Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Modifiche all'articolo 5 della legge n. 898 del 1970, in materia di assegno di divorzio
Serie: Progetti di legge   Numero: 92/1
Data: 10/05/2019
Organi della Camera: Assemblea


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Modifiche all'articolo 5 della legge n. 898 del 1970, in materia di assegno di divorzio

10 maggio 2019
Elementi per l'esame in Assemblea


Indice

Contenuto|Quadro normativo e giurisprudenziale|Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente|I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva|


Il provvedimento all'esame dell'Assemblea apporta alcune modifiche alla disciplina in materia di assegno di divorzio, intervenendo dopo un significativo pronunciamento della Corte di Cassazione che, nel 2017, ha modificato dopo molti anni la propria precedente consolidata giurisprudenza.

Contenuto

L'AC. 506-A si compone di due articoli attraverso i quali modifica l'art. 5 della legge n. 898 del 1970, con effetto anche sui procedimenti per lo scioglimento del matrimonio già in corso.

In particolare, l'articolo 1 della proposta di legge interviene sull'art. 5 della legge sul divorzio (L. 898/1970) ripartendo su due commi i contenuti dell'attuale sesto comma ed aggiungendo due ulteriori disposizioni.

In base al nuovo sesto comma, con la sentenza di divorzio il tribunale può disporre l'attribuzione di un assegno tenuto conto di una serie di circostanze elencate dal successivo settimo comma.

Rispetto alla normativa vigente, che collega il diritto di uno dei due coniugi a percepire l'assegno quando sprovvisto di mezzi adeguati (o nell'impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive), la riforma elimina tale presupposto e dunque non esplicita le finalità (assistenziali o compensative) dell'istituto. La discrezionalità del giudice nell'attribuzione dell'assegno non è più ancorata al presupposto della debolezza economica di uno dei due coniugi.

Inoltre, sopprimendo il riferimento alla somministrazione periodica dell'assegno, la riforma apre alla possibilità di attribuzioni una tantum. Diversamente dal vigente sesto comma, non viene esplicitato che l'obbligo grava sull'altro coniuge.

Nel nuovo settimo comma la proposta inserisce una serie di circostanze che il giudice deve valutare ai fini della decisione sull'attribuzione dell'assegno. Si tratta di parametri parzialmente diversi da quelli che attualmente valgono a determinare il quantum da riconoscere al coniuge economicamente più debole. In particolare:

  • l'attuale ampio concetto di "condizioni dei coniugi" è sostituito da quello più specifico di "condizioni personali ed economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito della fine del matrimonio" e sono esplicitate come circostanze autonome l'età e lo stato di salute del richiedente;
  • il richiamo attuale alle ragioni che hanno motivato la cessazione del matrimonio è soppresso;
  • la valutazione della situazione economica non è più circoscritta al solo reddito ma è estesa anche al patrimonio dei coniugi; peraltro, per quanto riguarda il reddito, la riforma specifica che si deve tener conto del reddito netto;
  • sono confermati gli altri elementi già considerati dall'attuale comma 6 dell'art. 5 della legge 898/1970; la durata del matrimonio è tuttavia indicata nella proposta di legge come elemento valutativo autonomo;
  • sono, poi, aggiunti ulteriori elementi di valutazione quali l'impegno di cura personale di figli comuni minori o disabili o non economicamente indipendenti; la ridotta capacità di reddito dovuta a ragioni oggettive anche in ragione della mancanza di una adeguata formazione professionale, quale conseguenza dell'adempimento di doveri coniugali. Si tratta sostanzialmente di un rafforzamento, mediante il riconoscimento con legge, di specifici elementi di valutazione già operanti in sede giurisprudenziale.

Con il nuovo ottavo comma la proposta di legge introduce un'altra innovazione prevedendo che, ove la ridotta capacità di produrre reddito da parte del coniuge richiedente sia momentanea ("dovuta a ragioni contingenti o superabili"), il tribunale possa attribuire l'assegno anche solo per un periodo determinato.

Con l'inserimento di un nono comma la proposta di legge afferma che l'assegno non è dovuto in caso di nuovo matrimonio, nuova unione civile o stabile convivenza del richiedente e precisa che il diritto all'assegno non rivive a seguito della cessazione del nuovo vincolo o del nuovo rapporto di convivenza.

La stabile convivenza viene ricondotta alla definizione di cui all'art. 1, comma 36 della legge n. 76 del 2016, in base al quale si intendono per "conviventi di fatto" «due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile»; per l'accertamento della stabile convivenza si fa riferimento alla dichiarazione anagrafica prevista dagli articoli 4 e 13 del Regolamento anagrafico (DPR 30 maggio 1989, n. 223).

La proposta, infine, per coordinamento, sopprime l'attuale decimo comma dell'art. 5, che attualmente fa venir meno il diritto all'assegno in caso di nuove nozze.

L'art. 1, inoltre, conferma l'applicazione delle nuove disposizioni sull'assegno di divorzio anche allo scioglimento delle unioni civili, già previsto dall'art. 1, comma 25, della legge 76 del 2016. Le modifiche a tale ultima disposizione hanno, infatti, natura di coordinamento con la illustrata novella dell'art. 5 della legge sul divorzio.

L'articolo 2 della proposta di legge contiene la norma transitoria in base alla quale le nuove norme sull'attribuzione dell'assegno di divorzio si applicano anche ai procedimenti per lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio in corso.


Quadro normativo e giurisprudenziale

Il diritto al mantenimento di uno degli ex coniugi a spese dell'altro può essere sancito dal giudice con la sentenza di divorzio.

Assegno di divorzio: cosa dice la leggeL'Assegno di divorzio: cosa dice la leggearticolo 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970 stabilisce che il tribunale dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. Tale decisione deve tenere conto di una serie di elementi:

  • condizioni dei coniugi;
  • ragioni della decisione;
  • contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune;
  • reddito di entrambi;
  • durata del matrimonio (alla cui luce vanno valutati i precedenti elementi).

L'accertamento del diritto all'assegno si articola in due fasi: la prima, volta ad accertare in astratto il diritto a percepire l'assegno; la seconda, finalizzata alla sua determinazione in concreto.

L'interpretazione della giurisprudenza: il diritto a mantenere il tenore di vita matrimonialeFino al 2017 la giurisprudenza, integrando la scarna normativa, ha concordemente affermato (su tutte, Cass. SS.UU. civili, sentenze nn. 11490 e 11492 del 1990) che il presupposto per concedere l'assegno di mantenimento - l'an debeatur - fosse costituito dall'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza che fosse necessario provare uno stato di bisogno dell'avente diritto. Quindi, il coniuge richiedente poteva anche essere economicamente autosufficiente, ma se, a seguito del divorzio, vi era un apprezzabile deterioramento delle condizioni economiche godute durante il matrimonio, in linea di massima, queste dovevano essere ripristinate dal giudice.

Sempre secondo la giurisprudenza, una volta stabilito il diritto all'assegno di divorzio, la misura concreta dell'assegno – il quantum debeatur - doveva essere fissata in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri sopraelencati (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, reddito, ecc.) con riguardo al momento della pronuncia di divorzio. 

Il revirement della Cassazione (2017): assegno di divorzio solo in mancanza di indipendenza economica Tale costante orientamento in materia di assegno divorzile è stato profondamente modificato dalla sentenza n. 11504 del 10 maggio 2017 della Cassazione.

Con questa pronuncia La Prima Sezione della Cassazione Civile ha infatti ritenuto superato, nell'ambito dei mutamenti economico-sociali intervenuti, il riferimento al diritto a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio stesso, fissate al momento del divorzio, così la sentenza delle S.U. n. 11490 del 1990). Si legge nella sentenza n. 11504 che occorre «superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come sistemazione definitiva» perché è "ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile. Si deve quindi ritenere - afferma la Cassazione - che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell'ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale". La Corte ha ritenuto che con la sentenza di divorzio "il rapporto matrimoniale si estingue non solo sul piano personale ma anche economico-patrimoniale, sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo, sia pure limitatamente alla dimensione economica del tenore di vita matrimoniale, in una indebita prospettiva di ultrattività del vincolo matrimoniale".

Dunque, secondo la Suprema Corte - per valutare il diritto (o meno) all'assegno di divorzio (valutazione basata sul principio dell'autoresponsabilità economica di ciascuno degli ex coniugi quali persone singole) - va individuato un "parametro diverso" cioè il "raggiungimento dell'indipendenza economica" del coniuge richiedente: se si accerta la sua indipendenza economica viene meno il diritto all'assegno.

Una volta accertato il diritto all'assegno, il giudice del divorzio deve tenere conto - nella valutazione del quantum dell'assegno, informata al principio della "solidarietà economica" nei confronti dell'ex coniuge in quanto "persona" economicamente più debole - di tutti gli elementi indicati dall'art. 5, comma 6, della legge 898/1970 (v. ante), al fine di determinare in concreto la misura dell'assegno.

Nel corso del 2017 e durante i primi mesi del 2018, la Prima Sezione della Cassazione ha più volte ribadito il proprio orientamento, riaffermando con forza la necessità di una rigida distinzione fra la fase relativa all'an e quella relativa al quantum (Cass., 29 agosto 2017, n. 20525; Cass., 9 ottobre 2017, n. 23602; Cass., 25 ottobre 2017, n. 25327; Cass., 26 gennaio 2018, n. 2042; Cass., 7 febbraio 2018, n. 3015; Cass., 7 febbraio 2018, n. 3016) ma finendo per proporre una rilettura più flessibile del criterio dell'autosufficienza economica: la Corte di legittimità ha infatti affermato la necessità di adeguare il parametro dell'autosufficienza alle caratteristiche soggettive del coniuge richiedente l'assegno, alla sua "specifica individualità" (Cass., 26 gennaio 2018, n. 2042 e Cass., 26 gennaio 2018), al "contesto sociale in cui è inserito" (Cass., 7 febbraio 2018, n. 3015).

Questa lettura più mite del criterio dell'autosufficienza economica era stata anticipata da alcuni Discorde giurisprudenza di meritogiudici di merito (Corte d'Appello di Milano, 16 novembre 2017) mentre altra parte della giurisprudenza di merito si era adeguata al nuovo orientamento (Tribunale di Milano, ordinanza 22 maggio e sentenza 5 giugno 2017; Tribunale di Palermo, sentenza 26 giugno 2017; Tribunale di Roma, sentenza 1 agosto 2017) ed altra parte ancora aveva invece espressamente disatteso l'insegnamento della sentenza di legittimità n. 11504/2017 (Tribunale di Udine, 1° giugno 2017; Corte d'Appello di Napoli, 22 febbraio 2018).

La SS.UU. (2018): assegno di divorzio come misura compensativa e perequativaCassazione a Sezioni Unite, con la sentenza 11 luglio 2018, n. 18287, nel dirimere il contrasto interpretativo vertente sui presupposti di attribuzione dell'assegno divorzile, ha disatteso il criterio dell'indipendenza economica proposto dalla Prima Sezione pur condividendo l'abbandono del criterio tradizionale del tenore di vita matrimoniale: le SS.UU. hanno infatti affermato che all'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell'art. 5, comma 6, della l. n. 898 del 1970; ciò richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto». La Corte ha precisato anche che «la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi».


Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente

La proposta di legge C. 506, che recupera i contenuti di una analoga iniziativa legislativa approvata in sede referente nella scorsa legislatura, è stata esaminata dalla Commissione Giustizia a partire dal 31 gennaio 2019. Sui contenuti del provvedimento la Commissione ha svolto un ciclo di audizioni informali nel quale ha, in particolare, raccolto le opinioni di magistrati civili, professori universitari e rappresentanti dell'Avvocatura.

All'esito dell'attività conoscitiva la Commissione ha approvato alcuni emendamenti (30 aprile 2019) votando, all'unanimità, il mandato al relatore nella seduta del 9 maggio scorso.


I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva

Sul provvedimento hanno espresso un parere favorevole le Commissioni Lavoro e Affari sociali.

La Commissione Affari costituzionali ha accompagnato il proprio parere favorevole con due osservazioni, parzialmente recepite dalla Commissione di merito. In particolare, la I Commissione ha rilevato l'opportunità di:

  • modificare il sesto comma dell'art. 5 esplicitando - come previsto dalla legislazione vigente - che l'obbligo di corresponsione dell'assegno grava sull'altro coniuge;
  • sopprimere, per esigenze di coordinamento, l'attuale decimo comma dell'art. 5, relativo al venir meno dell'obbligo dell'assegno in caso di nuove nozze, in quanto la disposizione è assorbita dal nuovo nono comma. La Commissione Giustizia ha accolto questa osservazione disponendo (art. 1, comma 3 della p.d.l.) la soppressione dell'art. 5, decimo comma, della legge n. 898 del 1970.