Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Affari Sociali |
Titolo: | Delega al Governo in materia di disabilità |
Riferimenti: | AC N.3347/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 498 |
Data: | 09/11/2021 |
Organi della Camera: | XII Affari sociali |
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Camera dei deputati |
XVIII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Delega al Governo in materia di disabilità A.C. 3347 |
Schede di lettura |
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n. 498 |
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9 novembre 2021 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Affari Sociali ( 066760-3266 – * st_affari_sociali@camera.it |
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File: AS0267.docx |
INDICE
Schede di lettura
§ Quadro di contesto 3
§ Premessa 7
§ Articolo 1 (Oggetto e finalità della delega) 10
§ Articolo 2 (Principi e criteri direttivi della delega) 19
§ Articolo 3 (Disposizioni finanziarie) 43
§ Articolo 4 (Entrata in vigore) 46
Nel nostro Paese, nel 2019, le persone con disabilità sono 3 milioni e 150 mila (il 5,2% della popolazione).
Gli anziani sono i più colpiti: quasi 1 milione e mezzo di ultrasettantacinquenni (il 22% della popolazione in quella fascia di età si trova in condizione di disabilità e 1 milione di essi sono donne). Un aspetto rilevante per le condizioni di vita degli anziani è costituito dalla tipologia di limitazioni funzionali e dal livello di riduzione dell'autonomia personale a provvedere alla cura di se? (lavarsi, vestirsi, mangiare da soli, ecc.) o a svolgere le attività domestiche quotidiane (preparare i pasti, fare la spesa, usare il telefono, prendere le medicine, ecc.). Si tratta in gran parte di ultrasettantacinquenni (1 milione e 200mila), quasi 1 su 5 in questa fascia di età. Passando ad esaminare le limitazioni nelle attività quotidiane strumentali di tipo domestico, si stima che, complessivamente, il 30,3% degli anziani ha gravi difficoltà a svolgerle; dopo i 75 anni, tale valore sale a quasi 1 anziano su 2 (47,1%). L'11,2% degli anziani riferisce gravi difficoltà in almeno un'attività di cura della persona (Activities of daily living, ADL).
Nella popolazione di 15 anni e più il 2% ha gravi limitazioni nella vista, il 4,1% nell'udito e il 7,2% nel camminare.
La "geografia della disabilità" vede al primo posto le Isole, con una prevalenza del 6,5%, contro il 4,5% del Nord ovest.
La capacità di spostarsi liberamente è molto limitata tra le persone con disabilità. I dati sulla mobilità, relativi al 2019, mostrano che solo il 14,4% delle persone con disabilità si sposta con mezzi pubblici urbani, contro il 25,5% del resto della popolazione.
La violenza fisica o sessuale subita dalle donne raggiunge il 31,5% nell'arco della vita, ma per le donne con problemi di salute o disabilità la situazione è più critica. La violenza fisica o sessuale raggiunge il 36% tra coloro che dichiarano di avere una cattiva salute, il 36,6% fra chi ha limitazioni gravi.
La famiglia, nel nostro Paese in modo particolare, svolge un ruolo importante nella cura e nel contrasto al rischio di esclusione sociale. Le famiglie delle persone con disabilità godono in media di un livello più basso di benessere economico: secondo le ultime stime disponibili, il loro reddito annuo equivalente medio (comprensivo dei trasferimenti da parte dello Stato) è di 17.476 euro, inferiore del 7,8% a quello nazionale. Le risorse necessarie alla famiglia per svolgere il ruolo di ammortizzatore sociale non sono soltanto economiche, ma anche di tipo relazionale: il 32,4% delle famiglie con almeno un disabile riceve, infatti, sostegno da reti informali (quota quasi doppia rispetto al totale delle famiglie 16,8%). Il ventaglio di aiuti assicurato dalla rete comprende assistenza alla persona, accompagnamento e ospitalità, attività domestiche, espletamento di pratiche burocratiche e prestazioni sanitarie.
Il welfare e il sistema di trasferimenti sociali finalizzati a compensare le minori capacità di reddito delle persone con disabilità svolgono un ruolo fondamentale, spesso costituendo una quota significativa del reddito familiare disponibile. Grazie ai trasferimenti sociali legati alla disabilità, infatti, l'incidenza del rischio di povertà tra le famiglie con disabili non supera quello osservato a livello nazionale. Il 48,9% di queste famiglie riceve trasferimenti monetari, in particolare il 18,7% beneficia di almeno un trasferimento di tipo previdenziale e il 39,5% di almeno uno di natura assistenziale. I trasferimenti monetari si dimostrano in grado di alleviare il disagio economico; lo testimonia il fatto che il rischio di povertà delle famiglie con disabili, a livello nazionale, scende dal 34,4% in assenza di trasferimenti al 18,9% grazie ai trasferimenti economici. Tuttavia, i trasferimenti non sono sufficienti a garantire a queste famiglie condizioni di vita analoghe al resto della popolazione, e ciò a causa dei costi aggiuntivi, di natura medica e sanitaria, indotti proprio dalla disabilità. Pertanto, occorrono redditi più elevati perche? esse possano godere delle stesse condizioni di vita (materiale) delle altre famiglie. L'indicatore complessivo di deprivazione materiale mette in evidenza il maggior disagio delle famiglie con disabili: il 28,7% è in condizioni di deprivazione materiale mentre il dato medio nazionale è il 18%. Queste condizioni di disagio caratterizzano in particolare le famiglie delle regioni del Mezzogiorno.
Il nostro sistema di protezione sociale assegna un ruolo centrale agli Enti locali (Legge quadro n.328 del 2000[1]), in particolare ai Comuni, i quali erogano interventi e servizi finalizzati a garantire l'attività di cura e supporto per l'integrazione sociale. La spesa sostenuta dai Comuni per interventi e servizi sociali rivolti ai disabili, dal 2003 al 2018, è passata da circa un miliardo e 22 milioni di euro nel 2003 a oltre 2 miliardi e 5 milioni di euro nel 2018. Tale crescita è dovuta principalmente all'istituzione del Fondo nazionale per la non autosufficienza. Nell'ambito dei servizi dedicati, fra le principali voci di spesa vi sono i centri diurni (circa 312 milioni) e le strutture residenziali (circa 366 milioni), le quali offrono assistenza ai disabili e supporto alle famiglie o durante il giorno o in modo continuativo. Nel 2018, dei centri diurni comunali si avvalgono oltre 27.000 persone disabili e altre 16.500 circa beneficiano di contributi comunali per servirsi di centri privati convenzionati. Gli utenti delle strutture residenziali, sia comunali che private convenzionate, sono oltre 30.000.
Le politiche di inclusione attuate nel corso degli anni hanno favorito un progressivo aumento della partecipazione scolastica: nell'a.s. 2019/2020 gli alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane sono quasi 300 mila, oltre 13 mila studenti in più rispetto all'anno precedente. Questi alunni sono stati presi in carico da circa 176 mila insegnanti di sostegno, 1,7 per ogni insegnante; si deve però evidenziare come il 37% non abbia una formazione specifica. Particolarmente carente è il numero di assistenti all'autonomia e alla comunicazione nel Mezzogiorno: il rapporto alunno/assistente è pari a 5,5, con punte massime in Campania e in Molise (oltre 13 alunni per assistente). La presenza di assistenti aumenta nelle regioni del Centro e del Nord (4,4) raggiungendo i livelli più alti nella Provincia Autonoma di Trento, in Lombardia e nelle Marche, con un rapporto che non supera la soglia di 3,1 alunni per assistente. Le politiche e gli interventi per l'integrazione scolastica scontano ancora la carenza di strumenti tecnologici: la dotazione di postazioni informatiche è insufficiente nel 28% delle scuole. Il livello di questa carenza diminuisce nel Nord, dove la quota scende al 24%, e aumenta nel Centro e nel Mezzogiorno, dove sale rispettivamente al 29% e al 32%. Altro aspetto critico riguarda la presenza di barriere architettoniche: solamente una scuola su 3 risulta accessibile per gli alunni con disabilità motoria. Le maggiori difficoltà di accesso sono incontrate degli alunni con disabilità sensoriali: sono appena il 2% le scuole che dispongono di tutti gli ausili senso-percettivi destinati a favorire l'orientamento all'interno del plesso e solo il 18% dispone di almeno un ausilio. Anche in questo caso sul territorio si delinea un chiaro gradiente Nord-Sud: la quota diminuisce progressivamente, passando dal 22% delle regioni del Nord al 14% di quelle del Mezzogiorno. Le opportunità di partecipazione scolastica degli alunni con disabilità sono state limitate a causa della pandemia che ha reso necessaria la didattica a distanza. Tra aprile e giugno 2020, oltre il 23% degli alunni con disabilità; (circa 70 mila) non ha preso parte alle lezioni (gli altri studenti che non hanno partecipato costituiscono invece l'8% degli iscritti).
Le informazioni sopra riportate sono tratte dal documento depositato il 24 marzo 2021 dal Presidente dell'Istat in occasione dell'audizione presso il Comitato Tecnico Scientifico dell'Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. Nel corso dell'audizione il Presidente ha sottolineato come l'Istat si stia impegnando a recepire e implementare, nelle statistiche ufficiali, il nuovo concetto di disabilità, derivante dalla nuova classificazione internazionale sulla salute e la disabilità (International Classification of Functioning, Disability and Health - ICF) e dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ai quali si aggiunge una crescente domanda di informazione statistica proveniente dai sistemi di welfare, centrale e locale, che richiedono dati per supportare la programmazione degli interventi a favore di questo segmento di popolazione. In tal senso, il rappresentante Istat ha inteso illustrare il percorso di rafforzamento della produzione statistica dell'Istituto sul tema della condizione delle persone con disabilità, in particolare, si è soffermato sul recente sviluppo del Registro sulla disabilità, che si basa sull'integrazione di informazioni di natura statistica e amministrativa.
Il disegno di legge in esame (A.C. 3347), composto da 4 articoli, reca una delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di disabilità. Esso rappresenta l’attuazione di una delle riforme (riforma 1.1) previste dalla Missione 5 "Inclusione e Coesione" Componente 2 “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore” del PNRR[2]. Tale riforma (c.d. Legge quadro sulla disabilità) prevede una legge di delegazione riguardante tutte le persone con disabilità, avente il suo fulcro nel progetto di vita personalizzato e partecipato diretto a consentire alle persone con disabilità di essere protagoniste della propria vita e di realizzare una effettiva inclusione nella società. Il disegno di legge è stato dichiarato collegato alla decisione di bilancio dalla NADEF 2021 (Nota di aggiornamento al DEF), a completamento della manovra di bilancio 2022-2024. Nel documento della Commissione Europea denominato “Allegato riveduto della DECISIONE DI ESECUZIONE DEL CONSIGLIO relativa all'approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dell'Italia” è indicato (a pag. 456) che la predetta Legge quadro per la disabilità debba entrare in vigore entro il 31 dicembre 2021.
Il citato documento sottolinea che l'obiettivo principale della riforma “Legge quadro sulla disabilità (M5C2) è quello di modificare la legislazione sulle disabilità e promuovere la deistituzionalizzazione (vale a dire il trasferimento dalle istituzioni pubbliche o private alla famiglia o alle case della comunità) e l'autonomia delle persone con disabilità. Ciò deve comportare I) il rafforzamento dell'offerta di servizi sociali; II) la semplificazione dell'accesso ai servizi sociali e sanitari; III) la riforma delle procedure di accertamento delle disabilità; IV) la promozione di progetti di vita indipendente; e V) la promozione del lavoro di gruppi di esperti in grado di sostenere le persone con disabilità con esigenze multidimensionali.
Si rammenta che il PNRR affronta in modo integrato il nodo dell’assistenza socio-sanitaria territoriale collegando alcuni investimenti della Missione 5 " Inclusione e Coesione" Componente 2 “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore” agli investimenti e progetti di riforma proposti dalla Missione 6 “Sanità” Componente 1 “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza territoriale sanitaria”. Più nel dettaglio, gli ambiti di intervento (progetti) previsti dall’Investimento 1 “Servizi sociali, disabilità e marginalità sociale” della Componente 2 della Missione 5 sono rivolti a: i) sostegno alle persone vulnerabili e prevenzione dell’istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti; ii) percorsi di autonomia per persone con disabilità; iii) Housing temporaneo e stazioni di posta. Agli investimenti si affiancano due importanti previsioni di riforma: Legge quadro sulla disabilità e Riforma del sistema degli interventi in favore degli anziani non autosufficienti. La definizione ed esecuzione dei progetti a valenza sociale della componente M5C2 vede il coinvolgimento, in qualità di attuatori, degli enti locali (Comuni singoli od associati in Ambiti territoriali) coordinati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in collaborazione con le Regioni. La linea di intervento M5C2.1 è espressamente ricondotta alle politiche socio-sanitarie e dispone di 1,45 miliardi di euro.
Infine, gli investimenti della Componente 1 della Missione 6 “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale” intendono rafforzare le prestazioni erogate sul territorio grazie al potenziamento e alla creazione di strutture e presidi territoriali (come le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità), il rafforzamento dell'assistenza domiciliare, lo sviluppo della telemedicina e una più efficace integrazione con tutti i servizi socio-sanitari. Ulteriore obiettivo è il potenziamento della protezione dai rischi sanitari ambientali e climatici, in modo da rispondere più efficacemente alle esigenze delle comunità in materia di cure e assistenza a livello locale. Agli investimenti si affianca un intervento di riforma finalizzato alla definizione di un nuovo assetto istituzionale e organizzativo, che consenta di conseguire standard uniformi di cura nell’assistenza territoriale e un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, in linea con un approccio integrato ("One Health") e con una visione olistica ("Planetary Health"). Gli investimenti della Componente M6C1 valgono 7 miliardi di euro.
Gli ambiti di intervento della delega al Governo sono (comunicato del Consiglio dei Ministri n. 43 del 27 ottobre) :
- definizione della condizione di disabilità, riassetto e semplificazione della normativa di settore;
- accertamento della condizione di disabilità e revisione dei suoi processi valutativi di base, unificando tutti gli accertamenti concernenti l’invalidità civile, la cecità civile, la sordità civile, la sordocecità, l’handicap, anche ai fini scolastici, la disabilità prevista ai fini del collocamento mirato e ogni altra normativa vigente in tema di accertamento dell’invalidità;
- valutazione multidimensionale della disabilità, progetto personalizzato e vita indipendente;
- informatizzazione dei processi valutativi e di archiviazione;
- riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità;
- istituzione di un Garante nazionale delle disabilità.
Per una panoramica esaustiva del quadro normativo in tema di disabilità si fa rinvio al dossier del Servizio studi ”Il tema della disabilità nel contesto normativo italiano ed internazionale”.
Articolo 1
(Oggetto e finalità della delega)
L’articolo 1 definisce l’oggetto e la finalità della delega. Il Governo è delegato ad adottare, entro 20 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all’articolo 2, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di disabilità, in conformità alle previsioni della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Convention on the Rights of persons with disabilities, di seguito CRPD) e del relativo Protocollo opzionale, ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18 nonché alla Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 della Commissione europea del 3 marzo 2021. La finalità perseguita è quella di garantire al cittadino con disabilità il riconoscimento della propria condizione, anche mediante una valutazione della stessa congruente, trasparente ed agevole, tale da consentire il pieno rispetto dei diritti civili e sociali e l’effettivo e completo accesso al sistema dei servizi, delle prestazioni e delle agevolazioni previsti (comma 1).
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità
La Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (in inglese Convention on the Rights of Persons with Disabilities, in sigla CRPD), unitamente al suo Protocollo opzionale è stata adottata il 13 dicembre 2006 durante la LXI sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed è stata aperta per la firma il 30 marzo 2007.
Si tratta del primo trattato di ampi contenuti sui diritti umani del XXI secolo, la prima Convenzione sui diritti umani ad essere aperta alla firma di organizzazioni regionali, nonché il primo strumento giuridicamente vincolante riguardo i diritti dei disabili. Fino a quel momento, infatti, alcuni Paesi si erano dotati di strumenti multilaterali per proteggere i diritti dei disabili, ma nessuno con il rango di Convenzione internazionale.
Al proposito si ricordano: la Dichiarazione sui diritti delle persone disabili (1975); il Programma d’Azione mondiale concernente le persone Disabili (1981); i Principi per la Tutela delle Persone con malattie mentali e il miglioramento dei Servizi di Salute mentale (1991); le Regole sulla equità delle opportunità per persone con disabilità (1993), tutti adottati nell’ambito dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
La Convenzione è stata negoziata nel corso dell’VIII sessione di una Commissione ad hoc dell’Assemblea generale che ha lavorato sulla questione dal 2002 al 2006 e segna un punto di svolta nell’approccio verso le persone con disabilità. Essa, infatti, sposta l’ottica tradizionale secondo la quale i disabili erano “oggetti” bisognosi di carità, cure mediche e protezione sociale verso un nuovo modo di considerarli, che li vede “soggetti”, capaci di rivendicare i propri diritti e prendere decisioni per la propria vita basate sul consenso libero e informato, e di essere membri attivi della società. La Convenzione è uno strumento per la tutela dei diritti umani che si pone esplicitamente nella dimensione dello sviluppo umano; fornisce un’ampia categorizzazione di persone diversamente abili e riafferma che tutte le persone, quale che sia la loro disabilità, debbono poter godere dei diritti umani e delle libertà fondamentali; chiarisce che tutte le categorie di diritti si applicano alle persone con disabilità e identifica le aree nelle quali può essere necessario intervenire per rendere possibile ed effettiva la fruizione di tali diritti; identifica inoltre le aree nelle quali i diritti sono stati violati e quelle nelle quali la protezione di essi va rafforzata. Scopo della Convenzione non è dunque quello di affermare nuovi diritti umani, ma di stabilire con molta fermezza gli obblighi a carico delle Parti volti a promuovere, tutelare e assicurare i diritti delle persone con disabilità. Al riguardo, la Convenzione, oltre a vietare qualsiasi discriminazione nei confronti delle persone disabili, enumera le molte misure che gli Stati devono adottare per creare un ambiente all’interno del quale esse possano godere di un’effettiva eguaglianza sociale. Sia la Convenzione che il Protocollo opzionale sono entrati in vigore il 3 maggio 2008.
La Convenzione si compone di un Preambolo e di cinquanta articoli. Sembra importante sottolineare che il punto e) del Preambolo riconosce che “la disabilità è un concetto in evoluzione e che essa è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri”. Conseguentemente, la nozione di “disabilità” non viene fissata una volta per tutte, ma può cambiare a seconda degli ambienti che caratterizzano le diverse società.
L’articolo 1 chiarisce che lo scopo della Convenzione è quello di promuovere, proteggere e garantire il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità fornendo anche la definizione di tale categoria. Ai fini della Convenzione, sono persone con disabilità coloro che presentano “menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali durature che interagendo con varie barriere possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione nella società”.
Gli articoli dal 2 al 4 stabiliscono le principali definizioni, i principi generali e gli obblighi che si assumono le Parti contraenti. Tra i princìpi della Convenzione, vengono annoverati la dignità, l’autonomia e l’indipendenza delle persone; la non discriminazione; la partecipazione alla vita della società; il rispetto per le differenze; la pari opportunità rispetto ai non disabili; la parità di genere; il rispetto dello sviluppo dei bambini disabili. L’articolo 4 enumera gli obblighi generali cui sono sottoposte le Parti, primo fra tutti quello di garantire la piena realizzazione di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali per tutte le persone disabili, senza alcuna discriminazione attribuibile alla presenza della disabilità stessa. Tale obbligo comporta, ad esempio, l’adozione di misure, anche legislative, atte a rendere applicabili i diritti contenuti nella Convenzione, ad abrogare leggi o consuetudini ad essa contrarie, a promuovere la ricerca e lo sviluppo di strumenti e apparecchiature che possano aiutare le persone disabili, a fornire ad esse tutte le informazioni utili circa l’uso di nuove tecnologie al servizio della disabilità. Sono fatte salve le norme più favorevoli per la realizzazione dei diritti delle persone portatrici di handicap eventualmente contenute nella normativa nazionale degli Stati parte.
Gli articoli dal 5 all’8 approfondiscono il concetto di non discriminazione nei suoi vari aspetti, con particolare riguardo alle donne e ai bambini, considerati soggetti ancora più deboli. Le Parti riconoscono che ogni persona è uguale davanti alla legge, vietano qualunque discriminazione basata sulla disabilità e garantiscono a tutti uguale tutela legale. Di particolare rilievo l’articolo 8 che impegna le Parti ad adottare misure immediate (campagne pubblicitarie, promozione di programmi scolastici, ecc.) per sensibilizzare la società ed abbattere gli stereotipi di cui spesso le persone disabili sono vittime.
Gli articoli da 9 a 19 ribadiscono in maniera più dettagliata l’uguaglianza rispetto ai vari diritti. Fra di essi quello dell’accessibilità all’ambiente (trasporti, informazione e comunicazione - compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione - e altre attrezzature e servizi aperti al pubblico, sia nelle aree urbane che nelle aree rurali) che deve essere garantito dagli Stati attraverso l’adozione di tutte le misure necessarie (articolo 9). Viene poi riaffermato il diritto alla vita e quello alla protezione nelle situazioni di rischio ed emergenze umanitarie. In tema di riconoscimento della personalità giuridica, l’articolo 12 afferma che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica devono rispettare i diritti, la volontà e le preferenze della persona, essere proporzionate e adatte alle condizioni della persona, e che debbono essere applicate per il più breve tempo possibile. Gli Stati dovranno assicurare altresì alle persone con disabilità l’effettivo accesso alla giustizia e la tutela dei diritti di libertà e di sicurezza anche attraverso la previsione di adattamenti connessi alla specifica condizione di disabilità (articoli 13 e 14). Gli articoli 15, 16 e 17 ribadiscono il diritto a non essere sottoposti a tortura, a pene o a trattamenti crudeli o inumani, a sfruttamento, a violenza e a maltrattamenti e il diritto all’integrità personale. Gli articoli 18, 19 e 20 sanciscono il diritto delle persone diversamente abili alla libertà di cittadinanza e di residenza, anche attraverso adeguate misure che assicurino la massima indipendenza o mobilità. La libertà di opinione e di accesso alle informazioni è garantita dall’articolo 21 mentre gli articoli 22 e 23 garantiscono il diritto alla privacy e a non subire restrizioni nella propria vita affettiva e sessuale, nonché a creare una propria famiglia assumendo liberamente le proprie responsabilità in merito alla generazione e all’educazione dei figli. In tema di istruzione, l’articolo 24 prevede l’integrazione scolastica a tutti i livelli anche attraverso efficaci misure di supporto calibrato sulle esigenze individuali che possano garantire il progresso scolastico e la socializzazione. Le Parti assicureranno che le persone con disabilità possano avere accesso all’istruzione post-secondaria, alla formazione professionale e ai sistemi di apprendimento lungo tutto l’arco della vita. È riconosciuto (articolo 25) il diritto di godere della migliore condizione di salute possibile, senza discriminazioni basate sulla disabilità, anche attraverso interventi e servizi volti a ridurre al minimo e a prevenire ulteriori disabilità. È riconosciuto il diritto al lavoro, su basi di parità con gli altri, ad esempio attraverso la costruzione di un mercato del lavoro che abbia le caratteristiche necessarie a garantire l’inclusione e l’accessibilità delle persone con disabilità (articolo 27). Le Parti riconoscono il diritto ad un adeguato standard di vita e di protezione sociale che comprende la possibilità di fruire di alloggi adeguati, di servizi e di assistenza ritagliati sulle necessità dei disabili, nonché l’assistenza economica per le spese derivanti dalla presenza della disabilità in caso di indigenza (articolo 28). Le Parti devono inoltre assicurare l’uguaglianza nella partecipazione alla vita politica e pubblica, compreso dunque l’esercizio del diritto di voto, la possibilità di candidarsi alle elezioni e di svolgere funzioni pubbliche a qualunque livello di responsabilità (articolo 29). L’articolo 30 promuove la partecipazione alla vita culturale, ricreativa ed alle attività sportive, assicurando la diffusione di programmi televisivi, film, materiale culturale in forme adatte, rendendo accessibili teatri, musei, cinema e librerie e garantendo alle persone disabili l’opportunità di sviluppare e utilizzare il proprio potenziale creativo (articolo 30).
Gli articoli a seguire richiamano strumenti e procedure attraverso cui dare attuazione alla Convenzione. L’articolo 31 prevede che gli Stati curino la raccolta di informazioni, compresi dati statistici, utili alla formulazione e all’attuazione di politiche per le persone con disabilità. In base all’articolo 32, le Parti forniscono assistenza ai Paesi in via di sviluppo nei loro sforzi di attuare la Convenzione, sia nei rapporti reciproci, sia attraverso la cooperazione e anche nell’ambito di partenariati con le organizzazioni internazionali. Per assicurare l’attuazione e il monitoraggio della Convenzione, le Parti designeranno uno o più punti di contatto e creeranno un meccanismo nazionale di coordinamento incaricato di facilitare le azioni legate all’applicazione della Convenzione stessa (articolo 33). Gli articoli da 34 a 39 riguardano l’istituzione e le funzioni del Comitato sui diritti delle persone con disabilità formato da non più di 18 esperti di alta moralità designati dagli Stati ed eletti sulla base dei principi di equa ripartizione geografica, della rappresentanza delle diverse forme di civiltà e dei principali sistemi giuridici, della rappresentanza bilanciata di genere e della partecipazione di esperti con disabilità. Entro due anni dalla data della sua entrata in vigore, ciascuna Parte presenterà al Comitato un dettagliato rapporto sulle misure adottate per dare attuazione alla Commissione; il Comitato esaminerà i rapporti, formulando eventuali suggerimenti e raccomandazioni di carattere generale, che saranno restituiti allo Stato interessato. Nel gennaio 2013 l’Italia ha presentato il proprio rapporto nazionale, sul quale il Comitato si è pronunciato il 6 ottobre 2016. Il Comitato ha espresso, tra l’altro, preoccupazione per “l'esistenza di molteplici definizioni di disabilità” in tutti i settori e nelle regioni, il che porta ad una disparità di accesso al sostegno ed ai servizi. Il prossimo rapporto italianodovrà essere preparato nel 2023.
L’articolo 40 prevede la riunione periodica della Conferenza degli Stati parte che esamina le questioni relative all’applicazione della Convenzione.
La XIV sessione della Conferenza degli Stati parte si è tenuta presso il Quartier Generale dell’ONU, a New York, dal 14 al 17 giugno 2021.
Gli articoli da 41 a 50 contengono le clausole finali riguardanti la ratifica, l’entrata in vigore, le procedure per emendare il testo della Convenzione e per la denuncia. In base all’articolo 42 alla Convenzione possono aderire anche le Organizzazioni di integrazione regionale che, come specificato nell’articolo 44, sono le organizzazioni costituite da Stati sovrani appartenenti ad una medesima area regionale, a cui gli Stati membri hanno trasferito competenze sulle questioni regolate dalla Convenzione.
Il Protocollo opzionale alla CRPD è composto di 18 articoli e riguarda le procedure per il ricorso in caso di violazione dei diritti stabiliti dalla Convenzione stessa. Il Protocollo opzionale riconosce la competenza del Comitato per i diritti delle persone con disabilità a ricevere ed esaminare comunicazioni da o in rappresentanza di individui o gruppi di individui che ritengano di essere vittime di violazioni delle disposizioni della Convenzione da parte dello Stato.
Il nostro Paese ha provveduto a ratificare la CRPD ed il Protocollo addizionale ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18. La legge citata ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità con funzioni consultive e di supporto tecnico-scientifico per l'elaborazione delle politiche nazionali in materia di disabilità con la finalità di far evolvere e migliorare l'informazione sulla disabilità nel nostro paese e, nel contempo, di fornire un contributo al miglioramento del livello di efficacia e di adeguatezza delle politiche, nonché di elaborare il rapporto dettagliato sulle misure adottate di cui all'art. 35 della stessa Convenzione, in raccordo con il Comitato Interministeriale dei Diritti Umani (CIDU).
European disability stategy
Un ruolo primario e strategico nella creazione di un Framework Europeo[3] conforme e a sostegno della CDPD dell’ONU è rappresentato dalla European Disability Strategy 2010-2020. Essa costituisce il più importante strumento di implementazione della Convenzione ONU nell’Unione realizzato con il coinvolgimento attivo delle persone con disabilità e delle rispettive organizzazioni rappresentative . La citata strategia, approvata dalla Commissione Europea nel 2010 con l’obiettivo di promuovere una società europea priva di barriere alle disabilità, individua otto aree di azione prioritarie per favorire l’abbattimento delle barriere poste alle persone con disabilità: accessibilità, partecipazione, uguaglianza, occupazione, partecipazione, istruzione e formazione, protezione sociale, sanità e azione esterna. Sulla linea della strategia 2010-2020, sottoposta ad una valutazione ex-post i cui risultati sono stati pubblicati nel 2020, nel 2017 il Parlamento Europeo ha adottato un report richiamando la necessità di una nuova Disability Strategy 2021-2030. Questa è stata quindi adottata nel marzo 2021.
Il comma 2 disciplina la procedura di emanazione dei decreti legislativi. Essi sono emanati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità politica delegata in materia di disabilità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro della salute e gli altri Ministri eventualmente competenti nelle materie oggetto di tali decreti.
Va ricordato che con D.P.C.M. del 13 febbraio 2021 l’incarico sulle disabilità è stato conferito alla Sen. Erika Stefani. L’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità è la struttura di supporto di cui si avvale il Ministro per la promozione e il coordinamento dell’azione del Governo in materia di disabilità[4]. Nell’ambito dell’Ufficio opera l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, istituito dalla legge 3 marzo 2009, n. 18, che ha funzioni consultive e di supporto tecnico-scientifico per l'elaborazione delle politiche nazionali in materia di disabilità con la finalità di far evolvere e migliorare l'informazione sulla disabilità nel nostro paese e, nel contempo, di fornire un contributo al miglioramento del livello di efficacia e di adeguatezza delle politiche.
Gli schemi di decreto legislativo, previa intesa da sancire in sede di Conferenza unificata (ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281[5]), sono trasmessi al Consiglio di Stato per l’espressione del parere, che è reso nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione: decorso inutilmente tale termine il Governo può comunque procedere.
E’ prevista la trasmissione alle Camere degli schemi di decreto, perché su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario, entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono essere comunque adottati. Qualora il termine per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari scada nei trenta giorni che precedono il termine finale per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni.
In mancanza di intesa nel termine di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281[6], il Consiglio dei ministri delibera, approvando una relazione che è trasmessa alle Camere, in cui sono indicate le specifiche motivazioni per cui l'intesa non è stata raggiunta. Qualora il Governo, a seguito dell'espressione dei pareri parlamentari, non intenda conformarsi all'intesa raggiunta in Conferenza unificata, trasmette alle Camere e alla stessa Conferenza unificata una relazione nella quale sono indicate le specifiche motivazioni di difformità dall'intesa.
La Conferenza unificata assume le conseguenti determinazioni entro il termine di quindici giorni dalla data di trasmissione della relazione, decorso il quale i decreti òpssono essere comunque adottati.
Viene poi stabilito che il Governo assicura, nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 1, leale collaborazione con le Regioni e gli enti locali e che può avvalersi del supporto dell’Osservatorio nazionale per la disabilità (Comma 3).
Ai sensi dell'art. 3 comma 5 della legge 3 marzo 2009 n. 18, all’Osservatorio sono attribuiti i seguenti compiti[7]:
Il comma 4 prevede la facoltà del Governo di emanare entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nel rispetto dei principi e criteri direttivi previsti dalla presente legge e con la procedura di cui al comma 2.
Il comma 5 specifica che i decreti legislativi intervengono, progressivamente nei limiti delle risorse disponibili (cfr. art. 3), ivi comprese quelle del Piano nazionale di ripresa e resilienza, di seguito “PNRR”[8] (cfr. infra art.3), nei seguenti ambiti:
a) definizioni della condizione di disabilità, riassetto e semplificazione della normativa di settore;
b) accertamento della condizione di disabilità e revisione dei suoi processi valutativi di base;
c) valutazione multidimensionale della disabilità, realizzazione del progetto personalizzato e di vita indipendente;
d) informatizzazione dei processi valutativi e di archiviazione;
e) riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità;
f) istituzione di un Garante nazionale delle disabilità;
g) disposizioni finali e transitorie.
Articolo 2
(Principi e criteri direttivi della delega)
L’articolo 2 reca i principi e criteri direttivi ai quali dovrà attenersi il Governo nell’esercizio della delega finalizzata al raggiungimento degli obiettivi individuati all’articolo 1.
Preliminarmente il comma 1 traccia in modo più specifico i confini dell’attività normativa del Governo, diretta al coordinamento, formale e sostanziale, di tutte le disposizioni normative vigenti negli ambiti sopra definiti, incluse quelle di recepimento ed attuazione della normativa europea. Tale attività comprende anche la messa a punto delle opportune modifiche volte ad assicurare e migliorare la coerenza della normativa di settore e ad adeguare e aggiornare il linguaggio normativo, individuando espressamente le disposizioni da abrogare. In ogni caso viene prevista l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale, premesse al codice civile, concernente le abrogazioni.
Il citato articolo 15 prevede che le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore.
Vengono poi individuati sette ambiti (lettere da a) a g)) all’interno di ciascuno dei quali sono previsti specifici principi e criteri direttivi (comma 2).
Più nel dettaglio:
a) con riguardo alle definizioni della condizione di disabilità e al riassetto e semplificazione della normativa di settore:
· adozione di una definizione di disabilità coerente con l’articolo 1, comma 2 della CRPD; essa deve essere introdotta nella legge 5 febbraio 1992, n.104[9], definendo un processo valutativo della condizione di disabilità;
Come sopra ricordato, l’articolo 1, comma 2, della citata Convenzione chiarisce che per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri.
La legge n.104 del 1992, denominata “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, si configura come una legge organica relativa alla disabilità dettando i principi dell'ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza della persona handicappata. In particolare essa definisce la condizione della persona disabile (art. 3, comma 1) assieme alla condizione di “gravità” dell’handicap riportato (art. 3, comma 3) e in essa vengono delineati, tra i diversi temi, i corrispettivi diritti (comma 5) e i caratteri generali delle procedure di accertamento (comma 4), oltre alle varie misure di inclusione sociale e integrazione socio-educativa della persona con handicap.
· adozione di una definizione di “durevole menomazione” quale presupposto necessario da accertare al fine di individuare le persone con disabilità;
· adozione della Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute - International Classification of Functioning Disability and Health - ICF (di seguito “ICF”)[10], ai fini della descrizione della disabilità congiuntamente alla Classificazione internazionale delle malattie, di seguito “ICD”, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità;
Il 22 maggio 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha approvato una definizione della condizione di disabilità e delle sue diverse forme attraverso l’International classification of functioning, disability and health (l' ICF), uno strumento unitario di classificazione che analizza e descrive la disabilità come una esperienza umana che tutti possono sperimentare nel corso della vita. All'elaborazione di tale classificazione hanno partecipato i rappresentanti dei governi che compongono l'Assemblea Mondiale della Sanità, tra cui l'Italia, che ha offerto un significativo contributo attraverso una rete collaborativa informale denominata Disability Italian Network (DIN), costituita da 25 centri dislocati sul territorio nazionale e coordinata dall'Agenzia Regionale della Sanità del Friuli Venezia Giulia. (ICF). L’ICF revisiona la International Classification of Impairments, Disability and Handicap (ICIDH) pubblicata dalla stessa OMS nel 1980 superandone la prospettiva organicistica a favore di una multidimensionale. L’ICF rappresenta un tentativo di fornire un linguaggio unificato e standard e, al contempo, un modello concettuale di riferimento per la descrizione della salute e degli stati ad essa correlati. E’ una classificazione che vuole descrivere lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che le disabilità possono causare nel contesto socio-culturale di riferimento. L'ICF suggerisce infatti di tener conto delle componenti classificate (funzioni e strutture corporee, attività e partecipazione, fattori ambientali e fattori personali) per una valutazione e un accertamento delle disabilità che ponga al centro la persona, permettendo di sintetizzare le informazioni raccolte dagli operatori dei diversi servizi e dalla famiglia nella prospettiva di costruire un progetto di vita completo e reale. Lo strumento descrive tali situazioni adottando un linguaggio standard ed unificato, cercando di evitare fraintendimenti semantici e facilitando la comunicazione fra i vari utilizzatori in tutto il mondo. L’ICF è in costante aggiornamento da parte del Classification and Statistics Committee (CSAC, ex Update and Revision Committee - URC, comitato di aggiornamento e revisione) dell’OMS.
La classificazione adottata dall’OMS per identificare lo stato di salute personale considera 5 classi di elementi e fattori condizionanti la piena salute individuale, classi a loro volta suddivise in sottocategorie:
Si ricorda inoltre che la classificazione internazionale delle malattie, incidenti e cause di morte (ICD, International Statistical Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death) è uno standard di classificazione delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall'Organizzazione mondiale della sanità e rappresenta un valido strumento per gli studi statistici ed epidemiologici.
La ICD è arrivata alla decima edizione (ICD-10), dopo essere stata approvata dalla 43esima Assemblea mondiale della sanità nel maggio 1990 ed essere entrata in vigore e in uso negli Stati membri dell’Oms nel 1994.
I primi tentativi di stilare una classificazione ragionata cominciano a metà dell’Ottocento ma la prima lista di cause di morte ufficiale è l’International List of Causes of Death scritta dall'Istituto statistico internazionale nel 1893. L’Oms rileverà il compito di seguire l’evoluzione della classificazione internazionale delle malattie solo nel 1948, quando alla sesta revisione ICD vengono incluse anche le cause di morbosità.
L’ICD-10 è una classificazione che si aggiorna periodicamente e le cui revisioni, sia relative ai codici sia alle regole, presentano annualmente modifiche minori e ogni 3 anni modifiche maggiori.
Il Profilo di Funzionamento, il cui acronimo è PF, è stato previsto dall’articolo 5 del Decreto Legislativo n. 66 del 2017[11] , che in tal senso ha integrato le disposizioni della legge n.104/1992 (artt. 4 e 12), in tema di accertamento della disabilità di persone in età evolutiva, ed è un documento fondamentale nel settore del sostegno e dell'inclusione degli alunni disabili. Nello specifico è un documento redatto successivamente all'accertamento della condizione di disabilità dello studente secondo i criteri di Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute o ICF. Dalla sua redazione dipende la predisposizione del PEI o Piano Educativo Individualizzato. Il profilo di funzionamento (PF) sostituisce, ricomprendendoli, la diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionale.
Esso definisce anche le competenze professionali e la tipologia delle misure di sostegno e delle risorse strutturali necessarie per l’inclusione scolastica; evidenziamo che tali competenze non erano in precedenza riconosciute alla diagnosi funzionale e al profilo dinamico funzionale.
Il PF è redatto dall’unità di valutazione multidisciplinare, di cui al DPR 24 febbraio 1994[12], sulla base della certificazione di disabilità inviata dai genitori.
L’ unità di valutazione multidisciplinare è composta da:
- un medico specialista o un esperto della condizione di salute della persona;
- uno specialista in neuropsichiatria infantile;
- un terapista della riabilitazione;
- un assistente sociale o un rappresentante dell’Ente locale di competenza che ha in carico il soggetto.
Alla redazione del PF collaborano i genitori dell’alunno e un rappresentante dell’amministrazione scolastica, individuato preferibilmente tra i docenti della scuola frequentata dal soggetto interessato.
Il profilo di funzionamento va aggiornato al passaggio di ogni grado di istruzione, a partire dalla scuola dell’infanzia.
Può essere, inoltre, aggiornato in caso di nuove condizioni di funzionamento della persona disabile.
Ai sensi dell’articolo 2 della CRPD per “accomodamento ragionevole” si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongono un onere sproporzionato o eccessivo e che vengono adottati, ove ve ne sia necessità, in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali.
b) con riguardo all’accertamento della disabilità e alla revisione dei suoi processi valutativi di base:
L’articolo 3, comma 1 della legge 104 del 1992 definisce la persona handicappata colei che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che causa difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. L’ handicap è una condizione di svantaggio sociale definito in maniera relativa rispetto al resto della popolazione. Lo svantaggio sociale deriva dall’interazione tra la menomazione (fisica, sensoriale, psichica) - senza però sovrapporsi completamente alla stessa- e il contesto sociale di riferimento in cui la persona vive. L’articolo 3, comma 3, definisce la condizione di gravità come l’ipotesi in cui la minorazione, singola o plurima, correlata all'età, riduce l'autonomia personale in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione.
La valutazione multidimensionale
Si ricorda che il D.P.R. 12 ottobre 2017 “Adozione del secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità”, ha contemplato, all’interno delle proposte programmatiche (Allegati 1 e 2) , un intervento legislativo, che, partendo dall’adozione delle definizioni e del riconoscimento giuridico di “disabilità” e “persona con disabilità”, contenga una delega al Governo per l’adozione di un nuovo sistema di riconoscimento per l’individuazione dei sostegni utili alla persona con disabilità per l’effettiva partecipazione nella società. A tal fine, si ritiene opportuno l’utilizzo di una prima valutazione cosiddetta “di base”, cui far accedere tutti i cittadini sottoposti ai diversi accertamenti (minorazioni civili, stato di handicap, disabilità ai sensi della Legge n. 68/99), e una seconda fase di cosiddetta di “valutazione multidimensionale” utile a delineare e coordinare i necessari interventi a favore della persona all’interno di uno specifico progetto personale elaborato con il diretto coinvolgimento della stessa o di chi la rappresenta. Il Programma sottolinea inoltre quale criticità da superare l’assenza di riferimenti univoci per la definizione dei criteri di accesso al sistema di accesso di servizi e benefici, ai criteri per l’accertamento multidimensionale e alla relazione tra valutazione multidimensionale e progetto personalizzato.
Infatti, se la presa in carico delle persone disabili attraverso strumenti di valutazione multidimensionale, effettuata da equipe multidisciplinari (e multiprofessionali), è un patrimonio acquisito da tempo nelle realtà territoriali, le schede valutative scelte e gli algoritmi utilizzati per il calcolo del fabbisogno assistenziale si differenziano ancora molto nelle varie realtà regionali evidenziando una pluralità di strumenti di valutazione dei disabili e degli anziani non autosufficienti che impedisce la creazione di una rete in grado di fornire un confronto sui risultati dei processi ed uno scambio di buone prassi.
All’interno della normativa, la necessità dell’utilizzo di strumenti di valutazione nell’integrazione socio sanitaria è stata prevista dall’art. 2 del D.P.C.M. 14 febbraio 2001, recante Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie, che ha stabilito che l'assistenza socio-sanitaria sia prestata sulla base di progetti personalizzati redatti sulla scorta di valutazioni multidimensionali (le regioni disciplinano le modalità ed i criteri di definizione dei progetti assistenziali personalizzati).
Le prestazioni socio-sanitarie di cui all'art. 3-septies del D. Lgs. n. 502 del 1992 sono anch’esse definite tenendo conto dei seguenti criteri: la natura del bisogno, la complessità e l'intensità dell'intervento assistenziale, nonché la sua durata. Ai fini della determinazione della natura del bisogno si tiene conto degli aspetti inerenti a: a) funzioni psicofisiche; b) natura delle attività del soggetto e relative limitazioni; c) modalità di partecipazione alla vita sociale; d) fattori di contesto ambientale e familiare che incidono nella risposta al bisogno e nel suo superamento.
La definizione normativa più puntuale della valutazione multidimensionale è stata fornita dal decreto interministeriale del 23 novembre 2016, attuativo della legge c.d. Dopo di Noi[13]. Il decreto pone il sistema di classificazione ICF come diretto fondamento della valutazione multidimensionale, da effettuarsi in coerenza con il modello bio-psico-sociale promosso all’interno dell’ICF. Nella cornice legislativa disegnata dalla legge Dopo di noi, la valutazione multidimensionale è il pre-requisito per l’accesso, da parte delle persone con disabilità, agli interventi e ai benefici previsti dalla legge. Essa è svolta da gruppi di lavoro eterogeneamente composti (le cosiddette “equipe multidisciplinari”) in grado di determinare lo stato di salute globale dell’individuo guardando alla condizione fisica e psichico-affettiva, allo stato cognitivo e alle capacità funzionali e mettendo in relazione tali indicatori personali con i fattori socio-economici e ambientali. Tali team, che uniscono personale professionale di esperienza clinico-sanitaria e dell’assistenza sociale, lavorano congiuntamente all’interno delle Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM). Oltre ad esaminare le necessità della persona in particolari condizioni di bisogno sanitario, sociale, relazionale e ambientale, il team all’interno della UVM individua gli interventi personalizzati e appropriati sulla base della disponibilità di diversi servizi territoriali.
L’approccio della valutazione multidimensionale è stato utilizzato anche (cfr. infra) per le previsioni del D.p.c.m. 12 gennaio 2017 di aggiornamento e definizione dei LEA, nella parte dedicata all'integrazione socio-sanitaria (Capo IV), al cui interno i bisogni sanitari e di protezione sociale del paziente sono rilevati con strumenti di valutazione multidimensionale standardizzati e uniformi sul territorio regionale. La valutazione multidimensionale individua le necessità sanitarie e assistenziali del paziente, a prescindere dalla patologia da cui è affetto, e indirizza gli operatori a organizzare l’intervento socio-sanitario in uno specifico regime assistenziale di cura (a domicilio, in residenza o in centro diurno).
- definisca il profilo di funzionamento della persona (cfr. supra);
- certifichi, ai sensi dell’articolo 3, commi 1 e 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (cfr. supra), come modificati in coerenza con la CRPD, e ai fini dei correlati benefici o istituti, la necessità di sostegno della persona e di accomodamenti ragionevoli;
Per un esame specifico della disciplina e delle provvidenze economiche conseguenti alle sopracitate invalidità si rinvia alla trattazione contenuta nel già citato Dossier del Servizio studi “Il tema della disabilità nel contesto normativo italiano ed internazionale”, pp. 15 e ss.
Il citato decreto ministeriale approva la nuova tabella indicativa delle percentuali d'invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti. La tabella è organizzata per gruppi anatomo-funzionali, ad ogni menomazione è assegnata un codice e per ciascuna menomazione è indicata in alternativa o una percentuale fissa oppure due valori di riferimento, il minimo ed il massimo. Da notare però che il valore fisso spesso rappresenta esso stesso un valore di riferimento che può essere ridotto o aumentato in rapporto alla condizione specifica del soggetto in esame secondo appropriate logiche medico-legali. Nel DM 05/02/1992, oltre alla tabella, vi sono due sezioni, sostanzialmente contenenti istruzioni ulteriori sulle modalità di valutazione.
In particolare, nella seconda sezione, denominata “indicazioni per le valutazioni funzionali“, vengono precisate le modalità di inquadramento delle infermità per ciò che riguarda le cosiddette “classi funzionali”, ampiamente utilizzate nella tabella.
· affidamento ad un unico soggetto pubblico della competenza esclusiva medico-legale sulle procedure valutative sopra indicate. La finalità è quella di garantire un’omogenea valutazione su tutto il territorio nazionale, e di realizzare, anche a fini deflattivi del contenzioso giudiziario, una semplificazione e razionalizzazione degli aspetti procedurali e organizzativi del processo valutativo di base. A tale scopo potranno essere previsti procedimenti semplificati di riesame o di rivalutazione, in modo che siano assicurati tempestività, efficienza, trasparenza e sia riconosciuta la tutela e la rappresentanza della persona con disabilità;
c) con riguardo alla valutazione multidimensionale della disabilità, alla realizzazione del progetto personalizzato e di vita indipendente:
Il D.p.c.m. 12 gennaio 2017 di aggiornamento e definizione dei LEA regola l'integrazione socio-sanitaria al Capo IV, articoli da 21 a 35. L'art. 21 definisce l'attività sociosanitaria, ovvero i percorsi assistenziali integrati, come l'erogazione congiunta di attività e prestazioni afferenti all'area sanitaria e all'area dei servizi sociali. Il Servizio sanitario nazionale garantisce l'accesso unitario ai servizi sanitari e sociali, la presa in carico della persona e la valutazione multidimensionale dei bisogni, sotto il profilo clinico, funzionale e sociale. Le regioni e le province autonome organizzano tali attività garantendo uniformità sul proprio territorio nelle modalità, nelle procedure e negli strumenti di valutazione multidimensionale, anche in riferimento alle diverse fasi del Progetto di assistenza individuale (PAI) che definisce i bisogni terapeutico-riabilitativi e assistenziali della persona ed è redatto dall'unità di valutazione multidimensionale, con il coinvolgimento di tutte le componenti dell'offerta assistenziale sanitaria, sociosanitaria e sociale, del paziente e della sua famiglia. Nell'ambito dell'assistenza distrettuale territoriale sono privilegiati gli interventi che favoriscono la permanenza delle persone assistite al proprio domicilio, attraverso l'attivazione delle risorse disponibili, formali e informali; i trattamenti terapeutico-riabilitativi e assistenziali, semiresidenziali e residenziali, sono garantiti dal Servizio sanitario nazionale, quando necessari, in base alla valutazione multidimensionale. I nuovi LEA descrivono anche gli ambiti di attività e i regimi assistenziali (domicilio, residenza, centro diurno) nei quali sono erogate le prestazioni sanitarie (mediche, infermieristiche, psicologiche, riabilitative, etc.), integrate con le prestazioni sociali.
L'assistenza sociosanitaria si rivolge alle categorie fragili, quali: malati cronici non autosufficienti (incluse le demenze); malati in fine vita; persone con disturbi mentali;minori con disturbi in ambito psichiatrico e del neurosviluppo; persone con dipendenze patologiche; persone con disabilità. A seconda delle specifiche condizioni della persona, della gravità e della modificabilità delle sue condizioni, nonché della severità dei sintomi, le prestazioni possono essere erogate in forma intensiva o estensiva, oppure mirare al semplice mantenimento dello stato di salute della persona e delle sue capacità funzionali.
Per le strutture residenziali di medio/bassa intensità sanitaria, destinate a persone in condizioni non gravi, la normativa nazionale prevede che il Servizio sanitario nazionale si faccia carico solo del costo delle prestazioni sanitarie erogate e che i costi delle prestazioni non sanitarie e delle prestazioni di natura alberghiera (vitto, pulizia, svago, ecc.) siano a carico dell'assistito o, in caso di disagio economico, del Comune di residenza. In considerazione del fatto che le prestazioni sanitarie e le prestazioni non sanitarie non sono facilmente distinguibili, la retta è suddivisa in base a un criterio forfetario, al 50% o 60% tra la Asl e l'assistito (D.p.c.m. 29 novembre 2001, Allegato 1C); le modalità di ripartizione dei costi sono comunque soggette alla normativa regionale.
*
Si ricorda che – come già sopra esposto - attualmente sussistono ambiti dell’accertamento dello stato della persona con disabilità e delle successive procedure per il supporto del progetto di vita della persona con disabilità in cui si tiene conto delle indicazioni ONU e, parzialmente, dei criteri ICF. Un esempio è la valutazione del Profilo di funzionamento per l’accertamento della disabilità in età evolutiva e gli interventi di integrazione socio-sanitaria programmati tramite la redazione del Progetto Personalizzato. La stesura del Progetto è preceduta dalla Valutazione Multidimensionale (VMD) a cura delle Unità di valutazione multidimensionale (UVM), le quali accertano il bisogno clinico, funzionale e sociale sulla base del quale elaborare successivamente il Piano assistenziale individualizzato (PAI) per la formale presa in carico.
Quanto al tema della messa a punto del progetto di vita indipendente va ricordato che l’articolo 14 della legge n. 328/2000[22] prevede che per realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nell'ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d'intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell'interessato, un progetto individuale, il quale, comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all'integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare.
L'art. 3- septies, comma 4, del D.Lgs. 502/1992[23] definisce "prestazioni socio-sanitarie" tutte le attività che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione. Il processo di integrazione sociosanitaria è stato descritto nei suoi contenuti dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001 " Integrazione Sociosanitaria", che, all'art. 4 comma 3, chiarisce che "Per favorire l'efficacia e l'appropriatezza delle prestazioni socio-sanitarie necessarie a soddisfare le necessità assistenziali dei soggetti destinatari, l'erogazione delle prestazioni e dei servizi è organizzata di norma attraverso la valutazione multidisciplinare del bisogno, la definizione di un piano di lavoro integrato e personalizzato e la valutazione periodica dei risultati ottenuti".
Le prestazioni sociosanitarie comprendono:
- prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria, ovvero tutte le attività caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e che attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative. Tali prestazioni sono assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, ma, in base a criteri regionali, può essere prevista la partecipazione alla spesa di utenti/Comuni;
- prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, ovvero le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite. Di competenza del Servizio sanitario nazionale sono a carico del Fondo sanitario nazionale;
- prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute. Sono di competenza dei Comuni che provvedono al loro finanziamento negli ambiti previsti dalle leggi regionali, ai sensi dell'art. 3, comma 2, del D.Lgs. 112/1998, in base alle quali può essere prevista la partecipazione alla spesa degli utenti.
L'art. 55 del D.Lgs n. 117/2017 (Codice del Terzo settore - CTS) pone in capo ai soggetti pubblici il compito di assicurare il coinvolgimento attivo degli Enti del Terzo settore (ETS) nella programmazione, nella progettazione e nell'organizzazione degli interventi e dei servizi, nei settori di attività di interesse generale definiti dall'art. 5 del medesimo CTS. In tal senso, il CTS valorizza anche la dimensione verticale della sussidiarietà in quanto, nella maggior parte dei casi, alle attività di interesse generale corrispondono funzioni tradizionalmente svolte e organizzate a livello locale e disciplinate dai legislatori regionali in quanto servizi pubblici o di interesse generale (quali interventi e servizi sociali e sociosanitari; formazione professionale; interventi di housing sociale). Si instaura, in questi termini, tra i soggetti pubblici e gli ETS, un canale di amministrazione condivisa: la «co-programmazione», la «co-progettazione» e il «partenariato» (che può condurre anche a forme di «accreditamento») si configurano come fasi di un procedimento complesso, espressione di un diverso rapporto tra il pubblico ed il privato sociale, non fondato semplicemente su un rapporto sinallagmatico (si veda in tal senso la recente sentenza n. 131 del 2020 della Corte costituzionale), bensì sulla costruzione di "comunità solidali" o welfare community. In tal senso, le organizzazioni della società civile sono stimolate e sostenute a programmare, insieme ai soggetti pubblici, percorsi di autorganizzazione e di autodeterminazione fondati sui valori dello sviluppo umano, della coesione sociale e del bene comune. In tal senso, di fronte a una domanda sempre più forte di servizi complessi, la collaborazione pubblico/privato è proposta come modello in grado di affiancare all'intervento pubblico iniziative flessibili, innovative e in grado di sopperire alla progressiva crisi di risorse pubbliche.
La Co-programmazione è finalizzata all’individuazione dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili; è quindi il momento in cui il Terzo settore può partecipare a pieno titolo alla formazione delle politiche pubbliche, portando la propria capacità di lettura.
La Coprogettazione è finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti” sulla base degli strumenti di co-programmazione prima richiamati.
L’esito di questo processo può anche consistere in forme di accreditamento, con la costituzione di un albo aperto di soggetti con cui un ente pubblico può stabilmente collaborare su specifici interventi. Tale modalità di relazione richiede una non irrilevante evoluzione da parte dei soggetti coinvolti. Gli enti pubblici sono chiamati a suscitare, integrare, coordinare un insieme differenziato di risorse, anziché a gestire in proprio o attraverso fornitori. Agli enti del Terzo settore è richiesta la capacità di assumere nuove responsabilità pubbliche, e la capacità di vedere oltre ai confini della propria organizzazione.
In proposito si ricorda che l' art. 1 del D.L. 34/2020[25] (c.d. Decreto Rilancio), al comma 4-bis, ha previsto la stipula di una Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sulla base della quale vengono attribuiti al Ministero della salute incarichi di coordinamento per la sperimentazione, nel biennio 2020-2021, di:
Per l'intervento sono stanziati 25 milioni di euro con differenti autorizzazioni di spesa per il 2020 e il 2021. Al termine della sperimentazione, le regioni e le province autonome provvedono a trasmettere ai Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze una relazione illustrativa delle attività messe in atto e dei risultati raggiunti.
Va ricordato che è attualmente all’esame della XII Commissione affari sociali la proposta di legge A.C. 1752, recante norme relative all’Introduzione sperimentale del metodo del budget di salute per la realizzazione di progetti terapeutici riabilitativi individualizzati.
Il budget di salute è stato definito dall'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità quale "strumento di definizione quantitativa e qualitativa delle risorse economiche, professionali e umane necessarie per innescare un processo volto a restituire centralità alla persona, attraverso un progetto individuale globale". I progetti terapeutici riabilitativi individualizzati interessano infatti l'aree sanitaria e sociale ma anche quella riferibile ai diritti individuali e di cittadinanza (apprendimento, habitat sociale, formazione e lavoro, affettività e socialità), nella logica della centralità della persona e del valore della comunità. Poiché strutturato sui bisogni della persona, il budget di salute si caratterizza come uno strumento flessibile, non legato ad un tipo particolare di servizio/intervento o ad uno specifico erogatore.
Diverse regioni hanno adottato il budget di salute quale strumento integrato di gestione degli interventi socio-sanitari, più precisamente:
- Friuli Venezia Giulia: art. 41 della legge regionale 6/2006 istitutivo del Fondo per l'autonomia possibile e per l'assistenza a lungo termine, rivolto al finanziamento di prestazioni e interventi diretti al sostegno della domiciliarità di soggetti non autosufficienti. Nel Fondo confluiscono risorse regionali e nazionali, nonché risorse provenienti dalla fiscalità generale ed eventuali risorse di altri soggetti pubblici e privati. Alla ripartizione tra gli enti gestori del Servizio sociale dei Comuni si provvede secondo criteri stabiliti con regolamento regionale, tenendo conto dei dati demografici e dei fabbisogni espressi dal territorio;
- Lazio: art. 53 della legge regionale 11/2016 che impegna la Regione ad adottare una metodologia di integrazione sociosanitaria basata su progetti personalizzati sostenuti da budget di salute, costituito dall'insieme di risorse economiche, umane e professionali necessarie a promuovere contesti relazionali, familiari e sociali idonei a favorire una migliore inclusione sociale del soggetto assistito.
- Campania: art. 46 della legge regionale 1/2012 che disciplina e definisce i progetti terapeutico riabilitativi individuali regionali sostenuti con budget di salute (meglio precisati dalle Linee guida regionali DGRC 483 del 1° ottobre 2012), con la finalità di promuovere la centralità e la partecipazione dei cittadini, con forme di cogestione di percorsi di cura e riabilitazione, caratterizzate dalla necessità di interventi sanitari e sociali tra loro integrati;
- Emilia Romagna: DGR 45/2016 Linee di indirizzo per la realizzazione di progetti con la metodologia del budget di salute a sostegno del progetto terapeutico riabilitativo personalizzato di persone affette da disturbi mentali gravi. Il budget di salute, costituito da risorse individuali, familiari, sociali e sanitarie, è attivato per sostenere e consolidare i progetti di domiciliarità, interventi relativi all'abitare e di integrazione nel contesto produttivo e/o sociale con la finalità di contrastare e, se possibile, prevenire, la cronicizzazione istituzionale o familiare, l'isolamento e lo stigma della persona con disturbi mentali;
- Sicilia: Il Piano socio sanitario del 2017 prevede il budget di salute e le indicazioni per l'elaborazione e la gestione dei progetti di vita individualizzati e di vita indipendente;
- Toscana: DGR n. 1449 del 19 dicembre 2017, in particolare l'Allegato A, che definisce un modello sperimentale regionale di presa in carico della persona con disabilità, da attuare attraverso il Progetto di vita e l'introduzione dello strumento organizzativo-gestionale denominato budget di salute.
Sostegni e servizi per l’abitare
Una delle sette linee di azione, la linea di intervento 3 "Vita indipendente e inclusione nella società", del primo programma d'azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, adottato con d.p.r. del 4 ottobre 2013, è in gran parte riferita alle politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l'inclusione nella società per le persone con disabilità, al fine di definire linee comuni per l'applicazione dell'art. 19 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, fissando i criteri guida per la concessione di contributi, per la programmazione degli interventi e servizi e la redazione dei progetti individualizzati. Nella promozione della vita indipendente, intesa come facoltà di compiere autonomamente le proprie scelte e gestire direttamente la propria esistenza, viene favorito il generale processo di deistituzionalizzazione da un lato e lo sviluppo di progetti di "abitare in autonomia" che coinvolgono piccoli gruppi di persone dall'altro. Vengono predisposte forme di intervento propedeutico all'abitare in autonomia che prevedono budget di spesa decrescenti in relazione al crescere delle competenze e all’abilità delle persone nel gestire la propria vita relazionale e quotidiana e l'attivazione di progetti integrati (abitare, lavoro e socialità) per garantire durata all'esperienza di autonomia. Nel supporto alla domiciliarità e alla residenzialità si assume come criterio regolatore che le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione.
Per dare seguito a tali indicazioni progettuali nel 2013 sono state pubblicate le prime Linee Guida per la presentazione di progetti sperimentali in materia di vita indipendente e inclusione nella società delle persone con disabilità (per un ammontare di circa 3,2 milioni di euro), al fine di orientare il lavoro delle istituzioni verso modelli di intervento condivisi in materia, in collaborazione con le associazioni rappresentative delle persone con disabilità. La seconda edizione delle Linee Guida per il 2014 ha previsto l'impiego di 10 milioni di euro, a carico del Fondo nazionale per le non autosufficienze, a favore di 129 ambiti territoriali. Analoga iniziativa è stata implementata per il 2015, a favore di almeno 128 ambiti, (si veda Bando Linee Guida per il 2015). La proposta è stata rinnovata negli anni successivi, fino al 2018, con un finanziamento nazionale di 15 milioni di euro più il cofinanziamento regionale. A partire dal 2019, con il Piano nazionale per la Non autosufficienza 2019-2021, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociale assegna le risorse per Vita indipendente e la gestione delle progettualità, direttamente alle Regioni, all’interno del Fondo per la Non Autosufficienza, dando esclusivamente indicazioni in merito ai requisiti essenziali, alle macroaree sulle quali è possibile progettare gli interventi e alle modalità di monitoraggio delle azioni realizzate e della spesa.
L’indicazione normativa più compiuta su nuove politiche abitative rivolte alle persone con disabilità proviene ancora una volta dalla legge n. 112 del 2016 c.d. Dopo di noi che, all’art. 4, ha previsto diverse soluzioni alloggiative: - la deistituzionalizzazione e il supporto alla domiciliarità in abitazioni o gruppi appartamento che riproducano le condizioni abitative e relazionali della casa familiare e che tengano conto anche delle migliori opportunità offerte dalle nuove tecnologie, al fine di impedire l'isolamento delle persone con disabilità grave; - l’adozione di interventi per la permanenza temporanea in una soluzione abitativa extrafamiliare per far fronte ad eventuali situazioni di emergenza, nel rispetto della volontà delle persone con disabilità grave, ove possibile, dei loro genitori o di chi ne tutela gli interessi; - la realizzazione di interventi innovativi di residenzialità volti alla creazione di soluzioni alloggiative di tipo familiare e di co-housing, che possono comprendere il pagamento degli oneri di acquisto, di locazione, di ristrutturazione e di messa in opera degli impianti e delle attrezzature necessari per il funzionamento degli alloggi medesimi, anche sostenendo forme di mutuo aiuto tra persone con disabilità[26].
Le attività di programmazione degli interventi sono in capo alle Regioni, che hanno il compito di definire i criteri e le modalità di erogazione delle risorse provenienti dal Fondo Dopo di noi[27] (come ripartite), nei limiti di quanto disponibile, e di monitoraggio, mentre la gestione è affidata ai Comuni.
d) con riguardo all’informatizzazione dei processi valutativi:
- supportino i processi valutativi e l’elaborazione dei progetti personalizzati;
- consentano la consultabilità delle certificazioni, delle informazioni riguardanti i benefici economici, previdenziali e assistenziali e gli interventi di assistenza socio-sanitaria che spettano alla persona con disabilità;
- garantiscano in ogni caso la semplificazione delle condizioni di esercizio dei diritti delle persone con disabilità e la possibilità di effettuare controlli;
- contengano anche le informazioni relative ai benefici eventualmente spettanti ai familiari o alle persone che hanno cura della persona con disabilità[28];
e) con riguardo alla riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità:
L'articolo 6 del D.L. n. 80/2021 prescrive l'adozione di un Piano integrato di attività e di organizzazione, alle pubbliche amministrazioni con più di cinquanta dipendenti.
Di durata triennale (ed aggiornato annualmente), tale Piano è chiamato a definire più profili: obiettivi della perfomance; gestione del capitale umano; sviluppo organizzativo; obiettivi formativi e valorizzazione delle risorse interne; reclutamento; trasparenza ed anti-corruzione; pianificazione delle attività; individuazione delle procedure da semplificare e ridisegnare; accesso fisico e digitale; parità di genere; monitoraggio degli esiti procedimentali e dell'impatto sugli utenti.
È pertanto inteso quale strumento programmatorio che convogli, in un unico atto, una pluralità di piani previsti dalla normativa vigente.
Di particolare rilievo ai fini della disposizione in commento è il riferimento contenuto nella lettera f) del comma 2 del citato articolo 6 che prescrive la definizione nel Piano di modalità ed azioni mirate per la piena accessibilità fisica e digitale alle amministrazioni, per i cittadini con più di sessantacinque anni di età e per i disabili.
Nelle amministrazioni pubbliche il concetto di performance è stato introdotto dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 , che ha disciplinato il ciclo della performance, innovando profondamente la disciplina dei controlli interni delle pubbliche amministrazioni, come descritti dal D.Lgs. 286/1999. Le diverse fasi in cui si articola il ciclo della performance consistono nella definizione e nell'assegnazione degli obiettivi, nel collegamento tra gli obiettivi e le risorse, nel monitoraggio costante e nell'attivazione di eventuali interventi correttivi, nella misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale, nell'utilizzo dei sistemi premianti. Il ciclo si conclude con la rendicontazione dei risultati agli organi di indirizzo politico-amministrativo, ai vertici delle amministrazioni, nonché ai cittadini, agli utenti e ai destinatari dei servizi.
Nell'impianto delineato dal D.Lgs. n. 150 del 1999, l'implementazione del sistema di misurazione e valutazione della performance è affidata a due soggetti:
- a livello nazionale, un organismo centrale, dapprima individuato nella CIVIT (successivamente trasformata in Autorità nazionale anticorruzione), poi sostituita dal Dipartimento della funzione pubblica;
- a livello di singola amministrazione, un organismo indipendente di valutazione della performance (OIV).
Il decreto legislativo n. 74 del 2017 ha introdotto modifiche specifiche alle disposizioni contenute nei Titoli II e III del decreto legislativo n.150 del 2009
, che disciplinano le attività di misurazione e valutazione della performance, nonché gli strumenti di valorizzazione del merito. In relazione agli effetti delle attività di misurazione, valutazione e trasparenza della performance, si stabilisce che il rispetto delle disposizioni in materia è non solo condizione necessaria per l'erogazione di premi legati alla performance (come già previsto), ma rileva anche ai fini:
- delle componenti del trattamento retributivo legate alla performance;
- del riconoscimento delle progressioni economiche;
- dell'attribuzione di incarichi di responsabilità al personale;
- del conferimento degli incarichi dirigenziali.
Si stabilisce inoltre che la valutazione negativa della performance, purché resa nel rispetto delle disposizioni del D.Lgs. 150, rileva ai fini dell'accertamento della responsabilità dirigenziale e ai fini dell'irrogazione del licenziamento disciplinare per insufficiente rendimento.
Per quanto riguarda il ciclo di gestione della performance:
- prevede che nella definizione degli obiettivi si debba tener conto anche dei risultati conseguiti nell'anno precedente come validati nella relazione annuale;
- introduce la categoria degli obiettivi generali, che identificano, in coerenza con il programma di Governo, le priorità strategiche delle pubbliche amministrazioni in relazione alle attività e ai servizi erogati. Accanto a questi, permangono gli obiettivi specifici di ogni amministrazione, definiti dagli organi di indirizzo politico-amministrativo (art. 5);
- prevede che il sistema di misurazione e valutazione della performance debba essere adottato previo parere vincolante dell'OIV;
Il riferimento è ai documenti rappresentativi della performance , vale a dire:
- il Piano della performance, documento programmatico triennale, che e' definito dall'organo di indirizzo politico-amministrativo in collaborazione con i vertici dell'amministrazione e secondo gli indirizzi impartiti dal Dipartimento della funzione pubblica e che individua gli indirizzi e gli obiettivi strategici ed operativi;
- la Relazione annuale sulla performance, che e' approvata dall'organo di indirizzo politico-amministrativo e validata dall'Organismo di valutazione e che evidenzia, a consuntivo, con riferimento all'anno precedente, i risultati organizativi e individuali raggiunti rispetto ai singoli obiettivi programmati ed alle risorse, con rilevazione degli eventuali scostamenti, e il bilancio di genere realizzato.
Il citato comma 3-bis prevede che al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli, come definiti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, nei luoghi di lavoro, per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori. I datori di lavoro pubblici devono provvedere all'attuazione del presente comma senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
La Carta dei Servizi è il documento con il quale ogni Ente erogatore di servizi assume una serie di impegni nei confronti della propria utenza riguardo i propri servizi’, le modalita’ di erogazione di questi servizi, gli standard di qualità e informa l’utente sulle modalità di tutela previste. L’introduzione della Carta dei servizi come strumento di tutela per i cittadini si ha con la Direttiva del presidente del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994 “Principi sull’erogazione dei servizi pubblici”. Successivamente con D.L. n.163 del 12 maggio 1995[32], convertito nella Legge n. 273/1995, è stata dettata la disciplina procedurale per il miglioramento della qualità dei servizi, demandando al Presidente del Consiglio dei Ministri di fissare, con proprio provvedimento, gli schemi generali di riferimento delle relative carte.
Nella Carta dei Servizi l’Ente dichiara quali servizi intende erogare, le modalità e gli standard di qualità che intende garantire e si impegna a rispettare determinati standard qualitativi e quantitativi, con l’intento di monitorare e migliorare la qualita’ del servizio offerto.
Di seguito alcuni dei principi fondamentali dettati dalla Direttiva e che sono alla base dell’erogazione dei servizi:
- il principio dell’uguaglianza, per cui tutti gli utenti hanno gli stessi diritti;
- deve essere garantita la parità di trattamento sia fra le diverse aree geografiche, sia fra le diverse categorie o fasce di utenti;
- i servizi devono essere erogati in maniera continua e regolare, e ove sia consentito dalla legislazione, gli utenti hanno diritto di scegliere l’ente erogatore;
- gli utenti devono essere trattati con obiettività, giustizia ed imparzialità;
- il diritto alla partecipazione del cittadino deve essere sempre garantito, come deve essere garantita l’efficienza e l’efficacia dell’ente erogatore.
ll D.Lgs 198/2009 è finalizzato a coinvolgere gli utenti dei servizi pubblici nella valutazione dei prodotti resi dalle pubbliche amministrazioni consentendo loro di agire in giudizio nei confronti di queste ultime, nonché dei concessionari di servizi pubblici, se dalla violazione di standard qualitativi ed economici o degli obblighi contenuti nelle Carte dei servizi, dall’omesso esercizio di poteri di vigilanza, di controllo o sanzionatori, dalla violazione dei termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali, derivi la lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità degli stessi o consumatori.
In pratica, per garantire una elevata performance delle pubbliche amministrazioni nei confronti della collettività, si consente nei confronti delle stesse un controllo esterno di tipo giudiziale sulla qualità, tempestività ed economicità dei servizi resi.
Si prevede che le azioni vertenziali, proponibili da soggetti titolari di interessi giuridicamente rilevanti, siano pubblicizzate sul sito istituzionale del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, nonché sul sito istituzionale dell’amministrazione o del concessionario intimati.
La procedura impone una previa diffida ad adempiere all’ente interessato entro il termine di 90 giorni, trascorso il quale senza che si sia ancora provveduto o lo si è fatto in modo parziale, il soggetto coinvolto può proporre ricorso all’autorità giurisdizionale.
In luogo della diffida può essere promossa la risoluzione non giurisdizionale della controversia, che avviene entro i trenta giorni successivi alla richiesta e in caso di mancata conciliazione il ricorso è proponibile entro l’anno dall’esito di tale procedura.
In caso di accoglimento della domanda, il decreto prevede che il giudice ordini all’amministrazione interessata di adempiere entro un congruo termine e la sentenza passata in giudicato venga comunicata alla procura della Corte dei Conti e agli organismi del ciclo di valutazione e misurazione della performance dei pubblici dipendenti previsti dal decreto n. 150/2009 (Commissione e Organismo indipendente), con l’obbligo per l’ente implicato di accertare i soggetti che hanno concorso a cagionare l’omissione o il ritardo e di adottare i provvedimenti di competenza. Il decreto ammette la possibilità di ricorrere al giudice dell’ottemperanza, in base ai principi generali del processo amministrativo, qualora l’amministrazione non adempie alla pronuncia.
Non è invece previsto dal decreto in esame alcun risarcimento per l’utente per eventuali danni subiti.
f) con riguardo all’istituzione del Garante nazionale delle disabilità:
· istituire il Garante nazionale delle disabilità, per la tutela e promozione dei diritti delle persone con disabilità, avente natura monocratica;
· definirne le competenze, i poteri, la composizione e la struttura organizzativa, disciplinandone le procedure e attribuendo a esso le seguenti funzioni:
- raccogliere segnalazioni e fornire assistenza alle persone con disabilità che subiscano discriminazioni o violazioni dei propri diritti, anche attraverso la previsione di un centro di contatto dedicato;
- svolgere verifiche, d’ufficio o a seguito di segnalazione, sull’esistenza di fenomeni discriminatori;
- formulare raccomandazioni e pareri alle Amministrazioni interessate sulle segnalazioni raccolte, anche in relazione a specifiche situazioni e nei confronti di singoli enti;
- promuovere una cultura del rispetto dei diritti delle persone con disabilità attraverso campagne di sensibilizzazione e comunicazione e progetti di azioni positive, in particolare nelle istituzioni scolastiche, in collaborazione con le Amministrazioni competenti per materia;
g) con riguardo alle disposizioni finali e transitorie:
· coordinare le disposizioni introdotte dai decreti legislativi di cui al comma 1 con quelle ancora vigenti, ivi comprese quelle relative agli incentivi e ai sussidi di natura economica e ai relativi fondi;
· definire, anche avvalendosi del supporto della Commissione tecnica per i fabbisogni standard di cui all’articolo 1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208[34], le procedure volte alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, con riguardo alle prestazioni in favore delle persone con disabilità, con individuazione di una disciplina di carattere transitorio, nelle more della effettiva applicazione dei livelli essenziali delle prestazioni, volta a individuare e garantire obiettivi di servizio, promuovendo la collaborazione tra i soggetti pubblici e i privati, ivi compresi gli enti operanti nel terzo settore.
Si ricorda che il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disabilità: assistenza sociosanitaria domiciliare e ambulatoriale (art.27 dPCM 12 gennaio 2017) e assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale (art.34 dPCM 12 gennaio 2017), inoltre, per le strutture riabilitative residenziali a bassa intensità sanitaria, destinate a persone con disabilità stabilizzata, la normativa nazionale prevede che il Ssn si faccia carico solo del costo delle prestazioni sanitarie erogate e che i costi delle prestazioni non sanitarie e delle prestazioni di natura alberghiera (vitto, pulizia, svago, ecc.) siano a carico dell’assistito o, in caso di disagio economico, del Comune di residenza. In considerazione del fatto che le prestazioni sanitarie e le prestazioni non sanitarie non sono facilmente distinguibili, si applica un criterio forfetario e la retta a carico della Asl varia dal 70 al 40%.
Risultano ancora non determinati i livelli delle prestazioni assistenziali rivolte ai disabili, che, come sta avvenendo per il rafforzamento dei servizi sociali indirizzati, si prevede vengano in parte determinati come obiettivi di servizio all’interno del processo di definizione dei fabbisogni standard, che, introdotti con il decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, costituiscono i parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica. Essi, inoltre, congiuntamente alle capacità fiscali, costituiscono i parametri sulla base dei quali è ripartita una crescente quota perequativa del Fondo di solidarietà comunale - FSC (inizialmente 20 per cento nel 2015 e poi via via maggiore fino al 100 per cento dal 2030).
La Commissione tecnica per i fabbisogni standard viene istituita con la legge di stabilità 2016 (art.1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208) per analizzare e valutare le attività, le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali (decreto legislativo 26 novembre 2010 n. 216) i cui dati sono disponibili presso il sito www.opencivitas.it.
La Commissione è formata da undici componenti di cui uno con funzioni di presidente. La Commissione è istituita senza oneri per la finanza pubblica e si avvale delle strutture e dell’organizzazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Contestualmente all’istituzione della Commissione tecnica per i fabbisogni standard viene soppressa la Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (COPAFF) (art. 34 della legge 28 dicembre 2015, n. 208).
Le indicazioni presenti nella legge n. 42 del 2009[35] prevedono un percorso graduale di avvicinamento ai LEP, con la fissazione di obiettivi intermedi, chiamati «obiettivi di servizio», che devono essere monitorati. Ciò consentirebbe di attenuare le tensioni sugli equilibri di bilancio della definizione dei LEP, garantendo un assorbimento graduale delle maggiori esigenze di spesa. Una tappa intermedia verso i LEP è pertanto costituita dall’individuazione degli obiettivi di servizio per ciascun comune, in relazione alle funzioni e ai servizi considerati nel riparto del FSC. Si ricorda, infatti, che i trasferimenti erogati ai comuni attraverso il FSC non hanno vincoli di destinazione.
Articolo 3
(Disposizioni finanziarie)
L’articolo 3 reca le disposizioni finanziarie stabilendo che ai maggiori oneri derivanti dall’attuazione della legge si provvede:
a) con le risorse del Fondo per la disabilità e la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 330, della legge 27 dicembre 2019, n. 160;
b) con le risorse disponibili nel PNRR, per l’attuazione degli interventi rientranti nell’ambito del presente provvedimento;
c) mediante razionalizzazione e riprogrammazione delle risorse previste a legislazione vigente per il settore della disabilità.
La legge di bilancio 2020 (art. 1, comma 330, della legge 160/2019) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un fondo denominato "Fondo per la disabilità e la non autosufficienza", con una dotazione pari a 29 milioni di euro per il 2020, a 200 milioni di euro per il 2021, a 300 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono indirizzate all'attuazione di interventi a favore della disabilità finalizzati al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno in materia. Tali interventi, ai sensi della norma istitutiva, dovranno essere attuati con appositi provvedimenti normativi, nei limiti di spesa previsti. Va ricordato che l’A.S. 2285, recante Disposizioni in materia di attività di ricerca e di reclutamento dei ricercatori nelle università e negli enti pubblici di ricerca in corso di esame in sede referente, prevede (comma 5 art. 3) la riduzione del Fondo citato di 1, 5 milioni di euro a decorrere dal 2022.
Tali risorse si integrano con quelle già stanziate per le Missioni 5 e 6 del PNRR in tema di interventi in favore delle persone con disabilità e non autosufficienti (cfr. supra in “Premessa”).
In proposito la relazione tecnica al disegno di legge sottolinea che la nuova definizione della condizione di disabilità che andrà a sostituire quella di “handicap” attualmente prevista dalla legge n. 104 del 1992, non comporta una differente individuazione della platea, né in senso restrittivo, né in senso estensivo. L’innovazione attesa riguarda infatti la metodologia del riconoscimento, che attraverso l’impiego di ICF darà luogo ad un processo valutativo di base più accurato, in grado di rilevare la presenza di durature menomazioni e la necessità di sostegno. Non vi è quindi impatto sulla fruizione dei permessi lavorativi, congedi parentali, iva agevolata e altri tipi di agevolazioni.
Inoltre, trattandosi di una delega finalizzata al precipuo scopo di elaborare un riassetto, semplificazione e razionalizzazione della disciplina in materia di disabilità, ulteriori risorse per l’attuazione dei decreti legislativi sono reperite attraverso una migliore allocazione di quelle già previste a legislazione vigente.
A titolo esemplificativo, le risorse del Fondo nazionale per la non autosufficienza (art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n.296[36]) pari a 668 milioni di euro che già finanziano interventi in materia di vita indipendente e supporto alla domiciliarità, il Fondo di cui alla legge 22 giugno 2016, n.112 (cd “Dopo di noi”)[37], con una dotazione attuale di 76,1 milioni di euro, finalizzato al finanziamento dei progetti di vita personalizzati, il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS), destinato alle Regioni per lo sviluppo della rete integrata di interventi e servizi sociali, come previsto dalla legge 328/2000, con una dotazione finanziaria annua di 300 milioni.
Nello specifico, per quanto riguarda la delega di cui all’art. 2, lett. c), la relazione tecnica evidenzia che le unità di valutazione multidimensionale sono una realtà già prevista in molte regioni ai sensi dell’art. 14 della legge 328 del 2000 (cfr. supra). Come indicato, le risorse sono in parte a carico del Servizio sanitario nazionale e in parte della spesa sociale degli enti locali. Con l’intervento normativo si intende fornire modalità di coordinamento della programmazione sociale e sanitaria, fermi restando i livelli essenziali di assistenza del settore sanitario, e indicare in maniera omogenea l’organizzazione delle unità di valutazione multidimensionale.
I maggiori oneri che potrebbero derivare in termini di incremento del personale per la creazione di tali unità di valutazione multidimensionale laddove non siano già costituite, potranno essere valutati esclusivamente in fase di esercizio della delega, nella quale occorrerà indicare la diffusione territoriale minima di tali UVM e l’effettiva composizione.
In questo ambito, deve tenersi conto anche delle risorse aggiuntive attualmente stanziate o in fase di stanziamento relative all’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali in tema di assistenti sociali, destinate ai comuni.
Con riferimento all’aggiornamento delle tabelle di cui all’art. 2, lett. b), n.4, si evidenzia che tale aggiornamento è finalizzato a superare l’omessa disamina di numerose condizioni patologiche e l’impiego di fasce valutative minimo-massimo di ampiezza eccessiva. Disporre di tabelle aggiornate sotto il profilo nosografico e strutturate su una puntuale stratificazione in classi funzionali consente infatti di ridurre il ricorso a valutazioni analogiche, sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo, garantendo maggiore oggettività e precisione nell’accertamento dello stato di invalidità. L’applicazione di questi criteri può determinare un effetto deflattivo sul contenzioso e una maggiore accuratezza nel determinare le agevolazioni economiche attualmente corrisposte.
Infine, per quanto riguarda la natura giuridica del Garante nazionale della disabilità di cui alla lettera f), la relazione tecnica sottolinea che, volendo parametrare questa Autorità di nuova istituzione sul modello del Garante per l’infanzia e l’adolescenza (legge 12 luglio 2011, n. 112), si possa stimare una spesa di 1 mln di euro annui che trova copertura nel Fondo per la disabilità e non autosufficienza di cui all’art. 1, co. 330, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (cfr. supra).
Viene poi previsto che gli schemi dei decreti legislativi adottati in attuazione delle deleghe contenute nella presente legge sono corredati di una relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.
In conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196[38], qualora uno o più decreti determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al loro interno, i medesimi decreti legislativi sono emanati solo successivamente o contestualmente alla data di entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
Il citato articolo 17, comma 2, della legge n. 196/2009 dispone che le leggi di delega comportanti oneri recano i mezzi di copertura necessari per l'adozione dei relativi decreti legislativi.
Qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi. I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie. A ciascuno schema di decreto legislativo è allegata una relazione tecnica, che dà conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.
Il comma 3 dispone infine che, fatte salve le previsioni di cui al comma 1, dall'attuazione delle deleghe recate dalla legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Pertanto, per gli adempimenti dei decreti attuativi, le amministrazioni competenti provvedono con le ordinarie risorse umane, finanziarie e strumentali, in dotazione alle medesime amministrazioni.
Articolo 4
(Entrata in vigore)
L’articolo 4 dispone che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
[1] Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali
[2] Sul tema delle politiche sociali e sanitarie nel PNRR si vedano le sezioni dedicate alle Missioni 5 e 6 all’interno del tema web Il piano nazionale di ripresa e resilienza sul sito istituzionale della Camera dei Deputati.
[3] Il Quadro Europeo, i cui membri contribuiscono alla promozione, protezione e monitoraggio dell’implementazione della CDPD, è diventato operativo nel 2013, sulla base di una proposta della Commissione approvata dal Consiglio dell’UE nel 2012. Il Quadro dell’UE è oggi composto da:
- Parlamento europeo
- Mediatore europeo
- Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA)
- Forum europeo sulla disabilità (EDF)
La Commissione europea è stata membro del Quadro dell’UE fino alla fine del 2015, quando ha annunciato la sua intenzione di ritirarsi in seguito alla pubblicazione delle Osservazioni conclusive sull’Unione europea da parte del Comitato sui diritti delle persone con disabilità (Comitato CDPD).
[4] Cfr. https://disabilita.governo.it/it/
[5] Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali.
[6]L’articolo 8 del D.Lgs n. 281/1997 prevede che la Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni.
Essa è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali nella materia di rispettiva competenza; ne fanno parte altresì il Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI. Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le città individuate dall'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.
La Conferenza è convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessità o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM.
La Conferenza unificata di cui al comma 1 è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno.
[7] Cfr. www.osservatoriodisabilita.gov.it
[8]Sul tema si veda nello specifico le misure previste all’interno della Missione 5 del PNRR.
[9] Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.
[10] Approvato dalla 54° World Health Assembly (WHA) il 22 maggio 2001
[11] Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66. Norme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107.
[12] Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle unità sanitarie locali in materia di alunni portatori di handicap
[13] Legge del 22 giugno 2016, n. 112, recante “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilita' grave prive del sostegno familiare”
[14] Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili.
[15] Disposizioni in materia di assistenza ai ciechi civili.
[16] Classificazione e quantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici.
[17] Aumento del contributo ordinario dello Stato a favore dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza ai sordomuti e delle misure dell'assegno di assistenza ai sordomuti.
[18] Misure per il riconoscimento dei diritti alle persone sordocieche.
[19] Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.
[20] Norme per il diritto al lavoro dei disabili
[21] Approvazione della nuova tabella indicativa delle percentuali d'invalidita' per le minorazioni e malattie invalidanti.
[23] Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
[24] Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1,comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106
[25] Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77/2020
[26] Per un monitoraggio dell’attuazione della legge Dopo di noi, si rinvia alla seconda Relazione al Parlamento (riferita al 2018) e al recente Monitoraggio Dopo di noi: l’attuazione della Legge 112/16 (riferito agli anni 2019-2020) realizzato dal Comitato Officina Dopo Di Noi, in partenariato con l’Istituto per la Ricerca Sociale (IRS), la Fondazione per l’Innovazione del Terzo Settore - FITS! e con BES Cooperativa Sociale.
[27] Dal 2018, il Fondo ha una dotazione strutturale pari a 56,1 milioni. La legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 490, della legge 160/2019) ha incrementato la dotazione del Fondo Dopo di noi di 2 milioni di euro per il 2020. Nel periodo emergenziale da COVID-19, nell'ottica di rafforzare i servizi e i progetti di supporto alla domiciliarità per le persone disabili e non autosufficienti, e nell'ottica di rafforzare tali interventi anche attraverso la realizzazione di soluzioni alloggiative innovative, il Fondo è stato incrementato di ulteriori 20 milioni di euro dall'art. 104 del Decreto Rilancio (decreto legge 34/2020). Pertanto, per il 2021 la dotazione del Fondo è pari a 76,1 milioni di euro.
[28] Per uno sguardo di insieme sui benefici e le prestazioni spettanti alle persone con disabilità ed ai loro familiari si veda il già cit. Dossier “Il tema della disabilità nel contesto normativo italiano ed internazionale”.
[29] Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni
funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia.
[30] Norme per il diritto al lavoro dei disabili
[31] Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro
[32] Misure urgenti per la semplificazione dei procedimenti amministrativi e per il miglioramento dell’efficienza delle P.A.
[33] Attuazione dell'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici.
[34] Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)
[35] Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione
[36] Legge finanziaria 2007
[37] Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilita' grave prive del sostegno familiare.
[38] Legge di contabilità e finanza pubblica