Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Attività Produttive
Titolo: Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti
Serie: Progetti di legge   Numero: 455
Data: 06/07/2021
Organi della Camera: X Attività produttive


+ maggiori informazioni sul dossier
+ maggiori informazioni sugli atti di riferimento

Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti

6 luglio 2021
Schede di lettura


Indice

Contenuto|


Contenuto

L'atto in esame (Doc. XXII, n. 56) istituisce presso la Camera dei deputati, ai sensi dell'art. 82 Cost., una Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti (comma 1).

La Commissione, ai sensi dell'articolo 1, ha il compito di:   

  1. indagare sulle forme più ricorrenti di pratiche commerciali scorrette a danno dei consumatori e degli utenti nella fornitura di beni e servizi, con specifico riferimento alla presenza di clausole vessatorie nei contratti, all'utilizzo improprio dei dati personali da parte di piattaforme commerciali elettroniche, a truffe, a pubblicità ingannevoli, al riporzionamento e all'obsolescenza programmata dei prodotti e ad altri fenomeni assimilabili, nonché alla qualità dei servizi pubblici essenziali, quali i trasporti pubblici urbani ed extraurbani autoferrotranviari, ferroviari, aerei, aeroportuali e marittimi (con le isole) e le poste, le telecomunicazioni e l'informazione radiotelevisiva pubblica, di cui all'art. 1, comma 2, lettere b) ed e), della legge n. 146/1990;

  2. monitorare lo stato di attuazione della legislazione in materia di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti, verificandone, previa acquisizione di dati e informazioni utili, l'efficacia anche in relazione all'impianto sanzionatorio, al fine di individuare eventuali misure correttive, anche di carattere legislativo, e analizzare le principali iniziative e attività dei soggetti associativi operanti nel settore consumeristico di livello nazionale e locale, anche acquisendone le proposte operative (comma 2).

  

La Commissione deve presentare alla Camera dei deputati, annualmente o al termine dei propri lavori, una relazione sui risultati dell'attività di inchiesta, ferma restando la possibilità di presentare relazioni su singoli temi oggetto dell'inchiesta nel corso dello svolgimento dei propri lavori (comma 3).

La disciplina a tutela dei consumatori dalle pratiche commerciali scorrette è di derivazione europea e risulta contenuta nella Parte II, Titolo III (artt. 18-27 quater) del Codice del consumo (decreto legislativo  n. 206/2005, come integrato dal decreto legislativo n. 146/2007, di recepimento della Direttiva 2005/29/UE).
Il consumatore è individuato dal Codice nella persona fisica che "agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale"(art. 18 comma1 lett. a), Codice Consumo). La disciplina si applica inoltre alle "microimprese", la cui definizione è contenuta nell'art. 18 comma 1 lett. d-bis).
Per " pratica commerciale" tra professionisti e consumatori si intende (art. 18 comma 1 lett. d))  qualsiasi azione, omissione, condotta, dichiarazione o comunicazione commerciale, compresa la pubblicità (diffusa con ogni mezzo, incluso il direct marketing e la confezione dei prodotti) e la commercializzazione del prodotto, che un professionista pone in essere in relazione alla promozione, alla vendita o alla fornitura di beni o servizi ai consumatori.
La pratica commerciale è " scorretta" quando è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori (art. 20, comma 2. Quanto al richiamo al consumatore medio, cfr. Corte di Giustizia, sez. II, sentenza 13 settembre 2018, n. 54, sulle cause riunite C‑54/17 e C‑55/17).
Il Codice del consumo (art. 20, comma 3) distingue due tipi di pratiche scorrette: le pratiche commerciali ingannevoli (art. 21-23) e quelle aggressive (art. 24-26). 
È ingannevole una pratica che contiene informazioni commerciali non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più elementi - quali l'esistenza o la natura del prodotto; le caratteristiche principali del prodotto (disponibilità, vantaggi, rischi, esecuzione, prezzo, l'origine geografica o commerciale, etc.) -  e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso (art. 21). Parimenti, è ingannevole  una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole  e induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso (art. 22).
Se l'impresa agisce con molestie, coercizione o altre forme di indebito condizionamento, il suo comportamento è considerato aggressivo. L'aggressività di una pratica commerciale dipende dalla natura, dai tempi, dalle modalità, dall'eventuale ricorso alle minacce fisiche o verbali. Il Codice riporta un elenco delle pratiche ingannevoli (art. 23) e aggressive (art. 26), considerate in ogni caso scorrette.
L'articolo 27 del Codice disciplina la tutela amministrativa e giurisdizionale, designando l' Autorità garante della concorrenza e del mercato ( AGCM) quale organo competente, d'ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, ad inibire la continuazione delle pratiche commerciali scorrette e ad eliminarne gli effetti. Essa esercita i poteri istruttori, investigativi, ed esecutivi, nonché applica le sanzioni amministrative pecuniarie ivi previste ed esercita i relativi poteri inibitori. È comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale, a norma dell'articolo 2598 c.c., nonché, per quanto concerne la pubblicità comparativa, in materia di atti compiuti in violazione della disciplina sul diritto d'autore, dei marchi d'impresa, nonché delle denominazioni di origine riconosciute e protette in Italia e di altri segni distintivi di imprese, beni e servizi concorrenti. 
Anche nei settori regolati, la competenza ad intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta, fermo restando il rispetto della regolazione vigente, spetta, in via esclusiva, all'AGCM, che la esercita in base ai poteri ad essa conferiti dal Codice stesso, acquisito il parere dell'Autorità di regolazione competente. Resta ferma la competenza delle Autorità di regolazione ad esercitare i propri poteri nelle ipotesi di violazione della regolazione che non integrino gli estremi di una pratica commerciale scorretta (comma 1- bis, inserito dall' art. 1 del decreto legislativon. 21/2014, di attuazione della Direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori).
Le disposizioni a tutela del consumatore contenute nel Titolo III del Codice hanno, infatti, portata generale. Solo in caso di contrasto, le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano effetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni del Titolo III e si applicano a tali aspetti specifici. Ciò è disposto dall'art. 19, comma 3, del Codice stesso e dalla giurisprudenza più recente della Corte di giustizia e del Consiglio di Stato. Quest'ultimo è stato chiamato a pronunciarsi circa l'individuazione dell'Autorità indipendente - Autorità garante della concorrenza e del mercato o Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni  - competente a sanzionare pratiche commerciali scorrette poste in essere da operatori economici nel settore delle comunicazioni elettroniche ( sent. n. 7296 del 2019, all'indomani della decisione Corte di Giustizia del settembre 2018) .
Il settore  delle comunicazioni elettroniche è infatti anch'esso disciplinato da normativa di derivazione europea: attualmente, Direttiva n. 2018/1972/UE  che istituisce il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, in via di recepimento nell'ordinamento nazionale (cfr. art. 4 della Legge di delegazione europea 2019-2020, legge n. 53/2021). Si tratta di un testo per rifusione delle precedenti Direttive in materia: Direttiva 2002/19/UE relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate e all'interconnessione delle medesime (direttiva accesso),  Direttiva 2002/20/UE relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni),  Direttiva 2002/21/UE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro),  Direttiva 2002/22/UE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale)).
Sul piano nazionale, l'attuazione di tali direttive è avvenuta, in particolare, con il decreto legislativo n. 259/2003 "Codice delle comunicazioni elettroniche".
Come rilevato dal Consiglio di Stato, il processo di liberalizzazione del settore delle comunicazioni elettroniche ha indotto il legislatore ad intervenire con funzione di regolazione esercitata direttamente, con norme imperative, o mediante l'Autorità amministrativa indipendente individuata nell' Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - AGCom ( legge 31 luglio 1997, n. 249). Sul piano soggettivo, la normativa si applica all' utente che è «la persona fisica o giuridica che utilizza o chiede di utilizzare un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico» (art. 1, comma 1, lett. pp)), il quale può essere anche « utente finale», ossia l'utente « che non fornisce reti pubbliche di comunicazione o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico» (art. 1, comma 1, lett. qq)). Il Codice fornisce una definizione anche più ristretta di consumatore che viene definita come « l'utente finale, la persona fisica che utilizza o che chiede di utilizzare un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico per scopi non riferibili all'attività lavorativa, commerciale o professionale svolta» (art. 1, comma 1, lett. j)). Sul piano oggettivo sono disciplinate le «reti» e «i servizi» di comunicazione elettronica e, cioè, in generale « i mezzi di trasmissione», con esclusione della disciplina dei contenuti dei servizi.
Il decreto legislativo n. 259/2003 contiene dunque una serie di disposizioni per la tutela dei consumatori nel settore specifico delle comunicazioni elettroniche, conferendo all'AGCom potestà di regolamentazione ex ante e di controllo ex post e sanzionatoria (potestà di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie) (articolo 98).
Posto tale quadro normativo, il Consiglio di Stato ha affermato che, in presenza di una pratica commerciale scorretta, la competenza è dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. La competenza delle altre Autorità di settore è residuale e ricorre soltanto quando la disciplina di settore regoli «aspetti specifici» delle pratiche che rendono le due discipline incompatibili.  Il fondamento di tale assunto è stato rinvenuto nell'articolo 19, comma 3 del Codice di Consumo.
Il Codice del Consumo, nella parte terza, Titolo I (articoli 33-38) reca, poi, norme a tutela del consumatore dalle clausole vessatorie. Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano " vessatorie" le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (articolo 33). La vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto o di un altro collegato o da cui dipende.  La valutazione del carattere vessatorio non attiene alla determinazione dell'oggetto del contratto, né all'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile (articolo 34, comma 1 e 2). Sono poi indicate talune clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria (articolo 33, comma 2). 
Sono definite nulle le clausole che, quantunque oggetto di trattativa, abbiano per oggetto o per effetto di:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista;
b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
c) prevedere l'adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto (cd. nullità di protezione).
La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice. Il venditore ha diritto di regresso nei confronti del fornitore per i danni che ha subito in conseguenza della declaratoria di nullità delle clausole dichiarate abusive. E'  inoltre nulla ogni clausola contrattuale che, prevedendo l'applicabilità al contratto di una legislazione di un Paese extracomunitario, abbia l'effetto di privare il consumatore della protezione assicurata dal Codice, laddove il contratto presenti un collegamento più stretto con il territorio di uno Stato membro dell'Unione europea.
Le associazioni rappresentative dei consumatori , le associazioni rappresentative dei professionisti, possono convenire in giudizio il professionista o l'associazione di professionisti che utilizzano, o che raccomandano l'utilizzo di condizioni generali di contratto e richiedere al giudice competente che inibisca l'uso delle condizioni di cui sia accertata l'abusività. L'inibitoria può essere concessa, quando ricorrono giusti motivi di urgenza, ai sensi degli art. 669-bis e ss. c.p.c . Il giudice può ordinare che il provvedimento sia pubblicato in uno o più giornali, di cui uno almeno a diffusione nazionale (articolo 37).
La tutela amministrativa contro le clausole vessatorie è affidata all' Autorità garante della concorrenza e del mercato (articolo 37-bis, inserito dall'art. 5, comma 1, del D.L. n. 1/2012). L'AGCM, sentite le associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale, d'ufficio o su denuncia, dichiara la vessatorietà delle clausole inserite nei contratti tra professionisti e consumatori che si concludono mediante adesione a condizioni generali di contratto o con la sottoscrizione di moduli, modelli o formulari. L'Autorità può attuare un duplice intervento: può accertare la vessatorietà delle clausole attivandosi d'ufficio o su segnalazione, oppure può pronunciarsi, in via preventiva, sull'interpello proposto dall'impresa interessata che intende utilizzare nei rapporti commerciali con i consumatori tali clausole (articolo 37-bis, commi 1-3 ). Anche in materia di clausole vessatorie, l'Autorità può consultare le autorità di regolazione o vigilanza dei settori in cui i professionisti interessati operano, nonché il sistema camerale (articolo 37-bis, comma 5). L'AGCM può comminare una sanzione amministrativa pecuniaria in caso di inottemperanza alle richieste di esibizione da parte delle imprese di atti e documenti, in sede di approfondimento istruttorio, ovvero nel caso in cui le informazioni fornite non siano veritiere.
Con Delibera del 1 aprile 2015, n. 25411, l'Autorità ha approvato il regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, violazione dei diritti dei consumatori nei contratti, violazione del divieto di discriminazioni e clausole vessatorie.
Per ciò che attiene alle garanzie post-vendita sui beni di consumo, si rammenta che esse trovano disciplina, nel Codice del Consumo, nella  Parte IV, Titolo III, Capo I (artt. da 128 a 135), e anch'essa è di derivazione europea: Direttiva 99/44/UE. A decorrere dal 1° gennaio 2022, questa direttiva sarà abrogata, ai sensi di quanto previsto dalla nuova direttiva sulla materia  ( Direttiva n. 2019/771/UE).
La Legge di delegazione europea 2019-2020 ( legge n. 53/2021, art. 1, comma 1 e All.to A) ha conferito al Governo la delega legislativa per il recepimento della Direttiva 2019/771/UE, nonchè per il recepimento della Direttiva 2019/770/UE , relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali.
Quanto specificamente all' obsolescenza programmata, la necessità di una più mirata tutela del consumatore è oggetto di attenzione da parte delle Istituzioni europee. Appare utile richiamare la Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2020 sul tema "Verso un mercato unico più sostenibile per le imprese e i consumatori" ( 2020/2021(INI)).
Con la Risoluzione, il Parlamento invita la Commissione a mettere a punto, in consultazione con le parti interessate, una strategia che tenga conto delle evoluzioni tecnologiche e del mercato, al fine di sostenere le imprese e i consumatori, con misure volte a:
  1. specificare le informazioni precontrattuali che occorre fornire in relazione alla durata di vita prevista e alla riparabilità del prodotto, tenendo conto del fatto che tali informazioni dovrebbero essere fornite in modo chiaro e comprensibile per evitare di confondere i consumatori e di sovraccaricarli di informazioni, e assicurare che tali informazioni figurino tra le caratteristiche principali dei prodotti a norma della Direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori e della Direttiva 2005/29/UE sulle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori.
    La durata deve essere espressa in anni e/o cicli di utilizzo ed essere determinata prima dell'immissione del prodotto sul mercato attraverso una metodologia oggettiva e standardizzata, basata tra l'altro sulle condizioni reali di utilizzo, sulle differenze in termini di intensità di utilizzo e su fattori naturali;
  2. sviluppare e introdurre un'etichettatura obbligatoria per fornire ai consumatori informazioni chiare, immediatamente visibili e facilmente comprensibili sulla durata di vita prevista e la riparabilità di un prodotto al momento dell'acquisto;
  3. rafforzare il ruolo del marchio di qualità ecologica dell'UE al fine di aumentarne l'utilizzo da parte dell'industria e sensibilizzare i consumatori;
  4. valutare quali categorie di beni siano più idonee a essere dotate di un contatore degli utilizzi sulla base di un'analisi dell'efficienza in termini ambientali e di costi, al fine di migliorare le informazioni fornite ai consumatori e la manutenzione dei prodotti, incoraggiare l'utilizzo a lungo termine degli stessi facilitandone il riutilizzo e promuovere i modelli imprenditoriali basati sul riutilizzo e sui prodotti di seconda mano
  5. valutare, in vista della revisione nel 2024 della citata Direttiva 2019/771/UE, sui contrati di vendita dei beni, in che modo allineare maggiormente la durata della garanzia legale alla durata di vita prevista di una categoria di prodotti, nonché in che modo un'estensione del periodo di inversione dell'onere della prova per non conformità potrebbe aiutare i consumatori e le imprese a compiere scelte sostenibili; chiede che tale valutazione di impatto consideri i possibili effetti di queste eventuali estensioni sui prezzi, la durata di vita prevista dei prodotti, i sistemi di garanzia commerciale e i servizi di riparazione indipendenti;
  6. esaminare, in vista della revisione della citata  Direttiva 2019/771/UE, la fattibilità di un rafforzamento della posizione dei venditori rispetto ai produttori introducendo un meccanismo di responsabilità congiunta produttore-venditore nel quadro del regime di garanzia legale;
  7. contrastare l'obsolescenza prematura dei prodotti considerando la possibilità di includere nell'elenco di cui all'allegato I della Direttiva 2005/29/UE le pratiche che riducono effettivamente la durata di vita di un prodotto per aumentarne il tasso di sostituzione e limitare indebitamente la riparabilità dei prodotti, inclusi i software; sottolinea che tali pratiche dovrebbero essere chiaramente definite sulla base di una definizione oggettiva e comune, tenendo conto della valutazione di tutte le parti interessate, tra cui istituti di ricerca, consumatori, imprese e organizzazioni ambientali.
Il Parlamento europeo ha sottolineato, altresì, la necessità di mezzi di ricorso semplici, efficaci e applicabili sia per i consumatori che per le imprese e invita la Commissione e gli Stati membri ad agire con urgenza per garantire parità di condizioni per le imprese dell'UE con concorrenti internazionali, nonché per garantire prodotti sicuri e sostenibili per i consumatori attraverso una migliore vigilanza del mercato e norme di controllo doganale equivalenti in tutta l'UE per le imprese sia tradizionali che online; ricorda che per assolvere a questo compito, le autorità di vigilanza dei mercati devono disporre di risorse finanziarie, tecniche, di informazione e umane adeguate.
La risoluzione del Parlamento europeo interviene all'indomani dell'adozione, da parte dalla Commissione, del Nuovo Piano d'Azione per l'economia circolare (COM(2020) 98 final), il quale si inserisce nell'ambito della più ampia strategia delineata dal Green New Deal. Il Piano preannuncia la presentazione, da parte della Commissione stessa, di un'iniziativa legislativa relativa ad una strategia in materia di prodotti sostenibili. Nell'ambito di questa iniziativa legislativa e, se del caso, mediante proposte legislative complementari, si valuterà la possibilità di stabilire dei principi di sostenibilità e altre modalità adeguate,che prevedano, tra l'altro, la lotta contro l' obsolescenza prematura.
Per ciò che attiene i più recenti sviluppi sul piano interno in materia di tutela del consumatore, anche giurisprudenziali, si rinvia alla Relazione annuale dell'AGCM, relativa all'anno 2020, Doc. XLV, n. 4, presentata il 19 aprile 2021, Capitolo 3.
Quanto al trasporto pubblico, si rinvia all'ultima Relazione annuale al Parlamento sullo stato del trasporto pubblico locale, Doc. CCXXII, n. 2, pervenuta nell'anno 2020 dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (ora Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili).

Gli articoli successivi recano il tipico contenuto delle iniziative volte all'istituzione di Commissioni di inchiesta.

Secondo quanto prevede l'articolo 2, la Commissione è composta da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo (comma 1). Entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, il Presidente della Camera convoca la Commissione per la sua costituzione, e questa, nella prima seduta, elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari. Quanto alle modalità di elezione, si applica quanto disposto per l'elezione del presidente e dei due vicepresidenti e dei due segretari delle commissioni permanenti, dall'articolo 20, commi da 2 a 4, del Regolamento della Camera (commi 2 e 3).

Quanto all'elezione del Presidente, l' art. 20 R.C., al comma 2, dispone il ballottaggio, se nessuno dei candidati riporta la maggioranza assoluta dei voti. Il ballottaggio è tra i due candidati che abbiano ottenuto più voti. In caso di parità, è eletto o entra in ballottaggio l'anziano come deputato e, tra deputati di pari anzianità, il più anziano per età. Per la nomina, rispettivamente, dei due Vicepresidenti e dei due Segretari, il comma 3 dispone che ciascun componente la Commissione scriva sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti; nel caso di parità, di voti si procede ai sensi di quanto sopra previsto per il presidente. Le stesse disposizioni si applicano per le elezioni suppletive.

I poteri della Commissione sono disciplinati nell'articolo 3. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria e non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'art. 133 c.p.p. (commi 1 e 2). Per le audizioni a testimonianza rese davanti alla Commissione si applicano le disposizioni di cui agli art. da 366 a 384-bis c.p.
  Per il segreto di Stato nonché per i segreti d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti (comma 4). È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.

Ai sensi dell'articolo 4, la Commissione può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, anche se coperti da segreto. Sulle richieste a essa rivolte l'autorità giudiziaria provvede ai sensi dell'articolo 117 c.p.p. (richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del pubblico ministero). L'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e di documenti anche di propria iniziativa (commi 1 e 2).
  La Commissione può inoltre acquisire copie di atti e di documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. Il segreto non può essere opposto alla Commissione, la quale garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti acquisiti o trasmessi in copia siano coperti dal segreto (commi 1-5).
  Inoltre, la Commissione ha facoltà di acquisire da organi e uffici della pubblica amministrazione copie di atti e di documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente all'oggetto dell'inchiesta (comma 6).
 La Commissione stabilisce altresì quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari (comma 7).

L'articolo 5 prescrive l'obbligo del segreto per i componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti d'inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, anche dopo la cessazione dell'incarico, per gli atti e i documenti coperti da e segreto e gli atti e documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari (comma 1).

 La diffusione in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta coperti dal segreto o dei quali è stata vietata la divulgazione è punita ai sensi delle leggi vigenti (comma 2).

Si rammenta che l' articolo 326 del Codice penale  punisce la rivelazione e l'utilizzazione del segreto d'ufficio e prevede che il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Viene punita inoltre l'agevolazione colposa per la quale si applica la reclusione fino a un anno. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

L'articolo 6 demanda la disciplina dell'attività e del funzionamento della Commissione ad un regolamento interno, approvato dalla Commissione stessa, prima dell'inizio dei suoi lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari (comma 1). Le sedute della Commissione sono pubbliche, salvo che la Commissione può deliberi di riunirsi in seduta segreta (comma 2).
  La Commissione può avvalersi di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria nonché di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, di soggetti interni ed esterni all'amministrazione dello Stato, autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti. Con il regolamento interno è stabilito il numero massimo di collaborazioni di cui essa può avvalersi (comma 3).
  Per l'adempimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati e cura l'informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso della propria attività (commi 4 e 5).
  Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite di 50.000 euro annui e sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati (comma 6).

L'articolo 7 dispone che la Commissione è istituita per la durata della XVIII legislatura.