Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale in materia di voto di scambio politico-mafioso 3 dicembre 2018 |
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Quadro normativo e giurisprudenziale|Contenuto| |
Le abbinate proposte di legge A.C. 1302 (approvata dal Senato) e A.C. 766 (Colletti) novellano l'articolo 416-ter c.p., disposizione relativa allo scambio elettorale politico-mafioso (cd. voto di scambio).
Quadro normativo e giurisprudenziale
La disposizione intende colpire il fenomeno delle connessioni politico-mafiose particolarmente frequenti in occasioni delle consultazioni elettorali. Viene punito sia il politico (o aspirante tale) che accetta la promessa di voti (il soggetto di cui al primo comma) sia il promittente, cioè l'appartenente all'organizzazione mafiosa o similare (di cui al secondo comma) che tali voti promette di procurare grazie alla forza di intimidazione derivante dalla consapevolezza del vincolo associativo mafioso. Prestazione e controprestazione oggetto dell'illecito consistono, da un lato nel procacciamento di voti, dall'altro nell'utilità (in denaro o meno) data o promessa. L'altra utilità va intesa come qualunque altro tipo di vantaggio, diverso dal denaro, quale ad esempio la promessa di altri comportamenti indebiti e vantaggiosi per il clan, come l'assegnazione di appalti, l'assunzione di lavoratori ecc. L'art. 416-ter punisce un reato di pericolo che, nel tempo, è stato oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali che, anche in relazione alle novelle intervenute, ne hanno chiarito l'interpretazione.
Voto di scambio: precedenti normativi e giurisprudenziali
Nel corso della
XVII legislatura la disciplina del reato di scambio elettorale politico-mafioso è stata oggetto di vari interventi modificativi.
Il più importante è stato quello della legge 17 aprile 2014, n. 62, che ha riformulato l'art. 416-ter c.p.:
- ampliando l'oggetto
della controprestazione di chi ottiene la promessa di voti, contemplando non solo il denaro ma anche "altra utilità"
-
inserendo l'esplicito riferimento al metodo mafioso ("alle modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis") che deve connotare la promessa di procurare voti in cambio di denaro o altra utilità;
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incriminando anche la condotta del soggetto che promette di procacciare i suffragi, con punizione quindi di entrambi i protagonisti del patto criminale (da ciò è derivata la trasformazione del reato da plurisoggettivo improprio, a reato plurisoggettivo proprio).
Si tratta di un reato comune sia con riferimento al soggetto del promissario sia con riferimento a quello del promittente. Quest'ultimo, in particolare, come chiarito dalla giurisprudenza, può essere un esponente di una cosca mafiosa (in quanto tale in grado di impegnare con la sua parola la cosca stessa); un mafioso che opera
uti singulus ma anche un soggetto del tutto estraneo ad una consorteria criminale;
- riducendo la pena detentiva originariamente prevista (reclusione da 7 a 12 anni) nella reclusione da 4 a 10 anni. In proposito è opportuno segnalare che, recentemente, la legge n. 103 del 2017 ha elevato la cornice edittale, sia nei limiti minimi che in quelli massimi, fino agli attuali 6 e 12 anni.
Sempre
nella scorsa legislatura, con la legge n. 19 del 2015 il Parlamento ha escluso che ai condannati per il delitto di scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter c.p.) possano essere concessi benefici carcerari ed ha attribuito alla Direzione distrettuale antimafia le funzioni di PM nei relativi procedimenti penali.
A tal fine, la legge
ha aggiunto il reato previsto dall'art. 416-ter c.p. tra i reati ostativi di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario (legge 354/1975); ha integrato la formulazione del comma 3-
bis dell'art. 51 c.p.p., attribuendo le
funzioni di PM nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado
per il reato di scambio elettorale politico-mafioso ai magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. Tali funzioni sono svolte per i reati di mafia ed una serie di altri gravi reati associativi, dalla
DNA (Direzione distrettuale antimafia), cui corrisponde sul piano investigativo la DIA (Direzione investigativa antimafia).
Per quanto riguarda la giurisprudenza, a
pochi mesi dalla novella legislativa del 2014, la Cassazione è stata chiamata a confrontarsi con il nuovo reato di "scambio elettorale politico mafioso".
In particolare, in relazione al momento di consumazione del delitto e alle modalità mafiose, il primo deve essere rinvenuto in quello della definizione del patto elettorale tra i contraenti; tale scambio di promesse, deve necessariamente ricomprendere le modalità mafiose con cui i voti vengono procurati, sicché non è più sufficiente provare l'esistenza di un mero accordo, ma è necessario dimostrare l'impegno del gruppo mafioso,che agisce secondo le modalità previste dal 3° comma. (Cass., sentenza. 28 agosto 2014, n.36382 )
Sempre in relazione al ruolo da attribuire al metodo mafioso all'interno della fattispecie riformulata, con una prima decisione (Cass., VI sez., sentenza 28 agosto 2014, n. 36382, c.d. sentenza Antinoro) i giudici di legittimità, accogliendo il ricorso proposto dall'imputato avverso la con danna inflittagli dalla Corte d'appello di Palermo per il reato di scambio elettorale politico-mafioso, hanno ritenuto che, dopo la riforma dell'art. 416-ter c.p., il delitto in questione richieda per la sua consumazione che i componenti dell'associazione mafiosa si impegnino a realizzare il procacciamento di voti a mezzo dell'esercizio di atti di intimidazione o prevaricazione da parte del sodalizio mafioso contraente l'illecito patto elettorale, secondo quelle che sono le modalità comportamentali tipiche degli appartenenti a tali associazioni criminali. Secondo la Suprema Corte quindi non è più sufficiente ai fini dell'integrazione della fattispecie di reato, che venga siglato un patto tra il politico e il mafioso, ma è necessario che esso preveda espressamente l'impegno da parte dell'organizzazione criminale di cui il promittente può o meno fare parte, ad operare secondo le modalità intimidatorie previste dal terzo comma dell'articolo 416- bis c.p.
Successivamente la Suprema Corte (Sez. I), con la sentenza 31 agosto 2016, n. 36079, ha precisato che la modifica apportata all'articolo 416-ter c.p. dalla legge del 2014 sul contenuto dell'accordo criminoso, non ha determinato una parziale "abolitio criminis", in quanto, anche nel vigore della precedente formulazione della norma, era necessaria, ai fini della configurazione del reato, la promessa di acquisizione del consenso elettorale facendo ricorso alle tipiche modalità mafiose della sopraffazione e dell'intimidazione.
Ad
una diversa interpretazione della disposizione è giunta invece la Corte di Cassazione (sez. VI) con la sentenza 9 settembre 2014, n. 37374. Secondo la Sesta sezione ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico mafioso, trattandosi di reato di pericolo, si deve ritenere sufficiente che nell'accordo concernente lo scambio tra voto di denaro o altra utilità il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi sia persona la quale esercita un condizionamento diffuso fondato sulla prepotenza e sulla sopraffazione e le cui indicazioni di voto, sono percepite all'esterno come provenienti da un sodalizio mafioso, non essendo necessarie quindi né l'attuazione né l'esplicita programmazione di una campagna attuata mediante intimidazioni. Per i giudici di legittimità la consumazione del reato si realizza con la conclusione dell'accordo avente ad oggetto lo scambio tra denaro (o altra utilità) e voto, a prescindere dalla effettiva acquisizione dei suffragi. É quindi irrilevante ai fini dell'integrazione del reato che i voti siano stati conseguiti con metodo mafioso ovvero con il compimento di singoli atti di intimidazione e sopraffazione in danno degli elettori, che costituiscono, quindi un post factum estraneo alla condotta tipica.
In linea con quest'ultimo orientamento, ma con un approccio argomentativo più articolato si segnalano anche Cass., sez. VI, sentenza 16 giugno 2015, n. 25302; Cass., sez. VI, sentenza 17 luglio 2015, n. 31348; Cass., sez. VI, sentenza 16 ottobre 2015, n. 41801 e Cass., sez. VI, sentenza 20 aprile 2016, n. 16397. In tali decisioni la Cassazione ha ribadito che, ai fini della configurabilità del reato di scambio elettorale politico mafioso, nel testo vigente dopo le modifiche apportate dalla legge del 2014, non sia necessario che l'accordo concernente lo scambio tra voto e denaro o altra utilità contempli l'attuazione, o l'esplicita programmazione, di una campagna attuata mediante intimidazioni solo quando il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi è persona intranea a una consorteria di tipo mafioso ed agisce per conto e nell'interesse di quest'ultima, dal momento che soltanto in tale caso il ricorso alle modalità di acquisizione del consenso tramite la modalità di cui all'art. 416-
bis
, terzo comma, c.p., può dirsi immanente all'illecita pattuizione. La Cassazione, quindi, pur non negando la rilevanza in assoluto del metodo mafioso elemento necessario ai fini della configurabilità del reato in questione, ha precisato che, da un punto di vista probatorio, non rileva la specifica dimostrazione della programmazione dei concreti atti di intimidazione posti in essere dall'organizzazione mafiosa e tesi a limitare la libertà del diritto di voto, bensì è fondamentale valutare l'esistenza della stessa e le attività
che svolge sul territorio, secondo le caratteristiche ex art 416-
bis comma
terzo.
Soltanto alla presenza di questi elementi, l'impegno elettorale assunto dal contraente mafioso risulta assumere rilevanza penale. Sotto il profilo dell'elemento soggettivo l'articolo 416- ter c.p., che punisce un accordo politico elettorale di "tipo mafioso", non il fatto che esso sia concluso con la mafia-organizzazione, giacché la controparte ben può essere un soggetto intraneus o extraneus alla cosca. Qualora il politico contratti con un soggetto interno all'organizzazione mafiosa, viene da sé che la promessa dei voti è connotata dai caratteri previsti dal 1° comma dell'art 416-ter, ciò è valido sempre in seguito ad un concreto accertamento relativo all'appartenenza del procacciatore di voti ad un'associazione mafiosa, operante sul territorio. L'altra ipotesi presa in considerazione, riguarda l'eventualità che il politico concluda il patto con un soggetto intermediario ed extraneus all'associazione. In questo caso, risulta evidente la man canza di contatto diretto con l'ambiente malavitoso, pertanto occorre dimostrare, oltre all'esistenza dell'organizzazione operante e stabile sul territorio, anche le modalità di coartazione del voto previste dall'art. 416-bis, al fine di considerare il politico penalmente responsabile ex art 416-ter.
. Inoltre, per quanto attiene al dolo del promissario, ha affermato che,
Con particolare riguardo alla figura del promittente, Cass. pen. Sez. I, sentenza 9 maggio 2016, n. 19230 ha precisato che ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, previsto dall'art. 416-ter c.p.., qualora il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi sia una persona estranea alla consorteria di tipo mafioso, ovvero un soggetto intraneo che agisca "uti singulus", è necessaria la prova della pattuizione delle modalità di procacciamento del consenso con metodo mafioso (In motivazione la Corte ha precisato che, diversamente, detta prova può ritenersi manifesta nel caso in cui il promittente sia un intraneo che agisce in rappresentanza e nell'interesse dell'associazione, atteso che la logica causale della scelta di quello specifico in- terlocutore, da parte del candidato, è determinata proprio dalla sua fama criminale e dalle mo- dalità con cui sarà attuato il reclutamento elettorale). Nella medesima decisione i giudici di legittimità hanno peraltro ritenuto configurabile il concorso formale tra il delitto di scambio elettorale politico mafioso di cui all'art. 416-ter c.p. e il delitto di corruzione elettorale di cui all'articolo 96 del d.P.R. n. 570/1960, ritenendo che le due fattispecie siano in rapporto di specialità reciproca fra loro.
Di
indubbio interesse poi sono le argomentazioni fornite dalla Cassazione nella sentenza n. 41801 del 2015, sopra ricordata, relativamente all'elemento soggettivo del dolo del promissario. La Corte, nel rilevare che l'ampliamento del novero dei soggetti attivi finisce per avere riper cussioni sul dolo del candidato, con particolare riferimento alla sua posizione al momento della stipula dell'accordo illecito e alla sua consapevolezza delle modalità esecutive della promessa assunta dalla sua controparte, afferma che la consapevolezza del promissario deve essere graduata in base alla natura e alla posizione del suo interlocutore. Da ciò consegue che se la con- troparte è un membro della cosca mafiosa che si presenti quale portavoce della stessa, la parte dell'accordo relativa alle modalità di procacciamento dei voti può sostanzialmente darsi per presunta. In altri termini, secondo i giudici di legittimità, il candidato che si rivolge ad una associazione di stampo mafioso per ottenerne sostegno elettorale conosce i metodi tipici di pressione posti in essere da questa. A diverse conclusioni deve giungersi invece nel caso in cui il promittente sia un intraneus che agisce uti singulus ovvero un extraneus rispetto alla consorteria mafiosa. In questi casi infatti la prova del dolo del promissario deve essere più rigorosa, essendo quindi necessaria una dimostrazione "chiara e immediata" della pattuizione relativa al metodo mafioso di procacciamento del voto. A ben vedere infatti in queste ipotesi manca la "garanzia" di un'organizzazione mafiosa solida e strutturata con la conseguenza che il patto sul modus operandi deve investire un grado di consapevolezza più elevato nell'animo del promissario.
Va, infine segnalata, in relazione ai confini tra concorso esterno e scambio elettorale politico-mafioso, la recente Cassazione penale, Sez. II,
2 luglio 2018 sul cd. caso Lombardo, ex presidente della regione Sicilia. La Cassazione, nelle motivazioni della sentenza che ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d'appello di Catania (che aveva derubricato a voto di scambio l'accusa di concorso esterno) ha contestato che nonostante si affermi che l'imputato strinse un "patto" con la mafia per essere eletto "rapportandosi direttamente" con i boss, mancasse la prova dell'oggetto del "patto. Diversamente i giudici della Cassazione ritengono "ragionevolmente" che questo si può individuare in "favoritismi nell'aggiudicazione" di appalti. Così, dunque, la Seconda sezione penale ha imposto l'annullamento della condanna emessa in appello che aveva ridotto a due anni di reclusione (pena sospesa) e 2.400 euro di multa per corruzione elettorale, la pena stabilita in primo grado dal gup di Catania che, il 19 febbraio 2014, aveva condannato Mannino a sei anni e otto mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale. "E' illogico avere (nella sentenza d'appello, ndr) conclusivamente attribuito valore dirimente al presunto mancato accertamento dell'oggetto specifico del patto, che tra l'altro, per essere stato necessariamente stipulato ex ante, non poteva riguardare vicende specifiche, ma solo una generica accondiscendenza del politico alle mire del sodalizio, che i quattro settori oggetto d'indagine.... potevano ragionevolmente lasciare individuare in favoritismi riguardanti l'aggiudicazione di opere pubbliche o l'esecuzione di opere private"
. La Cassazione, dunque, richiama i principi fissati dalle
Sezioni unite, sentenza n. 33748 del 12 luglio 2005 (cd. sentenza Mannino), a cui dovra' conformarsi la Corte d'appello di Catania nel procedimento di rinvio: "E' configurabile il concorso esterno nel reato di associazione di tipo mafioso nell'ipotesi di scambio elettorale politico-mafioso, in forza del quale il personaggio politico, a fronte del richiesto appoggio dell'associazione nella competizione elettorale, s'impegna ad attivarsi una volta eletto a favore del sodalizio criminoso, pur senza essere organicamente inserito in esso" a "condizione" che "gli impegni assunti dal politico, per l'affidabilita' dei protagonisti dell'accordo, per i caratteri strutturali dell'associazione, per il contesto di riferimento e per la specificita' dei contenuti, abbiano il carattere della serieta' e della concretezza" e che "all'esito della verifica probatoria ‘ex post' della loro efficacia causale risulti accertato, sulla base di massime di esperienza dotate di empirica plausibilita', che gli impegni assunti dal politico abbiano inciso effettivamente e significativamente, di per se' e a prescindere da successive ed eventuali condotte esecutive dall'accordo, sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacita' operative dell'intera organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali".
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Contenuto
Di seguito il testo a fronte tra l'attuale art. 416-ter e la sua nuova formulazione proposta dal Senato.
Rispetto alla formulazione vigente, il nuovo primo comma della proposta di legge:
Fermo restando il contenuto dell'attuale secondo comma dell'art. 416-ter, sono aggiunti due nuovi commi:
Su tale ultimo punto, si ricorda che tale effetto consegue, oltre che alla condanna all'ergastolo, alle condanne a pena non inferiore a cinque anni di reclusione (art. 29 c.p.).
L'art. 416-bis, terzo comma, c.p. come si è detto specifica che l'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva anche al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.
Di seguito il testo a fronte tra l'attuale art. 416-ter e la formulazione dell'AC 766
La proposta di legge sembra voler sanzionare con un'unica disposizione entrambi i protagonisti dello scambio elettorale politico-mafioso. Si vuole, in particolare - come afferma la relazione - rimediare alle forti criticità che ha mostrato l'attuale formulazione del 416-ter, che ha comportato diverse difficoltà alla magistratura con riguardo alla dimostrazione caso per caso dell'uso del metodo mafioso. Rispetto alla formulazione vigente dell'art. 416-ter, la proposta di legge in esame:
L'intervento normativo, alla luce del richiamo al terzo comma dell'art. 416-bis e di quanto espresso nella relazione illustrativa, sembra quindi voler confermare la punibilità di entrambi i contraenti il patto. Tuttavia, dalla formulazione letterale della disposizione emerge esplicitamente solo l'illiceità di chi "chiede, accetta od ottiene ...la promessa di procurare voti" ossia del politico, e di "chi si adopera per far ottenere la promessa di procurare voti " che appare comunque un intermediario del politico Al riguardo potrebbe essere opportuna a fini di chiarezza una più puntuale formulazione delle disposizioni in esame, che preveda esplicitamente l'illiceità dell'attività di chi si adopera per procurare voti, ossia il mafioso. Andrebbe, inoltre, valutata la portata normativa della previsione della punibilità di chi "ottiene" la promessa di procurare voti; tale ipotesi non può, infatti, verificarsi in assenza della relativa richiesta, già autonomamente sanzionata. Ad analoga conclusione si arriverebbe ove la promessa sia ottenuta tramite l'opera dell'intermediario.
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