Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Ambiente |
Titolo: | Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare («legge salva mare») |
Riferimenti: | AC N.1939-B/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 176/2 |
Data: | 22/11/2021 |
Organi della Camera: | VIII Ambiente |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento ambiente
( 066760-9253 – * st_ambiente@camera.it
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La redazione del presente dossier è stata curata in collaborazione con il Servizio Studi del Senato della Repubblica
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File:
Am0040b.docx
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I N D I C E
Articolo 1 (Finalità e definizioni)
Articolo 2 (Modalità di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati)
Articolo 3 (Campagne di pulizia)
Articolo 4 (Promozione dell’economia circolare)
Articolo 5 (Norme in materia di gestione delle biomasse vegetali spiaggiate)
Articolo 6 (Misure per la raccolta dei rifiuti galleggianti nei fiumi)
Articolo 7 (Attività di monitoraggio e controllo dell’ambiente marino)
Articolo 8 (Campagne di sensibilizzazione)
Articolo 9 (Educazione ambientale nelle scuole per la salvaguardia dell’ambiente)
Articolo 11 (Materiali di ridotto impatto ambientale. Riconoscimento ambientale)
Articolo 12 (Disposizioni in materia di prodotti che rilasciano microfibre)
Articolo 13 (Criteri generali per la disciplina degli impianti di desalinizzazione)
Articolo 15 (Tavolo interministeriale di consultazione permanente)
Articolo 16 (Relazione alle Camere)
Articolo 17 (Clausola di invarianza finanziaria)
La dimensione del problema dei rifiuti in mare e lungo le coste
La presenza di rifiuti in ambiente marino ha assunto le dimensioni di una sfida complessa e globale, oggetto di attenzione e causa di diffuse preoccupazioni a tutti i livelli. Le materie plastiche sono le componenti principali dei rifiuti marini, che si stima rappresentino fino all'85% dei rifiuti marini trovati lungo le coste (beach litter), sulla superficie del mare e sul fondo dell'oceano (marine litter). Si stima che vengano prodotte annualmente, a livello mondiale, 300 milioni di tonnellate di materie plastiche, di cui almeno 8 milioni di tonnellate si perdono in mare ogni anno.
L'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile indica, nell'Obiettivo 14, quello di "Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile".
Le Nazioni Unite evidenziano come, a livello globale, il valore di mercato stimato delle risorse e delle industrie marine e costiere sia di 3 mila miliardi di dollari annui, ovvero circa il 5% del PIL globale. Gli oceani contengono approssimativamente 200.000 specie identificate (ma i numeri reali potrebbero aggirarsi rientrare nell’ordine di milioni). Gli oceani assorbono inoltre circa il 30% dell’anidride carbonica prodotta dagli umani, mitigando così l’impatto del riscaldamento globale sulla Terra. Inoltre, gli oceani rappresentano la più grande riserva di proteine al mondo, con più di 3 miliardi di persone che dipendono dagli oceani come risorsa primaria di proteine. Tuttavia, il 40% degli oceani del mondo è pesantemente influenzato dalle attività umane, il cui impatto comprende l’inquinamento, l’esaurimento delle riserve ittiche e la perdita di habitat naturali lungo le coste.
Al riguardo, i traguardi dell'Agenda comprendono:
14.1 Entro il 2025, prevenire e ridurre in modo significativo ogni forma di inquinamento marino, in particolar modo quello derivante da attività esercitate sulla terraferma, compreso l’inquinamento dei detriti marini e delle sostanze nutritive
14.2 Entro il 2020, gestire in modo sostenibile e proteggere l’ecosistema marino e costiero per evitare impatti particolarmente negativi, anche rafforzando la loro resilienza, e agire per il loro ripristino in modo da ottenere oceani salubri e produttivi
14.3 Ridurre al minimo e affrontare gli effetti dell’acidificazione degli oceani, anche attraverso una maggiore collaborazione scientifica su tutti i livelli
14.4 Entro il 2020, regolare in modo efficace la pesca e porre termine alla pesca eccessiva, illegale, non dichiarata e non regolamentata e ai metodi di pesca distruttivi. Implementare piani di gestione su base scientifica, così da ripristinare nel minor tempo possibile le riserve ittiche, riportandole almeno a livelli che producano il massimo rendimento sostenibile, come determinato dalle loro caratteristiche biologiche
14.5 Entro il 2020, preservare almeno il 10% delle aree costiere e marine, in conformità al diritto nazionale e internazionale e basandosi sulle informazioni scientifiche disponibili più accurate
14.6 Entro il 2020, vietare quelle forme di sussidi alla pesca che contribuiscono a un eccesso di capacità e alla pesca eccessiva, eliminare i sussidi che contribuiscono alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata e astenersi dal reintrodurre tali sussidi, riconoscendo che il trattamento speciale e differenziato per i paesi in via di sviluppo e per quelli meno sviluppati che sia appropriato ed efficace, dovrebbe essere parte integrante dei negoziati per i sussidi alla pesca dell’Organizzazione Mondiale del Commercio
14.7 Entro il 2030, aumentare i benefici economici dei piccoli stati insulari in via di sviluppo e dei paesi meno sviluppati, facendo ricorso a un utilizzo più sostenibile delle risorse marine, compresa la gestione sostenibile della pesca, dell’acquacoltura e del turismo
14.a Aumentare la conoscenza scientifica, sviluppare la capacità di ricerca e di trasmissione della tecnologia marina, tenendo in considerazione i criteri e le linee guida della Commissione Oceanografica Intergovernativa sul Trasferimento di Tecnologia Marina, con lo scopo di migliorare la salute dell’oceano e di aumentare il contributo della biodiversità marina allo sviluppo dei paesi emergenti, in particolar modo dei piccoli stati insulari in via di sviluppo e dei paesi meno sviluppati
14.b Fornire l’accesso ai piccoli pescatori artigianali alle risorse e ai mercati marini
14.c Potenziare la conservazione e l’utilizzo sostenibile degli oceani e delle loro risorse applicando il diritto internazionale, come riportato nella Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, che fornisce il quadro legale per la conservazione e per l’utilizzo sostenibile degli oceani e delle loro risorse, come riferito nel paragrafo 158 de “Il futuro che vogliamo”.
Iniziative adottate a livello nazionale
Alcune iniziative finalizzate alla riduzione delle plastiche e del marine litter sono state adottate a livello nazionale.
Si ricorda, in particolare, la normativa sul divieto di utilizzo di shopper non biodegradabili e compostabili (introdotta da diversi anni e resa operativa, in conformità alla disciplina europea recata dalla direttiva 2015/720/UE, dall'art. 9-bis del D.L. 91/2017).
Inoltre, i commi 543-548 della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) anticipano, almeno in parte, i contenuti della direttiva proposta dalla Commissione europea. Tali commi dettano infatti disposizioni finalizzate alla promozione della produzione e della commercializzazione dei bastoncini per la pulizia delle orecchie, c.d. cotton fioc, in materiale biodegradabile e compostabile, nonché dei prodotti cosmetici da risciacquo ad azione esfoliante o detergente che non contengono microplastiche. Vengono inoltre introdotti divieti di commercializzazione con decorrenze differenziate (1° gennaio 2019 per i cotton fioc, 1° gennaio 2020 per i cosmetici) per i succitati prodotti, nonché sanzioni da applicare ai trasgressori del divieto relativo ai cosmetici.
Si ricorda l'art. 27 del c.d. collegato ambientale (L. 221/2015), che ha previsto l'individuazione (da parte del Ministro dell'ambiente) di porti marittimi dotati di siti idonei nei quali avviare operazioni di raggruppamento e gestione di rifiuti raccolti durante le attività di gestione delle aree marine protette, le attività di pesca o altre attività di turismo subacqueo, tramite appositi accordi di programma.
In attuazione di tale norma, nel mese di luglio 2017 è stato sottoscritto l'accordo di programma per la pulizia dei fondali marini per il porto di Porto Cesareo. Altri accordi sono in corso di sottoscrizione.
Tra le attività previste nell'ambito di tali accordi (secondo quanto riportato in una nota della Direzione generale per la protezione della natura e del mare del Ministero della transizione ecologica) vi sono:
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la fornitura di contenitori per la raccolta di rifiuti rimossi dal fondo marino ai pescatori e agli enti gestori delle aree marine protette;
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l'identificazione di siti idonei per la consegna dei rifiuti e posizionamento di bidoni e/o contenitori chiaramente identificati per la raccolta separata dei rifiuti;
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la sensibilizzazione e l'istruzione orientate ai visitatori delle aree marine protette e alle associazioni di pesca e subacquea sulla corretta gestione dei rifiuti generati da tali attività;
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la formazione sulla raccolta differenziata;
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la promozione di comportamenti virtuosi orientati alla prevenzione e/o alla riduzione dei rifiuti marini.
Si ricorda inoltre la disposizione contenuta nell'art. 40 della L. 221/2015 che è finalizzata alla riduzione dei rifiuti di prodotti da fumo (mozziconi di sigarette) e rifiuti di piccolissime dimensioni, che costituiscono una percentuale rilevante dei rifiuti marini.
Nel dettaglio, le misure in questione (descritte in maniera approfondita alle pagg. 186 e ss. del Summary Report del Programma di Misure per la Strategia Marina) prevedono:
- progettazione e realizzazione di misure volte a migliorare la gestione dei rifiuti generati dalle attività di pesca e acquacoltura, incluse le attrezzature dismesse, favorendone, laddove possibile, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero (misura 10);
Tale misura è volta a favorire la corretta gestione dei rifiuti generati dalle attività di pesca e acquacoltura (in particolare molluschicoltura), al fine di prevenirne l'abbandono in mare o sui litorali. In particolare, si propone di ottimizzare le modalità di conferimento dei rifiuti generati dalle attività di pesca e acquacoltura, incluse le attrezzature dismesse, nell'ambito del sistema di smaltimento dei rifiuti nei porti di cui al d.lgs. 182/2003, nel rispetto degli obblighi di conferimento stesso. È prevista inoltre l'implementazione di attività di informazione e sensibilizzazione rivolte a tutti gli attori coinvolti nell'intera filiera della pesca e dell'acquacoltura volte a prevenire la formazione dei rifiuti marini.
- studio, progettazione e creazione di una filiera di raccolta e smaltimento dei rifiuti raccolti accidentalmente dai pescatori (misura 11);
Con tale misura, anche nota con il termine anglosassone di "fishing for litter", si intendono le azioni e le relative campagne di informazione e sensibilizzazione volte a favorire il raggruppamento e smaltimento dei rifiuti raccolti durante le attività di pesca e l'installazione a bordo delle imbarcazioni di appositi contenitori per lo stoccaggio dei rifiuti raccolti. Lo sviluppo di questo pacchetto di misure può avvenire anche attraverso l'implementazione del progetto Marelitt che consente di ottenere supporto nella progettazione e realizzazione di progetti di marine litter retention, iniziative in cui i pescatori portano volontariamente a terra i rifiuti raccolti nelle loro reti durante le attività di pesca.
- implementazione di misure di formazione e sensibilizzazione per aumentare la conoscenza e favorire l'educazione del pubblico e degli operatori economici alla prevenzione e contrasto del marine litter (misura 12).
Questa misura si presenta come azione ad ampio spettro di sensibilizzazione ed educazione del pubblico e di formazione degli operatori economici rispetto all'importanza di: prevenire con comportamenti consapevoli il deposito e la formazione di rifiuti marini, e di contrastare, con azioni mirate, l'accumulo di tali rifiuti, favorendone la raccolta e il recupero, grazie al coinvolgimento di pubblico e stakeholders.
Si segnala, inoltre, che nella legge di bilancio 2019 (L. 145/2018) si rinvengono disposizioni che hanno la finalità di contribuire alla riduzione dei rifiuti di plastica e, conseguentemente, ad una riduzione della loro presenza nell'ambiente marino. In particolare, i commi da 73 a 77 dell'art. 1 riconoscono un credito d'imposta nella misura del 36% delle spese sostenute dalle imprese per l'acquisto di prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica nonché per l'acquisto di imballaggi biodegradabili e compostabili o derivati dalla raccolta differenziata della carta e dell'alluminio.
Il comma 802 dell'art. 1 detta disposizioni (che vengono inserite nel nuovo articolo 226-quater del Codice dell'ambiente) finalizzate alla prevenzione della produzione di rifiuti derivanti da prodotti di plastica monouso e a favorirne la raccolta e il riciclaggio. A tal fine vengono invitati i produttori, su base volontaria e in via sperimentale dal 1° gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2023, ad adottare una serie di iniziative (modelli di raccolta e riciclo, utilizzo di biopolimeri, elaborazione di standard qualitativi dei prodotti, sviluppo di tecnologie innovative, attività di informazione, ecc.). Lo stesso comma prevede l'istituzione, presso il Ministero della transizione ecologica, di un fondo (con una dotazione di 100.000 euro, a decorrere dal 2019) destinato a finanziare attività di studio e verifica tecnica e monitoraggio da parte dei competenti istituti di ricerca.
Il D.L. 111/2019 (c.d. decreto clima) ha poi recato misure per l'incentivazione di prodotti sfusi o alla spina. L'articolo 7 riconosce, in via sperimentale, un contributo a fondo perduto a favore di esercenti commerciali la vendita di detergenti o prodotti alimentari, sfusi o alla spina. L’articolo 4-quinquies, introdotto nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione, prevede incentivi ai Comuni che installano eco-compattatori per la riduzione dei rifiuti in plastica, attraverso l’istituzione di uno specifico Fondo denominato “Programma sperimentale Mangiaplastica”, nello stato di previsione del Ministero - ora della transizione ecologica -, con una dotazione complessiva di 27 milioni di euro per il periodo 2019-2024. Per un approfondimento dei contenuti del decreto-legge, v. il relativo dossier di documentazione.
La legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), art. 1, commi 85 e seguenti, reca misure volte alla realizzazione di un piano di investimenti pubblici per lo sviluppo di un Green new deal italiano, istituendo un Fondo da ripartire con dotazione di 470 milioni di euro per l'anno 2020, 930 milioni di euro per l'anno 2021, 1.420 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023; parte di tale dotazione - per una quota non inferiore a 150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022 - sarà destinata ad interventi volti alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (comma 85). I commi 86 e 87 illustrano alcune finalità del fondo. In particolare, il comma 86 prevede la concessione, da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, di una o più garanzie a titolo oneroso e nella misura massima dell'80%, per sostenere specifici programmi di investimento e operazioni, anche in partenariato pubblico/privato, volti a realizzare progetti economicamente sostenibili con gli obiettivi ivi specificati. Tra questi figurano il sostegno all'economia circolare e le finalità di riduzione dell'uso della plastica e della sostituzione della plastica con materiali alternativi. A sostegno delle operazioni di cui al comma 86, il successivo comma 87 prevede la partecipazione indiretta in capitale di rischio e/o debito, anche di natura subordinata, sempre del Ministro dell'economia e delle finanze. Si definisce quindi la disciplina per l'attuazione dei suddetti interventi rinviando a decreti di natura non regolamentare. Per un quadro completo degli interventi del Green new deal si veda il dossier sulla manovra di bilancio 2020, volume I, pp. 136-155.
Inoltre, la medesima legge n. 160/2019, ai commi da 634 a 658 dell'articolo 1, prevede l'istituzione e disciplinano l'applicazione di un'imposta sul consumo di manufatti in plastica con singolo impiego (MACSI) che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari, ad esclusione dei manufatti compostabili, dei dispositivi medici e dei MACSI adibiti a contenere e proteggere medicinali. Le disposizioni riconoscono altresì un credito di imposta alle imprese attive nel settore delle materie plastiche, produttrici di MACSI destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari nella misura del 10% delle spese sostenute, dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020, dalle citate imprese per l'adeguamento tecnologico finalizzato alla produzione di manufatti. compostabili. Al riguardo, si veda il medesimo dossier sulla manovra di bilancio 2020, volume II, pp. 279-287.
Con riferimento alle politiche in materia ambientale, si segnalano inoltre, con riferimento anche alla legge di bilancio 2021, disposizioni adottate per incrementare le risorse per finalità di tutela ambientale, e in particolare:
- incrementare di 3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021 l'autorizzazione di spesa prevista dall'art. 8, comma 10, della L. 93/2001 per garantire il funzionamento e la gestione delle aree marine protette, prevedendo altresì che l'incremento di 3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021 della citata autorizzazione di spesa è finalizzato a garantire il funzionamento e la gestione, oltre che delle aree marine protette, anche dei parchi sommersi di cui al comma 10 dell'art. 114 della L. n. 388/2000 (comma 737);
- disporre, al fine di tutelare gli ecosistemi marini, una novella all'art. 36, comma 1, della L. n. 394/1991 (legge quadro sulle aree protette) finalizzata ad inserire nell'elenco delle aree marine di reperimento in cui è possibile istituire parchi marini o riserve marine anche talune ulteriori isole, provvedendo a tal fine ad autorizzare la spesa di 500 mila euro per il 2021 (commi 740-741).
Si ricorda, peraltro, la avvenuta proroga al 1° luglio 2021 della data di entrata in vigore della plastic tax e la trasformazione in strutturale, a decorrere dal 2021, della possibilità (introdotta per il solo anno 2021 dall'art. 51 del D.L. 104/2020) di usare interamente il PET riciclato nella produzione di bottiglie di PET (comma 1085). Per approfondimenti, si veda il dossier relativo alla legge di bilancio 2021.
Di ulteriori specifiche misure di rilievo, verrà dato conto nel corso dell'esame delle singole disposizioni del presente dossier.
Le norme adottate dall'UE
Al fine di frenare il consumo di plastica monouso e il marine litter, in linea con gli obiettivi enunciati nella Comunicazione "Strategia europea per la Plastica nell'economia circolare", l'UE ha emanato la direttiva 2019/904/UE sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'UE del 12 giugno 2019.
Tale direttiva, il cui termine di recepimento è scaduto il 3 luglio 2021, si applica ai prodotti di plastica monouso elencati nell'allegato alla direttiva stessa, nonché ai prodotti di plastica oxodegradabile e agli attrezzi da pesca contenenti plastica. Le nuove regole dettate dalla direttiva prevedono, in particolare:
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l'adozione di misure per conseguire una riduzione ambiziosa e duratura del consumo dei prodotti di plastica monouso e, in particolare, il divieto di immissione sul mercato dei prodotti di plastica monouso elencati nella parte B dell'allegato (bastoncini cotonati, piatti e posate, cannucce, agitatori per bevande, contenitori per alimenti e bevande e relativi tappi e coperchi, ...) e dei prodotti di plastica oxodegradabile;
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specifici requisiti dei prodotti e di marcatura degli stessi;
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regimi di responsabilità estesa dei produttori riguardanti i costi di rimozione dei rifiuti;
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obiettivi di raccolta differenziata per il riciclaggio delle bottiglie di plastica del 77% entro il 2025 e del 90% entro il 2029.
La nuova direttiva 2019/883/UE sugli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi (che modifica la direttiva 2010/65/UE e abroga la direttiva 2000/59/CE), pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'UE del 7 giugno 2019 e il cui termine di recepimento è scaduto il 28 giugno 2021, ha introdotto rilevanti novità.
In particolare, l'art. 2 della direttiva prevede l'inclusione, tra i rifiuti delle navi assoggettati alle disposizioni della direttiva, anche dei "rifiuti accidentalmente pescati", che a loro volta sono definiti come i "rifiuti raccolti dalle reti durante le operazioni di pesca" (art. 2, punto 4)).
Si ricorda che, ai sensi dell'art. 3 della direttiva, l'ambito di applicazione della stessa riguarda:
- tutte le navi, indipendentemente dalla loro bandiera, che fanno scalo o che operano in un porto di uno Stato membro;
- tutti i porti degli Stati membri ove fanno abitualmente scalo le navi di cui al punto precedente.
Sono escluse dall'applicazione della direttiva le navi adibite a servizi portuali, le navi militari da guerra, le navi ausiliarie e altre navi possedute o gestite da uno Stato e impiegate, al momento, solo per servizi statali a fini non commerciali.
L'articolo 3 della direttiva dispone però che "gli Stati membri adottano misure per garantire che, ove ragionevolmente possibile, le navi escluse dall'ambito di applicazione della presente direttiva conferiscano i loro rifiuti in accordo con la presente direttiva".
Nel considerando (31) viene sottolineato che «in taluni Stati membri sono stati istituiti regimi per fornire un finanziamento alternativo dei costi per la raccolta e la gestione a terra dei rifiuti degli attrezzi da pesca o dei rifiuti accidentalmente pescati, compresi i cosiddetti "sistemi per la pesca dei rifiuti". Tali iniziative dovrebbero essere accolte con favore ed è opportuno incoraggiare gli Stati membri a integrare i sistemi di recupero dei costi istituiti a norma della presente direttiva con i sistemi per la pesca dei rifiuti per coprire i costi dei rifiuti pescati passivamente. È quindi opportuno che tali sistemi di recupero dei costi, che si basano sull'applicazione di una tariffa indiretta del 100% per i rifiuti di cui all'allegato V della Marpol, esclusi i residui del carico, non creino un disincentivo alla partecipazione delle comunità dei porti di pesca ai regimi esistenti di conferimento dei rifiuti accidentalmente pescati».
Tale obiettivo viene perseguito, nell'articolato, con la previsione di un regime di favore per i rifiuti accidentalmente pescati. L'art. 8, paragrafo 2, della direttiva prevede infatti che, per tali rifiuti, "non si impone alcuna tariffa diretta, allo scopo di garantire un diritto di conferimento senza ulteriori oneri basati sul volume dei rifiuti conferiti" eccetto qualora il volume superi la massima capacità di stoccaggio dedicata. La stessa disposizione prevede altresì che "per evitare che i costi della raccolta e del trattamento dei rifiuti accidentalmente pescati siano soltanto a carico degli utenti dei porti, ove opportuno gli Stati membri coprono tali costi con le entrate generate da sistemi di finanziamento alternativi, compresi sistemi di gestione dei rifiuti e finanziamenti unionali, nazionali o regionali disponibili".
Relativamente alle esigenze di informazione, il paragrafo 7 dell'art. 8 dispone gli Stati membri provvedono alla raccolta dei dati di monitoraggio riguardanti il volume e la quantità dei rifiuti accidentalmente pescati e li trasmettono alla Commissione e che, sulla base di tali dati, la Commissione pubblica una relazione entro il 31 dicembre 2022 e successivamente con cadenza biennale.
Si fa notare che la rilevanza del problema dei rifiuti marini è stata sottolineata, prima ancora dell'emanazione delle citate direttive, nel 35° considerando della direttiva rifiuti 2018/851/UE, ove si legge che "la dispersione di rifiuti nell'ambiente marino è un problema particolarmente pressante e gli Stati membri dovrebbero adottare misure volte a fermare la dispersione di rifiuti nell'ambiente marino nell'Unione europea, contribuendo in tal modo al conseguimento dell'obiettivo dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 25 settembre 2015, di prevenire e ridurre in misura significativa, entro il 2025, l'inquinamento marino di tutti i tipi, in particolare i rifiuti provenienti da attività svolte sulla terraferma, inclusi i rifiuti marini e l'inquinamento da sostanze eutrofizzanti. Poiché i rifiuti dispersi nell'ambiente marino, in particolare per quanto riguarda i rifiuti di plastica, provengono in larga misura da attività svolte sulla terraferma e sono dovuti principalmente a cattive pratiche e alla scarsità di infrastrutture per la gestione dei rifiuti solidi, alla dispersione di rifiuti da parte dei cittadini e alla scarsa consapevolezza pubblica, occorre definire misure specifiche nei programmi per la prevenzione dei rifiuti e nei piani di gestione dei rifiuti. Tali misure dovrebbero contribuire all'obiettivo di conseguire un «buono stato ecologico» dell'ambiente marino entro il 2020 come previsto dalla direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. In conformità di tale direttiva, gli Stati membri sono tenuti a elaborare strategie e misure specifiche e ad aggiornarle ogni sei anni. Essi sono altresì tenuti a riferire regolarmente, a partire dal 2018, sui progressi realizzati ai fini del conseguimento o del mantenimento di un buono stato ecologico".
Si rammenta, infine, la Commissione europea, nell'ambito della comunicazione "Il Green Deal europeo" (COM(2019) 640 final), presentata l'11 dicembre 2019 e mirante a riformulare su nuove basi l'impegno sul clima e sull'ambiente, indica l'obiettivo di conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Il par. 2.1.3. ("Mobilitare l'industria per un'economia pulita e circolare") è dedicato alla trasformazione industriale per il conseguimento degli obiettivi di un'economia circolare e a impatto climatico zero. Il settore delle materie plastiche - insieme a quello tessile, dell'edilizia è dell'elettronica - è annoverato tra gli ambiti ove si dovranno approntare il maggior numero di interventi. In particolare, saranno approntate misure per contrastare l'aggiunta intenzionale di microplastiche e le emissioni non intenzionali di materie plastiche, ad esempio dall'abrasione dei tessuti e degli pneumatici. Si dovrà quindi garantire che, entro il 2030, "tutti gli imballaggi presenti sul mercato dell'UE siano riutilizzabili o riciclabili in modo economicamente sostenibile e un quadro normativo per le plastiche biodegradabili e a base biologica, oltre ad attuare misure sulla plastica monouso". Per essere pronti alla scadenza del 2050, osserva la Commissione europea, le decisioni - con le azioni conseguenti - dovranno essere prese nei prossimi cinque anni.
Si rammenta che sono stati esaminati dai due rami del Parlamento i seguenti atti di recepimento delle direttive succitate:
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l'atto del Governo n. 293, recante lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva (UE) 2019/883 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi che modifica la direttiva 2010/65/UE e abroga la direttiva 2000/59/CE;
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l’atto del Governo n. 291, recante lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente.
I testi definitivi di tali decreti non sono ancora stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.
L'articolo 1, modificato dal Senato, enuncia le finalità perseguite dal disegno di legge, quali contribuire al risanamento dell'ecosistema marino e alla promozione dell'economia circolare, nonché alla sensibilizzazione della collettività per la diffusione di modelli comportamentali virtuosi rivolti alla prevenzione del fenomeno dell'abbandono dei rifiuti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune e alla corretta gestione degli stessi.
L’unica modifica apportata dal Senato consiste in una integrazione della definizione di «rifiuti volontariamente raccolti», al fine di precisare che tali rifiuti devono essere raccolti mediante sistemi di cattura degli stessi, purché non interferiscano con le funzioni eco-sistemiche dei corpi idrici.
Si ricorda che l'articolo in esame, oltre a richiamare l'applicabilità delle definizioni previste dal Codice dell'ambiente, dal D.Lgs. 182/2003 (di recepimento della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico) e dal D.Lgs. 4/2012 (recante "Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura"), introduce una serie di nuove definizioni.
In particolare sono introdotte:
- dalla lettera a) dell'articolo in esame, la definizione di "rifiuti accidentalmente pescati" (d'ora in avanti, per comodità, indicati anche con l'acronimo RAP) che fa riferimento ai "rifiuti raccolti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune dalle reti durante le operazioni di pesca e quelli raccolti occasionalmente in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune con qualunque mezzo".
Si tratta di una definizione che riproduce ed amplia quella introdotta dalla nuova direttiva relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi, n. 2019/883/UE, che ha abrogato la precedente direttiva in materia (n. 2000/59/CE).
Si ricorda che il punto 4) dell'art. 2 della direttiva 2019/883/UE definisce i «rifiuti accidentalmente pescati» come i "rifiuti raccolti dalle reti durante le operazioni di pesca".
La definizione in esame appare quindi più ampia in quanto include anche i rifiuti "raccolti occasionalmente in mare con qualunque mezzo".
Il punto 3) del medesimo art. 2 della direttiva citata dispone che i rifiuti accidentalmente pescati sono inclusi nella definizione di "rifiuti delle navi", i quali (come precisato dallo stesso art. 2) sono considerati rifiuti ai sensi della direttiva europea quadro in materia (n. 2008/98/CE).
- dalla lettera b) dell'articolo in esame, la definizione di "rifiuti volontariamente raccolti" (d'ora in avanti, per comodità, indicati anche con l'acronimo RVR), da intendersi come i "rifiuti raccolti nel corso delle campagne di pulizia del mare, dei laghi, dei fiumi e delle lagune". Tale definizione è stata integrata durante l'esame al Senato al fine di precisare che tali rifiuti devono essere raccolti attraverso sistemi di cattura degli stessi, purché non interferiscano con le funzioni eco-sistemiche dei corpi idrici.
L’articolo 2, che disciplina le modalità di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati (RAP), è stato modificato in più punti durante l'esame al Senato.
Il comma 1 dell'articolo in esame equipara i rifiuti accidentalmente pescati ai rifiuti delle navi. Durante l'esame al Senato è stato precisato che tale equiparazione avviene ai sensi dell'art. 2, primo comma, punto 3), della direttiva (UE) 2019/883.
Il testo del comma in esame è stato altresì integrato, durante l'esame al Senato, al fine di precisare che i RAP sono conferiti separatamente ai fini del successivo comma 5 del medesimo articolo 2.
In relazione alla succitata equiparazione, si ricorda che il testo approvato dalla Camera già prevedeva tale equiparazione, ma la stessa era riferita ai soli rifiuti accidentalmente pescati 'in mare' e non prevedeva lo specifico richiamo alla norma della direttiva, ora previsto.
La direttiva (UE) 2019/883 ha lo scopo di tutelare l'ambiente marino riducendo gli scarichi in mare dalle navi, al tempo stesso assicurando il flusso del traffico marittimo. Intende allineare la legislazione dell'UE alla Convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi ("convenzione MARPOL"), la quale stabilisce i divieti generali relativi agli scarichi delle navi in mare, nonché le condizioni alle quali alcuni tipi di rifiuti possono essere scaricati nell’ambiente marino.
Si stabilisce che gli Stati membri mettano a disposizione, in tutti i porti, impianti di raccolta adeguati alle esigenze delle navi che utilizzano abitualmente il porto, "senza causare loro ingiustificati ritardi" (articolo 4). Per ciascun porto deve essere predisposto e attuato un adeguato piano di raccolta e gestione dei rifiuti; le relative informazioni devono essere chiaramente comunicate agli operatori navali e rese pubbliche e facilmente accessibili (articolo 5). Il comandante di una nave che fa scalo in un porto dell'Unione, prima di lasciare tale porto, consegna tutti i rifiuti presenti a bordo a un impianto di raccolta (articolo 7). La relativa tariffa è dovuta indipendentemente dall'avvenuto conferimento dei rifiuti (articolo 8).
Ai sensi dell'articolo 2, par. 1, nn. 3 e 4 della direttiva, i rifiuti accidentalmente pescati (intesi come "rifiuti raccolti dalle reti durante le operazioni di pesca") sono inclusi tra i "rifiuti delle navi".
E' posto l'obbligo, per gli Stati membri, di effettuare ispezioni su almeno il 15 per cento delle navi che fanno scalo nei porti ogni anno, selezionate sulla base di una valutazione del rischio dell'Unione (articoli 10 e 11). A tutto il personale è assicurata la formazione necessaria per acquisire le conoscenze essenziali in materia di trattamento dei rifiuti (articolo 15).
Il termine per il recepimento della direttiva è scaduto il 28 giugno 2021 ed è stata avviata una procedura di infrazione (2021/0272), attualmente allo stato di messa in mora.
Il recepimento nell'ordinamento italiano è stato in realtà disposto con la legge n. 53 del 22 aprile 2021 ("Legge di delegazione europea 2019-2020", direttiva n. 18 dell'Allegato).
Come già ricordato, è stato nel frattempo esaminato dai due rami del parlamento l'Atto del Governo n. 293 sottoposto a parere parlamentare, recante lo Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva (UE) 2019/883 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi che modifica la direttiva 2010/65/UE e abroga la direttiva 2000/59/CE (n. 293), su cui sono stati espressi i pareri dalle Competenti Commissioni ambiente del Senato e della Camera.
Si ricorda che tra le osservazioni formulate di recente nell'ambito dei pareri parlamentari sull’atto del Governo n. 293 di recepimento della direttiva europea, vi è l'invito al Governo a valutare l'opportunità di sostituire il secondo e il terzo periodo del comma 4 dell'articolo 4 dello schema di decreto legislativo (si ricorda, non ancora emanato), specificando che, ai fini indicati al comma 1, i rifiuti delle navi sono raccolti separatamente, per facilitarne il riutilizzo e il riciclaggio. Per facilitare tale processo, gli impianti portuali di raccolta raccolgono le frazioni di rifiuti eventualmente differenziate dalla nave conformemente alle categorie di rifiuti stabilite nella convenzione MARPOL, tenendo conto delle sue linee guida.
In virtù del richiamo, operato dall'art. 1 del presente disegno di legge, i rifiuti prodotti dalle navi sono da intendersi quelli definiti dall'art. 2, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 182/2003, ovvero i rifiuti - comprese le acque reflue e i residui diversi dai residui del carico, ivi comprese le acque di sentina - prodotti a bordo di una nave e che rientrano nell'àmbito di applicazione della Convenzione Marpol, nonché i rifiuti associati al carico di cui alle linee guida definite a livello comunitario per l'attuazione della medesima Convenzione. Si ricorda tuttavia al riguardo che è in corso di emanazione il D.Lgs. di recepimento della citata Direttiva europea, esaminato sotto forma di schema dalle competenti Commissioni parlamentari in sede di parere.
Il comma 2, introdotto durante l'esame al Senato prevede che per le attività previste dal presente articolo non è necessaria l'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali di cui all'art. 212 del Codice dell'ambiente (di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).
Si veda al riguardo anche il D.M. 3 giugno 2014, n. 120 recante il Regolamento per la definizione delle attribuzioni e delle modalità di organizzazione dell'Albo nazionale dei gestori ambientali, dei requisiti tecnici e finanziari delle imprese e dei responsabili tecnici, dei termini e delle modalità di iscrizione e dei relativi diritti annuali.
Il comma 3 dell'articolo in esame dispone, per il comandante della nave che approda in un porto, l'obbligo di conferimento dei RAP all'impianto portuale di raccolta di cui all'art. 4 del D.Lgs. 182/2003.
Tale disposizione è stata integrata durante l'esame al Senato al fine di estendere l’applicabilità del suddetto obbligo anche al conducente del natante.
Il comma in esame disciplina altresì il caso di ormeggio di un'imbarcazione in aree non comprese nella competenza territoriale di un'Autorità di sistema portuale. Tale parte della disposizione non è tuttavia stata modificata durante l'esame al Senato.
Il comma 4 prevede che il comandante della nave che approda in un piccolo porto non commerciale, che è caratterizzato soltanto da un traffico sporadico o scarso di imbarcazioni da diporto, conferisce i RAP agli impianti portuali di raccolta integrati nel sistema di gestione dei rifiuti comunale
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Anche tale disposizione è stata integrata, durante l'esame al Senato, al fine di estenderne l’applicabilità anche al conducente del natante.
In base al comma 5, il conferimento dei RAP all'impianto portuale di raccolta è gratuito per il conferente (ai sensi dell'art. 8, comma 5, del D.Lgs. 182/2003) e si configura come deposito temporaneo (ai sensi dell'art. 183, comma 1, lettera bb), del D.Lgs. 152/2006) alle condizioni ivi previste, nonché alle condizioni dell'articolo 185-bis del Codice dell'ambiente (tale riferimento normativo è stato introdotto durante l'esame al Senato), in materia di deposito temporaneo prima della raccolta.
Il «deposito temporaneo prima della raccolta» - su cui è intervenuto da ultimo l'art. 1, comma 9, lett. h), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 - è definito quale il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento, effettuato, prima della raccolta ai sensi dell'articolo 185-bis del Codice dell'ambiente.
In base a tale disposizione, in vigore dal 26 settembre 2020, il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento è effettuato come deposito temporaneo, prima della raccolta, nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti, da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci;
b) esclusivamente per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa del produttore, anche di tipo volontario, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita;
c) per i rifiuti da costruzione e demolizione, nonché per le filiere di rifiuti per le quali vi sia una specifica disposizione di legge, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato presso le aree di pertinenza dei punti di vendita dei relativi prodotti. Il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle seguenti condizioni:
a) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, sono depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l'imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;
b) i rifiuti sono raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
c) i rifiuti sono raggruppati per categorie omogenee, nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
d) nel rispetto delle norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose.
Si ricorda che il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle condizioni di cui ai commi 1 e 2 e non necessita di autorizzazione da parte dell'autorità competente.
Il comma 5 in esame è stato inoltre integrato, durante l'esame al Senato, al fine di precisare che il conferimento gratuito in questione avviene previa pesatura dei RAP all'atto del conferimento.
Si ricorda che l'art. 8 del D.Lgs. 182/2003 dispone, tra l'altro, che "gli oneri relativi all'impianto portuale di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi, ivi compresi quelli di investimento e quelli relativi al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti stessi" sono coperti da una tariffa che è a carico delle navi che approdano nel porto ed è determinata dall'autorità competente (che, in base all'art. 2 del medesimo decreto, è l'autorità portuale o, ove istituita, l'autorità marittima). Tuttavia, il comma 5 del medesimo articolo stabilisce che "il conferimento dei rifiuti accidentalmente raccolti durante l'attività di pesca non comporta l'obbligo della corresponsione della tariffa".
Il comma 6 è stato modificato durante l'esame al Senato.
Il testo, come approvato dalla Camera, recava una novella all'art. 184 del Codice dell'ambiente al fine di includere tra i rifiuti urbani i rifiuti accidentalmente pescati o volontariamente raccolti, anche attraverso campagne di pulizia, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune (con una nuova lettera f-bis) del comma 2 dell'art. 184). Peraltro, ai sensi della lettera d) del comma 2 del medesimo art. 184, sono già attualmente inclusi nei rifiuti urbani "i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua".
Il nuovo testo del comma in esame integra la definizione di rifiuti urbani recata dall'articolo 183 comma 1, lettera b-ter), del Codice ambiente, aggiungendovi un nuovo punto 6-bis in base al quale ricadono in tale definizione anche i rifiuti accidentalmente pescati o volontariamente raccolti, anche attraverso campagne di pulizia nei laghi, nei fiumi e nelle lagune e, secondo una precisazione aggiunta dal Senato, anche in mare.
Si ricorda che la norma vigente ricomprende tra i rifiuti urbani:
1. i rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;
2. i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell'allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell'allegato L-quinquies;
3. i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti;
4. i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;
5. i rifiuti della manutenzione del verde pubblico, come foglie, sfalci d'erba e potature di alberi, nonché i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati;
6. i rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui ai punti 3, 4 e 5.
Il comma 7, che non è stato modificato durante l'esame al Senato, dispone che i costi di gestione dei RAP sono coperti con una specifica componente che si aggiunge alla tassa o tariffa sui rifiuti. La finalità di tale disposizione è quella di distribuire sull'intera collettività nazionale gli oneri di cui al presente articolo.
Il comma 8 demanda all'ARERA (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente):
§ la disciplina dei criteri e delle modalità per la definizione della componente specifica destinata alla copertura dei costi di gestione dei RAP e per la sua indicazione negli avvisi di pagamento separatamente rispetto alle altre voci;
§ l'individuazione dei soggetti e degli enti tenuti a fornire i dati e le informazioni necessari per la determinazione della componente medesima;
§ la definizione dei termini entro i quali tali dati e informazioni devono essere forniti.
Il comma in esame è stato integrato durante l'esame al Senato al fine di stabilire che l’ARERA svolge attività di vigilanza sul corretto utilizzo delle risorse relative al gettito della componente tariffaria di cui al comma 7.
La norma in esame chiarisce che tale attribuzione deriva dai compiti di regolazione e controllo del ciclo dei rifiuti urbani ed assimilati, attribuiti all'ARERA dal comma 527 dell'art. 1 della L. 205/2017 (legge di bilancio 2018).
In particolare, le lettere f)-h) del citato comma 527 attribuiscono all'ARERA i seguenti compiti:
f) predisposizione ed aggiornamento del metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti e dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione, a copertura dei costi di esercizio e di investimento, compresa la remunerazione dei capitali, sulla base della valutazione dei costi efficienti e del principio «chi inquina paga»;
g) fissazione dei criteri per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento;
h) approvazione delle tariffe definite, ai sensi della legislazione vigente, dall'ente di governo dell'ambito territoriale ottimale per il servizio integrato e dai gestori degli impianti di trattamento.
Il comma 9 demanda ad un apposito decreto ministeriale - emanato dal Ministro delle politiche agricole alimentari, e forestali, di concerto con il Ministro della transizione ecologica - l'individuazione di misure premiali nei confronti dei comandanti dei pescherecci soggetti al rispetto degli obblighi di conferimento disposti dal presente articolo.
La norma prevede altresì l'emanazione del suddetto decreto ministeriale entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Si specifica che le misure premiali non debbano pregiudicare la tutela dell’ecosistema marino e il rispetto delle norme sulla sicurezza.
Con una modifica approvata dal Senato, è stato specificato, con riferimento alle misure premiali menzionate, che queste sono ad esclusione di provvidenze economiche.
L'articolo 3, modificato dal Senato, detta disposizioni finalizzate a disciplinare lo svolgimento di campagne di pulizia finalizzate alla raccolta volontaria di rifiuti.
Il comma 1, in particolare, dispone che tali campagne di pulizia possono essere organizzate:
- su iniziativa dell'autorità competente (vale a dire del Comune, in virtù della definizione recata dalla lettera e) dell'art. 1);
- su istanza presentata all'autorità competente dal soggetto promotore della campagna.
In base a quanto previsto con una modifica approvata dal Senato, i rifiuti volontariamente raccolti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), possono inoltre essere raccolti anche attraverso sistemi di cattura degli stessi, purché non interferiscano con le funzioni eco-sistemiche dei corpi idrici.
Lo stesso comma prevede l'emanazione di un decreto ministeriale, adottato dal Ministro della transizione ecologica (MITE), di concerto con il Ministro delle politiche agricole a cui viene demandata l'individuazione delle modalità per l'effettuazione delle campagne di pulizia.
Si precisa che tale decreto ministeriale dovrà essere adottato:
entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge;
dopo aver acquisito il parere della Conferenza Stato-Regioni.
In base al comma 2, non modificato durante l'esame al Senato, nelle more dell'adozione del decreto attuativo in questione, la campagna di pulizia può essere iniziata trascorsi 30 giorni dalla data di presentazione dell'istanza, fatta salva, per l'autorità competente, la possibilità di adottare motivati provvedimenti di divieto dell'inizio o della prosecuzione dell'attività medesima ovvero prescrizioni concernenti i soggetti abilitati a partecipare alle campagne, le aree interessate dalle stesse nonché le modalità di raccolta dei rifiuti.
Il comma 3 individua i soggetti promotori delle campagne di pulizia.
Nel corso dell'esame al Senato tale comma è stato integrato al fine di aggiungere tra i soggetti promotori anche le associazioni di categoria.
Tale associazioni si aggiungono quindi ai seguenti soggetti già previsti dal testo approvato dalla Camera: gli enti gestori delle aree protette, le associazioni ambientaliste, le associazioni dei pescatori, le cooperative e le imprese di pesca, nonché i loro consorzi, le associazioni di pescatori sportive e ricreative, le associazioni sportive di subacquei e diportisti, i centri di immersione e di addestramento subacqueo nonché i gestori degli stabilimenti balneari, gli enti del Terzo settore nonché, fino alla completa operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, le associazioni di promozione sociale, le fondazioni e le associazioni con finalità di promozione, tutela e salvaguardia dei beni naturali e ambientali e gli altri soggetti individuati dall'autorità competente. La norma prevede altresì che gli enti gestori delle aree protette possono altresì realizzare, anche di concerto con gli organismi rappresentativi degli imprenditori ittici, iniziative di comunicazione pubblica e di educazione ambientale per la promozione delle campagne di cui al presente articolo.
Il Codice del Terzo settore (D.Lgs. 117/2017) ha definito tutte le diverse componenti del non profit come Enti del terzo settore (ETS) e ha previsto l'obbligo, per gli enti, qualificati nello statuto come ETS, di iscriversi nel Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS) e di indicare gli estremi dell'iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico. Il Codice, in vigore dal 3 agosto 2017, aveva previsto che il Registro fosse pienamente operativo a febbraio 2019, in quanto aveva concesso un anno di tempo per l'adozione dei provvedimenti attuativi a livello nazionale (decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni) e ulteriori sei mesi alle Regioni per provvedere agli aspetti di propria competenza.
Attualmente, il decreto istitutivo del RUNTS non risulta ancora emanato. Pertanto, come disposto dall'art. 101, comma 2, del Codice, e fino all'operatività del RUNTS, continuano ad operare le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative e le società di mutuo soccorso. Gli ETS saranno infatti ufficialmente riconosciuti dopo l'attivazione del Registro unico nazionale del terzo settore (RUNTS).
Il comma 4, non modificato durante l'esame al Senato, prevede che ai rifiuti volontariamente raccolti durante le campagne di pulizia si applicano le norme dettate per i rifiuti accidentalmente pescati dall'art. 2 del disegno di legge in esame.
Di conseguenza, anche per i rifiuti volontariamente raccolti vige l'obbligo di conferimento gratuito all'impianto portuale di raccolta.
L'articolo 4 - nell'ottica della promozione dell'economia circolare indicata in rubrica - prevede l'emanazione di un regolamento ministeriale, adottato con decreto del Ministro della transizione ecologica, volto a stabilire criteri e modalità con cui i rifiuti accidentalmente pescati e quelli volontariamente raccolti cessano di essere qualificati come rifiuti. Tale regolamento dovrà essere emanato entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Tale articolo non è stato oggetto di modifiche (ad eccezione dell’aggiornamento della denominazione del Ministero dell’ambiente in Ministero della transizione ecologica) durante l'esame al Senato.
L’articolo 5 reca norme per la gestione delle biomasse vegetali spiaggiate al fine della loro reimmissione nell’ambiente naturale, anche mediante il riaffondamento in mare o il trasferimento nell’area retrodunale o in altre zone comunque appartenenti alla stessa unità fisiografica.
Tale articolo non è stato oggetto di modifiche durante l'esame al Senato.
L’articolo 6, introdotto durante l'esame al Senato, stabilisce - al fine di ridurre l'impatto dell'inquinamento marino derivante dai fiumi - che le Autorità di Distretto introducono, nei propri atti di pianificazione, misure sperimentali nei corsi d'acqua dirette alla cattura dei rifiuti galleggianti. Si affida al MITE l'avvio, entro il 31 marzo 2022, di un Programma sperimentale triennale di recupero delle plastiche nei fiumi, autorizzando la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024.
Il comma 1 stabilisce - al fine di ridurre l'impatto dell'inquinamento marino derivante dai fiumi - che le Autorità di Distretto introducano, nei propri atti di pianificazione, misure sperimentali nei corsi d'acqua dirette alla cattura dei rifiuti galleggianti compatibili con le esigenze idrauliche e di tutela degli ecosistemi, alla cui attuazione si provvede anche mediante il programma di cui al comma 2.
Il suddetto comma 2 affida al MITE l'avvio di un Programma sperimentale triennale di recupero delle plastiche nei fiumi maggiormente interessati da tale forma di inquinamento, anche mediante la messa in opera di strumenti galleggianti. Tale avvio, originariamente previsto dalla norma entro il 31 dicembre 2021, è stato modificato in sede di rinvio in Commissione con il termine del 31 marzo 2022.
Si ricorda che, in materia di gestione dei fiumi, l’art. 68-bis del Codice ambiente ha introdotto e disciplinato il nuovo strumento operativo dei contratti di fiume: tali contratti “concorrono alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree”.
Il comma 3 autorizza, per le attività inerenti il programma parola, la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024. Agli oneri di cui al presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «fondi di riserva e speciali» della missione «fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della transizione ecologica.
L’articolo 7 reca disposizioni in materia di attività di monitoraggio e controllo dell’ambiente marino, demandando a specifiche linee guida del Ministro della transizione ecologica (di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, acquisito il parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e sentito il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto), da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame, di stabilire il quadro cui si conformano le attività tecnico-scientifiche funzionali alla protezione dell’ambiente marino che comportano l’immersione subacquea in mare al di fuori degli ambiti portuali.
Tale articolo non è stato oggetto di modifiche (ad eccezione dell’aggiornamento delle denominazioni del Ministero dell’ambiente in Ministero della transizione ecologica e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili) durante l'esame al Senato.
L'articolo 8, comma 1, prevede che possono essere effettuate campagne di sensibilizzazione per il conseguimento delle finalità della presente legge e delle strategie per l'ambiente marino di cui al D.P.C.M. 10 ottobre 2017 e degli obiettivi della Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Il nuovo comma 2, introdotto dal Senato, prevede che, al fine di dare adeguata informazione agli operatori del settore circa le modalità di conferimento dei rifiuti accidentalmente pescati o volontariamente raccolti, siano previste adeguate forme di pubblicità e sensibilizzazione a cura dell'Autorità di sistema portuale o a cura dei Comuni territorialmente competenti nell'ambito della gestione dei rifiuti urbani ai sensi dell'art. 198 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Per tali forme di pubblicità, si prevede il ricorso anche a protocolli tecnici che assicurino la mappatura e la pubblicità delle aree adibite alla raccolta e la massima semplificazione per i pescatori e per gli operatori del settore.
Si reca la clausola di invarianza finanziaria, disponendo che le amministrazioni interessate vi provvedano con le sole risorse umane finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Il D.P.C.M. 10/10/2017 ha recato l'approvazione del Programma di misure, ai sensi dell'articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 13 ottobre 2010, n. 190, relative alla definizione di strategie per l'ambiente marino. Il D.P.C.M. in questione, composto di un unico articolo, reca in allegato il Programma di misure, disponibile su sito del MATTM.
Tale Programma reca una serie di misure, articolate con l'indicazione dei relativi descrittori e richiamando il quadro della normativa, anche europea, di settore.
Per quanto riguarda sezione relativa a Misure relative al fenomeno dei rifiuti marini – Descrittore 10, si rileva la sussistenza di due grandi aree di intervento, relative al recepimento delle direttive 2008/98/CE e 2000/59/CE, che hanno a che fare con i rifiuti prodotti dalle navi, il loro smaltimento e la loro gestione da parte delle autorità portuali, rilevando anche le convenzioni internazionali in materia,così come estensivamente indicato infra nella tabella delle misure esistenti. Il Programma ricorda come n attuazione dell'art. 199 Codice dell'ambiente, tutte le regioni italiane sono dotate di piani regionali sui rifiuti: pur non avendo sezioni dedicate ai rifiuti marini, l’esistenza di tali piani garantisce una pianificazione e gestione del settore rifiuti che può avere ricadute positive anche sulla produzione e gestione del marine litter, afferma il documento. Tali piani regolamentano, ad esempio, la presenza di programmi di raccolta differenziata nelle spiagge che potrebbe portare a ridurre la produzione di rifiuti marini. Vengono inoltre ivi richiamati una serie di progetti, relativi sempre al descrittore 10, di carattere internazionali potenzialmente rilevanti (tra i quali, indicati come più importanti, si annoverano: il progetto Plastic Buster, il progetto pilota europeo MARELITT, il progetto MARLISCO, il progetto IPA Adriatico “DeFishGear” (condotto per l’attuazione del fishing for litter, ovvero di un'attività di mitigazione dell'impatto dei rifiuti in mare, che consiste nel mettere i pescatori nella condizione di portare a terra e smaltire gratuitamente i rifiuti che pescano accidentalmente durante la loro normale attività), e il progetto LIFE SMILE.
Si ricorda che il documento in parola è stato adottato nel 2017.
L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile - Sustainable Development Goals, SDGs - in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi, infatti, si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030.
Gli Obiettivi per lo Sviluppo danno seguito ai risultati degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals) che li hanno preceduti, e rappresentano obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti per lo sviluppo: la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico, per citarne solo alcuni. ‘Obiettivi comuni’ significa che essi riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui: nessuno ne è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità.
L'Obiettivo 14 dell'Agenda 2030, relativo alla 'vita sott'acqua' prevede di conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile
La quota globale degli stock ittici marini entro livelli biologicamente sostenibili è infatti diminuita dal 90% nel 1974 al 69% nel 2013. Inoltre, circa il 35% delle catture mondiali si spreca a causa della mancanza di attrezzature adeguate. Oltre al problema dell'inquinamento, anche l'aumento della temperatura e il cambiamento climatico incidono sullo stato delle acque: si veda lo studio Record-setting ocean warmth continued in 2019, pubblicata sulla rivista Advances in atmospheric sciences.
In Italia, è stata evidenziata una carenza di raccolta dati e di monitoraggio che non permette di mettere a fuoco la gravità della situazione riguardo gli ecosistemi marini, come riportato dal sito dell'Asvis che monitora l'attuazione dell'Agenda 2030 in Italia.
Si rammenta che il testo originario del disegno di legge (A.C. 1939) demandava la disciplina delle modalità per l'effettuazione delle predette campagne ad un apposito decreto ministeriale, emanato dal Ministero della transizione ecologica, sentiti i Ministeri delle politiche agricole, delle infrastrutture e dei trasporti. Al riguardo, era stata osservato che le campagne di sensibilizzazione appaiono riconducibili alla materia di competenza concorrente della valorizzazione dei beni ambientali, occorrendo pertanto valutare l'opportunità di coinvolgere il sistema delle autonomie territoriali (per approfondimenti, si veda il dossier inerente i profili di legittimità costituzionale relativamente alla prima lettura del disegno di legge).
L'articolo 9 prevede la promozione, nelle scuole di ogni ordine e grado, di attività sull'importanza della conservazione dell'ambiente e, in particolare, del mare e delle acque interne, nonché delle corrette modalità di conferimento dei rifiuti, coordinando tali attività con quanto previsto dalla L. 92/2019. Nelle scuole sono inoltre promosse le pratiche di conferimento dei rifiuti e sul recupero e riuso dei beni.
Tale articolo non è stato oggetto di modifiche (ad eccezione dell’aggiornamento della denominazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in Ministero dell’istruzione) durante l'esame al Senato.
L'articolo 10, con una modifica all'art. 52, comma 3 del D.Lgs n. 171/2005, prevede che in occasione della celebrazione presso gli istituti scolastici di ogni ordine e grado della "Giornata del mare" le iniziative promosse per la conoscenza del mare facciano riferimento anche alle misure per la prevenzione e il contrasto del fenomeno dell'abbandono dei rifiuti in mare.
Tale articolo non è stato oggetto di modifiche durante l'esame al Senato.
L'articolo 11 disciplina l’attribuzione di un riconoscimento ambientale a imprenditori ittici (commi 1 e 2), nonché a possessori di imbarcazioni non esercenti attività professionale (comma 3).
Tale articolo non è stato oggetto di modifiche (ad eccezione dell’aggiornamento della denominazione del Ministero dell'ambiente in Ministero della transizione ecologica) durante l'esame al Senato.
L'articolo 12, introdotto durante l'esame al Senato, reca disposizioni in materia di prodotti che rilasciano microfibre.
Si prevede, oltre a una definizione di microfibra, anche la dicitura che qualsiasi prodotto tessile o di abbigliamento, che rilasci microfibre al lavaggio, e fabbricato, importato, distribuito, venduto o offerto in vendita in Italia a condizione che riporti nella etichetta di cui all'articolo 14 del Regolamento (UE) n. 1007/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2011, a decorrere dal 30 giugno 2022 indichi nella relativa etichetta.
Il Regolamento (UE) n. 1007/2011 stabilisce norme su: le denominazioni delle fibre tessili relativamente alla loro definizione e utilizzo al momento dell’indicazione della composizione fibrosa dei prodotti tessili; l’etichettatura dei prodotti tessili contenenti parti non tessili di origine animale; i metodi di analisi per controllare le informazioni indicate sulle etichette o sui contrassegni. La legislazione riguarda i prodotti composti esclusivamente di fibre tessili e prodotti trattati allo stesso modo dei prodotti tessili, per esempio prodotti le cui fibre tessili costituiscono almeno l’80 % in peso. Per una sintesi completa del regolamento si veda qui.
Il comma 1 dispone che, ai fini del presente articolo si intende per «microfibra» la particella sintetica di forma fibrosa, delle dimensioni inferiori a cinque millimetri di lunghezza, che viene rilasciata in acqua attraverso il regolare lavaggio di tessuti in materiale sintetico.
L'articolo 3 del regolamento (UE) 1007/2011 reca la seguente definizione di fibra tessile: alternativamente i) un elemento caratterizzato da flessibilità, finezza ed elevato rapporto tra lunghezza e dimensione trasversale massima, che lo rendono atto ad applicazioni tessili; ii) una lamella flessibile o un tubo di larghezza apparente non superiore a 5 mm, comprese le lamelle tagliate da lamelle più larghe o da film, fabbricati a base di sostanze che servono per ottenere le fibre elencate nella tabella 2 dell'allegato I e atti ad applicazioni tessili. (La tabella 2 dell'allegato I reca le una serie di denominazioni di fibre tessili e la loro descrizione)
La decisione (ue)2018/680 relativa i criteri per l'assegnazione del marchio ecologico Ecolabel UE ai servizi di pulizia di ambienti interni, stabilisce la seguente definizione di microfibra: "fibra sintetica di titolazione inferiore a un denaro o dtex/filo" (il dtex è l'abbreviazione del decitex e corrisponde a 1 grammo su 10 chilometri).
In base al comma 2, a decorrere dal 30 giugno 2022 - in base a quanto previsto con una modifica in sede di rinvio in Commissione, mentre la originaria previsione prevedeva a decorrere dal 30 giugno 2021 - qualsiasi prodotto tessile o abbigliamento, che rilasci microfibre al lavaggio, è fabbricato, importato, distribuito, venduto o offerto in vendita in Italia a condizione che riporti nella etichetta di cui all'articolo 14 del Regolamento (UE) n. 1007/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2011, a seconda dei casi, le seguenti indicazioni:
a) per il prodotto o abbigliamento per il quale è consigliato il lavaggio a mano, va indicata la seguente dicitura: «Questo prodotto rilascia microfibre ad ogni lavaggio contribuendo all'inquinamento da plastiche del mare. Si consiglia il lavaggio a mano per ridurre il rilascio»;
b) per il prodotto o abbigliamento per il quale è consigliato il lavaggio a secco: «Questo prodotto rilascia microfibre ad ogni lavaggio contribuendo all'inquinamento da plastiche del mare. Solo lavaggio a secco»;
c) per il prodotto o abbigliamento che non rientri nella descrizione di cui alle lettere a) o b), va indicata la seguente dicitura: «Questo prodotto rilascia microfibre ad ogni lavaggio contribuendo all'inquinamento da plastiche del mare».
L'articolo 14 del Regolamento (UE) 1007/2011 stabilisce l'obbligo di etichettare o contrassegnare i prodotti tessili al fine di indicare la loro composizione fibrosa ogni volta che sono messi a disposizione sul mercato. L'etichettatura e il contrassegno dei prodotti tessili devono essere durevoli, facilmente leggibili, visibili e accessibili; nel caso si tratti di un'etichetta, questa è saldamente fissata. Le etichette o i contrassegni possono essere sostituiti o completati da documenti commerciali d'accompagnamento. L'articolo 15 stabilisce poi che all'immissione di un prodotto sul mercato il fabbricante garantisce la fornitura dell'etichetta o del contrassegno e l'esattezza delle informazioni ivi contenute. Se il fabbricante non è stabilito nell'Unione, l'importatore garantisce la fornitura dell'etichetta o del contrassegno e l'esattezza delle informazioni ivi contenute. L'articolo 16 prevede che l'etichettatura o il contrassegno siano redatti nella lingua o nelle lingue ufficiali dello Stato membro sul cui territorio i prodotti tessili sono messi a disposizione del consumatore, a meno che lo Stato membro interessato disponga altrimenti.
L'articolo 13 reca criteri generali per la disciplina degli impianti di desalinizzazione e stabilisce che, al fine di tutelare l'ambiente marino e costiero, tutti gli impianti di desalinizzazione sono sottoposti a preventiva valutazione di impatto ambientale, di cui alla parte seconda del Codice dell'ambiente. Si novella con la norma in esame l'allegato II alla parte seconda del Codice [2] , relativo ai progetti di competenza statale, inserendovi gli impianti di desalinizzazione. Gli scarichi degli impianti di desalinizzazione sono autorizzati in conformità alla disciplina degli scarichi di cui alla parte terza del Codice [3] .
Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della transizione ecologica sono definiti, per gli scarichi di tali impianti, criteri specifici ad integrazione di quanto riportato nell'allegato 5 alla parte terza del Codice dell'ambiente [4] .
L’unifica modifica di carattere sostanziale operata dal Senato riguarda la delimitazione dell’ambito di applicazione della norma.
Mentre il testo approvato dalla Camera sottoponeva a preventiva valutazione di impatto ambientale “tutti gli impianti di desalinizzazione maggiormente impattanti”, nel nuovo testo scompare la precisazione “maggiormente impattanti” e quindi la norma si applica a tutti gli impianti di desalinizzazione.
L'articolo 14, introdotto durante l'esame al Senato, reca disposizioni in materia di termine per l'emanazione del decreto previsto all'articolo 111 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, reca "Norme in materia ambientale". L'articolo 111 stabilisce che con decreto del Ministro dell'ambiente - di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive - sono individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura. Per l'emanazione del decreto è altresì richiesta la previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
Si prevede che il decreto suddetto sia emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
L'articolo 15, modificato dal Senato, istituisce, presso il Ministero della transizione ecologica, il Tavolo interministeriale di consultazione permanente.
Si indica la finalità di:
Ø coordinare l'azione di contrasto dell'inquinamento marino, anche dovuto alle plastiche
Ø ottimizzare l'azione dei pescatori per le finalità della presente legge
Ø e monitorare l'andamento del recupero dei rifiuti conseguente all'attuazione della presente legge, garantendo la diffusione dei dati e dei contributi.
Il Tavolo interministeriale si riunisce almeno due volte l'anno, ed è presieduto dal Ministro della transizione ecologica o, in caso di assenza o impedimento del medesimo, da un suo delegato.
Prescindendo dalle modifiche di carattere formale relative all’aggiornamento della denominazione del Ministero dell’ambiente in Ministero della transizione ecologica, le modifiche operate dal Senato riguardano la composizione del Tavolo, che risulta composto da:
- tre rappresentanti del o Ministero della transizione ecologica;
- un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
- un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
- cinque rappresentanti del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (SNPA) - di cui due rappresentanti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) - e un rappresentante del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR);
Il testo, come approvato dalla Camera, prevedeva invece un rappresentante dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, tre rappresentanti del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente e un rappresentante del Consiglio nazionale delle ricerche.
- un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, in base a quanto aggiunto con una modifica approvata dal Senato;
- due rappresentanti del Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto;
- cinque rappresentanti degli enti gestori delle aree marine protette;
- tre rappresentanti delle regioni;
- tre rappresentanti delle cooperative di pesca, due rappresentanti delle imprese di pesca e due rappresentanti delle imprese di acquacoltura;
- un rappresentante della Conferenza Nazionale di coordinamento delle Autorità di Sistema Portuale, in base a quanto aggiunto con una modifica approvata dal Senato.
La Conferenza Nazionale di Coordinamento delle Autorità di Sistema Portuale (AdSP) è stata prevista nell'ambito della riforma della governance portuale italiana, avviata con il D. Lgs. n. 169/2016, con importanti compiti, tra cui coordinare i “grandi investimenti infrastrutturali”, pianificare l'urbanistica portuale, le strategie di concessione demaniale, di marketing e la promozione internazionale dei sistemi portuali. La Conferenza, presieduta dal Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili e composta dai 15 Presidenti delle AdSP oltre a 5 rappresentanti della Conferenza Unificata (3 delle Regioni, 1 delle Città Metropolitane e 1 dei Comuni), ha natura consultiva, di indirizzo e propositiva. Per approfondimenti, si veda il sito istituzionale.
L'articolo 16 prevede che il Ministro della transizione ecologica trasmetta alle Camere, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione sull'attuazione della presente legge.
Tale articolo non è stato oggetto di modifiche (ad eccezione dell’aggiornamento della denominazione del Ministero dell’ambiente in Ministero della transizione ecologica) durante l'esame al Senato.
L'articolo 17, non modificato durante l'esame al Senato, dispone che dall'attuazione del presente provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedono alle attività in essa previste con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
[1] Si ricorda che le disposizioni recate dai commi 3 e 4 finalizzate a disciplinare il caso di ormeggi al di fuori dei porti o in piccoli porti non commerciali e poco trafficati, appaiono in linea con le considerazioni svolte nel 29° considerando della direttiva 2019/883 e con il disposto dell'art. 5, paragrafo 5, della direttiva medesima. Nel citato 29° considerando viene evidenziato che "per i piccoli porti non commerciali può rivelarsi difficile adottare e monitorare i piani di raccolta e di gestione dei rifiuti, per esempio le aree di ormeggio e i porti turistici, che sono interessati da un traffico poco frequente, caratterizzato solo da imbarcazioni da diporto, o che è utilizzato solo per una parte dell'anno. I rifiuti prodotti da questi piccoli porti sono solitamente gestiti dal sistema di gestione dei rifiuti urbani, in conformità dei principi della direttiva 2008/98/CE. Al fine di non sovraccaricare gli enti locali e agevolare la gestione dei rifiuti in detti piccoli porti, dovrebbe essere sufficiente includere i rifiuti prodotti da tali porti nel flusso di rifiuti urbani e gestirli di conseguenza, richiedendo altresì che i porti mettano a disposizione dei loro utenti informazioni relative alla raccolta dei rifiuti e che i porti esentati siano inseriti in un sistema elettronico per consentire un livello minimo di monitoraggio". L'art. 5, paragrafo 5, della direttiva dispone, tra l'altro, che "i piccoli porti non commerciali, che sono caratterizzati soltanto da un traffico sporadico o scarso di imbarcazioni da diporto, possono essere esentati" dalle norme che prevedono la predisposizione, in ogni porto, di piani di raccolta e di gestione dei rifiuti delle navi, a condizione che "i loro impianti portuali di raccolta sono integrati nel sistema di gestione dei rifiuti comunale e se gli Stati membri in cui tali porti sono situati garantiscono che le informazioni relative al sistema di gestione dei rifiuti siano messe a disposizione degli utenti dei porti stessi".
[2] Si ricorda che la parte seconda del Codice dell'ambiente reca le procedure per la valutazione ambientale strategica (vas), per la valutazione dell'impatto ambientale (via) e per l'autorizzazione integrata ambientale (ippc). In tale ambito, il titolo I agli artt. Da 4 a 10 disciplina i principi generali per le procedure di via, di vas e per la valutazione d'incidenza e l'autorizzazione integrata ambientale (aia), mentre il titolo II reca la valutazione ambientale strategica (artt. aa 11 a 18) e il titolo III la valutazione d'impatto ambientale (artt. da 19 a 29). Il titolo III-bis reca l'autorizzazione integrata ambientale.
[3] In particolare, si segnala che il Capo III della suddetta parte disciplina la Tutela qualitativa della risorsa, con la disciplina degli scarichi (artt. 100-108).
[4] Tale allegato 5 alla parte terza del codice dell’ambiente riguarda i limiti di emissioni degli scarichi idrici; esso si compone di diverse sezioni inerenti: 1.gli scarichi in corpi d’acqua superficiali, relativamente alle acque reflue e urbane e alle acque reflue industriali nonché agli scarichi sul suolo; 2. Le sostanze per cui esiste il divieto di scarico; 3. le indicazioni generali; 4. i metodi di campionamento ed analisi con annesse tabelle indicanti i limiti di emissione per unità di prodotto riferiti a specifici cicli produttivi.