Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Giustizia |
Titolo: | Reati militari |
Riferimenti: | AC N.1402/XVIII AC N.1242/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 149 |
Data: | 27/05/2019 |
Organi della Camera: | II Giustizia, IV Difesa |
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Camera dei deputati |
XVIII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Reati militari
AA.C. 1242 e 1402 |
Schede di lettura
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n. 149 |
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27 maggio 2019 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Giustizia
( 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it
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Servizio Studi – Dipartimento Difesa
( 066760-4172 – * st_difesa@camera.it
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File:
gi0080.docx
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INDICE
§
La giurisdizione militare: quadro normativo
Contenuto delle proposte di legge
§
Definizione di “reato militare” (AA.C. 1242 e 1402, artt. 1)
§
Peculato militare: definizione della fattispecie e conseguenze penali (A.C. 1402, artt. 2-5)
§
Introduzione del delitto di utilizzo indebito di carte di credito o di pagamento (A.C. 1402, art. 6)
§
Modifiche al reato di ingiuria (A.C. 1402, art. 7, co. 1)
§
Condizioni di procedibilità dei reati militari (A.C. 1402, art. 7, co. 2 e 3)
§
Abrogazioni (A.C. 1402, art. 8)
Le proposte di legge all’esame delle Commissioni Giustizia e Difesa apportano alcune modifiche al Codice penale militare di pace, con il dichiarato intento di ampliare la giurisdizione penale militare attraverso l’estensione del concetto di reato militare.
Si ricorda che l’articolo 103, terzo comma, della Costituzione afferma che «I Tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate». La Costituzione, dunque, limita la giurisdizione militare sia dal punto di vista oggettivo (può giudicare solo dei reati militari) che soggettivo (può giudicare solo gli appartenenti alle forze armate). La definizione di reato militare e la nozione di appartenente alle Forze armate sono state peraltro ulteriormente circoscritte sia dal legislatore (legge n. 167 del 1956 [1] , per quanto riguarda il reato militare) che dalla Corte costituzionale (sent. n. 429 del 1992, per quanto riguarda le Forze armate).
In particolare, la proposta di legge C. 1242 (Cirielli), composta da un solo articolo, interviene sull’art. 37 del Codice penale militare di pace ampliando la definizione di reato militare.
La proposta di legge C. 1402 (Aresta e altri), composta da 8 articoli, oltre a estendere anch’essa l’ambito della giurisdizione militare attraverso la modifica dell’art. 37 c.p.m.p.:
· modifica la fattispecie e ridefinisce le conseguenze penali del reato di peculato militare;
· introduce nel codice penale militare il reato di utilizzo indebito di carte di credito o di pagamento;
· rivede le condizioni di procedibilità del reato di ingiuria;
· modifica la legge sulla Guardia di finanza, estendendo ai fatti di peculato commessi da militari di tale Corpo la disciplina dettata dal codice penale militare di pace;
· abroga le disposizioni del codice penale militare concernenti: i reati di duello; le ipotesi colpose dei delitti di danneggiamento di edifici e cose mobili militari; il reato di attività sediziose; il reato di raccolta di sottoscrizioni per rimostranza o protesta e di adunanza di militari; le ipotesi di malversazione a danno di militari e di peculato e malversazione del portalettere.
Alla giustizia militare il decreto legislativo n. 66 del 2010 (Codice dell’ordinamento militare) dedica gli articoli da 52 a 86, contenuti nel Capo VI del Libro I, a sua volta suddiviso nelle Sezioni dedicate all’“Ordinamento giudiziario militare”, al “Consiglio della Magistratura Militare”, alla “Disciplina del concorso in magistratura militare” e, l’ultimo, all’ “Ordinamento penitenziario militare”.
A seguito del riassetto normativo avvenuto con l’emanazione del citato Codice dell’ordinamento militare sono pertanto confluite nel decreto legislativo n. 66 del 2010 le disposizioni originariamente contenute nella legge n.180 del 1981, recante modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace, nella legge n. 561 del 1988 relativa all’Istituzione del Consiglio della Magistratura Militare, nonché le disposizioni della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) per effetto delle quali:
·
sono stati ridotti da 9 a 3 i tribunali militari e le procure militari: il tribunale militare e la procura militare di Verona; il tribunale militare e la procura militare di Roma; il tribunale militare e la procura militare di Napoli (soppressi i tribunali militari e le procure militari della Repubblica di Torino, La Spezia, Padova, Cagliari, Bari e Palermo);
·
sono state soppresse le sezioni distaccate di Verona e Napoli della corte militare d'appello e i relativi uffici della procura generale militare della Repubblica;
·
il ruolo organico dei magistrati militari è stato fissato in 58 unità.
Ai sensi dell’articolo 52 del Codice dell’ordinamento militare «I magistrati militari sono distinti secondo le funzioni esercitate e sono equiparati ai corrispondenti magistrati ordinari». Ai sensi del successivo articolo 59 il ruolo organico dei magistrati militari, come in precedenza ricordato, è fissato in 58 unità. I magistrati militari in ruolo alla data del 1° gennaio 2018 (DM 9 maggio 2018) erano 51.
Le funzioni giudicanti sono: di primo grado presso il tribunale Militare e l’Ufficio militare di sorveglianza, di secondo grado presso la Corte militare di Appello con unica sede in Roma, semidirettive di primo grado (presidente di sezione presso il Tribunale militare), semidirettive di secondo grado (presidente di sezione della Corte militare di appello), direttive di primo grado ( presidente del Tribunale militare, direttive elevate di primo grado (presidente del Tribunale militare di sorveglianza e poi direttive di secondo grado ( presidente della Corte militare di Appello).
Le funzioni requirenti sono: di primo grado (sostituto procuratore militare), di secondo grado (sostituto procuratore generale presso la Corte militare di Appello), di legittimità ( sostituto procuratore generale militare presso la Corte di cassazione), semidirettive di secondo grado (avvocato generale militare presso la Corte militare di appello), direttive di primo grado (procuratore militare della repubblica presso il Tribunale militare, direttive di secondo grado (procuratore generale militare presso la Corte militare di appello, direttive superiori requirenti di legittimità (procuratore generale militare presso la Corte di cassazione.
Il Tribunale militare giudica con l’intervento del presidente del medesimo o del presidente di sezione, di un magistrato militare con funzioni di giudice e di un militare dell’Esercito italiano, della Marina militare, dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, di grado pari a quello dell'imputato e comunque non inferiore al grado di ufficiale, estratto a sorte, con funzioni di giudice.
Nessun ufficiale può esimersi dall'assumere ed esercitare le funzioni di giudice. Non possono comunque essere destinati a tali funzioni: gli ufficiali che svolgono incarichi di Ministro o Sottosegretario di Stato; il Capo di stato maggiore della difesa; il Segretario generale della difesa; i Capi di stato maggiore delle Forze armate e i Comandanti generali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza; il Direttore generale per il personale militare.
Come precedentemente rilevato i Tribunali militari e le Procure militari sono tre e hanno sede in Verona, Roma e Napoli. Il Tribunale militare e la Procura militare di Verona hanno competenza in ordine ai reati militari commessi nelle regioni Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino Alto-Adige, Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Emilia-Romagna. Il Tribunale militare e la Procura militare di Roma hanno competenza in ordine ai reati militari commessi nelle regioni Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo e Sardegna. Il Tribunale militare e la Procura militare di Napoli hanno competenza in ordine ai reati militari commessi nelle regioni Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia.
L’organo di autogoverno della magistratura militare è il Consiglio della Magistratura Militare, competente a deliberare su ogni provvedimento di stato riguardante i magistrati militari e su ogni altra materia ad esso devoluta dalla legge. In particolare, delibera sulle assunzioni della magistratura militare, sull'assegnazione di sedi e di funzioni, sui trasferimenti, sulle promozioni, sulle sanzioni disciplinari, sul conferimento ai magistrati militari di incarichi extragiudiziari; esprime pareri e può far proposte al Ministro della Difesa sulle modificazioni delle circoscrizioni giudiziarie militari e su tutte le materie riguardanti l'organizzazione o il funzionamento dei servizi relativi alla Giustizia militare; fornisce inoltre pareri su disegni di legge concernenti i problemi del settore giudiziario. Sulle materie di competenza del Consiglio, il Ministro della Difesa può avanzare proposte, proporre osservazioni e può intervenire alle adunanze del Consiglio.
In relazione al numero e alla tipologia di reati militari perseguiti, si segnala che in base ai dati contenuti nell’ultima Relazione inviata al Parlamento sullo stato della disciplina militare e sullo stato dell'organizzazione delle Forze Armate, relativa all'anno 2017 (Doc. XXXV, n. 2) nel corso del richiamato anno sono state pronunciate 194 sentenze di condanna definitive da parte degli Organi della Giustizia Militare (a fronte delle 307 nel 2016) nei confronti di personale appartenente alle F.A.
I reati commessi con maggior frequenza sono stati:
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contro il patrimonio (27 in totale: 4 Ufficiali; 10 Sottufficiali; 13 Truppa);
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abbandono di posto e violazione di consegna (25 in totale: 1 Ufficiale; 7 Sottufficiali; 17 Truppa);
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insubordinazione con minaccia e ingiuria (15 in totale: 0 Ufficiali; 10 Sottufficiali; 5 Truppa);
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minaccia ed ingiuria contro inferiore (17 in totale: 2 Ufficiali; 11 Sottufficiali; 4 Truppa);
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disobbedienza (17 in totale: 1 Ufficiali; 7 Sottufficiali; 9 Truppa);
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diserzione (9 in totale: 1 Ufficiali; 0 Sottufficiali; 8 Truppa);
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furto (8 in totale: 0 Ufficiale; 3 Sottufficiali; 5 Truppa);
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contro la persona (30 in totale: 0 Ufficiali; 8 Sottufficiali; 22 Truppa);
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procurata o simulata infermità (7 in totale: 1 Ufficiali; 2 Sottufficiali; 4 Truppa);
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contro il patrimonio (27 in totale: 4 Ufficiali; 10 Sottufficiali; 13 Truppa).
Di seguito sono riportate due tabelle allegate al Doc. XXXV n. 2, concernenti il riepilogo delle sentenze di condanne definitive pronunciate dalla magistratura militare nel periodo 1°gennario – 31 dicembre 2017 con indicazione delle diverse tipologie di reati perseguiti e gradi militari ricoperti dal personale militare condannato.
[Fonte: Relazione sullo stato della disciplina militare e sullo stato dell'organizzazione delle forze armate (anno 2017) - DOC XXXVI n. 2]
[Fonte: Relazione sullo stato della disciplina militare e sullo stato dell'organizzazione delle forze armate (anno 2017) - DOC XXXVI n. 2]
L’articolo 1 di entrambe le proposte interviene sull’art. 37 del Codice penale militare di pace, che definisce il reato militare, per inserirvi ulteriori commi.
Si ricorda che il Codice penale militare di pace è stato emanato con il RD n. 303 del 1941 ed è entrato in vigore prima della Costituzione del 1948.
Nella sua formulazione originaria, l’art. 264 del Codice assoggettava alla giurisdizione militare:
1. i delitti previsti dalla legge penale comune e perseguibili d'ufficio commessi da militari: a) a danno del servizio militare o dell'Amministrazione militare; b) a danno di altri militari, purché in luoghi militari o a causa del servizio militare; c) con abuso della qualità di militare o durante l'adempimento di un servizio militare;
2. i delitti previsti dagli artt. 270, 271, 272 del codice penale (associazioni sovversive, associazioni antinazionali, e propaganda o apologia sovversiva o antinazionale) commessi da militari;
3. il delitto di renitenza alla leva e ogni altro reato previsto dalle leggi di reclutamento delle varie forze armate dello Stato, da chiunque commessi;
4. i delitti di furto, previsti dagli artt. 624 e 625 del codice penale commessi a danno dell'Amministrazione militare nell'interno di arsenali, stabilimenti, officine e altri luoghi militari da persone diverse dai militari in servizio, che vi siano addette per ragioni di impiego, ufficio o lavoro;
5. i delitti previsti dagli artt. 372, 373, 374, 375, 377 del codice penale (falso giuramento della parte, falsa testimonianza, falsa perizia o interpretazione, frode processuale, subornazione), da chiunque commessi nei procedimenti di competenza dei tribunali militari;
6. i reati da chiunque commessi in udienza davanti i tribunali militari e che siano immediatamente giudicati;
7. gli altri reati la cui cognizione sia demandata dalla legge ai Tribunali militari.
Con l'entrata in vigore dell’art. 103, terzo comma, della Costituzione, che limita la giurisdizione dei tribunali militari ai «reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate», appare evidente l’incostituzionalità dell’art. 264 c.p.m.p. nella parte in cui assoggettava alla giurisdizione militare estranei alle forze armate.
E’ dunque intervenuto il legislatore con la legge n. 167 del 1956 [2] , che ha sostituito l'art. 264 con una norma, relativa alla connessione di procedimenti, di contenuto esclusivamente processuale (poi superata dall’art. 13, comma 2 [3] , del codice di procedura penale).
A delimitare l’ambito della giurisdizione penale militare, in assenza dell’elencazione dell’art. 264 resta, oltre all’art. 103 della Costituzione, l’art. 37 c.p.m.p., in base al quale:
- è reato militare «qualunque violazione della legge penale militare» (primo comma);
- è reato esclusivamente militare «quello costituito da un fatto che, nei suoi elementi materiali costitutivi, non è, in tutto o in parte, preveduto come reato dalla legge penale comune (secondo comma).
La disposizione, inoltre, qualifica tutti i reati militari come delitti (terzo comma).
In base a questa disposizione, dunque, se un medesimo fatto è previsto come reato tanto dal codice penale quanto dal codice penale militare, si attribuisce alla giurisdizione militare (cfr. Cass. pen. Sez. VI Sent., 09/07/2015, n. 44681 in tema di furto e peculato militare; Cass. pen. Sez. I Sent., 22/09/2009, n. 39082 in tema di minaccia di un militare nei confronti di altro militare), purché a commetterlo sia un militare.
La giurisdizione militare è infatti subordinata a un duplice limite: uno di natura oggettiva, rappresentato dal fatto che ne formano oggetto esclusivamente i reati militari, l'altro di ordine soggettivo, costituito dall'appartenenza alle Forze armate degli autori dei reati, i quali, pertanto, devono trovarsi in effettivo servizio attuale alle armi (Corte cost., sent. n. 429 del 1992; Cass. pen. Sez. I, 21/09/1999, n. 5074; Cass. pen. Sez. I, 28/11/1996, n. 6308).
In mancanza di questo duplice criterio, dal 1956, numerosi reati lesivi di interessi tipicamente militari cessano di essere qualificati reati militari per divenire reati comuni (es. corruzione tra militari, lesioni personali o omicidio tra militari di pari grado). La Corte costituzionale, interpellata sul punto, ha ritenuto infondata la censura di incostituzionalità (cfr. Corte cost., 11/06/1980, n. 81) [4] .
Il restringersi della nozione di reato militare, cui si è accompagnata la soppressione della leva obbligatoria e la conseguente riduzione della platea degli appartenenti alle Forze armate, ha notevolmente ridotto la necessità di ricorrere alla giurisdizione militare.
La legge n. 331 del 2000 ha infatti disposto la professionalizzazione dello strumento militare italiano, con la graduale sostituzione, al termine di un periodo transitorio, dei militari in servizio obbligatorio di leva con volontari di truppa.
A partire dal 1° gennaio 2005 la coscrizione obbligatoria è stata pertanto “sospesa” e continua a trovare attuazione in casi eccezionali, quali lo stato di guerra, deliberato ai sensi dell’articolo 78 della Costituzione, o l’insorgere di una grave crisi internazionale, nella quale l’Italia sia coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale che giustifichi un aumento della consistenza numerica delle Forze armate.
Nel 2000, anno di approvazione della richiamata legge sulla sospensione della leva obbligatoria e il passaggio al modello professionale, le Forze armate italiane erano composte da circa 265 mila uomini, il 44 per cento dei quali costituito da militari di leva.
Nel 2001, con il decreto legislativo n. 215, è stato fissato l’obiettivo da raggiungere entro il 2021: un organico complessivo di 190 mila militari ripartite come segue: circa 22 mila ufficiali, 25 mila marescialli, 38 mila sergenti e 103 mila personale di truppa.
Nel 2012 la legge 244 del 2012, ha previsto una ulteriore riduzione del modello di difesa nazionale a 150.000 unità di personale militare delle tre Forze armate (Esercito, Marina militare ed Aeronautica militare), da attuare entro l'anno 2024.
Attualmente le Forze armate italiane contano circa 170.588 unità. Sottufficiali (marescialli e sergenti) rappresentano il 38% dell’organico effettivo.
Alla luce del processo di revisione in senso riduttivo del modello di difesa nazionale ed anche in una ottica di risparmio, la legge finanziaria 2008
[5]
ha disposto la riduzione delle sedi dei tribunali militari dalle 9 preesistenti alle 3 attuali (di Roma, Verona e Napoli), mediante la soppressione delle sedi dei tribunali militari di Torino, La Spezia, Padova, Bari, Palermo e Cagliari, nonché delle due sezioni distaccate della corte militare di appello di Verona e Napoli, con sopravvivenza, quindi, della sola corte militare di appello in Roma (Cfr. “La giurisdizione militare: quadro normativo”) .
Da tempo la magistratura militare lamenta il proprio sottoutilizzo con conseguente estensione della giurisdizione del giudice ordinario. Da ultimo, il 1° marzo scorso, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, il Procuratore Generale Militare della Repubblica presso la Corte Militare di Appello ha affermato che «L’attuale assetto della giurisdizione militare è tale per cui circa il 70% dei reati militari commessi da militari (intendendo come “militari” quei reati che hanno una oggettività giuridica militare, e cioè sono in concreto offensivi di interessi esclusivamente militari), sia di fatto, oggi, di competenza del giudice ordinario e non già (come ragionevolezza e buon senso vorrebbero) di competenza di quello militare. In verità, sarebbe più corretto dire “sia di fatto finito nella competenza del giudice ordinario”, con ciò sottolineando come in origine, nell’armonica costruzione dei codici militari, tutti i reati offensivi di un interesse militare erano (ben comprensibilmente) collocati nella giurisdizione dei tribunali militari (il vecchio art. 264 cpmp). Ora, alla luce di ciò (e, forse anche in coincidenza con le amare constatazioni che la giustizia ordinaria è costretta da tempo a fare con le considerevoli quantità di processi perduti per intervenuta prescrizione), è stato da più parti posto in risalto come l’art. 103 Cost., probabilmente possa ben essere letto non soltanto come una delimitazione della giurisdizione militare, ma anche in una prospettiva di attribuzione positiva di competenza nella quale comprendere – per la cognizione del giudice militare – anche quei reati esclusivamente offensivi di un bene giuridico militare (peculato d’uso militare, lesioni colpose fra militari, omicidio fra militari parigrado, abuso di ufficio militare, falso in atto pubblico militare e via seguitando). Tanto più se si voglia dare corpo e significato al rispetto del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. […] un intervento riformatore che volesse incidere su questa materia non potrebbe prescindere dal dato obiettivo costituito dalla comparazione dei tempi di definizione dei procedimenti e dei processi tra la magistratura militare e quella ordinaria. Comparazione che – all’evidenza, e fino al verificarsi di un’improbabile scomparsa di quell’ingente arretrato giudiziario che determina i ben noti tempi lunghi della giustizia ordinaria – sconsiglierebbe del tutto di procedere ad un assorbimento della prima nella seconda. Difatti, l’unico risultato concreto che in tal modo si verificherebbe, sarebbe quello di perdere del tutto il positivo risultato di un processo penale militare rapido ed efficiente, per gettarlo nella massa indistinta di processi lenti fino ad oltre il triplo della loro durata, e con la quasi certezza di non esser mai celebrati perché colpiti dalla scure della prescrizione».
Nella medesima occasione la Ministra della Difesa ha espresso l’intenzione di assicurare il proprio impegno «per individuare, con gli opportuni approfondimenti, le soluzioni, sia organizzative che funzionali, più adeguate e rispondenti alle esigenze odierne della domanda e della risposta di giustizia militare”. Nel suo intervento, la Ministra Trenta ha auspicato “che il percorso parlamentare relativo alla riforma della Giurisdizione militare venga celermente calendarizzato per una discussione ampia e approfondita».
Si ricorda, infine, che la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla ragionevolezza dell’attuale riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e militare, in relazione ai fatti di peculato d’uso e abuso d’ufficio militare (attribuiti alla giurisdizione ordinaria) benché lesivi di interessi militari, ha concluso per l’inammissibilità delle questioni affermando che si tratta di una scelta discrezionale compiuta dal legislatore e che «anche qualora la riscontrasse affetta da vizi, la Corte non potrebbe pervenire ad un risultato che, attribuendo a quei fatti il più grave trattamento del regime, sostanziale e processuale, del reato militare, ridondi in danno dell'imputato. Spetta infatti al legislatore, in forza del principio di stretta legalità affermato dall'art. 25, secondo comma, Cost., tanto la creazione di nuove figure di reato che la sottrazione di alcune fattispecie alla disciplina comune per ricondurle ad una disciplina speciale che tuteli più congruamente gli interessi coinvolti» (cfr. Corte cost., sentenza n. 298 del 1995).
Per ovviare al denunciato sottoutilizzo dei magistrati militari, oltre che per ridurre l’enorme contenzioso che grava sulla giustizia ordinaria, le proposte di legge estendono la definizione di reato militare prevista dall’art. 37 c.p.m.p. «facendo corrispondere alla giurisdizione militare la presenza dell’interesse militare nel fatto e in tutte le sue circostanze» (in questi termini si esprimono entrambe le Relazioni illustrative dei provvedimenti).
In particolare, fermo restando il contenuto del primo comma, che qualifica come reato militare «qualunque violazione della legge penale militare», le proposte di legge inseriscono ulteriori commi dal contenuto in parte identico, come si evince dal testo a fronte che segue. Di seguito si tratterà congiuntamente il contenuto delle due proposte, salvo evidenziare le poche differenze.
Introducendo un nuovo secondo comma all’art. 37 c.p.m.p., entrambe le proposte qualificano come reato militare qualunque delitto contro la personalità dello Stato, la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica, la fede pubblica, la moralità pubblica e il buon costume, la persona o il patrimonio previsto dalla legge penale, commesso dal militare con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare. La proposta C. 1402 qualifica come reati militari anche i suddetti delitti commessi «a causa del servizio militare».
Il nuovo secondo comma dell’art. 37 c.p.m.p. pare riferirsi a specifici titoli del Libro II (Dei delitti) del codice penale e dunque alle seguenti disposizioni:
- Titolo I, Dei delitti contro la personalità dello Stato (artt. 241-313);
- Titolo II, Dei delitti contro la pubblica amministrazione (artt. 314-360);
- Titolo III, Dei delitti contro l’amministrazione della giustizia (artt. 361-393-bis);
- Titolo V, Dei delitti contro l’ordine pubblico (artt. 414-421);
- Titolo VI, Dei delitti contro l’incolumità pubblica (artt. 422-452);
- Titolo VII, Dei delitti contro la fede pubblica (artt. 453-498);
- Titolo IX, Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume (artt. 527-540);
- Titolo XII, Dei delitti contro la persona (artt. 575-623-bis);
- Titolo XIII, Dei delitti contro il patrimonio (artt. 624-649).
La proposta C. 1402, inoltre, sempre al secondo comma dell’art. 37 c.p.m.p., qualifica come reato militare anche qualunque violazione della legge penale di natura delittuosa commessa dal militare con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare o a causa del servizio militare, in danno di altro militare. In questo caso, dunque, rileva la qualità della persona offesa dal reato: se è un militare, il delitto commesso dal militare è reato militare, giudicato dal tribunale militare, purché l’atto sia commesso con abuso o violazione dei doveri, oppure in luogo militare o a causa del servizio militare. In base alla formulazione del nuovo secondo comma dell’art. 37, in questo caso il reato è militare, anche se la norma penale violata non rientra in uno degli elencati titoli del codice penale;
La proposta di legge inserisce i delitti commessi contro “un altro militare” al n. 9 dell’elenco, subito dopo i delitti “contro la persona”; si valuti l’opportunità di espungere il riferimento a “un altro militare” dall’elencazione del secondo comma, eventualmente prevedendo questa ipotesi in un autonomo periodo, per non spezzare quella che sostanzialmente è l’elencazione dei titoli del libro II del codice penale.
Introducendo un nuovo terzo comma all’art. 37 c.p.m.p., entrambe le proposte di legge qualificano come reato militare qualunque violazione della legge penale (comune) commessa dal militare, alternativamente, in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di un altro militare.
Si tratta di una ipotesi più ampia di quella del secondo comma perché non si fa riferimento solo a delitti, ma anche a contravvenzioni, non è prevista una elencazione degli illeciti, ed è sufficiente che il fatto offenda un interesse militare (rappresentato, alternativamente, dal servizio militare, dall’amministrazione militare o da un altro militare).
In relazione alla formulazione dell’A.C. 1402, per quanto riguarda gli illeciti penali commessi da un militare contro altro militare, l’unica differenza tra il secondo e il terzo comma è che nel secondo comma si fa riferimento a delitti e nel terzo a qualunque violazione della legge penale. Si valuti l’opportunità di definire in modo uniforme la natura di reato militare delle violazioni della legge penale commesse da militare in danno di altro militare.
Introducendo un nuovo quarto comma all’art. 37 c.p.m.p., entrambe le proposte di legge qualificano come reato militare qualunque violazione della legge penale di natura delittuosa in materia di controllo delle armi (munizioni ed esplosivi) e traffico di stupefacenti.
Per l’A.C. 1242 tali condotte sono reati militari se commesse da un militare in luogo militare. Rispetto alla formulazione del terzo comma, che già qualifica come reato militare la violazione di ogni norma penale commessa da militare in luogo militare, nel quarto comma non è richiesta la lesione di un interesse militare.
Per l’A.C. 1402, tali condotte – cui si aggiungono le fattispecie di contrabbando – sono reati militari se commesse dal militare con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare. Rispetto alla formulazione del terzo comma, che già qualifica come reato militare la violazione di ogni norma penale commessa da militare in luogo militare o a causa del servizio militare e in lesione di un interesse militare, il quarto comma aggiunge solo che le violazioni possono essere commesse con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare.
La sola proposta C. 1402 inserisce nell’art. 37 c.p.m.p. un nuovo quinto comma in base al quale quando, in applicazione dei precedenti nuovi commi, è qualificato come avente natura militare un reato comune, «le pene comuni sono sostituite» secondo quanto previsto dall’articolo 63 del codice penale militare di pace.
La disposizione richiamata prevede che nell’esecuzione delle pene inflitte ai militari per reati previsti dalla legge penale comune:
- l’ergastolo e la reclusione, se si applica la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, sono eseguite nei modi comuni, con degradazione del condannato;
- la reclusione, senza interdizione perpetua dai pubblici uffici, è sostituita dalla reclusione militare per eguale durata, ancorché la reclusione sia inferiore a un mese;
- la multa, non eseguita per insolvibilità del condannato, è sostituita dalla reclusione militare per non oltre tre anni (un giorno di reclusione militare ogni 2 euro di multa);
- l’arresto è sostituito dalla reclusione militare (un giorno di reclusione militare equivale a due giorni di arresto);
- l’ammenda, non eseguita per insolvibilità del condannato, è sostituita dalla reclusione militare per non oltre un anno (un giorno di reclusione militare ogni 2 euro di ammenda).
Infine, entrambe le riforme lasciano inalterati gli ultimi due commi dell’art. 37, che qualificano il reato esclusivamente militare e attribuiscono a tutti i reati militari la natura delittuosa.
Normativa vigente
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A.C. 1242 |
A.C. 1402 |
Codice penale militare di pace
Libro I - Dei reati militari, in generale
Titolo III - Del reato militare
Capo I - Del reato consumato e tentato
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Art. 37
Reato militare
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Qualunque violazione della legge penale militare è reato militare.
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Identico. |
Identico. |
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È altresì reato militare qualunque violazione della legge penale commessa dal militare con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare, e prevista come delitto contro: 1. la personalità dello Stato;
2. la pubblica amministrazione;
3. l’amministrazione della giustizia;
4. l’ordine pubblico;
5. l’incolumità pubblica;
6. la fede pubblica;
7. la moralità pubblica e il buon costume;
8. la persona; 9. il patrimonio.
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È altresì reato militare qualunque violazione della legge penale commessa dal militare con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare o a causa del servizio militare, e prevista come delitto contro:
1. la personalità dello Stato;
2. la pubblica amministrazione;
3. l’amministrazione della giustizia;
4. l’ordine pubblico;
5. l’incolumità pubblica;
6. la fede pubblica;
7. la moralità pubblica e il buon costume;
8. la persona;
9. un altro militare;
10. il patrimonio.
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È reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dal militare in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di un altro militare.
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Identico.
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È reato militare ogni altra violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi, ovvero di produzione, uso e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, commessa dal militare in luogo militare.
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È reato militare ogni altra violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi, di produzione, uso e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, ovvero di contrabbando di merci o di tabacchi lavorati esteri aggravato ai sensi dell’articolo 295 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973 n. 43, commessa dal militare con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare.
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Nei casi previsti dai commi secondo, terzo e quarto, le pene comuni sono sostituite secondo le disposizioni dell’articolo 63.
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E' reato esclusivamente militare quello costituito da un fatto che, nei suoi elementi materiali costitutivi, non è, in tutto o in parte, preveduto come reato dalla legge penale comune.
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Identico.
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Identico.
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I reati preveduti da questo codice, e quelli per i quali qualsiasi altra legge penale militare commina una delle pene indicate nell'articolo 22, sono delitti.
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Identico. |
Identico.
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Gli articoli 2, 4 e 5 dell’A.C. 1402 (Aresta e altri) intervengono sulle disposizioni del codice penale militare relative al peculato e alla malversazione militare (artt. 215-219 c.p.m.p.). L’articolo 3, modificando la legge sulla Guardia di finanza, estende ai fatti di peculato commessi da militari di tale Corpo la disciplina dettata dal codice penale militare di pace.
In particolare, l’articolo 2 sostituisce l’art. 215 del codice penale militare di pace, con la finalità di armonizzare il delitto di peculato militare alla luce delle disposizioni che nel corso degli anni hanno riformato la corrispondente disciplina comune e della giurisprudenza costituzionale intervenuta su questa norma.
Si ricordano infatti, le seguenti pronunce della Corte costituzionale:
- la sentenza n. 448 del 1991, con la quale la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 3 Cost., dell'art. 215 c.p.m.p., limitatamente alle parole "ovvero lo distrae a profitto proprio o di altri". La Corte ha ritenuto, infatti, che le fattispecie del peculato comune e del peculato militare siano sostanzialmente identiche, avendo in comune sia l'elemento materiale che l'elemento psicologico ed essendo identico il bene protetto (denaro o cose mobili appartenenti alla Pubblica Amministrazione), sicché appare irragionevole la previsione di un differente trattamento sanzionatorio derivante dalla mancata estensione al peculato militare della nuova disciplina introdotta dalla legge n. 86 del 1990 per il peculato comune. La soppressione del peculato per distrazione dal codice penale militare, secondo la Corte, non comporta un vuoto di disciplina né una non consentita introduzione di nuove fattispecie incriminatrici, ma solo l'applicazione, ex art. 16 c.p., di norme del codice penale comune alle materie regolate da leggi penali speciali, quali il codice penale militare di pace, quando, come nel caso, da questo non sia (già) stabilito altrimenti;
- la sentenza n. 286 del 2008, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 215 c.p.m.p. (e dell'art. 3 della legge n. 1383 del 1941, sulla Guardia di finanza), nella parte in cui si riferisce anche al militare che abbia agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e, dopo l'uso momentaneo, l'abbia immediatamente restituita. L’applicazione al peculato d’uso militare delle pene previste per il peculato militare (reclusione da 2 a 10 anni) per la Consulta determina, rispetto alla disciplina dettata dall’art. 314 c.p., secondo comma del codice penale per il peculato d’uso comune (dopo la legge n. 86 del 1990), una evidente disparità di trattamento, perché tale condotta ha ora autonoma rilevanza penale ed è assoggettata a una pena sensibilmente più mite (reclusione da 6 mesi a 3 anni), del tutto priva di ragionevolezza, posto che le situazioni regolate dalle normative a raffronto sono in tutto simili, differenziandosi tra loro unicamente per la qualifica soggettiva del colpevole, ossia l'appartenenza dello stesso all'amministrazione militare, pur se, anche in ambito militare, il peculato d'uso presenta, rispetto al peculato vero e proprio, un grado di offensività sensibilmente minore.
In applicazione di questa sentenza la Corte di Cassazione ha affermato che le condotte appropriative del militare che agisce al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e dopo la restituisca vanno punite in base alla norma incriminatrice del peculato comune e ciò in quanto la corrispondente norma del cod. pen. militare di pace è stata dichiarata incostituzionale, con la conseguenza che, integrando un reato comune, esse sono di competenza del giudice ordinario e non di quello militare. (cfr. Cass. pen. Sez. I Sent., 11/05/2011, n. 30280)
Come si evince dal testo a fronte che segue, nel quale è stato inserito per comodità anche un confronto con il delitto di peculato comune, attraverso la riscrittura dell’art. 215 c.p.m.p. la proposta di legge:
- integra, analogamente a quanto previsto dal codice penale, la condotta di peculato prevedendo che l’appropriazione possa aver ad oggetto non solo denaro o cose in possesso del militare, ma anche denaro o cose delle quali egli abbia la disponibilità;
- elimina anche testualmente, dopo l’intervento della Corte costituzionale, ogni riferimento al peculato per distrazione;
- riconduce all’art. 215 anche la malversazione a danno di altri militari (ora disciplinata dall’art. 216 c.p.m.p., che viene contestualmente abrogato);
- innalza la pena (la reclusione militare da 2 a 10 anni è sostituita dalla reclusione militare da 3 a 10 anni e 6 mesi). Peraltro, si segnala, che attualmente il peculato comune è punito più severamente, con la reclusione da 4 anni a 10 anni e 6 mesi [6] ;
- introduce un nuovo secondo comma nel quale punisce con la reclusione militare da 6 mesi a 3 anni il peculato d’uso militare.
Normativa vigente
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A.C. 1402
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Normativa vigente
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Codice penale militare di pace
Libro II - Dei reati militari, in particolare
Titolo IV - Reati speciali contro l'amministrazione militare, contro la fede pubblica, contro la persona e contro il patrimonio
Capo I - Del peculato e della malversazione militare
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Codice penale
Libro II - Dei delitti in particolare Titolo II - Dei delitti contro la pubblica amministrazione Capo I - Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione
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Art. 215
Peculato militare
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Art. 314 Peculato |
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Il militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso di denaro o di altra cosa mobile, appartenente all'amministrazione militare, se l'appropria, ovvero lo distrae a profitto proprio o di altri
[7]
, è punito con la reclusione da due a dieci anni.
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Il militare incaricato di funzioni amministrative o di comando che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile appartenente all’amministrazione militare o ad altro militare, se ne appropria è punito con la reclusione militare da tre anni a dieci anni e sei mesi. |
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi. |
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Si applica la pena della reclusione militare da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.
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Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.
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Gli articoli 216 (Malversazione a danno di militari) e 217 (Peculato e malversazione del portalettere) del codice penale militare di pace sono abrogati dalla proposta di legge (v. infra, art. 8 A.C. 1402).
L’art. 216 punisce con la reclusione da 2 a 8 anni il militare incaricato di funzioni amministrative o di comando che si appropria, o comunque distrae a profitto proprio o di un terzo, denaro o altra cosa mobile, appartenente ad altro militare e di cui egli ha il possesso per ragione del suo ufficio o servizio.
L’art. 217 punisce il militare portalettere che commette l'appropriazione o la distrazione prevista dagli articoli 215 e 216 o che, comunque, si appropria, o distrae a profitto proprio o di altri, con danno dell'amministrazione militare o di militari, valori o cose di cui ha il possesso per ragione del suo servizio. Si applicano le pene previste dai citati articoli, diminuite da un terzo alla metà.
A seguito della soppressione dei delitti di malversazione, si valuti l’opportunità di modificare anche la rubrica del Capo I del Titolo IV, che fa attualmente riferimento al peculato e della malversazione militare.
La proposta non modifica la fattispecie di peculato militare mediante profitto dell’errore altrui, prevista dall’art. 218 c.p.m.p. [8] , ma sostituisce – con l’articolo 4 – l’art. 219 del Codice, relativo alle pene accessorie dei delitti di peculato militare (art. 215 e 218 c.p.m.p.).
Normativa vigente
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A.C. 1402
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Codice penale militare di pace
Libro II - Dei reati militari, in particolare
Titolo IV - Reati speciali contro l'amministrazione militare, contro la fede pubblica, contro la persona e contro il patrimonio
Capo I - Del peculato e della malversazione militare
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Art. 219
Pena accessoria
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La condanna alla reclusione militare per un tempo non inferiore a tre anni per il delitto di cui all’articolo 215, primo comma, comporta la degradazione.
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La condanna per alcuno dei reati indicati negli articoli precedenti, quando non ne derivi la degradazione, importa la rimozione.
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La condanna per alcuno dei reati previsti dagli articoli 215 e 218, quando non ne derivi la degradazione, importa la rimozione.
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Rispetto alla formulazione attuale, che per tutti i delitti di peculato e malversazione militare prevede la rimozione, quando non sia espressamente prevista la degradazione, la riforma prevede:
· in caso di condanna per peculato militare (non d’uso) che comporti la reclusione militare non inferiore a 3 anni, la degradazione;
· in caso di condanna per peculato militare (non d’uso) che comporti la reclusione inferiore a 3 anni, in caso di condanna per peculato d’uso e per profitto dell’errore altrui, la rimozione.
In relazione agli istituti della degradazione e della rimozione si segnala che entrambi sono previsti dal codice penale militare di pace (articolo 24 c.p.m.p.) ed annoverati tra le c.d. “pene accessorie” unitamente alla sospensione dall’impiego, alla sospensione dal grado e, da ultimo, alla pubblicazione della sentenza di condanna.
Le richiamate due pene accessorie differiscono tra loro in maniera sostanziale [9] .
La degradazione, è la pena accessoria più grave, ed è applicabile a tutti i militari, compresi quelli di truppa: essa comporta, per colui che la subisce la cessazione dell’appartenenza alle Forze Armate (cancellazione dai ruoli), oltre alla perdita delle decorazioni eventualmente già acquisite o di riceverne ulteriori, nonché la capacità di svolgere incarichi od opere per le Forze Armate stesse (a meno che la legge non disponga diversamente). Essa viene generalmente disposta a seguito di una condanna principale particolarmente elevata (ergastolo, reclusione non inferiore a cinque anni, oltre che per qualsiasi altra pena comminata con la dichiarazione di “abitualità a delinquere- limitatamente alle sentenze pronunciate nei confronti di militari in servizio o in congedo per reati militari), e decorre ad ogni effetto dal giorno in cui la sentenza relativa sia divenuta irrevocabile. Spesso è accompagnata dall’ulteriore pena accessoria comune della interdizione dai pubblici uffici (art. 28 c.p).
A sua volta la rimozione viene applicata a tutti i militari rivestiti di un grado, rimanendo esclusi, di conseguenza, quelli appartenenti all’ultima classe (militari semplici). Coloro che subiscono tale pena accessoria discendono infatti alla condizione di soldato semplice, qualunque sia il grado precedentemente rivestito. A differenza del degradato, però, il militare rimosso dal grado conserva la sua “qualità di militare”, anche se rimane definitivamente soldato semplice, rimanendogli preclusa ogni possibilità di carriera. Tale pena non produce effetti civili (come la precedente) ed è, di norma, comminata in caso di condanna superiore a tre anni.
L’articolo 5 della proposta di legge C. 1402 (Aresta e altri) introduce nel codice penale militare di pace, in coda al Capo relativo a peculato e malversazione militare, tre nuovi articoli volti a disciplinare la confisca, la riparazione pecuniaria e le circostanze attenuanti in relazione ai delitti di cui agli articoli 215 e 218 del Codice (artt. 219-bis, 219-ter e 219-quater c.p.m.p.). Si tratta di previsioni sostanzialmente mutuate dalla disciplina anticorruzione.
In particolare, con l’inserimento dell’articolo 219-bis si introduce nel codice penale militare di pace una disposizione sulla confisca, anche per equivalente, in caso di reato contro l’amministrazione militare. Si tratta di una formulazione analoga a quella prevista dall’art. 322-ter del codice penale per i delitti contro la pubblica amministrazione.
In merito si ricorda che la Corte di Cassazione ha affermato che «la disciplina della confisca "per equivalente" prevista dall'art. 322 ter cod. pen., avendo natura speciale e, come tale, di stretta interpretazione, non può trovare applicazione rispetto al delitto di peculato militare, che non rientra tra i reati per i quali tale misura è stata introdotta» (cfr. sentenza n. 26705 del 2009).
La confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato dei reati di peculato militare (artt. 215 e 218 c.p.m.p.) è qualificata come obbligatoria a seguito della sentenza di condanna o di patteggiamento, salvo che i suddetti beni non appartengano a persona estranea al reato. Se la confisca dei beni specifici non è possibile, il giudice ordina la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato (confisca per equivalente).
Il nuovo articolo 219-ter prevede, a seguito di condanna per il delitto di peculato militare, che il responsabile debba pagare all’Amministrazione offesa dal reato, a titolo di riparazione pecuniaria, una somma pari al valore dell’indebita appropriazione o al profitto del reato stesso. La riparazione pecuniaria non pregiudica il diritto della parte offesa all’eventuale risarcimento del danno (primo comma).
La disposizione è mutuata dall’art. 322-quater del codice penale [10] , come recentemente modificato dalla legge n. 3 del 2019 [11] . In analogia a quanto disposto da tale legge (c.d. spazzacorrotti), inoltre, il pagamento delle somme dovute a titolo di riparazione pecuniaria è condizione necessaria per accedere alla eventuale sospensione condizionale della pena (secondo comma).
Si ricorda che l’art. 165, quarto comma, del codice penale, come novellato dalla legge n. 3 del 2019, prevede che «Nei casi di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321 e 322-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento della somma determinata a titolo di riparazione pecuniaria ai sensi dell'articolo 322-quater, fermo restando il diritto all'ulteriore eventuale risarcimento del danno»).
La riparazione pecuniaria è imposta dalla proposta di legge solo in caso di condanna, alla quale non è equiparato il patteggiamento.
All’ipotesi di applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 444 c.p.p., è dedicato infatti il terzo comma dell’art. 219-ter in base al quale per poter accedere al patteggiamento occorre che l’imputato abbia integralmente restituito il prezzo o il profitto del reato.
Anche questa disposizione è mutuata dalla disciplina anticorruzione: l’art. 444 del codice di procedura penale, come novellato dalla legge n. 69 del 2015 [12] , prevede infatti che «Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 322-bis del codice penale, l'ammissibilità della richiesta di cui al comma 1 è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato» (comma 1-ter.
Infine, con l’inserimento del nuovo articolo 219-quater c.p.m.p., la proposta di legge prevede una diminuzione di pena se i fatti di peculato sono di particolare tenuità. La circostanza attenuante è analoga a quella prevista per i delitti contro la pubblica amministrazione dall’art. 323-bis del codice penale [13] .
L’articolo 3 della proposta di legge C. 1402 interviene sulla legge n. 1383 del 1941, sulla militarizzazione della Guardia di finanza, per sostituire l’articolo 3 della legge, che richiama l’applicazione di alcune disposizioni del codice penale militare di pace (segnatamente il delitto di peculato militare con le connesse pene accessorie) ai militari della Guardia di finanza che commettano delitti finanziari, frodi finanziarie o appropriazioni e distrazioni di beni dei quali abbiano la disponibilità per ragioni d’ufficio.
Come si evince dal testo a fronte che segue, nell’articolo 3 della legge vengono inserite le disposizioni relative:
- al peculato d’uso (comma 3);
- alla pena accessoria della degradazione (comma 4). In merito, si evidenzia che mentre la nuova formulazione dell’art. 219 c.p.m.p. applica la degradazione in caso di condanna non inferiore a 3 anni, il comma 4 della disposizione in commento applica tale pena accessoria in caso di condanna superiore a 3 anni di reclusione. Si valuti l’opportunità di omogeneizzare le due disposizioni oppure di eliminare il nuovo comma 4 tenendo conto che già il comma 1 rinvia alle pene previste dagli articoli 215 e 219 del codice penale militare di pace;
- alla confisca, anche per equivalente (commi 5 e 6);
- alla riparazione pecuniaria (comma 7) e al suo pagamento quale presupposto per l’accesso alla sospensione condizionale della pena (comma 8);
- alla restituzione di prezzo o profitto del reato quali presupposti per accedere al patteggiamento (comma 9).
La proposta di legge dunque riproduce all’art. 3 della legge del 1941 il contenuto degli articoli del codice penale militare di pace.
Si osserva che la proposta da una parte richiama le pene stabilite dagli articoli 215 e 219 (comma 1 del nuovo art. 3) e, dall’altra, invece, riproduce il contenuto dell’art. 215 (comma 3) e dell’art. 219-bis. Si valuti l’opportunità di effettuare, anche nel secondo caso, un rinvio alle disposizioni del c.p.m.p.
Si valuti inoltre l’opportunità di prevedere, anche per i militari della Guardia di Finanza, la circostanza attenuante della speciale tenuità dei fatti.
Normativa vigente
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A.C. 1402
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L. 9 dicembre 1941, n. 1383
Militarizzazione del personale civile e salariato in servizio presso la Regia guardia di finanza e disposizioni penali per i militari del suddetto Corpo
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Art. 3
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Il militare della Regia guardia di finanza che commette una violazione delle leggi finanziarie, costituente delitto, o collude con estranei per frodare la finanza, oppure si appropria o comunque distrae, a profitto proprio o di altri, valori o generi di cui egli, per ragioni del suo ufficio o servizio, abbia l'amministrazione o la custodia o su cui eserciti la sorveglianza soggiace alle pene stabilite dagli articoli 215 e 219 del Codice penale militare di pace, ferme le sanzioni pecuniarie delle leggi speciali.
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1. Il militare del Corpo della guardia di finanza che commette una violazione delle leggi finanziarie costituente delitto o collude con estranei per frodare la finanza è punito con le pene stabilite dagli articoli 215 e 219 del codice penale militare di pace, ferme restando le sanzioni pecuniarie stabilite dalle leggi speciali. 2. Le pene di cui al comma 1 si applicano anche al militare del Corpo della guardia di finanza che si appropria di valori o generi di cui egli, per ragioni del suo ufficio o servizio, abbia l'amministrazione o la custodia o su cui eserciti la sorveglianza. |
La cognizione dei suddetti reati appartiene ai Tribunali militari.
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[v. infra, comma 10] |
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3. Nei casi di cui al comma 2 si applica la pena della reclusione militare da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.
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Nel caso di condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni si applica il disposto dell'articolo 32-quinquies del codice penale.
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4. La condanna per il reato di cui al comma 2, qualora la pena applicata sia superiore a tre anni, di reclusione militare, comporta la degradazione.
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5. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal presente articolo, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
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6. Nei casi di cui al comma 5, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.
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7. In ogni caso, con la sentenza di condanna è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto oggetto di indebita appropriazione o equivalente al profitto del reato, a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno.
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8. La sospensione condizionale della pena, qualora possa essere concessa, è comunque subordinata al pagamento delle somme indicate dal giudice a titolo di riparazione ai sensi del comma 7.
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9. L'ammissibilità della richiesta di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
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[v. sopra, secondo comma]
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10. La cognizione dei reati previsti dal presente articolo appartiene ai tribunali militari. |
L’articolo 6 della proposta di legge C. 1402 inserisce nel codice penale militare di pace l’art. 234-bis attraverso il quale punisce con la reclusione militare da 1 a 5 anni il militare che – in danno dell’amministrazione militare o di altro militare - utilizza indebitamente carte di credito o di pagamento delle quali non è titolare. Alle carte di credito sono equiparati tutti i documenti analoghi che abilitano al prelievo o all’acquisto di beni o servizi (primo comma).
La disposizione, che viene inserita nel capo relativo ai reati contro il patrimonio, subito dopo la truffa, è analoga a quella prevista dall’art. 493-ter del codice penale [14] , con l’eccezione che la finalità di trarre profitto per sé o per altri, prevista per il reato comune, non è inserita nel reato militare; perché si realizzi quest’ultimo è infatti sufficiente il dolo generico ed è richiesto il prodursi di un danno per l’amministrazione militare o un altro militare.
Il secondo comma del nuovo art. 234-bis punisce con la pena della reclusione militare da 1 a 5 anni il militare che, sempre in danno dell'amministrazione militare o di altro militare, falsifica o altera carte di credito o di pagamento, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.
L’articolo 7 della proposta di legge C. 1402, al comma 1, interviene sull’art. 226 del codice penale militare di pace che punisce il reato di ingiuria, per armonizzare la disciplina militare con l’intervenuta depenalizzazione del reato di ingiuria previsto dal codice penale.
Si ricorda, infatti, che il d.lgs. n. 7 del 2016 ha abrogato l’articolo 594 del codice penale, depenalizzando il reato di ingiuria e qualificando la condotta di «chi offende l'onore o il decoro di una persona presente, ovvero mediante comunicazione telegrafica, telefonica, informatica o telematica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa» come illecito civile soggetto alla sanzione pecuniaria civile da 100 a 8.000 euro.
La proposta di legge non abroga il delitto, ma ne prevede la punibilità solo se i fatti ledono in qualche misura un interesse militare essendo «commessi per cause non estranee al servizio e alla disciplina militare o alla presenza di militari riuniti per servizio ovvero da militare che si trovi in servizio a bordo di una nave o di un aeromobile militare».
La proposta di legge aderisce sul punto alle conclusioni alle quali è pervenuta la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla ragionevolezza del reato militare di ingiuria a fronte dell'avvenuta trasformazione dell'ingiuria "comune" da illecito penale a illecito civile.
Si ricorda, infatti, che con la sentenza n. 215 del 2017, la Consulta ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 226 c.p.m.p., censurato dalla Corte militare d'appello di Roma - in riferimento agli artt. 3 e 52 (terzo comma) Cost. - nella parte in cui, punendo con la reclusione militare (non superiore a sei mesi) il militare che offende l'onore o il decoro di altro militare presente, salvo che il fatto costituisca un più grave reato, sottopone a sanzione penale condotte del tutto estranee al servizio o alla disciplina militare o, comunque, non afferenti a interessi delle Forze armate dello Stato.
Secondo la Corte non può ritenersi irragionevole - in raffronto all'abrogazione dell'art. 594 cod. pen. e alla trasformazione dell'ingiuria "comune" da illecito penale a illecito civile, intervenute ad opera del d.lgs. n. 7 del 2016 - la discrezionale scelta legislativa di continuare a punire penalmente l'ingiuria tra militari, pur per fatti ingiuriosi non riconducibili al servizio e alla disciplina militare, come definiti nell'art. 199 c.p.m.p.. Infatti, imporre al militare una più rigorosa osservanza di regole di comportamento, anche relative al comune senso civico, nei confronti di altri soggetti inseriti nel medesimo ordinamento, risponde non soltanto all'esigenza di tutela delle persone in quanto tali, ma - proprio per la qualifica militare sia del soggetto attivo che della persona offesa - anche all'obiettivo di tutelare il rapporto di disciplina inteso come insieme di regole di comportamento, la cui osservanza è strumentale alle basilari esigenze di coesione e, dunque, di funzionalità delle Forze armate; a fronte delle quali neppure può dirsi che la soluzione censurata trasmodi in un contrasto con lo spirito democratico cui va uniformato l'ordinamento delle Forze armate. Al contrario, l'invocato assorbimento delle vicende ingiuriose tra militari nella sfera civilistica e "privata" impedirebbe al comandante di corpo - oltre che di richiedere il procedimento penale - persino di avere contezza dei fatti accaduti ed avviare l'azione disciplinare. Spetta al Parlamento una funzione centrale tanto nella individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni loro applicabili, quanto nella selezione delle materie da depenalizzare. Tale principio vale a maggior ragione quando - come nel caso dell'ingiuria "comune" - l'illecito penale venga trasformato non già in illecito amministrativo, bensì in un illecito civile, per il quale, se commesso con dolo, sia prevista, in aggiunta alla tutela risarcitoria del danneggiato, una sanzione pecuniaria civile i cui proventi sono destinati al bilancio dello Stato.
La Corte ha ribadito che ogni eventuale disparità di trattamento tra militari e civili va valutata alla luce della peculiare posizione del cittadino che entra (attualmente per propria scelta) nell'ordinamento militare, caratterizzato da specifiche regole ed esigenze.
Normativa vigente
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A.C. 1402
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Codice penale militare di pace
Libro II - Dei reati militari, in particolare
Titolo IV - Reati speciali contro l'amministrazione militare, contro la fede pubblica, contro la persona e contro il patrimonio
Capo III - Reati contro la persona
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Art. 226
Ingiuria
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Il militare, che offende l'onore o il decoro di altro militare presente, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione militare fino a quattro mesi.
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Identico. |
Alla stessa pena soggiace il militare, che commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
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Identico. |
La pena è della reclusione militare fino a sei mesi, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
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Identico. |
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I fatti di cui al presente articolo sono puniti se commessi per cause non estranee al servizio e alla disciplina militare o alla presenza di militari riuniti per servizio ovvero da militare che si trovi in servizio a bordo di una nave o di un aeromobile militare.
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L’articolo 7, con i commi 2 e 3, interviene sulle condizioni di procedibilità dei reati militari contro la persona novellando l’articolo 260 del codice penale militare di pace e inserendo nel codice l’art. 260-bis.
Attualmente, ai sensi dell’art. 269 c.p.m.p. per i reati soggetti alla giurisdizione militare l'azione penale è iniziata d'ufficio, quando non sia necessaria la richiesta o la querela.
Per alcuni reati l’art. 260, primo comma, del Codice subordina l’esercizio dell’azione penale alla richiesta del ministro da cui dipende il militare indagato [15] .
Per i reati per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a 6 mesi (oltre che nelle ipotesi più gravi di danneggiamento di edifici o cose militari), l’art. 260, secondo comma, del Codice prevede che si proceda solo previa richiesta del comandante del corpo da cui dipende il militare colpevole, senza che rilevi la volontà della persona offesa dal reato.
Tale ultima previsione è stata giudicata conforme a Costituzione nella già richiamata sentenza n. 215 del 2017, con la quale la Consulta ha affermato che «La punibilità su richiesta del comandante di corpo, anziché a querela, prevista dall'art. 260 cod. pen. mil. di pace per i reati sanzionati con la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi, trova la sua ratio nella opportunità di attribuire al comandante di corpo una facoltà di scelta tra l'adozione di provvedimenti di natura disciplinare e il ricorso all'ordinaria azione penale, sul presupposto che vi siano casi in cui, per la scarsa gravità del reato, l'esercizio incondizionato dell'azione penale può causare al decoro dell'istituzione militare un pregiudizio proporzionalmente maggiore di quello prodotto dal reato stesso».
La proposta di legge, modificando l’art. 260, secondo comma, mantiene la richiesta del comandante del corpo da cui dipende il militare colpevole, aggiungendo che egli può chiedere l’esercizio dell’azione penale anche in assenza di querela della persona offesa.
Con l’inserimento dell’art. 260-bis c.p.m.p., infatti, la proposta prevede la procedibilità a querela della persona offesa per i reati di contro la persona che prevedono pene edittali fino a 6 mesi di reclusione. Si tratta delle ipotesi di percosse (art. 222 c.p.m.p.), lesioni personali lievi (art. 223, secondo comma, c.p.m.p.), Ingiuria (art. 226), Diffamazione (art. 227) e minaccia (art. 229 c.p.m.p.). Per esercitare l’azione penale in relazione a tali reati, per i quali attualmente non si procede d’ufficio ma è necessaria la richiesta del comandante di corpo, sarà sufficiente la querela della persona offesa.
Normativa vigente
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A.C. 1402
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Codice penale militare di pace
Libro II - Dei reati militari, in particolare
Titolo VI - Disposizioni comuni ai titolo precedenti
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Art. 260
Richiesta di procedimento
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I reati preveduti dagli articoli 94, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 109, 110, 111, 112, 115, 116, secondo comma, 117, terzo comma, e 167, terzo comma sono puniti a richiesta del ministro da cui dipende il militare colpevole; o, se più sono i colpevoli e appartengono a forze armate diverse, a richiesta del ministro da cui dipende il più elevato in grado, o, a parità di grado, il più anziano.
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Identico. |
I reati, per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi, e quello preveduto dal n. 2 dell'articolo 171 sono puniti a richiesta del comandante del corpo o di altro ente superiore, da cui dipende il militare colpevole, o, se più sono i colpevoli e appartengono a corpi diversi o a forze armate diverse, dal comandante del corpo dal quale dipende il militare più elevato in grado, o a parità di grado, il superiore in comando o il più anziano.
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I reati, per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi, e quello preveduto dal n. 2 dell'articolo 171 sono puniti, anche in mancanza della querela della persona eventualmente offesa, a richiesta del comandante del corpo o di altro ente superiore, da cui dipende il militare colpevole, o, se più sono i colpevoli e appartengono a corpi diversi o a forze armate diverse, dal comandante del corpo dal quale dipende il militare più elevato in grado, o a parità di grado, il superiore in comando o il più anziano.
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Agli effetti della legge penale militare, per i militari non appartenenti all’esercito, al comandante del corpo è sostituito il comandante corrispondente delle altre forze armate dello Stato.
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Identico. |
Nei casi preveduti dal secondo e dal terzo comma, la richiesta non può essere più proposta, decorso un mese dal giorno, in cui l'autorità ha avuto notizia del fatto che costituisce il reato.
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Identico. |
Nei casi preveduti dal primo e dal secondo comma:
1. se il colpevole non è militare, alla richiesta del ministro indicato nel primo comma è sostituita la richiesta del ministro della forza armata alla quale appartiene il comando dell'unità presso cui è costituito il tribunale militare competente; e alla richiesta del comandante del corpo è sostituita la richiesta del comandante dell'unità, presso cui è costituito il tribunale militare competente;
2. se più sono i colpevoli e alcuno di essi non è militare, la richiesta di procedimento a carico del militare colpevole si estende alle persone estranee alle forze armate dello Stato, che sono concorse nel reato.
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Identico. |
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Art. 260-bis
Querela della persona offesa
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I reati previsti dagli articoli 222, 223, secondo comma, 226, 227, primo comma, e 229, primo e secondo comma, sono puniti a querela della persona offesa, anche in mancanza della richiesta di procedimento di cui all’articolo 260.
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Infine, l’articolo 8 della proposta di legge C. 1402 abroga le seguenti disposizioni del codice penale militare di pace:
· i reati di duello (Libro Secondo, Titolo III, capo VI, articoli da 200 a 210 c.p.m.p.);
· le ipotesi colpose dei delitti di danneggiamento di edifici e cose mobili militari (art. 170 c.p.m.p.);
· il reato di attività sediziose (art. 182 c.p.m.p. [16] );
· il reato di raccolta di sottoscrizioni per rimostranza o protesta e di adunanza di militari (art. 184 c.p.m.p. [17] );
· le già descritte ipotesi di malversazione a danno di militari (art. 216 c.p.m.p. e di peculato e malversazione del portalettere (art. 217 c.p.m.p.) (v. sopra, art. 2 A.C. 1402).
[1] L. 23/03/1956, n. 167, Modificazioni al Codice penale militare di pace ed al Codice penale.
[2] L. 23 marzo 1956, n. 167, Modificazioni al Codice penale militare di pace ed al Codice penale.
[3] Il comma 2 dell’art. 13 c.p.p. prevede infatti che «Fra reati comuni e reati militari, la connessione di procedimenti opera soltanto quando il reato comune è più grave di quello militare, avuto riguardo ai criteri previsti dall'articolo 16 comma 3. In tale caso, la competenza per tutti i reati è del giudice ordinario».
[4] In quella pronuncia la Consulta ha affermato che «L'art. 103, terzo comma, Cost., non garantisce la giurisdizione militare nella sua configurazione precostituzionale, ma solo fissa i limiti massimi entro i quali può legittimamente svolgersi la giurisdizione stessa. Non è di conseguenza fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 37, primo comma, c.p.m.p. e art. 8 della legge 23 marzo 1956 n. 167 (sostitutivo dell'art. 264 c.p.m.p.) sollevata sotto il profilo che tali norme definirebbero i reati militari alla stregua di un criterio formalistico, non integrabile con altri criteri di ordine sostanziale, tali da estendere la giurisdizione dei tribunali militari ai casi in cui si tratti di reati non previsti dalla legge penale militare, pur essendo imputabili a soggetti militari e commessi in danno del servizio militare. Del resto la definizione dell'art. 37 citato, inquadrata nel sistema, non comporta la arbitraria configurabilità dei reati militari, ma tiene conto del fatto che nei loro elementi materiali costitutivi essi non sono previsti dalla legge penale comune o comunque offendono anche interessi di natura militare. E se anche in singoli casi tali criteri obiettivi siano stati disapplicati, le eventuali censure, ex art. 103, terzo comma, Cost., non potrebbero mai ripercuotersi sull'intera nozione del reato militare, fissata in via generale dall'art. 37 c.p.m.p.».
[5] L. 24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008).
[6] La legge n. 86 del 1990 aveva previsto la pena della reclusione da 3 a 10 anni; la c.d. Legge Severino (legge n. 190 del 2012) ha previsto la reclusione da 4 a 10 anni e la legge n. 69 del 2015 la reclusione da 4 anni a 10 anni e 6 mesi.
[7] La Corte costituzionale, con sentenza 4-13 dicembre 1991, n. 448 (Gazz. Uff. 18 dicembre 1991, n. 50 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo, limitatamente alle parole «ovvero lo distrae a profitto proprio o di altri»; con sentenza 9-18 luglio 2008, n. 286 (Gazz. Uff. 23 luglio 2008, n. 31 - Prima serie speciale) ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del presente articolo, nella parte in cui si riferisce anche al militare che abbia agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e, dopo l'uso momentaneo, l'abbia immediatamente restituita. Precedentemente la stessa Corte, con sentenza 9-22 ottobre 1990, n. 473 (Gazz. Uff. 31 ottobre 1990, n. 473 - Prima serie speciale), aveva dichiarato inammissibile la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento all'art. 3 Cost.
[8]
L’art. 218 (Peculato militare mediante profitto dell'errore altrui) punisce con la reclusione militare da due mesi a tre anni il militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, che, nell'esercizio di esse, giovandosi dell'errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, denaro o altra cosa mobile, appartenente ad altro militare o all'amministrazione militare.
[9] Per un approfondimento di veda: Verni, In tema di pene accessorie militari: differenza tra “degradazione” e “rimozione dal grado” in www.difesaonline.it
[10] Art. 322-quarter c.p. (Riparazione pecuniaria). Con la sentenza di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321 e 322-bis, è sempre ordinato il pagamento di una somma equivalente al prezzo o al profitto del reato a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno.
[11] Legge 9 gennaio 2019, n. 3, Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici.
[12] Legge 27 maggio 2015, n. 69, Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio.
[13] Il primo comma dell’art. 323-bis c.p. prevede infatti che «Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-quater, 320, 322, 322-bis e 323 sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite».
[14]
Codice penale - Art. 493-ter (Indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento). Chiunque al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.
In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al primo comma è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.
Gli strumenti sequestrati ai fini della confisca di cui al secondo comma, nel corso delle operazioni di polizia giudiziaria, sono affidati dall'autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta.
[15] Si tratta dei delitti di Comunicazione all'estero di notizie non segrete né riservate (art. 94), Atti ostili del comandante contro uno Stato estero (art. 103 e 104), Perdita o cattura di nave o aeromobile (art. 105 e 106), Investimento, incaglio o avaria di una nave o di un aeromobile (artt. 107-109), Omesso uso di mezzi per limitare il danno, in caso d'incendio o di altro sinistro (art. 110), Abbandono o cessione del comando in circostanze di pericolo (art. 111), Violazione del dovere del comandante di essere l'ultimo ad abbandonare la nave, l'aeromobile o il posto, in caso di pericolo (art. 112), Movimento arbitrario di forze militari (art. 115), Intempestiva od omessa apertura di piego chiuso colposa (art. 116, secondo comma), Omessa esecuzione di un incarico per negligenza (art. 117, terzo comma) e Distruzione o sabotaggio colposi di opere militari (art. 167, terzo comma).
[16] Il militare, che svolge un'attività diretta a suscitare in altri militari il malcontento per la prestazione del servizio alle armi o per l'adempimento di servizi speciali, è punito con la reclusione militare fino a due anni.
[17]
Il militare, che raccoglie sottoscrizioni per una collettiva rimostranza o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina, o che la sottoscrive, è punito con la reclusione militare fino a sei mesi.
La stessa pena si applica al militare, che, per trattare di cose attinenti al servizio militare o alla disciplina, arbitrariamente promuove un'adunanza di militari, o vi partecipa.