Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni |
Titolo: | Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, concernente istituzione e disciplina del servizio civile universale |
Riferimenti: | SCH.DEC N.12/XVIII |
Serie: | Atti del Governo Numero: 12 |
Data: | 06/04/2018 |
Servizio Studi
Ufficio ricerche sulle questioni istituzionali, giustizia e cultura
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Dossier n. 3
Servizio Studi
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Atti del Governo n. 12
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I N D I C E
Le disposizioni dello schema di decreto legislativo (Atto del Governo n. 12)
Articolo 1 (settori di intervento)
Articoli 2 e 3 (intesa Stato-Regioni in sede di programmazione)
Articolo 4 (reti di enti di servizio civile universale ed altri soggetti pubblici e privati)
Articolo 5 (Rappresentanza degli operatori volontari)
Articolo 6 (Consulta nazionale per il servizio civile universale)
Articolo 7 (pubblicità delle valutazioni selettive dei giovani aspiranti)
Articolo 8 (articolazione dell'impegno settimanale dell'operatore volontario)
Articolo 9 (sul documento di programmazione finanziaria)
Articolo 10 (volontari della cooperazione allo sviluppo)
Articolo 11 (invarianza finanziaria)
Articolo 12 (entrata in vigore)
Una storia normativa: dall'obiezione di coscienza al "servizio civile universale"
La prima disciplina del servizio civile
Una riforma del servizio civile e l’istituzione dell’Ufficio nazionale
Evoluzione della "difesa della Patria": la giurisprudenza costituzionale
Il Servizio civile "universale" nella legge di delegazione n. 106 del 2016
Il decreto-legislativo n. 40 del 2017
Appendice: dati sul servizio civile comunicati dal Governo al Parlamento
Lo schema di decreto legislativo contenuto nell'Atto del Governo n. 12 incide sul decreto legislativo n. 40 del 2017, il quale ha istituito e disciplinato il "servizio civile universale".
Tale servizio è "finalizzato alla difesa non armata e nonviolenta della Patria, all’educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica".
Si fa qui richiamo ad una tessitura di princìpi costituzionali, di difesa della Patria (articolo 52, primo comma della Costituzione), di ripudio della guerra (articolo 11), di solidarietà (articolo 2), di partecipazione e concorso al progresso materiale e spirituale della società (articolo 4, secondo comma).
Rispetto alla disciplina recata dal decreto legislativo n. 40 del 2017, lo schema in esame apporta alcune integrazioni e correzioni.
Sua fonte legittimante è la medesima legge delega autorizzatoria di quel decreto legislativo del 2017, ossia la legge n. 106 del 2016 ("Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale").
Essa contiene infatti (all'articolo 1, comma 7) una previsione che autorizza l'adozione da parte del Governo di uno o più decreti legislativi integrativi e correttivi, entro dodici mesi di entrata in vigore del decreto legislativo ricordato.
Tale termine scade il 18 aprile 2018.
Le modifiche così autorizzate debbono attenersi ai medesimi principi e criteri direttivi di delega, posti dalla legge n. 106 per il decreto legislativo n. 40 del 2017 che ora si va a modificare.
"Dall'attuazione del citato decreto legislativo n. 40 del 2017 sono emerse alcune carenze e criticità che rendono necessario un intervento normativo integrativo e correttivo". È quanto rileva l'apparato illustrativo dello schema.
Esso individua i seguenti profili critici:
ü il ruolo attribuito alle Regioni nell'ambito del sistema, che ha determinato da parte di alcune (Lombardia e Veneto) l'instaurazione di giudizi di legittimità costituzionale avverso le correlative disposizioni del decreto legislativo n. 40 del 2017;
ü la mancata previsione di alcuni settori di intervento, che pur sono andati sviluppandosi nel tempo;
ü la difficoltà di attuazione dell'istituzione della Rappresentanza degli operatori volontari;
ü una ridotta partecipazione dei soggetti in seno alla Consulta nazionale per il servizio civile universale;
ü una non adeguata pubblicità della procedura di selezione dei giovani da avviare al servizio civile universale da parte degli enti iscritti all'Albo.
Sulla scorta di tale rilevazione, lo schema reca alcune previsioni modificative del decreto legislativo n. 40 del 2017.
In particolare, le modifiche attengono a:
ü la specificazione ed ampliamento dei settori di intervento del servizio civile universale, sì da ricomprendervi l'educazione e promozione "paesaggistica, ambientale, del turismo sostenibile e sociale" (articolo 1 dello schema);
ü un rafforzato coinvolgimento delle Regioni in sede di programmazione, tale da esprimersi mediante con l'intesa (non già il parere, come invece previsto nel decreto legislativo n. 40 del 2017) della Conferenza permanente (articoli 2 e 3);
ü le reti che gli enti di servizio civile universale possono costituire con altri soggetti pubblici e privati (articolo 4);
ü modalità di elezione e rinnovo della Rappresentanza degli operatori volontari (articolo 5); programmazione finanziaria delle risorse necessarie per le elezioni ed assemblee della Rappresentanza (articolo 9);
ü la composizione della Consulta nazionale per il servizio civile universale (articolo 6);
ü modalità di pubblicità della selezione dei giovani da avviare al servizio civile universale (articolo 7);
ü l'articolazione dell'impegno settimanale di cui consta il rapporto di servizio civile universale (articolo 8);
ü la parametrazione del (solo) trattamento economico del personale volontario impiegato nella cooperazione allo sviluppo, sul trattamento dei giovani ammessi a svolgere il servizio civile universale (articolo 10).
Chiudono lo schema:
ü una clausola di invarianza finanziaria (articolo 11);
ü la previsione dell'entrata in vigore il giorno successivo alla pubblicazione dell'atto (articolo 12).
Modifica l'articolo 3 del decreto legislativo n. 40 del 2017.
Quest'ultimo individua i settori di intervento nei quali si realizzino le finalità del servizio civile universale.
Si tratta in particolare dei seguenti ambiti:
a) assistenza;
b) protezione civile;
c) patrimonio ambientale e riqualificazione urbana;
d) patrimonio storico, artistico e culturale;
e) educazione e promozione culturale e dello sport;
f) agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità;
g) promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all’estero e sostegno alle comunità di italiani all’estero.
La novella incide sulla lettera e), sì da ricomprendervi l'educazione e promozione "paesaggistica, ambientale, del turismo sostenibile e sociale".
Secondo la relazione illustrativa dello schema, siffatta modifica è volta a "consentire la realizzazione di programmi di intervento e/o progetti in aree che, in questi ultimi anni, hanno registrato uno sviluppo considerevole".
L'articolo 2 dello schema modifica l'articolo 4, comma 4 del decreto legislativo n. 40 del 2017.
Quest'ultimo articolo disciplina la programmazione del servizio civile universale.
Essa si articola nel Piano triennale, il quale è modulato per Piani annuali. Tutti questi Piani debbono definire (in relazione a ciascun anno): gli obiettivi ed indirizzi generali, anche al fine di favorire la partecipazione dei giovani con minori opportunità; la programmazione degli interventi, per l’Italia e per l’estero, anche a carattere sperimentale, individuando quelli ritenuti prioritari; gli standard qualitativi degli interventi.
Nella previsione del decreto legislativo n. 40 del 2017 siffatti Piani (triennale ed annuali) sono predisposti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sentite le amministrazioni competenti in base al settore e sono approvati con d.P.C.m., previo parere della Conferenza permanente Stato-regioni e della Consulta nazionale per il servizio civile universale.
Tale previsione investe il profilo del riparto di competenze tra Stato e Regioni. Riguardo alle competenze legislative, la Corte costituzionale ha avuto modo di evidenziare (in particolare nella sentenza n. 228 del 2004) come la riserva allo Stato della competenza a disciplinare il servizio civile nazionale non comporti però che ogni aspetto dell'attività dei cittadini che svolgono detto servizio ricada nella competenza statale. Vi rientrano certamente gli aspetti organizzativi e procedurali del servizio. Questo, in concreto, comporta lo svolgimento di attività che investono i più diversi ambiti materiali, come l'assistenza sociale, la tutela dell'ambiente, la protezione civile. Tuttavia queste attività rimangono, per gli aspetti di rilevanza pubblicistica, soggette alla disciplina dettata dall'ente rispettivamente competente, e dunque, se del caso, alla legislazione regionale o alla normativa degli enti locali (fatte salve le sole specificità direttamente connesse alla struttura organizzativa del servizio e alle regole previste per l'accesso ad esso).
Alla luce della giurisprudenza costituzionale e tenuto conto della vigente normativa, la previsione del (mero) parere della Conferenza Stato-regioni ai fini del d.P.C.m. di approvazione dei Piani programmatori del servizio civile universale, poteva dirsi non scevro da alcuni elementi di problematicità, in ordine ad un adeguato coinvolgimento regionale, ove la programmazione sia destinata ad incidere su settori rientranti negli ambiti di competenza legislativa regionale (quali l’agricoltura, la riqualificazione urbana, l’educazione e promozione culturale della cultura e dello sport).
Una lamentata lesione di competenze ha motivato il ricorso da parte di alcune Regioni, le quali hanno adito la Corte costituzionale.
Nel frattempo la medesima Corte costituzionale, trattando di altra questione, ha avuto modo di rimarcare che "il parere come strumento di coinvolgimento delle autonomie regionali e locali non può non misurarsi con la giurisprudenza di questa Corte che, nel corso degli anni, ha sempre più valorizzato la leale collaborazione quale principio guida nell’evenienza, rivelatasi molto frequente, di uno stretto intreccio fra materie e competenze e ha ravvisato nell’intesa la soluzione che meglio incarna la collaborazione". Così si legge nella sentenza n. 251 del 2016, dichiarativa della illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge n. 124 del 2016 (recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) là dove esse prevedevano il parere non già l'intesa in sede di adozione dei decreti legislativi attuativi (in quella sentenza si aggiunge: "è pur vero che questa Corte ha più volte affermato che il principio di leale collaborazione non si impone al procedimento legislativo", tuttavia - in presenza di competenze statali e regionali "inestricabilmente connesse" e senza che sia individuabile una competenza statale prevalente - sorge la necessità del ricorso all’intesa, la quale "si impone, dunque, quale cardine della leale collaborazione", anche quando l’attuazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale sia rimessa a decreti legislativi delegati).
La presenza di un contenzioso costituzionale - con sullo sfondo la valorizzazione dello strumento della intesa vieppiù ribadita dalla Corte costituzionale con incidente sua giurisprudenza - rende conto della novella prospettata dall'articolo 2 dello schema in esame.
Vi si prevede - in luogo del parere - la intesa della Conferenza permanente Stato-regioni ai fini della approvazione degli strumenti programmatori (Piano triennale e Piani annuali) del servizio civile universale.
Si ricorda che la previsione dello strumento dell'intesa, in luogo del parere, era richiamata anche in un'osservazione contenuta nel parere parlamentare reso nella XVII legislatura sull'atto del Governo n. 303, poi divenuto il decreto legislativo n. 40 del 2017.
Medesimo contenuto presenta l'articolo 3 dello schema, modificativo dell'articolo 7, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 40 del 2017.
La novella introduce l'espressione della intesa (anziché del parere) della Conferenza permanente Stato-regioni tra le funzioni delle Regioni e delle Province autonome.
Modifica l'articolo 8, comma 2 del decreto legislativo n. 40 del 2017.
Quest'ultima disposizione prevede che gli enti di servizio civile nazionale possano costituire reti con altri soggetti pubblici e privati (ivi incluse le reti associative di secondo livello, intese quali organizzazioni che associano enti del Terzo settore).
Tale facoltà è intesa come funzionale a garantire efficacia ed efficienza dei programmi di interventi nonché ad assicurare "una più ampia rappresentatività" a tali soggetti.
La novella sopprime il termine "rappresentatività", ritenendo più adeguato quello di "coinvolgimento".
Inoltre aggiorna il riferimento normativo circa le reti associative.
La disposizione del decreto legislativo n. 40 del 2017 menziona infatti l’articolo 4, comma 1, lettera p) della legge n. 106 del 2016: ossia previsione della legge-delega. Ora si fa menzione invece dell'articolo 41 del decreto legislativo n. 117 del 2017: ossia previsione del decreto legislativo, recante il Codice del Terzo settore, in attuazione della delega.
L'articolo 41 richiamato prevede, in particolare, che le reti associative siano enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, che: a) associno, anche indirettamente attraverso gli enti ad esse aderenti, un numero non inferiore a 100 enti del Terzo settore, o, in alternativa, almeno 20 fondazioni del Terzo settore, le cui sedi legali o operative siano presenti in almeno cinque regioni o province autonome; b) svolgano, anche attraverso l'utilizzo di strumenti informativi idonei a garantire conoscibilità e trasparenza in favore del pubblico e dei propri associati, attività di coordinamento, tutela, rappresentanza, promozione o supporto degli enti del Terzo settore loro associati e delle loro attività di interesse generale, anche allo scopo di promuoverne ed accrescerne "la rappresentatività" presso i soggetti istituzionali.
Inoltre quell'articolo 41 del codice del Terzo settore qualifica come nazionali le reti associative più estese, vale a dire quelle che, anche indirettamente attraverso gli enti ad esse aderenti, associno un numero non inferiore a 500 enti del Terzo settore o, in alternativa, almeno 100 fondazioni del Terzo settore, le cui sedi legali o operative siano presenti in almeno dieci regioni o province autonome. Sono loro equiparate, ai fini della partecipazione al Consiglio nazionale del Terzo settore, le associazioni del Terzo settore formate da un numero non inferiore a 100 mila persone fisiche associate e con sedi in almeno dieci regioni o provincie autonome.
Modifica l'articolo 9, comma 3 del decreto legislativo n. 40 del 2017.
Si tratta delle modalità di elezione e rinnovo della Rappresentanza degli operatori volontari.
Quest'ultima è stata prevista, da quella disposizione istitutiva, come articolata in un livello nazionale ed un livello regionale.
Suo obiettivo è assicurare un costante confronto degli operatori volontari del servizio civile universale con la Presidenza del Consiglio dei ministri.
La partecipazione alle attività non dà luogo alla corresponsione di indennità, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati.
Per quanto concerne la Rappresentanza nazionale, essa è composta da 4 membri, che rimangono in carica due anni.
Secondo la disposizione vigente, 3 componenti sono eletti dai delegati delle Regioni e delle Province autonome e 1 componente è eletto dai delegati degli operatori volontari in servizio all’estero. A loro volta i delegati sono eletti con modalità on line da tutti gli operatori volontari in servizio, in proporzione al numero dei giovani impegnati in ciascuna Regione, Provincia autonoma e all’estero.
La novella modifica tali previsioni, per il riguardo della modalità di elezione e di rinnovo.
Si viene ad espressamente prevedere che i 4 membri siano eletti in rappresentanza di ciascuna delle quattro macro-aree in cui si articola il servizio civile: del Nord; del Centro (Toscana, Lazio, Marche, Umbria, Abruzzo, Sardegna e Molise); del Mezzogiorno; dell'estero.
Essi sono eletti da tutti i delegati degli operatori volontari delle Regioni e dell'estero (dunque non dai delegati della singola macro-area, come ipotizzabile), riuniti in assemblea nazionale.
Inoltre si viene a prevedere un rinnovo parziale, in ragione di 2 componenti (la metà) ogni anno (su due anni di durata del mandato). Si intende così evitare il simultaneo rinnovo di tutti i componenti, per la funzionalità dell'organo.
La relazione illustrativa dello schema riferisce che in fase di prima attuazione "la rappresentanza nazionale sarà composta da due membri già in carica, in virtù della norma transitoria di cui all'articolo 9, comma 4 del decreto legislativo n. 40 del 2017, e da due membri, che sostituiscono due dimissionari, eletti dai volontari, avviati al servizio con il bando di selezione per l'anno 2017, con le procedure già indette sulla base della normativa attualmente in vigore. Si tratta dei rappresentanti della macro-area delle regioni del Centro e della macro-area dei Paesi esteri. A seguito dell'entrata in vigore della disposizione di cui al presente decreto, si procederà all'avvio delle procedure di elezione degli altri due componenti, in rappresentanza delle macro-aree delle regioni del Nord e del Sud, che saranno eletti dai volontari avviati al servizio con il bando di selezione relativo all'anno 2018".
La novella incide altresì sulla Rappresentanza regionale.
Immodificata ne rimane la composizione: 22 membri, dei quali 19 diciannove in rappresentanza degli operatori in servizio nelle Regioni, 2 nelle Province autonome e 1 all’estero (eletti dai delegati delle Regioni e delle Province autonome e dell'estero).
Modificata è invece la durata del mandato, che diviene di un anno (anziché due anni).
Modifica l'articolo 10, comma 2 del decreto legislativo n. 40 del 2017.
Risulta modificata - ed ampliata - la composizione della Consulta nazionale per il servizio civile universale.
Il numero massimo dei suoi componenti è elevato a 23 (anziché 15, com'è secondo il decreto legislativo n. 40).
Designati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, essi sono così distribuiti:
• 9 (anziché 7) sono scelti tra gli enti iscritti all’Albo e le reti di enti maggiormente rappresentative con riferimento a ciascun settore di intervento;
• 3 (anziché 1) sono designati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome;
• 3 (anziché 1) sono designati dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani - ANCI;
• 4 sono eletti in seno alla Rappresentanza nazionale degli operatori volontari del servizio civile universale;
• 4 (anziché 2) sono scelti nell’ambito del coordinamento tra enti.
Immodificata rimane la disposizione secondo cui la partecipazione alle attività della Consulta nazionale per il servizio civile universale è onorifica e non dà luogo al rimborso delle eventuali spese sostenute.
La Consulta nazionale fu istituita dalla legge n. 230 del 1998, a fini consultivi per l'Ufficio Nazionale del Servizio Civile. Il decreto legislativo n. 40 del 2017 non ne ha mutato la funzione - di organismo di consultazione, riferimento e confronto in ordine alle questioni concernenti il servizio civile universale
Dopo alcune disposizioni integrative della composizione della Consulta con rappresentanti delle Regioni (legge n. 64 del 2001 e decreto legislativo n. 77 del 2002), giunse la legge n. 3 del 2003 (articolo 3) a rivederne numero (determinato in 15 componenti) e rappresentanza.
Allo scadere del periodo dei tre anni di permanenza in carica, la Consulta fu ricostituita (con d.P.C.m. 17 marzo 2003, d.P.C.m. 28 aprile 2006, d.P.C.m. ottobre 2010).
Successivamente la Consulta fu oggetto di ulteriori modifiche ed integrazioni (d.P.C.m.13 gennaio 2011, d.P.C.m. 21 settembre 2011 e d.P.C.m. 16 aprile 2012). Ma il decreto-legge n. 95 del 2012 (cd. decreto 'spending review') venne a stabilire l'abolizione della Consulta, al pari di altri organismi di rappresentanza.
Essa fu tuttavia 'ripristinata' dall'articolo 1, comma 257 della legge n. 228 del 2012 e riconfermata quale organismo collegiale. Di qui la ricostituzione con decreto ministeriale 19 aprile 2013 (modificato con successivi d.m. 25 giugno 2013, d.m. 15 luglio 2014 e d.m. 27 ottobre 2014).
Confermata con d.m. 30 giugno 2015, la Consulta è stata prorogata con d.m. 25 novembre 2015, indi con d.m. 28 giugno 2016 (articolo 3), fino al 31 dicembre 2016 e comunque non oltre il termine di perfezionamento dell’iter di approvazione del decreto legislativo in attuazione della legge n. 106 del 2016, recante la delega al Governo per la disciplina del servizio civile universale.
Ulteriore proroga è stata disposta dall'articolo 10, comma 5 del decreto legislativo n. 40 del 2017. Onde garantire continuità all’organo, esso ha prorogato la Consulta attualmente in carica nominata in base alla previgente normativa, fino alla nomina secondo i nuovi criteri, e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (ossia il 18 aprile 2017). Tale termine è stato ampliato a diciotto mesi (dalla data di entrata in vigore di quel medesimo decreto legislativo) dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017: articolo 1, comma 1120, lettera b)).
Modifica l'articolo 15, comma 1 del decreto legislativo n. 40 del 2017.
Quest'ultimo articolo reca disposizioni circa la selezione dei giovani da avviare al servizio civile universale.
Per questo riguardo già la legge-delega espressamente prescrive un bando pubblico e procedure improntate a princìpi di semplificazione, trasparenza e non discriminazione (cfr. articolo 8, comma 1, lettera b) della legge n. 106 del 2016).
La disposizione del decreto legislativo n. 40 ripete le previsioni della legge-delega - con menzione altresì dei princìpi di pubblicità e parità di trattamento.
Vi si specifica che la selezione sia effettuata dagli enti iscritti all'Albo degli enti di servizio civile universale, mediante apposite Commissioni.
Inoltre gli enti debbono assicurare la riduzione dei tempi della procedura valutativa e di selezione. Così come debbono assicurare "la pubblicità delle modalità di attribuzione dei punteggi nonché degli esiti delle valutazioni".
A tale vigente previsione, la novella aggiunge l'indicazione che siffatta pubblicità dei punteggi e degli esiti avvenga: con evidenza nei siti internet degli enti; presso le sedi dove siano state effettuate le selezioni; con ogni altra idonea modalità.
Modifica l'articolo 16, comma 7 del decreto legislativo n. 40 del 2017.
Quest'ultimo si sofferma sull'articolazione dell'orario di servizio.
Esso consta di monte orario settimanale ovvero di un monte ore 'annuo'.
Se settimanale, il monte orario è "complessivamente" di 25 ore.
Se 'annuo', il monte orario corrisponde a 1145 ore, qualora sia calibrato su dodici mesi; a 765 ore, qualora sia su otto mesi.
La novella concerne il monte orario settimanale.
Essa prescrive che le 25 ore siano articolate su cinque o sei giorni.
Viene meno dunque la determinazione "complessiva" di tale impegno settimanale.
Vale rammentare che l'articolo 16 del decreto legislativo n. 40 del 2017 disciplina il rapporto di servizio civile universale.
Prevede che tale rapporto abbia una durata compresa tra una soglia minima di otto mesi ed una massima dodici mesi.
Ribadisce il divieto (già posto dal decreto legislativo n. 77 del 2002) di assimilazione del servizio civile a qualsiasi tipo di rapporto di lavoro.
Conseguentemente, la prestazione del servizio civile non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità.
Il rapporto di servizio civile universale si instaura con la sottoscrizione del relativo contratto tra il giovane selezionato dall'ente accreditato e la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il contratto decorre dalla data di inizio del servizio (attestata dal responsabile dell'ente presso cui il giovane opera).
Il medesimo contratto prevede il trattamento giuridico ed economico nonché le norme di comportamento alle quali l'operatore volontario deve attenersi e le relative sanzioni.
Gli assegni attribuiti agli operatori del servizio civile sono esentati da imposizione tributaria e da imponibilità a fini previdenziali.
Gli operatori volontari hanno divieto di svolgere attività di lavoro subordinato o autonomo, "se incompatibile con il corretto espletamento del servizio civile universale" - nonché l'obbligo di realizzare le attività previste dal progetto per il quale prestano la loro opera.
In capo agli operatori volontari è riconosciuto il diritto-dovere della formazione. Essa ha durata complessiva non inferiore ad 80 ore (come già prevedeva l'articolo 11 del decreto legislativo n. 77 del 2002). La formazione è articolata in generale (di durata minima di 30 ore) e specifica (di durata minima di 50 ore), ed è commisurata alla durata e alla tipologia del programma di intervento.
È posto divieto, per i soggetti che abbiano già svolto il servizio civile, di presentare una seconda volta istanza di partecipazione.
Modifica l'articolo 24, comma 3 del decreto legislativo n. 40 del 2017.
Si ha qui riguardo ai contenuti necessari del documento di programmazione finanziaria, formulato dalla Presidenza del Consiglio (presso cui è collocato il Fondo nazionale per il servizio civile) annualmente (previo parere della Consulta nazionale del servizio civile universale e della Conferenza permanente Stato-Regioni), ai fini dell'erogazione dei trattamenti previsti dal decreto legislativo n. 40.
La novella aggiunge - tra i contenuti necessari del documento di programmazione finanziaria - la determinazione della quota di risorse occorrenti per le procedure elettorali della Rappresentanza degli operatori volontari e per lo svolgimento delle relative assemblee (v. supra, articolo 5 dello schema).
Immodificata permane il restante contenuto necessario del documento di programmazione finanziaria, tenuto a stabilire, in relazione alle risorse disponibili, i seguenti elementi:
a) il contingente complessivo degli operatori volontari da avviare al servizio civile nell'anno di riferimento - nonché la loro numerica ripartizione tra: servizio in Italia; all'estero; in Italia ma con autorizzazione a periodi di servizio nei Paesi dell'Unione europea; accompagnamento di grandi invalidi e ciechi civili (cfr. rispettivamente l'articolo 1 della legge n. 288 del 2002 e l'articolo 40 della legge n. 289 del 2002);
b) la quota delle risorse del Fondo da utilizzare per le spese di funzionamento di quanto era un tempo l'Ufficio nazionale del servizio civile (cfr. l'articolo 7 della legge n. 64 del 2001);
c) la quota di risorse del Fondo vincolata, a richiesta dei conferenti, allo sviluppo di programmi di intervento in aree e settori di impiego specifico (facoltà prevista dall'articolo 11, comma 2 della legge n. 64 del 2001);
d) la quantificazione e le modalità di erogazione dei contributi da erogare alle Regioni o Province autonome (per le attività connesse al servizio civile universale che esse prestino); nonché la quota relativa ai contributi da erogare agli enti di servizio civile universale, per le attività di: formazione generale degli operatori volontari, impiego di giovani con minori opportunità, tutoraggio per facilitare l'accesso al mercato del lavoro così come per la gestione dei volontari in servizio all'estero (vitto, alloggio, formazione generale, gestione degli interventi, polizza assicurativa sanitaria);
e) la quantificazione dell'assegno mensile da corrispondere agli operatori volontari in Italia e all'estero, nonché gli eventuali oneri assicurativi e accessori.
Dispone circa il personale volontario impiegato nell'ambito delle iniziative di cooperazione allo sviluppo.
Secondo la disposizione vigente, le organizzazioni impegnate nella cooperazione allo sviluppo possono impiegare personale a titolo di volontario, "senza la costituzione di un rapporto di lavoro".
La novella modifica tale formulazione, sì da rendere esplicita e perentoria la previsione che il rapporto del personale volontario impiegato nella cooperazione allo sviluppo non sia assimilabile ad alcuna forma di rapporto di lavoro, sia esso di natura subordinata o parasubordinata. Ed aggiunge che l'avviarsi di un rapporto non comporti per quel personale la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità.
Ancora secondo la disposizione vigente, l'inquadramento giuridico ed economico del personale volontario impiegato nella cooperazione allo sviluppo è parametrato su quello stabilito per il servizio civile.
La novella viene a prevedere che soltanto il trattamento economico di quel personale sia parametrato su quello dei volontari del servizio civile universale.
Le disposizioni vigenti richiamate sono contenute nell'articolo 28, comma 2 della legge n. 125 del 2014, la quale ha posto la disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo.
Le novelle incidono su quelle disposizioni. Ed è al contempo abrogata una previsione del decreto legislativo n. 40 del 2017 (il suo articolo 26, comma 4) che riferiva a proprie disposizioni (anziché del decreto legislativo n. 77 del 2002, abrogato) il generale rinvio alla disciplina del trattamento dei volontari del servizio civile universale, sul quale parametrare quello dei volontari della cooperazione allo sviluppo.
Reca la clausola di invarianza finanziaria delle disposizioni dello schema, da cui non debbono pertanto discendere nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L'ampliamento del numero dei componenti della Consulta nazionale per il servizio civile nazionale, previsto dall'articolo 6 dello schema, non dovrebbe comportare oneri in quanto la partecipazione alla Consulta non dà luogo alla corresponsione di indennità, compensi, onorari, rimborsi spese o altri emolumenti (come espressamente previsto dall'articolo 10 del decreto legislativo n. 40 del 2017).
Del pari l'attribuzione al documento di programmazione finanziaria della individuazione delle risorse occorrenti per le procedure elettorali e lo svolgimento delle assemblee ai fini della costituzione della Rappresentanza degli operatori volontari, non dovrebbe derogare all'invarianza finanziaria, giacché che i mezzi finanziari occorrenti trovano copertura nell'ambito e nei limiti della disponibilità del Fondo nazionale per il servizio civile.
Questo Fondo è quantificato annualmente dalla legge di bilancio dello Stato. Al momento di pubblicazione delle presenti annotazioni, il capitolo 2185 nel bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze ("Fondo occorrente per gli interventi del servizio civile nazionale") reca finanziamenti pari a circa 179,8 milioni di euro per il 2018, 152,2 milioni per il 2019 e 147,1 milioni per il 2020.
Dispone che il presente decreto entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Risale ai primi anni Settanta l'introduzione nell'ordinamento dell'obiezione di coscienza.
Fu la legge n. 772 del 1972 a riconoscere l’obiezione di coscienza per "gli obbligati alla leva che dichiarino di essere contrari in ogni circostanza all'uso personale delle armi per imprescindibili motivi di coscienza" - motivi "attinenti ad una concezione generale della vita basata su profondi convincimenti religiosi o filosofici o morali professati dal soggetto”.
Quella legge affidò la gestione ed organizzazione del servizio civile - sostitutivo del servizio militare e, pertanto, obbligatorio; e prestato per un tempo superiore alla durata del servizio di leva – al Ministero della difesa.
La sentenza n. 470 del 1989 della Corte costituzionale venne a disporre che la durata del servizio civile e di quello militare fossero coincidenti.
Le domande di adesione divennero più numerose, raggiungendo nel 1999 la cifra di 110.000. Ugualmente, l'offerta di servizio civile aumentò da poche decine di associazioni dei primi anni Ottanta ad oltre 3.500 Comuni abilitati a impiegare obiettori, alle decine di Università, oltre 200 Unità Sanitarie Locali e 2.000 associazioni locali di Terzo Settore della fine degli anni Novanta[1].
Una nuova disciplina in materia di obiezione di coscienza e di servizio civile fu posta dalla legge n. 530 del 1998.
Il servizio civile vi era definito come "diverso per natura e autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della Patria e ordinato ai fini enunciati nei «Principi fondamentali» della Costituzione".
Le funzioni di gestione e organizzazione del Servizio civile sono trasferite dal Ministero della difesa alla Presidenza del Consiglio, presso la quale viene istituito l’Ufficio nazionale per il servizio civile (UNSC). Ad esso sono riservate tutte le attività di carattere amministrativo, mentre la gestione operativa dei progetti di servizio civile è curata interamente dagli enti che ne risultano affidatari.
L'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile ha la sua sede centrale a Roma e, fino al 31 dicembre 2006, disponeva di alcune sedi periferiche, la cui operatività è cessata come previsto dal Protocollo d'intesa del 26 gennaio 2006 stipulato tra l'Ufficio nazionale per il servizio civile e le Regioni e le Province autonome. L'attuale assetto dell'Ufficio è disciplinato dal DPCM 15 settembre 2011 e dal DPCM 1 ottobre 2012 (ed in particolare dall’articolo 15). L’ufficio è incardinato nel Dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale della Presidenza del Consiglio.
Al contempo, la legge n. 230 del 1998 ha istituito la Consulta nazionale del Servizio Civile.
Ha istituito, inoltre, il Fondo nazionale per il Servizio Civile.
In avvio di anni Duemila sono realizzate l'abolizione della leva obbligatoria e la istituzione di un Servizio civile nazionale.
La legge n. 331 del 2000 veniva a disciplinare un servizio militare professionale, con sospensione della leva obbligatoria a partire dal 2007 (poi anticipata al 1° gennaio 2005 dalla legge n. 226 del 2004).
L’Ufficio nazionale per il servizio civile era così destinato, dopo avere in un primo tempo gestito la fase conclusiva dell’impiego degli obiettori di coscienza, a sostituirli gradatamente nei loro compiti con i nuovi volontari del servizio civile nazionale.
In quel medesimo torno di tempo la legge n. 64 del 2001 ha istituito, in correlazione all'abolizione della leva obbligatoria, il Servizio civile nazionale: un servizio volontario aperto ai giovani dai 18 ai 26 anni - uomini e donne - che intendano fra l’altro “promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli” nonché partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale, con particolare riguardo al settore ambientale.
La legge n. 64 ha definito le aree di intervento nelle quali sia possibile prestare il Servizio civile nazionale (i seguenti settori: assistenza; protezione civile; ambiente; patrimonio artistico e culturale; educazione e promozione culturale; servizio civile all'estero).
Quali enti di servizio civile - che presentano progetti e sono tenuti ad assicurare una efficiente gestione del Servizio civile nazionale ed una corretta realizzazione dello stesso progetto - vi sono previsti le amministrazioni pubbliche, le associazioni non governative (ONG) e le associazioni no profit che operano in quegli ambiti.
Per poter partecipare al servizio civile gli enti debbono possedere determinati requisiti strutturali ed organizzativi, nonché avere adeguate competenze e risorse specificatamente destinate al servizio civile. L'ente deve inoltre sottoscrivere la carta di impegno etico che intende assicurare una comune visione delle finalità del Servizio civile nazionale e delle sue modalità di svolgimento, in un patto stretto con l'Ufficio ed i giovani. Solo tali enti, iscritti in un apposito albo - Albo degli enti accreditati - possono presentare progetti di servizio civile nazionale.
Il decreto legislativo n. 77 del 2002 ha dato attuazione alla delega recata dalla legge n. 64, innalzando tra l’altro il limite di età dei volontari a 28 anni. Inoltre, alcune funzioni sono trasferite alle Regioni, che curano l'attuazione degli interventi di servizio civile secondo le rispettive competenze e istituiscono albi su scala regionale, nei quali possono iscriversi gli enti e le organizzazioni che svolgono attività esclusivamente in àmbito regionale e provinciale (art. 5, comma 2). Rimane in capo all’Ufficio del Servizio civile nazionale la tenuta dell’albo nazionale.
In correlazione con tale disciplina, l’articolo 3 della legge n. 3 del 2003[2], di poco successiva, ha soppresso l’Agenzia per il servizio civile (prevista dall’articolo 10, comma 7-9, del decreto legislativo n. 303 del 1999 sulla Presidenza del Consiglio ma di fatto mai istituita), con ciò confermando il mantenimento dei compiti di organizzazione, attuazione e svolgimento del Servizio civile in capo all’Ufficio nazionale per il servizio civile.
Successivamente, l’articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 181 del 2006 assegnava al neoistituito allora Ministero della solidarietà sociale le funzioni concernenti il Servizio civile nazionale.
Indi l’articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 85 del 2008, finalizzato a dare attuazione al nuovo assetto strutturale del Governo, ha nuovamente trasferito le funzioni concernenti il Servizio civile nazionale alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Una pur sommaria ricostruzione delle vicende normative del servizio civile sarebbe mutila senza la menzione della giurisprudenza costituzionale intervenuta, rilevante ai fini di un ampliamento del concetto di difesa della Patria, sancito dalla Costituzione (articolo 52, primo comma) quale sacro dovere del cittadino.
Già la sentenza n. 53 del 1967 rimarcò come il servizio militare (di cui all'articolo 52, secondo comma) abbia una sua autonomia concettuale ed istituzionale rispetto alla difesa della patria, la quale è "condizione prima della conservazione della comunità nazionale": "un dovere collocato al di sopra di tutti gli altri, e che nessuna legge potrebbe fare venir meno. Si tratta di un dovere, il quale, proprio perché "sacro" (e quindi di ordine eminentemente morale), si collega intimamente e indissolubilmente alla appartenenza alla comunità nazionale identificata nella Repubblica italiana (e perciò alla cittadinanza). Così inteso esso trascende e supera lo stesso dovere del servizio militare".
La sentenza n. 164 del 1985 ribadiva tale orientamento, aggiungendo l'affermazione che il dovere di difesa della Patria sia "ben suscettibile di adempimento attraverso la prestazione di adeguati comportamenti di impegno sociale non armato".
La sentenza n. 228 del 2004 ha ulteriormente indagato su quella nozione, sottolineando che "il dovere di difendere la Patria deve essere letto alla luce del principio di solidarietà espresso nell'art. 2 della Costituzione, le cui virtualità trascendono l'area degli 'obblighi normativamente imposti', chiamando la persona ad agire non solo per imposizione di una autorità, ma anche per libera e spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la persona stessa. In questo contesto, il servizio civile tende a proporsi come forma spontanea di adempimento del dovere costituzionale di difesa della Patria".
Su tale falsariga la disciplina legislativa del servizio civile (approntata con la riforma di avvio di anni Duemila) veniva a configurare "il servizio civile come l'oggetto di una scelta volontaria, che costituisce adempimento del dovere di solidarietà (art. 2 della Costituzione), nonché di quello di concorrere al progresso materiale e spirituale della società (art. 4, secondo comma, della Costituzione). La volontarietà riguarda, infatti, solo la scelta iniziale, in quanto il rapporto è poi definito da una dettagliata disciplina dei diritti e dei doveri che permette di configurare il servizio civile come autonomo istituto giuridico in cui prevale la dimensione pubblica, oggettiva e organizzativa".
La Corte costituzionale annotava, nella medesima sentenza n. 228 del 2004: "accanto alla difesa “militare”, che è solo una forma di difesa della Patria, può ben dunque collocarsi un'altra forma di difesa, per così dire, “civile”, che si traduce nella prestazione dei già evocati comportamenti di impegno sociale non armato".
E la "difesa" è materia attribuita alla competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera d) della Costituzione. Previsione, questa, da leggere alla luce delle evoluzioni normative e giurisprudenziali, secondo cui la "difesa della Patria" non si risolve soltanto in attività finalizzate a contrastare o prevenire una aggressione esterna, potendo comprendere anche attività di impegno sociale non armato.
Tuttavia, ha aggiunto la Corte: "la riserva allo Stato della competenza a disciplinare il servizio civile nazionale, quale forma di adempimento del dovere di difesa della Patria, non comporta che ogni aspetto dell'attività dei cittadini che svolgono detto servizio ricada nella competenza statale".
"Vi rientrano certamente gli aspetti organizzativi e procedurali del servizio. Questo, in concreto, comporta lo svolgimento di attività che investono i più diversi ambiti materiali, come l'assistenza sociale, la tutela dell'ambiente, la protezione civile: attività che, per gli aspetti di rilevanza pubblicistica, restano soggette alla disciplina dettata dall'ente rispettivamente competente, e dunque, se del caso, alla legislazione regionale o alla normativa degli enti locali, fatte salve le sole specificità direttamente connesse alla struttura organizzativa del servizio e alle regole previste per l'accesso ad esso".
"È, inoltre, evidente che, nelle ipotesi in cui lo svolgimento delle attività di servizio civile ricada entro ambiti di competenza delle Regioni o delle Province autonome di Trento e Bolzano, l'esercizio delle funzioni spettanti, rispettivamente, allo Stato ed ai suddetti enti, dovrà improntarsi al rispetto del principio della leale collaborazione tra enti parimenti costitutivi della Repubblica (art. 114, primo comma, della Costituzione)".
Ancora, la "riconduzione degli aspetti organizzativi e procedurali del servizio civile nazionale alla competenza legislativa statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione non preclude, infine, alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano la possibilità di istituire e disciplinare, nell'autonomo esercizio delle proprie competenze legislative, un proprio servizio civile regionale o provinciale, distinto da quello nazionale disciplinato dalle norme qui esaminate, che avrebbe peraltro natura sostanzialmente diversa dal servizio civile nazionale, non essendo riconducibile al dovere di difesa".
Da ultimo, la sentenza n. 119 del 2015 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una disposizione (l'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 77 del 2002), nella parte in cui prevedeva il requisito della cittadinanza italiana ai fini dell’ammissione allo svolgimento del servizio civile.
La Corte ha ricordato come l’istituto del servizio civile abbia subito una rilevante trasformazione a seguito dei ripetuti interventi legislativi che ne hanno modificato i contorni. "Dall’originaria matrice di prestazione sostitutiva del servizio militare di leva, che trovava il suo fondamento costituzionale nell’articolo 52 della Costituzione, esso si qualifica ora come istituto a carattere volontario, al quale si accede per pubblico concorso. L’ammissione al servizio civile consente oggi di realizzare i doveri inderogabili di solidarietà e di rendersi utili alla propria comunità, il che corrisponde, allo stesso tempo, ad un diritto di chi ad essa appartiene".
Lo stesso concetto di «difesa della Patria», nell’ambito del quale è stato tradizionalmente collocato l’istituto del servizio civile, evidenzia una significativa evoluzione, nel senso della "apertura a molteplici valori costituzionali". Talché ben può collocarvisi una forma di difesa che si traduce nella prestazione di servizi rientranti nella solidarietà e nella cooperazione a livello nazionale ed internazionale. In coerenza con tale evoluzione, la Corte costituzionale richiama la necessità di una lettura dell’articolo 52 della Costituzione alla luce dei doveri inderogabili di solidarietà sociale di cui all’articolo 2 della Costituzione. In questa angolatura, l’esclusione dei cittadini stranieri che risiedono regolarmente in Italia dalle attività alle quali tali doveri si riconnettono, è apparso di per sé irragionevole alla Corte.
Inoltre, sotto un diverso profilo, essa ha rilevato come "l’estensione del servizio civile a finalità di solidarietà sociale, nonché l’inserimento in attività di cooperazione nazionale ed internazionale, di salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale, concorrono a qualificarlo – oltre che come adempimento di un dovere di solidarietà – anche come un’opportunità di integrazione e di formazione alla cittadinanza".
"L’attività di impegno sociale che la persona è chiamata a svolgere nell’ambito del servizio civile «deve essere ricompresa tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente»" (sentenza n. 309 del 2013, non richiamata nella presenta rassegna perché confermativa degli indirizzi posti dalla sentenza n. 228 del 2004). "Occorre sottolineare, d’altra parte, che il godimento «dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano», è riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato (art. 2, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero»)".
Conclude la Corte costituzionale che "l’esclusione dei cittadini stranieri dalla possibilità di prestare il servizio civile nazionale, impedendo loro di concorrere a realizzare progetti di utilità sociale e, di conseguenza, di sviluppare il valore del servizio a favore del bene comune, comporta dunque un’ingiustificata limitazione al pieno sviluppo della persona e all’integrazione nella comunità di accoglienza".
L'evoluzione del servizio civile "nazionale" in servizio civile "universale" è stata prevista dalla legge n. 106 del 2016.
Il suo articolo 1 reca alcune deleghe al Governo – da attuare entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (quindi entro il 3 luglio 2017) – per la riforma del Terzo settore. Tra le deleghe, il comma 2, lettera d) della legge n. 106 del 2016 prevede la “revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale”.
Quanto ai principi e criteri direttivi specificatamente previsti per la revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale, tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 1 della legge 6 marzo 2001, n. 64[3], l’articolo 8 della citata legge n. 106 del 2016 prevede:
a) l’istituzione del servizio civile universale finalizzato, ai sensi degli articoli 52, primo comma, e 11 della Costituzione, alla difesa non armata della patria e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica, anche con riferimento agli articoli 2 e 4, secondo comma, della Costituzione;
b) la previsione di un meccanismo di programmazione, di norma triennale, dei contingenti di giovani italiani e stranieri regolarmente soggiornanti, di età compresa tra 18 e 28 anni, che possono essere ammessi al servizio civile universale tramite bando pubblico e di procedure di selezione e avvio dei giovani improntate a princìpi di semplificazione, trasparenza e non discriminazione;
c) la definizione dello status giuridico dei giovani ammessi al servizio civile universale, prevedendo l'instaurazione, fra i medesimi giovani e lo Stato, di uno specifico rapporto di servizio civile non assimilabile al rapporto di lavoro, con previsione dell'esclusione di tale prestazione da ogni imposizione tributaria;
d) l’attribuzione allo Stato delle funzioni di programmazione, organizzazione, accreditamento e controllo del servizio civile universale; la realizzazione, con il coinvolgimento delle Regioni, dei programmi da parte di enti locali, altri enti pubblici territoriali ed enti del Terzo settore; la possibilità per le Regioni, gli enti locali, gli altri enti pubblici territoriali e gli enti del Terzo settore di attivare autonomamente progetti di servizio civile con risorse proprie, da realizzare presso soggetti accreditati;
e) la previsione di criteri e modalità di accreditamento degli enti di servizio civile universale, tenendo conto di quanto previsto dall'articolo 3 della legge 6 marzo 2001, n. 64, nell'ottica della semplificazione e della trasparenza;
f) la definizione di criteri e modalità di semplificazione e di trasparenza delle procedure di gestione e di valutazione dell'attività svolta dagli enti di servizio civile universale, anche con riferimento ai contributi finanziari erogati dalle competenti strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri in relazione all'attuazione dei progetti di servizio civile universale, a carico del Fondo nazionale per il servizio civile;
g) la previsione di un limite di durata del servizio civile universale, non inferiore a otto mesi complessivi e, comunque, non superiore a un anno, che contemperi le finalità del servizio con le esigenze di vita e di lavoro dei giovani coinvolti, e della possibilità che il servizio sia prestato, in parte, in uno degli Stati membri dell'Unione europea nonché, per iniziative riconducibili alla promozione della pace e della nonviolenza e alla cooperazione allo sviluppo, anche nei Paesi al di fuori dell'Unione europea;
h) il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze acquisite durante l'espletamento del servizio civile universale in funzione del loro utilizzo nei percorsi di istruzione e in ambito lavorativo;
i) il riordino e la revisione della Consulta nazionale per il servizio civile, quale organismo di consultazione, riferimento e confronto per l'amministrazione, sulla base del principio di rappresentatività di tutti gli enti accreditati, anche con riferimento alla territorialità e alla rilevanza per ciascun settore di intervento.
In attuazione della delega legislativa recata dalla legge n. 106 del 2016, è intervenuto il decreto legislativo n. 40 del 2017, recante Istituzione e disciplina del servizio civile universale.
Il suo articolo 1 richiama la disposizione di delega (artt. 1 e 8 della legge 106 del 2016) e individua l’ambito di intervento del provvedimento nella revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale.
Reca quindi le definizioni di: Piano triennale; Piano annuale; Settore; Programma di intervento; Progetto di servizio civile universale; Sede di attuazione; Ente di servizio civile universale; Consulta nazionale per il servizio civile universale; Operatore volontario del servizio civile universale; Rappresentanza degli operatori volontari; Fondo nazionale per il servizio civile.
L’articolo 2 dispone l’istituzione del servizio civile “universale” (nella precedente normativa il riferimento era al servizio civile “nazionale”) finalizzato alla difesa non armata e nonviolenta della Patria, all’educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica, richiamando, a fondamento, le previsioni degli articoli 52, primo comma e 11 della Costituzione, anche con riferimento agli articoli 2 e 4, secondo comma, della Costituzione.
L’articolo 3 individua i settori di intervento nei quali si realizzano le finalità del servizio civile universale.
Gli articoli 4 e 5 collocano alla base della programmazione del servizio civile universale il Piano triennale, modulato per Piani annuali; tali Piani sono predisposti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sentite le amministrazioni competenti in base al settore (tra quelli indicati all’articoli 3) e sono approvati con DPCM, previo parere della Consulta nazionale per il servizio civile universale e della Conferenza Stato-regioni.
Il Piano triennale è attuato mediante programmi di intervento proposti dagli enti di servizio civile universale nell’ambito dei settori elencati all’articolo. 3.
Quanto alle modalità di presentazione dei programmi di intervento, a seguito di avviso pubblico questi sono presentati da soggetti iscritti all’Albo, e sono approvati dalla Presidenza del Consiglio (alla quale sono trasmessi esclusivamente per via telematica), sentite le regioni interessate. Il decreto con l’elencazione dei programmi è pubblicato sul sito istituzionale.
È consentito alle regioni, agli enti locali, agli altri enti pubblici territoriali e agli enti di Terzo settore di attivare autonomamente progetti di servizio civile con risorse proprie, da realizzare presso soggetti accreditati all’Albo, previa approvazione della Presidenza del Consiglio.
L’articolo 6 individua nella Presidenza del Consiglio l’amministrazione competente a svolgere le funzioni attribuite allo Stato, che riguardano la programmazione, l’organizzazione e l’attuazione del servizio civile universale, nonché l’accreditamento degli enti e le attività di controllo.
L’articolo 7 individua le funzioni svolte dalle regioni e dalle province autonome, che riguardano la partecipazione alle attività di programmazione e di valutazione dei programmi di intervento del servizio civile, nonché, sulla base di specifici accordi con lo Stato, la formazione del personale e le attività di controllo. Resta salva la possibilità per le regioni e province autonome di istituire un servizio civile regionale con finalità proprie.
L’articolo 8 individua i compiti degli enti di servizio civile nazionale e prevede la possibilità che gli stessi possono costituire reti con altri soggetti pubblici e privati.
L’articolo 9 disciplina il ruolo e i compiti assegnati agli operatori volontari del servizio civile nazionale, che svolgono le attività previste nell’ambito dei progetti, nel rispetto di quanto stabilito dal contratto. In particolare, viene istituita la Rappresentanza nazionale degli operatori volontari al fine di assicurare in modo costante il confronto tra Stato e operatori. La rappresentanza è articolata a livello nazionale e regionale, di cui vengono disciplinati i meccanismi di elezione.
L’articolo 10 disciplina la Consulta nazionale per il servizio civile, prevedendone una nuova composizione e rinviando ad un successivo DPCM le norme sull’organizzazione ed il funzionamento.
L'articolo 11 istituisce e disciplina l’Albo degli enti di servizio civile universale.
Gli articoli 12 e 13 recano disposizioni particolari e differenziate per il servizio civile svolto in Italia e per quello svolto all’estero.
L'articolo 14 individua i requisiti di partecipazione al servizio civile universale.
L'articolo 15 reca alcune previsioni circa la procedura di selezione dei giovani da avviare al servizio civile universale.
L'articolo 16 disciplina il rapporto di servizio civile universale e la sua durata (individuata tra gli 8 e i 12 mesi).
L'articolo 17 disciplina il trattamento economico e giuridico degli operatori volontari.
L’articolo 18 riconosce una serie di benefici nel campo dell’istruzione e dell’inserimento lavorativo per gli operatori volontari che hanno svolto attività di servizio civile, quali crediti formativi universitari, collocamento nel mercato del lavoro, possibili titoli di preferenza nei concorsi pubblici se previsto dai bandi. I criteri per il riconoscimento del periodo di svolgimento del servizio civile sono definite con accordo in sede di Conferenza Stato – regioni.
La cessazione anticipata del rapporto di servizio civile universale comporta, salvo documentati motivi di salute o forza maggiore, la decadenza da tali benefici.
L'articolo 19 prevede il rilascio di un attestato - con le indicazioni delle attività svolte - agli operatori volontari che abbiano concluso senza demerito il servizio civile.
Per questo riguardo, l'articolo 20 prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri svolga, sulla base di uno specifico piano annuale (pubblicato sul suo sito internet), un controllo sulla gestione delle attività degli enti.
L'articolo 21 attribuisce alla Presidenza del Consiglio dei ministri il compito di effettuare una valutazione concernente l'impatto dei programmi di intervento sui territori e sulle comunità locali interessate.
Ancora in materia di controllo, l'articolo 22 attribuisce alla Presidenza del Consiglio dei ministri il compito di effettuare verifiche ispettive, da realizzarsi presso gli enti, anche "per il tramite" delle Regioni e delle Province autonome ovvero del Ministero degli affari esteri per gli interventi all'estero. L'articolo 23 prevede il Presidente del Consiglio presenti al Parlamento una relazione annuale sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile universale.
L'articolo 24 ha per oggetto il Fondo nazionale per il servizio civile. Disciplina inoltre la programmazione finanziaria del servizio civile.
L'articolo 25 prevede un incremento per l'anno 2016 della dotazione del Fondo nazionale per il servizio civile.
L'articolo 26 reca norme transitorie e finali.
L'articolo 27 concerne l'entrata in vigore del decreto legislativo (la quale decorre dal giorno successivo della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale).
Ai sensi dall'articolo 20 della legge n. 230 del 1998, il Presidente del Consiglio presenta ogni anno al Parlamento, entro il 30 giugno, una relazione sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile.
Al momento di pubblicazione delle presenti note, l'ultima relazione disponibile è quella relativa all'anno 2016, contenuta nel doc. CLVI n. 5 (presentato il 15 dicembre 2017).
Se ne desumono i seguenti dati:
• numero degli enti coinvolti nel servizio civile nazionale:
- anno 2014 n. 3.283 (di cui 129 iscritti all' Albo nazionale e 3.154 iscritti agli Albi delle Regioni e delle Province autonome)
- anno 2015 n. 3.676 (di cui 135 iscritti all'Albo nazionale e 3.541 iscritti agli Albi delle Regioni e delle Province autonome)
- anno 2016 n. 4.125 (di cui 136 iscritti all'Albo nazionale e 3.987 iscritti agli Albi delle Regioni e delle Province autonome)
• stanziamenti nel periodo 2014-2016, comprensivi delle somme erogate in via amministrativa a valere sul bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri:
- anno 2014 - euro 101.650.183
- anno 2015 - euro 133.914.074
- anno 2016 - euro 208.820.787
Ancora secondo il Doc. CLVI, n. 5, per il 2016 sono stati presentati - dagli enti iscritti all'Albo nazionale e agli Albi delle Regioni e Province autonome - 4.410 progetti di servizio civile; di questi, sono stati finanziati 3.584 progetti.
La tabella che segue mostra il numero di volontari avviati nel medesimo anno 2016 suddivisi per settori d'impiego:
|
2016 |
Ambiente |
865 |
Assistenza |
18.618 |
Educazione e promozione culturale |
8.794 |
Patrimonio artistico e culturale |
3.884 |
Protezione civile |
725 |
Avviati all’estero |
646 |
Totale |
33.532 |
[1] Informazioni tratte dal sito della Presidenza del Consiglio dei ministri – Ufficio nazionale per il servizio civile: /www.serviziocivile.it
[2] L. 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.
[3] Tale disposizione elenca le seguenti finalità alla base del servizio civile nazionale: a) concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari; b) favorire la realizzazione dei princìpi costituzionali di solidarietà sociale; c) promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli; d) partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l'aspetto dell'agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile; e) contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attività svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all'estero.