Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle comunità di tipo familiare che accolgono minori
Riferimenti: AC N.2070/XVIII AC N.1731/XVIII AC N.1887/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 198
Data: 24/09/2019
Organi della Camera: II Giustizia, XII Affari sociali


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Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle comunità di tipo familiare che accolgono minori

24 settembre 2019
Schede di lettura


Indice

Contenuto dell'A.C. 2070, approvato dal Senato|Le proposte di legge abbinate|


Le proposte di legge all'esame delle Commissioni riunite sono volte a istituire una commissione parlamentare di inchiesta per indagare sulle procedure di allontanamento dei minori dalle famiglie di origine e sul conseguente affidamento extra familiare.

Dati statistici sul numero di minori in affidamento familiare e nei servizi residenziali per minorenni sono contenuti nella pubblicazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Affidamenti familiari e collocamenti in comunità al 31 dicembre 2016, del dicembre 2018. Al netto dei minorenni stranieri non accompagnati, i minori che vivono questa condizione, conseguente ad un decreto di allontanamento dal nucleo familiare di origine emesso dall'autorità giudiziaria competente, risultavano a fine 2016 pari a 26.615, di cui: 14.012 bambini e ragazzi di 0-17 anni in affidamento familiare a singoli, famiglie e parenti per almeno cinque notti alla settimana e 12.603 bambini e ragazzi di 0-17 anni collocati nei servizi residenziali per minorenni.
Ugualmente interessante è la pubblicazione Istat, I presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari al 31 dicembre 2015, pubblicata nel dicembre 2018. Nel 2015, i minori di 18 anni ospiti nei presidi sono stati 21.085, dei quali 13.360 maschi. I minori risultavano accolti prevalentemente in "unità di servizio" a carattere comunitario, mentre soltanto il 22% dei ragazzi alloggiava in residenze di piccole dimensioni con organizzazione di tipo familiare. Circa il 70% degli ospiti con meno di 18 anni risiede in "unità di servizio" sprovviste di prestazioni medico-sanitarie o in grado soltanto di garantire l'assistenza sanitaria di base. La quota più ampia di ragazzi con meno di 18 anni è accolto in unità di servizio che svolgono una funzione di tipo socioeducativa (il 65%).
Il motivo d'ingresso nelle strutture è dovuto prevalentemente a problemi riconducibili al nucleo familiare: circa un terzo degli ospiti con meno di 18 anni (35,6%) viene accolto nelle strutture residenziali per problemi economici, incapacità educativa o problemi psico-fisici dei genitori. Per la rimanente quota, le motivazioni che determinano l'ingresso in strutture residenziali sono diverse: quasi 4 mila minori (il 18,7% dei minori ospiti) entrano nelle strutture perché accolti insieme al genitore, 4.990 ragazzi (il 23,7%) sono stranieri privi di assistenza o rappresentanza da parte di un adulto; poco meno di 1.500 (il 7,1% dei minori ospiti) sono vittime di abuso e maltrattamento, mentre 142 (il 14,9%) risultano accolti per altri motivi. Tra i ragazzi con meno di 18 anni accolti nelle strutture residenziali soltanto una piccola quota, il 4% (871 minori), risulta in condizione di adottabilità.Per ricostruire il percorso di reinserimento dei minori ospiti delle strutture residenziali, è utile analizzare la destinazione degli ospiti dimessi nel corso dell'anno 2015, che ammontano complessivamente a circa 14mila. Il 28,5% risulta rientrata in famiglia di origine, mentre una piccola proporzione (8,1%) è stata data in affido o adottata. Complessivamente i minori reinseriti in una famiglia ammontano a 5.123 (il 36,6% di tutti i minori). A essere resi autonomi sono soltanto l'8,8% dei dimessi, 1.229 ragazzi; si tratta, perlopiù, di giovani che hanno trovato un lavoro. Per gli altri minori il percorso di recupero non risulta concluso: oltre 4.000 (il 31% dei dimessi) sono stati trasferiti in altre strutture residenziali e 1.953 (il 13,9%) si sono allontanati spontaneamente dalla struttura residenziale.
Si segnala inoltre il documento dell'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza, La tutela dei minorenni in comunità. La seconda raccolta dati sperimentale elaborata con le procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni , 2017.
Infine, si segnala che la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha svolto, nel corso della XVII legislatura, un' indagine conoscitiva sui minori "fuori famiglia". Per gli profili relativi ai numeri e alle caratteristiche delle strutture di accoglienza presenti nel nostro Paese, al numero di minori che vi transitano, nonché per elementi di conoscenza concernenti il sistema dei controlli, dei finanziamenti delle comunità familiari, si rinvia dunque al Documento conclusivo dell'indagine. Ulteriori dati statistici sui provvedimenti a tutela dei minori adottati nel 2018 sono disponibili sul sito internet del Ministero della Giustizia.

Contenuto dell'A.C. 2070, approvato dal Senato

L'A.C. 2070, già approvato dal Senato lo scorso 1° agosto 2019 (A.S. 1187), prevede l'istituzione di una Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori, nonché circoscritte modifiche alla legislazione vigente in tema di composizione del tribunale per i minorenni e contenuto dei provvedimenti che dispongono l'affidamento di minori.

Nel merito, la proposta si compone di 9 articoli, ripartiti in due Capi.

Gli Istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta (capo I)articoli da 1 a 7 della proposta di legge istituiscono una Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori, disciplinandone le funzioni e le competenze.

Più nel dettaglio l'articolo 1 istituisce una Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori. Tale Commissione è chiamata a completare i propri lavori entro la fine della XVIII legislatura e a presentare, nei trenta giorni successivi alla fine dei lavori, alle Camere, la relazione conclusiva della sua attività di indagine. Sono ammesse relazioni di minoranza. La Commissione può inoltre riferire alle Camere "ogniqualvolta ne ravvisi la necessità".

L'- composizionearticolo 2 disciplina la composizione della Commissione prevedendo, in particolare, che:

  • la Commissione è composta da 20 senatori e 20 deputati, nominati dai Presidenti della Camera di appartenenza (in proporzione al numero dei componenti i Gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento). Nella designazione dei componenti si deve tenere conto anche "della specificità dei compiti assegnati alla Commissione" (comma 1);
  • la Commissione deve essere convocata dai Presidenti delle Camera entro 10 giorni dalla nomina dei componenti (comma 2) per eleggere il proprio ufficio di presidenza (presidente, due vicepresidenti e due segretari), secondo le norme dettate dai commi 3 e 4, che dovranno essere applicati anche alle elezioni suppletive (comma 5).

I - compiticompiti della Commissione sono puntualmente indicati nell'articolo 3. In particolare la Commissione è chiamata a:

  • verificare lo stato e l'andamento degli affidatari e delle comunità di tipo familiare che accolgono minori, nonché le condizioni effettive dei minori all'interno delle stesse con riferimento anche al rispetto del principio della necessaria temporaneità dei provvedimenti di affidamento (lett. a). 

  • verificare quanti siano stati, dall'entrata in vigore della legge n. 219 del 2012, i provvedimenti di allontanamento dei minori dalla famiglia emessi dai tribunali ai sensi degli articoli 330, 332 e 333 del codice civile e dell'art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile (lett. b) e quale attuazione abbiano avuto (lett. d).
Si fa riferimento ai provvedimenti di decadenza dalla responsabilità genitoriale (art. 330 c.c.) e di reintegrazione nella stessa (art. 332 c.c.) in relazione all'eventuale condotta del genitore pregiudizievole ai figli (art. 333 c.c.). La ricerca statistica della Commissione dovrà prendere le mosse dalla riforma della filiazione approvata nella XVI legislatura con la legge n. 219/2012 che, superando ogni distinzione tra figli legittimi e figli naturali, ha introdotto nuove disposizioni, sostanziali e processuali, in materia di filiazione naturale e relativo riconoscimento, ispirate al principio "tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico" ed ha ridefinito le competenze di tribunali ordinari e tribunali dei minorenni in materia di procedimenti di affidamento e mantenimento dei figli;
  • verificare le modalità operative ed il ruolo dei servizi sociali, di primo e secondo livello, nel processo di affidamento (lett. c);  
In ambito sociale, vista l'assenza di una definizione certa dei livelli essenziali delle prestazioni, i servizi e gli interventi erogati sul territorio nazionale sono stati mappati dal Nomenclatore Interregionale degli Interventi e dei Servizi Sociali. Il Nomenclatore definisce i servizi di primo livello come servizi a ciclo residenziale, suddividendoli in:
1• Servizi a struttura familiare: di piccole dimensioni, caratterizzati dalla organizzazione di tipo familiare. In caso di strutture per minori vi è la presenza di una coppia o di uno o due adulti che svolgono funzioni genitoriali;
2• Servizi a struttura comunitaria: di dimensioni variabili a seconda dell'area di utenza (di norma superiore a 6-10 posti) caratterizzati dalla presenza di operatori assistenziali, socio-sanitari o educatori e da una organizzazione di tipo comunitario.
I servizi di secondo livello presentano invece funzioni di protezione sociale, in particolare:
1• Accoglienza di emergenza: con funzione di rispondere con immediatezza ai bisogni urgenti e temporanei di ospitalità e tutela. Vi sono comprese anche le strutture ad accesso diretto da parte dell'utenza.
2• Prevalente accoglienza abitativa: Offre ospitalità ed assistenza, occasioni di vita comunitaria. In relazione al tipo di utenza fornisce aiuto nelle attività quotidiane, e stimoli e possibilità di attività occupazionali e ricreativo-culturali, di mantenimento e riattivazione.
3• Prevalente funzione tutelare: comprende Osservazione sociale; Accompagnamento sociale; Supporto all'autonomia;
4• Socio-educativa: tutela ed assistenza educativa di carattere professionale a minori temporaneamente allontanati dal nucleo familiare
5• Educativo- psicologica: assistenza educativa, terapeutica e riabilitativa per i minori in situazione di disagio psicosociale e con disturbi di comportamento. Ha finalità educative, terapeutiche e riabilitative volte al recupero psico-sociale ed è ad integrazione sanitaria.
6• Integrazione socio-sanitaria: Offre ospitalità ed assistenza, occasioni di vita comunitaria, aiuto nelle attività quotidiane, stimoli e possibilità di attività occupazionali e ricreativo-culturali, di mantenimento e riattivazione. Viene garantita l'assistenza medica, infermieristica e trattamenti riabilitativi per il mantenimento ed il miglioramento dello stato di salute e di benessere. Destinata ad accogliere temporaneamente o permanentemente persone anziane non autosufficienti o adulti disabili.
Per la residenzialità dedicata ai minori, si segnalano le Linee di indirizzo per l'accoglienza nei Servizi residenziali per minorenni che hanno per oggetto le molteplici dimensioni dell'accoglienza residenziale nelle "comunità di tipo familiare" individuate dalla legge 184/1983. Le "Linee di indirizzo, approvate in Conferenza Unificata nel dicembre 2017, sono il prodotto di un lavoro collegiale realizzato in seno a un tavolo istituzionale nazionale composto da rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero della giustizia – Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dell'Associazione nazionale Comuni italiani, dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, e da esperti indicati dal Ministero. Le Linee intervengono in un quadro normativo regionale differenziato, proponendo una cornice unitaria e complessiva di riferimento rispetto a principi, contenuti e metodi di attuazione, in continuità con le " Linee di indirizzo per l'affidamento familiare" approvate in Conferenza unificata il 25 ottobre 2012.

  • verificare l'effettiva temporaneità dei provvedimenti di affidamento (lett. e);
Si ricorda che ai sensi dell' art. 4, comma 4, della legge n. 184 del 1983 nel provvedimento di affidamento deve essere indicato il periodo di presumibile durata dell'affidamento che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d'origine; tale periodo non può superare la durata di 24 mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore. 
  • verificare il rispetto dei requisiti minimi strutturali e organizzativi prescritti per le strutture di tipo familiare e le comunità di accoglienza dei minori dal decreto del Ministro per la solidarietà sociale 21 maggio 2001, n. 308, e il rispetto degli standard minimi per l'accoglienza dei minori previsti dalla normativa statale e regionale (lett. f); 
Il D.M. n. 308 del 21 maggio 2001 "Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell'articolo 11 della legge 8 novembre 2000, n. 328", ha fissato i requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo diurno e residenziale di cui alla legge 328/2000 (riferiti alle diverse utenze, quindi per minori; disabili; anziani; persone affette da AIDS; persone con problematiche psico-sociali), con previsione di requisiti specifici per le comunità di tipo familiare con sede nelle civili abitazioni.  Per tali strutture non vengono indicati requisiti o standard comuni, il decreto n. 308 del 2001 infatti si limita ad indicare che queste devono possedere i requisiti strutturali previsti per gli alloggi destinati a civile abitazione, mentre per le comunità che accolgono minori, il decreto lascia che i requisiti siano stabiliti dalla regione territorialmente competente.
Più nello specifico, si ricorda che nel quadro delle competenze costituzionalmente definite dalla Riforma del Titolo V, ai sensi del comma quarto dell'articolo 117 della Costituzione, le Regioni sono titolari di potestà legislativa piena ed esclusiva nel settore dell'assistenza sociale. D'altra parte, l'art. 117 comma II, lett. m) assegna allo Stato la competenza per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantirsi su tutto il territorio nazionale.
In tale quadro, per quanto qui interessa, come specificato dall'art. 8 della legge quadro 328/2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, allo Stato spetta l'esercizio dei poteri di indirizzo e coordinamento e di regolazione delle politiche sociali, l'individuazione dei livelli essenziali ed uniformi delle prestazioni, comprese le funzioni in materia assistenziale all'interno del settore penale, svolte per minori ed adulti dal Ministero della giustizia, nonché la fissazione dei requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale compresa la previsione di requisiti specifici per le comunità di tipo familiare con sede nelle civili abitazioni.
Per parte loro, spetta alle Regioni, sulla base dei requisiti minimi definiti dallo Stato, definire i criteri per l'autorizzazione (il provvedimento abilitativo, rilasciato da un Ente pubblico, che consente la realizzazione di strutture e l'esercizio di attività sanitarie, sociosanitarie e sociali), l'accreditamento e la vigilanza delle strutture. La Regione definisce tali criteri integrando i requisiti minimi nazionali in relazione alle esigenze locali e definisce i processi e le procedure di autorizzazione, identificando i soggetti pubblici che le rilasciano.
Ai Comuni infine è confermata la titolarità delle funzioni amministrative riguardanti i servizi sociali a livello locale e le funzioni di programmazione e progettazione da realizzare attraverso i Piani di zona nell'ambito del sistema di servizi sociali a rete, costituito dall'insieme dei soggetti pubblici e privati (profit e non). Al Comune spetta poi, oltre all'erogazione dei servizi e delle prestazioni economiche, anche la vigilanza sui soggetti che costituiscono questo sistema, fra cui i servizi sociali e le strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica
L'art. 1, comma 2, del D.M. n. 308 del 21 maggio 2001 impegna le regioni a recepire e integrare, in relazione alle esigenze locali, i requisiti minimi strutturali e organizzativi fissati dallo stesso decreto. Il successivo art. 5 detta i requisiti comuni delle strutture a ciclo diurno e residenziale relativamente a: ubicazione, suddivisione degli spazi, figure professionali presenti, adozione dei piani individualizzati di assistenza e, per i minori, di un progetto educativo individuale. A tali requisiti, si affiancano i requisiti specifici elencati dall'articolo 7 che individuano quattro diverse tipologie di strutture: strutture a carattere comunitario; strutture a prevalente accoglienza alberghiera; strutture protette; strutture a ciclo diurno. Infine, l'allegato A indica i requisiti strutturali, gli arredi e le attrezzature richieste nonché le diverse tipologie di prestazioni erogate.
L'articolo 3 del decreto n. 308 del 2001 è invece dedicato a " Strutture di tipo familiare e comunità di accoglienza minori", ovvero a comunità di tipo familiare e a gruppi appartamento con funzioni di accoglienza e bassa intensità assistenziale, che accolgono fino ad un massimo di sei utenti (anziani, disabili, minori o adolescenti, adulti in difficoltà) per i quali la permanenza nel nucleo familiare è temporaneamente o permanentemente impossibile o contrastante con il progetto individuale. Per tali strutture non vengono indicati requisiti o standard comuni, infatti il decreto rinvia ai requisiti strutturali previsti per gli alloggi destinati a civile abitazione, mentre per le comunità che accolgono minori, gli specifici requisiti organizzativi, adeguati alle necessità educativo-assistenziali dei bambini e degli adolescenti, devono essere stabiliti dalle regioni.
Conseguentemente, oggi il panorama delle strutture residenziali per minori presenta caratteristiche diverse da regione a regione. In mancanza di una indicazione nazionale  univoca delle varie tipologie, anche sul versante della definizione delle comunità di tipo familiare, si sono infatti sviluppati approcci spesso assai diversi. Per questo già nel 2015, il Garante per l'infanzia e adolescenza, con l'intenzione di  contribuire al processo per la definizione degli standard strutturali e gestionali e dei criteri di qualità delle Comunità di tipo famigliare, ha costituito un gruppo di studio finalizzato all'elaborazione del Documento di proposta: Comunità residenziali per minorenni: per la definizione dei criteri e degli standard.
  • effettuare controlli, anche a campione, sull'utilizzo delle risorse pubbliche e private destinate alle comunità di tipo familiare che accolgono minori e valutare la congruità dei costi anche con riferimento alle differenze di carattere territoriale (lett. g); 
I diversi livelli di governo, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono allo stanziamento delle risorse destinate alle comunità di tipo familiare e alle altre tipologie di strutture a ciclo residenziale. Più in particolare, ogni regione programma nel proprio Piano sociale le risorse da destinare ai servizi sociali per i minori. Parte di tali risorse derivano dal riparto delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, alle quali si affiancano risorse proprie regionali. Inoltre, la componente sanitaria delle prestazioni (per i minorenni inseriti in comunità socioriabilitative, a carattere socio-sanitario; per minorenni vittime di maltrattamento o abuso o per quelli con problemi di dipendenze) viene sostenuta, trattandosi di prestazioni rientranti nei LEA, con le risorse riferibili al Fondo sanitario nazionale.
  • valutare se nella legislazione vigente sia effettivamente garantito il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia e rispettato il principio in base al quale l'allontanamento del minore dalla famiglia di origine deve costituire un rimedio residuale e che in ogni caso esso non può essere disposto per ragioni connesse esclusivamente alle condizioni di indigenza dei genitori (lett. h);
  • verificare il rispetto della circolare del CSM dell'11 luglio 2018, che individua i criteri per la nomina e la conferma dei giudici onorari minorili per il triennio 2020-2022, nonché dell'art. 8 della legge in commento (v. infra), con particolare riguardo al divieto di esercizio delle funzioni di giudice onorario minorile per coloro che hanno rapporti con le strutture ove vengono inseriti minori da parte dell'autorità giudiziaria o che partecipano alla gestione complessiva delle strutture stesse o ai consigli di amministrazione di società che le gestiscono, ovvero per coloro che svolgono attività di operatore socio-sanitario o collaboratore a qualsiasi titolo delle strutture comunitarie medesime, pubbliche e private (lett. i).

Si ricorda che la legge 8 marzo 2019, n. 21, all'articolo 2, nell'individuare le competenze della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità "Il Forteto", attribuisce a quella commissione bicamerale, di recente costituzione, il compito di formulare proposte in ordine: "a) all'adozione di nuovi strumenti di controllo delle comunità alloggio presenti sul territorio nazionale; b) al potenziamento del sistema dei controlli sui soggetti responsabili dell'affidamento familiare e, laddove siano emerse responsabilità e negligenze in capo ad essi, alle modalità con cui applicare gli opportuni provvedimenti sanzionatori".


Si ricorda altresì che è in corso di esame in Commissione Giustizia la proposta di legge C. 2047, che interviene con modifiche al codice civile e alla legge sulle adozioni in materia di affidamento dei minori.

L'- poteri di indaginearticolo 4 disciplina l'attività di indagine della Commissione, che procederà con gli stessi poteri e limitazioni dell'autorità giudiziaria (comma 1).

Tale formulazione riproduce il contenuto dell'articolo 82 della Costituzione, ripreso anche dall'art. 141, comma 2, del Regolamento della Camera. Analogamente, l'art. 162, comma 5, del Regolamento del Senato recita: "I poteri della Commissione sono, a norma della Costituzione italiana, gli stessi dell'autorità giudiziaria".
I poteri coercitivi che la Commissione d'inchiesta può esercitare sono naturalmente quelli propri della fase "istruttoria" delle indagini giudiziarie, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati ed irrogare sanzioni.
La Commissione può quindi disporre ispezioni e perquisizioni personali e domiciliari, sequestri, intercettazioni telefoniche, perizie, ricognizioni, esperimento di prove testimoniali ed accompagnamento coattivo dei testi renitenti.

Con riferimento al profilo delle testimonianze davanti alla Commissione, la proposta di legge rinvia all'applicazione degli articoli 366 (Rifiuto di uffici legalmente dovuti) e 372 (Falsa testimonianza) del codice penale (comma 2).

Alla Commissione - limitatamente all'oggetto delle indagini di sua competenza - non può essere opposto il segreto d'ufficio né quello professionale o bancario. E' sempre opponibile, invece, il segreto tra difensore e parte processuale. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124.

Se atti o i documenti attinenti all'oggetto dell'inchiesta sono stati assoggettati al vincolo del segreto da parte di altre Commissioni parlamentari di inchiesta, tale segreto non sarà opponibile all'istituenda Commissione (comma 4). La proposta, infine, esclude che la Commissione possa adottare provvedimenti che restringano la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, nonché la libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo ai sensi dell'art. 133 c.p.p. (comma 5).

L'a- acquisizione di attirticolo 5 prevede, inoltre, la possibilità per la Commissione di acquisire copie di atti e documenti (per il regime degli atti si veda l'articolo 4):

  • relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti;
  • relativi a indagini e inchiesta parlamentari anche se coperti dal segreto.

Si prevede contestualmente il mantenimento del regime di segretezza fino a quanto gli atti e i documenti trasmessi siano coperti da segreto.

La disposizione disciplina altresì l'ipotesi in cui venga emesso un decreto motivato da parte dell'autorità giudiziaria che, per ragioni di natura istruttoria, ritenga di ritardare la trasmissione di atti e documenti richiesti. Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Il decreto non può essere in ogni caso rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari. Al venir meno delle indicate ragioni consegue per l'autorità giudiziaria l'obbligo di trasmettere tempestivamente gli atti richiesti.

L'- segretoarticolo 6 reca disposizioni in merito all'obbligo del segreto; con riguardo agli atti e ai documenti, dei quali è vietata la divulgazione, la proposta impone l'obbligo del segreto ai seguenti soggetti:

  • membri della Commissione;
  • personale addetto alla Commissione;
  • chiunque collabori con la Commissione o compia o concorra a compiere atti di inchiesta, ovvero ne venga a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio (comma 1).

Nei casi di violazione del segreto si applica la pena prevista dall'art. 326 c.p. per il reato di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio (reclusione da 6 mesi a 3 anni), salvo che il fatto costituisca più grave reato (comma 2). La disposizione codicistica è, altresì, richiamata al comma 3, laddove si prevede la punizione della diffusione (in tutto o in parte anche per riassunto) di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.

L'- organizzazione internaarticolo 7 disciplina l'organizzazione interna della Commissione. In particolare:

  • demanda la disciplina dell'attività e del funzionamento della Commissione ad un apposito regolamento interno, approvato dalla Commissione prima dell'inizio dei lavori e al quale ciascun componente può proporre modifiche (comma 1);
  • prevede che la Commissione possa organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti sulla base del regolamento interno (comma 2);
  • disciplina la pubblicità delle sedute, prevedendo la regola della seduta pubblica, salvo che la Commissione non disponga diversamente (comma 3);
  • prevede che la Commissione possa avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria, nonché di magistrati collocati fuori ruolo e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie di soggetti interni ed esterni all'amministrazione dello Stato. La determinazione del numero massimo di collaborazioni delle quali può avvalersi la Commissione è demandata al Regolamento interno (comma 4);
  • demanda all'intesa tra i Presidenti delle Camere l'individuazione di personale, locali e strumenti operativi necessari allo svolgimento dell'inchiesta (comma 5);
  • individua in massimo 50.000 euro per il 2019 e 150.000 euro per ciascuno dei successivi anni il limite di spesa per il funzionamento della Commissione e imputa tali spese, in misura uguale, al bilancio di Camera e Senato (comma 6).

Gli Modifiche alla legislazione vigente (capo II):articoli 8 e 9 della proposta di legge, inseriti nel Capo II, non attengono all'istituzione della Commissione di inchiesta, ma modificano disposizioni vigenti in tema di incompatibilità dei giudici onorari minorili e affidamento dei minori.

In particolare, l'- giudici onorari minorili: incompatibilitàarticolo 8, inserendo l'art. 6-bis nel regio decreto-legge n. 1404 del 1934, su istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni, detta disposizioni in materia di incompatibilità dei giudici onorari minorili.

Il Tribunale per i Minorenni è un organo giudiziario ordinario, specializzato a composizione mista, formato cioè da giudici professionali (detti anche " giudici togati") e da giudici onorari, che sono degli esperti nominati dal Consiglio Superiore della magistratura per un periodo di tre anni rinnovabile.
Sono presenti attualmente le seguenti professionalità: psicologi, neuropsichiatri infantili, assistenti sociali, psicoterapeuti, educatori.
Il Tribunale decide con collegi composti da quattro giudici: un presidente, un giudice, un giudice onorario donna ed un giudice onorario uomo. Ciascuno di questi quattro giudici dispone di un voto, e il voto dei giudici onorari ha lo stesso peso di quello del giudice togato e del presidente.
Le competenze del Tribunale per i minorenni si dividono in competenza civile, competenza penale e competenza amministrativa.
In particolare la competenza nel settore civile riguarda interventi in materia di potestà dei genitori sul figlio. Il Tribunale, quando ricorrono i presupposti di legge, può limitare la potestà dei genitori e nei casi più gravi toglierla; può impartire prescrizioni, affidare il figlio all'uno o all'altro genitore oppure affidarlo a parenti o a un servizio sociale. Quando un bambino in famiglia è trascurato o maltrattato il tribunale può disporre misure di vigilanza e di sostegno da parte dei servizi sociali, oppure collocarlo in affidamento familiare anche contro la volontà dei genitori, regolando i loro rapporti con lui. Quando risulta che un bambino è abbandonato, il tribunale deve dichiararlo adottabile e provvedere alla sua adozione.
Per quanto riguarda le incompatibilità è necessario ricordare che la circolare del CSM del 2018, sui criteri per la nomina e la conferma dei giudici onorari minorili (in primo e secondo grado) per il triennio 2020-2022, all'articolo 7, ha già previsto una serie di circostanze ostative all'esercizio della funzione di giudice onorario minorile.

La proposta di legge esclude che possano essere nominati giudice onorario del tribunale per i minorenni (e consigliere onorario della sezione di Corte d'appello per i minorenni) coloro che (comma 1):

  • rivestono cariche rappresentative in strutture ove vengono inseriti minori da parte dell'autorità giudiziaria;
  • partecipano alla gestione complessiva delle strutture stesse o a società che tali strutture gestiscono;
  • svolgono attività professionale, anche gratuita, nelle strutture.

L'incompatibilità opera anche quando le suddette attività sono svolte da coniuge, parte di un'unione civile, convivente o parente entro il secondo grado (comma 2).

Decade dalle funzioni onorarie il giudice che, dopo la nomina, svolga le suddette attività incompatibili (comma 3).

L'articolo 9 modifica l'art 2 della legge sulle adozioni (legge 4 maggio 1983, n. 184), relativo all'affidamento di minori, prevedendo che nei casi di - obbligo di motivare l'affido a comunitàaffidamento in una comunità di tipo familiare i relativi provvedimenti debbano indicare espressamente le ragioni per le quali non si ritiene possibile la permanenza nel nucleo familiare originario ovvero le ragioni per le quali non sia possibile procedere all'affidamento ad una famiglia.

Si ricorda che in base all' art. 2 della legge n. 184 del 1983, il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno. Ove non sia possibile l'affidamento ad una famiglia, è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori di età inferiore a sei anni l'inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare. La disposizione aggiunge che «Il ricovero in istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia».

Oltre alla specifica motivazione circa le ragioni dell'affido a una comunità di tipo familiare, il provvedimento del giudice dovrà presentare i requisiti già previsti dall'articolo 4, comma 3 della legge n. 184.

Si ricorda che l' art. 4, comma 3, della legge n. 184 del 1983 dispone che «Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l'affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l'affidamento, deve riferire senza indugio al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione semestrale sull'andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull'evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza». 

Le proposte di legge abbinate

L'A.C. 1731A.C. 1731 (Molinari) contiene disposizioni in larga parte coincidenti con la descritta proposta A.C. 2070, approvata dal Senato.

Anche tale proposta è infatti volta all'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle comunità di tipo familiare che accolgono minori; contiene inoltre disposizioni concernenti l'incompatibilità della funzione di giudice onorario del tribunale per i minorenni e di tutela del diritto del minore ad una famiglia.

Disposizioni analoghe alla proposta C 2070 concernono la composizione, la durata e l'organizzazione interna della Commissione. Con riguardo all'obbligo di relazione alle Camere sull'attività svolta, l'AC 1731 prevede, accanto alla relazione finale anche quella annuale.

Con riguardo ai compiti della Commissione, quelli individuati dall'AC 1731 coincidono sostanzialmente con quelli contenuti dalla proposta approvata dal Senato. Manca tuttavia rispetto all'AC 2070 il riferimento alla verifica:

  • del numero dei provvedimenti di allontanamento dal nucleo familiare del minore emessi dai tribunali per i minorenni, dell'esito attuativo e dell'effettiva temporaneità di tali provvedimenti;
  • delle modalità operative dei servizi sociali di primo e secondo livello e il loro ruolo nel processo.

I poteri e i limiti della Commissione, nonché l'obbligo del segreto, sono regolati in modo sostanzialmente analogo a quello previsto dall'AC 2070. Rispetto a tale proposta si specifica che:

  • la commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati
  • devono in ogni caso essere coperti da segreto gli atti concernenti procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari fino al termine delle stesse;
  • l'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.

 

Le disposizioni concernenti l'incompatibilità dei giudici onorari minorili non divergono significativamente da quelle contenute nell'AC 2070. L'unica differenza consiste nella specificazione, nell'AC 1731, dell'obbligo per il giudice onorario minorile, all'atto della nomina, di impegnarsi a non assumere per la durata dell'incarico i ruoli e le cariche che determinano incompatibilità ovvero di rinunziarvi ove già li ricopra al momento della nomina.

Con riferimento alle norme in materia di affidamento e accertamento della situazione di abbandono del minore anche l'AC 1731 prevede, analogamente a quanto previsto dall'AC 2070, che nei casi di affidamento in istituto i relativi provvedimenti devono indicare espressamente le ragioni per le quali non si ritiene possibile la permanenza nel nucleo familiare originario ovvero le ragioni per le quali non sia possibile procedere ad un affidamento ad una famiglia.

Infine, rispetto alla proposta approvata dal Senato, l'AC 1731 contiene due ulteriori disposizioni in merito:

  • all'esclusione della possibilità di dichiarare lo stato di adottabilità del minore (di cui all'art. 15 della legge n. 184) nel caso in cui "è provata l'irrecuperabilità delle capacità genitoriali in un tempo ragionevole".
  • agli standard minimi, costi e trasparenza delle comunità familiari che accolgono minori. Più nel dettaglio la disposizione demanda ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi - entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del disegno di legge - su proposta del Ministro per la famiglia e le disabilità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa in sede di Conferenza unificata, la definizione di: linee guida per la definizione degli standard minimi dei servizi e dell'assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare che accolgono minori e per l'esercizio delle relative funzioni di verifica e controllo; criteri per la determinazione dei contributi pubblici da erogare per le prestazioni rese dalle comunità, nonché le modalità di monitoraggio e rendicontazione dell'utilizzo delle relative risorse.

Il contenuto della proposta A.C. 1887A.C. 1887 (Ascari) è invece circoscritto all'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta. Con riguardo all'oggetto dell'attività di inchiesta, la proposta fa specifico riferimento all'allontanamento dei minori dalle famiglie e all'affidamento a comunità, con particolare riguardo agli eventi avvenuti nella provincia di Modena tra il 1997 e il 1998. Con riguardo a tale profilo dell'attività di inchiesta, tra i compiti dell'istituenda Commissione è espressamente indicata la verifica della congruità delle attività svolte da autorità pubbliche e da soggetti privati in relazione ai suddetti eventi, accertando eventuali responsabilità per i casi di abusivo allontanamento.

Si fa dunque esplicito riferimento ad alcune inchieste giudiziarie aventi ad oggetto presunti episodi di pedofilia e di satanismo, svoltisi tra il 1997 e il 1998 in provincia di Modena, che portarono all'affidamento di sedici minori ai servizi sociali e all'allontanamento definitivo degli stessi dalle loro famiglie.

I compiti della Commissione sono solo in parte coincidenti con quelli delle proposte C. 2070 e C. 1731 e attengono specificatamente alla raccolta, esame e valutazione dei dati:

  • sugli affidamenti di minori in seguito a provvedimento di allontanamento del minore dal nucleo familiare;
  • sull'attività svolta e sui metodi impiegati dalle autorità pubbliche e dai soggetti, compresi gli psicologi e gli assistenti sociali, che, in qualsiasi modo, abbiano avuto un ruolo nell'ambito delle procedure di affidamento;
  • sui procedimenti penali collegati all'adozione delle misure di allontanamento con particolare riguardo al fenomeno dei falsi positivi, ossia i casi in cui l'allontanamento disposto si è dimostrato non necessario poiché l'esercizio della potestà genitoriale era avvenuto lecitamente;
  • sulle associazioni di carattere nazionale o locale che si occupano di prevenzione e di contrasto del fenomeno dei falsi positivi;
  • sulle comunità che accolgono minori, di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sugli orfanotrofi, nonché su qualsiasi altro ente pubblico o privato, comunque denominato, a cui sono affidati minori, compresi i dati relativi al funzionamento, al sistema di finanziamento, di spesa e di rendicontazione, alle attività formative, di studio e lavorative svolte in favore dei minori accolti, nonché ai metodi educativi impiegati;
  • sugli affidamenti di minori, in particolare attraverso l'analisi delle condizioni di vita nonché delle condizioni psicofisiche degli stessi durante il periodo di affidamento e delle conseguenze rilevate nell'età adulta. 

Inoltre tra i compiti della Commissione vi è quello di individuare iniziative anche di carattere normativo e amministrativo ritenute opportune per assicurare la tutela dei minori e migliorare il sistema di affidamento dei medesimi e le loro condizioni di vita.

Si specifica infine che la Commissione può avvalersi del supporto della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, di cui alla legge 23 dicembre 1997, n. 451, dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, di cui alla medesima legge, nonché della documentazione da questi prodotta, ricevuta o detenuta a qualsiasi titolo.