linea con gli obiettivi ambiziosi del Green Deal sui temi legati all'efficienza energetica e riqualificazione degli edifici, mobilità sostenibile, potenziando le infrastrutture e le ciclovie e rinnovando in modo deciso il parco circolante del TPL, per incrementare la quota di energia prodotta da rinnovabili e stimolare la filiera industriale, inclusa quella dell'idrogeno, e digitalizzare le infrastrutture di rete". Si fa notare che l'importo indicato sembra corrispondere al totale delle risorse che nel testo del PNRR sono state poi effettivamente destinate alla missione 2 "Rivoluzione verde e transizione ecologica" (pari a 69,93 miliardi di euro). Nel mese di aprile 2021 l'ISPRA ha presentato il National Inventory Report 2021 e l'Informative Inventory report 2021 secondo cui "nel 2019 le emissioni di gas serra diminuiscono del 19% rispetto al 1990, passando da 519 a 418 milioni di tonnellate di CO2 equivalente e del 2,4% rispetto al 2018. La diminuzione è dovuta alla crescita negli ultimi anni della produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico), all'incremento dell'efficienza energetica nei settori industriali e alla riduzione dell'uso del carbone. I settori della produzione di energia e dei trasporti restano responsabili di circa la metà delle emissioni nazionali di gas climalteranti".
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Le misure previste dal PNRR e dal Piano per la transizione ecologicaIl nuovo livello di ambizione nel contrasto all'emergenza climatica definito in ambito europeo (illustrato nei paragrafi precedenti) fornisce l'inquadramento strategico per l'evoluzione del sistema programmatorio e normativo europeo ed interno. Il Piano nazionale italiano di ripresa e resilienza (PNRR), recentemente approvato dal Consiglio dell'UE, profila infatti un futuro aggiornamento del PNIEC e della Strategia di lungo termine per la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra, per riflettere i mutamenti nel frattempo intervenuti nella definizione degli obiettivi di riduzione delle emissioni in sede europea.
Nella risposta all'
interrogazione 3/02399, resa nella seduta del 14 luglio 2021, il Ministro della transizione ecologica ha sottolineato che "il Governo sta lavorando all'aggiornamento del PNIEC, che sarà occasione di confronto con le Commissioni parlamentari competenti. Affronteremo il tema dei target, ma anche di come arrivare a ottenerli e di quali effetti gestire, cercando di coniugare sostenibilità, competitività e sicurezza".
Le misure previste dal PNRRIl 25 aprile il Governo ha trasmesso al Parlamento il testo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), oggetto di comunicazioni del Presidente del Consiglio alle Assemblee di Camera e Senato il 26 e 27 aprile. Sulle comunicazioni sono state approvate le risoluzioni n. 6/00189 della Camera e n. 6/00188 del Senato. Il 30 aprile 2021 il Governo ha quindi ufficialmente trasmesso il testo definitivo del PNRR alla Commissione europea; il 4 maggio 2021 il testo è stato trasmesso anche al Parlamento italiano. Successivamente, in data 13 luglio 2021, il PNRR dell'Italia è stato definitivamente approvato con Decisione di esecuzione del Consiglio, che ha recepito la proposta di decisione della Commissione europea. Alla Decisione di esecuzione del Consiglio è allegato un corposo allegato (in lingua italiana) con cui vengono definiti, in relazione a ciascun investimento e riforma, precisi obiettivi e traguardi, cadenzati temporalmente, al cui conseguimento si lega l'assegnazione delle risorse su base semestrale.
Per un'analisi della
Decisione di esecuzione del Consiglio si rinvia al
dossier dei Servizi studi di Camera e Senato.
Il PNRR delinea un "pacchetto completo e coerente di riforme e investimenti", necessario ad accedere alle risorse finanziarie messe a disposizione dall'UE con il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility - RRF), perno della strategia di ripresa post-pandemica finanziata tramite il programma Next Generation EU (NGEU). Le misure previste dal Piano si articolano intorno a tre assi strategici condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale. Il Governo ha richiesto all'Unione europea il massimo delle risorse RRF disponibili per l'Italia, pari a 191,5 miliardi di euro, di cui 68,9 miliardi in sovvenzioni e 122,6 miliardi in prestiti. A tali risorse, si aggiungono circa 13 miliardi di euro del programma REACT-EU e circa 30,62 miliardi di euro derivanti dal Piano nazionale per gli investimenti complementari finalizzato ad integrare con risorse nazionali gli interventi del PNRR, per un totale complessivo di 235,12 miliardi di euro. Come si evince dal grafico seguente, il 43% del totale delle risorse previste è destinato alla missione 2 "Rivoluzione verde e transizione ecologica" (a cui sono assegnati circa 70 miliardi di euro) e alla missione 3 "Infrastrutture per una mobilità sostenibile" (a cui sono destinati 31,5 miliardi di euro). Nel dettaglio, le risorse destinate alle missioni 2 e 3, più direttamente collegate alle politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, sono ripartite tra le seguenti componenti:
I contenuti della proposta di Piano per la transizione ecologicaIn attuazione della disposizione recata dall'art. 4 del D.L. 22/2021 è stato trasmesso al Parlamento l'atto del Governo n. 297 recante la proposta di Piano per la transizione ecologica (PTE). Nella proposta di PTE sono rappresentati gli obiettivi principali delle politiche ambientali dell'Italia. Gli obiettivi perseguiti dalla proposta di PTE sono articolati in 8 aree di intervento:
Il PTE ricorda che le tappe della decarbonizzazione italiana sono scandite dagli impegni europei ("net zero" al 2050 e riduzione del 55% al 2030 delle emissioni di CO2 rispetto al 1990) e che la quota di elettrificazione del sistema dovrà progressivamente tendere e superare quota 50%. L'apporto delle energie rinnovabili alla generazione elettrica dovrà raggiungere almeno il 72% al 2030 e coprire al 2050 quote prossime al 100% del mix energetico primario complessivo.
Il PTE ricorda l'obiettivo "net zero" per trasporto navale ed aereo e la spinta su alta velocità e traffico merci su rotaia, nonché che il PNRR rappresenta un cambio di passo verso la mobilità sostenibile, con investimenti nel periodo 2021-26 per circa 38 miliardi di euro nelle Missioni 2 e 3. Il PTE ricorda altresì che nel periodo successivo al 2030, per centrare l'obiettivo di decarbonizzazione completa, almeno il 50% delle motorizzazioni dovrà essere elettrico. Un peso analogo dovranno avere idrogeno, biocarburanti e carburanti sintetici ad impatto zero. In un quadro coordinato a livello europeo i sussidi ai combustibili fossili dovranno essere progressivamente eliminati mentre al trasporto aereo, marittimo e dei veicoli su strada dovrà essere valutata la possibilità di estendere il sistema ETS.
Il PTE sottolinea che molte misure previste dal PNRR avranno effetti positivi sulla qualità dell'aria entro il 2026 e che il PTE stesso prefigura una serie di misure per rispettare gli obiettivi europei di riduzione degli inquinanti al 2030 e le ambizioni poste dal Piano Toward Zero Pollution della Commissione europea. Il PTE sottolinea altresì che un'attenzione particolare andrà riservata all'impiego di biomasse e bioenergie e a una progressiva riduzione delle emissioni del settore agricolo (come l'ammoniaca). Gli obiettivi al 2050 prevedono il rispetto dei valori molto più cautelativi stabiliti dall'Organizzazione mondiale della sanità. Misure verranno prese anche per il contrasto dell'inquinamento indoor.
L'obiettivo del Piano è arrivare a un consumo zero netto entro il 2030, sia minimizzando gli interventi di artificializzazione, sia aumentando il ripristino naturale delle aree più compromesse, quali gli ambiti urbani e le coste. Il Piano prevede altresì di mettere in sicurezza il territorio rafforzando la governance e un sistema di monitoraggio avanzato che diano coerenza a un programma nazionale di prevenzione e contrasto.
Il PTE sottolinea che entro il 2026 gli interventi previsti dal PNRR, per 4,3 miliardi di euro, intendono potenziare infrastrutture di approvvigionamento idrico primario, reti di distribuzione, fognature e depuratori, soprattutto nel Meridione, digitalizzare e distrettualizzare le reti di distribuzione, ridurre del 15% le dispersioni di rete e ottimizzare i sistemi di irrigazione nel 12% delle aree agricole. Per la stessa data sono previste riforme per rafforzare il Piano nazionale degli interventi nel settore idrico e rendere più efficiente la gestione delle acque con la formazione di consorzi pubblico-privato a livello sovracomunale. Entro il 2040 si prevede il completamento dei lavori di potenziamento e rinnovo e aumento di qualità ed efficienza delle principali infrastrutture idriche.
In linea con la strategia europea, il PTE prevede un consistente potenziamento delle aree protette (dal 10 al 30%), l'adozione di "soluzioni basate sulla natura" per il ripristino degli ecosistemi degradati e una forte spinta nel monitoraggio a fini scientifici su habitat e specie a rischio. I parchi nazionali e le aree marine protette verranno digitalizzati entro il 2026 per monitorare pressioni e stato delle specie, semplificare le procedure amministrative e migliorare i servizi ai visitatori. In relazione alle foreste il PTE sottolinea che è essenziale promuovere una loro tutela attiva attraverso forme di gestione sostenibile, una loro espansione in aree residuali e degradate e la valorizzazione nazionale del legname quale duraturo stoccaggio di carbonio. Il PTE prevede inoltre il rafforzamento della biodiversità nelle 14 aree metropolitane attraverso un programma di forestazione urbana (con la piantumazione di 6,6 milioni di alberi) e di ripristino degli habitat degradati. Anche i fiumi verranno interessati da massicci interventi di rinaturalizzazione, a partire dal Po, per garantire la loro funzione essenziale di corridoi ecologici.
Il PTE ricorda che il PNRR prevede investimenti nelle attività di ricerca e osservazione dei fondali e degli habitat marini, anche attraverso il potenziamento di una flotta dedicata, e che l'obiettivo delle ricerche è avere il 90% dei sistemi marini e costieri mappati e monitorati, e il 20% restaurati. Gli obiettivi di conservazione prevedono di portare al 30% l'estensione delle aree marine protette, di cui il 10% con forme rigorosa di protezione entro il 2030. Altre misure al 2030 riguardano il contrasto della pesca illegale, azioni coordinate con altri Paesi per la minimizzazione dei rifiuti marini e la promozione del turismo sostenibile.
Il PTE sottolinea che l'economia circolare è una sfida epocale che punta all'eco-progettazione di prodotti durevoli e riparabili per prevenire la produzione di rifiuti e massimizzarne il recupero, il riutilizzo e il riciclo. A questo fine verrà pubblicata (entro il 2022) la nuova "Strategia nazionale per l'economia circolare" con l'obiettivo di promuovere una economia circolare avanzata e di conseguenza una prevenzione spinta della produzione di scarti e rifiuti (-50%) entro il 2040. La Strategia punta anche al potenziamento della bioeconomia circolare. Parallelamente verrà portata a termine l'ottimizzazione della gestione dei rifiuti su tutto il territorio nazionale impostata dal PNRR per rispettare gli obiettivi europei al 2030-2040 per imballaggi, plastica, tessuti, carta, alluminio, rifiuti da demolizione, rifiuti elettrici ed elettronici e per ridurre lo spreco di acqua e alimenti. |
Le norme nazionali approvate nella legislatura in corso per il contrasto dei cambiamenti climaticiDi seguito si illustrano le principali disposizioni approvate, nel corso della presente legislatura, in materia di contrasto ai cambiamenti climatici. Ulteriori norme che, pur avendo un importante impatto in termini di riduzione delle emissioni, rientrano in settori di intervento specifici quali, a titolo di esempio, le detrazioni per il miglioramento degli edifici, il c.d. "buono mobilità" e le altre misure sui trasporti o le disposizioni in materia di risparmio ed efficientamento energetico sono sintetizzate in appositi sottoparagrafi. Nella legge di bilancio 2019 (L. 145/2018) si segnalano i commi 743-745, che intervengono sulla disciplina relativa all'utilizzo delle risorse del c.d. Fondo Kyoto, che consente l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato per le finalità della lotta al cambiamento climatico. Rilevanti disposizioni sono recate dal c.d. decreto clima (D.L. 111/2019) che è volto, principalmente, ad adottare misure urgenti per la definizione di una politica strategica nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell'aria. In questo senso rileva la disposizione recata dall'art. 1 che disciplina l'approvazione del Programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell'aria, in coordinamento con il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima) e con la pianificazione di bacino per il dissesto idrogeologico, e istituisce un tavolo permanente interministeriale per l'emergenza climatica. L'articolo 13 della legge europea (L. 37/2019) ha dettato disposizioni relative alla partecipazione alle aste delle quote di emissioni dei gas-serra. L'articolo 13 della legge di delegazione europea 2018 (L. 117/2019) ha invece conferito una delega al Governo per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/410, che modifica la direttiva 2003/87/CE in materia di scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra e per altri atti in materia. In attuazione di tale delega è stato emanato il decreto legislativo 9 giugno 2020, n. 47. L'articolo 13 del D.L. 101/2019 ha integrato la disciplina relativa allo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (recata dal D.Lgs. 30/2013) prevedendo che una quota annua dei proventi derivanti dalle aste, eccedente il valore di 1000 milioni di euro, sia destinata al Fondo per la transizione energetica nel settore industriale (nella misura massima di 100 milioni di euro per il 2020 e di 150 milioni di euro annui a decorrere dal 2021) e al Fondo per la riconversione occupazionale nei territori in cui sono ubicate centrali a carbone (nella misura massima di 20 milioni di euro annui per gli anni dal 2020 al 2024). Tali disposizioni sono ora contenute negli articoli 23, comma 8, e 29 del d.lgs. 47/2020. Nella legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) sono degne di nota le seguenti disposizioni: - i commi 14-15, che prevedono l'istituzione di un Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese, con una dotazione complessiva di circa 20,8 miliardi di euro per gli anni dal 2020 al 2034. Le risorse sono destinate, in particolare, ad investimenti finalizzati all'economia circolare, alla decarbonizzazione dell'economia, alla riduzione delle emissioni, al risparmio energetico, alla sostenibilità ambientale, e, in generale, ai programmi di investimento e ai progetti a carattere innovativo, anche attraverso contributi ad imprese, ad elevata sostenibilità e che tengano conto degli impatti sociali (in attuazione di tali disposizioni è stato emanato il D.P.C.M. 23 dicembre 2020, recante "Ripartizione del fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese" per un importo complessivo pari a 19,7 miliardi di euro nel periodo 2020-2034). - i commi 85-100, che recano misure volte alla realizzazione di un piano di investimenti pubblici per lo sviluppo di un Green new deal italiano, istituendo un Fondo da ripartire con dotazione di 470 milioni di euro per l'anno 2020, 930 milioni di euro per l'anno 2021, 1.420 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023; parte di tale dotazione - per una quota non inferiore a 150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022 - sarà destinata ad interventi volti alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Sono inoltre dettate, tra l'altro, disposizioni per l'emissione di titoli di Stato "green" e per assicurare la partecipazione italiana dal 2020 al 2028 alla ricostituzione del Green Climate Fund, autorizzando la relativa spesa. - i commi 119-122, che prevedono l'istituzione del Centro di studio e di ricerca internazionale sui cambiamenti climatici, con sede a Venezia, per il cui avvio e funzionamento viene autorizzata la spesa di 500 mila euro a decorrere dall'anno 2020; Tra le disposizioni contenute nella legge di bilancio 2021 (L. 178/2020) si ricordano: - il comma 82, che interviene sulla destinazione di una quota dei proventi delle aste delle quote di emissione di gas serra al «Fondo per la transizione energetica nel settore industriale». La modifica prevede che la quota dei proventi destinata a tale fondo non va interamente a finanziare interventi di decarbonizzazione e di efficientamento energetico del settore industriale (come previsto dal testo previgente), ma viene così ripartita: 10 milioni di euro restano destinati ad interventi di decarbonizzazione e di efficientamento energetico del settore industriale, mentre la restante parte delle risorse è destinata alle misure finanziarie a favore di settori o di sottosettori considerati esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. È confermata la destinazione, già prevista, di una quota massima di 20 milioni di euro annui per gli anni dal 2020 al 2024, al Fondo per la riconversione occupazionale nei territori in cui sono ubicate centrali a carbone, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico; - i commi 739 e 746, che prevedono la riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 3 della legge n. 120 del 2002 di ratifica del Protocollo di Kyoto, per l'importo di 0,5 milioni di euro a decorrere dal 2021, che salgono a 2,5 milioni dal 2023, per la copertura di misure di tutela ambientale.
Sono state inoltre emanate discipline sanzionatorie per la violazione delle disposizioni europee in materia di monitoraggio, comunicazione e verifica delle emissioni di anidride carbonica generate dal trasporto marittimo (decreto legislativo 83/2019) e per la violazione delle disposizioni del regolamento europeo sui gas fluorurati a effetto serra (D.Lgs. 163/2019). L'articolo 50 del decreto-legge "semplificazioni" (D.L. 76/2020) introduce inoltre una specifica disciplina per la valutazione ambientale dei "progetti PNIEC", cioè dei progetti delle opere necessarie per l'attuazione del Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima, mentre l'art. 60-bis reca semplificazioni per lo stoccaggio geologico di biossido di carbonio. Da segnalare infine l'art. 64 che contiene norme per il rilascio delle garanzie sui finanziamenti a favore di progetti del Green new deal.
In relazione a tale ultima disposizione si segnala l'emanazione, da parte del CIPE (ora ridenominato CIPESS), delle delibere
n. 55/2020 e
n. 37/2021.
La disciplina recata dal citato art. 50 per la valutazione ambientale dei progetti del Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC) è stata modificata e integrata dagli articoli 17 e seguenti del D.L. 77/2021 al fine precipuo di ricomprendervi anche la valutazione dei progetti per l'attuazione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e di accelerare le procedure. In particolare si segnala l'art. 18, che prevede che gli interventi necessari alla realizzazione dei progetti strategici per la transizione energetica del Paese inclusi nel PNRR e al raggiungimento degli obiettivi fissati nel PNIEC, come individuati nell'allegato I-bis del D.lgs. 152/2006 (introdotto dal D.L. 77/2021), e le opere connesse a tali interventi, costituiscono interventi di pubblica utilità, indifferibili e urgenti. Degne di nota, sotto il profilo della governance delle politiche di contrasto alla crisi climatica, sono anche le disposizioni del D.L. 22/2021 (convertito in legge dalla legge di conversione 22 aprile 2021, n. 55). In particolare si ricordano gli articoli 2 e 3, volti principalmente ad istituire il Ministero della transizione ecologica (MiTE) che ha sostituito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare accorpando le funzioni di questo con quelle in materia di politica energetica e mineraria svolte dal Ministero dello sviluppo economico, nonché l'articolo 4 che prevede, tra l'altro, l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, del Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE) il quale è chiamato ad approvare il Piano per la transizione ecologica, al fine di coordinare una serie di politiche ambientali, ivi incluse quelle in materia di riduzione delle emissioni di gas climalteranti e quelle di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.
Ulteriori disposizioni sono state introdotte con l'art. 28 del D.L. 73/2021, che ha istituito un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze con una dotazione di 500 milioni di euro per l'anno 2021 finalizzato a consentire la partecipazione dell'Italia alle iniziative multilaterali per il finanziamento dei beni pubblici globali in materia di salute e clima. L'art. 5-bis del medesimo decreto (che riproduce l'art. 3 del D.L. 99/2021, abrogato) prevede, tra l'altro, la destinazione di parte dei proventi derivanti dalle aste delle quote di emissione di CO2, per una quota di competenza del Ministero della transizione ecologica e una quota di competenza del Ministero dello sviluppo economico, pari a 609 milioni, al sostegno delle misure di incentivazione delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica. L'art. 17-nonies del D.L. 80/2021 (che riproduce quanto contenuto all'art. 5 del D.L. 92/2021, abrogato) ha poi istituito la figura dell'inviato speciale per il cambiamento climatico, nominato dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dal Ministro della transizione ecologica, scelto anche fra estranei alla Pubblica Amministrazione, per assicurare una più efficace partecipazione italiana agli eventi e ai negoziati internazionali sui temi ambientali. Si segnala inoltre l'emanazione, da parte del Ministero della transizione ecologica (MITE), del decreto direttoriale n. 117 del 15 aprile 2021, di istituzione del "Programma sperimentale di interventi per l'adattamento ai cambiamenti climatici in ambito urbano", finalizzato ad aumentare la resilienza dei sistemi insediativi soggetti ai rischi generati dai cambiamenti climatici, con particolare riferimento alle ondate di calore e ai fenomeni di precipitazioni estreme e di siccità attraverso la realizzazione di interventi riconducibili alle tipologie di cui all'Allegato 1 del medesimo decreto. |
Norme in materia di energiaCome già ricordato, il Regolamento 2021/1119/UE (cd. Legge europea sul clima) ha formalmente sancito l'obiettivo della neutralità climatica al 2050 (alla base del Green new deal) e il traguardo vincolante dell'Unione in materia di clima per il 2030 che consiste in una riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. Si tratta di un livello ben più impegnativo rispetto a quello precedentemente fissato (-40%). Tale più ambizioso obiettivo generale comporta anche la revisione al rialzo dei target 2030 già fissati in sede UE in materia di energie rinnovabili e di efficienza energetica. L'UE sta, infatti, lavorando alla revisione di tali normative al fine di allinearle alle nuove ambizioni. Come detto, la Commissione europea ha infatti adottato una serie di proposte legislative che definiscono come si intende raggiungere la neutralità climatica nell'UE entro il 2050, compreso l'obiettivo intermedio di riduzione netta di almeno il 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030 (Pacchetto cd. "Fit for 55"). Questi nuovi obiettivi richiedono un adeguamento di quanto previsto in Italia nel PNIEC (Piano Nazionale energia e clima, presentato alle Istituzioni europee a dicembre 2020), che prevede(va) un obiettivo del -33% al 2030 rispetto al livello nazionale 2005. Attualmente è all'esame delle competenti Commissioni della Camera e del Senato, ai fini del parere al Governo, la Proposta di piano per la transizione ecologica, che indica come nuovi obiettivi nazionali di riduzioni emissioni climalteranti quelli appena illustrati con riferimento alle Istituzioni europee, ossia neutralità climatica al 2050 e riduzione del 55% al 2030 delle emissioni CO2 (rispetto al 1990). Considerato che nel PNIEC l'obiettivo di diminuzione delle emissioni di CO2 era del 37% (ossia 192 milioni di tonnellate), ora, con l'obiettivo di riduzione delle emissioni nazionali elevato al 51%, il target 2030 arriva a quota 256 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Il Piano indica quindi la necessità di operare ulteriori riduzioni di energia primaria rispetto a quanto già disposto nel PNIEC: la riduzione di energia primaria passerà dal 43 al 45% da ottenere nei comparti a maggior potenziale di risparmio energetico come residenziale e trasporti, grazie anche alle misure avviate con il PNRR. Nel rinviare alla descrizione del cd. Ecobonus per una panoramica più dettagliata degli interventi di efficientamento nel settore residenziale e ai paragrafi sulla mobilità sostenibile e i veicoli puliti per gli interventi nel settore dei trasporti, a livello normativo, si ricordano, nel corso dell'attuale legislatura, il decreto legislativo 14 luglio 2020, n. 73, che ha recepito nell'ordinamento interno la Direttiva UE 2018/2002 sull'efficienza energetica (Direttiva EED - Energy Efficiency Directive) e il decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 48, che ha recepito la Direttiva (UE) 2018/844 sulla prestazione energetica nell'edilizia (Direttiva EPBD-Energy Performance of Buildings Directive). Le Direttive EED e EPBD fanno parte integrante della nuova governance europea dell'energia, che sancisce il principio dell'"energy efficiency first", in base al quale gli Stati membri dovranno considerare, prima di adottare decisioni di pianificazione, politica e di investimento in ambito energetico, se esistono misure di efficienza energetica alternative solide dal punto di vista tecnico, economico, ambientale e dell'efficienza in termini di costi che consentano comunque di conseguire gli obiettivi delle decisioni politiche. L'adozione di una nuova Direttiva sulla prestazione energetica degli edifici trova ragione nel fatto che, secondo i dati della Commissione europea, al parco immobiliare è riconducibile circa il 36 % di tutte le emissioni di CO2 nell'UE. Quasi il 50% del consumo dell'energia finale dell'Unione è usato per riscaldamento e rinfrescamento, di cui l'80 % negli edifici. Il conseguimento degli obiettivi energetici e climatici europei è dunque fortemente legato al rinnovamento e all'adeguamento del parco immobiliare. Per quanto riguarda le fonti rinnovabili, è in corso l'attuazione della Direttiva (UE) 2018/2001 (cd. RED II). La direttiva dispone che gli Stati membri provvedano collettivamente a far sì che, nel 2030, la quota da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia dell'Unione sia almeno pari al 32% (articolo 1 e articolo 3, par. 1) e la quota da fonti rinnovabili nei trasporti sia almeno pari al 14% del consumo finale in tale settore (articolo 25, par. 1), anche se occorre ribadire che gli obiettivi sono in corso di revisione al rialzo, come già illustrato. La Direttiva – ad ogni modo - conferma che, a decorrere dal 1° gennaio 2021, la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di ciascuno Stato membro non debba essere inferiore a dati limiti; per l'Italia tale quota è pari al 17% (allegato I, parte A), valore già raggiunto dal nostro Paese. La direttiva contiene disposizioni riguardanti il metodo di calcolo del consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili (FER), il sostegno finanziario all'energia elettrica da FER, l'autoconsumo dell'energia elettrica da FER e l'uso di energia da FER nel riscaldamento e raffrescamento e nei trasporti. Tutti questi temi sono trattati nello schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili attualmente all'esame delle Camere, adottato sulla base dei criteri di delega contenuti nell'articolo 5 della legge di delegazione europea 2019 (legge 22 aprile 2021, n. 53). Appare opportuno ricordare che, nelle more del recepimento della Direttiva RED II ed in parziale e anticipata attuazione delle disposizioni ivi contenute, l'articolo 42-bis del decreto-legge n. 162/2019 (cd. decreto-legge "Milleproroghe") ha autorizzato l'attivazione dell'autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili, ovvero la realizzazione delle comunità energetiche rinnovabili, dettandone la relativa disciplina e le relative condizioni. Tra gli interventi più recenti in materia di fonti rinnovabili vanno anche ricordati le seguenti disposizioni del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del PNRR e misure di accelerazione e snellimento delle procedure):
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Bonus ediliziL'articolo 119 del decreto legge n. 34 del 2020 (cd. decreto Rilancio) ha introdotto una detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica, oltreché di riduzione del rischio sismico (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione), sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022 (nuovo termine introdotto dal comma 66 della legge di bilancio 2021).
Nella NADEF 2021 viene evidenziato che "il sentiero programmatico per il triennio 2022-2024 consentirà di coprire le esigenze per le ‘politiche invariate' e il rinnovo di svariate misure di rilievo economico e sociale, fra cui quelle relative ... all'efficientamento energetico degli edifici".
La detrazione prevista per la riqualificazione energetica degli edifici si applica nei seguenti specifici casi:
Oltre a tali interventi trainanti, rientrano nel Superbonus 110% anche le spese per altri interventi eseguiti insieme ad almeno uno degli interventi principali. Si tratta di interventi per l'efficientamento energetico (ecobonus), nei limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente per ciascun intervento, per l'installazione delle colonnine di ricarica dei veicoli elettrici nonché per l'installazione di impianti solari fotovoltaici anche su strutture pertinenziali agli edifici. Gli interventi di efficientamento energetico, trainanti e gli eventuali trainati, devono assicurare, nel loro complesso, anche congiuntamente agli interventi di installazione di impianti fotovoltaici con eventuali sistemi di accumulo, il miglioramento di almeno due classi energetiche o, se non possibile, il conseguimento della classe energetica più alta, da dimostrare mediante l'attestato di prestazione energetica A.P.E. (articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192) prima e dopo l'intervento, rilasciato da tecnico abilitato nella forma della dichiarazione asseverata. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza-PNRR, Componente 3 della Missione 2 (Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici), destina complessivamente 13,95 miliardi di euro alla misura del Superbonus. Sempre in materia efficienza energetica e riqualificazione degli edifici sono previste ulteriori risorse nazionali a carico del c.d. Fondo complementare per un ammontare complessivo di 6,56 miliardi di euro (di cui 4,56 specificamente destinati al Superbonus), nonché ulteriori 0,32 miliardi dal programma REACT dell'UE. Gli interventi di questa Componente, come chiarito nel testo del PNRR, si prefiggono di incrementare il livello di efficienza energetica degli edifici, una delle leve più virtuose per la riduzione delle emissioni in un Paese come l'Italia che dispone di un parco edifici con oltre il 60 per cento dello stock di età superiore a 45 anni, sia negli edifici pubblici (es. scuole, cittadelle giudiziarie), sia negli edifici privati. Per una panoramica completa della disciplina del Superbonus 110% si rinvia alla lettura del dossier Il superbonus edilizia al 110 per cento - aggiornamento al decreto legge n.77 del 2021 realizzato dal Servizio Studi della Camera dei deputati.
Parallelamente alla detrazione al 110%, la legge di bilancio 2021 (commi 58 e 76) ha disposto la proroga per l'anno 2021 delle seguenti detrazioni spettanti per spese sostenute per ulteriori interventi di efficientamento energetico:
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Mobilità sostenibileI trasporti, nelle loro diverse articolazioni modali, contribuiscono considerevolmente alle emissioni climalteranti; pertanto nel corso della XVIII legislatura, in coerenza con gli orientamenti europei, sono stati predisposti numerosi interventi normativi per favorire un diverso approccio alla mobilità. Con il DPCM 30 aprile 2019 è stato approvato il Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile e nella recente proposta di Piano per la Transizione Ecologica una delle otto aree di intervento è la mobilità sostenibile, proprio in quanto una parte significativa delle azioni volte alla decarbonizzazione riguarda il settore dei trasporti: si prevede, in particolare, un maggior ricorso al traffico su rotaia, l'uso di carburanti a minor impatto e, a partire dal 2030, per centrare l'obiettivo della decarbonizzazione completa, che almeno il 50% delle motorizzazioni sia elettrico.
Nel corso della presente legislatura sono stati, poi, adottati interventi normativi per assicurare una mobilità più sostenibile nei trasporti mediante le seguenti misure:
In materia di micromobilità elettrica, il decreto-legge n.111 del 2019 ha istituito il "Programma sperimentale buono mobilità" che ha concesso per il 2020, un buono, fino a un massimo di 500 euro, pari al 60 per cento della spesa sostenuta per l'acquisto di biciclette, anche a pedalata assistita, di monopattini, hoverboard, segway etc ovvero per l'utilizzo di forme di mobilità condivisa (c.d. sharing mobility, escluse le autovetture), destinato ai residenti di città capoluogo e comuni con più di 50.000 abitanti o città metropolitane. Nel settore del trasporto pubblico urbano è stato promosso, già a partire dal c.d. "Fondo mezzi" (art. 1, comma 866, della legge di bilancio 2016), il rinnovo dei mezzi per il trasporto pubblico locale, per il quale a sua volta il PNRR ha destinato 2,42 miliardi di euro ed il decreto legge n. 59 del 2021, relativo al Fondo complementare al PNRR, ha assegnato al MIMS ulteriori 600 milioni di euro per il rinnovo dei bus per il trasporto extraurbano ed interurbano con veicoli alimentati a metano; le risorse del Fondo mezzi sono anche destinate alla realizzazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile.
Il decreto legge n. 73 del 2021 ha istituito un fondo per l'erogazione di contributi destinati al finanziamento di iniziative di mobilità sostenibile da parte di imprese, pubbliche amministrazioni e istituti scolastici che predispongano, previa nomina del mobility manager, il piano degli spostamenti casa-lavoro o casa-scuola del personale e degli alunni. Nei comuni con più di 50.000 abitanti sottoposti a procedura d'infrazione per la violazione dei limiti d'emissione degli inquinanti atmosferici, il decreto-legge n. 111 del 2019 ha autorizzato la spesa di euro 10 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021 per il finanziamento di progetti sperimentali per la realizzazione o l'implementazione del servizio di trasporto scolastico con mezzi di trasporto ibridi o elettrici per i bambini per della scuola dell'infanzia statale e comunale e per gli alunni delle scuole statali del primo ciclo di istruzione.
Per lo sviluppo della mobilità ciclistica dopo l'approvazione della legge n. 2 del 2018 ("Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica"), è stato emanato il decreto ministeriale n. 517 sulla "Progettazione e realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche", mentre la legge di bilancio 2019 ha istituito un Fondo per la progettazione delle ciclovie interurbane; inoltre, la legge di bilancio 2020 ha istituito un Fondo per lo sviluppo delle reti ciclabili urbane, utilizzabile dal 2022 al 2024 per finanziare il 50% degli interventi di realizzazione di nuove piste ciclabili urbane da parte di comuni e di unioni di comuni. Con decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti 12 agosto 2020 sono state definite le risorse destinate alle ciclovie urbane, per circa 137,2 milioni di euro ed il loro riparto tra gli enti locali.
Con il decreto del MIT 12 maggio 2020 sono state definite le modalità di erogazione degli incentivi a favore degli investimenti nel settore dell'autotrasporto, previsti per gli anni dal 2019 al 2021 dal DL n. 124/2019 e destinati alle imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi attive sul territorio italiano, per il rinnovo e l'adeguamento del parco veicolare, la radiazione per rottamazione nonché per l'acquisizione di beni strumentali per il trasporto intermodale. La legge di bilancio 2021 ha previsto inoltre un contributo statale per l'acquisto, dal 1° gennaio al 30 giugno 2021, di veicoli nuovi per il trasporto merci di categoria N1 (fino a 3,5 tonnellate), nonché di autoveicoli speciali.
Nel settore del trasporto marittimo, sono state adottate misure al fine di promuovere il cold ironing, cioè l'elettrificazione delle banchine, per dare la possibilità di alimentare le navi ormeggiate nei porti da terra ed evitare le emissioni derivanti dalla combustione necessaria per alimentare gli impianti di bordo delle navi. Il D.L. n. 76/2020 ha previsto l'introduzione di una tariffa dedicata per la fornitura di tale energia elettrica, erogata da impianti di terra e il decreto-legge n. 59 del 2021, relativo al Fondo complementare al PNRR, ha stanziato 700 milioni di euro per l'elettrificazione delle banchine. |
Incentivi per i veicoli pulitiTra gli interventi normativi per favorire lo sviluppo della mobilità stradale pulita, elettrica ed ibrida, vi sono quelli adottati a partire dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 2018, comma 1031). Si tratta dei seguenti:
Parallelamente alla concessione degli ecoincentivi, la legge di bilancio 2019 (comma 1042, poi modificato dalla legge di bilancio 2021) ha previsto un disincentivo, sotto forma di imposta, variabile tra 1.100 ed i 2.500 euro, per l'acquisto di autovetture nuove, con alte emissioni di CO2, superiori a 160 CO2 g/km nel 2020 ed a 190 g/Km nel 2021.
La legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 1057, legge 30 dicembre 2018, n. 145), come modificata dal DL n. 34/2019 (articolo 10-bis), ha previsto un contributo per il 2020, poi confermato per gli anni dal 2021 al 2026 dalla legge di bilancio 2021, per l'acquisto di ciclomotori, motocicli, motocarrozzette elettrici o ibridi nuovi e quadricicli a motore, a prescindere dalla potenza, pari al 30% del prezzo, sino ad un massimo di 3.000 euro. Il DL n. 104/2020 ha introdotto, in via sperimentale fino al 31 dicembre 2021, un incentivo per la riqualificazione elettrica dei veicoli, pari al 60 per cento del costo sostenuto, fino ad un massimo di 3.500 euro.
Per quanto riguarda le infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici, la legge di bilancio 2019 ha riconosciuto una detrazione fiscale del 50% per le spese di acquisto e posa in opera di infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici, sostenute dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021, per un ammontare complessivo non superiore a 3.000 euro. Il D.L. n. 34/2020 riconosce anche per l'installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici la detrazione d'imposta del 110 %, sempre che l'installazione sia eseguita congiuntamente ad uno degli interventi di efficienza energetica del c.d. ecobonus. Il D.L. n. 76/2020 ha provveduto quindi a definire normativamente le "infrastrutture di ricarica di veicoli elettrici", come l'insieme di strutture, opere e impianti necessari alla realizzazione di aree di sosta dotate di uno o più punti di ricarica per veicoli elettrici. Inoltre si prevede che i comuni disciplinino l'installazione, realizzazione e gestione delle infrastrutture di ricarica a pubblico accesso, per garantire un numero adeguato di stalli e prevedendo, ove possibile, l'installazione di almeno un punto di ricarica ogni 1.000 abitanti. La legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 697) ha introdotto l'obbligo per i concessionari autostradali di dotare la propria rete di punti di ricarica elettrica di potenza elevata per gli autoveicoli, precisando che qualora non provvedano nei tempi stabiliti (180 giorni dall'entrata in vigore della legge), debbano consentire ad altri soggetti interessati di candidarsi ad installarli; ha previsto inoltre l'adozione di un decreto ministeriale per definire le modalità di alimentazione della Piattaforma Unica Nazionale (PUN) dei punti di ricarica elettrica da parte dei gestori delle infrastrutture pubbliche e private ad accesso pubblico (comma 726). Il DL n. 77/2021 ha introdotto semplificazioni per l'installazione di punti di ricarica, stabilendo che l'installazione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici ad accesso pubblico non è soggetta al rilascio del permesso di costruire ed è considerata attività di edilizia libera. |