Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea - «EPPO»
Riferimenti: SCH.DEC N.204/XVIII
Serie: Atti del Governo   Numero: 204
Data: 11/11/2020
Organi della Camera: II Giustizia

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea - «EPPO»

 

A.G. 204

 

11 novembre 2020

 

 

 

 

 

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Dossier n. 313

 

 

 

 

 

 

 

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Atti del Governo n. 204

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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GI0148.docx

 

 


I N D I C E

 

Schede di lettura

Premessa. 3

Il Regolamento UE/1939/2017: Istituzione della procura europea. 3

La norma di delega. 11

Contenuto dello schema di decreto legislativo. 15

Articolo 1 (Oggetto) 19

Articolo 2 (Autorità competente e procedimento per la designazione dei candidati all’incarico di procuratore europeo) 20

Articolo 3 (Collocamento fuori ruolo e trattamento economico del procuratore europeo) 25

Articolo 4 (Autorità competente ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento) 27

Articolo 5 (Autorità competente e procedimento per la designazione dei procuratori europei delegati) 30

Articolo 6 (Provvedimenti conseguenti alla nomina dei procuratori europei delegati) 33

Articolo 7 (Trattamento economico e regime contributivo dei procuratori europei delegati) 36

Articolo 8 (Modifiche alla tabella B, annessa alla legge 5 marzo 1991, n. 71) 37

Articolo 9 (Poteri dei procuratori europei) 38

Articolo 10 (Sedi dei procuratori europei delegati) 43

Articolo 11 (Valutazioni di professionalità dei procuratori europei delegati) 45

Articolo 12 (Comunicazione al procuratore capo europeo di provvedimenti riguardanti i procuratori europei delegati) 48

Articolo 13 (Procedimenti disciplinari nei confronti dei procuratori europei delegati per motivi connessi alle responsabilità derivanti dal regolamento) 50

Articolo 14 (Comunicazione alla Procura europea delle denunce di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio) 53

Articolo 15 (Disposizioni in materia di mandato di arresto europeo) 56

Articolo 16 (Contrasti di competenza) 58

Articolo 17 (Dichiarazioni relative alle misure di indagine di cui all’articolo 30 del Regolamento) 60

Articolo 18 (Autorità giudiziarie competenti ai sensi degli articoli 25 e 34 del Regolamento) 62

Articolo 19 (Assunzione di procedimenti della Procura europea) 64

Articolo 20 (Disposizioni finanziarie) 66

 

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Premessa

Lo schema di decreto legislativo, AG. 204, è adottato in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 4 della legge n. 117 del 2019 -  delegazione europea 2018 (vedi infra), con cui il Governo è stato delegato all'emanazione di uno o più decreti legislativi per l'adeguamento della normativa nazionale al Regolamento (UE) 2017 /1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea - «EPPO».

Su di esso le Commissioni giustizia di Senato e Camera sono chiamate ad esprimere parere entro il 12 dicembre 2020.

 

Il presente dossier è così strutturato:

-   una prima parte, introduttiva, in cui si dà conto sinteticamente dei contenuti del Regolamento UE e della norma di delega;

-   una seconda parte, contenente una sintetica descrizione dei principali contenuti dello schema di decreto e le schede di lettura analitiche dei singoli articoli.

 

Il Regolamento UE/1939/2017: Istituzione della procura europea

Il Regolamento UE/1939/2017, che prevede l’istituzione dell’Ufficio del Procuratore europeo EPPO») è entrato in vigore il 20 novembre 2017. L’EPPO avrà sede in Lussemburgo e sarà competente ad indagare ed a perseguire dinanzi alle ordinarie giurisdizioni nazionali degli Stati partecipanti, e secondo le rispettive regole processuali, i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, come definiti dalla direttiva UE 2017/1971 (cd. Direttiva PIF), i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione e i reati indissolubilmente connessi ad una delle fattispecie prima menzionate (vedi infra).

 

L’istituzione dell’Ufficio del pubblico ministero europeo, noto anche come EPPO (acronimo dell’inglese European public prosecutor’s office), è previsto dall’art. 86, par. 1, TFUE, al fine di contrastare le frodi al bilancio dell’Unione. Il testo definitivo del Regolamento relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea («EPPO») è stato approvato il 12 ottobre 2017 da parte di 20 Stati membri, mediante il meccanismo della cooperazione rafforzata ex art. 86 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea («TFUE»). Il 3 aprile 2017 16 Stati membri (Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Repubblica ceca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna) hanno comunicato al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione, che avrebbero proceduto mediante cooperazione rafforzata ex art. 86 TFUE. Nel giugno dello stesso anno, in seguito all’accordo raggiunto sul testo del Regolamento, Lettonia ed Estonia hanno deciso di partecipare alla cooperazione rafforzata, mentre nel successivo ottobre, solo per l’approvazione definitiva, hanno aderito Austria e Italia. Solo nel 2018 si sono uniti alla cooperazione rafforzata anche i Paese Bassi e Malta, portando a 22 il numero complessivo di Stati membri partecipanti all’EPPO.

 

Il testo del regolamento si compone di 120 articoli. I primi 43 sono dedicati alla struttura, alla competenza ed allo svolgimento delle indagini del nuovo organo, e cioè a regolare gli aspetti fondamentali dello stesso. I restanti riguardano la disciplina della protezione dei dati personali trattati dall’EPPO, l’accesso ai documenti ed i rapporti con gli altri organismi europei.

 

La Procura europea: struttura

La Procura europea è organizzata a livello centrale e a livello decentrato (art. 8).

Il livello centrale è composto dal Procuratore Capo europeo (PCE), dal Collegio, dalle Camere permanenti, dai Procuratori europei (PE) e dal direttore amministrativo.

Il livello decentrato è, invece, composto dai Procuratori europei delegati (PED) aventi sede negli Stati membri.

Il Collegio dell’EPPO è composto dal Procuratore Capo europeo, che lo presiede, e da un procuratore europeo per ogni Stato membro (art. 9). Il collegio a livello centrale, nella composizione plenaria, si occupa essenzialmente di questioni amministrative o di politiche generali dell’ufficio. In particolare si occupa:

§  della supervisione generale delle attività dell’EPPO;

§  di adottare decisioni su questioni strategiche e su questioni di ordine generale derivanti da singoli casi, in particolare, al fine di assicurare la coerenza, l’efficienza e l’uniformità della politica in materia di azione penale dell’EPPO in tutti gli Stati membri;

§  di istituire le Camere permanenti;

§  di adottare il regolamento interno dell’EPPO

§  di stabilire le responsabilità per l’esercizio delle funzioni dei membri del collegio e del personale dell’EPPO.

Le Camere permanenti sono presiedute dal Procuratore Capo europeo, o da uno dei suoi sostituti e sono composte, oltre che dal presidente, da due membri permanenti (art. 10 Reg.). Esse monitorano e indirizzano le indagini e le azioni penali condotte dai procuratori europei delegati, garantiscono il coordinamento delle indagini e delle azioni penali nei casi transfrontalieri. In particolare, le Camere permanenti decidono di:

§  portare un caso in giudizio;

§  archiviare un caso;

§  applicare una procedura semplificata di azione penale;

§  rinviare un caso alle autorità nazionali;

§  riaprire un’indagine.

Le Camere permanenti, inoltre, se necessario, adottano le seguenti decisioni:

§  incaricare il procuratore europeo delegato di avviare un’indagine;

§   incaricare il procuratore europeo delegato di esercitare il diritto di avocazione;

§  deferire al collegio le questioni strategiche o le questioni di ordine generale derivanti da singoli casi;

§  assegnare un caso;

§  riassegnare un caso;

§  approvare la decisione di un procuratore europeo di condurre esso stesso l’indagine

 

Il Procuratore capo europeo (PCE) è al vertice dell’EPPO, ne organizza il lavoro e ne dirige le attività (art. 11), rappresenta l’EPPO dinanzi alle istituzioni dell’Unione e degli Stati membri e dinanzi a terzi e può delegare i suoi compiti di rappresentanza a uno dei sostituti o a un procuratore europeo.

Il PCE rende pienamente conto dell’esercizio delle sue funzioni e risponde delle attività generali dell’EPPO dinanzi al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione. Ha prevalentemente compiti di organizzazione generale dell’attività dell’EPPO e di rappresentanza. È nominato dal Parlamento europeo e dal Consiglio per un mandato non rinnovabile di 7 anni, all’esito di una procedura di selezione avviata con pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea di un invito agli aspiranti Procuratori a presentare la propria candidatura.

La selezione fra le domande degli aspiranti viene effettuata dal Comitato di selezione di cui all’art. 14, par. 3.

Ai sensi dell’art. 96 del regolamento viene assunto per la durata dell’incarico come agente temporaneo dell’EPPO.

 

I Procuratori europei (uno per ogni stato membro):

§  supervisionano le indagini e le azioni penali di cui sono responsabili i procuratori europei delegati incaricati del caso nel rispettivo stato membro di origine (art.12);

§  possono impartire istruzioni al procuratore europeo delegato incaricato del caso, laddove sia necessario per l’efficiente svolgimento dell’indagine e dell’azione penale o nell’interesse della giustizia, o per assicurare il funzionamento coerente dell’EPPO.

Il PE incaricato della supervisione del caso può, inoltre, chiedere alla Camera permanente la riassegnazione del caso ad altro PED, qualora questi non svolga l’indagine, non eserciti l’azione penale ovvero ometta di seguire le istruzioni della Camera permanente o del Procuratore.

In casi eccezionali (art. 28, par. 4) svolge direttamente l’indagine assicurando il compimento di tutti gli atti investigativi richiesti dal caso in trattazione.

Ciascuno Stato membro (art. 16) designa tre candidati al posto di PE, i cui nominativi vengono comunicati al Comitato di selezione che esprime in merito il proprio parere. Il Consiglio procede poi alla nomina formale di uno dei tre per la durata di sei anni.

Ai sensi dell’art. 96 del regolamento anche il Procuratore europeo è assunto per la durata dell’incarico come agente temporaneo dell’EPPO.

 

I Procuratori europei delegati (PED) sono coloro che conducono in concreto le indagini. Queste saranno svolte, infatti, essenzialmente a livello decentrato, a partire dalla iscrizione della notizia di reato. Tuttavia, le stesse saranno monitorate e supervisionate a livello centrale dal Procuratore europeo della stessa provenienza geografica del Paese in cui il delegato le starà conducendo.

I PED dispongono degli stessi poteri dei procuratori nazionali in materia di indagine, azione penale e atti volti a rinviare casi a giudizio (art. 13). Sono, quindi, responsabili delle indagini e azioni penali dagli stessi avviate, ad essi assegnate o da essi avocate ai sensi dell’art.27 del regolamento.

I PED seguono le indicazioni e le istruzioni della competente camera permanente incaricata, nonché le istruzioni del PE incaricato della supervisione. Essi dunque sono responsabili di portare i casi in giudizio e dispongono del potere di formulare l’imputazione, partecipare all’assunzione delle prove ed esercitare i rimedi disponibili in conformità del diritto nazionale.

Su proposta del PCE, il Collegio nomina (per cinque anni) i PED designati dagli Stati membri (art. 17, par. 1).

 

Competenza e aspetti procedimentali

Quanto alla competenza, l’EPPO è l’organo addetto a condurre indagini, esercitare l’azione penale e partecipare ai processi relativi ai reati di cui alla direttiva del Consiglio n. 1371/2017 (art. 22); il regolamento definisce dunque la competenza materiale dell’EPPO mediante rinvio alla c.d. direttiva PIF, entrata in vigore nell’ottobre 2017, finalizzata all’armonizzazione del diritto penale sostanziale per favorire la tutela degli interessi finanziari dell’Unione attraverso il diritto penale.

 

Tale direttiva include, fra l’altro, le frodi all’IVA, anche se limitatamente alle ipotesi in cui le relative condotte siano connesse al territorio di due o più Stati membri e comportino un danno complessivo pari ad almeno 10 milioni di euro, le condotte di corruzione attiva e passiva e quelle di appropriazione indebita che ledano gli interessi finanziari dell’Unione, nonché quelle di partecipazione ad un’organizzazione criminale (di cui alla decisione quadro 2008/841/GAI), quando l’attività dell’organizzazione criminale sia incentrata sulla commissione dei reati PIF. Il regolamento, tuttavia, non prevede la competenza dell’EPPO sui “reati PIF” come esclusiva, o meglio prevede che l’EPPO abbia sempre un potere decisionale su tali reati, sebbene in determinati casi, tale potere decisionale si manifesti nella volontà di lasciare la competenza su di essi alle autorità nazionali. Sussiste, infatti, un’area in cui questi stessi reati a tutela degli interessi finanziari dell’Unione potranno continuare ad essere oggetto di indagine da parte delle autorità nazionali. Il regolamento prevede la possibilità che reati astrattamente rientranti nella competenza dell’EPPO possano essere investigati dalle autorità nazionali, se così l’EPPO consente (art 25).

 

Con riguardo alla competenza territoriale l'EPPO è competente se i predetti reati: sono stati commessi in tutto o in parte nel territorio di uno o più Stati membri; sono stati commessi da un cittadino di uno Stato membro, a condizione che uno Stato membro sia competente per tali reati quando sono commessi al di fuori del suo territorio, o sono stati commessi al di fuori dei territori di uno o più Stati membri da una persona che al momento del reato era soggetta allo statuto o al regime applicabile, a condizione che uno Stato membro sia competente per tali reati quando sono commessi al di fuori del suo territorio.

 

Sotto il profilo procedurale, le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie dell'Unione e le autorità degli Stati membri competenti devono comunicare all’EPPO senza ritardo i fatti di cui vengano a conoscenza suscettibili di ledere il bilancio dell’Unione.

Se, a seguito della segnalazione, conformemente al diritto nazionale, sussistono ragionevoli motivi per ritenere che sia stato commesso un reato suscettibile di ledere gli interessi finanziari dell’UE e, dunque, di competenza dell’EPPO, un PED nello Stato membro avvia un’indagine e lo annota nel sistema informatico di gestione dei fascicoli (art.26).

Sul punto, il regolamento stabilisce, all’art. 26, par. 4 che un caso normalmente è aperto e trattato da un PED nello Stato membro in cui si trova il centro dell’attività criminosa o, in caso di pluralità di reati, nello Stato membro ove è stata commessa la maggior parte di essi.

Inoltre, per assicurare l’efficienza delle indagini penali e il rispetto del principio del ne bis in idem può essere necessario, in alcuni casi, estendere le indagini ad altri reati ai sensi del diritto nazionale, qualora questi ultimi siano indissolubilmente connessi a un reato che lede gli interessi finanziari dell’Unione (art. 22, par. 3).

 

La nozione di “reati indissolubilmente connessi” si ricava alla luce della relativa giurisprudenza (fra le pronunce più rilevanti, causa C-436/04, Van Esbroeck; causa C-467/04, Gasparini; causa C-150/05, Van Straaten; causa C-288/05, Kretzinger; causa C-617/10, Fransson) che, per l’applicazione del principio del ne bis in idem, adotta come criterio pertinente l’identità dei fatti materiali (o fatti sostanzialmente identici), intesa come esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro nel tempo e nello spazio.

 

Nel perseguimento delle fattispecie criminose lesive degli interessi finanziari dell’Unione, in ogni caso, la competenza dell’EPPO deve essere considerata prevalente rispetto alle eventuali rivendicazioni delle competenze nazionali, dunque in relazione ad esse gli Stati membri devono astenersi da qualsivoglia azione, fatta salva la necessità di adottare misure eccezionali, fino a che la Procura europea non abbia deciso se svolgere o meno le opportune indagini (art. 25).

In caso di disaccordo sulle questioni relative all’esercizio di competenza, sono le autorità nazionali competenti a decidere in merito all’attribuzione della stessa (art. 25, par. 6).

L’EPPO esercita la sua competenza o avviando direttamente - tramite un procuratore europeo delegato dello Stato interessato- un’indagine su uno dei reati su cui ritiene avere titolarità o, quando le indagini sono avviate da una procura di uno Paese aderente, esercitando l’avocazione. Alla procura europea è riconosciuto tale potere quando l’EPPO ha conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale per reati PIF in uno Stato aderente; in tali ipotesi, ha cinque giorni di tempo (10 in casi particolari) per avocare a sé il caso (art. 27, par. 1). Il procuratore delegato può occuparsi personalmente delle indagini o delegare i PM nazionali, che sono tenuti a rispettarne le direttive. Il regolamento prescrive l’indispensabilità della regola per cui l’organo europeo possa fare ricorso ad un insieme minimo di misure investigative (perquisizioni, congelamento di strumenti o proventi di reato, intercettazioni, consegne controllate…), suscettibile di essere integrato ove necessario, e possa ricorrere a tutti gli strumenti giuridici utili nell’ottica del reciproco riconoscimento e della cooperazione transfrontaliera, nei casi in cui il reato oggetto d’indagine è soggetto ad una pena massima di quattro anni di reclusione (art. 30). In materia di libertà personale, il regolamento prevede (art 33) che i procuratori delegati, conformemente al diritto nazionale applicabile, potranno disporre misure cautelari personali, anche tramite lo strumento del mandato di arresto europeo. Quanto all’esercizio dell’azione penale, posto che i rappresentanti della procura europea hanno gli stessi poteri dei pubblici ministeri nazionali, questi possono formulare l’imputazione, partecipare all’assunzione delle prove ed esercitare i rimedi interni disponibili, sempre considerando che le decisioni in merito all’imputazione (azione o archiviazione) spettano in via definitiva alle camere permanenti.

L'azione dell'EPPO si ferma alla chiusura dell'indagine. Tutta la fase del processo è, infatti, di competenza nazionale e, come tale, regolata dal diritto interno di ogni Stato aderente.

 

Costituzione dell’EPPO

Con riguardo alle tappe della costituzione dell’EPPO:

 

§  il 14 ottobre 2019 il Consiglio europeo ha approvato la nomina di Laura Codru?a Kövesi a primo procuratore capo europeo.

 

In base a quanto previsto dall’art. 14 del Regolamento il procuratore capo europeo è nominato dal Parlamento europeo e dal Consiglio di comune accordo per un mandato non rinnovabile di sette anni. Il procuratore capo europeo è selezionato tra candidati che: sono membri attivi delle procure o della magistratura degli Stati membri, oppure procuratori europei attivi; offrono tutte le garanzie di indipendenza; possiedono le qualifiche necessarie per essere nominati alle più alte funzioni a livello di procura o giurisdizionali nei rispettivi Stati membri e vantano una rilevante esperienza pratica in materia di sistemi giuridici nazionali, di indagini finanziarie e di cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale, o hanno svolto la funzione di procuratori europei, e possiedono una sufficiente esperienza manageriale e le qualifiche per il posto in questione. La selezione si basa su un invito generale a presentare candidature pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, a seguito del quale un comitato di selezione stabilisce una rosa di candidati qualificati da presentare al Parlamento europeo e al Consiglio.

Laura Codru?a Kövesi, cittadina rumena, al momento della nomina esercitava il ruolo di procuratore nell'Ufficio del Procuratore presso l'Alta Corte di cassazione della Romania.

 

§  Il 27 luglio 2020 il Consiglio ha nominato i 22 Procuratori Centrali che comporranno l’Ufficio Centrale della nuova istituzione europea; per l’Italia è stato nominato il PM Danilo Ceccarelli, ex Sostituto Procuratore a Imperia con un’esperienza pluriennale in Kosovo come International Prosecutor nella missione europea Eulex.

 

I Procuratori Centrali rappresentano singolarmente ciascuno dei 22 Stati membri nei quali l’EPPO avrà giurisdizione (Irlanda, Ungheria, Polonia, Svezia e Danimarca hanno scelto di non partecipare al progetto).

Ai sensi dell’art. 16 del Regolamento, il mandato dei Procuratori Centrali ha una durata non rinnovabile di sei anni, salva decisione del Consiglio di estenderla al termine per ulteriori tre anni. Tuttavia, in conformità con le regole transitorie per il primo mandato a seguito della costituzione dell’EPPO, un terzo dei procuratori del collegio avrà un incarico di soli tre anni, non rinnovabile.

Tale ultima previsione trova applicazione in riferimento al mandato del procuratore italiano, Danilo Ceccarelli.

 

L'EPPO assume i compiti di indagine e azione penale ad essa conferiti dal regolamento a una data che sarà stabilita con decisione della Commissione su proposta del procuratore capo europeo una volta costituita l'EPPO. La data che la Commissione deve stabilire non deve essere anteriore a tre anni dall'entrata in vigore del regolamento, quindi non prima del 21 novembre 2020.

 


 

La norma di delega

Lo schema di decreto legislativo A.G. 204 dà attuazione all’articolo 4 della legge n. 117 del 2019 – Legge di delegazione europea 2018, che delega il Governo all’adeguamento dell’ordinamento nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939, istitutivo della Procura europea.

Gli obblighi di adeguamento previsti dall’articolo 4 riguardano l’armonizzazione del diritto interno con il nuovo ufficio inquirente europeo, le nuove figure istituzionali e le relative competenze, i rapporti con le autorità inquirenti nazionali nonché gli aspetti procedimentali della cooperazione.

 

L’intervento, dato l’ambito di competenza dell’EPPO, ovvero le frodi contro gli interessi finanziari dell’Unione, appare strettamente collegato all’attuazione della direttiva n. 2017/1371 (cd. direttiva PIF), oggetto dell’art. 3 della legge di delegazione europea 2018, e ora recepita in Italia dal decreto legislativo n. 75 del 2020 [1] .

 

Per quanto riguarda il procedimento per l’esercizio della delega, il comma 1 dell’articolo 4 prevede che il Governo debba adottare, entro nove mesi dall’entrata in vigore della legge, con le procedure di cui all’articolo 31 della legge n. 234 del 2012 e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari - uno o più decreti legislativi per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) n. 2017/1939.

La legge di delegazione è entrata in vigore il 2 novembre 2019; il termine di esercizio della delega scadeva dunque, originariamente, il 2 agosto 2020. Tale termine è stato però prorogato di 3 mesi – e dunque fino al 2 novembre 2020 - dalla legge n. 27 del 2020, in considerazione dello stato di emergenza sul territorio nazionale derivante dal Covid-19.

Il Governo ha trasmesso lo schema alle Camere il 2 novembre 2020. Per effetto dell’art. 31, comma 3, della legge n. 234 del 2012, il termine per l’esercizio della delega è ulteriormente prorogato di 3 mesi per consentire alle competenti commissioni parlamentari di esprimere il parere e al Governo di poterne tenere conto (c.d. scorrimento dei termini); pertanto, il decreto legislativo dovrà essere adottato entro il 2 febbraio 2021.

 

Il comma 2 specifica che i decreti legislativi di attuazione della delega sono adottati su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 3 contiene gli specifici princìpi e criteri di esercizio della delega che vanno ad affiancarsi ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32, della legge n. 234 del 2012.

Fermo restando che dei singoli principi e criteri direttivi si dirà dando conto del contenuto dello schema di decreto legislativo in esame, in estrema sintesi il comma 3 delega il Governo:

§  ad individuare l’autorità nazionale competente alla designazione dei tre candidati al posto di procuratore europeo nonché i criteri e le modalità del procedimento di nomina (lett. a). Dà attuazione a questa previsione l’art. 2 dello schema;

§  ad individuare l’autorità competente alla conclusione dell’accordo con il procuratore capo europeo circa il numero dei procuratori europei delegati, la ripartizione funzionale e territoriale delle competenze di questi ultimi (lett. b). Provvede in tal senso l’art. 4 dello schema;

§  ad individuare l’autorità competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo delegato, nominati dal collegio dell’EPPO su proposta del procuratore capo europeo (lett. c). Dà attuazione a questa previsione l’art. 5 dello schema;

§  a coordinare le disposizioni dell’ordinamento giudiziario sulle attribuzioni e i poteri dei titolari degli uffici del Pubblico ministero con le disposizioni del Regolamento UE relative agli organi della Procura europea. Ciò, con particolare riferimento alle prerogative del collegio dell’EPPO, allo scopo di preservare la supervisione “europea” sui reati PIF, garantendo l’uniformità di indirizzo nell’esercizio dell’azione penale (lett. d). A ciò provvede l’art. 9 dello schema di decreto legislativo;

§  al coordinamento della disciplina dell’avocazione dei procedimenti per reati PIF da parte della procura europea (art. 27 Reg.) con quella dettata dall’ordinamento nazionale, che prevede la trasmissione del decreto di avocazione al Consiglio superiore della magistratura. Analoghi obblighi di comunicazione dovranno esservi se il procuratore europeo decida di svolgere personalmente le indagini nei casi eccezionali previsti dall’art. 28, par. 4 del Regolamento (lett. e). Interviene in tal senso, almeno in parte, l’art. 6 dello schema;

§  a realizzare un analogo coordinamento della disciplina dell’ordinamento giudiziario in relazione ai penetranti poteri delle camere permanenti della procura europea (esercizio e archiviazione dell’azione penale, controllo e indirizzo sulla gestione dei casi, riunione, separazione, riassegnazione) nonché per quanto riguarda le prerogative del procuratore europeo incaricato della supervisione delle indagini (lett. f). Interviene in attuazione di questa disposizione l’art. 9 dello schema;

§  ad adeguare l’ordinamento giudiziario alle disposizioni del Regolamento relative alla possibile rimozione del PM nazionale nominato procuratore europeo delegato ed alle sanzioni disciplinari nei suoi confronti in conseguenza dell’incarico rivestito nell’ambito dell’EPPO. Nello specifico, il governo dovrà prevedere: obblighi di comunicazione al procuratore capo europeo prima di dare esecuzione alla rimozione dall’incarico o a sanzioni disciplinari nei confronti di un procuratore europeo delegato disposte dalla sezione disciplinare del CSM per motivi non connessi alla sua appartenenza all’EPPO e analoghi obblighi di comunicazione per trasferimenti d’ufficio che comportino la rimozione dall’incarico di procuratore europeo delegato (lett. g). Provvedono in tal senso gli artt. 12 e 13 dello schema;

§  a coordinare la disciplina nazionale sulle valutazioni di professionalità dei procuratori europei delegati (lett. h), in relazione alle prerogative che il regolamento attribuisce al collegio dell’EPPO sulla valutazione del loro rendimento e capacità professionali. Dà attuazione a questo principio l’art. 11 dello schema;

§  a modificare le disposizioni processuali per prevedere che i procuratori europei delegati svolgano le funzioni di pubblico ministero ex art. 51 c.p.p. nei procedimenti davanti al giudice competente per i reati in danno degli interessi finanziari dell’Unione (lett. i). Interviene in tal senso l’art. 9 dello schema;

§  a prevedere che il procuratore europeo delegato debba svolgere le sue funzioni anche in sede di impugnazione delle decisioni del giudice nazionale competente (lett. p). A questo principio dà attuazione l’art. 9 dello schema;

§  a prevedere l’obbligo di denuncia alla procura europea in relazione ai delitti di cui alla direttiva PIF (lett. q). Dà parziale attuazione a questo principio l’art. 14 dello schema;

§  ad apportare ogni ulteriore modifica alle norme dell’ordinamento giudiziario e processuali necessaria per adeguamento l’ordinamento al regolamento UE, nonché ad abrogare le disposizioni nazionali incompatibili col regolamento stesso (lett. r). A questo principio e criterio direttivo, di chiusura, sono riconducibili gli articoli da 15 a 19 dello schema di decreto legislativo.

 

Il comma 3 prevede inoltre ulteriori principi e criteri direttivi che non trovano un preciso riscontro nello schema di decreto legislativo trasmesso alle Camere. Si tratta della delega:

§  a prevedere che i procuratori europei delegati operino, in relazione ai reati PIF, in collegamento e d’intesa, anche mediante acquisizione e scambio di informazioni, con il procuratore europeo che supervisiona le indagini, attenendosi alle direttive ed istruzioni dallo stesso impartite (lett. l);

§  a prevedere forme di coordinamento al fine del compimento di indagini transnazionali su reati PIF (lett. m);

§  a prevedere la possibilità, fino alla decisione sull’avocazione da parte della procura europea, che il PM nazionale competente possa adottare e richiedere atti urgenti all’evidente scopo di acquisire e salvaguardare le fonti di prova (lett. n);

§  a prevedere che, intervenuta l’avocazione delle indagini, il PM trasmetta gli atti all’EPPO (lett. o).

 

In merito, la relazione illustrativa afferma che il Governo ha ritenuto di non avvalersi dei poteri di intervento di cui alle lettere da l) a o), “la cui attuazione si sarebbe risolta nella mera duplicazione di disposizioni già contenute nel Regolamento”.

 

 


 

Contenuto dello schema di decreto legislativo

Lo schema di decreto legislativo si compone di 20 articoli. Di seguito si dà sinteticamente conto del loro contenuto, rinviando per una più completa disamina alle schede di lettura (v. infra).

 

L’articolo 1 definisce l’oggetto del provvedimento in esame, specificando che esso è volto ad adattare l'ordinamento giuridico nazionale alle previsioni del Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO»).

L’articolo 2 indica il Consiglio superiore della magistratura quale autorità competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo e detta la disciplina relativa al procedimento di designazione. Al riguardo, si anticipa che una disciplina transitoria per la designazione dei candidati a procuratore europeo, applicabile fino all’entrata in vigore dei provvedimenti attuativi della delega è contenuta nella stessa legge n. 117 del 2019 (art. 4, commi 4-8). Per un’analisi dei contenuti delle disposizioni transitorie si rinvia alla scheda relativa all’articolo 2.

L’articolo 3 è dedicato alla disciplina dello status del procuratore europeo nell'ambito dell'ordine giudiziario nazionale e al suo trattamento economico.

L’articolo 4 individua nel Ministro della giustizia l'autorità competente a concludere con il procuratore capo europeo, l'accordo volto a individuare il numero dei procuratori europei delegati, nonché la ripartizione funzionale e territoriale delle competenze tra gli stessi. La disposizione contiene inoltre la disciplina procedurale per la formulazione della proposta di accordo, prevedendo il concerto del Consiglio superiore della magistratura.

L’articolo 5 indica il Consiglio superiore della magistratura quale autorità competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo delegato e detta la disciplina relativa al procedimento di designazione.

L’articolo 6 contiene la disciplina dei provvedimenti conseguenti alla nomina dei procuratori europei delegati, con particolare riguardo all’assegnazione degli stessi alle sedi e all’esonero dal carico di lavoro ordinario. Il medesimo articolo individua il contenuto delle informazioni che il CSM deve richiedere alla procura europea in merito ai procuratori europei delegati e il contenuto degli obblighi informativi dei procuratori europei delegati nei confronti del procuratore generale presso la Corte di cassazione e il Ministro della giustizia.

L’articolo 7 contiene la disciplina del trattamento retributivo, previdenziale e pensionistico dei procuratori europei delegati.

L’articolo 8 modifica - sostituendola - la tabella che elenca le funzioni svolte dai magistrati appartenenti all’ordine giudiziario nazionale, includendovi i magistrati addetti alle funzioni di procuratori europei delegati.

L’articolo 9 attribuisce ai procuratori europei delegati le funzioni e i poteri spettanti ai pubblici ministeri nazionali in relazione alle indagini di competenza della Procura europea, sottraendoli alle direttive dei procuratori della Repubblica e alla vigilanza del procuratore generale presso la corte d’appello. Consente inoltre al procuratore europeo, in attuazione del regolamento, di svolgere le funzioni requirenti in Italia, in presenza di specifici presupposti e previa decisione della Procura europea.

L’articolo 10 è volto a disciplinare il procedimento di individuazione delle sedi di servizio dei procuratori europei delegati e ad attuare le disposizioni del Regolamento 2017/1939/UE concernenti l’obbligo per le autorità nazionali competenti di assicurare l’integrazione dei suddetti procuratori nelle rispettive procure nazionali.

L’articolo 11 detta disposizioni sulla valutazione di professionalità dei magistrati che svolgono le funzioni di procuratori europei delegati, individuando nel Consiglio giudiziario della Corte d’appello di Roma l’organo preposto all’espressione del parere motivato sul quale si fonda la valutazione del Consiglio superiore della magistratura.

L’articolo 12, in attuazione dell’art. 4, comma 3, lett. g), n. 1 della legge delega, prevede la previa comunicazione alla Procura europea di ogni provvedimento inerente lo status del procuratore europeo delegato che il CSM intenda adottare per ragioni estranee alle funzioni svolte in base al Regolamento.

L’articolo 13 disciplina il procedimento disciplinare nei confronti dei procuratori europei delegati, per fatti connessi alle loro responsabilità derivanti dal regolamento EPPO e stabilisce che l’azione disciplinare in Italia possa essere promossa solo con il consenso della procura europea. Laddove i medesimi fatti formino oggetto di un procedimento disciplinare sia in Italia che in sede europea, nella commisurazione delle sanzioni in sede nazionale si dovrà tener conto di quelle eventualmente già irrogate dalla procura europea.

L’articolo 14 prevede la trasmissione, senza ritardo, al procuratore europeo delegato di tutte le denunce redatte dai pubblici ufficiali e dagli incaricati di un pubblico servizio in relazione a reati per i quali la Procura europea ha deciso di avviare o avocare un’indagine.

L’articolo 15 stabilisce che alle procedure di consegna relative a mandati di arresto europei emessi da procuratori europei delegati si applica la legge n. 69 del 2005.

L’articolo 16 individua nel procuratore generale presso la Corte di cassazione l’autorità chiamata a decidere sull’attribuzione delle competenze per l’esercizio dell’azione penale in caso di contrasti tra Procura europea e procure della Repubblica nazionali.

L’articolo 17 autorizza i procuratori europei delegati a richiedere e disporre intercettazioni e consegne controllate di merci, nei limiti e in base ai presupposti previsti dalla normativa vigente. Demanda poi al Governo la comunicazione alla Procura europea del catalogo dei reati per i quali il nostro ordinamento consente l’uso dei suddetti due mezzi di ricerca della prova.

L’articolo 18 designa il procuratore generale presso la Corte di cassazione come autorità nazionale competente a interagire con EPPO per quanto riguarda le decisioni in tema di riparto di competenze per l’esercizio dell’azione penale, ai sensi degli articoli 25 e 34 del Regolamento. Di ogni decisione il procuratore generale dovrà dare comunicazione al Ministro della giustizia.

L’articolo 19 prevede l’applicazione delle disposizioni del codice di procedura sull’assunzione dei procedimenti penali dall’estero alle indagini che, originariamente di competenza EPPO, vengono trasferite alla competenza dell’autorità giudiziaria nazionale e alle indagini che, pur restando di competenza EPPO, vengono trasferite da un procuratore europeo delegato estero a uno avente sede in Italia.

L’articolo 20 contiene la clausola di invarianza finanziaria che opera in relazione a tutte le disposizioni dello schema di decreto legislativo, eccezion fatta per l’art. 4, relativo alla determinazione del numero e delle sedi dei procuratori europei delegati operanti in Italia.

 

 

 


Articolo 1
(Oggetto)

 

L’articolo 1 definisce l’oggetto del provvedimento in esame, specificando che esso è volto ad adattare l'ordinamento giuridico nazionale alle previsioni del Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio del 12 ottobre 2017, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea (per una disamina del contenuto del Regolamento si rinvia all’apposita scheda di lettura).

 

Il fondamento normativo dell’istituzione dell’Ufficio del pubblico ministero europeo, noto anche come EPPO (acronimo dell’inglese European public prosecutor’s office), è previsto dall’art. 86, par. 1, TFUE, al fine di contrastare le frodi al bilancio dell’Unione.

In conformità alle previsioni dell'articolo 86 TFUE, la Procura europea è stata istituita con l’adozione del Regolamento (UE) 2017/1939 e, dunque, di un atto normativo di “portata generale”, nonché “obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri”, come previsto dall'articolo 288 TFUE (e ribadito dall’articolo 120 del Regolamento stesso).

Le disposizioni in esso contenute entrano dunque immediatamente a far parte degli ordinamenti interni e determinano effetti modificativi e abrogativi delle norme preesistenti senza necessità o possibilità di un intervento di attuazione ad opera dei legislatori nazionali.

Lo stesso Regolamento tuttavia demanda agli ordinamenti nazionali il necessario adeguamento della disciplina ordinamentale e processuale allo scopo di assicurare effettività all’obiettivo della tutela degli interessi finanziari dell'Unione rispetto “a qualsiasi misura che incida o che minacci di incidere negativamente sul suo patrimonio e su quello degli Stati membri, nella misura in cui è di interesse per le politiche dell'Unione” (considerando 1 del Regolamento).

Lo scopo del provvedimento in esame è dunque, secondo quanto previsto dalla legge delega (vedi sopra), quello di armonizzare l’assetto normativo interno con il nuovo ufficio europeo sia sotto il profilo ordinamentale sia sotto il profilo processuale.

 


 

Articolo 2
(Autorità competente e procedimento per la designazione dei candidati all’incarico di procuratore europeo)

L’articolo 2 indica il Consiglio superiore della magistratura quale autorità competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo e detta la disciplina relativa al procedimento di designazione.

 

L’articolo in esame concerne l’individuazione dell’autorità nazionale competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo – ai fini della sua nomina da parte del Consiglio dell’Unione europea, dietro parere di un apposito comitato di selezione (art. 16 Reg.) -  nonché dei criteri e le modalità di selezione che regolano tali designazioni. Con l’articolo in esame il Governo dà attuazione a quanto previsto dall’articolo 4, comma 3, lettera a) del comma 3.

 

La delega. Legge n. 117 del 2019, art. 4, comma 3: “Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici: […]

a) individuare l'autorità competente a designare, a norma dell'articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2017/1939, i tre candidati al posto di procuratore europeo nonché i criteri e le modalità di selezione che regolano la designazione e il relativo procedimento; […]”

 

Secondo quanto previsto nel Regolamento, il procuratore europeo, uno per ciascuno Stato membro, di diritto componente del collegio – cui compete la supervisione generale dell’attività dell’EPPO, oltre che l’adozione di decisioni strategiche (art. 9):

·       supervisiona le indagini e le azioni penali di cui sono responsabili i procuratori europei delegati incaricati del caso nel rispettivo Stato membro di origine, (art. 12, par. 1)

·       e può a questi ultimi impartire istruzioni là dove necessario per l’efficiente svolgimento dell’indagine e dell’azione penale, nell’interesse della giustizia, ovvero per assicurare il funzionamento coerente dell’ufficio (art. 12, par. 3)

·       funge da collegamento e da canale di informazione tra le camere permanenti – organi di monitoraggio e indirizzo delle indagini e delle azioni penali condotte dai procuratori europei delegati – e gli stessi procuratori europei delegati nei rispettivi Stati membri di origine, all’interno dei quali monitora anche l’esecuzione dei compiti dell’ufficio (art. 12, par. 5).

L’art. 16 del Regolamento prevede che ciascuno Stato membro designa tre candidati al posto di procuratore europeo tra candidati che: a) sono membri attivi delle procure o della magistratura dello Stato membro interessato; b) offrono tutte le garanzie di indipendenza; c) possiedono le qualifiche necessarie per essere nominati ad alte funzioni a livello di procura o giurisdizionali nei rispettivi Stati membri e vantano una rilevante esperienza pratica in materia di sistemi giuridici nazionali, di indagini finanziarie e di cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale (par. 1). Il Consiglio, ricevuto il parere motivato del comitato di selezione (composto di dodici persone scelte tra ex membri della Corte di giustizia e della Corte dei conti, ex membri nazionali di Eurojust, membri dei massimi organi giurisdizionali nazionali, procuratori di alto livello e giuristi di notoria competenza), seleziona e nomina uno dei candidati al posto di procuratore europeo dello Stato membro in questione. Se il comitato di selezione ritiene che un candidato non soddisfi le condizioni necessarie all'esercizio delle funzioni di procuratore europeo, il suo parere è vincolante per il Consiglio (par. 2). Il Consiglio, deliberando a maggioranza semplice, seleziona e nomina i procuratori europei per un mandato non rinnovabile di sei anni. Alla fine del periodo di sei anni il Consiglio può decidere di prorogare il mandato per un massimo di tre anni (par 3). Ogni tre anni si procede a un rinnovo parziale di un terzo dei procuratori europei. Il Consiglio, deliberando a maggioranza semplice, adotta disposizioni transitorie relative alla nomina dei procuratori europei per e durante il primo mandato (par. 4).

 

In particolare ai sensi del comma 1, l’autorità nazionale competente alla designazione dei tre candidati è il Consiglio superiore della magistratura.

 

Al riguardo si segnala che anche il parere del 12 novembre 2018 del Consiglio superiore della magistratura sulla disposizione della legge di delega e sulle disposizioni transitorie contenute all’articolo 4 del disegno di legge AC 1201, con riferimento alla procedura di designazione della terna di candidati a procuratore europeo, evidenziava tra l’altro che «date le caratteristiche che il Procuratore europeo dovrà avere e l’attività tipicamente giudiziaria che è chiamato a svolgere, deve ritenersi che, in forza della disposizione dei cui all’art. 105 della Costituzione, debba essere il CSM l’autorità dello Stato deputata a selezionare i candidati ed indicare la terna».

 

Il CSM, secondo quanto previsto dal comma 2, ha 30 giorni dalla data di entrata in vigore del dello schema di decreto in esame, per individuare, con propria delibera, i criteri e la procedura per la valutazione delle dichiarazioni di disponibilità e la designazione dei candidati, nel rispetto delle qualifiche e dei requisiti previsti dall'articolo 16 del Regolamento e dallo schema in esame.

Al riguardo il comma 3 specifica che possono candidarsi per l'incarico di procuratore europeo i magistrati, anche se collocati fuori dal ruolo organico della magistratura o in aspettativa, i quali alla data di presentazione della dichiarazione di disponibilità alla designazione:

§  non abbiano compiuto il sessantatreesimo anno di età

§  abbiano conseguito almeno la quarta valutazione di professionalità.

In particolare, l’art. 16, par. 1, del Regolamento prevede che i candidati al posto di procuratore europeo debbano:

§  essere membri attivi delle procure o della magistratura dello Stato membro interessato;

§  offrire tutte le garanzie di indipendenza;

§  possedere le qualifiche necessarie per essere nominati ad alte funzioni a livello di procura o giurisdizionali nei rispettivi Stati membri

§  avere una rilevante esperienza pratica in materia di sistemi giuridici nazionali, di indagini finanziarie e di cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale.

 

Il comma 4 specifica che tutti i candidati devono allegare alla dichiarazione di disponibilità gli elementi utili per dimostrare:

 

§  la conoscenza adeguata della lingua di lavoro adottata dal collegio della Procura europea

Ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 2, del regolamento, il collegio decide a maggioranza dei due terzi dei suoi membri il regime linguistico interno all’EPPO.

 

§  il possesso dei requisiti richiesti dal regolamento e dalla delibera del Consiglio superiore della magistratura (vedi sopra).

I candidati che non svolgono già funzioni di legittimità devono altresì allegare elementi utili a dimostrare la capacità scientifica e di analisi delle norme; con riguardo a tali ultimi requisiti il comma 5 specifica che gli stessi sono oggetto di valutazione preliminare da parte della la Commissione tecnica per la valutazione della capacità scientifica e di analisi delle norme, nominata dal Consiglio superiore della magistratura.

 

L'articolo 12, comma 13, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 prevede che per il conferimento delle funzioni di legittimità, debba essere valutata anche la capacità scientifica e di analisi delle norme, oggetto di valutazione da parte di una apposita commissione nominata dal Consiglio superiore della magistratura. La commissione è composta da cinque membri, di cui tre scelti tra magistrati che hanno conseguito almeno la quarta valutazione di professionalità e che esercitano o hanno esercitato funzioni di legittimità per almeno due anni, un professore universitario ordinario designato dal Consiglio universitario nazionale ed un avvocato abilitato al patrocinio innanzi alle magistrature superiori designato dal Consiglio nazionale forense. I componenti della commissione durano in carica due anni e non possono essere immediatamente confermati nell'incarico.

 

I commi da 6 a 8 disciplinano nel dettaglio il procedimento per la designazione, prevedendo che il CSM:

§  trasmetta immediatamente le dichiarazioni di disponibilità al Ministro della giustizia;

§  valuti le candidature nel rispetto dei criteri di cui alla delibera prevista dal comma 2;

§  approvi con delibera motivata entro 30 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle candidature, una proposta di designazione di tre candidati idonei e la trasmetta al Ministro della giustizia, il quale, nei 15 giorni successivi, può formulare osservazioni, anche proponendo una diversa designazione.

§  designi i tre candidati con delibera motivata nei 15 quindici giorni successivi alla ricezione delle osservazioni del Ministro della giustizia o, comunque, alla scadenza del termine per la formulazione delle stesse, indicando le regioni dell’eventuale mancato accoglimento delle osservazioni del Ministro;

§  comunica i nominativi dei candidati al Ministro della giustizia per il successivo inoltro al Consiglio dell'Unione europea.

 

 

Con riguardo alla procedura di designazione della terna di candidati a procuratore europeo, la legge n. 117 del 2019, all’articolo 4, commi da 4 a 8, ha previsto una disciplina transitoria, applicabile “fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni adottate in attuazione del criterio di delega di cui al comma 3, lettera a)”. Tale disciplina prevede che in fase di prima attuazione, la designazione dei tre candidati al ruolo di procuratore capo europeo sia effettuata mediante un complesso meccanismo di concorso tra CSM e Ministro della giustizia.

 

Più in particolare, è previsto che i magistrati che intendono candidarsi al ruolo di procuratore europeo devono aver superato la quarta verifica di professionalità (non ostando alla candidatura il fatto di essere collocati fuori ruolo) e devono presentare domanda al CSM (comma 5).

Le domande sono poi esaminate, in via autonoma, sia dal CSM sia dal Ministro della giustizia, al quale saranno inoltrate. In esito alla propria disamina, quest’ultimo trasmette al CSM una graduatoria, munita delle relative valutazioni. Se il CSM condivide le valutazioni ministeriali, effettua senz’altro la designazione dei primi tre candidati e la trasmette al Ministro, affinché questi la inoltri all’EPPO (comma 6).

Viceversa, ove il CSM non condivida le valutazioni del Guardasigilli, gli restituisce gli atti con provvedimento motivato. Decorre allora un termine di 15 giorni entro cui il Ministro – a sua volta e alternativamente – può (comma 7):

·       formare una nuova graduatoria conforme alle valutazioni del CSM;

·       invitare il CSM a rivedere la propria posizione.

In entrambi i casi, la designazione spetta comunque al CSM, con la precisazione che – se il Ministro abbia insistito su proprie posizioni – la designazione deve motivare specificamente le ragioni per cui il CSM non abbia aderito all’impostazione del Ministro (comma 8).

 

In applicazione della suddetta disciplina transitoria è stata scelta la terna di candidati da sottoporre al Consiglio dell’Unione Europea per la nomina del procuratore europeo dello Stato italiano.

Come sopra ricordato il 27 luglio 2020 il Consiglio dell’UE ha nominato i 22 Procuratori Centrali che comporranno l’Ufficio Centrale dell’EPPO, designando per lo Stato italiano il PM Danilo Ceccarelli, ex Sostituto Procuratore a Imperia con un’esperienza in Kosovo come International Prosecutor nella missione europea Eulex. L’incarico del procuratore europeo per l’Italia ha, in conformità con le regole transitorie per il primo mandato a seguito della costituzione dell’EPPO, una durata pari a tre anni e non è rinnovabile.

 

Le regole transitorie per il primo mandato a seguito della costituzione dell’EPPO, sono contenute nella Decisione esecutiva del Consiglio 09/04/2019, n. 2019/598/UE relativa alle disposizioni transitorie per la nomina dei procuratori europei per e durante il primo mandato di cui all'articolo 16, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2017/1939. In tale atto si prevede che:

·       prima della nomina dei procuratori europei viene designato, mediante estrazione a sorte, un gruppo che rappresenta un terzo del numero di Stati membri partecipanti al momento dell'applicazione di tali disposizioni transitorie;

·       la durata del mandato dei procuratori europei provenienti dagli Stati membri inclusi nel gruppo determinato con estrazione a sorte è di tre anni. Tale mandato non è rinnovabile.

Dunque in base a tali norme transitorie un terzo dei procuratori del collegio avrà un incarico di soli tre anni, non rinnovabile. Tale ultima previsione trova applicazione in riferimento al mandato del procuratore italiano, Danilo Ceccarelli.

 


 

Articolo 3
(Collocamento fuori ruolo e trattamento economico del procuratore europeo)

 

L’articolo 3 è dedicato alla disciplina dello status del procuratore europeo nell'ambito dell'ordine giudiziario nazionale e al suo trattamento economico.

 

In primo luogo, il comma 1, dispone il collocamento fuori ruolo organico del magistrato nominato al posto di procuratore europeo dal Consiglio dell’Unione europea.

 

La disposizione fa salvo quanto disposto in materia di collocamento fuori ruolo dal testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, con particolare riguardo alla previsione in base alla quale l'impiegato collocato fuori ruolo non occupa posto nella qualifica del ruolo organico cui appartiene; nella qualifica iniziale del ruolo stesso è lasciato scoperto un posto per ogni impiegato collocato fuori ruolo (articolo 58, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica gennaio 1957, n. 3)

 

Si esclude inoltre l’applicazione del limite temporale decennale, previsto dalla normativa vigente, per il collocamento fuori ruolo.

 

L’art. 50 del d.lgs. n. 160 del 2006 (Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonchè in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati), prevede, al comma 2 che il collocamento fuori ruolo dei magistrati non possa superare il periodo massimo complessivo di dieci anni, con esclusione del periodo di aspettativa per mandato parlamentare o di mandato al Consiglio superiore della magistratura.

L'articolo 1, comma 68, della legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge Severino) dispone che i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati e procuratori dello Stato non possono essere collocati in posizione di fuori ruolo per un tempo che, nell'arco del loro servizio, superi complessivamente dieci anni, anche continuativi. Il predetto collocamento non può comunque determinare alcun pregiudizio con riferimento alla posizione rivestita nei ruoli di appartenenza.

Anche la disciplina transitoria (applicabile fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni adottate in attuazione della legge delega, vedi scheda relativa all’articolo 2), contenuta nella legge n. 117 del 2019, esclude, all’art. 4, comma 9, per i magistrati nominati alla Procura europea l’applicazione dei limiti temporali di collocamento fuori ruolo previsti nella c.d. legge Severino.

La norma transitoria di cui all’articolo 4, comma 9 della legge n. 117/2019 tuttavia fa riferimento all’esclusione dell’applicazione non solo del comma 68 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2012, ma anche dei commi 69; 71 e 72 del medesimo articolo. Al riguardo, la Relazione illustrativa del provvedimento in esame specifica che le nuove previsioni, circoscrivono il richiamo al solo comma 68 della legge suddetta, in quanto è l’unica disposizione in concreto rilevante per la posizione del procuratore europeo, risultando invece le altre finalizzate alla definizione di incarichi fuori ruolo già in essere.

 

Il comma 2 specifica che dalla data di nomina sino al ricollocamento in ruolo del magistrato cessa il trattamento economico a carico del Ministero della giustizia.

 

Si ricorda che il procuratore europeo viene assunto dall’EPPO in qualità di «agente temporaneo» e, per l'intera durata del suo incarico, è quindi assoggettato allo statuto dei funzionari dell'Unione, anche per quanto riguarda il regime economico, contributivo e previdenziale (art. 97, par. 2 del Regolamento).

Il 9 settembre 2020 il Consiglio superiore della magistratura, ha collocato Danilo Ceccarelli, nominato all'incarico di procuratore europeo in aspettativa senza assegni ai sensi dell'articolo 23-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.

 

 


 

Articolo 4
(Autorità competente ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento)

 

L’articolo 4 individua nel Ministro della giustizia l'autorità competente a concludere con il procuratore capo europeo, l'accordo volto a individuare il numero dei procuratori europei delegati, nonché la ripartizione funzionale e territoriale delle competenze tra gli stessi. La disposizione contiene inoltre la disciplina procedurale per la formulazione della proposta di accordo, prevedendo il concerto del Consiglio superiore della magistratura.

 

L’articolo 4 dà attuazione al principio, contenuto nell’articolo 4, comma 3, lettera b) della legge 117/2019, ai sensi del quale il Governo è delegato ad individuare l’autorità competente alla conclusione dell’accordo con il procuratore capo europeo circa il numero dei procuratori europei delegati, la ripartizione funzionale e territoriale delle competenze di questi ultimi.

 

L’art. 13, par. 2, del Regolamento prevede la nomina di almeno 2 procuratori europei delegati (PED) per Stato aderente, non stabilendone un numero massimo. Spetta al procuratore capo europeo, previe consultazioni con le autorità degli Stati aderenti, approvare il numero dei procuratori europei delegati nonché la ripartizione delle loro competenze funzionali e territoriali all’interno di ogni Stato aderente.

I PED dispongono degli stessi poteri dei procuratori nazionali in materia di indagine, azione penale e atti volti a rinviare casi a giudizio (art. 13). Sono, quindi, responsabili delle indagini e azioni penali dagli stessi avviate, ad essi assegnate o da essi avocate ai sensi dell’art.27 del regolamento. I PED seguono le indicazioni e le istruzioni della competente camera permanente incaricata, nonché le istruzioni del PE incaricato della supervisione.

Essi dunque sono responsabili di portare i casi in giudizio e dispongono del potere di formulare l’imputazione, partecipare all’assunzione delle prove ed esercitare i rimedi disponibili in conformità del diritto nazionale.

Su proposta del PCE, il Collegio nomina (per cinque anni) i PED designati dagli Stati membri (art. 17, par. 1).

Una volta intervenuta la nomina e fino alla rimozione dell’incarico “i procuratori europei delegati sono membri attivi delle procure o della magistratura dei rispettivi Stati membri che li hanno designati”; essi assumono, tuttavia, all’interno dell’EPPO, l’inquadramento di consigliere speciale ai sensi degli articoli 5, 123 e 124 “del regime applicabile agli altri agenti” (cfr. art. 96 par. 6 regolamento).

 

Al riguardo il comma 1 individua nel Ministro della giustizia l'autorità competente a concludere con il procuratore capo europeo, d'intesa con il Consiglio superiore della magistratura e nei limiti delle rispettive attribuzioni, l'accordo volto a individuare il numero dei procuratori europei delegati, nonché la ripartizione funzionale e territoriale delle competenze tra gli stessi.

 

Il comma 2 specifica che la proposta motivata concernente il numero e la distribuzione funzionale e territoriale delle competenze dei procuratori europei delegati., da sottoporre al procuratore capo europeo deve essere formulata dal Ministro di concerto con il Consiglio superiore della magistratura.

Al fine della formulazione della proposta, il medesimo comma 2 specifica la necessità da parte del Ministro della giustizia e del CSM di acquisire gli elementi conoscitivi concernenti

§  i reati attribuiti alla competenza della Procura europea,

§  il numero delle persone sottoposte alle indagini ad essi relative,

§  i tempi medi di definizione,

§  la dislocazione sul territorio nazionale degli uffici di procura presso cui i procedimenti sono iscritti

§  l'eventuale sussistenza di profili di connessione con fenomeni di criminalità organizzata.

 

Si segnala al riguardo che la questione del numero e della distribuzione funzionale e territoriale delle competenze dei procuratori europei delegati è stata affrontata dal CSM nel citato nel parere del 12 novembre 2018, sull’articolo 4 del disegno di legge di delegazione europea 2018 (Delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2017/1939, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea - «EPPO»). In tale occasione il CSM ha sottolineato la scelta del legislatore europeo di non prevedere disposizioni stringenti relativamente all’organizzazione, diffusione e struttura dei Procuratori europei delegati, se non disponendo che in ciascuno Stato membro sono presenti due o più Procuratori Europei delegati. Da tale scelta del legislatore europeo il CSM deduce che “È quindi in astratto possibile che uno Stato membro si determini ad attribuire ad un sostituto procuratore l’esercizio esclusivo delle funzioni di PED in materia di reati di competenza dell’EPPO, ovvero che opti, ad esempio in ragione del limitato numero di procedimenti penali iscritti per reati di competenza EPPO, per combinare le funzioni di PED con quelle ordinarie di sostituto procuratore”.

Da tale scelta, secondo il CSM discendono ulteriori opzioni ed in particolare la possibile scelta tra 3 soluzioni: la creazione di un ufficio centralizzato in cui i procuratori europei delegati trattino in via esclusiva tutti i reati di competenza dell’EPPO; la dislocazione in tutti i distretti di corte d’appello di un procuratore europeo delegato che svolge anche attività ordinaria o di un procuratore europeo delegato deputato a occuparsi esclusivamente di reati di competenza EPPO; ovvero la dislocazione dei procuratori europei delegati presso le procure distrettuali più rilevanti (quali, ad esempio, Milano, Roma, Napoli, Palermo), previa suddivisione in macroaree del territorio dello Stato “

Il CSM sottolineava altresì che la scelta tra le varie opzioni non può comunque non tenere conto del presumibile volume d’affari che i PED si troveranno a gestire. Al riguardo, il CSM sulla base del  monitoraggio effettuato per il triennio 2015-2017 riteneva inadeguato il numero di PED originariamente  previsto nell’art. 4, comma 3, lett. b) della legge di delegazione europea 2018 (il testo originario prevedeva che i PED per l’Italia fossero non più di 10).

 

Il comma 3 prevede:

§  che il Ministro della giustizia dia immediata comunicazione al Consiglio superiore della magistratura dell’accordo concluso con il procuratore capo europeo

§  la pubblicazione del medesimo accordo sulla Gazzetta Ufficiale.

 

Il comma 4 specifica infine che la disciplina dettata dall’articolo in esame per l’accordo con il procuratore capo europeo si applichi anche alle modifiche dell’accordo stesso.

 


 

Articolo 5
(Autorità competente e procedimento per la designazione dei procuratori europei delegati)

 

L’articolo 5 indica il Consiglio superiore della magistratura quale autorità competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo delegato e detta la disciplina relativa al procedimento di designazione.

 

L’articolo 5 reca attuazione del principio di cui all’articolo 4, comma 3, lettera c) della legge 117/2019, che delega il Governo ad individuare l’autorità competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo delegato, nominati dal collegio dell’EPPO su proposta del procuratore capo europeo.

 

La delega. Legge n. 117 del 2019, art. 4, comma 3: “Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici: […]

c) individuare, ai sensi dell'articolo 17 del regolamento (UE) 2017/1939, l'autorità competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo delegato ai fini della nomina da parte del collegio su proposta del procuratore capo europeo, nonché i criteri e le modalità di selezione che regolano la designazione; […]”

 

L’art. 17 del Regolamento prevede che, su proposta del procuratore capo europeo, il collegio nomina i procuratori europei delegati designati dagli Stati membri. Il collegio può rigettare la designazione qualora la persona designata non soddisfi i criteri di cui al paragrafo 2. I procuratori europei delegati sono nominati per un periodo rinnovabile di cinque anni (par. 1). Dal momento della nomina a procuratore europeo delegato e fino alla rimozione dall'incarico, i procuratori europei delegati sono membri attivi delle procure o della magistratura dei rispettivi Stati membri che li hanno designati. Essi offrono tutte le garanzie di indipendenza, possiedono le qualifiche necessarie e vantano una rilevante esperienza pratica relativa al loro sistema giuridico nazionale (par. 2).

 

Al riguardo, il comma 1 individua quale autorità competente alla designazione il Consiglio superiore della magistratura.

 

Nel più volte citato nel parere del 12 novembre 2018, il CSM ha sottolineato, sul punto, che analogamente a quanto osservato per il Procuratore europeo, in coerenza con l’art. 105 Cost., la selezione e la nomina dei procuratori europei delegati debbano essere riservate al CSM.

 

Il comma 2, in analogia con quanto previsto dall’articolo 2 per la designazione dei candidati a procuratore europeo, individua il procedimento per la designazione dei procuratori delegati.

Il CSM, ha 30 giorni dalla data di entrata in vigore del dello schema di decreto in esame, per individuare, con propria delibera, i criteri e la procedura per la valutazione delle dichiarazioni di disponibilità e la designazione dei candidati, nel rispetto delle qualifiche e dei requisiti previsti dall'articolo 17 del Regolamento e dallo schema in esame. È inoltre previsto che nell'individuazione dei criteri di valutazione specifico rilievo sia accordato all'esperienza maturata dal magistrato nella conduzione di indagini relative a reati contro la pubblica amministrazione e in materia di criminalità economica e finanziaria, nonché alle sue competenze nel settore della cooperazione giudiziaria

 

L’art. 17 del Regolamento prevede, al par. 2 che dal momento della nomina a procuratore europeo delegato e fino alla rimozione dall'incarico, i procuratori europei delegati sono membri attivi delle procure o della magistratura dei rispettivi Stati membri che li hanno designati. Essi offrono tutte le garanzie di indipendenza, possiedono le qualifiche necessarie e vantano una rilevante esperienza pratica relativa al loro sistema giuridico nazionale.

 

Con riguardo ai requisiti, il comma 3 specifica che possono candidarsi per l'incarico di procuratore europeo delegato i magistrati, anche se collocati fuori dal ruolo organico della magistratura o in aspettativa, i quali alla data di presentazione della dichiarazione di disponibilità alla designazione:

§  non abbiano compiuto 59 anni;

§  abbiano conseguito almeno la terza valutazione di professionalità.

 

Il comma 4 specifica che tutti i candidati devono allegare alla dichiarazione di disponibilità gli elementi utili per dimostrare:

 

§  la conoscenza adeguata della lingua di lavoro adottata dal collegio della Procura europea

Ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 2, del regolamento, il collegio decide a maggioranza dei due terzi dei suoi membri il regime linguistico interno all’EPPO.

 

§  il possesso dei requisiti richiesti dal regolamento e dalla delibera del Consiglio superiore della magistratura (vedi sopra).

 

I candidati che non svolgono già funzioni di legittimità devono altresì allegare elementi utili a dimostrare la capacità scientifica e di analisi delle norme; con riguardo a tali ultimi requisiti il comma 5 rinvia a quanto previsto per i candidati al posto di procuratore europeo,  ossia che gli stessi sono oggetto di valutazione preliminare da parte della la Commissione tecnica per la valutazione della capacità scientifica e di analisi delle norme, nominata dal Consiglio superiore della magistratura (vedi sopra  articolo 2).

 

Il comma 6 affida in via esclusiva al CSM la procedura di designazione dei procuratori delegati, prevedendo in particolare che il Consiglio superiore entro 30 giorni dalla presentazione delle candidature, proceda alla loro valutazione e designi, con delibera motivata, il numero di magistrati idonei corrispondente a quello indicato dal procuratore capo europeo all'esito degli accordi con il Ministro della giustizia (vedi sopra, art. 4)

Ai sensi del comma 7 la delibera di designazione è comunicata al Ministero della giustizia, che la trasmette al procuratore capo europeo.

 


 

Articolo 6
(Provvedimenti conseguenti alla nomina dei procuratori europei delegati)

L’articolo 6 contiene la disciplina dei provvedimenti conseguenti alla nomina dei procuratori europei delegati, con particolare riguardo all’assegnazione degli stessi alle sedi e all’esonero dal carico di lavoro ordinario (commi 1 e 2). Il medesimo articolo individua il contenuto delle informazioni che il CSM deve richiedere alla procura europea in merito ai procuratori europei delegati (comma 3) e il contenuto degli obblighi informativi dei procuratori europei delegati nei confronti del procuratore generale presso la Corte di cassazione e il Ministro della giustizia (comma 4).

 

In particolare il comma 1 prevede la competenza del Consiglio superiore della magistratura in merito all’assegnazione dei procuratori europei delegati alle sedi, nel rispetto degli accordi tra il Ministro della giustizia e il procuratore capo europeo in merito alla ripartizione funzionale e territoriale degli stessi procuratori europei delegati (vedi sopra, articolo 4).

Il CSM dovrà tenere conto delle preferenze espresse dagli interessati all'atto della presentazione della domanda, solo ove ciò risulti possibile, e cioè nel caso in cui esse risultino compatibili con il contenuto degli accordi suddetti e con le esigenze organizzative dell'EPPO.

 

Il comma 2 prevede che, all'atto dell’assegnazione dei procuratori europei delegati alle rispettive sedi, il Consiglio superiore della magistratura ne disponga l’esonero dal carico di lavoro ordinario in misura corrispondente a quella convenuta dal Ministro della giustizia con il procuratore capo europeo nell’accordo sopra citato.

A differenza dunque di quanto previsto per il Procuratore europeo, per i procuratori delegati non è previsto il collocamento fuori ruolo organico.

 

Il Regolamento (art. 13, par.3 e art. 17, par 2), lascia gli Stati membri liberi di decidere che i procuratori europei delegati espletino anche le funzioni di pubblici ministeri nazionali, sempre a condizione che ciò non impedisca loro di assolvere gli obblighi assunti sul fronte europeo. Tuttavia, la Relazione illustrativa specifica, sul punto, che non è allo stato prevedibile che l'esonero suddetto, almeno per i primi anni di funzionamento dell'EPPO, possa essere disposto in misura solo parziale, risultando da escludersi che la negoziazione con l'attuale procuratore capo europeo si orienti nel senso di consentire l'accesso al regime di “cd. doppio cappello” previsto dall'articolo 17(2) del regolamento. Sempre la Relazione specifica infatti come la posizione dell’attuale Procuratore capo europeo sia fermamente contraria allo “svolgimento di funzioni part-time” dei procuratori delegati.

 

Il comma 3 stabilisce che il CSM debba richiedere, con cadenza annuale, alla Procura europea di comunicare:

§  l’eventuale avvio o definizione di procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati nominati procuratori europei delegati;

§  l’eventuale adozione da parte del procuratore europeo incaricato della supervisione - nei casi assegnati ai procuratori europei delegati per l’Italia - della decisione di svolgere l’indagine di persona ai sensi dell'articolo 28 paragrafo 4, lettera c) del regolamento.

 

L’articolo 28 del Regolamento è dedicato allo svolgimento delle indagini. Il comma 4 richiamato dalla disposizione in esame, prevede la possibilità che in casi eccezionali, dopo aver ottenuto l'approvazione della camera permanente competente, il procuratore europeo incaricato della supervisione adotti la decisione motivata di svolgere l'indagine di persona, qualora ciò risulti indispensabile ai fini dell'efficienza dell'indagine o dell'azione penale in ragione di uno o più criteri tra i quali quello indicato alla richiamata lettera c), ossia in caso di fallimento del meccanismo di riassegnazione del caso a un altro procuratore europeo delegato dello stesso Stato membro se il procuratore europeo delegato incaricato del caso non può svolgere l'indagine o avviare l'azione penale o omette di seguire le istruzioni della camera permanente competente o del procuratore europeo.

 

La disposizione di cui al comma 3 si può ricondurre a quanto previsto dalla disposizione di delega (lettera e) del comma 3 dell’articolo 4 della legge 117/2019), che impone al Governo di integrare le disposizioni dell'ordinamento giudiziario che prevedono la trasmissione di copia del decreto motivato di avocazione al Consiglio Superiore della Magistratura e ai procuratori della Repubblica interessati, prevedendo un’analoga trasmissione nel caso di decisione motivata da parte del procuratore europeo ai sensi dell'articolo 28 del regolamento (UE) 2017/1939.

 

Come è noto, l’articolo 70, comma 6, del R.D. 30/01/1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) impone la trasmissione del decreto di avocazione delle indagini preliminari nei casi previsti dalla legge, al Consiglio Superiore della Magistratura e al Procuratore della Repubblica interessato.

 

Rispetto al criterio di delega che richiama l’articolo 28 del Regolamento nella sua interezza, la scelta del Governo, nell’attuazione della delega è dunque quella di assimilare al decreto di avocazione (il quale deve essere trasmesso al Consiglio Superiore della Magistratura e al Procuratore della Repubblica interessato) la decisione motivata del Procuratore europeo incaricato della supervisione di sottrarre l’indagine al procuratore europeo delegato e svolgerla di persona (ipotesi prevista dall’art. 28 par.4 del Regolamento).

 

Anche il citato nel parere del 12 novembre 2018, il CSM, ritiene correttamente assimilabile il decreto di avocazione all’ipotesi prevsta dall’art. 28 del Regolamento EPPO.

 

Il comma 4 prevede in ogni caso un obbligo a carico dello stesso procuratore europeo delegato di informare senza ritardo il procuratore generale presso la Corte di cassazione e il Ministro della giustizia:

§  nell’ipotesi di avvio di un procedimento disciplinare nei suoi confronti per motivi connessi alle responsabilità che gli derivano dal regolamento;

§  nell’ipotesi di riassegnazione del caso ad altro procuratore delegato per l’Italia o adozione da parte del procuratore europeo incaricato della supervisione della decisione di svolgere l'indagine di persona ai sensi dell'articolo 28, paragrafo 4, lettera e) del regolamento (vedi sopra).

 

Il PE incaricato della supervisione del caso può, inoltre, chiedere alla Camera permanente la riassegnazione del caso ad altro PED, qualora questi non svolga l’indagine, non eserciti l’azione penale ovvero ometta di seguire le istruzioni della Camera permanente o del Procuratore. Come detto sopra, in casi eccezionali (art. 28, par. 4) svolge direttamente l’indagine assicurando il compimento di tutti gli atti investigativi richiesti dal caso in trattazione.


 

Articolo 7
(Trattamento economico e regime contributivo dei procuratori europei delegati)

L’articolo 7 contiene la disciplina del trattamento retributivo, previdenziale e pensionistico dei procuratori europei delegati, specificando tra l’altro, che i periodi di servizio prestati nella qualifica di procuratore europeo delegato sono considerati utili ai fini del riconoscimento dei diritti previdenziali nonché ai fini della progressione economica per anzianità di servizio del magistrato.

 

In particolare il comma 1 specifica che per il magistrato nominato procuratore europeo delegato il trattamento economico erogato a suo favore dal Ministero della giustizia cessa dalla data di assunzione dell’incarico. La disposizione contempla altresì l’ipotesi in cui il magistrato sia esonerato solo parzialmente dal carico di lavoro ordinario (vedi sopra articolo 6, comma 2): in tal caso è previsto il rimborso alla Procura europea da parte del Ministero della giustizia della quota di trattamento economico spettante per lo svolgimento dell'ordinaria attività di procuratore nazionale.

Il comma 2 dispone che il periodo di servizio prestato nella qualità di procuratore europeo delegato sia computato ai fini della progressione economica per anzianità di servizio e agli effetti del trattamento di quiescenza e di previdenza, da determinarsi con riferimento al trattamento economico goduto alla data di assunzione dell'incarico e alla progressione di esso per anzianità di servizio.

Il comma 3 specifica che il versamento dei contributi previdenziali è posto integralmente a carico del Ministero della giustizia, fatto salvo il rimborso all’amministrazione della quota previdenziale posta a carico del magistrato europeo delegato, secondo le aliquote vigenti.

 

Si ricorda, al riguardo, che l’art. 96 del Regolamento 2017/1939/UE, relativo al trattamento del personale dell’EPPO, garantisce (par. 6) l'esistenza di disposizioni adeguate affinché siano mantenuti i diritti dei procuratori europei delegati in materia di previdenza sociale, pensioni e copertura assicurativa previsti dal regime nazionale. La medesima norma garantisce altresì che la remunerazione complessiva di un procuratore europeo delegato non sia inferiore a quella che gli sarebbe spettata se avesse mantenuto solo la carica di procuratore nazionale.

 

 

 


 

Articolo 8
(Modifiche alla tabella B, annessa alla legge 5 marzo 1991, n. 71)

 

L’articolo 8 modifica – sostituendola - la tabella che elenca le funzioni svolte dai magistrati appartenenti all’ordine giudiziario nazionale, includendovi i magistrati addetti alle funzioni di procuratori europei delegati.

 

In particolare l’articolo in esame sostituisce la tabella B annessa alla legge 5 marzo 1991, n. 71, concernente il ruolo organico della magistratura inserendo i magistrati destinati alle funzioni di procuratori europei delegati alla lettera L), comprensiva tra gli altri dei magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, senza modificare la dotazione organica corrispondente alla suddetta lettera.

 

La lettera L) della tabella B annessa alla legge 5 marzo 1991, n. 71, è attualmente dedicata ai “Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, di magistrato distrettuale, di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado”.

 

L’individuazione del numero dei procuratori europei delegati (vedi sopra articolo 5) non incide sulla dotazione complessiva del ruolo organico della magistratura ordinaria vigente, in quanto si includono nel numero complessivo di 9.621 magistrati individuati dalla lettera L) anche i magistrati destinati alle funzioni di procuratori europei delegati.

 


 

Articolo 9
(Poteri dei procuratori europei)

 

L’articolo 9 attribuisce ai procuratori europei delegati le funzioni e i poteri spettanti ai pubblici ministeri nazionali in relazione alle indagini di competenza della Procura europea, sottraendoli alle direttive dei procuratori della Repubblica e alla vigilanza del procuratore generale presso la corte d’appello. Consente inoltre al procuratore europeo, in attuazione del regolamento, di svolgere le funzioni requirenti in Italia, in presenza di specifici presupposti e previa decisione della Procura europea.

 

 

In particolare, il comma 1 attribuisce ai procuratori europei delegati le funzioni ed i poteri spettanti ai pubblici ministeri nazionali in relazione ai procedimenti di competenza della Procura europea (tanto per i procedimenti per i quali EPPO ha deciso di avviare un’indagine, quanto per quelli che EPPO abbia avocato in una fase successiva all’avvio delle indagini). Essi eserciteranno tali poteri in via esclusiva e fino alla definizione del procedimento.

Con questa affermazione, la disposizione dà attuazione al principio e criterio direttivo di cui alle lettere i) e p) della norma di delega.

 

La delega. Legge n. 117 del 2019, art. 4, comma 3: “Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici: […]

i) apportare le necessarie modifiche alle disposizioni processuali al fine di prevedere che i procuratori europei delegati svolgano le funzioni indicate dall'articolo 51 del codice di procedura penale dinanzi al tribunale ordinariamente competente per i delitti di cui alla direttiva (UE) 2017/1371; […]

p) prevedere che il procuratore europeo delegato svolga le funzioni ai fini della proposizione degli atti di impugnazione; […]”

 

Il comma 2 mantiene ferme le competenze degli organi giudicanti ma stabilisce che i procuratori europei delegati potranno esercitare le funzioni requirenti sul tutto il territorio nazionale, a prescindere dalla sede che sarà loro assegnata.

 

La relazione illustrativa spiega questa disposizione con l’esigenza di garantire un margine di flessibilità in considerazione del fatto che il numero di magistrati investiti delle funzioni di procuratore europeo delegato risulterà comunque piuttosto ridotto a fronte della necessità che le funzioni requirenti siano esercitate innanzi ai tribunali ordinariamente competenti per i delitti di competenza EPPO.

 

Il comma 3 esclude che i procuratori europei delegati siano soggetti ai poteri di direzione del Procuratore della Repubblica o ai poteri di coordinamento del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, o all’attività di vigilanza del procuratore generale presso la corte d’appello, dovendo essi rispondere, nell’esercizio delle funzioni attribuite loro dal Regolamento, alla Procura europea. Ciò in attuazione delle lettere d) ed f) della norma di delega.

 

La delega. Legge n. 117 del 2019, art. 4, comma 3: “Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici: […]

d) coordinare le disposizioni dell'ordinamento giudiziario in materia di attribuzioni e di poteri dei titolari degli uffici del pubblico ministero con le disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939 in materia di competenze del collegio, in modo da preservare i poteri di supervisione e di indirizzo spettanti agli organi dell'EPPO nei procedimenti rientranti nell'ambito di applicazione del medesimo regolamento (UE) e garantire la coerenza, l'efficienza e l'uniformità della politica in materia di azione penale dell'EPPO; […]

f) adeguare le disposizioni dell'ordinamento giudiziario alle norme del regolamento (UE) 2017/1939 in materia di: competenze del collegio dell'EPPO; poteri di controllo e di indirizzo della camera permanente e del procuratore europeo incaricato della supervisione; esercizio della competenza dell'EPPO; poteri di riassegnazione, riunione e separazione dei casi spettanti alla camera permanente; diritto di avocazione dell'EPPO; poteri della camera permanente in ordine all'esercizio dell'azione penale, all'archiviazione del caso e alle procedure semplificate di azione penale; […]”.

 

In particolare, il comma 3 esclude l’applicabilità ai procuratori europei delegati di ogni disposizione incompatibile con il regolamento oltre che delle seguenti disposizioni:

§  art. 70 dell’ordinamento giudiziario (R.D. n. 12 del 1941), ai sensi del quale il procuratore della Repubblica dirige l'ufficio cui è preposto, ne organizza l'attività ed esercita personalmente le funzioni attribuite al pubblico ministero potendo sostituire gli altri magistrati designati nei casi previsti dal codice di procedura penale;

§  artt. 1, 2, 3, 4 comma 1 e 6 del d.lgs. n. 106 del 2006 [2] , sull’organizzazione degli uffici del PM, che delineano le attribuzioni del procuratore della Repubblica (art. 1), la sua titolarità dell’azione penale (art. 2), i suoi poteri per quanto riguarda l’adozione delle misure cautelari (art. 3) e la previsione di criteri generali di impiego della polizia giudiziaria e delle risorse finanziarie dell’ufficio (art. 4, comma 1), nonché l’attività di vigilanza del procuratore generale presso la corte di appello (art. 6).

 

In base all’art. 1, il procuratore della Repubblica, quale preposto all'ufficio del pubblico ministero, è titolare esclusivo dell'azione penale e la esercita nei modi e nei termini fissati dalla legge. Egli assicura il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell'azione penale, l'osservanza delle disposizioni relative all'iscrizione delle notizie di reato ed il rispetto delle norme sul giusto processo da parte del suo ufficio; può:

- designare tra i procuratori aggiunti, il vicario, il quale esercita le medesime funzioni del procuratore della Repubblica per il caso in cui sia assente o impedito ovvero l'incarico sia rimasto vacante;

- delegare ad uno o più procuratori aggiunti ovvero anche ad uno o più magistrati addetti all'ufficio la cura di specifici settori di affari, individuati con riguardo ad aree omogenee di procedimenti ovvero ad ambiti di attività dell'ufficio che necessitano di uniforme indirizzo.

In entrambi i casi, il procuratore della Repubblica può stabilire, in via generale ovvero con singoli atti, i criteri ai quali i procuratori aggiunti ed i magistrati dell'ufficio devono attenersi nell'esercizio delle funzioni vicarie o della delega.

Il procuratore della Repubblica, inoltre, determina:

a) i criteri di organizzazione dell'ufficio;

b) i criteri di assegnazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti e ai magistrati del suo ufficio, individuando eventualmente settori di affari da assegnare ad un gruppo di magistrati al cui coordinamento sia preposto un procuratore aggiunto o un magistrato dell'ufficio;

c) le tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica.

Tali provvedimenti devono essere trasmessi al Consiglio superiore della magistratura.

 

L’art. 2 stabilisce che il procuratore della Repubblica, quale titolare esclusivo dell'azione penale, la esercita personalmente o mediante assegnazione a uno o più magistrati dell'ufficio. L'assegnazione può riguardare la trattazione di uno o più procedimenti ovvero il compimento di singoli atti di essi. Con l'atto di assegnazione per la trattazione di un procedimento, il procuratore della Repubblica può stabilire i criteri ai quali il magistrato deve attenersi nell'esercizio della relativa attività. Se il magistrato non si attiene ai principi e criteri definiti in via generale o con l'assegnazione, ovvero insorge tra il magistrato ed il procuratore della Repubblica un contrasto circa le modalità di esercizio, il procuratore della Repubblica può, con provvedimento motivato, revocare l'assegnazione; entro dieci giorni dalla comunicazione della revoca, il magistrato può presentare osservazioni scritte al procuratore della Repubblica.

 

In base all’art. 3, tutte le misure cautelari disposte dai magistrati della procura devono essere assentite per iscritto dal procuratore della Repubblica, o da un magistrato da lui delegato (tranne che nelle ipotesi di misure cautelari personali o reali formulate, rispettivamente, in occasione della richiesta di convalida dell'arresto in flagranza o del fermo di indiziato, ovvero di convalida del sequestro preventivo in caso d'urgenza). Il procuratore della Repubblica può disporre, con apposita direttiva di carattere generale, che l'assenso scritto non sia necessario per le richieste di misure cautelari reali, avuto riguardo al valore del bene oggetto della richiesta ovvero alla rilevanza del fatto per il quale si procede.

 

Il comma 1 dell’art. 4 dispone che per assicurare l'efficienza dell'attività dell'ufficio, il procuratore della Repubblica può determinare i criteri generali ai quali i magistrati addetti all'ufficio devono attenersi nell'impiego della polizia giudiziaria, nell'uso delle risorse tecnologiche assegnate e nella utilizzazione delle risorse finanziarie delle quali l'ufficio può disporre.

 

In base all’art. 6, il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale, l'osservanza delle disposizioni relative all'iscrizione delle notizie di reato ed il rispetto delle norme sul giusto processo, nonché il puntuale esercizio da parte dei procuratori della Repubblica dei poteri di direzione, controllo e organizzazione degli uffici ai quali sono preposti, acquisisce dati e notizie dalle procure della Repubblica del distretto ed invia al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno annuale.

 

§  art. 53 c.p.p., sull’autonomia del PM in udienza e sui casi di sostituzione da parte del capo dell’ufficio;

§  art. 371-bis c.p.p., sull’attività di coordinamento del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo;

§  artt. 372, 412, 413 e 421-bis, commi 1, secondo periodo e 2, c.p.p., sulla possibilità per il procuratore generale presso la corte d’appello di avocare le indagini preliminari e sulla possibilità per la persona offesa di chiedere al procuratore generale di procedere in tal senso.

 

Peraltro, con norma di chiusura, il comma 3 esclude l’applicazione di “ogni altra disposizione incompatibile con il regolamento”, che spetterà all’interprete individuare.

 

Infine, il comma 4 consente al Procuratore europeo l’esercizio delle funzioni requirenti sull’intero territorio nazionale, in relazione alle indagini di competenza EPPO, per l’ipotesi in cui, in casi eccezionali e previa approvazione della camera permanente (vedi sopra, scheda relativa ai contenuti del Regolamento), egli svolga l’indagine di persona in base all’art. 28, par. 4, del Regolamento.

 

Ciò potrà avvenire quando ciò risulti indispensabile ai fini dell'efficienza dell'indagine o dell'azione penale in ragione di uno o più dei criteri seguenti:

a) la gravità del reato, in particolare alla luce delle sue possibili ripercussioni a livello dell'Unione;

b) quando l'indagine riguarda funzionari o altri agenti dell'Unione o membri delle istituzioni dell'Unione;

c) in caso di fallimento del meccanismo di riassegnazione del caso ad altro procuratore europeo delegato dello stesso Stato.

 

L’art. 28, par. 4 del Regolamento impone infatti, in tali casi, che “gli Stati membri provvedono affinché il procuratore europeo sia autorizzato a disporre o a chiedere misure d'indagine e altre misure e che abbia tutti i poteri, le responsabilità e gli obblighi di un procuratore europeo delegato in conformità del presente regolamento e del diritto nazionale”.

 


 

Articolo 10
(Sedi dei procuratori europei delegati)

 

L’articolo 10 è volto a disciplinare il procedimento di individuazione delle sedi di servizio dei procuratori europei delegati e ad attuare le disposizioni del Regolamento 2017/1939/UE concernenti l’obbligo per le autorità nazionali competenti di assicurare l’integrazione dei suddetti procuratori nelle rispettive procure nazionali.

 

In particolare, il comma 1 demanda ad un decreto del Ministro della giustizia l’individuazione delle sedi di servizio dei procuratori europei delegati, presso una o più procure della Repubblica dei capoluoghi di distretto, conformemente all’accordo concluso dal Ministro stesso e il procuratore capo europeo (vedi sopra, articolo 4).

 

Il comma 2 prevede che i dirigenti delle procure della Repubblica individuate come sedi, provvedono ad adottare, entro 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del decreto di individuazione, i provvedimenti organizzativi volti ad integrare i procuratori europei delegati nell'ambito dell'ufficio, nonché a dotarli di locali, risorse di personale e attrezzature idonee all'esercizio delle funzioni e dei compiti loro assegnati dal regolamento, assicurando eguaglianza di trattamento rispetto ai procuratori nazionali nelle condizioni generali di lavoro e nella fruizione dell'ambiente lavorativo.

Tali provvedimenti, a sensi del comma 3, sono immediatamente comunicati al Ministero della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura.

 

Il comma 4 demanda al Ministro della giustizia e al CSM nell’ambito e nei limiti delle rispettive attribuzioni, l’adozione delle iniziative necessarie a favorire l’integrazione dei procuratori europei delegati presso gli uffici di procura cui sono destinati e ad agevolare l’assolvimento del1e funzioni e dei compiti loro assegnati dal regolamento.

 

Tali disposizioni sono volte a dare specifico seguito a quanto previsto dall’articolo 96 del Regolamento UE, concernente il personale dell’EPPO.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 96 del Regolamento 2017/1939/UE prevede (par. 6) prescrive alle autorità nazionali competenti:

·       di agevolare l'esercizio delle funzioni dei procuratori europei delegati;

·       di astenersi da qualsiasi azione o politica che possa incidere negativamente sulla loro carriera o sul loro status nel sistema giudiziario nazionale;

·       di dotare i procuratori europei delegati delle risorse e attrezzature necessarie per l'esercizio delle loro funzioni;

·       di assicurare che siano pienamente integrati nelle rispettive procure nazionali.

L’articolo 96 del Regolamento specifica inoltre che le condizioni generali di lavoro e l'ambiente lavorativo dei procuratori europei delegati rientrano tra le responsabilità delle autorità giudiziarie nazionali competenti.

 

 

 


 

Articolo 11
(Valutazioni di professionalità dei procuratori europei delegati)

 

L’articolo 11 detta disposizioni sulla valutazione di professionalità dei magistrati che svolgono le funzioni di procuratori europei delegati, prevedendo che specifici documenti debbano essere acquisiti direttamente dalla Procura europea e individuando nel Consiglio giudiziario della Corte d’appello di Roma l’organo preposto all’espressione del parere motivato sul quale si fonda la valutazione del Consiglio superiore della magistratura.

 

Si ricorda che le valutazioni di professionalità dei magistrati sono disciplinate dall’art. 11 del d.lgs. n. 160 del 2006, in base al quale tutti i magistrati, con cadenza quadriennale, per 7 volte, a partire dall’ingresso in magistratura e fino al ventottesimo anno di carriera sono sottoposti a una verifica volta ad accertare l’indipendenza, imparzialità ed equilibrio; le capacità; l’impegno; la diligenza; la laboriosità. La disciplina attuativa è data dalla Circolare del CSM n. 20691 dell’8 ottobre 2007 e successive modificazioni.

La valutazione viene effettuata dal CSM sulla base di un parere motivato del Consiglio giudiziario del distretto in cui presta servizio il magistrato da valutare (per i magistrati della Corte di Cassazione e della relativa Procura generale è competente il Consiglio direttivo istituito presso la Corte di Cassazione).

Il giudizio si forma sulla base di numerosi atti e documenti tra i quali, i più significativi sono:

-        la c.d. “autorelazione”, un documento in cui l’interessato dà conto di tutti gli elementi che ritiene necessario o utile sottoporre all’attenzione del Consiglio giudiziario e del CSM relativamente ai profili oggetto di valutazione;

-        gli atti e i provvedimenti del magistrato, nonché i verbali di udienza, acquisiti “a campione” nell’ambito di quelli redatti nel quadriennio in valutazione;

-        il c.d. “rapporto informativo”, che consiste in una relazione sui diversi aspetti rilevanti ai fini della valutazione, redatta dal dirigente dell’ufficio di appartenenza del magistrato, il soggetto cioè che, per ruolo e vicinanza all’interessato, meglio ne conosce il profilo professionale;

-        le statistiche inerenti il numero di provvedimenti redatti, i tempi di trattazione dei procedimenti, i tempi di deposito degli atti, anche in paragone con gli altri magistrati dell’ufficio;

-        eventuali pubblicazioni scientifiche;

-        eventuali segnalazioni del consiglio dell’ordine avvocati.

Il Consiglio giudiziario redige il parere, sulla base degli atti sopraindicati, motivando specificamente sui diversi profili oggetto di valutazione e formulando un giudizio - che può essere “positivo”, “carente”, “gravemente carente” o “negativo” – su ciascuno degli elementi in cui si scompone la valutazione stessa, e un giudizio complessivo, sulla base dei singoli “giudizi parziali”, che può essere positivo, non positivo, negativo.

Tale parere non è vincolante per il CSM, che formula il giudizio finale (“positivo”, “non positivo” o “negativo”). Prima della decisione, il Consiglio può, se necessario, effettuare ulteriori approfondimenti.

Qualora l’esito sia “non positivo” o “negativo”, il magistrato viene sottoposto ad un successivo periodo di valutazione (un anno in caso di giudizio “non positivo” e due in caso di giudizio “negativo”) Nel frattempo, egli rimane nella classe di valutazione precedentemente conseguita. Qualora si confermi per due volte il giudizio negativo, l’interessato viene dispensato dal servizio.

Il conseguimento delle diverse valutazioni di professionalità, oltre che garantire il costante controllo sull’adeguatezza professionale, costituisce una delle condizioni per accedere a determinate funzioni o per conseguire la progressione stipendiale.

 

Lo schema di decreto legislativo adatta la valutazione di professionalità dei magistrati cui sono state attribuite le funzioni di procuratore europeo delegato al contesto nel quale essi operano, in attuazione dell’art. 4, comma 3, lett. h) della norma di delega.

 

La delega. Legge n. 117 del 2019, art. 4, comma 3: “Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici: […]

h) coordinare le disposizioni dell'ordinamento giudiziario in materia di valutazioni di professionalità con le norme del regolamento (UE) 2017/1939 che attribuiscono al collegio, su proposta del procuratore capo europeo, l'adozione di norme sui criteri di rendimento e sulla valutazione dell'insufficienza professionale dei procuratori europei delegati, in modo da integrare la disciplina procedimentale nazionale in materia di valutazioni di professionalità, facendo salve le prerogative del collegio dell'EPPO e regolandone l'incidenza sul procedimento di valutazione interno; […]

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che per effettuare la valutazione di professionalità il Consiglio superiore della magistratura debba richiedere alla Procura europea:

§  un rapporto informativo e dati statistici sull’attività svolta dal magistrato che svolge le funzioni di procuratore europeo delegato;

§  copia di precedenti rapporti di valutazione del rendimento;

§  notizie su eventuali decisioni di riassegnazione dei casi in base all’art. 28, par. 3, del Regolamento;

 

L’art. 28 del Regolamento, relativo allo svolgimento dell’indagine, prevede al par. 3 che la camera permanente possa, su proposta del procuratore europeo incaricato della supervisione, decidere di riassegnare un caso a un altro procuratore europeo delegato dello stesso Stato membro se il procuratore europeo delegato incaricato del caso non può svolgere l'indagine o avviare l'azione penale oppure omette di seguire le istruzioni della camera permanente competente o del procuratore europeo. Evidentemente, soprattutto nella seconda ipotesi, il legislatore ritiene che la notizia della riassegnazione abbia un rilievo ai fini della valutazione di professionalità.

 

§  un aggiornamento delle informazioni relative ad eventuali procedimenti disciplinari e a provvedimenti di c.d. avocazione, che il CSM ordinariamente acquisisce annualmente in base all’art. 6, comma 3 (v. sopra).

 

Il comma 2 dispone che il CSM, una volta acquisita la suddetta documentazione, debba trasmetterla al Consiglio giudiziario della Corte d’appello di Roma, individuato come competente per le valutazioni sui procuratori europei delegati, a prescindere dalla sede nella quale essi operino. Spetterà a questo Consiglio giudiziario formulare il parere motivato sul quale il CSM potrà poi basare l’esito della valutazione di professionalità.


 

Articolo 12
(Comunicazione al procuratore capo europeo di provvedimenti riguardanti i procuratori europei delegati)

 

Gli articoli 12 e 13 riguardano la responsabilità disciplinare del procuratore europeo delegato fondata, rispettivamente, su motivi non connessi, o connessi, alle responsabilità derivanti dal Regolamento europeo e presuppongono, entrambi, un costante scambio di informazioni tra il CSM e la Procura europea.

Si tratta di due disposizioni introdotte in attuazione dell’art. 4, comma 3, lett. g) della legge delega, che mirano ad affrontare anche sotto il profilo della responsabilità disciplinare il tema della duplice natura del magistrato che svolge funzioni di procuratore europeo delegato: egli, infatti, da una parte resta un magistrato soggetto al nostro ordinamento giudiziario e dunque alle decisioni del CSM e, dall’altra, quando svolge funzioni connesse alla procura europea, è soggetto alla potestà disciplinare dell’organo sovranazionale. Evidentemente, in attuazione della delega, occorre individuare procedure per consentire la reciproca conoscenza tanto di decisioni assunte dal CSM, quanto di quelle assunte dalla Procura europea.

 

In merito, il Considerando n. 46 del Reg. (CE) 2017/1939 afferma che il collegio dell’EPPO – composto dal procuratore capo europeo e da un procuratore europeo per ciascuno Stato membro - «dovrebbe essere responsabile dei provvedimenti disciplinari riguardanti i procuratori europei delegati quando agiscono ai sensi del presente regolamento. Poiché i procuratori europei delegati continuano a essere membri attivi delle procure o della magistratura degli Stati membri e possono inoltre espletare le funzioni di procuratori nazionali, per motivi non connessi al presente regolamento possono applicarsi disposizioni disciplinari nazionali. Tuttavia, viste le sue responsabilità di gestione dell'EPPO e al fine di tutelare l'integrità e l'indipendenza di quest'ultima, è opportuno che in tali casi il procuratore capo europeo sia informato della rimozione o di eventuali provvedimenti disciplinari».

 

La delega. Legge n. 117 del 2019, art. 4, comma 3: “Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici: […]

g) adeguare le disposizioni dell'ordinamento giudiziario alle norme del regolamento (UE) 2017/1939 che disciplinano la rimozione dall'incarico o l'adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti del procuratore nazionale nominato procuratore europeo delegato, in conseguenza dell'incarico rivestito nell'EPPO, e in particolare:

1) prevedere che i provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura che comportino la rimozione dall'incarico o, comunque, i provvedimenti disciplinari nei confronti di un procuratore nazionale nominato procuratore europeo delegato per motivi non connessi alle responsabilità che gli derivano dal regolamento (UE) 2017/1939 siano comunicati al procuratore capo europeo prima che sia data loro esecuzione;

2) prevedere clausole di salvaguardia analoghe a quelle di cui al numero 1) a fronte di qualsiasi altra procedura di trasferimento di ufficio che comporti la rimozione dall'incarico di procuratore europeo delegato; […]

 

L’articolo 12, in attuazione dell’art. 4, comma 3, lett. g), n. 1 della legge delega, prevede la previa comunicazione alla Procura europea di ogni provvedimento inerente lo status del procuratore europeo delegato che il CSM intenda adottare per ragioni estranee alle funzioni svolte in base al Regolamento.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo 12 prevede che debbano essere previamente comunicati al procuratore capo europeo, prima di poter essere eseguiti, i seguenti provvedimenti adottati dal Consiglio superiore della magistratura nei confronti del procuratore europeo delegato, per motivi non connessi alle sue responsabilità derivanti dal Reg. EPPO:

§  cessazione dal servizio;

§  provvedimenti disciplinari, anche di natura cautelare;

§  trasferimento di ufficio. In questo caso, il comma 2 dispone che il CSM debba individuare la nuova sede solo dopo aver acquisito il parere del procuratore capo europeo. In base alla formulazione, la disposizione individua una ipotesi di parere obbligatorio ma non vincolante.

 

La disposizione ricalca quanto previsto dall’articolo 17 del Reg. (UE) 2017/1939, nella prima parte del par. 4: «Se uno Stato membro decide la rimozione dall'incarico o l'adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti di un procuratore nazionale nominato procuratore europeo delegato per motivi non connessi alle responsabilità che gli derivano dal presente regolamento, esso informa il procuratore capo europeo prima di attivarsi in tal senso. […]».

 

Inoltre, il comma 3 precisa che ai fini dell’adozione dei suddetti atti il CSM può richiedere, ove rilevanti, atti, documenti e informazioni alla Procura europea.

 

In merito, la Relazione illustrativa chiarisce che con questa previsione il Governo ha accolto una specifica proposta avanzata dal CSM nel parere del 12 novembre 2018.

Articolo 13
(Procedimenti disciplinari nei confronti dei procuratori europei delegati per motivi connessi alle responsabilità derivanti dal regolamento)

 

L’articolo 13 disciplina il procedimento disciplinare nei confronti dei procuratori europei delegati, per fatti connessi alle loro responsabilità derivanti dal regolamento EPPO e stabilisce che l’azione disciplinare in Italia possa essere promossa solo con il consenso della procura europea. Laddove i medesimi fatti formino oggetto di un procedimento disciplinare sia in Italia che in sede europea, nella commisurazione delle sanzioni in sede nazionale si dovrà tener conto di quelle eventualmente già irrogate dalla procura europea.

 

In particolare, il comma 1 richiede l’acquisizione del consenso del procuratore capo europeo per iniziare un procedimento disciplinare nei confronti procuratore europeo delegato per fatti connessi alle responsabilità che egli assume in base al regolamento EPPO.

 

La disposizione ricalca quanto previsto dall’articolo 17 del Reg. (UE) 2017/1939, nella seconda parte del par. 4: «[…] Uno Stato membro non può rimuovere dall'incarico un procuratore europeo delegato o adottare provvedimenti disciplinari nei suoi confronti per motivi connessi alle responsabilità che gli derivano dal presente regolamento senza il consenso del procuratore capo europeo. Se il procuratore capo europeo non dà il suo consenso, lo Stato membro interessato può chiedere al collegio di esaminare la questione».

 

A tal fine:

 

§  spetta al procuratore generale della Cassazione chiedere al procuratore capo europeo di esprimere il consenso, prima di attivarsi in seguito ad una richiesta di indagini da parte del Ministro della giustizia e comunque prima di esercitare l’azione di disciplinare (comma 2);

 

La disposizione richiama l’art. 14 del decreto legislativo n. 109 del 2006, relativo alla titolarità dell'azione disciplinare che, come è noto, può essere promossa dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione. In particolare, in base al comma 2 dell’articolo richiamato, il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere, entro un anno dalla notizia del fatto, l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Quest’ultimo, a sua volta, ha l'obbligo di esercitare l'azione disciplinare dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede (comma 3).

 

§  se il procuratore capo europeo nega il consenso, il procuratore generale della Cassazione può chiedere al Ministro della giustizia di avanzare richiesta di riesame della questione al collegio della Procura europea (comma 3). Il Ministro potrà procedere in tal senso, assunta ogni utile informazione, entro 30 giorni;

 

§  dalla prima richiesta formulata dal PG è sospeso il decorso dei termini dell’azione disciplinare (comma 4), che riprenderanno a decorrere:
- dall’espressione del consenso all’azione, tanto da parte del procuratore capo quanto da parte del collegio in sede di riesame;
- dalla cessazione dell’incarico di procuratore europeo delegato, se la Procura europea dovesse persistere nel negare il consenso all’azione. Attraverso la sospensione dei termini le autorità nazionali conservano la possibilità di sottoporre il magistrato al procedimento disciplinare, nonostante il dissenso della Procura europea, dovendo solo attendere che cessi l’incarico di procuratore europeo delegato, a meno che non si applichi il successivo comma 5.

 

La disposizione richiama l’art. 15 del decreto legislativo n. 109 del 2006 in base al quale l'azione disciplinare deve essere promossa entro un anno dalla notizia del fatto, della quale il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha conoscenza a seguito dell'espletamento di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia (comma 1). Lo stesso art. 15 stabilisce che non può comunque essere promossa l'azione disciplinare quando sono decorsi dieci anni dal fatto (comma 1-bis).

Entrambi i termini sono sospesi in assenza di consenso all’azione disciplinare da parte della Procura europea.

 

I restanti commi dell’articolo 13 si preoccupano di raccordare le valutazioni sui fatti oggetto di responsabilità ai sensi del Regolamento EPPO effettuate a livello europeo e nazionale, introducendo una sorta di pregiudizialità europea.

Ai sensi del comma 5, infatti, l’azione disciplinare in Italia non può essere iniziata o proseguita quando la Procura europea, con decisione irrevocabile, stabilisce che i fatti contestati non sussistono.

 

Nella Relazione illustrativa il Governo afferma di aver così inteso salvaguardare “il nocciolo duro del principio del ne bis in idem” con riferimento all'efficacia preclusiva dell'eventuale pregressa decisione assolutoria assunta dal Collegio dell'EPPO rispetto a un secondo giudizio disciplinare instaurato nei confronti del procuratore europeo delegato in ambito nazionale.

 

Diversamente, quando i medesimi fatti hanno già formato oggetto di una valutazione disciplinare da parte del collegio della Procura europea:

§  il PG della Cassazione può chiedere alla Procura europea la trasmissione degli atti (comma 6);

§  tali atti sono utilizzabili tanto per decidere di attivare l’azione disciplinare in Italia, quanto per decidere della stessa. La rinnovazione dell’esame dei testimoni è ammessa solo su fatti o circostanze diverse da quelle oggetto delle dichiarazioni già rese in sede europea o se “ritenuta necessaria sulla base di specifiche esigenze” (comma 7). In sostanza, dunque, la rinnovazione dell’esame dei testimoni è possibile ma deve essere adeguatamente motivata;

§  in caso di condanna, nella commisurazione delle sanzioni (previste dall’art. 5 del d.lgs. n. 109 del 2006) si dovrà tenere conto di quelle già irrogate dal collegio EPPO (comma 8).

 


 

Articolo 14
(Comunicazione alla Procura europea delle denunce di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio)

 

L’articolo 14 prevede la trasmissione, senza ritardo, al procuratore europeo delegato di tutte le denunce redatte dai pubblici ufficiali e dagli incaricati di un pubblico servizio in relazione a reati per i quali la Procura europea ha deciso di avviare o avocare un’indagine.

 

La disposizione dà una parziale attuazione al principio di cui all’art. 4, comma 3, lett. q) della legge delega.

 

La delega. Legge n. 117 del 2019, art. 4, comma 3: “Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici: […]

q) in relazione ai delitti di cui alla direttiva (UE) 2017/1371, prevedere come obbligatoria la denuncia all’EPPO, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 331 del codice di procedura penale, nonché l’obbligo di informazione in relazione ai medesimi delitti da parte del pubblico ministero in ogni fase del procedimento, al fine dell’esercizio dei poteri di cui all’articolo 27 del regolamento (UE) 2017/1939; […]

 

Come chiarito, infatti, dalla relazione illustrativa, gli obblighi indicati nel criterio di delega risultano in realtà già contemplati nell’art. 24 del Regolamento europeo, “la cui diretta e immediata applicabilità negli ordinamenti interni degli Stati membri osta a una replicazione dei relativi precetti ad opera dei legislatori nazionali”.

 

L’art. 24 Reg. (CE) 2017/1939 dispone, infatti, che «1. Le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie dell'Unione e le autorità degli Stati membri competenti ai sensi del diritto nazionale applicabile comunicano senza indebito ritardo all'EPPO qualsiasi condotta criminosa in relazione alla quale essa potrebbe esercitare la sua competenza in conformità dell'articolo 22, dell'articolo 25, paragrafi 2 e 3.

2. Quando un'autorità giudiziaria o di polizia di uno Stato membro avvia un'indagine su un reato in relazione al quale l'EPPO potrebbe esercitare la propria competenza ai sensi dell'articolo 22 e dell'articolo 25, paragrafi 2 e 3, o qualora, in qualsiasi momento successivo all'avvio di un'indagine, la competente autorità giudiziaria o di polizia di uno Stato membro ritenga che un'indagine riguardi un reato, tale autorità ne informa senza indebito ritardo l'EPPO, di modo che quest'ultima possa decidere se esercitare il proprio diritto di avocazione ai sensi dell'articolo 27. […]».

Per questa ragione, l’articolo 14 non riproduce il contenuto dell’art. 24 del Regolamento, imponendo la trasmissione al procuratore europeo delegato di tutte le denunce relative a reati di competenza EPPO, ma circoscrive l’attuazione alle denunce provenienti da pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio ai sensi dell’art. 331 c.p.p., ritenendo che questi soggetti siano difficilmente riconducibili alle categorie “autorità degli stati membri” o “autorità giudiziaria o di polizia” di cui all’art. 24 Reg.

 

Conseguentemente, il comma 1 dispone che quando una denuncia è presentata da un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., in relazione ai “reati indicati all’articolo 9”, la stessa deve essere trasmessa al procuratore europeo delegato avente sede presso la procura della Repubblica:

§  del capoluogo del distretto, oppure, in mancanza,

§  del capoluogo del distretto più prossimo.

 

Si ricorda che, in base all’art. 331 c.p.p., i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito. La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria.

 

La disposizione individua il campo d’applicazione dell’obbligo di trasmissione al procuratore europeo delegato rinviando ai reati di cui all’art. 9. Tale articolo, peraltro, non si riferisce a una categoria di reati, bensì a procedimenti per i quali la Procura europea ha assunto la decisione di avviare o avocare un’indagine e presuppone dunque, dopo la denuncia di un reato, che sia stata già avviata un’indagine.

Collocandosi la denuncia di cui all’art. 331 c.p.p. in una fase antecedente l’avvio dell’indagine, si valuti l’opportunità di prevedere l’obbligo di trasmissione per tutte le denunce formalizzate da pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio che hanno ad oggetto reati di competenza EPPO, anziché per i reati di cui all’articolo 9.

 

Il comma 2 precisa che l’obbligo di tempestiva trasmissione al procuratore europeo delegato opera anche laddove non sia possibile stabilire, in relazione alla specifica denuncia, se i criteri per l’attribuzione del caso alla competenza EPPO, di cui all’art. 25 del Regolamento, sono soddisfatti. Solo in una fase successiva, infatti, lo stesso procuratore europeo delegato potrà valutare se il fatto denunciato integra gli estremi della competenza EPPO.

 

La disposizione richiama i paragrafi 2 e 3 dell’articolo 25 del Reg. (CE) 2017/1939, che individuano i presupposti per l’esercizio della competenza dell’EPPO, in relazione ai reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea di cui alla direttiva (UE) 2017/1371 (art. 22 del Regolamento). In particolare, in base al par. 2, qualora un reato EPPO abbia comportato o possa comportare un danno per gli interessi finanziari dell'Unione inferiore a 10.000 euro, la Procura europea può esercitare la sua competenza soltanto se:

a) il caso ha ripercussioni a livello dell'Unione che richiedono lo svolgimento di un'indagine da parte dell'EPPO; oppure

b) possono essere sospettati di aver commesso il reato funzionari o altri agenti dell'Unione, ovvero membri delle istituzioni dell'Unione.

Se del caso, l'EPPO consulta le autorità nazionali competenti o gli organi dell'Unione per stabilire se siano soddisfatti i criteri di cui alle lettere a) e b).

Il par. 3 precisa che l'EPPO si astiene dall'esercitare la sua competenza, rinviando il caso alle autorità nazionali se:

- la sanzione massima prevista dal diritto nazionale per un reato rientrante nell'ambito di applicazione dell'articolo 22, paragrafo 1, è equivalente o meno severa della sanzione massima per il reato indissolubilmente connesso di cui all'articolo 22, paragrafo 3, a meno che quest'ultimo reato non sia stato strumentale alla commissione del reato rientrante nel campo di applicazione dell'articolo 22, paragrafo 1; o

b) vi è motivo di presumere che il danno reale o potenziale per gli interessi finanziari dell'Unione causato da un reato di cui all'articolo 22 non sia superiore al danno reale o potenziale arrecato a un'altra vittima. La disposizione non si applica ad alcuni reati di frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione (art. 3, par. 2, lettere a), b) e d), della direttiva (UE) 2017/1371).

 


 

Articolo 15
(Disposizioni in materia di mandato di arresto europeo)

 

L’articolo 15 stabilisce che alle procedure di consegna relative a mandati di arresto europei emessi da procuratori europei delegati si applica la legge n. 69 del 2005.

 

L’articolo 15, al pari degli articoli successivi, dà attuazione al principio di delega di cui alla lettera r) che, con disposizione di chiusura, delega il governo a dare piena attuazione al Regolamento 2017/1939 coordinando le norme interne che risultano incompatibili con le sue disposizioni.

 

La delega. Legge n. 117 del 2019, art. 4, comma 3: “Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici: […]

r) apportare ogni opportuna modifica alle norme processuali e ordinamentali al fine di dare piena attuazione alle previsioni del regolamento (UE) 2017/1939, con particolare riguardo alle disposizioni non direttamente applicabili, e per coordinare le norme interne vigenti con quanto in esso previsto, prevedendo anche l'abrogazione delle disposizioni incompatibili con quelle contenute nel citato regolamento (UE) 2017/1939”.

 

In particolare, il comma 1 rinvia alla disciplina della legge n. 69 del 2005, con la quale il legislatore nazionale ha dato attuazione alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, per l’esecuzione dei mandati emessi da procuratori europei delegati.

Il comma 2 specifica che quando è richiesto all’Italia di consegnare un imputato o un condannato all'estero – c.d. procedura passiva di consegna – per Stato membro di emissione del mandato, ai sensi della legge del 2005, si intende lo Stato dell’Unione europea nel quale si trova il procuratore europeo delegato che ha emesso il mandato di arresto.

 

L’articolo 1 della legge n. 69/2005 definisce il mandato d'arresto europeo “una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro dell'Unione europea, di seguito denominato «Stato membro di emissione», in vista dell'arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro, di seguito denominato «Stato membro di esecuzione», di una persona, al fine dell'esercizio di azioni giudiziarie in materia penale o dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale”.

La finalità perseguita è quella di garantire agli Stati membri dell’UE una rapida e agevole procedura di consegna dei ricercati. Il mandato di cattura europeo può essere disposto in caso di condanna per fatti puniti dalla legge dello Stato membro emittente con una pena o con una misura di sicurezza privative della libertà non inferiore a 12 mesi ovvero in caso di condanna o a una misura di sicurezza non inferiore a 4 mesi. L’efficacia della decisione giudiziaria è subordinata alla condizione che i fatti per cui è stato emesso il provvedimento costituiscano reato ai sensi della legge dello Stato membro di esecuzione, a prescindere dagli elementi costitutivi o dalla qualifica dello stesso. Non soggiacciono a tale condizione i reati indicati dall’art. 2, par. 2 della citata decisione quadro.

La procedura di consegna si suddivide in tre fasi: nella prima si ha la comunicazione del provvedimento da parte dell’autorità emittente all’autorità di esecuzione; nella seconda fase, relativa all’attuazione, l’autorità ricevente può dare esecuzione al mandato, ovvero rifiutarsi nelle ipotesi previste dagli art. 3 e 4 della decisione quadro; nell’ultima fase l’autorità giudiziaria deve decidere in merito alla consegna dell’arrestato, dopo che questi in modo irrevocabile vi abbia o meno prestato il consenso. Nel caso in cui il ricercato non presti il consenso alla consegna, ha diritto di essere condotto innanzi all’autorità giudiziaria dell’esecuzione e interpellato nel rispetto delle norme del diritto interno di tale Stato membro.

 

Si ricorda che modifiche alla legge n. 69 del 2005 sono previste dall’AG. 201, Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2020/584/GAI, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, anch’esso in corso di esame da parte della Commissione Giustizia.

 


 

Articolo 16
(Contrasti di competenza)

 

L’articolo 16 individua nel procuratore generale presso la Corte di cassazione l’autorità chiamata a decidere sull’attribuzione delle competenze per l’esercizio dell’azione penale in caso di contrasti tra Procura europea e procure della Repubblica nazionali.

 

La disposizione – in attuazione del criterio di delega di cui alla lettera r) – dà esecuzione all’articolo 25, par. 6, del Reg. 2017/1939, in base al quale «In caso di disaccordo tra l'EPPO e le procure nazionali sulla questione se la condotta criminosa rientri nel campo di applicazione dell'articolo 22, paragrafi 2 o 3 [definizione della competenza materiale di EPPO], o dell'articolo 25, paragrafi 2 o 3 [sussistenza dei presupposti per l’attivazione o l’astensione di EPPO], le autorità nazionali competenti a decidere sull'attribuzione delle competenze per l'esercizio dell'azione penale a livello nazionale decidono chi è competente per indagare il caso. Gli Stati membri specificano l'autorità nazionale che decide sull'attribuzione della competenza».

 

Ai contrasti di competenza tra procure della Repubblica e Procura europea si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale relative ai contrasti tra gli uffici del pubblico ministero, artt. 54, 54-bis, 54-ter e 54-quater.

 

In particolare, l’art. 54 c.p.p. disciplina i contrasti negativi tra pubblici ministeri, ovvero le ipotesi nelle quali nessun pubblico ministero ritenga di essere competente alle indagini. In base a tale disposizione, se il PM durante le indagini preliminari ritiene che il reato appartenga alla competenza di un giudice diverso da quello presso cui egli esercita le funzioni, deve trasmettere immediatamente gli atti all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente. Il PM che riceve tali atti, se ritiene che debba procedere l'ufficio che li ha trasmessi, informa il procuratore generale presso la corte di appello ovvero, qualora appartenga a un diverso distretto, il procuratore generale presso la corte di cassazione. Il procuratore generale, esaminati gli atti, determina quale ufficio del pubblico ministero deve procedere e ne dà comunicazione agli uffici interessati. Gli atti di indagine preliminare compiuti prima della trasmissione o della designazione possono essere utilizzati nei casi e nei modi previsti dalla legge.

Viceversa, i contrasti positivi sono disciplinati dall’art. 54-bis c.p.p., in base al quale quando il PM riceve notizia che presso un altro ufficio sono in corso indagini preliminari a carico della stessa persona e per il medesimo fatto in relazione al quale egli procede, informa senza ritardo il pubblico ministero di questo ufficio richiedendogli la trasmissione degli atti a norma dell'articolo 54 comma 1. Se il PM che riceve la richiesta non è d’accordo, informa il procuratore generale presso la corte di appello ovvero, qualora appartenga a un diverso distretto, il procuratore generale presso la Corte di cassazione. Il procuratore generale, assunte le necessarie informazioni, determina con decreto motivato, secondo le regole sulla competenza del giudice, quale ufficio del pubblico ministero deve procedere e ne dà comunicazione agli uffici interessati. All'ufficio del pubblico ministero designato sono immediatamente trasmessi gli atti da parte del diverso ufficio.

Quando il contrasto è in materia di criminalità organizzata (reati di cui all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater), l’art. 54-ter c.p.p. dispone che se la decisione spetta al procuratore generale presso la Corte di cassazione, questi debba provvedere sentito il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

Infine, l’art. 54-quater c.p.p. si applica quando è la persona indagata, o la persona offesa, a ritenere che il reato appartenga alla competenza di un giudice diverso da quello presso il quale il pubblico ministero che procede esercita le sue funzioni. Essi possono chiedere la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente enunciando, a pena di inammissibilità, le ragioni a sostegno della indicazione del diverso giudice ritenuto competente. Il PM decide entro 10 giorni e, ove accolga la richiesta, trasmette gli atti del procedimento all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente, dandone comunicazione al richiedente. Se non provvede in tal senso, il richiedente, entro i successivi 10 giorni, può chiedere al procuratore generale presso la corte di appello o, qualora il giudice ritenuto competente appartenga ad un diverso distretto, al procuratore generale presso la Corte di cassazione, di determinare quale ufficio del pubblico ministero deve procedere. Il procuratore generale, assunte le necessarie informazioni, provvede alla determinazione, entro 20 giorni dal deposito della richiesta, con decreto motivato dandone comunicazione alle parti ed agli uffici interessati. Se la richiesta riguarda reati di criminalità organizzata, il procuratore generale deve previamente sentire il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

 


 

Articolo 17
(Dichiarazioni relative alle misure di indagine di cui all’articolo 30 del Regolamento)

 

L’articolo 17 autorizza i procuratori europei delegati a richiedere e disporre intercettazioni e consegne controllate di merci, nei limiti e in base ai presupposti previsti dalla normativa vigente. Demanda poi al Governo la comunicazione alla Procura europea del catalogo dei reati per i quali il nostro ordinamento consente l’uso dei suddetti due mezzi di ricerca della prova.

 

L’articolo 17 – emanato in base al principio di delega di cui alla lettera r) – dà espressa attuazione all’art. 30, par. 1 e 3, del Regolamento (CE) 2017/1939, relativo alle misure investigative.

 

L’art. 30, par. 1, dispone che “almeno nei casi in cui il reato oggetto dell'indagine è punibile con una pena massima di almeno 4 anni di reclusione”, gli Stati membri devono assicurare che i procuratori europei delegati siano autorizzati a disporre o a chiedere le seguenti misure investigative:

a) perquisizioni e conseguenti misure cautelari reali necessarie a preservare l'integrità di prove;

b) produzione di qualsiasi oggetto o documento pertinente in originale o in altra forma specificata;

c) ottenere la produzione di dati informatici archiviati, cifrati o decifrati, in originale o in altra forma specificata, inclusi i dati relativi al conto bancario e i dati relativi al traffico;

d) congelamento degli strumenti o dei proventi di reato, compresi i beni, di cui si prevede la confisca da parte del giudice competente;

e) intercettazione delle comunicazioni elettroniche di cui l'indagato o l'imputato è destinatario o mittente, su ogni mezzo di comunicazione elettronica utilizzato dall'indagato o dall'imputato;

f) tracciamento e rintracciamento di un oggetto mediante mezzi tecnici, comprese le consegne controllate di merci.

Il par. 3 specifica che le misure investigative di cui alle lettere c), e) e f), possono essere soggette a ulteriori condizioni, comprese limitazioni, previste dal diritto nazionale applicabile. In particolare, gli Stati membri possono limitare l'applicazione del paragrafo 1, lettere e) ed f), del presente articolo a specifici reati gravi. Lo Stato membro che intende avvalersi di tale limitazione notifica all'EPPO il pertinente elenco di specifici reati gravi in conformità dell'articolo 117.

 

Il comma 1 dell’art. 17, dunque, autorizza l’impiego di intercettazioni e consegne controllate di merci, da parte dei procuratori europei delegati, nel rispetto della normativa vigente.

Se per quanto riguarda le intercettazioni, si richiama la disciplina degli articoli 266 e seguenti c.p.p., per le consegne controllate di merci non esiste un riferimento nel codice di rito; si tratta, sulla base delle convenzioni internazionali, della possibilità di far transitare determinate merci nel territorio di un Paese sotto il controllo delle autorità locali, allo scopo di svolgere indagini e di individuare le persone implicate in un reato di natura transfrontaliera.

 

Il comma 2 stabilisce che entro 15 giorni dall’entrata in vigore dello schema di decreto legislativo il Governo, su proposta del Ministro della giustizia, dovrà notificare alla Procura europea l’elenco dei reati per i quali il nostro ordinamento consente le intercettazioni e le consegne controllate di merci, in attuazione dell’art. 30, par. 3 del Regolamento.

 

 


 

Articolo 18
(Autorità giudiziarie competenti ai sensi degli articoli 25 e 34 del Regolamento)

 

L’articolo 18 designa il procuratore generale presso la Corte di cassazione come autorità nazionale competente a interagire con EPPO per quanto riguarda le decisioni in tema di riparto di competenze per l’esercizio dell’azione penale, ai sensi degli articoli 25 e 34 del Regolamento. Di ogni decisione il procuratore generale dovrà dare comunicazione al Ministro della giustizia.

 

In attuazione del principio e criterio direttivo di cui alla lett. r) della norma di delega (v. sopra), l’articolo 18 provvede a designare l’autorità nazionale competente nel procuratore generale presso la Corte di cassazione.

 

La relazione illustrativa motiva la scelta del PG presso la Cassazione con la connotazione sovranazionale dell'Autorità giudiziaria con cui l'interlocuzione deve svolgersi e con l’esigenza di garantire -  in ambito interno -  uniformità di indirizzo nelle relative decisioni. Per questo il procuratore generale presso la Cassazione è stato preferito al procuratore generale presso la Corte d’appello, previsto invece dal d.lgs. n. 29 del 2016 [3] come competente in caso di conflitti di giurisdizione tra le autorità giudiziarie degli Stati UE.

 

In base al comma 1 spetta al procuratore generale:

§  in base all’art. 25, par. 4, Reg., decidere se acconsentire all’esercizio della competenza EPPO in relazione ai reati di cui all’art. 22 Reg. quando vi è motivo di presumere che il danno reale o potenziale per gli interessi finanziari UE non sia superiore al danno reale o potenziale arrecato a un’altra vittima (ciò che escluderebbe la competenza EPPO) ma appare altresì chiaro che EPPO è in una posizione migliore per svolgere indagini o esercitare l’azione penale (ciò che indurrebbe a lasciare il caso a EPPO);

§  in base all’art. 34, par. 5, Reg. decidere se farsi carico del caso che non rientra più nelle competenze EPPO e che viene conseguentemente rinviato all’autorità nazionale dalla camera permanente; se il procuratore generale presso la Cassazione non accetta di farsi carico del caso, l’EPPO rimane competente per l’esercizio dell’azione penale o l’archiviazione;

§  in base all’art. 34, par. 6, Reg., decidere se richiedere all’EPPO il rinvio alle autorità nazionali di un caso per il quale la Procura europea valuta l’archiviazione.

 

In base al comma 2 il procuratore generale presso la Cassazione deve comunicare ogni decisione presa al Ministro della giustizia.

 


 

Articolo 19
(Assunzione di procedimenti della Procura europea)

 

L’articolo 19 prevede l’applicazione delle disposizioni del codice di procedura sull’assunzione dei procedimenti penali dall’estero alle indagini che, originariamente di competenza EPPO, vengono trasferite alla competenza dell’autorità giudiziaria nazionale e alle indagini che, pur restando di competenza EPPO, vengono trasferite da un procuratore europeo delegato estero a uno avente sede in Italia.

 

 

In particolare, il comma 1 disciplina l’ipotesi in cui una indagine condotta da un procuratore europeo delegato di altro Stato membro, in quanto inizialmente attribuita alla competenza EPPO, sia rinviata in Italia a seguito delle determinazioni assunte dal procuratore generale della Cassazione ai sensi del precedente articolo 18. La disposizione prevede l’applicazione della disciplina sull’assunzione dei procedimenti penali dall’estero, di cui all’art. 746-ter, commi da 3 a 7, del codice di rito.

 

In particolare, in base ai commi dell’art. 746-ter c.p.p. richiamati:

- la decisione di assunzione del procedimento in Italia deve essere notificata alla persona offesa con l'avviso della facoltà di proporre querela (se questa è richiesta soltanto dall'ordinamento nazionale) e il termine per la presentazione della querela decorre dalla notificazione dell'avviso (comma 3);

- la querela presentata nello Stato estero conserva efficacia nell'ordinamento interno (comma 4);

- se fossero state disposte misure cautelari, si applica l’art. 27 c.p.p., sulle misure cautelari disposte dal giudice incompetente, e si prevede che le stesse cessino di avere efficacia se, entro 30 giorni dalla ricezione degli atti, il giudice competente non le conferma (comma 5);

- il periodo di custodia cautelare sofferto all'estero è computato ai fini del rispetto del termine di durata massima previsto in Italia dall’art. 303 c.p.p. (comma 6);

- le prove assunte all’estero conservano la loro efficacia e sono utilizzabili secondo la legge italiana, sempre che non contrastino con i principi fondamentali dell'ordinamento (comma 7).

 

Il comma 2 prevede analoga disciplina per le ipotesi in cui le indagini, pur restando di competenza EPPO, vengano trasferite da un procuratore europeo delegato avente sede in diverso Stato membro, ad un procuratore europeo delegato italiano, per decisione della camera permanente EPPO, in base agli artt. 26, par. 5, e 36, par. 3 e 4 del Regolamento.

 

Le disposizioni richiamate disciplinano le seguenti ipotesi:

-        in un caso rientrante nella giurisdizione di più Stati membri, la camera permanente, dopo aver consultato i procuratori europei e i procuratori europei delegati interessati, decide di riassegnare il caso a un procuratore europeo delegato di un altro Stato membro o di riunire o separare i casi e, per ogni caso, scegliere il procuratore europeo delegato che ne è incaricato (art. 26, par. 5, Reg.);

-        in un caso rientrante nella giurisdizione di più Stati membri, la camera permanente decide che l’azione penale deve essere esercitata in uno Stato diverso e da un procuratore europeo diverso rispetto a quello originariamente incaricato del caso (art. 36, par. 3, Reg.);

-        qualora diversi procuratori europei delegati abbiano condotto indagini nei confronti della stessa o delle stesse persone, la camera permanente competente può, su proposta del procuratore europeo delegato incaricato del caso, decidere di riunire i vari procedimenti affinché l'azione penale sia esercitata dinanzi agli organi giurisdizionali di un unico Stato membro che, in conformità del suo diritto, ha giurisdizione per ciascuno di detti procedimenti (art. 36, par. 4, Reg.).

 

 


 

Articolo 20
(Disposizioni finanziarie)

 

L’articolo 20 contiene la clausola di invarianza finanziaria che opera in relazione a tutte le disposizioni dello schema di decreto legislativo, eccezion fatta per l’art. 4, relativo alla determinazione del numero e delle sedi dei procuratori europei delegati operanti in Italia.

 

In particolare, il comma 2 individua in 88.975 euro per il 2020 e 533.848 euro a decorrere dal 2021 gli oneri derivanti dalla nomina dei procuratori europei delegati italiani. Si tratta delle risorse già previste per l’attuazione della delega dall’art. 4, comma 10 della legge n. 117 del 2019, che vengono tratte dal fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge n. 234 del 2012.

 



[1]     D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75, “Attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale”.

[2]     D.Lgs. 20 febbraio 2006, n. 106, “Disposizioni in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera d), della L. 25 luglio 2005, n. 150”.

[3]     “Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all'esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali”.