Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Affari Sociali |
Titolo: | Istituzione dell'assegno unico e universale per i figli a carico |
Riferimenti: | SCH.DEC N.333/XVIII |
Serie: | Atti del Governo Numero: 333 |
Data: | 09/12/2021 |
Organi della Camera: | XII Affari sociali |
Istituzione dell’assegno unico e universale per i figli a carico
Atto del Governo 333
Ai sensi articoli 1, 2 e 5 della legge 1° aprile 2021, n. 46
Servizio Studi Senato
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Dossier n. 484
Servizio Studi
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Atti del Governo n. 333
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AS0272.docx
INDICE
§ Premessa
§ Articolo 3 (Requisiti soggettivi del richiedente)
§ Articolo 4 (Criteri per la determinazione dell’assegno)
§ Articolo 6 (Modalità di presentazione della domanda e di erogazione e suddivisione del beneficio)
§ Articolo 8 (Neutralità fiscale)
§ Articolo 9 (Osservatorio nazionale per l'assegno unico e universale)
§ Articolo 10 (Abrogazioni e modificazioni)
§ Articolo 12 (Assunzioni e attività dell'INPS)
§ Articolo 13 (Disposizioni finanziarie)
§ Articolo 14 (Entrata in vigore)
Lo schema di decreto legislativo in esame attua la delega di cui alla legge 1 aprile 2021, n. 46 , recante Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale[1] che impegna il Governo ad adottare entro dodici mesi dalla sua entrata in vigore (21 aprile 2021) - su proposta del Ministro con delega per la famiglia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro della disabilità[2], sentita la Conferenza unificata - uno o più decreti legislativi volti a riordinare, semplificare e potenziare, anche in via progressiva, le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale.
Nelle more dell'approvazione dei decreti legislativi delegati, il decreto legge n. 79 del 2021, considerata la necessità di introdurre in via temporanea misure immediate volte a sostenere la genitorialità e a favorire la natalità, ha autorizzato, per il semestre luglio-dicembre 2021, l'erogazione su base mensile, da parte dell'INPS, di un assegno temporaneo per figli minori per ogni figlio al di sotto dei 18 anni, inclusi i figli minori adottati e in affido preadottivo. L’art. 11 dello schema in esame proroga la misura ponte al 28 febbraio 2022; dal 1° marzo 2022 si prevede infatti l’avvio dell’assegno unico e universale.
L'assegno temporaneo (di cui al decreto legge n. 79 del 2021) spetta ai nuclei familiari che non hanno diritto all'Assegno per il Nucleo Familiare - ANF (lavoratori autonomi; disoccupati; coltivatori diretti, coloni e mezzadri; titolari di pensione da lavoro autonomo; nuclei che non hanno uno o più requisiti per godere dell'ANF), ed è erogato in funzione del numero dei figli e in misura decrescente all'aumentare del livello di ISEE (fino ad azzerarsi a 50.000 euro di ISEE). L'assegno è compatibile con le attuali misure assistenziali a sostegno della famiglia e col Reddito di Cittadinanza. La domanda può essere presentata a partire dal 1° luglio 2021 e fino al 31 dicembre 2021
Rispondendo alla disciplina delegata, lo schema in esame prevede che, dal 1° gennaio 2022, i nuclei familiari in possesso dei requisiti richiesti possano presentare domanda all’INPS per il riconoscimento dell’erogazione dell’assegno unico e universale. La domanda per il riconoscimento dell'assegno è riferita al periodo compreso tra il mese di marzo dell’anno di presentazione della domanda e quello di febbraio dell’anno successivo. Dal 1° marzo 2022, l’assegno è erogato mensilmente per ciascun figlio a carico secondo gli importi e le maggiorazioni previste dallo schema di decreto in esame che attua i principi e i criteri direttivi generali e specifici della legge delega n. 46.
La Relazione tecnica al provvedimento stima la platea dei soggetti potenzialmente interessati alla misura in circa 7 milioni di nuclei familiari in cui sono presenti circa 9,6 milioni di figli minori e 1,4 milioni di figli maggiorenni con età inferiore ai 21 anni, con complessivamente circa 11 milioni di figli interessati.
La legge n. 46 ha inteso superare l'attuale polverizzazione delle misure a sostegno della genitorialità (prestazioni sociali agevolate, assegni familiari, detrazioni fiscali) mediante una complessiva razionalizzazione e una parziale soppressione degli istituti vigenti, finalizzando le risorse così reperite all'istituzione dell'assegno unico. L’intento di razionalizzare il sistema, ha una pluralità di obiettivi: contrastare la ridotta partecipazione delle donne al mercato del lavoro; promuovere la parità di genere e sostenere la natalità.
Pertanto l'assegno viene configurato come un beneficio economico da elargire nell'ambito delle risorse del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia, e dei risparmi di spesa derivanti dal graduale superamento o dalla soppressione delle seguenti misure: assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori; assegno di natalità (c.d. bonus bebè che esaurirà i propri effetti nel 2021, in quanto confermato dal comma 362 della legge di bilancio 2021); premio alla nascita (Bonus mamma domani) e fondo di sostegno alla natalità (fondo rotativo inteso a favorire l'accesso al credito delle famiglie con uno o più figli, nati o adottati a decorrere dal 2017). Inoltre, nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, si intendono utilizzare anche le risorse rinvenienti dal graduale superamento o dalla soppressione delle detrazioni IRPEF per i figli a carico e degli assegni per il nucleo familiare.
La legge delega fissa, all’art. 1, princìpi e criteri direttivi, poi declinati all’art. 2, in princìpi e criteri direttivi specifici.
L' assegno unico e universale disegnato dalla legge delega è basato sul principio universalistico, poiché costituisce un beneficio economico attribuito con criteri di progressività a tutti i nuclei familiari con figli a carico. L'ammontare dell'assegno è pertanto modulato sulla base della condizione economica del nucleo familiare, come individuata attraverso l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), tenendo conto della numerosità del nucleo familiare, dell'età dei figli a carico e di condizioni specifiche. L'assegno è ripartito in pari misura tra i genitori ovvero, in loro assenza, è assegnato a chi esercita la responsabilità genitoriale. In caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, l'assegno spetta, in mancanza di accordo, al genitore affidatario. Nel caso di affidamento congiunto o condiviso l'assegno, in mancanza di accordo, è ripartito in pari misura tra i genitori. Inoltre, l’assegno è pienamente compatibile con la fruizione del reddito di cittadinanza e di eventuali altre misure in denaro a favore dei figli a carico erogate dalle regioni, dalle province autonome e dagli enti locali e non è considerato per la richiesta e per il calcolo delle prestazioni sociali agevolate, dei trattamenti assistenziali e di altri benefìci e prestazioni sociali previsti da altre norme in favore dei figli con disabilità.
Come indicato dai principi e criteri direttivi specifici, l'assegno è riconosciuto mensilmente:
- per ciascun figlio minorenne a carico, a decorrere dal settimo mese di gravidanza. Per i figli successivi al secondo, all'importo dell'assegno viene applicata una maggiorazione;
- per ciascun figlio maggiorenne a carico dai 18 ai 21 anni (con importo inferiore a quello riconosciuto per i minorenni), con possibilità di corresponsione dell'importo direttamente al figlio, su sua richiesta, al fine di favorirne l'autonomia. L'assegno ai maggiorenni è concesso solo nel caso in cui il figlio frequenti un percorso di formazione scolastica o professionale, un corso di laurea, svolga un tirocinio ovvero un'attività lavorativa limitata con reddito complessivo inferiore a un determinato importo annuale, sia registrato come disoccupato e in cerca di lavoro presso un centro per l'impiego o un'agenzia per il lavoro o svolga il servizio civile universale. L’assegno è erogato, anche dopo il compimento del ventunesimo anno di età, al figlio con disabilità ancora a carico.
E' previsto inoltre il riconoscimento dell'assegno mensile con importo maggiorato a favore di:
- madri di età inferiore a 21 anni;
- ciascun figlio con disabilità con importo maggiorato in misura non inferiore al 30% e non superiore al 50%, con maggiorazione graduata secondo le classificazioni della condizione di disabilità.
Lo schema di decreto legislativo si compone di 14 articoli.
La Relazione tecnica al provvedimento identifica la platea dei soggetti potenzialmente interessati alla misura in circa 7 milioni di nuclei familiari in cui sono presenti circa 9,6 milioni di figli minori e 1,4 milioni di figli maggiorenni con età inferiore ai 21 anni, per un totale di circa 11 milioni di figli.
L’articolo 1, istituisce, a decorrere dal 1° marzo 2022, l’assegno unico e universale per i figli a carico, specificando al contempo che l’assegno costituisce un beneficio economico attribuito ai nuclei familiari su base mensile, per il periodo compreso tra marzo di ciascun anno e febbraio dell’anno successivo. L’assegno è attribuito sulla base della condizione economica del nucleo, in base all’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). In assenza di ISEE il nucleo di riferimento è accertato sulla base dei dati autodichiarati in domanda dal richiedente l’assegno unico, sulla base dei criteri riferibili alla normativa ISEE. Le disposizioni sull’assegno unico e universale per i figli a carico sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome, compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
L’articolo 2 individua i nuclei familiari a cui è riconosciuto l’assegno, stabilendo al contempo le condizioni per accedervi.
L’articolo 3 individua i requisiti soggettivi che il richiedente deve possedere per accedere all’assegno unico e universale. Si tratta di requisiti attinenti alla cittadinanza o al soggiorno, al luogo di pagamento delle imposte e alla residenza. Viene precisato che tali requisiti devono sussistere dal momento di presentazione della domanda e perdurare per l’intera durata del beneficio e che devono essere posseduti congiuntamente.
L’articolo 4 determina l’importo dell’assegno unico e universale parametrandolo ai diversi livelli ISEE e alle diverse tipologie di nucleo familiare. Il valore massimo dell’assegno è pari a 175 euro al mese per ciascun figlio minorenne nelle famiglie con ISEE inferiore o pari a 15.000 euro. Tale importo si riduce gradualmente a seconda dei livelli ISEE fino a raggiungere un valore minimo e costante (pari a 50 euro) in corrispondenza di ISEE pari o superiore a 40.000 euro. Pertanto, gli importi mensili per ciascun figlio minorenne variano dalla misura piena di 175 euro ad un minimo di 50 euro. Ugualmente, l’importo dell’assegno diminuisce al crescere della condizione economica anche per ciascun figlio maggiorenne (anche se disabile) dai 18 ai 21 anni; in questi casi gli importi variano da 85 a 25 euro mensili.
Nel caso di assenza di ISEE (dati autodichiarati dal richiedente l’assegno) spettano gli importi minimi previsti per ISEE pari o superiore a 40.000 euro e le maggiorazioni fisse e variabili (queste ultime negli importi minimi previsti). Sono poi previste una serie di maggiorazioni dell’importo dell’assegno:
- per ciascun figlio successivo al secondo: maggiorazione d’importo variabile compresa tra 85 e 15 euro mensili (a seconda dei livelli ISEE);
- per ciascun figlio minorenne con disabilità: maggiorazione fissa differenziata sulla base della condizione di disabilità come definita ai fini ISEE, da applicare agli importi dell’assegno per i figli minorenni o per i figli successivi al secondo, pari a 105 euro mensili in caso di non autosufficienza, a 95 euro mensili in caso di disabilità grave e a 85 euro mensili in caso di disabilità media;
- per le madri di età inferiore a 21 anni: maggiorazione fissa pari a 20 euro mensili per ciascun figlio;
- per i nuclei familiari in cui entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro: maggiorazione variabile per ciascun figlio minore (30 euro mensili in misura piena in corrispondenza di un ISEE inferiore o pari a 15.000 euro che si riducono gradualmente fino ad annullarsi in corrispondenza di un ISEE pari a 40.000 euro);
Lo schema in esame prevede altresì maggiorazioni non contemplate dalla disciplina di delega:
- per ciascun figlio con disabilità dai 18 ai 21 anni: maggiorazione fissa pari a 50 euro mensili;
- per i nuclei familiari con quattro o più figli: maggiorazione forfettaria pari a 100 euro mensili per nucleo familiare a decorrere dal 2022.
Al fine di consentire la graduale transizione alla nuova misura e di garantire il rispetto della progressività, l'articolo 5 prevede, per le prime tre annualità, una maggiorazione transitoria mensile dell’assegno unico riconosciuta in favore dei nuclei familiari con valore ISEE non superiore a 25.000 euro, che, in presenza di figli minori - da parte del richiedente o da parte di altro componente del nucleo familiare del richiedente - abbiano effettivamente percepito nel corso del 2021 l’assegno per il nucleo familiare (ANF). In tale ambito, la maggiorazione è riconosciuta, nel periodo 1° marzo 2022-31 dicembre 2022, per intero e, nel periodo 1° gennaio 2023-28 febbraio 2025, secondo una percentuale decrescente nel tempo.
L'articolo 6 definisce, in primo luogo, le modalità ed i termini sia di presentazione della domanda per l'assegno unico e universale per i figli a carico sia della relativa erogazione (da parte dell'INPS) e stabilisce i criteri dell'eventuale suddivisione del beneficio. Si prevede che la domanda - fatta salva l'erogazione del beneficio di ufficio per i titolari del Reddito di cittadinanza - sia presentata a decorrere dal 1° gennaio di ciascun anno, con riferimento al periodo compreso tra il mese di marzo del medesimo anno e il mese di febbraio dell'anno successivo. Si pone il principio dell'erogazione per intero al richiedente, salva diversa istanza, anche successiva, e salvi i casi individuati (tra cui la possibilità per il figlio maggiorenne di richiedere la corresponsione diretta della quota di assegno spettante). L’articolo, inoltre, quantifica gli oneri finanziari derivanti dall'istituto in esame (ivi compresi quelli relativi all'integrazione della misura del Reddito di cittadinanza), rinviando al successivo articolo 13 per la copertura finanziaria.
L'articolo 7 specifica che l'assegno unico e universale per i figli a carico è compatibile con eventuali altre prestazioni, in favore dei figli a carico, erogate dalle regioni o province autonome e dagli enti locali. Viene inoltre disciplinato il calcolo e l'erogazione del suddetto assegno unico con riferimento ai nuclei familiari percettori di Reddito di cittadinanza; in tale fattispecie, l'assegno viene riconosciuto di ufficio, secondo uno specifico criterio di calcolo, ad integrazione del Reddito di cittadinanza con le medesime modalità di erogazione previste per quest'ultimo.
L’articolo 8 stabilisce che l'assegno unico e universale per i figli a carico rientra in un regime di neutralità fiscale.
L’articolo 9 istituisce, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche della famiglia, l'Osservatorio nazionale per l'assegno unico e universale per i figli a carico, con funzioni di supporto tecnico-scientifico per lo svolgimento delle attività di analisi, monitoraggio e valutazione d'impatto dell'assegno unico e universale. Il comma 4 reca la clausola d’invarianza finanziaria, specificando che ai suoi componenti non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
In conseguenza dell’introduzione dell’assegno unico e universale, l’articolo 10:
- abroga la disposizione che ha previsto l’erogazione del c.d. Premio alla nascita o all'adozione di minore (un assegno una tantum di 800 euro). L’abrogazione ha effetto dal 1° gennaio 2022;
- abroga, dal l° marzo 2022, l’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori. Per l'anno 2022, il citato assegno è riconosciuto esclusivamente con riferimento alle mensilità di gennaio e febbraio;
- sopprime dal l° marzo 2022 e limitatamente ai nuclei familiari con figli e orfanili (nuclei familiari composti solo da minori) gli assegni ai nuclei familiari (ANF);
- abroga, dal 1° gennaio 2021, la misura relativa al Fondo sostegno alla natalità;
- modifica dal 1° marzo 2022 la disciplina delle detrazioni Irpef per i figli a carico. In sintesi l’assetto delle detrazioni Irpef per figli a carico delineato dallo schema è il seguente:
- permane il diritto alla detrazione nella misura di base di 950 euro solo per i figli di età pari o superiore a 21 anni, ove non spetti l’assegno unico;
- restano ferme la modalità di calcolo e di riparto tra coniugi della detrazione;
- in conseguenza della disciplina dell’assegno unico contenuta nello schema in esame, viene eliminata la disciplina della detrazione spettante per i figli con meno di tre anni, per i figli portatori di handicap e nel caso vi siano più di tre figli a carico;
- viene eliminata l’ulteriore detrazione spettante in presenza di più di quattro figli a carico.
L'articolo 11 dispone la proroga - dal 31 dicembre 2021 al 28 febbraio 2022 - delle misure ponte sull’assegno temporaneo ai figli minori, introdotte dal decreto legge n. 79 del 2021. Per la copertura degli oneri (pari a 903 milioni di euro) si rinvia al successivo articolo 13.
L’articolo 12 autorizza l'INPS ad assumere, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, un contingente di personale non dirigenziale, pari a 300 unità, da inquadrare nell'Area C, posizione economica Cl, del Comparto Funzioni Centrali-sezione enti pubblici non economici. Gli oneri derivanti sono quantificati in 8.015.336 euro per il 2022 ed in 16.030.671 euro annui a decorrere dal 2023 (per la copertura si rinvia all'articolo 13). Si prevede inoltre che l'INPS ponga in essere iniziative di semplificazione e di informazione all'utenza, utilizzando le banche dati presenti negli archivi dell'Istituto, anche al fine di introdurre gradualmente gli strumenti necessari ad un'eventuale erogazione d'ufficio dell'assegno unico e universale per i figli a carico.
L’articolo 13 reca la copertura finanziaria.
L’articolo 14 stabilisce che il decreto - di cui allo schema in commento -entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G. U.
L’articolo 1 istituisce, a decorrere dal 1° marzo 2022, l’assegno unico e universale per i figli a carico, specificando al contempo che l’assegno costituisce un beneficio economico attribuito ai nuclei familiari su base mensile, per il periodo compreso tra marzo di ciascun anno e febbraio dell’anno successivo. L’assegno è attribuito sulla base della condizione economica del nucleo, in base all’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). In assenza di ISEE il nucleo di riferimento è accertato sulla base dei dati autodichiarati in domanda dal richiedente l’assegno unico, sulla base dei criteri riferibili alla normativa ISEE. Le disposizioni sull’assegno unico e universale per i figli a carico sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome, compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
A decorrere dal 1° marzo 2022, l’articolo 1, al comma 1, istituisce l’assegno unico e universale per i figli a carico, specificando al contempo che l’assegno costituisce un beneficio economico attribuito ai nuclei familiari su base mensile (criterio di delega di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) della legge n. 46 del 2021), per il periodo compreso tra marzo di ciascun anno e febbraio dell’anno successivo. L’assegno è attribuito sulla base della condizione economica del nucleo, in base all’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui al D.P.C.M. n. 159 del 2013 che disciplina le modalità di determinazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (criterio di delega di cui all’art. 1, comma 2, lett. b), della legge n. 46 del 2021).
La Relazione illustrativa al provvedimento (RI) chiarisce che l'assegno unico verrà erogato a partire dal 1°marzo 2022 per assicurare tempi adeguati alla predisposizione degli strumenti necessari per gli adempimenti di legge.
Per i primi due mesi del 2022 continueranno ad essere applicate le detrazioni per i figli e verranno erogati gli assegni al nucleo familiare comprensivi delle maggiorazioni temporanee previste per il secondo semestre 2021. Successivamente le tabelle dell'assegno saranno adeguate a partire dal primo marzo di ogni anno.
Indicatore della situazione economica equivalente - ISEE
L'erogazione di molti degli interventi e servizi sociali è legata, nella misura o nel costo, alla situazione economica del nucleo familiare del richiedente, ponderata attraverso l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), istituito dal D. Lgs. 109/1998 quale prova dei mezzi per l'accesso a prestazioni agevolate. L'ISEE è stato revisionato dal D.P.C.M. 159 del 2013, ma la riforma è entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2015, dopo l'emanazione del Decreto del 7 novembre 2014 di approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica a fini ISEE. Il nuovo ISEE ha introdotto criteri di valutazione del reddito e del patrimonio più puntuali, insieme a nuove modalità di raccolta dei dati utili per il calcolo dell'ISEE (i dati fiscali più importanti, quali il reddito complessivo, e i dati relativi alle prestazioni ricevute dall'INPS, sono compilati direttamente dall'Istituto tramite interrogazioni degli archivi propri e di quelli dell'Agenzia delle Entrate) e al rafforzamento dei controlli. Sul punto, si ricorda che la legge di stabilità 2015 (legge n.190 del 2014), al comma 314, ha ampliato la sfera delle informazioni che gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare all'Anagrafe Tributaria, includendovi anche il valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari.
L'ISEE, calcolato sulla base d'una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), vale annualmente per tutti i membri del nucleo familiare e per tutte le prestazioni sociali, anche se richieste ad enti erogatori diversi. A partire dal 1° gennaio 2020, la DSU ha validità dal momento della presentazione fino al successivo 31 dicembre. Inoltre in ciascun anno, all'avvio del periodo di validità fissato al 1° gennaio, i dati sui redditi e i patrimoni presenti in DSU sono aggiornati prendendo a riferimento il secondo anno precedente[3]. L' ISEE è calcolato come rapporto tra l’Indicatore della Situazione Economica (l’ISE corrispondente alla somma dell'indicatore della situazione reddituale, determinato ai sensi dell'articolo 4 del D.P.C.M. n. 159, e del venti per cento dell'indicatore della situazione patrimoniale determinata ai sensi dell’art. 5 del medesimo decreto) e il parametro desunto dalla scala di equivalenza (Allegato 1 al D.P.C.M. n. 159) di seguito riportata con le maggiorazioni previste.
Si rammenta che il patrimonio mobiliare e immobiliare è riferito a quello posseduto alla data del 31 dicembre del secondo anno precedente a quello di presentazione della DSU.
In casi particolari, le informazioni raccolte consentono di calcolare ISEE specifici (ISEE “socio-sanitario”, ISEE “socio-sanitario residenze”, ISEE “università”, ISEE “minorenni con genitori non coniugati tra loro e non conviventi” sul punto si veda Tipologie di ISEE sul sito Inps).
Qualora vi sia una rilevante variazione nell'indicatore, a fronte di determinate condizioni, quali la perdita del posto di lavoro o l'interruzione dei trattamenti, la Riforma del 2013 ha introdotto l’ISEE corrente che aggiorna il valore dell' ISEE ordinario prendendo a riferimento i redditi relativi a un periodo di tempo più ravvicinato, calcolato sui redditi e trattamenti percepiti dal nucleo familiare negli ultimi dodici mesi o negli ultimi due mesi (nel caso di lavoratore dipendente a tempo indeterminato per cui sia intervenuta la perdita, la sospensione o una riduzione dell’attività lavorativa ovvero nel caso si verifichi un’interruzione dei trattamenti previdenziali, assistenziali e indennitari, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini IRPEF).
L’art. 10, comma 4, del D. Lgs. n. 147 del 2017 istitutivo del ReI[4], ha inoltre previsto la possibilità di aggiornare i redditi e i patrimoni presenti nella DSU prendendo a riferimento i redditi e i patrimoni dell’anno precedente, qualora vi sia convenienza per il nucleo familiare, mediante modalità estensive dell’ISEE corrente. La medesima norma ha rinviato a un successivo decreto interministeriale Lavoro/Economia, l’individuazione delle modalità estensive dell’ISEE corrente, poi stabilite dal decreto interministeriale 5 luglio 2021 che ha ampliato le fattispecie per le quali era già possibile richiedere l’ISEE corrente. In particolare, l’art. 2 del decreto interministeriale stabilisce che, a decorrere dal 1° aprile di ciascun anno, in presenza di un ISEE in corso di validità, l’ISEE corrente può essere presentato anche nel caso in cui l’indicatore della situazione patrimoniale calcolato prendendo a riferimento l’anno precedente a quello di presentazione della DSU differisca per più del 20% rispetto al medesimo indicatore calcolato in via ordinaria. In tale ipotesi, è possibile effettuare l’aggiornamento del solo dato patrimoniale, fermi restando l’indicatore della situazione reddituale e la scala di equivalenza. Ai fini della successiva richiesta dell’erogazione delle prestazioni, l’ISEE corrente aggiornato, calcolato secondo quanto indicato al periodo precedente, ha validità fino al 31 dicembre dell’anno di presentazione del modulo sostitutivo della DSU.
Conseguentemente, dal 1° gennaio al 31 marzo di ciascun anno resta ferma la possibilità di aggiornare ai fini dell’ISEE corrente unicamente i redditi e non anche i patrimoni. Dal 1° aprile di ciascun anno è invece possibile aggiornare:
- solo i patrimoni;
- solo i redditi;
- contestualmente i patrimoni e i redditi.
Riguardo alla validità dell’ISEE corrente nelle ipotesi sopra illustrate di aggiornamento dei dati, il decreto 5 luglio 2021, all’art. 2, stabilisce quanto segue:
- in caso di aggiornamento della sola componente patrimoniale, o delle componenti reddituale e patrimoniale, l’ISEE corrente, ha validità fino al 31 dicembre dell’anno di presentazione del modulo sostitutivo della DSU;
- in caso di variazione della sola componente reddituale, resta ferma l’attuale data di scadenza dell’ISEE corrente in sei mesi dalla data di presentazione del modulo sostitutivo della DSU, salvo intervengano variazioni nella situazione occupazionale o nella fruizione dei trattamenti, nel qual caso l’ISEE corrente deve essere aggiornato entro due mesi dalla variazione come stabilita dal dall’art. 10, comma 5, del D. Lgs. n. 147 del 2017 (per approfondimenti si rinvia al Messaggio INPS n° 3155 del 21 settembre 2021).
Il comma 2 precisa la nozione di figli a carico specificando che si considerano figli a carico quelli facenti parte del nucleo familiare indicato ai fini ISEE, in corso di validità, calcolato ai sensi dell’articolo 7 del D.P.C.M. 159 del 2013 dedicato alle “Prestazioni agevolate rivolte a minorenni”.
Il citato art. 7 è utilizzato per l'accesso alle prestazioni agevolate rivolte ai minorenni che siano figli di genitori non coniugati tra loro e non conviventi.
Più precisamente, stabilisce che il genitore non convivente nel nucleo familiare, non coniugato con l'altro genitore, che abbia riconosciuto il figlio, fa parte del nucleo familiare del figlio, a meno che non ricorra uno dei seguenti casi:
a) quando il genitore risulti coniugato con persona diversa dall'altro genitore;
b) quando il genitore risulti avere figli con persona diversa dall'altro genitore;
c) quando con provvedimento dell'autorità giudiziaria sia stato stabilito il versamento di assegni periodici destinato al mantenimento dei figli;
d) quando sussiste esclusione dalla potestà sui figli o è stato adottato, ai sensi dell'articolo 333 del codice civile, il provvedimento di allontanamento dalla residenza familiare;
e) quando risulti accertato in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali la estraneità in termini di rapporti affettivi ed economici;
Per il calcolo, qualora ricorrano i casi di cui alle lettere a) ed b), l'ISEE è integrato di una componente aggiuntiva, calcolata sulla base della situazione economica del genitore non convivente, secondo modalità stabilite dall'allegato 2, comma 2, del medesimo D.P.C.M. n. 159.
Il secondo periodo del comma 2 specifica invece che, nel caso di nuclei con figli maggiorenni, l’ISEE è calcolato ai sensi degli articoli da 2 a 6 e 9 del D.P.C.M. 159 del 2013.
Gli articoli del D.P.C.M. n. 159 da 2 a 6 e l’art. 9 definiscono rispettivamente: art. 2 ISEE; art. 3 Nucleo familiare; art. 4 Indicatore della situazione reddituale; art. 5 Indicatore della situazione patrimoniale; art. 6. Prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria e art. 9 ISEE corrente.
Preme qui ricordare che per “prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria”, alle quali ricollegare l’utilizzo del c.d. “ISEE socio-sanitario”, devono intendersi, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. f), del D.P.C.M. n. 159 del 2013 le prestazioni e gli interventi di: assistenza domiciliare rivolta a persone con disabilità e limitazioni dell'autonomia; ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali. Come successivamente chiarito dall’INPS e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nella definizione di prestazione agevolate di natura socio-sanitaria, il Regolamento ISEE comprende sia le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale che quelle sociali a rilevanza sanitaria, ovvero anche le prestazioni sociali che incidono sul benessere e lo stato di salute complessivo della persona disabile. Inoltre, come specificato dall’INPS, grazie all' ISEE socio-sanitario le persone disabili maggiorenni possono scegliere un nucleo più ristretto rispetto a quello ordinario. Per esempio, una persona maggiorenne disabile non coniugata e senza figli, che vive con i genitori, in sede di calcolo ISEE può dichiarare solo i suoi redditi e patrimoni. Tra le prestazioni socio sanitarie alcune regole particolari si applicano alle prestazioni residenziali come i ricoveri presso Residenze Socio Sanitarie Assistenziali (RSA, RSSA). Anche in questo caso è possibile optare per la dichiarazione del nucleo più ristretto. Per il calcolo dell'ISEE si tiene conto della condizione economica anche dei figli del beneficiario non inclusi nel nucleo familiare, integrando l'indicatore con una componente aggiuntiva per ciascun figlio. Tale previsione consente di differenziare la condizione economica dell'anziano non autosufficiente che ha figli in grado di aiutarlo, da quella di chi non ha alcun aiuto per fronteggiare le spese del ricovero.
Il comma 3 precisa che, ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 445 del dicembre 2000[5], in assenza di ISEE il nucleo di riferimento è accertato sulla base dei dati autodichiarati in domanda dal richiedente l’assegno unico, sulla base dei criteri di cui al D.P.C.M. n. 159 del 2013.
Ai sensi del comma 4, le disposizioni dello schema in esame sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione. La disposizione specifica, inoltre, che il rispetto degli statuti e delle norme di attuazione è assicurato anche con riferimento all’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione (si veda sul punto l’art. 4 della legge delega n. 46 del 2021).
Il citato articolo 10 prevede che, fino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della legge costituzionale di riforma del Titolo V si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.
L’articolo 2 individua i nuclei familiari a cui è riconosciuto l’assegno, stabilendo al contempo le condizioni per accedervi.
L’articolo 2 individua i nuclei familiari beneficiari dell’assegno unico e universale rispondendo ai principi e criteri direttivi specifici di cui all’art. 2, co. 1, lettere a), b) e d) della legge n. 46 del 2021. Più in particolare, l’assegno, nell’importo determinato ai sensi del successivo articolo 4, è riconosciuto ai nuclei familiari:
a) per ogni figlio minorenne a carico e, per i nuovi nati, decorre dal settimo mese di gravidanza;
Tale previsione è contenuta nella legge delega (art. 2, comma 1, lettera a). Da fonti scientifiche è stata evidenziata l’opportunità di includere, nella regolamentazione, anche la fattispecie relativa ai nati nei mesi antecedenti al settimo mese di gravidanza. Si veda in tal senso il comunicato della SIN - Società italiana di neonatologia.
b) per ciascun figlio maggiorenne a carico, fino al compimento dei 21 anni di età, per il quale ricorra una delle seguenti condizioni:
1) frequenti un corso di formazione scolastica o professionale, ovvero un corso di laurea;
2) svolga un tirocinio ovvero un’attività lavorativa e possieda un reddito complessivo inferiore a 8.000 euro annui;
3) sia registrato come disoccupato e in cerca di un lavoro presso i servizi pubblici per l’impiego;
4) svolga il servizio civile universale;
Si ricorda che, in base all'articolo 12, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 4.000 euro, ovvero a 2.840,51 euro nel caso di figli di età superiore a ventiquattro anni (per il computo di tali limiti si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili);
c) per ciascun figlio con disabilità a carico, senza limiti di età.
Rispondendo alla disciplina di cui all’art. 1, co. 2, lettera f), della legge n. 46 del 2021, l’articolo in commento, al comma 2, prevede che l’assegno spetti, nell’interesse del figlio, in parti uguali a chi esercita la responsabilità genitoriale. La norma fa salvi i casi previsti dall’articolo 6, commi 4 e 5, relativi, rispettivamente ai casi di affidamento esclusivo, nomina di tutore e richiesta dell’assegno da parte dei figli maggiorenni.
L'assegno, in base al comma 4 dell’articolo 6, è erogato dall'INPS al richiedente ovvero, su istanza anche successiva, in pari misura tra i genitori o tra coloro che esercitano la responsabilità genitoriale. Il medesimo comma 4 prevede che, in caso di affidamento esclusivo, l'assegno spetti, in mancanza di accordo, al genitore affidatario. Il comma 4 specifica altresì che, nel caso di nomina di un tutore, l'assegno (o la relativa quota di assegno) è riconosciuto nell'interesse esclusivo del tutelato. Infine, il comma 5 dell’articolo 6, prevede che i figli maggiorenni possano presentare domanda per il riconoscimento dell’assegno, con conseguente corresponsione diretta (da parte dell'INPS) a quest'ultimi. Si ricorda che l'introduzione di quest'ultima possibilità è prevista specificamente dalla disciplina di delega[6].
In attuazione del criterio di delega di cui all’art. 1, comma 3, della legge n. 46, al fine di assicurare la piena conoscibilità del beneficio si dispone che al momento della registrazione della nascita del figlio, l’ufficiale dello stato civile informi i genitori sull’assegno. A tali attività si provvede nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 3).
In particolare, l’art. 1 della legge n. 124 del 2015 è dedicato alla Carta della cittadinanza digitale e, per quanto qui interessa, prevede (alla lettera h) fra i principi e i criteri direttivi anche la semplificazione delle condizioni di esercizio dei diritti e l'accesso ai servizi di interesse dei cittadini, fra i quali anche la conoscibilità della normativa e degli strumenti di sostegno della maternità e della genitorialità corrispondenti al profilo dei richiedenti, attraverso l'utilizzo del sito internet dell'Istituto nazionale della previdenza sociale collegato con i siti delle amministrazioni regionali e locali, attivabile al momento dell'iscrizione anagrafica della figlia o del figlio nato o adottato, secondo modalità e procedure che garantiscano la certezza e la riservatezza dei dati.
L’articolo 3 individua i requisiti soggettivi che il richiedente deve possedere per accedere all’assegno unico e universale. Si tratta di requisiti attinenti alla cittadinanza o al soggiorno, al luogo di pagamento delle imposte, alla residenza. Viene precisato che tali requisiti devono sussistere dal momento di presentazione della domanda e perdurare per l’intera durata del beneficio e che devono essere posseduti congiuntamente.
Per quanto riguarda la cittadinanza il comma 1, lett. a), dispone che il richiedente il beneficio deve:
§ essere cittadino italiano o
§ cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea, o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente o
§ cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea in possesso di:
- permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o
- permesso unico di lavoro autorizzato a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi o
- permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzato a soggiornare in Italia per un periodo superiore a sei mesi.
Per quanto riguarda la residenza fiscale il richiedente deve essere soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia (lett. b).
Per quanto riguarda la residenza e domicilio il richiedente deve essere residente e domiciliato in Italia (lett. c). Inoltre, deve essere o essere stato residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi, oppure in alternativa essere titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno semestrale (lett. d).
La legge delega n. 46 del 2021 – all’art. 2 comma 1 lett f) – dispone in proposito:
con riferimento ai requisiti di accesso, cittadinanza, residenza e soggiorno, il richiedente l'assegno deve cumulativamente:
1) essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea, o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero essere cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno annuale;
2) essere soggetto al pagamento dell'imposta sul reddito in Italia;
3) essere residente e domiciliato con i figli a carico in Italia per la durata del beneficio;
4) essere stato o essere residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi, ovvero essere titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno biennale.
L’articolo in esame recepisce dunque i criteri direttivi recati dall’art. 2, comma 1, lett. f), della legge di delega, con la differenza che quest’ultima (n. 1) della lett. f), in relazione al criterio della cittadinanza e soggiorno, richiede quale requisito “essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea, o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero essere cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno annuale”, mentre, come si è accennato sopra, il provvedimento in esame fa riferimento al “cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o sia titolare di permesso unico di lavoro autorizzato a svolgere un'attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi o sia titolare di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzato a soggiornare in Italia per un periodo superiore a sei mesi”.
Il motivo di tale scostamento dal principio di delega è da rintracciare, come evidenziato nella relazione illustrativa, nella volontà del legislatore di conformarsi ad una procedura di infrazione aperta da parte della Commissione europea nei confronti dell’Italia. Si tratta della procedura di infrazione n. 2019/2100 avente per oggetto la non corretta attuazione delle norme UE in materia di permessi di lavoro e di soggiorno extracomunitari (direttiva sul permesso unico UE 2011/98), volte a garantire che i lavoratori extracomunitari residenti legalmente in un paese dell'UE beneficino della parità di trattamento con i cittadini di quel paese per quanto riguarda le condizioni di lavoro, la libertà di associazione, l'istruzione, la sicurezza sociale e le agevolazioni fiscali tra le altre aree.
La Commissione europea contesta al Governo italiano l’inesatto recepimento della direttiva 2011/98 da parte del decreto legislativo n. 40 del 2014, che ha modificato in diverse punti il testo unico sull’immigrazione.
Per quanto è qui di interesse, viene contestato il mancato recepimento dell’articolo 12, par. 2, lett. b) della citata direttiva 2011/98, nella parte in cui ammette che lo Stato UE “ospitante” escluda: 1) dall’estensione di “tutte” le prestazioni di “sicurezza sociale”, sia i cittadini extraUE non lavoranti e “disoccupati”, sia quelli non lavoranti, “disoccupati” e che non risultino aver lavorato per almeno 6 mesi; 2) dall’estensione delle specifiche previdenze di “sicurezza sociale” dette “prestazioni familiari”, i cittadini extraUE che detto Stato abbia autorizzato a lavorare per non più di sei mesi, o che rientrino in altre limitate eccezioni.
Il citato art. 12 della Dir. 2011/98/UE è attuato dall’art. 41 del D.Lgs. n. 286/1998 (testo unico immigrazione), il quale impone che le provvidenze, spettanti agli italiani a titolo di “assistenza sociale”, siano estese ai cittadini di Stati “terzi” dotati di permesso di soggiorno, purché questo abbia una durata “non inferiore ad un anno”. Secondo la Commissione, tale normativa italiana contrasta con il già indicato art. 12 della Dir. 2011/98/UE, per quanto qui di interesse, perché il legislatore italiano ha escluso, dal beneficio della “parità di trattamento”, anche cittadini di “Stati terzi” non rientranti nelle eccezioni, a tale principio, autorizzate dall’art. 12 della Dir. 2011/98/UE: questo, infatti, inderogabilmente applica tale parità di trattamento al cittadino extraUE, dotato di permesso unico, che abbia lavorato nello Stato UE per più di sei mesi, anche se per meno di un anno. Invece, per il predetto art. 41 del D. Lgs 286/1998, tale soggetto verrebbe escluso dal beneficio di cui si tratta, ove il suo “permesso unico” avesse durata inferiore ad un anno, pur se superiore ai sei mesi predetti. Per i motivi sopra esposti, alcune specifiche provvidenze “sociali” erogate ai cittadini italiani dalla legislazione nazionale – ex art. 65 della L. n. 448/1998, ex artt. 74 e 75 del D. Lgs. n. 151/2001 ed ex art. 1 della L. n. 190/2014 – non vengono, dalla stessa normativa italiana, estese anche ai cittadini extraUE titolari di permesso unico.
Al fine di conformarsi a quanto indicato nella procedura di infrazione, l’art. 3 del disegno di legge europea 2019/2020, in corso di esame alla Camera (A.C. 2670-B), modifica, tra l’altro, il citato articolo 41 del testo unico immigrazione. Il comma 1 di tale disposizione attualmente prevede che sono equiparati ai cittadini italiani - ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni di assistenza sociale - gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno. L’art. 3 del ddl europea, introduce due nuovi commi: il comma 1-bis e 1-ter. Quest’ultimo dispone che nell'ambito delle prestazioni costituenti diritti, ai fini della fruizione delle prestazioni familiari (di cui all'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004) sono equiparati ai cittadini italiani gli stranieri titolari di permesso unico di lavoro autorizzati a svolgere un'attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, nonché gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzati a soggiornare in Italia per un periodo superiore a sei mesi.
Secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa del provvedimento in esame: “considerato che il disegno di legge europea 2019/2020 è in corso di approvazione, si è ritenuto di adeguarsi alla previsione di cui all’articolo 3 del già citato disegno di legge europea, prevedendo, con riferimento ai requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno, all’articolo 3 comma 1 dello schema di decreto legislativo che sia cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea, o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero sia cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o sia titolare di permesso unico di lavoro autorizzato a svolgere un'attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi o sia titolare di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzato a soggiornare in Italia per un periodo superiore a sei mesi”.
Si ricorda che in materia è intervenuta la Corte di giustizia dell’Unione europea (sent. 2 settembre 2021 C-350/20) che ha stabilito che i cittadini di Paesi terzi titolari di permesso unico di lavoro hanno diritto all’assegno di natalità e dell’assegno di maternità. Il giudizio era sorto sulla base dell’ordinanza della Corte costituzionale 30 luglio 2020, n. 182 che aveva sottoposto al giudice UE la questione. In particolare la Grande sezione della CGUE ha stabilito che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che esclude i cittadini di paesi terzi dal beneficio di un assegno di natalità e di un assegno di maternità previsti da detta normativa.
Altro requisito previsto dalla disposizione di delega (lett. f) n. 4) e dallo schema di decreto legislativo (lett. d) riguarda, come si è detto, l’essere stato o essere residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi. In proposito la normativa e la giurisprudenza dell’Unione europea, in parte sopra richiamati, prevedono requisiti per l’attribuzione di prestazioni sociali per i quali potrebbe risultare suscettibile di specifico approfondimento tale previsione come delineata.
L’articolo 4 determina l’importo dell’assegno unico e universale parametrandolo ai diversi livelli ISEE e alle diverse tipologie di nucleo familiare.
Il valore massimo dell’assegno è pari a 175 euro al mese per ciascun figlio minorenne nelle famiglie con ISEE inferiore o pari a 15.000 euro. Tale importo si riduce gradualmente a seconda dei livelli ISEE fino a raggiungere un valore minimo e costante (pari a 50 euro) in corrispondenza di ISEE pari o superiore a 40.000 euro. Pertanto, gli importi mensili per ciascun figlio minorenne variano dalla misura piena di 175 euro ad un minimo di 50 euro. Ugualmente, l’importo dell’assegno diminuisce al crescere della condizione economica anche per ciascun figlio maggiorenne (anche se disabile) dai 18 ai 21 anni; in questi casi gli importi variano da 85 a 25 euro mensili.
Nel caso di assenza di ISEE (dati autodichiarati dal richiedente l’assegno) spettano gli importi minimi previsti per ISEE pari o superiore a 40.000 euro e le maggiorazioni fisse e variabili (queste ultime negli importi minimi previsti).
Sono poi previste una serie di maggiorazioni dell’importo dell’assegno:
- per ciascun figlio successivo al secondo: maggiorazione d’importo variabile compresa tra 85 e 15 euro mensili (a seconda dei livelli ISEE);
- per ciascun figlio minorenne con disabilità: maggiorazione fissa differenziata sulla base della condizione di disabilità come definita ai fini ISEE, da applicare agli importi dell’assegno per i figli minorenni o per i figli successivi al secondo, pari a 105 euro mensili in caso di non autosufficienza, a 95 euro mensili in caso di disabilità grave e a 85 euro mensili in caso di disabilità media;
- per le madri di età inferiore a 21 anni: maggiorazione fissa pari a 20 euro mensili per ciascun figlio;
- per i nuclei familiari in cui entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro: maggiorazione variabile per ciascun figlio minore (30 euro mensili in misura piena in corrispondenza di un ISEE inferiore o pari a 15.000 euro che si riducono gradualmente fino ad annullarsi in corrispondenza di un ISEE pari a 40.000 euro);
Lo schema in esame prevede altresì maggiorazioni non contemplate dalla disciplina di delega:
- per ciascun figlio con disabilità dai 18 ai 21 anni: maggiorazione fissa pari a 50 euro mensili;
- per i nuclei familiari con quattro o più figli: maggiorazione forfettaria pari a 100 euro mensili per nucleo familiare a decorrere dal 2022.
A seguire si illustrano i criteri per la determinazione dell’assegno più nel dettaglio. Si rammenta che il comma 11 dell’articolo in esame chiarisce che gli importi dell’assegno unico e universale, come individuati della tabella 1 allegata allo schema di decreto legislativo, e le relative soglie ISEE, sono adeguati annualmente alle variazioni dell’indice del costo della vita.
Comma 1: per ciascun figlio minorenne (e per i nuovi nati a decorrere dal settimo mese di gravidanza, come previsto dall’art. 2, comma 1, lett. a), dello schema in esame) è previsto un importo variabile compreso tra 175 euro (ISEE inferiore o pari a 15.000 euro) e 50 euro mensili (ISEE pari o superiore a 40.000 euro). Pertanto, per livelli di ISEE superiori a 15.000 euro, l’importo dell’assegno si riduce gradualmente secondo gli importi indicati nella tabella 1 fino a raggiungere un valore costante pari a 50 euro in corrispondenza di un ISEE pari o superiore a 40.000 euro.
Comma 2: per ciascun figlio maggiorenne, fino al compimento del ventunesimo anno di età, è previsto un importo variabile compreso tra 85 euro (ISEE pari o inferiore a 15.000 euro) e 25 euro mensili (ISEE pari o superiori a 40.000 euro). Pertanto, per livelli di ISEE superiori a 15.000 euro, l’importo dell’assegno si riduce gradualmente secondo gli importi indicati nella tabella 1 fino a raggiungere un valore costante pari a 25 euro in corrispondenza di un ISEE pari o superiore a 40.000 euro. La determinazione dell’importo dell’assegno per figli maggiorenni a carico risponde alla disciplina di delega di cui all’art. 1, comma 1, lettera b), della legge n. 46, nella parte in cui si richiede che sia inferiore a quello riconosciuto per i minori. Si ricorda inoltre che, ai sensi della medesima disposizione di delega come attuata dall’art. 2, comma 1, lett. b) e c) dello schema in esame, l’erogazione dell’assegno per il figlio maggiorenne a carico dai 18 ai 21 anni è riconosciuta solo nel caso in cui quest’ultimo: frequenti un corso di formazione scolastica o professionale, ovvero un corso di laurea; svolga un tirocinio ovvero un’attività lavorativa e possieda un reddito complessivo inferiore a 8.000 euro annui; sia registrato come disoccupato e in cerca di un lavoro presso i servizi pubblici per l’impiego; svolga il servizio civile universale. Tale importo è previsto anche per ciascun figlio maggiorenne con disabilità a carico, senza limiti di età.
Comma 9: nel caso di assenza di ISEE (casi indicati all’articolo 1, comma 3, ovvero dati autodichiarati dal richiedente l’assegno) spettano gli importi corrispondenti a quelli minimi previsti dai commi da 1 a 8 per ISEE pari o superiore a 40.000 euro (comprese dunque le maggiorazioni fisse e variabili; queste ultime negli importi minimi previsti).
La disciplina di delega di cui alla legge n. 46 del 2021, all’art. 2, comma 1, lettera d), prevede, per ciascun figlio con disabilità, il riconoscimento di:
- un assegno mensile di importo maggiorato (in misura non inferiore al 30 per cento e non superiore al 50 per cento) rispetto agli importi dell’assegno per i minorenni e di quello dei maggiorenni, con maggiorazione graduata secondo le classificazioni della condizione di disabilità;
- il riconoscimento dell'assegno per maggiorenni, senza maggiorazione, anche dopo il compimento del ventunesimo anno di età, qualora il figlio con disabilità risulti ancora a carico.
In premessa occorre ricordare che l’art. 2-sexies della legge n. 89 del 2016 ha previsto l’applicazione di una maggiorazione dello 0,5 al parametro della scala di equivalenza ISEE per ogni componente con disabilità media, grave o non autosufficiente ed ha contemporaneamente escluso dalla formazione del reddito ISEE i trattamenti assistenziali, previdenziali ed indennitari percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità.
La definizione ai fini ISEE della condizione di disabilità media, grave e di non autosufficienza è contenuta nell’allegato 3 al D.P.C.M. n. 159 del 2013.
La Tabella ISEE di classificazione delle disabilità prevede per la categoria “invalidi civili minori di età”: per il riconoscimento della disabilità media la titolarità dell’indennità di frequenza e gli ipovedenti gravi; per il riconoscimento della disabilità grave le condizioni di cui all’art. 8 della legge n. 449 del 1997 (menomazioni fisiche/ridotta o impedita capacità motoria), o all’art. 30 della legge n. 388 del 2000 (disabilità “psichiche e mentali”); per il riconoscimento della non autosufficienza la titolarità dell’indennità di accompagnamento per invalidità o cecità civile assoluta (art. 1 legge n. 508 del 1988).
Per la categoria “invalidi civili di età compresa fra i 18 e 65 anni”, si prevede: per il riconoscimento della disabilità media: percentuali di invalidità comprese tra il 67 e il 99% ai sensi del D. Lgs. n. 509 del 1988; per il riconoscimento della disabilità grave: inabilità totale ai sensi degli artt. 1 (Nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili) e 12 (Pensione di inabilità) della legge n. 118 del 1971; per il riconoscimento della non autosufficienza: titolarità dell’indennità di accompagnamento (art. 1 legge n. 508 del 1988).
Comma 4: per ciascun figlio minorenne con disabilità è prevista una maggiorazione, sulla base della condizione di disabilità come definita ai fini ISEE, da applicare agli importi dell’assegno per i figli minorenni o per i figli successivi al secondo, pari a 105 euro mensili in caso di non autosufficienza, a 95 euro mensili in caso di disabilità grave e a 85 euro mensili in caso di disabilità media.
Comma 5: per ciascun figlio maggiorenne con disabilità fino al compimento del ventunesimo anno di età, dunque dai 18 ai 21 anni, è prevista una maggiorazione pari a 50 euro mensili da sommare all’importo individuato per ciascun figlio maggiorenne (importo variabile compreso tra 85 e 25 euro mensili.
Comma 6: per ciascun figlio con disabilità a carico di età pari o superiore a 21 anni è previsto un assegno dall’importo variabile compreso tra 85 euro (ISEE pari o inferiore a 15.000 euro) e 25 euro mensili (ISEE pari o superiori a 40.000 euro). Pertanto, per livelli di ISEE superiori a 15.000 euro, l’importo dell’assegno si riduce gradualmente secondo gli importi indicati nella tabella 1 fino a raggiungere un valore costante pari a 25 euro in corrispondenza di un ISEE pari o superiore a 40.000 euro[7]. Sul punto si rammenta ancora che l’art. 2, comma 1, lettera c), dello schema in commento prevede che per ciascun figlio maggiorenne con disabilità a carico, sia erogato, senza limiti di età, l’assegno destinato ai figli maggiorenni a carico).
Lo schema in esame prevede una serie di maggiorazioni:
Comma 3: per ciascun figlio successivo al secondo è prevista una maggiorazione d’importo variabile compresa tra 85 euro (ISEE pari o inferiore a 15.000 euro) e 15 euro mensili (ISEE pari o superiori a 40.000 euro). Pertanto, per livelli di ISEE superiori a 15.000 euro, l’importo dell’assegno per i figli successivi al secondo, si riduce gradualmente secondo gli importi indicati nella tabella 1 fino a raggiungere un valore costante pari a 15 euro in corrispondenza di un ISEE pari o superiore a 40.000 euro[8].
Comma 7: per le madri di età inferiore a 21 anni è prevista una maggiorazione fissa degli importi individuati per i figli minorenni e i figli successivi al secondo (commi 1 e 3) pari a 20 euro mensili per ciascun figlio[9].
Comma 8: nel caso in cui entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro, è prevista una maggiorazione variabile per ciascun figlio minore, pari a 30 euro mensili. Tale importo spetta in misura piena per un ISEE pari o inferiore a 15.000 euro. Per livelli di ISEE superiori, esso si riduce gradualmente secondo gli importi indicati nella tabella 1 fino ad annullarsi in corrispondenza di un ISEE pari o superiore a 40.000 euro. Rispondendo alla disciplina di delega di cui all’art. 1, comma 2, lettera b), della legge n. 46, la maggiorazione in commento tiene in conto i possibili effetti di disincentivo al lavoro per il secondo percettore di reddito nel nucleo familiare dovuti al fatto che le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano sono esposte a spese maggiori per la cura dei figli.
Comma 10: per i nuclei familiari con quattro o più figli, a decorrere dal 2022, è riconosciuta una maggiorazione forfettaria pari a 100 euro mensili per nucleo. La RI al provvedimento stima interessati circa l 00.000 nuclei per un onere di 120 milioni di euro annui.
Tale maggiorazione, non prevista dalla disciplina di delega, sembra rispondere alla necessità di fornire un sostegno alle famiglie numerose maggiormente esposte al rischio di povertà e in cui è ugualmente a maggior rischio, per il carico di lavoro domestico, il lavoro del secondo percettore di reddito tra i genitori (solitamente la madre).
Sul punto il Rapporto “Le statistiche dell’Istat sulla povertà” che sottolinea come nel 2020, l’incidenza di povertà assoluta e? più elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti: e? al 20,5% tra quelle con cinque e più componenti e all’11,2% tra quelle con quattro; si attesta invece attorno all’8,5% se si e? in tre in famiglia. La situazione si fa piu? critica se i figli conviventi, soprattutto se minori, sono piu? di uno - l’incidenza passa infatti dal 9,3% delle famiglie con un solo figlio minore al 22,7% di quelle che ne hanno da tre in su - e tra le famiglie monogenitore. Proprio per queste ultime si registra il peggioramento piu? deciso rispetto al 2019 (da 8,9% a 11,7%). La dinamica risulta negativa anche per le coppie con figli (dal 5,3% del 2019 al 7,2% se con un figlio, dall’8,8% al 10,5% con due figli).
L'articolo 5 prevede una maggiorazione transitoria della misura dell'assegno unico e universale per i figli a carico. Tale maggiorazione è riconosciuta in favore dei nuclei familiari che rientrino in entrambe le condizioni di cui al comma 2 e si applica secondo i criteri di calcolo di cui ai commi da 3 a 6 (e delle relative tabelle A, B, C e D); in tale ambito, la maggiorazione è riconosciuta, nel periodo 1° marzo 2022-31 dicembre 2022, per intero e, nel periodo 1° gennaio 2023-28 febbraio 2025, secondo la percentuale, decrescente nel tempo, di cui al comma 7. La maggiorazione non è riconosciuta a decorrere dal 1° marzo 2025 (comma 8).
Più in particolare, la maggiorazione temporanea di cui al presente articolo 5 - che trova applicazione rispetto all'importo calcolato in base alla disciplina di cui al precedente articolo 4 e alla tabella 1 allegata - è riconosciuta in favore dei nuclei familiari che rientrino in entrambe le seguenti condizioni (comma 2):
- il valore dell’ISEE (del nucleo familiare di appartenenza del richiedente) non sia superiore a 25.000 euro. Riguardo all'ISEE, si rinvia alla scheda sull'articolo 1 del presente schema;
- sia stato effettivamente percepito, nel corso del 2021, l’assegno per il nucleo familiare, in presenza di figli minori, da parte del richiedente o da parte di altro componente del nucleo familiare del richiedente. Si valuti l'opportunità di chiarire, ai fini della maggiorazione, il periodo o i periodi temporali ai quali deve riferirsi la minore età del figlio. Riguardo all'assegno per il nucleo familiare, si rinvia alla scheda sull'articolo 11 del presente schema. Ai sensi del comma 9, la sussistenza della suddetta condizione di fruizione dell'assegno per il nucleo familiare è oggetto di autocertificazione da parte del richiedente (al momento della richiesta) ed è controllata successivamente dall’INPS; quest'ultimo provvede, in caso di dichiarazione mendace, alla revoca della maggiorazione e all’applicazione delle sanzioni previste dalla normativa vigente.
La misura mensile della maggiorazione temporanea - fermi restando la successiva riduzione della stessa in base alla percentuale decrescente nel tempo (di cui al comma 7) e il successivo azzeramento (di cui al comma 8) - è pari (comma 3) alla somma dell'ammontare mensile della componente familiare, come determinato dal comma 4 e dalle tabelle A e B, e dell’ammontare mensile della componente fiscale, come determinato dal comma 5 e dalle tabelle C e D, al netto dell'ammontare mensile dell'assegno unico e universale (come calcolato in base alla disciplina di cui al precedente articolo 4 e alla tabella 1 allegata).
In base al comma 4, per componente familiare si intende:
- per i nuclei familiari che comprendono entrambi i genitori, inclusi quelli separati o divorziati o comunque non conviventi, il valore teorico dell’assegno per il nucleo familiare determinato sulla base della tabella A;
- per i nuclei familiari che comprendono uno solo dei due genitori, il valore teorico dell’assegno per il nucleo familiare determinato sulla base della tabella B.
In base al comma 5, per componente fiscale si intende:
- nei casi in cui entrambi i genitori siano titolari di un reddito superiore a 2.840,51 euro annui, la somma degli importi dei valori teorici delle detrazioni dall'IRPEF per i figli, determinati, sulla base della tabella C, per ciascun genitore;
- nei casi diversi da quelli di cui al punto precedente, l’importo del valore teorico della detrazione dall'IRPEF per i figli, determinato per il solo richiedente sulla base della tabella D.
Il comma 6 specifica che, ai fini dell'applicazione delle suddette tabelle A, B, C e D, sono considerati i figli componenti del nucleo familiare del richiedente; inoltre, ai fini dell'applicazione delle tabelle A e B si fa riferimento all'ISEE, mentre ai fini dell'applicazione delle tabelle C e D si fa riferimento alla dichiarazione sostitutiva unica (DSU), valida ai fini del calcolo del medesimo ISEE[10].
Il comma 7 prevede che la maggiorazione mensile in oggetto sia riconosciuta: nel periodo 1° marzo 2022-31 dicembre 2022, per intero; nel 2023, in misura pari a due terzi; nel 2024 e nei primi due mesi del 2025, in misura pari ad un terzo. La maggiorazione non è riconosciuta per il periodo decorrente dal 1° marzo 2025 (comma 8).
Riguardo alla maggiorazione in esame, la relazione tecnica allegata allo schema osserva che la maggiorazione è intesa a compensare alcune particolari situazioni di vulnerabilità, nelle quali la somma dei benefici vigenti delle detrazioni dall'IRPEF e dell'istituto dell'assegno per il nucleo familiare (benefici oggetto di soppressione da parte dell'articolo 10 dello schema) risulta più favorevole rispetto alla misura dell'assegno unico. Si consideri l'opportunità di una valutazione - alla luce della suddetta motivazione - del carattere transitorio (nonché decrescente nel tempo) della maggiorazione.
L'articolo 6 definisce, in primo luogo, le modalità ed i termini sia di presentazione della domanda per l'assegno unico e universale per i figli a carico sia della relativa erogazione (da parte dell'INPS) e stabilisce i criteri dell'eventuale suddivisione del beneficio. Si prevede che la domanda - fatta salva l'erogazione del beneficio di ufficio per i titolari del Reddito di cittadinanza, ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 7, comma 2 - sia presentata a decorrere dal 1° gennaio di ciascun anno, con riferimento al periodo compreso tra il mese di marzo del medesimo anno e il mese di febbraio dell'anno successivo. Si pone il principio dell'erogazione per intero al richiedente, salva diversa istanza, anche successiva, e salvi i casi individuati nei commi 4 e 5 (tra cui la possibilità per il figlio maggiorenne di richiedere la corresponsione diretta della quota di assegno spettante). Il presente articolo, inoltre, quantifica (al comma 8) gli oneri finanziari derivanti dall'istituto in esame (ivi compresi quelli relativi all'integrazione - ai sensi del suddetto articolo 7, comma 2 - della misura del Reddito di cittadinanza), rinviando al successivo articolo 13 per la copertura finanziaria.
Il comma 1 dell'articolo 6 prevede che - fatta salva l'erogazione del beneficio di ufficio per i titolari del Reddito di cittadinanza, ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 7, comma 2 - la domanda per l'assegno unico e universale per i figli a carico sia presentata a decorrere dal 1° gennaio di ciascun anno, con riferimento al periodo compreso tra il mese di marzo del medesimo anno e il mese di febbraio dell'anno successivo; nell'ambito di tale periodo, qualora la domanda sia presentata dopo il 30 giugno (dello stesso anno) l’assegno è riconosciuto a decorrere dal mese successivo a quello di presentazione della domanda (comma 2). Ferma restando la decorrenza nei termini suddetti, l’INPS provvede al riconoscimento dell’assegno entro sessanta giorni dalla domanda (comma 2 citato).
La domanda è presentata all'INPS - in modalità telematica - ovvero presso gli istituti di patronato e di assistenza sociale[11], secondo le modalità indicate dall'INPS sul proprio sito internet istituzionale entro venti giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del presente decreto (comma 1 citato).
La domanda è presentata (commi 2 e 5) da un genitore o (come previsto dal precedente articolo 2, comma 2, alla cui scheda si rinvia) da chi esercita la responsabilità genitoriale, ovvero può essere presentata - con riferimento alla quota di assegno spettante - dal figlio maggiorenne, con conseguente corresponsione diretta (da parte dell'INPS) a quest'ultimo. Si ricorda che l'introduzione di quest'ultima possibilità è prevista specificamente dalla disciplina di delega[12].
Salva la suddetta possibilità per i figli maggiorenni, l'assegno, in base al comma 4 del presente articolo 6, è erogato dall'INPS al richiedente ovvero, su istanza, anche successiva, in pari misura tra i genitori o tra coloro che esercitano la responsabilità genitoriale; in merito, si ricorda che la disciplina di delega[13] pone il principio della ripartizione in pari misura tra chi esercita la responsabilità genitoriale, principio che viene ripetuto dall'articolo 2, comma 2, del presente schema, comma che tuttavia fa salve le disposizioni di cui al comma 4 in esame. Il medesimo comma 4 prevede che, in caso di affidamento esclusivo, l'assegno spetti, in mancanza di accordo, al genitore affidatario. Tale norma corrisponde ad uno specifico principio di delega, secondo il quale, in caso di "separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio", l'assegno spetta, in mancanza di accordo, al genitore affidatario. Il comma 4 specifica altresì che, nel caso di nomina di un tutore, l'assegno (o la relativa quota di assegno) è riconosciuto nell'interesse esclusivo del tutelato.
Il comma 3 prevede che, nel caso di nuove nascite durante la fruizione dell’assegno, la modifica alla composizione del nucleo familiare sia comunicata all’INPS - con apposita procedura telematica - ovvero ai suddetti istituti di patronato entro centoventi giorni dalla nascita del nuovo figlio, con riconoscimento retroattivo dell’assegno a decorrere dal settimo mese della gravidanza relativa al nuovo figlio nato. Si ricorda che il principio di riconoscimento del beneficio con decorrenza retroattiva dal settimo mese di gravidanza è posto dalla disciplina di delega[14] e che l'articolo 2, comma 1, lettera a), dello schema specifica che tale principio opera con riferimento ai nuovi nati. Resta fermo (ai sensi dell'articolo 1, comma 1, dello schema) che l'assegno non può essere riconosciuto - neanche per effetto della decorrenza retroattiva suddetta - per il periodo anteriore al 1° marzo 2022.
Il comma 6 prevede che l'erogazione dell'assegno avvenga mediante accredito su conto corrente, bancario o postale, ovvero mediante bonifico domiciliato[15] - ferma restando la fattispecie di corresponsione in forma di integrazione della misura del Reddito di cittadinanza, ai sensi del successivo articolo 7, comma 2 -.
Il comma 7 del presente articolo 6 specifica che, per l'assegno relativo ai mesi di gennaio e febbraio di ogni anno, si fa riferimento all’ISEE in corso di validità a dicembre dell’anno precedente (riguardo all'ISEE, si rinvia alla scheda di lettura del precedente articolo 1).
Il successivo comma 8 provvede alla quantificazione degli oneri derivanti dall'assegno unico e universale per i figli a carico (ivi compresi quelli relativi all'integrazione - ai sensi dell'articolo 7, comma 2 - della misura del Reddito di cittadinanza), rinviando all'articolo 13 per la copertura finanziaria. Gli oneri sono valutati pari a 14.219,5 milioni di euro per il 2022, 18.222,2 milioni per il 2023, 18.694,6 milioni per il 2024, 18.914,8 milioni per il 2025, 19.201,0 milioni per il 2026, 19.316,0 milioni per il 2027, 19.431,0 milioni per il 2028 e 19.547,0 milioni annui a decorrere dal 2029. L'INPS provvede al monitoraggio dei relativi oneri, anche in via prospettica, sulla base delle domande pervenute e accolte, e comunica mensilmente i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze; tale comunicazione mensile viene effettuata mediante l'invio, entro il 10 del mese successivo al periodo di monitoraggio, della rendicontazione degli oneri, anche a carattere prospettico, relativi alle domande accolte. La norma in esame non prevede che l'INPS non riconosca ulteriori trattamenti qualora riscontri, anche in via prospettica, il raggiungimento del livello di oneri quantificato dal comma 8 (la scelta di non prevedere un limite di spesa in termini vincolanti è analoga a quella già operata dal legislatore per la misura transitoria dell'assegno temporaneo per figli minori[16]).
Il comma 1 dell'articolo 7 specifica - in conformità ad uno specifico principio della disciplina di delega[17] - che l'assegno unico e universale per i figli a carico è compatibile con eventuali altre prestazioni, in favore dei figli a carico, erogate dalle regioni o province autonome e dagli enti locali. I successivi commi 2 e 3 disciplinano il calcolo e l'erogazione del suddetto assegno unico con riferimento ai nuclei familiari percettori di Reddito di cittadinanza; in tale fattispecie, l'assegno viene riconosciuto di ufficio, secondo uno specifico criterio di calcolo, ad integrazione del Reddito di cittadinanza e - come previsto dalla disciplina di delega[18] - con le medesime modalità di erogazione previste per quest'ultimo.
Riguardo, più in particolare, al criterio di calcolo (di cui al comma 2), si rileva che l'importo del Reddito di cittadinanza e della quota di integrazione suddetta è determinato sottraendo dall'importo ipotetico complessivo - costituito dalla somma del Reddito di cittadinanza già spettante e dalla misura (calcolata in base ai criteri ordinari di cui ai precedenti articoli 4 e 5 e ai relativi allegati) dell'assegno unico - la quota del Reddito di cittadinanza relativa ai figli facenti parte del nucleo familiare - quota calcolata in base alla scala di equivalenza di cui all'articolo 2, comma 4, del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26 -. Si ricorda che la scala di equivalenza è pari ad 1 per il primo componente del nucleo familiare ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di anni 18 e di 0,2 per ogni ulteriore componente di minore età, fino ad un massimo di 2,1, ovvero fino ad un massimo di 2,2 nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza, come definite ai fini dell'ISEE[19].
Il comma 2 in esame specifica inoltre che la richiesta di suddivisione del Reddito di cittadinanza fra i componenti maggiorenni del nucleo familiare[20] comporta anche il pagamento dell'assegno unico in parti uguali fra gli esercenti la responsabilità genitoriale. Si valuti l'opportunità di chiarire se, nella fattispecie in oggetto (di suddivisione già operante), ai figli maggiorenni (a carico) sia corrisposta direttamente l'eventuale quota di assegno ad essi relativa.
Il comma 3 del presente articolo 7 specifica che l'assegno unico in esame è escluso dalla nozione di reddito familiare assunta a base del calcolo dell'importo del Reddito di cittadinanza.
Si ricorda che il beneficio economico del Reddito di cittadinanza è costituito[21] da un'integrazione del reddito familiare (come definito dal citato articolo 2 del D.L. n. 4 del 2019), fino ad una soglia, su base annua, di 6.000 euro - moltiplicata, in caso di nuclei con più di un componente, secondo la suddetta scala di equivalenza -, a cui si aggiunge, nel caso in cui il nucleo risieda in un'abitazione in locazione, una componente pari all'ammontare del canone annuo stabilito nel medesimo contratto di locazione, fino ad un massimo di 3.360 euro annui. Nel caso della Pensione di cittadinanza[22], la suddetta soglia base è pari, anziché a 6.000 euro, a 7.560 euro, mentre la misura massima dell'integrazione per il contratto di locazione è pari a 1.800 euro (quindi, la somma massima delle due componenti è anche in tal caso pari a 9.360 euro). Qualora il nucleo risieda in un'abitazione di proprietà, per il cui acquisto o per la cui costruzione sia stato contratto un mutuo da parte di membri del medesimo nucleo, l’integrazione suddetta (del Reddito o della Pensione di cittadinanza) è concessa nella misura della rata mensile del mutuo e fino ad un massimo di 1.800 euro annui.
In ogni caso, in deroga ai valori massimi suddetti, il valore minimo del beneficio non può essere inferiore a 480 euro annui.
Il beneficio economico in oggetto è esente da IRPEF ed è corrisposto a decorrere dal mese successivo a quello della richiesta, secondo un valore mensile pari ad un dodicesimo del valore su base annua.
Si ricorda che per il Reddito di cittadinanza sono previsti determinati requisiti o cause ostative, relativi, tra l'altro, alla residenza e al soggiorno, al reddito, al patrimonio e al godimento di beni durevoli, e che al medesimo sono connessi alcuni obblighi (costituiti, in via principale, da una dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, dalla sottoscrizione di un Patto per il lavoro ovvero di un Patto per l'inclusione sociale e dall'attuazione di questi ultimi).
Si ricorda che la quantificazione degli oneri finanziari derivanti dal presente articolo 7, comma 2, rientra nell'ambito di quella operata dal precedente articolo 6, comma 8 (quest'ultimo comma fa rinvio, per la relativa copertura finanziaria, al successivo articolo 13).
La disposizione stabilisce che l'assegno unico e universale per i figli a carico rientra in un regime di neutralità fiscale.
In particolare l’articolo 8 in commento prevede che l’assegno non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917-TUIR, recante la disciplina relativa alle imposte sui redditi.
A tale proposito si ricorda che il richiamato articolo 8 del TIUR dispone, tra l’altro, che il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo e sottraendo le perdite derivanti dall'esercizio di arti e professioni. Non concorrono invece a formare il reddito complessivo dei percipienti i compensi non ammessi in deduzione.
L’articolo 9 istituisce, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche della famiglia, l'Osservatorio nazionale per l'assegno unico e universale per i figli a carico, con funzioni di supporto tecnico-scientifico per lo svolgimento delle attività di analisi, monitoraggio e valutazione d'impatto dell'assegno unico e universale. Il comma 4 reca la clausola d’invarianza finanziaria, specificando che ai suoi componenti non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
L'Osservatorio, presieduto dal Presidente dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia di cui all'articolo l, commi 1250 e 1253, della legge n. 296 del 2006, è altresì (attualmente l'Autorità politica delegata per la famiglia), composto da:
- un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze;
- un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
- un rappresentante dell'INPS;
- un rappresentante dell'ISTAT;
- un membro designato dal Presidente dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità;
- un membro designato della Conferenza unificata;
- due rappresentanti associazioni familiari maggiormente rappresentative.
Nello svolgimento delle funzioni, l'Osservatorio:
a) coordina le proprie attività di ricerca con quelle dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia e dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza di cui alla legge 23 dicembre 1997, n. 451;
b) predispone per l'Autorità politica delegata per la famiglia una relazione semestrale sullo stato di implementazione dell'assegno che, fra l’altro, individua, le possibili azioni da realizzare per una maggiore efficacia dell'intervento.
L'INPS provvede, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, alla realizzazione di un osservatorio statistico sui beneficiari dell'assegno, aggiornato mensilmente e pubblicato sul sito istituzionale dell'Istituto nonché alla trasmissione all'Osservatorio nazionale per l'assegno unico e universale di una relazione trimestrale sugli aspetti amministrativi-gestionali.
Osservatorio nazionale sulla famiglia
L’ Osservatori nazionale per la famiglia è istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche della famiglia, quale organismo di supporto tecnico scientifico per l'elaborazione delle politiche nazionali per la famiglia.
L'Osservatorio svolge funzioni di studio, ricerca, documentazione, promozione e consulenza sulle politiche in favore della famiglia; nonché funzioni di supporto al Dipartimento per le politiche della famiglia ai fini della predisposizione del Piano nazionale per la famiglia di cui all'articolo 1, comma 1251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
Nello svolgimento delle sue funzioni, disciplinate dal DPCM 10 marzo 2009, l’Osservatorio:
- assicura lo sviluppo delle funzioni di analisi e studio della condizione e delle problematiche familiari, anche attraverso la realizzazione di un rapporto biennale sulla condizione familiare in Italia finalizzato ad aggiornare le conoscenze sulle principali dinamiche demografiche, sociologiche, economiche e di politica familiare;
- promuove iniziative ed incontri seminariali per favorire la conoscenza dei risultati delle ricerche e indagini e la diffusione delle buone pratiche attraverso lo scambio di esperienze;
- coordina le proprie attività di ricerca e documentazione con quelle dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza per quanto concerne il Piano di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva.
Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza
L’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e presieduto dal Ministro con delega in materia di politiche per la famiglia, si compone di circa 50 membri, in rappresentanza delle diverse amministrazioni centrali competenti in materia di politiche per l’infanzia e l’adolescenza, delle Regioni e delle autonomie locali, dell'Istat, delle parti sociali, delle istituzioni e degli organismi di maggiore rilevanza del settore, nonché di rappresentanti del terzo settore e di esperti della materia. È stato istituito, insieme alla Commissione parlamentare per l’infanzia e l'adolescenza, dalla legge n. 451 del 1997 ed è attualmente regolato dal DPR 14 maggio 2007 n. 103. Ai sensi del DPR n. 103 del 2007, per lo svolgimento delle sue attività l’Osservatorio nazionale si avvale del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza.
L’Osservatorio nazionale ha il compito di predisporre documenti ufficiali relativi all’infanzia e all’adolescenza:
- il Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, elaborato ogni due anni con l’obiettivo di conferire priorità ai programmi riferiti ai minori e di rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell’infanzia nel mondo. Il Piano nazionale, acquisito il parere obbligatorio della Commissione parlamentare per l’infanzia e l'adolescenza, è approvato dal Consiglio dei ministri, adottato con decreto del Presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale;
- la Relazione Biennale sulla condizione dell’infanzia in Italia e sull’attuazione dei relativi diritti
- lo schema del Rapporto del Governo all’ONU sull’applicazione della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 1989, alle scadenze indicate all’art. 44 della Convenzione
Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità
L'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dalla legge n. 18 del 2009, ha funzioni consultive e di supporto tecnico-scientifico per l'elaborazione delle politiche nazionali in materia di disabilità. In particolare ai sensi dell'art. 3 comma 5 della legge 3 marzo 2009 n. 18, si occupa di:
- promuovere l'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità ed elaborare il rapporto dettagliato sulle misure adottate dall’Italia per adempiere agli obblighi discendenti dalla medesima Convenzione nonché sui progressi conseguiti al riguardo;
- predisporre un programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale;
- promuovere la raccolta di dati statistici che illustrino la condizione delle persone con disabilità, anche con riferimento alle diverse situazioni territoriali;
- predisporre la relazione biennale sullo stato di attuazione delle politiche sulla disabilità, di cui all'art. 41, comma 8, della legge n. 104 del 1992;
- promuovere la realizzazione di studi e ricerche che possano contribuire ad individuare aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per la promozione dei diritti delle persone con disabilità.
In conseguenza dell’introduzione dell’assegno unico e universale, l’articolo 10:
- abroga la disposizione che ha previsto l’erogazione del c.d. Premio alla nascita o all'adozione di minore (un assegno una tantum di 800 euro). L’abrogazione ha effetto dal 1° gennaio 2022;
- abroga, dal l° marzo 2022, l’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori. Per l'anno 2022, il citato è riconosciuto esclusivamente con riferimento alle mensilità di gennaio e febbraio;
- sopprime dal l° marzo 2022 e limitatamente ai nuclei familiari con figli e orfanili (nuclei familiari composti solo da minori) gli assegni ai nuclei familiari (ANF);
- modifica dal 1° marzo 2022 la disciplina delle detrazioni Irpef per i figli a carico. In sintesi l’assetto delle detrazioni Irpef per figli a carico delineato dallo schema è il seguente:
- permane il diritto alla detrazione nella misura di base di 950 euro solo per i figli di età pari o superiore a 21 anni, ove non spetti l’assegno unico;
- restano ferme la modalità di calcolo e di riparto tra coniugi della detrazione;
- in conseguenza della disciplina dell’assegno unico contenuta nello schema in esame, viene eliminata la disciplina della detrazione spettante per i figli con meno di tre anni, per i figli portatori di handicap e nel caso vi siano più di tre figli a carico;
- viene eliminata l’ulteriore detrazione spettante in presenza di più di quattro figli a carico.
In conseguenza dell’introduzione dell’assegno unico e universale, l’articolo 10, al comma 1, abroga, con effetto dal 1° gennaio 2022, la disposizione (art. l, comma 353, della legge di bilancio 2017 - legge n. 232 del 2016) che ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’erogazione del c.d. Premio alla nascita o all'adozione di minore, pari ad un assegno una tantum di 800 euro.
La Relazione tecnica (RT) al provvedimento chiarisce che la stima delle economie derivanti dalle abrogazioni disciplinate dall’articolo in commento è stata effettuata tenendo conto della decorrenza ivi disciplinata per le medesime abrogazioni. Per quanto riguarda “Premio alla nascita”, la RT precisa che la spesa per la prestazione, a consuntivo 2020, è risultata pari a 323 milioni di euro, mentre le economie di spesa previste per l’abolizione della misura sono valutate in 324 milioni nel 2022 (328 milioni nel 2023).
Il “premio alla nascita” è un beneficio economico di 800 euro riconosciuto, su domanda, alla futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza ovvero alla nascita o al momento dell’affidamento o dell’adozione di minorenne. Il premio non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all'articolo 8 del Testo Unico delle imposte sui redditi.
La prestazione è rivolta alle donne in gravidanza o alle madri per uno dei seguenti eventi verificatisi dal 1° gennaio 2017:
- compimento del settimo mese di gravidanza;
- parto, anche se antecedente all'inizio dell'ottavo mese di gravidanza;
- adozione nazionale o internazionale del minore, disposta con sentenza divenuta definitiva ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184;
- affidamento preadottivo nazionale disposto con ordinanza ai sensi dell'art. 22, c. 6, l. 184/1983 o affidamento preadottivo internazionale ai sensi dell'art. 34, l. 184/1983.
Dal febbraio 2018, come reso noto dall'INPS con il Messaggio n. 661 del 13 febbraio 2018, il beneficio è stato esteso alle donne straniere titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornante di lungo periodo (di cui all'art. 9 del D. Lgs. 286/1998), della carta di soggiorno o carta di soggiorno permanente (di cui agli articoli 10 e 17 del D. Lgs. 30/2007).
Il Messaggio INPS n. 4252 del 13 novembre 2020 ha fornito chiarimenti sulle modalità di presentazione della domanda nei casi di gravidanze plurime e di affidamento o adozioni plurimi.
Il comma 2 abroga, con effetto dal l° marzo 2022, l’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori di cui all'art. 65 della legge n. 448 del 1998, è abrogato. Per l'anno 2022, il citato è riconosciuto esclusivamente con riferimento alle mensilità di gennaio e febbraio.
La RT precisa che la spesa per la prestazione, a consuntivo 2020, è risultata pari a 375 milioni di euro, mentre la stima delle economie derivanti dall’abrogazione della misura, nel 2022 è valutata in 301 milioni nel 2022 (384 milioni nel 2023).
L’assegno per il nucleo familiare con almeno tre figli minori a carico è un beneficio concesso in via esclusiva dai Comuni ed erogato dall’I.N.P.S. a nuclei che si trovino in determinate situazioni reddituali. L’assegno al nucleo familiare viene erogato per tredici mensilità. E’ riconosciuto a:
· nuclei familiari residenti, composti da cittadini italiani e dell’Ue;
· nuclei familiari composti da cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, nonché dai familiari privi di cittadinanza di uno stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente;
· nuclei familiari composti almeno da un genitore e tre figli minori (appartenenti alla stessa famiglia anagrafica), che siano figli del richiedente, del coniuge o ricevuti in affido preadottivo;
· nuclei familiari con risorse reddituali e patrimoniali inferiori a quelle previste dall’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) valido per l’assegno (per l’anno 2021 pari a 8.788,99 euro);
· cittadini stranieri titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria;
· cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo (art. 13 della legge n. 97 del 2013, e circolare INPS n. 5 del 15 gennaio 2014).
Ai sensi del comma 3, a decorrere dal l° marzo 2022 e limitatamente ai nuclei familiari con figli e orfanili (nuclei familiari composti solo da minori), cessano di essere riconosciuti gli assegni ai nuclei familiari (ANF) di cui all'art. 2 del decreto legge n. 69 del 1988 e di cui all'art. 4 del testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari, approvato con D.P.R. n. 797 del 1955. Conseguentemente, sono ridotte le risorse da trasferire all'INPS per effetto del minor fabbisogno relativo alle effettive esigenze connesse agli ANF. La RT precisa che la stima delle economie derivanti dall’abrogazione della misura, nel 2022 è valutata in 4 miliardi e 184 milioni nel 2022 (5 miliardi e102 milioni nel 2023).
Si ricorda che la disciplina dell’assegno per il nucleo familiare, contenuta nell’art. 2 del decreto legge n. 69 del 1988, è strettamente collegata a quella generale degli assegni familiari contenuta nel D.P.R. n. 797 del 1955 (Testo Unico sugli assegni familiari).
L’assegno per il nucleo familiare, di cui all’art. 2 del decreto legge n. 69 del 1988, è corrisposto alle seguenti categorie: lavoratori dipendenti, lavoratori iscritti alla Gestione separata, lavoratori agricoli, lavoratori domestici e domestici somministrati, lavoratori di ditte cessate, fallite e inadempienti, lavoratori in aspettativa sindacale, lavoratori marittimi sbarcati, soggetti titolari di prestazioni sostitutive della retribuzione, quali i titolari di NASpI o di disoccupazione agricola, lavoratori titolari di trattamenti di integrazione salariale, lavoratori assistiti da assicurazione TBC e ai soggetti titolari di prestazioni pensionistiche da lavoro dipendente. Gli assegni familiari disciplinati dal D.P.R. 797 del 1955 (Testo Unico sugli assegni familiari) rimangono in vigore limitatamente a specifiche categorie di lavoratori. Attualmente, infatti, costituiscono una prestazione (spetta un assegno per ogni familiare vivente a carico) a sostegno delle famiglie di alcune categorie di lavoratori italiani, comunitari ed extracomunitari lavoranti nel territorio italiano, il cui nucleo familiare abbia un reddito complessivo al di sotto dei limiti stabiliti annualmente dalla legge. In particolare, l’assegno familiare spetta ai coltivatori diretti, coloni e mezzadri; ai piccoli coltivatori diretti e ai titolari delle pensioni a carico delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri).
Presupposti per il riconoscimento dell’assegno sono l’esistenza di un nucleo familiare, il rispetto di determinati limiti di reddito (rivalutati annualmente), la non fruizione di altri trattamenti di famiglia. L’ammontare dell’assegno è quindi determinato in misura differenziata in rapporto al numero dei componenti il nucleo familiare e al relativo reddito complessivo, mentre la prestazione erogata è prevista in importi decrescenti per scaglioni crescenti di reddito in corrispondenza di soglie di esclusione a seconda della tipologia familiare. Ai fini della corresponsione dell'assegno per il nucleo familiare, i livelli di reddito familiare sono rivalutati annualmente, con effetto dal 1° luglio di ciascun anno, in misura pari alla variazione percentuale dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenuta tra l'anno di riferimento dei redditi per la corresponsione dell'assegno e l'anno immediatamente precedente. Per i nuovi livelli reddituali e le maggiorazioni per figli a partire dal 1° luglio 2021 si veda il Messaggio INPS n. 2331 del 17 giugno 2021 a cui sono allegate le tabelle relative all’adeguamento, con decorrenza 1° luglio 2021, dei livelli di reddito familiare ai fini della corresponsione dell'assegno per il nucleo familiare alle diverse tipologie di nuclei.
Il pagamento dell’assegno viene generalmente effettuato dal datore di lavoro che anticipa la somma spettante al lavoratore e chiede poi il rimborso all’ente previdenziale tramite conguaglio con la denuncia contributiva mensile.
L’articolo 10, ai commi 4 e 5, conseguentemente all’introduzione dell’assegno unico, modifica a decorrere dal 1° marzo 2022 la disciplina delle detrazioni Irpef per i figli a carico, contenuta nell’articolo 12 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR di cui al D. P. R. n. 917 del 1986.
In sintesi, dal 1° marzo 2022, l’assetto delle detrazioni Irpef per figli a carico delineato dallo schema è il seguente:
- permane il diritto alla detrazione nella misura di base di 950 euro solo per i figli di età pari o superiore a 21 anni, ove non spetti l’assegno unico;
- restano ferme la modalità di calcolo e di riparto tra coniugi della detrazione;
- in conseguenza della disciplina dell’assegno unico contenuta nello schema in esame, viene eliminata la disciplina della detrazione spettante per i figli con meno di tre anni, per i figli portatori di handicap e nel caso vi siano più di tre figli a carico;
- viene eliminata l’ulteriore detrazione spettante in presenza di più di quattro figli a carico.
Si ricorda al riguardo che l’articolo 2 della legge n. 46 del 2021 (comma 1, lettera h)) prevede, tra i principi e criteri direttivi della delega, il graduale superamento o soppressione delle misure indicate all'articolo 3, comma 1, lettere a) e b) del medesimo provvedimento. Detto articolo 3, nell’individuare la copertura finanziaria delle norme in tema di assegno unico, al comma 1, lettera b), n. 1 dispone il graduale superamento o la soppressione, nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, delle detrazioni Irpef previste dall'articolo 12, commi 1, lettera c), e 1-bis del TUIR, ovvero delle detrazioni per figli a carico.
Ai sensi del combinato disposto dell’articolo 12, comma 1, lettera c) del TUIR e del successivo comma 1-bis del medesimo articolo, il contribuente che ha figli fiscalmente a carico ha diritto a una detrazione dall'Irpef, il cui importo varia in funzione del suo reddito complessivo.
La norma ha stabilito detrazioni di base (o teoriche): l'importo effettivamente spettante diminuisce con l'aumentare del reddito, fino ad annullarsi quando il reddito complessivo arriva a 95.000 euro.
Una persona si considera fiscalmente a carico di un suo familiare quando dispone di un reddito complessivo uguale o inferiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Solo per i figli di età non superiore a 24 questo limite è aumentato a 4.000 euro.
La detrazione di base per i figli a carico è attualmente pari a:
- 1.220 euro, per il figlio di età inferiore a tre anni
- 950 euro, se il figlio ha un'età pari o superiore a tre anni.
Se in famiglia vi sono più di tre figli a carico, questi importi aumentano di 200 euro per ciascun figlio, a partire dal primo.
Per il figlio disabile, riconosciuto tale ai sensi della legge n. 104 del 1992, si ha diritto all'ulteriore importo di 400 euro.
Per determinare la detrazione Irpef effettiva è necessario moltiplicare la detrazione teorica per il coefficiente che si ottiene dal rapporto tra 95.000, diminuito del reddito complessivo, e 95.000. Nel reddito complessivo non va considerata l'abitazione principale e le relative pertinenze. Va compreso, invece, il reddito dei fabbricati locati assoggettato al regime della cedolare secca. Se i figli sono più di uno, l'importo di 95.000 euro indicato nella formula va aumentato per tutti di 15.000 euro per ogni figlio successivo al primo. Pertanto è pari a 110.000 euro nel caso di due figli a carico, a 125.000 per tre figli, a 140.000 per quattro, e così via.
La detrazione per i figli va ripartita al 50% tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati. In alternativa, e se c'è accordo tra le parti, si può scegliere di attribuire tutta la detrazione al genitore che possiede il reddito più elevato. Questa facoltà consente a quest'ultimo, come per esempio nel caso di "incapienza" dell'imposta del genitore con reddito più basso, il godimento per intero delle detrazioni.
In presenza di almeno quattro figli a carico, ai genitori è riconosciuta un'ulteriore detrazione di importo pari a 1.200 euro, ripartita al 50 per cento tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati. In caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la detrazione spetta ai genitori in proporzione agli affidamenti stabiliti dal giudice. Nel caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro, la detrazione compete a quest'ultimo per l'intero importo. Il comma 3 dell’articolo 12 reca specifiche disposizioni nel caso di incapienza: in tale ipotesi, la detrazione ulteriore per famiglie numerose viene riconosciuta sotto forma di credito.
Con la modifica di cui alla lettera a) del comma 4 viene novellato il primo periodo dell’articolo 12, comma 1, lettera c) del TUIR, al fine di chiarire che la detrazione per figli a carico, nella misura di 950 euro, spetta per i figli di età pari o superiore a 21 anni che non beneficiano dell’assegno unico e universale.
La lettera b) sopprime il secondo, terzo e quarto periodo della lettera c), dunque eliminando:
- la norma che dispone la misura (più elevata) della detrazione a 1.220 euro per ciascun figlio di età inferiore a tre anni;
- la norma che prevede l’innalzamento di 400 euro della detrazione per ogni figlio portatore di handicap;
- la norma che aumenta di 200 euro la detrazione per i contribuenti con più di tre figli a carico.
La lettera c) modifica il sesto periodo della lettera c) dell’articolo 12, comma 1 TUIR, al fine di chiarire che l'importo di 95.000 euro è aumentato per tutti di 15.000 euro per ogni figlio successivo al primo solo in presenza di più figli per cui sussiste il diritto alla detrazione (dunque se non si percepisce l’assegno unico).
La lettera d) sopprime il comma 1-bis dell’articolo 12, eliminando la detrazione ulteriore di 1.200 euro nel caso di almeno quattro figli a carico e, di conseguenza, la lettera e) apporta le relative modifiche di coordinamento formale al comma 2 dell’articolo 12.
Infine, sempre con finalità di coordinamento con la soppressione del comma 1-bis, la lettera f) sopprime il secondo e il terzo periodo del comma 3 dell’articolo 12.
Il comma 5 dell’articolo in esame dispone che le suddette modifiche introdotte alle detrazioni Irpef per figli a carico si applichino a decorrere dal 1° marzo 2022.
In questa sede si ricorda inoltre che il disegno di legge per la revisione del sistema fiscale (A.C. 3343) prevede, all’articolo 2, il riordino delle deduzioni e delle detrazioni Irpef vigenti.
Infine il comma 6 abroga, dal 1° gennaio 2021, la misura relativa al Fondo sostegno alla natalità (di cui ai commi 348 e 349 dell’art. 1 della legge di bilancio 2017).
La legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 348-349 della legge 232/2016) ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il "Fondo di sostegno alla natalità", con una dotazione di 6 milioni di euro annui a decorrere dal 2021. Il decreto legge n. 86 del 2018, di riordino delle competenze dei ministeri, ha attribuito al Presidente del Consiglio, ovvero all’Autorità per la famiglia, la gestione delle risorse del Fondo. Il fondo è diretto a favorire l'accesso al credito delle famiglie con uno o più figli, nati o adottati a decorrere dal 1° gennaio 2017, fino al compimento del terzo anno di età ovvero entro tre anni dall'adozione, mediante il rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari. La platea è individuata fra i nuclei familiari che abbiano la residenza in Italia e cittadinanza italiana, oppure di uno Stato membro dell'Unione europea oppure, in caso di cittadino extracomunitario, permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.
Il decreto 8 giugno 2017 ha definito i criteri e le modalità di organizzazione e di funzionamento del Fondo, nonché le modalità di rilascio e di operatività delle garanzie.
Il comma 1, lettera a), dell'articolo 11 dispone la proroga dal 31 dicembre 2021 al 28 febbraio 2022 dell'istituto dell’assegno temporaneo per i figli minori. La proroga è posta nel limite di spesa di 440 milioni di euro per il 2022. La successiva lettera b) dispone la proroga dal 31 dicembre 2021 al 28 febbraio 2022 dell'incremento temporaneo, per alcune fattispecie, della misura mensile degli assegni per il nucleo familiare. Il comma 2 provvede alla quantificazione dell'onere derivante da quest'ultima proroga, onere valutato pari a 463 milioni per il 2022, e rinvia sia per la copertura di esso sia per la copertura del summenzionato limite di spesa (relativo alla proroga di cui alla lettera a)) alle disposizioni di cui al successivo articolo 13.
Si ricorda che entrambe le misure oggetto di proroga sono state introdotte (con decorrenza dal 1° luglio 2021) nelle more dell'adozione dell'istituto dell'assegno unico e universale per i figli a carico, il quale, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del presente schema di decreto, decorre dal 1° marzo 2022.
In particolare, l’assegno temporaneo per i figli minori è previsto dagli articoli da 1 a 4 del D.L. 8 giugno 2021, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2021, n. 112, e successive modificazioni, in favore dei nuclei familiari che, in ragione dei profili soggettivi dei relativi componenti, non rientrino nell'ambito di applicazione dell'istituto dell'assegno per il nucleo familiare.
Si ricorda che l’assegno temporaneo per i figli minori, di cui ai citati articoli da 1 a 4 del D.L. n. 79, consiste in un assegno mensile, subordinato ai requisiti ivi posti dall'articolo 1, comma 1, e dalla relativa tabella (di cui all'allegato 1); l'importo dell'assegno, con riferimento a ciascun figlio minore, è determinato in base ai criteri di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, e alla suddetta tabella allegata - i quali fanno riferimento al livello di ISEE[23] ed al numero di figli minorenni - e, per i nuclei familiari percettori del Reddito di cittadinanza[24], anche in base ai criteri di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 4; l'importo medesimo è escluso dalla base imponibile dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (articolo 3, comma 3). Il beneficio è riconosciuto dall'INPS, ai sensi del comma 3 dell'articolo 2, nel rispetto di un limite massimo complessivo di spesa, pari a 1.580 milioni di euro per il 2021. I termini e le modalità inerenti alla domanda ed all'erogazione sono definiti dai commi 1 e 2 dell'articolo 3, e successive modificazioni; la disciplina di cui al comma 2 si applica solo fino all'adozione, da parte dell'INPS, delle procedure idonee all'erogazione dell'assegno secondo le modalità di cui al comma 2-bis. Il citato comma 3 dell'articolo 4 prevede la corresponsione di ufficio dell'assegno, da parte dell'INPS, per i nuclei familiari percettori del Reddito di cittadinanza. I profili di compatibilità dell'assegno temporaneo con le altre prestazioni assistenziali sono oggetto del comma 1 dell'articolo 4. L'ipotesi di variazione del nucleo familiare durante il periodo temporale in oggetto è disciplinata dal comma 2 dell'articolo 4.
Riguardo al suddetto incremento transitorio della misura degli assegni per il nucleo familiare, si ricorda che esso, ai sensi dell'articolo 5 del citato D.L. n. 79 del 2021, concerne i casi di nuclei familiari con figli; la misura mensile dell'incremento è pari, per i nuclei familiari fino a due figli, a 37,5 euro per ciascun figlio e, per i nuclei familiari con almeno tre figli, a 55 euro per ciascun figlio. In base alla circolare dell'INPS n. 92 del 30 giugno 2021, il suddetto incremento trova applicazione anche per i nuclei familiari orfanili.
L'incremento trova applicazione solo con riferimento ai casi in cui la misura dell'assegno, al netto dell'incremento medesimo, sia comunque superiore a zero.
Si ricorda che l'istituto dell'assegno per il nucleo familiare è riconosciuto - in presenza di determinate condizioni relative al reddito, alla composizione del nucleo familiare, alla presenza di figli minorenni, a condizioni di inabilità e con importi variabili - in favore dei lavoratori dipendenti, dei lavoratori iscritti in via esclusiva alla cosiddetta Gestione separata INPS[25], dei titolari di alcuni trattamenti pensionistici o di altre prestazioni economiche previdenziali derivanti dalle suddette attività lavorative[26]. Riguardo ad un quadro relativo agli assegni per il nucleo familiare - che possono essere riconosciuti con riferimento ai figli e (anche in via esclusiva o solo in via congiunta con i figli, a seconda delle fattispecie) con riferimento al coniuge, o anche ad altri familiari (nipoti, fratelli, sorelle) in situazioni particolari, ovvero anche (in caso di inabilità) a nuclei monoparentali -, si rinvia alla citata circolare dell'INPS n. 92 del 30 giugno 2021[27].
Il comma 1 dell'articolo 12 autorizza l'INPS ad assumere, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, un contingente di personale non dirigenziale, pari a 300 unità, da inquadrare nell'Area C, posizione economica Cl, del Comparto Funzioni Centrali-sezione enti pubblici non economici. Il comma 2 quantifica gli oneri derivanti dal comma 1 in 8.015.336 euro per il 2022 ed in 16.030.671 euro annui a decorrere dal 2023 e rinvia per la relativa copertura alle disposizioni di cui all'articolo 13. Il comma 3 prevede che l'INPS ponga in essere iniziative di semplificazione e di informazione all'utenza, utilizzando le banche dati presenti negli archivi dell'Istituto, anche al fine di introdurre gradualmente gli strumenti necessari ad un'eventuale erogazione d'ufficio dell'assegno unico e universale per i figli a carico.
In particolare, le assunzioni di cui al comma 1 sono previste al fine di dare piena attuazione alle disposizioni contenute nel presente provvedimento, possono essere effettuate sia mediante apposite procedure concorsuali pubbliche sia mediante scorrimento di vigenti graduatorie di concorsi pubblici. In relazione al contingente in esame, viene previsto un corrispondente incremento della vigente dotazione organica.
L'articolo 13 reca le disposizioni finanziarie di copertura degli oneri derivanti dagli articoli da l a 8 e da 11 a 12.
Più in particolare
agli oneri derivanti dagli articoli da 1 a 8 e dall’articolo 11, valutati in:
- 15.122,50 milioni di euro per l'anno 2022;
- 18.222,20 milioni di euro per l'anno 2023;
- 18.694,60 milioni di euro per l'anno 2024;
- 18.914,80 milioni di euro per l'anno 2025;
- 19.201 milioni di euro per l'anno 2026;
- 19.316 milioni di euro per l'anno 2027;
- 19.431 milioni di euro per l'anno 2028;
- 19.547 milioni di euro annui a decorrere dall' anno 2029.
e
agli oneri derivanti dall’articolo 12, valutati in:
- - 8,02 milioni di euro per l'anno 2022;
- - 16,031 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023;
si provvede:
a) quanto a 6.615,92 milioni di euro per l'anno 2022, 6.018,631 milioni di euro per l'anno 2023, 6.674,031 milioni di euro per l'anno 2024, 6.884,031 milioni di euro per l'anno 2025, 6.977,431 milioni di euro per l'anno 2026, 6.918,231 milioni di euro per l'anno 2027, 6.888,131 milioni di euro per l'anno 2028 e 6.857,131 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2029, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia (di cui all'articolo l, comma 339, della legge 27 dicembre 2019, n. 160[28]), che reca le necessarie disponibilità;
L'art. 1, comma 339, della legge di bilancio 2020 ha istituito il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia, con una dotazione inizialmente pari a 1.044 milioni di euro per il 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono indirizzate all'attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. Dal 2021, nel Fondo sono trasferite le risorse dedicate all'erogazione dell'assegno di natalità, c.d. bonus bebè (410 milioni per il 2021) e del Bonus asilo nido (200 milioni per il 2021). Per il 2021 anche il rifinanziamento del congedo di paternità (106,1 milioni di euro) è a valere sul Fondo. La legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 7, della legge n. 178 del 2020) ha incrementato il Fondo di 3.012,1 milioni di euro per il 2021.
Si ricorda inoltre che, al fine di dare attuazione a interventi in materia di riforma del sistema fiscale, la manovra di bilancio 2021 (art. 1, co. 2, della legge n. 178 del 2020) ha istituito il Fondo per l’attuazione della delega fiscale con una dotazione di 8.000 milioni di euro per il 2022 e di 7.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023, di cui una quota non inferiore a 5.000 milioni di euro e non superiore a 6.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 è destinata all'assegno universale e servizi alla famiglia (art. 1, comma 2 della legge n. 178 del 2020).
Infine, a decorrere dal 2022, l’articolo 17, comma 1, del decreto legge n. 146 del 2021 (ora all’esame delle Camere A.C. 3395) ha incrementato di 6.000 milioni di euro annui il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia. Conseguentemente, a decorrere dal 2022, è ridotto di 6.000 milioni di euro annui il Fondo per l’attuazione della delega fiscale.
b) per la restante quota mediante le maggiori entrate derivanti dalla modifica della disciplina relativa alle detrazioni IRPEF per figli a carico (di cui all’art. l0, commi 4 e 5) e dalle risorse rivenienti dalle abrogazioni relative alle seguenti misure: Premio alla nascita o all'adozione di minore; Assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori; Assegni ai nuclei familiari –ANF; Fondo di sostegno alla natalità (di cui all'articolo 10, commi da l a 3 e comma 6, cfr. supra).
L’articolo 14 stabilisce che il decreto legislativo entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
[1] Qui l'iter e il testo dell'A.S. 1892 approvato il 30 marzo 2021 in via definitiva e all'unanimità dall'Assemblea del Senato. Per un approfondimento della legge n. 46 del 2021 si rinvia al Dossier del Servizio studi del Senato.
[2] Previsione successiva alla disciplina di delega essendo la nomina avvenuta con D.P.C.M. 15 marzo 2021 Delega di funzioni al Ministro senza portafoglio sen. avv. Erika Stefani.
[3] L’intervento legislativo è stato attuato dall'articolo 4-sexies del decreto legge n. 34 del 2019 (c.d. Decreto Crescita) che ha a sua volta modificato l'art. 10 del D.Lgs. 147/2017, istitutivo del Reddito di inclusione (ReI) nella parte dedicata all'ISEE. Successivamente, l’art. 4-sexies del decreto legge n. 34 del 2019 è stato modificato dall’art. 7 del decreto legge n. 101 del 2019 Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali .
[4] Come sostituito dal già citato articolo 7 del decreto legge n. 101 del 2019 Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali. Si rammenta che modifiche alla disciplina dell’ISEE corrente sono state anche operate dall’art. 28-bis del Decreto crescita (decreto legge n. 34 del 2019), a sua volta intervenuto sull’art. 10 del D. Lgs. n. 147 del 2017, a cui ci si deve riferire per la disciplina relativa a “ISEE precompilato e aggiornamento della situazione economica”.
[5] Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (Testo A).
[6] Articolo 2, comma 1, lettera b), della L. 1° aprile 2021, n. 46.
[7] Principio posto dalla disciplina di delega (ultimo periodo dell’art. 2, comma 1, della lett. d) della legge n. 46 del 2021).
[8] Principio posto dalla disciplina di delega (art. 2, comma 1, della lett. a) della legge n. 46 del 2021).
[9] Principio posto dalla disciplina di delega (art. 2, comma 1, lett. c) della legge n. 46 del 2021).
[10] Riguardo all'ISEE, cfr., come detto, la scheda relativa all'articolo 1 del presente schema.
[11] Istituti di cui alla L. 30 marzo 2001, n. 152.
[12] Articolo 2, comma 1, lettera b), della L. 1° aprile 2021, n. 46.
[13] Articolo 1, comma 2, lettera f), della L. n. 46 del 2021.
[14] Articolo 2, comma 1, lettera a), della L. n. 46 del 2021.
[15] Tale modalità consiste nell'erogazione dell'importo presso uffici postali o presso banche, con la riscossione da parte dell'interessato presso la medesima sede o presso un'altra sede.
[16] Riguardo in generale a tale istituto temporaneo, cfr. la scheda del successivo articolo 11. Si ricorda qui che, nell'ambito della disciplina di tale istituto, la clausola di monitoraggio finanziario è posta dall'articolo 2, comma 3, del D.L. 8 giugno 2021, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2021, n. 112.
[17] Articolo 1, comma 2, lettera h), della L. 1° aprile 2021, n. 46.
[18] Articolo 1, comma 2, lettera d), della L. n. 46 del 2021.
[19] Riguardo all'ISEE, si rinvia alla scheda di lettura dell'articolo 1 del presente schema.
[20] Richiesta di suddivisione che può essere presentata ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del citato D.L. n. 4 del 2019 e del relativo D.M. 30 aprile 2021.
[21] Ai sensi dell'articolo 3 del citato D.L. n. 4 del 2019.
[22] Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del citato D.L. n. 4 del 2019, nei casi in cui il nucleo familiare sia costituito da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni, in via esclusiva ovvero con altri membri conviventi in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza (come definite ai fini dell'ISEE), il trattamento in oggetto assume la denominazione di Pensione di cittadinanza (con l'applicazione delle medesime norme relative al Reddito di cittadinanza, ove non diversamente disposto).
[23] Riguardo all'ISEE, cfr. la scheda relativa all'articolo 1 del presente schema.
[24] Di cui al capo I del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni.
[25] Si ricorda che in tale Gestione (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335) sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati).
[26] Riguardo ad una ricognizione puntuale delle categorie di soggetti aventi diritto all'assegno per il nucleo familiare, cfr. la circolare dell'INPS n. 92 del 30 giugno 2021.
[27] Riguardo alla disciplina generale dell'assegno per il nucleo familiare, cfr. l'articolo 2 del D.L. 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 1988, n. 153, e successive modificazioni.
[28] Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022.