Vendita sottocosto dei prodotti agricoli e agroalimentari e filiere etiche di produzione 12 marzo 2019 |
Indice |
Contenuto|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite| |
ContenutoIl provvedimento è articolato in due Capi.
Il Capo I è dedicato al divieto di vendita di prodotti agroalimentari sottocosto e al contrasto alle aste a doppio ribasso. L'articolo 1 abroga la lettera a) contenuta nel comma 1 dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 2001, n.218, che prevede la possibilità di effettuare la vendita sottocosto dei prodotti alimentari freschi e deperibili.
Si ricorda, al riguardo che, a norma dell'
articolo 1 del D.P.R. 218/2001, si intende per
vendita sottocosto la vendita al pubblico di uno o più prodotti effettuata ad un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di acquisto maggiorato dell'imposta del valore aggiunto e di ogni altra imposta o tassa connessa alla natura del prodotto e diminuito degli eventuali sconti o contribuzioni riconducibili al prodotto medesimo purché documentati.
Secondo la definizione riportata, il sottocosto si riferisce al rapporto tra il prezzo di acquisto del prodotto e il prezzo di vendita, il secondo inferiore al primo. Non interessa direttamente l'acquisto del prodotto agricolo ad un prezzo inferiore al costo di produzione; su questo fenomeno, il sottocosto incide indirettamente, in quanto facilita accordi commerciali tra i produttori e i venditori che includono clausole per le vendite promozionali, spesso a svantaggio di un'equa remunerazione del costo di produzione.
In aggiunta alla lettera a) che consente attualmente la vendita sottocosto dei prodotti alimentari freschi e deperibili, sono, altresì, consentite, secondo quanto previsto dall'
art. 2 del D.P.R 218/2001, le vendite sottocosto:
E' inoltre possibile effettuare una vendita sotto costo in casi di ricorrenza dell'apertura dell'esercizio commerciale o di ristrutturazione degli stessi.
E' vietata la vendita sottocosto quando è effettuata da un esercizio commerciale che, da solo o congiuntamente a quelli dello stesso gruppo di cui fa parte, detiene una quota superiore al 50% della superficie di vendita complessiva esistente nel territorio della provincia dove ha sede l'esercizio, riferita al settore merceologico di appartenenza.
Si ricorda, in proposito che l
'articolo 62, comma 2, del D.L. n.1/2012 ha vietato nelle relazioni commerciali tra operatori economici, ivi compresi i contratti che hanno ad oggetto la cessione dei beni dei prodotti agricoli, di:
Il
decreto ministeriale 19 ottobre 2012, n.199, che ha dato attuazione all'art. 62 del DL n.1/2012 ha previsto, all'art. 4, comma 2, che siano considerate, altresì, pratiche commerciali sleali quelle che:
L'
Autorità garante della concorrenza e del mercato ha più volte affrontato sia la questione delle vendite sottocosto (un'indagine conoscitiva in merito ai meccanismi di funzionamento della Centrale di acquisto per la grande distribuzione organizzata -
provvedimento n.24649 del 2013) sia la problematica relativa alle pratiche commerciali sleali che determinano un prezzo di vendita del prodotto inferiore al costo di produzione (
indagine conoscitiva sul settore lattiero-caseario).
La Commissione Agricoltura ha svolto un ciclo di
audizioni informali sul fenomeno della vendita dei prodotti agricoli sottocosto e delle aste a doppio ribasso dei prodotti medesimi.
Si ricorda, inoltre, che è in corso di approvazione la
direttiva UE sulle pratiche sleali (COM (2018) 173) che tende proprio a tutelare le imprese agricole da comportamenti sleali, anche in ragione al prezzo di vendita, posti in essere dalla grande distribuzione al momento dell'acquisto. Nelle premesse alla Direttiva si riconosce che "nella filiera agricola e alimentare sono comuni squilibri considerevoli nel potere contrattuale tra fornitori ed acquirenti di prodotti agricoli e alimentari".
La nuova normativa europea si applica alla vendita di qualsiasi prodotto agricolo o alimentare nonché alla fornitura di servizi "ancillari", quali, per esempio le attività promozionali.
Sono considerate pratiche commerciali sleali vietate:
Si ricorda, al riguardo, che la
legge 14 gennaio 2013, n.9, recante norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, ha previsto all'art. 11 che nel settore degli oli di oliva extra vergini la vendita sottocosto è soggetta a comunicazione al comune dove è ubicato l'esercizio commerciale almeno venti giorni prima dell'inizio e può essere effettuata solo una volta nel corso dell'anno. È comunque vietata la vendita sottocosto effettuata da un esercizio commerciale che, da solo o congiuntamente a quelli dello stesso gruppo di cui fa parte, detiene una quota superiore al 10 per cento della superficie di vendita complessiva esistente nel territorio della provincia dove ha sede l'esercizio. Ha, inoltre, previsto che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in conformità ai poteri ad essa conferiti dalla
legge 10 ottobre 1990, n. 287, vigili sull'andamento dei prezzi e adotti gli atti idonei a impedire le intese o le pratiche concordate tra imprese che hanno per oggetto o per effetto di ostacolare, restringere o falsare in maniera consistente la concorrenza all'interno del mercato nazionale degli oli di oliva vergini attraverso la determinazione del prezzo di acquisto o di vendita del prodotto.
Si ricorda, inoltre, che la Commissione Agricoltura ha iniziato l'esame
della proposta di legge A.C.982, recante disposizioni per la semplificazione nelle materie dell'agricoltura e della pesca, che prevede, all''articolo 1 che:
L'articolo 2 modifica l'articolo 2598 del codice civile, aggiungendovi un'ulteriore ipotesi di atto di concorrenza sleale. La fattispecie introdotta fa riferimento all'allestimento di un'asta elettronica per l'acquisto di prodotti agricoli e agroalimentari attraverso la presentazione, da parte degli offerenti, di prezzi modificati al ribasso, con un divario di costi non giustificato dagli obiettivi della produzione e fuorviando la scelta del consumatore.
Si ricorda, al riguardo che l'
articolo 2598 del codice civile già prevede che siano considerati atti concorrenza sleale, ferme restando le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto:
1) l'uso di nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o l'imitazione servilmente di prodotti di un concorrente, o il compimento con qualsiasi altro mezzo di atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente;
2) la diffusione di notizie e di apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o l'appropriazione di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente;
3) l'avvalersi direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda.
Secondo quanto riportato nel corso del
ciclo di audizioni informali che la Commissione Agricoltura ha svolto in merito al fenomeno della vendita dei prodotti agricoli sottocosto e delle
aste a doppio ribasso, il sistema in esame fa sì che alcune grandi aziende di distribuzione chiedano ai fornitori un'offerta di vendita per i propri prodotti. Una volta raccolte le diverse proposte, viene indetta una seconda gara nella quale viene usato come base di partenza non l'offerta qualitativamente migliore, ma, al contrario, quella di prezzo inferiore. Le offerte vengono esercitate "al buio", senza che i partecipanti possono sapere con chi concorrono.
Si ricorda che nel giugno 2017 Federdistribuzione e Ancd Conad hanno siglato con il Ministro un
Protocollo di intesa al fine di favorire un mercato più trasparente e per evitare effetti distorsivi dei rapporti di filiera con l'impegno a non far ricorso alle aste elettroniche inverse al doppio ribasso per l'acquisto di prodotti agricoli e agroalimentari.
Il protocollo contiene un
Codice etico che prevede tra gli impegni quello di non utilizzare la modalità d'asta inversa al doppio ribasso e di adottare misure di massima trasparenza nell'utilizzo di piattaforme elettroniche di acquisto e di approvvigionamento, definendo e rendendo noto ai fornitori il regolamento d'asta e garantendo libertà di accesso ai fornitori di ogni dimensione, che abbiano una struttura produttiva adeguata sia in termini qualitativi che quantitativi per commercializzare i loro prodotti attraverso la GDO.
Si fa presente, infine, che la
legge francese 2 agosto 2005 ha integrato l'art. L442-10 del Codice di Commercio, regolando specificamente le aste a doppio ribasso.
L'articolo 3 integra la disciplina delle aste elettroniche (contenuta nell'art. 56 del Codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. 50/2016) al fine di vietarne l'utilizzo negli appalti diretti all'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e della fornitura di derrate alimentari (nuovo comma 1-bis dell'art. 56) Si fa, al riguardo, notare che gli imprenditori privati della grande distribuzione organizzata (GDO) non rientrano tra i soggetti obbligati (ai sensi dell'art. 1 del D.Lgs. 50/2016) all'applicazione delle norme del Codice dei contratti pubblici.
In base al citato art. 56 del D.Lgs. 50/2016 (che, come ricordato, contiene la disciplina delle aste elettroniche, che recepisce quella dettata a livello europeo dall'art. 35 della direttiva 2014/24/UE)
, le stazioni appaltanti "possono ricorrere ad
aste elettroniche nelle quali vengono presentati nuovi prezzi, modificati al ribasso o nuovi valori riguardanti taluni elementi delle offerte. A tal fine, le stazioni appaltanti strutturano l'asta come un processo elettronico per fasi successive, che interviene dopo una prima valutazione completa delle offerte e consente di classificarle sulla base di un trattamento automatico".
Lo stesso articolo dispone che "gli appalti di servizi e di lavori che hanno per oggetto prestazioni intellettuali, come la progettazione di lavori, che non possono essere classificati in base ad un trattamento automatico, non sono oggetto di aste elettroniche".
Viene altresì stabilito, tra l'altro, che "nelle procedure aperte, ristrette o competitive con negoziazione o nelle procedure negoziate precedute da un'indizione di gara, le stazioni appaltanti possono stabilire che l'aggiudicazione di un appalto sia preceduta da un'asta elettronica quando il contenuto dei documenti di gara, in particolare le specifiche tecniche, può essere fissato in maniera precisa".
L'articolo 56 disciplina, altresì, lo svolgimento delle aste prevedendo, tra l'altro, che le stesse siano aggiudicate sulla base di uno dei seguenti elementi contenuti nell'offerta:
Relativamente ai
servizi di ristorazione occorre ricordare che ad essi il Codice dedica una specifica disciplina, contenuta nell'art.
144. In particolare, il comma 1 di tale articolo dispone che i servizi di ristorazione indicati nell'allegato IX (catering, fornitura pasti, ristorazione scolastica, servizi di mensa) sono aggiudicati secondo quanto disposto dall'articolo 95, comma 3, cioè sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo.
Tale comma 3 dispone infatti che tale metodo di aggiudicazione debba essere sempre utilizzato per i "contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera", fatti salvi gli affidamenti diretti consentiti (dall'art. 36, comma 2, lettera a)) per importi inferiori a 40.000 euro.
Occorre ricordare inoltre che l'art. 34 del Codice dispone che le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l'inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei
criteri ambientali minimi (CAM) adottati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, anche a quanto specificamente previsto all'articolo 144. Tali CAM sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l'applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
Con il D.M. Ambiente 25 luglio 2011 (pubblicato nella G.U. 21 settembre 2011, n. 220) sono stati adottati i CAM da inserire nei bandi di gara della pubblica amministrazione per l'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari e serramenti esterni. I CAM relativi alla ristorazione collettiva e alla fornitura di derrate alimentari sono contenuti nell'
allegato 1 al citato decreto.
Si fa notare che la relazione illustrativa sottolinea che la finalità della disposizione è quella di evitare che lo strumento dell'asta elettronica "
sia impiegato abusivamente da imprenditori privati della GDO a danno dei produttori e dei trasformatori degli alimenti, costretti a vendere il loro prodotto a un prezzo che neppure marginalmente può rappresentare una remunerazione dignitosa del lavoro prestato nel campo a garanzia del consumatore in tavola".
Il Capo II introduce norme sul sostegno alle imprese virtuose che promuovono filiere etiche di produzione e la tracciabilità dei prodotti. L'articolo 4 prevede che nell'elenco nazionale delle organizzazioni di produttori debbano figurare i nominativi dei soci affiliati. A tal fine si prevede che venga modificato, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 3 febbraio 2016 contenente il suddetto elenco.
Il decreto regola la concessione, il controllo, la sospensione e la revoca del riconoscimento delle organizzazioni dei produttori che operano nei settori agricoli elencati dall'art. 1, par. 2, del reg. (UE) n.1308/2013 ad esclusione dei prodotti del settore dell'olio di oliva , dei prodotti ortofrutticoli, inclusi quelli trasformati.
L'articolo 6, in particolare, prevede che:
L'articolo 5 detta disposizioni in materia di tracciabilità dei prodotti agricoli di origine o di provenienza nazionale, intervenendo sul comma 3 dell'articolo 4 della legge 3 febbraio 2011, n.4. Il comma 1, in particolare, sostituisce, il comma 3, confermando la parte del testo antecedente le modifiche apportate da ultimo dal DL n.135/2018 (vedi infra) , dove si prevedeva che con i decreti interministeriali venissero definite le modalità per l'indicazione obbligatoria della provenienza di origine dei prodotti agroalimentari, ed aggiungendo che con gli stessi decreti siano definite le "disposizioni relative alla tracciabilità dei prodotti agricoli di origine o di provenienza nazionale, finalizzate a informare i consumatori sulla provenienza delle materie prime, sul rispetto delle norme sul lavoro e sui passaggi di filiera, tenendo conto, tra l'altro, di quanto disposto dal regolamento n.1169/2011.
L'articolo 4 della legge n.4 del 2011, come già accennato, ha subito ultimamente talune modifiche ad opera dell'
art. 3-bis del decreto-legge n. 135 del 2018, cosiddetto
decreto semplificazioni (convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 12 del 2019) che ha abrogato i commi 1, 2, 4 e 4-bis, sostituito i commi 3 e 10, e modificato, con disposizioni di risulta, i commi 6, 11 e 12.
Nel 2011 con la disposizione in esame è stato introdotto
l'obbligo di indicazione in etichetta dell'origine dei prodotti agroalimentari.
L'effettiva applicazione di tale obbligo è stata rinviata all'adozione di appositi decreti interministeriali dal comma 3; in ragione di rilevate perplessità da parte della Commissione europea sulla legittimità dell'intervento, tali decreti non sono mai stati emendati fino a quando non è stata approvata la nuova normativa europea relativa all'informazione ai consumatori contenuta nel Regolamento n.1169 del 2011. A seguito dell'entrata in vigore di tale provvedimento, sulla scia dell'iniziativa portata avanti dalla Francia e previo accordo con la Commissione europea è stato emanato in via sperimentale il DM 9 dicembre 2016, con il quale si è resa obbligatoria l'indicazione dell'origine del latte, anche quando utilizzato nei
prodotti lattiero-caseari. Sono, poi, seguiti i decreti 26 luglio 2017, pubblicati, rispettivamente, nella GU n. 190 e n.191 del 16 agosto 2017, relativi, rispettivamente, all'indicazione dell'origine del grano duro per paste di semola di
grano duro e del
riso) e il decreto 16 novembre 2017, sull'origine in etichetta del
pomodoro.
In ambito europeo, l'obbligo di indicare in etichetta l'origine del prodotto non è previsto come principio generale, ma solo nell'ipotesi in cui la mancata indicazione possa indurre in errore il consumatore (art. 26, par. 2, lettera a)
del regolamento (UE) 1169/2011).
Il
reg. 1169/2011 prevede, inoltre, al par. 3 che quando il Paese d'origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato, e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario:
Il
regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 della Commissione ha stabilito le modalità di applicazione del paragrafo 3 richiamato specificando le modalità di indicazione della materia prima del prodotto quando risulta necessario indicare l'origine del bene per evitare incertezze sul consumatore. Il regolamento in esame non si applica quando i termini geografici figurano in denominazioni usuali e generiche o quando riguardino indicazioni geografiche protette e marchi d'impresa.
Tale regolamento avrà applicazione a decorrere dal 2020; da tale data non potranno più essere applicati i regolamenti nazionali prima richiamati.
Proprio in considerazione delle novità introdotte dalla normativa europea, con il decreto semplificazioni si è deciso di abrogare commi 1, 2, 4 e 4-bis dell'articolo 4 e di sostituire il comma 3 con i commi 3, 3-bis e 3-ter.
Attualmente quindi non risultano più vigenti le disposizioni con le quali:
Il comma 3, sul quale incide l'articolo in esame, è stato, invece interamente sostituito.
Prima della modifica si prevedeva che, con decreti interministeriali del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza Unificata, sentite le organizzazioni maggiormente rappresentative nel settore e acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari competenti, previo espletamento della procedura di notifica alla Commissione europea, dovessero essere definite le modalità per l'indicazione obbligatoria e per la tracciabilità dei prodotti agricoli che provengono dal territorio nazionale.
In sostituzione di tale disposizione sono stati introdotti
tre commi che hanno previsto che:
Il comma 2 prevede che le disposizioni introdotte con il comma 1, di sostituzione del comma 3 dell'art. 4 della legge n.4 del 2011, entrino in vigore tre mesi dopo la data di notifica delle stesse alla Commissione europea. Secondo quanto previsto dal comma 3, i decreti in esame sono emanati entro 60 giorni dalla data di pubblicazione della notifica
Si ricorda che a norma del paragrafo 3 dell'articolo 45 del Reg. (UE) 1169/2011 "Lo Stato membro che ritiene necessario adottare nuova normativa in materia di informazioni sugli alimenti, può adottare le disposizioni previste solo tre mesi dopo la notifica, purché non abbia ricevuto un parere negativo dalla Commissione.
L'articolo 45 del regolamento (UE) n.1169 del 2011, prevede, infatti, che gli Stati membri che ritengono necessario adottare nuova normativa in materia di informazioni sugli alimenti devono notificare previamente alla Commissione e agli altri Stati membri le disposizioni previste, precisando i motivi che le giustificano.
La Commissione consulta il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, se lo ritiene utile.
Se il parere della Commissione è negativo, prima della scadenza del termine, la Commissione avvia la procedura d'esame per stabilire se le disposizioni previste possano essere applicate, eventualmente mediante le modifiche appropriate.
La
direttiva 98/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione , non si applica alle disposizioni che rientrano nella procedura di notifica di cui al presente articolo.
L'articolo 6 reca una delega al Governo per la disciplina delle filiere etiche di produzione, importazione e distribuzione dei prodotto alimentari e agroalimentari. A tal fine, il comma 1 prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Governo è delegato ad adottare un decreto legislativo che preveda agevolazioni fiscali e misure di incentivo per l'accesso ai fondi europei da parte delle imprese (non è specificato che siano agricole) che presentino progetti per la realizzazione di filiere etiche di produzione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti agroalimentari. I criteri e principi direttivi in base ai quali configurare l'esercizio della delega sono i seguenti: a) definizione di sistemi di classificazione e di tracciabilità delle produzioni, inclusa la divulgazione pubblica dell'elenco dei fornitori da parte delle imprese, della grande distribuzione organizzata e dell'industria di trasformazione alimentare; b) individuazione di criteri per la definizione della sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle filiere etiche. Il comma 2 definisce la procedura di adozione dei decreti (si fa presente, al riguardo, che al comma 1 ci si riferisce a un solo decreto) prevedendo che siano adottati: - su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo; - di concerto con i Ministri interessati; - previa acquisizione del parere della Conferenza unificata e del parere del Consiglio di Stato; Lo schema è poi trasmesso alle Camere per l'espressione del prescritto parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Il Governo, qualora non intenda conformarsi alle indicazioni del parere, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e modificazioni. Le Commissioni possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro 10 giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può essere adottato.
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Necessità dell'intervento con leggeGli articoli 1 e 4 intervengono al fine di modificare normativa di carattere secondario; nel primo caso si interviene sul D.P.R.n. 218/2001 per abrogare la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2, nel secondo caso si rinvia ad un decreto la modifica dell'articolo 6 del DM 3 febbraio 2016, indicando quale correzioni apportare. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteLe disposizioni introdotte con il provvedimento in esame intervengono su materia già normata a livello statale che interessa, comunque, ambiti di carattere civilistico ed europeo, attribuiti, ai sensi dell'articolo 117, primo e secondo comma, lettera l) dell'articolo 117 della Costituzione. |