Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2020/584/GAI, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri
Riferimenti: SCH.DEC N.201/XVIII
Serie: Atti del Governo   Numero: 201
Data: 11/11/2020
Organi della Camera: II Giustizia

 


 

 

XVIII LEGISLATURA

 

 

Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2020/584/GAI, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

 

A.G. 201

 

11 novembre 2020

 

 

 

 

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Dossier n. 310

 

 

 

 

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Atti del Governo n. 201

 

 

 

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I N D I C E

 

 

 

 

Lo schema di decreto legislativo. 5

La decisione quadro 2002/584/GAI 7

La norma di delega. 13

Schede di lettura. 19

Articolo 1 (Disposizioni di principio e definizioni) 21

Articolo 2 (Diritti fondamentali e garanzie costituzionali) 28

Articolo 3 (Contenuto del mandato di arresto europeo) 32

Articolo 4 (Casi di doppia punibilità) 40

Articolo 5 (Consegna obbligatoria) 44

Articolo 6 (Ricezione del mandato d'arresto e misure cautelari) 52

Articolo 7 (Inizio del procedimento) 58

Articolo 8 (Arresto ad iniziativa della polizia giudiziaria) 62

Articolo 9 (Convalida dell'arresto) 64

Articolo 10 (Consenso alla consegna) 68

Articolo 11 (Informazioni e accertamenti integrativi) 73

Articolo 12 (Decisione sulla richiesta di esecuzione) 75

Articolo 13 (Motivi di rifiuto obbligatorio della consegna) 80

Articolo 14 (Motivi di rifiuto facoltativo della consegna) 89

Articolo 15 (Decisioni pronunciate in absentia - Garanzie richieste allo Stato membro di emissione in casi particolari) 95

Articolo 16 (Ricorso per cassazione) 102

Articolo 17 (Termine per la decisione e provvedimenti in ordine alle misure cautelari) 108

Articolo 18 (Consegna della persona. Sospensione della consegna.) 113

Articolo 19 (Principio di specialità) 117

Articolo 20 (Abrogazione di norma transitoria) 120

Articolo 21 (Modalità di trasmissione degli atti tra uffici giudiziari) 122

Articolo 22 (Abrogazione dell'articolo 21 della legge n. 69) 125

Articolo 23 (Norma transitoria) 127

Articolo 24 (Clausola di invarianza finanziaria) 128


 

 

Lo schema di decreto legislativo

 

 

Lo schema in esame, adottato in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 6 della legge di delegazione europea 2018 (vedi infra), si compone di 24 articoli. Su di esso le Commissioni giustizia di Senato e Camera sono chiamate ad esprimere parere entro il 12 dicembre 2020.

 

Tale provvedimento è stato predisposto, tenendo conto - come precisa la relazione illustrativa - delle raccomandazioni formulate nel rapporto sull'Italia 2009 e delle risultanze della successiva Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione della decisione quadro (amplius nel paragrafo relativo alla decisione quadro).

 

Lo schema si propone di ovviare sostanzialmente alle criticità rilevate con riguardo alla legge n. 69 del 2005 (di implementazione interna della decisione quadro) ed in particolare in relazione alla disciplina della procedura passiva di esecuzione del mandato di arresto europeo.

 

Nello specifico il provvedimento in esame:

·       apporta una serie di modifiche alle disposizioni della legge n. 69 che impongono - secondo quanto previsto nell'ambito delle procedure estradizionali (ma non in linea con quanto richiesto dalla decisione quadro) - alle Autorità giudiziarie dello Stato di emissione l'invio di provvedimenti e atti ulteriori rispetto al mandato di arresto europeo (si vedano a tal proposito le modifiche apportate dallo schema agli articoli 3, 6 e 7 della legge n.69);

·       interviene, al fine di dare piena esecuzione al principio del mutuo riconoscimento, sulla disciplina relativa ai casi di esclusione della verifica della doppia punibilità (si vedano le modifiche agli articoli 4, 5 e 20); ai motivi di rifiuto (obbligatorio o facoltativo) dell'esecuzione del mandato di arresto (si vedano a tal proposito le modifiche apportate dallo schema agli articoli 3, 12, 13, 14 e 15);

·       ridefinisce la tempistica della procedura passiva di esecuzione del mandato, intervenendo anche sulla disciplina cautelare (si vedano a tal proposito le modifiche apportate dallo schema agli articoli 6, 12, 16 e 18);

·       in attuazione di uno specifico criterio di delega, modifica la legge del 2005 al fine di superare i contrasti giurisprudenziali relativi all'applicazione dell'articolo 31 della decisione quadro "Relazioni con gli altri strumenti giuridici" (si vedano a tal proposito le modifiche apportate dallo schema all'articolo 1, lett.d).


La decisione quadro 2002/584/GAI

 

 

L’approvazione da parte del Consiglio della UE della decisione quadro  2002/584/GAI si inquadra nell’ambito delle iniziative dirette alla creazione di uno «spazio giudiziario di libertà, sicurezza e giustizia» (c.d. terzo pilastro) e costituisce una delle prime applicazioni del principio di reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie da parte degli Stati membri, affermato nella Convenzione di Bruxelles del 29 maggio 2000 sull’assistenza giudiziaria in materia penale.

La necessità del provvedimento trova giustificazione nella esigenza di superare ed eliminare la complessa e lunga procedura di estradizione, ritenuta inadeguata in relazione alla esistenza di uno spazio senza frontiere, caratterizzato da un alto livello di fiducia e di cooperazione reciproca tra gli Stati dell’Unione.

Nelle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere dell'ottobre 1999 si invitavano gli Stati membri a fare del principio del reciproco riconoscimento il fondamento di un vero spazio giudiziario europeo, affermando espressamente - per la prima volta - che «la procedura formale di estradizione deve essere abolita tra gli Stati membri, per quanto riguarda le persone che si sottraggono alla giustizia dopo essere state condannate definitivamente, ed essere sostituita dal semplice trasferimento di tali persone in conformità con l'art. 6 del Trattato».

In questo ambito si iscrive la decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato d’arresto europeo, nella cui premessa (considerando n. 5) si afferma che “un nuovo sistema semplificato di consegna delle persone condannate o sospettate, al fine dell'esecuzione delle sentenze di condanna in materia penale o per sottoporle all'azione penale, consente di eliminare la complessità e i potenziali ritardi inerenti alla disciplina attuale in materia di estradizione”.

Secondo tale modello, la cooperazione giudiziaria nell'ambito dei paesi aderenti all'Unione si deve fondare sulla libera circolazione, in un clima di reciproca fiducia, dei provvedimenti emanati dall'autorità giudiziaria competente in conformità alla propria legislazione, costituenti titoli idonei a produrre effetti anche nel territorio di Stati diversi da quello nel quale sono stati adottati. In applicazione di tale principio, eliminata la fase politico-amministrativa che caratterizzava la disciplina sull'estradizione, l'esecuzione del mandato di arresto avviene attraverso contatti diretti tra le autorità giudiziarie nazionali, individuate sulla base degli ordinamenti statali. Il mandato di arresto europeo costituisce (considerando 6) la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco alla base della cooperazione giudiziaria in ambito UE.

Non vi è più motivo di distinguere tra la richiesta di detenzione provvisoria e la richiesta di estradizione, come previsto sotto il regime della Convenzione di estradizione del 1957, in quanto oltre alle caratteristiche classiche di un mandato di arresto (ricerca, cattura, detenzione provvisoria), il mandato europeo vale come richiesta di consegna alla autorità dello Stato che ha emesso il provvedimento. Tali previsioni consentono di snellire la procedura di esecuzione del mandato e di ridurre i tempi di attuazione della richiesta.

Il mandato d’arresto europeo mira a sostituirsi al sistema attuale di estradizione, imponendo ad ogni autorità giudiziaria nazionale (autorità giudiziaria dell’esecuzione) di riconoscere, dopo controlli minimi, la domanda di consegna di una persona, formulata dall’autorità giudiziaria di un altro Stato membro (autorità giudiziaria emittente).

La citata normativa in materia di estradizione è stata espressamente sostituita, secondo quanto previsto dall’art. 31 della decisione, dalle disposizioni della decisione stessa a far data dal 1° gennaio 2004, fermo restando la possibilità di conclusione di accordi bilaterali o multilaterali che snelliscano ulteriormente la procedura.

Per quel che riguarda, nello specifico, i principali profili della decisione quadro, va anzitutto detto che il provvedimento fissa i principi generali secondo cui uno Stato membro esegue sul proprio territorio un mandato europeo di arresto emesso da una autorità giudiziaria di un altro Stato

Il mandato d’arresto europeo viene definito come una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto o della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privativa della libertà.

Il campo di applicazione del mandato d’arresto europeo è delimitato dall’art. 2 che ne prevede l’emissione:

§         a seguito di condanna definitiva a pena detentiva o misura di sicurezza non inferiore a 4 mesi;

§         per reati puniti nello Stato membro emittente con una pena detentiva o una misura di sicurezza non inferiore a 12 mesi.

La decisione quadro prevede un elenco di 32 reati (partecipazione ad organizzazioni criminali, terrorismo, tratta di esseri umani, sfruttamento sessuale di minori e pornografia infantile, traffico illecito di armi, munizioni ed esplosivi, corruzione, frode agli interessi finanziari delle comunità europee, riciclaggio, crimini contro l'ambiente, falsificazione di monete, criminalità informatica, dirottamento aereo, ecc.) per i quali non è necessario il requisito della cd. doppia incriminazione, ossia la garanzia per il soggetto passivo che il fatto sia previsto come reato tanto nello Stato richiedente, quanto nel paese dell'esecuzione. Condizione ulteriore per la consegna in base al mandato d’arresto europeo è, comunque, che nello Stato membro emittente il massimo della pena e della misura di sicurezza detentiva previste per tali reati sia pari o superiore a 3 anni.

Per reati diversi da quelli elencati è, invece, necessario ai fini della consegna il rispetto del requisito della doppia incriminazione.

In relazione al contenuto, nel mandato d’arresto europeo devono necessariamente essere presenti una serie di informazioni relative, in particolare, all’identità della persona, all’autorità giudiziaria emittente, alla natura e alle circostanze del reato, all’esistenza di una sentenza esecutiva, di un mandato d’arresto o altro analogo provvedimento, alla pena prevista o a quella già inflitta.

La procedura per l'applicazione del mandato opera essenzialmente tra le rispettive autorità giudiziarie nazionali; proprio tale aspetto costituisce una delle novità di maggior rilievo, risultando pressoché eliminata la fase politica e amministrativa che caratterizza l’attuale procedura di estradizione.

Gli Stati membri designano le autorità giudiziarie nazionali competenti all’emissione e all’esecuzione dei mandati d’arresto europei, potendo inoltre individuare autorità centrali incaricate di fornire assistenza alle citate magistrature emittenti o dell’esecuzione, ovvero affidando direttamente alle stesse autorità centrali la trasmissione e la ricezione dei mandati d’arresto europei e la corrispondenza ad essi relativa.

Dopo l’emissione del mandato si possono delineare, sotto il profilo procedurale, quattro fasi fondamentali previste dalla decisione quadro.

La prima fase consiste nella trasmissione del mandato di arresto dall'autorità giudiziaria dello Stato richiedente direttamente a quella dello Stato dell'esecuzione (art. 9). In questa fase la ricerca della persona destinataria del provvedimento di cattura può avvenire attraverso il sistema informatico SIS oppure con la collaborazione dell'Europol.

Dopo l’arresto, si apre la seconda fase inerente alla delibazione, da parte dell'autorità giudiziaria che ha eseguito l'arresto, relativa al mantenimento dello stato di detenzione, secondo le norme del diritto interno (art. 12). L'arrestato può anche essere rimesso in libertà, purché l'autorità giudiziaria adotti misure idonee ad evitarne la fuga.

Dalla decisione quadro emerge, quindi, l’assenza di un preventivo vaglio da parte dell’autorità giudiziaria investita della richiesta di arresto: la decisione sull’esistenza dei presupposti dell’arresto, infatti, appartiene ad una fase successiva.

Nel caso in cui il soggetto acconsenta alla propria consegna allo Stato richiedente, la procedura è semplificata; se invece manca il consenso, si apre una ulteriore fase della procedura, in cui l’autorità giudiziaria, ascoltato il ricercato, deve assumere una decisione definitiva sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo ovvero sulla consegna dell’arrestato all’autorità richiedente, potendo peraltro richiedere a quest’ultima informazioni supplementari.

Nell’ambito della procedura sono previste alcune garanzie per la persona destinataria del mandato di cattura: oltre alla citata informazione sulla possibilità di acconsentire alla consegna, in particolare, richiamando i diritti fondamentali della persona e le norme sul giusto processo, la decisione quadro prevede il diritto di essere informato del contenuto del mandato di arresto, di essere assistito da un difensore e da un interprete e di essere ascoltato dall’autorità giudiziaria.

Entro 60 giorni dalla data dell’arresto, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve assumere la decisione definitiva sulla consegna (nella procedura semplificata, il termine è invece di 10 giorni dalla comunicazione del consenso dell’interessato alla consegna), salvo possibilità di proroga motivata di ulteriori 30 giorni (art. 17).

L’ultima fase è quella della consegna dell’arrestato: notificata immediatamente la decisione, l’arrestato è, infatti, consegnato in data concordata tra le rispettive autorità giudiziarie; in ogni caso, salvo causa di forza maggiore o differimento per gravi motivi umanitari, il termine di consegna non può superare i 10 giorni dalla citata decisione definitiva di eseguire il mandato d’arresto europeo.

Dietro assunzione di alcune informazioni (esistenza del mandato, identità della persona, natura, qualificazione e circostanze del reato), viene previsto l’obbligo per gli Stati membri di permettere il transito sul proprio territorio di una persona oggetto di consegna.

In alcuni casi, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve rifiutare di eseguire il mandato e di consegnare la persona ricercata; ciò avviene:

§         se nei confronti di tale soggetto è stata già emessa una sentenza passata in giudicato per lo stesso reato in uno Stato membro dell’Unione diverso da quello emittente (principio del ne bis in idem);

§         se il reato per cui si procede è stato oggetto di amnistia nello Stato dell’esecuzione;

§         se, in base alla normativa vigente nello Stato dell’esecuzione il ricercato non è penalmente responsabile in regione dell’età.

In presenza di ulteriori specifiche condizioni (azione penale prescritta, sentenza definitiva per lo stesso reato emessa da un Paese terzo, ecc.), l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non deve, ma può rifiutare di dar corso al mandato d’arresto europeo.

La decisione quadro prevede, inoltre, la possibilità di confiscare e consegnare all’autorità giudiziaria emittente prove o beni acquistati dall’arrestato a seguito del reato.

A garanzia della persona consegnata viene sancito il rispetto del principio di specialità, in base al quale è posto il divieto di perseguire o restringere la libertà personale per fatti anteriori o diversi da quelli per cui è stata richiesta l’esecuzione del mandato. In relazione al rispetto di tale principio sono, peraltro, introdotte specifiche eccezioni.

 

L'applicazione pratica del mandato di arresto europeo è stata oggetto di un'approfondita attività di revisione inter pares tra gli Stati membri, cui la Commissione ha preso parte in veste di osservatore, durante il quarto ciclo di valutazioni reciproche terminato nell'aprile 2009. All'esito di tali attività il gruppo di esperti all'uopo nominato ha elaborato un articolato rapporto, in cui sono stati puntualmente posti in risalto una serie di elementi di discrasia fra la legislazione di attuazione e la decisione quadro. Il rapporto si conclude «esortando fermamente l'Italia a conformare la legge di attuazione alla decisione quadro».

Nel febbraio 2014, inoltre, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione volta a sollecitare un riesame della decisione quadro.

Pur avendo deciso di non dare seguito a tale sollecitazione, la Commissione ha di recente proceduto ad un nuovo esame delle problematiche inerenti l'attuazione di detto strumento nell'ulteriore Relazione trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio lo scorso luglio, in cui, nel rilevare che in alcuni Stati membri «il livello di attuazione della decisione quadro non è ancora soddisfacente», ha ripetutamente sottolineato che adotterà «ogni misura idonea a garantire la conformità alla direttiva quadro in tutta l'Unione europea, incluso, laddove necessario, l'avvio delle procedure di infrazione a norma dell'articolo 258 del trattato su/funzionamento dell'Unione europea».

Lo schema qui in esame, come ricordato, è stato predisposto tenendo conto dei rilievi contenuti in questi documenti.

 


La norma di delega

 

 

Lo schema in esame, come ricordato (si veda supra) è stato predisposto in esecuzione delle disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 4 ottobre 2019, n. 119- legge di delegazione europea 2018.

 

Più nel dettaglio il comma 1 dell'articolo 6 reca una delega al Governo ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge uno o più decreti legislativi - con le procedure di cui all’articolo 31 della legge n. 234 del 2012 e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari - per il più compiuto adeguamento della normativa nazionale alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna, apportando le opportune modifiche alla legge 22 aprile 2005, n. 69.

 

E' opportuno ricordare che la legge di delegazione è entrata in vigore il 2 novembre 2019; il termine di esercizio della delega scadeva dunque, il 2 novembre 2020. Il Governo ha trasmesso lo schema alle Camere il 2 novembre 2020. Per effetto dell’art. 31, comma 3, della legge n. 234 del 2012, il termine per l’esercizio della delega è prorogato di 3 mesi per consentire alle competenti commissioni parlamentari di esprimere il parere e al Governo di poterne tenere conto (c.d. scorrimento dei termini"); pertanto, il decreto legislativo dovrà essere adottato entro il 2 febbraio 2021.

 

 

Il comma 2 specifica che i decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 3, alle lett. a) e b), contiene gli specifici princìpi e criteri di esercizio della delega che affiancano i princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32, della legge n. 234 del 2012.

 

La lettera a) contempla quale criterio l’armonizzazione delle disposizioni della legge 22 aprile 2005, n. 69 alla decisione quadro 2002/584/GAI, sia in relazione alla procedura di consegna e agli obblighi di informazione che alla disciplina dei motivi di rifiuto, prevedendo, in particolare, quali motivi di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo quelli indicati dall'articolo 4 della decisione quadro 2002/584/GAI, al fine di assicurare il principio del mutuo riconoscimento e la salvaguardia dei principi fondamentali dell'ordinamento, secondo quanto stabilito dall'articolo 1 della decisione quadro e dal considerando n. 12, tenuto conto del principio di presunzione del rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE, e di quanto stabilito dal Titolo I-bis del codice di procedura penale.

 

L'articolo 4 della decisione quadro 2002/584/GAI indica i motivi per i quali lo Stato membro di esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato di arresto europeo. Innanzitutto, se lo Stato si è avvalso della facoltà di prevedere la doppia incriminazione per i fatti "fuori lista", può rifiutare l’esecuzione qualora il fatto posto a base del mandato di arresto europeo non costituisca reato in base alla propria legislazione. Fanno eccezione i reati fiscali: in questi casi, infatti, il rifiuto non può basarsi sul fatto che la legislazione interna non impone lo stesso tipo di tasse o imposte o non contiene lo stesso tipo di normativa in materia di reati fiscali rispetto alla legislazione dello Stato emittente. Tale eccezione si ricollega a quanto previsto dal Secondo protocollo alla Convenzione europea di estradizione ove peraltro si richiede altresì che il reato sia della medesima natura e quindi un reato fiscale (n. 1).

Lo Stato membro di esecuzione può altresì rifiutare l'esecuzione del mandato di arresto europeo se contro la persona destinataria del mandato sia in corso un’azione nello Stato membro di esecuzione per il medesimo fatto (n.2); se le autorità giudiziarie dello Stato membro di esecuzione hanno deciso di non esercitare l’azione penale per il reato oggetto del mandato di arresto europeo o di porvi fine oppure se la persona ricercata è già stata giudicata in uno Stato membro con una sentenza definitiva che osta all'esercizio di ulteriori azioni (n. 3).

In relazione alla situazione descritta da ultimo (art. 4 n.3), si crea una sovrapposizione con l'ipotesi di rifiuto obbligatorio prevista dall’articolo 3 n.2 [1] :  nel caso in cui per una sentenza di condanna definitiva non sussistano le condizioni richieste dall'articolo 3, n. 2, il motivo di rifiuto obbligatorio dovrebbe trasformarsi in facoltativo.  Nel caso in cui la situazione contemplata dal citato n. 2 dell'articolo 3 come caso di rifiuto obbligatorio riguardi una sentenza definitiva emessa in un Paese terzo si verifica un caso di rifiuto soltanto facoltativo (n. 5).

 Un ulteriore motivo di rifiuto facoltativo riguarda l’ipotesi di azione penale o di pena prescritta secondo la legislazione dello Stato membro di esecuzione purché i fatti rientrano nella sua competenza in base al diritto penale interno (n. 4).

L’autorità giudiziaria può, inoltre rifiutare di eseguire il mandato qualora la persona ricercata "dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda", se tale Stato si impegni a eseguire la pena o la misura di sicurezza conformemente al proprio diritto interno (n. 6).

L’ultimo caso di rifiuto concerne la situazione in cui oggetto del mandato di arresto europeo siano reati che dalla legge dello Stato membro di esecuzione "sono considerati commessi in tutto in parte nel suo territorio o il nuovo adesso assimilato" oppure che sono stati commessi al di fuori del territorio (n.7).

 

Sull'interpretazione dell'articolo 4 della decisione quadro importanti precisazioni sono state fornite dalla giurisprudenza della Corte di Lussemburgo.  Con particolare riguardo proprio ai motivi di rifiuto facoltativi, la Corte di giustizia (Ordinanza 25 settembre 2015, C-463/15 PPU) ha precisato che gli articoli 2 e 4, n. 1 della decisione quadro 2002/584/GAI devono essere interpretati nel senso che si impediscono allo Stato membro di esecuzione di subordinare la consegna non solo alla condizione che il fatto per il quale il mandato di arresto è stato emesso costituisca reato secondo la legge di tale Stato, ma anche alla condizione che sia punibile, in base alla stessa legge, con una pena detentiva non inferiore nel massimo a dodici mesi. 

Oggetto di reiterati interventi della Corte di giustizia è stata poi l'interpretazione dell'articolo 4, n. 6. Con una prima decisione (Sentenza 17 luglio 2008, C-66/08) la Corte ha chiarito le nozioni di "dimora" e di "residenza", specificando che esse costituiscono nozioni autonome del diritto dell'Unione e che pertanto gli Stati membri, nelle loro norme attuative, non possono conferire a tali termini una portata più ampia di quella risultante dall'interpretazione uniforme adottata dalla Corte.

Secondo il Giudice europeo una persona ricercata "risiede" nello Stato membro di esecuzione "qualora abbia ivi stabilita la propria residenza effettiva", mentre vi "dimora" quando "a seguito di un soggiorno stabile di una certa durata nel medesimo abbia acquisito legami di collegamento con tale Stato di intensità simile a quella dei legami di collegamento che si instaurano in caso di residenza". Al fine di verificare la "dimora" compete all’autorità giudiziaria di esecuzione effettuare una valutazione complessiva di un certo numero degli elementi oggettivi caratterizzanti la situazione della persona fra i quali, a titolo esemplificativo, la natura, la durata e le modalità del suo soggiorno.

La Corte ha, poi, evidenziato, nella Sentenza 6 ottobre 2009 (C-123/08), che finalità dell’articolo 4 n. 6 è quella di "accrescere le opportunità di reinserimento sociale della persona ricercata, una volta scontata la pena". Sempre secondo la Corte gli Stati membri sono tenuti comunque a rispettare il principio che vieta ogni discriminazione basata sulla nazionalità. Date queste premesse la giurisprudenza ha ritenuto compatibile con tali disposizioni una normativa nazionale sulla cui base l’autorità giudiziaria competente, da un lato, rifiuta di eseguire un mandato di arresto in executivis contro un suo cittadino e, dall'altro, condiziona il rifiuto quando si tratta di cittadino di un altro Stato membro, avente un diritto di soggiorno al fatto che quest’ultimo abbia soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni nello Stato membro di esecuzione. In altre parole, secondo la Corte, è legittimo per lo Stato membro di esecuzione perseguire il reinserimento sociale soltanto nei confronti delle persone che abbiano dimostrato "un sicuro grado" di inserimento. Per analoghe ragioni la Corte ha invece ritenuto non compatibile con la normativa europea, per violazione del principio di non discriminazione basata sulla nazionalità, la disciplina nazionale che limita il motivo di non esecuzione ai propri cittadini, escludendo "in maniera assoluta e automatica" i cittadini di altri Stati membri che dimorano o risiedono nel loro territorio a prescindere dai legami che si presentano con quest’ultimo (Sentenza 5 settembre 2012, C-42/11) [2] .

 

Il considerando n. 12 precisa, con riguardo al rafforzamento dei diritti e delle garanzie difensive della persona da consegnare, che la decisione quadro "rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti" dall’allora vigente articolo 6 TUE e contenuti nella Carta di Nizza, proclamata il 17 dicembre 2000 e che non è d'ostacolo, per gli Stati membri, all’applicazione "delle loro norme costituzionali relative al giusto processo".

 

Il principio del mutuo riconoscimento costituisce la vera "pietra angolare" della cooperazione giudiziaria europea. Secondo tale principio le decisioni dei giudici penali o di altre autorità assimilate di uno Stato membro devono essere riconosciute dai giudici o alle autorità assimilate degli altri Stati membri ed eseguite allo stesso modo delle proprie. Come ha precisato il Preambolo del Programma dell'Unione europea concernente misure per l'attuazione del principio del mutuo riconoscimento in materia penale, adottato dal Consiglio il 12 ottobre 2000 "l'attuazione del principio di reciproco riconoscimento delle decisioni penali presuppone una fiducia reciproca degli Stati membri nei rispetti ordinamenti penali".

 

Il Titolo I-bis del Libro XI del codice penale (artt. 696-bis e ss)è stato introdotto dall'articolo 3 del decreto legislativo 3 ottobre 2017, n. 149 (Disposizioni di modifica del Libro XI del Codice di procedura penale in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere). Prima della riforma del 2017 la questione relativa alla circolazione dei provvedimenti giudiziari è stata da sempre disciplinata nell'ambito dei rapporti giurisdizionali con autorità straniere. In particolare, nel disegno originale del codice di rito alla materia era dedicato il Capo IV del libro XI, in cui era dettata una regolamentazione di carattere generale, in cui l'unica differenziazione era operata fra l'ipotesi in cui si trattasse di definire gli effetti delle sentenze penali straniere in Italia ed il caso in cui si dovesse dare esecuzione all'estero a sentenze penali italiane, senza alcuna valutazione circa lo Stato estero cui ci si interfacciava.

Tale sistema è stato radicalmente rivisto con la riforma del 2017, la quale reca una disciplina in modo diverso le procedure a seconda che lo Stato estero sia o meno uno Stato membro della UE. Infatti, mentre con riferimento a Stati non facenti parte dell'Unione europea, la materia continua ad essere regolamentata dal capo IV del libro XI, (cui peraltro il decreto legislativo ha apportato alcune modifiche); radicale è la riforma con riferimento all'ipotesi in cui i rapporti intercorrano con Stati membri della UE - ipotesi la cui disciplina è contenuta proprio nel ricordato Titolo I-bis.

L'elemento  più significativo della riforma è rappresentato dalla circostanza che viene meno la preventiva valutazione del Ministro della Giustizia sulla richiesta di riconoscimento, al fine di verificare l'eseguibilità della decisione straniera in Italia, prevedendo che le decisioni giudiziarie da eseguirsi nel territorio dello Stato possano essere trasmesse direttamente all'autorità giudiziaria territorialmente competente per l'esecuzione e che l'autorità giudiziaria possa trasmettere direttamente allo Stato di esecuzione le decisioni delle quali si chiede il riconoscimento, con comunicazione al Ministro della Giustizia nei casi e nei modi previsti dalla legge. Ciò deriva dal fatto che il controllo sul rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato è preventivamente effettuato, in relazione ai Paesi europei.

 

La lettera b) delega il Governo a risolvere i contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione dell'articolo 31 della decisione quadro 2002/584/GAI, prevedendo che si possono continuare ad applicare gli accordi o intese bilaterali o multilaterali vigenti al momento dell'adozione della decisione quadro se contribuiscono a semplificare o agevolare ulteriormente la consegna del ricercato.

 

L'articolo 31 della decisione quadro detta la disciplina relativa alle relazioni con gli altri strumenti giuridici. La disposizione prevede che fra Stati membri le disposizioni contenute nella decisione quadro 2002/584/GAI sostituiscono, a partire dal 1° gennaio 2004, le corrispondenti disposizioni di una serie di convenzioni applicabili in materia di estradizione nelle relazioni tra gli Stati membri. In particolare sono richiamate la Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, il relativo protocollo addizionale del 15 ottobre 1975, il relativo secondo protocollo aggiuntivo del 17 marzo 1978 e la convenzione europea per la repressione del terrorismo del 27 gennaio 1977 per la parte concernente l'estradizione; l'accordo tra gli Stati membri delle Comunità europee sulla semplificazione e la modernizzazione delle modalità di trasmissione delle domande di estradizione del 26 maggio 1989; la convenzione relativa alla procedura semplificata di estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea del 10 marzo 1995; la convenzione relativa all'estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea del 27 settembre 1996; il titolo III, capitolo 4, della convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985 relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni. L'applicazione di tali accordi -non può però in nessun caso pregiudicare le relazioni con gli Stati membri che non sono parte degli stessi. L'articolo 31 prevede inoltre che gli Stati membri possono continuare ad applicare gli accordi o intese bilaterali o multilaterali vigenti al momento dell'adozione della presente decisione quadro nella misura in cui questi consentono di approfondire o di andare oltre gli obiettivi di quest'ultima e contribuiscono a semplificare o agevolare ulteriormente la consegna del ricercato.

Sempre secondo l'articolo 31 gli Stati membri possono concludere accordi o intese bilaterali o multilaterali dopo l'entrata in vigore della presente decisione quadro nella misura in cui questi consentono di approfondire o di andare oltre il contenuto di quest'ultima e contribuiscono a semplificare o agevolare ulteriormente la consegna del ricercato.

 

Il comma 4 prevede che in sede di esercizio della delega in conformità ai criteri di cui al comma 3, lettera a), possono essere apportate anche modifiche alle disposizioni di cui agli articoli 18 e 18-bis della legge 22 aprile 2005, n. 69, oggetto di novella ai sensi del comma 5.

 

Il comma 5 dell'articolo 6 ha infatti apportato alcune immediate modifiche alla legge 22 aprile 2005, n. 69.

In particolare la lettera a) ha modificato l'articolo 18 della legge, il quale prevede i motivi di rifiuto obbligatorio della consegna. La lettera b) del comma 5 ha  invece introdotto nel codice penale il nuovo articolo 18-bis il quale disciplina i motivi di rifiuto facoltativo della consegna. La disposizione prevede che la Corte d'appello possa rifiutare la consegna:

·       se, per lo stesso fatto che è alla base del mandato d'arresto europeo, nei confronti della persona ricercata, è in corso un procedimento penale in Italia, esclusa l'ipotesi in cui il mandato d'arresto europeo concerne l'esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa in uno Stato membro dell'Unione europea (lett. a);

·       se il mandato d'arresto europeo riguarda reati che dalla legge italiana sono considerati reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio; ovvero reati che sono stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, se la legge italiana non consente l'azione penale per gli stessi reati commessi al di fuori del suo territorio (lett. b);

·       se il mandato d'arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, qualora la persona ricercata sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell'Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, sempre che la corte di appello disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno (lett. c).


Schede di lettura


Articolo 1
(Disposizioni di principio e definizioni)

 

L’articolo 1 apporta una serie di modifiche all'articolo 1 della legge n. 69 del 2005 recante disposizioni di principio e definizioni.

 

Più nel dettaglio la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 interviene sul comma 1 dell'articolo 1 della legge n. 69 del 2005 sopprimendo l'inciso finale (vedi testo a fronte).

Si tratta di una modifica che, come precisa la relazione illustrativa, deriva, in parte, dalla modifica apportata al comma l dell'articolo 2 (nella quale è stato introdotto il richiamo a tutti i «princìpi supremi» dell'ordinamento costituzionale), in parte dalla menzionata impossibilità di limitare l'applicazione del diritto unionale invocando disposizioni costituzionali che non concretizzino detti «princìpi supremi» o che, quantomeno, ad essi non si ricolleghino.

 

La lettera b) del comma 1 riscrive poi il comma 3 dell'articolo 1 della legge n. 69.

Il vigente comma 3 prevede che l'Italia dia esecuzione al mandato d'arresto europeo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge, richiedendo altresì che il provvedimento cautelare in base al quale il mandato è stato emesso sia stato sottoscritto da un giudice, sia motivato, ovvero che la sentenza da eseguire sia irrevocabile. Il comma 3 vigente quindi indica un presupposto generale per la esecuzione in Italia dei mandati di arresto europei emessi a fini cautelari, richiedendo due condizioni per la esecuzione del mandato di arresto europeo: che il provvedimento sul quale è basato il mandato deve essere «motivato» e «sottoscritto da un giudice».

 

In base al nuovo comma 3 l'Italia dà esecuzione al mandato d'arresto europeo in base al principio del mutuo riconoscimento, conformemente alle disposizioni della decisione quadro e della presente legge, sempre che il mandato di arresto europeo provenga da un'autorità giudiziaria e che, quando sia emesso al fine dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, la sentenza da eseguire sia esecutiva.

 Tale intervento- specifica sempre la relazione illustrativa - si è reso necessario al fine di recepire formalmente il mutuo riconoscimento quale principio-base che governa l'attuazione del mandato di arresto europeo, conformemente a quanto previsto dall'articolo 2 della decisione quadro. Logicamente conseguente - aggiunge la relazione - è l'ulteriore intervento correttivo a mezzo del quale stati espunti i riferimenti alla necessità che il mandato di arresto nazionale posto alla base di quello europeo fosse «sottoscritto da un giudice» e risultasse «motivato», prescrizioni entrambe apertamente incompatibili con il suddetto principio.

La necessità di eliminare i requisiti da ultimo ricordati era stata sollecitata da una specifica Raccomandazione n.18 formulata nel Rapporto 2009 sull'Italia. Tale modifica si correla anche all'analoga soppressione d'ogni documentazione "di supporto" del mandato di arresto europeo, richiesta dall'articolo 6 della legge n. 69 (si veda la scheda relativa all'articolo 3).

Ancora, viene modificato il comma 3 dell'articolo 1 della legge n. 69 nella parte in cui qualificava come «irrevocabile» la sentenza posta a fondamento della richiesta di consegna.

Nella relazione si rileva come si tratti di una modifica di natura tecnica: come da tempo aveva rilevato anche dalla giurisprudenza di legittimità (si veda da ultimo Cass., sez.VI, sentenza 16 giugno 2020, n. 18352) la disposizione appariva incoerente, oltre che con l'articolo 6, lettera c), della stessa legge n. 69, con la decisione quadro, che - all'articolo 8(1), lettera c) richiede che il mandato di arresto europeo debba recare la «indicazione dell'esistenza di una sentenza esecutiva, di un mandato d'arresto o di qualsiasi altra decisione giudiziaria esecutiva che abbia la stessa forza[ ... ]».

 

La lettera c) inserisce due ulteriori commi all'articolo 1 della legge n. 69. Il nuovo comma 3-bis prevede che il mandato di arresto debba essere eseguito dalle autorità competenti con la massima urgenza.

 

Come evidenzia la relazione illustrativa tale modifica, che, di fatto, implementa nella legislazione interna la corrispondente disposizione di cui all'articolo 17 della decisione quadro, è volta a risolvere un problematico disallineamento della normativa nazionale rispetto allo strumento eurounitario.

 

Il comma 3-ter invece stabilisce che l'Italia non dà esecuzione ai mandati di arresto europei emessi da uno Stato membro nei cui confronti il Consiglio dell'Unione europea abbia sospeso l'attuazione del meccanismo del mandato di arresto europeo per grave e persistente violazione dei princìpi sanciti all'articolo 6, paragrafo l, del trattato sull'Unione europea.

Tale disposizione riproduce quanto previsto dal vigente ultimo comma dell'articolo 2 della legge n. 69. Disposizione questa di fatto soppressa con la riscrittura ad opera dell'articolo 2 dello schema dell'articolo 2 della legge n. 69. L'interpolazione e la riformulazione dell'ulteriore comma 3-ter è dovuta, precisa la relazione illustrativa, alla ritenuta opportunità di differenziare, anche dal punto di vista della collocazione testuale delle disposizioni, le ipotesi in cui, in singoli e specifici casi concreti, si appalesi la necessità di apprestare tutela a diritti e principi fondamentali di garanzia della persona richiesta in consegna, oggetto - come visto - delle previsioni tuttora contenute nell'articolo 2, dalla diversa situazione che si determina allorquando il Consiglio proceda alla constatazione «di grave e persistente violazione da parte di uno Stato membro dei principi sanciti all' articolo 6, paragrafo l, del trattato sull'Unione europea», cui consegue una vera e propria sospensione della «attuazione [del] meccanismo» del mandato di arresto europeo.

Proprio la distinzione fra le due ipotesi, infatti, costituisce la base logico-normativa della più recente evoluzione registratasi nella giurisprudenza della Corte di Lussemburgo in tema di tutela dei diritti fondamentali della persona nell'ambito delle procedure di consegna, cui si farà riferimento in sede di illustrazione delle modifiche apportate dal presente decreto alla disciplina dei motivi di rifiuto.

 

Infine anche la lettera d) - in attuazione dello specifico criterio di delega contenuto nella lettera b) del comma 3 dell'articolo 6 - aggiunge due ulteriori disposizioni all'articolo 1 della legge n. 69.

 

In questa sede è opportuno ricordare che l'articolo 6, comma 3, lettera b), della legge 4 ottobre 2019, n. 117, ha conferito una specifica delega al fine di «risolvere i contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione dell'articolo 31 della decisione quadro 2002/584/GAI, prevedendo che si possano continuare ad applicare gli accordi o le intese bilaterali o multilaterali vigenti al momento dell'adozione della decisione quadro se contribuiscono a semplificare o agevolare ulteriormente la consegna del ricercato».

 

Il nuovo comma 4-quater prevede che l'Italia continui ad applicare gli accordi o intese, bilaterali o multilaterali, vigenti al momento dell'adozione della decisione quadro, quando essi contribuiscono ad una migliore e più efficace realizzazione delle finalità della decisione quadro e semplificano o agevolano ulteriormente la consegna delle persone ricercate. L'elenco degli specifici accordi e intese che l'Italia intende continuare ad applicare, ai sensi del nuovo comma 4-quinquies, deve essere notificato dal Governo, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto e su proposta del Ministro della giustizia, al Consiglio e alla Commissione.

 

La relazione illustrativa rileva come, in considerazione del tenore letterale del criterio della delega (vedi supra), sia evidente che il richiamo deve essere inteso solo alla disposizione del paragrafo 2, l comma, dell'articolo 31, essendo tutte le altre palesemente inconferenti. Venendo al contrasto giurisprudenziale in ordine alla possibilità o meno di applicazione degli accordi o intese bilaterali o multilaterali previgenti all' entrata in vigore della decisione quadro, nel caso le disposizioni in essi contenute contribuiscano a semplificare o agevolare ulteriormente la consegna del ricercato, sempre nella relazione illustrativa si osserva come nei quindici anni trascorsi dall'entrata in vigore della legge 22 aprile 2005, n. 69,più volte la giurisprudenza si è trovata di fronte alla questione se poter o meno ricorrere alla disposizione dell'articolo 31, paragrafo 2, comma l, della decisione. Tale dubbio è stato in prevalenza risolto affermando l'operatività di tale disposizione (si segnala fra tutte Cass., sez. VI, Sentenza 22 marzo 2018 n. 13868); un diverso approccio al tema è stato seguito nella Cass., sez. VI, Sentenza 13 giugno 2018, n. 27992.


 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 1

Disposizioni di principio e definizioni

Art. 1

Disposizioni di principio e definizioni

1. La presente legge attua, nell'ordinamento interno, le disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, di seguito denominata «decisione quadro», relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri dell'Unione europea nei limiti in cui tali disposizioni non sono incompatibili con i princìpi supremi dell'ordinamento costituzionale in tema di diritti fondamentali, nonché in tema di diritti di libertà e del giusto processo.

1. La presente legge attua, nell'ordinamento interno, le disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, di seguito denominata «decisione quadro», relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri dell'Unione europea.

 

2. Il mandato d'arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro dell'Unione europea, di seguito denominato «Stato membro di emissione», in vista dell'arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro, di seguito denominato «Stato membro di esecuzione», di una persona, al fine dell'esercizio di azioni giudiziarie in materia penale o dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale.

2. Il mandato d'arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro dell'Unione europea, di seguito denominato «Stato membro di emissione», in vista dell'arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro, di seguito denominato «Stato membro di esecuzione», di una persona, al fine dell'esercizio di azioni giudiziarie in materia penale o dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale.

3. L'Italia darà esecuzione al mandato d'arresto europeo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla presente legge, sempre che il provvedimento cautelare in base al quale il mandato è stato emesso sia stato sottoscritto da un giudice, sia motivato, ovvero che la sentenza da eseguire sia irrevocabile.

3. L'Italia esecuzione al mandato d'arresto europeo in base al principio del mutuo riconoscimento, conformemente alle disposizioni della decisione quadro e della presente legge, sempre che il mandato di arresto europeo provenga da un'autorità giudiziaria e che, quando sia emesso al fine dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, la sentenza da eseguire sia esecutiva.

 

3-bis. Il mandato di arresto è eseguito dalle autorità competenti con la massima urgenza.

 

3-ter. L'Italia non dà esecuzione ai mandati di arresto europei emessi da uno Stato membro nei cui confronti il Consiglio dell'Unione europea abbia sospeso l'attuazione del meccanismo del mandato di arresto europeo per grave e persistente violazione dei princìpi sanciti all'articolo 6, paragrafo l, del trattato sull'Unione europea ai sensi del punto (l0) dei consideranda del preambolo della decisione quadro.

4. Le disposizioni della presente legge costituiscono un'attuazione dell'azione comune in materia di cooperazione giudiziaria penale, ai sensi degli articoli 31, paragrafo 1, lettere a) e b), e 34, paragrafo 2, lettera b), del Trattato sull'Unione europea, e successive modificazioni.

 

4. Identico

4-bis. Le disposizioni della presente legge costituiscono altresì attuazione dell'Accordo tra l'Unione europea e la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia, fatto a Vienna il 28 giugno 2006, relativo alla procedura di consegna tra gli Stati membri dell'Unione europea e l'Islanda e la Norvegia, Accordo che si applica nei limiti in cui le sue disposizioni non sono incompatibili con i princìpi dell'ordinamento costituzionale in tema di diritti e libertà fondamentali.

4-bis Identico

4-ter. I riferimenti delle disposizioni della presente legge al «mandato d'arresto europeo» e allo «Stato membro» devono intendersi fatti, nell'ambito della procedura di consegna con l'Islanda o la Norvegia, rispettivamente, al «mandato di arresto» che costituisce l'oggetto dell'Accordo di cui al comma 4-bis e alla Repubblica d'Islanda o al Regno di Norvegia

 

4-ter Identico

 

4-quater. L'Italia continua ad applicare gli accordi o intese, bilaterali o multilaterali, vigenti al momento dell'adozione della decisione quadro, quando essi contribuiscono ad una migliore e più efficace realizzazione delle finalità della decisione quadro e semplificano o agevolano ulteriormente la consegna delle persone ricercate.

 

4-quinquies. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro della giustizia, il Governo notifica al Consiglio e alla Commissione l'elenco degli specifici accordi e intese, indicati al comma 4-quater, che l'Italia intende continuare ad applicare


Articolo 2
(Diritti fondamentali e garanzie costituzionali)

 

L’articolo 2 riscrive integralmente l'articolo 2 della legge n. 69 del 2005, che indica le garanzie di ordine costituzionale che debbono essere osservate nell'esecuzione del mandato d'arresto europeo.

 

Il vigente articolo 2 della legge n. 69, rubricato "Garanzie costituzionali", stabilisce, «in conformità» all'art. 6 par. 1 e 2 TUE e al  considerando n.12 della decisione quadro, che l'Italia darà esecuzione al mandato d'arresto europeo nel rispetto dei diritti fondamentali stabiliti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e, in particolare, dagli articoli 5 e 6 di quest'ultima (comma 1, lett. a) e dei principi e delle regole costituzionali «attinenti al giusto processo, ivi compresi quelli relativi alla tutela della libertà personale, anche in relazione al diritto di difesa e al principio di eguaglianza, nonché quelli relativi alla responsabilità penale e alla qualità delle sanzioni penali» (comma 1, lett. b).

 

Quanto alle garanzie costituzionali sul “giusto processo” (ex art. 2, comma 1, lett. b), l. n. 69 del 2005), le Sezioni unite (Sentenza n. 4614 del 2007) hanno riconosciuto, in via generale, l'incidenza delle clausole di salvaguardia dei principi costituzionali nazionali contenute nella legge attuativa ai soli principi «comuni» di cui all'art. 6 TUE, affermando come «in un contesto di cooperazione giudiziaria europea, sarebbe arbitrario ergere ogni previsione costituzionale interna a parametro della legalità della richiesta di consegna» In questa prospettiva, l'organo nomofilattico ha affermato che, ai fini della decisione di consegna, l'art. 2, comma 1, lett. b), l. n. 69 del 2005 non richiede che l'ordinamento dello Stato emittente debba presentare le stesse garanzie attinenti il “giusto processo” contenute nell'ordinamento italiano, non rilevando che tali forme di tutela «possano apparire, in tesi, meno soddisfacenti di quelle dell'ordinamento italiano quanto alle specifiche norme che si ispirano ai principi di oralità del contraddittorio»; è sufficiente, infatti, che esso rispetti i principi garantiti dalle Carte sovranazionali e, in particolare, dall'art. 6 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo, richiamato dall'art. 18, comma 1, lett. g), l. n. 69 del 2005. La norma si completa con la previsione che stabilisce che per le finalità connesse al rispetto dei diritti umani e della Costituzione, così come indicate nel comma 1, «possono essere richieste idonee garanzie allo Stato membro di emissione» (comma 2) e con un richiamo al 10° considerando della decisione quadro, stabilendo così il rifiuto di consegna in caso di constatazione da parte del Consiglio dell'Unione di grave e persistente violazione da parte dello Stato richiedente dei principi di cui all'art. 6.1 e 2 del TUE.


L'articolo 2 dello schema riscrive, come detto, l'articolo 2 della legge n. 69, da un lato sopprimendone i commi 2 e 3 (con riguardo a quest'ultimo si veda il nuovo comma 3-ter dell'articolo 1 della legge n. 69 introdotto dall'articolo 1 dello schema) e, dall'altro, riformulandone il primo comma. Il nuovo articolo 2 prevede quindi che l'esecuzione del mandato di arresto europeo non possa, in alcun caso, comportare una violazione dei principi supremi dell'ordine costituzionale dello Stato o dei diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, dei diritti fondamentali e dei fondamentali principi giuridici sanciti dall'articolo 6 del trattato sull'Unione europea o dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e dai Protocolli addizionali alla stessa.

 

In proposito la relazione illustrativa osserva come le modifiche rispondano alla comune finalità di assicurare il primato del diritto dell'Unione, in base al quale a uno Stato membro non è consentito «ostacolare l'applicazione di atti di diritto dell'Unione pienamente conformi alla Carta [di Nizza], sulla base del rilievo che essi non rispetterebbero i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione di tale Stato». Ne consegue, com'è ovvio, da un lato l'inammissibilità dell'apposizione di «garanzie» diverse da quelle previste nell'articolo 4 della decisione quadro (e, dunque, l'abrogazione di quelle cui pare alludere il comma 2 della norma in esame), dall'altro la necessità di rimodulare il disposto della lettera b) in funzione del solo limite legittimamente opponi bile all'applicazione del diritto dell'Unione, come detto costituito (non da semplici «principi» o «regole» ma unicamente) «dall'osservanza dei principi supremi dell'ordine costituzionale italiano e dei diritti inalienabili della persona».

Con la modifica apportata al comma l, inoltre, aggiunge sempre la relazione illustrativa si è provveduto ad esplicitare in forma chiara e precisa il richiamo all' articolo 6 del TUE, attualmente affidato ad un'impropria (oltre che incompleta) formula incidentale, nonché ad eliminare le altrettanto improprie (ma, specularmente, superflue) puntualizzazioni interpolate nel riferimento ai diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione EDU.

 


 

 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 2

Garanzie costituzionali

Art. 2

Rispetto dei diritti fondamentali e garanzie costituzionali

1. In conformità a quanto stabilito dall'articolo 6, paragrafi 1 e 2, del Trattato sull'Unione europea e dal punto (12) dei consideranda del preambolo della decisione quadro, l'Italia darà esecuzione al mandato d'arresto europeo nel rispetto dei seguenti diritti e princìpi stabiliti dai trattati internazionali e dalla Costituzione:

a) i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, in particolare dall'articolo 5 (diritto alla libertà e alla sicurezza) e dall'articolo 6 (diritto ad un processo equo), nonché dai Protocolli addizionali alla Convenzione stessa;

b) i princìpi e le regole contenuti nella Costituzione della Repubblica, attinenti al giusto processo, ivi compresi quelli relativi alla tutela della libertà personale, anche in relazione al diritto di difesa e al principio di eguaglianza, nonché quelli relativi alla responsabilità penale e alla qualità delle sanzioni penali.

2. Per le finalità di cui al comma 1, possono essere richieste idonee garanzie allo Stato membro di emissione.

3. L'Italia rifiuterà la consegna dell'imputato o del condannato in caso di grave e persistente violazione, da parte dello Stato richiedente, dei princìpi di cui al comma 1, lettera a), constatata dal Consiglio dell'Unione europea ai sensi del punto (10) dei consideranda del preambolo della decisione quadro.

l. L'esecuzione del mandato di arresto europeo non può, in alcun caso, comportare una violazione dei principi supremi dell'ordine costituzionale dello Stato o dei diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, dei diritti fondamentali e dei fondamentali principi giuridici sanciti dall'articolo 6 del trattato sull'Unione europea o dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e dai Protocolli addizionali alla stessa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Articolo 3
(Contenuto del mandato di arresto europeo)

 

L’articolo 3 reca una serie di modifiche all'articolo 6 della legge n. 69, che disciplina il contenuto del mandato di arresto europeo nella procedura passiva di consegna.

 

L'articolo 6 della legge n. 69, nella sua formulazione vigente, contiene una serie di disposizioni relative al contenuto del mandato di arresto europeo, agli atti che debbono esservi allegati, alle richieste di integrazione, al cd. regime linguistico.

 

In particolare la norma indica, al comma 1, gli elementi del mandato di arresto europeo, che consistono nell'indicazione:

·       dell'identità e cittadinanza del ricercato (lett. a);

·       dei dati relativi alla autorità giudiziaria emittente (lett. b);

·       dell'esistenza della sentenza esecutiva, del provvedimento cautelare o di ogni altra decisione esecutiva adottata da un giudice che abbia la stessa forza e che rientri nell'ambito applicativo degli artt. 7 e 8 della legge (condotta prevista come reato anche in Italia ovvero illeciti per cui è prevista la consegna obbligatoria) (lett. c);

·       della natura del reato e nella sua qualificazione giuridica (lett. d);

·       delle circostanze della commissione del reato (tempo, luogo e il grado di partecipazione del ricercato) (lett. e);

·       della pena inflitta, nel caso in cui vi sia già una sentenza, ovvero, negli altri casi, della pena edittale minima e massima (lett. f);

·       delle altre conseguenze del reato (lett. g).

Se il mandato di arresto europeo non contiene alcune di queste informazioni - quelle di cui alle lett. a), c), d), e) ed f) -- o se esse non sono ritenute sufficienti ai fini della decisione, la Corte d'appello richiede informazioni integrative alla autorità di emissione, direttamente o tramite il Ministro della giustizia (comma 2).

 

Lo schema di decreto interviene sull'articolo 6 della legge:

 

·       introducendo il nuovo comma 1-bis.

 

La nuova disposizione indica le informazioni che il mandato di arresto europeo - emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza irrogata all'esito di un processo in cui l'interessato non è comparso personalmente -deve indicare. In particolare il mandato deve indicare se:

ü  se l'interessato è stato citato tempestivamente e personalmente, essendo informato inequivocabilmente della data e del luogo del processo che ha portato alla decisione pronunciata in absentia e del fatto che tale decisione avrebbe potuto esser presa anche in absentia;

ü  se l'interessato, informato del processo a suo carico, è stato rappresentato nel processo conclusosi con la menzionata decisione da un difensore, nominato dallo stesso interessato o d'ufficio;

ü  se l'interessato, ricevuta la notifica della decisione e informato del diritto di ottenere un nuovo processo o della facoltà di dare inizio al giudizio di appello, al quale ha il diritto di partecipare e che consente il riesame del merito della causa e l'allegazione di nuove prove che possono condurre alla riforma della decisione oggetto di esecuzione, ha dichiarato espressamente di non opporsi a tale decisione o non ha chiesto la rinnovazione del processo o proposto appello nei termini stabiliti;

ü  se l'interessato non ha ricevuto personalmente la notifica della decisione, ma la riceverà personalmente e senza indugio dopo la consegna nello Stato membro di emissione e, quindi, sarà espressamente informato dei termini entro i quali potrà esercitare il diritto a un nuovo processo o la facoltà di dare inizio· al giudizio di appello, in cui ha il diritto di partecipare e che consente il riesame del merito della causa e l'allegazione di nuove prove che possono condurre alla riforma della decisione oggetto di esecuzione.

 

·       abrogando i commi da 3 a 6.

 

I commi 3 e 4 dell'articolo 6 della legge n. 69 prevedono che la consegna della persona è consentita, ove ne ricorrono i presupposti, solo se al mandato di arresto europeo è allegata copia del provvedimento restrittivo della libertà personale o della sentenza di condanna a pena detentiva; e che debbono essere, altresì, allegati il testo delle disposizioni di legge applicabili, con indicazione del tipo e della durata della pena; i dati segnaletici e ogni altra possibile informazione idonea a determinare l'identità e la nazionalità della persona della quale è domandata la consegna; una relazione sui fatti addebitati alla persona, che contenga tra l'altro l'indicazione delle fonti di prova. Il comma 5 stabilisce poi che in mancanza di detta allegazione, la Corte d'appello ne solleciti la trasmissione allo Stato membro di emissione tramite il Ministero della giustizia, cui andrà altresì comunicata la data dell'udienza camerale fissata per la decisione sulla consegna. Il Ministero della giustizia, oltre a veicolare la richiesta all'autorità giudiziaria emittente, dovrà anche informarla «che la ricezione del provvedimento e della documentazione costituisce condizione necessaria per l'esame della richiesta di esecuzione da parte della corte di appello», provvedendo in seguito alla ricezione degli atti, alla loro traduzione in lingua italiana e, infine, all'inoltro alla corte richiedente. Ai sensi del comma 6, in caso di mancata trasmissione degli atti, la corte d'appello è tenuta a respingere la richiesta. Infine, l'art. 6 della legge, al comma 7 (disposizione questa non modificata dallo schema in esame) stabilisce, in conformità al principio generale dell'art. 8, par. 2, della decisione quadro, che il mandato di arresto europeo debba essere trasmesso alla Corte d'appello tradotto in lingua italiana.

 

Le abrogande disposizioni, come evidenzia la relazione illustrativa, sono funzionali all'effettuazione di quel controllo di merito sul contenuto del mandato di arresto europeo. Questa previsione, come pure quelle che impongono verifiche circa eventuali cause di non punibilità del fatto (consenso dell'avente diritto; esercizio di un diritto o adempimento di un dovere; caso fortuito o forza maggiore) risultano tutte - sottolinea sempre la relazione - in aperto contrasto con il principio del mutuo riconoscimento. Inoltre, quanto in particolare a quelle concernenti la documentazione supplementare espressamente richiesta ai sensi dell'articolo 6 vigente della legge n. 69, esse risultano altresì contrastare con specifiche previsioni della decisione quadro, che - all'articolo 8(1), lettera c) - prevede solo la «indicazione», e non anche la «allegazione», del provvedimento restrittivo posto a fondamento della richiesta di consegna: ciò che, tra l'altro, costituisce un rilevante elemento di differenziazione che caratterizza l' euromandato rispetto dell'analogo modulo standard che attiva e veicola il trasferimento dell'esecuzione delle sentenze penali in ambito UE (in tal caso denominato "certificato"), per il quale l'articolo 5 della decisione quadro 2008/909/GAI prevede invece espressamente che ad esso si accompagni «[l]a sentenza o una sua copia autenticata».

Sempre con riguardo alla disposizione in esame la relazione ricorda che la Corte di cassazione ha da tempo consolidato un'interpretazione in chiave teleologico-funzionale delle disposizioni in questione, legittimando la corte di appello a dare esecuzione al mandato di arresto europeo pur in mancanza della documentazione di supporto, almeno in tutte le ipotesi in cui «il controllo sulla motivazione (art. 17, comma quarto) e sui gravi indizi di colpevolezza (art. 18, lett. t)) po[tesse] essere comunque effettuato sul mandato di arresto europeo»(si veda Cass., sez. VI, Sentenza 23 gennaio 2008, n. 4054).

L'abrogazione della disciplina prevista dai commi da 3 a 6 nonché delle ulteriori norme che alla documentazione 'supplementare' in essi contemplata fanno riferimento si pone peraltro in linea con la raccomandazione formulata dalla Commissione sin dalla conclusione del quarto ciclo di peer review.

 

 


 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 6

Contenuto del mandato d'arresto europeo nella procedura passiva di consegna

Art. 6

Contenuto del mandato d'arresto europeo nella procedura passiva di consegna

1. Il mandato d'arresto europeo deve contenere le seguenti informazioni:

a) identità e cittadinanza del ricercato;

b) nome, indirizzo, numero di telefono e di fax, indirizzo di posta elettronica dell'autorità giudiziaria emittente;

c) indicazione dell'esistenza di una sentenza esecutiva, di un provvedimento cautelare o di qualsiasi altra decisione giudiziaria esecutiva che abbia la stessa forza e che rientri nel campo di applicazione degli articoli 7 e 8 della presente legge;

d) natura e qualificazione giuridica del reato;

e) descrizione delle circostanze della commissione del reato, compresi il momento, il luogo e il grado di partecipazione del ricercato;

f) pena inflitta, se vi è una sentenza definitiva, ovvero, negli altri casi, pena minima e massima stabilita dalla legge dello Stato di emissione;

g) per quanto possibile, le altre conseguenze del reato.

1. Identico

 

 

l-bis. Quando è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza irrogata all'esito di un processo in cui l'interessato non è comparso personalmente, il mandato di arresto europeo deve altresì contenere le seguenti informazioni:

a) se l'interessato è stato citato tempestivamente e personalmente, essendo informato inequivocabilmente della data e del luogo del processo che ha portato alla decisione pronunciata in absentia e del fatto che tale decisione avrebbe potuto esser presa anche in absentia;

b) se l'interessato, informato del processo a suo carico, è stato rappresentato nel processo conclusosi con la menzionata decisione da un difensore, nominato dallo stesso interessato o d'ufficio;

c) se l'interessato, ricevuta la notifica della decisione e informato del diritto di ottenere un nuovo processo o della facoltà di dare inizio al giudizio di appello, al quale ha il diritto di partecipare e che consente il riesame del merito della causa e l'allegazione di nuove prove che possono condurre alla riforma della decisione oggetto di esecuzione, ha dichiarato espressamente di non opporsi a tale decisione o non ha chiesto la rinnovazione del processo o proposto appello nei termini stabiliti;

d) se l'interessato non ha ricevuto personalmente la notifica della decisione, ma la riceverà personalmente e senza indugio dopo la consegna nello Stato membro di emissione e, quindi, sarà espressamente informato dei termini entro i quali potrà esercitare il diritto a un nuovo processo o la facoltà di dare inizio· al giudizio di appello, in cui ha il diritto di partecipare e che consente il riesame del merito della causa e l'allegazione di nuove prove che possono condurre alla riforma della decisione oggetto di esecuzione.

2. Se il mandato d'arresto europeo non contiene le informazioni di cui alle lettere a), c), d), e) ed f) del comma 1, l'autorità giudiziaria provvede ai sensi dell'articolo 16. Analogamente provvede quando ritiene necessario acquisire ulteriori elementi al fine di verificare se ricorra uno dei casi previsti dagli articoli 18 e 19.

2. Se il mandato d'arresto europeo non contiene le informazioni di cui alle lettere a), c), d), e) ed f) del comma 1, o quelle di cui al comma 1-bis, l'autorità giudiziaria provvede ai sensi dell'articolo 16. Analogamente provvede quando ritiene necessario acquisire ulteriori elementi al fine di verificare se ricorra uno dei casi previsti dagli articoli 18, 18-bis, 18-ter e 19.

3. La consegna è consentita, se ne ricorrono i presupposti, soltanto sulla base di una richiesta alla quale sia allegata copia del provvedimento restrittivo della libertà personale o della sentenza di condanna a pena detentiva che ha dato luogo alla richiesta stessa.

3. Abrogato

4. Al mandato d'arresto devono essere allegati:

a) una relazione sui fatti addebitati alla persona della quale è domandata la consegna, con l'indicazione delle fonti di prova, del tempo e del luogo di commissione dei fatti stessi e della loro qualificazione giuridica;

b) il testo delle disposizioni di legge applicabili, con l'indicazione del tipo e della durata della pena;

c) i dati segnaletici ed ogni altra possibile informazione atta a determinare l'identità e la nazionalità della persona della quale è domandata la consegna.

4. Abrogato

5. Se lo Stato membro di emissione non provvede, il presidente della corte di appello o il magistrato da questi delegato richiede al Ministro della giustizia l'acquisizione del provvedimento dell'autorità giudiziaria in base al quale il mandato d'arresto europeo è stato emesso, nonché la documentazione di cui al comma 4, informandolo della data della udienza camerale fissata. Il Ministro della giustizia informa l'autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione che la ricezione del provvedimento e della documentazione costituisce condizione necessaria per l'esame della richiesta di esecuzione da parte della corte di appello. Immediatamente dopo averli ricevuti, il Ministro della giustizia trasmette al presidente della corte di appello il provvedimento e la documentazione unitamente ad una loro traduzione in lingua italiana.

5. Abrogato

6. Se l'autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione non dà corso alla richiesta del Ministro della giustizia, di cui al comma 5, la corte di appello respinge la richiesta.

6. Abrogato

7. Il mandato d'arresto europeo dovrà pervenire tradotto in lingua italiana.

7. Identico

 


Articolo 4
(Casi di doppia punibilità)

 

L’articolo 4 apporta una serie di modifiche all'articolo 7 della legge n. 69 del 2005, il quale prevede tra i motivi di rifiuto obbligatorio della consegna anche la mancanza della doppia punibilità, stabilendo nel contempo una specifica disciplina in caso di reati tributari.

 

Più nel dettaglio l'articolo 7 della legge n. 69, al comma 1, prevede che l'Italia darà esecuzione al mandato d'arresto europeo solo nel caso in cui il fatto sia previsto come reato anche dalla legge nazionale. La previsione di cui al comma 1 dell'articolo 7 risulta, per l'esecuzione della consegna, espressamente mitigata dal comma 2 del medesimo articolo con riferimento alla materia delle tasse ed imposte, non richiedendo la necessità di una perfetta sovrapposizione tra la fattispecie prevista dall'ordinamento estero e quella contemplata dall'ordinamento italiano, ma solo che le stesse risultino analogicamente assimilabili. Il comma 2 infatti precisa che, in caso di reati tributari, "l’esecuzione del mandato di arresto europeo non può essere rifiutata in base al fatto che la legislazione dello Stato membro di esecuzione non impone lo stesso tipo di tasse o di imposte". Sempre in tema di doppia punibilità, il presupposto della consegna per l'estero, in base all'art. 7, comma 3, è che il reato oggetto della richiesta sia punibile in astratto dalla legge dello Stato membro di emissione con una pena o con una misura di sicurezza privativa della libertà personale della durata massima non inferiore a dodici mesi, non rilevando ai fini del calcolo le eventuali circostanze aggravanti.

 

L'articolo 4 dello schema in esame interviene in primo luogo sul comma 1 prevedendo espressamente che ai fini della verifica della doppia punibilità non si tiene conto della qualificazione giuridica e dei singoli elementi costitutivi del reato (comma 1, lett. a).

Si tratta di una modifica che come rileva la relazione illustrativa recepisce un criterio già da tempo utilizzato dalla giurisprudenza nazionale. La giurisprudenza ha infatti in più occasioni ribadito il principio, espresso anche con riferimento alla materia estradizionale, secondo cui, per soddisfare il requisito della doppia incriminabilità, non è necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice dell'ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma dell'ordinamento italiano, ma è sufficiente che la concreta fattispecie sia punibile come reato da entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l'eventuale diversità, oltre che del trattamento sanzionatorio, anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per la configurazione del reato (Si vedano Cass., VI sez., Sentenza 19 marzo 2007, n. 11598; Cass., VI sez., Sentenza 18 giugno 2007, n. 24771, nonché Cass., VI sez., Sentenza 3 maggio 2017, n. 22249 e Cass., VI sez. Sentenza 14 marzo 2019, n. 11494).

 

Il comma 1, lett. b) dell'articolo 4, poi, riformula il comma 2 dell'articolo 7 della legge n. 69 sopprimendo fra le altre -l'inciso finale relativo alla necessaria «assimilabilità» delle tasse e delle imposte.

 

La lett. c) del comma 1 dell'articolo 4 infine interviene sul comma 3 dell'articolo 7 della legge n. 69, eliminando la non consentita esclusione delle circostanze aggravanti dal calcolo relativo all'entità della pena o della misura di sicurezza privativa della libertà personale, da effettuarsi ai fini della verifica del raggiungimento della soglia minima prevista per l'emissione del mandato d'arresto europeo.

 

Quest'ultima modifica, come rileva la relazione illustrativa, risponde ai rilievi critici espressi proprio nel Rapporto 2009 sull'Italia, nel quale si evidenzia come l'esclusione delle circostanze aggravanti dal calcolo della pena (minima) per cui è possibile la consegna di fatto «comporta [ ... ] che il legislatore italiano richieda un più alto grado di "punibilità" rispetto a quanto previsto in virtù della decisione quadro, la quale in effetti su questo punto non si pronuncia". Criticità questa in linea generale segnalata anche nella Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio.

 

 


 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 7

Casi di doppia punibilità

Art. 7

Casi di doppia punibilità

1. L'Italia darà esecuzione al mandato d'arresto europeo solo nel caso in cui il fatto sia previsto come reato anche dalla legge nazionale.

1. L'Italia esecuzione al mandato d'arresto europeo solo nel caso in cui il fatto sia previsto come reato anche dalla legge nazionale, indipendentemente dalla qualificazione giuridica e dai singoli elementi costitutivi del reato.

2. Il comma 1 non si applica nei casi in cui, in materia di tasse e imposte, di dogana e di cambio, la legge italiana non impone lo stesso tipo di tasse o di imposte ovvero non contiene lo stesso tipo di disciplina in materia di tasse, di imposte, di dogana e di cambio della legge dello Stato membro di emissione. Tuttavia, deve trattarsi di tasse e imposte che siano assimilabili, per analogia, a tasse o imposte per le quali la legge italiana prevede, in caso di violazione, la sanzione della reclusione della durata massima, escluse le eventuali aggravanti, pari o superiore a tre anni.

2. Ai fini di cui al comma 1 per i reati in materia di tasse e imposte, di dogana e di cambio, non è necessario che la legge italiana imponga lo stesso tipo di tasse o di imposte ovvero contenga lo stesso tipo di disciplina in materia di tasse, di imposte, di dogana e di cambio della legge dello Stato membro di emissione.

3. Il fatto dovrà essere punito dalla legge dello Stato membro di emissione con una pena o con una misura di sicurezza privativa della libertà personale della durata massima non inferiore a dodici mesi.

Ai fini del calcolo della pena o della misura di sicurezza non si tiene conto delle circostanze aggravanti.

3. Il mandato di arresto europeo non è comunque eseguito se il fatto è punito dalla legge dello Stato membro di emissione con una pena o con una misura di sicurezza privativa della libertà personale della durata massima inferiore a dodici mesi.

 

4. In caso di esecuzione di una sentenza di condanna, la pena o la misura di sicurezza dovranno avere una durata non inferiore a quattro mesi.

 

4. Identico

 

 


Articolo 5
(Consegna obbligatoria)

 

L’articolo 5 modifica l'articolo 8 della legge n. 69 rendendo la disciplina relativa alla consegna obbligatoria più conforme a quanto previsto nella decisione quadro sul mandato di arresto.

 

L'articolo 8 della legge n. 69 del 2005 nella sua formulazione vigente contiene l'elencazione tassativa di quei fatti che impongono la consegna "indipendentemente dalla doppia incriminazione" nello Stato di emissione e nel nostro ordinamento (c.d. consegna obbligatoria). Nello specifico il vigente articolo 8 oltre ad indicare in modo preciso e dettagliato le varie fattispecie che devono dare luogo alla consegna obbligatoria (comma 1), demanda alla autorità giudiziaria nazionale l'accertamento della corrispondenza tra i reati per cui è richiesta la consegna e i fatti di cui al comma 1. Ancora il comma 3 dell'articolo prevede che se il fatto non è previsto come reato dalla legge italiana, non si dà luogo alla consegna del cittadino italiano se risulta che lo stesso non era a conoscenza, in modo incolpevole, della fattispecie incriminatrice estera in base a cui è stato emesso il mandato d'arresto.

 

Con specifico riguardo all'articolo 8, nel Rapporto 2009 sull'Italia, si lamentava innanzitutto come la nostra normativa richiedesse una «[v ]erifica de facto della doppia punibilità in tutti i casi», rilevando in particolare: che «l'elenco dei 32 reati di cui all'articolo 8, comma l della legge italiana di attuazione è molto più dettagliato dell'elenco di 32 reati riportato nell'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro»; che «[t]enuto conto dell'articolo 8, comma 2 [ ... ], ne consegue che in quasi tutti i casi riguardanti i reati elencati nell'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro, il giudice italiano deve verificare l'esistenza della doppia punibilità»; che «alcuni operatori hanno persino affermato che esiste il rischio di una triplice verifica della punibilità in quanto le descrizioni che figurano nell'articolo 8, comma l della legge italiana di attuazione sarebbero ancor più restrittive di quelle del codice penale italiano». In secondo luogo, quanto alla previsione contenuta nel comma 3 della disposizione (definito una «curiosa eccezione»), pur prendendo atto della sua riferibilità ai princìpi enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 364 del 1988, si osservava che «questa disposizione, che assomiglia a un motivo di rifiuto, non è contenuta nella decisione quadro», rilevando in particolare che essa pare «obbligare l'autorità di esecuzione italiana a effettuare un esame di merito del caso», ovvero ad un controllo «contrario al principio di reciproco riconoscimento e quindi non conforme alla decisione quadro».

Anche nella Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, la Commissione si sofferma sulle problematiche poste dall'articolo 8 e, pur non formulando rilievi espressamente rivolti a singoli Stati membri (né, tantomeno, 'raccomandazioni'), segnala anch'essa: che, mentre «la maggioranza degli Stati membri ha recepito in modo letterale l'articolo 2, paragrafo 2» e alcuni di essi «hanno introdotto nella loro legislazione nazionale un riferimento diretto all'articolo 2, paragrafo 2», due Stati membri «hanno introdotto sostanziali modifiche dell'elenco dei 32 reati (ad esempio, restringendo il campo d'applicazione di determinate categorie o non recependo tutte le categorie)»; che, quanto alla verifica della doppia incriminazione ai sensi dell'articolo 2 (4) della decisione quadro, «in un numero limitato di Stati membri non è stato possibile riscontrare disposizioni pertinenti relative alla mancanza di doppia incriminazione quale motivo di non esecuzione», mentre per la maggior parte di essi non risulta «recepito esplicitamente l'obbligo di procedere alla verifica della doppia incriminazione per quanto riguarda il reato corrispondente ai sensi della legge dello Stato membro di esecuzione "indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla qualifica dello stesso"».

 

Lo schema, alla luce delle criticità su elencate, riscrive l'articolo 8:

·       sostituendo il lungo elenco di reati che danno luogo alla consegna obbligatoria contenuto nel comma 1 con il mero richiamo all'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro (questa disposizione elenca trentadue categorie di reati per i quali gli Stati membri sono obbligati ad eseguire l'euromandato in assenza della verifica della doppia punibilità);

·       abrogando i commi 2 e 3

 

 


 

 

 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 8

Consegna obbligatoria

Art. 8

Consegna obbligatoria

1. Si fa luogo alla consegna in base al mandato d'arresto europeo, indipendentemente dalla doppia incriminazione, per i fatti seguenti, sempre che, escluse le eventuali aggravanti, il massimo della pena o della misura di sicurezza privativa della libertà personale sia pari o superiore a tre anni:

a) partecipare ad una associazione di tre o più persone finalizzata alla commissione di più delitti;

b) compiere atti di minaccia contro la pubblica incolumità ovvero di violenza su persone o cose a danno di uno Stato, di una istituzione od organismo internazionale, al fine di sovvertire l'ordine costituzionale di uno Stato ovvero distruggere o indebolire le strutture politiche, economiche o sociali nazionali o sovranazionali;

c) costringere o indurre una o più persone, mediante violenza, minaccia, inganno o abuso di autorità, a fare ingresso o a soggiornare o a uscire dal territorio di uno Stato, o a trasferirsi all'interno dello stesso, al fine di sottoporla a schiavitù o al lavoro forzato o all'accattonaggio o allo sfruttamento di prestazioni sessuali;

d) indurre alla prostituzione ovvero compiere atti diretti al favoreggiamento o allo sfruttamento sessuale di un bambino; compiere atti diretti allo sfruttamento di una persona di età infantile al fine di produrre, con qualsiasi mezzo, materiale pornografico; fare commercio, distribuire, divulgare o pubblicizzare materiale pornografico in cui è riprodotto un minore;

e) vendere, offrire, cedere, distribuire, commerciare, acquistare, trasportare, esportare, importare o procurare ad altri sostanze che, secondo le legislazioni vigenti nei Paesi europei, sono considerate stupefacenti o psicotrope;

f) commerciare, acquistare, trasportare, esportare o importare armi, munizioni ed esplosivi in violazione della legislazione vigente;

g) ricevere, accettare la promessa, dare o promettere denaro o altra utilità in relazione al compimento o al mancato compimento di un atto inerente ad un pubblico ufficio;

h) compiere qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa all'utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi ovvero la diminuzione illegittima di risorse iscritte nel bilancio di uno Stato o nel bilancio generale delle Comunità europee o nei bilanci gestiti dalle Comunità europee o per conto di esse; compiere qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa alla distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per cui essi sono stati inizialmente concessi; compiere le medesime azioni od omissioni a danno di un privato, di una persona giuridica o di un ente pubblico;

i) sostituire o trasferire denaro, beni o altre utilità provenienti da reato, ovvero compiere in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza illecita;

l) contraffare monete nazionali o straniere, aventi corso legale nello Stato o fuori di esso o alterarle in qualsiasi modo dando l'apparenza di un valore superiore;

m) commettere, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto o di arrecare ad altri un danno, un fatto diretto a introdursi o a mantenersi abusivamente in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero danneggiare o distruggere sistemi informatici o telematici, dati, informazioni o programmi in essi contenuti o a essi pertinenti;

n) mettere in pericolo l'ambiente mediante lo scarico non autorizzato di idrocarburi, oli usati o fanghi derivanti dalla depurazione delle acque, l'emissione di sostanze pericolose nell'atmosfera, sul suolo o in acqua, il trattamento, il trasporto, il deposito, l'eliminazione di rifiuti pericolosi, lo scarico di rifiuti nel suolo o nelle acque e la gestione abusiva di una discarica; possedere, catturare e commerciare specie animali e vegetali protette;

o) compiere, al fine di trarne profitto, atti diretti a procurare l'ingresso illegale nel territorio di uno Stato di una persona che non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente;

p) cagionare volontariamente la morte di un uomo o lesioni personali della medesima gravità di quelle previste dall' articolo 583 del codice penale;

q) procurare illecitamente e per scopo di lucro un organo o un tessuto umano ovvero farne comunque commercio;

r) privare una persona della libertà personale o tenerla in proprio potere minacciando di ucciderla, di ferirla o di continuare a tenerla sequestrata al fine di costringere un terzo, sia questi uno Stato, una organizzazione internazionale tra più governi, una persona fisica o giuridica o una collettività di persone fisiche, a compiere un qualsiasi atto o ad astenersene, subordinando la liberazione della persona sequestrata a tale azione od omissione;

s) incitare pubblicamente alla violenza, come manifestazione di odio razziale nei confronti di un gruppo di persone, o di un membro di un tale gruppo, a causa del colore della pelle, della razza, della religione professata, ovvero dell'origine nazionale o etnica; esaltare, per razzismo o xenofobia, i crimini contro l'umanità;

t) impossessarsi della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, facendo uso delle armi o a seguito dell'attività di un gruppo organizzato;

u) operare traffico illecito di beni culturali, compresi gli oggetti di antiquariato e le opere d'arte;

v) indurre taluno in errore, con artifizi o raggiri, procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno;

z) richiedere con minacce, uso della forza o qualsiasi altra forma di intimidazione, beni o promesse o la firma di qualsiasi documento che contenga o determini un obbligo, un'alienazione o una quietanza;

aa) imitare o duplicare abusivamente prodotti commerciali, al fine di trarne profitto;

bb) falsificare atti amministrativi e operare traffico di documenti falsi;

cc) falsificare mezzi di pagamento;

dd) operare traffico illecito di sostanze ormonali e di altri fattori della crescita;

ee) operare traffico illecito di materie nucleari e radioattive;

ff) acquistare, ricevere od occultare veicoli rubati, o comunque collaborare nel farli acquistare, ricevere od occultare, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto;

gg) costringere taluno a compiere o subire atti sessuali con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità;

hh) cagionare un incendio dal quale deriva pericolo per l'incolumità pubblica;

ii) commettere reati che rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte penale internazionale;

ll) impossessarsi di una nave o di un aereo;

mm) provocare illegalmente e intenzionalmente danni ingenti a strutture statali, altre strutture pubbliche, sistemi di trasporto pubblico o altre infrastrutture, che comportano o possono comportare una notevole perdita economica.

1. In deroga all'articolo 7, comma 1, il mandato di arresto europeo è eseguito indipendentemente dalla doppia punibilità, per i reati che, secondo la legge dello Stato membro di emissione, rientrano nelle categorie di cui all'articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro e sono puniti con una pena o una misura di sicurezza privativa della libertà personale pari o superiore a tre anni.

2. L'autorità giudiziaria italiana accerta quale sia la definizione dei reati per i quali è richiesta la consegna, secondo la legge dello Stato membro di emissione, e se la stessa corrisponda alle fattispecie di cui al comma 1.

2. Abrogato

3. Se il fatto non è previsto come reato dalla legge italiana, non si dà luogo alla consegna del cittadino italiano se risulta che lo stesso non era a conoscenza, senza propria colpa, della norma penale dello Stato membro di emissione in base alla quale è stato emesso il mandato d'arresto europeo.

3.Abrogato

 


Articolo 6
(Ricezione del mandato d'arresto e misure cautelari)

 

L’articolo 6 apporta una serie di modifiche all'articolo 9 della legge n. 69 del 2005 recante disposizioni in materia di ricezione del mandato di arresto e di misure cautelari.

 

La procedura passiva di consegna può iniziare con modalità diverse a seconda che prenda avvio dall’arresto ad iniziativa della polizia giudiziaria (si veda l'art. 11 della legge n. 69) oppure dalla ricezione del mandato di arresto da parte del presidente della corte di appello competente in seguito alla trasmissione operata dal Ministro. In questo secondo caso, previsto dal comma 1 dell'articolo 9 della legge n. 69, il presidente della corte di appello, ricevuto il mandato trasmessogli dal Ministro o direttamente dall’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente, ne dà immediata comunicazione al procuratore generale e procede direttamente o tramite un magistrato delegato agli adempimenti di sua competenza applicando con ordinanza motivata se necessario una misura coercitiva. Il presidente della corte di appello procede con le stesse modalità nelle ipotesi in cui il mandato d'arresto e la relativa documentazione di cui all'articolo 6 (si veda la scheda relativa all'art.3) sono stati trasmessi direttamente dall'autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione. Sulla base poi del disposto di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 9 la Corte è tenuta a motivare la propria ordinanza cautelare esclusivamente in punto di periculum fugae, non rilevando al riguardo le altre esigenze cautelari contemplate in generale dall’articolo 274 c.p.p. né i gravi indizi di colpevolezza di cui all’articolo 273 c.p.p. né le condizioni di applicabilità delle misure coercitive di cui all'articolo 280 c.p.p. Il comma 6 dello stesso articolo 9 stabilisce perentoriamente che nessuna misura cautelare può essere applicata quando vi sono ragioni per ritenere che sussistono cause ostative alla consegna. Avverso l’ordinanza cautelare è ammesso per effetto del rinvio contenuto nell’ultimo comma dell’articolo 9 all’articolo 719 c.p.p. il ricorso per cassazione per violazione di legge.

 

L'articolo 6 dello schema interviene quindi sull'articolo 9 della legge n. 69:

·       eliminando (attraverso una modifica al comma 1 dell'articolo 9), ogni riferimento alla documentazione aggiuntiva della quale era richiesta la trasmissione ad opera dello Stato emittente il mandato di arresto;

·       ridefinendo (attraverso una riscrittura del comma 5 dell'articolo 9) l'ambito delle disposizioni in materia di misure cautelari personali che devono osservarsi, in quanto applicabili.

 

Il nuovo comma 5 dell'articolo 9 quindi:

·       richiama, fissando comunque un limite di applicabilità, le sole disposizioni contenute nei capi I, II, IV e VIII del titolo I del libro IV del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari, al fine di rendere palese - come precisa la relazione illustrativa -l'applicabilità alla persona della quale è richiesta la consegna delle sole misure cautelari coercitive, e, in relazione ad esse, l'esclusione della disciplina codicistica in materia di estinzione e di impugnazione;

·       amplia il catalogo delle disposizioni codicistiche che, seppure collocate nei capi richiamati, non possono comunque ritenersi applicabili per le misure cautelari coercitive applicate alla persona della quale è richiesta la consegna, includendo, oltre a quelle già contemplate dalla disposizione originaria (artt. 273, commi l e 1-bis, 274, comma l, lettera a) e c), e 280 c.p.p.), anche quelle del comma 2 dell'articolo 273 [3] , e degli articoli 275, comma 2-bis [4] , 278 [5] , 279 [6] e 297 [7] c.p.p.;

·       richiama, sempre nel limite della loro applicabilità, le specifiche disposizioni degli articoli 299 [8] e 300, comma 4 [9] , c.p.p. nonché dell'articolo 19, commi l, 2 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 488 del 1988, relativo alle misure cautelari personali per i minorenni.


 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 9

Ricezione del mandato d'arresto. Misure cautelari

Art. 9

Ricezione del mandato d'arresto. Misure cautelari

1. Salvo i casi previsti dall'articolo 11, il Ministro della giustizia, ricevuto il mandato d'arresto europeo emesso dall'autorità competente di uno Stato membro, lo trasmette senza ritardo al presidente della corte di appello, competente ai sensi dell'articolo 5. Il presidente della corte di appello dà immediata comunicazione al procuratore generale del mandato d'arresto europeo, procedendo direttamente, o tramite delega ad altro magistrato della corte, agli adempimenti di sua competenza. Il presidente della corte di appello procede con le stesse modalità nelle ipotesi in cui il mandato d'arresto e la relativa documentazione di cui all'articolo 6 sono stati trasmessi direttamente dall'autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione.

1. Salvo i casi previsti dall'articolo 11, il Ministro della giustizia, ricevuto il mandato d'arresto europeo emesso dall'autorità competente di uno Stato membro, lo trasmette senza ritardo al presidente della corte di appello, competente ai sensi dell'articolo 5. Il presidente della corte di appello dà immediata comunicazione al procuratore generale del mandato d'arresto europeo, procedendo direttamente, o tramite delega ad altro magistrato della corte, agli adempimenti di sua competenza. Il presidente della corte di appello procede con le stesse modalità nelle ipotesi in cui il mandato d'arresto è stato trasmesso direttamente dall'autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione.

2. Il presidente, nel caso in cui insorgano difficoltà relative alla ricezione o alla autenticità dei documenti trasmessi dall'autorità giudiziaria straniera, prende contatti diretti con questa al fine di risolverle.

2. Identico

3. Il presidente, nel caso in cui sia manifestamente competente altra corte di appello ai sensi dell'articolo 5, commi 3, 4 e 5, provvede senza indugio alla trasmissione del mandato d'arresto ricevuto.

3. Identico

4. Il presidente, compiuti gli adempimenti urgenti, riunisce la corte di appello che, sentito il procuratore generale, procede, con ordinanza motivata, a pena di nullità, all'applicazione della misura coercitiva, se ritenuta necessaria, tenendo conto in particolare dell'esigenza di garantire che la persona della quale è richiesta la consegna non si sottragga alla stessa.

4. Identico

5. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo I del libro IV del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari personali, fatta eccezione per gli articoli 273, commi 1 e 1-bis, 274, comma 1, lettere a) e c), e 280.

5. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni le disposizioni dei capi I, II, IV e VIII del titolo I del libro IV del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari personali, fatta eccezione per gli articoli 273, 274, comma l, lettere a) e c), 280, 275, comma 2-bis, 278, 279, 297, nonché le disposizioni degli articoli 299 e 300, comma 4, del codice di procedura penale e dell'art. 19, commi l, 2 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988 n. 448.

5-bis. All'atto della esecuzione della ordinanza di cui al comma 4, l'ufficiale o l'agente di polizia giudiziaria informa altresì la persona della quale è richiesta la consegna che ha facoltà di nominare un difensore nello Stato di emissione. Della nomina ovvero della volontà dell'interessato di avvalersi di un difensore nello Stato di emissione il presidente della Corte di appello dà immediato avviso all'autorità competente dello stesso.

5-bis. Identico

6. Le misure coercitive non possono essere disposte se vi sono ragioni per ritenere che sussistono cause ostative alla consegna.

6. Identico

7. Si applicano le disposizioni dell' articolo 719 del codice di procedura penale.

7. Identico


Articolo 7
(Inizio del procedimento)

 

L’articolo 7 interviene sull'articolo 10 della legge n. 69 del 2005 che disciplina l'inizio del procedimento per l'esecuzione di un mandato di arresto passivo.

 

L'articolo 10 della legge n. 69 prevede che entro cinque giorni dall'esecuzione delle misure coercitive (si veda l'art. 9 come modificato dall'articolo 6 dello schema), e alla presenza di un difensore fiducia o di ufficio, il presidente della corte di appello, (o il magistrato delegato), procede a sentire la persona sottoposta alla misura cautelare, informandola, in una lingua alla stessa conosciuta, del contenuto del mandato d'arresto europeo e della procedura di esecuzione, nonché della facoltà di acconsentire alla propria consegna all'autorità giudiziaria richiedente e di rinunciare al beneficio di non essere sottoposta ad altro procedimento penale, di non essere condannata o altrimenti privata della libertà personale per reati anteriori alla consegna diversi da quello per il quale questa è stata disposta. Ai sensi del comma 4 dell’articolo 10, poi, entro il termine di 20 giorni dall’esecuzione della misura coercitiva il presidente della corte (o il magistrato delegato) fissa, con decreto, l’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla consegna, udienza cui, in forza del rinvio di cui all’articolo 702 c.p.p., può intervenire, a condizione di reciprocità, anche lo Stato emittente rappresentato da un avvocato abilitato in Italia. Contestualmente viene disposto il deposito del mandato di arresto e di tutta la documentazione di cui all’articolo 6. Il decreto in questione è notificato alla persona destinataria del mandato e al suo difensore oltre che al procuratore generale almeno otto giorni prima dell’udienza.

 

Lo schema in esame interviene, come detto, sull'articolo 10 della legge n. 69:

·       aggiungendo un ulteriore periodo al comma 1 al fine (come precisa la relazione illustrativa) di stabilire chiaramente il carattere irrevocabile delle dichiarazioni con le quali la persona acconsente alla propria consegna o rinuncia al principio di specialità, così superando i dubbi in merito alla irrevocabilità della rinuncia che la formulazione adottata all'articolo 14 dal legislatore del 2005 aveva ingenerato;

·       riscrivendo il comma 4: viene ridotto da venti a quindici giorni il termine per la celebrazione dell'udienza di decisione sulla consegna e si stabilisce che il decreto di fissazione di tale udienza sia letto in udienza, così da evitare eventuali ritardi conseguenti a difetti di notifica e scongiurare, stante la presenza dell'interprete, anche l'insorgere di difficoltà della sua comprensione da parte della persona della quale è richiesta la consegna.

·       Aggiungendo un ulteriore comma, il comma 4-bis, il quale prevede che nel caso la corte non abbia ritenuto di applicare alcuna misura cautelare l'udienza per la decisione deve essere fissata non oltre i quindici giorni successivi e deve essere nel contempo disposto il deposito del mandato di arresto.

La relazione illustrativa osserva in proposito: "Stante la mancata applicazione di misure cautelari coercitive alla persona richiesta, solo la rapidità del procedimento può, infatti, garantire l'effettività dell'eventuale decisione sulla consegna, obiettivo imposto dall'articolo 12 della decisione quadro".

 


 

 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 10

Inizio del procedimento

Art. 10

Inizio del procedimento

1. Entro cinque giorni dall'esecuzione delle misure di cui all'articolo 9, e alla presenza di un difensore di ufficio nominato a norma dell' articolo 97 del codice di procedura penale, in mancanza di difensore di fiducia, il presidente della corte di appello, o il magistrato delegato, procede a sentire la persona sottoposta alla misura cautelare, informandola, in una lingua alla stessa conosciuta, del contenuto del mandato d'arresto europeo e della procedura di esecuzione, nonché della facoltà di acconsentire alla propria consegna all'autorità giudiziaria richiedente e di rinunciare al beneficio di non essere sottoposta ad altro procedimento penale, di non essere condannata o altrimenti privata della libertà personale per reati anteriori alla consegna diversi da quello per il quale questa è stata disposta.

1. Entro cinque giorni dall'esecuzione delle misure di cui all'articolo 9, e alla presenza di un difensore di ufficio nominato a norma dell' articolo 97 del codice di procedura penale, in mancanza di difensore di fiducia, il presidente della corte di appello, o il magistrato delegato, procede a sentire la persona sottoposta alla misura cautelare, informandola, in una lingua alla stessa conosciuta, del contenuto del mandato d'arresto europeo e della procedura di esecuzione, nonché della facoltà di acconsentire alla propria consegna all'autorità giudiziaria richiedente e di rinunciare al beneficio di non essere sottoposta ad altro procedimento penale, di non essere condannata o altrimenti privata della libertà personale per reati anteriori alla consegna diversi da quello per il quale questa è stata disposta. La persona richiesta in consegna è altresì informata che il consenso e la rinuncia, una volta resi, non sono revocabili.

2. Della data fissata per il compimento delle attività di cui al comma 1 è dato avviso al difensore almeno ventiquattro ore prima.

2. Identico

3. Della ordinanza di cui all'articolo 9 è data comunicazione, a richiesta della persona arrestata, ai familiari ovvero, se si tratta di straniero, alla competente autorità consolare.

3. Identico

4. Il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, fissa con decreto l'udienza in camera di consiglio per la decisione entro il termine di venti giorni dall'esecuzione della misura coercitiva e dispone contestualmente il deposito del mandato d'arresto europeo e della documentazione di cui all'articolo 6. Il decreto è comunicato al procuratore generale e notificato alla persona richiesta in consegna e al suo difensore, almeno otto giorni prima dell'udienza. Si applicano le disposizioni dell'articolo 702 del codice di procedura penale.

 

4. Il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, al termine delle attività previste al comma l, dispone il deposito del mandato di arresto europeo e contestualmente fissa l 'udienza in camera di consiglio per la decisione entro il termine di quindici giorni dall'esecuzione della misura, con decreto del quale dà immediata lettura alla persona richiesta, in una lingua alla stessa conosciuta, e al suo difensore. Il decreto è comunicato al procuratore generale immediatamente e, comunque, non oltre il giorno successivo. Si applicano le disposizioni dell'articolo 702 del codice di procedura penale.

 

4-bis. Nei casi in cui la corte di appello non applica alla persona richiesta alcuna misura cautelare, il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, all'esito della deliberazione adottata ai sensi dell'articolo 9, comma 4, fissa con decreto l'udienza per la decisione non oltre i quindici giorni successivi e dispone contestualmente il deposito del mandato di arresto. Il decreto è comunicato al procuratore generale e notificato alla persona richiesta in consegna e al suo difensore almeno cinque giorni prima dell'udienza. Si applicano le disposizioni dell'articolo 702 del codice di procedura penale.

 


Articolo 8
(Arresto ad iniziativa della polizia giudiziaria)

 

L’articolo 8 interviene sull'articolo 11 della legge n. 69 del 2005, che disciplina l'arresto della persona della quale è richiesta la consegna, coordinando tale disposizione con le modifiche apportate all'articolo 6 della legge del 2005.

 

Come già rilevato la procedura passiva di consegna può iniziare con modalità diverse a seconda che inizi con l'arresto ad iniziativa della polizia giudiziaria ovvero dalla ricezione del mandato da parte del presidente della Corte di appello competente in seguito alla trasmissione operata dal Ministro (si veda l'articolo 9 della legge n. 69 come modificato dall'art. 6 dello schema). La prima delle ipotesi testè illustrate è disciplinata dall'articolo 11 della legge n. 69. L'arresto ad iniziativa della polizia giudiziaria presuppone unicamente la segnalazione nel SIS ad opera di una autorità competente dello Stato di emissione del mandato di arresto europeo, prescindendosi sia dalla trasmissione del mandato stesso alla Corte d'appello competente sia dalla irreperibilità del ricercato. La polizia giudiziaria ai sensi del comma 1 dell'articolo 11 deve quindi porre l'individuo arrestato a disposizione del presidente della corte d'appello nel cui distretto è stato effettuato l'arresto immediatamente e comunque non oltre le ventiquattro ore, trasmettendo il relativo verbale e dando immediata informazione al Ministro della giustizia.

Ai sensi del comma 2 dell'articolo 11 il Ministro della giustizia comunica immediatamente allo Stato membro richiedente l'avvenuto arresto ai fini della trasmissione del mandato d'arresto e della documentazione di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 6.

 

L'articolo 8 dello schema interviene sul comma 2 dell'articolo 11 della legge n. 69 sopprimendo il riferimento alla documentazione che l'articolo 6 della legge n. 69 del 2005, nella sua formulazione originaria, prevedeva fosse trasmessa unitamente al mandato di arresto da parte delle autorità dello Stato membro richiedente. Si allinea in tal modo l'articolo alle modifiche apportate dall'articolo 3 dello schema all'articolo 6 della legge del 2005.

 

 

 


Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 11

Arresto ad iniziativa della polizia giudiziaria

Art. 11

Arresto ad iniziativa della polizia giudiziaria

1. Nel caso in cui l'autorità competente dello Stato membro ha effettuato segnalazione nel Sistema di informazione Schengen (SIS) nelle forme richieste, la polizia giudiziaria procede all'arresto della persona ricercata, ponendola immediatamente, e, comunque, non oltre ventiquattro ore, a disposizione del presidente della corte di appello nel cui distretto il provvedimento è stato eseguito, mediante trasmissione del relativo verbale, e dando immediata informazione al Ministro della giustizia.

1. Identico

2. Il Ministro della giustizia comunica immediatamente allo Stato membro richiedente l'avvenuto arresto ai fini della trasmissione del mandato d'arresto e della documentazione di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 6.

 

2. Il Ministro della giustizia comunica immediatamente allo Stato membro richiedente l'avvenuto arresto ai fini della trasmissione del mandato d'arresto.

 

 


Articolo 9
(Convalida dell'arresto)

 

L’articolo 9 modifica le disposizioni dettate dall'articolo 13 della legge n. 69 del 2005 per quanto attiene alla convalida dell'arresto.

 

L’articolo 13 della legge n. 69, nella sua formulazione vigente, prevede che entro quarantott’ore dalla ricezione del verbale di arresto il presidente della corte d’appello o il magistrato delegato ovvero il presidente del tribunale territorialmente competente, nel caso in cui la persona arrestata sia ristretta in luogo diverso da quello dell’arresto, informato il procuratore generale, procede alla presenza del difensore di fiducia o di ufficio all’audizione del soggetto arrestato qualora la corte accerti come "evidente" che l’arresto è stato eseguito per errore di persona o fuori dei casi previsti dalla legge. Il presidente rimette immediatamente in libertà con decreto motivato la persona arrestata entro il termine perentorio di quarantott’ore altrimenti si procede alla convalida dell’arresto (commi 1 e 2). Il comma 3 dell’articolo 13 stabilisce infine che in ogni caso l’eventuale ordinanza di convalida perde efficacia se nel termine di 10 giorni non perviene il mandato di arresto europeo o la segnalazione della persona nel SIS effettuata dall’autorità competente. Il termine si riferisce al momento in cui gli atti arrivano alla corte d’appello competente.

 

L'articolo 9, comma 1, lettera a) interviene in primo luogo sul comma 1 dell'articolo 13, al fine di allineare a quanto previsto dall'articolo 10, così come modificato, le informazioni e gli avvertimenti che anche la persona arrestata ad iniziativa della polizia giudiziaria deve ricevere in ordine alla facoltà di esprimere il consenso alla consegna e alla facoltà di rinunciare al principio di specialità. Si tratta di modifiche, che come osserva la relazione illustrativa, sono dettate dalla necessità di adeguare la legge a quanto previsto dall'articolo 13 della decisione quadro, il quale impone, a ben vedere, che tali dichiarazioni siano raccolte da un'autorità giudiziaria e che siano espresse non solo volontariamente, ma anche con piena consapevolezza delle conseguenze che comportano.

 La lettera b) modifica poi il comma 2 dell'articolo 13. Come evidenzia la relazione illustrativa, perseguendo le medesime finalità acceleratorie del procedimento poste alla base dell'intervento operato sull'articolo 10 della legge n. 69 del 2005 (si veda l'articolo 7 dello schema), è inserito il rimando per la fissazione dell'udienza alle disposizioni del medesimo articolo 10, come modificato. Si stabilisce, poi, che, nel caso in cui sia disposta l'immediata liberazione della persona arrestata, si proceda agli adempimenti previsti dall'articolo 10, comma 4-bis (ovvero all'immediata fissazione con decreto dell'udienza di decisione nei successivi quindici giorni) e che, nel caso in cui si proceda alla convalida dell'arresto, unitamente al provvedimento in materia cautelare debba essere emesso, dandone lettura, anche il decreto di fissazione dell'udienza di decisione ex comma 4 dell'articolo 10, comma 4.

 

Da ultimo la lettera c) interviene sul comma 3 dell'articolo 13 abrogando la previsione che stabilisce la perdita di efficacia della misura cautelare applicata, in caso di mancato pervenimento del mandato di arresto o della segnalazione della persona nel SIS nei dieci giorni successivi all'adozione della misura cautelare.

 

Si tratta di una modifica - evidenzia la relazione illustrativa - conseguente alla già ricordata necessità di armonizzare tutta la disciplina delle misure cautelari alle disposizioni dell'articolo 12 della decisione quadro che non contempla in alcuna fase del procedimento, per addivenire all'adozione di una decisione definitiva sulla consegna, l'obbligo di «rilascio della persona», a differenza di quanto stabilito, invece, in caso di violazione dei termini per la consegna dall'articolo 23.L'automatica caducazione della misura cautelare conseguente a ritardi nella trasmissione da parte dell'autorità giudiziaria dello Stato membro emittente di tale documentazione confligge, infatti, con l'essenziale esigenza di garantire che la persona della quale è richiesta la consegna non si dia alla fuga: e ciò considerando che a quel ritardo può porsi rimedio anche utilizzando i termini previsti per le informazioni o gli accertamenti integrativi dall'articolo 16 della legge.


 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 13

Convalida

Art. 13

Convalida

1. Entro quarantotto ore dalla ricezione del verbale di arresto, il presidente della corte di appello o un magistrato della corte da lui delegato, informato il procuratore generale, provvede, in una lingua alla stessa conosciuta e, se necessario, alla presenza di un interprete, a sentire la persona arrestata con la presenza di un difensore di ufficio nominato in mancanza di difensore di fiducia. Nel caso in cui la persona arrestata risulti ristretta in località diversa da quella in cui l'arresto è stato eseguito, il presidente della corte di appello può delegare per gli adempimenti di cui all'articolo 10 il presidente del tribunale territorialmente competente, ferma restando la sua competenza in ordine ai provvedimenti di cui al comma 2.

1. Entro quarantotto ore dalla ricezione del verbale di arresto, il presidente della corte di appello o un magistrato della corte da lui delegato, informato il procuratore generale, provvede, in una lingua alla stessa conosciuta e, se necessario, alla presenza di un interprete, a sentire la persona arrestata con la presenza di un difensore di ufficio nominato in mancanza di difensore di fiducia e a fornirle tutte le informazioni in merito alle facoltà indicate nell'articolo 10, comma 1. Nel caso in cui la persona arrestata risulti ristretta in località diversa da quella in cui l'arresto è stato eseguito, il presidente della corte di appello può delegare per gli adempimenti di cui all'articolo 10 il presidente del tribunale territorialmente competente, ferma restando la sua competenza in ordine ai provvedimenti di cui al comma 2.

2. Se risulta evidente che l'arresto è stato eseguito per errore di persona o fuori dai casi previsti dalla legge, il presidente della corte di appello, o il magistrato della corte da lui delegato, dispone con decreto motivato che il fermato sia posto immediatamente in libertà. Fuori da tale caso, si procede alla convalida dell'arresto provvedendo con ordinanza ai sensi degli articoli 9 e 10.

2. Se risulta evidente che l'arresto è stato eseguito per errore di persona o fuori dai casi previsti dalla legge, il presidente della corte di appello, o il magistrato della corte da lui delegato, dispone con decreto motivato che il fermato sia posto immediatamente in libertà e procede agli adempimenti previsti dall'articolo 10, comma 4-bis. Fuori da tale caso, si procede alla convalida dell'arresto provvedendo con ordinanza ai sensi degli articoli 9 e 10 e all'emissione del decreto di cui all'articolo 10, comma 4, di cui si dà lettura.

3. Il provvedimento emesso dal presidente della corte di appello ai sensi del comma 2 perde efficacia se nel termine di dieci giorni non perviene il mandato d'arresto europeo o la segnalazione della persona nel SIS effettuata dall'autorità competente. La segnalazione equivale al mandato d'arresto purché contenga le indicazioni di cui all'articolo 6.

 

3. La segnalazione della persona nel SIS effettuata dall'autorità competente equivale al mandato d'arresto purché contenga le indicazioni di cui all'articolo 6.

 

 


Articolo 10
(Consenso alla consegna)

 

L'articolo 10 modifica l'articolo 14 della legge n. 205 che reca la disciplina relativa al consenso alla propria consegna manifestato dalla persona richiesta.

 

L'articolo 14, nella sua formulazione vigente, prevede che il presidente della Corte d'appello (o un magistrato da lui delegato) nel corso dell’audizione della persona ricercata (sia nel caso di cui all’articolo 10 sia in quello contemplato dall’articolo 13) raccoglie il consenso della stessa alla propria consegna comunque alla presenza del difensore e, se necessario, dell’interprete (comma 1). Il consenso che il comma 3 qualifica come irrevocabile imponendo che l’interessato sia informato della stessa irrevocabilità, può essere espresso anche successivamente in qualsiasi fase del procedimento fino all’esito della discussione (comma 2). Nel caso di valido consenso alla consegna la decisione sulla richiesta di esecuzione del mandato d'arresto deve infatti essere presa con ordinanza dalla corte d’appello non oltre 10 giorni previo interpello in udienza del procuratore, del difensore e, se comparsa, della persona ricercata (comma 4). L'ordinanza emessa dal presidente della corte d'appello è quindi depositata tempestivamente in cancelleria e del deposito è dato avviso al difensore e alla persona ricercata nonché al procuratore generale. Alle parti è riconosciuto il diritto di ottenerne copia (comma 5).

 

E' opportuno sottolineare come la manifestazione del consenso non imponga necessariamente la consegna del destinatario del mandato d’arresto considerato che la corte d’appello deve sempre comunque verificare l’assenza di cause ostative alla consegna. Inoltre l’ordinanza di cui al comma 4 dell’articolo 14 è ricorribile per Cassazione in quanto provvedimento che decide sulla consegna ai sensi dell’articolo 22 comma 1 non è invece previsto l’effetto sospensivo della consegna che il comma 2 dello stesso articolo 22 limita alla sola sentenza.

L'articolo 10 (comma 1, lettera a) dello schema riscrive in primo luogo i commi 1 e 2 dell'articolo 14. Il primo ambito di intervento - come evidenzia la relazione illustrativa - attiene alla riduzione dei tempi necessari per l'adozione della decisione definitiva sulla consegna, al fine di garantire che essa possa essere assunta, in linea con quanto previsto dall'articolo 17, paragrafo 2, della decisione quadro, nei termini di dieci giorni dall'espressione del consenso, anche laddove la corte ravvisi la necessità di richiedere informazioni aggiuntive all'autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione. L'intervento correttivo mira inoltre ad elevare il grado di garanzie che devono accompagnare le dichiarazioni in merito al consenso alla consegna. A tal proposito, attraverso la riscrittura del comma 1 dell'articolo 14 si prevede che sia nel caso in cui il consenso è in sede di convalida dell'arresto eseguito dalla polizia giudiziaria (articolo 13, comma 1), sia nel caso in cui il consenso è raccolto quando la persona è sentita dopo l'esecuzione della misura cautelare adottata a suo carico (articolo 10, comma 1), il presidente della corte di appello (o il magistrato da lui delegato), disponga la fissazione dell'udienza nei successivi quattro giorni dall'espressione del consenso. Ed ancora si prevede che del decreto di fissazione sia data lettura in udienza alla persona interessata, in una lingua da lei compresa, e al suo difensore, nonché comunicazione al procuratore generale immediatamente o, comunque, entro le successive ventiquattro ore (lettera a).

L'aumento delle garanzie circa le modalità e condizioni che devono accompagnare l'espressione del consenso della persona richiesta alla propria consegna - osserva la relazione illustrativa - deriva dall'eliminazione, operata con la modifica integrale del comma 2 dell'articolo 14 della legge, della possibilità di rendere tale dichiarazione in carcere, necessaria in quanto l'articolo 13, paragrafo l, della decisione quadro prevede che sia l'autorità giudiziaria a raccogliere il consenso, mentre lo spostamento dell'avvertimento in ordine all'irrevocabilità del consenso, ad opera dell'articolo 7, nell'articolo 10, comma l, della legge n. 69 del 2005 ha imposto la soppressione del comma 3 dell'articolo 14 che tale avvertimento pure contemplava (lettere a) e b).

 

A logiche acceleratorie rispondono anche le modifiche apportate rispettivamente dalle lettere c) e d) ai commi 4 e 5 dell'articolo 14 della legge n. 69. Con la modifica del comma 4, oltre ad eliminare la previsione del termine di dieci giorni per la pronuncia dell'ordinanza, si prevede che l'udienza di decisione, con contestuale adozione dell'ordinanza decisoria, possa essere differita di tre giorni per il caso in cui una qualsiasi circostanza oggettiva, o la stessa necessità di acquisire informazioni ulteriori, abbia impedito di emettere la decisione sulla consegna all'udienza celebrata nei quattro giorni successivi all'espressione del consenso.

Anche la riscrittura del comma 5 dell'articolo 14 della legge n. 69 del 2005,

 mira a conseguire il medesimo risultato acceleratorio: si stabilisce infatti che la corte di appello dia immediata lettura dell'ordinanza con la quale decide sulla consegna della persona. E ciò sia nel caso di celebrazione dell'udienza di discussione a seguito di una dichiarazione di consenso alla consegna raccolta dal presidente della corte di appello o dal magistrato da lui delegato nel corso della convalida dell'arresto o dopo l'esecuzione dell'ordinanza cautelare, sia nel caso in cui il consenso è reso solo all'udienza di discussione.

Il secondo ambito di intervento riguarda la comunicazione alle competenti

autorità dello Stato emittente della decisione definitiva o dell'impugnazione di quella decisione, ipotesi, quest'ultima, la cui limitata ricorrenza, stante l'irrevocabilità del consenso manifestato alla consegna, può essere effettivamente ricondotta - come precisa la relazione illustrativa - a quei casi particolari per i quali l'articolo 17, paragrafo 4, della decisione quadro consente una proroga di trenta giorni del termine per l'adozione della decisione definitiva.


 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 14

Disposizioni di principio e definizioni

Art. 14

Disposizioni di principio e definizioni

1. Quando procede a sentire la persona della quale è stata richiesta la consegna, ai sensi degli articoli 10, comma 1, e 13, comma 1, il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, raccoglie l'eventuale consenso alla consegna, alla presenza del difensore e, se necessario, dell'interprete. Del consenso e delle modalità con cui è stato prestato si dà atto in apposito verbale.

l. Quando sente la persona della quale è stata richiesta la consegna ai sensi degli articoli 10, comma l, e 13, comma l, il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, se la persona esprime consenso alla consegna o rinuncia al beneficio di cui all'articolo 10, comma l, raccoglie tali dichiarazioni alla presenza del difensore e, se necessario, dell'interprete. Del consenso e della rinuncia prestata è dato atto in apposito verbale, in cui sono riportate le circostanze e le modalità con le quali la persona richiesta in consegna ha dichiarato di avvalersi di tali facoltà. Quando la persona ha prestato consenso alla consegna, il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, fissa nei quattro giorni successivi l 'udienza in camera di consiglio per la decisione, con decreto del quale dà immediata lettura alla persona della quale è richiesta la consegna, in una lingua alla stessa conosciuta, e al suo difensore. Il decreto è comunicato al procuratore generale immediatamente e, comunque, entro

le successive ventiquattro ore

2. Il consenso può essere espresso anche successivamente mediante dichiarazione indirizzata al direttore della casa di reclusione e dallo stesso immediatamente trasmessa al presidente della corte di appello, anche a mezzo telefax, ovvero con dichiarazione resa nel corso dell'udienza davanti alla corte e fino alla conclusione della discussione.

2. Il consenso e la rinuncia possono essere espressi anche nel corso dell'udienza davanti alla corte d'appello fissata ai sensi dell'articolo 10, commi 4 e 4-bis, fino alla conclusione della discussione. In tale caso la corte raccogli~ il consenso e la rinuncia, con le modalità descritte al

comma l, dopo avere fornito alla persona della quale è richiesta la consegna tutte le informazioni in merito alle facoltà indicate nell'articolo 10, comma l, salvo che la persona le abbia già ricevute.

3. Il consenso è irrevocabile. La persona arrestata è preventivamente informata della irrevocabilità del consenso e della rinuncia.

3. Il consenso è irrevocabile.

4. Nel caso che il consenso sia stato validamente espresso, la corte di appello provvede con ordinanza emessa senza ritardo e, comunque, non oltre dieci giorni, alla decisione sulla richiesta di esecuzione, dopo avere sentito il procuratore generale, il difensore e, se comparsa, la persona richiesta in consegna.

4. Nel caso che il consenso sia stato validamente espresso, la corte di appello provvede con ordinanza alla decisione sulla richiesta di esecuzione, dopo avere sentito il procuratore generale, il difensore e, se comparsa, la persona richiesta in consegna. Quando, per la necessità di acquisire le informazioni di cui all'articolo 16 o per altre circostanze oggettive, non è possibile adottare la decisione nel termine di cui al comma l, il predetto termine può essere prorogato, con decreto del presidente della corte di appello, sino a tre giorni.

5. L'ordinanza emessa dal presidente della corte di appello ai sensi del comma 4 è depositata tempestivamente in cancelleria e del deposito è dato avviso al difensore e alla persona richiesta in consegna nonché al procuratore generale. Le parti hanno diritto di ottenerne copia.

5. La corte di appello, all'esito dell'udienza prevista ai commi l, terzo periodo, e 4, secondo periodo, o di quella prevista all'articolo 10, commi 4 e 4-bis, dà immediata lettura dell'ordinanza. La lettura equivale a notificazione alle parti, anche se non presenti, che hanno diritto ad avere copia del provvedimento. L'ordinanza, decorso il termine per la proposizione

del ricorso previsto dall'articolo 22, comma 5-bis, è immediatamente comunicata al Ministro della giustizia, che provvede a informare le competenti autorità dello Stato membro di emissione e altresì, quando non è stato presentato ricorso e l'ordinanza dispone la consegna, il Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia. Quando è stato proposto ricorso, il Ministro della giustizia informa le competenti autorità dello Stato membro che l'avvenuta proposizione dell'impugnazione è il motivo che ha impedito l'adozione della decisione definitiva sull'esecuzione del mandato di arresto nel termine di dieci giorni successivi all'espressione del consenso.

 


Articolo 11
(Informazioni e accertamenti integrativi)

 

L’articolo 11 interviene sull'articolo 16 della legge n. 69 del 2005 che detta la disciplina delle informazioni e degli accertamenti integrativi il cui invio la corte di appello, nel caso ritenga insufficienti quelli già inoltratile, può richiedere allo Stato membro di emissione.

 

L'articolo 16 della legge n. 69 disciplina l'eventualità in cui risultino ai fini della decisione necessarie informazioni aggiuntive che ove non fornite dallo Stato di emissione entro il termine, non superiore ai trenta giorni, stabilite dalla Corte d'appello imporrebbe il rifiuto della consegna ai sensi dell'articolo 6 comma 6 (comma 1). Il comma 2 dell'articolo conferisce alla Corte d'appello anche il potere di disporre ogni ulteriore accertamento che ritiene necessario al fine della decisione.

 

L'articolo 11, comma 1, dello schema interviene sull'articolo 16 della legge, operando, come precisa la relazione illustrativa, un riallineamento degli atti che la corte di appello deve valutare nell'ambito della procedura del mandato di arresto: a tal fine, conformemente alle modifiche apportate all'articolo 6 della legge (si veda l'articolo 3 dello schema), viene eliminato dall'articolo 11 il riferimento alla "documentazione". Inoltre, si sostituisce, per il caso di ritenuta insufficienza delle informazioni, la facoltà della corte di appello di richiedere alle autorità dello Stato emittente ulteriori informazioni con la previsione della doverosità di tale richiesta, della quale è rimarcata l'urgenza (lettere a e b).

 


 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 16

Informazioni e accertamenti integrativi

Art. 16

Informazioni e accertamenti integrativi

1. Qualora la corte di appello non ritenga sufficienti ai fini della decisione la documentazione e le informazioni trasmesse dallo Stato membro di emissione, può richiedere allo stesso, direttamente o per il tramite del Ministro della giustizia, le informazioni integrative occorrenti. In ogni caso stabilisce un termine per la ricezione di quanto richiesto, non superiore a trenta giorni. Se l'autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione non dà corso alla richiesta, si applica il comma 6 dell'articolo 6.

1. Qualora la corte di appello non ritenga sufficienti ai fini della decisione le informazioni trasmesse dallo Stato membro di emissione, richiede con urgenza allo stesso, direttamente o per il tramite del Ministro della giustizia, le informazioni integrative occorrenti. In ogni caso stabilisce un termine per la ricezione di quanto richiesto, tenendo conto della necessità di rispettare i termini stabiliti dall'articolo 14, comma 4, o dall'articolo 17, comma 2-bis, per l'adozione della propria decisione.

2. La corte di appello, d'ufficio o su richiesta delle parti, può disporre altresì ogni ulteriore accertamento che ritiene necessario al fine della decisione.

 

2. La corte di appello, d'ufficio o su richiesta delle parti, può disporre altresì ogni ulteriore accertamento che ritiene necessario rispettando i termini stabiliti dall'articolo 14, comma 4, o dall'articolo 17, comma 2-bis, per l'adozione della decisione.

 


Articolo 12
(Decisione sulla richiesta di esecuzione)

 

L’articolo 12 apporta una serie di modifiche all'articolo 17 della legge n. 69 il quale detta la disciplina relativa alla decisione sulla richiesta di esecuzione nel caso in cui l'interessato non consenta alla propria consegna.

 

La legge n. 69 reca - come accennato - una differente disciplina della decisione a seconda che l'interessato consenta (si veda l'articolo 14 della legge come modificato dall'articolo 10 dello schema) - o meno alla propria consegna. L'articolo 17 disciplina quest'ultima ipotesi. Tale disposizione prevede che la corte d'appello decida con sentenza in camera di consiglio sull'esistenza delle condizioni per l'accoglimento della richiesta. All'udienza devono partecipare necessariamente il procuratore generale ed il difensore, mentre la presenza dell'interessato è solo eventuale (comma 1). Ai sensi del comma 2 la Corte d'appello deve quindi decidere sulla richiesta di consegna, sentiti tutti i presenti, con sentenza entro il termine di sessanta giorni dalla esecuzione della misura cautelare di cui agli articoli 9 e 13. Il termine, ripreso dalla decisione quadro, è prorogabile per cause di forza maggiore, di altri trenta giorni. Il comma 3 precisa che nel caso in cui la persona ricercata benefici di una immunità riconosciuta dall'ordinamento italiano, il termine per la decisione comincia a decorrere solo se e a partire dal giorno in cui la corte di appello è stata informata del fatto che l'immunità non opera più. Se la decisione sulla esclusione dell'immunità compete a un organo dello Stato italiano, la corte provvede a inoltrare la richiesta. Ai fini della decisione sulla consegna, oltre ai motivi ostativi, quale requisito per l'esecuzione di mandati di arresti passivi di tipo processual-cautelare il comma 4 dell'articolo 17 prevede, poi, che la corte d'appello pronunci la sentenza con cui dispone la consegna della persona ricercata" se sussistono gravi indizi di colpevolezza" ovvero se esiste una sentenza irrevocabile di condanna. Nel caso in cui la decisione sia contraria alla consegna, la corte di appello con la sentenza revoca immediatamente le misure cautelari applicate (comma 5). Il comma 6 prescrive la lettura immediata della sentenza al termine della camera di consiglio, che equivale a notificazione per tutte le parti anche se non presenti. La sentenza è immediatamente comunicata, anche a mezzo telefax, al Ministro della giustizia, che provvede ad informare le competenti autorità dello Stato membro di emissione ed altresì, quando la decisione è di accoglimento, il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia (comma 7).

 

L'articolo 12 dello schema interviene sull'articolo 17 della legge n. 69 del 2005, modificandone i commi 2, 4 e 7.

 

Le modifiche apportate - precisa la relazione illustrativa - intendono perseguire, in primo luogo, quell'accelerazione dei tempi del procedimento necessaria per rispettare il termine per l'adozione della decisione definitiva sulla esecuzione del mandato di arresto europeo, individuato dalla decisione quadro in sessanta giorni dall'arresto del ricercato.

 

Il comma 2 dell'articolo 17, come modificato dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 12 dello schema, prevede che la Corte d'appello debba decidere sulla richiesta di consegna nel più breve tempo possibile e comunque entro quindici giorni dalla esecuzione della misura cautelare o dall'arresto della persona ricercata.

 

Rispetto alla formulazione vigente quindi oltre ad essere rimarcata la necessità che la decisione da parte della corte di appello sia adottata «nel più breve tempo possibile», è ridotto da sessanta a quindici giorni il termine per l'adozione della decisione sulla consegna e specificato il dies a quo, che viene individuato in quello dell'esecuzione della misura cautelare disposta o dell'avvenuto arresto della persona ricercata.

 

Lo schema (comma 1, lettera b) introduce poi un ulteriore comma all'articolo 17. Il nuovo comma 2-bis prevede che nel caso in cui ricorra la necessità di acquisire informazione o per altre circostanze oggettive, il termine per l'adozione della decisione potrà essere prorogato di dieci giorni.

 

E' opportuno rilevare che la lettera a) del comma 1 dell'articolo 12 dispone l'abrogazione del secondo e del terzo periodo del comma 2 dell'articolo 17 della legge del 2005, il quale, come accennato prevede che il termine per l'adozione della decisione è prorogabile per cause di forza maggiore, di altri trenta giorni.

 

La lettera c) del comma 1 dell'articolo 12 dello schema modifica poi il comma 4 dell'articolo 17 nella parte in cui prevedeva ai fini della decisione sulla consegna, oltre ai motivi ostativi l'accertamento sulla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza ovvero di una sentenza irrevocabile di condanna.

 

Si tratta, come evidenza la relazione illustrativa, di una modifica coerente con l'intervento già operato sul comma 3 dell'articolo 6 della legge n. 69 del 2005.

 

Infine la lettera d) del comma 1 dell'articolo 12 interviene sul comma 7 dell'articolo 17, al fine di chiarire, in considerazione del carattere non definitivo della sentenza emessa, che la prevista comunicazione al Ministro della giustizia debba essere effettuata solo dopo l'avvenuto esaurimento del termine per proporre impugnazione, così da consentire al Ministro di procedere all' informazione al Servizio per la cooperazione internazionale di polizia solo nel caso in cui l'eventuale disposta consegna sia ormai definitiva.


 

 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 17

Decisione sulla richiesta di esecuzione

Art. 17

Decisione sulla richiesta di esecuzione

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 14, la corte di appello decide con sentenza in camera di consiglio sull'esistenza delle condizioni per l'accoglimento della richiesta di consegna, sentiti il procuratore generale, il difensore, e, se compare, la persona richiesta in consegna, nonché, se presente, il rappresentante dello Stato richiedente.

1. Identico

2. La decisione deve essere emessa entro il termine di sessanta giorni dall'esecuzione della misura cautelare di cui agli articoli 9 e 13. Ove, per cause di forza maggiore, sia ravvisata l'impossibilità di rispettare tali termini il presidente della corte di appello informa dei motivi il Ministro della giustizia, che ne dà comunicazione allo Stato richiedente, anche tramite l'Eurojust. In questo caso i termini possono essere prorogati di trenta giorni.

2. La decisione deve essere emessa nel più breve tempo possibile e, comunque, entro quindici giorni dall'esecuzione della misura cautelare di cui all'articolo 9 o, nel caso previsto dall'articolo 11, dall'arresto della persona ricercata.

 

2-bis. Quando, per la necessità di acquisire le informazioni di cui all'articolo 16 o per altre circostanze oggettive, non è possibile rispettare il termine indicato al comma 2, esso può essere prorogato con decreto del presidente della corte di appello sino a dieci giorni.

3. Nel caso in cui la persona ricercata benefici di una immunità riconosciuta dall'ordinamento italiano, il termine per la decisione comincia a decorrere solo se e a partire dal giorno in cui la corte di appello è stata informata del fatto che l'immunità non opera più. Se la decisione sulla esclusione dell'immunità compete a un organo dello Stato italiano, la corte provvede a inoltrare la richiesta.

3.Identico

4. In assenza di cause ostative la corte di appello pronuncia sentenza con cui dispone la consegna della persona ricercata se sussistono gravi indizi di colpevolezza ovvero se esiste una sentenza irrevocabile di condanna.

4. In assenza di cause ostative la corte di appello pronuncia sentenza con cui dispone la consegna della persona ricercata.

5. Quando la decisione è contraria alla consegna, la corte di appello con la sentenza revoca immediatamente le misure cautelari applicate.

5 Identico.

6. Della sentenza è data, al termine della camera di consiglio, immediata lettura. La lettura equivale a notificazione alle parti, anche se non presenti, che hanno diritto ad ottenere copia del provvedimento.

6. Identico

7. La sentenza è immediatamente comunicata, anche a mezzo telefax, al Ministro della giustizia, che provvede ad informare le competenti autorità dello Stato membro di emissione ed altresì, quando la decisione è di accoglimento, il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia.

7. La sentenza, decorso il termine per la proposizione del ricorso previsto dall'articolo 22, comma l, è immediatamente comunicata al Ministro della giustizia, che provvede ad informare le competenti autorità dello Stato membro di emissione e altresì, quando non è stato presentato ricorso e la decisione è di accoglimento, il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia.

 



Articolo 13
(Motivi di rifiuto obbligatorio della consegna)

 

L’articolo 13 - modificando l'articolo 18 della legge n. 69 del 2005 - incide sulla disciplina del rifiuto obbligatorio della consegna. Secondo la formulazione proposta. la corte di appello rifiuta la consegna nei seguenti casi: estinzione del reato contestato per amnistia prevista dalla legge italiana, quando vi è la giurisdizione dello Stato italiano sul fatto; emissione di sentenza o decreto penale irrevocabili o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta a impugnazione (in Italia) ovvero (in altro Stato membro) di sentenza definitiva, purché, in caso di condanna, la pena sia stata già eseguita ovvero sia in corso di esecuzione, ovvero non possa più essere eseguita; la persona destinataria del mandato era minore di 14 anni al momento della commissione del fatto.

 

La legge n. 177 del 2019, articolo 6, comma 3, lettera a), come ricordato, contempla, quale criterio di delega, l’armonizzazione delle disposizioni della legge 22 aprile 2005, n. 69 alla decisione quadro 2002/584/GAI, in relazione, tra l'altro, alla disciplina dei motivi di rifiuto, prevedendo, in particolare, quali motivi di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo quelli indicati dall'articolo 4 della decisione quadro 2002/584/GAI, al fine di assicurare il principio del mutuo riconoscimento e la salvaguardia dei principi fondamentali dell'ordinamento, secondo quanto stabilito dall'articolo 1 della decisione quadro e dal considerando n. 12, tenuto conto del principio di presunzione del rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE, e di quanto stabilito dal Titolo I-bis del codice di procedura penale.

In conformità ai principi di delega qui sopra menzionati, il comma 4 del medesimo art. 6 della legge n. 117 dispone che, in sede di esercizio della delega, possono essere apportate opportune modifiche agli articoli 18 e 18-bis, sui motivi di rifiuto, come rispettivamente modificato e introdotto dal comma 5 dell'art. 6 in parola.

 

L'articolo 13 dello schema di decreto in esame propone modifiche, come sopra accennato, all'articolo 18 della legge n. 69 sui motivi obbligatori di rifiuto, al fine di adeguare la disciplina ivi prevista alle disposizioni della decisione quadro. Per quanto concerne i motivi facoltativi di rifiuto e art. 4 della decisione quadro, si veda la scheda sull'art. 14 dello schema di decreto.

 

Rispetto al testo vigente dell'articolo 18:

1.     la lettera a) del nuovo testo è identica alla lettera l) del testo vigente dell'art. 18, salvo una modifica di carattere meramente formale;

2.     la lettera b) riprende - con alcune modifiche di carattere tecnico o finalizzate alla maggiore chiarezza della disposizione - il contenuto della lettera m) e - per quanto concerne il non luogo a procedere non più soggetto ad impugnazione - della lettera o) del testo vigente dell'art. 18;

3.     la lettera c) riprende, con modifiche sostanziali, il contenuto della lettera i) del testo vigente dell'art. 18.

 

In particolare, la citata lettera c) espunge i casi di rifiuto obbligatorio quando il destinatario del mandato era minore di 18 anni al momento della commissione del fatto e sia verificata almeno una delle seguenti circostanze:

§  il reato per cui si procede è punito con una pena inferiore nel massimo a nove anni;

§  la restrizione della libertà personale risulta incompatibile con i processi educativi in atto;

§  l'ordinamento dello Stato membro di emissione non prevede differenze di trattamento carcerario tra il minore di anni 18 e il soggetto maggiorenne;

§  il soggetto risulti comunque non imputabile all'esito dei necessari accertamenti;  

§  nell'ordinamento dello Stato membro di emissione non è previsto l'accertamento della effettiva capacità di intendere e di volere.

Riguardo a tali modifiche relative all'imputabilità del minore, la novella proposta mira ad espungere dal testo della legge quelle previsioni, attualmente applicabili al minore di età compresa tra 14 e 18 anni, che non abbiano un riscontro nella decisione quadro.

Si ricorda che, nell'ordinamento italiano, mentre l'art. 97 c.p. prevede la non imputabilità del minore di anni quattordici al momento della commissione del fatto, l'art. 98 c.p. stabilisce che sia imputabile il minorenne che ha compiuto i quattordici anni, "se aveva capacità d'intendere e di volere". Prevede inoltre la diminuzione della pena. La norma rimette quindi all'apprezzamento del giudice la presenza o meno della capacità del minorenne.

 

Resta fermo quanto previsto dalle seguenti norme:

§  art. l, commi 3 e 3-ter, della legge n. 69 del 2005, sull'esecuzione del mandato di arresto, con la massima urgenza (commi modificati dall'art. 1 del presente schema di decreto legislativo);

§  art. 2, sul rispetto dei diritti fondamentali e garanzie costituzionali (modificato dall'art. 2 dello schema);

§  art. 7, concernente i casi di doppia punibilità (modificato dall'art. 4 dello schema).

 

La nuova formulazione dell'art. 18 proposta dallo schema di decreto, quindi, sopprime implicitamente tutti i casi di rifiuto obbligatorio attualmente previsti dalla lettera a) alla lettera h), lettera n), dalla lettera p) alla lettera s).

 

Riguardo al vigente articolo 18 della legge del 2005 (per il testo si veda il testo a fronte, infra) si rileva come il numero complessivo di motivi di rifiuto obbligatorio sia decisamente più significativo in rapporto alle ipotesi previste nella decisione quadro. In linea di massima, i motivi di rifiuto ex art. 18 possono essere raggruppati in quattro differenti categorie:

1.     lett. i), m) ed l), recanti tre motivi di rifiuto obbligatori che costituiscono la diretta trasposizione di altrettante clausole ostative già previste dalla decisione quadro;

2.     lett. n) e o), recanti una serie di clausole ostative che la decisione quadro presenta come facoltative (art. 4 della decisione quadro) ma che la legge di attuazione ha trasformato in obbligatorie;

3.     lett. a), d) ed h), recanti una serie di motivi di rifiuto non direttamente riconducibili all’articolato della decisione quadro, bensì al suo preambolo, in particolare ai "considerando" 12 e 13.

4.     le disposizioni dell’art. 18 – di cui alle lett. b), c), e), f), g), p), q), r) e s) - le quali sembrano rispondere ad esigenze di portata prettamente nazionale.

 

La lett. n) (di cui al punto n. 2 del precedente elenco) concerne la prescrizione del reato o della pena. Tale lettera viene espunta tra i motivi obbligatori di rifiuto.

Al riguardo, si ricorda che l'art. 8 della Convenzione relativa all'estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea, con Allegato, fatta a Dublino il 27 settembre 1996 (ratificata con legge n. 66 del 2019), stabilisce che l'estradizione non può essere rifiutata per la prescrizione dell'azione penale o della pena, ai sensi della legge dello Stato membro richiesto. Si prevede, inoltre, che lo Stato membro richiesto possa non applicare tale disposizione quando la domanda di estradizione è basata su fatti che rientrino nella giurisdizione del medesimo Stato membro, secondo la sua legge penale. Il rifiuto ha quindi carattere facoltativo.

Inoltre, l'art. 4, n. 4), della decisione quadro, riconduce la prescrizione ai motivi facoltativi di rifiuto del m.a.e., quando i fatti rientrano nella competenza dello Stato membro di esecuzione in virtù del proprio diritto penale.

Ne consegue che la disposizione che inserisce la prescrizione come motivo di rifiuto obbligatorio sarebbe in contrasto con l'art. 4 della decisione quadro.

Secondo quanto evidenziato dalla relazione illustrativa, si è optato per non inserire la prescrizione tra i motivi di rifiuto facoltativo in quanto la mancanza di parametri legali da porre a fondamento renderebbe tale decisione arbitraria. Inoltre, risulta insussistente, prosegue la relazione illustrativa, un "interesse dello Stato ad accordare tutela all'aspettativa del soggetto ricercato di beneficiare delle previsioni nazionali in tema di prescrizione".

 

Riguardo alla lett. o) (concernente la sentenza di non luogo a procedere "non più soggetta a impugnazione") risulta assorbita, come già detto, dalla nuova lett. b).  Rispetto alla formulazione vigente, la nuova formulazione non ripropone il riferimento esplicito all'art. 434 c.p.p. per la revoca della sentenza [10] .

 Con riguardo alla lett. r) è opportuno ricordare che tale disposizione è stata dichiarata illegittima dalla sentenza della Corte costituzionale n. 227 del 2010 per violazione degli articoli 11 e 117, comma 1 Cost, nella parte in cui non prevede il rifiuto di consegna anche del cittadino di un altro Paese membro dell'UE, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, ai fini dell'esecuzione della pena detentiva in Italia conformemente al diritto interno.

 

La soppressione dei motivi di rifiuto obbligatori di cui ai punti nn. 3 e 4 del precedente elenco è generalmente riconducibile alla volontà di espungere i casi non previsti dalle disposizioni della decisione quadro.

 


 

 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art.18

Motivi di rifiuto obbligatorio della consegna

Art.18

Motivi di rifiuto obbligatorio della consegna

1. La corte di appello rifiuta la consegna nei seguenti casi:

1. Fermo quanto previsto dagli articoli l, commi 3 e 3-ter, 2 e 7, la corte di appello rifiuta la consegna nei seguenti casi:

a) se vi sono motivi oggettivi per ritenere che il mandato d'arresto europeo è stato emesso al fine di perseguire penalmente o di punire una persona a causa del suo sesso, della sua razza, della sua religione, della sua origine etnica, della sua nazionalità, della sua lingua, delle sue opinioni politiche o delle sue tendenze sessuali oppure che la posizione di tale persona possa risultare pregiudicata per uno di tali motivi;

abrogata

b) se il diritto è stato leso con il consenso di chi, secondo la legge italiana, può validamente disporne;

abrogata

c) se per la legge italiana il fatto costituisce esercizio di un diritto, adempimento di un dovere ovvero è stato determinato da caso fortuito o forza maggiore;

abrogata

d) se il fatto è manifestazione della libertà di associazione, della libertà di stampa o di altri mezzi di comunicazione;

abrogata

e) se la legislazione dello Stato membro di emissione non prevede i limiti massimi della carcerazione preventiva;

abrogata

f) se il mandato d'arresto europeo ha per oggetto un reato politico, fatte salve le esclusioni previste dall'articolo 11 della Convenzione internazionale per la repressione degli attentati terroristici mediante utilizzo di esplosivo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 15 dicembre 1997, resa esecutiva dalla legge 14 febbraio 2003, n. 34; dall'articolo 1 della Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1977, resa esecutiva dalla legge 26 novembre 1985, n. 719; dall'articolo unico della legge costituzionale 21 giugno 1967, n. 1;

abrogata

g) se dagli atti risulta che la sentenza irrevocabile, oggetto del mandato d'arresto europeo, non sia la conseguenza di un processo equo condotto nel rispetto dei diritti minimi dell'accusato previsti dall'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e dall'articolo 2 del protocollo n. 7 a detta Convenzione, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, reso esecutivo dalla legge 9 aprile 1990, n. 98, statuente il diritto ad un doppio grado di giurisdizione in materia penale;

abrogata

h) se sussiste un serio pericolo che la persona ricercata venga sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti;

abrogata

lett. i) v. infra

 

l) se il reato contestato nel mandato d'arresto europeo è estinto per amnistia ai sensi della legge italiana, ove vi sia la giurisdizione dello Stato italiano sul fatto;

a) se il reato contestato nel mandato d'arresto europeo è estinto per amnistia ai sensi della legge italiana, quando vi è la giurisdizione dello Stato italiano sul fatto;

m) se risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza irrevocabile per gli stessi fatti da uno degli Stati membri dell'Unione europea purché, in caso di condanna, la pena sia stata già eseguita ovvero sia in corso di esecuzione, ovvero non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro che ha emesso la condanna;

o) se è stata pronunciata, in Italia, sentenza di non luogo a procedere, salvo che sussistano i presupposti di cui all'articolo 434 del codice di procedura penale per la revoca della sentenza;

b) se risulta che nei confronti della persona ricercata, per gli stessi fatti, sono stati emessi, in Italia, sentenza o decreto penale irrevocabili o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta a impugnazione o, in altro Stato membro dell'Unione europea, sentenza definitiva, purché, in caso di condanna, la pena sia stata già eseguita ovvero sia in corso di esecuzione, ovvero non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato che ha emesso la condanna;

i) se la persona oggetto del mandato d'arresto europeo era minore di anni 14 al momento della commissione del reato, ovvero se la persona oggetto del mandato d'arresto europeo era minore di anni 18 quando il reato per cui si procede è punito con una pena inferiore nel massimo a nove anni, o quando la restrizione della libertà personale risulta incompatibile con i processi educativi in atto, o quando l'ordinamento dello Stato membro di emissione non prevede differenze di trattamento carcerario tra il minore di anni 18 e il soggetto maggiorenne o quando, effettuati i necessari accertamenti, il soggetto risulti comunque non imputabile o, infine, quando nell'ordinamento dello Stato membro di emissione non è previsto l'accertamento della effettiva capacità di intendere e di volere;

c) se la persona oggetto del mandato d'arresto europeo era minore di anni 14 al momento della commissione del reato.

n) se i fatti per i quali il mandato d'arresto europeo è stato emesso potevano essere giudicati in Italia e si sia già verificata la prescrizione del reato o della pena;

abrogata

lett. o) v. supra

 

p) se la persona richiesta in consegna è una donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, salvo che, trattandosi di mandato d'arresto europeo emesso nel corso di un procedimento, le esigenze cautelari poste a base del provvedimento restrittivo dell'autorità giudiziaria emittente risultino di eccezionale gravità;

abrogata

q) se il provvedimento cautelare in base al quale il mandato d'arresto europeo è stato emesso risulta mancante di motivazione;

abrogata

r) se la persona richiesta in consegna beneficia per la legge italiana di immunità che limitano l'esercizio o il proseguimento dell'azione penale;

abrogata

s) se la sentenza per la cui esecuzione è stata domandata la consegna contiene disposizioni contrarie ai princìpi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano.

abrogata

 

 

 

 


Articolo 14
(Motivi di rifiuto facoltativo della consegna)

 

L’articolo 14 incide sulla disciplina del rifiuto facoltativo della consegna modificando l'articolo 18-bis della legge n. 69 del 2005. Il testo proposto prevede, come nel testo vigente, che il mandato di arresto possa essere rifiutato quando nei confronti del ricercato sia in corso un procedimento penale in Italia; non viene più esclusa il rifiuto facoltativo nell'ipotesi che il mandato concerna l'esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa in uno Stato membro. Prevede, infine, che i casi di rifiuto della consegna - attualmente previsti in talune circostanze - in relazione a soggetti legalmente residenti o dimoranti nel territorio italiano, trovino applicazione quando la durata del periodo di residenza o dimora sia di almeno cinque anni.

 

Tale nuova disciplina costituisce attuazione dei principi di delega dettati dalla legge n. 117 del 2019, articolo 6, comma 3, lettera a), e comma 4.

 

L'articolo 18-bis - inserito dalla legge n. 117 del 2019, legge di delegazione europea 2018 - disciplina i motivi di rifiuto facoltativo della consegna.

La norma prevede che, quando il mandato di arresto europeo è stato emesso al fine dell'esercizio di azioni giudiziarie in materia penale, la Corte d'appello possa rifiutare la consegna:

§  se, per lo stesso fatto che è alla base del mandato d'arresto europeo, nei confronti della persona ricercata, è in corso un procedimento penale in Italia, esclusa l'ipotesi in cui il mandato d'arresto europeo concerne l'esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa in uno Stato membro dell'Unione europea (co. 1, lett. a, del testo vigente, corrispondente alla lett. b nel testo proposto); come sopra accennato, la novella propone di espungere l'esclusione in caso sentenza definiva di altro Stato membro;

§  se il mandato d'arresto europeo riguarda reati che dalla legge italiana sono considerati reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio; ovvero reati che sono stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, se la legge italiana non consente l'azione penale per gli stessi reati commessi al di fuori del suo territorio (lett. b) del testo vigente, corrispondente, in identico testo, alla lett. a) nel nuovo testo);

§  se il mandato d'arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, qualora la persona ricercata sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell'Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimori nel territorio italiano, sempre che la corte di appello disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno (lett. c), corrispondente al comma 2 del nuovo testo); come sopra accennato, secondo la nuova formulazione la norma trova applicazione quando il periodo di residenza o dimora in Italia sia di almeno cinque anni.

 

Riguardo alla nozione di "residenza" e "dimora", la Cassazione penale ha rilevato (Sez. VI, Sentenza, 30 ottobre 2018, n. 49992) che la nozione di "residenza" che viene in considerazione per l'applicazione dei diversi regimi di consegna previsti dalla legge 22 aprile 2005, n. 69, presuppone l'esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero nello Stato, tra i cui indici concorrenti vanno indicati la legalità della sua presenza in Italia, l'apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, la distanza temporale tra quest'ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all'estero, la fissazione in Italia. Ancora, la Corte (Cass. pen. Sez. VI, Sentenza 21 giugno 2018, n. 29290) ha precisato che l'art. 18, lett. r), della legge del 2005 che consente il rifiuto della consegna del soggetto destinatario di un mandato d'arresto europeo all'autorità giudiziaria procedente trova applicazione solo con riferimento ai cittadini italiani ed ai cittadini di un altro Paese membro dell'UE che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano. Per quel che concerne, invece, la facoltà riconosciuta alla corte di appello di rinviare la consegna per consentire alla persona richiesta in consegna di essere sottoposta a procedimento penale in Italia per un reato diverso da quello oggetto del mandato d'arresto, questa implica una valutazione di opportunità, che deve tener conto non solo dei criteri desumibili dalla L. n. 69 del 2005, art. 20 (ossia, la gravità dei reati e la loro data di consumazione), ma anche di altri parametri pertinenti, quali lo stato di restrizione della libertà, la complessità dei procedimenti, la fase o il grado in cui essi si trovano, l'eventuale definizione con sentenza passata in giudicato, l'entità della pena da scontare e le prevedibili modalità della sua esecuzione.

 

 

L'articolo 4 della decisione quadro 2002/584/GAI indica i motivi per i quali lo Stato membro di esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato di arresto europeo. Innanzitutto, se lo Stato si è avvalso della facoltà di prevedere la doppia incriminazione per i fatti "fuori lista", può rifiutare l’esecuzione qualora il fatto posto a base del mandato di arresto europeo non costituisca reato in base alla propria legislazione. Fanno eccezione i reati fiscali: in questi casi, infatti, il rifiuto non può basarsi sul fatto che la legislazione interna non impone lo stesso tipo di tasse o imposte o non contiene lo stesso tipo di normativa in materia di reati fiscali rispetto alla legislazione dello Stato emittente. Tale eccezione si ricollega a quanto previsto dal Secondo protocollo alla Convenzione europea di estradizione ove peraltro si richiede altresì che il reato sia della medesima natura e quindi un reato fiscale (n. 1).

Lo Stato membro di esecuzione può altresì rifiutare l'esecuzione del mandato di arresto europeo se contro la persona destinataria del mandato sia in corso un’azione nello Stato membro di esecuzione per il medesimo fatto (n.2); se le autorità giudiziarie dello Stato membro di esecuzione hanno deciso di non esercitare l’azione penale per il reato oggetto del mandato di arresto europeo o di porvi fine oppure se la persona ricercata è già stata giudicata in uno Stato membro con una sentenza definitiva che osta all'esercizio di ulteriori azioni (n. 3).

In relazione alla situazione descritta da ultimo (art. 4 n.3), si crea una sovrapposizione con l'ipotesi di rifiuto obbligatorio prevista dall’articolo 3 n.2 [11] :  nel caso in cui per una sentenza di condanna definitiva non sussistano le condizioni richieste dall'articolo 3, n. 2, il motivo di rifiuto obbligatorio dovrebbe trasformarsi in facoltativo.  Nel caso in cui la situazione contemplata dal citato n. 2 dell'articolo 3 come caso di rifiuto obbligatorio riguardi una sentenza definitiva emessa in un Paese terzo si verifica un caso di rifiuto soltanto facoltativo (n. 5).

 Un ulteriore motivo di rifiuto facoltativo riguarda l’ipotesi di azione penale o di pena prescritta secondo la legislazione dello Stato membro di esecuzione purché i fatti rientrano nella sua competenza in base al diritto penale interno (n. 4).

L’autorità giudiziaria può, inoltre rifiutare di eseguire il mandato qualora la persona ricercata "dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda", se tale Stato si impegni a eseguire la pena o la misura di sicurezza conformemente al proprio diritto interno (n. 6).

L’ultimo caso di rifiuto concerne la situazione in cui oggetto del mandato di arresto europeo siano reati che dalla legge dello Stato membro di esecuzione "sono considerati commessi in tutto in parte nel suo territorio o il nuovo adesso assimilato" oppure che sono stati commessi al di fuori del territorio (n.7).

 

Sull'interpretazione dell'articolo 4 della decisione quadro importanti precisazioni sono state fornite dalla giurisprudenza della Corte di Lussemburgo.  Con particolare riguardo proprio ai motivi di rifiuto facoltativi, la Corte di giustizia (Ordinanza 25 settembre 2015, C-463/15 PPU) ha precisato che gli articoli 2 e 4, n. 1 della decisione quadro 2002/584/GAI devono essere interpretati nel senso che si impediscono allo Stato membro di esecuzione di subordinare la consegna non solo alla condizione che il fatto per il quale il mandato di arresto è stato emesso costituisca reato secondo la legge di tale Stato, ma anche alla condizione che sia punibile, in base alla stessa legge, con una pena detentiva non inferiore nel massimo a dodici mesi. 

Oggetto di reiterati interventi della Corte di giustizia è stata poi l'interpretazione dell'articolo 4, n. 6. Con una prima decisione (Sentenza 17 luglio 2008, C-66/08) la Corte ha chiarito le nozioni di "dimora" e di "residenza", specificando che esse costituiscono nozioni autonome del diritto dell'Unione e che pertanto gli Stati membri, nelle loro norme attuative, non possono conferire a tali termini una portata più ampia di quella risultante dall'interpretazione uniforme adottata dalla Corte.

Secondo il Giudice europeo una persona ricercata "risiede" nello Stato membro di esecuzione "qualora abbia ivi stabilita la propria residenza effettiva", mentre vi "dimora" quando "a seguito di un soggiorno stabile di una certa durata nel medesimo abbia acquisito legami di collegamento con tale Stato di intensità simile a quella dei legami di collegamento che si instaurano in caso di residenza". Al fine di verificare la "dimora" compete all’autorità giudiziaria di esecuzione effettuare una valutazione complessiva di un certo numero degli elementi oggettivi caratterizzanti la situazione della persona fra i quali, a titolo esemplificativo, la natura, la durata e le modalità del suo soggiorno.

La Corte ha, poi, evidenziato, nella Sentenza 6 ottobre 2009 (C-123/08), che finalità dell’articolo 4 n. 6 è quella di "accrescere le opportunità di reinserimento sociale della persona ricercata, una volta scontata la pena". Sempre secondo la Corte gli Stati membri sono tenuti comunque a rispettare il principio che vieta ogni discriminazione basata sulla nazionalità. Date queste premesse la giurisprudenza ha ritenuto compatibile con tali disposizioni una normativa nazionale sulla cui base l’autorità giudiziaria competente, da un lato, rifiuta di eseguire un mandato di arresto in executivis contro un suo cittadino e, dall'altro, condiziona il rifiuto quando si tratta di cittadino di un altro Stato membro, avente un diritto di soggiorno al fatto che quest’ultimo abbia soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni nello Stato membro di esecuzione. In altre parole, secondo la Corte, è legittimo per lo Stato membro di esecuzione perseguire il reinserimento sociale soltanto nei confronti delle persone che abbiano dimostrato "un sicuro grado" di inserimento. Per analoghe ragioni la Corte ha invece ritenuto non compatibile con la normativa europea, per violazione del principio di non discriminazione basata sulla nazionalità, la disciplina nazionale che limita il motivo di non esecuzione ai propri cittadini, escludendo "in maniera assoluta e automatica" i cittadini di altri Stati membri che dimorano o risiedono nel loro territorio a prescindere dai legami che si presentano con quest’ultimo (Sentenza 5 settembre 2012, C-42/11) [12] .

 

 


 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 18-bis

Motivi di rifiuto facoltativo della consegna

Art. 18-bis

Motivi di rifiuto facoltativo della consegna

1. La corte di appello può rifiutare la consegna nei seguenti casi:

l. Quando il mandato di arresto europeo è stato emesso al fine dell'esercizio di azioni giudiziarie in materia penale, la corte di appello può rifiutare la consegna nei seguenti casi:

lett. a), v. infra

 

b) se il mandato d'arresto europeo riguarda reati che dalla legge italiana sono considerati reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio; ovvero reati che sono stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, se la legge italiana non consente l'azione penale per gli stessi reati commessi al di fuori del suo territorio;

a) identica;

a) se, per lo stesso fatto che è alla base del mandato d'arresto europeo, nei confronti della persona ricercata, è in corso un procedimento penale in Italia, esclusa l'ipotesi in cui il mandato d'arresto europeo concerne l'esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa in uno Stato membro dell'Unione europea;

b) se, per lo stesso fatto che è alla base del mandato d'arresto europeo, nei confronti della persona ricercata è in corso un procedimento penale.

c) se il mandato d'arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, qualora la persona ricercata sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell'Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, sempre che la corte di appello disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno.

2. Quando il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, la corte di appello può rifiutare la consegna della persona ricercata che sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell'Unione europea legittimamente ed effettivamente residente o dimorante nel territorio italiano da almeno cinque anni, sempre che disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno.

 

 


Articolo 15
(Decisioni pronunciate
in absentia - Garanzie richieste allo Stato membro di emissione in casi particolari)

 

L’articolo 15, comma 1, introduce un ulteriore motivo facoltativo di rifiuto di consegna quando il mandato di arresto sia stato emesso all'esito di un processo in cui l'interessato non sia comparso personalmente, a condizione che il medesimo mandato non contenga le informazioni prescritte. Si prevede che la corte d'appello possa comunque procedere, ove verifichi la sussistenza di determinati requisiti. Infine, la disposizione disciplina la richiesta di copia della sentenza, da parte del soggetto nei confronti del quale è richiesto il mandato di arresto al ricorrere di determinate condizioni. Il comma 2 modifica la disciplina delle garanzie che deve fornire lo Stato emittente.

 

L'articolo 15 novella la legge n. 69 del 2005, introducendo un nuovo art. 18-ter (comma 1) e modificando l'art. 19 (comma 2). Tali modifiche mirano ad adeguare la disciplina nazionale a quanto previsto dall'art. 4-bis della direttiva quadro (introdotto dall'articolo 2 della decisione 2009/299/GAI) il quale reca l'ulteriore casistica di rifiuto facoltativo in caso di decisioni pronunciate al termine di un processo a cui l'interessato non è comparso personalmente. Oltre all'inserimento dall'art. 4-bis, la citata decisione 2009/299/GAI ha provveduto a modificare l'allegato alla decisione quadro recante il modulo per il mandato di arresto introducendo il campo relativo alle informazioni relative ai casi di decisioni prese in absentia.

 

A tal fine la modifica di cui al comma 1 propone l'introduzione di un nuovo articolo 18-ter (rubricato "Decisioni pronunciate in absentia") il quale prevede - al comma 1 - la possibilità del rifiuto di esecuzione del mandato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza irrogata all'esito di un processo in cui l'interessato non sia comparso personalmente quando:

·       tale mandato non contenga le informazioni previste dall'art. 6, comma 1-bis, della medesima legge n. 69, introdotto dall'art. 3, comma 1, lett. a), dello schema di decreto in esame [13] ;

·       lo Stato di emissione non abbia fornito le suddette informazioni a seguito di richiesta di informazioni integrative, inviata ai sensi dell'art. 16 della legge n. 69 (modificato dall'art. 11 dello schema di decreto).

In estrema sintesi il nuovo comma 1-bis dell'art. 6 prevede che il mandato di arresto europeo emesso a seguito di decisione in absentia contenga informazioni circa la tempestività della citazione, la circostanza che la citazione contenesse la specificazione che la decisione potesse essere presa in absentia, la nomina di un difensore, la facoltà di ricorrere contro la decisione, la specificazione che l'interessato riceverà notifica della decisione dopo la consegna allo Stato di emissione del mandato, qualora non l'abbia già ricevuta.

L'art. 16 della legge n. 69 prevede che la corte d'appello possa richiedere informazioni integrative (direttamente o per il tramite del Ministero della giustizia) allo Stato di emissione, qualora ritenga la documentazione fornita insufficiente ai fini della decisione.

Per ulteriori dettagli sul contenuto delle disposizioni qui richiamate, si fa rinvio alle schede sugli articoli 3 e 11 dello schema di decreto legislativo.

 

Ai sensi del comma 2 dell'art. 18-ter, nei casi in oggetto, la corte d'appello può comunque procedere, accogliendo la richiesta di consegna, ove accerti che si siano verificate le condizioni indicate nell'articolo 420-bis, comma 2, c.p.p. Quest'ultimo stabilisce che il giudice procede quando, nel corso del procedimento, l'imputato  non comparso personalmente abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l'imputato abbia ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo. Rimane ferma la disciplina concernente l'impedimento a comparire dell'imputato o del difensore recata dall'art. 420-ter c.p.p.

 

Ai sensi del comma 3 dell'art. 18-ter, la persona, che non sia stata precedentemente informata del procedimento penale svoltosi nei suoi confronti e destinataria del m.a.e., può richiedere copia della sentenza (su cui è fondato il mandato). La corte d'appello provvede immediatamente all'inoltro di tale richiesta, la quale non può in alcun modo costituire causa di differimento della consegna o della relativa decisione. Tali disposizioni si applicano al ricorrere delle condizioni di cui all'art. 6, comma 1-bis, lett. d), della legge n. 69 e cioè: "l'interessato non ha ricevuto personalmente la notifica della decisione, ma la riceverà personalmente e senza indugio dopo la consegna nello Stato membro di emissione e, quindi, sarà espressamente informato dei termini entro i quali potrà esercitare il diritto a un nuovo processo o la facoltà di dare inizio· al giudizio di appello, in cui ha il diritto di partecipare e che consente il riesame del merito della causa e l'allegazione di nuove prove che possono condurre alla riforma della decisione oggetto di esecuzione".

 

Il comma 2 modifica l'art. 19 della legge n. 69 del 2005 in tema di garanzie richieste allo Stato di emissione del mandato. Tali modifiche si rendono necessarie per il pieno adeguamento alla disciplina della decisione quadro a seguito della previsione del nuovo motivo di rifiuto facoltativo di cui al comma 1.

La novella proposta all'art. 19 (cfr. il testo a fronte):

§  sopprime la disciplina delle garanzie che lo Stato di emissione deve offrire in caso di decisioni pronunciate al termine di un processo a cui l'interessato non è comparso personalmente, in quanto il mantenimento dell'obbligo di fornire tali garanzie avrebbe l'effetto di rendere obbligatoria la decisione in merito a tali casi (rendendo di fatto il motivo di rifiuto obbligatorio);

§  integra la disciplina relativa al mandato di arresto emesso ai fini di un'azione penale nei confronti di cittadino italiano o di cittadino di altro Stato membro dell'Unione europea legittimamente ed effettivamente residente o dimorante nel territorio italiano con la specificazione che il periodo di residenza o dimora debba durare da almeno cinque anni, a seguito delle modifiche del rifiuto facoltativo (v. supra, art. 14 dello schema).


 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

 

Art. 18-ter

(Decisioni pronunciate in absentia)

l. Quando il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza irrogata all'esito di un processo in cui l'interessato non è comparso personalmente, la corte di appello può altresì rifiutare la consegna se il mandato di arresto europeo non contiene le informazioni di cui all'articolo 6, comma l-bis, e lo Stato di emissione non le ha fornite a seguito della richiesta inoltrata ai sensi dell'articolo 16.

2. Nei casi di cui al comma l, la corte di appello può, comunque, dar luogo alla

consegna se accerta che, nel processo svolto in absentia, si sono verificate le condizioni indicate nell'articolo 420-bis, comma 2, del codice di procedura penale.

3. Quando ricorrono le condizioni di cui all'articolo 6, comma l-bis, lettera d), la persona della quale è domandata la consegna, che non sia stata precedentemente informata del procedimento penale svoltosi nei suoi confronti, può chiedere la trasmissione di copia della sentenza su cui il mandato di arresto europeo si fonda. La richiesta non costituisce, in alcun caso, causa di differimento della procedura di consegna o della decisione di eseguire il mandato di arresto europeo. La corte di appello provvede all'immediato inoltro della richiesta all'autorità emittente.

 

Art.19

Garanzie richieste allo Stato membro di emissione

Art. 19

Garanzie richieste allo Stato membro di emissione in casi particolari

1. L'esecuzione del mandato d'arresto europeo da parte dell'autorità giudiziaria italiana, nei casi sotto elencati, è subordinata alle seguenti condizioni:

l. Identico:

a) quando il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, irrogate mediante decisione pronunciata in absentia, e l'interessato non è comparso personalmente nel processo concluso con siffatta decisione, la corte di appello può, comunque, dar luogo alla consegna se il certificato attesta una delle seguenti condizioni:

soppressa

1) l'interessato è stato citato tempestivamente e personalmente, essendo informato inequivocabilmente della data e del luogo del processo che ha portato alla decisione pronunciata in absentia e del fatto che una tale decisione avrebbe potuto esser presa anche in absentia;

 

2) l'interessato, informato del processo a suo carico, è stato rappresentato nel processo conclusosi con la menzionata decisione da un difensore, nominato dallo stesso interessato o d'ufficio;

 

3) l'interessato, ricevuta la notifica della decisione ed informato del diritto di ottenere un nuovo processo o della facoltà di dare inizio al giudizio di appello, in cui ha il diritto di partecipare e che consente il riesame del merito della causa e l'allegazione di nuove prove che possono condurre alla riforma della decisione oggetto di esecuzione, ha dichiarato espressamente di non opporsi a tale decisione, né ha chiesto la rinnovazione del processo o proposto ritualmente appello;

 

4) l'interessato non ha ricevuto personalmente la notifica della decisione, ma la riceverà personalmente e senza indugio dopo la consegna nello Stato membro di emissione e, quindi, sarà espressamente informato dei termini entro i quali potrà esercitare il diritto a un nuovo processo o la facoltà di dare inizio al giudizio di appello, in cui ha il diritto di partecipare e che consente il riesame del merito della causa e l'allegazione di nuove prove che possono condurre alla riforma della decisione oggetto di esecuzione;

 

b) se il reato in base al quale il mandato d'arresto europeo è stato emesso è punibile con una pena o una misura di sicurezza privative della libertà personale a vita, l'esecuzione di tale mandato è subordinata alla condizione che lo Stato membro di emissione preveda nel suo ordinamento giuridico una revisione della pena comminata, su richiesta o entro venti anni, oppure l'applicazione di misure di clemenza alle quali la persona ha diritto in virtù della legge o della prassi dello Stato membro di emissione, affinché la pena o la misura in questione non siano eseguite;

a) se il reato in base al quale il mandato d'arresto europeo è stato emesso è punibile con una pena o una misura di sicurezza privative della libertà personale a vita, l'esecuzione del mandato è subordinata alla condizione che lo Stato membro di emissione preveda nel suo ordinamento giuridico una revisione della pena inflitta, su richiesta o entro venti anni, oppure l'applicazione di misure di clemenza alle quali la persona ha diritto in virtù della legge o della prassi dello Stato membro di emissione, affinché la pena o la misura di sicurezza non siano eseguite;

c) se la persona oggetto del mandato d'arresto europeo ai fini di un'azione penale è cittadino o residente dello Stato italiano, la consegna è subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà personale eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro di emissione.

b) se il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini di un'azione penale nei confronti di cittadino italiano o di cittadino di altro Stato membro dell'Unione europea legittimamente ed effettivamente residente o dimorante nel territorio italiano da almeno cinque anni, l'esecuzione del mandato è subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà personale eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro di emissione.

 

 

 

 

 


Articolo 16
(Ricorso per cassazione)

 

L’articolo 16 apporta una serie di modifiche all'articolo 22 della legge n. 69 che disciplina il ricorso per cassazione contro la sentenza, ovvero ordinanza, della corte d'appello, relative alla decisione sulla richiesta di esecuzione. La nuova disciplina riduce taluni termini del procedimento, specifica tassativamente i motivi di ricorso, introduce una specifica disciplina in caso di ricorso contro l'ordinanza (emessa dalla corte d'appello in presenza del consenso validamente espresso dalla persona della quale è stata richiesta la consegna), pone taluni obblighi informativi (riferiti alla decisione della corte di cassazione) in capo al Ministro della giustizia.

 

L'art. 22, comma 1, come novellato, prevede che il ricorso per cassazione contro la sentenza sia proposto (dalla persona interessata, dal suo difensore o dal procuratore generale presso la corte di appello) entro cinque giorni dalla conoscenza legale della sentenza. Il testo vigente pone un termine di dieci giorni riferendolo sia ai ricorsi proposti contro le sentenze, sia ai ricorsi contro le ordinanze.

Inoltre, il testo vigente prevede, in via generale, che i ricorsi possano essere proposti anche per il merito. Il testo come novellato specifica, invece, che il ricorso possa essere proposto solamente per i motivi di cui all'art. 606, comma 1, lett. a), b) e c) del codice di procedura penale e che tali motivi debbano essere contestualmente enunciati.

Le lettere a), b) e c) citate prevedono, rispettivamente, i seguenti casi di ricorso per cassazione:

§  esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri;

§  inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale;

§  inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza.

 

Il comma 2 dell'art. 22, nel testo vigente, prevede che il ricorso sospenda l'esecuzione della decisione (sentenza oppure ordinanza). Con la novella:

§  la disposizione di cui al comma 2 viene riferita alla sola sentenza, specificando che la presentazione del ricorso ne sospende l'esecuzione;

§  si specifica che il ricorso debba essere presentato nella cancelleria della corte di appello che ha emesso il provvedimento, la quale lo trasmette alla corte di cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento impugnato e agli atti del procedimento. 

 

La novella al comma 3 stabilisce che la Corte di cassazione decida, con sentenza, entro dieci giorni (in luogo dei quindici previsti dal testo vigente) e che l'avviso alle parti debba essere notificato o comunicato almeno tre giorni prima dell'udienza (in luogo di cinque giorni).

 

Ai sensi del comma 4 dell'articolo 22, il deposito della decisione, con la motivazione, è effettuato a conclusione dell'udienza. Ove non sia possibile la contestuale redazione della motivazione, si provvede al deposito della medesima motivazione, data lettura del dispositivo, entro il secondo giorno dalla pronuncia (secondo la novella; "quinto giorno" nel testo vigente).

 

Il comma 5 prevede l'invio immediato della copia del provvedimento ("anche a mezzo telefax") al Ministro della giustizia. La novella prevede che il Ministro (fuori dei casi di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione previsti dal comma 6) provveda ad informare le competenti autorità dello Stato membro di emissione e, quando la decisione è di accoglimento, il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia.

La novella in esame prevede quindi l'introduzione di un nuovo comma 5-bis nell'art. 22, riguardante il procedimento per il ricorso per cassazione contro l'ordinanza.

Vi si prevede che:

§  il ricorso può essere presentato (dalla persona interessata, dal suo difensore e dal procuratore generale presso la corte di appello) entro tre giorni dalla conoscenza legale dell'ordinanza, per i medesimi motivi, contestualmente enunciati, previsti per il ricorso contro la sentenza;

§  il ricorso è presentato nella cancelleria della corte di appello che ha emesso il provvedimento, la quale lo trasmette alla corte di cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento impugnato e agli atti del procedimento.

§  la presentazione del ricorso sospende l'esecuzione della ordinanza (come nel testo vigente);

§  la Corte di cassazione, nel termine di sette giorni dalla ricezione degli atti, giudica in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle richieste del procuratore generale, senza intervento dei difensori;

§  la decisione sia depositata, con la contestuale motivazione, a conclusione dell'udienza;

§  si provvede, fuori dei casi di cui al comma 6, agli adempimenti indicati al comma 5 (v. supra).

 

Il citato comma 6 prevede che, in caso di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione, gli atti siano trasmessi immediatamente e comunque entro il giorno successivo al deposito, con precedenza assoluta su ogni altro affare. Si prevede che:

§  In caso di ricorso contro la sentenza, il giudice di rinvio decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti, avvisando le parti con decreto notificato o comunicato almeno quattro giorni prima dell'udienza.

§  In caso di ricorso contro l'ordinanza, i medesimi termini sono ridotti della metà.


 

 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 22

Ricorso per cassazione

Art. 22

Ricorso per cassazione

1. Contro i provvedimenti che decidono sulla consegna la persona interessata, il suo difensore e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre ricorso per cassazione, anche per il merito, entro dieci giorni dalla conoscenza legale dei provvedimenti stessi ai sensi degli articoli 14, comma 5, e 17, comma 6.

1. Contro la sentenza di cui all'articolo 17, la persona interessata, il suo difensore e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre ricorso per cassazione, entro cinque giorni dalla conoscenza legale della sentenza, solo per i motivi, contestualmente enunciati, di cui alle lettere a), b) e c) del comma l dell'articolo 606 del codice di procedura penale.

2. Il ricorso sospende l'esecuzione della sentenza.

2. Il ricorso è presentato nella cancelleria della corte di appello che ha emesso il provvedimento, la quale lo trasmette alla corte di cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento impugnato e agli atti del procedimento. La presentazione del ricorso sospende l'esecuzione della sentenza di cui all'articolo 17, comma l.

3. La Corte di cassazione decide con sentenza entro quindici giorni dalla ricezione degli atti nelle forme di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale. L'avviso alle parti deve essere notificato o comunicato almeno cinque giorni prima dell'udienza.

3. La Corte di cassazione decide con sentenza entro dieci giorni dalla ricezione degli atti nelle forme di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale. L'avviso alle parti deve essere notificato o comunicato almeno tre giorni prima dell'udienza.

4. La decisione è depositata a conclusione dell'udienza con la contestuale motivazione. Qualora la redazione della motivazione non risulti possibile, la Corte di cassazione, data comunque lettura del dispositivo, provvede al deposito della motivazione non oltre il quinto giorno dalla pronuncia.

4. La decisione è depositata a conclusione dell'udienza con la contestuale motivazione. Qualora la redazione della motivazione non risulti possibile, la Corte di cassazione, data comunque lettura del dispositivo, provvede al deposito della motivazione non oltre il secondo giorno dalla pronuncia.

5. Copia del provvedimento è immediatamente trasmessa, anche a mezzo telefax, al Ministro della giustizia.

5. Copia del provvedimento è immediatamente trasmessa, anche a mezzo telefax, al Ministro della giustizia, che, fuori dei casi di cui al comma 6, provvede ad informare le competenti autorità dello Stato membro di emissione ed altresì, quando la decisione è di accoglimento, il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia.

 

5-bis. Contro l'ordinanza di cui all'articolo 14, comma 5, la persona interessata, il suo difensore e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre ricorso per cassazione, entro tre giorni dalla conoscenza legale dell'ordinanza, solo per i motivi, contestualmente enunciati, di cui alle lettere a), b) e c) del comma l dell'articolo 606 del codice di procedura penale. Il ricorso è presentato nella cancelleria della corte di appello che ha emesso il provvedimento, la quale lo trasmette alla corte di cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento impugnato e agli atti del procedimento. La presentazione del ricorso sospende l'esecuzione della ordinanza di cui all'articolo 14, comma 4. La Corte, nel termine di sette giorni dalla ricezione degli atti, giudica in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle richieste del procuratore generale senza intervento dei difensori e deposita la decisione con la contestuale motivazione a conclusione dell'udienza, provvedendo altresì, fuori dei casi di cui al comma 6, agli adempimenti indicati al comma 5.

6. Quando la Corte di cassazione annulla con rinvio, gli atti vengono trasmessi al giudice di rinvio, il quale decide entro venti giorni dalla ricezione.

6. Quando la corte di cassazione annulla con rinvio, gli atti sono trasmessi immediatamente, con precedenza assoluta su ogni altro affare e, comunque entro il giorno successivo al deposito della decisione completa di motivazione, al giudice di rinvio. Nei casi di cui al comma l, il giudice di rinvio decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti, avvisando le parti con decreto notificato o comunicato almeno quattro giorni prima dell'udienza. Nei casi di cui al comma 5-bis, i termini di cui al periodo che precede sono ridotti della metà.

 


Articolo 17
(Termine per la decisione e provvedimenti in ordine alle misure cautelari)

 

L’articolo 17 introduce un nuovo articolo 22-bis nella legge n. 69 del 2005 recante una specifica disciplina inerente alle comunicazioni da fornire allo Stato emittente e i provvedimenti da adottare in ordine alle misure cautelari quando siano scaduti i termini previsti per la decisione sulla richiesta di consegna.

 

Il comma 1 dell'art. 22-bis (rubricato "Comunicazioni allo Stato membro emittente. Termini per la decisione e provvedimenti in ordine alle misure cautelari") stabilisce che qualora non sia stata emessa la decisione entro 60 giorni (decorrenti dall'esecuzione della misura cautelare o dall'arresto della persona ricercata o dalla deliberazione di non applicare alcuna misura), la Corte di appello informi immediatamente il Ministro della giustizia, al fine di dare comunicazione all'autorità giudiziaria richiedente, dando ragione del ritardo.

Qualora sia stato validamente espresso il consenso alla consegna da parte della persona interessata, la Corte di appello informa il Ministro della giustizia dei motivi che hanno impedito l'adozione della decisione nel termine di dieci giorni dalla data di espressione del consenso.

Per quanto concerne i termini per la decisione, trovano applicazione gli articoli 14 e 17 della citata legge n. 69, ai quali gli articoli 10 e 12 dello schema di decreto legislativo, rispettivamente, propongono modifiche.

Se nei trenta giorni successivi non interviene la decisione definitiva, la corte davanti alla quale pende il procedimento informa immediatamente del ritardo e delle ragioni che vi hanno dato causa il Ministro della giustizia, il quale ne dà urgente comunicazione all'Eurojust (comma 2).

L’unità di cooperazione Eurojust è stata istituita con decisione 2002/187/GAI del Consiglio modificata dalla decisione 2009/426/GAI del Consiglio, del 16 dicembre 2008, al fine di sostenere e rafforzare il coordinamento e la cooperazione tra autorità nazionali nella lotta contro le forme gravi di criminalità transnazionale che interessano l'Unione europea.

 

Alla scadenza del termine degli ulteriori trenta giorni previsto dal comma 2:

§  comma 3: la corte di appello valuta se la custodia cautelare della persona è ancora da ritenersi necessaria (secondo le valutazioni compiute ai sensi dell'art. 9, co. 4 della legge n. 69) e se la sua durata è proporzionata rispetto all'entità della pena (pena inflitta, se vi è una sentenza definitiva, ovvero, negli altri casi, pena minima e massima stabilita dalla legge dello Stato di emissione oggetto dell'informazione richiamata all'articolo 6, comma l, lettera f)); in caso contrario la corte dispone la revoca o la sostituzione con altre misure cautelari, applicabili anche cumulativamente, ritenute comunque idonee a garantire che la persona non si sottragga alla consegna.

§  comma 4: in caso di ritardo ingiustificato e, comunque, decorsi novanta giorni dalla scadenza di detti termini senza che sia intervenuta la decisione definitiva sulla consegna, la corte di appello revoca la misura della custodia cautelare; se persiste l'esigenza di garantire che la persona non si sottragga alla consegna, applica, anche cumulativamente, le misure cautelari di cui agli articoli 281 (divieto di espatrio), 282 (obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) e 283 (divieto e obbligo di dimora) c.p.p. e, nei confronti della persona minorenne, la misura della permanenza in casa (prevista dall'art. 21 del d.P.R. n. 448 del 1988, recante " Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni").

 

 

Si segnala, infine, che l'articolo 22 dello schema di decreto in esame abroga la norma che prevede la rimessione in libertà della persona interessata in caso di mancata decisione sul mandato nei termini prescritti dalla legge. 69 del 2005 (cfr. la relativa scheda).

 


 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

 

Art. 22-bis

Comunicazioni allo Stato membro emittente. Termini per la decisione e provvedimenti in ordine alle misure cautelari

 

l. Se la decisione definitiva sulla richiesta di consegna, in assenza di consenso, non interviene nei sessanta giorni successivi all'esecuzione della misura cautelare o all'arresto della persona ricercata o alla deliberazione di non applicare alcuna misura, la corte davanti alla quale pende il procedimento informa immediatamente del ritardo e delle ragioni che vi hanno dato causa il Ministro della giustizia, affinché ne sia data comunicazione all'autorità giudiziaria richiedente. Agli stessi fini, in presenza di consenso alla consegna, la corte di appello informa il Ministro della giustizia dei motivi che hanno impedito l'adozione della decisione nel termine di dieci giorni dalla data in cui il consenso è stato espresso.

2. Se, per circostanze eccezionali, la decisione definitiva sulla richiesta di consegna non interviene nei trenta giorni successivi ai termini di cui al comma 1, la corte davanti alla quale pende il procedimento informa immediatamente del ritardo e delle ragioni che vi hanno dato causa il Ministro della giustizia, il quale ne dà urgente comunicazione all'Eurojust.

3. Alla scadenza dei termini previsti dal comma 2, la corte di appello valuta se la custodia cautelare applicata alla persona della quale è richiesta la consegna è ancora assolutamente necessaria per garantire l'esigenza di cui all'articolo 9, comma 4, e se la sua durata è proporzionata rispetto all'entità della pena oggetto dell'informazione richiamata all'articolo 6, comma l, lettera f), disponendone, in caso contrario, la revoca o la sostituzione con altre misure cautelari, applicabili anche cumulativamente, ritenute comunque idonee a garantire che la persona non si sottragga alla consegna.

4. Alla scadenza dei termini previsti dal comma 2, in caso di ritardo ingiustificato nella adozione della decisione definitiva sulla richiesta di consegna e, comunque, quando sono decorsi novanta giorni dalla scadenza di detti termini senza che sia intervenuta la decisione definitiva sulla consegna, la corte di appello revoca la misura della custodia cautelare e, se persiste l'esigenza di garantire che la persona non si sottragga alla consegna, applica, anche cumulativamente, le misure cautelari di cui agli articoli 281, 282 e 283 del codice di procedura penale e, nei confronti della persona minorenne, la misura di cui all'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448.

 


Articolo 18
(Consegna della persona. Sospensione della consegna.)

 

L’articolo 18 propone alcune novelle all'articolo 23 della legge n. 69 del 2005, in materia di consegna della persona e di sospensione della consegna.

 

Ai sensi dell'articolo 23 della citata legge n. 69, dalla decisione della corte d’appello (ordinanza "definitiva", chiarisce la novella, ovvero sentenza), il ricercato è consegnato allo Stato richiedente al più presto (secondo la novella) e comunque entro 10 giorni.

Tale termine, che presuppone un accordo tra le autorità interessate, volto a individuare in concreto una data per la consegna, può essere posticipato in alcuni casi:

§  se la consegna nel rispetto del termine è impedita da cause di forza maggiore oppure se (aggiunge la novella) lo Stato membro di emissione comunichi la sussistenza di cause di forza maggiore (direttamente o tramite il Ministro della giustizia). Le autorità giudiziarie dovranno allora fissare una nuova data e la consegna dovrà avvenire entro 10 giorni dal nuovo termine fissato;

§  se la consegna nel rispetto del termine può provocare un concreto pericolo per la vita o la salute del ricercato (motivi umanitari). La corte d’appello può in questo caso differire la consegna per il tempo strettamente necessario a far venir meno il pericolo; dovrà quindi concordare una nuova data di consegna con l’autorità giudiziaria emittente e la consegna dovrà avvenire entro 10 giorni dal nuovo termine fissato.

 

In proposito la relazione illustrativa sottolinea come tale intervento sia volto ad ovviare ai rilievi "ricevuti" per la mancata trasposizione nel diritto interno della disciplina in ordine al differimento della consegna che l'articolo 23, paragrafo 3 della decisione quadro, prevede possa essere disposto anche se la causa di forza maggiore che impedisca la tempestività della consegna è addotta dallo Stato membro emittente e non solo dallo Stato membro di esecuzione.

 

La corte d’appello trasmette all’autorità giudiziaria richiedente le informazioni che permettano la deduzione del periodo trascorso in stato di custodia in Italia dalla durata complessiva della detenzione inflitta o per la determinazione massima della custodia cautelare.

 

Si segnala la novella riscrive la disposizione di cui al comma 4 dell'art. 23, recante la disciplina inerente la cessazione delle cause di sospensione della consegna, richiamando il comma 1, il quale non dispone circa un motivo di sospensione ma disciplina i termini della consegna. Peraltro viene espunto, sempre dal comma 4, il riferimento al comma 3 che prevede la sospensione per motivi umanitari.

 


Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 23

Consegna della persona. Sospensione della consegna

Art. 23

Consegna della persona. Sospensione della consegna

1. La persona richiesta in consegna deve essere consegnata allo Stato membro di emissione entro dieci giorni dalla sentenza irrevocabile con cui è data esecuzione al mandato d'arresto europeo ovvero dall'ordinanza di cui all'articolo 14, comma 4, nei modi e secondo le intese nel frattempo intercorse tramite il Ministro della giustizia.

1. La persona richiesta in consegna deve essere consegnata allo Stato membro di emissione al più presto e, comunque, entro dieci giorni dalla sentenza irrevocabile con cui è data esecuzione al mandato d'arresto europeo ovvero dall'ordinanza definitiva di cui all'articolo 14, comma 4, nei modi e secondo le intese nel frattempo intercorse tramite il Ministro della giustizia.

2. Quando ricorrono cause di forza maggiore che impediscono la consegna entro il termine previsto nel comma 1, il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, sospesa l'esecuzione del provvedimento, ne dà immediata comunicazione al Ministro della giustizia, che informa l'autorità dello Stato membro di emissione.

2. Quando ricorrono cause di forza maggiore che impediscono la consegna entro il termine previsto nel comma 1, il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, sospesa l'esecuzione del provvedimento, ne dà immediata comunicazione al Ministro della giustizia, che informa l'autorità dello Stato membro di emissione. Il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, sospende l'esecuzione del provvedimento anche quando riceve dall'autorità dello Stato membro di emissione, direttamente o tramite il Ministro della giustizia, la comunicazione della ricorrenza di cause di forza maggiore che impediscono la consegna entro il medesimo termine.

3. Quando sussistono motivi umanitari o gravi ragioni per ritenere che la consegna metterebbe in pericolo la vita o la salute della persona, il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, può con decreto motivato sospendere l'esecuzione del provvedimento di consegna, dando immediata comunicazione al Ministro della giustizia.

3. Identico.

4. Nei casi di cui ai commi 2 e 3, venuta meno la ragione della sospensione, il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, dà tempestiva comunicazione al Ministro della giustizia che concorda con l'autorità dello Stato membro di emissione una nuova data di consegna. In tale caso il termine di cui al comma 1 decorre dalla nuova data concordata.

4. Nei casi di cui ai commi l e 2, il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, dà immediata comunicazione al Ministro della giustizia della cessazione delle ragioni che hanno imposto la sospensione dell'esecuzione o del ricevimento della comunicazione in ordine alla cessazione della causa di forza maggiore da parte dell'autorità dello Stato membro di emissione. Il Ministro, ricevuta tale comunicazione o quella, di cui informa il presidente della corte di appello, direttamente proveniente dall'autorità giudiziaria dello Stato di emissione circa la cessazione della causa di forza maggiore, concorda con l'autorità dello Stato membro di emissione una nuova data di consegna. In tale caso il termine di cui al comma 1 decorre dalla nuova data concordata.

5. Scaduto il termine di dieci giorni di cui ai commi 1 e 4, la custodia cautelare perde efficacia e il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, dispone la liberazione dell'arrestato, sempre che l'ineseguibilità della consegna non sia imputabile a quest'ultimo. In tale caso, i termini sono sospesi sino alla cessazione dell'impedimento.

5. Identico.

6. All'atto della consegna, la corte di appello trasmette all'autorità giudiziaria emittente le informazioni occorrenti a consentire la deduzione del periodo di custodia preventivamente sofferto in esecuzione del mandato d'arresto europeo dalla durata complessiva della detenzione conseguente alla eventuale sentenza di condanna ovvero per la determinazione della durata massima della custodia cautelare.

6. Identico.

 


Articolo 19
(Principio di specialità)

 

L’articolo 19 propone una modifica all'articolo 26 della legge n. 69 del 2005, al fine di specificare che la corte d'appello può rifiutare la consegna solamente al verificarsi dei motivi di cui agli articoli 18, 18-bis e 18-ter.

 

L’articolo 26, comma 1, della legge n. 69 del 2005 prevede che la consegna del ricercato è sottoposta alla condizione che lo stesso non venga – nello Stato emittente - processato, né privato della libertà personale per fatti anteriori o diversi da quelli per cui è stata richiesta l’esecuzione del mandato (principio di specialità). In relazione al rispetto di tale principio sono, peraltro introdotte specifiche eccezioni (comma 2, cfr. testo a fronte).

 

Il comma 3, oggetto di novella, stabilisce che la corte di appello che ha dato esecuzione al mandato d'arresto, successivamente alla consegna, provveda, ove lo richieda lo Stato di emissione, a sottoporre la persona a un procedimento penale ovvero ad assoggettarla a un provvedimento coercitivo della libertà. A tale fine, la corte verifica che la richiesta dello Stato estero contenga tutte le informazioni, munite di traduzione, indicate dall'articolo 8, paragrafo 1, della decisione quadro. La corte decide entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La corte rifiuta la consegna quando ricorrano i motivi obbligatori di rifiuto di cui all'articolo 18 e, secondo l'integrazione proposta dall'articolo 19 in esame, i motivi di rifiuto facoltativi di cui agli articoli 18-bis e 18-ter (cfr le schede relative agli articoli 13, 14 e 15 dello schema di decreto).


 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 26

Principio di specialità

Art. 26

Principio di specialità

1. La consegna è sempre subordinata alla condizione che, per un fatto anteriore alla stessa e diverso da quello per il quale è stata concessa, la persona non venga sottoposta a un procedimento penale, né privata della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, né altrimenti assoggettata ad altra misura privativa della libertà personale.

1. Identico.

2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando:

a) il soggetto consegnato, avendone avuta la possibilità, non ha lasciato il territorio dello Stato al quale è stato consegnato decorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno;

b) il reato non è punibile con una pena o con una misura di sicurezza privative della libertà personale;

c) il procedimento penale non consente l'applicazione di una misura restrittiva della libertà personale;

d) la persona è soggetta a una pena o a una misura che non implica la privazione della libertà, ivi inclusa una misura pecuniaria, anche se può limitare la sua libertà personale;

e) il ricercato ha acconsentito alla propria consegna, oltre a rinunciare al principio di specialità con le forme di cui all'articolo 14;

f) dopo essere stata consegnata, la persona ha espressamente rinunciato a beneficiare del principio di specialità rispetto a particolari reati anteriori alla sua consegna. Tale rinuncia è raccolta a verbale dall'autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione, con forme equivalenti a quelle indicate all'articolo 14.

2. Identico.

3. Successivamente alla consegna, ove lo Stato membro di emissione richieda di sottoporre la persona a un procedimento penale ovvero di assoggettare la stessa a un provvedimento coercitivo della libertà, provvede la corte di appello che ha dato esecuzione al mandato d'arresto. A tale fine, la corte verifica che la richiesta dello Stato estero contenga le informazioni indicate dall'articolo 8, paragrafo 1, della decisione quadro munite di traduzione e decide entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. L'assenso è rilasciato quando il reato per il quale è richiesto consente la consegna di una persona ai sensi della decisione quadro. La corte rifiuta l'assenso quando ricorre uno dei casi di cui all'articolo 18.

3. Successivamente alla consegna, ove lo Stato membro di emissione richieda di sottoporre la persona a un procedimento penale ovvero di assoggettare la stessa a un provvedimento coercitivo della libertà, provvede la corte di appello che ha dato esecuzione al mandato d'arresto. A tale fine, la corte verifica che la richiesta dello Stato estero contenga le informazioni indicate dall'articolo 8, paragrafo 1, della decisione quadro munite di traduzione e decide entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. L'assenso è rilasciato quando il reato per il quale è richiesto consente la consegna di una persona ai sensi della decisione quadro. La corte rifiuta l'assenso quando ricorre uno dei casi di cui agli articoli 18, 18-bis e 18-ter.

 


Articolo 20
(Abrogazione di norma transitoria)

 

L’articolo 20 propone l'abrogazione del comma 3 dell'art. 40 della legge n. 69 del 2005, il quale prevede che le disposizioni concernenti la consegna obbligatoria (di cui all'articolo 8) si applicano unicamente ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della medesima legge n. 69 (14 maggio 2005).

 

Al riguardo, la relazione illustrative segnala che la norma ottempera alla raccomandazione n. 22 del Rapporto di valutazione del Consiglio sull'applicazione del mandato di arresto europeo in Italia. Esso invita l'Italia ad adeguare le disposizioni transitorie di cui all'art. 40 alle disposizioni di cui agli articoli 31 e 32 della decisione quadro.

 

L'art. 31 della convenzione quadro disciplina le relazioni con gli altri strumenti giuridici e prescrive che le disposizioni contenute nella decisione quadro sostituiscono, a partire dal 1° gennaio 2004, le corrispondenti disposizioni delle convenzioni applicabili in materia di estradizione nelle relazioni tra gli Stati membri [14] . Esso prevede inoltre che gli Stati membri possono continuare ad applicare gli accordi o intese bilaterali o multilaterali vigenti al momento dell'adozione della decisione quadro nella misura in cui questi consentono di approfondire o di andare oltre gli obiettivi di quest'ultima e contribuiscono a semplificare o agevolare ulteriormente la consegna del ricercato.

L'art. 32 della decisione quadro reca le disposizioni transitorie. Vi si prevede, tra l'altro, che le richieste ricevute a partire dal 1° gennaio 2004 sono soggette alle norme adottate dagli Stati membri conformemente alla decisione quadro. Tuttavia ogni Stato membro può, al momento dell'adozione della decisione quadro da parte del Consiglio, fare una dichiarazione [15] secondo cui in qualità di Stato dell'esecuzione esso continuerà a trattare le richieste relative a reati commessi prima di una data da esso precisata conformemente al sistema di estradizione applicabile anteriormente al 1° gennaio 2004. La data in questione non può essere posteriore al 7 agosto 2002.

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 40

Disposizioni transitorie

Art. 40

Disposizioni transitorie

1. Le disposizioni della presente legge si applicano alle richieste di esecuzione di mandati d'arresto europei emessi e ricevuti dopo la data della sua entrata in vigore.

1. Identico.

2. Alle richieste di esecuzione relative a reati commessi prima del 7 agosto 2002, salvo per quanto previsto dal comma 3, restano applicabili le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge in materia di estradizione.

2. Alle richieste di esecuzione relative a reati commessi prima del 7 agosto 2002 restano applicabili le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge in materia di estradizione.

3. Le disposizioni di cui all'articolo 8 si applicano unicamente ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge.

3. Abrogato

 

 

 


Articolo 21
(Modalità di trasmissione degli atti tra uffici giudiziari)

 

L’articolo 21 introduce nella legge n. 69 il nuovo articolo 27-bis, il quale prevede la trasmissione telematica, autorizzata con decreto ministeriale, degli atti tra uffici giudiziari, nei procedimenti relativi alla richiesta di esecuzione del mandato d'arresto europeo.

 

Più nel dettaglio il nuovo articolo 27-bis al comma 1, demanda ad un decreto del Ministro della giustizia non avente natura regolamentare - sulla base di quanto stabilito, con proprio provvedimento, dal Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia - l’autorizzazione alla trasmissione, con modalità telematica, tra gli uffici giudiziari, degli atti relativi al mandato di arresto europeo. Il decreto ministeriale può essere emanato anche in deroga alle disposizioni di cui al regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, emanato ai sensi dell'articolo 4, comma l, del decreto-legge n. 193 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 24 del 2010). Il decreto, stabilisce il comma 3, è emanato previo accertamento da parte del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici

Ai sensi del comma 2, La trasmissione degli atti si intende eseguita al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento direttoriale di cui al comma l.

Sino all'attivazione dei sistemi ministeriali e alla adozione del decreto del Ministro della giustizia di cui al comma l, la trasmissione degli atti tra gli uffici giudiziari è consentita anche tramite posta elettronica certificata - PEC (comma 4).

 

Si segnala che la norma in esame ricalca sostanzialmente le disposizioni previste, a regime, dall’articolo 221 del decreto-legge n. 34 del 2020 ("decreto rilancio", conv. dalla legge n. 77 del 2020), concernenti il deposito con modalità telematica di istanze e atti presso gli uffici del pubblico ministero, nella fase delle indagini preliminari, da parte dei difensori e della polizia giudiziaria.


 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

 

Art. 27-bis

Modalità di trasmissione degli atti tra uffici giudiziari

 

l. Nei procedimenti relativi alla richiesta di esecuzione del mandato d'arresto europeo, con decreto del Ministro della giustizia non avente natura regolamentare è autorizzata la trasmissione con modalità telematica degli atti tra gli uffici giudiziari, secondo le disposizioni stabilite con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, anche in deroga alle previsioni del decreto emanato ai sensi dell'articolo 4, comma l, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24.

 

2. La trasmissione degli atti si intende eseguita al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento direttoriale di cui al comma l.

 

3. Il decreto di cui al comma 1 è adottato previo accertamento da parte del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia della funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici.

 

4. Sino all'attivazione dei sistemi ministeriali e alla adozione del decreto del Ministro della giustizia di cui al comma l, la trasmissione degli atti tra gli uffici giudiziari è consentita anche tramite posta elettronica certificata.

 


Articolo 22
(Abrogazione dell'articolo 21 della legge n. 69)

 

L'articolo 22 propone l'abrogazione della norma (di cui all'articolo 21 della legge n. 69 del 2005) che stabilisce che la persona ricercata sia posta immediatamente in libertà qualora non intervenga la decisione relativa al mandato d'arresto europeo entro i prescritti termini temporali.

         

          L'art. 21 della legge n. 69 fa riferimento ai termini di cui agli articoli 14 ("Consenso alla consegna") e 17 ("Decisione sulla richiesta di esecuzione") della medesima legge, rispettivamente modificati dagli articoli 10 e 12 dello schema di decreto (cfr. le relative schede).

 

L'articolo oggetto di abrogazione, prevedendo l'immediato rimessione in libertà in della persona interessata - qualora non intervenga la decisione nei termini prescritti - non trova risconto - come precisa la relazione illustrativa - nelle disposizioni della decisione quadro, secondo quanto rappresentato dal Rapporto di valutazione del Consiglio sull'applicazione del mandato di arresto europeo in Italia.

 

Riguardo ai provvedimenti in ordine alle misure cautelari alla scadenza dei termini per la decisione, si veda la disciplina di sui all'articolo 22-bis introdotto dall'articolo 17 del presente schema di decreto legislativo (cfr. la scheda relativa).


 

 

 

Legge 22 aprile 2005, n. 69

Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

Testo vigente

Testo come modificato dall'AG 201

Art. 21

Termini per la decisione

1. Se non interviene la decisione nei termini di cui agli articoli 14 e 17 la persona ricercata è posta immediatamente in libertà.

Abrogato

 

 

 

 

 

 


Articolo 23
(Norma transitoria)

 

L'articolo 23 reca una disposizione transitoria.

 

Più nel dettaglio l'articolo stabilisce che alle richieste di esecuzione del mandato di arresto europeo, in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, continuino ad applicarsi le norme vigenti anteriormente a quella data nei seguenti casi:

§  quando la corte d'appello abbia già ricevuto il mandato d'arresto europeo o

§  quando la persona richiesta in consegna sia stata già arrestata.

 


 

Articolo 24
(Clausola di invarianza finanziaria)

 

L'articolo 24 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

Esso precisa che dall'attuazione delle disposizioni recate dal presente provvedimento non devono derivare oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate devono provvedere ai compiti derivanti dalle nuove disposizioni con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

La legge n. 117 del 2019, articolo 6, comma 6, prevede che dall'esercizio della delega per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI non devono derivare oneri a carico della finanza pubblica.

 

 



[1]             Il motivo di rifiuto di cui al n. 2 dell'articolo 3 della decisione quadro riguarda il mancato rispetto del ne bis in idem, se da informazioni in possesso dell'autorità giudiziaria dell'esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro, a condizione che, nel caso di condanna, "la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna"

[2]             Sulla giurisprudenza nazionale relativa alle nozioni di "dimora" e "residenza" si rinvia al commento relativo al comma 5 dell'articolo.

[3] Art. 273 c.p.p.- Condizioni generali di applicabilità delle misure 1. Nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono gravi indizi di colpevolezza. 1-bis. Nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano le disposizioni degli articoli 192, commi 3 e 4, 195, comma 7, 203 e 271, comma 1. 2. Nessuna misura può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata.

[4] Art. 275 c.p.p.. Criteri di scelta delle misure ...omissis..2-bis. Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Salvo quanto previsto dal comma 3 e ferma restando l'applicabilità degli articoli 276, comma 1-ter, e 280, comma 3, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 423-bis, 572, 612-bis, 612-ter e 624-bis del codice penale, nonché all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e quando, rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell'articolo 284, comma 1, del presente codice.

[5] Art. 278 c.p.p.. Determinazione della pena agli effetti dell'applicazione delle misure 1. Agli effetti dell'applicazione delle misure, si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione della circostanza aggravante prevista al numero 5) dell'articolo 61 del codice penale e della circostanza attenuante prevista dall'articolo 62 n. 4 del codice penale nonché delle circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.

[6] Art. 279 c.p.p.. Giudice competente 1. Sull'applicazione e sulla revoca delle misure nonché sulle modifiche delle loro modalità esecutive, provvede il giudice che procede. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari.

[7] Art. 297 c.p.p.. Computo dei termini di durata delle misure 1. Gli effetti della custodia cautelare decorrono dal momento della cattura, dell'arresto o del fermo. 2. Gli effetti delle altre misure decorrono dal momento in cui l'ordinanza che le dispone è notificata a norma dell'articolo 293. 3. Se nei confronti di un imputato sono emesse più ordinanze che dispongono la medesima misura per uno stesso fatto, benché diversamente circostanziato o qualificato, ovvero per fatti diversi commessi anteriormente alla emissione della prima ordinanza in relazione ai quali sussiste connessione ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera b) e c), limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli altri, i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza e sono commisurati all'imputazione più grave. La disposizione non si applica relativamente alle ordinanze per fatti non desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto con il quale sussiste connessione ai sensi del presente comma. 4. Nel computo dei termini della custodia cautelare si tiene conto dei giorni in cui si sono tenute le udienze e di quelli impiegati per la deliberazione della sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni solo ai fini della determinazione della durata complessiva della custodia a norma dell'articolo 303 comma 4.5. Se l'imputato è detenuto per un altro reato o è internato per misura di sicurezza, gli effetti della misura decorrono dal giorno in cui è notificata l'ordinanza che la dispone, se sono compatibili con lo stato di detenzione o di internamento; altrimenti decorrono dalla cessazione di questo. Ai soli effetti del computo dei termini di durata massima, la custodia cautelare si considera compatibile con lo stato di detenzione per esecuzione di pena o di internamento per misura di sicurezza.

[8] Art. 299 c.p.p.. Revoca e sostituzione delle misure  1. Le misure coercitive e interdittive  sono immediatamente revocate quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall'art. 273 o dalle disposizioni relative alle singole misure ovvero le esigenze cautelari previste dall'articolo 274. 2. Salvo quanto previsto dall'art. 275, comma 3, quando le esigenze cautelari risultano attenuate ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all'entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, il giudice sostituisce la misura con un'altra meno grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità meno gravose. 2-bis. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 relativi alle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, devono essere immediatamente comunicati, a cura della polizia giudiziaria, ai servizi socio-assistenziali e alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore. 3. Il pubblico ministero e l'imputato richiedono la revoca o la sostituzione delle misure al giudice, il quale provvede con ordinanza entro cinque giorni dal deposito della richiesta. La richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, che non sia stata proposta in sede di interrogatorio di garanzia, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio. Il difensore e la persona offesa possono, nei due giorni successivi alla notifica, presentare memorie ai sensi dell'articolo 121. Decorso il predetto termine il giudice procede. Il giudice provvede anche di ufficio quando assume l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare  o quando è richiesto della proroga del termine per le indagini preliminari  o dell'assunzione di incidente probatorio ovvero quando procede all'udienza preliminare o al giudizio. 3-bis. Il giudice, prima di provvedere in ordine alla revoca o alla sostituzione delle misure coercitive e interdittive, di ufficio o su richiesta dell'imputato, deve sentire il pubblico ministero. Se nei due giorni successivi il pubblico ministero non esprime il proprio parere, il giudice procede. 3-ter. Il giudice, valutati gli elementi addotti per la revoca o la sostituzione delle misure, prima di provvedere può assumere l'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini. Se l'istanza di revoca o di sostituzione è basata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli già valutati, il giudice deve assumere l'interrogatorio dell'imputato che ne ha fatto richiesta. 4. Fermo quanto previsto, dall'articolo 276, quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata con un'altra più grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità più gravose o applica congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva. 4-bis. Dopo la chiusura delle indagini preliminari, se l'imputato chiede la revoca o la sostituzione della misura con altra meno grave ovvero la sua applicazione con modalità meno gravose, il giudice, se la richiesta non è presentata in udienza, ne dà comunicazione al pubblico ministero, il quale, nei due giorni successivi, formula le proprie richieste. La richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio. 4-ter. In ogni stato e grado del procedimento, quando non è in grado di decidere allo stato degli atti, il giudice dispone, anche di ufficio e senza formalità, accertamenti sulle condizioni di salute o su altre condizioni o qualità personali dell'imputato. Gli accertamenti sono eseguiti al più presto e comunque entro quindici giorni da quello in cui la richiesta è pervenuta al giudice. Se la richiesta di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere è basata sulle condizioni di salute di cui all'articolo 275, comma 4-bis, ovvero se tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, o risultano in altro modo al giudice, questi, se non ritiene di accogliere la richiesta sulla base degli atti, dispone con immediatezza, e comunque non oltre il termine previsto nel comma 3, gli accertamenti medici del caso, nominando perito ai sensi dell'articolo 220 e seguenti, il quale deve tener conto del parere del medico penitenziario e riferire entro il termine di cinque giorni, ovvero, nel caso di rilevata urgenza, non oltre due giorni dall'accertamento. Durante il periodo compreso tra il provvedimento che dispone gli accertamenti e la scadenza del termine per gli accertamenti medesimi, è sospeso il termine previsto dal comma 3. 4-quater. Si applicano altresì le disposizioni di cui all'articolo 286-bis, comma 3.

[9] Art. 300 c.p.p.. Estinzione delle misure per effetto della pronuncia di determinate sentenze ...omissis...4. La custodia cautelare perde altresì efficacia quando è pronunciata sentenza di condanna, ancorché sottoposta a impugnazione, se la durata della custodia già subita non è inferiore all'entità della pena irrogata.

 

[10] Ai sensi del citato art. 434, "Se dopo la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere sopravvengono o si scoprono nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare il rinvio a giudizio, il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, dispone la revoca della sentenza".

[11]            Il motivo di rifiuto di cui al n. 2 dell'articolo 3 della decisione quadro riguarda il mancato rispetto del ne bis in idem, se da informazioni in possesso dell'autorità giudiziaria dell'esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro, a condizione che, nel caso di condanna, "la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna"

[12] Sulla giurisprudenza nazionale relativa alle nozioni di "dimora" e "residenza" si rinvia al commento relativo al comma 5 dell'articolo.

[13] Le integrazioni del modulo allegato alla decisione quadro, operata dalla citata decisione n. 299, corrispondono sostanzialmente a tale art. 6, comma 1-bis.

[14] In particolare:

a)      Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, il relativo protocollo addizionale del 15 ottobre 1975, il relativo secondo protocollo aggiuntivo del 17 marzo 1978 e la convenzione europea per la repressione del terrorismo del 27 gennaio 1977 per la parte concernente l'estradizione;

b)      Accordo tra gli Stati membri delle Comunità europee sulla semplificazione e la modernizzazione delle modalità di trasmissione delle domande di estradizione del 26 maggio 1989;

c)      Convenzione relativa alla procedura semplificata di estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea del 10 marzo 1995; e

d)      Convenzione relativa all'estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea del 27 settembre 1996;

e)      Titolo III, capitolo 4, della convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985 relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni.

[15] Dichiarazione dell'Italia: "L'Italia continuerà a trattare in conformità delle norme vigenti in materia di estradizione tutte le richieste relative a reati commessi prima della data di entrata in vigore della decisione quadro sul mandato d'arresto europeo, conformemente all'articolo 32".