Ingiusta detenzione e responsabilità disciplinare dei magistrati 13 luglio 2020 |
Indice |
Contenuto della proposta di legge|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite| |
La proposta di legge AC 2514, all'esame della Commissione, concernente l'obbligo di trasmissione agli organi titolari dell'azione disciplinare nei riguardi dei magistrati, delle sentenze che accolgono le domande di riparazione per ingiusta detenzione . Introduce inoltre un nuovo illecito disciplinare dei magistrati nell'esercizio delle funzioni.
Il provvedimento in esame riproduce - aggiungendovi tuttavia la disposizione concernente l'illecito disciplinare - il testo della proposta di legge AC 1206 (Costa), respinta dall'Assemblea della Camera il 2 luglio 2019.
Contenuto della proposta di leggeL'articolo 1 della proposta di legge modifica il codice di procedura penale per prevedere la trasmissione, al Ministro della Giustizia e al Procuratore generale presso la Cassazione, delle sentenze di accoglimento della domanda di riparazione per ingiusta detenzione. Il fine è dunque quello di agevolare la conoscenza delle stesse sentenze da parte di tali soggetti. Questi infatti, in base a quanto già previsto dalla normativa vigente, devono valutare se l'applicazione della custodia cautelare sia avvenuta contra legem e sia stata determinata da una negligenza grave e inescusabile, tale da consentire l'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti del magistrato.
Come è noto infatti, l'azione disciplinare nei confronti dei magistrati è promossa dal Ministro della giustizia (art. 107 Cost.) e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione, per essere decisa dal Consiglio superiore della magistratura (art. 105 Cost.).
In particolare, in base all'
art 14 del d.lgs. n. 109 del 2003,
la titolarità dell'azione disciplinare è affidata disgiuntamente al Ministro della giustizia (art. 107 Cost.) ed al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Mentre il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione e contestuale comunicazione al C.S.M., con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede, il Procuratore generale ha l'obbligo di esercitare l'azione medesima, dandone comunicazione - nelle stesse forme - al Ministro ed al C.S.M.. In questo caso il Ministro, se ritiene che l'azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta, nel corso delle indagini al Procuratore generale. Allo stesso modo, il Procuratore generale, nel corso delle sue indagini, può contestare fatti nuovi, anche se l'azione sia stata promossa dal Ministro. Chiunque ha la facoltà di segnalare ai titolari dell'azione fatti di rilevanza disciplinare. Alcuni organi però hanno un obbligo di comunicazione di "ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare" al Procuratore generale presso la Corte di cassazione (art. 14, quarto comma). Essi sono il C.S.M., i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici. A loro volta i presidenti di sezione e i presidenti di collegio, nonché i procuratori aggiunti hanno l'obbligo di comunicare ai dirigenti degli uffici "i fatti concernenti l'attività dei magistrati della sezione o del collegio o dell'ufficio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare".
In base all'
art. 2 del d.lgs. n. 109 del 2003, costituiscono
illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni del magistrato, tra gli altri, «l'
emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da
negligenza grave ed inescusabile» (lett. gg). La disposizione precisa che l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare.
La disposizione dunque, nel solco della norma che qualifica come illecito disciplinare l'applicazione di una misura di custodia cautelare contra legem determinata da grave e inescusabile negligenza, inserisce, il comma 3-bis nell'art. 315 c.p.p. per disporre che la sentenza che accoglie la domanda di riparazione sia trasmessa agli organi titolari dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati (Ministro della giustizia e Procuratore generale presso la Corte di cassazione), «per le valutazioni di loro competenza».
L'istituto della
riparazione per ingiusta detenzione trova fondamento nei principi di inviolabilità della libertà personale (art. 13 Cost.) e di non colpevolezza sino alla condanna definitiva (art. 27 Cost.), oltre che nella previsione dell'art. 24 Cost., che - al quarto comma - attribuisce al legislatore il compito di «determinare le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari». Più esplicitamente, l'art. 5 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo afferma che ogni persona vittima di un arresto o di una detenzione eseguiti in violazione della Convenzione ha diritto a un indennizzo.
In armonia con questi principi, il codice di procedura penale, nel disciplinare le misure cautelari, introduce uno specifico rimedio idoneo a "compensare", in chiave solidaristica (art. 2 Cost.), gli effetti pregiudizievoli che la vittima dell'indebita restrizione della libertà personale patisce, prevedendo agli
articoli 314 e 315 c.p.p. una riparazione per l'ingiusta detenzione subita a titolo di custodia cautelare.
Tali disposizioni prevedono infatti un indennizzo per:
La riparazione non ha carattere risarcitorio, ma di indennizzo, e viene quindi determinata dal giudice in via equitativa, in una somma che non può eccedere l'importo di 516.456 euro; per gli aspetti procedurali il codice rinvia, ove compatibile, alla disciplina per la riparazione dell'errore giudiziario (artt.. 643-647 c.p.p.).
Recentemente il legislatore, con la legge n. 103 del 2017, ha modificato l'
art. 15, comma 1, della legge n. 47 del 2015, di riforma delle misure cautelari, prevedendo che nella
relazione che il Governo deve presentare annualmente al Parlamento sull'applicazione delle misure cautelari personali, debba altresì dare conto dei dati relativi alle sentenze di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione pronunciate nell'anno precedente, «con specificazione delle ragioni di accoglimento delle domande e dell'entità delle riparazioni, nonché i dati relativi al numero di procedimenti disciplinari iniziati nei riguardi dei magistrati per le accertate ingiuste detenzioni, con indicazione dell'esito, ove conclusi».
L'articolo 2 inserisce una nuova ipotesi di illecito disciplinare dei magistrati nell'esercizio delle fuzioni, ampliando il contenuto della lettera gg) dell'art. 2 del d.lgs. n. 109 del 2006, secondo la quale attualmente costituisce illecito disciplinare, tra gli altri, «l'emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile».
Come già ricordato, l'art. 2 del d.lgs. n. 109 del 2006,individua gli illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni dei magistrati. In base alla lettera gg) dell'articolo 2, costituiscono illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni del magistrato, tra gli altri, «l'emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile» (lett. gg). La disposizione precisa che l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare.
.La giurisprudenza formatasi in relazione alle fattispecie tipiche, ha ribadito che il giudizio disciplinare non è la sede della disamina processuale di un provvedimento giudiziario, ma la garanzia dell'art. 101 Cost. non significa che il magistrato non possa essere giudicato per violazioni deontologiche comunque connesse all'esercizio delle funzioni giurisdizionali.Si è anche ribadito che, ai fini della sussistenza della responsabilità disciplinare a carico di magistrati che sia riferibile ad addebiti riconducibili alla loro attività giurisdizionale deve valutarsi la condotta complessivamente tenuta dal magistrato nella vicenda, cioè il suo impegno intellettuale e morale congiuntamente alla sua dedizione alla funzione giudicante svolta, che deve essere sempre esercitata rispettando i doveri d'ufficio e, quindi, nel rispetto dei diritti delle parti. L'insindacabilità in ambito disciplinare dei provvedimenti giurisdizionali e delle interpretazioni adottate esclude, infatti, che la loro inesattezza tecnico-giuridica possa di per sé sola configurare l'illecito disciplinare del magistrato, ma non quando essa sia la conseguenza di una
grave negligenza e di una mancanza di ponderazione degli effetti del provvedimento, estranei alle logiche ed alle finalità della giurisdizione (che sono quelle di valutare adeguatamente ed autonomamente la fattispecie prospettata e dare conseguentemente una risposta conforme alle regole processuali e sostanziali) e sia indice di un comportamento arbitrario, con conseguente rischio di compromissione del prestigio dell'Ordine giudiziario (Cfr. Cass., sez. un. civ., 27 luglio 2007 n. 16626; 24 febbraio 2007 n. 1670; 5 luglio 2004 n. 12268; 19 luglio 2001 n. 9775; 18 ottobre 2000 n. 1119; 4 agosto 2000 n. 538; 23 luglio 1999 n. 504; 14 giugno 1999 n. 338; 7 agosto 1996 n. 7226; 23 luglio 1993; n. 8241; 5 gennaio 1993 n. 55; 22 giugno 1990 n. 6320; 1° aprile 1987 n. 3116; 24 luglio 1986 n. 4754; CSM, sez. disc., 4 febbraio 2009 n. 11, ord.; 18 gennaio 2008 n. 3.
Per stabilire allora se ricorra la responsabilità disciplinare dell'incolpato è necessario e sufficiente accertare se il provvedimento costituisca un sintomo di grave negligenza e di inammissibile imperizia del magistrato, come tale suscettibile anche di quella negativa incidenza sull'indicato prestigio dell'Ordine giudiziario.
Con riguardo alla negligenza inescusabile la Cassazione l'ha definita come tale da determinare una violazione evidente, grossolana e macroscopica della norma applicata, ovvero una lettura di essa in contrasto con ogni criterio logico, oppure l'adozione di scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore, o, ancora, la manipolazione assolutamente arbitraria del testo normativo o, infine, lo sconfinamento dell'interpretazione nel diritto libero (Cass. civ. n. 6791 del 2016).
Il nuovo illecito si sostanzia nel concorso, anche attraverso la richiesta di applicazione della misura cautelare, all'adozione di provvedimenti di restrizione della libertà personale per i quali sia stata disposta la riparazione per ingiusta detenzione ai sensi degli articoli 314 e 315 c.p.. Viene così potenzialmente esteso anche al pubblico ministero, che abbia richiesto l'applicazione della misura restrittiva, il campo di applicazione di tale illecito disciplinare. Il concorso deve essere determinato da negligenza o superficialità. A differenza che per altri illeciti tipizzati si fa quindi riferimento alla semplice negligenza (e non alla negligenza grave e/o inescusabile che ricorre nelle altte fattispecie) e alternativamente alla superficialità che devono connotare il concorso del magistrato all'adozione del provvedimento restrittivo affinchè si sostanzi l'illecito.
Mentre il concetto di negligenza, che ricorre più volte - peraltro con la specificazione che deve essere grave e/o inescusabile - nella tipizzazione degli illeciti disciplinari dei magistrati, e trova specificazione nella giurisprudenza, il concetto di superficialità non trova alcuna definizione normativa. Con riguardo alla giurisprudenza della sezione disciplinare del CSM, il termine "superficialità" è utilizzato in rare corcostanze, accompagnato dall'attributo "macroscopica", ed è utilizzato al fine di specificare se si tratti o meno di condotta negligente. Al riguardo il CSM ha specificato che non integra l'illecito disciplinare nell'esercizio delle funzioni per la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile la condotta del giudice, qualora la normativa da applicarsi possa - in ragione della sua novità, complessità e carenza di specificità prestarsi a diverse interpretazioni e la decisione assunta non possa, quindi, ritenersi inescusabile o affetta da leggerezza, macroscopica superficialità e negligenza (
sentenza n. 84 del 2017; nello stesso senso l'ordinanza n. 163 del 2017 e la sentenza n.55 del 2018 la quale specifica che " allorquando le determinazioni derivano da scelte interpretative della normativa applicabile la questione prescinde da profili valutabili
in termini di leggerezza, macroscopica superficialità e negligenza nello studio della causa").
Andrebbe valutata l'opportunità di specificare l'ambito applicativo del concetto di superficialità, anche in rapporto a quello di negligenza, che dalla formulazione del testo appare alternativo al primo. |
Relazioni allegate o richiesteLa proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è accompagnata dalla sola relazione illustrativa. |
Necessità dell'intervento con leggeLa proposta modifica il codice di procedura penale; ciò rende necessario l'uso della fonte primaria. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteIl provvedimento interviene sulla materia "giurisdizione e norme processuali", di esclusiva competenza legislativa statale in base all'art. 117, secondo comma, Cost. |