Disposizioni per la disciplina, la promozione e la valorizzazione delle attività del settore florovivaistico 17 giugno 2019 |
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Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite| |
ContenutoIl provvedimento reca disposizioni per la disciplina, la promozione e la valorizzazione delle attività florovivaistiche.
Come è dato leggere nel piano nazionale del settore florovivaistico 2014/2017, il comparto comprende il segmento dei fiori e delle fronde recise, delle piante in vaso da interno ed esterno e di quelle utilizzate per gli spazi a verde. L'entità della superficie agricola utilizzata (SAU) è del 30% della superficie europea complessiva, il che conferisce all'Italia una posizione dominante in ambito europeo. Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, sono circa 300.000 gli ettari destinati alla floricoltura intensiva e floro-ornamentale. Le aziende, secondo quanto riporta il piano, agiscono su una superficie limitata: mediamente inferiore a 1 ettaro quelle floricole, e superiore a 2 ettari quelle che producono in vaso e prodotti vivaistici.
Dal lato degli scambi l'Italia è un Paese esportatore netto di piante, alberi, arbusti e di fogliame e fronde. Il settore vanta una produzione pari a 2,6 miliardi di euro, suddivisa paritariamente tra il mercato dei fiori e delle piante in vaso e quello per i prodotti florovivaistici.
Quanto alle tendenze sul mercato nazionale il piano ricorda come la produzione nazionale di fiori recisi, a causa di una maggiore volatilità dei listini e a discapito di un livello minimo accettabile di prezzo medio, si è dovuta orientare verso specie coltivabili in serra fredda e a basso utilizzo di manodopera.
Per le piante da interno, l'Italia, nonostante l'elevata capacità produttiva, stenta a soddisfare la richiesta del mercato nazionale.
Dapprima, causa la forte competizione dei Paesi Bassi e della Danimarca, le aziende italiane hanno investito nel settore del vaso-medio grande; poi, a causa della crisi economica, sono state costrette ad inserirsi nel segmento occupato dai
competitors, che è quello dei vasi medio-piccoli.
L'articolo 1 reca la definizione delle attività del settore. Il comma 1 ribadisce l'ambito di intervento del provvedimento, specificando che la disciplina introdotta ha riguardo alla coltivazione, alla promozione, alla valorizzazione, alla comunicazione, alla commercializzazione, alla qualità e all'utilizzo dei prodotti florovivaistici (con una dizione più dettagliata di quella riportata nel titolo della proposta di legge). Il comma 2 specifica che il settore florovivaistico comprende la produzione di: - prodotti vegetali ornamentali; - materiale di propagazione ornamentale e non. Il comma 3 individua i seguenti cinque macro-comparti produttivi, specificandone l'ambito produttivo:
Il comma 4 statuisce che il settore florovivaistico comprende attività di tipo agricolo, industriale e di servizio, e includendo, in particolare: a) i costitutori e i moltiplicatori di materiale di produzione, coloro che producono i contenitori in vaso, le imprese di produzione fitosanitaria e di fertilizzanti, le industrie che costruiscono i locali e l'impiantistica; b) i grossisti, le industrie che producono materiali per il confezionamento e la distribuzione al dettaglio (mercati, progettisti del verde, giardinieri, fioristi, punti di vendi, centri di giardinaggio, grande distribuzione, ambulanti, rivenditori e impiantisti). Nell'ambito degli intermediari sono inclusi, ai sensi del comma 5, i servizi relativi alla logistica, le società che gestiscono i brevetti per le novità vegetali, i consulenti che svolgono attività di progettazione del verde urbano e forestale.
Nel piano nazionale si fa riferimento ad una filiera agricola e industriale a monte e a valle composta, per lo più dagli stessi soggetti individuati dal comma 4, salvo il riferimento ulteriore compiuto dal piano ai paesaggisti nella loro attività di progettazione, realizzazione e manutenzione del verde ornamentale e forestale, al giardinaggio amatoriale e a tutta l'industria di riferimento.
L'articolo 2 definisce l'attività agricola florovivaistica. Il comma 1 specifica che essa è esercitata dall'imprenditore agricolo come definito dall'articolo 2135 del codice civile.
Secondo l'
art.
2135 è
imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che hanno ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge .
L'attività consiste, ai sensi del comma 2, nella produzione e nella manipolazione del vegetale. E' operatore professionale il soggetto di diritto pubblico o privato (andrebbe chiarito se il riferimento implica in ogni caso il possesso della qualifica di imprenditore agricolo) che svolge, a titolo professionale, una o più delle seguenti attività: impianto, riproduzione, produzione (compresi la coltivazione, la ricoltivazione, la moltiplicazione e il mantenimento), introduzione e movimentazione dentro e fuori dall'Unione europea, commercializzazione, immagazzinamento, raccolta, spedizione e trasformazione. Ai sensi del comma 3 sono considerate attività rientranti nell'ambito della produzione e della vendita delle piante: la stipula di contratti di coltivazione degli esemplari arborei destinati alle aree verdi urbani, insieme al trasporto e alla messa a dimora. Sono, altresì, considerate attività agricole le operazioni di manutenzione degli spazi di verde nel territorio urbano.
Si ricorda, in proposito, che l'articolo 12 della legge 28 luglio 2016, n.154, c.d. collegato agricolo, ha previsto che l'attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del
verde pubblico o privato affidata a terzi può essere esercitata:
a) dai soggetti autorizzati che producono e commercializzano v
egetali e prodotti vegetali (inclusi nell'elenco di quelli che devono essere sottoposti a ispezione fitosanitaria nel luogo di produzione per poter essere spostati nel territorio europeo, se sono originari della comunità, oppure a ispezione fitosanitaria nel paese di origine o nel paese speditore se non sono originari della comunità per poter essere introdotti nel territorio comunitario) e dai produttori di vegetali per i quali è prescritto l'uso del passaporto delle piante, entrambi iscritti al Registro ufficiali dei produttori (RUP) operante preso il Servizio fitosanitari nazionale;
b) dalle imprese agricole, artigiane, industriali o in forma cooperativa, iscritte al registro delle imprese che abbiano conseguito un attestato di idoneità che accerti il possesso di determinate competenze.
Alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano è demandata la disciplina dei corsi di formazione per l'ottenimento dell'attestato di idoneità.
Il comma 4 prevede che le aziende vivaistiche già attive nell'accrescimento di specie forestali possono stipulare accordi con le amministrazioni pubbliche regionali per produrre materiale forestale certificato.
Si valuti, al riguardo, l'opportunità di disciplinare l'ipotesi di attribuzione della facoltà in esame anche alle aziende che in futuro vorranno iniziare l'attività di accrescimento delle specie forestali. Il comma 5 stabilisce che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, emanato di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e sentita la Conferenza Stato regioni sono stabiliti: - gli aspetti tecnici relativi all'insediamento delle strutture di protezione; - le figure professionali principali che operano nell'ambito della produzione, della manutenzione e della commercializzazione; - la collocazione funzionale dei centri per il giardinaggio, peraltro, disciplinati dal successivo articolo 11. L'articolo 3 disciplina i distretti florovivaistici. Il comma 1 prevede che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possono individuare tali distretti quali ambiti territoriali o zone vocate o storicamente dedicate, al fine di beneficiare di premialità legate ai Fondi per lo sviluppo rurale. Ai distretti florovivaistici sono equiparate direttamente dal provvedimento in esame - e sembrano in tal senso vincolare le scelte regionali - le aree agricole coerenti con i contenuti dei piani di gestione del territorio locali, aventi valenza di piano paesaggistico, destinate all'attività vivaistica da almeno dieci anni. Il comma 4, prevede che una volta costituiti i distretti, occorrerà adeguare i contenuti dei piani di gestione del territorio locali. Nei distretti sono previste azioni per la salvaguardia delle aziende florovivaistiche, con particolare riferimento agli aspetti fitosanitari (si valuti, al riguardo, l'opportunità di specificare il soggetto chiamato all'adozione di tali misure di salvaguardia e l'eventuale riferimento normativo dell'azione prevista).
Si fa presente che l'espressione "
piani di gestione del territorio locali" sembra potersi riferire agli strumenti di piano previsti dalla disciplina urbanistica (il cui nucleo centrale è contenuto nella L. 1150/1942, c.d. legge urbanistica nazionale) la quale, in estrema sintesi, ha previsto l'istituzione di un
Piano Regolatore Generale (PRG) quale strumento principale, affidato alla responsabilità del Comune, di pianificazione e controllo dello sviluppo urbano. A livello territoriale più ampio, la stessa legge ha istituito il
Piano Territoriale di Coordinamento (PTC), finalizzato ad orientare e coordinare l'attività urbanistica di aree vaste e vincolante per i piani subordinati. Tali piani territoriali, nella legislazione regionale, sono denominati
Piano Territoriale Regionale (PTR) e
Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) e costituiscono il primo livello di pianificazione urbanistica, con efficacia di orientamento e di indirizzo, in una logica gerarchica di pianificazione del territorio: i piani comunali devono rispettare i piani provinciali, che a loro volta devono rispettare quelli regionali. I piani territoriali rappresentano, quindi, il quadro di riferimento per la valutazione della compatibilità degli atti di governo del territorio e indicano, ciascuno nella propria scala di influenza, gli obiettivi generali di sviluppo socioeconomico e infrastrutturale del territorio, nonché i criteri operativi per la salvaguardia dell'ambiente e gli ambiti destinati all'attività agricola e/o oggetto di tutela paesaggistica, garantendo quindi il coordinamento con gli atti di pianificazione settoriale (tra i quali si ricordano i piani paesaggistici).
Quanto ai
piani paesaggistici, il Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42, art. 135 e 143-
145) prevede che le regioni sottopongano a specifica normativa d'uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi denominati: "piani paesaggistici". L'elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero dei beni culturali e le regioni.
I piani paesaggistici possono prevedere misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione territoriale e di settore, nonché con i piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico.
Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli
articoli 143 e
156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette.
Il comma 2 consente di svolgere nelle aree destinate alle attività florovivaistiche interventi per rimuovere situazioni di criticità dal punto di vista funzionale e ambientale, con particolare riguardo al corretto assetto idraulico e idrogeologico (al riguardo, si valuti l'opportunità, nel caso in cui il disposto significhi la previsione di una disposizione di deroga alle ordinarie disposizioni di legge, di specificare il riferimento normativo per il quale si necessità di una deroga) Secondo il comma 3, nei distretti in esame possono essere favorite attività connesse all'agricoltura quali gli agriturismi. L'articolo 4 prevede, al comma 1, che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo venga istituito il Tavolo tecnico del settore florovivaistico, con compiti consultivi, di indirizzo e di monitoraggio. Il comma 2 disciplina la composizione del tavolo (è prevista la partecipazione dei rappresentanti dei Ministeri delle politiche agricole, della salute, dello sviluppo economico, dell'ambiente, dell'economia, dell'Agenzia delle dogane, delle regioni e province autonome, delle organizzazioni professionali agricole, delle organizzazioni dei produttori, dei collegi e degli ordini professionali , dell'Agea, dell'Ismea, dell'ISTAT, del CREA, del CNR, dell'ENEA, delle Università competenti, della Società di ortofrutticoltura italiana, dei consorzi e distretti florovivaistici e delle strutture associative più rappresentative degli operatori economici del settore). Il comma 4 istituisce, nell'ambito del Tavolo, l'Osservatorio per i dati statistici ed economici. L'Osservatorio è chiamato a raccogliere i dati relativi alla produzione e all'evoluzione delle superfici divise per la tipologia di produzione (all'aria o in ambiente protetti, in contenitori o in terra), il numero degli addetti, i prezzi e l'andamento di mercato, i volumi di importazione ed esportazione. Nell'ambito del Tavolo è, altresì, istituito l'Osservatorio del vivaismo ornamentale, frutticolo e del verde urbano e forestale, con il compito di promuovere la qualità dei materiali vivaistici, di stimolare l'applicazione protocolli per rendere sostenibili gli impianti a verde e di esprimere pareri. Il comma 8 specifica che il Tavolo è chiamato a formulare pareri ed esprimere proposte sulla gestione delle emergenze sanitarie. L'articolo 5 istituisce un ufficio dirigenziale non generale per il florovivaismo presso il Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo. L'articolo 6, dedicato alla disciplina dei rapporti con le amministrazioni centrali, prevede che il Tavolo sia consultato dal Comitato per lo sviluppo del verde pubblico (comma 1). Il Tavolo è, altresì, consultato sulle tematiche relative ai criteri ambientali minimi (CAM) elaborati nel piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione (comma 2).
Il
Comitato è stato istituito dalla legge 14 gennaio 2013, n.10, recante
norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani.
In particolare l'art. 3 ha previsto che presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sia istituito un Comitato per lo sviluppo del verde pubblico. Con
D.M. 2 febbraio 2018 sono state definite la composizione e le modalità di funzionamento.
Il Comitato è stato chiamato a :
a) effettuare azioni di monitoraggio sull'attuazione delle disposizioni della
legge 29 gennaio 1992, n. 113, e di tutte le vigenti disposizioni di legge con finalità di incremento del verde pubblico e privato;
b) promuovere l'attività degli enti locali interessati al fine di individuare i percorsi progettuali e le opere necessarie a garantire l'attuazione delle disposizioni vigenti in materia;
c) proporre un piano nazionale sui criteri e le linee guida per la realizzazione di aree verdi permanenti intorno alle maggiori conurbazioni e di filari alberati lungo le strade, per consentire un riqualificazione delle infrastrutture pubbliche e scolastiche, anche attraverso il rinverdimento delle pareti e dei lastrici solari, la creazione di giardini e orti e il miglioramento degli spazi;
d) verificare le azioni poste in essere dagli enti locali a garanzia della sicurezza delle alberate stradali e dei singoli alberi posti a dimora in giardini e aree pubbliche e promuovere tali attività per migliorare la tutela dei cittadini;
e) predisporre una relazione, da trasmettere alle Camere entro il 30 maggio di ogni anno, con i risultati del monitoraggio e la prospettazione degli interventi necessari a garantire la piena attuazione della normativa di settore;
f) monitorare l'attuazione delle azioni poste in essere dalle istituzioni scolastiche nella Giornata nazionale degli alberi ;
g) promuovere gli interventi volti a favorire i giardini storici.
Il Comitato per lo sviluppo del verde pubblico, d'intesa con le regioni e i comuni, presenta, un
rapporto annuale sull'applicazione nei comuni italiani delle disposizioni di cui al
decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, relative agli strumenti urbanistici generali e attuativi, e in particolare ai nuovi piani regolatori generali e relativi piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate, ai nuovi regolamenti edilizi con annesso programma di fabbricazione e relative lottizzazioni convenzionate e alle revisioni degli strumenti urbanistici esistenti.
I comuni che risultano inadempienti rispetto alle norme del
decreto e, in particolare, sulle quantità minime di spazi pubblici riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi da osservare in rapporto agli insediamenti residenziali e produttivi, approvano le necessarie varianti urbanistiche per il verde e i servizi entro il 31 dicembre di ogni anno.
Si ricorda, inoltre, che l'articolo 5 della legge in commento (L. n.10/2013) sul verde pubblico ha apportato alcune modifiche all'articolo 43 della legge finanziaria per il 2018. E' stato previsto, al riguardo, le pubbliche amministrazioni possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile. Tra le iniziative sono considerate quelle finalizzate a favorire l'assorbimento delle emissioni di anidride carbonica (CO2 ) dall'atmosfera tramite l'incremento e la valorizzazione del patrimonio arboreo delle aree urbane, nonché eventualmente anche quelle dei comuni finalizzate alla creazione e alla manutenzione di una rete di aree naturali ricadenti nel loro territorio. Il comune può inserire il nome, la ditta, il logo o il marchio dello sponsor all'interno dei documenti recanti comunicazioni istituzionali. Fermo restando quanto previsto dalla normativa generale in materia di sponsorizzazioni nonché i vincoli per la tutela dei parchi e giardini storici e le altre misure di tutela delle aree verdi urbane, lo sfruttamento di aree verdi pubbliche da parte dello sponsor ai fini pubblicitari o commerciali, anche se concesso in esclusiva, deve aver luogo con modalità tali da non compromettere, in ogni caso, la possibilità di ordinaria fruizione delle stesse da parte del pubblico. Infine, l'articolo 6 ha previsto che le regioni, le province e i comuni, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze e delle risorse disponibili, promuovono l'incremento degli spazi verdi urbani, di «cinture verdi» intorno alle conurbazioni per delimitare gli spazi urbani, adottando misure per la formazione del personale e l'elaborazione di capitolati finalizzati alla migliore utilizzazione e manutenzione delle aree, e adottano misure volte a favorire il risparmio e l'efficienza energetica, l'assorbimento delle polveri sottili e a ridurre l'effetto «isola di calore estiva», favorendo al contempo una regolare raccolta delle acque piovane. L'articolo 7 prevede che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo venga adottato, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, il Piano nazionale del settore florovivaistico. Il Piano, di durata triennale, individua le misure per il settore, anche al fine del recepimento da parte delle regioni nei singoli piani di sviluppo rurale (PSR). Individua, in particolare, le politiche da attuare in materia di: aggiornamento normativo, formazione professionale, valorizzazione e qualificazione delle produzioni, ricerca e sperimentazione, innovazione tecnologica, certificazione di processo e di prodotto, comunicazione, promozione, internazionalizzazione, logistica, informazione a livello europeo. L'articolo 8 dedicato alla qualità delle produzioni e dei marchi, prevede che le regioni possono istituire marchi che certifichino il rispetto degli standard di prodotto e di processo per i prodotti florovivaistici (comma 1). Il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo è chiamato a promuovere il marchio "VivaiFiori" (comma 2).Promuove, altresì, la stipula di protocolli e la redazione di disciplinari di coltivazione biologica nel settore. In relazione alla promozione del marchio "VivaiFiori" si valuti l'opportunità di prevedere il rinvio ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo per meglio definire i requisiti e le modalità di adesione al marchio medesimo.
Si ricorda, al riguardo che il marchio svolge essenzialmente due funzioni:
1) una di tipo informativo che vale a distinguere il prodotto (il marchio come indicazione di provenienza imprenditoriale);
2) una di tipo reputazionale con valenza attrattiva, attraverso la protezione ultramerceologica.
I
marchi collettivi t
rovano il loro fondamento normativo nell'articolo 2570 del codice civile che così recita:
i soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi possono ottenere la registrazione dei marchi collettivi per concederne l'uso, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, ai produttori o commercianti.
Sono, poi, disciplinati negli articoli 11 e 19 del
codice della proprietà industriale.
Il primo articolo ripete per lo più quanto previsto nell'art. 2570, specificando, in aggiunta, che, alla domanda di registrazione devono essere allegati i regolamenti che disciplinano l'uso dei marchi collettivi, i controlli e le relative sanzioni.
Il secondo, l'articolo 19, prevede, con una novità assoluta, che "anche le amministrazioni dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni possono ottenere registrazioni di marchio …".
La normativa nazionale, a differenza di quella degli altri Paesi europei, non contiene alcuna distinzione tra
marchi collettivi e
marchi di garanzia o di certificazione, come contenuta nella normativa europea.
La loro funzione è quella di garantire l'origine e la qualità di un prodotto (se si tratta di qualità territoriale si avranno
i marchi collettivi geografici).
I marchi collettivi si situano, quindi, in una zona intermedia tra le indicazioni geografiche e i marchi.
Rappresentano un
fenomeno privatistico di autodisciplina della funzione di garanzia qualitativa.
Secondo la giurisprudenza (Trib. Roma 21 marzo 1994) " il marchio collettivo si differenzia dal marchio di impresa in quanto non svolge funzione distintiva dell'origine del prodotto da una determinata impresa, ma assume una funzione di garanzia delle caratteristiche e della qualità del prodotto; inoltre il titolare del marchio collettivo abitualmente non lo usa, ma si obbliga a verificare con appositi controlli le merci dei produttori e commercianti ai quali è concesso l'uso del marchio stesso."
Mentre l'art. 13 CPI, comma 1, lett. b) dispone che non possono costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa "i segni costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono, tra i quali sono espressamente menzionati " i segni che in commercio possono servire a designare…
la provenienza geografica", l' art. 11, comma 4, CPI sui marchi collettivi prevede che "in deroga all'art. 13, comma 1, un marchio collettivo può consistere in segni o indicazioni che nel commercio servono per designare la provenienza geografica di prodotti o servizi.
Tale facoltà è soggetta alle seguenti cautele:
a) tali marchi non devono creare situazioni di ingiustificato privilegio o recare pregiudizio allo sviluppo di altre analoghe iniziative nella regione;
b) l'avvenuta registrazione non autorizza il titolare a vietare a terzi l'uso nel commercio del nome stesso, ancorché quest'uso sia conforme ai principi di correttezza professionale e quindi limitato.
In sintesi l'uso che se ne consente è di tipo descrittivo e non limitativo.
La Commissione europea ha da sempre esercitato un'attenta vigilanza sull'uso delle denominazioni commerciali nei diversi Paesi sotto il profilo della compatibilità con le norme del Trattato, che vietano misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative alle importazioni e alle importazioni.
Quanto al
marchio "Vivaifiori", il Piano nazionale per il settore florovivaistico 2014/2016 ricorda che Ismea ha elaborato un progetto pilota in cui è prevista l'implementazione di un sistema volontario di qualità certificata per le produzioni florovivaistiche, volto a fornire un sistema di gestione che consenta ai produttori di adeguarsi facilmente a qualsiasi protocollo internazionale. Il progetto è consistito nel supportare e accompagnare alla certificazione di qualità di processo 12 realtà aggregate di produttori nazionali. Lo sviluppo del marchio è legato alla possibilità di ampliare il numero delle associazioni/consorzi aderenti al fine di poter rappresentare una base produttiva forte con un potere contrattuale importante.
L'
articolo 9 prevede che l'Osservatorio per i dati statistici ed economici sia chiamato a seguire i lavori del
Comitato di gestione ortofrutta dell'Unione europa e a coordinarsi con l'Agenzia delle dogane relativamente alle questioni riguardanti i
Codici doganali internazionali (comma 1). Il comma 2 prevede che un funzionario del Servizio fitosanitario centrale del Mipaaft partecipi all'Osservatorio con il compito di raccordarsi all'
Organizzazione europea e mediterranea per la protezione delle piante e con le attività che vengono svolte nell'ambito della Convenzione internazionale per la protezione delle piante. Ai sensi del comma 3 l'Osservatorio cura la pubblicazione della normativa vigente attraverso uno specifico portale web.
I
codici doganali internazionali servono ad identificare in modo univoco e condiviso uno specifico prodotto. La convenzione internazionale attualmente vigente ha introdotto un sistema di codificazione e di designazione delle merci denominato "sistema armonizzato" (SA, in inglese: HS - Harmonized System). Il sistema armonizzato è strutturato in 21 sezioni merceologiche, suddivise in 99 capitoli, a loro volta suddivisi in voci e sottovoci, queste ultime identificate con un codice a 6 cifre.
Quanto all'Organizzazione europea e mediterranea per la protezione delle piante (OEPP o EPPO - European Plant Protection Organization) si tratta di un'Organizzazione intergovernativa responsabile della cooperazione fitosanitaria internazionale nelle regioni europee e mediterranee, responsabile per l'Europa in base all'articolo IX della Convenzione internazionale FAO per la protezione delle piante. Tale Organizzazione è stata fondata nel 1951 da 15 Stati membri mentre, ad oggi, ne annovera 51. Le funzioni cui è chiamata prevedono: la protezione della salute delle piante in agricoltura, nelle foreste o in ambienti non coltivati; lo sviluppo di uno strategia internazionale contro il diffondersi di parassiti; l'armonizzazione della normativa fitosanitaria; la promozione di metodi e strategie per il controllo dei parassiti. In particolare, l'EPPO coopera con il Segretariato dell'IPPC (Convenzione internazionale sulla protezione delle piante) della FAO per sviluppare gli standard internazionali sulle misure fitosanitarie e coopera inoltre con la Commissione UE a supporto della risoluzione delle problematiche fitosanitarie internazionali e la predisposizione della Pest risk analysis. L'organizzazione è finanziata tramite i contributi annuali degli Stati membri. Nel 2017, con l'ultimo schema di riparto dei contributi approvato relativo al capitolo 2200 del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, l'OEPP si è visto assegnare – su sua richiesta - un contributo di 99.840 euro (99.960 euro gli sono stati assegnati nel riparto 2016, 162.200 euro nel riparto 2015 e 97.080 euro nel riparto 2014). L'articolo 10 è dedicato alla comunicazione e alla promozione. Al comma 1, si prevede che venga periodicamente aggiornata la sezione relativa al settore florovivaistico del sito del Ministero delle politiche agricole. Il Ministero è chiamato, ai sensi del comma 2, a predisporre il Piano fieristico nazionale, che dovrà essere adottato di concerto con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni. In base a quanto stabilito dal comma 3, il Dicastero agricolo può attivare iniziative di comunicazione e di promozione, stipulando convenzioni o prevedendo collaborazioni con i media radio televisivi. L'articolo 11 disciplina i centri di giardinaggio, costituiti, secondo il comma 1, da aziende agricole che forniscono beni e servizi connessi all'attività agricola, dotate di punto vendita, dediti ad attività di produzione e di vendita organizzata al dettaglio. Ai sensi del comma 2, un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo è chiamato a dare attuazione alle disposizioni contenute nel comma 1. Il decreto dovrà essere adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame e dovrà essere adottato previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
Nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 982 Gallinella sono stati sentiti i rappresentanti dell'associazione italiana Centri di giardinaggio (mercoledì 6 febbraio 2019) i quali hanno rilevato che l'attività dei centri di giardinaggio fa riferimento al settore agricolo e, più precisamente, al settore vivaistico. L'evoluzione da azienda di produzione a centro specializzato nella fornitura di beni e servizi complementari è frutto dello sviluppo del concetto di multifunzionalità di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n.228. I centri di giardinaggio specializzati in Italia sono circa 1.100 con un numero di addetti di circa 12.000 unità ed un fatturato stimato di oltre 1 miliardo di euro. Secondo i rappresentanti del settore ascoltati in audizione, la mancanza di una chiara normativa a livello nazionale che disciplini il settore dei "Centri di giardinaggio" rappresenta una forte limitazione all'ulteriore sviluppo del comparto. Uno dei punti chiave che genera tensioni interpretative, oltre alla questione urbanistica, è la vendita dei prodotti annessi e complementari. Il Veneto e la Basilicata hanno approvato proprie leggi in materia. L'Associazione ha espresso l'opinione che l'equiparazione dei centri di giardinaggio agli imprenditori agricoli non ha impatto sulla fiscalità delle aziende che continueranno ad applicare regimi fiscali vigenti in materia agricola, mentre l'equiparazione avrà effetti positivi sul piano urbanistico.
L'articolo 12 disciplina l'attività di manutentore del verde, prevedendo che entro novanta giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame debba essere adottato un regolamento per l'attuazione del comma 2 dell'articolo 12 della legge 26 luglio 2016, n.154.
Si ricorda, al riguardo, che il 22 febbraio 2018 è stato sancito in sede di Conferenza Stato-regioni l'accordo sul
Documento relativo allo Standard professionale e formativo di manutentore del verde, predisposto in attuazione dell'articolo 12, comma 2, della legge 28 luglio 2016, n.154. L'area di attività è riferita alla costruzione, cura e manutenzione di aree verdi, parchi e giardini (non sono compresi i lavori di silvicoltura e quelli inerenti il verde storico). I corsi di formazione per la qualificazione di
Manutentore del verde sono rivolti al titolare d'impresa o al preposto facente parte dell'organico dell'impresa. I corsi sono erogati dalle regioni e province autonome di Trento e Bolzano direttamente o attraverso soggetti accreditati. I requisiti di ammissione sono il possesso di diploma di scuola secondaria di primo grado, 18 anni di età o un'età inferiore purché in possesso di qualifica professionale triennale in assolvimento del diritto dovere all'istruzione. Sono, poi, previsti specifici casi di esenzione e/o di riduzione del percorso formativo.
L'articolo 13 prevede che le amministrazioni possono stipulare accordi quadro per la durata massima di sette anni, ai fini della stipula di contratti di coltivazione con aziende florovivaistiche che si occupino della coltivazione, della preparazione della pianta, della fornitura, della sistemazione del sito di impianto, della messa a dimora della pianta e della sua cura fino al momento dell'attecchimento. Il contratto può essere oggetto di subappalto nella misura massima del 30 per cento ad esclusione dei servizi di fornitura, messa a dimora e successiva cura dell'alberatura. L'articolo 14 prevede che il Dicastero agricolo incentivi la costituzione di organizzazioni di produttori del settore florovivaistico anche a livello interregionale. Ai sensi dell'articolo 15, il Dicastero agricolo è chiamato a coordinarsi con le regioni per individuare criteri di premialità e misure dedicate alle aziende florovivaistiche nell'ambito dei piani di sviluppo rurale.
L'articolo 16 individua la copertura finanziaria prevedendo che: - il Ministero è chiamato a destinare una quota delle risorse disponibili, nel limite massimo di 2 milioni di euro, per le attività di comunicazione e di promozione del settore (comma 1); - una quota delle risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero, nel limite massimo di 2 milioni di euro, è destinata al finanziamento di progetti di ricerca e di sviluppo del settore. |
Relazioni allegate o richiesteLa proposta di legge in esame è corredata della prescritta relazione illustrativa. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteL'agricoltura, intesa come attività di produzione che si estrinseca, a norma dell'articolo 2135 del codice civile, nella coltivazione del fondo, nella selvicoltura e nell'allevamento di animali, è competenza residuale delle Regioni, non essendo menzionata tra le materie di competenza esclusiva statale o concorrente tra lo Stato e le regioni dall'articolo 117 della Costituzione. Tuttavia, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha chiarito che la competenza esclusiva regionale non rileva quando l'intervento legislativo interessi materie che, seppur incidenti nel comparto agricolo, sono nominate dall'articolo 117 della Costituzione tra le competenze statali e concorrenti. Il riferimento è, in particolare, ai vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario che limita sia la potestà statale che quella regionale, alle materie di competenza esclusiva statale (art. 117, secondo comma), quali la tutela della concorrenza (lett. e), l'organizzazione amministrativa (lett. g), l'ordinamento civile e penale (lett. l, nell'ambito del quale possono trovare fondamento la prevalenza delle norme contenute nel provvedimento in esame), la profilassi internazionale (lett.q), e la tutela dell'ambiente (lett. s). Ai sensi del comma 3 dell'articolo 117 della Costituzione, sono materia di competenza concorrente che interessano il comparto agricolo, il commercio con l'estero, la tutela e la sicurezza del lavoro, l'istruzione e la formazione professionale, la tutela della salute, la ricerca e il sostegno all'innovazione, l'alimentazione e gli enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. |