Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Istituzione di un organismo costituente per la riforma della parte II della Costituzione
Riferimenti: AC N.3429/XVIII AC N.3541/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 585
Data: 06/07/2022
Organi della Camera: I Affari costituzionali

 

Camera dei deputati

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Istituzione di un organismo costituente per la riforma della parte II della Costituzione

AA.C. 3429 e 3541

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 585

 

 

 

6 luglio 2022

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Biblioteca – Osservatorio della legislazione straniera

( 066760-2278 – * bib_segreteria@camera.it

 

§  Le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§  Le parti relative alla legislazione comparata sono state curate dal Servizio Biblioteca.

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: AC0615 .docx

 


INDICE

Schede di lettura

Contenuto delle proposte di legge  3

§  Compiti 3

§  Funzionamento  4

§  Composizione e durata  5

§  Elettorato attivo e passivo  5

§  Elezione  8

§  Organizzazione e funzionamento  15

§  Approvazione della legge costituzionale  17

Il metodo delle riforme costituzionali. I precedenti parlamentari 21

§  I comitati di studio  21

§  Le commissioni bicamerali 22

§  Le modifiche con la procedura dell’art. 138 Cost. 25

Elementi di diritto comparato (a cura dell'Ufficio legislazione straniera del Servizio Biblioteca)

§  Le esperienze di assemblee costituenti in Cile, Irlanda e Islanda  33

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Contenuto delle proposte di legge

 

 

Le proposte di legge costituzionale A.C. 3429 Baldelli e A.C. 3541 Meloni ed altri prevedono entrambe l’istituzione di un organismo costituente elettivo con il compito di procedere alla revisione della parte II della Costituzione in deroga – per la proposta di legge A.C. 3429 solo implicita, per la proposta di legge A.C. 3541 esplicita (articolo 2, comma 3) - all’articolo 138 Cost.

Se l’obiettivo delle proposte di legge è il medesimo, diverso è lo strumento prescelto: la pdl A.C. 3429 istituisce una Convezione elettiva che dopo aver approvato un testo di revisione costituzionale lo dovrà sottoporre all’approvazione delle due Camere. La riforma entrerà in vigore all’esito dell’eventuale referendum costituzionale.

La pdl A.C. 3541 dispone, invece, l’elezione di una Assemblea costituente che può procedere direttamente alla revisione della parte II della Costituzione senza esame delle Camere e senza referendum.

Compiti

Entrambe le proposte di legge attribuiscono all’istituendo organismo il compito di riformare la parte II della Costituzione (articolo 1 di entrambe le proposte di legge).

La proposta di legge A.C. 3541 (articoli 1 e 2, comma 3) specifica alcuni limiti all’oggetto della revisione costituzionale. In primo luogo (articolo 1, comma 2), è posto il divieto di modificare l’articolo 139 Cost. il quale dispone che: “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”.

Inoltre, viene escluso che possano essere oggetto di revisione da parte dell'Assemblea i princìpi fondamentali e le norme della parte I della Costituzione (articolo 1, comma 3).

La medesima pdl A.C. 3541 introduce anche alcuni criteri direttivi prevedendo che la riforma debba assicurare la coerenza delle norme adottate con i princìpi fondamentali e le disposizioni della parte I della Costituzione (articolo 1, comma 3).

Infine, sempre per la proposta di legge A.C. 3541, la riforma dovrà essere approvata con un’unica legge di revisione costituzionale, in deroga alle procedure previste dall’articolo 138 Cost.

 

Si ricorda che l’articolo 138 della Costituzione prescrive che le leggi di revisione costituzionale e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi. Esse devono essere approvate nella seconda deliberazione con la maggioranza assoluta e sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro approvazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali. In tal caso, la legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa però luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda deliberazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

Funzionamento

L’articolo 3 della pdl A.C. 3541 introduce alcune disposizioni sul funzionamento della istituenda Assemblea costituente che coinvolgono anche l’attività delle Camere.

Oltre a ribadire che l'Assemblea delibera esclusivamente in materia di revisione della parte II della Costituzione, si stabilisce che essa può prendere in considerazione, ai fini dello svolgimento delle funzioni ad essa attribuite, i progetti di legge costituzionale e i progetti di legge ordinaria in materia costituzionale aventi oggetto attinente alle proprie competenze, presentati alle Camere e da esse non ancora approvati definitivamente alla data di costituzione dell'Assemblea stessa o successivamente.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di specificare meglio la fattispecie di “progetti di legge ordinaria in materia costituzionale”.

 

In materia si ricorda che il Regolamento della Camera fa piuttosto riferimento, nell’indicare le tipologie di progetti di legge per i quali può essere avanzata richiesta di voto segreto, le “leggi ordinarie relative agli organi costituzionali dello Stato (Parlamento, Presidente della Repubblica, Governo, Corte costituzionale)” (articolo 49, comma 1).

L’articolo 72, quarto comma, della Costituzione indica invece tra i progetti di legge per i quali è sempre prevista la procedura normale di esame in sede referente i “disegni di legge in materia costituzionale” dovendosi però in questo caso intendere i disegni di legge costituzionali e di revisione costituzionale.

 

In ogni caso, dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale e fino alla conclusione dei lavori dell'Assemblea, il Presidente della Repubblica non può autorizzare la presentazione di disegni di legge di revisione della parte II della Costituzione da parte del Governo. Non viene preclusa invece la possibilità di presentare progetti di legge costituzionale di iniziativa non governativa, tuttavia nel medesimo periodo di funzionamento dell’Assemblea, le Camere non possono procedere all'esame di progetti di legge di revisione della parte II della Costituzione.

Nel medesimo periodo sono sospesi i termini di cui all'articolo 138 della Costituzione per i procedimenti in corso e per le leggi di revisione della parte II della Costituzione approvate e non promulgate alla data di entrata in vigore della legge costituzionale. Tali procedimenti sono estinti alla data di promulgazione della eventuale legge costituzionale approvata dall'Assemblea.

Anche la pdl A.C. 3429, all’articolo 9, preclude, dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale fino alla conclusione dei lavori della Convenzione, al Parlamento l'esercizio del potere di revisione costituzionale nelle materie attribuite alla competenza della Convenzione (ossia la parte II della Costituzione). Tuttavia i soggetti titolari della capacità di iniziativa legislativa di cui all'articolo 71 della Costituzione (ossia Governo, Parlamentari, CNEL, consigli regionali e il corpo elettorale attraverso le proposte di legge di iniziativa popolare) possono presentare alla Convenzione progetti di legge costituzionale di revisione della parte II della Costituzione.

Composizione e durata

Ai sensi della pdl A.C. 3429 la Convenzione è composta da 150 membri elettivi (articolo 2, comma 1) e conclude i propri lavori entro tre anni, dalla prima seduta prorogabili di un ulteriore anno con deliberazione della Convenzione a maggioranza dei due terzi dei componenti (articolo 8, comma 1).

L’Assemblea costituente di cui alla proposta di legge A.C. 3541 è composta da 100 membri e dura in carica un anno (a differenza di quanto previsto dalla proposta di legge A.C. 3429 non viene indicato da quando decorre tale termine). Il termine non è prorogabile. Lo scioglimento di una o di entrambe le Camere non comporta la decadenza dell'Assemblea (A.C. 3541, articolo 4, commi 2 e 3).

Quattro dei seggi dell’Assemblea costituente sono attribuiti alla circoscrizione Estero, uno per ciascuna delle ripartizioni di cui all'articolo 6, comma 1, della citata legge n. 459 del 2001 (Europa, compresi i territori asiatici della Federazione russa e della Turchia; America meridionale; America settentrionale e centrale; Africa, Asia, Oceania e Antartide; A.C. 3541, articolo 5, comma 2, secondo periodo).

Elettorato attivo e passivo

I membri della Convenzione di cui alla proposta di legge A.C. 3429 sono eletti a suffragio universale, con voto diretto, eguale, libero e segreto, attribuito a liste di candidati concorrenti dai cittadini iscritti nelle liste elettorali per l'elezione della Camera dei deputati, ossia dai cittadini che hanno compiuto i 18 anni di età (articolo 2, comma 2).

Anche per la pdl A.C. 3541 sono elettori dell'Assemblea per la riforma della parte II della Costituzione i cittadini che hanno compiuto la maggiore età alla data delle elezioni (articolo 5, comma 1, primo periodo).

 

Per entrambe le proposte di legge sono eleggibili alla carica di membro della Convenzione o dell’assemblea i cittadini che abbiano compiuto il 25° anno di età, ossia coloro che hanno i medesimi requisiti per l'elezione alla Camera (A.C. 3429, articolo 2, comma 3, A.C. 3541, articolo 5, comma 1, secondo periodo).

La sola pdl A.C. 3541 chiarisce che anche gli elettori iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero possono esercitare il diritto di voto secondo quanto previsto dalla legge 27 dicembre 2001, n. 459 (articolo 5, comma 2, primo periodo).

La stessa pdl A.C. 3541, inoltre, all’articolo 9, comma 1, lettera g), precisa – a differenza della proposta di legge A.C. 3429 - che non possano partecipare alle elezioni per l’Assemblea, quali elettori, i cittadini degli altri Paesi membri dell’Unione che, a seguito di formale richiesta, abbiano ottenuto l’iscrizione nell’apposita lista elettorale del comune italiano di residenza come invece previsto per l’elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo dalla legge 18 del 1979, art. 3, comma 2. Non sono parimenti eleggibili alla Assemblea i cittadini degli altri Paesi membri dell'Unione che risultino in possesso dei requisiti di eleggibilità al Parlamento europeo previsti dall'ordinamento italiano (art. 4, secondo comma della legge n. 18).

 

Le proposte di legge in esame prevedono alcune cause di ineleggibilità e di incompatibilità dei membri dei due organismi.

Per la pdl A.C. 3429 la carica di membro della Convenzione è incompatibile con quelle di Ministro e di Sottosegretario di Stato. Inoltre, estende ai membri della Convenzione le norme in materia di incompatibilità previste dalla legge per i membri del Parlamento (articolo 5, comma 1).

 

Un complesso di cause d'incompatibilità tra l'ufficio di parlamentare ed altre cariche sono definite direttamente dalla Costituzione o da leggi costituzionali: l'incompatibilità tra le cariche di deputato e senatore (Cost., art. 65, secondo comma), tra Presidente della Repubblica e qualsiasi altra carica (Cost., art. 84, secondo comma), tra parlamentare e membro del Consiglio superiore della magistratura (Cost., art. 104, ultimo comma), tra parlamentare e consigliere o assessore regionale (Cost., art. 122, secondo comma), tra parlamentare e giudice della Corte costituzionale (Cost., art. 135, sesto comma).

L'art. 65, primo comma, Cost. demanda alla legge il compito di determinare le ulteriori cause di incompatibilità.

Disposizioni di carattere generale in materia sono state dettate dalla legge 13 febbraio 1953, n. 60, che prevede l'incompatibilità tra l'ufficio di parlamentare e le cariche di nomina governativa o dell'amministrazione statale, cariche in associazioni o enti che gestiscono servizi per conto della pubblica amministrazione o che ricevano contributi statali, cariche in società per azioni con prevalente esercizio di attività finanziaria. Specifiche disposizioni legislative hanno successivamente esplicitato e confermato per alcune singole cariche tali criteri generali di incompatibilità.

Inoltre, l'ufficio di deputato o di senatore o di componente del Governo è incompatibile con l'ufficio di componente di assemblee legislative o di organi esecutivi, nazionali o regionali, in Stati esteri (L. 60/1953, art. 1-bis, aggiunto dall'art. 10, L. 459/2001).

Un considerevole numero di leggi ordinarie reca specifiche cause di incompatibilità del mandato parlamentare con altre cariche, tra queste si ricordano:

-      l’incompatibilità tra la carica di parlamentare europeo e l’ufficio di deputato o di senatore (legge 27 marzo 2004, n. 78)

-      l’incompatibilità tra le cariche di deputato e di senatore, nonché le cariche di governo, con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o della nomina, popolazione superiore a 15.000 abitanti (decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (conv. L. 14 settembre 2011, n. 148, art. 13, comma 3).

Infine, un gruppo di cause di incompatibilità è stato introdotto dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, emanato in attuazione di una delle deleghe recate dalla legge n. 190 del 2012.

In particolare, si prevede la incompatibilità tra la carica di membro del Parlamento e la titolarità dei seguenti incarichi:

-      incarichi amministrativi di vertice (segretario generale, capo dipartimento, direttore generale e similari) nelle amministrazioni statali, regionali e locali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello nazionale, regionale e locale (art. 11, comma 1);

-      incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico (art. 12, comma 2);

-      presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale, regionale e locale (art. 13, comma 1);

-      direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali (art. 14, comma 1).

 

Coloro che si trovano in una delle situazioni di incompatibilità previste dalla pdl A.C. 3429 posso optare espressamente entro 30 giorni dal loro verificarsi; in mancanza di opzione il membro della Convenzione è dichiarato decaduto (articolo 5, comma 2).

In casi di opzione per la carica incompatibile o decadenza subentra il candidato che nella stessa lista e nella stessa circoscrizione segue immediatamente l'ultimo eletto (articolo 5, comma 3).

 

La pdl A.C. 3541 dispone l’incompatibilità tra la carica di membri dell’Assemblea costituente e quella di senatore e deputato, membro del Parlamento europeo – che invece sono eleggibili nella Convenzione di cui alla proposta di legge A.C. 3429 - membro del Governo, sindaco, sindaco metropolitano, presidente di regione e di provincia autonoma di Trento e di Bolzano, assessore e consigliere regionale, provinciale, comunale e metropolitane. Se queste cariche sono assunte nel corso del mandato determinano automaticamente la decadenza dalla carica di membro dell’Assemblea, senza possibilità di opzione (articolo 7, comma 2).

Le medesime cause di incompatibilità costituiscono anche cause di ineleggibilità all’Assemblea costituente, a meno che gli interessati abbiamo cessato dalle funzioni esercitate entro la data di convocazione dei comizi elettorali (articolo 7, comma 1).

 

La pdl A.C. 3429 prevede che ai membri della Convenzione si applichino le disposizioni costituzionali relative ai giudizi dei titoli di ammissione (art. 66 Cost), insindacabilità (art. 68 Cost.) e indennità (art. 69 Cost.) (articolo 5).

 

Analogamente, la pdl A.C. 3541 stabilisce che ciascun membro dell'Assemblea rappresenta la Nazione, esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato e gode delle guarentigie previste dall'articolo 68 della Costituzione per i membri del Parlamento (articolo 6, comma 1).

Inoltre, i membri dell'Assemblea ricevono l'indennità stabilita dalla stessa Assemblea e hanno diritto al rimborso delle spese e agli altri trattamenti spettanti ai membri del Parlamento, nella misura determinata con deliberazione dell'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea (articolo 6, comma 2).

Il giudizio sui titoli di ammissione dei membri dell’Assemblea e sulle cause, preesistenti o sopraggiunte, di ineleggibilità e di incompatibilità spetta all’Assemblea stessa (articolo 7, comma 3).

Elezione

Entrambe le proposte prevedono che l’elezione dell’organismo costituente sia effettuata nella stessa data delle elezioni delle Camere successive a quella in corso alla data di entrata in vigore della legge costituzionale in esame (A.C. 3429, articolo 3, comma 1, primo periodo; A.C. 3541, articolo 4, comma 1).

La pdl A.C. 3541 specifica che i comizi elettorali sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica.

 

Si ricorda che la legislatura attuale è iniziata il 23 marzo 2018, con la prima seduta delle nuove Camere: pertanto le prossime elezioni politiche sono previste per il 2023. Come prescrive la Costituzione, le elezioni delle Camere hanno luogo entro 70 giorni dalla fine delle precedenti (art. 61 Cost.).

 

Entrambe le proposte prevedono un sistema elettorale analogo a quello previsto per la elezione dei membri italiani al Parlamento europeo, disciplinato dalla legge n. 18 del 1979.

Il sistema è basato sulla attribuzione con metodo proporzionale dei seggi alle liste nel collegio unico nazionale e la successiva assegnazione nelle circoscrizioni in cui vengono presentate le candidature. Entrambe le proposte contengono il rinvio alle norme della citata legge n. 18, per quanto non direttamente disciplinato e in quanto compatibili (per la pdl A.C. 3429, art. 4, comma 4; e per la pdl A.C. 3541, art. 9, comma 1).

 

Il territorio nazionale è ripartito in cinque circoscrizioni, identiche a quelle previste per l’elezione del Parlamento europeo. Secondo la pdl A.C. 3429 (art. 4, commi 2 e 3) il numero di seggi spettanti a ciascuna circoscrizione è stabilito con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, da emanare contestualmente al decreto di convocazione dei comizi elettorali - come anche previsto dall’art. 2, terzo comma, della legge n. 18 del 1979 e dalla restante legislazione elettorale - in base alla loro popolazione, come risultante dall’ultimo censimento generale. La pdl A.C. 3541 (art. 9, comma 2, lett. b) definisce invece direttamente nel testo i seggi spettanti a ciascuna circoscrizione; si prevede altresì che “eventuali rettifiche” siano disposte con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’interno secondo i criteri e le modalità di cui al già richiamato articolo 2, terzo comma, della legge n. 18 del 1979.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di precisare meglio le condizioni che potrebbero rendere necessarie le richiamate “rettifiche” nella ripartizione dei seggi che, peraltro, per quanto attiene al sistema delle fonti, vedrebbero un decreto del Presidente della Repubblica modificare esplicite disposizioni di rango costituzionale.

 

La tabella seguente mostra i numeri risultanti dall’applicazione delle norme recate dalle due proposte di legge, sulla base della popolazione risultante dal censimento 2011 (per la proposta di legge C. 3541 il numero di seggi attribuiti dalla proposta di legge è messo a confronto con il numero che risulterebbe dall’applicazione del citato articolo 2, comma 3, della legge n. 18 del 1979, cioè sulla base della popolazione).

 

 

Quanto alla presentazione delle liste di candidati nelle circoscrizioni, la proposta A.C. 3429 (art. 4, comma 4) prevede – come la legge n. 18 del 1979 (art. 12, comma 2,3 e 4) - che le liste siano sottoscritte da un minimo di 30.000 e da un massimo di 35.000 elettori e conferma le esenzioni dall’obbligo di sottoscrizione previsti per i partiti o gruppi politici presenti nel parlamento nazionale, previsto dall’art. 12, comma 4 della legge n. 18.

La pdl A.C. 3541 (art. 9, comma 2, lett. c), invece, stabilisce che le liste possono essere sottoscritte da tre deputati o senatori, anche appartenenti a gruppi parlamentari diversi. Viene conseguentemente esclusa l’applicazione delle norme della legge n. 18 sulla sottoscrizione delle liste da parte degli elettori (art. 12, secondo, terzo, quarto e quinto comma).

Entrambe le proposte non contengono norme specifiche sul numero minimo e massimo di candidati per ciascuna lista, si applica perciò l’art. 12, comma 8, primo periodo della legge 18 del 1979, secondo cui ciascuna lista deve essere composta da un numero di candidati non inferiore a tre e non superiore al numero di seggi attribuiti alla circoscrizione.

Per la pdl A.C. 3541 (art. 12, comma 8), si applicano anche le norme sulla parità di genere secondo cui, in ciascuna lista, i candidati dello stesso sesso non possono essere superiori alla metà, con arrotondamento all’unità, e i primi due candidati della lista devono essere di sesso diverso (L. 18/1979, art. 12, ottavo comma, secondo e terzo periodo).

Per la pdl A.C. 3429 (art. 4, comma 4), invece, nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento (arrotondato all’unità più prossima) dei candidati, conseguentemente la proposta (art. 4, comma 6) esclude esplicitamente le norme della legge n. 18 del 1979 sulla parità di genere (art. 12, ottavo comma, secondo e terzo periodo).

 

Una delle differenze principali tra le due proposte è nell’espressione del voto.

La proposta A.C. 3429 (art. 4, comma 5) prevede il solo voto di lista; la medesima proposta inoltre (art. 4, comma 6) esclude l’applicazione delle norme della legge n. 18 concernenti l’espressione del voto di preferenza e i relativi conteggi (art. 14 e 15, secondo comma e 18 primo comma numero 2; 20, numeri 3) e 4).

I seggi attribuiti alla lista sono quindi assegnati ai candidati, secondo l’ordine di lista.

 

Si tratta quindi di ‘liste bloccate’ con un numero alto di candidati (da 17 a 40), circostanza che potrebbe risultare opportuno approfondire alla luce del principio di conoscibilità dei candidati, affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 1 del 2014, richiamata anche dalla sentenza n. 35 del 2017) [1] .

 

Con riferimento a tale principio, nella sentenza n. 1 del 2014 la Corte ha in particolare rilevato, per quanto concerne il sistema elettorale nazionale introdotto dalla legge n. 270 del 2005, che “simili condizioni di voto, che impongono al cittadino, scegliendo una lista, di scegliere in blocco anche tutti i numerosi candidati in essa elencati, che non ha avuto modo di conoscere e valutare e che sono automaticamente destinati, in ragione della posizione in lista, a diventare deputati o senatori, rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l’effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali)”. Le previsioni della legge n. 270 del 2005 erano per questo riguardo, secondo la Corte, tali da “alterare per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti”, “incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’articolo 48 della Costituzione”.

 

La proposta A.C. 3541 (art. 9, comma 2, lett. d), rinvia invece espressamente al voto di preferenza disciplinato dall’art. 14 della legge n. 18, che prevede la possibilità per l’elettore di esprimere fino a tre preferenze. Nel caso di due o tre preferenze espresse, queste devono indicare candidati di sesso diverso, pena l’annullamento della seconda e terza preferenza. L’individuazione degli eletti non è però affidata esclusivamente al voto di preferenza ma considera anche la posizione di capolista: la proposta infatti specifica che, in caso di espressione del solo voto di lista, il voto si intende attribuito al primo candidato della lista.

 

Il riparto dei seggi tra le liste è effettuato in ambito nazionale con il metodo del quoziente naturale e dei maggiori resti.

 

In particolare, si ricorda che per le elezioni europee, il procedimento per l’assegnazione dei seggi è il seguente (art. 21, 1° comma, nn. 1), 1)-bis) e 2) della L. 18/1979):

?     si determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista sommando i voti riportati nelle singole circoscrizioni;

?     si individuano le liste che hanno conseguito a livello nazionale almeno il 4% dei voti validi espressi;

?     si sommano quindi le cifre elettorali nazionali delle liste ammesse al riparto dei seggi e si divide il totale così ottenuto per il numero complessivo dei seggi da assegnare, ottenendo il quoziente elettorale nazionale;

?     il numero dei seggi attribuiti a ciascuna lista è il risultato della divisione della cifra elettorale nazionale della lista per il quoziente elettorale nazionale; in tale fase si tiene conto della sola parte intera del quoziente;

?     i seggi ancora da attribuire dopo tali operazioni sono assegnati alle liste per le quali l’ultima divisione ha dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle liste che abbiano avuto la maggior cifra elettorale nazionale. A parità di cifra elettorale nazionale si procede per sorteggio. Si considerano resti ai fini dell’attribuzione dei seggi anche le cifre elettorali nazionali di quelle liste che non hanno raggiunto un quoziente elettorale nazionale pieno.

 

Anche in questo ambito, come già si è visto, vi è tra le due proposte una differenza sostanziale.

La proposta A.C. 3541 (art. 8, comma 2) esclude esplicitamente una soglia di accesso alla ripartizione dei seggi; conseguentemente (art. 9, comma 2, lett. g) esclude l’applicazione della norma della legge n. 18 che la prevede (art. 21, primo comma, numero 1-bis).

La proposta A.C. 3429 sembra invece prevedere, come nella legge n. 18, la soglia del 4 per cento dei voti validi nazionali per l’accesso alla ripartizione dei seggi. Tra le disposizioni della legge n. 18 del 1979 che esplicitamente (all’articolo 4, comma 6) si prevede non vengano applicate all’elezione della Convenzione non rientra infatti l’articolo 21, primo comma, numeri 1, 1-bis) e 2 che prevede la soglia di sbarramento. Al tempo stesso, merita però rilevare che il comma 5 dell’articolo 4, nel descrivere la ripartizione dei seggi, afferma che “i seggi sono ripartiti in ragione proporzionale fra le liste concorrenti dapprima in sede di collegio unico nazionale e successivamente nelle singole circoscrizioni”, senza fare riferimento alla soglia di sbarramento.

Al riguardo, si valuti l’opportunità di un chiarimento.

 

I seggi conseguiti da ciascuna lista a livello nazionale sono successivamente ripartiti nelle circoscrizioni, in proporzione ai voti ottenuti in ciascuna di esse.

In particolare, secondo quanto stabilito dalla proposta A.C. 3429  per la ripartizione dei seggi nelle circoscrizioni, non si applica la previsione dell’articolo 21, comma 1, numero 3 della legge n. 18 del 1979 [2] (articolo 4, comma 6) e si applica invece la procedura prevista dal Testo Unico per l’elezione della Camera dei deputati per la ripartizione dei seggi nelle circoscrizioni (D.P.R. 361/1957, art. 83, comma 1, lettera h); procedura già applicata dall’Ufficio centrale elettorale nazionale in occasione delle elezioni europee del 2014 e del 2019 (art. 4, comma 5, terzo periodo).

 

Per la ripartizione dei seggi nelle circoscrizioni, nelle elezioni europee del 2014, su indicazione del Consiglio di Stato (parere n. 4747/2013), che rispondeva ad una specifica richiesta del Ministero dell’interno, è stata applicata la normativa prevista dal Testo unico delle leggi per l’elezione della Camera dei deputati (D.P.R. 361/1957, art. 83, comma 1, n. 9, nel testo allora vigente). Nel parere del Consiglio di Stato è stata infatti seguita “la soluzione, applicata dal giudice amministrativo con la sentenza n. 2886 del 2011, che ha risolto il rapporto tra le norme considerate”, tenuto conto che la disciplina della distribuzione dei seggi, nella parte prevista dall’art. 21, primo comma, n. 3, della legge 24 gennaio 1979, n. 18 non risulta più applicabile in quanto – non prevedendo meccanismi che “chiudono” il riparto del seggi nell’ambito della circoscrizione di relativa assegnazione – risulta incompatibile con le disposizioni introdotte successivamente (con cui è stato previsto un numero predeterminato di seggi da assegnare ad ogni circoscrizione in base alla popolazione).

L’attribuzione effettiva dei seggi in occasione delle elezioni del 2014 e nel 2019, attraverso la procedura di cui sopra, ha portato all’assegnazione, in ciascuna delle 5 circoscrizioni, del numero di seggi spettanti determinato in base alla popolazione.

 

La procedura è basata sul calcolo di un quoziente circoscrizionale che tiene conto sia dei voti di ogni lista nella circoscrizione, sia del numero di seggi da attribuire nella stessa.

In particolare, il quoziente circoscrizionale è calcolato come rapporto tra il totale dei voti delle liste ammesse al riparto dei seggi e il numero di seggi da attribuire nella circoscrizione. A ciascuna lista ammessa al riparto dei seggi sono prioritariamente assegnati, in ciascuna circoscrizione, un numero di seggi corrispondente alla parte intera del suddetto quoziente. I seggi che rimangono da attribuire sono assegnati alle liste secondo l’ordine decrescente delle rispettive parti decimali dei medesimi quozienti di attribuzione e, in caso di parità dei resti, a quelle che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale; a parità di questa si procede a sorteggio.

Terminate queste operazioni si verifica che a ciascuna lista sia stato assegnato (come somma dei seggi assegnati in ciascuna circoscrizione) il numero di seggi attribuito a livello nazionale. In caso contrario, si procede alla compensazione tra liste cosiddette “eccedentarie” (quelle per le quali la somma dei seggi assegnati in ciascuna circoscrizione è maggiore dei seggi attribuiti a livello nazionale) e liste cosiddette “deficitarie” (quelle per le quali la somma dei seggi assegnati in ciascuna circoscrizione è minore dei seggi attribuiti a livello nazionale).

La legge disciplina nel dettaglio le operazioni di compensazione basate sul principio in base al quale la lista “eccedentaria” cede i seggi nelle circoscrizioni in cui li ha ottenuti con la minore parte decimale e, contemporaneamente, dove sia possibile assegnare il seggio in eccesso ad una delle liste deficitarie.

 

La proposta A.C. 3429 contiene, inoltre, una norma (art. 4, comma 5, quinto periodo) concernente le minoranze linguistiche. Sono ammesse alla ripartizione dei seggi le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute presentate in una circoscrizione in cui è compresa una regione ad autonomia speciale il cui statuto preveda una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano ottenuto almeno il 2 per cento dei voti validi della Circoscrizione [3] .

 

Diverse norme contenute nella legge n. 18 del 1979 sono volte a favorire la possibilità delle minoranze linguistiche più numerose e concentrate in alcune zone del Paese (cioè le minoranze di lingua francese della Valle d’Aosta, di lingua tedesca della provincia di Bolzano e di lingua slovena del Friuli-Venezia Giulia) di eleggere propri rappresentanti al Parlamento europeo. La legge prevede che le liste di candidati presentate da partiti o movimenti politici o gruppi che siano espressione di queste minoranze possano collegarsi con un’altra lista della stessa circoscrizione presentata da un partito o gruppo politico presente in tutte le circoscrizioni con lo stesso contrassegno (L. n. 18 del 1979, art. 12, nono comma). Per l’assegnazione dei seggi nelle circoscrizioni in cui sia presente tale collegamento si provvede, nell’ambito del gruppo di liste venutosi a formare, a disporre, in un’unica graduatoria, i candidati delle liste collegate. Si proclamano eletti, nei limiti dei seggi ai quali il gruppo ha diritto, i candidati che hanno ottenuto le cifre elettorali più elevate. Tuttavia, nel caso in cui con questo sistema non risulti eletto alcun candidato della lista di minoranza linguistica collegata, l’ultimo seggio viene assegnato a quello, tra i candidati di minoranza linguistica, che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale, purché essa non sia inferiore a 50.000 (L. 18/1979, art. 22, secondo e terzo comma).

 

Si segnala che la proposta (art. 4, comma 6) non esclude l’applicazione dell’articolo 12, ottavo comma, in cui è disciplinato il collegamento tra la lista rappresentativa di minoranze linguistiche e una lista presente in tutte le circoscrizioni, mentre invece esclude l’articolo 22, commi secondo e terzo sulla proclamazione dei candidati eletti in caso di collegamento.

 

La pdl A.C. 3541, all’articolo 9, comma 2, lettera f), prevede che, per consentire il voto dei cittadini residenti nel territorio dei Paesi membri della Comunità europea si faccia ricorso al voto per corrispondenza (come previsto dalla legge n. 459 del 2001), in luogo di sezioni elettorali appositamente allestite (come invece previsto dal Titolo VI della legge n.18). È altresì esclusa per gli elettori residenti in Stati esteri la possibilità di usufruire di agevolazioni di viaggio per recarsi a votare nel comune di iscrizione elettorale.

Come già ricordato, infine, la pdl A.C. 3541, all’articolo 9, comma 2, lettera g), prevede anche che non possano partecipare alle elezioni per l’Assemblea, quali elettori, i cittadini degli altri Paesi membri dell’Unione che, a seguito di formale richiesta, abbiano ottenuto l’iscrizione nell’apposita lista elettorale del comune italiano di residenza come invece previsto per l’elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo dalla legge 18 del 1979, art. 3, comma 2. Non sono parimenti eleggibili alla Assemblea i cittadini degli altri Paesi membri dell'Unione che risultino in possesso dei requisiti di eleggibilità al Parlamento europeo previsti dall'ordinamento italiano (art. 4, secondo comma della legge n. 18).

Organizzazione e funzionamento

La pdl A.C. 3429 stabilisce che il decreto di convocazione dei comizi elettorali indichi anche il giorno della prima riunione della Convenzione (articolo 3, comma 1, primo periodo), mentre la pdl A.C. 3541 prevede che la prima seduta dell'Assemblea è convocata dal Presidente della Repubblica e ha luogo entro 30 giorni dalla data dell'elezione (articolo 11, comma 1).

 

Per la pdl A.C. 3429 la Convenzione nella prima seduta è presieduta provvisoriamente dal membro più anziano d'età ed elegge tra i suoi membri il Presidente, due Vicepresidenti e quattro Segretari, che costituiscono l'Ufficio di presidenza (articolo 6, comma 1).

Il testo non disciplina le maggioranze prescritte per l’elezione del Presidente e degli altri membri dell’Ufficio di presidenza della Convenzione. In assenza di altri elementi potrebbe desumersi che si applichi la disciplina prevista per l’elezione del Presidente e degli altri membri dell’Ufficio di presidenza della Camera [4] , in forza della disposizione di cui all’articolo 6, comma 2, secondo periodo, ai sensi della quale nelle more dell’adozione del suo regolamento, la Convenzione applica il Regolamento della Camera.

Al riguardo, si valuti l’opportunità di un chiarimento.

 

Anche l'Assemblea di cui alla proposta di legge A.C. 3541, all'inizio dei suoi lavori, è presieduta dal membro più anziano, mentre i due membri più giovani sono Segretari provvisori (A.C. 3541, articolo 11, comma 2). Successivamente, sempre nella prima seduta elegge un Presidente, due Vicepresidenti, tre Segretari e due Questori. Sono eletti i membri che ricevono più voti in ciascuna votazione (articolo 12, comma 1).

Entrambe le proposte prevedono l’adozione da parte dell’Assemblea o della Convenzione il proprio regolamento, a maggioranza assoluta dei componenti (A.C. 3429, articolo 6, comma 2; A.C. 3541, articolo 12, comma 2). La sola pdl 3429 pone il termine di quindici giorni dalla data della prima seduta entro cui deve essere approvato il regolamento e dispone che nel frattempo si applica il Regolamento della Camera dei deputati.

Sia la Convezione, sia l’Assemblea possono costituire commissioni con funzioni referenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi in esse costituiti (A.C. 3429, articolo 6, comma 3; A.C. 3541, articolo 13).

La sola pdl A.C. 3429 introduce anche alcune disposizioni in materia di votazioni.

S prevede che sia nella sede plenaria della Convenzione, sia nelle commissioni le votazioni hanno luogo a scrutinio palese, ad eccezione di quelle riguardanti persone, che sono effettuate a scrutinio segreto.

Inoltre, le deliberazioni della Convenzione non sono valide se non è presente la maggioranza dei suoi componenti e sono adottate a maggioranza dei presenti (articolo 6, comma 4). Con riferimento a tale ultima previsione si valuti l’opportunità di specificare se è anch’essa valida sia per la Convenzione sia per le eventuali commissioni.

 

In proposito si ricorda che il Regolamento della Camera prevede che per le deliberazioni in Commissione diverse dalla sede legislativa sia sufficiente ai fini del numero legale la presenza di un quarto dei componenti (articolo 46, comma 1).

 

La pdl A.C. 3429 fissa la sede della Convenzione a Roma e prevede che essa si avvalga delle strutture e del personale della Camera e del Senato; la Convenzione può inoltre disporre di personale comandato dalle pubbliche amministrazioni (articolo 7).

La sede dell'Assemblea è posta dalla pdl A.C. 3541 nella sede del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) in Roma [5] , e, per il periodo di svolgimento dei lavori dell'Assemblea gli uffici e le attrezzature del CNEL sono posti al servizio dell'Assemblea e dei suoi organi. Anche il personale del CNEL è posto alle dipendenze funzionali della Presidenza dell'Assemblea per lo svolgimento dei compiti occorrenti all'esercizio delle sue funzioni (articolo 10).

L'Assemblea si avvale inoltre del personale messo a disposizione dalla Camera e dal Senato, su richiesta dell'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea stessa e previa intesa con i Presidenti delle due Camere.

La dotazione ordinaria di bilancio dell'Assemblea è costituita da un importo da essa determinato in misura non superiore al 5 per cento della dotazione complessivamente assegnata alle Camere. La dotazione, aggiuntiva rispetto a quelle previste per gli organi costituzionali dello Stato, è iscritta separatamente nel bilancio dello Stato entro 15 giorni dalla data della comunicazione dell'importo al Governo da parte del Presidente dell'Assemblea (articolo 14).

Approvazione della legge costituzionale

Come anticipato, la proposta A.C. 3429 prevede che la Convenzione concluda i propri lavori entro tre anni dalla sua prima seduta, con possibilità di proroga per un anno, previa deliberazione a maggioranza dei due terzi dei componenti della Convenzione (articolo 8, comma 1).

La proposta prevede che il testo approvato dalla Convenzione sia trasmesso ai Presidenti delle Camere, i quali, entro trenta giorni, lo sottopongono direttamente e nel suo complesso, senza modifiche, al voto delle rispettive Assemblee (articolo 8, comma 2).

Dal tenore letterale della disposizione sembrerebbe evincersi che le due deliberazioni finali da parte delle Assemblee possano avere luogo altresì contestualmente presso le due Camere.

Si valuti l’opportunità di un chiarimento in proposito.

 

Sembrerebbe preclusa alle Assemblee di Senato e Camera la possibilità di poter votare sui singoli articoli; ciò sembra desumersi dal tenore letterale della disposizione che prevede che il testo redatto dalla Convenzione sarebbe sottoposto “nel suo complesso” dai presidenti di ciascuna Camera al voto delle rispettive Assemblee.

Si valuti l’opportunità di un chiarimento in proposito.

 

Diversamente, la proposta di cui all’A.C. 3541 precisa che il testo della legge di revisione costituzionale sia approvato dall’Assemblea per la riforma della parte II della Costituzione articolo per articolo e, nella votazione finale, con la maggioranza dei due terzi dei suoi membri (articolo 15, comma 1).

Il provvedimento prescrive, per la votazione finale, l’approvazione a maggioranza dei due terzi dei membri. Se non è raggiunta la prescritta maggioranza per la votazione finale della legge di revisione, si dispone la decadenza dell’Assemblea dalle sue funzioni e lo scioglimento della stessa.

 

Proseguendo la disciplina dell’iter, la proposta A.C. 3429 prescrive che il testo approvato in via definitiva dalle Camere sia pubblicato immediatamente nella Gazzetta Ufficiale. In caso di approvazione a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, il testo può però essere sottoposto a referendum ai termini e condizioni previsti dall’articolo 138, secondo comma, della Costituzione.

 

Come già evidenziato, l’articolo 138, secondo comma, della Costituzione prevede che le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali siano sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano richiesta un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.

 

Non si fa luogo a referendum se il testo è stato approvato da ciascuna Camera a maggioranza dei due terzi dei componenti (articolo 8, comma 4). In tal caso, il testo è promulgato e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale entro trenta giorni dalla data dell’ultima deliberazione parlamentare ed entra in vigore tre mesi dopo la pubblicazione.

 

Anche in questo caso si riprende la previsione dell’articolo 138, terzo comma, della Costituzione in ordine al fatto che non si faccia luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. L’articolo 138 della Costituzione non prevede però l’entrata in vigore solo dopo tre mesi dalla pubblicazione.

 

Nel caso di testo di riforma costituzionale approvato da una o da entrambe le Camere senza la prescritta maggioranza assoluta, il testo medesimo è in ogni caso sottoposto a referendum popolare.

Diversamente da quanto prescritto dall’articolo 138, primo comma, della Costituzione, si evince quindi come il testo di riforma della parte II della Costituzione possa anche essere approvato senza la prescritta maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, con conseguente sottoposizione obbligatoria del medesimo testo a referendum popolare.

La procedura per lo svolgimento del referendum popolare prevede che partecipino alla consultazione i cittadini iscritti nelle liste elettorali per l’elezione della Camera dei deputati, coerentemente con quanto previsto in punto di elezione dei membri della Convenzione dall’articolo 2, comma 2 della proposta A.C. 3429. 

Si prevede infine che, ove approvato dalla maggioranza dei voti validi, il testo sia promulgato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale entro trenta giorni dalla data di svolgimento del referendum ed entri in vigore tre mesi dopo la sua pubblicazione (articolo 8, comma 3).

Al riguardo, si rileva che il testo non sembra disciplinare la fase della promulgazione e della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo in caso di approvazione a maggioranza assoluta alla quale non abbia fatto seguito una richiesta di referendum popolare.

 

La proposta A.C. 3541, prescrivendo la necessaria approvazione del testo a maggioranza dei due terzi dei membri nella votazione finale da parte dell’Assemblea, a pena di decadenza dalle funzioni e scioglimento della medesima, non contempla lo svolgimento di alcun referendum.

Conseguentemente dispone che, in caso di approvazione della legge di revisione costituzionale da parte Assemblea per la riforma della parte II della Costituzione, il Presidente dell’Assemblea comunichi al Presidente della Repubblica l’avvenuta approvazione della legge di revisione costituzionale (articolo 15, comma 2).

In caso di approvazione con la prescritta maggioranza, si prevede inoltre che il Presidente della Repubblica promulghi “senza indugio” la legge di revisione costituzionale e che la stessa, dopo la promulgazione, sia immediatamente pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

 

Al tempo stesso, l’articolo 15, comma 3 della proposta di legge A.C. 3541 dispone che la legge di revisione costituzionale entri effettivamente in vigore a decorrere dalla legislatura successiva a quella in corso alla data della sua approvazione, al fine - dichiarato nella relazione illustrativa del provvedimento - di garantire una coerente e omogenea transizione verso il nuovo ordinamento costituzionale delineato per effetto della riforma della parte II della Costituzione.

Al medesimo fine, il provvedimento dispone che gli organi costituzionali la cui disciplina sia oggetto di modificazione da parte del testo di riforma deliberato dall’Assemblea decadano contestualmente al termine della legislatura (articolo 15, comma 4).

 

Si prevede inoltre che, prima della data di entrata in vigore della legge di revisione costituzionale approvata dall’Assemblea, le Camere non possano intervenire a modificare la medesima legge di revisione costituzionale (articolo 15, comma 5).

Infine, con una norma di chiusura (articolo 16), si dispone che, per quanto non disciplinato dal provvedimento in commento e dal Regolamento adottato dall’Assemblea per la riforma della parte II della Costituzione, e comunque fino all’approvazione del medesimo Regolamento (ai sensi dell’articolo 12, comma 2), si applichi, in quanto compatibile, il Regolamento del Senato della Repubblica.

 

Si tratta di una disposizione che inverte l’attuale impostazione - derivante dall’articolo 63, secondo comma, della Costituzione a mente del quale quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l’Ufficio di presidenza sono quelli della Camera dei deputati -  secondo la quale il Regolamento della Camera è applicato normalmente nelle riunioni del parlamento in seduta comune dei suoi membri (art. 35.2 R.C.), salva sempre la facoltà delle Camere riunite di stabilire norme diverse (art. 65 R.S.).

 

 


Il metodo delle riforme costituzionali. I precedenti parlamentari

Il tema delle riforme istituzionali è stato al centro del dibattito politico-parlamentare, di fatto senza soluzione di continuità, a partire almeno dalla fine degli anni ‘70.

 

Le soluzioni di metodo adottate per la discussione e l’elaborazione dei progetti di riforma hanno assunto forme diverse nel corso degli anni, ma possono essere ricondotte sostanzialmente a tre tipologie:

§  i comitati di studio;

§  le commissioni bicamerali;

§  la procedura di esame da parte delle Commissioni permanenti, nell’ambito dell’art. 138 Cost.

 

Si segnala altresì che nella XIII Legislatura è stato avviato al Senato, presso la Commissione Affari costituzionali, l’esame del disegno di legge La Loggia A.S. 707 di istituzione di un’Assemblea costituente per la revisione della Costituzione.

Inoltre, nella XVI Legislatura, sempre al Senato, è stato esaminato dall’Assemblea del Senato, senza però giungere all’approvazione il disegno di legge A.S. 2173 e abb. - A istitutivo di una Commissione per la revisione della Parte II della Costituzione composta da 90 membri ed eletta a suffragio universale e diretto.

I comitati di studio

Il primo caso di istituzione di comitati di studio risale al 1982, quando le Commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato costituirono, su invito dei rispettivi Presidenti della Camera di appartenenza, due distinti comitati di studio formati da parlamentari.

Oltre 10 anni dopo, nel 1994, il Presidente del Consiglio pro tempore ha istituito un comitato di studio sulle riforme istituzionali, elettorali e costituzionali, il cosiddetto “Comitato Speroni”, dal nome del Ministro per le riforme istituzionali, chiamato a presiederlo. Il comitato era formato da professori esperti della materia.

In entrambi i casi, i comitati hanno presentato le loro relazioni che però non hanno avuto seguito.

Al di là delle differenze “genetiche” dei comitati (i primi di istituzione parlamentare, il secondo governativa), oltre che di composizione, le due esperienze sono accomunate dalla loro funzione, per così dire, “esplorativa” e propositiva, nel fornire cioè ai decisori politici una base per il prosieguo della discussione.

Tale finalità si riscontra anche nella più recente esperienza, che richiama in parte quelle precedenti, dei due gruppi di lavoro istituiti dal Presidente della Repubblica Napolitano il 30 marzo 2013. Tale istituzione è avvenuta nel corso delle attività finalizzate alla formazione del nuovo Governo, con il compito “di formulare - su essenziali temi di carattere istituzionale e di carattere economico-sociale ed europeo - precise proposte programmatiche che possano divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche”.

Tuttavia, rispetto ai comitati del 1982, di iniziativa (e composizione) parlamentare e del 1994, di iniziativa governativa e composizione extraparlamentare, i suddetti gruppi di lavoro costituiscono una novità, in quanto istituiti su iniziativa presidenziale e con composizione mista. A distinguere questi ultimi dalle esperienze precedenti, inoltre, è stata anche la estrema rapidità della loro attività: infatti le relazioni conclusive sono state presentate il 12 aprile 2013, appena 13 giorni dopo la costituzione dei gruppi.

È seguita l'approvazione, da parte delle Assemblee di Camera e Senato, di atti di indirizzo al Governo per l'avvio delle riforme costituzionali; tali mozioni, approvate nella seduta del 29 maggio 2013, prendevano atto dell'intendimento dell'Esecutivo di avvalersi di una commissione di esperti per l'approfondimento delle diverse ipotesi di revisione costituzionale e dei connessi profili inerenti al sistema elettorale e di estendere il dibattito sulle riforme alle diverse componenti della società civile, anche attraverso il ricorso a una procedura di consultazione pubblica. Le mozioni, inoltre, impegnavano il Governo ha presentare un disegno di legge costituzionale in deroga all’art. 138.

La Commissione di esperti, che fu istituita dall'allora Presidente del Consiglio Enrico Letta l'11 giugno 2013 e denominata Commissione per le riforme costituzionali, concluse i propri lavori con una Relazione finale trasmessa al Presidente del Consiglio il 17 settembre 2013 affrontando i principali argomenti oggetto di possibile riforma, a partire dal superamento del bicameralismo paritario.

Come previsto dalle mozioni parlamentari del maggio 2013, il Governo presentò un disegno di legge costituzionale (poi non approvato) volto all'istituzione di un Comitato parlamentare per le riforme costituzionali (si veda il paragrafo successivo).

Le commissioni bicamerali

Commissione bicamerale fondata su atti di indirizzo parlamentare

La Commissione Bozzi, costituita nella IX legislatura, prende il nome dal suo Presidente, l’on. Aldo Bozzi.

La Commissione inaugura la stagione delle commissioni bicamerali: infatti per la prima volta viene istituita una commissione composta in parti uguali da deputati e senatori con lo specifico compito di elaborare una proposta “globale” di riforma della Costituzione.

Come si è detto, anche negli anni precedenti la questione delle riforme istituzionali era stata al centro del dibattito politico. Tuttavia, l’istituzione della Commissione Bozzi segna indubbiamente una soluzione di continuità, sia dal punto di vista dei contenuti, passando da un approccio “graduale”, di riforma di singoli aspetti dell’ordinamento, ad un approccio “globale” di riforma; sia dal punto di vista del metodo, con l’introduzione per la prima volta nella storia repubblicana, dopo l’esperienza dell’Assemblea costituente, di un organo “costituente”, seppure con poteri di semplice proposta.

La Commissione è stata istituita con l’approvazione nelle sedute del 12 ottobre 1983, sia della Camera sia del Senato, di due mozioni di analogo contenuto che prevedevano la costituzione, da parte di ciascun ramo del Parlamento, di una Commissione speciale di venti membri e provvista dei poteri attribuiti alle Commissioni in sede conoscitiva [6] . Le due Commissioni così costituite dovevano quindi formare una Commissione bicamerale avente il compito di "formulare proposte di riforme costituzionali e legislative, nel rispetto delle competenze istituzionali delle due Camere, senza interferire nella loro attività legislativa su oggetti maturi ed urgenti, quali la riforma delle autonomie locali, l'ordinamento della Presidenza del Consiglio, la nuova procedura dei procedimenti d'accusa".

La Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, a presiedere la quale i Presidenti delle Camere nominavano il deputato Aldo Bozzi, teneva la sua prima seduta il 30 novembre 1983.

La relazione conclusiva fu presentata il 29 gennaio 1985 e in seguito furono depositate in Parlamento da parte di vari gruppi politici una serie di proposte di revisione costituzionale che riprendevano in tutto o in parte le conclusioni formulate dalla Commissione. Tali proposte furono assegnate alla Commissione Affari costituzionali della Camera che non ne iniziò l'esame.

Il metodo inaugurato dalla Commissione Bozzi sarà ancora utilizzato nei successivi venti anni: alla prima bicamerale seguiranno la seconda (la Commissione De Mita-Iotti) nella XI legislatura e la terza (la Commissione D’Alema) nella XIII.

Commissione bicamerale fondata su atti di indirizzo e su legge costituzionale

Anche la seconda commissione bicamerale, la Commissione De Mita-Iotti, ha origine da due atti monocamerali di indirizzo, aventi analogo contenuto (una risoluzione alla Camera; un ordine del giorno al Senato, approvati il 23 luglio 1992), con cui venne deliberata l’istituzione di una Commissione, composta in pari numero di deputati e senatori, con il compito di elaborare un progetto organico di revisione della Costituzione, nonché dei sistemi elettorali per l'elezione degli organi costituzionali. Le due deliberazioni istitutive prevedevano inoltre che, con una legge costituzionale da approvarsi entro 6 mesi dalla costituzione della Commissione, fossero conferiti alla stessa poteri referenti nei confronti delle Camere per la formulazione delle proposte definitive di revisione costituzionale.

La Commissione ha iniziato dunque la sua attività prima dell’approvazione della legge costituzionale 6 agosto 1993, n. 1, che, oltre a confermare i suoi compiti, introduceva un procedimento di revisione costituzionale parzialmente derogatorio rispetto a quello previsto dall'art. 138 della Costituzione, che gli affidava la funzione di commissione unica in sede referente.

La Commissione presentò l’11 gennaio 1994 alle Presidenze delle due Camere un progetto di revisione costituzionale riguardante la revisione della parte seconda della Costituzione (A.C. 3597 - A.S. 1789). Le Assemblee dei due rami del Parlamento non hanno peraltro proceduto all'esame del testo approvato per la anticipata conclusione della legislatura.

 

Un precedente simile si registra nella XVII legislatura, quando, il 29 maggio 2013, l'Assemblea della Camera e quella del Senato hanno approvato due mozioni, di contenuto identico, concernenti l'avvio del percorso delle riforme costituzionali presentate dai Gruppi di maggioranza e da altri Gruppi (mozione 1-00056 on. Speranza ed altri; mozione 1-00047 sen. Zanda ed altri).

Le due mozioni impegnavano il Governo a presentare alle Camere un disegno di legge costituzionale di istituzione di una procedura straordinaria per l'approvazione delle riforme costituzionali in deroga a quella ordinaria di cui all'art. 138 Cost.

Seguì la presentazione da parte del Governo di un disegno di legge costituzionale volto all'istituzione di un Comitato parlamentare per le riforme costituzionali cui erano conferiti poteri referenti per l'esame dei progetti di legge di revisione costituzionale dei Titoli I, II, III e V della parte seconda della Costituzione, afferenti alla forma di Stato, alla forma di Governo e all'assetto bicamerale del Parlamento, nonché, coerentemente con le disposizioni costituzionali, di riforma dei sistemi elettorali. Il disegno di legge (A.S. 813-A.C. 1359) è stato esaminato dai due rami del Parlamento ma non approvato.

Successivamente, nella medesima legislatura, è stata approvata una proposta di riforma costituzionale ex art. 138 Cost. (si veda infra il paragrafo Le modifiche con la procedura dell’art. 138 Cost.).

 

Commissione bicamerale fondata su legge costituzionale

Parzialmente diversa la genesi della terza bicamerale (la Bicamerale D’Alema), con la quale si procedette direttamente all’approvazione della legge costituzionale n. 1 del 1997, che istituiva la Commissione parlamentare per le riforme costituzionali.

 

Prima dell’approvazione della legge costituzionale, si era svolta, il 20 giugno 1996, presso la Commissione Affari costituzionali della Camera, a seguito di due riunioni congiunte delle Commissioni Affari costituzionali delle due Camere, un'audizione del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per i rapporti con il Parlamento Giorgio Bogi in relazione ai temi delle riforme istituzionali.

 

Alla Commissione, composta da 35 deputati e 35 senatori, si attribuì il compito di predisporre un progetto organico di revisione della Parte II della Costituzione, concernente l’ordinamento della Repubblica. Il progetto predisposto dalla Commissione, dopo l’approvazione da parte delle assemblee delle due Camere, avrebbe dovuto essere sottoposto a referendum popolare confermativo.

La Commissione bicamerale presentò alle Camere, nel novembre 1997, un organico progetto di revisione della Parte II della Costituzione (A.C. 3931-A).

L’Assemblea della Camera avviò l’esame del progetto nel gennaio 1998 e ne approvò, senza rilevanti modifiche d’impianto, la parte riguardante l’ordinamento federale e la forma di Stato.

Successivamente, l’esame del progetto tuttavia si interruppe per il venir meno delle condizioni di intesa tra le forze politiche che erano state promotrici dell’iniziativa.

Le modifiche con la procedura dell’art. 138 Cost.

Nel corso della storia repubblicana la procedura di revisione costituzionale “normale”, ai sensi dell’art. 138 Cost. è stata a lungo considerata adatta per la modifica di singoli punti della carta costituzionale ed è stata utilizzata prevalentemente con queste finalità.

 

Un primo esempio di riforma, non limitata a singoli aspetti dell’ordinamento costituzionale, tentata con lo strumento ordinario ex art. 138 Cost. risale al progetto di legge costituzionale approvato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera nella X legislatura. L’Assemblea della Camera ne iniziò l’esame nel luglio 1991 senza peraltro concluderlo (A.C. 4887-A).

 

Si può ricordare, inoltre, nella XIII legislatura, la riforma del 2001 del Titolo V della Parte II della Costituzione, che, anche se limitata ad un singolo aspetto della Carta, costituisce senz’altro una innovazione profonda della forma dello Stato (L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3).

 

Tuttavia, è solo con la XIV legislatura che la procedura dell’art. 138 Cost. viene utilizzata per una riforma globale.

Si tratta, inoltre, del primo caso di approvazione definitiva di un progetto di riforma così ampio. Infatti, nel 2005 il Parlamento aveva approvato una legge costituzionale, originata da un progetto di iniziativa governativa, con cui si operava una generale riscrittura della Parte II della Costituzione, concernente l’ordinamento della Repubblica. La legge costituzionale non entrò tuttavia in vigore, essendo stata richiesta la sottoposizione a referendum popolare, ai sensi dell’art. 138 della Costituzione. Il referendum, svoltosi il 25 e 26 giugno 2006, ebbe esito non favorevole all’approvazione della legge costituzionale, che pertanto non venne promulgata.

 

Anche nelle legislature seguenti si tentò, senza risultati, la strada dell’art. 138.

Nella XV legislatura l’esito negativo del referendum sulla legge costituzionale di riforma della Parte II della Costituzione, ha inciso sul dibattito politico-parlamentare in materia di riforme istituzionali, ritenendosi da più parti che non fosse opportuno insistere sul modello della “Grande Riforma” e che si dovesse invece perseguire il più ampio consenso possibile intorno a quegli interventi costituzionali, di portata più circoscritta, che apparissero urgenti e maturi.

L’attenzione si è focalizzata sui temi della riduzione del numero dei parlamentari; del superamento del bicameralismo perfetto; del rafforzamento dell'esecutivo in Parlamento; di una miglior definizione del rapporto Stato-autonomie territoriali.

Seguendo questa linea, la Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati ha approvato il 17 ottobre 2007 un testo unificato di alcune proposte di legge costituzionale di iniziativa parlamentare recanti modifiche di diversi articoli della Parte II della Costituzione (A.C. 553 e abb.-A, la c.d. “bozza Violante”). L’Assemblea ha discusso soltanto gli articoli 2 e 3 del progetto; l’iter non è proseguito a causa della fine anticipata della legislatura.

 

Nella XVI legislatura si è tornati alla ipotesi di riforma complessiva dell’ordinamento della Repubblica, con il progetto di legge approvato dal Senato il 25 luglio 2012 (A.S. 24 e abb. A). Il testo, che prevedeva tra l’altro l’elezione diretta del Capo dello Stato, è stato trasmesso alla Camera, dove la Commissione Affari costituzionali ne ha iniziato l’esame, senza concluderlo (A.C. 5386).

 

Nella XVII legislatura è stata adottato un testo di riforma complessiva della Parte II della Carta costituzionale, attraverso l’utilizzo del procedimento dell’art. 138 Cost.

Dopo le esperienze dei Gruppi di studio istituiti dal Presidente della Repubblica Napolitano; dell'approvazione, da parte di Camera e Senato, di atti di indirizzo al Governo per l'avvio delle riforme costituzionali; dell’insediamento della Commissione di esperti, per le riforme costituzionali, di nomina governativa e della presentazione di un disegno di legge costituzionale del Governo Letta (non approvato) volto all'istituzione di un Comitato bicamerale per le riforme (su cui vedi supra i paragrafi I comitati di studio e Commissione bicamerale fondata su atti di indirizzo e su legge costituzionale), il Governo Renzi ha presentato – l'8 aprile 2014 – un disegno di legge di riforma della Parte II della Costituzione, secondo il procedimento di cui all’art. 138 Cost., che, dopo un iter durato circa due anni, è stato approvato dal Parlamento.

Il testo di riforma, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 aprile 2016, disponeva, in particolare, il superamento del bicameralismo perfetto, la revisione del riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni, l'eliminazione dal testo costituzionale del riferimento alle province e la soppressione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL).

Il 4 dicembre 2016 si è svolto il referendum popolare confermativo su tale testo di legge costituzionale, ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione; il risultato della votazione non è stato favorevole all'approvazione della legge costituzionale.

 

Nella legislatura in corso (XVIII) si è seguito un approccio basato su interventi di revisione costituzionale riguardanti specifici aspetti della Carta costituzionale.

In primo luogo con la legge costituzionale 19 ottobre 2020, n. 1 è stata approvata la riduzione del numero dei parlamentari che passa a 400 per la Camera e 200 per il Senato. Il testo della legge è stato confermato dagli elettori nel referendum popolare tenutosi il 20 e 21 settembre 2020.

È stato inoltre approvata la legge costituzionale 18 ottobre 2021, n. 1 in materia di elettorato attivo per l'elezione del Senato della Repubblica. La legge, che modifica l'art. 58, primo comma, Cost., abbassa il limite di età per eleggere i senatori da 25 a 18 anni, uniformandolo a quello già previsto per la Camera.

Approvata anche la legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 che modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente.

 

Si segnalano inoltre, le seguenti proposte di legge costituzionale in corso di esame da parte del Parlamento.

PDL approvate in prima deliberazione da entrambe le Camere

PDL Cost. A.S. 865 – A.C. 3353

Modifica all'articolo 119 della Costituzione, concernente il riconoscimento delle peculiarità delle Isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall'insularità

Inizio esame sede referente Senato 4 febbraio 2020. Approvata dal Senato 3 novembre 2021.

Concluso esame sede referente Camera il 12 gennaio 2022. Approvata dalla Camera il 30 marzo 2022.

Approvata dal Senato in seconda deliberazione il 27 aprile 2022.

Concluso esame I Commissione 29 giugno 2022.

PDL Cost. A.S. 747 - AC. 3531

Modifica all'articolo 33 della Costituzione, in materia di attività sportiva

Approvata dal Senato in prima lettura 22 marzo 2022.

Concluso esame in sede referente alla Camera il 27 aprile 2022. Approvata dalla Camera in prima lettura 14 giugno 2022.

Approvata dal Senato in seconda lettura il 29 giugno 2022

PDL approvate in prima deliberazione da una Camera

PDL Cost. A.C. 1173 – A.S. 1089

Modifica all'articolo 71 della Costituzione in materia di iniziativa legislativa popolare

Inizio esame sede referente Camera 14 maggio 2019

Approvata dalla Camera in prima lettura 21 febbraio 2019. In corso di esame in sede referente al Senato

PDL Cost. A.C. 2238

Modifiche agli articoli 57 e 83 della Costituzione, in materia di base territoriale per l'elezione del Senato della Repubblica e di riduzione del numero dei delegati regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica

Concluso esame sede referente 24 marzo 2022. Iniziato esame in Assemblea il 28 marzo 2022. Approvato dalla Camera 10 maggio 2022

In corso di esame in prima lettura

Senato

PDL Cost. A.S.388

Disposizioni per l'individuazione delle priorità di esercizio dell'azione penale

Concluso l’esame in sede referente 3 marzo 2020 (mandato contrario)

PDL Cost. A.S. 852

Modifica dell'articolo 75 della Costituzione, concernente l'introduzione di un vincolo per il legislatore di rispettare la volontà popolare espressa con referendum abrogativo

Concluso l’esame in sede referente 26 maggio 2021

PDL Cost. A.S.1124

Abrogazione dell'articolo 99 della Costituzione, concernente il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro

Concluso esame referente 25 giugno 2019

PDL Cost. A.S.1825

Costituzionalizzazione del sistema delle Conferenze e introduzione della clausola di supremazia statale nel titolo V della parte seconda della Costituzione

Inizio esame in sede referente 26 maggio 2020 (in corso di esame)

PDL A.S.1642

Modifiche all'articolo 132 della Costituzione in materia di validità dei referendum per la fusione di regioni o la creazione di nuove regioni e per il distacco di province e comuni da una regione e la loro aggregazione ad altra regione

Inizio esame in sede referente 5 agosto 2020 (in corso di esame)

Camera

PDL Cost. A.C. 298

Modifiche agli articoli 97, 117 e 119 della Costituzione, concernenti il rapporto tra l'ordinamento italiano e l'ordinamento dell'Unione europea

Inizio esame sede referente 11 ottobre 2018 (in corso di esame)

PDL Cost. A.C.14

Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura

Inizio esame sede referente 20 febbraio 2019. Discussione in Assemblea (iniziata il 27 luglio 2020. Rinviato in Commissione)

PDL Cost. A.C.2244 e 2335

Approvazione ed efficacia delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica

Inizio esame sede referente 3 giugno 2020 (in corso di esame)

PDL Cost. A.C. 1854 ed abbinate

Ordinamento e poteri della città di Roma, capitale della Repubblica

Concluso l’esame in sede referente il 16 giugno 2022

PDL Cost. A.C. 3145 e 3226

Modifiche agli articoli 74 e 77 della Costituzione, concernenti l’introduzione del rinvio parziale delle leggi di conversione dei decreti-legge da parte del Presidente della Repubblica e di limiti costituzionali alla decretazione d’urgenza

Inizio esame sede referente 21 ottobre 2021. Adozione testo base 11 gennaio 2022 (in corso di esame)

PDL Cost. A.C.3297

Modifica dell'articolo 67 della Costituzione, concernente l'introduzione del vincolo di mandato parlamentare

Inizio esame in sede referente 25 novembre 2021 (in corso di esame)

 


Elementi di diritto comparato
(a cura dell'Ufficio legislazione straniera del Servizio Biblioteca)


Le esperienze di assemblee costituenti in Cile, Irlanda e Islanda

Cile

La Costituzione cilena del 1980, ripetutamente modificata, è stata oggetto di numerose critiche, in particolare nel 2019 vi sono state diverse proteste aventi ad oggetto anche la richiesta di una nuova Costituzione.

Il 15 novembre 2019 undici partiti politici hanno sottoscritto la dichiarazione “Acuerdo por la Paz Social y la Nueva Constitución”. L’accordo prevedeva un plebiscito da tenersi nell’aprile 2020, attraverso la proposizione di due quesiti: se si volesse o meno una nuova Costituzione e che tipo di organismo avrebbe dovuto redigerla: una Convenzione costituzionale appositamente eletta o una Convenzione costituzionale mista, composta per il 50% da membri eletti dai cittadini e per il 50% da parlamentari, i quali sarebbero cessati dal loro mandato ordinario. L’organo costituente eletto dai cittadini avrebbe avuto lo scopo di redigere la nuova Carta fondamentale, senza pregiudicare i poteri e le attribuzioni degli altri organi dello Stato. La sua durata era fissata in nove mesi, prorogabili una volta, per altri tre mesi. Esaurito il compito affidatogli, questo organismo sarebbe stato sciolto. Sessanta giorni dopo l’approvazione del nuovo testo costituzionale da parte dell’organo costituente, si sarebbe tenuto un referendum di ratifica a suffragio universale.

Il 24 dicembre 2019 è stata pubblicata la “Reforma al Capítulo XV de la Constitución Política de la República” (Legge n. 21.200), allo scopo di prevedere il procedimento per l’approvazione di una nuova Costituzione. La riforma costituzionale è approvata con 127 voti a favore e 18 contrari alla Camera dei deputati (Cámara de Diputados), 38 voti in favore e 3 contrari al Senato (Senado).

La riforma traspone nella Costituzione l’Accordo del novembre 2019, contenuto in alcune proposte di legge presentate in Parlamento. Essa modifica il capo XV della Costituzione politica, al fine di stabilire una procedura particolare per predisporre una nuova Costituzione politica della Repubblica. È pertanto previsto che il Presidente della Repubblica convochi un Plebiscito nazionale il 26 aprile 2020, in cui i cittadini avrebbero avuto due schede per indicare la loro preferenza, una con la domanda “Vuoi una nuova Costituzione?”, in merito al quale si poteva rispondere “Approvo” (Apruebo) o “Rifiuto” (Rechazo), la seconda scheda era inerente all’organo costituente, per il quale la domanda sarebbe stata: “Che tipo di organo dovrebbe redigere la Nuova Costituzione?”, potendo scegliere tra una “Convenzione costituzionale mista”, composta in parti uguali da membri eletti dal popolo e da parlamentari in carica e una “Convenzione costituzionale” composta esclusivamente da membri eletti dal popolo.

Il 24 marzo 2020 è pubblicata la riforma costituzionale in materia di parità di genere, che prevede che la futura Convenzione sia composta in parti uguali da uomini e donne.

Il 25 ottobre 2020 si è pertanto tenuto il “Plebiscito nazionale 2020” (Plebiscito Nacional 2020) [7] , al fine di chiedere agli elettori di mantenere in vigore la Costituzione del 1980 (opzione “Rechazo”) o di redigere una nuova Costituzione (opzione “Apruebo”), e da quale organo dovesse essere scritta la nuova Costituzione, nel caso di vittoria della seconda opzione. L’affluenza alle urne è stata del 51%. L’opzione “Apruebo” ha vinto con il 78,2% dei voti, per quanto concerne la modalità di redazione della nuova Costituzione, il 79% ha optato per una “Convenzione costituzionale”.

Il 23 dicembre 2020 è stata approvata la legge che riserva 17 seggi della Convenzione ai popoli indigeni (pueblos originarios), di cui 7 al popolo mapuche [8] .

L’11 gennaio 2021 è stato promulgato il decreto presidenziale che ha nominato la Segreteria generale del Governo (SEGPRES) quale organismo che fornisce supporto tecnico, amministrativo e finanziario alla Convenzione costituzionale per l’installazione e il funzionamento.

Il 15 e 16 maggio 2021, insieme alle elezioni comunali e dei Governatori regionali, si è tenuta l’elezione dei 155 membri costituenti (convencionales constituyentes) della Convenzione costituzionale (Convención constitucional), di cui 78 uomini e 77 donne [9] .

Il 4 luglio 2021 si è tenuta la prima riunione della Convenzione, presso il Palazzo del Congresso nazionale a Santiago.

Il 14 luglio 2021 la Convenzione ha approvato le norme fondamentali per il suo funzionamento provvisorio, unitamente all’istituzione di tre Commissioni provvisorie: Bilancio e amministrazione interna, Regolamento, Etica.

Il 13 ottobre 2021 è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale la risoluzione di approvazione del testo ufficiale del Regolamento generale della Convenzione costituzionale.

Il 18 ottobre 2021 è iniziato ufficialmente il dibattito costituzionale.

Il 14 maggio 2022, nella 103a sessione plenaria della Convenzione costituzionale, dopo 10 mesi di funzionamento, si è concluso il dibattito costituzionale, con l’approvazione del progetto di riforma costituzionale.

La Commissione di armonizzazione ha avuto il compito di ordinare, dare coerenza e rivedere la stesura della proposta costituzionale. Parallelamente ha operato la Commissione per il preambolo e le norme transitorie.

Dopo il lavoro delle Commissioni, il progetto è stato approvato dalla Convenzione il 28 giugno 2022 (110a sessione). Esso è stato consegnato al Presidente della Repubblica il 4 luglio, durante una solenne cerimonia di chiusura dei lavori, a un anno dalla prima seduta [10] .

Una nuova consultazione popolare, prevista per il 4 settembre 2022, è chiamata ad accettare o meno il progetto della nuova Costituzione.

 

Irlanda

In Irlanda, il processo di revisione costituzionale contempla l’approvazione della modifica da parte di entrambe le Camere del Parlamento (Oireachtas) e la successiva approvazione popolare mediante referendum. Con risoluzione adottata nel luglio 2012 da entrambe le Camere, è stata istituita la Convenzione per la Costituzione (Convention on the Constitution), con il compito di esaminare proposte e formulare, entro dodici mesi, raccomandazioni finalizzate all’eventuale adozione di modifiche alla carta costituzionale. Sottoposte al Governo, tali raccomandazioni sarebbero state oggetto dell’esame della Convenzione entro i successivi quattro mesi, e a seguito della sua concorde valutazione rimesse all’approvazione popolare mediante consultazione referendaria.

La Convenzione è formata complessivamente di 100 componenti, eletti in parte (44) tra i membri del Parlamento secondo criteri di proporzionalità tra i gruppi parlamentari, in parte (66) designati tra la generalità dei cittadini iscritti nelle liste elettorali, perseguendo la rappresentatività dei diversi gruppi sociali. Per la selezione della seconda componente, in particolare, l’ufficio a ciò preposto ha applicato metodi statistico-demografici idonei ad assicurare l’equa distribuzione geografica dei designati, nonché la complessiva rappresentatività del gruppo selezionato avendo riguardo allo status socio-economico, al genere, all’età.

Conclusi i suoi lavori, la Convenzione ha pubblicato, il 31 marzo 2014, le raccomandazioni finali, alle quali il Governo ha replicato con l’impegno di indire consultazioni referendarie su alcuni dei temi che ne sono oggetto, tra cui il matrimonio tra persone dello stesso sesso. La relativa modifica costituzionale in materia (la trentaquattresima a far data dal 1937) è stata approvata con il referendum svoltosi il 22 maggio 2015. Nella medesima data è stata respinta, tramite referendum, la proposta di ridurre il requisito di età per l’eleggibilità del Presidente della Repubblica da 35 anni a 21. Il 26 ottobre 2018 è stato approvato un terzo referendum per rimuovere dalla Costituzione il reato di blasfemia.

 

Islanda

La crisi economica del 2008 ha ingenerato in Islanda [11] proteste e manifestazioni popolari contro la Banca centrale, il Parlamento [12] e il Governo, accusati di mancanza di responsabilità. Un movimento di cittadini si è pertanto attivato per proporre la redazione di una nuova Costituzione, organizzandosi in una “Assemblea nazionale” formata da 1.500 persone (2009-2010). Successivamente il Governo ha approvato la legge costituzionale n. 90 del 2010 (Act on a Constitutional Assembly), relativa a una speciale Assemblea costituzionale composta da 25 delegati con il compito di rivedere la Costituzione. I lavori di detta assemblea sarebbero dovuti terminare nell’aprile del 2011, con la proposta di modifica della Costituzione da far votare al Parlamento e da sottoporre a referendum [13] .

Il 27 novembre 2010 si sono tenute le elezioni da cui sono risultati eletti i 25 cittadini (15 uomini e 10 donne, per la maggior parte docenti universitari, avvocati e giornalisti) che avrebbero fatto parte dell’Assemblea [14] . I vincoli per la candidatura erano il possesso della maggiore età e la raccolta delle firme di almeno 30 sostenitori fino a un massimo di 50. Dalle candidature erano escluse quasi tutte le cariche politiche: Presidente della Repubblica, deputati, Ministri e membri di alcuni organi istituzionali.

Il 25 gennaio 2011 la Corte suprema islandese ha tuttavia dichiarato nulle le elezioni dell’Assemblea.

Esattamente un mese più tardi, il 25 febbraio 2011, il Parlamento ha approvato una risoluzione con la quale i membri dell’Assemblea venivano nominati membri di un Consiglio costituzionale con la medesima funzione di proporre modifiche alla Costituzione.

Il Consiglio, durante i suoi lavori, si è avvalso dell’uso dei social media per aprire il processo di stesura della proposta a tutti i cittadini, raccogliendo suggerimenti in merito. Tutti coloro i quali fossero stati interessati al processo avrebbero potuto comunicare utilizzando Facebook, Twitter o la posta elettronica (oltre a quella ordinaria).

Al termine dei propri lavori, il 29 luglio 2011 il Consiglio ha presentato al Parlamento islandese un progetto di revisione costituzionale che prevedeva, tra l’altro, le seguenti modifiche:

? introduzione del principio “una persona, un voto” [15] ;

? indizione di un referendum sull’abolizione della Chiesa di Stato [16] ;

? introduzione di una serie di modifiche all’ordinamento di Governo, tra cui l’abolizione della regola in base alla quale il leader del partito di maggioranza relativa diviene Primo ministro, l’apposizione di un limite di dieci anni per la carica di Primo ministro e la previsione della sfiducia costruttiva;

? obbligo da parte dello Stato di fornire l’accesso a Internet a tutti i cittadini;

? introduzione di un limite di tre mandati per il Presidente della Repubblica;

? possibilità di presentare proposte di legge al Parlamento o chiedere un referendum sulle leggi, su richiesta del 15% degli aventi diritto al voto;

? riduzione del numero dei Ministri a dieci, introducendo il divieto di cumulare la carica di Ministro con quella di deputato;

? affermazione del principio in base al quale le risorse naturali dell’Islanda sono di proprietà pubblica.

La proposta di riforma costituzionale è stata sottoposta a un referendum consultivo tenutosi il 20 ottobre 2012 ed articolato in sei distinti quesiti, risultati tutti approvati.

Il testo è stato quindi trasmesso al Parlamento, che non è tuttavia giunto a concludere l’esame della proposta.

Le elezioni parlamentari del 2013 hanno, infatti, visto prevalere i partiti contrari alla riforma e pertanto la discussione della proposta è stata sospesa [17] .

 



[1]     Per maggiori approfondimenti si veda il paragrafo La sentenza n. 1 del 2014 sulla legge elettorale n. 270 del 2005, nel volume Il sistema di elezione del Parlamento nazionale. L'evoluzione normativa e la disciplina vigente .

[2] Tale disposizione disciplina la distribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi assegnati a livello nazionale alle varie liste.

[3]     Nelle elezioni europee del 2019, nella Circoscrizione II Italia Nord-Orientale i voti validi espressi sono stati 5.798.539; la lista SVP ha ottenuto 141.353 voti, pari allo 2,44 per cento dei voti della Circoscrizione (Fonte: Ministero dell’interno- Eligendo – Archivio).

[4] Si ricorda che il Regolamento della Camera dispone che l'elezione del Presidente abbia luogo per scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi dei componenti la Camera. Dal secondo scrutinio è richiesta la maggioranza dei due terzi dei voti computando tra i voti anche le schede bianche. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti (articolo 4, comma 2). Eletto il Presidente, si procede all'elezione di quattro Vicepresidenti, di tre Questori e di otto Segretari al fine della costituzione dell'Ufficio di Presidenza (articolo 5, comma 1). Per tali elezioni ciascun deputato scrive sulla propria scheda due nomi per i Vicepresidenti, due per i Questori, quattro per i Segretari. Sono eletti coloro che al primo scrutinio hanno ottenuto il maggior numero di voti (comma 2).

[5] Dal 1959 il CNEL ha sede in Villa Lubin.

[6]      Le due mozioni riproducono sostanzialmente due documenti (una risoluzione alla Camera, un ordine del giorno al Senato) approvati dai due rami del Parlamento nella precedente legislatura il 14 aprile 1983, cui non venne dato seguito a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.

[7]     Il 3 agosto 2020 il Ministero della salute ha approvato il documento “Protocolo Sanitario Plebiscito Más Seguro”, nel quale sono stati definiti i protocolli di sicurezza al fine di tenere la consultazione in considerazione della situazione legata al COVID-19. Il 4 settembre è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il protocollo del Consiglio direttivo del SERVEL (ente supervisore delle elezioni) che ha fissato norme e istruzioni speciali per il plebiscito del 25 ottobre.

[8]     I mapuche o mapuce (termine composto dalle parole della lingua mapudungun che, “popolo”, e mapu, “della Terra”) sono un popolo amerindo originario del Cile centrale e meridionale e dell’Argentina meridionale. Il termine si usa per designare l’etnia che comprende comunque diversi gruppi che hanno in comune strutture sociali, politiche ed economiche, oltre a condividere il mapudungun come lingua madre.

[9]     Dal marzo 2022 i costituenti sono 154, per la rinuncia di Rodrigo Rojas Vade.

[10]   Cfr. El País, “La Convención chilena entrega el texto definitivo de la nueva Constitución”, 4 luglio 2022.

[11]    L’Islanda è una repubblica parlamentare, la cui costituzione entrò in vigore nel giugno 1944.

[12]    L’Althing, il Parlamento nazionale islandese, è monocamerale ed è formato da 63 membri.

[13]    Sul processo costituente islandese si veda la voce di Wikipedia “2010–2013 Icelandic constitutional reform”.

[14]    L’affluenza alle urne è stata di poco inferiore al 36% degli aventi diritto.

[15]   Nel sistema elettorale islandese, un candidato ha bisogno di più voti per essere eletto deputato nella capitale Reykjavik rispetto a una delle zone rurali del paese.

[16]    La Chiesa di Stato è costituita dalla Chiesa evangelica luterana, con a capo il vescovo d’Islanda. È una chiesa aderente alla Federazione mondiale luterana

[17] Sull’esperienza islandese si veda anche: Hélène Landemore, Perché l’esperimento della costituzione islandese è fallito, Il post, agosto 2014.