Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2018/985 relativa ad un test della proporzionalità prima dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni
Riferimenti: SCH.DEC N.186/XVIII
Serie: Atti del Governo   Numero: 186
Data: 31/07/2020
Organi della Camera: II Giustizia


+ maggiori informazioni sul dossier
+ maggiori informazioni sugli atti di riferimento

Schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2018/985 relativa ad un test della proporzionalità prima dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni

31 luglio 2020
Schede di lettura


Indice

Le disposizioni di delega|Lo schema di decreto legislativo|Relazioni e pareri allegati|Compatibilità con la normativa dell'Unione europea|


Lo schema di decreto legislativo A.G. 186 è volto a dare attuazione alla direttiva (UE) 2018/985, disciplinando lo svolgimento della valutazione di proporzionalità da effettuarsi in vista dell'adozione di nuove norme legislative, regolamentari o amministrative generali o di disposizioni di modifica delle norme esistenti, le quali limitino l'accesso alle professioni regolamentate, il loro esercizio o l'accesso a una modalità di esercizio delle stesse.

A tal fine lo schema di decreto:

Le disposizioni di delega

Lo schema di decreto legislativo è adottato in attuazione della disposizione di delega recata dall'articolo 1 della legge n. 117 del 2019 (Legge di delegazione europea 2018), per il recepimento delle direttive elencate nell'allegato A, tra cui è ricompresa la direttiva 2018/985.

E' previsto che gli schemi di decreto legislativo di recepimento delle direttive contenute nell'allegato A, debbano essere preliminarmente sottoposti all'esame delle competenti Commissioni parlamentari per l'espressione del relativo parere.

Per quanto riguarda i termini, le procedure, i princìpi e i criteri direttivi della delega, è fatto rinvio alle disposizioni previste dagli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea).

 

Il Esercizio della delega entro il 30 ottobre 2020termine di recepimento della direttiva 2018/985 è fissato – dalla medesima - al 30 luglio 2020. L'articolo 31, comma 1, della legge n. 234 del 2012 dispone che il termine per l'esercizio delle deleghe conferite al Governo con la legge di delegazione europea sia di quattro mesi antecedenti il termine di recepimento indicato in ciascuna delle direttive e dunque il 30 marzo 2020. E' tuttavia intervenuta la legge n. 27 del 2020, il cui articolo 1, comma 3 ha disposto, in considerazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid 19, la proroga dei termini per l'adozione di decreti legislativi con scadenza tra il 10 febbraio 2020 e il 31 agosto 2020. In particolare, i decreti legislativi  il cui termine di adozione sia scaduto alla data di entrata in vigore della stessa legge n. 27  - ossia il 30 aprile 2020 - possono essere adottati entro tre mesi da tale data. In ragione di tale disposizione il termine per l'esercizio della delega è stato prorogato al 30 luglio 2020.

Considerato tuttavia che l'articolo 31, comma 3, della medesima legge del 2012 prevede che qualora il termine fissato per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono il termine per l'esercizio della delega o successivamente, il termine per la delega è prorogato di tre mesi, il termine finale per l'esercizio della delega legislativa in esame è quindi fissato al 30 ottobre 2020 .

 

Per quanto riguarda il procedimento per il parere delle competenti Commissioni parlamentari, la disposizione segue lo schema procedurale disciplinato in via generale dall'articolo 31, comma 3, della legge 234 del 2012.

Esso prevede che gli schemi di decreto legislativo, una volta acquisiti gli altri pareri previsti dalla legge, siano trasmessi alle Camere per l'espressione del parere e che, decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti siano emanati anche in mancanza del parere.

Parere delle Commissioni entro il 7 settembre 2020Lo schema in esame è stato trasmesso alle Camere il 29 luglio 2020 e pertanto il termine per l'espressione dei pareri è fissato per il 7 settembre 2020.

Come già ricordato, qualora il termine fissato per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono il termine per l'esercizio della delega o successivamente, il termine per la delega è prorogato di tre mesi. Si intende in tal modo permettere al Governo di usufruire in ogni caso di un adeguato periodo di tempo per l'eventuale recepimento nei decreti legislativi delle indicazioni emerse in sede parlamentare.

 

Il comma 9 del medesimo articolo 31 prevede altresì che ove il Governo   non intenda conformarsi ai pareri espressi dagli organi parlamentari  relativi a   sanzioni penali  contenute negli schemi di decreti legislativi, ritrasmette i testi alle Camere, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.
Alla copertura degli oneri recati dalle spese eventualmente previste nei decreti legislativi attuativi, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, qualora non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del   Fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge n. 234/2012.
Lo stesso comma 3 prevede inoltre che, in caso di incapienza del Fondo per il recepimento della normativa europea, i decreti legislativi attuativi delle direttive dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie, in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196).
È altresì previsto il parere delle   Commissioni parlamentari competenti anche per i profili finanziari  sugli schemi dei decreti legislativi in questione, come richiesto dall'articolo 31, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, che disciplina le procedure per l'esercizio delle deleghe legislative conferite al Governo con la legge di delegazione europea.
In particolare, il citato comma 4 dell'articolo 31 prevede che gli schemi dei decreti legislativi recanti recepimento delle direttive che comportino conseguenze finanziarie sono corredati della   relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge di contabilità pubblica (legge n. 196/2009). Su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i   profili finanziari.
E' previsto che il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione,   ritrasmette  alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi d'informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.

La direttiva 2018/985

La direttiva (UE) 2018/958 impone agli Stati membri di valutare preliminarmente la proporzionalità delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che limitino l'accesso alle professioni regolamentate o il loro esercizio. Tale "test di proporzionalità" dovrebbe essere posto in essere sia per nuove norme in via di introduzione sia per modifiche della normativa esistente; la sua portata è "proporzionata alla natura, al contenuto e all'impatto della disposizione" (articolo 4, par. 2).

Ai sensi dell'articolo 4, le disposizioni in via di approvazione devono essere accompagnate da una spiegazione dettagliata che consenta di valutare il rispetto del principio di proporzionalità (par. 3) e l'eventuale esito positivo del test è motivato ricorrendo a "elementi qualitativi e, ove possibile e pertinente, quantitativi" (par. 4). Tali motivazioni devono essere comunicate alla Commissione europea, registrate nella banca dati delle professioni regolamentate e messe a disposizione del pubblico assieme alle disposizioni a cui si riferiscono (articolo 11).

La banca dati delle professioni regolamentate è stata istituita ai sensi dell'articolo 59 della direttiva 2005/36/CE e contiene l'elenco delle professioni regolamentate degli Stati membri, specificando le attività che rientrano in ogni professione.

La valutazione della proporzionalità - che, ai sensi del par. 5 dell'articolo 4 deve essere condotta "in modo obiettivo e indipendente" - prosegue anche dopo l'avvenuta approvazione (par. 6), "tenendo in debito conto eventuali sviluppi sopravvenuti".

La finalità perseguita è garantire il corretto funzionamento del mercato interno e semplificare l'accesso alle professioni garantendo, al tempo stesso, la protezione dei consumatori. Non viene peraltro - per espressa disposizione dell'articolo 1 - pregiudicata "la competenza, in assenza di armonizzazione, e il margine di discrezionalità degli Stati membri nel decidere se e come regolamentare una professione entro i limiti dei principi di non discriminazione e proporzionalità".

Prima dell'introduzione di nuove disposizioni - o della modifica di quelle esistenti - gli Stati membri devono attenersi ad alcuni principi generali (non discriminazione sulla base della nazionalità o della residenza, articolo 5, e giustificazione sulla base dell'interesse generale, articolo 6).

In merito ai criteri da prendere in considerazione al fine di assicurare il rispetto della proporzionalità, l'articolo 7 richiede che le nuove norme siano "idonee a garantire il perseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il raggiungimento di tale scopo". Il paragrafo 2 elenca gli elementi da prendere necessariamente in considerazione; il paragrafo 3 invece quelli rilevanti solo "ove pertinenti alla natura e al contenuto della disposizione che si sta introducendo o modificando". Requisiti specifici sono previsti dal paragrafo 4 per la prestazione temporanea ed occasionale di servizi.

L'informazione ai cittadini ed agli altri portatori di interessi è disciplinata dall'articolo 8, ai sensi del quale nel procedimento di introduzione di nuove disposizioni legislative tutte le parti interessate devono essere coinvolte ed avere la possibilità di esprimere la loro opinione, anche tramite consultazioni pubbliche (par. 2). Ai sensi dell'articolo 9 spetta agli Stati membri predisporre mezzi di ricorso effettivo.

L'articolo 12 prevede relazioni quinquennali della Commissione europea sull'applicazione ed i risultati della direttiva a partire dal 18 gennaio 2024.

Il termine per il recepimento della direttiva (UE) 2018/958 da parte degli Stati membri scade il 30 luglio 2020.

La direttiva ha origine dalla proposta della Commissione europea COM(2016) 822.


Lo schema di decreto legislativo

Lo schema di decreto legislativo in esame, che  si compone di nove articoli, è volto a recepire la Direttiva (UE) 2018/985 concernente un test della proporzionalità, prodromico dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni

Si ricorda che, in assenza - nel diritto dell'Unione - di specifiche disposizioni di armonizzazione dei requisiti per l'accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio, è competenza di uno Stato membro decidere se e come regolamentare una professione n el rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità. Secondo quanto ricordato nella Direttiva  2018/985 ( Considerando n. 3 ) il principio di proporzionalità rientra tra i principi generali del diritto dell'Unione. Come risulta dalla giurisprudenza  della Corte di Giustizia UE, i Provvedimenti nazionali che possono ostacolare o scoraggiare l'esercizio delle libertà fondamentali garantite dal TFUE dovrebbero soddisfare quattro condizioni: applicarsi in modo non discriminatorio, essere giustificati da motivi di interesse generale, essere idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.
Al riguardo si ricorda che già la  direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio contiene l'obbligo per gli Stati membri di valutare la proporzionalità dei requisiti che limitano l'accesso alle professioni regolamentate, o il loro esercizio, e l'obbligo di comunicare alla Commissione i risultati di tale valutazione, dando il via al «processo di valutazione reciproca». Nell'ambito di tale processo, gli Stati membri sono tenuti a sottoporre ad analisi l'insieme della loro legislazione per tutte le professioni regolamentate nel loro territorio. I motivi alla base del nuovo intervento legislativo del legislatore europeo, secondo quanto espresso nella premessa della Direttiva, sono da rinvenire nella considerazione che i risultati del processo di valutazione reciproca hanno messo in evidenza la mancanza di chiarezza per quanto riguarda i criteri che gli Stati membri devono utilizzare nella valutazione della proporzionalità dei requisiti che limitano l'accesso alle professioni regolamentate o il loro esercizio, nonché una disomogeneità dell'esame di tali requisiti a tutti i livelli di regolamentazione. Per impedire la frammentazione del mercato interno ed eliminare gli ostacoli all'accesso ad alcune attività di lavoro subordinato o autonomo e all'esercizio di queste, la Direttiva auspica dunque  un approccio comune a livello dell'Unione per evitare l'adozione di provvedimenti sproporzionati.

Oggetto e ambito di applicazione L'articolo 1 definisce l'oggetto e l'ambito di applicazione del provvedimento. In particolare, lo schema è volto a disciplinare lo svolgimento della valutazione di proporzionalità da effettuarsi in vista dell'adozione:

  • di nuove norme legislative, regolamentari o amministrative generali
  • di disposizioni di modifica delle norme esistenti

le quali limitino l'accesso alle professioni regolamentate,  il loro esercizio o l'accesso a una modalità di esercizio delle stesse, compreso l'uso di titoli professionali e incluse le attività professionali autorizzate in virtù di tale titolo.

Sono incluse le attività professionali che rientrano nell'ambito applicativo del decreto legislativo n. 206 del 2007, di attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali.  Sono invece esplicitamente escluse dall'ambito di applicazione le ipotesi in cui i requisiti specifici riguardanti la regolazione di una determinata professione siano contenuti in atti normativi interni adottati in attuazione di atti dell'Unione europea.

Le attività contemplate dall'attuanda direttiva riguardano le professioni regolamentate che rientrano nell'ambito di applicazione della  direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. Tale Direttiva, come è noto , si applica ai cittadini degli Stati membri dell'Unione Europea che vogliano esercitare sul territorio nazionale, quali lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in base a qualifiche professionali conseguite in uno Stato membro dell'Unione Europea e che, nello Stato d'origine, li abilita all'esercizio di detta professione. Il provvedimento di recepimento della direttiva, il  decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, ha sostituito, abrogando in tutto o in parte, la normativa nazionale che regolava la materia dei riconoscimenti professionali. La definizione di  professioni "regolamentate" è fornita - insieme alla altre previste del provvedimento - dall'art. 4 del citato decreto. In particolare, per attività regolamentata si intende: 1) l'attività, o l'insieme delle attività, il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in Ordini o Collegi o in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, se la iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità; 2) i rapporti di lavoro subordinato, se l'accesso ai medesimi è subordinato, da disposizioni legislative o regolamentari, al possesso di qualifiche professionali; 3) l'attività esercitata con l'impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi possiede una qualifica professionale; 4) le attività attinenti al settore sanitario nei casi in cui il possesso di una qualifica professionale è condizione determinante ai fini della retribuzione delle relative prestazioni o della ammissione al rimborso; 5) le professioni esercitate dai membri di un'associazione o di un organismo contenuto nell'apposito elenco allegato al provvedimento.
Si ricorda inoltre che la disciplina delle professioni regolamentate  è contenuta nel D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137  (Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali), a norma dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138.  Il regolamento, che riguarda tutte le professioni ordinistiche - fatte salve le specificità di quelle sanitarie - ha introdotto una  dettagliata disciplina che, ispirandosi ai principi di cui all' art. 3, comma 5, del D.L. 138/2011  (ad esclusione della disciplina sul compenso professionale, contenuta nell' art. 9 del D.L. 1/2012):
  • contiene misure volte a garantire l'effettivo svolgimento dell'attività formativa durante il tirocinio (quest'ultimo potrà avere una durata massima di 18 mesi) e il suo adeguamento costante all'esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione e quindi l'interesse dell'utenza;
  • prevede l'obbligatorietà della formazione continua permanente, la cui violazione costituisce illecito disciplinare;
  • stabilisce l'obbligatorietà dell'assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale, della quale deve essere data notizia al cliente;
  • affida la funzione disciplinare a organi diversi da quelli aventi funzioni amministrative; allo scopo è prevista l'incompatibilità della carica di consigliere dell'Ordine territoriale o di consigliere nazionale con quella di membro dei consigli di disciplina territoriali e nazionali corrispondenti;
  • autorizza la pubblicità informativa con ogni mezzo e stabilisce che questa possa avere ad oggetto, oltre all'attività professionale esercitata, i titoli e le specializzazioni del professionista, l'organizzazione dello studio ed i compensi praticati;
  • detta disposizioni specifiche per la professione forense e la professione notarile.

Definizioni L'articolo 2 reca le definizioni. Le definizioni di "titolo professionale protetto" e di "attività riservate" riproducono quelle contenute nell'art. 3 della direttiva UE 2018/958. In particolare "le attività riservate" indicano una forma di regolamentazione di una professione secondo cui l'accesso a una attività professionale o a un gruppo di attività professionali è riservato, direttamente o indirettamente, in forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative a coloro che esercitano una professione regolamentata, in possesso di una specifica qualifica professionale, anche nel caso in cui l'attività sia condivisa con altre professioni regolamentate. L'articolo reca, poi, la definizione di "soggetti regolatori", con i quali si intendono tutte le autorità legittimate ad emanare disposizioni legislative o regolamentari o amministrative generali che disciplinano l'accesso a professioni regolamentate o il loro esercizio. Sono comprese in questa definizione anche le autorità competenti definite dall'art. 4, comma 1, lett. d) del d.lgs. n. 206 del 2007 (Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania).

Ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. n. 206 del 2007 con "autorità competenti" si intende qualsiasi autorità o organismo abilitato da disposizioni nazionali a rilasciare o a ricevere titoli di formazione e altri documenti o informazioni, nonché a ricevere le domande e ad adottare le decisioni.

La disposizione fa salve, più in generale, le definizioni contenute nell'art. 4 del citato d.lgs. n. 206.

 

Valutazione delle nuove disposizioni e Autorità garante della concorrenza e del mercatoL'articolo 3, in attuazione dell'art. 4 della direttiva, disciplina le fasi della valutazione dei nuovi provvedimenti. In particolare i soggetti regolatori devono operare una valutazione della proporzionalità in sede di analisi di impatto della regolazione dell'atto normativo o in sede di istruttoria dell'atto amministrativo generale, compilando il questionario riportato nella tabella di cui all'Allegato I (vedi infra). Nella tabella deve essere fornita per ciascun quesito una motivazione specifica e dettagliata per consentire di valutare il rispetto del principio di proporzionalità la tabella e parte integrante della documentazione illustrativa che deve essere sempre posta a corredo della documentazione che accompagna i provvedimenti (comma 1).

Si ricorda che in base all'art. 14 della legge n. 246 del 2005, l'analisi di impatto della regolamentazione (AIR) è un percorso logico che le amministrazioni devono seguire nel corso dell'istruttoria normativa al fine di valutare l'impatto atteso delle opzioni di intervento considerate. Nel corso dell'AIR l'amministrazione svolge infatti una analisi ex ante delle motivazioni che richiedono un intervento normativo, identifica gli obiettivi che intende perseguire, elabora e valuta una serie di opzioni (inclusa l'opzione di non intervento), con particolare attenzione agli effetti attesi su cittadini ed imprese, e motiva la scelta finale; l'istruttoria è svolta consultando i vari stakeholders al fine di raccogliere dati, opinioni e suggerimenti. I risultati dell'analisi di impatto e la descrizione del percorso logico seguito dall'amministrazione proponente sono riassunti nella "Relazione AIR", i cui contenuti sono definiti dal DPCM 15 settembre 2017, n. 169 che, nei casi previsti dalla normativa, accompagna gli schemi di atti normativi del Governo. La disciplina dell'AIR si applica infatti agli atti normativi del Governo, compresi gli atti adottati dai singoli Ministri, ai provvedimenti interministeriali, e ai disegni di legge di iniziativa governativa, fatti salvi i casi di esclusione e di esenzione.

 Ai sensi del comma 2  la portata della valutazione deve essere proporzionata alla natura, al contenuto e all'impatto della disposizione e deve essere condotta in modo obiettivo e indipendente.

Come precisa nella relazione illustrativa "l'indipendenza" richiamata dalla disposizione deve essere intesa come imparzialità ai sensi dell'art. 97 della Cost.

La disposizione demanda tale verifica ad un soggetto diverso rispetto ai soggetti regolatori. A tal fine si prevede che ogni disposizione normativa (sia legislativa che regolamentare) nonché ogni atto amministrativo generale che limita l'accesso ad una professione regolamentata o il suo esercizio, prima della sua adozione deve essere trasmessa (unitamente alla tabella richiamata nel comma1) dal competente soggetto regolatore  all'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini della verifica dell'adeguatezza e della completezza della valutazione di proporzionalità svolta dalle amministrazioni proponenti (comma 3).

Si tratta di una previsione che, come sottolinea la relazione illustrativa, appare coerente con l'attività già svolta dalla autorità garante della concorrenza ai sensi dell'articolo 34 comma 5 del decreto-legge n. 201 del 2011. Tale disposizione infatti prevede che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato sia tenuta a rendere parere obbligatorio nel termine di 30 giorni dalla ricezione del provvedimento in merito al rispetto del principio di proporzionalità sui disegni di legge governativi e regolamenti che introducono restrizioni all'accesso e all'esercizio di attività economiche.

La disposizione non precisa quali siano le conseguenze sul piano procedurale derivanti dall'espressione di un parere contrario o comunque con osservazioni e condizioni da parte dell'Autorità garante per la concorrenza. 

In base al comma 4 devono essere analogamente trasmessi - per la valutazione di proporzionalità - all'Autorità garante della concorrenza le nuove disposizioni che limitano l'accesso alle professioni regolamentate o il loro esercizio ovvero modificano quelle esistenti adottate dalle Regioni ordinarie o dalle Regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e di Bolzano (ai sensi del comma 1 dell'art. 5 lett. m) del d.lgs. n. 206 del 2007 limitatamente alle professioni per le quali sussiste competenza esclusiva, ai sensi dei rispettivi statuti). Infine il comma 5 assicura il monitoraggio richiesto dalla direttiva (par. 6 dell'art.4) stabilendo che i soggetti regolatori sono tenuti a verificare dopo l'adozione la conformità con il principio di proporzionalità delle disposizioni legislative regolamentari o amministrative nuove o modificate che limitano l'accesso alle professioni regolamentate o il loro esercizio avendo riguarda gli eventuali sviluppi sopravvenuti successivamente alla loro adozione.

 

Non discriminazione, proporzionalità, motivi di interesse generale L'articolo 4  riproducendo il contenuto degli artt. 5, 6 e 7 della direttiva, chiarisce più in dettaglio in quale modo, nell'adozione di nuove disposizioni legislative, regolamentari o amministrative o nella modifica di quelle già esistenti, si debba dare applicazione ai principi di non discriminazione e di proporzionalità, che l'art. 1 della medesima direttiva pone come limite alla discrezionalità degli Stati membri nella regolamentazione delle professioni.

In particolare, il comma 1 fa riferimento al principio di non discriminazione, in base al quale le norme che regolamentano l'accesso alle professioni non possono in alcun modo comportare discriminazioni dovute alla nazionalità o alla residenza, in ottemperanza ad uno dei principi cardine dell'Unione europea.

L'art. 45 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, stabilisce in via generale che è assicurata "la libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione" e che "essa implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro". L'art. 6 della direttiva, e conseguentemente il comma 2 della disposizione in esame, fanno comunque salvi i motivi di interesse generale, che possono giustificare limitazioni all'accesso alle professioni o al loro esercizio. Di tali motivi la direttiva contiene un dettagliato elenco, che viene integralmente ripreso al citato art. 4, comma 2, con l'unica circoscritta eccezione riguardante la tutela dell'ambiente, nell'ambito della quale alla tutela dell'ambiente urbano si aggiunge anche la tutela del paesaggio, non contemplata dalla direttiva, ma che nel nostro ordinamento assume rilievo costituzionale, ai sensi dell'art. 9 Cost. È comunque richiesta l'obiettiva sussistenza di un motivo di interesse generale al fine di consentire le anzidette limitazioni. L'elenco dei motivi di interesse generale contenuto al comma 2 è il seguente:
  • motivi di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di sanità pubblica;
  • motivi imperativi di interesse pubblico, come il mantenimento dell'equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale;
  • tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori;
  • salvaguardia della buona amministrazione della giustizia;
  • garanzia dell'equità delle transazioni commerciali;
  • lotta contro la frode e la prevenzione dell'evasione e dell'elusione fiscali, nonché la salvaguardia dell'efficacia dei controlli fiscali;
  • sicurezza dei trasporti;
  • tutela dell'ambiente, incluso l'ambiente urbano e il paesaggio;
  • salute degli animali;
  • proprietà intellettuale;
  • salvaguardia e conservazione del patrimonio storico e artistico nazionale;
  • obiettivi di politica sociale;
  • obiettivi di politica culturale.
Secondo la relazione illustrativa che accompagna lo schema di decreto, l'elencazione dei motivi è da ritenersi non esaustiva ma esemplificativa, come si evincerebbe dall'uso della locuzione "tra gli altri" ("Le disposizioni sono obiettivamente giustificate,  tra gli altri, da motivi…"); tuttavia tale locuzione non compare nella direttiva, il che porterebbe a ritenere i motivi elencati, peraltro tutti di portata assai ampia, come gli unici che potrebbero giustificare limitazioni all'accesso o all'esercizio delle professioni. Si tratta dei motivi riconosciuti come di interesse generale dalla giurisprudenza della Corte di giustizia,come ricordato al considerando 17 della direttiva.

Tra i motivi di interesse generale che possono giustificare deroghe all'accesso o all'esercizio delle professioni non rientrano i motivi di natura meramente economica o le ragioni puramente amministrative ( comma 3).

Ulteriore principio al quale i soggetti regolatori (v. supra, art. 2) devono attenersi nel dettare norme per l'accesso o l'esercizio delle professioni è quello di proporzionalità, la cui portata viene esplicitata dai commi da 4 a 9 che riproducono testualmente il contenuto dell'articolo 7 della direttiva. In primo luogo, è richiesto che le nuove normative introdotte o le modifiche apportate a disposizioni esistenti siano congrue ed adeguate rispetto allo scopo che si intende perseguire, senza porre in essere limitazioni che vadano oltre quelle strettamente necessarie. In secondo luogo, sono indicati gli elementi che i soggetti regolatori devono tenere in conto per valutare l'impatto che avrebbero le nuove disposizioni, soprattutto in termini di tutela dei consumatori, di impatto sulla libera circolazione delle persone e dei servizi all'interno dell'Unione, di rischi connessi agli interessi pubblici perseguiti, di possibilità di conseguire lo scopo tramite interventi meno restrittivi.

Specifiche disposizioni (comma 6) sono dedicate agli sviluppi scientifici e tecnologici e alla possibilità che si debbano aggiornare i requisiti di accesso a determinate professioni (in particolare per i servizi professionali forniti con mezzi elettronici), che possono ridurre o aumentare l'asimmetria informativa tra professionisti e consumatori. 

Si specifica inoltre che, prima di introdurre nuove disposizioni o di modificare le disposizioni esistenti, i soggetti regolatori devono provvedere affinché sia rispettato il principio di proporzionalità dei requisiti specifici relativi alla prestazione temporanea od occasionale di servizi, prestati a norma del titolo II del D.lgs. n. 206 del 2007.(che contiene le disposizioni concernenti la libera prestazione di servizi)..I soggetti regolatori devono quindi valutare, in particolare, se l'obbligo di fornire determinate informazioni e documenti a norma della direttiva 2005/36/UE sia proporzionato e se la possibilità di ottenere ulteriori dettagli attraverso la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri mediante il sistema di informazione del mercato interno sia sufficiente per impedire il serio rischio di elusione delle norme applicabili da parte dei fornitori di servizi

     Il titolo II del D. lgs. n. 206 del 2007  dà attuazione alla  direttiva 2005/36/UE, nella parte in cui prevede che gli Stati membri non possono imporre ai prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro, che erogano servizi professionali a titolo temporaneo o occasionale, requisiti o restrizioni vietati da tale direttiva, come l'autorizzazione da parte di un'organizzazione o di un ordine professionale, la registrazione o l'affiliazione a questi ultimi, o la presenza di rappresentanti sul territorio dello Stato membro ospitante al fine di avere accesso a una professione regolamentata o ai fini del suo esercizio. Gli Stati membri possono, ove necessario, esigere che i prestatori di servizi che desiderano erogare servizi a titolo temporaneo o occasionale, forniscano informazioni sotto forma di una dichiarazione scritta da presentare prima di erogare il primo servizio e rinnovino detta dichiarazione su base annuale. Pertanto, al fine di facilitare l'erogazione di servizi professionali, la Direttiva 2018/985 ribadisce, tenendo conto della natura temporanea o occasionale del servizio, che requisiti quali la registrazione automatica temporanea o l'affiliazione pro forma ad una organizzazione o ad un ordine professionale, le dichiarazioni preventive e i documenti richiesti nonché il pagamento di una tassa o di eventuali oneri devono essere proporzionati. Tali requisiti non devono cioè comportare un onere sproporzionato per i prestatori di servizi né dovrebbero ostacolare o rendere meno attraente l'esercizio della libera prestazione dei servizi.   

È infine prevista (comma 10), una norma specifica riguardante le professioni sanitarie, stante la particolare importanza del bene protetto, ovvero la sicurezza dei pazienti; quando la regolamentazione incide su tale ambito, l'obiettivo di cui le autorità competenti devono tenere conto è quello di assicurare un grado elevato di tutela della salute umana, in linea con quanto stabilito dall'art. 168 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Secondo quanto espresso nella direttiva 2018/859 (Considerando n. 30)  gli Stati membri dovrebbero tenere debitamente conto dell'obiettivo di garantire un elevato livello di tutela della salute umana in sede di valutazione dei requisiti per le professioni sanitarie, quali le attività riservate, il titolo professionale protetto, l'aggiornamento professionale continuo o le norme relative all'organizzazione della professione, alla deontologia e alla supervisione, rispettando nel contempo le condizioni minime di formazione stabilite dalla  direttiva 2005/36/UE. Gli Stati membri dovrebbero garantire in particolare che la regolamentazione delle professioni sanitarie, aventi implicazioni per la sanità pubblica e la sicurezza dei pazienti, sia proporzionata e contribuisca a garantire l'accesso all'assistenza sanitaria, riconosciuta come diritto fondamentale dalla Carta, nonché a un'assistenza sanitaria sicura, di alta qualità ed efficiente per i cittadini sul loro territorio. Nella definizione di politiche per i servizi di assistenza sanitaria, è opportuno tener conto della necessità di garantire l'accessibilità, un'alta qualità del servizio e un adeguato e sicuro approvvigionamento di medicinali, secondo le esigenze della salute pubblica nel territorio dello Stato membro interessato, nonché di garantire l'indipendenza professionale degli operatori sanitari. Per quanto concerne la motivazione della regolamentazione delle professioni sanitarie, gli Stati membri dovrebbero tenere conto dell'obiettivo di garantire un livello elevato di protezione della salute umana, inclusa l'accessibilità e un'assistenza sanitaria di alta qualità per i cittadini, un approvvigionamento adeguato e sicuro di prodotti medicinali, tenendo conto del margine di discrezionalità di cui all'articolo 1 della  direttiva.

Informazione e partecipazione dei cittadini L'articolo 5, in attuazione dell'art. 8 della direttiva, prevede che i soggetti regolatori garantiscano l'informazione e la partecipazione dei cittadini, dei destinatari di servizi e degli altri portatori di interessi mediante le modalità e gli strumenti previsti nell'ambito del procedimento di adozione delle disposizioni di cui all'art. 1, precisando altresì che tale partecipazione deve avvenire in una fase diversa da quella in cui si svolge la valutazione di proporzionalità delle disposizioni al fine di assicurare l'indipendenza e l'obiettività della valutazione stessa.

Tutela giurisdizionale L'articolo 6, in attuazione dell'art. 9 della direttiva, al fine di garantire l'effettività della tutela giurisdizionale prevede che è ammesso ricorso dinnanzi al giudice amministrativo avverso: i provvedimenti amministrativi generali adottati ai sensi del decreto legislativo in esame e gli atti amministrativi che costituiscono attuazione concreta degli atti normativi, regolamentari e amministrativi generali adottati sempre sensi del decreto in esame.

Scambio di informazioni L'articolo 7, dando attuazione all'art. 10 della direttiva, interviene in materia di scambio di informazioni, attribuendo al Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il tramite delle autorità competenti e del Centro di assistenza per il riconoscimento delle qualifiche professionali, il compito di assicurare lo scambio di informazioni con gli altri Stati membri sulle questioni oggetto del decreto legislativo in esame ed in particolare sulle modalità in cui una professione regolamentata o sugli effetti della regolamentazione.

Al fine di favorire l'applicazione della direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali è stata prevista una stretta collaborazione tra le autorità competenti dello Stato membro ospitante e di quello d'origine, anche attraverso la designazione in ogni Stato membro di un coordinatore chiamato a promuovere l'applicazione uniforme della direttiva da parte delle autorità competenti, e la creazione di punti di contatto incaricati di fornire ai cittadini qualsiasi informazione utile al riconoscimento delle qualifiche. In attuazione alla direttiva del 2005 l'art. 6, co.1 del d.lgs. n. 206 del 2007 (vedi supra) ha attribuito al Dipartimento Politiche europee, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i compiti di Coordinatore nazionale e di Centro di assistenza per il riconoscimento delle qualifiche professionali. Al Coordinatore nazionale, in particolare, spetta, fra gli altri, il compito di favorire la circolazione di ogni informazione utile ad assicurare l'applicazione del decreto n. 206, in particolare quelle relative alle condizioni d'accesso alle professioni regolamentate, anche sollecitando l'aiuto dei centri di assistenza di cui al presente decreto, nonché di esaminare proposte di quadri comuni di formazione e di prove di formazione comune.

Trasparenza L'articolo 8, i n attuazione dell'art. 11 della direttiva, reca disposizioni volte ad assicurare la trasparenza. E' previsto, in particolare l'obbligo di comunicazione alla Commissione europea dei motivi in base quali le disposizioni sono considerate giustificate e proporzionate mediante registrazione nella banca dati delle professioni regolamentate della Commissione europea (co.1). Sempre ai sensi dell'art. 8 (comma 2) sulle informazioni comunicate alla Commissione anche da parte di altri Stati membri, le parti interessate possono presentare osservazioni alla Commissione o al Dipartimento per le politiche europee. 

Invarianza finanziaria L'articolo 9 i nfine reca la clausola di invarianza finanziaria per la quale dal decreto legislativo in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni competenti devono provvedere ai compiti derivanti dallo stesso decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Da ultimo l'Allegato I reca la griglia informativa sulle disposizioni relative all'accesso alle professioni regolamentate e al loro esercizio che i soggetti regolatori devono compilare quando effettuano la valutazione della proporzionalità delle disposizioni che intendono adottare.


Relazioni e pareri allegati

L'A.G. n. 186 è accompagnato dalla dalla relazione illustrativa, dalla relazione tecnica, dalla tabella di concordanza tra il testo della direttiva e il testo dello schema di decreto e dall'analisi tecnico-normativa.

Non risulta allegato il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.


Compatibilità con la normativa dell'Unione europea


Procedure di contenzioso

Come ricordato dal Governo nell'analisi tecnico normativa allegata al provvedimento in esame, risultano aperte tre procedure di infrazione a carico dell'Italia per quanto riguarda il recepimento della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. Le prime due procedure (2018_2175 e 2018_2295) sono allo stadio del parere motivato mentre la terza (2018_2374) è nella fase della lettera di costituzione in mora.

Merita ricordare che nell'ambito della procedura 2018_2175 la Commissione europea contesta all'Italia, tra l'altro, di continuare a richiedere ai titolari delle specifiche professioni regolamentate dell'agente immobiliare e dell'avvocato requisiti sia sproporzionati che discriminatori (in violazione dell'articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36/CE come sostituito dalla direttiva 2013/55/UE) nonché lesivi della libertà di stabilimento ex articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'UE.