Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Ripristino della festività di San Giuseppe nella data del 19 marzo
Riferimenti: AC N.231/XVIII AC N.2860/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 552
Data: 07/03/2022
Organi della Camera: I Affari costituzionali


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Ripristino della festività di San Giuseppe nella data del 19 marzo

7 marzo 2022
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Rispetto degli altri principi costituzionali|


Contenuto

Le proposte di legge A.C. 231 e A.C. 2860, di contenuto identico, sono composte di un articolo unico, volto a ripristinare agli effetti civili la festività di San Giuseppe, festività ufficiale della Chiesa cattolica che viene celebrata il giorno 19 marzo e che fino al 1976 era riconosciuta anche come giorno festivo agli effetti civili.

E' utile richiamare in premessa che nel nostro ordinamento le giornate festive sono determinate dalla legge e, in parte, dai contratti collettivi. In particolare, il carattere di "festività" è stabilito in base alla L. 27 maggio 1949, n. 260 e successive modificazioni. L'art. 2 della legge riporta l'elenco dei giorni considerati festivi a livello nazionale. La festività comporta l'osservanza del completo orario festivo ed il divieto di compiere determinati atti giuridici.
Ai sensi dell'art. 4 della L. n. 260/1949, in occasione di alcune festività e solennità civili, ivi indicate, si provvede all'imbandieramento degli edifici pubblici. I contratti collettivi disciplinano essenzialmente gli ulteriori giorni festivi, quali la ricorrenza del Santo Patrono, il giorno di riposo compensativo per i lavoratori impegnati di domenica, e, in taluni casi, di sabato.

Attualmente, il complesso dei giorni festivi può riassumersi come segue:

L'attuale catalogo dei giorni festivi è frutto di modifiche succedutesi nel tempo. Rispetto al catalogo originario stabilito nel 1949 si ricorda che l'articolo 1 della L. n. 54/1977 ha disposto la cessazione delle festività, agli effetti civili, dei seguenti giorni (cc.dd. festività soppresse):

  • giorno dell'Epifania (6 gennaio);
  • S. Giuseppe (19 marzo); 
  • Ascensione;
  • Corpus Domini;
  • SS. Apostoli Pietro e Paolo (29 giugno)
  • 2 giugno (festa nazionale della Repubblica, spostata alla prima domenica di giugno);
  • 4 novembre (festa dell'Unità nazionale, spostata alla prima domenica di novembre).

Successivamente, la L. 23 dicembre 1977, n. 937, ha introdotto, a favore dei dipendenti pubblici, in seguito alla soppressione delle richiamate festività civili e religiose, in aggiunta ai periodi di congedo previsti dalla normativa, 6 giornate complessive di riposo da fruire nel corso dell'anno solare, di cui 2 giornate da aggiungere obbligatoriamente al congedo ordinario (articolo 1, comma 1, lettera a)), e 4 giornate, a richiesta degli interessati, da poter fruire a discrezione del lavoratore, compatibilmente con le esigenze di servizio (articolo 1, comma 1, lettera b)). Mentre le prime 2 giornate seguono la disciplina del congedo ordinario, per le 4 giornate non fruite nell'anno solare, per fatto derivante da motivate esigenze inerenti alla organizzazione dei servizi, è previsto un rimborso forfettario. Per quanto attiene alla disciplina contrattuale delle cd. festività soppresse, in generale, l'abolizione delle 4 festività è stata generalmente compensata dalla contrattazione collettiva attraverso permessi individuali pari, in totale, a 32 ore. Normalmente, la fruizione delle richiamate ore di permesso viene subordinata, dai contratti collettivi, alla loro maturazione (cioè ogni mese matura 1/12 delle 32 ore).
Si ricorda, inoltre, che i permessi per le festività soppresse devono essere goduti entro l'anno (a parte alcune eccezioni presenti in alcuni contratti, che prevedono la possibilità di usufruire delle ex festività entro un determinato limite temporale dell'anno successivo) altrimenti devono essere retribuiti. Le ore che devono essere retribuite per le festività fruite dai lavoratori compensati ad ore nonché la determinazione della maggiorazione per lavoro festivo sono disciplinati dalla contrattazione collettiva.

In seguito alcune di queste festività sono state ripristinate. In particolare:

  • ai sensi del combinato disposto della L. n. 121 del 1985 (di ratifica ed esecuzione del Nuovo Concordato) e del d.P.R. n. 792/1985, è stata ripristinata la festa dell'Epifania e, per il solo comune di Roma, SS. Pietro e Paolo;

    In particolare, l'articolo 6 dell'accordo firmato a Roma il 18 febbraio 1984, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, ratificato con legge 25 marzo 1985, n. 121, prevede che la Repubblica italiana riconosce come giorni festivi tutte le domeniche e le altre festività religiose determinate d'intesa fra le Parti. La successiva intesa, resa esecutiva con il DPR n. 792 del 1985 stabilisce che sono festività religiose:
    tutte le domeniche;

    il 1° gennaio, Maria Santissima Madre di Dio;

    il 6 gennaio, Epifania del Signore;

    il 15 agosto, Assunzione della Beata Vergine Maria;

    il 1° novembre, tutti i Santi;

    l'8 dicembre, Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria;

    il 25 dicembre, Natale del Signore;

    il 29 giugno, SS. Pietro e Paolo, per il comune di Roma.

    L'effetto di questo elenco è di ripristinare sostanzialmente le festività dell'Epifania a livello nazionale e dei SS. Pietro e Paolo a livello del comune di Roma.
  • la L. 20 novembre 2000, n. 336 ha ripristinato a decorrere dal 2001 la festività del 2 giugno.

Al fine di ripristinare la festività di San Giuseppe, entrambe le proposte in esame equiparano tale festa "alle festività riconosciute ai sensi dell'articolo 1 del DPR 28 dicembre 1985, n. 792": come anticipato il citato DPR individua le festività religiose della Chiesa cattolica che la Repubblica italiana riconosce come giorni festivi, le quali sono determinate d'intesa tra Stato e Chiesa. 

L'articolo unico delle proposte dispone inoltre che per quanto concerne gli effetti retributivi, si applicano le norme vigenti per le festività nazionali.

Per quanto attiene al trattamento economico erogato per le giornate festive, si ricorda che la L. 260/1949 (come modificata dalla L. 90/1954) ha riconosciuto (articolo 5) un particolare trattamento economico per il lavoro prestato nelle festività nazionali ed infrasettimanali. Tale disciplina è stata successivamente integrata dalla contrattazione collettiva di categoria (con la quale sono stati specificati i contenuti del richiamato trattamento e previsti particolari trattamenti economici per le festività soppresse).
In particolare, la L. 260/1949 riconosce 2 diverse tipologie di retribuzione a seconda se i lavoratori prestino la loro attività in misura fissa (es. impiegati), oppure in relazione alle ore di lavoro (es. operai).
In quest'ultimo caso, se non viene richiesta la prestazione lavorativa, si stabilisce l'erogazione della normale retribuzione globale di fatto giornaliera (compreso ogni elemento accessorio, anche nel caso in cui tale retribuzione sia superiore a quella minima contrattuale). Salvo il caso in cui li contratti dispongano diversamente, la richiamata retribuzione si determina ragguagliandola a quella corrispondente ad un sesto dell'orario normale settimanale. Nel caso in cui venga invece effettuata la prestazione lavorativa, oltre a quanto previsto in precedenza viene erogata la retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate, con la maggiorazione fissata dai contratti collettivi per il lavoro festivo. Merita ricordare, infine, che il richiamato trattamento economico è erogato anche se il lavoratore risulti assente per specifiche cause (si tratta delle cause individuate dall'articolo 2 della L. 90/1954, quali malattia, infortunio, gravidanza e puerperio, congedo matrimoniale ecc., mentre non rientra l'ipotesi di sciopero). In caso di festività infrasettimanali, l'erogazione della retribuzione avviene solamente se le festività ricadono nelle prime 2 settimane di sospensione del lavoro (articolo 3 della L. 90/1954).
Nel caso di lavoratori retribuiti in misura fissa, se non si effettua la prestazione lavorativa viene erogata la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, mentre se viene effettuata la prestazione, oltre a quanto previsto in precedenza viene erogata la retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate, con la maggiorazione fissata dai contratti collettivi per il lavoro festivo. Inoltre, se la festività nazionale coincide con la domenica ai richiamati lavoratori spetta, oltre a quanto già previsto, un ulteriore importo corrispondente ad una quota giornaliera di retribuzione (che corrisponde, salva diversa previsione contrattuale, ad 1/26 della retribuzione mensile fissa per i lavoratori retribuiti mensilmente e ad 1/6 per quelli retribuiti settimanalmente).
Nel caso in cui il lavoratore sia assente valgono le cause in precedenza individuate per i lavoratori che prestino la loro attività in relazione alle ore di lavoro.
Per quanto concerne le festività infrasettimanali, invece, non è previsto alcun particolare trattamento economico in favore dei lavoratori retribuiti in misura fissa. In generale, comunque, la contrattazione integrativa mira ad integrare la richiamata disciplina (prevedendo particolari trattamenti economici anche per tali festività oppure escludendo decurtazioni retributive in caso di mancata prestazione lavorativa in tali giornate).
Sul punto, la giurisprudenza della Cassazione ha più volte ricordato che il lavoratore ha il diritto di astenersi dal lavoro e di rifiutare la richiesta della prestazione durante le ricorrenze festive infrasettimanali (Cass., n. 9176/1997; Cass., n. 4435/2004; Cass., n. 16634/2005; Cass., n. 16592/2015; Cass., n. 22482/2016; Cass., n. 18887/2019; Cass., n. 8958/2021). Tale diritto soggettivo può essere derogato solo con l'accordo individuale tra le parti, o con accordo sindacale stipulato dalle organizzazioni sindacali a cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato.
La quota di retribuzione aggiuntiva ai lavoratori retribuiti in misura fissa non spetta (salvo apposita previsione contrattuale) nel caso, come evidenziato nella giurisprudenza (cfr. ad es. Cass., sentenza 11117/1995) in cui la festività coincida con il sabato non lavorativo. Ciò perché se il lavoro risulta essere concentrato nell'arco di 5 giorni settimanali, il sesto giorno si qualifica come non lavorativo e non anche festivo.
Merita infine ricordare che il trattamento retributivo previsto dalla legge in caso di coincidenza della festività nazionale con la domenica compete, a norma dell'accordo interconfederale 3 dicembre 1954, anche ai lavoratori dell'industria che, nei casi consentiti dalla legge, lavorino la domenica e fruiscano del riposo compensativo in altra giornata, fermo restando che non è dovuto alcun compenso qualora la festività nazionale cada nel giorno del riposo compensativo.

Necessità dell'intervento con legge

Le disposizioni contenute nelle proposte di legge intervengono su una materia, la indicazione dei giorni festivi agli effetti civili, disciplinata con fonte di rango legislativo.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Pur non potendosi riscontrare un esplicito riferimento costituzionale, l'istituzione di una nuova festività nazionale appare riconducibile nell'ambito della materia "ordinamento civile", che l'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.


Rispetto degli altri principi costituzionali

Ai sensi dell'art. 6 dell'accordo del 18 febbraio 1984 (ratificato con L. 121/1985) di modifica al Concordato lateranense (cd. Accordi di Villa Madama o Nuovo Concordato), l'elenco delle festività religiose riconosciute come giorni festivi dalla Repubblica italiana è determinato d'intesa fra quest'ultima e la Santa Sede.

Come già ricordato, in attuazione del suddetto art. 6, è stato adottato, a seguito della prevista intesa tra le Parti, il D.P.R. n. 792/1985. Si ricorda che in dottrina è discussa la collocazione sul piano delle fonti del diritto delle cosiddette intese paraconcordatarie, così come la possibilità di incidere con atto unilaterale statale sulle materie oggetto di tali intese.