Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Agricoltura
Titolo: Interventi per il settore ittico
Riferimenti: AC N.1008/XVIII AC N.1009/XVIII AC N.1636/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 121
Data: 26/03/2019
Organi della Camera: XIII Agricoltura

 

Camera dei deputati

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Interventi per il settore ittico

 

AA.C. 1008, 1009 e 1636

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 121

 

 

 

26 marzo 2019

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Agricoltura

( 066760-3610– * st_agricoltura@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: AG0030.docx

 


INDICE

Schede di lettura

La politica della pesca e dell’acquacoltura in ambito europeo  5

La competenza dello Stato e delle Regioni 9

§  L’intervento statale  9

Contenuto delle proposte di legge  19

 

 

 


SIWEB

Schede di lettura

 


La politica della pesca e dell’acquacoltura in ambito europeo

Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'articolo 3, stabilisce che l'Unione europea ha competenza esclusiva, tra l'altro, sulla conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca (paragrafo 1, lettera d)).

La politica comune della pesca (PCP) consiste in una serie di norme per la gestione delle flotte pescherecce europee e la conservazione degli stock ittici.

Il suo obiettivo è gestire il settore della pesca europea come una risorsa comune, dando alle flotte europee un accesso paritario alle acque dell'UE, e permettendo, così, ai pescatori di competere in modo equo.

Nella consapevolezza che gli stock ittici sono limitati e, in alcuni casi, sono oggetto di sovra sfruttamento, la PCP mira a garantire che la pesca e l'acquacoltura siano sostenibili dal punto di vista ecologico, economico e sociale e che rappresentino una fonte di alimenti sani per i cittadini dell'UE.

Secondo l'Unione europea, sebbene sia importante massimizzare le catture, occorre porvi dei limiti. È necessario, dunque, garantire che le pratiche di pesca non impediscano ai pesci di riprodursi. Pertanto, la politica comune della pesca 2014-2020 (nonché le precedenti politiche sulla pesca dell'UE) hanno adottato misure ritenute conseguenti per fronteggiare il problema.

L'attuale politica impone di fissare, per il periodo 2014-2020, dei limiti di cattura sostenibili che assicurino, nel lungo termine, la conservazione degli stock ittici.

Si consideri che, a livello europeo, viene promossa e sostenuta l'acquacoltura all'interno della politica comune della pesca e sono stati pubblicati una serie di orientamenti strategici europei che illustrano le priorità comuni e gli obiettivi generali a livello dell'UE.

Previa consultazione di tutte le parti interessate, sono stati individuati quattro settori prioritari:

·     ridurre gli oneri amministrativi;

·     migliorare l'accesso agli spazi e alle acque;

·     aumentare la competitività;

·     sfruttare i vantaggi concorrenziali grazie ad elevati standard qualitativi, sanitari e ambientali.

 

La Politica comune della pesca è stata introdotta, per la prima volta, negli anni '70 e aggiornata a più riprese. L'ultimo aggiornamento è entrato in vigore il 1º gennaio 2014, per il nuovo periodo di programmazione finanziaria 2014-2020.

L'attuale politica comune europea della pesca si articola in quattro settori:

·     gestione della pesca (ivi incluso il sostegno ad un'acquacoltura sostenibile);

·     politica internazionale;

·     mercati e politica commerciale;

·     finanziamento della politica della pesca, attraverso il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) 2014-2020, di cui al regolamento UE n. 508/2014 (nel precedente periodo di programmazione finanziaria europea, il Fondo si chiamava Fondo europeo per la pesca FEP 2007-2013). Il Fondo viene utilizzato per cofinanziare progetti insieme alle risorse nazionali.

A ciascun Paese viene assegnata una quota della dotazione complessiva del Fondo in base alle dimensioni del suo settore ittico.

Ogni Paese deve, quindi, predisporre un programma operativo (PO), specificando le modalità di utilizzo delle risorse assegnate.

In seguito all'approvazione del programma, da parte della Commissione, spetta alle Autorità nazionali selezionare i progetti da finanziare.

Le Autorità nazionali e la Commissione sono congiuntamente responsabili dell'attuazione del programma.

La dotazione finanziaria per l'Italia proveniente dal Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP) per il periodo 2014-2020 ammonta a 537 milioni di euro, compresi gli incentivi pubblici per i controlli e la ricerca scientifica.

L'Italia ha redatto, ai sensi del Regolamento (UE) n.508/2014, un Programma Operativo unico, approvato con decisione della Commissione europea del 25 novembre 2015.

Sulla base dell'Accordo di partenariato approvato dalla Commissione UE il 29 ottobre 2014 e del Programma Operativo unico FEAMP 2014-2020, le risorse europee per l'Italia sono ripartite sui seguenti obiettivi tematici:

 

OT3:

promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo e il settore della pesca e dell'acquacoltura:

218,72 milioni di euro

OT4

sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori

12,70 milioni di euro

OT6

tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse:

215,47 milioni

OT8

promuovere l'occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori:

58,13 milioni.

 

 

Si consideri che ai predetti importi si deve aggiungere il relativo cofinanziamento nazionale, pari a circa 446,6 milioni di euro.

Il sostegno FEAMP (537 milioni di euro) e il cofinanziamento nazionale (446,6 milioni di euro) per l'intero periodo di programmazione 2014-2020 sono ripartiti secondo le seguenti priorità dell'Unione.

Il Programma operativo nazionale del Fondo europeo per gli affari marittimi e della pesca (FEAMP) 2014-2020 ha come obiettivo generale quello di favorire la gestione sostenibile dell'attività di pesca e di acquacoltura.

Le priorità individuate sono:

·     la promozione di  una pesca sostenibile sotto il profilo ambientale, efficiente in termini di risorse, innovativa, competitiva e basata sulle conoscenze

·     la realizzazione di un'acquacoltura sostenibile, efficiente in termini di risorse, innovativa, competitiva e basata sulle conoscenze

·     l'attuazione della Politica comune della Pesca

·     l’aumento dell'occupazione e della coesione territoriale

·     la promozione della commercializzazione e della trasformazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura;

·     l'attuazione della Politica Marittima Integrata (PMI).

 


La competenza dello Stato e delle Regioni

Prima della riforma del Titolo V della Costituzione, attuata con legge costituzionale 20 aprile 2012, n.1, il testo originario dell’articolo 117 attribuiva alla potestà delle regioni a statuto ordinario la competenza in materia di “pesca nelle acque interne” nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Per le Regioni a statuto speciale la competenza in materia di pesca era considerata come comprensiva sia delle acque interne che delle acque marittime. La Corte costituzionale riconosceva, comunque, che nell’attività considerata potevano rilevare interessi non strettamente legati all’attività economica che implicano la tutela di interessi generali più ampi, quali la conservazione delle risorse marine che legittimano un intervento dello Stato.

Dopo l’entrata in vigore della riforma del Titolo V, la Corte costituzionale asserisce che la pesca costituisce materia oggetto della potestà legislativa residuale delle regioni, ai sensi dell’articolo 117, quarto comma della Costituzione, specificando, comunque, che “per la complessità e la polivalenza delle attività in cui si estrinseca, possono interferire più interessi eterogeni, taluni statali, altri regionali, con indiscutibili riflessi sulla ripartizione delle competenze legislativa e amministrativa. Per loro stessa natura, talune attività e taluni aspetti riconducibili all’attività di pesca non possono che essere disciplinati dallo Stato, atteso il carattere unitario con cui si presentano e la conseguente esigenza di una loro regolamentazione uniforme” (sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 2006). 

 

L’intervento statale

 

Il programma nazionale della pesca e dell’acquacoltura

Il quadro della programmazione nazionale sulla pesca si è andato sviluppando a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, quando con la legge n. 41/1982 fu introdotto, per la prima volta, un meccanismo di governo del settore attraverso il Programma triennale della pesca marittima e dell'acquacoltura che ne individua obiettivi e strumenti.

Il D.L. n. 225/2010 (art. 2, commi da 5-novies a 5-duodecies) ha riformato le procedure e il contenuto del Programma, prevedendone l'adozione, ad opera del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Commissione consultiva centrale per la pesca e acquacoltura, e stabilendo che esso disciplini gli interventi di esclusiva competenza nazionale indirizzati alla tutela dell'ecosistema marino e della incentivazione della concorrenza e competitività delle imprese di pesca nazionali.

In forza di tali previsioni, sono stati, sino ad oggi, adottati il Programma triennale 2007-2009 (D.M. 3 agosto 2007), successivamente prorogato sino a tutto il 2012, il Programma triennale 2013-2015 (D.M. 31 gennaio 2013) e il Programma triennale 2017-2019 (decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 28 dicembre 2016), le cui risorse sono distribuite in più capitoli di spesa del MIPAAFT (capp. 1173, 1414, 1415, 1418, 1477, 1488 e 7043), al fine di assicurare la tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e di garantire la competitività del settore ittico.

Il Programma nazionale triennale 2017-2019 è, dunque, lo strumento di governo della pesca italiana per le competenze di natura nazionale che debbono comunque essere strettamente integrate a quelle dell'Unione europea ed a quelle assegnate alle Regioni.

Le risorse complessive assegnate, in conto competenza, al suddetto Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura sono state di circa 3 milioni di euro per il 2017 e di altrettanti per il 2018 e di circa 15 milioni di euro per il 2019 (dopo che la legge di bilancio 2018, n. 205 del 2017, all'art. 1, comma 123, ha previsto l'integrazione, per l'anno 2019, di 12 milioni di euro della dotazione finanziaria del predetto Programma).

 

Il decreto legislativo n. 226 del 2001

Il Decreto legislativo n. 226 del 2001, in attuazione della delega disposta dalla legge n. 57 del 2001, ha dettato disposizioni organiche per il settore della pesca e dell'acquacoltura, prevedendo:

·     fatte salve le più favorevoli disposizioni di legge, l'equiparazione di:

·     l'imprenditore ittico all'imprenditore agricolo;

·     le imprese di acquacoltura all'imprenditore ittico;

·     gli imprenditori ittici alle cooperative di imprenditori ittici ed ai loro consorzi, quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci ovvero forniscono prevalentemente ai medesimi beni e servizi diretti allo svolgimento delle attività;

·     gli esercenti attività commerciali di prodotti ittici derivanti prevalentemente dal diretto esercizio delle relative attività agli imprenditori ittici.

 

Il Decreto legislativo n. 4 del 2012

Il D.lgs. 4/2012 ha, poi, disciplinato l'attività di pesca ed acquacoltura e il sistema sanzionatorio.

La pesca professionale (articolo 2) viene definita come l'attività economica organizzata svolta in ambienti marini o salmastri o di acqua dolce, diretta alla ricerca di organismi acquatici viventi, alla cala, alla posa, al traino e al recupero di un attrezzo da pesca, al trasferimento a bordo delle catture, al trasbordo, alla conservazione a bordo, alla trasformazione a bordo, al trasferimento, alla messa in gabbia, all'ingrasso e allo sbarco di pesci e prodotti della pesca.

Le attività connesse alla pesca professionale sono quelle inerenti alla pesca turismo, alle attività di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e delle risorse della pesca e alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali delle imprese ittiche, la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione dei prodotti della pesca, nonché le azioni di promozione e valorizzazione, ed infine agli interventi di gestione attiva, finalizzati alla valorizzazione produttiva, all'uso sostenibile degli ecosistemi acquatici ed alla tutela dell'ambiente costiero.

 

L'attività di acquacoltura (articolo 3) è definita - fermo restando quanto previsto dall'articolo 2135 del codice civile - come un'attività economica svolta professionalmente diretta all'allevamento o alla cultura di organismi acquatici, attraverso la cura e lo sviluppo di un ciclo biologico svolta in acque dolci, salmastre o marine.

Attività connesse ad essa sono costituite dalla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione dei suoi prodotti, la fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività di acquacoltura esercitata, ed infine gli interventi di gestione attiva finalizzati alla valorizzazione produttiva e all'uso sostenibile degli ecosistemi acquatici e dell'ambiente costiero.

L'articolo 4 definisce l'imprenditore ittico come il titolare di licenza di pesca che esercita professionalmente l'attività di pesca professionale; ad esso si applicano le disposizioni concernenti l'imprenditore agricolo. Si considera imprenditore ittico l'acquacoltore, mentre il giovane imprenditore ittico (articolo 5) è colui che svolge le attività dell'imprenditore ittico con un'età non superiore ai 40 anni.

Nel decreto in esame vi è poi la definizione di pesca non professionale (articolo 6), diretta a fini ricreativi, turistici, sportivi o scientifici, mutuata dall'art. 4 del regolamento (CE) 1224/2009, nonché di pesca scientifica, come l'attività diretta a scopi di studio, ricerca e sperimentazione. Infine è demandato ad un decreto ministeriale di regolamentare nel dettaglio la pesca a fini ricreativi, turistici, sportivi. In merito va ricordato che attualmente è disciplinata la sola pesca subacquea (artt. 128-131 del DPR 1639/68 di esecuzione delle legge sulla pesca).

 

Il Capo II definisce il sistema sanzionatorio (modificato dall'art. 39 della legge n. 154 del 2016, che ha riscritto gli articoli da 7 a 12 del decreto legislativo n. 4/2012) distinguendo tra comportamenti che causano l'elevazione di contravvenzioni (artt. 7-9), e quelli che configurano degli illeciti amministrativi (artt. 10-12), stabilendo altresì per entrambi le pene principali, quelle accessorie, e quali siano "infrazioni gravi", sanzionate con il sistema a punti previsto dall'articolo 14. Per le contravvenzioni, che rientrano nella categoria dei reati, le pene sono sia di carattere detentivo (arresto) che pecuniario (ammenda); per gli illeciti amministrativi la sanzione è esclusivamente pecuniaria. L'obbligo di prevedere "infrazioni gravi" era richiesto direttamente dalle norme comunitarie (cfr. art. 42 del regolamento (CE) 1005/2008 e art. 90 regolamento (CE) 1224/2009), che tuttavia demandavano al singolo Stato membro di determinare il "carattere grave della violazione".

Le contravvenzioni definite dall'articolo 7 sono relative al divieto di:

·     pescare, detenere, trasportare e commercializzare le specie di cui sia vietata la cattura in qualunque stadio di crescita (ad esclusione della pesca scientifica);

·     danneggiare le risorse biologiche delle acque marine con l'uso di materie esplodenti, dell'energia elettrica o di sostanze tossiche atte ad intorpidire, stordire o uccidere i pesci e gli altri organismi acquatici;

·     raccogliere, trasportare o mettere in commercio pesci ed altri organismi acquatici intorpiditi, storditi o uccisi con le modalità di cui sopra;

·     pescare in acque sottoposte alla sovranità di altri Stati, salvo che nelle zone, nei tempi e nei modi previsti dagli accordi internazionali;

·     esercitare la pesca in acque sottoposte alla competenza di un'organizzazione regionale per la pesca, violandone le misure di conservazione o gestione e senza avere la bandiera di uno degli Stati membri di detta organizzazione;

·     sottrarre od asportare gli organismi acquatici oggetto dell'altrui attività di pesca, esercitata mediante attrezzi o strumenti fissi o mobili;

·     sottrarre od asportare gli organismi acquatici che si trovano in spazi acquei sottratti al libero uso e riservati agli stabilimenti di pesca e di acquacoltura.

L'articolo 8 quantifica le pene principali da applicare alle contravvenzioni, prevedendo pene differenziate a seconda che si tratti delle prime cinque fattispecie sopra indicate (per le quali è previsto l'arresto da due mesi a due anni o l'ammenda da 2000 a 12.000 euro) o delle ultime due (sanzionate, a querela di parte, con l'arresto da un mese a un anno o con l'ammenda da 1000 a 6000 euro).

L'articolo 9 definisce le pene accessorie, che consistono, sostanzialmente, nella confisca del pescato e degli attrezzi, nell'obbligo di rimettere in pristino lo stato dei luoghi e nella sospensione dell'esercizio commerciale da 5 a 10 giorni. 

Quanto agli illeciti amministrativi (articolo 10) si riferiscono, in particolare, alla pesca senza licenza o autorizzazione in corso di validità, oppure in zone e tempi vietati; alla detenzione e commercializzazione di prodotto pescato in zone e tempi vietati; alla pesca di stock ittici sottoposti a fermo biologico o di quantità superiori a quelli autorizzate o con attrezzi vietati; alla manomissione dell'apparto motore o del dispositivo di localizzazione satellitare; alla falsificazione dei contrassegni di individuazione delle unità da pesca e alla violazione degli obblighi previsti in materia di registrazione delle catture, di etichettatura e tracciabilità; all'intralcio delle attività degli ispettori della pesca e degli organi di vigilanza o all'effettuazione del trasbordo con pescherecci sorpresi in attività di pesca illegale.

Le sanzioni amministrative pecuniarie, nei casi più gravi, possono arrivare a 150 mila euro (in particolare, ove le violazioni abbiano ad oggetto il tonno rosso e il pesce spada), mentre le sanzioni accessorie possono consistere nella confisca del pescato e degli attrezzi, nell'obbligo di rimettere in pristino lo stato dei luoghi e nella sospensione della licenza fino a 6 mesi, per arrivare alla revoca della stessa in taluni casi di recidiva (articoli 11 e 12).

Si aggiunge, per completezza, che l'art. 40 della citata legge n. 154 del 2016 ha inserito nell'ordinamento sanzioni penali e amministrative per contrastare comportamenti che costituiscono bracconaggio ittico nelle acque interne e che la legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) ha istituito - all'art. 1, comma 125 - presso il Ministero della difesa, il "Fondo antibracconaggio ittico", con una dotazione di un milione di euro per ciascun anno del triennio 2018-2020, destinato a potenziare i controlli delle acque interne da parte del Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma dei carabinieri (CUTFAA).

 


 

La Tutela previdenziale ed assicurativa nazionale per i lavoratori della pesca

Il trattamento previdenziale dei lavoratori della pesca

L'inquadramento dei marittimi imbarcati quali membri dell'equipaggio sulle navi adibite alla pesca marittima nei regimi previdenziali vigenti nel settore è determinato, prevalentemente, dalle caratteristiche della nave a bordo della quale i marittimi stessi operano.

Di conseguenza, nel nostro ordinamento per i marittimi esistono i seguenti regimi previdenziali: quello dei pescatori della piccola pesca marittima di cui alla L. 250/1958 e il regime previdenziale marittimo di cui alla L. 413/1984.

Il primo trova applicazione nell'ambito dell'attività lavorativa della pesca esclusiva o prevalente, sia in via autonoma sia in forma associata (cooperativa o compagnia di pesca) ed esercitata, quale attività professionale, con "natanti non superiori alle 10 tonnellate di stazza lorda". L'inquadramento in tale regime dà diritto al lavoratore alla pensione di vecchiaia, invalidità e anzianità, nonché all'indennità contro gli infortuni. Ai lavoratori inquadrati nel predetto regime non compete l'indennità di disoccupazione, malattia, maternità e assegno per il nucleo familiare.

I marittimi inquadrati ai sensi della L. 413/1984 attualmente sono iscritti al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD) dell'INPS e possono accedere a tutte le prestazioni dell'Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO).

 

Assicurazione nel settore della pesca

Le persone che esercitano la pesca quale esclusiva o prevalente attività lavorativa sono assicurate per le malattie e gli infortuni sul lavoro presso l'INAIL.

Il DPR n.1124/1965 rappresenta ora il Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e inserisce, tra i soggetti che devono obbligatoriamente assicurarsi, anche gli addetti al lavoro della pesca (art. 1, punto n. 12). A tale proposito si ricorda che, con l'articolo 55 della L. 144/1999, il Governo è stato delegato a ridefinire taluni aspetti dell'assetto normativo in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro; in attuazione di tale delega è stato adottato il D.Lgs. 38/2000 che, a decorrere dal 1 gennaio 2000, ha individuato, a fini tariffari, nell'ambito della gestione industria e fermo restando quanto stabilito dal citato articolo 1 del DPR 1124/1965, quattro gestioni separate comprendenti anche quella dell'industria per l'attività della pesca (art. 1, c. 1, lett. a)).

I datori di lavoro obbligati al pagamento dei premi sono:

·     gli armatori delle navi e dei galleggianti adibiti alla navigazione e alla pesca marittima;

·     i concessionari dei servizi radiotelegrafici di bordo ed i concessionari di altri servizi di bordo autorizzati dalla competente Autorità marittima.

Gli armatori devono presentare entro il giorno dell'iscrizione della nave nei registri portuali una denuncia di esercizio, con l'indicazione del tipo di nave, del servizio cui essa è adibita, del numero delle persone previste dalla tabella di armamento e dell'ammontare annuo presunto delle retribuzioni dell'equipaggio.

All'inizio dell'esercizio della nave, cioè al primo armamento, l'INAIL notifica un premio provvisorio, calcolato sulle retribuzioni presunte segnalate dall'armatore sulla denuncia di esercizio e, nell'anno successivo, il datore di lavoro dovrà provvedere al pagamento del premio assicurativo definitivo stabilito sull'ammontare con le aliquote in vigore relative al rischio (pesca, trasporto passeggeri, merci, ecc.).

 

Il Fondo di solidarietà nazionale per il settore della pesca e altre misure a sostegno del reddito

 

La legge di bilancio per il 2017 (art. 1, commi 244-248 della legge n. 232 del 2016) ha previsto l'istituzione - presso l'INPS - del Fondo di solidarietà per il settore della pesca (FOSPE), con dotazione iniziale di 1 milione di euro per il 2017, alimentato, poi, con contribuzione ordinaria a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, al fine di garantire i lavoratori della pesca in caso di arresto temporaneo obbligatorio, sospensione dell'attività per condizioni metereologiche avverse e ogni altra causa non imputabile al datore di lavoro.

La medesima legge di bilancio per il 2017 (art. 1, commi 346 e 347) ha, inoltre, riconosciuto un'indennità specifica, per il 2017, a sostegno del reddito ai lavoratori dipendenti dalle imprese di pesca per la sospensione dell'attività connesso al fermo biologico: il limite di spesa complessivo previsto è di 11 milioni di euro e comporterà la corresponsione di un'indennità giornaliera omnicomprensiva di 30 euro.

Il decreto-legge n. 244 del 2016 (legge n. 19 del 2017) - cosiddetto proroga termini - ha previsto, all'art. 13, comma 6-undecies, la proroga - anche per il 2017 - del finanziamento necessario alla copertura integrale della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca, relativa all'anno 2016, fino a (ulteriori) 17 milioni di euro, nei limiti e secondo le modalità applicative del decreto interministeriale 5 agosto 2016.

La suddetta disposizione prevede che, al fine di prorogare anche per il 2017 il finanziamento necessario alla copertura integrale della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca relativa all'anno 2016, nei limiti e secondo le modalità stabiliti con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, 5 agosto 2016 (n. 1600069), emanato sulla base dell'art. 1, comma 307 della legge n. 208 del 2015, è destinata una somma (ulteriore) fino a 17 milioni di euro. Alla copertura del predetto onere per il 2017 si provvede a valere sulle disponibilità del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 185 del 2008 (legge n. 2 del 2009).

Il citato art. 1, comma 307, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), per l'anno 2016, nell'ambito delle risorse del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione finalizzate al finanziamento degli ammortizzatori sociali, ha già destinato fino a 18 milioni di euro per il riconoscimento della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca. I limiti e le modalità applicative di questa misura sono state disposte per mezzo del suindicato decreto interministeriale n. 1600069 del 5 agosto 2016, che viene richiamato dalla citata disposizione del decreto "proroga termini". In precedenza, altre misure analoghe sono state approvate dal Parlamento: si vedano, in particolare, l'art. 1, comma 229 della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013); l'art. 1, comma 184 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014); l'art. 1, comma 109 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) e l'art. 3 del decreto-legge n. 65 del 2015 (legge n. 109 del 2015).

In seguito, la legge di bilancio 2018 ( legge 27 dicembre 2017, n. 205) ha approvato le seguenti misure nel settore della pesca:

·     è stata riconosciuta, anche per il 2018, un'indennità giornaliera onnicomprensiva di 30 euro per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima (compresi i soci delle cooperative della piccola pesca) nei periodi di fermo temporaneo obbligatorio, nel limite di spesa di 11 milioni di euro (art. 1, comma 121);

·     è stata attribuita, a decorrere dall'anno 2018, e nel limite di 5 milioni di euro annui, un'indennità giornaliera, fino a un massimo di 30 euro, a favore dei medesimi lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nei periodi di fermo non obbligatorio (art. 1, comma 135);

·     è stata integrata, per l'anno 2019, di 12 milioni di euro, la dotazione finanziaria del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2017-2019, di cui all'art. 2, comma 5-decies del decreto-legge n. 225 del 2010 (legge n. 2010 del 2011), adottato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 28 dicembre 2016, al fine di assicurare la tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e di garantire la competitività del settore ittico (art. 1, comma 123);

·     è stato, infine, integrato di un milione di euro, per il 2019, il Fondo di solidarietà nazionale della pesca e dell'acquacoltura, istituito dall'art. 14 del decreto legislativo n. 154 del del 2004, con risorse - allocate nel cap. 7350 - destinate a completare le procedure di risarcimento dei danni subiti dalle imprese del settore, già accertati alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2018, a seguito di calamità naturali riconosciute (art. 1, comma 124).

Da ultimo, la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha disposto le seguenti misure:

·     la proroga, per il 2019, a favore dei lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, dell'indennità giornaliera onnicomprensiva (fino a un massimo di 30 euro, e nel limite di spesa di 11 milioni di euro) dovuta nel periodo di sospensione dell'attività lavorativa, a causa delle misure di arresto temporaneo obbligatorio (art. 1, comma 673);

·     l'incremento, per il 2019, di 2,5 milioni di euro delle risorse previste a legislazione vigente (ridotte da 5 milioni a 4,5 milioni di euro annui, a decorrere dal 2019, dall'art. 1, comma 803, primo periodo, della medesima legge di bilancio 2019) per il limite di spesa entro il quale l'indennità giornaliera onnicomprensiva è riconosciuta ai lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nei periodi di fermo temporaneo non obbligatorio (art. 1, comma 674).

 


Contenuto delle proposte di legge

Le proposte di legge C. 1008 e C. 1009, composte di 20 articoli ciascuna, sono pressoché identiche al testo dell’Atto Senato 2914 della scorsa legislatura, il cui iter non è terminato presso l’altro ramo del Parlamento, dopo che la Camera, in prima lettura, aveva approvato – al termine di un esame di oltre 4 anni -  nel settembre 2017, un testo unificato delle proposte di legge C. 338, C 339, C. 521, C. 1124, C. 4419 e C. 4421. La proposta di legge C. 1636, composta di 14 articoli, si differenzia da queste, mantenendo, comunque, un impianto simile alle altre.

Per esigenze espositive, l’illustrazione partirà dai testi che più si avvicinano a quello approvato in prima lettura nella scorsa legislatura: i riferimenti alla pdl C. 1008 devono intendersi comuni anche alla pdl C. 1009, ove non venga diversamente indicato; viene, invece, dato conto delle diverse differenze che presenta la pdl C. 1636 rispetto ai predetti testi.

 

L'articolo 1, composto di un solo comma, definisce – in tutte le proposte presentate - le finalità e l'ambito di applicazione dei progetti di legge in esame, consistenti in:

a) incentivare una gestione razionale delle risorse ittiche, con particolare riguardo allo sviluppo sostenibile (di quelle autoctone, inciso previsto nella pdl C. 1008);

b) sostenere le attività che fanno riferimento alla pesca marittima professionale e all'acquacoltura di rilevanza nazionale e alla pesca ricreativa e sportiva;

c) assicurare un sistema di relazioni efficace tra lo Stato e le regioni per garantire la coesione delle politiche in materia nel rispetto degli orientamenti e degli indirizzi di competenza dell'Unione europea.

 

L'articolo 2 – in tutte le pdl presentate - prevede una delega al Governo per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di pesca ed acquacoltura. A tal fine, è prevista l'emanazione di un decreto legislativo (uno o più decreti legislativi nella pdl C. 1636), da emanare entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, avente natura di testo unico delle norme vigenti in materia (comma 1).

Si fa presente che analoga disposizione di delega è altresì contenuta all’art. 16 della proposta di legge C. 982, recante disposizioni per la semplificazione nelle materie dell’agricoltura e della pesca, attualmente all’esame in sede referente presso la XIII Commissione della Camera.

I criteri e principi direttivi dei relativi decreti legislativi sono declinati al comma 2, il quale fa riferimento alla necessità di:

a) operare una ricognizione ed abrogazione espressa di norme che sono state intese come abrogate implicitamente (nella pdl C. 1636 si fa riferimento anche all’abrogazione di quelle norme che siano prive di effettivo contenuto normativo o siano comunque obsolete e all’eliminazione di duplicazioni e risoluzione di eventuali incongruenze e antinomie, tenendo conto dei consolidati indirizzi giurisprudenziali);

b) effettuare i necessari coordinamenti per assicurare coerenza alla normativa e per aggiornarne il linguaggio giuridico; c) coordinare e adeguare la normativa nazionale con quella internazionale ed europea, anche al fine di rendere coerente la disciplina sulla pesca non professionale alle norme a tutela dell'ecosistema marino e alle relative forme di pesca e acquacoltura tradizionali.

La pdl C. 1636 aggiunge anche i seguenti criteri e principi direttivi:

1) adeguamento dei tipi di pesca (professionale) previsti dall’art. 9 del regolamento di cui al DPR n. 1639 del 1968 (pesca costiera, pesca mediterranea o d'altura, pesca oltre gli Stretti od oceanica), in funzione dell’evoluzione tecnologica e in coerenza con la normativa sovranazionale, con particolare riferimento alla possibilità di modificare o estendere l’operatività delle navi da pesca, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia della salute e della sicurezza della vita umana in mare;

2) adeguamento delle disposizioni degli articoli 138 e 140 del citato regolamento di cui DPR n. 1639 del 1968 (relativi agli attrezzi per la pesca sportiva) alla normativa dell’Unione europea in materia di limiti alla strumentazione utilizzabile per l’esercizio della pesca sportiva (questa previsione è inserita all’art. 13, comma 2, lettera d) della pdl C. 1008, come si vedrà di seguito);

3) adeguamento delle disposizioni del regolamento per l’esecuzione del codice della navigazione (Navigazione marittima), di cui al DPR n. 238 del 1952, con particolare riferimento al capo IV del titolo IV del libro primo (artt. 248-264, relativi ai titoli professionali per i servizi di coperta), al fine di favorire il ricambio generazionale e l’arruolamento di pescatori a bordo delle navi della pesca costiera.

Il comma 3 definisce la procedura di adozione del decreto legislativo: esso è adottato su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni (la pdl C. 1636 prevede un semplice parere) e acquisito il parere del Consiglio di Stato. Lo schema di decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e della Commissione parlamentare per la semplificazione (quest’ultimo parere non è previsto nella pdl C. 1009).

 

Al riguardo, con riferimento alla procedura di cui al comma 3 dell’art. 2, si valuti l’opportunità di prevedere esplicitamente quali siano, eventualmente, gli altri Ministri interessati che esprimono il proprio concerto all’adozione del decreto legislativo (ad esempio, quello delle infrastrutture e dei trasporti e quello dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare).

 

Il comma 4 prevede, infine, che lo schema di decreto legislativo sia corredato di una relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria del medesimo, ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura. Conseguentemente, qualora il decreto determini nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al suo interno, il medesimo decreto è emanato solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

 

L'articolo 3 reca, al comma 1,  una delega al Governo – da esercitare entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge (sei mesi nella pdl C. 1636) - in materia di riforma del sistema degli interventi compensativi a favore degli operatori della pesca nell'ambito degli interventi previsti dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), come prevede la pdl C. 1008, ovvero – come prevede la pdl C. 1636 - per estendere al settore della pesca professionale le forme di integrazione salariale, comprensive delle relative coperture figurative, previste per i lavoratori agricoli dalla legge n. 457 del 1972, in favore dei lavoratori imbarcati su navi adibite alla pesca marittima nonché in acque interne e lagunari, compresi i soci lavoratori di cooperative della piccola pesca di cui alla legge n. 250 del 1958, nonché gli armatori e i proprietari armatori, imbarcati sulla nave gestita dai medesimi.

 

Si ricorda che, attualmente, il FEAMP è disciplinato dal  regolamento (UE) n. 508/2014.  Il  predetto Fondo viene utilizzato per cofinanziare progetti insieme alle risorse nazionali. A ciascun Paese viene assegnata una quota della dotazione complessiva del Fondo, in base alle dimensioni del suo settore ittico. Ogni Paese deve, quindi, predisporre un programma operativo (PO), specificando le modalità di utilizzo delle risorse assegnate. In seguito all'approvazione del programma, da parte della Commissione, spetta alle Autorità nazionali selezionare i progetti da finanziare. Le Autorità nazionali e la Commissione sono congiuntamente responsabili dell'attuazione del programma. La  dotazione finanziaria per l'Italia proveniente dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) per il periodo 2014-2020 ammonta a 537 milioni di euro, compresi gli incentivi pubblici per i controlli e la ricerca scientifica. L'Italia ha redatto, ai sensi del citato Regolamento  (UE) n. 508/2014 (artt. 17-22), un Programma Operativo unico, approvato con decisione della Commissione europea del 25 novembre 2015. Sulla base dell'Accordo di partenariato approvato dalla  Commissione  dell’Unione europea il 29 ottobre 2014 e del Programma Operativo unico FEAMP 2014-2020, le risorse europee per l'Italia sono ripartite sui seguenti obiettivi tematici: 1) OT3: promuovere  la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo e il settore della pesca e dell'acquacoltura: 218,72 milioni di euro; 2) OT4: sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori: 12,70 milioni di euro; 3) OT6: tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse: 215,47 milioni; 4) OT8: promuovere l'occupazione sostenibile e di qualità  e sostenere la mobilità dei lavoratori: 58,13 milioni. Si consideri che ai predetti importi si deve aggiungere il relativo cofinanziamento nazionale, pari a circa 446,6 milioni di euro.

Lo scorso anno è stata poi adottata la proposta di regolamento del Parlamento e del Consiglio COM(2018)390, che ha lo scopo di istituire il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) per il periodo 2021-2027, sottoposta all’esame della XIII Commissione della Camera. Si rinvia al relativo dossier dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea della Camera dei deputati per un approfondimento sul contenuto della predetta proposta.

Quanto alla legge n.457 del 1972 richiamata essa ha previsto un trattamento specifico per i lavoratori agricoli in caso di malattia, infortunio, inabilità permanente, e in caso di sospensione temporanea dal lavoro per intemperie stagionali o per altre cause non imputabili al datore di lavoro o ai lavoratori

 

I criteri e princìpi direttivi cui si devono ispirare i relativi decreti legislativi sono indicati al comma 2 (al medesimo comma 1 nella pdl C. 1636) – e sono simili nelle diverse pdl presentate – prevedendosi che essi debbano:

a) sostenere il reddito degli operatori della pesca marittima in tutti i casi di sospensione dell'attività di pesca con provvedimento dell'Autorità competente, causata da talune evenienze, garantendo una più equa distribuzione delle risorse a disposizione;

b) favorire la tutela dei livelli occupazionali (la pdl C. 1636 prevede che si debba “garantire” stabilità occupazionale) nei casi di eventi imprevisti o imprevedibili, non imputabili alla volontà del datore di lavoro e del lavoratore, tra i quali sospensione dell'attività di pesca per problemi di inquinamento, ristrutturazione e cessazione dell'attività;

c)  individuare forme alternative di impiego degli operatori della pesca – anche nell’ambito di progetti pubblici partecipati - in caso di sospensione obbligatoria, con preferenza per quelle volte a tutelare e valorizzare le risorse ittiche.

La pdl C. 1636, al comma 2 dell’art. 3, prevede che, per l’attuazione della delega - nell’ambito della Cassa integrazione salariale operai dell’agricoltura (CISOA), di cui alla legge n. 457 del 1972 - sia istituito il Fondo pesca CISOA, le cui modalità di funzionamento e di finanziamento sono definite con i decreti legislativi di cui al presente articolo.

A tale Fondo, a decorrere dall’anno 2019, affluiscono:

·     le risorse finanziarie previste dall’art. 1, comma 346 della legge n. 232 del 2016 (pari a 4,5 milioni di euro annui dal 2019, attualmente destinate ai lavoratori della pesca marittima per una indennità da corrispondere agli stessi nel periodo di sospensione per arresto temporaneo non obbligatorio);

·     le risorse derivanti dalla contribuzione ordinaria posta a carico delle imprese, secondo termini e modalità definiti nei predetti decreti legislativi.

Il comma 3 di tutte le pdl in esame definisce la procedura di adozione del decreto legislativo: esso è adottato – nella pdl C. 1008 - su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.

Lo schema di decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.

Nella pdl C. 1636 – ai commi 3 e 4 - la predetta procedura si differenzia per il fatto che non è previsto il concerto – per l’adozione dei decreti legislativi - con il Ministro dell’economia e delle finanze, mentre è previsto il parere sia del Consiglio di Stato che della Conferenza Stato-regioni.

Il comma 4 della pdl 1008 contiene una clausola di invarianza finanziaria degli oneri.

La sola pdl C. 1636 presenta altri due commi all’art. 3 (commi 5 e 6).

Il comma 5 prevede che entro due anni dalla data di entrata in vigore dei suddetti decreti legislativi possano essere emanate disposizioni correttive e integrative degli stessi.

Il comma 6 prevede che le disposizioni di cui all’art. 1, commi 673 e 674 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) si applichino anche in favore degli armatori, imbarcati sulla nave gestita dai medesimi, operante in acque marittime interne e lagunari. Prevede, inoltre, che gli eventuali residui delle somme di cui ai citati commi 673 e 674, assegnate al pertinente capitolo di bilancio, impegnate nell’esercizio finanziario di competenza, ma non erogate entro quello successivo, sono conservate nell’esercizio medesimo per le stesse finalità.

Si ricorda, al riguardo, che l’art. 1, comma 673, della legge di bilancio 2019 proroga, per il 2019, a favore dei lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, l’indennità giornaliera onnicomprensiva (fino a un massimo di 30 euro, e nel limite di spesa di 11 milioni di euro) dovuta nel periodo di sospensione dell'attività lavorativa, a causa delle misure di arresto temporaneo obbligatorio (cap. 1481/pg 1 del MIPAAFT); l’art. 1, comma 674 ha poi previsto l'incremento, per il 2019, di 2,5 milioni di euro delle risorse previste a legislazione vigente (ridotte da 5 milioni a 4,5 milioni di euro annui, a decorrere dal 2019, dall'art. 1, comma 803, primo periodo, della medesima legge di bilancio 2019) per il limite di spesa entro il quale l'indennità giornaliera onnicomprensiva è riconosciuta ai lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nei periodi di fermo temporaneo non obbligatorio (cap. 1481/pg 7).

 

L'articolo 4 nella pdl C. 1008 (nella pdl C. 1636, il contenuto dell’art. 4 è identico a quello dell’art. 17 della medesima pdl C. 1008, e sarà illustrato successivamente) - istituisce, presso il MIPAAFT, per l'anno 2018 (la pdl C. 1009 aggiorna tale previsione all’anno 2019), il Fondo per lo sviluppo della filiera ittica, con una dotazione finanziaria di 3 milioni di euro (comma 1), destinato a finanziare, in via sperimentale (comma 2):

a)   la stipula di convenzioni con le associazioni nazionali di categoria o con i consorzi dalle stesse istituiti.

Tali convenzioni sono finalizzate, secondo quanto prevede l'art. 5, comma 1, del decreto legislativo n. 226/2001 (Orientamento e la modernizzazione del settore della pesca e dell’acquacoltura) alla: 1) promozione delle attività produttive nell'ambito degli ecosistemi acquatici attraverso l'utilizzo di tecnologie ecosostenibili; 2) promozione di azioni finalizzate alla tutela dell'ambiente marino e costiero; 3) tutela e valorizzazione delle tradizioni alimentari locali, dei prodotti tipici, biologici e di qualità, anche attraverso l'istituzione di consorzi volontari per la tutela del pesce di qualità; 4) attuazione dei sistemi di controllo e di tracciabilità delle filiere agroalimentare ittiche; 5) definizione di agevolazioni per l'accesso al credito per le imprese della pesca e dell'acquacoltura; 6) riduzione dei tempi procedurali e delle attività documentali nel quadro della semplificazione amministrativa e del miglioramento dei rapporti fra gli operatori del settore e la pubblica amministrazione; 7) assistenza tecnica alle imprese di pesca;

b) la ricerca scientifica e tecnologica applicata alla pesca marittima;

c)  campagne di educazione alimentare, di promozione del consumo dei prodotti della pesca (anche incentivando il consumo delle specie meno commercializzate) e di realizzazione di esperienze di filiera ittica corta;

d) interventi per migliorare l'accesso al credito;

e) programmi di formazione professionale, anche a favore degli addetti operanti nell'intera filiera ittica, e misure per migliorare la sicurezza e la salute del personale imbarcato;

f)  progetti per la tutela e lo sviluppo sostenibile delle risorse ittiche autoctone.

Il comma 3 dell’art. 4 della sola pdl C. 1008 prevede che, ai fini della stipula delle suddette convenzioni, tra le associazioni nazionali di categoria di cui al citato articolo 5 del decreto legislativo n. 226 del 2001, “sono comprese anche le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale stipulanti i contratti collettivi nazionali di lavoro di riferimento per il settore” (questa disposizione non è presente nella pdl. C. 1009).

Si ricorda che l’attuale art. 5 del decreto legislativo n. 226 del 2001 (al comma 1, alinea) prevede che il MIPAAFT possa stipulare con le Associazioni nazionali di categoria ovvero con Consorzi dalle stesse istituiti, convenzioni per lo svolgimento di una o più delle attività sopra ricordate alle lettere da a) a f).

Un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, sentita la Commissione consultiva centrale della pesca marittima e dell’acquacoltura (di cui al successivo art. 15), previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, è chiamato a definire i criteri e le modalità di accesso ai finanziamenti concessi con le risorse del Fondo, nei limiti delle risorse effettivamente disponibili (comma 4 della pdl C. 1008 e comma 3 della pdl C. 1009).

 

L'articolo 5 – nella pdl C. 1008 (nella pdl C. 1636 il contenuto dell’art. 5 è identico a quello dell’art. 18 della medesima pdl C. 1008, e sarà illustrato successivamente) - composto di un solo comma, novella la normativa sui distretti di pesca, sostituendo l’art. 4 del decreto legislativo n. 226 del 2001.

 

Il vigente art. 4 del suddetto decreto legislativo prevede che, al fine di assicurare la gestione razionale delle risorse biologiche, in attuazione del principio di sostenibilità, sia prevista l'istituzione di distretti di pesca. Sono, quindi, considerati distretti di pesca le aree marine omogenee dal punto di vista ambientale, sociale ed economico (comma 1). Le modalità di identificazione, delimitazione e gestione dei distretti di pesca sono definite, su proposta della regione o delle regioni interessate, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente, sentite le associazioni nazionali di categoria (comma 2).

 

In base alla novella in esame, il MIPAAFT istituisce, con proprio decreto, i distretti di pesca (comma 1 del nuovo art. 4), costituiti da sistemi produttivi locali (comma 2), definiti per aree marine omogenee dal punto di vista ecosistemico, sentite le regioni interessate. Sono fatti salvi i distretti già riconosciuti dalle regioni. I criteri di identificazione, delimitazione e gestione dei distretti - nonché l'attribuzione ad essi di ulteriori specifiche competenze - sono stabilite con decreto del MIPAAFT, adottato previa intesa con la Conferenza Stato-regioni e sentita la citata Commissione consultiva centrale della pesca e le associazioni nazionali di categoria.

Quanto alle loro funzioni, si prevede che i distretti di pesca sono chiamati a:

a) sostenere azioni per la promozione di pratica di pesca sostenibile, anche attraverso l'individuazione di attrezzi di pesca che permettono un'elevata selettività di cattura e metodologie a basso impatto ambientale;

b) definire piani di gestione per ottimizzare le attività di pesca e di acquacoltura verso un minor impatto ambientale;

c)  valorizzare i sistemi produttivi locali;

d) promuovere la qualità, l'igiene e la salubrità delle risorse ittiche locali, anche attraverso idonei sistemi di certificazione o marchi di qualità;

e) incentivare progetti per la tutela e lo sviluppo delle risorse ittiche locali autoctone;

f)  promuovere la costituzione di gruppi di azione locale nel settore della pesca, al fine di rafforzare il ruolo delle comunità di pescatori (il contenuto di questa lettera non è presente nella pdl C. 1009);

g) sostenere la raccolta delle più diffuse frazioni merceologiche rinvenute in mare dei manufatti in plastica, acciaio, alluminio e carta, al fine di fare fronte all'emergenza conseguente all'impatto ambientale dei rifiuti in mare, di consentire l'avvio al riciclo separato delle componenti utilizzabili e di ridurre il conferimento in discarica (comma 3).

 

L'articolo 6, nella pdl C. 1008 (l’art. 6 della pdl C. 1636 sarà illustrato di seguito), disciplina i Centri di assistenza per lo sviluppo della pesca e dell'acquacoltura CASP), chiamati a svolgere compiti di assistenza tecnico-amministrativa a favore degli operatori della pesca, nel rispetto delle competenze riservate ai professionisti iscritti agli ordini e ai collegi professionali: ciò attraverso un'apposita convenzione che può essere stipulata con il MIPAAFT (comma 1).

I CASP sono istituiti:

a) dalle associazioni rappresentative delle imprese di pesca (intese - ai fini della legge, nonché delle altre norme vigenti in materia - come le associazioni nazionali riconosciute delle cooperative della pesca, delle imprese della pesca e delle imprese di acquacoltura, ai sensi del comma 5 del medesimo articolo);

b) dalle associazioni nazionali delle organizzazioni dei produttori;

c)  dalle organizzazioni sindacali stipulanti i contratti collettivi nazionali di lavoro di riferimento. I centri di assistenza possono essere previsti all'interno dei centri di assistenza fiscale già costituiti (comma 2).

Le modalità di istituzione e di funzionamento dei CASP e i requisiti minimi per lo svolgimento delle attività sono definiti con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e dell'economia, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni (comma 3).

I CASP, la cui attività è esercitata senza oneri per lo Stato, sono tenuti all'osservanza delle disposizioni del Capo V ("Disposizioni in materia di assistenza fiscale" – artt. 32-40) del decreto legislativo n. 241 del 1997, recante norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni (comma 4).

Ai sensi del comma 5 – come anticipato - per associazioni rappresentative delle imprese di pesca si intendono le associazioni nazionali riconosciute delle cooperative di pesca, delle imprese di pesca e delle imprese di acquacoltura. Il comma 6 reca la clausola di invarianza finanziaria degli oneri.

 

L’articolo 6 della pdl C. 1636, composto di un solo comma, reca disposizioni in materia di marinaio autorizzato alla pesca.

Esso dispone che, al fine di adeguare i limiti di abilitazione del personale imbarcato per tenere conto delle nuove tecnologie di ausilio alla navigazione installate a bordo delle navi da pesca, il marinaio autorizzato alla pesca possa assumere il comando di navi di stazza lorda non superiore a 200 tonnellate addette alla pesca mediterranea in qualsiasi zona. Si prevede quindi che entro un mese dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, il Governo provveda a modificare l'articolo 257 del regolamento per l'esecuzione del Codice della navigazione (Navigazione marittima), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328, al fine di adeguarlo a quanto disposto dal presente comma.

Si ricorda, al riguardo, che il citato art. 257 del regolamento per l'esecuzione del Codice della navigazione, attualmente prevede che il marinaio autorizzato alla pesca (i cui requisiti sono ivi indicati) possa – tra l’altro – “assumere il comando di navi di stazza lorda non superiore alle 200 tonnellate addette alla pesca mediterranea nella zona compresa fra il 6° e il 20° meridiano”. La relazione illustrativa della proposta di legge in esame rileva che, con l'articolo 6 “si intende eliminare il riferimento alla zona di pesca in quanto i suddetti limiti geografici risultano superabili in ragione delle nuove tecnologie radio e satellitari presenti a bordo delle unità di pesca, tenuto anche conto delle opportunità offerte dalle indicazioni dell'Unione europea in materia di libero scambio fra i Paesi membri”.

 

L'articolo 7 nella pdl C. 1008 (nella pdl C. 1636 il contenuto dell’art. 7 è analogo a quello dell’art. 16 della medesima pdl C. 1008, e sarà illustrato successivamente) - apporta due modifiche al decreto legislativo n. 154 del 2004, recante norme per la modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura.

Nel dettaglio, esso interviene sugli articoli 16, comma 2 e 17, comma 1 del decreto richiamato, aggiungendo gli organismi “promossi dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative” tra i soggetti legittimati a collaborare nella predisposizione dei programmi annuali o pluriennali, sulla base dei quali si svolgono le iniziative relative alla pesca, indicate nei medesimi articoli 16 e 17.

La pdl C. 1009 - a differenza della pdl C. 1008 - non fa espresso rinvio alle organizzazioni sindacali nazionali che stipulano il contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento, richiamate nell’art. 18 del suddetto decreto legislativo n. 154 del 2004.

L'articolo 8 nella pdl C. 1008 (l’art. 8 della pdl C. 1636 sarà illustrato di seguito) detta disposizioni in materia di prodotti della pesca.

Un decreto del MIPAAFT è chiamato a individuare le caratteristiche tecniche e le certificazioni di cassette standard che gli operatori del settore hanno la facoltà di utilizzare, nonché le specie ittiche per le quali possono essere utilizzate. Ciò per garantire il rispetto degli obblighi derivanti dall’art. 60 del regolamento (CE) n. 1224/2009 e di semplificare le operazioni relative alla pesatura e all’obbligo di sbarco di cui all’art. 15 del regolamento (UE) n. 1380/2013 (comma 1).

Il suddetto art. 60 del regolamento (CE) n. 1224 del 2009 è relativo alla pesatura dei prodotti della pesca e prevede, in particolare, al paragrafo 1, che uno Stato membro assicuri che tutti i prodotti della pesca siano pesati con sistemi approvati dalle autorità competenti a meno che non abbia adottato un piano di campionamento approvato dalla Commissione e basato sulla metodologia fondata sul rischio adottata dalla Commissione.

L’art. 15 del regolamento (UE) n. 1380/2013, poi, prevede, in particolare, che tutte le catture di specie soggette a limiti di cattura e, nel Mediterraneo, anche le catture di specie soggette a taglie minime, effettuate nel corso di attività di pesca nelle acque unionali o da pescherecci unionali al di fuori delle acque unionali in acque non soggette alla sovranità o alla giurisdizione di paesi terzi, nei luoghi di pesca e nelle zone geografiche elencati di seguito siano portate e mantenute a bordo dei pescherecci, registrate, sbarcate e imputate ai contingenti, se del caso, salvo qualora vengano utilizzate come esche vive.

Un decreto del MIPAAFT è chiamato a regolare le modalità attuative, nell'ordinamento interno, della facoltà di deroga rispetto all'obbligo di pesatura dei prodotti della pesca nel luogo di sbarco, in attuazione dell’art. 60 (sopra descritto) e dell’art. 61 (che regola la pesatura dei prodotti della pesca dopo il trasporto dal luogo di sbarco) del citato regolamento (CE) n. 1224/2009 (comma 2).

Gli operatori del settore debbono, poi, apporre le informazioni relative ai prodotti della pesca e dell'acquacoltura utilizzando un codice a barre o un QR-code come strumento di identificazione, ovvero altri strumenti di identificazione individuati con decreto del MIPAAFT, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento. Ciò in osservanza dell’art. 58, paragrafo 5, del citato regolamento (CE) n. 1224/2009 (che indica come debba essere l’etichettatura e quali siano le informazioni minime richieste per le partite dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura) e del regolamento di esecuzione (UE) n. 404/2011, che reca l’applicazione del predetto regolamento. Restano ferme le disposizioni che regolano le informazioni relative ai prodotti della pesca e dell'acquacoltura, attraverso l'etichettatura o l'imballaggio della partita, oppure mediante un documento commerciale che accompagna fisicamente la partita, ai sensi  dell’articolo 67, paragrafo 5, del suddetto regolamento (UE) n. 404/2011.

Quest’ultima disposizione prevede che le informazioni relative ai prodotti della pesca e dell'acquacoltura possano essere apposte sulle partite utilizzando uno strumento di identificazione come un codice, un codice a barre, un chip elettronico o un dispositivo analogo oppure un sistema di marcatura (comma 3).

 

L’articolo 8 della pdl C. 1636 reca disposizioni sul taglio della pinna caudale per talune specie di pesci. Si prevede che, ai fini della tracciabilità e del contrasto della vendita illegale dei prodotti della pesca non professionale effettuata in mare, nonché di rendere riconoscibile la cattura delle specie di pesce indicate in un apposito allegato alla legge, venga effettuata una marcatura su tali specie (comma 1).

La marcatura consiste nel taglio alla base delle due pinne pettorali e del lobo inferiore della pinna caudale del pesce (comma 2).

I soggetti che effettuano la pesca non professionale in mare a bordo di imbarcazioni devono contrassegnare il pesce tramite la marcatura, all'atto della cattura, ad esclusione degli esemplari che sono mantenuti vivi a bordo prima di essere rilasciati.

La marcatura deve essere effettuata in ogni caso prima dello sbarco (comma 3).

Per i pescatori subacquei che effettuano la pesca non professionale in mare partiti dalla riva, la marcatura di cui sopra deve essere effettuata appena hanno raggiunto la riva (comma 4).

Per i soggetti che effettuano la pesca non professionale da terra, la marcatura deve essere effettuata dopo la cattura (comma 5).

I pesci devono essere conservati interi, tranne per la marcatura, fino allo sbarco.

Per la determinazione della misura del pesce non si tiene conto della parte asportata nell'operazione di marcatura (comma 6).

L’allegato indica le seguenti specie (indicate anche con il loro nome scientifico): tonno rosso, tonno alalunga o alalonga, pesce spada, barracuda, cernia, corvina, dentice, orata, pagello, parago, pezzonia, ricciola, sarago, spigola, tanuta o cantaro e scorfano.

 

L'articolo 9 nella pdl C. 1008 (l’art. 9 della pdl C. 1636 sarà illustrato di seguito), prevede che il MIPAAFT dia attuazione – con decreto del Ministro, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni - alle disposizioni che definiscono l'attività di "pesca-turismo" e "ittiturismo" (contenute all'art. 2, comma 2, lettere a) e b) del decreto legislativo n. 4 del 2012), le quali rientrano nell’attività di pesca professionale se effettuate dall’imprenditore ittico. Ciò deve avvenire, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, seguendo i seguenti criteri:

a) svolgimento delle seguenti iniziative:

1)  osservazione dell'attività di pesca professionale praticata esclusivamente con l'attrezzo denominato sciabica e con gli attrezzi consentiti per l'esercizio della piccola pesca;

2)  svolgimento dell'attività di pesca occasionale mediante l'impiego degli attrezzi di cui all'art. 138 del DPR n. 1639 del 1968 (che indica gli attrezzi individuali e non individuali consentiti per la pesca sportiva);

3)  svolgimento di attività turistico-ricreative volte alla divulgazione della cultura del mare e della pesca;

4)  svolgimento di attività finalizzate alla conoscenza e alla valorizzazione dell'ambiente costiero;

b) svolgimento delle iniziative di pesca-turismo anche nei giorni festivi nell'arco delle ventiquattro ore;

c) necessità di dotazione delle imbarcazioni per il ricovero al coperto delle persone qualora le stesse vogliano essere autorizzate a operare nel periodo invernale e a effettuare uscite notturne,;

d) riconduzione delle persone imbarcate nel porto di partenza, ovvero, in caso di necessità, in altro porto;

e) possibilità di imbarcare minori di quattordici anni se accompagnati da persone di maggiore età (la pdl C. 1009 utilizza il termine “consentire”);

f)  facoltà di utilizzo dell’attrezzo denominato sciabica e degli attrezzi di pesca compresi nel sistema di pesca previsti per gli armatori di unità munite di licenza di pesca che vogliano esercitare l'attività di pesca-turismo;

g) validità triennale dell’autorizzazione all'attività di pesca-turismo rilasciata dal capo del compartimento marittimo di iscrizione e sia corrispondente alle date di rilascio e di scadenza del certificato delle annotazioni di sicurezza rilasciato dall'ente tecnico;

h) obbligo del telefono satellitare, dell’apparato di controllo e satellitare e dell’ apparato VHF anche portatile tra i sistemi di comunicazione a bordo

i)  previsione tramite contrattazione nazionale delle figure professionali operanti nelle attività di pesca turismo (questa lettera non è presente nella pdl. C. 1009).

 

L’articolo 9 della pdl C. 1636 reca disposizioni sull’etichettatura dei prodotti ittici.

Si prevede al riguardo che, al fine di tutelare la trasparenza delle operazioni commerciali e il diritto alla piena informazione del consumatore, sui prodotti della pesca e dell'acquacoltura sia indicata la data di cattura del pesce, se prodotti della pesca, o di raccolta, se prodotti dell'acquacoltura, con un contrassegno o un'etichetta chiari e inequivocabili.

Tale disposizione non si applica ai prodotti catturati o commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea (comma 1).

Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, sono definite le modalità di attuazione di tale disposizione (comma 2).

 

Si ricorda, in proposito che il regolamento n.1379 del 20013, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura, reca, all’articolo 35, l’indicazione delle informazioni obbligatorie che devono essere fornite al consumatore ai fini della commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura.

In particolare, l’etichetta o il contrassegno devono recare:

a)  la denominazione commerciale della specie e il suo nome scientifico;

b)  il metodo di produzione, in particolare mediante i termini "…pescato…" o "…pescato in acque dolci…" o "…allevato…",

c)  la zona in cui il prodotto è stato catturato o allevato e la categoria di attrezzi da pesca usati nella cattura di pesci, come previsto nella prima colonna dell'allegato III del presente regolamento;

d)  se il prodotto è stato scongelato;

e)  il termine minimo di conservazione, se appropriato.

Lo Stato membro può esonerare dagli obblighi richiamati i piccoli quantitativi di prodotti venduti direttamente dal peschereccio al consumatore, purché non superino il valore pari a 50 euro al giorno.

 

L'articolo 10 – in tutte le pdl presentate - aggiunge i settori della pesca e dell'acquacoltura al già previsto settore agricolo, relativamente all'esenzione dall'imposta di bollo per le domande, gli atti e la documentazione finalizzati alla concessione di aiuti europei e nazionali e a prestiti agrari di esercizio, di cui all’art. 21-bis dell'allegato B, annesso al DPR n. 642 del 1972 sull’imposta di bollo (comma 1).

La relativa copertura finanziaria (prevista all’art. 13 nella pdl C. 1636), pari a 250.000 euro annui, a decorrere dal 2018 (le pdl C. 1009 e 1636 aggiornano tale decorrenza all’anno 2019), viene rinvenuta nella corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004 (comma 2).

 

L'articolo 11, nella pdl C. 1008 (l’art. 11 della pdl C. 1636 sarà illustrato di seguito), prevede che gli imprenditori ittici e gli acquacoltori, singoli o associati, possano vendere direttamente al consumatore finale i prodotti provenienti dall'esercizio della propria attività (comma 1), compresi quelli oggetto di manipolazione o trasformazione degli stessi prodotti (comma 2).

L'attività di vendita diretta deve rispettare la normativa vigente in materia igienico-sanitaria, fiscale, di etichettatura e di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Agli imprenditori ittici si applicano le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto legislativo n. 228 del 2001 (comma 3), in ordine ai divieti di esercizio dell'attività di vendita diretta in caso di condanne con sentenza passata in giudicato, per delitti in materia di igiene e sanità o di frode nella preparazione degli alimenti nel quinquennio precedente all'inizio dell'esercizio dell’attività.

Il comma 4 sostituisce la lettera g) dell'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 114 del 1998 (che individua un insieme di soggetti ai quali non si applica la normativa sul commercio introdotta dal medesimo decreto), prevedendo che l'esclusione si applichi anche agli imprenditori ittici e dell'acquacoltura che vendono prodotti provenienti prevalentemente (e non solo “esclusivamente”, come prevede attualmente tale disposizione), i propri prodotti ittici.

Il comma 5 chiarisce che, quando la vendita diretta si svolge a bordo di barche da pesca o presso l'impianto di allevamento, i prodotti ceduti possono riguardare esclusivamente quelli provenienti dalla propria attività professionale o dal proprio impianto di allevamento.

 

In tema di vendita diretta, si ricorda che la legge di bilancio 2019  ha modificato la sua disciplina, prevedendo che gli imprenditori agricoli possano vendere non solo prodotti propri, ma anche prodotti agricoli e alimentari acquistati direttamente da altri imprenditori agricoli. Tali prodotti non devono appartenere alla stessa categoria merceologica dei prodotti propri e l'attività di vendita non deve essere prevalente rispetto a quella dei prodotti propri. Per tali finalità, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuovono specifiche campagne per valorizzare le produzioni agroalimentari locali, prevedendo, a tal fine, un limite di spesa di 500.000 euro annui a decorrere dal 2019 (art. 1, commi 700-701 della legge n. 145 del 2018).

 

L’articolo 11 della pdl C. 1636 reca disposizioni in materia di tassa di concessione governativa per le licenze di pesca.

Disposizione di analogo tenore è rinvenibile nell’art. 17 del progetto di legge C. 982, all’esame in sede referente presso la XIII Commissione Agricoltura.

 

Il comma 1 prevede che la tassa di concessione governativa prevista dall’articolo 8 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 641 (Licenza per la pesca professionale marittima) – che prevede 404 euro per ogni unità adibita - sia dovuta ogni otto anni, indipendentemente dalla scadenza indicata nella licenza di pesca.

È ammesso il pagamento tardivo oltre il termine di scadenza degli otto anni, entro i sei mesi successivi della scadenza stessa; in tal caso è applicata, a titolo di sanzione, una sovrattassa pari al 5 per cento dell'importo della tassa ordinaria.

Il comma 2 dispone che la tassa è, altresì, dovuta, prima della scadenza degli otto anni, soltanto nei casi di variazioni sostanziali della licenza di pesca che comportino l'adozione di un nuovo atto amministrativo. In questi casi la nuova licenza resta in vigore per otto anni a decorrere dalla data del pagamento della medesima tassa.

Il comma 3 prevede che, ferma restando la scadenza prevista della licenza, la tassa di concessione governativa sulla licenza di pesca non è dovuta in caso di cambio di armatore, se il passaggio avviene tra la cooperativa di pesca ed i suoi soci o viceversa, nonché fra soci appartenenti alla medesima cooperativa di pesca, durante il periodo di vigenza della licenza.

Il comma 4 dispone che, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, da adottarsi entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente provvedimento, sono stabilite le modalità per il rilascio delle licenze di pesca, le modifiche e i rinnovi, i criteri di valutazione, le variazioni sostanziali di cui sopra che comportano il rilascio di una nuova licenza, le procedure ed i tempi relativi.

Il comma 5 prevede che, in tutti i casi di rilascio di una nuova licenza di pesca o di semplice rinnovo, nelle more della conclusione del relativo procedimento amministrativo, il soggetto che ha presentato l'istanza, redatta ai sensi delle norme vigenti in materia, sia temporaneamente abilitato all'esercizio dell'attività di pesca. In caso di attività di controllo da parte delle autorità competenti, il possesso da parte dell'armatore o del comandante di copia dell'istanza presentata abilita l'imbarcazione alla navigazione e alla pesca. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sono stabilite le condizioni e le modalità per garantire il pieno esercizio della facoltà di cui al comma in esame in favore degli interessati, assicurando speditezza ed efficienza del procedimento amministrativo in conformità alla disciplina vigente dell'Unione europea.

 

Si ricorda che, in base all’art. 2 del decreto ministeriale 26 luglio 1995 in materia di rilascio delle licenze di pesca, la licenza per la pesca professionale marittima – che è rilasciata dal MIPAAFT - è valida per un periodo di otto anni ed è rinnovabile su richiesta dell’interessato. Si rinvia, infine, alla risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 105/E del 27 novembre 2014, relativa alla tassa sulle concessioni governative per il rilascio della licenza di pesca professionale marittima.

 

L'articolo 12 nella pdl C. 1008 (l’art. 12 della pdl C. 1636 sarà illustrato di seguito), modifica l'art. 2, comma 339, della legge n. 244 del 2007 che disciplina la rappresentanza delle associazioni della pesca nelle commissioni di riserva delle aree marine protette. Esso, al comma 1:

1)   aggiorna il vecchio riferimento all'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM) con l’attuale "Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA)";

 

Si ricorda che l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) è stato istituito dall’art. 28 del decreto-legge n. 112 del 2008, che ha accorpato in un unico ente l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) e l’Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare (ICRAM). Le disposizioni regolamentari di organizzazione dell’Istituto, che opera sotto la vigilanza del Ministro dell'ambiente, sono state successivamente dettate dal D.M. ambiente 21 maggio 2010, n. 123.

 

2)    prevede che facciano parte delle di tali commissioni anche tre esperti designati dalle associazioni nazionali della pesca professionale più rappresentative, uno in rappresentanza delle imprese di pesca, uno in rappresentanza delle cooperative di pesca ed uno in rappresentanza delle imprese di acquacoltura;

3)   prevede inoltre (con un’aggiunta rispetto al testo del citato AS 2914 della scorsa legislatura) – nelle medesime commissioni - un rappresentante di ogni organizzazione sindacale stipulante i contratti collettivi nazionali di lavoro di riferimento nel settore della pesca (questa disposizione non è presente nella pdl C. 1009).

 

Si dispone poi che, agli oneri derivanti dalla partecipazione a tali commissioni dei suddetti nuovi rappresentanti, pari a 97.200 euro annui, a decorrere dall'anno 2018 (la pdl C. 1009 aggiorna tale decorrenza all’anno 2109), si provveda mediante corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente – per il triennio 2018-2020 relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (comma 2).

 

Al riguardo, con riferimento all’art. 12, comma 2, delle pdl C. 1008 e C. 1009, si valuti l’opportunità di riferire la copertura finanziaria degli oneri all’esercizio nel quale entrerà presumibilmente in vigore il provvedimento in esame (non prima, dunque, del 2019) e al relativo triennio di riferimento dei fondi speciali (attualmente, 2019-2021).

 

L’articolo 12 della pdl C. 1636 reca disposizioni in materia di determinazione dei canoni per le concessioni demaniali per la pesca e l’acquacoltura (l’art. 14 della pdl C. 1008, al comma 2, lettera d), riprende tale argomento, ma all’interno di una disposizione di delega più ampia che sarà trattata in seguito). Tale articolo prevede che alle concessioni di aree demaniali marittime e loro pertinenze, nonché di zone di mare territoriale richieste da soggetti diversi da quelli di cui all'articolo 2511 del codice civile (ossia diversi dalle società cooperative) per attività di acquacoltura, pesca, ripopolamento attivo e passivo, protezione della fascia costiera e di zone acquee, nonché per la realizzazione di manufatti per il conferimento, il mantenimento, l'eventuale trasformazione e la commercializzazione del prodotto, si applichi il canone a titolo ricognitorio previsto dall'articolo 48, lettera e), del testo unico delle leggi sulla pesca, di cui al regio decreto 8 ottobre 1931, n. 1604 (comma 1).

Si dispone inoltre che alle concessioni di specchi acquei demaniali, rilasciate o rinnovate, ai sensi del precedente comma  per le aree non occupate da strutture produttive, si applichi il canone annuo pari a un decimo di quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 15 novembre 1995, n. 595 (comma 2).

Non è indicata una quantificazione degli oneri derivanti da tale misura, ma questa è ricavabile dall’art. 13 – che sarà illustrato in seguito – che indica una copertura finanziaria per la stessa di 1 milione di euro annui a decorrere dal 2019.

 

La relazione illustrativa alla pdl C. 1636 osserva che l’articolo in esame “tende a recuperare il contenuto dell'articolo 27-ter della legge 17 febbraio 1982, n. 41, come modificato dalle leggi 10 febbraio 1992, n. 165, e 21 maggio 1998, n. 164, e successivamente abrogato dall'articolo 23 del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154. In particolare, l'abrogazione del comma 3 dell'articolo 27-ter ha determinato un vuoto normativo nel quale trova applicazione l'articolo 48 del testo unico delle leggi sulla pesca, di cui al regio decreto n. 1604 del 1931, in base al quale soltanto le società cooperative di pescatori lavoratori, nonché i consorzi e le cooperative non costituite in consorzi beneficiano del canone a titolo ricognitorio, mentre alle imprese di pesca che non ricadono nella fattispecie di cui all'articolo 2511 del codice civile si applicano i canoni nella misura stabilita dal decreto del Ministro della marina mercantile 19 luglio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 23 dicembre 1989, con conseguente esorbitante aumento del canone. L'abrogazione del comma 3-bis del citato articolo 27 della legge n. 41 del 1982 (comma introdotto dall'articolo 1, comma 2, lettera i), della legge n. 164 del 1998), ha comportato, altresì, il venir meno della riduzione, pari a un decimo, del canone per le superfici non produttive, del quale godevano gli impianti di acquacoltura. Tale riduzione era stata prevista dal legislatore per contemperare la funzione di tutela ambientale, derivante dalla salvaguardia di larghi spazi di mare sottratti all'attività di pesca, a beneficio di tutta la collettività, con l'esercizio redditizio dell'attività di acquacoltura. L'attività di acquacoltura, per sua natura, è caratterizzata da una redditività che si realizza solo a lungo termine: dalla semina degli avannotti al momento di maturazione in cui gli stessi possono essere venduti sul mercato come pesci adulti passano in media due o tre anni e l'applicazione del canone nella misura ordinaria mette a rischio la sopravvivenza di numerose imprese del settore che non ricadono nella fattispecie di cui all'articolo 2511 del codice civile”.

Si ricorda che, da ultimo, è stato pubblicato il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 7 dicembre 2018 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio 2019), recante “Aggiornamenti, relativi all'anno 2019, delle misure unitarie dei canoni per le concessioni demaniali marittime”.

Per un approfondimento sulle concessioni demaniali marittime, si rinvia all’apposito tema web del Servizio studi della Camera dei deputati.

 

L'articolo 13, nella pdl C. 1008 (l’art. 13 della pdl C. 1636, relativo alla copertura finanziaria di quel progetto di legge, sarà illustrato di seguito), reca una delega al Governo – da esercitare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento - per il riordino della normativa in materia di pesca sportiva (comma 1). I princìpi e criteri direttivi del relativo decreto legislativo (comma 2) fanno riferimento alla necessità di:

a)   includere la pesca sportiva tra le attività di valorizzazione della risorsa ittica, anche nell'ambito dei distretti di pesca;

b)   prevedere un sistema di rilascio delle licenze che tenga conto del sistema di pesca praticato, anche ai fini di un censimento volto ad accertare il numero dei pescatori sportivi e il quantitativo del pesce pescato;

c)   prevedere – con una disposizione non presente nel testo dell’AS 2914 nella pdl C. 1009 - che parte delle risorse derivanti dalle tasse sul rilascio delle licenze di pesca sportiva confluisca nel Fondo di solidarietà per il settore della pesca (FOSPE) di cui all'articolo 1, comma 244, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) nel caso di arresto temporaneo obbligatorio deciso dalle autorità pubbliche competenti e nel caso di sospensioni temporanee dell'attività di pesca per condizioni meteorologiche avverse o per ogni altra causa non imputabile al datore di lavoro.

 

Al riguardo, si ricorda che il FOSPE è stato istituito, presso l’INPS, con una dotazione iniziale di 1 milione di euro per il 2017, alimentato, poi, con contribuzione ordinaria a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori; ciò al fine di garantire i lavoratori della pesca in caso di arresto temporaneo obbligatorio, sospensione dell'attività per condizioni metereologiche avverse e ogni altra causa non imputabile al datore di lavoro. Le sue risorse sono state allocate nel cap. 2120 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Nella ripartizione in capitoli dell’attuale legge di bilancio 2019-2021, tale capitolo non presenta risorse nel triennio, né in conto competenza né in conto cassa. Si rammenta, poi, che altri interventi a favore dei lavoratori del settore della pesca marittima sono stati effettuati sia per mezzo della medesima legge di bilancio del 2017, sia per mezzo di provvedimenti successivi (compresa l’attuale legge di bilancio 2019), come è descritto nell’apposita sezione web del Servizio studi della Camera dei deputati.

 

d) adeguare le disposizioni degli articoli 138 (relativo agli attrezzi individuali e non individuali consentiti per la pesca sportiva) e 140 (che indica le limitazioni all’uso di taluni attrezzi per la pesca sportiva) del regolamento di cui al DPR 2 ottobre 1968, n. 1639, alla normativa dell'Unione europea in materia di strumentazione;

e) provvedere al riassetto e al coordinamento delle disposizioni vigenti in materia, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo.

Il comma 3 definisce la procedura di adozione del decreto legislativo, adottato su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, con il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Il comma 4,  infine, contiene la clausola di invarianza finanziaria degli oneri.

 

L’articolo 13 della pdl C. 1636 come anticipato – reca la copertura finanziaria del progetto di legge. Le due disposizioni ritenute onerose vengono coperte mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica:

·     la prima è l’esenzione dall’imposta di bollo di cui all’art. 10, con un onere pari a 250.000 euro annui a decorrere dal 2019;

·     la seconda è la modifica dei canoni per le concessioni demaniali per la pesca e l'acquacoltura, di cui all’art. 12, il cui onere è stimato in 1 milione di euro annui, sempre a decorrere dall’anno 2019 (comma 1).

Dopo la disposizione di rito secondo la quale il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (comma 2), segue la clausola di invarianza finanziaria degli oneri per la restante parte della proposta di legge (comma 3).

 

L'articolo 14 della pdl C. 1008 (nella pdl C. 1636 il contenuto dell’art. 14 è identico a quello dell’art. 20 della medesima pdl C. 1008, e sarà illustrato successivamente) delega il Governo al riordino della normativa in materia di concessioni demaniali per la pesca e l'acquacoltura e di licenze di pesca, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge  (comma 1).

I criteri e i princìpi direttivi (comma 2) sono i seguenti:

a)   il sistema di rilascio e di rinnovo delle concessioni deve essere impostato in modo da incentivare gli investimenti anche a lungo termine nella fascia costiera e nelle zone acquee;

b)   devono essere stabiliti criteri di priorità per l'assegnazione di interventi con minor impatto ambientale;

c)   deve essere consentito anche ai piccoli imprenditori della pesca e dell'acquacoltura un accesso paritario alle concessioni e alle licenze;

d)   deve essere introdotta una diversificazione dell'ammontare dei canoni di concessione in relazione alle dimensioni dell'attività, all'entità degli investimenti proposti e alla sostenibilità ambientale degli stessi;

e)   deve essere prevista una diversificazione dell'ammontare delle licenze di pesca, tenendo in considerazione le dimensioni dell'attività, e consentendo la rateizzazione del pagamento della tassa;

f)    siano previsti termini congrui di durata delle licenze rapportati all'ammortamento degli investimenti, prevedendo meccanismi di agevolazione per la circolazione delle licenze all'interno delle cooperative;

g)   deve essere semplificata l'azione amministrativa, mediante l'utilizzo degli sportelli delle capitanerie di porto;

h)   sia previsto che le imprese di acquacoltura (di cui ai codici ATECO 03.21.00, relativo all’acquacoltura marina e 03.22.00, relativo all’acquacoltura in acque dolci) possano utilizzare l'acqua oggetto della concessione, anche al fine di produrre energia elettrica.

 

Il comma 3 dell’art. 14 definisce la procedura di adozione del decreto legislativo, adottato su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, con il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Il comma 4,  infine, contiene la clausola di invarianza finanziaria degli oneri.

 

L'articolo 15 (non presente nella pdl C. 1636, suddivisa in 14 articoli) composto di un solo comma, integra l’art. 12 del decreto-legge n. 95 del 2012, aggiungendovi il comma 20-bis.

Questo prevede che la Commissione consultiva centrale della pesca e dell'acquacoltura (non più operativa e le cui competenze sono state trasferite al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in base a quanto previsto dal comma 20 dell'articolo 12 del D.L. n. 95/2012), svolga le funzioni di cui all’articolo 3 del decreto-legislativo n. 154 del 2004, senza alcun onere a carico del bilancio dello Stato. La novella in commento prevede, inoltre, che ai componenti della Commissione non spettino compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati.

 

Si ricorda che il predetto art. 3 del decreto legislativo n. 154 del 2004 disciplina sia la composizione di tale Commissione (al comma 1) – che, si ricorda, è stata sostanzialmente soppressa, come è rilevato espressamente nelle premesse del DM 28 dicembre 2016 - sia le sue funzioni (al comma 2), senza nulla prevedere in ordine a eventuali emolumenti o rimborsi spese per i suoi componenti. La predetta Commissione era chiamata a dare pareri sui decreti del Ministro o del sottosegretario di Stato delegato, finalizzati alla tutela e gestione delle risorse ittiche ed in relazione ad ogni argomento per il quale il presidente (il Ministro o il sottosegretario delegato) ne avesse ravvisato l'opportunità.

Il decreto ministeriale n. 13453 del 7 giugno 2017 (a firma del sottosegretario pro tempore) ha successivamente istituito il Tavolo di consultazione permanente della pesca e dell’acquacoltura, un organismo simile, ma sostanzialmente informale: al di là della composizione – analoga, ma differente, tra i due organi - questo secondo organismo, presieduto da un sottosegretario o, in caso di assenza o impedimento di questi, dal Direttore generale della pesca marittima e dell’acquacoltura del MIPAAFT, ha le seguenti funzioni: a) rappresenta un momento di confronto, nell’ambito delle problematiche di settore, tra l’Amministrazione e gli esponenti a vario titolo coinvolti; b) può proporre l’adozione di misure relative all’attività della pesca; c) su istanza del MIPAAFT, può rendere pareri su provvedimenti dell’Amministrazione, finalizzati alla tutela delle risorse ittiche.

 

L'articolo 16 della pdl C. 1008 (di contenuto analogo all’art. 7 della pdl C. 1636), prevede che, per il triennio 2018-2020 (a decorrere dal 1° gennaio 2019, secondo l’art. 7 della pdl C. 1636) fermi restando i coefficienti di ripartizione e le quote individuali di tonno rosso, come definiti con decreto del sottosegretario di Stato alle politiche agricole alimentari e forestali 17 aprile 2015 (che ha ripartito le quote di tonno rosso per il triennio 2015-2017) ogni eventuale incremento annuo delle quote di tonno rosso assegnato all'Italia sia ripartito, per una quota complessiva pari a non meno del 30 per cento, esclusivamente fra i sistemi di pesca del tipo circuizione (PS), palangaro (LL) e tonnara fissa (TRAP), e fino ad un massimo del 70 per cento alla pesca accidentale o accessoria, compresa la piccola pesca.

La pdl C. 1636 prevede che il predetto contingente assegnato all’Italia sia  ripartito, per una quota complessiva non più del 30 per cento, fra i sistemi di pesca del tipo circuizione, palangaro e tonnara fissa, e per il restante 70 per cento alla pesca accidentale o accessoria, compresa la piccola pesca (comma 1).

Si prevede inoltre che, entro trenta giorni dall’approvazione del regolamento dell’Unione europea attuativo delle raccomandazioni adottate dalla Commissione internazionale per la conservazione dei Tonni atlantici (ICCAT), il MIPAAFT, con decreto di natura non regolamentare, provveda a ripartire tra i vari sistemi di pesca la quota di cattura di tonno rosso assegnata annualmente all’Italia, riservando un contingente specifico alla pesca ricreativa e sportiva (comma 2). Il predetto decreto opera nel rispetto del principio unionale della stabilità relativa e tiene conto delle indicazioni in materia di redditività e sostenibilità economica, sociale e ambientale che sono nelle citate raccomandazioni (comma 3).

 

Al riguardo, si rammenta che, con regolamento (UE) n. 2016/1627 è stato adottato un piano pluriennale di ricostituzione del tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo, in attuazione delle raccomandazioni ICCAT fino ad allora adottate. Con il regolamento (UE) n. 2017/127 è stato ripartito tra le flotte degli Stati membri il totale ammissibile di cattura (TAC) del tonno rosso assegnato all'Unione europea per l'anno 2017, confermando – allora - per l'Italia, una quota nazionale pari a 3.304.82 tonnellate nonché un numero massimo di 12 imbarcazioni da autorizzare per la pesca con il sistema del palangaro e di 6 impianti da autorizzare per la pesca con il sistema della tonnara fissa. Con decreto direttoriale 8447 del 7 aprile 2017 erano state assegnate, per la campagna di pesca 2017, le quote individuali per ciascuna unità di pesca autorizzata alla pesca del tonno rosso, ripartite tra i sistemi di "circuizione", "palangaro" e gli impianti delle "tonnare fisse". Successivamente, è stato adottato il regolamento (UE) n. 2018/120 del Consiglio, che stabilisce, per il 2018, le possibilità di pesca per alcuni stock ittici e gruppi di stock ittici, applicabili nelle acque dell'Unione, con il quale – tra l’altro - è stato ripartito, tra le flotte degli Stati membri, il totale ammissibile di cattura (TAC) del tonno rosso, assegnando all’Italia una quota nazionale pari a 3.894,13 tonnellate (allegato ID, richiamato dall’art. 19). Con la raccomandazione ICCAT n. 17/07 (testo in inglese) – entrata in vigore l’11 giugno 2018 - le Parti contraenti - tra cui l’Unione europea, che poi ripartisce tra gli Stati membri la quota di tonno rosso ad essa assegnata - relativamente al triennio 2018/2020, hanno approvato un ulteriore incremento progressivo del Totale ammissibile di cattura (TAC) del tonno rosso.

Considerato quanto sopra, l’ultima ripartizione dei contingenti nazionali di cattura del tonno rosso risulta quella relativa al triennio 2018-2020, adottata con il decreto direttoriale 8876 del 20 aprile 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 2018, che ha confermato il contingente complessivo di 3.894,13 tonnellate assegnato all’Italia per la campagna di pesca 2018, nonché i contingenti rispettivamente determinabili (sulla base del piano pluriennale di cui al paragrafo 5 della citata raccomandazione ICCAT n. 17-07), in 4.308,59 tonnellate per l’annualità 2019 ed in 4.756,75 tonnellate per l’annualità 2020, ripartendoli tra i diversi sistemi di pesca (circuizione, palangaro, tonnara fissa, pesca sportiva/ricreativa e quota non divisa, quest’ultima relativa principalmente al cosiddetto “prelievo accessorio”).

 

L'articolo 17 della pdl C. 1008, di contenuto identico all’art. 4 della pdl C. 1636, apporta talune modifiche agli articoli 9, 11 e 12 del decreto legislativo n. 4 del 2012, in materia di sanzioni per le violazioni della relativa normativa in materia di pesca e acquacoltura.

Viene novellato, intanto,  il comma 3 dell’art. 9 del suddetto decreto legislativo, in materia di pene accessorie per le contravvenzioni previste dal medesimo decreto, disponendosi che, qualora talune violazioni ivi indicate siano commesse mediante l'impiego di un'imbarcazione non espressamente autorizzata all'esercizio della pesca marittima professionale, sia sempre disposta, nei confronti dei trasgressori, la sospensione dell’iscrizione (e non del “certificato di iscrizione” come attualmente previsto) nel registro dei pescatori, per un periodo variabile  – fino a tre mesi – non inciso dalla disposizione in commento (comma 1).

Si prevede, poi – al comma 2 - con riferimento all’art. 11 del medesimo decreto legislativo n. 4 del 2012:

a)   che le sanzioni amministrative pecuniarie – da 2.000 a 12.000 euro - previste per fattispecie indicate al comma 1, secondo periodo, di tale articolo, aventi ad oggetto il tonno rosso e il pesce spada, siano aumentate di un terzo, anziché raddoppiate, come previsto a legislazione vigente (sempre salvo che il fatto costituisca reato);

b)   che non ci sia più la sospensione dell’esercizio commerciale da cinque a dieci giorni (attualmente prevista dall’art. 11, comma 5, alinea);

c)   che effettuare catture accessorie o accidentali in quantità superiori a quelle autorizzate, per ciascuna specie, dalle normative europea e nazionale vigenti, sia soggetta ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000 euro (anziché alle sanzioni previste - in generale - dall’art. 11, comma 1, sopra ricordate, che prevedono anche un aumento della sanzione nel caso si tratti di pesca di tonno rosso o di pesce spada);

d)   che in caso di detenzione, sbarco e trasbordo di esemplari di specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento (violando le disposizioni dell’art. 10, commi 2, 3, 4 e 6) la sanzione amministrativa pecuniaria sia riarticolata in cinque (al posto delle attuali quattro) fasce di sanzioni, a seconda della quantità di pescato interessata alla violazione, abbassando l'entità minima della stessa da 1.000 a 100 euro e mantenendo ferma l'entità massima (75.000 euro). Nel caso le violazioni in esame abbiano ad oggetto il tonno rosso e il pesce spada, mentre attualmente è previsto il raddoppio delle sanzioni (fino a un massimo di 150.000 euro), il testo in esame prevede un aumento di un terzo. In caso di violazione delle norme vigenti relative all'esercizio della pesca sportiva, ricreativa e subacquea (di cui all’art. 11, comma 10, lettera a)), e di violazioni della normativa in ordine al limite del quantitativo pescato (di cui all’art. 11, comma 12), viene previsto l'aumento di un terzo e non più il raddoppio della sanzione; in merito alle sanzioni accessorie relative agli illeciti amministrativi concernenti il tonno rosso e il pesce spada (richiamati al comma 3 dell’art. 12) viene previsto che la sospensione della licenza di pesca avvenga solo in caso di recidiva, al quale può seguire la revoca, in caso di ulteriori successive violazioni (a legislazione vigente, è previsto che, a fronte delle violazioni richiamate, è sempre disposta la sospensione della licenza di pesca per un periodo da tre a sei mesi e, in caso di recidiva, la revoca della licenza);

e)   viene infine novellato il comma 4 dell’art. 12, in materia di sanzioni amministrative accessorie per gli illeciti amministrativi previsti dal medesimo decreto, disponendosi che, qualora talune violazioni ivi indicate siano commesse mediante l'impiego di un'imbarcazione non espressamente autorizzata all'esercizio della pesca marittima professionale, sia sempre disposta la sospensione dell’iscrizione (e non del “certificato di iscrizione” come attualmente previsto) nel registro dei pescatori, per un periodo variabile – fino a tre mesi - che non viene inciso dalla disposizione in commento.

 

Le modifiche introdotte fanno riferimento all’entità delle sanzioni come da ultimo definite dalla legge 28 luglio 2016, n.154, c.d collegato agricolo, all’articolo 39.

Con questo intervento l’entità delle sanzioni è stata inasprita per dar seguito alle raccomandazioni che il 17 dicembre 2012 la Commissione europea ha rivolto all’Italia in merito alle inadempienze nell’attuazione del sistema di controllo dell’attività di pesca. La Commissione europea ha, quindi, richiesto all’Italia l’adozione di un Piano di azione per ovviare alle carenze del sistema italiano di controllo della pesca (Action Plan) che è stato adottato con decisione della Commissione europea il 6 dicembre 2013. Il testo è stato reso pubblico il 17 febbraio 2014. Tra gli interventi richiesti, veniva indicata la revisione delle sanzioni pecuniarie applicabili alle infrazioni gravi di pesca attraverso un aumento dell’importo e la sospensione della licenza per un periodo da 3 a 6 mesi alla prima infrazione grave e il ritiro definitivo in caso di recidiva.

 

 

L'articolo 18 della pdl C. 1008, di contenuto identico all’art. 5 della pdl C. 1636, composto di un solo comma, attiene al bracconaggio ittico nelle acque interne, e novella l’articolo 40, comma 6, della legge n. 154 del 2016.

Si dispone che, per le relative violazioni, ivi indicate, gli agenti accertatori (oltre a procedere all'immediata confisca del prodotto pescato e degli strumenti e attrezzi utilizzati, come già previsto a legislazione vigente) non procedano più sempre al sequestro e alla confisca dei natanti e dei mezzi di trasporto e di conservazione del pescato (anche se utilizzati unicamente a tali fini) – come attualmente previsto - ma solo qualora la violazione sia compiuta da soggetti che, pur essendovi tenuti, siano privi della prescritta licenza di pesca, o, in caso di recidiva, da soggetti titolari di licenza di pesca.

 

L'articolo 19 reca la copertura finanziaria delle proposte di legge C. 1008 e 1009, prevedendo che, all’onere derivante dalla costituzione del Fondo per lo sviluppo della filiera ittica, di cui all’art. 4, comma 1, pari a 3 milioni di euro per l’anno 2019, si provveda utilizzando quota parte delle risorse di cui all'articolo 20, comma 1-bis, della legge 28 luglio 2016, n. 154 (che fa riferimento all’utilizzo di risorse residue per l’attuazione del regime di aiuti di cui all’art. 66, comma 3, della legge n. 289 del 2002). A tal fine, le predette risorse, nella misura di 3 milioni di euro, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato nell'anno 2019, per essere riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo (comma 1). Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (comma 2).

 

Si ricorda che l’art. 1, comma 46, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) ha abrogato il citato art. 66, comma 3 della legge n. 289 del 2002 e ha disposto che le risorse residue disponibili del Fondo di investimento nel capitale di rischio previsto dal decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 22 giugno 2004, n. 182, per gli interventi di cui al suddetto articolo 66, comma 3, della legge n. 289 del 2002, venissero versate dall'ISMEA all'entrata del bilancio dello Stato, nel limite di 9 milioni di euro per l'anno 2017.

 

L'articolo 20, della pdl C. 1008, di contenuto identico all’art. 14 della pdl C. 1636, composto di un solo comma, reca la clausola di salvaguardia,  prevedendo che le disposizioni del progetto di legge in esame siano applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001 (che reca modifiche al titolo V della seconda parte della Costituzione). In particolare, si ricorda che l’art. 10 della predetta legge costituzionale prevede che, sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della medesima legge costituzionale - che, in particolare, ha modificato la ripartizione di competenze tra lo Stato e le regioni - si applichino anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.