Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle comunità di tipo familiare che accolgono minori 24 settembre 2019 |
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Contenuto dell'A.C. 2070, approvato dal Senato|Le proposte di legge abbinate| |
Le proposte di legge all'esame delle Commissioni riunite sono volte a istituire una commissione parlamentare di inchiesta per indagare sulle procedure di allontanamento dei minori dalle famiglie di origine e sul conseguente affidamento extra familiare.
Contenuto dell'A.C. 2070, approvato dal SenatoL'A.C. 2070, già approvato dal Senato lo scorso 1° agosto 2019 (A.S. 1187), prevede l'istituzione di una Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori, nonché circoscritte modifiche alla legislazione vigente in tema di composizione del tribunale per i minorenni e contenuto dei provvedimenti che dispongono l'affidamento di minori. Nel merito, la proposta si compone di 9 articoli, ripartiti in due Capi. Gli Istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta (capo I)articoli da 1 a 7 della proposta di legge istituiscono una Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori, disciplinandone le funzioni e le competenze. Più nel dettaglio l'articolo 1 istituisce una Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori. Tale Commissione è chiamata a completare i propri lavori entro la fine della XVIII legislatura e a presentare, nei trenta giorni successivi alla fine dei lavori, alle Camere, la relazione conclusiva della sua attività di indagine. Sono ammesse relazioni di minoranza. La Commissione può inoltre riferire alle Camere "ogniqualvolta ne ravvisi la necessità". L'- composizionearticolo 2 disciplina la composizione della Commissione prevedendo, in particolare, che:
I - compiticompiti della Commissione sono puntualmente indicati nell'articolo 3. In particolare la Commissione è chiamata a:
Si fa riferimento ai provvedimenti di decadenza dalla responsabilità genitoriale (art. 330 c.c.) e di reintegrazione nella stessa (art. 332 c.c.) in relazione all'eventuale condotta del genitore pregiudizievole ai figli (art. 333 c.c.). La ricerca statistica della Commissione dovrà prendere le mosse dalla riforma della filiazione approvata nella XVI legislatura con la legge n. 219/2012 che, superando ogni distinzione tra figli legittimi e figli naturali, ha introdotto nuove disposizioni, sostanziali e processuali, in materia di filiazione naturale e relativo riconoscimento, ispirate al principio "tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico" ed ha ridefinito le competenze di tribunali ordinari e tribunali dei minorenni in materia di procedimenti di affidamento e mantenimento dei figli;
In ambito sociale, vista l'assenza di una definizione certa dei livelli essenziali delle prestazioni, i servizi e gli interventi erogati sul territorio nazionale sono stati mappati dal
Nomenclatore Interregionale degli Interventi e dei Servizi Sociali. Il Nomenclatore definisce i
servizi di primo livello come servizi a ciclo residenziale, suddividendoli in:
1• Servizi a struttura familiare: di piccole dimensioni, caratterizzati dalla organizzazione di tipo familiare. In caso di strutture per minori vi è la presenza di una coppia o di uno o due adulti che svolgono funzioni genitoriali;
2• Servizi a struttura comunitaria: di dimensioni variabili a seconda dell'area di utenza (di norma superiore a 6-10 posti) caratterizzati dalla presenza di operatori assistenziali, socio-sanitari o educatori e da una organizzazione di tipo comunitario.
I
servizi di secondo livello presentano invece funzioni di protezione sociale, in particolare:
1• Accoglienza di emergenza: con funzione di rispondere con immediatezza ai bisogni urgenti e temporanei di ospitalità e tutela. Vi sono comprese anche le strutture ad accesso diretto da parte dell'utenza.
2• Prevalente accoglienza abitativa: Offre ospitalità ed assistenza, occasioni di vita comunitaria. In relazione al tipo di utenza fornisce aiuto nelle attività quotidiane, e stimoli e possibilità di attività occupazionali e ricreativo-culturali, di mantenimento e riattivazione.
3• Prevalente funzione tutelare: comprende Osservazione sociale; Accompagnamento sociale; Supporto all'autonomia;
4• Socio-educativa: tutela ed assistenza educativa di carattere professionale a minori temporaneamente allontanati dal nucleo familiare
5• Educativo- psicologica: assistenza educativa, terapeutica e riabilitativa per i minori in situazione di disagio psicosociale e con disturbi di comportamento. Ha finalità educative, terapeutiche e riabilitative volte al recupero psico-sociale ed è ad integrazione sanitaria.
6• Integrazione socio-sanitaria: Offre ospitalità ed assistenza, occasioni di vita comunitaria, aiuto nelle attività quotidiane, stimoli e possibilità di attività occupazionali e ricreativo-culturali, di mantenimento e riattivazione. Viene garantita l'assistenza medica, infermieristica e trattamenti riabilitativi per il mantenimento ed il miglioramento dello stato di salute e di benessere. Destinata ad accogliere temporaneamente o permanentemente persone anziane non autosufficienti o adulti disabili.
Per la residenzialità dedicata ai minori, si segnalano le
Linee di indirizzo per l'accoglienza nei Servizi residenziali per minorenni che hanno per oggetto le molteplici dimensioni dell'accoglienza residenziale nelle "comunità di tipo familiare" individuate dalla legge 184/1983. Le "Linee di indirizzo, approvate in Conferenza Unificata nel dicembre 2017, sono il prodotto di un lavoro collegiale realizzato in seno a un tavolo istituzionale nazionale composto da rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero della giustizia – Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dell'Associazione nazionale Comuni italiani, dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, e da esperti indicati dal Ministero. Le Linee intervengono in un quadro normativo regionale differenziato, proponendo una cornice unitaria e complessiva di riferimento rispetto a principi, contenuti e metodi di attuazione, in continuità con le "
Linee di indirizzo per l'affidamento familiare" approvate in Conferenza unificata il 25 ottobre 2012.
Si ricorda che ai sensi dell'
art. 4, comma 4, della legge n. 184 del 1983 nel provvedimento di affidamento deve essere indicato il periodo di presumibile durata dell'affidamento che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d'origine; tale periodo non può superare la durata di 24 mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore.
Il D.M. n. 308 del 21 maggio 2001 "Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell'articolo 11 della legge 8 novembre 2000, n. 328", ha fissato i requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo diurno e residenziale di cui alla legge 328/2000 (riferiti alle diverse utenze, quindi per minori; disabili; anziani; persone affette da AIDS; persone con problematiche psico-sociali), con
previsione di requisiti specifici per le comunità di tipo familiare con sede nelle civili abitazioni.
Per tali strutture non vengono indicati requisiti o standard comuni, il decreto n. 308 del 2001 infatti si limita ad indicare che queste devono possedere i requisiti strutturali previsti per gli alloggi destinati a civile abitazione, mentre per le
comunità che accolgono minori, il decreto lascia che i
requisiti siano
stabiliti dalla
regione territorialmente competente.
Più nello specifico, si ricorda che nel quadro delle competenze costituzionalmente definite dalla Riforma del Titolo V, ai sensi del comma quarto dell'articolo 117 della Costituzione, le Regioni sono titolari di potestà legislativa piena ed esclusiva nel settore dell'assistenza sociale. D'altra parte, l'art. 117 comma II, lett.
m) assegna allo Stato la competenza per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantirsi su tutto il territorio nazionale.
In tale quadro, per quanto qui interessa, come specificato dall'art. 8 della legge quadro 328/2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, allo Stato spetta l'esercizio dei poteri di indirizzo e coordinamento e di regolazione delle politiche sociali, l'individuazione dei livelli essenziali ed uniformi delle prestazioni, comprese le funzioni in materia assistenziale all'interno del settore penale, svolte per minori ed adulti dal Ministero della giustizia, nonché la fissazione dei requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale compresa la previsione di requisiti specifici per le comunità di tipo familiare con sede nelle civili abitazioni.
Per parte loro, spetta alle Regioni, sulla base dei requisiti minimi definiti dallo Stato, definire i criteri per l'autorizzazione (il provvedimento abilitativo, rilasciato da un Ente pubblico, che consente la realizzazione di strutture e l'esercizio di attività sanitarie, sociosanitarie e sociali), l'accreditamento e la vigilanza delle strutture. La Regione definisce tali criteri integrando i requisiti minimi nazionali in relazione alle esigenze locali e definisce i processi e le procedure di autorizzazione, identificando i soggetti pubblici che le rilasciano.
Ai Comuni infine è confermata la titolarità delle funzioni amministrative riguardanti i servizi sociali a livello locale e le funzioni di programmazione e progettazione da realizzare attraverso i Piani di zona nell'ambito del sistema di servizi sociali a rete, costituito dall'insieme dei soggetti pubblici e privati (profit e non). Al Comune spetta poi, oltre all'erogazione dei servizi e delle prestazioni economiche, anche la vigilanza sui soggetti che costituiscono questo sistema, fra cui i servizi sociali e le strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica
L'art. 1, comma 2, del D.M. n. 308 del 21 maggio 2001 impegna le regioni a recepire e integrare, in relazione alle esigenze locali, i requisiti minimi strutturali e organizzativi fissati dallo stesso decreto. Il successivo art. 5 detta i requisiti comuni delle strutture a ciclo diurno e residenziale relativamente a: ubicazione, suddivisione degli spazi, figure professionali presenti, adozione dei piani individualizzati di assistenza e, per i minori, di un progetto educativo individuale. A tali requisiti, si affiancano i requisiti specifici elencati dall'articolo 7 che individuano quattro diverse tipologie di strutture: strutture a carattere comunitario; strutture a prevalente accoglienza alberghiera; strutture protette; strutture a ciclo diurno. Infine, l'allegato A indica i requisiti strutturali, gli arredi e le attrezzature richieste nonché le diverse tipologie di prestazioni erogate.
L'articolo 3 del decreto n. 308 del 2001 è invece dedicato a "
Strutture di tipo familiare e comunità di accoglienza minori", ovvero a
comunità di tipo familiare e a
gruppi appartamento con funzioni di accoglienza e bassa intensità assistenziale, che accolgono fino ad un massimo di sei utenti (anziani, disabili, minori o adolescenti, adulti in difficoltà) per i quali la permanenza nel nucleo familiare è temporaneamente o permanentemente impossibile o contrastante con il progetto individuale.
Per tali strutture non vengono indicati requisiti o standard comuni, infatti il decreto
rinvia ai requisiti strutturali previsti per gli alloggi destinati a civile abitazione, mentre per le
comunità che accolgono minori, gli
specifici requisiti organizzativi, adeguati alle necessità educativo-assistenziali dei bambini e degli adolescenti, devono essere
stabiliti dalle regioni.
Conseguentemente, oggi il panorama delle strutture residenziali per minori presenta caratteristiche diverse da regione a regione. In mancanza di una indicazione nazionale univoca delle varie tipologie, anche sul versante della definizione delle comunità di tipo familiare, si sono infatti sviluppati approcci spesso assai diversi. Per questo già nel 2015, il Garante per l'infanzia e adolescenza, con l'intenzione di contribuire al processo per la definizione degli standard strutturali e gestionali e dei criteri di qualità delle Comunità di tipo famigliare, ha costituito un gruppo di studio finalizzato all'elaborazione del Documento di proposta: Comunità residenziali per minorenni: per la definizione dei criteri e degli standard.
I diversi livelli di governo, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono allo stanziamento delle risorse destinate alle comunità di tipo familiare e alle altre tipologie di strutture a ciclo residenziale. Più in particolare, ogni regione programma nel proprio Piano sociale le risorse da destinare ai servizi sociali per i minori. Parte di tali risorse derivano dal riparto delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, alle quali si affiancano risorse proprie regionali. Inoltre, la componente sanitaria delle prestazioni (per i minorenni inseriti in comunità socioriabilitative, a carattere socio-sanitario; per minorenni vittime di maltrattamento o abuso o per quelli con problemi di dipendenze) viene sostenuta, trattandosi di prestazioni rientranti nei LEA, con le risorse riferibili al Fondo sanitario nazionale.
Si ricorda che la legge 8 marzo 2019, n. 21, all'articolo 2, nell'individuare le competenze della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità "Il Forteto", attribuisce a quella commissione bicamerale, di recente costituzione, il compito di formulare proposte in ordine: "a) all'adozione di nuovi strumenti di controllo delle comunità alloggio presenti sul territorio nazionale; b) al potenziamento del sistema dei controlli sui soggetti responsabili dell'affidamento familiare e, laddove siano emerse responsabilità e negligenze in capo ad essi, alle modalità con cui applicare gli opportuni provvedimenti sanzionatori".
Si ricorda altresì che è in corso di esame in Commissione Giustizia la proposta di legge C. 2047, che interviene con modifiche al
codice civile e alla legge sulle adozioni in materia di affidamento dei minori.
L'- poteri di indaginearticolo 4 disciplina l'attività di indagine della Commissione, che procederà con gli stessi poteri e limitazioni dell'autorità giudiziaria (comma 1).
Tale formulazione riproduce il contenuto dell'articolo 82 della Costituzione, ripreso anche
dall'art. 141, comma 2, del Regolamento della Camera.
Analogamente, l'art. 162, comma 5, del Regolamento del Senato recita: "I poteri della Commissione sono, a norma della Costituzione italiana, gli stessi dell'autorità giudiziaria".
I poteri coercitivi che la Commissione d'inchiesta può esercitare sono naturalmente quelli propri della fase "istruttoria" delle indagini giudiziarie, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati ed irrogare sanzioni.
La Commissione può quindi disporre ispezioni e perquisizioni personali e domiciliari, sequestri, intercettazioni telefoniche, perizie, ricognizioni, esperimento di prove testimoniali ed accompagnamento coattivo dei testi renitenti. Con riferimento al profilo delle testimonianze davanti alla Commissione, la proposta di legge rinvia all'applicazione degli articoli 366 (Rifiuto di uffici legalmente dovuti) e 372 (Falsa testimonianza) del codice penale (comma 2). Alla Commissione - limitatamente all'oggetto delle indagini di sua competenza - non può essere opposto il segreto d'ufficio né quello professionale o bancario. E' sempre opponibile, invece, il segreto tra difensore e parte processuale. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124. Se atti o i documenti attinenti all'oggetto dell'inchiesta sono stati assoggettati al vincolo del segreto da parte di altre Commissioni parlamentari di inchiesta, tale segreto non sarà opponibile all'istituenda Commissione (comma 4). La proposta, infine, esclude che la Commissione possa adottare provvedimenti che restringano la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, nonché la libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo ai sensi dell'art. 133 c.p.p. (comma 5).
L'a- acquisizione di attirticolo 5 prevede, inoltre, la possibilità per la Commissione di acquisire copie di atti e documenti (per il regime degli atti si veda l'articolo 4):
Si prevede contestualmente il mantenimento del regime di segretezza fino a quanto gli atti e i documenti trasmessi siano coperti da segreto. La disposizione disciplina altresì l'ipotesi in cui venga emesso un decreto motivato da parte dell'autorità giudiziaria che, per ragioni di natura istruttoria, ritenga di ritardare la trasmissione di atti e documenti richiesti. Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Il decreto non può essere in ogni caso rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari. Al venir meno delle indicate ragioni consegue per l'autorità giudiziaria l'obbligo di trasmettere tempestivamente gli atti richiesti.
L'- segretoarticolo 6 reca disposizioni in merito all'obbligo del segreto; con riguardo agli atti e ai documenti, dei quali è vietata la divulgazione, la proposta impone l'obbligo del segreto ai seguenti soggetti:
Nei casi di violazione del segreto si applica la pena prevista dall'art. 326 c.p. per il reato di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio (reclusione da 6 mesi a 3 anni), salvo che il fatto costituisca più grave reato (comma 2). La disposizione codicistica è, altresì, richiamata al comma 3, laddove si prevede la punizione della diffusione (in tutto o in parte anche per riassunto) di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione. L'- organizzazione internaarticolo 7 disciplina l'organizzazione interna della Commissione. In particolare:
Gli Modifiche alla legislazione vigente (capo II):articoli 8 e 9 della proposta di legge, inseriti nel Capo II, non attengono all'istituzione della Commissione di inchiesta, ma modificano disposizioni vigenti in tema di incompatibilità dei giudici onorari minorili e affidamento dei minori. In particolare, l'- giudici onorari minorili: incompatibilitàarticolo 8, inserendo l'art. 6-bis nel regio decreto-legge n. 1404 del 1934, su istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni, detta disposizioni in materia di incompatibilità dei giudici onorari minorili.
Il
Tribunale per i Minorenni è un organo giudiziario ordinario, specializzato a composizione mista, formato cioè da giudici professionali (detti anche "
giudici togati") e da
giudici onorari, che sono degli esperti nominati dal Consiglio Superiore della magistratura per un periodo di tre anni rinnovabile.
Sono presenti attualmente le seguenti professionalità: psicologi, neuropsichiatri infantili, assistenti sociali, psicoterapeuti, educatori.
Il Tribunale decide con collegi composti da quattro giudici: un presidente, un giudice, un giudice onorario donna ed un giudice onorario uomo. Ciascuno di questi quattro giudici dispone di un voto, e il voto dei giudici onorari ha lo stesso peso di quello del giudice togato e del presidente.
Le
competenze del Tribunale per i minorenni si dividono in competenza civile, competenza penale e competenza amministrativa.
In particolare la competenza nel
settore civile riguarda interventi in materia di potestà dei genitori sul figlio. Il Tribunale, quando ricorrono i presupposti di legge, può limitare la potestà dei genitori e nei casi più gravi toglierla; può impartire prescrizioni, affidare il figlio all'uno o all'altro genitore oppure affidarlo a parenti o a un servizio sociale. Quando un bambino in famiglia è trascurato o maltrattato il tribunale può disporre misure di vigilanza e di sostegno da parte dei servizi sociali, oppure collocarlo in affidamento familiare anche contro la volontà dei genitori, regolando i loro rapporti con lui. Quando risulta che un bambino è abbandonato, il tribunale deve dichiararlo adottabile e provvedere alla sua adozione.
Per quanto riguarda le
incompatibilità è necessario ricordare che la
circolare del CSM del 2018, sui criteri per la nomina e la conferma dei giudici onorari minorili (in primo e secondo grado) per il triennio 2020-2022, all'articolo 7, ha già previsto una serie di circostanze ostative all'esercizio della funzione di giudice onorario minorile.
La proposta di legge esclude che possano essere nominati giudice onorario del tribunale per i minorenni (e consigliere onorario della sezione di Corte d'appello per i minorenni) coloro che (comma 1):
L'incompatibilità opera anche quando le suddette attività sono svolte da coniuge, parte di un'unione civile, convivente o parente entro il secondo grado (comma 2). Decade dalle funzioni onorarie il giudice che, dopo la nomina, svolga le suddette attività incompatibili (comma 3).
L'articolo 9 modifica l'art 2 della legge sulle adozioni (legge 4 maggio 1983, n. 184), relativo all'affidamento di minori, prevedendo che nei casi di - obbligo di motivare l'affido a comunitàaffidamento in una comunità di tipo familiare i relativi provvedimenti debbano indicare espressamente le ragioni per le quali non si ritiene possibile la permanenza nel nucleo familiare originario ovvero le ragioni per le quali non sia possibile procedere all'affidamento ad una famiglia.
Si ricorda che in base all'
art. 2 della legge n. 184 del 1983, il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno. Ove non sia possibile l'affidamento ad una famiglia, è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori di età inferiore a sei anni l'inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare. La disposizione aggiunge che «Il ricovero in istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia».
Oltre alla specifica motivazione circa le ragioni dell'affido a una comunità di tipo familiare, il provvedimento del giudice dovrà presentare i requisiti già previsti dall'articolo 4, comma 3 della legge n. 184.
Si ricorda che l'
art. 4, comma 3, della legge n. 184 del 1983 dispone che «Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l'affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l'affidamento, deve riferire senza indugio al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione semestrale sull'andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull'evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza».
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Le proposte di legge abbinateL'A.C. 1731A.C. 1731 (Molinari) contiene disposizioni in larga parte coincidenti con la descritta proposta A.C. 2070, approvata dal Senato. Anche tale proposta è infatti volta all'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle comunità di tipo familiare che accolgono minori; contiene inoltre disposizioni concernenti l'incompatibilità della funzione di giudice onorario del tribunale per i minorenni e di tutela del diritto del minore ad una famiglia. Disposizioni analoghe alla proposta C 2070 concernono la composizione, la durata e l'organizzazione interna della Commissione. Con riguardo all'obbligo di relazione alle Camere sull'attività svolta, l'AC 1731 prevede, accanto alla relazione finale anche quella annuale. Con riguardo ai compiti della Commissione, quelli individuati dall'AC 1731 coincidono sostanzialmente con quelli contenuti dalla proposta approvata dal Senato. Manca tuttavia rispetto all'AC 2070 il riferimento alla verifica:
I poteri e i limiti della Commissione, nonché l'obbligo del segreto, sono regolati in modo sostanzialmente analogo a quello previsto dall'AC 2070. Rispetto a tale proposta si specifica che:
Le disposizioni concernenti l'incompatibilità dei giudici onorari minorili non divergono significativamente da quelle contenute nell'AC 2070. L'unica differenza consiste nella specificazione, nell'AC 1731, dell'obbligo per il giudice onorario minorile, all'atto della nomina, di impegnarsi a non assumere per la durata dell'incarico i ruoli e le cariche che determinano incompatibilità ovvero di rinunziarvi ove già li ricopra al momento della nomina. Con riferimento alle norme in materia di affidamento e accertamento della situazione di abbandono del minore anche l'AC 1731 prevede, analogamente a quanto previsto dall'AC 2070, che nei casi di affidamento in istituto i relativi provvedimenti devono indicare espressamente le ragioni per le quali non si ritiene possibile la permanenza nel nucleo familiare originario ovvero le ragioni per le quali non sia possibile procedere ad un affidamento ad una famiglia. Infine, rispetto alla proposta approvata dal Senato, l'AC 1731 contiene due ulteriori disposizioni in merito:
Il contenuto della proposta A.C. 1887A.C. 1887 (Ascari) è invece circoscritto all'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta. Con riguardo all'oggetto dell'attività di inchiesta, la proposta fa specifico riferimento all'allontanamento dei minori dalle famiglie e all'affidamento a comunità, con particolare riguardo agli eventi avvenuti nella provincia di Modena tra il 1997 e il 1998. Con riguardo a tale profilo dell'attività di inchiesta, tra i compiti dell'istituenda Commissione è espressamente indicata la verifica della congruità delle attività svolte da autorità pubbliche e da soggetti privati in relazione ai suddetti eventi, accertando eventuali responsabilità per i casi di abusivo allontanamento.
Si fa dunque esplicito riferimento ad alcune inchieste giudiziarie aventi ad oggetto presunti episodi di pedofilia e di satanismo, svoltisi tra il 1997 e il 1998 in provincia di Modena, che portarono all'affidamento di sedici minori ai servizi sociali e all'allontanamento definitivo degli stessi dalle loro famiglie.
I compiti della Commissione sono solo in parte coincidenti con quelli delle proposte C. 2070 e C. 1731 e attengono specificatamente alla raccolta, esame e valutazione dei dati:
Inoltre tra i compiti della Commissione vi è quello di individuare iniziative anche di carattere normativo e amministrativo ritenute opportune per assicurare la tutela dei minori e migliorare il sistema di affidamento dei medesimi e le loro condizioni di vita. Si specifica infine che la Commissione può avvalersi del supporto della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, di cui alla legge 23 dicembre 1997, n. 451, dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, di cui alla medesima legge, nonché della documentazione da questi prodotta, ricevuta o detenuta a qualsiasi titolo.
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