Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Violenza di genere e domestica
Serie: Progetti di legge   Numero: 553/1
Data: 11/04/2022

A.S. n. 2530 e altri

 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 524/1

 

 

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento giustizia

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Progetti di legge n. 553/1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La redazione del presente dossier è stata curata dal Servizio Studi del Senato della Repubblica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Disegno di legge n. 2530 di iniziativa governativa 

Introduzione. 7

Schede di lettura. 9

Articolo 1 (Disposizioni in materia di ammonimento, prevenzione e informazione)  11

Articolo 2 (Disposizioni in materia di misure cautelari e braccialetto elettronico)  18

Articolo 3 (Disposizioni in materia di misure cautelari coercitive). 24

Articolo 4  (Modifiche al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 per la prevenzione di reati commessi in ambito di violenza domestica). 34

Articolo 5 (Modifiche in materia di informazioni alla persona offesa dal reato). 39

Articolo 6 (Misure in materia di fermo di indiziato di delitto). 43

Articolo 7 (Modifiche in materia di sospensione condizionale della pena) 46

Articolo 8 (Modifiche in materia di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa)  51

Articolo 9 (Disposizioni urgenti in materia di comunicazione dei provvedimenti di estinzione, revoca o sostituzione delle misure   coercitive) 55

Articolo 10 (Provvisionale) 56

Articolo 11 (Tutela per le vittime di violenza domestica). 60

Articolo 12 (Arresto in flagranza differita). 62

Articolo 13 (Clausola di invarianza finanziaria) 64

Gli altri disegni di legge

a.  A.S. 1564 (Valente e altri) "Modifiche al codice di procedura penale e ulteriori disposizioni di contrasto alla violenza domestica e di genere". 65

b.  A.S. 1770 (Maiorino e altri) "Istituzione dei centri di ascolto per uomini maltrattanti e disposizioni concernenti la procedura di ammonimento da parte del questore"  66

 

c.  A.S. n. 1868 (Conzatti e altri), "Interventi per il potenziamento delle misure a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, al fine di favorire il recupero degli uomini autori di violenza domestica e di genere. 67

d.  A.S. n. 1885 (Nencini e altri), "Modifiche alle disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere". 70

e.  A.S. n. 2377 (Casolati), "Modifica alla legge 19 luglio 2019, n. 69, in materia di maltrattamenti contro familiari e conviventi". 71

 


 Disegno di legge n. 2530 di iniziativa governativa


Introduzione

 

 

Il disegno di legge n. 2530, recante disposizioni per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica, si compone di 13 articoli.

Il provvedimento, presentato al Senato il 16 febbraio 2022 e assegnato in sede redigente alla Commissione giustizia, mira a rafforzare gli strumenti di prevenzione e protezione delle donne.

Nel merito il provvedimento:

·        estende l'applicabilità dell'ammonimento del Questore per violenza domestica ad ulteriori condotte che possono assumere valenza sintomatica rispetto a situazioni di pericolo per l'integrità psico-fisica delle persone, nel contesto delle relazioni familiari ed affettive. Le pene dei reati suscettibili di ammonimento sono inoltre aumentate quando il fatto è commesso da soggetto già ammonito e si procede d'ufficio per taluni reati qualora commessi da soggetto già ammonito (art. 1);

·        prevede la revoca della misura cautelare e la sostituzione con la custodia cautelare in carcere in caso di manomissione del braccialetto elettronico. Nel disporre la misura coercitiva dell’allontanamento dalla casa familiare con le modalità di controllo mediante mezzi elettronici, il giudice deve prevedere l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo elettroniche. Stessa misura si prevede nel caso di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa stabilendo che le modalità di controllo con mezzi elettronici possono essere disposte anche al di fuori dei limiti di pena di cui all’articolo 280 c.p.p. (art. 2);

·        interviene in materia di criteri di scelta e di condizioni di applicabilità delle misure cautelari, nonché in tema di conversione dell'arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva (art. 3);

·        interviene sul Codice antimafia estendendo l'applicabilità, da parte dell'Autorità giudiziaria, delle misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati di alcuni gravi reati commessi nell'ambito dei fenomeni della violenza di genere e della violenza domestica e ai soggetti che, già ammoniti dal Questore, risultino indiziati dei delitti di percosse, lesioni, violenza privata, minacce aggravate, violazione di domicilio e danneggiamento, commessi nell'ambito di violenza domestica (art.4);

·        amplia il catalogo di reati per i quali scatta l'obbligo – da parte delle forze dell'ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizia dei reati considerati – di informare la vittima sui centri antiviolenza presenti sul territorio e di metterla in contatto con questi centri qualora ne faccia richiesta (art. 5);

·        introduce un'ulteriore ipotesi di fermo disposto dal PM, con decreto motivato, nei confronti della persona gravemente indiziata di maltrattamenti contro i familiari, lesioni personali e stalking (art. 6);

·        interviene sulla disciplina del beneficio della sospensione condizionale della pena per i reati di violenza di genere e domestica, consentendo al giudice di avvalersi degli uffici di esecuzione penale esterna per l'individuazione degli enti o delle associazioni presso le quali l'autore del reato deve svolgere i prescritti percorsi di recupero (art.7);

·        introduce l’obbligo di arresto in flagranza dell’indagato in caso di violazione degli ordini di protezione adottati in sede civile (art. 8);

·        prevede che nei procedimenti per i reati di violenza di genere e domestica, l’estinzione o la revoca delle misure cautelari coercitive nonché la loro sostituzione con misura meno grave siano comunicati al questore, ai fini delle valutazioni di competenza in materia di misure di prevenzione e al prefetto ai fini dell’eventuale adozione, di misure di vigilanza dinamica a tutela della persona offesa (art.9);

·        introduce la possibilità di corrispondere una provvisionale a titolo di ristoro “anticipato”, alla vittima o, in caso di morte, agli aventi diritto che, in conseguenza dei delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima, e deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso, commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, vengano a trovarsi in stato di bisogno (art. 10).

·        stabilisce che il prefetto possa adottare misure di vigilanza dinamica, in caso di pericolo di reiterazione della condotta in relazione a taluni reati commessi in ambito di violenza domestica, a particolare tutela della vittima (art. 11); 

·        prevede la possibilità dell'arresto, anche fuori dei casi di flagranza (in cui l'arresto è obbligatorio), non oltre quarantotto ore dal fatto per colui che viola i provvedimenti di allontanamento della casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 12).


Schede di lettura


Articolo 1
(Disposizioni in materia di ammonimento, prevenzione e informazione)

 

 

L’articolo 1 reca una serie di modifiche alla disciplina relativa alla misura dell'ammonimento del questore. Oltre ad estendere l'applicabilità della misura di prevenzione, anche in assenza di querela, ai casi in cui vengano in rilievo fatti riconducibili ai reati di violenza, di minaccia aggravata, di violazione di domicilio e di danneggiamento, la disposizione amplia l'ambito di applicazione dell'istituto dell'ammonimento su richiesta della persona offesa anche ai casi di violenza sessuale procedibili a querela. Si prevede infine la procedibilità d’ufficio per i reati suscettibili di ammonimento ordinariamente procedibili a querela qualora commessi da soggetto già ammonito.

 

Più nel dettaglio l'articolo 1, comma 1, del disegno di legge modifica l'articolo 3 del decreto-legge n. 93 del 2013 (conv. legge n. 119 del 2013), il cosiddetto decreto-legge femminicidio.

 

L'articolo 3 del decreto-legge femminicidio ha introdotto specifiche misure di prevenzione per condotte di violenza domestica. In particolare il comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 93 prevede che nei casi in cui alle forze dell’ordine sia segnalato – in forma non anonima- un fatto che debba ritenersi riconducibile all'art. 582, secondo comma, c.p. (lesioni personali punibili a querela della persona offesa) – ovvero all’art. 581 (percosse, anch’esse punibili a querela), consumato o tentato, nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, possa procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all'ammonimento dell'autore del fatto. Ai fini dell’applicazione della norma sull’ammonimento, sempre il comma 1 specifica che per “violenza domestica” si intendono gli atti non episodici di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o persone legate da relazione affettiva in corso o pregressa, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

 

La lett. a) del comma 1 estende l'applicabilità della misura di prevenzione dell'ammonimento del questore anche ai casi in cui vengano in rilievo fatti riconducibili ai reati - consumati o tentati - di violenza privata (art. 610 c.p.), di minaccia aggravata (art. 612, secondo comma, c.p.), di violazione di domicilio (art. 614 c.p.) e di danneggiamento (art. 635 c.p.). La disposizione in esame interviene inoltre sulla definizione di violenza domestica inserendovi anche la cosiddetta violenza assistita ovvero la violenza commessa alla presenza di soggetti minori di età. La commissione degli atti in presenza di minorenni diventa quindi - come precisa la relazione illustrativa - un ulteriore, autonomo elemento idoneo ad integrare il requisito della violenza domestica.

 

La lett. b) del comma 1 modifica poi il comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 93 del 2013, estendendone l'ambito di applicazione anche ai casi di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art 583-quinquies c.p.), violenza privata (610 c.p.), minacce aggravate (art.  612, secondo comma, c.p.), violazione di domicilio (art. 614 c.p.) e danneggiamento (art.635 c.p.), nonché del reato di tentato omicidio (art. 56 e 575 c.p.).

 

Il comma 5 dell'articolo 3 prevede che le misure a sostegno delle vittime di atti persecutori siano applicate anche nei casi di percosse o lesioni personali nell’ambito di violenza domestica. Tali misure - sottolinea la relazione illustrativa - consistono nell’obbligo - da parte delle forze dell'ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizia dei reati considerati – di informare la medesima vittima sui centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della stessa nonché metterla in contatto con i centri antiviolenza, ove essa ne faccia espressamente richiesta.

 

La lett. c) del comma 1 aggiunge, poi, due ulteriori commi all'articolo 3 del decreto-legge femminicidio. Il nuovo comma 5-ter prevede un aumento di pena (fino a 1/3) per i reati di cui agli articoli 581(percosse), 582 (lesioni personali), 610 (violenza privata), 612, secondo comma, (minaccia grave) 614 (violazione di domicilio) e 635 (danneggiamento) c.p. se il fatto è commesso, nell’ambito di violenza domestica, da soggetto già ammonito. Il nuovo comma 5-quater prevede inoltre che si procede d’ufficio per i reati suscettibili di ammonimento ordinariamente procedibili a querela qualora commessi da soggetto già ammonito. La disposizione richiama nello specifico i delitti di percosse, lesioni personali gravi, minaccia grave e violazione di domicilio (rispettivamente previsti articoli 581, 582, secondo comma, 612, secondo comma, prima ipotesi, 614, primo e secondo comma c.p.).

 

Il comma 2 dell'articolo 1 modifica l'articolo 8 del decreto-legge n. 11 del 2009 (conv. legge n. 38 del 2009).

 

L’articolo 8 del decreto-legge n. 11 del 2009 stabilisce che, fino a quando non è proposta querela per il reato di atti persecutori, la persona offesa può esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore (comma 1).

Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l'ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore è tenuto ad adottare i provvedimenti in materia di armi e munizioni (l’obbligo di adozione, in luogo della discrezionalità valutativa del questore originariamente prevista dal decreto-legge 11/2009, è stato introdotto dall’art. 1, comma 4, del decreto-legge in conversione) (comma 2). La pena per il delitto di atti persecutori è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo (comma 3). Si procede d'ufficio per il delitto di atti persecutori quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo (comma 4).

 

Il comma 2 (lett. a), estende l'ambito di applicazione dell'istituto dell'ammonimento di cui all'articolo 8 anche ai casi in cui i fatti riferiti siano riconducibili alla violenza sessuale procedibili a querela (609-bis c.p.)). Intervenendo sui commi 3 e 4 sempre dell'articolo 8 del decreto legge n. 11 del 2009 si prevede, da un lato, un aumento della pena per il reato di violenza sessuale quando il fatto è commesso da soggetto già ammonito (lett.b) e, dall'altro, la procedibilità d'ufficio anche per il reato di violenza sessuale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito (lett.c).

 


 

Decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93

Decreto-legge 14 agosto 2013, n.93

come modificato dall'AS 2530

Art. 3

(Misura di prevenzione per condotte di violenza domestica)

Art. 3

(Misura di prevenzione per condotte di violenza domestica)

1. Nei casi in cui alle forze dell'ordine sia segnalato, in forma non anonima, un fatto che debba ritenersi riconducibile ai reati di cui agli articoli 581, nonché 582, secondo comma, consumato o tentato, del codice penale, nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, può procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all'ammonimento dell'autore del fatto. Ai fini del presente articolo si intendono per violenza domestica uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

1. Nei casi in cui alle forze dell'ordine sia segnalato, in forma non anonima, un fatto che debba ritenersi riconducibile ai reati di cui agli articoli 581, 582, 610, 612, secondo comma, 614 e 635, consumati o tentati, del codice penale, nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, può procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all'ammonimento dell'autore del fatto. Ai fini del presente articolo si intendono per violenza domestica uno o più atti, gravi ovvero non episodici o commessi in presenza di minorenni, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 8, commi 1 e 2, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, come modificato dal presente decreto. Il questore può richiedere al prefetto del luogo di residenza del destinatario dell'ammonimento l'applicazione della misura della sospensione della patente di guida per un periodo da uno a tre mesi. Il prefetto dispone la sospensione della patente di guida ai sensi dell'articolo 218 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Il prefetto non dà luogo alla sospensione della patente di guida qualora, tenuto conto delle condizioni economiche del nucleo familiare, risulti che le esigenze lavorative dell'interessato non possono essere garantite con il rilascio del permesso di cui all'articolo 218, comma 2, del citato decreto legislativo n. 285 del 1992.

2. Identico

3. Il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza, anche attraverso i dati contenuti nel Centro elaborazione dati di cui all'articolo 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121, elabora annualmente un'analisi criminologica della violenza di genere che costituisce un'autonoma sezione della relazione annuale al Parlamento di cui all'articolo 113 della predetta legge n. 121 del 1981.

 

3. Identico

4. In ogni atto del procedimento per l'adozione dell'ammonimento di cui al comma 1 devono essere omesse le generalità del segnalante, salvo che la segnalazione risulti manifestamente infondata. La segnalazione è utilizzabile soltanto ai fini dell'avvio del procedimento.

4. Identico

5. Le misure di cui al comma 1 dell'articolo 11 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, trovano altresì applicazione nei casi in cui le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche ricevono dalla vittima notizia dei reati di cui agli articoli 581 e 582 del codice penale nell'ambito della violenza domestica di cui al comma 1 del presente articolo.

 

5. Le misure di cui al comma 1 dell'articolo 11 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, trovano altresì applicazione nei casi in cui le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche ricevono dalla vittima notizia dei reati di cui agli articoli 581, 582, 583-quinquies, 610, 612, secondo comma, 614 e 635 del codice penale, nonché del reato di cui agli articoli 56 e 575 del codice penale, commessi nell'ambito della violenza domestica di cui al comma 1 del presente articolo.

5-bis. Quando il questore procede all'ammonimento ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, come modificato dal presente decreto, e del presente articolo, informa senza indugio l'autore del fatto circa i servizi disponibili sul territorio, inclusi i consultori familiari, i servizi di salute mentale e i servizi per le dipendenze, come individuati dal Piano di cui all'articolo 5, finalizzati ad intervenire nei confronti degli autori di violenza domestica o di genere.

 

5-bis. Identico

 

5-ter. Le pene per i reati di cui agli articoli 581, 582, 610, 612, secondo comma, 614 e 635 del codice penale sono aumentate se il fatto è commesso, nell’ambito di violenza domestica, da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo.

 

 

5-quater. Si procede d’ufficio per i reati previsti dagli articoli 581, 582, secondo comma, 612, secondo comma, prima ipotesi, 614, primo e secondo comma, del codice penale quando il fatto è commesso, nell’ambito di violenza domestica, da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo.

 

Decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11

Decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 come modificato dall'AS 2530

Art. 8.

(Ammonimento)

Art. 8.

(Ammonimento)

1. Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 7, la persona offesa può esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore.

1. Fino a quando non è proposta querela per i reati di cui agli articoli 609-bis, fuori dai casi previsti dall’articolo 609-septies, quarto comma, e 612-bis del codice penale, la persona offesa può esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore.

2. Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l'ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore adotta i provvedimenti in materia di armi e munizioni.

2. Identico

3. La pena per il delitto di cui all'articolo 612-bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo.

3. Le pene per i delitti di cui agli articoli 609-bis e 612-bis del codice penale sono aumentate se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo.

4. Si procede d'ufficio per il delitto previsto dall'articolo 612-bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo.

4.Si procede d'ufficio per i delitti previsti dagli articoli 609-bis e 612 bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo.

 


Articolo 2
(Disposizioni in materia di misure cautelari e braccialetto elettronico)

 

 

L’articolo 2 attraverso modifiche al codice di rito si propone di rafforzare il ricorso al braccialetto elettronico.

 

 

L'articolo 2, al comma 1, lettera a), modifica il comma 1 dell'articolo 275-bis, sopprimendo l’obbligo, attualmente previsto in capo al giudice procedente, che ritenga di applicare la misura degli arresti domiciliari prescrivendo procedure di controllo mediante l'utilizzo di «mezzi elettronici o altri strumenti tecnici», di verificare preventivamente la disponibilità di tali apparati da parte della polizia giudiziaria.

 

L'articolo 275-bis c.p.p. prevede la possibilità per il giudice che ritenga di applicare la misura degli arresti domiciliari (fin da subito o in sostituzione della custodia in carcere), di "prescrivere" procedure di controllo mediante l'utilizzo di «mezzi elettronici o altri strumenti tecnici» nella disponibilità della polizia giudiziaria. Si tratta del c.d. braccialetto elettronico (o analogo strumento) inserito nella disciplina codicistica dal decreto-legge n. 341 del 2000 (conv. legge n. 4 del 2001), nell'ambito di un più ampio intervento normativo concernente la materia della libertà personale. Ai sensi dell'articolo 275-bis c.p.p., quindi, ogni qualvolta lo ritenga «necessario in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto», il giudice che dispone la misura degli arresti domiciliari di cui all'art. 284 c.p.p. può prevedere il controllo del soggetto in custodia domestica tramite l'utilizzo dei suddetti strumenti elettronici (con riguardo alle modalità di installazione e funzionamento si veda il D.M. 2.2.2001, n. 362). Tale previsione, tuttavia, è subordinata, oltreché al consenso della persona da sottoporre agli arresti domiciliari, alla effettiva disponibilità della strumentazione necessaria da parte della polizia giudiziaria, introducendo in tal modo un regime de libertate diversificato sulla base di vicende estranee alla personalità e/o condotta dell'indagato ed «inerenti la funzionalità dell'apparato giudiziario». In assenza dei mezzi tecnici idonei a garantire un effettivo controllo, quindi sembrerebbe doversi applicare la misura della custodia in carcere. Va rilevato tuttavia che secondo le Sezioni Unite, l'accertata mancata reperibilità del dispositivo, impone al giudice una rivalutazione della fattispecie concreta, alla luce dei principi di adeguatezza e proporzionalità di ciascuna delle misure, in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto (Cass. SU, Sentenza n. 20769 del 2016).

 

Il comma 1, lettera b), interviene sul comma 1-ter dell’articolo 276, c.p.p., prevedendo l’applicazione della misura cautelare in carcere nel caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli strumenti tecnici di controllo disposti con la misura degli arresti domiciliari o con le misure coercitive di cui agli artt. 282-bis (obbligo di allontanamento dalla casa familiare) o 282-ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa).

 

La lettera c) del comma 1, stabilisce che, nel disporre la misura coercitiva dell’allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.) con braccialetto elettronico, il giudice preveda altresì l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione di tale modalità di controllo.

 

Stessa misura si prevede (lett. d) nel caso di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter c.p.p.) stabilendo altresì che le modalità di controllo con mezzi elettronici possono essere disposte anche al di fuori dei limiti di pena di cui all’articolo 280 c.p.p.

 

L'articolo 280 c.p.p. prevede uno "sbarramento" edittale per l'applicazione delle misure cautelari personali coercitive che possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni.  

 

 

Codice di procedura penale

Codice di procedura penale come modificato dall'AS 2530

Art. 275-bis.

(Particolari modalità di controllo)

Art. 275-bis.

(Particolari modalità di controllo)

1. Nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il giudice, salvo che le ritenga non necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria. Con lo stesso provvedimento il giudice prevede l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione dei mezzi e strumenti anzidetti.

1. Nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il giudice, salvo che le ritenga non necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici. Con lo stesso provvedimento il giudice prevede l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione dei mezzi e strumenti anzidetti.

2. L'imputato accetta i mezzi e gli strumenti di controllo di cui al comma 1 ovvero nega il consenso all'applicazione di essi, con dichiarazione espressa resa all'ufficiale o all'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la misura. La dichiarazione è trasmessa al giudice che ha emesso l'ordinanza ed al pubblico ministero, insieme con il verbale previsto dall'articolo 293, comma 1.

2. Identico

3. L'imputato che ha accettato l'applicazione dei mezzi e strumenti di cui al comma 1 è tenuto ad agevolare le procedure di installazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli.

3. Identico

Art. 276.

(Provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte)

Art. 276.

(Provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte)

1. In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell'entità, dei motivi e delle circostanze della violazione. Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo anche con una misura coercitiva.

1. Identico

1-bis. Quando l'imputato si trova nelle condizioni di cui all'articolo 275, comma 4-bis, e nei suoi confronti è stata disposta misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, il giudice, in caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti alla diversa misura cautelare, può disporre anche la misura della custodia cautelare in carcere. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.

1-bis. Identico

1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sostituzione con la custodia cautelare in carcere, salvo che il fatto sia di lieve entità.

1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora e comunque in caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo di cui all'articolo 275-bis, anche quando applicati ai sensi degli articoli 282-bis e 282-ter, il giudice dispone la revoca della misura e la sostituzione con la custodia cautelare in carcere, salvo che il fatto sia di lieve entità.

 

 

Art. 282-bis.

(Allontanamento dalla casa familiare)

Art. 282-bis.

(Allontanamento dalla casa familiare)

1. Con il provvedimento che dispone l'allontanamento il giudice prescrive all'imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede. L'eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita.

1. Identico

2. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.

2. Identico

3. Il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati. Il giudice determina la misura dell'assegno tenendo conto delle circostanze e dei redditi dell'obbligato e stabilisce le modalità ed i termini del versamento. Può ordinare, se necessario, che l'assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell'obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui spettante. L'ordine di pagamento ha efficacia di titolo esecutivo.

3. Identico

4. I provvedimenti di cui ai commi 2 e 3 possono essere assunti anche successivamente al provvedimento di cui al comma 1, sempre che questo non sia stato revocato o non abbia comunque perduto efficacia. Essi, anche se assunti successivamente, perdono efficacia se è revocato o perde comunque efficacia il provvedimento di cui al comma 1. Il provvedimento di cui al comma 3, se a favore del coniuge o dei figli, perde efficacia, inoltre, qualora sopravvenga l'ordinanza prevista dall'articolo 708 del codice di procedura civile ovvero altro provvedimento del giudice civile in ordine ai rapporti economico-patrimoniali tra i coniugi ovvero al mantenimento dei figli.

4. Identico

5. Il provvedimento di cui al comma 3 può essere modificato se mutano le condizioni dell'obbligato o del beneficiario, e viene revocato se la convivenza riprende.

5. Identico

6. Qualora si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 570, 571, 572, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d'ufficio o comunque aggravate, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-septies.1, 600-septies.2, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612, secondo comma, 612-bis, del codice penale, commesso in danno dei prossimi congiunti o del convivente, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 280, anche con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis

6. Qualora si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 570, 571, 572, 56 e 575, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d'ufficio o comunque aggravate, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-septies.1, 600-septies.2, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612, secondo comma, 612-bis, del codice penale, commesso in danno dei prossimi congiunti o del convivente, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 280, anche con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis. Con lo stesso provvedimento che dispone l'allontanamento il giudice prevede l'applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione delle modalità di controllo anzidette.

Art. 282-ter.

(Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa)

Art. 282-ter.

(Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa)

1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa, anche disponendo l'applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis.

1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa, anche disponendo l'applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis. Nei casi di cui all’articolo 282-bis, comma 6, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 280. Con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prevede l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis.

2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone.

2. Identico

3. Il giudice può, inoltre, vietare all'imputato di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con le persone di cui ai commi 1 e 2.

3. Identico

4. Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e 2 sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.

4. Identico

 


Articolo 3
(Disposizioni in materia di misure cautelari coercitive)

 

L’articolo 3 reca una disciplina derogatoria rispetto a quella prevista a legislazione vigente, in materia di criteri di scelta e di condizioni di applicabilità delle misure cautelari, nonché in tema di conversione dell'arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva.

 

Più nel dettaglio, il comma 1, lettere a) e b), apporta modifiche agli rispettivamente al comma 2-bis dell'articolo 275 e all'articolo 280 c.p.p.

 

Il comma 2-bis dell'articolo 275 c.p.p. (introdotto dal decreto-legge n. 92 del 2014, conv. nella legge n. 117 del 2014), prevede che non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Inoltre non può applicarsi la custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di incendio boschivo (art. 423-bis c.p.), maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), stalking (art. 612-bis c.p.), diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti (art. 612-ter) nonché per i gravi delitti di cui all'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975 (O.P.), e quando rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell'articolo 284, comma 1, c.p.p.

 

Il disegno di legge inserisce di fatto nell'elenco dei reati, testé richiamati, anche le lesioni personali (art. 582 c.p.), nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale. 

Si tratta delle seguenti aggravanti:

ü  l’avere commesso contro l'ascendente o il discendente, quando concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61 c.p. o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso, ovvero quando vi è premeditazione (art. 576, primo comma, n. 2, c.p.);

ü  l’avere commesso il fatto in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 583-quinquies, 600-bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater e 609-octies c.p. (art. 576, primo comma, n. 5, c.p.);

ü  l’essere stato il fatto commesso dall'autore del delitto previsto dall'articolo 612-bis c.p. nei confronti della persona offesa (art. 576, primo comma, n. 5.1, c.p.);

ü  l’avere commesso il fatto contro l'ascendente o il discendente anche per effetto di adozione di minorenne o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva (art. 577, primo comma, n. 1, c.p.);

ü  l’avere commesso il fatto contro il coniuge divorziato, l'altra parte dell'unione civile, ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate, il fratello o la sorella, l'adottante o l'adottato nei casi regolati dal titolo VIII del libro primo del codice civile, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta (art. 577, secondo comma, c.p.)

 

Si valuti in proposito l'opportunità di riformulare la lettera a) come modificativa del secondo periodo del comma 2-bis dell'articolo 275 c.p.p.

 

 

La lettera b) aggiunge un ulteriore comma all'articolo 280 c.p.p. che disciplina le condizioni di applicabilità delle misure cautelari.

 

L'articolo 280 c.p.p. individua i presupposti per l'applicazione delle misure cautelari, la cui sussistenza è condizione per l'irrogazione della misura e per il suo mantenimento, dovendo la stessa essere revocata nel caso in cui tali presupposti vengano meno, ovvero modificata o sostituita nel caso in cui essi mutino aggravandosi o affievolendosi. La prima delle condizioni per l'applicazione di una misura coercitiva (diversa dalla custodia cautelare in carcere) è che si tratti di un delitto punito con la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni (comma 1). Per la custodia cautelare in carcere, la più rigorosa misura cautelare coercitiva, la soglia di pena edittale è l'ergastolo o la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni (comma 2) anche se in ipotesi di conversione dell'arresto facoltativo in misura coercitiva custodiale ai sensi dell'articolo 391, comma 5, c.p.p. (vedi infra), si computa la soglia più bassa prevista per l'arresto in flagranza. Tale previsione non si applica inoltre nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare (comma 3).

 

Il nuovo comma prevede che le disposizioni previste dall'articolo 280 c.p.p. e quindi le soglie edittali ivi contemplate non si applichino nei procedimenti per il delitto di lesioni personali (art. 582 c.p.), nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, c.p. (vedi supra).  Ne consegue la possibilità di applicare la custodia cautelare in carcere, al ricorrere delle condizioni previste dalla legge, anche per il reato di lesioni personali, nelle ipotesi aggravate. 

 

In proposito nella relazione illustrativa si precisa "le aggravanti suddette, per effetto della disposizione di cui all’art. 585 c.p., fanno scattare l’aumento della pena da un terzo alla metà nei casi dell’art. 576 c.p. e di un terzo nei casi dell’art. 577 c.p. e giustificano, in tal senso, una deroga alla disposizione di cui all’art. 275, comma 2-bis c.p.p. (secondo cui, di regola, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni di reclusione), a fronte di un reato, quale quello di lesioni, che nelle ipotesi non aggravate è punito con una pena della reclusione  da sei mesi a tre anni". 

 

Il comma 1, lettera c), modifica il comma 5 dell'articolo 391 c.p.p. Tale disposizione, nel disciplinare la c.d. conversione dell'arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva, ivi compresa la custodia in carcere dispone espressamente che la misura cautelare può essere applicata anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274, co. 1, lett. c, e 280 quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati dall'art. 381, 2° co. ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza: dunque, anche con riferimento a determinati delitti punibili con la reclusione non inferiore nel massimo a tre anni.

 

L'articolo 274 c.p.p. individua tre tipiche esigenze cautelari al ricorrere di almeno una delle quali è possibile applicare una misura cautelare. Si tratta delle seguenti: pericolo di inquinamento della prova, pericolo di fuga e pericolo di reiterazione delle condotte criminose.

 

Il disegno di legge amplia l'ambito di applicazione anche ai casi di arresto eseguito per uno dei reati indicati nel comma 2 dell'articolo 380 c.p.p. (si tratta di reati di grave allarme sociale, fra i quali sono ricompresi i reati di violenza sessuale, di atti persecutori e di maltrattamenti contro familiari o conviventi). Si prevede inoltre che la misura cautelare possa essere applicata anche al di fuori dei limiti edittali anche nei casi di fermo della persona gravemente indiziata di uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 582, 612-bis (nuovo comma 1-bis dell'articolo 384 c.p.p. vedi articolo 6 del disegno di legge).

 

In proposito nella relazione illustrativa si precisa "Con la prima modifica si consente alle deroghe previste nell’art. 391, comma 5, c.p.p. di operare anche per il delitto di cui all’art. 387-bis c.p. (“Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”). Detto delitto è stato inserito fra quelli per i quali è previsto l’arresto obbligatorio ai sensi del comma 2 dell’articolo 380 (cfr. lettera l-ter) del codice di procedura penale dall’art. 2, comma 15, della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante "Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari". Tuttavia, in considerazione del limite edittale (il reato è punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni), attualmente non è possibile procedere, eseguito l’arresto, all’applicazione di alcuna misura cautelare, con la conseguenza che all’arresto dovrà conseguire l’immediata liberazione dell’arrestato, ove non intervenuto tempestivamente un provvedimento di aggravamento della misura cautelare da parte del giudice, in seguito a richiesta del pubblico ministero. L’intervento soddisfa anche l’esigenza di ricondurre il “rapporto fra misure precautelari e misure cautelari coercitive all’originario coordinamento quanto ai presupposti per la loro adozione” sul quale la Corte costituzionale ha auspicato un intervento del legislatore nella pronuncia n. 137/2020. La seconda modifica – strettamente conseguente all’intervento sulla disciplina del fermo recata dall’articolo 6 - consente che, anche nei casi in cui sia disposto il fermo ai sensi del nuovo comma 1-bis dell’articolo 384 c.p.p., operi la deroga ai limiti previsti dagli artt. 280 e 274, lettera c), c.p.p. ai fini dell’applicazione delle misure cautelari. Non sarebbe altrimenti possibile l’applicazione della misura cautelare coercitiva per delitti, quali ad esempio quello di lesioni non aggravate (da circostanze speciali o ad effetto speciale), che spesso preludono a condotte più gravi".  

 

Le misure cautelari personali coercitive si distinguono in:

·         misure custodiali che comportano la soppressione della libertà fisica, dovendo l'interessato restare ristretto in un istituto carcerario, in un presidio ospedaliero o in una privata dimora. Rientrano in questa categoria: la custodia cautelare in carcere (art. 285 c.p.p.), gli arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.); la custodia cautelare in luogo di cura (art. 286 c.p.p.);

·         misure non custodiali che implicano la limitazione, ma non la soppressione della libertà di movimento. L'allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.) e il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter c.p.p.) rientrano proprio in questa categoria.

 

 

 

 

Codice di procedura penale

Codice di procedura penale come modificato dall'AS 2530

Art. 275

(Criteri di scelta delle misure)

Art. 275.

(Criteri di scelta delle misure)

1. 1. Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.

1. Identico

1-bis. Contestualmente ad una sentenza di condanna, l'esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell'esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell'articolo 274, comma 1, lettere b) e c).

1-bis. Identico

2. Ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata.

2.Identico

2-bis. Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Salvo quanto previsto dal comma 3 e ferma restando l'applicabilità degli articoli 276, comma 1-ter, e 280, comma 3, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 423-bis, 572, 612-bis, 612-ter e 624-bis del codice penale, nonché all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e quando, rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell'articolo 284, comma 1, del presente codice.

2-bis. Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Salvo quanto previsto dal comma 3 e ferma restando l'applicabilità degli articoli 276, comma 1-ter, e 280, comma 3, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 423-bis, 572, 612-bis, 612-ter e 624-bis del codice penale, nonché all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e quando, rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell'articolo 284, comma 1, del presente codice. La disposizione di cui al secondo periodo non si applica, altresì, nei procedimenti per il delitto di cui all'articolo 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2,5 e 5.1 e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale.

2-ter. Nei casi di condanna di appello le misure cautelari personali sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza, quando, all'esito dell'esame condotto a norma del comma 1-bis, risultano sussistere esigenze cautelari previste dall'articolo 274 e la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall'articolo 380, comma 1, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole.

2-ter. Identico

3. La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 270, 270-bis e 416-bis del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. Salvo quanto previsto dal secondo periodo del presente comma, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del presente codice nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, primo comma, 600-ter, escluso il quarto comma, 600-quinquies e, quando non ricorrano le circostanze attenuanti contemplate, 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.

3. Identico

3-bis. Nel disporre la custodia cautelare in carcere il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all'articolo 275-bis, comma 1

3-bis. Identico

4. Quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputato sia persona che ha superato l'età di settanta anni.

 

4. Identico

4-bis. Non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l'imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2, ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere

4-bis. Identico

4-ter. Nell'ipotesi di cui al comma 4-bis, se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile senza pregiudizio per la salute dell'imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l'imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domiciliari possono essere disposti presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o da altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell'assistenza ai casi di AIDS, ovvero presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135

4-ter. Identico

4-quater. Il giudice può comunque disporre la custodia cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti previsti dall'articolo 380, relativamente a fatti commessi dopo l'applicazione delle misure disposte ai sensi dei commi 4-bis e 4-ter. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.

4-quater. Identico

4-quinquies. La custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.

 

 

 

4-quinquies. Identico

Art. 280.

(Condizioni di applicabilità delle misure coercitive)

Art. 280

(Condizioni di applicabilità delle misure coercitive)

1. Salvo quanto disposto dai commi 2 e 3 del presente articolo e dall'art. 391, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

1. Identico

2. La custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni.

2. Identico

3. La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare.

3. Identico

 

3-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei procedimenti per il delitto di cui all’articolo 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale.

Art. 391

(Udienza di convalida)

Art. 391.

(Udienza di convalida)

1. L'udienza di convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria [del pubblico ministero e] del difensore dell'arrestato o del fermato.

1. Identico

2. Se il difensore di fiducia o di ufficio non è stato reperito o non è comparso, il giudice provvede a norma dell'articolo 97 comma 4. Il giudice altresì, anche d'ufficio, verifica che all'arrestato o al fermato sia stata data la comunicazione di cui all'articolo 386, comma 1, o che comunque sia stato informato ai sensi del comma 1-bis dello stesso articolo, e provvede, se del caso, a dare o a completare la comunicazione o l'informazione ivi indicate.

2. Identico

3. Il pubblico ministero, se comparso, indica i motivi dell'arresto o del fermo e illustra le richieste in ordine alla libertà personale. Il giudice procede quindi all'interrogatorio dell'arrestato o del fermato, salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire; sente in ogni caso il suo difensore.

3. Identico

4. Quando risulta che l'arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e sono stati osservati i termini previsti dagli articoli 386 comma 3  e 390 comma 1, il giudice provvede alla convalida con ordinanza. Contro l'ordinanza che decide sulla convalida, il pubblico ministero e l'arrestato o il fermato possono proporre ricorso per cassazione.

4. Identico

5. Se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 273 e taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, il giudice dispone l'applicazione di una misura coercitiva a norma dell'articolo 291. Quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati nell'articolo 381, comma 2, ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza, l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c), e 280.

 

5. Se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 273 e taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, il giudice dispone l'applicazione di una misura coercitiva a norma dell'articolo 291. Quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati nell'articolo 380, comma 2, o nell'articolo 381, comma 2, ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza, o quando il fermo è stato eseguito nei casi previsti dall'articolo 384, comma 1-bis, l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c), e 280.

6. Quando non provvede a norma del comma 5, il giudice dispone con ordinanza la immediata liberazione dell'arrestato o del fermato.

 

6. Identico

7. Le ordinanze previste dai commi precedenti, se non sono pronunciate in udienza, sono comunicate o notificate a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Le ordinanze pronunciate in udienza sono comunicate al pubblico ministero e notificate all'arrestato o al fermato, se non comparsi. I termini per l'impugnazione decorrono dalla lettura del provvedimento in udienza ovvero dalla sua comunicazione o notificazione. L'arresto o il fermo cessa di avere efficacia se l'ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata anche quarantotto ore successive al momento in cui l'arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del giudice.

7. Identico

 

 


Articolo 4
(Modifiche al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 per la prevenzione di reati commessi in ambito di violenza domestica)

 

 

L’articolo 4  apporta alcune modifiche al Codice antimafia, da un lato, estendendo l'applicabilità, da parte dell’Autorità giudiziaria, delle misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati di alcuni gravi reati che ricorrono nell’ambito dei fenomeni della violenza di genere e della violenza domestica nonché ai soggetti che, già ammoniti dal Questore, risultino indiziati dei delitti di percosse, lesioni, violenza privata, minacce aggravate, violazione di domicilio e danneggiamento, commessi nell'ambito di violenza domestica e, dall'altro, intervenendo sulla misura della sorveglianza speciale.

 

 

Più nel dettaglio il comma 1, lettera a), modifica il comma 1, lettera i-ter, dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice antimafia) estendendo l'applicabilità da parte dell’Autorità giudiziaria, delle misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati di alcuni gravi reati che ricorrono nell’ambito dei fenomeni della violenza di genere e della violenza domestica – si tratta dei delitti, consumati o tentati, di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), omicidio (art.575 c.p.), deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.) – nonché ai soggetti che, già ammoniti dal Questore, risultino indiziati dei delitti di percosse (art. 581 c.p.), lesioni (art. 582 c.p.) violenza privata (art. 610 c.p.), minacce aggravate (art. 612, secondo comma, c.p.), violazione di domicilio (art. 614 c.p.) e danneggiamento (art. 63 c.p.), commessi nell'ambito di violenza domestica.

Con riguardo ai reati di violenza di genere e domestica è opportuno rilevare come le misure di prevenzione personali - a legislazione vigente - possano essere già applicate ai soggetti indiziati di stalking (art. 612-bis c.p.) e di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.)[1].

 

 Le misure di prevenzione sono misure special-preventive, considerate tradizionalmente di natura formalmente amministrativa, dirette ad evitare la commissione di reati da parte di determinate categorie di soggetti ritenuti socialmente pericolosi. Vengono, quindi, applicate indipendentemente dalla commissione di un precedente reato, onde la denominazione di misure ante delictum o praeter delictum. La normativa vigente contempla un insieme di misure di prevenzione a carattere amministrativo e giurisdizionale. La sorveglianza speciale costituisce la principale misura di prevenzione a carattere personale e di natura giurisdizionale. Ai sensi dell'articolo 6 del Codice antimafia tale misura può essere applicata alle persone indicate all'articolo 4 del Codice antimafia, quando siano pericolose per la pubblica sicurezza.

 

Il comma 1, lettera b), stabilisce, invece, che, nel disporre la sorveglianza speciale con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis c.p.p. (il braccialetto elettronico quindi) nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter), del Codice antimafia (vedi lett. a), il giudice preveda, qualora il destinatario della misura neghi il consenso all’adozione delle citate modalità di controllo, che la sorveglianza sia integrata dalla prescrizioni di cui all’articolo 8, comma 5, del citato decreto legislativo.

 

Ai sensi del comma 5 dell'articolo 8 del Codice antimafia il Tribunale nel disporre la misura della sorveglianza, può imporre tutte le prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale, e, in particolare, il divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più regioni, "ovvero, con riferimento ai soggetti di cui agli articoli 1, comma 1, lettera c), e 4, comma 1, lettera i-ter), il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione o da minori".

La disposizione richiama l'intero comma 5 dell'articolo 8, anche se sembrerebbe doversi ritenere che l'unica ulteriore prescrizione applicabile sia rappresentata dal divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione o da minori.

 

 

Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159

Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 come modificato dall'AS 2530

Art. 4

(Soggetti destinatari)

Art. 4

(Soggetti destinatari)

1. I provvedimenti previsti dal presente capo si applicano:

1.      Identico

a) agli indiziati di appartenere alle associazioni di cui all'articolo 416-bis c.p.;

b) ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero del delitto di cui all'articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, o del delitto di cui all'articolo 418 del codice penale;

c) ai soggetti di cui all'articolo 1;

d) agli indiziati di uno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-quater, del codice di procedura penale e a coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I del titolo VI del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice, nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'articolo 270-sexies del codice penale;

e) a coloro che abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 20 giugno 1952, n. 645, e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente;

f) a coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 645 del 1952, in particolare con l'esaltazione o la pratica della violenza;

g) fuori dei casi indicati nelle lettere d), e) ed f), siano stati condannati per uno dei delitti previsti nella legge 2 ottobre 1967, n. 895, e negli articoli 8 e seguenti della legge 14 ottobre 1974, n. 497, e successive modificazioni, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato alla lettera d);

h) agli istigatori, ai mandanti e ai finanziatori dei reati indicati nelle lettere precedenti. È finanziatore colui il quale fornisce somme di denaro o altri beni, conoscendo lo scopo cui sono destinati;

i) alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, nonché alle persone che, per il loro comportamento, debba ritenersi, anche sulla base della partecipazione in più occasioni alle medesime manifestazioni, ovvero della reiterata applicazione nei loro confronti del divieto previsto dallo stesso articolo, che sono dediti alla commissione di reati che mettono in pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l'incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive;

i-bis) ai soggetti indiziati del delitto di cui all'articolo 640-bis o del delitto di cui all'articolo 416 del codice penale, finalizzato alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis del medesimo codice; 

a)- i-bis) Identiche

i-ter) ai soggetti indiziati dei delitti di cui agli articoli 572 e 612-bis del codice penale.

i-ter) ai soggetti indiziati dei delitti di cui agli articoli 572 e 612-bis del codice penale o dei delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 609-bis, 575, 583-quin-quies del codice penale, nonché ai soggetti che, già ammoniti ai sensi dell’articolo 3 del decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, sono indiziati dei delitti di cui agli articoli 581, 582, 610, 612, secondo comma, 614 e 635 del codice penale, commessi nell’ambito di violenza domestica, come definita dall’articolo 3, comma 1, secondo periodo, del decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119.

Art. 6

(Tipologia delle misure e loro presupposti)

Art. 6

(Tipologia delle misure e loro presupposti)

1. Alle persone indicate nell'articolo 4, quando siano pericolose per la sicurezza pubblica, può essere applicata, nei modi stabiliti negli articoli seguenti, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

1. Identico

2. Salvi i casi di cui all'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), alla sorveglianza speciale può essere aggiunto, ove le circostanze del caso lo richiedano, il divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale, o in una o più regioni.

2. Identico

3. Nei casi in cui le altre misure di prevenzione non sono ritenute idonee alla tutela della sicurezza pubblica può essere imposto l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.

3. Identico

3-bis. Ai fini della tutela della sicurezza pubblica, gli obblighi e le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale possono essere disposti, con il consenso dell'interessato ed accertata la disponibilità dei relativi dispositivi, anche con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis del codice di procedura penale.

3-bis. Ai fini della tutela della sicurezza pubblica, gli obblighi e le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale possono essere disposti, con il consenso dell'interessato ed accertata la disponibilità dei relativi dispositivi, anche con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis del codice di procedura penale. Quando la sorveglianza speciale è applicata ai soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter), qualora l’interessato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo anzidette, alla misura sono aggiunte le prescrizioni di cui all’articolo 8, comma 5.

 

 


Articolo 5
(Modifiche in materia di informazioni alla persona offesa dal reato)

 

 

L’articolo 5 estende la previsione dell’immediata comunicazione alle vittime di violenza domestica o di genere, di tutti i provvedimenti de libertate inerenti l’autore del reato, sia esso imputato in stato di custodia cautelare, condannato o internato.

 

Più nel dettaglio l'articolo 5, comma 1, lett. a), modifica l'articolo 90-ter, comma 1, c.p.p.

 

Il decreto legislativo n. 212 del 2015, in attuazione della direttiva 2012/29/UE, ha dettato nuove norme in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, apportando alcune modifiche al Titolo VI del Libro I del codice di rito, dedicato alla persona offesa dal reato. Fra le modifiche si segnala, per l'appunto l'introduzione dell'articolo 90-ter. Tale articolo, ai fini di una effettiva e permanente protezione della vittima, prevede che, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona a quest'ultima debba essere immediatamente comunicata (se ne ha fatto richiesta) l'evasione e la scarcerazione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, ovvero della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva. 

L'art. 15, della legge n. 69 del 2019, la cosiddetta legge sul codice rosso, successivamente modificato dall'art. 2, comma 11, lett. a), della legge n. 134 del 2021, che ha ricompreso anche il delitto di omicidio volontario nella forma consumata e tentata -, ha introdotto con il comma 1-bis l'obbligo di comunicazione immediata alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, dei provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, dell'evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, nei casi in cui si proceda per i reati di violenza di genere e domestica (previsti dagli artt. 572, 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies e 612 bis c.p., nonché dagli artt. 582 e 583 quinquies c.p. nelle ipotesi aggravate ); accanto a tali ipotesi, poi, con la L. 19.7.2019, n. 69 si è previsto che l'obbligo di comunicazione operi anche con riferimento al delitto di omicidio, di cui all'art. 575 c.p. L'obbligo di comunicazione è dovuto anche se il delitto è realizzato nella forma tentata.

Trattasi di un obbligo di comunicazione, la cui sussistenza non è condizionata da una richiesta della persona offesa. Tale obbligo non sussiste - diversamente da quanto previsto nell'art. 299, 2° co. bis - in caso di sostituzione della precedente misura cautelare, ovvero in caso di provvedimenti che non necessariamente si traducono nelle "scarcerazioni" indicate dalla disposizione in commento.

Ad integrazione di quanto previsto dall'art. 292, co. 2 bis - il quale prevede che i provvedimenti relativi alla revoca o sostituzione di una misura cautelare coercitiva debba essere comunicata alla persona offesa, vittima di un delitto commesso con violenza, qualora sia priva di un difensore, e ai servizi socio-assistenziali - per la medesima tipologia di delitti la persona offesa che ne abbia fatto richiesta (con la denuncia, ma anche successivamente fino a quando si verifichi la situazione legittimante il diritto all'avviso) verrà avvisata, dalla polizia giudiziaria, dei provvedimenti di scarcerazione o della volontaria sottrazione del "carnefice" alla limitazione della libertà personale con conseguente pericolo concreto di un danno per la persona offesa (Cass., sez. III, Sentenza n. 669 del 2021).  

 

Come precisa la relazione illustrativa, con l’intervento si apportano modifiche all’art. 90 ter c.p.p. integrando la disposizione in esame nel senso di fornire un chiarimento operativo, valido per qualsiasi fase grado e stato del processo.

 

La norma è volta a rafforzare la disciplina della tutela specifica introdotta dalla legge 19 luglio 2019, n. 69 (c.d. Codice rosso) e richiesta dalla Direttiva 2012/29/UE, volta a garantire alle vittime di violenza domestica o di genere i più adeguati livelli di informazione e sostegno, assistenza e protezione adeguata, in ogni stato e grado del procedimento.

 

Si estende la previsione dell’immediata comunicazione alle vittime di violenza domestica o di genere, di tutti i provvedimenti “de libertate” inerenti l’autore del reato, sia esso imputato, condannato o internato, raggruppando in un’unica norma le disposizioni dettate in altri articoli del codice di procedura penale - tra cui l’art. 659, comma 1-bis che viene, pertanto, abrogato (lett. b) del comma 1) - le quali non risultano di chiara lettura e di lineare interpretazione.

 

Il comma 1-bis dell'articolo 659 c.p.p., introdotto anch'esso dalla legge sul c.d. codice rosso stabilisce che il provvedimento del giudice di sorveglianza che dispone la scarcerazione del condannato debba essere immediatamente comunicato dal PM per mezzo della polizia giudiziaria, alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato. Con la già ricordata legge n. 134 del 2021, al novero dei reati per i quali nel 2019 era stato previsto l'obbligo di comunicazione, è ricompreso anche il reato di omicidio; per tutti gli illeciti, il suddetto obbligo vige anche se si versa nell'ipotesi del tentativo.


 

Codice di procedura penale

Codice di procedura penale

Come modificato dall'AS 2583

Articolo 90-ter

(Comunicazioni dell'evasione e della scarcerazione)

Articolo 90-ter

(Comunicazioni dell'evasione e della scarcerazione)

1. Fermo quanto previsto dall'articolo 299, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona sono immediatamente comunicati alla persona offesa che ne faccia richiesta, con l'ausilio della polizia giudiziaria, i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, ed è altresì data tempestiva notizia, con le stesse modalità, dell'evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, salvo che risulti, anche nella ipotesi di cui all'articolo 299, il pericolo concreto di un danno per l'autore del reato.

1. Fermo quanto previsto dall'articolo 299, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona sono immediatamente comunicati alla persona offesa che ne faccia richiesta, con l'ausilio della polizia giudiziaria, i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva emessi nei confronti dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato o dell'internato, ed è altresì data tempestiva notizia, con le stesse modalità, dell'evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, salvo che risulti, anche nella ipotesi di cui all'articolo 299, il pericolo concreto di un danno per l'autore del reato.

1-bis. Le comunicazioni previste al comma 1 sono sempre effettuate alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, se si procede per il delitto previsto dall'articolo 575 del codice penale, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale

 

1-bis Identico

Articolo 659

 (Esecuzione di provvedimenti del giudice di sorveglianza)

Articolo 659

 (Esecuzione di provvedimenti del giudice di sorveglianza)

1. Quando a seguito di un provvedimento del giudice di sorveglianza deve essere disposta la carcerazione o la scarcerazione del condannato, il pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna emette ordine di esecuzione con le modalità previste dall'articolo 656 comma 4. Tuttavia, nei casi di urgenza, il pubblico ministero presso il giudice di sorveglianza che ha adottato il provvedimento può emettere ordine provvisorio di esecuzione che ha effetto fino a quando non provvede il pubblico ministero competente.

1. Identico

1-bis. Quando a seguito di un provvedimento del giudice di sorveglianza deve essere disposta la scarcerazione del condannato per il delitto previsto dall'articolo 575 del codice penale, nella forma tentata, o per uno dei delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale, il pubblico ministero che cura l'esecuzione ne dà immediata comunicazione, a mezzo della polizia giudiziaria, alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore.

1-bis Soppresso

2. I provvedimenti relativi alle misure di sicurezza diverse dalla confisca sono eseguiti dal pubblico ministero presso il giudice di sorveglianza che li ha adottati. Il pubblico ministero comunica in copia il provvedimento all'autorità di pubblica sicurezza e, quando ne è il caso, emette ordine di esecuzione, con il quale dispone la consegna o la liberazione dell'interessato.

2. Identico

 


Articolo 6
(Misure in materia di fermo di indiziato di delitto)

 

 

L’articolo 6 introduce nel codice di rito un'ulteriore ipotesi di fermo che prescinde dal pericolo di fuga e dalla flagranza, disposto dal PM, con decreto motivato, nei confronti della persona gravemente indiziata di maltrattamenti in famiglia o di lesioni personali o stalking o di altro delitto commesso con minaccia o violenza alla persona per il quale la legge prevede la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

 

Nel dettaglio l'articolo 6 aggiunge un ulteriore comma all'articolo 384 c.p.p. che disciplina la misura pre-cautelare del fermo di indiziato di delitto.

 

L'articolo 384 c.p.p. distingue fra presupposti applicativi e limiti legali o condizioni di applicabilità della misura pre-cautelare. Tali requisiti devono sussistere per l'applicabilità del fermo. Il presupposto del fermo è rappresentato dal fondato pericolo di fuga del gravemente indiziato. Tale presupposto, oltre al contesto di gravità indiziaria e ai limiti qualitativi (delitto concernente le armi da guerra e gli esplosivi o di un delitto commesso per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico) e quantitativi (delitti puniti con la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni) del delitto per cui si procede, permette al giudicante di applicare una misura cautelare a seguito del giudizio di convalida che può essere anche più tenue rispetto alla restrizione in carcere o alla detenzione presso l'abitazione. Il fermo è adottabile anche fuori dei casi di flagranza di reato e per delitti dolosi e colposi (comma 1).

 

Il nuovo comma 1-bis dell'articolo 384 c.p.p. prevede che, anche fuori dei casi di cui al comma 1 e di quelli di flagranza, il PM dispone, con decreto motivato, il fermo della persona gravemente indiziata di maltrattamenti in famiglia o di lesioni personali o stalking (artt. 572, 582, 612-bis c.p.) o di delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per il quale la legge prevede la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, quando:

·        sussistono specifici elementi per ritenere grave e imminente il pericolo che la persona indiziata commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale,

·        non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice.

 

In proposito nella relazione illustrativa si precisa: "Detta disposizione, nell’ottica di una pronta ed efficace tutela dell’incolumità della persona offesa, permette l’intervento tempestivo alla polizia giudiziaria qualora l’urgenza della situazione, valutata sulla base di specifici elementi, non consenta di attendere il provvedimento cautelare del giudice. La nuova misura viene prevista per categorie di reati, quali i maltrattamenti in famiglia, le lesioni e lo stalking, che normalmente preludono alla commissione di condotte criminose più gravi o comunque delitti commessi con minaccia e violenza, anch’essi sintomatici di una condotta aggressiva e violenta dell’autore, in ordine alla quale è necessario un intervento tempestivo per evitare che la vita o l’incolumità della persona offesa sia posta in pericolo con la commissione di delitti con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale".

 

 

La lett. b) inserisce nel comma 2 dell'articolo 384 c.p.p., il riferimento al nuovo comma 1-bis.

 

Il potere di disporre la misura pre-cautelare del fermo, ai sensi del comma 2 dell'articolo 384 c.p.p. è demandato in via principale al PM e in via subordinata e residuale alla polizia giudiziaria, di propria iniziativa prima che il PM abbia assunto la direzione delle indagini. Le ipotesi di fermo ad iniziativa della polizia giudiziaria presuppongono: o la carenza sulla scena investigativa dell'intervento del PM (e quindi la polizia giudiziaria è chiamata a svolgere un ruolo di supplenza dell'organo requirente) ovvero il versare in una situazione di urgenza investigativa sopravvenuta in base a specifici elementi tipizzati, quali il possesso di comenti di identificazione falsi, che impongano alla polizia giudiziaria di procedere immediatamente senza attendere l'intervento del PM (comma 3).

 

 

Codice di procedura penale

Codice di procedura penale

Come modificato dall'AS 2530

Articolo 384

(Fermo di indiziato di delitto)

Articolo 384

(Fermo di indiziato di delitto)

1. Anche fuori dei casi di flagranza, quando sussistono specifici elementi che, anche in relazione alla impossibilità di identificare l'indiziato, fanno ritenere fondato il pericolo di fuga, il pubblico ministero dispone il fermo della persona gravemente indiziata di un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni ovvero di un delitto concernente le armi da guerra e gli esplosivi o di un delitto commesso per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico.

1- Identico

 

1-bis. Anche fuori dei casi di cui al comma 1 e di quelli di flagranza, il pubblico ministero di-spone, con decreto motivato, il fermo della persona gravemente indiziata di uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 582, 612-bis del codice penale o di delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per il quale la legge prevede la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, quando sussistono specifici elementi per ritenere grave e imminente il pericolo che la persona indiziata commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice.

2. Nei casi previsti dal comma 1 e prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono al fermo di propria iniziativa.

 

2. Nei casi previsti dai commi 1 e 1-bis e prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono al fermo di propria iniziativa.

3. La polizia giudiziaria procede inoltre al fermo di propria iniziativa qualora sia successivamente individuato l'indiziato ovvero sopravvengono specifici elementi, quali il possesso di documenti falsi, che rendano fondato il pericolo che l'indiziato sia per darsi alla fuga e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del pubblico ministero.

3. Identico

 


Articolo 7
(Modifiche in materia di sospensione condizionale della pena)

 

 

L’articolo 7 interviene sulla disciplina della sospensione condizionale della pena nel caso di reati di violenza domestica.

 

 

Nel dettaglio l'articolo 7, comma 1, modifica il quinto comma dell'articolo 165 del codice penale.

 

Ai sensi del quinto comma dell'art. 165 c.p. (introdotto dall'articolo 6 della legge n. 69 del 2019, c.d. codice rosso e successivamente modificato dalla legge n. 1345 del 2021), la concessione della sospensione condizionale per i delitti, consumati o tentati, di violenza domestica e di genere, è sempre subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati. La norma, tuttavia, come sottolinea la relazione illustrativa, non individua alcuna istituzione pubblica che possa fornire al giudice la consulenza necessaria sia per individuare gli enti o le associazioni presso cui svolgere i programmi riabilitativi, sia per supervisionare l’effettivo svolgimento dei percorsi di recupero.

 

Il disegno di legge quindi, prevede che per individuare gli enti o le associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati reati di violenza domestica e di genere, nonché gli specifici percorsi di recupero previsti dalla stessa norma il giudice si avvalga degli uffici di esecuzione penale esterna. Si prevede inoltre che qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero, ivi compresa una sola assenza, costituisce inadempimento rilevante ai fini della revoca della sospensione, ai sensi dell’articolo 168, primo comma, n. 1, c.p.

 

L’istituzione e la diffusione di programmi di trattamento rivolti gli autori di violenza di genere è prevista dall’articolo 16 della Convenzione di Istanbul all’interno dell’asse “Prevenzione” (Capitolo III). Secondo la Convenzione, tali programmi hanno l’obiettivo prioritario di garantire la sicurezza, il supporto e i diritti umani delle donne vittime di violenza, attraverso interventi trattamentali volti ad aiutare gli autori a modificare attitudini e comportamenti violenti, nel quadro di un lavoro integrato con servizi specializzati nella prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne.

I programmi di trattamento rivolti agli autori di violenza si fondano sul principio secondo cui la violenza di genere è l’effetto di norme e credenze culturalmente costruite e socializzate che possono quindi essere disapprese. In questo senso gli obiettivi primari dei programmi per autori consistono nel raggiungimento della piena assunzione di responsabilità e consapevolezza delle conseguenze che la violenza agita ha sulle vittime, nonché nella riduzione del rischio di recidiva.

Con riguardo all'ordinamento italiano, l'art. 5, comma 2, lett. g) del decreto-legge 93/2013 (conv. legge n. 119 del 2013) prevede espressamente tra le finalità del Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, la promozione dello "sviluppo e l'attivazione, in tutto il territorio nazionale, di azioni, basate su metodologie consolidate e coerenti con linee guida appositamente predisposte, di recupero e di accompagnamento dei soggetti responsabili di atti di violenza nelle relazioni affettive, al fine di favorirne il recupero e di limitare i casi di recidiva".

Sul piano delle risorse gli interventi per il recupero degli uomini autori di violenza sono finanziati a valere sul Fondo per le politiche di pari opportunità.

Il decreto legge n. 104 del 2020 (articolo 26-bis) ha incrementato la dotazione di tale Fondo di un milione di euro a decorrere dall’anno 2020, in considerazione dell’estensione del fenomeno della violenza di genere anche in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, al fine di assicurare la tutela e la prevenzione della violenza di genere e specificamente per contrastare il fenomeno favorendo il recupero degli uomini autori di violenza. Le risorse stanziate sono destinate esclusivamente all’istituzione e al potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti.

Da ultimo la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022) all'articolo 1, comma 661 ha incrementato di 2 milioni di euro per il 2022 il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, per misure di recupero degli uomini autori di violenze. Le nuove risorse sono destinate, da un lato, all'istituzione e al potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti e al loro funzionamento (un milione di euro) e, dall'altro, ad attività di monitoraggio e raccolta dati (un milione di euro). La disposizione demanda inoltre ad un successivo decreto ministeriale la ripartizione delle risorse. Il comma 662 ha indicato inoltre quali siano i criteri e le modalità da seguire nella ripartizione tra le regioni e le province autonome delle risorse stanziate. Ai sensi del comma 663 i centri per il recupero degli uomini autori di violenza domestica e di genere possono essere costituiti da enti locali o associazioni, anche di concerto tra loro. Tali centri - come precisa il comma 664 - devono operare in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo al contempo conto delle necessità fondamentali per la protezione delle persone che subiscono violenza. I commi 665 e 666 delineano alcuni obblighi di relazione, delle regioni verso il Dipartimento Pari opportunità e del Governo verso il Parlamento. La legge di bilancio ha poi stanziato ulteriori 5 milioni di euro per il 2022 per l’istituzione e il potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti (art. 1, co. 669).

 

Sul tema del recupero degli uomini maltrattanti è opportuno segnalare che la Commissione di inchiesta, lo scorso 16 febbraio, ha approvato il Documento XXII-bis n. 8 - Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime.

 

 

Il comma 2 modifica l’art. 18-bis disp. att. c.p., in modo da prevedere che la sentenza, al momento del suo passaggio in giudicato, sia comunicata all’ufficio di esecuzione penale esterna, affinché lo stesso accerti l’effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e, nel caso di inadempimento di uno qualsiasi degli obblighi imposti, ne dia immediata comunicazione al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza, il quale attiverà conseguentemente il procedimento di esecuzione per la revoca della sospensione condizionale della pena, ex art. 168, primo comma, n. 1, c.p.. Per assicurare la tempestiva informazione in ordine ad eventuali inadempimenti si prevede, poi, che gli enti o le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero diano immediata comunicazione all’ufficio di esecuzione penale esterna di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero.

 

 

Codice penale

Codice penale

come modificato dall'AS 2530

Articolo 165

(Obblighi del condannato)

Articolo 165

(Obblighi del condannato)

La sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull'ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno; può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.

Identico

La sospensione condizionale della pena, quando è concessa a persona che ne ha già usufruito, deve essere subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti nel comma precedente.

Identico

La disposizione del secondo comma non si applica qualora la sospensione condizionale della pena sia stata concessa ai sensi del quarto comma dell'articolo 163javascript:wrap.link_replacer.scroll('5').

Identico

Nei casi di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321 e 322-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento della somma determinata a titolo di riparazione pecuniaria ai sensi dell'articolo 322-quater, fermo restando il diritto all'ulteriore eventuale risarcimento del danno.

Identico

Nei casi di condanna per il delitto previsto dall'articolo 575, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati.

Nei casi di condanna per il delitto previsto dall'articolo 575, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati. Al fine di individuare gli enti o le associazioni e gli specifici percorsi di recupero di cui al periodo precedente, il giudice si avvale degli uffici di esecuzione penale esterna. Qualsiasi violazione in-giustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero, ivi compresa una sola assenza, costituisce inadempimento rilevante ai fini della revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168, primo comma, n. 1.

Il giudice nella sentenza stabilisce il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti.

Identico

Nel caso di condanna per il reato previsto dall'articolo 624-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento integrale dell'importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa.

Identico

 

R.D. 28 maggio 1931, n. 601, recante disposizioni di coordina-mento e transitorie per il codice penale

R.D. 28 maggio 1931, n. 601, recante disposizioni di coordina-mento e transitorie per il codice penale come modificato dall'AS 2530

Articolo 18-bis

Articolo 18-bis

Nei casi di cui all'articolo 165 del codice penale il giudice dispone che il condannato svolga attività non retribuita a favore della collettività osservando, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 44, 54, commi 2, 3, 4 e 6, e 59 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274.

Identico

 

 

Nei casi di cui all'articolo 165 del codice penale il giudice dispone che il condannato svolga attività non retribuita a favore della collettività osservando, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 44, 54, commi 2, 3, 4 e 6, e 59 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274.

 


Articolo 8
(Modifiche in materia di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa)

 

 

L’articolo 8 estende la medesima disciplina penalistica prevista dall’articolo 387-bis c.p. per la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, anche alla violazione degli ordini di protezione emessi dal giudice in sede civile.

 

 

Più nel dettaglio il comma 1, lett. a), introduce un ulteriore comma nell'articolo 387-bis c.p. che punisce il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

 

L'art. 4 della legge n. 69 del 2019, la c.d. legge sul codice rosso, ha introdotto, all'articolo 387-bis c.p., il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.), del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter c.p.p.), nonché della violazione dell'ordine di allontanamento d'urgenza dalla casa familiare, disposto dalla polizia giudiziaria, su autorizzazione del PM (art. 384-bis c.p.p.). Il delitto, che dunque può essere consumato con condotte tra loro alternative, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. Per lo stesso delitto, l’art. 380, comma 2, lettera l-ter), c.p.p., come modificato dall’art. 2, comma 15, della legge 27 settembre 2021, n. 134, prevede l'arresto obbligatorio in flagranza.

L'introduzione di questa fattispecie incriminatrice, è opportuno rilevare, ottempera a un obbligo sovranazionale derivante dall'art. 53 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del 2011, la c.d. Convenzione di Istanbul.

 

Il nuovo comma aggiunto all'articolo 387-bis c.p. estende la disciplina ivi contemplata alla violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari di cui all’art. 342-ter, primo comma, c.c. emessi dal giudice in sede civile ovvero alla violazione di un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Gli ordini di protezione contro gli abusi familiari sono quei provvedimenti che il giudice, su istanza di parte, adotta con decreto per ordinare la cessazione della condotta del coniuge o di altro convivente che sia “causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente” (art. 342- bis c.c.). Gli ordini di protezione richiedono l’istanza della vittima, che può essere proposta anche dalla parte personalmente, con ricorso al tribunale del luogo di propria residenza o domicilio, che provvede in camera di consiglio in composizione monocratica. Il giudice provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo. In caso di urgenza, l’ordine di protezione può essere assunto dopo sommarie informazioni, con successiva udienza di comparizione delle parti entro un termine non superiore a quindici giorni in occasione della quale vi è la conferma, la modifica o la revoca dell'ordine di protezione.

Contro il decreto con cui il giudice adotta l'ordine di protezione o rigetta il ricorso, o conferma, modifica o revoca l'ordine precedentemente adottato, è ammesso reclamo al tribunale entro dieci giorni dalla comunicazione o della notifica del decreto, ai sensi dell’art. 739, comma II, c.p.c..

Ai sensi del comma 1 dell'articolo 342-ter c.c. con il decreto di cui all'articolo 342-bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d'origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.

 

La lett. b) del comma 1, conseguentemente alla modifica apportata all'articolo 387-bis c.p.p., interviene sul secondo comma dell'articolo 388 c.p.p., sopprimendo la parte in cui prevede che la violazione degli ordini di protezione civilistici sia sanzionata con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.

 

In proposito nella relazione illustrativa si precisa "Considerato che l’ordine di protezione contro gli abusi familiari di cui all’art. 342 ter, primo comma, c.c. presuppone una condotta pregiudizievole per l’integrità fisica o morale del coniuge o convivente e che viene emesso dal giudice all’esito di una compiuta istruttoria, appare ragionevole equiparare le conseguenze della violazione del predetto ordine emesso in sede civile a quelle previste per la violazione delle misure cautelari del divieto di avvicinamento o dell’obbligo di allontanamento: in entrambi i casi, infatti, l’autore della violazione ha posto previamente in essere una condotta ai danni del convivente tale da dover essere allontanato dall’abitazione (con eventuale prescrizione anche del divieto di avvicinamento) e ha poi dimostrato di non essere in grado di autodeterminarsi, eludendo il provvedimento dell’autorità giudiziaria".

 


 

 

Codice di procedura penale

Codice di procedura penale

Come modificato dall'AS 2583

Articolo 387-bis

(Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa)

Articolo 387-bis

(Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa)

Chiunque, essendovi legalmente sottoposto, violi gli obblighi o i divieti derivanti dal provvedimento che applica le misure cautelari di cui agli articoli 282-bis e 282-ter del codice di procedura penale o dall'ordine di cui all'articolo 384-bis del medesimo codice è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Identico

 

La stessa pena si applica a chi elude l'ordine di protezione previsto dall'articolo 342-ter, primo comma, del codice civile, ovvero un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

 

Articolo 388

 (Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice)

Articolo 388

 (Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice

Chiunque, per sottrarsi all'adempimento degli obblighi nascenti da un provvedimento dell'autorità giudiziaria, o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi all'autorità giudiziaria stessa, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi all'ingiunzione di eseguire il provvedimento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.

Identico

La stessa pena si applica a chi elude l'ordine di protezione previsto dall'articolo 342-ter del codice civile, ovvero un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ovvero ancora l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso  del credito.

La stessa pena si applica a chi elude l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito.

Omissis

 

 


Articolo 9
(Disposizioni urgenti in materia di comunicazione dei provvedimenti di estinzione, revoca o sostituzione delle misure coercitive)

 

 

L’articolo 9 inserisce due ipotesi di comunicazioni da effettuarsi in caso di estinzione, revoca o sostituzione di misure cautelari coercitive personali al questore ai fini delle valutazioni di competenza in materia di misure di prevenzione e al prefetto, ai fini dell’eventuale adozione di misure di vigilanza dinamica a tutela della persona offesa.

 

Più nel dettaglio, il comma 1 prevede che nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 4, lettera i-ter, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (si rinvia alla scheda relativa all'art.4), l’estinzione o la revoca delle misure di cui agli articoli 282-bis (allontanamento dalla casa familiare), 282-ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), 283 (divieto e obbligo di dimora), 284 (arresti domiciliari), 285 (custodia cautelare in carcere) e 286 (custodia cautelare in luogo di cura), c.p.p. nonché la loro sostituzione con misura meno grave siano comunicati al questore, ai fini delle valutazioni di competenza in materia di misure di prevenzione.

 

Il comma 2 stabilisce, poi, che nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 362, comma 1-ter, c.p.p.  - tentato omicidio ovvero, nelle forme consumate o tentate, maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne, violenza sessuale di gruppo, atti persecutori, nonché talune ipotesi aggravate di lesioni personali e deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso - l’estinzione o la revoca delle misure coercitive di cui al comma 1 ovvero la loro sostituzione con misura meno grave siano comunicati al prefetto ai fini dell’eventuale adozione, sulla base delle valutazioni espresse nell’ambito delle riunioni di coordinamento di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, di misure di vigilanza dinamica a tutela della persona offesa. Viene altresì prevista la revisione trimestrale delle misure adottate.

 

 Ai sensi del comma 2 dell'articolo 5 del decreto legge n. 83 del 2002 (conv. legge n. 133 del 2002) il prefetto convoca e presiede apposite riunioni di coordinamento, alle quali partecipano il questore ed i comandanti provinciali dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, nonché, con funzioni di segretario, il funzionario preposto all'Ufficio per la sicurezza, che cura la connessa attività preparatoria ed istruttoria. Per le questioni di sicurezza relative a magistrati partecipa anche il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello competente per territorio. Per la sicurezza di altre personalità, il prefetto può altresì invitare alle riunioni le autorità eventualmente interessate alla questione.

 


Articolo 10
(Provvisionale)

 

 

L'articolo 10 introduce e disciplina la possibilità di corrispondere in favore della vittima di taluni reati, ovvero degli aventi causa in caso di morte, in stato di bisogno, una provvisionale, ossia una somma di denaro liquidata dal giudice, come anticipo sull'importo integrale che le spetterà in via definitiva. La somma è corrisposta, su istanza presentata al prefetto, per i delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima, nonché per il delitto di deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso, commessi dal coniuge anche separato o divorziato o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

 

L'articolo 10 in esame introduce un nuovo articolo 13-bis alla legge 7 luglio 2016, n. 122 (legge europea 2015-2016) la quale, agli articoli 11 e seguenti, reca disposizioni in materia indennizzi in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, in attuazione della direttiva 2004/80/CE.

 

Il comma 1 dell'articolo 13-bis introduce la provvisionale in favore della vittima (o degli aventi causa in caso di sua morte) dei delitti, di cui all'articolo 12, comma 1, primo periodo, della medesima legge n. 122 del 2016. Si tratta, come già accennato, dei seguenti delitti:

§  omicidio;

§  violenza sessuale;

§  lesione personale gravissima, ai sensi dell'articolo 583, secondo comma, del codice penale; tale norma così qualifica la lesione personale quando la medesima provochi una malattia certamente o probabilmente insanabile, la perdita di un senso, la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della parola;  

§  deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso di cui all'articolo 583-quinquies del codice penale, il quale fa riferimento a lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso.

La disposizione si applica quando i suddetti delitti sono commessi dal coniuge anche separato o divorziato o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

La provvisionale si applica su richiesta della vittima o degli aventi causa che vengano a trovarsi in stato di bisogno ed è imputata nella liquidazione definitiva dell’indennizzo.

 

Il comma 2 dell'articolo 13-bis stabilisce che le condizioni per l'accesso alla provvisionale siano quelle previste dall’articolo 12, comma 1, lettere c), d) ed e) e comma 1-bis, della citata legge n. 122 del 2016 qui novellata, per l'accesso all'indennizzo, ivi disciplinato, in favore delle vittime di reati intenzionali violenti. Con tale rinvio alla disciplina dell'indennizzo, si prevedono le seguenti condizioni per l'accesso alla provvisionale:

§  la vittima non abbia concorso, anche colposamente, alla commissione del reato ovvero di reati connessi al medesimo, ai sensi dell'articolo 12 del codice di procedura penale[2] (art. 12, co. 1, lettera c));

§  la vittima non sia stata condannata con sentenza definitiva ovvero, alla data di presentazione della domanda, non sia sottoposta a procedimento penale per uno dei reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale e per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto (lettera d));

§  la vittima non abbia percepito, in tale qualità e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato, da soggetti pubblici o privati, somme di denaro di importo pari o superiore a quelle dovute in base alla legge (lettera e)).

 

Si specifica che, in caso di morte della vittima in conseguenza del reato, le medesime condizioni devono sussistere, oltre che per la vittima anche per gli aventi diritto (art. 12, comma 1-bis).

 

A tale riguardo, si segnala che il comma 1-bis dell'articolo 12, richiamato dalla disposizione in esame, fa riferimento anche alle ulteriori condizioni di cui alla lettera b) e alla lettera e-bis) del comma 1 del medesimo articolo 12[3]. Tali condizioni non sono richiamate dal comma 2 dall'art. 13-bis del disegno di legge in esame. Conseguentemente, dalla formulazione della disposizione del disegno di legge in esame, la condizioni di cui alle citate lettere b) e e-bis) sembrerebbero applicarsi agli aventi causa ma non alla vittima.

 

La lettera b) stabilisce, quale ulteriore condizione per l'accesso all'indennizzo, che la vittima abbia già esperito infruttuosamente l'azione esecutiva nei confronti dell'autore del reato per ottenere il risarcimento del danno dal soggetto obbligato in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una condanna a titolo di provvisionale, salvo che l'autore del reato sia rimasto ignoto.

La lettera e-bis) prevede che in caso la vittima abbia già percepito, in tale qualità e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato, da soggetti pubblici o privati, somme di denaro di importo inferiore a quello dovuto a titolo di indennizzo, l'indennizzo medesimo è corrisposto esclusivamente per la differenza.

 

Il comma 3 stabilisce che l'istanza per la provvisionale debba essere presentata al prefetto della provincia di residenza o della provincia ove è stato commesso il fatto. A pena di inammissibilità, l'istanza deve essere corredata dalla copia del provvedimento giurisdizionale di cui al comma 1 (lettera a) del comma 3); si valuti l'opportunità di esplicitare di quale provvedimento si tratti.

L'istanza dovrà essere altresì corredata da dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell'atto di notorietà:

1.      sull'assenza delle condizioni ostative di cui all'articolo 12, comma 1, lettere d) ed e), nonché sulla qualità di avente diritto ai sensi dell'articolo 11, comma 2-bis (lettera b) del comma 3); per quanto concerne le condizioni ostative richiamate, v. supra;

2.      attestante la situazione economica dell’istante e delle persone di cui all’articolo 433 del codice civile, ossia il coniuge; i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi; i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti; i generi e le nuore; il suocero e la suocera; i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali (lettera c) del comma 3).

La citata lettera c) del comma 3 prevede che si possa produrre il certificato attestante la situazione economica dell'istante o degli altri soggetti qui sopra indicati al punto n. 2.

 

Si rammenta che gli articoli 46 e 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) - espressamente richiamati dal presente comma 3 - disciplinano rispettivamente le dichiarazioni sostitutive di certificazioni e le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà.

L'art. 46 elenca gli stati, le qualità personali e i fatti che sono comprovati   con   dichiarazioni, anche contestuali all'istanza, sottoscritte dall'interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni. L'art. 47 stabilisce che l'atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato è sostituito da dichiarazione, resa e sottoscritta dal medesimo, da rendere con le modalità di cui all’art. 38 testo unico richiamato.

Il prefetto verifica la sussistenza dei requisiti, avvalendosi anche degli organi di polizia, entro sessanta giorni dal ricevimento dell’istanza (art. 13-bis, comma 4).

Ai sensi del comma 5 dell'art. 13-bis, sull'istanza relativa alla provvisionale, provvede il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati internazionali violenti provvede, entro centoventi giorni dalla presentazione della medesima istanza, acquisiti gli esiti dell’istruttoria dal prefetto.

Si tratta del Comitato che delibera circa la corresponsione delle somme del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 512 del 1999 (recante la disciplina concernente il Fondo medesimo, così rinominato dall'art. 11, comma 4, L. 11 gennaio 2018, n. 4). Tale art 3 della citata legge n. 512 del 1999, prevede che il Comitato sia presieduto dal Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso, nominato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, anche al di fuori del personale della pubblica amministrazione, tra persone di comprovata esperienza nell'attività di solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti. Il Comitato è composto: a) da un rappresentante del Ministero dell'interno; b) da due rappresentanti del Ministero della giustizia; c) da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico; d) da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze; e) da un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; f) da un rappresentante della Concessionaria di servizi assicurativi pubblici Spa (CONSAP), senza diritto di voto. Il Commissario ed i rappresentanti dei Ministeri restano in carica per quattro anni e l'incarico non è rinnovabile per più di una volta.

 

La provvisionale può essere assegnata in misura non superiore a un terzo dell’importo dell’indennizzo determinato secondo quanto disposto dal D.M. 31 agosto 2017 e, successivamente, dal D.M. 22 novembre 2019, emanati in attuazione dell’articolo 11, comma 3, della più volte citata legge n. 122 del 2016, recanti la determinazione degli importi dell'indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti.

L'art. 11, comma 3, della legge n. 122 demanda la determinazione degli indennizzi ad un decreto del Ministro dell'interno e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,  assicurando un maggior ristoro alle vittime dei reati di violenza sessuale e di omicidio e, in particolare, ai figli della vittima in caso di omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, comunque nel limite delle risorse stanziate con tali finalità.

 

Il comma 6 dell'art. 13-bis stabilisce che la provvisionale può essere richiesta nella fase delle indagini preliminari, sulla base degli atti del procedimento penale. In tal caso la provvisionale è concessa previo parere del pubblico ministero competente. Si applicano le medesime disposizioni qui sopra illustrale circa le modalità di richiesta e le condizioni per la corresponsione della medesima.

Il comma 7 stabilisce che in caso di mancata richiesta di indennizzo nei termini previsti (dall'art. 13, comma 2, della legge n. 122), ovvero quando la richiesta di indennizzo sia respinta o dichiarata inammissibile, il Comitato dichiara la decadenza dal beneficio della provvisionale e dispone la ripetizione di quanto erogato.

 


Articolo 11
(Tutela per le vittime di violenza domestica)

 

 

L'articolo 11 prevede che il prefetto possa adottare misure di vigilanza dinamica, in caso di pericolo di reiterazione della condotta in relazione a taluni reati commessi in ambito di violenza domestica, a particolare tutela della vittima.

 

Più nel dettaglio l'articolo 11 introduce nel decreto-legge n. 93 del 2013in materia di sicurezza personale (convertito dalla legge n. 119 del 2013) un nuovo articolo 3.1, rubricato "Particolari tutele per le vittime di violenza domestica".

Tale articolo 3.1 stabilisce che l'organo di polizia che procede a seguito di denuncia o querela per reati commessi in ambito di violenza domestica, informa il prefetto ove rilevi elementi, concreti e rilevanti, di pericolo di reiterazione della condotta, all'esito dei primi accertamenti compiuti.

Il prefetto può quindi disporre misure di vigilanza dinamica all'esito delle valutazioni effettuate nell'ambito delle riunioni di coordinamento convocate dal prefetto medesimo, disciplinate dall'art. 5, comma 2, del citato decreto-legge n. 83 del 2002 (si rinvia in proposito alla scheda relativa all'articolo 9).

 

Le misure di sorveglianza di vigilanza dinamica così deliberate dal prefetto sono sottoposte a revisione trimestrale.

 

Riguardo ai reati, la disposizione fa riferimento ai fatti riconducibili ai reati di cui all’articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale. Tale comma 1-ter, come modificato dall'art. 2, comma 11, della legge n. 134 del 2021[4], reca disposizioni a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte con legge n. 69 del 2019 (c.d. Codice rosso). Esso si applica alle seguenti fattispecie delittuose:

§  maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.);

§  violenza sessuale, aggravata e di gruppo (artt. 609-bis, 609-ter e 609-octies c.p.)

§  atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.);

§  corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.);

§  atti persecutori (art. 612-bis c.p.);

§  lesioni personali aggravate da legami familiari e deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 582 e art. 583-quinquies aggravati ai sensi dell'art. 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell'art. 577, primo e secondo comma);

§  i reati qui sopra elencati, in forma tentata,

§  omicidio (art. 575 c.p.), in forma tentata.

 

Si ricorda che il citato art. 362, comma 1-ter c.p.p. stabilisce che il pubblico ministero assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell'interesse della persona offesa.

 


Articolo 12
(Arresto in flagranza differita)

 

 

L’articolo 12 prevede la possibilità dell'arresto, anche fuori dei casi di flagranza (in cui l'arresto è obbligatorio), non oltre quarantotto ore dal fatto per colui che viola i provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

 

Più nel dettaglio il comma unico dell'articolo 12 prevede che nei casi di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis c.p.), si considera comunque in stato di flagranza colui che, sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore. L'arresto deve essere compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto. Occorre precisare che l'arresto in flagranza differita risulterebbe consentito, in ragione della modifica apportata all'articolo 387-bis c.p. dall'articolo 8 del disegno di legge (si veda scheda di lettura), anche nei casi di violazione degli ordini di protezione o di analoghi provvedimenti adottati in sede civile.

 

 

L'articolo 382 c.p.p. descrive lo stato di flagranza in chi viene colto nell'atto di commettere il reato (il c.d. effetto sorpresa), mentre attribuisce lo stato di quasi flagranza in chi subito dopo il reato è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone, ovvero è sorpreso con cose e tracce dalle quali appaia che egli abbia compiuto il reato immediatamente prima. Ai fini dell'arresto vi è equivalenza normativa tra flagranza e quasi flagranza.

La flagranza «differita» è un istituto giuridico, di creazione legislativa, per il quale, sulla base di documentazione video-fotografica o di altri evidenti elementi indiziari di natura oggettiva, viene considerato in stato di flagranza l’autore di un reato per il tempo necessario alla sua identificazione, entro un limite stabilito dalla legge.  In particolare si tratta di un istituto che ha trovato applicazione - come ricorda la stessa relazione illustrativa - nell'ambito della disciplina per il contrasto del fenomeno della violenza in occasione di manifestazioni sportive e calcistiche come prevista dalla legge n. 401 del 1989.

Al riguardo occorre ricordare che l’arresto in flagranza differita - introdotto nell’ordinamento dal D.L. n. 28 del 2003 - è disciplinato dall’art. 8, comma 1-ter, della citata legge n. 401 del 1989.Nei casi di reati commessi con violenza alle persone o alle cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto ai sensi degli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, quando non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, si considera comunque in stato di flagranza ai sensi dell'articolo 382 c.p.p. colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro 48 ore dal fatto. L'arresto è, inoltre, consentito in caso di violazione del divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive (Daspo). Il decreto-legge n. 14 del 2017, inoltre, ha consentito l’arresto in flagranza differita (art. 10, comma 6-quater) anche nel caso di reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, per i quali è obbligatorio l'arresto, quando non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica; anche in questo caso si procede all’identificazione del responsabile sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto e l’autore.

Lo strumento dell’arresto differito - anche a seguito dei numerosi dubbi di legittimità costituzionale (legati alla nozione di flagranza, che presuppone uno stretto collegamento con la commissione del fatto-reato) – è stato introdotto in entrambi i casi in via transitoria: originariamente la misura poteva essere applicata fino al 30 giugno 2005, termine poi prorogato più volte con provvedimenti d’urgenza, fino al differimento al 30 giugno 2020 previsto dal decreto-legge n. 14 del 2017 (art. 10, comma 6-ter). Da ultimo l’articolo 15 del decreto legge n. 53 del 2019 ha "stabilizzato" nel nostro ordinamento l’istituto dell’arresto in flagranza differita per i reati violenti commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto; per i reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, per i quali è obbligatorio l’arresto.

 

 

 


Articolo 13
(Clausola di invarianza finanziaria)

 

 

L’articolo 13 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

L’articolo 13 reca la clausola di invarianza finanziaria secondo la quale dall’attuazione del presente provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, potendo le amministrazioni interessate far fronte agli adempimenti connessi alle attività previste dal provvedimento con le risorse umane, strumentale e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 



Gli altri disegni di legge

 

a.   A.S. 1564 (Valente e altri) "Modifiche al codice di procedura penale e ulteriori disposizioni di contrasto alla violenza domestica e di genere"

 

Il disegno di legge n. 1564, di iniziativa delle senatrici Valente, Maiorino e altri, nasce dall'esigenza di apportare modifiche migliorative alla legge n. 69 del 2019 la c.d. legge sul Codice rosso, disponendo ulteriori misure di carattere preventivo al fine di meglio tutelare la vittima nelle fasi preliminari delle indagini, laddove più esposta all'accanimento vendicativo del suo persecutore.

 

E' appena il caso di ricordare che proprio recentemente (sentenza resa in data 6 aprile sul ricorso n. 10929/19) la Corte di Strasburgo ha condannato l'Italia per violazione dell'articolo 2 della Convenzione EDU per l'inerzia, la mancata valutazione del rischio e l'assenza di misure preventive e di protezione nei confronti di una donna vittima di violenza domestica.  Secondo il giudice europeo, le inefficienze del nostro sistema, nonostante l'adeguatezza degli strumenti normativi, non sono riusciti ad assicurare una protezione effettiva alla ricorrente.

 

Nel dettaglio il provvedimento consta di sei articoli.

L'articolo 1 modifica l'articolo 380 c.p.p. prevedendo che si possa procedere all'arresto obbligatorio in flagranza anche per il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

E' opportuno rilevare che tale previsione sia stata già introdotta dalla legge n. 134 del 2021.

 

L'articolo 2 prevede che anche fuori dai casi di flagranza e delle ipotesi che consentono il fermo dell'indiziato (art. 384 c.p.p.) il PM disponga, con decreto motivato, il fermo della persona gravemente indiziata dei delitti di maltrattamenti e di stalking, quando sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa.

Si tratta di una previsione che in larga parte ricalca quanto previsto dall'articolo 6 dell'A.S. 2530.

 

L'articolo 3 prevede che nel disporre la misura dell'allontanamento dalla casa familiare il giudice, ove le ritenga necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescriva le modalità di controllo mediante braccialetto elettronico (ex art. 275-bis c.p.p.). Qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione del braccialetto elettronico, il giudice dispone l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere.

Si veda in proposito quanto previsto dall'articolo 2 dell'A.S. 2530.

 

L'articolo 4 dispone che quando si procede per i delitti previsti dagli articoli 572 (maltrattamenti contro familiari e conviventi), 387-bis, 609-bis (violenza sessuale), 609-quater (atti sessuali con minorenne), 609-quinquies (corruzione di minorenne), 609-octies (violenza sessuale di gruppo) e 612-bis (atti persecutori) del codice penale, il PM, assunte le informazioni ai sensi dell'articolo 362 c.p.p., trasmette gli atti al prefetto al fine di valutare l'adozione di eventuali misure di protezione.

Con riguardo alle misure di vigilanza dinamica che possono essere adottate dal prefetto si rinvia alle schede relative agli articoli 9 e 11 dell'A.S. 2530.

 

L'articolo 5 reca la clausola di invarianza finanziaria. L'articolo 6 disciplina infine l'entrata in vigore.

 

b.   A.S. 1770 (Maiorino e altri) "Istituzione dei centri di ascolto per uomini maltrattanti e disposizioni concernenti la procedura di ammonimento da parte del questore"

 

Il disegno di legge n. 1770, d'iniziativa dei senatori Maiorino e altri, si compone di tre articoli.

 E' opportuno rilevare che l'iter d'esame del disegno di legge (congiuntamente all'AS 1868, vedi infra) è stato avviato il 15 febbraio 2022.

L'articolo 1 del disegno di legge istituisce e disciplina i centri di ascolto per uomini maltrattanti, ricalcando in larga parte il contenuto dell'AS 1868 (vedi amplius infra). L'articolo incrementa (in proposito è opportuno ricordare che l'ultima legge di bilancio, la legge n. 234 del 2021, ha incrementato le risorse del Fondo proprio per tali finalità) il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di 1 milione di euro per l'anno 2020 e di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, destinando tali risorse esclusivamente alla creazione dei centri di ascolto per uomini maltrattanti. La disposizione disciplina i centri di ascolto, delineando poi la procedura per la ripartizione delle risorse.

L'articolo 2 reca una serie di modifiche al decreto-legge n. 93 del 2013 inserendo i centri per uomini maltrattanti all'interno del percorso indicato dal questore all'atto della procedura di ammonimento al fine non solo di indirizzare il soggetto autore della violenza domestica o di genere verso una compiuta rivalutazione comportamentale ma anche di abbattere i rischi di recidiva. La disposizione prevede inoltre l'applicabilità di un'aggravante nei casi in cui i delitti di percosse e lesioni di lieve entità siano posti in essere da soggetti già ammoniti; modificando nel contempo il regime di procedibilità – rendendola d'ufficio – nei casi in cui tali delitti siano commessi da soggetti già ammoniti.

Infine l'articolo 3 reca una serie di modifiche all'articolo 8 del d.l. n. 11 del 2009 in materia di ammonimento del questore nei confronti degli autori del reato di stalking. Il disegno di legge prevede che il questore possa non solo adottare i provvedimenti in materia di armi e munizioni disponendo anche l'obbligo di presentarsi almeno due volte a settimana presso il locale ufficio della Polizia di Stato o presso il comando dell'Arma dei carabinieri territorialmente competente, ma anche richiedere al prefetto del luogo di residenza del destinatario dell'ammonimento l'applicazione della misura della sospensione della patente di guida per un periodo da uno a tre mesi.

Per quanto concerne l'ammonimento, si veda anche la scheda sull'articolo 1 dell'A.S. n. 2530.

 

c.    A.S. n. 1868 (Conzatti e altri), "Interventi per il potenziamento delle misure a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, al fine di favorire il recupero degli uomini autori di violenza domestica e di genere"

 

L'articolo 1, comma 1, del disegno di legge n. 1868 - che come detto ricalca quanto previsto dall'articolo 1 dell'A.S.1770 (vedi supra)- istituisce il Fondo per i centri per il recupero degli uomini autori di violenza domestica e di genere presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. A tale fondo è destinata una quota a valere sul fondo unico giustizia (FUG) pari a un milione di euro per il 2020 e a 3 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022. La finalità espressamente indicata della disposizione è quella di contrastare il fenomeno della violenza domestica e di genere, favorendo il recupero degli uomini autori di violenza, allo scopo di assicurare la tutela delle vittime. Il comma 2 demanda il riparto annuale delle risorse del fondo tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ad un decreto del Ministro delegato per le pari opportunità, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Il riparto è effettuato tenendo conto:

a)     della programmazione e degli interventi già operativi, nelle regioni e province autonome, in materia di violenza e di recupero degli uomini autori di violenza, anche in considerazione delle misure adottate per garantire la sicurezza delle vittime, con particolare riferimento alle misure inerenti alla vittimizzazione secondaria o ripetuta, all'intimidazione e alle ritorsioni;

b)     del numero dei centri già presenti per il recupero degli uomini autori di violenza domestica e di genere, o degli enti comunque qualificati aventi tale finalità, nelle regioni e province autonome, al fine di rendere omogenea la loro presenza a livello nazionale;

c)      della necessità di assicurare la continuità dell'operatività e la standardizzazione degli interventi da parte dei soggetti che gestiscono i centri e gli altri enti, al fine di assicurarne l'uniformità;

d)     dell'istituzione di corsi di formazione e aggiornamento professionale, ovvero del potenziamento di quelli esistenti, indirizzati agli operatori dei centri, in coerenza con quanto stabilito dalle precedenti lettere a), b) e c); in particolare la formazione dovrà essere informata ad un approccio integrato, che riconosca le diverse manifestazioni della violenza, a livello relazionale, fisico, psicologico, sociale, sessuale, culturale ed economico;

e)      della quota di contribuzione al finanziamento dei percorsi di recupero, come disciplinati dagli articoli 2 e 3 e secondo quanto stabilito dall'articolo 4 del presente disegno di legge (v. infra).

I centri (comma 3) possono essere istituiti da enti locali, anche in forma associata ovvero da associazioni aventi come scopo sociale le attività di recupero degli uomini autori di violenza, con personale formato e con competenze specifiche. Enti locali e associazioni possono istituire i centri di concerto, anche in forma consorziata.

Inoltre (comma 4) i centri per il recupero degli uomini autori di violenza domestica e di genere operano in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali e con la rete integrata dei centri antiviolenza e delle case-rifugio (di cui all'art. 5-bis, comma 4, del DL n. 93/2013, come convertito dalla legge n. 119/2013). La disposizione specifica che si deve tener conto delle necessità fondamentali per la protezione delle persone che subiscono violenza, anche nello svolgimento di funzioni di servizio specialistico.

Ai sensi del comma 5 le regioni e le province autonome presentano, con cadenza annuale, entro il 30 marzo, una relazione sulle attività svolte a valere sulle risorse del Fondo per i centri per il recupero degli uomini autori di violenza domestica e di genere, ad esse destinate. Le relazioni sono presentate al Ministro delegato per le pari opportunità.

Sulla base delle informazioni contenute nelle relazioni presentate dalle regioni, entro il 30 giugno di ogni anno il medesimo Ministro presenta alle Camere una relazione sull' utilizzo delle risorse del Fondo (comma 6).

Con riguardo alla disposizione in esame è opportuno segnalare che essa ricalca in larga parte il contenuto dei commi 661 - 667 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2022.

 

L'articolo 2, comma 1, del disegno di legge in esame, prevede che si applichino le misure di prevenzione personali disposte dal questore ai soggetti che siano da ritenersi, sulla base di elementi di fatto, autori di violenza domestica e di genere. Tali misure di prevenzione sono disciplinate dal codice antimafia e della prevenzione (d.lgs. n. 159/2011, capo I del titolo I del libro I).

Il comma 2, proponendo l'introduzione di un nuovo comma 2-bis all'articolo 8 del DL n. 11/2009, convertito dalla legge n. 38/2009, prevede che il questore obblighi alla partecipazione a percorsi di recupero (di cui all'art. 165, quinto comma, del codice penale) il soggetto destinatario di ammonimento per azioni di violenza domestica o di genere.

Si ricorda che il quinto comma dell’art. 165 c.p. prevede, in caso di condanna per determinati delitti (tra i quali figurano talune fattispecie riconducibili alla violenza domestica e di genere), che la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero dei soggetti condannati per i medesimi reati.

Il comma 2 in esame specifica, inoltre, che tali percorsi di recupero debbano avere durata non inferiore a otto mesi e partecipazione agli incontri almeno settimanale. L'avvio del percorso, la presa in carico del soggetto nonché l'attestazione dell'effettiva partecipazione, devono essere obbligatoriamente notificati all'ufficio del questore. Dovrà altresì essere notificata ogni eventuale riscontrata anomalia riscontrata nell'ambito della partecipazione al percorso di recupero. In caso di mancata attestazione o di valutazione negativa all'esito della partecipazione, il questore propone la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza o, qualora lo si ritenga opportuno a tutela della vittima, di una delle altre misure previste dal codice antimafia e della prevenzione.

 

L'articolo 3 propone l'inserimento dell'articolo 282-quater al codice di procedura penale. Vi si prevede che il giudice, qualora si proceda per delitti di violenza di genere e domestica, prescriva all'imputato, destinatario di misure cautelari, la partecipazione a percorsi di recupero ai sensi del citato art. 165, quinto comma, del codice penale. In analogia a quanto stabilito dall'articolo 2, la durata minima richiesta è di otto mesi, con frequenza almeno settimanale. La violazione degli obblighi di frequenza e la valutazione negativa configura trasgressione agli obblighi imposti da misura cautelare, ai sensi dell'art. 276 c.p.p. In caso di cessazione o revoca delle misure cautelari disposte in relazione ai medesimi delitti, l'obbligo di partecipazione ai percorsi decade, anche in anticipo al periodo minimo prescritto di otto mesi.

 

Per quanto concerne gli oneri relativi alla partecipazione ai percorsi di recupero in esame, l'articolo 4, comma 1, prevede il versamento di un contributo da parte del soggetto ammonito o destinatario delle misure cautelari. Ai sensi del comma 2, il decreto del Ministro delegato per le pari opportunità previsto dall'articolo 1, comma 2, del presente disegno di legge, stabilisce l'entità del contributo nonchè le modalità attraverso le quali il contributo medesimo diviene ulteriore fonte di finanziamento dei centri di recupero degli uomini autori di violenza. Il comma 3 stabilisce che si debba tenere conto della situazione personale dei soggetti tenuti al versamento. Si prevede, in particolare, l'esenzione dal versamento in favore dei soggetti che hanno i requisiti per l'accesso al gratuito patrocinio. A tal fine si tiene conto del solo reddito personale, in conformità a quanto previsto dal comma 4 del citato art. 76.

Tale comma 4 stabilisce che nella determinazione del reddito (che non deve superare il limite di 11.746,68 euro per essere ammessi al gratuito patrocinio) si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi.

 

L'articolo 5 assegna un milione di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022 al finanziamento dei percorsi di trattamento psicologico per i condannati in relazione ai reati di violenza sessuale, maltrattamento di familiari e conviventi o per atti persecutori. Si tratta dei soggetti individuati dall'art. 13-bis della legge n. 354/1975. La definizione dei criteri di ripartizione di tali somme tra gli enti e gli istituti penitenziari interessati delle risorse in oggetto è demandata ad un decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro delegato per le pari opportunità, in coerenza con quanto stabilito dall'articolo 1 del presente provvedimento.

L'art. 13-bis citato fa riferimento ai reati di cui agli articoli 600-bis e 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 (pornografia virtuale), 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile), nonché 609-quater (atti sessuali con minorenne), 609-quinquies (corruzione di minorenne) e 609-undecies (concernente la comunicazione al tribunale per i minorenni per taluni delitti, ivi compresi i delitti qui menzionati); nonché agli articoli 572, 583-quinquies, 609-bis, 609-octies e 612-bis del codice penale.

 

d.  A.S. n. 1885 (Nencini e altri), "Modifiche alle disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere"

 

L'articolo 1 del disegno di legge A.S. n. 1885 introduce un nuovo comma all'art. 572 del codice penale. Tale comma aggiuntivo prevede la sospensione temporanea della potestà genitoriale per il soggetto indagato per il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi o di violenza assistita nei confronti di minorenne. Tale sospensione dura dall'avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis del codice di procedura penale) fino alla pronuncia della sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere. Si prevede la trasmissione degli atti del procedimento al tribunale dei minorenni, che assume i provvedimenti più opportuni nell'interesse del minore.

L'articolo 2 prevede il gratuito patrocinio per le vittime di lesioni in ambito familiare e domestico. A tal fine esso propone l'inserimento del reato di lesione personale (art. 582 c.p.), ove commesso in ambito domestico e familiare, nell'elenco dei delitti di cui all'art. 76, comma 4-ter, del testo unico sulle spese di giustizia (di cui al d.lgs. n. 115/2002). Il citato comma 4-ter stabilisce che la persona vittima dei reati ivi elencati può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito, fissati dal medesimo testo unico.

 

L'articolo 3 propone novelle all'art. 165, quinto comma, del codice penale. Esso prevede, in caso di condanna per determinati delitti (tra i quali figurano talune fattispecie riconducibili alla violenza domestica e di genere), che la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero dei soggetti condannati per tali reati. Con le novelle in esame, si stabilisce che la sospensione condizionale sia subordinata non solo alla partecipazione al percorso di recupero, ma anche alla valutazione dell'esito di tale partecipazione da parte del giudice dell'esecuzione. Di tale esito, prosegue il testo come novellato, riferisce al giudice dell'esecuzione l'ente o l'associazione che ha gestito percorso di recupero.

 

L'articolo 4 dispone in ordine alla partecipazione della persona offesa nel procedimento di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva in relazione ai reati di violenza alla persona. A tal fine, esso propone novelle all'articolo 309, comma 8, del codice di procedura penale. Tale articolo 309 stabilisce, al primo comma, che l'imputato può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, dell'ordinanza che dispone una misura coercitiva, entro dieci giorni dalla esecuzione o notificazione del provvedimento. Tale facoltà non è prevista per le ordinanze emesse a seguito di appello del pubblico ministero. Il tribunale territorialmente competente, in composizione collegiale, decide su tale richiesta (settimo comma). Ai sensi dell'ottavo comma, il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio e l'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero e, entro lo stesso termine, all'imputato ed al suo difensore. Secondo la novella in esame, relativamente, come detto, ai reati di violenza alla persona, tale avviso è notificato, entro i medesimi termini personali, alla persona offesa e al difensore, ove nominato. Conseguentemente, la facoltà di esaminare e di estrarre copia degli atti depositati in cancelleria fino al giorno dell'udienza, riconosciuta al difensore dell'imputato, viene estesa al difensore della persona offesa, ove nominato.

 

L'articolo 5 propone l'inserimento di un nuovo articolo 5-bis nella legge n. 69 del 2019. Tale disposizione aggiuntiva reca disciplina concernente corsi di formazione destinati agli operatori dei servizi sociali in relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati di violenza domestica e di genere o che intervengono nei trattamenti penitenziari delle persone condannate per i medesimi reati. La disposizione prevede che il Ministero della giustizia attivi tali corsi di formazione, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni e sentito il Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizioni. Si prevede che la formazione sia obbligatoria per il personale individuato dalle amministrazioni interessate. Si demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione, dell'interno, della giustizia e della difesa, la definizione di contenuti dei corsi, al fine di assicurarne l'omogeneità.

Riguardo all'individuazione delle fattispecie di reato, la disposizione in esame fa riferimento agli articoli 1, 2 e 3 della citata legge n. 69/2019.

Si tratta dei reati di cui ai già menzionati articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis e 612-ter del codice penale, ovvero dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del medesimo codice penale.

 

 

e.    A.S. n. 2377 (Casolati), "Modifica alla legge 19 luglio 2019, n. 69, in materia di maltrattamenti contro familiari e conviventi"

 

Il disegno di legge A.S. n. 2377, proponendo una modifica all'articolo 9 della legge n. 69 del 2019, reca una novella all'articolo 572 del codice penale. Vi si prevede che nei casi di maltrattamenti contro familiari e conviventi, ivi disciplinati, sia consentito l'arresto obbligatorio in flagranza di reato, ai sensi dell'articolo 380 del codice di procedura penale. Si prevede altresì l'arresto in flagranza in caso di violazione del divieto di avvicinamento alla persona offesa (art. 387-bis c.p.).

Nei casi qui menzionati, qualora non si possa procedere all'arresto immediato per motivi legati alla salvaguardia della persona offesa, si considera in stato di flagranza la persona che risulti autore del fatto, sulla base di indizi di colpevolezza concludenti, dai quali il fatto emerga in maniera inequivocabile. In tali casi, l'arresto deve comunque essere eseguito entro 48 ore dalla commissione del reato.

La novella mira, quindi, ad introdurre l'istituto dell'arresto in flagranza differita per i delitti di violazione del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa e di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori, previsti rispettivamente dagli articoli 387-bis e 572 del codice penale.

Dal punto di vista redazionale, si valuti l'opportunità di riferire la novella direttamente all'art. 572 del codice penale, in luogo della modifica all'articolo 9 della legge n. 69 del 2019.

Si segnala che il disegno di legge A.S. n. 2530 all'articolo 12, reca disciplina sull'arresto in flagranza differita, al ricorrere di determinate condizioni, nei confronti della persona che viola i provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa di cui all'art. 387-bis del codice penale.

 



[1] La legge n. 69 del 2019 (c.d. legge sul codice rosso) ha inserito il delitto di cui all'articolo 572 c.p. nell'elenco dei reati che consentono nei confronti degli indiziati l'applicazione di misure di prevenzione.

[2] Art. 12. Casi di connessione: "1. Si ha connessione di procedimenti: a) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro, o se più persone con condotte indipendenti hanno determinato l'evento; b) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso; c) se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri o in occasione di questi ovvero per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità".

[3] Si rammenta, inoltre, che la condizione di cui alla lettera a) del comma 1 risulta abrogata (dall'art. 6, comma 1, lett. a), della legge n. 167 del 2017).

[4] "Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari".