Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Consiglio europeo - Bruxelles, 15 e 16 ottobre 2020
Serie: Documentazione per l'Assemblea - Esame di atti e documenti dell'UE   Numero: 22
Data: 12/10/2020
Organi della Camera: Assemblea, XIV Unione Europea


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Consiglio europeo - Bruxelles, 15 e 16 ottobre 2020

8 ottobre 2020


Indice

|COVID 19|Relazioni tra l'UE e il Regno Unito|Cambiamento climatico|Relazioni UE-Africa|


Il Consiglio europeo dell'15 e 16 ottobre 2020 è stato co nvocato dal Presidente Michel per discutere dei seguenti temi:
  • la situazione della pandemia di Covid- 19 in Europa e i lavori in corso nell'UE per il suo contenimento e la distribuzione di un vaccino;
  •  relazioni tra l'Ue e il Regno Unito, con riferimento allo stato di attuazione dell'Accordo di recesso ed ai negoziati sul futuro partenariato tra UE e Regno Unito;
  • cambiamenti climatici, in particolare i progressi verso l'obiettivo della neutralità climatica dell'UE entro il 2050;
  • relazioni esterne, in particolare le relazioni tra UE e Africa ed eventuali altre specifiche questioni di politica estera dell'UE.
Il presente bollettino è stato realizzato sulla base del progetto di conclusioni del 5 ottobre 2020.

COVID 19

Nel progetto di conclusioni si afferma che il Consiglio europeo ha valutato l'attuale situazione epidemiologica, nonché i progressi compiuti in merito al coordinamento generale e ai lavori sullo sviluppo e sulla distribuzione di un vaccino a livello dell'UE.
In occasione della precedente riunione straordinaria del Consiglio europeo del 1° e 2 ottobre 2020, dopo aver tenuto una discussione approfondita sulla gestione della pandemia di COVID-19, il Consiglio europeo si dichiarava "determinato a restare unito in questa difficile situazione" e invitava il Consiglio, insieme con la Commissione, a intensificare ulteriormente gli sforzi generali di coordinamento e i lavori sullo sviluppo e sulla distribuzione di un vaccino a livello dell'UE. Il Consiglio europeo si è inoltre impegnato a tornare periodicamente sulla questione.
Fin dall'inizio della pandemia, le istituzioni dell'Unione europea hanno predisposto vari meccanismi per coordinare la risposta dell'UE e sostenere gli Stati: il Consiglio ha attivato i dispositivi integrati dell'UE per la risposta politica alle crisi (IPCR), organizzando tavole rotonde settimanali che riuniscono le istituzioni dell'UE, gli esperti delle Agenzie dell'UE e i rappresentanti degli Stati membri colpiti; la Commissione europea e il Consiglio hanno avviato un contatto e un coordinamento permanenti tra i Ministeri nazionali competenti; il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) pubblica valutazioni rapide del rischio e aggiornamenti epidemiologici.
I dispositivi IPCR sono stati codificati in un atto giuridico con la decisione di esecuzione (UE) 2018/1993. Il 28 gennaio 2020 la Presidenza croata ha deciso di attivare i dispositivi integrati dell'UE per la risposta politica alle crisi (IPCR) in modalità "condivisione delle informazioni". In una seconda fase, la Presidenza ha fatto progredire il meccanismo IPCR fino alla sua piena attivazione il 2 marzo 2020.
Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie ( ECDC ) è tenuto a svolgere le seguenti funzioni: analizzare e interpretare i dati provenienti dai Paesi dell'UE su 52 malattie trasmissibili utilizzando il sistema europeo di sorveglianza (TESSy); fornire consulenza scientifica ai governi e alle istituzioni dell'UE; assicurare l'individuazione tempestiva e l'analisi delle minacce emergenti per l'UE; coordinare il Programma europeo di formazione all'epidemiologia d'intervento ( EPIET) e il Programma europeo di formazione in microbiologia per la salute pubblica ( EUPHEM); aiutare i governi dell'UE a prepararsi alle epidemie; organizzare la Conferenza scientifica europea sull'epidemiologia applicata delle malattie infettive (ESCAIDE), che si svolge ogni anno per tre giorni.
Nell'ultima " Valutazione rapida del rischio", pubblicata il 24 settembre 2020, l' ECDC ha rilevato un aumento della trasmissione del virus SARS-CoV-2 nell'UE/SEE e nel Regno Unito. L'aggiornamento sottolinea che i tassi di notifica sono in costante aumento da agosto e che non sempre le misure adottate sono state sufficienti a ridurre o contenere l'esposizione al virus. Invita dunque gli Stati membri, al primo segnale di nuovi focolai, a mettere in atto tutte le misure necessarie (l'ECDC ha inoltre pubblicato una serie di orientamenti sulle misure di mitigazione).
Cooperazione transfrontaliera nella ricerca sanitaria e finanziamenti europei a sostegno della gestione sostenibile delle crisi - Nell'anno in corso, la Commissione europea ha avviato diverse azioni intese ad affrontare l'epidemiologia ed a sviluppare la preparazione e la risposta ai focolai, la diagnostica, i trattamenti e i vaccini, nonché le infrastrutture e le risorse che consentono questa ricerca. La Commissione e i Ministeri nazionali, durante la videoconferenza informale del Consiglio "Competitività" (Ricerca) del 7 aprile 2020, hanno concordato il primo piano d'azione ERAvsCorona, che prevede 10 azioni coordinate prioritarie a breve termine per combattere il virus SARS-CoV-2 (si veda, al riguardo, il comunicato stampa rilasciato dalla Presidenza croata allora in carica). Il piano d'azione ha già dato i primi risultati.
Tra essi:1) il finanziamento, annunciato lo scorso 11 agosto dalla Commissione europea, di 23 progetti di ricerca con 128 milioni di euro, assegnati nell'ambito di Orizzonte 2020, il programma di ricerca e innovazione dell'Ue per il periodo 2014-2020, di cui al regolamento (UE) n. 1291/2013. Tali fondi fanno parte degli 1,4 miliardi di euro che la Commissione ha impegnato a favore dell'iniziativa di "Risposta globale contro il virus SARS-CoV-2", varata dalla Presidente Ursula von der Leyen nel maggio 2020. Ai progetti partecipano 347 équipe di ricerca di 40 Paesi, delle quali 34 provenienti da 16 Paesi al di fuori dell'Ue (si veda il Comunicato stampa della Commissione europea); 2) il finanziamento, mediante 48,2 milioni di euro (provenienti da Orizzonte 2020), di 18 progetti per sviluppare strumenti diagnostici, terapie e vaccini e per prepararsi ad affrontare le epidemie. A ciò si aggiungono un finanziamento di 117 milioni di euro a sostegno di 8 progetti incentrati sulla diagnostica e le terapie nell'ambito dell' iniziativa in materia di medicinali innovativi ed un finanziamento (attraverso il Consiglio europeo per l'innovazione) di 150 milioni di euro destinati alle idee innovative; 3) l'assegnazione di circa 166 milioni di euro a 36 aziende con idee innovative per combattere la pandemia di virus SARS-CoV-2 (si veda il Comunicato stampa della Commissione europea dell'8 giugno scorso). Sempre nell'ambito del programma Orizzonte 2020 lo scorso 6 luglio la Banca europea per gli investimenti e la compagnia biofarmaceutica CureVac hanno firmato un contratto di prestito da 75 milioni di euro per lo sviluppo e la produzione su larga scala di vaccini, compreso il candidato vaccino di CureVac contro il virus SARS-CoV-2 (si veda il Comunicato stampa della Commissione europea). Il prestito BEI sosterrà le attività di CureVac per completare il suo nuovo impianto di produzione di acido ribonucleico messaggero (mRNA) a Tubinga, in Germania.
La Commissione ha da ultimo evidenziato come, a settembre 2020, l'UE abbia già complessivamente investito, nell'ambito di Orizzonte 2020, 459 milioni di euro in sovvenzioni per 103 nuovi progetti di ricerca per la lotta alla pandemia (riguardanti diagnostica, cure, vaccini, epidemiologia, preparazione e risposta ai focolai, aspetti comportamentali e socioeconomici, tecnologie mediche e digitali, così come infrastrutture e risorse di dati). Per continuare ad affrontare l'emergenza epidemiologica e le sue conseguenze, la Commissione prevede di investire 1 miliardo di euro in ricerca e innovazione entro la fine del 2020.
Ad Orizzonte 2020 succederà per il settennio 2021-2027 il Programma quadro Orizzonte Europa ( COM (2018) 435), proposto dalla Commissione europea a maggio 2018. Tale programma assorbe la maggior parte della rubrica 1 del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027. Il programma è stato poi oggetto di proposte di modifiche nel maggio 2020 ( COM(2020)459), nell'ambito della revisione del QFP 2021-2027 alla luce dell'emergenza sanitaria. A fronte del nuovo strumento europeo per la ripresa - Next Generation EU (NGEU) -, la Commissione europea ha infatti previsto una rimodulazione degli stanziamenti dei programmi di cui si compongono le rubriche di spesa principali del QFP.
La programmazione 2014-2020 del programma quadro Orizzonte 2020 prevede un budget di circa 65,5 miliardi di euro. Nella proposta revisionata di maggio 2020 della Commissione europea, le risorse per il Programma Orizzonte Europa nel settennio 2021-2027 passavano da 83,5 miliardi di euro (dotazione originaria nella proposta 2018 della Commissione) a 94,4 miliardi di euro (di cui 80,9 miliardi di euro nell'ambito del QFP e 13,5 miliardi di euro nell'ambito del suddetto Next Generation EU) per aumentare il sostegno europeo alle attività di ricerca e innovazione nei settori della salute e della transizione verde e digitale (le cifre sono a prezzi costanti 2018). Il Parlamento europeo nella risoluzione del 17 aprile 2019 aveva chiesto che la dotazione di Orizzonte Europa fosse aumentata a 120 miliardi di euro. Nelle Conclusioni del 21 luglio, il Consiglio europeo propone invece una dotazione finanziaria per l'attuazione del programma Orizzonte Europa nell'ambito del QFP pari a 75,9 miliardi di euro, cui si sommano 5 miliardi di euro a carico di Next Generation EU, per un totale di 80,9 miliardi di euro (con una riduzione pari a 13,5 miliardi di euro rispetto alla proposta revisionata della Commissione europea).
La strategia europea per i vaccini - Il 27 agosto la Commissione europea ha firmato il primo contratto per conto degli Stati membri dell'UE relativo all'acquisto di vaccini contro il COVID-19. Il contratto, stipulato con la società farmaceutica AstraZeneca, permetterà di acquistare un vaccino per tutti gli Stati membri dell'UE, oltre che di donarlo ai Paesi a reddito medio-basso o ridistribuirlo ad altri Paesi europei. Grazie al contratto, gli Stati membri potranno acquisire 300 milioni di dosi del vaccino prodotto da AstraZeneca, con un'opzione per l'acquisto di ulteriori 100 milioni di dosi da distribuire in proporzione alla popolazione. Il contratto siglato il 27 agosto è basato sull'accordo preliminare di acquisto approvato il 14 agosto con AstraZeneca, che sarà finanziato dallo strumento per il sostegno di emergenza (i Paesi membri dell'"alleanza inclusiva sui vaccini" - Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi - avevano chiesto alla Commissione che la medesima subentrasse stipulando un accordo per conto di tutti gli Stati membri) .Il vaccino è stato messo a punto dalla AstraZeneca e dall'Università di Oxford e sarà distribuito agli Stati membri una volta che ne sarà dimostrata l'efficacia e la sicurezza.
La Commissione continua a negoziare accordi simili con altri produttori di vaccini. Ha concluso colloqui esplorativi con la società Moderna, con Sanofi-GSK, con Johnson & Johnson, con CureVac e, il 9 settembre , ha concluso i colloqui esplorativi con la società BioNTech-Pfizer. Il 18 settembre, a seguito della firma, è entrato in vigore il secondo contratto tra la Sanofi-GSK e la Commissione. Una volta che si sarà dimostrato che il vaccino della Sanofi-GSK è sicuro ed efficace contro il virus SARS-CoV-2, il contratto dovrebbe consentire a tutti gli Stati membri dell'UE di acquistarne fino a 300 milioni di dosi. Sanofi e GSK si adopereranno inoltre per rendere disponibile in tempi brevi una quota significativa della loro fornitura di vaccini mediante una collaborazione con lo strumento per l'accesso globale ai vaccini anti COVID-19 (COVAX), il pilastro dedicato ai vaccini dell'acceleratore per l'accesso agli strumenti COVID-19 per i Paesi a medio-basso reddito. Da ultimo, l' 8 ottobre la Commissione ha approvato un contratto con una terza casa farmaceutica, Janssen Pharmaceutica NV, una delle società farmaceutiche Janssen di Johnson & Johnson. Una volta che il vaccino si sarà dimostrato sicuro ed efficace, il contratto dovrebbe consentire agli Stati membri di acquistare dosi di vaccino per 200 milioni di persone e dare loro la possibilità di ottenere dosi supplementari per altri 200 milioni di persone. Il vaccino sperimentale prodotto da Janssen sfrutta la piattaforma tecnologica AdVac®.
I contratti in esame rientrano nella procedura prevista dalla Strategia europea per i vaccini , varata dalla Commissione europea lo scorso 17 giugno allo scopo di definire un approccio comune per accelerare lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di vaccini contro la malattia. La strategia mira a garantire la disponibilità di vaccini sicuri ed efficaci in un lasso di tempo compreso tra 12 e 18 mesi, se non prima. La strategia persegue i seguenti obiettivi: assicurare la qualità, sicurezza ed efficacia dei vaccini; garantire agli Stati membri e alla loro popolazione un accesso tempestivo al vaccino, guidando al contempo lo sforzo di solidarietà a livello globale; garantire a tutti nell'UE un accesso equo a un vaccino dal costo accessibile.
In materia, la Comunicazione identifica due linee di intervento fondamentali: garantire la produzione di vaccini nell'UE e, quindi, forniture sufficienti agli Stati membri grazie ad accordi preliminari di acquisto con i produttori di vaccini tramite lo strumento per il sostegno di emergenza. In quanto ramo finanziario della tabella di marcia comune europea verso la revoca delle misure di contenimento della Covid-19, lo strumento contribuisce ad attenuare le conseguenze immediate della pandemia e ad anticipare la risposta alle esigenze relative all'uscita dall'emergenza e alla ripresa.; adattare il quadro normativo dell'UE all'attuale situazione di emergenza e ricorrere alla flessibilità normativa esistente per accelerare lo sviluppo, l'autorizzazione e la disponibilità dei vaccini, salvaguardando nel contempo gli standard relativi alla loro qualità, sicurezza ed efficacia.
La procedura proposta dalla Comunicazione al fine di garantire il sostegno allo sviluppo e alla produzione di vaccini nell'Ue prevede una procedura centralizzata d'appalto. Le risorse finanziarie europee per la conclusione degli accordi preliminari di acquisto coprono una parte dei costi iniziali sostenuti dai produttori di vaccini (un'altra parte dei costi può essere coperta mediante prestiti della BEI - Banca europea per gli investimenti - garantiti dalla Commissione europea). Le risorse summenzionate saranno attivate utilizzando una quota dei 2,7 miliardi di euro che costituiscono la dotazione - nell'ambito dei Fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) - del suddetto strumento per il sostegno di emergenza (qualora saranno necessarie risorse supplementari per gli accordi preliminari in oggetto, gli Stati membri potranno integrare i fondi SIE).

Relazioni tra l'UE e il Regno Unito

Il Consiglio europeo dovrebbe discutere sullo stato dei negoziati tra UE e Regno Unito sull'accordo relativo al futuro partenariato, valutando sia i progressi compiuti, sia le eventuali opzioni in caso di stallo dei negoziati.
L' Accordo di recesso del Regno Unito dalla UE è  entrato in vigore  il 1° febbraio 2020 ed a partire da tale data il  Regno Unito è diventato uno  Stato terzo, con la previsione di un  periodo transitorio fino al 31 dicembre 2020 nel corso del quale il  Regno Unito continua a partecipare al mercato unico ed all'unione doganale dell'UE .
I negoziati sull'accordo di partenariato volti a disciplinare le future relazioni tra l'UE e il Regno Unito sono attualmente in corso e si dovrebbero concludere entro il 31 ottobre 2020, per consentirne la ratifica da parte delle Istituzioni dell'UE e da parte del Regno Unito prima della fine dell'attuale periodo transitorio, il prossimo 31 dicembre 2020, dopo il quale il Regno Unito diventerà un paese terzo a tutti gli effetti.
Il negoziato con il Regno Unito è condotto dall'UE sulla base degli obiettivi della dichiarazione politica, concordata tra l'UE e il Regno Unito.
I negoziati sull'accordo di partenariato sono stati avviati il 2 marzo 2020, ma hanno finora registrato diverse difficoltà. Il Capo negoziatore per l'UE, Michel Barnier, in considerazione della situazione dei negoziati, ha indicato che l'UE sta intensificando il suo lavoro di preparazione per essere pronta per tutti gli scenari il 1 ° gennaio 2021, compreso quello di un non accordo ( no deal).
Si ricorda che al momento i negoziati si svolgono sulla base dell'assunto che il futuro accordo di partenariato coinvolga solo le competenze esclusive dell'UE e non sia un accordo misto, che richiederebbe il coinvolgimento nella sua ratifica dell'approvazione da parte dei singoli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali (e quindi di norma con la ratifica da parte dei Parlamenti nazionali).
Spetterà comunque al Consiglio dell'UE, al termine dei negoziati, decidere sulla natura dell'accordo.

Il periodo transitorio

A seguito della mancata richiesta di proroga da parte del Regno Unito, il periodo transitorio scadrà improrogabilmente il 31 dicembre 2020.
Nel caso in cui un accordo non entrasse in vigore al termine del periodo transitorio, e in mancanza di ulteriori novità, le  relazioni commerciali tra UE e Regno Unito dovrebbero  essere regolate dalle norme dell'Organizzazione mondiale del commercio, con  l'applicazione della clausola della "nazione più favorita" (Most Favoured Nation, Mfn), secondo la quale ogni Stato si impegna ad accordare a ogni altro lo stesso trattamento concesso a tutti i Paesi con cui non esistono specifici accordi commerciali bilaterali.
In caso di mancato accordo, la Commissione europea potrebbe adottare misure unilaterali (cosiddette misure di contigency) in particolare nel settore dei trasporti, della finanza, della sicurezza interna, in particolare per lo scambio di dati in assenza di una decisione di adeguatezza, per il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, l'approvvigionamento dei farmaci e la pesca.
Si ricorda che nel settore dei servizi finanziari, la Commissione procederà sulla base del principio dell'equivalenza per quanto riguarda il comparto delle controparti centrali (CCP) britanniche che svolgono un ruolo centrale nel cosiddetto clearing dei derivati, con l'adozione a breve di una decisione sulla loro equivalenza per un periodo determinato di tempo di 18 mesi oltre la scadenza del periodo di transizione (1° gennaio 2021). Sulla base di un'analisi condotta con la Banca centrale europea, il Comitato di risoluzione unico e le autorità europee di vigilanza, la Commissione europea ha infatti individuato che potrebbero sorgere rischi per la stabilità finanziaria nell'area della compensazione centralizzata dei derivati tramite controparti centrali stabilite nel Regno Unito in caso di improvvisa interruzione dei servizi offerti a entità dell'UE. La decisione di equivalenza è dunque volta a proteggere la  stabilità  finanziaria nell'UE e a dare agli operatori di mercato il tempo necessario per ridurre la loro esposizione alle CCP del Regno Unito in vista dell'uscita del Paese dall'Unione europea.

Il disegno di legge sul mercato interno ("United Kingdom Internal Market Bill")

Il 9 settembre 2020, il Governo del Regno Unito ha presentato un disegno di legge ("United Kingdom Internal Market Bill"), che prevede la messa in discussione di alcuni impegni previsti dall'Accordo di recesso, con particolare riferimento ad alcune norme del Protocollo sull'Irlanda e l'Irlanda del Nord .
In base all'Accordo di recesso ed al Protocollo sull'Irlanda e l'Irlanda del Nord, al territorio del Regno Unito dell'Irlanda del Nord si applicherà un regime diverso da quello previsto per il resto del Regno Unito, allo scopo di non ripristinare un confine fisico tra l'Irlanda e l'Irlanda del Nord.
Il disegno di legge sul mercato interno mira, invece, ad uniformare le disposizioni in materia di commercio in Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Esso prevede che alcune regole (ad esempio sulla sicurezza alimentare o sulla qualità dell'aria), precedentemente stabilite dagli accordi dell'UE, saranno controllate dalle amministrazioni devolute o dal Governo centrale e prevede che il Governo possa approvare regolamenti anche se contrari all'Accordo di recesso con l'UE ed alle disposizioni del protocollo sull'Irlanda e l'Irlanda del Nord.
In particolare, l'articolo 42 del disegno di legge prevede il potere per i Ministri del governo del Regno Unito di emanare regolamenti per disapplicare o modificare le dichiarazioni di esportazione e altre procedure di uscita delle merci, con riferimento ai controlli previsti sulle merci stesse tra l'Irlanda del Nord e il Regno Unito e l'articolo 43 del disegno di legge conferisce ai ministri del Regno Unito il potere di emanare regolamenti per determinare l'applicazione delle disposizioni sugli aiuti di Stato del Regno Unito, anche in modo da interpretare, disapplicare o modificare gli effetti dell'articolo 10 del Protocollo sull'Irlanda e l'Irlanda del Nord.
Il disegno di legge è stato approvato in terza lettura dalla House of Commons (340 voti a favore e 253 contrari) ed è attualmente all'esame della House of Lords. Si prevede che l'iter parlamentare del progetto di legge possa protrarsi almeno fino a dicembre 2020.
Il Vice Presidente della Commissione europea, Maroš Šefčovič, a seguito di una riunione del comitato congiunto UE-UK, incaricato di monitorare l'applicazione dell'accordo di recesso, ha diffuso il 10 settembre 2020 una dichiarazione nella quale, in particolare, si afferma che:
  • la tempestiva e completa attuazione dell'Accordo di recesso, compreso il protocollo sull'Irlanda Irlanda del Nord, è un obbligo legale e la violazione dei termini dell'Accordo di recesso minerebbe la fiducia e metterebbe a rischio i futuri negoziati sulle relazioni in corso;
  •  se adottato come proposto, il progetto di legge sarebbe in chiara violazione delle disposizioni del protocollo sull'Irlanda e l'Irlanda del nord;
  • il Governo del Regno Unito è invitato a ritirare queste misure dal progetto di legge nel più breve tempo possibile e in ogni caso entro fine settembre.
A seguito del mancato ritiro delle misure previste dal progetto di legge, la  Commissione europea  il  1° ottobre 2020  ha inviato al Regno Unito una  lettera di messa in mora  per aver  violato i suoi obblighi ai sensi dell'Accordo di recesso , con la quale ha avviato  procedimento formale di infrazione contro il Regno Unito , che ha un mese di tempo per rispondere. La procedura di infrazione può condurre, in ultima istanza, ad una  sentenza della Corte di giustizia dell'UE  che preveda il pagamento di una  sanzione pecuniaria .

Svolgimento dei negoziati

Al momento si sono svolti 9 round negoziali, di cui l'ultimo nella settimana del 28 settembre - 2 ottobre 2020.
I round negoziali fino ad ora svolti hanno evidenziato una serie di significative divergenze con il Regno Unito e in particolare l'UE ha dichiarato di essere pronta ad offrire un accordo di libero scambio al Regno Unito basato su zero tariffe e zero quote, ma il Regno Unito rifiuta al momento di accettare le richieste dell'UE che tale accordo comprenda un quadro di tutela delle regole per una concorrenza equa (il cosiddetto level playing field), che garantisca il rispetto delle regole europee in particolare in materia di concorrenza ed aiuti di Stato, protezione dell' ambiente e lotta contro il cambiamento climatico, diritti sociali e dei lavoratori, questioni fiscali.
Al temine dell'ultimo round negoziale, svoltosi nella settimana del 28 settembre- 2 ottobre , il capo negoziatore Barnier ha rilasciato una dichiarazione nella quale si indica che i negoziati hanno registrato:
  • una convergenza sui seguenti profili, la maggior parte dei quali erano già stati registrati nei cicli precedenti, in particolare: alcuni aspetti degli scambi di beni, servizi e investimenti, cooperazione nucleare civile e partecipazione ai programmi dell'Unione;
  • nuovi sviluppi positivi su alcuni temi come la sicurezza aerea, il coordinamento della sicurezza sociale e il rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà individuali, che sono una condizione preliminare per la futura cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale;
  • la mancanza di progressi su alcuni temi importanti come la protezione dei dati personali, gli impegni sui cambiamenti climatici o il prezzo del carbonio;
  • il persistere di gravi divergenze su questioni di grande importanza per l'Unione europea quali: 
    1. meccanismi di applicazione efficaci, in particolare sugli aiuti di Stato, e un impegno a non regredire rispetto agli standard sociali, fiscali, ambientali e climatici;
    2. un quadro di governance efficiente, basato su un accordo globale, con meccanismi di applicazione e risoluzione delle controversie solidi. Ciò è naturalmente ancora più importante dopo l'introduzione da parte del governo del Regno Unito della "legge sul mercato interno", che viola i suoi obblighi ai sensi dell'accordo di recesso e del protocollo sull'Irlanda/Irlanda del Nord;
    3. un accordo sulla pesca stabile, sostenibile ea lungo termine, che consenta al Regno Unito di sviluppare ulteriormente le sue possibilità di pesca, garantendo nel contempo l'uso sostenibile delle risorse e proteggendo le attività dei pescatori e delle donne europei. La disciplina dei  diritti di pesca, che per l'UE deve rientrare nell'accordo complessivo con il Regno unito, mentre quest'ultimo ritiene che non vi debba essere compresa, ma debba essere regolata sulla base di un rinnovo annuale dell'accesso reciproco alle acque di pesca.
Al termine di una  video conferenza , svoltasi il  3 ottobre , la Presidente della Commissione europea,  Ursula van der Leyen  e il Primo Ministro del Regno Unito,  Boris Johnson,  hanno rilasciato una  dichiarazione   congiunta  nella quale hanno:
  • convenuto sull'importanza di trovare un accordo, se possibile, come base solida per la futura relazione strategica UE-Regno Unito;
  • concordato sul fatto che sono stati compiuti progressi nelle ultime settimane, ma che rimangono lacune significative, in particolare, ma non solo, nei settori della pesca, della parità di condizioni (level playing field) e della governance dell'accordo;
  • concordato sulla necessità di intensificare i negoziati al fine di colmare le lacune negoziali.

Impatto della Brexit sullo scenario economico in caso di mancato accordo alla fine del periodo di transizione

L' OCSE nell' Economic Outlook pubblicato nel novembre 2019 (prima dell'avvento della pandemia di COVID-19) sottolineava che nella ipotesi che non si raggiunga un accordo con il Regno Unito lo scenario economico si indebolirebbe. Le stime OCSCE prevedevano:
  • per il Regno Unito una perdita di crescita del PIL pari a 2-2,5% nei primi due anni, e nel primo anno una caduta degli investimenti privati del 9% ed un aumento dell'inflazione di ¾ di punto;
  • per i Paesi dell'area euro una perdita di crescita del PIL pari a 0,5% nei primi due anni, con effetti maggiori sull'andamento economico di Paesi piccoli con maggiori legami commerciali con il Regno Unito quali: Irlanda, Paesi Bassi, Belgio e Danimarca;
  • nel medio lungo periodo ci sarebbe una considerevole contrazione dei flussi commerciali in alcuni settori quali auto e ricambi auto, prodotti tessili e servizi finanziari.
 Per quanto riguardo in particolare l'impatto della Brexit l' Italia, secondo quanto riportato dal Brexit sensitity index elaborato dall'Agenzia di rating Standard & Poor's, il nostro Paese sarebbe uno dei meno colpiti ( vedi tabella).
Per l'Italia l'applicazione del regime commerciale OMC, con la clausola di nazione più favorita, determinerebbe  dazi elevati per alcuni comparti dove è maggiore la presenza delle piccole imprese e in particolare per l' agroalimentare, con un dazio medio del 13%, per l' abbigliamento con un dazio medio dell'11% e delle  calzature a cui si applicherebbe un dazio medio del 9,1%; nel complesso la moda sarebbe gravata di un dazio del 10,4%. Penalizzazione marcata anche per gli  autoveicoli, con un dazio dell'8,8%. Nel complesso i comparti agroalimentare, moda e auto valgono il 30,2% del made in Italy nel Regno Unito e in media registrerebbero un dazio del 10,6% a fronte del 5,0% medio delle esportazioni sul mercato britannico ( fonte Confartigianato, settembre 2019).
Si ricorda che, secondo gli ultimi dati disponibili, relativi al 2019, l'interscambio commerciale tra Regno Unito e Italia è stato pari a 35,7 miliardi di euro, di cui 25 miliardi di euro per esportazioni dell'Italia nel Regno Unito e 10 miliardi di euro per importazioni dal Regno Unito, con una bilancia commerciale positiva per 12,26 miliardi di euro (fonte osservatorio economico MISE, ottobre 2020).

La cessione di Borsa italiana

Per quanto concerne i rapporti economico-finanziari tra Italia e Regno Unito va segnalata la trattativa in corso per la cessione di Borsa italiana spa, attualmente controllata da London Stock Exchange (LSE), la quale ha recentemente confermato di aver avviato trattative esclusive per la vendita con Euronext. Quest'ultima, il più grande operatore finanziario in Europa, è stata creata per iniziativa della borsa di Bruxelles, Parigi ed Amsterdam che gestisce anche le borse di Oslo, Lisbona e Dublino. La cessione dovrebbe riguardare anche MTS, il mercato all'ingrosso dei titoli di Stato italiani. Il 9 ottobre 2020 è stata diffusa la notizia dell'acquisizione di Borsa italiana spa per 4,32 miliardi di euro da parte di Euronext insieme a Cassa Depositi e Prestiti.

Cambiamento climatico

Il Consiglio europeo dovrebbe tenere un dibattito di orientamento sul cambiamento climatico, nella prospettiva di affrontare di nuovo l'argomento nella riunione già prevista per il 10 e 11 dicembre prossimi.
Dovrebbero essere discussi il possibile aggiornamento delle ambizioni dell'Unione per il prossimo decennio, nonché il quadro per le politiche dell'energia e del clima, al fine di rispettare gli obiettivi di un'UE neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050.
Il confronto dovrebbe avere luogo alla luce della Comunicazione - presentata dalla Commissione europea il 17 settembre scorso - dal titolo " Un traguardo climatico 2030 più ambizioso per l'Europa", che delinea il Piano per l'obiettivo climatico 2030 dell'UE. In questo documento si auspica di ridurre entro il 2030 le emissioni di gas a effetto serra almeno del 55% rispetto ai livelli del 1990, ben al di sopra del target attuale del 40%, fissato nell'ottobre 2014 nel Quadro per le politiche dell'energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030 .
Il Quadro 2030 per l'energia e il clima del 2014, riveduto nel 2018, prevede al 2030:
  1. la produzione di almeno il 32% dell'energia da fonti rinnovabili;
  2. un miglioramento dell'efficienza energetica pari almeno al 32,5%;
  3. l'innalzamento delle interconnessioni elettriche al 15% in ciascuno Stato membro per migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento;
  4. nuovi limiti vincolanti alle emissioni di carbonio prodotte dalle autovetture (37,5% rispetto ai livelli del 2021), dai furgoni (31% rispetto al 2021) e dai camion (30% rispetto al 2019).
L'obiettivo di una maggiore riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 è stato annunciato per la prima volta negli orientamenti politici della Presidente von der Leyen nel luglio 2019. Si tratta di un obiettivo conforme all 'accordo di Parigi, concluso il 12 dicembre 2015 tra 197 parti contraenti in seno alla 21a Conferenza delle Parti della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite ( UNFCCC). L'accordo prevede di contenere l'aumento della temperatura terrestre al di sotto di 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, compiendo gli sforzi possibili per raggiungere la soglia di 1,5 gradi centigradi. Prevede altresì che le Parti preparino, comunichino e mantengano dei contributi determinati a livello nazionale (NDC) che intendono progressivamente conseguire, aggiornandoli ogni cinque anni. Per l'Unione europea, l'NDC è stato fissato, dal citato Quadro 2030 per l'energia e il clima, in una riduzione pari al 40 %.
In questo contesto si inserisce il citato Piano per l'obiettivo climatico 2030, il quale in estrema sintesi:
  1. presenta un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, comprensivo di emissioni e assorbimenti, di almeno il 55 % rispetto al 1990 a livello dell'intera economia dell'UE;
  2. prospetta una serie di interventi necessari in tutti i settori dell'economia e l'avvio della revisione dei principali strumenti legislativi in materia di clima per conseguire questo obiettivo più ambizioso, gettando le basi affinché la Commissione presenti proposte legislative dettagliate entro giugno 2021;
  3. prepara il terreno per un dibattito pubblico nell'autunno 2020 inteso ad accrescere il contributo dell'UE all'accordo di Parigi entro la fine dell'anno. La Commissione invita il Parlamento e il Consiglio a confermare l'obiettivo del 55 % come nuovo contributo dell'UE determinato a livello nazionale (NDC) nell'ambito dell'accordo di Parigi e a presentarlo alla Conferenza delle parti (COP26).
Risulterebbe che, in un confronto preliminare in sede di Consiglio, la prospettiva di introduzione dei nuovi target sia stata accolta con cautela da parte di alcuni Stati membri, che avrebbero sollecitato la predisposizione di valutazioni di impatto al livello nazionale.
Si segnala che dati pubblicatidall'Agenzia europea per l'ambiente (AEA) nel settembre 2020 mostrano una riduzione delle emissioni dell'UE quasi del 4% nel 2019 rispetto al 2018. Questa riduzione pone le emissioni dell'UE di circa il 24% al di sotto dei livelli del 1990 (26% se si include il Regno Unito). Tale diminuzione precede gli effetti della crisi del Covid-19 sull'Europa, dati relativi alla quale saranno pubblicati da AEA nell'autunno 2021.
È probabile che il Consiglio europeo faccia riferimento all' opportunità che l'obiettivo aggiornato venga raggiunto collettivamente al livello di Unione nella maniera più economica possibile, con la partecipazione di tutti gli Stati membri. In questo sforzo congiunto dovrebbero essere conciliate considerazioni di equità ma anche di solidarietà.
Questa è la ratio ispiratrice della proposta di legge europea sul clima, presentata dalla Commissione europea nel marzo 2020 per stabilire un obiettivo comune giuridicamente vincolante a livello di UE di zero emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050, cosicché le emissioni di gas serra non superino le rimozioni di gas serra. Tale testo richiede:
  1. alle istituzioni dell'UE e agli Stati membri di adottare le misure necessarie per raggiungere l'obiettivo di neutralità climatica collettiva, tenendo conto dell'equità e della solidarietà tra gli Stati membri;
  2. alla Commissione di rivedere, entro settembre 2020, l'obiettivo dell'UE per la riduzione delle emissioni di gas serra al 2030 alla luce dell'obiettivo di neutralità climatica di metà secolo, di esplorare le opzioni per una riduzione delle emissioni dal 50 al 55% e di formulare proposte per modificare l'Obiettivo 2030, se appropriato. Inoltre, entro il 30 giugno 2021, di valutare come modificare la legislazione dell'UE esistente che attua l'obiettivo 2030 e di prendere in considerazione l'adozione di misure appropriate, comprese proposte legislative;
  3. alla Commissione di adottare atti delegati che stabiliscano una traiettoria per raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050, a partire dall'obiettivo del 2030, e di valutare regolarmente i progressi collettivi, la coerenza con l'obiettivo della neutralità climatica delle misure pertinenti dell'UE e degli Stati membri e l'adeguatezza delle pertinenti misure nazionali e dell'UE. La Commissione dovrebbe infine intraprendere azioni correttive se riscontrasse che le misure dell'UE non sono coerenti con l'obiettivo di neutralità climatica o inadeguate rispetto all'adattamento, o se il progresso collettivo si rivelasse insufficiente.
L'Italia ha guardato con favore alla presentazione della legge europea sul clima. Riserve sono state espresse dal Governo nella relazione al Parlamento ai sensi dell'art. 6, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234 , limitatamente all'attribuzione alla Commissione del potere di stabilire con atti delegati la traiettoria di graduale riduzione delle emissioni dei gas serra nel periodo 2031-2050. La relazione dichiara opportuno il coinvolgimento degli Stati membri nella definizione del percorso di riduzione. Sul punto si osserva che gli atti delegati possono integrare o modificare elementi "non essenziali" di un atto legislativo (art. 290, par. 1 TFUE). Alcuni Paesi, infine, ritengono che l'obiettivo di neutralità climatica debba essere definito a livello di Stato membro e non di Unione europea, punto sul quale, secondo quanto dichiarato dal Ministro dell'ambiente Sergio Costa nel corso dell'audizione svoltasi presso la Camera dei Deputati il 16 giugno 2020, l'Italia non concorda.
A settembre 2020 la Commissione europea ha pubblicato la proposta modificata della legge europea sul clima per includere l'obiettivo di riduzione del 55% entro il 2030 quale prima tappa verso l'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.
La proposta di modifica è al momento al vaglio del Consiglio, in seno al quale non sembrerebbe ancora raggiunta un'intesa, e del Parlamento europeo. Il 7 ottobre 2020 il PE ha approvato la propria posizione negoziale, in cui si richiede l'innalzamento del target di riduzione delle emissioni al 60 per cento. Fonti di stampa danno conto delle posizioni divergenti sulla questione, alla luce delle quali potrebbe essere messo in dubbio l'obiettivo di raggiungere un compromesso sul testo entro la fine dell'anno.
Il Consiglio europeo potrebbe, ancora, mettere in luce come, nel rispetto della parità di condizioni, tutte le politiche e la legislazione dell'Unione europea dovrebbero contribuire al raggiungimento del nuovo target 2030 e dell'obiettivo di neutralità climatica.
A questo proposito, una proiezione della Commissione europea ipotizza nei seguenti termini il contributo dei vari settori (tra cui terziario, agricoltura, energia, trasporti, residenziale, industria). Come si evince dal grafico, si ipotizza che la riduzione di emissioni avvenga a PIL in crescita.
Si segnala in proposito che il prossimo Quadro finanziario pluriennale 2021-2017, i cui negoziati sono tutt'ora in corso, prevede di destinare almeno il 30% della spesa complessiva all'azione per il clima (a fronte del 25% proposto dalla Commissione e del 20% dell'attuale bilancio). Sia il bilancio che Next Generation EU, il fondo per la ripresa, dovranno rispettare l'obiettivo della neutralità climatica dell'UE entro il 2050 e contribuire al raggiungimento dei nuovi obiettivi climatici 2030 dell'Unione. Come principio generale, tutte le spese dell'UE dovrebbero essere coerenti con gli obiettivi dell'accordo di Parigi.
Con un finanziamento di 750 miliardi di euro (di cui rispettivamente 390 miliardi in sovvenzioni e 360 miliardi in prestiti), Next Generation EU (NGEU) è lo strumento proposto dalla Commissione europea lo scorso 27 maggio nell'ambito del Piano dell'Ue per la ripresa economica. Si tratta di uno strumento di natura emergenziale, di durata temporanea e valenza una tantum, utilizzabile esclusivamente ai fini della risposta alla crisi e delle misure per la ripresa. NGEU prevede, tra le misure finanziate, il sostegno affinché la transizione verso un'economia climaticamente neutra non sia compromessa dalla pandemia di Covid-19. A tali misure sono destinati 30 miliardi di euro. Dieci miliardi di euro sono invece destinati, allo stato attuale delle negoziazioni, al Fondo per una transizione giusta, a favore delle regioni più esposte alle ripercussioni negative della transizione verso un'economia a emissioni zero. Nell'ambito di NGEU è inoltre previsto il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, che con 672,5 miliardi di euro intende sostenere, tra l'altro, la transizione verde e digitale. Gli Stati membri dovranno presentare, entro il 30 aprile 2021, appositi piani per la ripresa e la resilienza (PNRR ), anticipandone gli orientamenti già entro metà ottobre 2020, sulla base anche delle indicazioni fornite dalla Commissione europea lo scorso 20 settembre ( COM(2020)575). Tra i principi chiave indicati vi è la transizione verde nell'ottica del raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 e della riduzione significativa delle emissioni entro il 2030. In ogni piano nazionale la spesa relativa al clima dovrà ammontare almeno al 37% con riforme ed investimenti nel campo dell'energia, dei trasporti, della decarbonizzazione dell'industria, dell'economia circolare. Il Governo ha trasmesso alle Camere le Linee guida per la definizione del PNRR lo scorso 15 settembre.
La Commissione europea ha, tra l'altro, espresso l'avviso che la risposta economica europea alla pandemia di COVID-19 offra un'opportunità unica per accelerare la transizione verso un'economia climaticamente neutra, investendo nella necessaria trasformazione e garantendo che ciò avvenga in modo giusto e socialmente equo. Next Generation EU e il Quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027, con un peso complessivo di oltre 1.800 miliardi di euro, possono - a giudizio della Commissione - offrire una capacità d'intervento significativa per contribuire a realizzare la duplice transizione verde e digitale a cui l'Europa aspira.
E' probabile che il Consiglio europeo ricordi che, ai sensi dell'Accordo di Parigi, l'Unione e gli Stati membri devono entro fine anno comunicare congiuntamente alla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite un contributo nazionale volontario aggiornato di riduzione dei gas climalteranti.
Infine, potrebbe altresì avere luogo un confronto sull'importanza di un'azione, forte e coordinata, di diplomazia attiva europea per il clima. La finalità perseguita sarebbe quella di unire le forze sulla scena mondiale per portare avanti ulteriormente la causa della lotta ai cambiamenti climatici.
Già nella Comunicazione relativa al Green Deal europeo, del resto, la Commissione europea aveva sottolineato l'importanza di dispiegare una "Diplomazia del Green Deal" più energica, volta a persuadere gli altri attori a fare la loro parte nella promozione di uno sviluppo più sostenibile. La Commissione aveva quindi preannunciato la propria intenzione di attivare a questo fine tutti i canali diplomatici bilaterali e multilaterali (Nazioni Unite, G7, G20).

Relazioni UE-Africa

Il Consiglio europeo dovrebbe affermare la priorità di consolidare la cooperazione e il partenariato con l'Africa, in vista della sua trasformazione economica. Il Consiglio europeo dovrebbe individuare i seguenti settori prioritari per la cooperazione sugli investimenti con l'Africa: economia digitale e della conoscenza, energia rinnovabile, trasporti e sistemi agroalimentari. Elementi trasversali fondamentali per l'impegno dell'UE sarebbero inoltre la parità di genere, l'emancipazione femminile, l'istruzione e le competenze, la sostenibilità sociale, ambientale ed economica e il buon governo. Particolare importanza rivestono anche il sostegno all 'integrazione economica a livello regionale e continentale nonché alla promozione dell' integrazione economica intercontinentale.
Il Consiglio europeo dovrebbe, altresì, sottolineare l'importante della solidarietà e della stretta cooperazione nella lotta contro la pandemia di COVID-19, compresi i lavori sui vaccini. Il Consiglio europeo dovrebbe inoltre esprimere l'impego dell'UE a favore dell'ulteriore alleviamento del debito dell'Africa e chiedere al Consiglio di preparare un pacchetto a tale scopo prima della fine di novembre 2020.
Il Consiglio europeo dovrebbe, inoltre, discutere dell'importanza di rafforzare la cooperazione con l'Africa al fine di promuovere soluzioni multilaterali in generale sulla scena mondiale, indicando che l'UE è pronta a continuare a sostenere gli sforzi africani a favore della pace, della sicurezza, del buon governo e della promozione dei diritti umani, nonché la cooperazione in materia di mobilità e migrazione.

La cooperazione tra l'UE e l'Africa

Le relazioni tra l'UE e l'Africa negli ultimi anni si stanno focalizzando attorno a 4 profili/aree principali:
  • la gestione dei flussi migratori in provenienza dalle regioni subsahariane e da alcuni paesi dell'africa settentrionale (in particolare Libia e Tunisia), la cui stabilizzazione costituisce una priorità per l'Europa, anche sotto il profilo della sicurezza;
  • la stabilizzazione della regione del Corno d'Africa che ha una collocazione geo-strategicamente fondamentale per i commerci internazionali che vanno dall'Asia all'Europa, attraverso i passaggi obbligati dello Stretto di Bab al Mandeb nel Mar Arabico, il Mar Rosso e il Canale di Suez dai quali passa quasi tutti il commercio marittimo europeo con l'Asia, con un interscambio pari a circa 700 miliardi di dollari;
  • lo sviluppo di un partenariato politico con i paesi della regione del Sahel, caratterizzata da una crescente espansione della minaccia terroristica, della violenza estremista e della criminalità organizzata, compresa la tratta degli esseri umani, e dall'impatto dei cambiamenti climatici sulla desertificazione con effetti negativi sulle risorse naturali e sui conflitti locali;
  • il riequilibrio della presenza economica dell'Europa rispetto alla crescente presenza delle Cina in termini di investimenti, assistenza finanziaria, accesso privilegiato alle materie prime, politiche infrastrutturale e sviluppo di relazioni commerciali.
Cornice della cooperazione tra i paesi africani e l'UE è costituita dall' accordo di Cotonou e dalla strategia comune Africa-UE, strumenti entrambi in corso di revisione.
L'accordo di Cotonou è il quadro generale per le relazioni dell'UE con i paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) che disciplina le relazioni dell'UE con 79 paesi, inclusi  48 paesi dell'Africa subsahariana. L'accordo di Cotonou è attualmente in fase di rinegoziazione e che dovrebbe essere concluso entro la fine ottobre 2020. Al momento i negoziati devono ancora sciogliere tre nodi: 1) la definizione di un compromesso sui " Sexual and reproductive Health and Rights"; il raggiungimento di un accordo sulle migrazioni e riammissioni; la coerenza con le priorità congiunte che dovranno essere definite al prossimo vertice EU-Unione africana che si dovrebbe svolgere nel 2021.
La strategia comune Africa-UE, adottata nel 2007 è attuata attraverso piani d'azione periodici. Nel 2014 l'UE e i paesi africani hanno convenuto la tabella di marcia per il periodo 2014-2017, che fissava le seguenti cinque priorità: Pace e sicurezza; Democrazia, buon governo e diritti umani; Sviluppo umano; Sviluppo e crescita sostenibili e inclusivi e integrazione continentale; Problemi globali ed emergenti. La Commissione europea ha presentato lo scorso marzo la sua proposta per la nuova strategia (v. infra) che dovrà essere definita anche in esito del vertice UE- unione africana previsto nel 2021.
L'UE ha anche adottato tre strategie regionali per il Corno d'Africa, il Golfo di Guinea e il Sahel.
Strategia regionale per il Corno d'Africa (Eritrea, Etiopia, Gibuti e Somalia)
Il Consiglio dell'UE nel 2011 ha adottato il quadro strategico sul Corno d'Africa che individua tre obiettivi principali dell'azione dell'UE nel Corno d'Africa: pace, stabilita e sicurezza; 2) prosperità e sviluppo economico; 3) creare condizioni adeguate e stabili per una buona Governance.
La regione del Corno d'Africa ha una collocazione geo-strategicamente fondamentale per i commerci internazionali che vanno dall'Asia all'Europa, attraverso i passaggi obbligati dello Stretto di Bab alMandeb nel Mar Arabico, il Mar Rosso e il Canale di Suez dai quali passa quasi tutto il commercio marittimo europeo con l'Asia, con un interscambio pari a circa 700 miliardi di dollari.
Nel 2015 il Consiglio dell'UE ha poi adottato il  piano d'azione regionale per il Corno d'Africa 2015-2020, che delinea l'approccio dell'UE nei confronti delle sfide divenute più critiche nel corso degli anni, in particolare:
  • l'influenza dell'intera regione sul Corno d'Africa;
  • la radicalizzazione;
  • la migrazione e gli sfollamenti forzati.
Nella regione del Corno d'Africa l'UE ha, inoltre, promosso  missioni ad hoc  (come quelle contro la  pirateria nell'Oceano Indiano occidentale ricadenti nel cappello EU Navfor Atalanta ), contribuendo alla stabilità dell'area (come quelle di  capacity building, EUTM e EUCAP Somalia ) oppure  finanziando le attività dell'AMISOM in Somalia  (l'UE ha fornito più di  1,3 miliardi di euro al dispositivo militare dell'Unione Africana  sin dal suo primo dispiegamento nel 2007).
Strategia regionale per Golfo di Guinea (Liberia, Costa d'Avorio, Ghana, Tog,o Benin, Nigeria, Camerun, São Tomé e Príncipe, Guinea Equatoriale, Gabon)
I paesi della regione del Golfo di Guinea si trovano ad affrontare una  crescente instabilità dovuta alla mancanza di controllo sulle acque costiere e sulla costa stessa.
Ne consegue un aumento delle  attività criminali quali:
  • tratta di esseri umani e traffico di stupefacenti, armi, diamanti, farmaci contraffatti, rifiuti illeciti;
  • pirateria e rapine a mano armata in mare;
  • furto di greggio;
  • pesca illegale.
Nel 2015 il Consiglio dell'UE ha adottato il  piano d'azione per il Golfo di Guinea 2015-2020, che delinea il sostegno dell'UE per affrontare le sfide poste dalla sicurezza marittima e dalla criminalità organizzata nella regione.
Strategia regionale per Sahel (Senegal, Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Ciad, Camerun Sudan, Etiopia ed Eritrea)
Nel 2015 il Consiglio ha adottato il  piano d'azione regionale per il Sahel 2015-2020 che si concentra su quattro settori di particolare importanza per la stabilizzazione della regione, in particolare:
  • la prevenzione e il contrasto della radicalizzazione;
  • la creazione di condizioni adeguate per i giovani;
  • la migrazione, la mobilità e la gestione delle frontiere;
  • la lotta al traffico illecito e alla criminalità organizzata transnazionale.

La nuova strategia dell'UE con l'Africa

La Commissione europea e l'Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza hanno presentato il 9 marzo 2020 una comunicazione congiunta sulla nuova strategia con l'Africa, nella quale propone una piattaforma sulla quale strutturare le future relazioni tra l'UE e l'Africa, in vista delle discussioni con i paesi partner africani e dell'approvazione di una nuova strategia comune, volta a sostituire quella del 2007, in occasione del vertice Unione europea – Unione africana che si sarebbe dovuto svolgere ad ottobre 2020 e che è stato rimandato al 2021 a causa della pandemia di Covid-19.
La Commissione europea propone di sviluppare il partenariato dell'UE con l'Africa in cinque settori chiave:
  • transizione verde ed accesso all'energia;
    Nonostante in Africa viva oltre il 17% della popolazione mondiale, il continente consuma solamente il 4% dell'energia globale; inoltre, il 70% della domanda energetica del continente (700 terawatt/ora) proviene dai paesi del Nord Africa e dal Sud Africa. Si stima comunque che, nonostante il peso attuale abbastanza basso sul totale del continente, sarà la domanda energetica dell'Africa subsahariana a conoscere la crescita più significativa nei prossimi 20 anni. Secondo un'analisi della società di consulenza  The European House-Ambrosetti , in collaborazione con il gruppo energetico Snam, l'Italia potrebbe diventare un  hub di energia pulita per l'eurozona importando l' idrogeno verde prodotto in Nord Africa ad un prezzo  inferiore del 10-15% rispetto a quanto costerebbe produrlo localmente.
  • trasformazione digitale;
  • crescita e occupazione sostenibili;
  • migrazione e mobilità;
  • pace e governance.
Sulla base delle sopracitate priorità la Commissione europea propone che l'UE si associ con l'Africa nell'ambito delle 10 azioni seguenti:
  1. massimizzare i vantaggi della transizione verde e ridurre al minimo le minacce per l'ambiente nel pieno rispetto dell'accordo di Parigi;
  2. promuovere la trasformazione digitale del continente africano;
  3. aumentare in modo sostanziale investimenti sostenibili sotto il profilo ambientale, sociale e finanziario, resilienti alle conseguenze del cambiamento climatico; promuovere le opportunità di investimento intensificando il ricorso a meccanismi di finanziamento innovativi e stimolare l'integrazione economica regionale e continentale, in particolare attraverso l'accordo continentale di libero scambio con l'Africa;
    Con un volume di investimenti esteri diretti pari a 222 miliardi di EUR (dati al 2017), l'UE rappresenta il principale investitore in Africa, superando di gran lunga gli Stati Uniti (42 miliardi di EUR) e la Cina (38 miliardi di EUR). L'UE ha previsto un finanziamento di 60 milioni di euro per il periodo 2018-200 a sostegno dell' Accordo continentale di libero scambio per l'Africa, entrato in vigore nel maggio 2019, che ha l'obiettivo ultimo della creazione di un mercato unico continentale.
  4. attirare gli investitori aiutando gli Stati africani ad adottare politiche e riforme normative capaci di migliorare il contesto imprenditoriale e il clima degli investimenti, comprese condizioni di parità per le imprese;
  5. migliorare l'apprendimento, le conoscenze e le competenze, le capacità di ricerca e innovazione, in particolare per le donne e i giovani, tutelare e migliorare i diritti sociali ed eliminare il lavoro minorile;
  6. adeguare e approfondire il sostegno dell'UE alle iniziative di pace attuate dall'Africa attraverso una forma di cooperazione più strutturata e strategica, con particolare attenzione alle regioni caratterizzate da maggiori vulnerabilità;
  7. integrare la buona governance, la democrazia, i diritti umani, lo Stato di diritto e la parità di genere negli interventi e nella cooperazione;
  8. garantire la resilienza collegando gli interventi in ambito umanitario e in materia di sviluppo, pace e sicurezza in tutte le fasi del ciclo dei conflitti e delle crisi;
  9. garantire partenariati equilibrati, coerenti e globali in materia di migrazione e mobilità;
    La Commissione europea indica che la cooperazione in materia di rimpatri e riammissioni e i tassi di rimpatrio effettivi dovrebbero essere migliorata. Parallelamente andrebbe rafforzata la cooperazione in materia di migrazione legale che potrebbe produrre vantaggi reciproci.
  10. rafforzare l'ordine internazionale basato su regole e il sistema multilaterale, con al centro le Nazioni Unite.

Cancellazione del debito

Il Consiglio dell'UE nelle conclusioni sull'Africa adattate il 30 giugno 2020, nelle quali si approvano le priorità sulle quali impostare il futuro partenariato UE-Africa indicate dalla Commissione europea e dall'Alto rappresentante nella comunicazione del 9 marzo 2020 (v. supra), ha sottolineato l'i mportanza della sospensione del servizio del debito dei paesi africani, promossa dal G7, dal G20 e dal Club di Parigi e ribadito l'invito a coordinare gli sforzi internazionali per l'alleviamento del debito.
Si ricorda che il 15 aprile 2020 il G20, alla luce dell'impatto della pandemia di COVID 19 nel continente africano, ha deciso una moratoria del debito in scadenza nel 2020 per 73 paesi più poveri, con la possibilità di ripagarlo nel 2022-2024 e che la Commissione europea e l'Alto rappresentante si sono espressi a favore della cancellazione del debito dei paesi africani, andando oltre la moratoria recentemente decisa dal G20.
Il debito estero totale dell'Africa è stimato a 417 miliardi di dollari nel 2018, il 36% del debito estero dei paesi africani è dovuto a organizzazioni multilaterali come la Banca mondiale e il FMI, il 32% a creditori bilaterali (di cui il 20% alla Cina) e un altro 32% a istituti di credito privati.

Politica dell'UE per la Migrazione

Dati statistici
Secondo l'UNHCR, dall'inizio dell'anno (dato aggiornato al 6 ottobre 2020) gli arrivi dei migranti via mare presso gli Stati membri che si affacciano sul Mediterraneo si attestano a circa 58 mila, di cui 24.400 in Italia, oltre 9.100 in Grecia, e oltre 18.300 in Spagna (sono 2.200 le persone sbarcate a Malta, circa 730 a Cipro); agli sbarchi devono aggiungersi oltre 3.700 arrivi via terra in Grecia, e 1.400 in Spagna.
L'UNHCR ha stimato dall'inizio dell'anno 495 persone morte o disperse nel Mediterraneo.
Di seguito una tabella recante le principali nazionalità dei migranti lungo le rotte del Mediterraneo dall'inizio del 2020 alla fine di agosto (Fonte UNHCR)
Di seguito due grafici sull'andamento degli sbarchi in Italia rispettivamente dall'inizio dell'anno ad agosto 2020 (con il confronto con gli anni precedenti) e nella settimana 29 settembre 4 ottobre (Fonte UNHCR)
Secondo l'UNHCR tra il 1 ° gennaio e il 31 agosto 2020, il 41 per cento dei migranti che raggiungono le coste italiane provengono dalla Tunisia; seguono la provenienza dal Bangladesh (16 per cento), dalla Costa d'Avorio (5 per cento), dall' Algeria (4 per cento), dal Pakistan (4 per cento), dal Sudan (4 per cento), dal Marocco (3 per cento), dalla Somalia (3 per cento), dall' Egitto (3 per cento) e dall' Afghanistan (2 per cento).
Di seguito il trend 2019-2020 delle principali nazionalità dei migranti sbarcati in Italia (Fonte UNHCR)
Secondo l'EASO sono circa 43 mila le domande di protezione internazionale registrate a luglio 2020 dagli Stati membri, di cui oltre 38 mila di presentate per la prima volta. Alla fine di luglio nell'UE sono pendenti oltre 427.550 mila domande di prima istanza. In Italia i numeri dll'asilo del Ministero dell'interno fanno registrare 2.200 domande nel mese di luglio e circa 14 mila nei primi sette mesi del 2020. Secondo Eurostat in Italia sono oltre 53 mila le persone con domande di protezione internazionale tuttora pendenti.
La Commissione europea ha recentemente precisato che in media sono respinte ogni anno circa 370 000 domande di protezione internazionale, ma solo un terzo delle persone interessate viene rimpatriato. In particolare, secondo Eurostat, nel 2019 i migranti rimpatriati a seguito di ordine formale di lasciare il territorio di un o stato membro sono stati nell'UE 27 oltre 142 mila; il dato per l'Italia si attesterebbe a 6.470.
Profili di azione esterna della politica di migrazione dell'UE
Nel novembre 2015 l'UE e i leader africani hanno approvato il piano d'azione di La Valletta, che include 16 misure concrete per far fronte all'afflusso massiccio di migranti che arrivano in Europa.
In occasione del Vertice è stato istituito il Fondo fiduciario europeo di emergenza per l' Africa ( EU Emergency Trust Fund for Africa), strumento nell'ambito dell'approccio globale alla migrazione dell'Unione europea volto a eliminare le cause profonde dei flussi migratori. Le risorse sono destinate a sostenere gli Stati africani che affrontano sfide prioritarie che vanno dalla pressione demografica, alla povertà estrema, alle carenti infrastrutture sociali ed economiche, alle tensioni interne e alle debolezze istituzionali, alla incapacità di affrontare le crisi alimentari e il cambiamento climatico-ambientale. I progetti finanziati con le risorse del fondo fiduciario si concentrano su quattro obiettivi strategici:
  • maggiori opportunità economiche e occupazionali;
  • rafforzare la resilienza delle comunità;
  • migliore gestione della migrazione;
  • migliore governance e prevenzione dei conflitti.
Il Fondo si attesta a un volume di risorse pari a 5 miliardi di euro, di cui oltre 4,4 miliardi provenienti dal Fondo europeo di sviluppo e da altri strumenti finanziari UE, mentre gli Stati membri ed altri Paesi donatori (Svizzera e Norvegia) vi contribuiscono per 620 milioni. (Gli Stati membri maggiori contributori al Fondo sono la Germania e l' Italia con un impegno, rispettivamente, per 228,5 e 123 milioni di euro.
L'assegnazione delle risorse del Fondo si articola in tre macroregioni: Sahel e Lago Ciad, Corno d'Africa, e Nord Africa.
Grazie al Fondo sono 455 i milioni di euro mobilizzati in particolare per progetti in Libia riguardanti: protezione e assistenza per migranti e rifugiati; stabilizzazione delle comunità locali; gestione delle frontiere. Sono complessivamente circa 700 i milioni di euro impegnati dall'UE tra il 2014 e il 2020 nel sostegno alla Libia, mediante vari strumenti che (oltre al fondo citato) includono, tra l'altro, lo Strumento di vicinato, l'assistenza umanitaria, e lo Strumento per la stabilità e la pace (IcSP)
Per la Tunisia il Fondo ha mobilizzato circa 70 milioni di euro, tra l'altro in progetti per la riammissione dei cittadini tunisini e per lo sviluppo di un sistema di gestione delle frontiere. Ulteriori programmi nell'ambito dello Strumento di vicinato sono direttamente complementare al Trust Fondo, in particolare per quanto riguarda l'implementazione di Partenariato per la mobilità UE-Tunisia. Dal 2011 l' assistenza bilaterale dell'UE alla Tunisia si attesta a 1,7 miliardi di euro in sovvenzioni, concentrandosi per il periodo 2017- 2020, sui seguenti settori prioritari: promuovere il buon governo e lo Stato di diritto; investire nel futuro: stimolare sostenibile crescita economica e creazione di posti di lavoro; rafforzare la coesione sociale tra le generazioni e regioni.
Accordi di riammissione e memorandum d'intesa dell'Italia con Paesi africani
L'Italia ha stabilito accordi di riammissione, memorandum di intesa o intese bilaterali a carattere tecnico in materia di migrazione con i seguenti paesi africani: Algeria (accordo di riammissione), Costa d'Avorio (intesa a carattere tecnico), Gambia (intesa a carattere tecnico),   Ghana   (intesa a carattere tecnico), Gibuti (memorandum d'intesa), Egitto (accordo di riammissione), Niger (memorandum d'intesa), Senegal (memorandum d'intesa),   Sudan (memorandum d'intesa), Tunisia (accordo di riammissione), Libia (memorandum d'intesa), Marocco (accordo di riammissione), Nigeria (memorandum d'intesa).

Sicurezza e lotta al terrorismo

L'UE ha avviato missioni e operazioni militari e civili in Africa nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) in: Repubblica centrafricana; Libia; Mali; Niger; Somalia.
In particolare, l'UE ha avviato nel continente africano le seguenti missioni:
Missioni militari
  • EUNAVFOR ATLANTA, operazione navale istituita nel 2008 per contrastare le azioni di pirateria sulle coste della Somalia;
  • EUTM SOMALIA, missione istituita nel 2010 e con sede in Uganda. La missione è parte della strategia europea per il Corno d'Africa ed è volta a contribuire allo sviluppo delle istituzioni preposte al settore della sicurezza in Somalia;
  • EUTM MALI, missione istituita nel 2013 con lo scopo di fornire, nel sud del Mali, formazione e consulenza militare alle forze armate maliane;
  • EUTM RCA, missione istituita nel 2014 con l'obiettivo della missione è supportare l'attività formativa a favore delle Forze di Sicurezza della Repubblica centrafricana; 
  • EUNAVFOR MED IRINI, operazione istituita il 31 marzo 2020 ed operativa in mare dal 4 maggio 2020, con il compito principale di contribuire all'attuazione dell'embargo sulle armi imposto dall'ONU nei confronti della Libia con mezzi aerei, satellitari e marittimi.
Missioni civili
  • EUCAP SAHEL NIGER, istituita nel 2012 a sostegno delle autorità nigeriane nello sviluppo di capacità proprie di lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo nel Sahel;
  • EUCAP SOMALIA, istituita nel 2012 in Somalia con il fine di rafforzare la capacità degli Stati della regione del Corno d'Africa e dell'Oceano Indiano occidentale a gestire efficacemente le rispettive acque territoriali;
  • EUCAP SAHEL-MALI, anch'essa istituita nel 2015, a fini di sostegno alle forze di sicurezza interna del Mali.
  • EUBAM LIBIA, istituita nel 2013 con l'obiettivo di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree, a breve termine, e per implementare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine;
  • EUAM RCA, missione civile di natura consultiva dell'Unione europea nella Repubblica centrafricana (RCA), istituita il 9 dicembre 2019 e che dovrebbe essere avviata nel giugno 2020. Scopo della missione è sostenere la riforma delle forze di sicurezza interna per consentire alle autorità della RCA di alleviare le attuali sfide per la sicurezza nel paese.
L'UE sostiene iniziative e attività di lotta al terrorismo nel continente africano. In particolare nel giugno 2017 l'UE si è impegnata a stanziare 50 milioni di euro per sostenere la forza congiunta G5 Sahel al fine di migliorare la sicurezza nella regione.
L'Italia, oltre alle missioni in ambito EU partecipata anche ad altre missioni internazionali presenti in Africa.

Profili economici e demografici

Vi è una significativa variazione regionale e nazionale nella crescita economica. Nel 2019, l'Africa orientale è stata la regione in più rapida crescita e il Nord Africa ha continuato a dare il maggior contributo alla crescita complessiva del PIL dell'Africa, grazie principalmente a quella dell'Egitto. S ei paesi africani sono tra i 10 paesi in più rapida crescita tra le economie del mondo : Ruanda all'8,7%, Etiopia al 7,4%, Costa d'Avorio al 7,4%, Ghana 7,1%, Tanzania 6,8% e Benin 6,7%. Tuttavia, la crescita economica dell'Africa non è stata inclusiva, ma regista una costante elevata disuguaglianza.
Crescita del PIL in Africa
Il continente africano conta oltre 1 miliardo di abitanti ed ha la popolazione con la più bassa età media a livello mondiale ( v. tabella 1). Secondo le proiezioni demografiche al 2100 la crescita maggiore della popolazione si registrerà nell'Africa subsahariana ( v. tabella 2).
Tabella 1 ( età media della popolazione per aree geografiche)
Tabella 2 ( Proiezioni crescita popolazioni primi 10 Stati – fonte Nazioni Unite, dipartimento per affari economici e sociali)

Stanziamenti per l'Africa nell'ambito dell'azione esterna dell'UE nel QFP 2021-2027

Nell'ambito dell'accordo raggiunto dal Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020 sul prossimo Quadro finanziario pluriennale dell'UE per il periodo 2021-2027 (QFP), il nuovo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI), con una dotazione complessiva di 70,8 miliardi di euro, prevede  - nell'ambito dello stanziamento complessivo di 53,8 miliardi di euro per il pilastro geografico pari a 53,8 miliardi di euro: 17,2 miliardi di euro per i paesi coinvolti nella politica di vicinato dell'UE ( i paesi africani coinvolti nella politica di vicinato dell'UE sono: Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Siria, Tunisia) e 26 miliardi di euro per l'Africa subsahariana.
Nell'ambito delle azioni volte ad alleviare l'impatto dalla Pandemia di COVID 19, l'UE ha fino ad ora mobilitato 5 miliardi di euro a favore dei paesi del continente Africano.

Presenza della Cina in Africa

La presenza cinese in Africa risale già agli anni ‘50 e ‘60 del 900, con il supporto ai nuovi stati nazionalisti e socialisti e poi più ampio, dagli anni '70 per ottenere voti alle Nazioni Unite e in funzione anti Taiwan. Dal 2000 con l'istituzione del Forum on China-Africa Cooperation la presenza cinese ha raggiunto dimensioni notevoli attraverso l'aumento dei flussi economici e finanziari, in particolare attraverso investimenti diretti esteri, aiuti allo sviluppo e altri flussi ufficiali (crediti all'importazione e crediti garantiti con risorse naturali) e la costruzione di infrastrutture come scali portuali, ferrovie, ponti e strade funzionali allo scambio commerciale.
Le relazioni con l'Africa si sono sviluppate attraverso tre aree di interesse principale per la Cina:
  • l'acquisizione di materie prime;
  • l'apertura di mercati emergenti;
  • il supporto africano nelle istituzioni internazionali.
La Cina, dopo l'UE, è il secondo partner commerciale in Africa con una quota del 16% per le importazioni in Africa (UE 29%) e dell'11% per le esportazioni dall'Africa (UE 31%).
La Cina è il principale prestatore bilaterale in 32 dei 40 paesi africani e ha persino superato la Banca mondiale (62 miliardi di dollari) come il principale prestatore (64 miliardi di dollari) del continente. Tra il 2000 e il 2018, la Cina ha prestato oltre 147 miliardi di dollari ai governi africani . La Cina controlla inoltre molto del debito pubblico dei paesi africani, pari secondo alcune stime a circa il 20% dello stock complessivo del debito pubblico africano detenuto a livello bilaterale da singoli Stati terzi.
La Cina è uno dei più grandi attori del mantenimento della pace in Africa. Tra i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la Cina ha il maggior numero di personale per il mantenimento della pace in Africa e ed ha partecipato a 16 operazioni di mantenimento della pace in Africa.
Secondo le stime dello Stockholm International Peace Research Institute, nel periodo 2013-2017 l'esportazione di materiale militare cinese verso il continente è salito del 55% rispetto al quinquennio precedente. La Cina è diventata così – con il 17% delle importazioni militari africane dopo la Russia, 39%, e prima degli USA, 11% –   il secondo dei Paesi esportatori d'armi in Africa.
Scambio commerciale Cina- Africa in miliardi di dollari
Investimenti diretti cinesi in Africa 2008 -2018 in milioni di dollari
Paesi africani con i quali la Cina ha stabilito protocolli di intesa (Memorandum of Understanding MoU) per progetti infrastrutturali nell'ambito dell'iniziativa della nuova via della seta (Belt and Road iniziative) - fonte Silk road briefing - Dezan Shira & Associates .