Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato - Servizio Bilancio dello Stato
Titolo: DL 4/2019: Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni
Riferimenti: AC N.1637/XVIII
Serie: Verifica delle Quantificazioni   Numero:
Data: 07/03/2019
Organi della Camera: V Bilancio


 

Camera dei deputati

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

 

Verifica delle quantificazioni

 

 

 

A.C. 1637

 

Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni

 

(Conversione in legge del DL 4/2019 – approvato dal Senato A.S. 1018)

 

 

 

 

 

N. 76 – 6 marzo 2019

 

 


 

La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato.

La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione).

L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BILANCIO DELLO STATO – Servizio Responsabile

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

___________________________________________________________________________

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.


INDICE

PREMESSA. - 5 -

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI - 6 -

CAPO I (Articoli 1-13) - 6 -

Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza.. - 6 -

·          ARTICOLI 1 e 12. - 7 -

Reddito di cittadinanza – Disposizioni finanziarie. - 7 -

·          ARTICOLO 2. - 17 -

Beneficiari del Rdc. - 17 -

·          ARTICOLO 3. - 22 -

Beneficio economico.. - 22 -

·          ARTICOLO 4. - 28 -

Patto per il lavoro e patto per l’inclusione sociale. - 28 -

·          ARTICOLO 5. - 33 -

Richiesta, riconoscimento ed erogazione del beneficio.. - 33 -

·          ARTICOLO 6. - 37 -

Piattaforme digitali per l’attivazione e la gestione dei Patti - 37 -

·          ARTICOLO 7, commi da 1 a 15. - 41 -

Sanzioni - 41 -

·          ARTICOLO 7, comma 15-ter. - 43 -

Funzioni ispettive dell’INAIL. - 43 -

ARTICOLO 7-bis. - 43 -

Sanzioni in materia di infedele asseverazione o visto di conformità.. - 43 -

·          ARTICOLO 8. - 45 -

Incentivi per l’impresa e per il lavoratore. - 45 -

·          ARTICOLO 9. - 49 -

Assegno di ricollocazione. - 49 -

·          ARTICOLO 9, comma 6-bis. - 53 -

Modifiche alla disciplina del Sistema statistico nazionale (SISTAN) - 53 -

·          ARTICOLO 9-bis. - 53 -

Disposizioni in materia di istituti di patronato.. - 53 -

·          ARTICOLO 10. - 54 -

Monitoraggio del Rdc. - 54 -

·          ARTICOLO 11. - 54 -

Modificazioni al decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147. - 54 -

·          ARTICOLO 11-bis. - 55 -

Fondi paritetici per la formazione continua.. - 55 -

·          ARTICOLO 13. - 57 -

Disposizioni transitorie e finali - 57 -

Capo II (Articoli 14-26 sexies) - 58 -

Trattamento di pensione anticipata “quota 100” e altre disposizioni pensionistiche. - 58 -

·          ARTICOLI da 14 a 18. - 58 -

Accesso anticipato al trattamento pensionistico.. - 58 -

·          ARTICOLO 14, commi da 10-bis a 10-septies. - 76 -

Reclutamento di personale presso l’Amministrazione giudiziaria.. - 76 -

·          ARTICOLO 14-bis. - 81 -

Disciplina delle capacità assunzionali delle Regioni e degli enti locali - 81 -

·          ARTICOLO 14-ter. - 82 -

Utilizzo delle graduatorie concorsuali per l'accesso al pubblico impiego.. - 82 -

·          ARTICOLO 18-bis. - 83 -

Sospensione trattamenti previdenziali per condanne a pene detentive. - 83 -

·          ARTICOLO 19. - 84 -

Termine di prescrizione dei contributi per le amministrazioni pubbliche. - 84 -

·          ARTICOLO 20. - 85 -

Riscatto di periodi non coperti da contribuzione. - 85 -

·          ARTICOLO 21. - 95 -

Esclusione opzionale da massimale contributivo.. - 95 -

·          ARTICOLO 22. - 99 -

Fondi di solidarietà bilaterali - 99 -

·          ARTICOLO 23. - 103 -

Anticipo del trattamento di fine servizio (TFS) - 103 -

·          ARTICOLO 24. - 110 -

Detassazione del trattamento di fine servizio (TFS) - 110 -

·          ARTICOLO 25. - 113 -

Ordinamento degli Enti previdenziali pubblici - 113 -

·          ARTICOLO 25-bis. - 116 -

Personale addetto alle attività di informazione e comunicazione della p.a. - 116 -

·          ARTICOLO 25-ter. - 117 -

Trasparenza in materia di trattamenti pensionistici - 117 -

·          ARTICOLO 26. - 117 -

Fondo di solidarietà trasporto aereo.. - 117 -

ARTICOLO 26-bis. - 119 -

Proroga della cassa integrazione guadagni straordinaria.. - 119 -

·          ARTICOLO 26-ter. - 122 -

Acconti di cassa integrazione salariale straordinaria.. - 122 -

·          ARTICOLO 26-quater. - 123 -

Obbligo di invio di dati all’INPS. - 123 -

·          ARTICOLO 26-quinquies. - 124 -

Trattamento pensionistico personale ENAV. - 124 -

·          ARTICOLO 26-sexies. - 128 -

Sostegno del reddito per i lavoratori del settore dei call center. - 128 -

Capo III (Articoli 17-29) - 129 -

Disposizioni finali - 129 -

·          ARTICOLO 27. - 129 -

Disposizioni in materia di giochi - 129 -

ARTICOLO 28, comma 1. - 138 -

Fondo interventi strutturali di politica economica.. - 138 -

·          ARTICOLO 28. - 139 -

Copertura finanziaria.. - 139 -

 

 


Informazioni sul provvedimento

A.C.

1637

Titolo:

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni

Iniziativa:

governativa

approvato, con modificazioni, dal Senato

Relazione tecnica (RT):

presente

Relatori per le Commissioni di merito:

Murelli, per la XI Commissione

Nesci, per la XII Commissione

Gruppi:

Lega

M5S

Commissioni competenti:

XI (Lavoro) e XII (Affari sociali)

 

PREMESSA

 

Il disegno di legge dispone la conversione del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni.

Il provvedimento, approvato con modificazioni dal Senato, è corredato di una relazione tecnica e di un prospetto riepilogativo riferiti al testo iniziale (cfr. S. 1018).

Nel corso dell’esame al Senato sono state presentate relazioni tecniche riferite ad alcune delle modifiche introdotte. Inoltre, in risposta a rilievi emersi nel corso dell’esame presso la 5^ Commissione (Bilancio), il rappresentante del Governo ha fornito ulteriori chiarimenti (seduta del 12 febbraio 2019) e ha messo a disposizione una nota tecnica (seduta del 13 febbraio 2019): di tali elementi informativi si dà conto nel presente dossier.

Ove non sia specificamente indicato per ragioni di chiarezza, il riferimento alla relazione tecnica va inteso alla RT che ha introdotto la norma iniziale o l’emendamento, mentre l’unico prospetto riepilogativo citato è quello riferito al testo iniziale.

Al momento della predisposizione del presente dossier, non risulta trasmessa la relazione tecnica di passaggio.

Si esaminano di seguito le norme considerate dalle relazioni tecniche presentate nonché le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.

 

 

 

 

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI

 

CAPO I (Articoli 1-13)

Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza

Si ritiene opportuno preliminarmente riepilogare gli effetti complessivamente attribuiti alla disciplina sul Rdc (artt. 1-13) che, in base al successivo articolo 28 (alla cui scheda si rinvia), sono coperti a valere sulla conseguente riduzione sul Fondo a ciò destinato dalla legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 255, della legge n. 145/2018).

Nelle schede successive i singoli effetti finanziari sono analizzati con maggiore dettaglio, facendo riferimento ai singoli articoli.

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2019

2020

2021

2019

2020

2021

2019

2020

2021

Maggiori spese correnti

Reddito e pensione di cittadinanza (artt 1-3)

5.620,0

7.123,0

7.355,0

5.620,0

7.123,0

7.355,0

5.620,0

7.123,0

7.355,0

Assunzioni e collaborazioni ANPAL (art. 12, co. 3 e 4)

201,0

251,0

51,0

201,0

251,0

51,0

201,0

251,0

51,0

Centri di assistenza fiscale CAF (art. 12, co. 5)

20,0

 

 

20,0

 

 

20,0

 

 

Assunzione personale INPS (art. 12, co. 6)

50,0

50,0

50,0

50,0

50,0

50,0

50,0

50,0

50,0

Adeguamento sistemi informativi Ministero del lavoro (art. 12, co. 7)

2,0

2,0

2,0

2,0

2,0

2,0

2,0

2,0

2,0

Assunzioni centri per l’impiego (art. 12, co. 8, lett. b) punto 3)

120,0

160,0

 

120,0

160,0

 

120,0

160,0

 

Quota funzionamento ANPAL a valere sul Fondo (art. 12, co. 7)

10,0

 

 

10,0

 

 

10,0

 

 

Prosecuzione Reddito di inclusione (art. 13)

274,0

8,0

 

274,0

8,0

 

274,0

8,0

 

TOTALE MAGGIORI SPESE CORRENTI (A)

6.297,0

7.594,0

7.458,0

6.297,0

7.594,0

7.458,0

6.297,0

7.594,0

7.458,0

 

Maggiori entrate tributarie e contributive (effetti indotti per assunzioni e collaborazioni)

Assunzioni e collaborazioni ANPAL (art. 12, co 3 e 4)

 

 

 

97,5

121,8

24,8

97,5

121,8

24,8

Assunzione personale INPS (art. 12, co. 6)

 

 

 

24,3

24,3

24,3

24,3

24,3

24,3

Assunzioni centri per l’impiego (art. 12, co. 8, lett. b) punto 3)

 

 

 

58,2

77,6

 

58,2

77,6

 

TOTALE MAGGIORI ENTRATE (B)

 

 

 

180,0

223,7

49,1

180,0

223,7

49,1

 

TOTALE ONERI NETTI (A-B)

6.297,0

7.594,0

7.458,0

6.117,0

7.370,3

7.408,9

6.117,0

7.370,3

7.408,9

N.B. La tabella riporta dati tratti dal prospetto riferito agli effetti finanziari del testo iniziale del provvedimento, che non tengono conto delle norme introdotte nel corso dell’esame al Senato (art. 12, co. 7-bis).

 

·         ARTICOLI 1 e 12

Reddito di cittadinanza – Disposizioni finanziarie

Le norme istituiscono, a decorrere dal mese di aprile 2019, il Reddito di cittadinanza (Rdc), quale misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione, alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro. Il Rdc costituisce livello essenziale delle prestazioni nei limiti delle risorse disponibili (articolo 1, comma 1).

Per i nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni, adeguata agli incrementi della speranza di vita di cui all’articolo 12 del decreto-legge n. 78/2010[1], il Rdc assume la denominazione di Pensione di cittadinanza quale misura di contrasto alla povertà delle persone anziane. I requisiti per l’accesso e le regole di definizione del beneficio economico, nonché le procedure per la gestione dello stesso, sono le medesime del Rdc, salvo dove diversamente specificato. In caso di nuclei già beneficiari del Rdc, la Pensione di cittadinanza decorre dal mese successivo a quello del compimento del 67° anno del componente del nucleo più giovane, come adeguato ai sensi di quanto previsto dalla normativa vigente (articolo 1, comma 2).

L’articolo 12 autorizza, ai fini dell'erogazione del beneficio economico del Rdc e della Pensione di cittadinanza, di cui agli articoli 1, 2 e 3, degli incentivi, di cui all'articolo 8, nonché dell'erogazione del Reddito di inclusione, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, limiti di spesa nella misura di: 5.894 milioni di euro nel 2019, di 7.131 milioni di euro nel 2020, di 7.355 milioni di euro nel 2021 e di 7.210 milioni di euro annui a decorrere dal 2022, da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato "Fondo per il reddito di cittadinanza" (articolo 12, comma 1).

Per le finalità di cui al comma 1 e per consentire le attività di cui ai commi 9 e 10, le risorse del Fondo di cui al comma 1, ad eccezione di quelle necessarie per le finalità di cui all'articolo 13, comma 1 (prosecuzione erogazione ReI), sono trasferite annualmente all'INPS su apposito conto corrente di tesoreria centrale ad esso intestato, dal quale sono prelevate le risorse necessarie per l'erogazione del beneficio. Le risorse sono trasferite sul conto acceso presso il soggetto incaricato del Servizio integrato di gestione della carta acquisti e dei relativi rapporti amministrativi, con cui l'INPS stipula apposita convenzione (articolo 12, comma 2).

Le norme recano inoltre le seguenti autorizzazioni di spesa:

·        in favore di ANPAL

-          nel limite di 200 milioni di euro per l'anno 2019, 250 milioni di euro per l'anno 2020 e 50 milioni di euro per l'anno 2021 per consentire la stipulazione di contratti di collaborazione, nonché per la selezione, la formazione e l’equipaggiamento (comma 3);

-          entro i limiti di i limiti di spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dall’anno 2019, per stabilizzare il personale a tempo determinato già dipendente di ANPAL servizi S.p.A. (articolo 12, comma 4);

·        in favore dei Centri di assistenza fiscale (CAF) - 20 milioni di euro per il 2019 anche per consentire ai beneficiari di presentare domanda di Rdc e di pensione di cittadinanza attraverso l'assistenza fiscale dei predetti CAF in convenzione con l'INPS ai sensi dell'articolo 5 comma 1, nonché per le attività legate all'assistenza nella presentazione della DSU a fini ISEE (articolo 12, comma 5);

·        in favore dell’INPS - nel limite di 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2019 per l’assunzione di personale da assegnare alle strutture dell’INPS al fine di dare piena attuazione alle disposizioni contenute nel decreto in esame (articolo 12, comma 6);

·        per l’adeguamento e la manutenzione dei sistemi informativi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - 2 milioni di euro annui, a decorrere dal 2019, per le attività di competenza di cui all’articolo 6 (con il quale si istituiscono due piattaforme digitali per la attivazione e la gestione dei Patti per il lavoro e per l’inclusione sociale), nonché per attività di comunicazione istituzionale sul programma Rdc (articolo 12, comma 7);

·        in favore dell’INAIL - euro 5.695.723,00 per l'anno 2020 ed euro 5.549.500,00 annui a decorrere dall'anno 2021 da destinare ad assunzioni di personale, da effettuarsi mediante procedure concorsuali e a valere sulle risorse del Fondo di cui all'articolo 1, comma 365, lettera b), della legge n. 232/2016 (articolo 12, comma 7-bis).

La norma dispone che tali assunzioni siano finalizzate a dare piena attuazione ai nuovi e maggiori compiti attribuiti all’INAIL per l'effetto della revisione delle tariffe dei premi e dei contributi assicurativi, della disciplina dell'assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico e del regime delle prestazioni economiche, socio-sanitarie e di reinserimento lavorativo a favore delle persone con disabilità da lavoro.

Si ricorda che, l’articolo 1, comma 365, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo da ripartire, con una dotazione di 1.480 milioni di euro per l'anno 2017 e di 1.930 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018, per le assunzioni e la contrattazione collettiva del pubblico impiego. In particolare la lettera b) del citato comma destina parte delle risorse ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, nell'ambito delle amministrazioni dello Stato.

Sono apportate modifiche all’articolo 1, commi 255 e 258, della legge di bilancio per il 2019 (articolo 12, comma 8). In particolare:

-          viene modificata la denominazione del “Fondo per il reddito di cittadinanza” in “Fondo da ripartire per l’introduzione del reddito di cittadinanza”;

-          con riferimento alle risorse destinate al potenziamento dei Centri per l’impiego, viene rimodulato il limite massimo di spesa (che passa da 1 miliardo a 480 milioni di euro nel 2019 e da 1 miliardo a 420 milioni di euro nel 2020). Inoltre, si precisa che la quantificazione dell’onere per il funzionamento dell’ANPAL, pari a 10 milioni di euro, è posto a carico del Fondo per il reddito di cittadinanza;

-          la copertura degli oneri previsti per il potenziamento dei centri per l’impiego attraverso il reclutamento di personale, per gli anni 2019 (120 milioni di euro) e 2020 (160 milioni), già posta a valere sulle risorse per il potenziamento dei centri per l’impiego, nell’ambito del Fondo per il reddito di cittadinanza della legge di bilancio 2019, è ora portata a riduzione delle risorse dello stesso Fondo. Resta invariata la copertura relativa agli anni 2021 e seguenti.

Le norme dispongono che, ai fini del rispetto dei limiti di spesa annuali di cui al comma 1, l'INPS accantoni, a valere sulle disponibilità del conto di tesoreria di cui al comma 2, all’atto della concessione di ogni beneficio economico del Rdc, un ammontare di risorse pari alle mensilità spettanti nell'anno, per ciascuna annualità in cui il beneficio è erogato. All'inizio di ciascuna annualità è altresì accantonata una quota pari alla metà di una mensilità aggiuntiva per ciascun nucleo beneficiario nel programma da oltre sei mesi, al fine di tener conto degli incentivi di cui all'articolo 8. In caso di esaurimento delle risorse disponibili per l'esercizio di riferimento, ai sensi del comma 1, un apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro trenta giorni dall'esaurimento di dette risorse, ristabilisce la compatibilità finanziaria mediante rimodulazione dell'ammontare del beneficio. Nelle more dell'adozione del decreto, l'acquisizione di nuove domande e le erogazioni sono sospese. La rimodulazione dell'ammontare del beneficio opera esclusivamente nei confronti delle erogazioni del beneficio successive all'esaurimento delle risorse non accantonate (articolo 12, comma 9).

Si stabilisce che L'INPS provveda al monitoraggio delle erogazioni del beneficio economico del Rdc, della Pensione di cittadinanza e degli incentivi di cui all'articolo 8, inviando entro il 10 di ciascun mese la rendicontazione con riferimento alla mensilità precedente delle domande accolte, dei relativi oneri, nonché delle risorse accantonate ai sensi del comma 9, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze. L'INPS comunica tempestivamente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze che l'ammontare degli accantonamenti disposti ai sensi del comma 9, ha raggiunto il 90% delle risorse disponibili ai sensi del comma 1 (articolo 12, comma 10).

Le norme prevedono che, qualora nell'ambito del monitoraggio siano accertati, rispetto agli oneri previsti, eventuali minori oneri, aventi anche carattere pluriennale, le correlate risorse confluiscono nel Fondo per il reddito di cittadinanza per essere destinate anche ai centri per l'impiego, al fine del loro potenziamento. In tal caso sono conseguentemente rideterminati i limiti di spesa di cui al comma 1. L'accertamento avviene quadrimestralmente. Resta fermo il monitoraggio previsto dall’articolo 1, comma 257, della legge di bilancio 2019, finalizzato all’eventuale conferimento di economie al Fondo per la revisione del sistema pensionistico (comma 256 della stessa legge di bilancio) (articolo 12, comma 11).

Le norme stabiliscono che al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, di cui all'articolo 4, comma 13 (Patto per l’inclusione sociale), ivi inclusi eventuali costi per l'adeguamento dei sistemi informativi dei comuni, in forma singola o associata, per effetto di quanto previsto dal presente decreto, si provvede mediante l'utilizzo delle risorse residue della quota del Fondo per la lotta alla povertà e alla esclusione sociale di cui all'articolo 1, comma 386, della legge n. 208 del 2015, destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 147 del 2017 (articolo 12, comma 12).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive all’articolo 12 i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2019

2020

2021

2019

2020

2021

2019

2020

2021

Maggiori spese correnti

 

Anpal Servizi spa conferimento incarichi di collaborazione (comma 3)

200,0

250,0

50,0

200,0

250,0

50,0

200,0

250,0

50,0

Anpal Servizi spa – stabilizzazione personale a tempo indeterminato (comma 4)

1,0

1,0

1,0

1,0

1,0

1,0

1,0

1,0

1,0

Centri di assistenza fiscale CAF (comma 5)

20,0

 

 

20,0

 

 

20,0

 

 

Assunzione personale INPS (comma 6)

50,0

50,0

50,0

50,0

50,0

50,0

50,0

50,0

50,0

Adeguamento sistemi informativi Ministero del lavoro (comma 7)

2,0

2,0

2,0

2,0

2,0

2,0

2,0

2,0

2,0

Quota funzionamento ANPAL a valere sul Fondo (comma 7)

10,0

 

 

10,0

 

 

10,0

 

 

Assunzioni centri per l’impiego (comma 8, lett. b) numero 3)

120,0

160,0

 

120,0

160,0

 

120,0

160,0

 

Maggiori entrate tributarie e contributive

 

Anpal Servizi spa conferimento incarichi di collaborazione – effetti riflessi (comma 3)

 

 

 

97,0

121,3

24,3

97,0

121,3

24,3

Anpal Servizi spa – stabilizzazione personale a tempo indeterminato – effetti riflessi (comma 4)

 

 

 

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

Assunzione personale INPS – effetti riflessi (comma 6)

 

 

 

24,3

24,3

24,3

24,3

24,3

24,3

Assunzioni centri per l’impiego – effetti riflessi (comma 8, lett. b) numero 3)

 

 

 

58,2

77,6

 

58,2

77,6

 

 

La relazione tecnica propone una tabella analitica riepilogativa delle risorse e degli utilizzi delle risorse in questione, che si riproduce di seguito:

(milioni di euro)

 

2019

2020

2021

A decorrere dal 2022

(A) Dotazione finanziaria Fondo per il reddito di cittadinanza (art. 1, co. 255,1.145/2018) 1.145/2018)

7.100

8.055

8.317

8.317

(B) Rafforzamento personale centri per l'impiego (art. 1, co. 258,1.145/2018)

 

 

160

160

(C= A-B) Dotazione finanziaria Fondo per il reddito dì cittadinanza

7.100

8.055

8.157

8.157

(D) Spesa per il beneficio economico del Rdc e della Pensione di cittadinanza (art. 1, 2 e 3)

5.620

7.123

7.355

7.210

(E) Spesa per il proseguimento del Rei, fino alla sua abrogazione (art. 13, co. 1)

274

8

-

-

(F= D+E) Totale spesa Rdc + Rei (art. 12, co. 1)

5.894

7.131

7.355

7.210

(G) Conferimento incarichi di collaborazione da parte di Anpal servizi SpA (art. 12, co. 3)

200

250

50

-

(H) Stabilizzazione personale Anpal servizi SpA (art. 12, co. 4)

1

1

1

1

(I) Attività CAF per ISEE e domande Rdc (art. 12, co. 5)

20

-

-

-

(L) Rafforzamento personale INPS (art. 12, co. 6)

50

50

50

50

(M) Attività istituzionali di adeguamento

informatico e di comunicazione MLPS (art. 12,

co. 7)

2

2

2

2

(N) Ulteriore rafforzamento centri per l'impiego (art. 12, co. 8, lett. b, punto 1)

480

420

-

-

(0=G+H+I+L+M+N) Totale interventi attuativi di cui all'art. 12

753

723

103

53

(P =F+0) Totale oneri Rdc e interventi attuativi art. 12

6.647

7.854

7.458

7.263

(Q) Rafforzamento personale centri per l'impiego (art. 12, co. 8, lett. b, punto 3)

120

160

 

 

(R) Contributo funzionamento Anpal Servizi SpA (art, 12, co. 8, lett. b, punto 2)

10

-

-

-

(S=Q+R) Totale interventi attuativi L.145/2018

130

160

-

-

(T=C-P-S) Residuo disponibilità Fondo per il Rdc

323

41

699

894

 

Con riferimento al comma 9 dell’art. 12, la RT fa presente che gli incentivi sono sempre coperti nel caso di retribuzioni che non comportino la perdita del Rdc, anche nel caso in cui l'assunzione avvenga a ridosso del mese di sospensione nell'erogazione del benefìcio prevista ogni 18 mesi. Quando invece la retribuzione è tale da far perdere il diritto al beneficio, potrebbe darsi il caso, quando l'assunzione avvenga in prossimità della sospensione, che per il singolo individuo in un dato anno si abbia una spesa maggiore, seppure comunque compensata su base intertemporale dai risparmi per i minori benefici erogati nelle mensilità successive (es. avvio del Rdc in aprile 2019, assunzione al 18esimo mese - cioè settembre del 2020 - incentivo minimo concesso pari a cinque mensilità - di cui 3 usufruite nel 2020, una in più delle mensilità di Rdc che sarebbero state versate nell'anno in assenza dell'assunzione). L'accantonamento di metà di una mensilità aggiuntiva, pertanto, equivale ad ipotizzare un tasso di successo notevolissimo del programma (metà dei beneficiari di una data coorte in un dato anno dovrebbe trovare lavoro a tempo pieno e indeterminato nel periodo di fruizione del Rdc) e che le assunzioni avvengano tutte nei quattro o cinque mesi prima del mese di sospensione del beneficio e per una retribuzione tale da far perdere diritto al benefìcio. Anche trascurando l'incentivo maggiore per il datore di lavoro ad assumere comunque il beneficiario nei primi mesi di fruizione del benefìcio (quando cioè - fino al dodicesimo o tredicesimo mese a seconda delle fattispecie - l'incentivo è sempre coperto), se invece si ipotizzasse una distribuzione uniforme delle offerte occupazionali nel periodo di fruizione del beneficio, la probabilità di essere assunti in prossimità del mese di sospensione (cioè nei quattro o cinque mesi precedenti) risulterebbe comunque inferiore a 0,5. In altri termini, nell'ipotesi di distribuzione uniforme delle offerte, accantonare mezza mensilità aggiuntiva equivale ad ipotizzare che tutti i beneficiari di una data coorte vengano assunti. Quindi, dal punto di vista della copertura degli incentivi di cui all'articolo 8, qualunque ipotesi venga adottata sui tassi di fuoriuscita dal programma che diano luogo ad incentivi, l'accantonamento di mezza mensilità aggiuntiva appare comunque estremamente prudenziale.

Se gli accantonamenti esauriscono le risorse disponibili, le erogazioni sono sospese finché con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze non si ristabilisce la compatibilità finanziaria rimodulando il benefìcio per le successive erogazioni.

Il Governo, in risposta ai quesiti emersi nel corso dell’esame al Senato, ha precisato quanto segue.

In relazione alla limitazione al 2019 del finanziamento della convenzione con i CAF per l'assistenza alla presentazione della dichiarazione ai fini ISEE (comma 5), si tratta di una spesa non obbligatoria in termini di legge, rappresentando il ricorso ai centri di assistenza fiscale solo una delle possibilità disponibili per la presentazione della Dichiarazione sostitutiva unica (DSU), ai sensi dell'articolo 10, comma 6, del DPCM 5 dicembre 2013, n. 159, né essendo prevista in norma la gratuità dell'assistenza, in realtà per gran parte in carico all'INPS, trattandosi di scelte rimandate all'autonomia gestionale dell'Istituto. Al riguardo si precisa peraltro che, nel corso del 2019, è prevista l'introduzione della modalità precompilata di presentazione della DSU, in esito alla quale gli oneri connessi alla intermediazione dei CAF potranno essere eventualmente rivisti.

In relazione alla dotazione del Fondo per la lotta alla povertà (comma 12), le risorse del Fondo destinate alle attività dei servizi sociali e agli eventuali costi di adeguamento dei sistemi informativi dei comuni sono pari a 347 milioni nel 2019 e crescono fino a 615 milioni di euro a decorrere dal 2021. Si ricorda che nel 2018 si è trattato di 297 milioni di euro. Con riferimento alla adeguatezza di tali risorse, le attività dei Comuni sono dimensionate rispetto alla dotazione disponibile con specifico atto di programmazione ai sensi dell’articolo 21, comma 6, lettera b), del d.lgs. n. 147 del 2017.

 

Al riguardo, si evidenzia preliminarmente, in merito all’impatto complessivo della disciplina in esame - ed ai corrispondenti effetti finanziari evidenziati dalla relazione tecnica e dal prospetto riepilogativo - che l’art. 1 qualifica la misura del reddito di cittadinanza come livello essenziale delle prestazioni “nei limiti delle risorse disponibili”.

In coerenza con tale qualificazione, l’articolo 12, comma 1, autorizza per l’erogazione del beneficio nonché per la prosecuzione del Rei limiti complessivi di spesa annua nella misura di circa 5,9 mld per il 2019, 7,1 per il 2020, 7,4 per il 2021 e 7,2 a decorrere dal 2022. Le risorse utilizzate per il finanziamento della misura sono principalmente[2] prelevate, ai sensi del successivo articolo 28, dall’apposito Fondo stanziato, sempre sulla base di limiti di spesa annua, dalla legge di bilancio per il 2019 (comma 255).

Tanto premesso, si osserva che, pur in presenza di limiti massimi cui vanno necessariamente ricondotte le erogazioni in favore di soggetti in possesso dei requisiti prescritti dalle norme, la RT quantifica puntualmente tali occorrenze finanziarie al fine di dar conto della capienza delle risorse rispetto alla platea potenzialmente interessata. Inoltre, a garanzia della compatibilità tra prestazioni da erogare in favore dei destinatari e disponibilità finanziarie, sono previsti, dall’articolo 12, procedure di monitoraggio e misure di salvaguardia volte a ricondurre la spesa nel quadro di limiti massimi stabiliti, anche attraverso la sospensione e la rimodulazione delle erogazioni, come previsto dall’articolo 12, comma 9. Pertanto, le prestazioni inerenti il beneficio non appaiono costituire il contenuto di un diritto incondizionato, essendo comprimibili in funzione delle esigenze di ripristino della compatibilità con i relativi stanziamenti.

Ciò posto le procedure prefigurate e la complessiva configurazione dell’istituto non appaiono suscettibili di determinare effetti che eccedano le risorse stanziate a condizione che:

-          le stime operate dalla RT si rivelino conformi ai volumi effettivi di spesa per ciascun esercizio;

-          e che, in caso di eccedenze di spesa riscontrare in sede di monitoraggio, i meccanismi di riallineamento delle erogazioni all’entità delle risorse stanziate siano idonei a ristabilire in maniera efficace l’equilibrio finanziario anche sotto il profilo della coerenza sul piano temporale, al fine di evitare effetti sui saldi.

In ordine al primo profilo, si rinvia alle considerazioni di seguito svolte con riguardo a ciascuno degli articoli ricompresi nel Capo I (artt. 1-13).

Per quanto attiene invece al secondo profilo, fatte salve le osservazioni di seguito formulate con riguardo all’articolo 12, appare utile acquisire conferma dal Governo dell’effettiva realizzabilità del meccanismo di ripristino della compatibilità finanziaria in tempi coerenti con le esigenze di riallineamento delle spese alle previsioni, al fine di garantire il rispetto dei limiti di spesa stabiliti; ciò con riguardo a ciascun esercizio finanziario, per i quali sono definiti gli ammontari massimi delle risorse da erogare per il beneficio Rdc.

Inoltre, per quanto attiene all’articolo 12, si evidenzia che il comma 10 fa salvo il monitoraggio di cui all’articolo 1, comma 257, della legge di bilancio 2019, finalizzato alla rilevazione di eventuali economie e alla reciproca riassegnazione delle stesse tra il Fondo per il reddito di cittadinanza ed il Fondo per la revisione del sistema pensionistico. Il comma 11 dell’articolo 12 in esame dispone invece che, qualora siano accertati, in base al monitoraggio, eventuali minori oneri, anche a carattere pluriennale, le correlate risorse confluiscano nel Fondo per il reddito di cittadinanza, per essere destinate ai centri dell’impiego. Andrebbe quindi chiarito il coordinamento tra le due disposizioni.

Con riferimento al meccanismo di accantonamento delle risorse (comma 9), si evidenzia che non appare chiaro, in base alla RT, se nella determinazione dei limiti di spesa annuali si sia tenuto conto anche della necessità, prevista dal comma 9 dell’articolo 12, di accantonare all’inizio di ciascun anno la metà una “mensilità aggiuntiva”, per ciascun nucleo beneficiario del Rdc da oltre sei mesi, per tener conto degli incentivi di cui all’articolo 8 (alla cui scheda si rinvia).

Riguardo alle misure per incarichi di collaborazione ed assunzioni (commi 3, 4 e 6), il prospetto riepilogativo sconta sui saldi di fabbisogno ed indebitamento netto, in conformità alla prassi in materia, “effetti indotti” di incremento delle entrate contributive e tributarie derivanti dalle predette misure, ad eccezione di quelle connesse ad assunzioni per 160 milioni a decorrere dal 2021, i cui effetti indotti (pari a 77,6 milioni) risultano già compresi nel quadro finanziario della legge di bilancio 2019.

Si segnala peraltro che la stessa legge di bilancio sconta anche maggiori entrate per 150 milioni annui a decorrere dal 2019 connesse, in base alla RT allegata alla stessa legge, ad assunzioni per 300 milioni a valere sul Fondo per il reddito di cittadinanza. Andrebbe quindi chiarito se gli interventi assunzionali previsti dalla norma in esame debbano intendersi come aggiuntivi rispetto alle predette assunzioni per 300 mln indicate dalla legge di bilancio. Soltanto in questa ipotesi infatti si escluderebbe una duplicazione tra gli effetti indotti di maggiore entrata già scontati dal quadro finanziario della legge di bilancio e quelli previsti nel prospetto riepilogativo con riguardo all’articolo 12 del decreto in esame.

Con riferimento alle autorizzazioni di spesa in favore di ANPAL per la stipulazione di contratti di collaborazione (comma 3) e per la stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato (comma 4), pur considerando che dette autorizzazioni sono configurate come limiti massimi di spesa, si evidenzia che la RT non fornisce elementi utili alla verifica della stima dei fabbisogni di spesa a cui le medesime risorse sono destinate. Andrebbero quindi acquisiti dati ed elementi circa il numero dei destinatari, il loro costo unitario in relazione al profilo di inquadramento, tenuto conto degli automatismi diretti e indiretti, nonché riguardo agli altri elementi (quali le correlazioni con lo stato giuridico ed economico di categorie o fasce di dipendenti pubblici), prescritti dall’articolo 17, comma 7, della legge di contabilità (legge n. 196/2009).

Con particolare riferimento al comma 4, andrebbe altresì acquisito il dettaglio, aggiornato al 2019, delle posizioni lavorative a tempo determinato al momento attive presso ANPAL servizi spa che saranno interessate dalla stabilizzazione a tempo indeterminato nei limiti delle risorse previste dal medesimo comma 4, fornendo il quadro retributivo ed i livelli di inquadramento a tempo indeterminato corrispondenti ai profili considerati per la stabilizzazione e l'ammontare degli oneri unitari aggiuntivi considerati. Analoghe considerazioni possono essere svolte in relazione all’autorizzazione di spesa finalizzata all’assunzione di personale da assegnare alle strutture dell’INPS (comma 6), pur considerando che anche in questo caso detta autorizzazione è configurata come limite massimo di spesa.

In merito all’autorizzazione di spesa di 2 milioni di euro a decorrere dall’anno 2019 (comma 7) destinata all’adeguamento e alla manutenzione dei sistemi informativi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché all’attività di comunicazione sarebbe utile acquisire elementi alla base della quantificazione dell’onere con particolare riferimento all’implementazione dei sistemi informativi.

Infine, relativamente all’autorizzazione di spesa finalizzata alle assunzioni di personale presso l’INAIL (comma 7-bis), introdotta dal Senato, andrebbero acquisiti, analogamente a quanto osservato in merito ai commi precedenti, insieme ai dati sottostanti la quantificazione dell’onere recato dalla norma, gli elementi informativi riguarda alla disponibilità delle risorse a valere sul Fondo da ripartire di cui all’articolo 1, comma 365, di cui alla legge n. 232/2016, tenendo conto delle finalizzazioni delle risorse già previste a legislazione vigente.

 

·         ARTICOLO 2

Beneficiari del Rdc

Le norme stabiliscono che i nuclei familiari devono essere in possesso cumulativamente dei seguenti requisiti al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio.

a)      Requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno. Il componente richiedente deve essere cumulativamente:

1.      in possesso della cittadinanza italiana o di Paesi facenti parte dell’Unione europea, ovvero suo familiare[3] che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente[4], ovvero cittadino di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo[5];

2.      residente in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due anni in modo continuativo.

b)     Requisiti reddituali e patrimoniali. Il nucleo familiare deve possedere

1.      un valore dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE)[6], di cui al DPCM n. 159 del 2013, inferiore a 9.360 euro;

2.      un valore del patrimonio immobiliare, come definito a fini ISEE, diverso dalla casa di abitazione, non superiore ad una soglia di 30.000 euro;

3.      un valore del patrimonio mobiliare, come definito a fini ISEE, non superiore a una soglia di euro 6.000, accresciuta di euro 2.000 per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di euro 10.000, incrementato di ulteriori euro 1.000 per ogni figlio successivo al secondo; i predetti massimali sono ulteriormente incrementati di euro 5.000 per ogni componente con disabilità, come definita a fini ISEE, presente nel nucleo;

4.      un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di euro 6.000 annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza definita di seguito: il parametro è pari ad 1 per il primo componente del nucleo familiare, incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di anni 18 e di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne, fino ad un massimo di 2,1. Tale parametro è decurtato di 0,4 punti nel caso di presenza di componenti disoccupati per dimissioni volontarie nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni.

La predetta soglia di euro 6.000 è incrementata ad euro 7.560 ai fini dell’accesso alla Pensione di cittadinanza. In ogni caso la soglia è incrementata ad euro 9.360 euro nei casi in cui il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione, come da dichiarazione sostitutiva unica ai fini ISEE (di seguito denominata “DSU”).

c)      Requisito del godimento di beni durevoli. Nessun componente il nucleo familiare deve essere intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di:

1.      autoveicoli immatricolati la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta, ovvero di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, immatricolati la prima volta nei due anni antecedenti, esclusi gli autoveicoli e i motoveicoli per cui è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità ai sensi della disciplina vigente;

2.      navi e imbarcazioni da diporto.

Con particolare riferimento ai requisiti reddituali e patrimoniali, si prevede che i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea debbano produrre, ai fini del conseguimento del Reddito di cittadinanza, una certificazione, rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, sui requisiti di reddito e patrimoniali e sulla composizione del nucleo familiare. La certificazione deve essere presentata in una versione tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana (che ne attesta la conformità all'originale). Sono esclusi dal suddetto obbligo di certificazione:

- i soggetti aventi lo status di rifugiato politico;

- i casi in cui le convenzioni internazionali dispongano diversamente;

- i soggetti nei cui Paesi di appartenenza sia impossibile acquisire le certificazioni (la definizione dell'elenco di tali Paesi è demandata ad un decreto ministeriale).

Si prevede inoltre la possibilità di ampliare, con atto regolamentare, la platea dei potenziali beneficiari del Rdc in caso di eccedenza di risorse finanziarie disponibili sulla base di indicatori di disagio socioeconomico che riflettono le caratteristiche di multidimensionalità della povertà e tengono conto, oltre che della situazione economica, anche delle condizioni di esclusione sociale, di disabilità, di deprivazione socio-sanitaria, educativa e abitativa. Possono prevedersi anche misure non monetarie ad integrazione del Rdc, quali misure agevolative per l’utilizzo di trasporti pubblici, di sostegno alla casa, all’istruzione e alla tutela della salute.

Sono esclusi dal diritto al Reddito di cittadinanza i soggetti disoccupati (del nucleo familiare) a seguito di dimissioni volontarie nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa.

Con riferimento alla definizione di “nucleo familiare”, le norme stabiliscono che, ai fini dell’accesso alla misura, il nucleo familiare è definito ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 159 del 2013 e che, in ogni caso, anche per la richiesta di prestazioni sociali agevolate diverse dal Rdc, ai fini della definizione del nucleo familiare, valgono le seguenti disposizioni, la cui efficacia cessa dalla data di entrata in vigore delle corrispondenti modifiche del decreto del DPCM n. 159 del 2013:

a)      i coniugi permangono nel medesimo nucleo anche a seguito di separazione o divorzio, qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione. Si prevede inoltre che, qualora la separazione o il divorzio sia avvenuto successivamente al 1° settembre 2018, l'eventuale cambio di residenza sia certificato da apposito verbale della polizia locale;

b)     il figlio maggiorenne non convivente con i genitori fa parte del nucleo familiare dei genitori esclusivamente quando: è di età inferiore a 26 anni, è nella condizione di essere a loro carico a fini IRPEF, non è coniugato e non ha figli.

Ai soli fini del Rdc, il reddito familiare è determinato al netto dei trattamenti assistenziali eventualmente inclusi nell’ISEE ed inclusivo del valore annuo dei trattamenti assistenziali in corso di godimento da parte dei componenti il nucleo familiare, fatta eccezione per le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi.

Nel valore dei trattamenti assistenziali non rilevano le erogazioni riferite al pagamento di arretrati, le riduzioni nella compartecipazione al costo dei servizi e le esenzioni e agevolazioni per il pagamento di tributi, le erogazioni a fronte di rendicontazione di spese sostenute, ovvero le erogazioni in forma di buoni servizio o altri titoli che svolgono la funzione di sostituzione di servizi. Ai fini del decreto, non si include tra i trattamenti assistenziali l’assegno di cui all’articolo 1, comma 125, della legge n. 190 del 2014[7].

Le norme stabiliscono che il Rdc è compatibile con il godimento della NASpI[8] e di altro strumento di sostegno al reddito per la disoccupazione involontaria ove ricorrano le condizioni di cui al presente articolo.

 

La relazione tecnica precisa che la base dati di partenza è stata estratta, imponendo il possesso delle caratteristiche economiche richieste, per un totale di 60 mila osservazioni nel campione.

Tra essi si includono tutti i nuclei che hanno presentato una dichiarazione ISEE nelle condizioni sopra evidenziate, indipendentemente dal soddisfacimento del requisito di residenza e, con riferimento agli stranieri extracomunitari, della tipologia del permesso di soggiorno. Nella base dati ISEE, infatti, non si è in grado di differenziare la condizione degli stranieri per tipologia del permesso di soggiorno, né per durata della residenza (così come per il resto dei beneficiari). Allo stesso modo, gli intestatari dei beni durevoli, non disponendosi del dato, sono tutti prudenzialmente inclusi nelle stime.

Riportando il dato campionario all'universo, si è in presenza di oltre 1.365.000 nuclei familiari

Tale stima non include - per costruzione - le famiglie che, pur avendo una condizione economica tale da avere un ISEE pari o inferiore a 9.360 euro, e le altre condizioni patrimoniali e reddituali previste, non hanno richiesto l'indicatore nel 2017. Nell'esperienza recente di stima delle platee potenziali di misure quali il reddito di inclusione (Rei) e, prima, il sostegno per l'inclusione attiva (SIA), si è ritenuto opportuno adottare parametri espansivi della platea, nell'ordine del 15%. Viene quindi applicata la medesima percentuale di incremento alla platea prima indicata.

La RT precisa che nell'esperienza del Rei, in realtà, si è trattato di un'ipotesi eccessivamente prudenziale, atteso che all'esito dell'allargamento della platea intervenuto a decorrere dal 1° luglio 2018 si prevedevano oltre 700.000 nuclei beneficiari, mentre per tutto il 2018 i nuclei beneficiari con almeno un accredito nell'anno risultavano essere poco meno di 460.000, con un take-up inferiore ai due terzi dei potenziali aventi diritto come all'epoca stimati. I dati sulla spesa nel primo anno di applicazione del Rei indicano una distanza della spesa effettiva ancora maggiore rispetto al limite di spesa fissato sulla base delle stime: all'8 di gennaio la spesa per l'erogazione del Rei risultava essere circa 800 milioni di euro, mentre quella per il SIA - per coloro che cioè non sono transitati al regime del Rei o non l'hanno fatto sin dall'istituzione del nuovo strumento – risultava circa 190 milioni di euro. Si tratta cioè di meno di un miliardo di euro a fronte di un limite di spesa di 1,747 miliardi di euro, cioè meno del 60%.

La RT afferma che, tenuto anche conto che nelle rassegne internazionali disponibili sul numero di effettivi beneficiari rispetto al potenziale per misure analoghe al Rdc, tale quota non va mai oltre l'80%, si può ipotizzare, in via prudenziale, che gli eventuali effetti espansivi della platea legati a coloro che non hanno presentato una DSU nel 2017 siano più che compensati da coloro che, pur possedendo i requisiti richiesti, non presenteranno domanda per il beneficio. La RT ritiene quindi che si possa ridurre almeno all'85% la stima sulla platea potenziale secondo la metodologia a suo tempo definita per il Rei.

Il Governo, in risposta ai quesiti emersi nel corso dell’esame presso il Senato, ha precisato quanto segue.

In relazione al take up della misura, la RT ha considerato in via prudenziale un parametro pari all’85% tenuto conto che delle rassegne internazionali disponibili sul numero di effettivi beneficiari rispetto al potenziale per misure analoghe al Reddito di cittadinanza tale quota non supera mai l’80%. Il Governo rende altresì note le principali fonti della rassegna internazionale in materia: Take-Up of Welfare Benefits in OECD Countries. A review of the evidence di Virginia Hernanz, Franck Malherbet, Michele Pellizzari, nella quale un amplio confronto tra i take up dei diversi paesi è riportato alla Tabella 1: Take-up of social benefits in several OECD Countries.

 

Al riguardo, pur prendendo atto delle ipotesi di adesione alla misura utilizzate dalla relazione tecnica, appare necessario acquisire elementi ulteriori in relazione all’individuazione della platea dei potenziali beneficiari, che viene stimata a partire da un campione di soggetti, appartenenti a quelli che hanno presentato la dichiarazione ISEE (c.d. “popolazione ISEE”).

In primo luogo, con riferimento all’utilizzo di dati campionari andrebbero specificate le caratteristiche del campione utilizzato al fine di escludere possibili distorsioni da selezione dei soggetti compresi nel campione, che potrebbero incidere negativamente sulla stima riportata nella relazione tecnica. Infatti non risulta evidenziata dalla RT la composizione dei nuclei rientranti nel campione, sulla base delle caratteristiche reddituali, patrimoniali e degli altri requisiti previsti per l’accesso alla misura RDC.

Inoltre andrebbe esplicitata la metodologia ed i parametri utilizzati per stimare, a partire dal dato originario, la popolazione potenzialmente interessata.

In base a quanto affermato dalla RT, a detta stima (pari a 1.365.000) è stato applicato, dapprima un ampliamento del 15 per cento per tenere conto di chi, pur avendo i requisiti, non ha presentato dichiarazione ISEE e, poi, una riduzione - sempre nella misura del 15 per cento - per tenere conto di chi, pur potendo accedere, non presenterà domanda di reddito di cittadinanza. Sulla base di tali calcoli si perviene a una riduzione di 30.000 nuclei familiari dalla platea di partenza (da 1.365.000 a 1.335.000).

La platea di riferimento così individuata costituisce la base anche per le stime relative agli esercizi successivi, per i quali viene applicata una percentuale di turn-over basata esclusivamente su una previsione di rinnovo delle coorti, fermo restando sostanzialmente il numero dei nuclei con le caratteristiche per beneficiare della misura Rdc.

Si osserva in proposito che i dati su cui è costruito l’ambito applicativo della misura agevolativa sono tratti dalle dichiarazioni ai fini ISEE riferite all’anno 2017, mentre per la verifica delle dinamiche del turn over la base dati è rapportata anche all’anno 2016[9].

Andrebbe quindi acquisito l’avviso del Governo riguardo alle prudenzialità di tale impostazione che richiama, per la definizione della platea e, successivamente, ai fini della determinazione della dinamica di spesa (cfr. art. 3), dati riferiti esclusivamente ai predetti esercizi.

Si osserva inoltre che potrebbe incidere sulla predetta dinamica l’accesso al beneficio di ulteriori nuclei che, pur trovandosi con un valore dell'ISEE inferiore a 9.360 euro, non hanno finora (in assenza di significative motivazioni correlate ad altre agevolazioni) presentato la dichiarazione ISEE, e non sono quindi considerate nella base dati riferita agli anni considerati anche per la relativa minore attrattività delle agevolazioni esistenti.

Con riferimento alla nuova definizione del “nucleo familiare” recata dall’articolo in esame, si segnala che la norma prevede che tale definizione debba essere utilizzata anche per prestazioni sociali agevolate diverse dal Rdc e fino alla data di entrata in vigore delle corrispondenti modifiche del D.P.C.M. n. 159/2013 (che disciplina l’ISEE). In proposito, appare necessario che il Governo confermi che la nuova definizione non sia suscettibile di determinare effetti finanziari negativi in relazione a prestazioni sociali diverse dal Rdc, previste dalla vigente normativa.

 

·         ARTICOLO 3

Beneficio economico

Le norme prevedono che il beneficio economico connesso al RdC sia compreso tra un minimo di 480 euro annui e un massimo di 9.360 euro annui (tale soglia massima deve essere moltiplicata per la scala di equivalenza di cui all’articolo 2 ed è ridotta per il valore del reddito familiare).

Il RdC è composto da:

-          un’integrazione del reddito familiare fino alla soglia di 6.000 euro annui (7.560 in caso di pensione di cittadinanza) riparametrata sulla base della composizione del nucleo familiare per mezzo della scala di equivalenza (di cui all’articolo 2 del provvedimento in esame). Il parametro della scala di equivalenza non tiene conto dei soggetti che si trovano in stato detentivo e di quelli ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali;

-          un’integrazione del reddito dei nuclei familiari residenti in abitazione in locazione, pari all’ammontare del canone annuo previsto nel contratto di locazione (come dichiarato ai fini ISEE), fino ad un massimo di euro 3.360 annui (1.800 se il nucleo risiede in casa di proprietà per la quale sia stato concesso un mutuo o in caso di pensione di cittadinanza).

Il beneficio economico del Rdc è erogato attraverso la Carta Rdc (di cui all’articolo 5) ed è esente dal pagamento dell’IRPEF[10]. Il Rdc, permanendo i requisiti di accesso, è riconosciuto per un periodo continuativo non superiore a 18 mesi e può essere rinnovato, previa sospensione dell’erogazione, per un periodo di un mese. La sospensione non opera nel caso della pensione di cittadinanza.

Il Rdc decorre dal mese successivo a quello della richiesta e il suo valore mensile è pari ad un dodicesimo del valore su base annua. Con apposito decreto ministeriale sono definite le modalità di erogazione del Rdc suddiviso per ogni singolo componente maggiorenne del nucleo familiare. La Pensione di cittadinanza è suddivisa in parti uguali tra i componenti il nucleo familiare.

Le norme prevedono che, in caso di variazione della condizione occupazionale nelle forme dell’avvio di un’attività di lavoro dipendente da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso dell’erogazione del Rdc, il maggior reddito da lavoro concorre alla determinazione del beneficio economico nella misura dell’80%, a decorrere dal mese successivo a quello della variazione e fino a quando il maggior reddito non è ordinariamente recepito nell’ISEE per l’intera annualità.

Il reddito da lavoro dipendente è desunto dalle comunicazioni obbligatorie, di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge n. 510 del 1996, che, conseguentemente, a decorrere dal mese di aprile 2019, devono contenere l’informazione relativa alla retribuzione o al compenso. L’avvio dell’attività di lavoro dipendente è comunque comunicato dal lavoratore all’INPS per il tramite della Piattaforma digitale per il Patto per il lavoro di cui all’articolo 6, comma 2, a pena di decadenza dal beneficio, entro trenta giorni dall’inizio dell’attività, ovvero di persona presso i Centri per l’Impiego.

Si dispone che, in caso di variazione della condizione occupazionale nelle forme dell’avvio di un’attività d’impresa o di lavoro autonomo, svolta sia in forma individuale che di partecipazione, da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso dell’erogazione del Rdc, la variazione dell’attività deve essere comunicata all’INPS entro trenta giorni dall’inizio della stessa a pena di decadenza dal beneficio, per il tramite della Piattaforma digitale per il Patto per il lavoro di cui all’articolo 6, ovvero di persona presso i Centri per l’Impiego.

Il reddito è individuato secondo il principio di cassa come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese sostenute nell’esercizio dell’attività ed è comunicato entro il quindicesimo giorno successivo al termine di ciascun trimestre dell’anno.

A titolo di incentivo, il beneficiario fruisce senza variazioni del Rdc per le due mensilità successive a quella di variazione della condizione occupazionale, ferma restando la durata di cui al comma 6. Il beneficio è successivamente aggiornato ogni trimestre avendo a riferimento il trimestre precedente.

Sono previsti in capo al beneficiario obblighi di comunicazione all’ente erogatore del beneficio in caso di variazioni:

-          patrimoniali che comportino la perdita dei requisiti reddituali e patrimoniali e quelli riferiti al godimento dei beni durevoli (previsti dall’articolo 2 del provvedimento in esame);

-          del nucleo familiare, fermi restando il mantenimento dei requisiti e la presentazione di una DSU aggiornata entro due mesi dalla variazione.

In caso di interruzione della fruizione, per ragioni diverse dall’applicazione di sanzioni, le norme prevedono la possibilità di richiedere nuovamente il beneficio per una durata complessiva non superiore al periodo residuo non goduto. Nel caso l’interruzione sia motivata dal maggior reddito derivato da una modificata condizione occupazionale e sia decorso almeno un anno nella nuova condizione, l’eventuale successiva richiesta del beneficio equivale a prima richiesta.

Le norme prevedono che il beneficio sia ordinariamente fruito entro il mese successivo a quello di erogazione. A decorrere dal mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di seguito descritto, l’ammontare di beneficio non speso ovvero non prelevato, ad eccezione di arretrati, è sottratto, nei limiti del 20% del beneficio erogato, nella mensilità successiva a quella in cui il beneficio non è stato interamente speso. Con verifica in ciascun semestre di erogazione, è comunque decurtato dalla disponibilità della Carta Rdc di cui all’articolo 5 l’ammontare complessivo non speso ovvero non prelevato nel semestre, fatta eccezione per una mensilità di beneficio riconosciuto.

Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Garante della protezione dei dati personali, sono stabilite le modalità con cui, mediante il monitoraggio dei soli importi complessivamente spesi e prelevati sulla Carta Rdc, si verifica la fruizione del beneficio, le possibili eccezioni, nonché le altre modalità attuative.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2019

2020

2021

2019

2020

2021

2019

2020

2021

Maggiori spese correnti

 

Reddito e pensione di cittadinanza (artt 1-3)

5.620

7.123

7.355

5.620

7.123

7.355

5.620

7.123

7.355

 

La relazione tecnica premette che, ai fini della valutazione della spesa, è necessaria una valutazione su altri elementi (ulteriori rispetto a quelli presi in considerazione riguardo all’articolo 2) che caratterizzano la situazione del nucleo familiare e che determinano il beneficio, che dipende dal numero dei componenti, come pesati dalla specifica scala di equivalenza adottata, dalla situazione reddituale dei componenti il nucleo familiare, dalla fruizione di altri trattamenti economici assistenziali, dal bisogno abitativo e, nella fattispecie, dal canone di locazione versato come da contratto regolarmente registrato. Pertanto, il benefìcio massimo - pari per un singolo a 780 euro mensili - è percepibile solo da chi ha risorse reddituali pari a 0, non riceve altri trattamenti (al netto di quelli non sottoposti a prova dei mezzi, tra i quali il più rilevante è l'indennità di accompagnamento) e versa un canone di locazione di almeno 280 euro mensili. La RT sottolinea che per la Pensione di cittadinanza la soglia reddituale è fissata a 7.560 euro annui, mentre il sostegno all'affitto è al massimo di euro 1.800 annui. Di fatto, sia per il Rdc che per la Pensione di cittadinanza la somma delle due componenti è sempre pari al massimo a 780 euro mensili moltiplicati per la scala di equivalenza.

Il benefìcio non può in ogni caso essere complessivamente superiore a 9.360 euro per il parametro della scala di equivalenza, ridotto del reddito familiare inclusivo dei trattamenti, mentre nel caso di benefìci inferiori a 480 euro annui, questi vengono incrementati a detta soglia.

La RT presenta a questo punto la stima della spesa, suddivisa per numerosità del nucleo familiare, relativa a tutta la platea con le caratteristiche richieste che abbia presentato una dichiarazione a fini ISEE, inclusiva in particolare della componente stranieri indipendentemente dal possesso dei requisiti di soggiorno e di residenza e con le ipotesi di take-up prima specificate.

 

Tabella 1 - Nuclei beneficiari e risorse al lordo di componenti da escludere successivamente per l'erogazione del Rdc e della Pensione di cittadinanza nell'anno base

 

Numero componenti nel nucleo

Numero nuclei beneficiari (migliaia)

Risorse (milioni di euro)

1

363

1.571

2

236

1.330

3

288

1.923

4

265

1.880

5 o più

183

1.324

Totale

1.335

8.028

 

Non tutti gli stranieri hanno diritto al benefìcio. In particolare, si può stimare, sulla base dei dati sulla cittadinanza degli stranieri e della quota di titolari di permessi di soggiorno di lungo periodo, che la quota di stranieri non in possesso dei requisiti di residenza e soggiorno sia pari ad almeno il 36%. I requisiti di residenza, in realtà, riguardano tutti i beneficiari, ma prudenzialmente la stima presentata dalla RT è riferita ad una riduzione della platea per i soli nuclei composti esclusivamente da cittadini stranieri. Assumendo caratteristiche analoghe tra gli stranieri che posseggono o meno i requisiti per l'eleggibilità al beneficio (trattasi anche in questo caso di ipotesi prudenziale, avendo probabilmente i cittadini stranieri da più tempo residenti nel territorio italiano condizioni economiche migliori) possono essere stimate la spesa e la platea complessiva:

Tabella 2 - Nuclei beneficiari e risorse al netto della stima dei nuclei di soli stranieri non lungosoggiornanti e non residenti da almeno 10 anni nel territorio italiano

 

 

Numero nuclei beneficiari (migliaia)

Risorse (milioni di euro)

Popolazione complessiva (A)

1.335

8.028

Nuclei di soli stranieri (B)

241

1.486

Stima nuclei di stranieri non eleggibili (0,36*B) (C)

87

535

Totale (A-C)

1.248

7.493

 

La RT precisa che oltre a questi elementi, è necessario valutare altri aspetti che impattano sulla spesa a regime, atteso che la prestazione non si intende dalla durata indefinita, ma ai sensi dell'articolo 3, comma 6, ha una durata massima di 18 mesi, cui segue una sospensione di un mese prima di poter richiedere il rinnovo. A tal fine è necessario preventivamente stimare il turn-over nella platea dei beneficiari. Infatti, se il turn-over fosse nullo, si produrrebbe un profilo di spesa per cui la spesa sostanzialmente ad anni alterni si ridurrebbe di un dodicesimo (cioè, fatta pari a 100 la spesa del primo anno, il secondo sarebbe ridotto a 92, il terzo 100, il quarto e il quinto 92, il sesto 100 e così via).

La RT afferma che, legando longitudinalmente i campioni di DSU del 2016 e del 2017, ed escludendo le famiglie di soli anziani (si ricordi che per i beneficiari della pensione di cittadinanza la durata del benefìcio si assume indefinita), il turn-over appare piuttosto elevato, con permanenze di poco inferiori ai due terzi: infatti, nel confronto con l'anno precedente il numero di nuclei con le caratteristiche del Rdc è grosso modo il medesimo, ma solo per meno di due terzi si tratta delle stesse famiglie. Assumendo tale andamento costante nel tempo e applicandolo uniformemente alle varie coorti di beneficiari Rdc, il profilo temporale della spesa - fatta 100 il primo anno - è il seguente:

Tabella 3 - Profilo temporale teorico della spesa in base alla durata del Rdc (spesa iniziale pari a 100)

 

2019

2020

2021

2022

2023

100

94,8

98,1

96,0

96,0

 

Successivamente le oscillazioni si fanno sempre meno ampie e la spesa a regime si colloca al 96,4%.

Tenuto conto che nel primo anno la partenza del Rdc è prevista ad aprile e che il profilo di spesa sopra evidenziato può applicarsi ai soli beneficiari del Reddito di cittadinanza e non della Pensione di cittadinanza, il profilo temporale della spesa aggiuntiva connessa al Rdc e alla Pensione di cittadinanza è il seguente (in milioni di euro):

 

Tabella 4 - Risorse complessive necessarie per l'erogazione del Rdc e della Pensione di cittadinanza

(milioni di euro)

 

 

2019

2020

2021

2022

2023

Spesa per il beneficio economico del Rdc e della Pensione di cittadinanza

5.620

7.123

7.355

7.210

7.210

 

Il Governo, in risposta ai quesiti emersi nel corso dell’esame al Senato, ha precisato quanto segue.

In relazione ai dati sottostanti la quantificazione, le stime sono state effettuate utilizzando un campione rappresentativo della popolazione che ha presentato una dichiarazione sostitutiva unica (DSU) a fini ISEE nell’annualità 2017, per accedere a prestazioni agevolate. Si tratta di microdati che per ogni famiglia presente nel campione riportano tutti i dati necessari a verificare il possesso dei requisiti economici e patrimoniali previsti dalla normativa del Reddito di cittadinanza, nonché il beneficio teoricamente spettante. Sulla base di tale campione è stato possibile non solo calcolare il numero di nuclei familiari tra quelli richiedenti prestazioni agevolate in possesso dei requisiti per accedere al Reddito di cittadinanza, ma anche aggregare i dati sulla base del numero dei componenti il nucleo, per calcolarne frequenza e beneficio medio. L'utilizzo di tale base fornisce pertanto indicazioni più precise di quanto si potrebbe ricavare dalla osservazione dei dati sui beneficiari del REI, che presentano requisiti molto diversi.

Similmente, attraverso tale banca dati è stato possibile calcolare la proporzione di cittadini stranieri aventi i requisiti economici e patrimoniali per accedere al beneficio in misura pari al 18%, prima di effettuare qualunque ipotesi su residenza e soggiorno, stante l'informazione relativa alla cittadinanza degli individui, già presente nel campione. Tale percentuale è stata poi utilizzata come base, in assenza di informazioni in banca dati per verificare i requisiti di residenza e relativi al permesso di soggiorno, per calcolare il numero di beneficiari stranieri: in particolare, stimando, sulla base dei dati Istat sulla cittadinanza degli stranieri residenti in Italia e della quota di titolari di permessi di soggiorno di lungo periodo, oltre che della precedente residenza di questi ultimi (anche tale dato occasionalmente pubblicato dall'Istat), si è calcolato che la quota di stranieri non in possesso dei requisiti di residenza e soggiorno fosse pari ad almeno il 36%. Anche in questo caso, l'utilizzo di una banca dati che consente di verificare puntualmente il possesso dei requisiti economici e patrimoniali previsti per la misura, consente un riferimento più preciso rispetto al parametro fornito dal numero di stranieri che hanno usufruito del Reddito di inclusione (REI).

Con riferimento al turn-over dei beneficiari, che influisce sulla previsione della sospensione di un mese prevista dopo diciotto mesi di fruizione continuativa, è stato usato un campione che collega due annualità di dichiarazioni sostitutive uniche, per verificare la proporzione di famiglie che da un anno all'altro mantengono i requisiti per accedere alla misura.

 

Al riguardo, si richiamano in primo luogo le considerazioni, anticipate con riferimento all’art. 2, circa la necessità di acquisire l’avviso del Governo in merito alla prudenzialità della definizione della dinamica di spesa per i prossimi esercizi sulla base di dati tratti dalle dichiarazioni ISEE (che non riguarda l’intera platea potenzialmente interessata) e riferiti ai soli esercizi 2016 e 2017.

In merito ai tassi di permanenza, di poco inferiore ai due terzi, si rileva che essi implicano un turn-over piuttosto elevato: riguardo alle ipotesi sottostanti tale assunzione, appare opportuno acquisire elementi di maggior dettaglio.

Inoltre, sempre al fine di verificare la prudenzialità della stima, andrebbe altresì indicata la quota, rispetto agli importi di spesa annua, relativa alla pensione di cittadinanza, che non è soggetta alla sospensione del trattamento ogni 18 mesi di erogazione del beneficio.

 

·         ARTICOLO 4

Patto per il lavoro e patto per l’inclusione sociale

Le norme condizionano l’erogazione del beneficio ai seguenti obblighi da parte di tutti i componenti maggiorenni del nucleo familiare, non già occupati e non frequentanti un regolare corso di studi o di formazione:

-          dichiarazione di immediata disponibilità di lavoro, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni.

La dichiarazione di immediata disponibilità di lavoro deve essere resa, entro 30 giorni dal riconoscimento del beneficio, tramite l’apposita piattaforma digitale di cui all’articolo 6 del provvedimento in esame (“Piattaforma digitale per il Rdc per il Patto per il lavoro”), ovvero con le modalità di cui agli articoli 19, comma 1, e 21, comma 1, del decreto legislativo n. 150/2015[11]. Qualora il richiedente non abbia presentato la dichiarazione di immediata disponibilità nelle modalità sopra descritte, la rende all’atto del primo incontro presso il centro per l’impiego;

-          adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale che prevede attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, nonché altri impegni individuati dai servizi competenti finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro e all’inclusione sociale.

Sono esclusi dai predetti obblighi i beneficiari della pensione di cittadinanza ed i beneficiari del Rdc pensionati o comunque di età pari o superiore a 65 anni, nonché i componenti con disabilità.

Le norme prevedono inoltre la possibilità di esonerare anche i componenti con carichi di cura, valutati con riferimento alla presenza di soggetti minori di tre anni di età ovvero di componenti il nucleo familiare con disabilità grave o non autosufficienza, come definiti a fini ISEE.

Si prevede che agli interventi connessi al Rdc, incluso il percorso di accompagnamento all’inserimento lavorativo, il richiedente e il suo nucleo familiare accedono previa valutazione multidimensionale finalizzata ad identificare i bisogni del nucleo familiare, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 147 del 2017. Qualora, in esito alla valutazione preliminare, i bisogni del nucleo familiare e dei suoi componenti siano prevalentemente connessi alla situazione lavorativa, i servizi competenti sono comunque individuati presso i centri per l’impiego e i beneficiari sottoscrivono il Patto per il lavoro, entro i successivi trenta giorni.

Le norme stabiliscono che entro 30 giorni dal riconoscimento del beneficio, il richiedente è convocato dai Centri per l’impiego nel caso in cui appartenga a un nucleo familiare in cui vi sia almeno un componente, tra quelli tenuti agli obblighi sopra descritti, in possesso di uno o più dei seguenti requisiti al momento della richiesta del Rdc:

a)      assenza di occupazione da non più di due anni;

b)     età inferiore a 26 anni;

c)      essere beneficiario della NASPI ovvero di altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria o averne terminato la fruizione da non più di un anno;

d)     aver sottoscritto negli ultimi due anni un Patto di servizio in corso di validità presso i centri per l’impiego ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 150/2015.

I beneficiari non esclusi o esonerati dagli obblighi stipulano presso i centri per l’impiego ovvero, laddove previsto da leggi regionali, presso i soggetti accreditati ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo n. 150 del 2015, un Patto per il lavoro, che assume le caratteristiche del patto di servizio personalizzato di cui all’articolo 20 del medesimo decreto legislativo, integrate con le condizioni previste dalle norme in esame.

In particolare, sono previsti i seguenti obblighi a carico dei beneficiari:

a)     collaborare con l’operatore addetto alla redazione del bilancio delle competenze, ai fini della definizione del Patto per il lavoro;

b)     accettare espressamente gli obblighi e rispettare gli impegni previsti nel Patto per il Lavoro e, in particolare:

1.     registrarsi sull’apposita piattaforma digitale di cui all’articolo 6 e consultarla quotidianamente quale supporto nella ricerca attiva del lavoro;

2.     svolgere ricerca attiva del lavoro, verificando la presenza di nuove offerte di lavoro;

3.     accettare di essere avviato ai corsi di formazione o riqualificazione professionale, ovvero progetti per favorire l’auto-imprenditorialità;

4.     sostenere i colloqui psicoattitudinali e le eventuali prove di selezione finalizzate all’assunzione, su indicazione dei servizi competenti e in attinenza alle competenze certificate;

5.     accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue, ai sensi dell’articolo 25 del decreto legislativo n. 150 del 2015, come integrato dalla norma in esame; in caso di rinnovo del beneficio ai sensi dell’articolo 3, comma 6, deve essere accettata, a pena di decadenza dal beneficio, la prima offerta utile di lavoro congrua.

Le norme definiscono la “congruità” dell’offerta di lavoro anche con riferimento alla durata di fruizione del beneficio del Rdc e al numero di offerte rifiutate.

In particolare, è definita congrua un’offerta dalle caratteristiche seguenti:

a)     nei primi dodici mesi di fruizione del beneficio, è congrua un’offerta entro 100 km. di distanza dalla residenza del beneficiario o comunque raggiungibile in cento minuti con i mezzi di trasporto pubblici, se si tratta di prima offerta, ovvero entro 250 km di distanza se si tratta di seconda offerta, ovvero, fermo quanto previsto alla lettera d), ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di terza offerta;

b)     decorsi dodici mesi di fruizione del beneficio, è congrua un’offerta entro 250 km. di distanza dalla residenza del beneficiario nel caso si tratti di prima o seconda offerta, ovvero, fermo quanto previsto alla lettera d), ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di terza offerta;

c)     in caso di rinnovo del beneficio ai sensi dell’articolo 3, comma 6, fermo quanto previsto alla lettera d), è congrua un’offerta ovunque sia collocata nel territorio italiano anche nel caso si tratti di prima offerta;

d)     esclusivamente nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti con disabilità, come definita a fini ISEE, non operano le previsioni di cui alla lettera b) e c) e in deroga alle previsioni di cui alle lettere a) relative alle offerte successive alla prima indipendentemente dal periodo di fruizione del beneficio, l’offerta è congrua se non eccede la distanza di 100 km. dalla residenza del beneficiario;

d-bis)  esclusivamente nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti figli minori non operano le previsioni di cui alla lettera c) e in deroga alla previsione di cui alle lettere a) e b) con esclusivo riferimento alla terza offerta è congrua se non eccede la distanza di 250 km dalla residenza del beneficiario.

Le norme dispongono che, nel caso in cui sia accettata un’offerta collocata oltre 250 km di distanza dalla residenza del beneficiario, il medesimo continua a percepire il beneficio economico del Rdc, a titolo di compensazione per le spese di trasferimento sostenute, per i successivi tre mesi dall’inizio del nuovo impiego, incrementati a dodici mesi nel caso siano presenti componenti di minore età ovvero componenti con disabilità, come definita a fini ISEE.

Nel caso in cui il richiedente si trovi in condizioni diverse da quelle sopra specificate (assenza di occupazione di non più di due anni, età inferiore a 26 anni, ecc.), entro 30 giorni dal riconoscimento del beneficio, lo stesso è convocato dai servizi comunali competenti per il contrasto alla povertà. Nel caso in cui il bisogno sia complesso e multidimensionale, i beneficiari sottoscrivono un Patto per l’Inclusione Sociale ed i servizi si coordinano in maniera da fornire risposte unitarie nel Patto, con il coinvolgimento, oltre ai centri per l’impiego e ai servizi sociali, degli altri servizi territoriali di cui si rilevi in sede di valutazione preliminare la competenza.

Si prevede che il Patto per l’inclusione sociale assume le caratteristiche del progetto personalizzato di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 147 del 2017. Nel Patto per l’inclusione sociale sono inclusi, oltre agli interventi per l’accompagnamento all’inserimento lavorativo, gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà di cui all’articolo 7 del decreto legislativo n. 147 del 2017, che, conseguentemente, si intendono riferiti al Rdc. Gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà sono comunque attivati, ove opportuni e richiesti, anche in favore dei beneficiari che sottoscrivono il Patto per il lavoro.

Le norme inseriscono il Patto per il lavoro ed il Patto per l’inclusione sociale e i sostegni in essi previsti, nonché la valutazione multidimensionale che eventualmente li precede, nei livelli essenziali delle prestazioni, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.

Nell’ambito del Patto per il lavoro e del Patto per l’inclusione sociale, il beneficiario è tenuto a partecipare a progetti a titolarità dei comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il medesimo comune di residenza, mettendo a disposizione un numero di ore compatibile con le altre attività del beneficiario e, comunque, non inferiore al numero di otto ore settimanali aumentabili fino ad un numero massimo di 16 ore complessive. La partecipazione ai progetti è facoltativa per le persone non tenute agli obblighi connessi al Rdc. I comuni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, predispongono le procedure amministrative utili per l'istituzione dei progetti e comunicano le informazioni sui progetti ad un’apposita sezione della piattaforma dedicata al programma del Rdc del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui all’articolo 6, comma 1.

Si prevede che gli oneri derivanti dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e dall'assicurazione per la responsabilità civile, inerenti alla partecipazione dei soggetti in esame ai progetti di cui al comma 15, siano a carico delle risorse finanziarie relative al Reddito di cittadinanza.

Le norme dispongono che i centri per l'impiego, le agenzie per il lavoro e gli enti di formazione registrino nelle piattaforme digitali di cui al successivo articolo 6 le competenze acquisite dal beneficiario del Reddito di cittadinanza in ambito formale, non formale ed informale. Tale attività dovrà essere svolta con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica segnala che le caratteristiche dei Patti per il lavoro che, anche sulla base dell'esperienza maturata nel primo periodo di applicazione del Rdc, potranno essere ridefinite con apposito decreto ministeriale, sono inizialmente quelle del Patto di servizio di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 150 del 2015, fatti salvi alcuni obblighi in più in capo al beneficiario. Quanto al Patto per l'inclusione sociale, questo assume le caratteristiche del progetto personalizzato di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 147 del 2017, salvi eventuali diversi obblighi in capo al beneficiario.

La RT ritiene comunque che i profili siano diversi a seconda degli enti coinvolti. È infatti con riferimento ai centri per l'impiego che sembra esserci un rilevante impatto finanziario, attesa la numerosità dei beneficiari del Rdc e il livello di coinvolgimento previsto dal programma, notevolmente maggiore rispetto a quanto previsto per il Rei nella legislazione previgente. A tal fine è previsto un intenso rafforzamento sia infrastrutturale in sede di avvio del programma - con risorse fino a 600 milioni di euro nel 2019 e fino a 400 milioni di euro nel 2020 - sia per quanto attiene al personale nei termini seguenti: oltre alle assunzioni da parte delle regioni previste in legge di bilancio (per oneri pari a 120 milioni di euro nel 2019 e a 160 milioni di euro a decorrere dal 2020), si prevedono risorse per 200 milioni di euro nel 2019, 250 milioni di euro nel 2020 e 50 milioni di euro nel 2021 per contratti di collaborazione conferiti da Anpal Servizi S.p.A. per rendere immediatamente disponibile alla partenza del programma professionalità in grado di seguire personalmente il beneficiario nella ricerca del lavoro, nella formazione e nel reinserimento professionale.

Con riferimento invece alle attività in capo ai servizi sociali dei comuni è fatto salvo il Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale nella quota destinata al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni connessi al Patto per l'inclusione sociale, in luogo delle attività per i progetti personalizzati del Rei. A tal proposito, va sottolineato che non tutti i beneficiari del Rdc saranno necessariamente coinvolti in progetti di inclusione sociale e che, comunque, i comuni vengono sollevati - rispetto a quanto previsto per il Rei - dell'onere di ricezione e di istruttoria delle domande per l'accesso al benefìcio. La dotazione del Fondo appare pertanto congrua rispetto alle finalità della norma.

Il Governo, in risposta ai quesiti emersi nel corso dell’esame al Senato sui possibili benefici per la finanza pubblica derivanti dal meccanismo delle offerte congrue di lavoro, ha confermato che prudenzialmente, non avendo termini per effettuare stime in merito, le ipotesi sul turn over non tengono conto della decadenza dal beneficio conseguente alla mancata accettazione delle proposte di lavoro congrue.

 

Al riguardo, in relazione alla previsione introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, in base alla quale gli oneri derivanti dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e dall'assicurazione per la responsabilità civile, inerenti alla partecipazione dei soggetti inseriti nei programmi del Patto per il lavoro o del Patto per l’inclusione sociale, sono a carico delle risorse finanziarie relative al Reddito di cittadinanza, si osserva che tali oneri non sembrano essere ricompresi nella tabella riepilogativa degli effetti finanziari posti a carico del Fondo per il reddito di cittadinanza (cfr. scheda relativa all’articolo 12). In mancanza di un prospetto riepilogativo aggiornato, appare quindi necessario un chiarimento al fine di escludere effetti onerosi.

 

·         ARTICOLO 5

Richiesta, riconoscimento ed erogazione del beneficio

Le norme definiscono la procedura relativa alla richiesta, riconoscimento, erogazione, interruzione e revoca del Rdc.

In sintesi le fasi della procedura sono le seguenti.

Richiesta. Il Rdc può essere richiesto, dopo il quinto giorno di ciascun mese:

-          presso gli uffici postali abilitati, cui è affidata la gestione del servizio integrato delle Carte acquisti (ex art. 81, c. 35, lett. b), del D.L. 112/2008)[12];

-          mediante modalità telematiche, alle medesime condizioni stabilite in esecuzione del servizio affidato;

-          presso i Centri di assistenza fiscale (di cui all’art. 32 del D.Lgs. 241/1997), previo convenzionamento con l’INPS;

-          presso gli istituti di patronato e di assistenza sociale, qualora la domanda concerna la Pensione di cittadinanza (come definita dal precedente articolo 1). In tale ipotesi ai fini del finanziamento degli istituti di patronato, alla relativa pratica si applica il medesimo punteggio concernente le pratiche inerenti agli assegni sociali.

Entro 10 giorni lavorativi dalla richiesta del Rdc, le informazioni contenute nella domanda sono comunicate all’INPS.

Riconoscimento e verifica. Il Rdc è riconosciuto dall’INPS che, a tal fine, entro cinque giorni lavorativi dalla data di comunicazione delle informazioni contenute nella relativa domanda, verifica il possesso dei requisiti richiesti per l’accesso al beneficio economico sulla base delle informazioni pertinenti disponibili nei propri archivi e in quelli delle amministrazioni titolari dei dati, acquisendo (senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica) dall’Anagrafe tributaria, dal Pubblico registro automobilistico e dalle altre amministrazioni pubbliche detentrici dei dati le informazioni necessarie ai fini della concessione del Rdc. Con provvedimento dell’INPS, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono definiti, ove non già disciplinati, la tipologia dei dati, le modalità di acquisizione e le misure a tutela degli interessati.

Nell’ambito della procedura, si autorizza l'INPS ad inviare comunicazioni informative mirate sul Rdc ai nuclei familiari che a seguito di un'attestazione ISEE presentino valori dell'indicatore e di sue componenti compatibili con quelli richieste per il Rdc.

In ogni caso il riconoscimento da parte dell’INPS avviene entro la fine del mese successivo alla trasmissione della domanda all’Istituto.

Inoltre, si prevede che nelle more del completamento dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR)[13], la verifica della sussistenza dei requisiti di residenza e di soggiorno richiesti spetta ai comuni, che devono comunicarne l’esito all’INPS per il tramite della Piattaforma digitale istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nell’ambito del SIUSS (Sistema informativo unitario dei servizi sociali), finalizzata al coordinamento dei comuni.

Erogazione. Il beneficio economico è erogato attraverso la Carta Rdc, la cui emissione avviene con le stesse modalità applicate alla Carta acquisti[14], alle medesime condizioni economiche e per il numero di carte elettroniche necessarie per l’erogazione del beneficio. La consegna della Carta Rdc presso gli uffici del gestore del servizio integrato avviene esclusivamente dopo il quinto giorno di ciascun mese.

Il numero di carte deve comunque essere tale da garantire l’erogazione del beneficio suddivisa per ogni singolo componente maggiorenne del nucleo familiare. La Carta Rdc permette di soddisfare le esigenze previste per la carta acquisti, nonché di effettuare prelievi di contante entro un limite mensile non superiore a 100 euro per un individuo singolo (moltiplicato per il parametro della scala di equivalenza determinato in base alla composizione del nucleo familiare), nonché di effettuare un bonifico mensile in favore del locatore indicato nel contratto di locazione ovvero dell’intermediario che ha concesso il mutuo. In ogni caso, è vietato utilizzare il beneficio economico per giochi che prevedono vincite in denaro o altre utilità al fine di contrastare fenomeni di impoverimento e l’insorgenza del disturbo da gioco d’azzardo.

Sono estese ai beneficiari del Rdc le agevolazioni relative alle tariffe elettriche (c.d. bonus elettrico) riconosciute alle famiglie economicamente svantaggiate, di cui all'articolo 1, comma 375, della legge n. 266 del 2005, e quelle relative alla compensazione per la fornitura di gas naturale (c.d. bonus gas), estese ai medesimi soggetti dall'articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 185 del 2008.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica si sofferma sulla sostanziale conferma dell'utilizzo dello strumento della carta (ora carta Rdc), ormai consolidato nell'ordinamento sin dalla istituzione della cd. carta acquisti, essendo stato questo il meccanismo di erogazione sia del Sostegno per l'inclusione attiva (SIA) che del Rei.

L'aggiornamento del modulo di domanda e delle procedure per tener conto dei mutati criteri d'accesso e del diverso ammontare del beneficio rappresentano adempimenti che la RT qualifica di ordinaria manutenzione e di sviluppo di un sistema già rodato. Da tali attività non sono attesi pertanto nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, se non con riferimento all'INPS nelle fasi di accesso al beneficio, atteso che si prevede la possibilità di far richiesta del Rdc attraverso i centri di assistenza fiscale (previo convenzionamento con l'Istituto) e, in futuro, in forma integrata con la presentazione della dichiarazione a fini ISEE (che è presentata per l'appunto all'INPS). Inoltre, attesa la crescita della platea rispetto al Rei, la gestione delle attività connesse al riconoscimento del benefìcio richiede un adeguamento delle unità di personale, per il quale, anche per consentire in generale la piena attuazione delle attività previste nel decreto, l'articolo 12 prevede risorse pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2019 per l'assunzione di personale da assegnare all'INPS nei limiti della sua dotazione organica. Inoltre, ulteriori 20 milioni di euro sono destinati nel 2019 all'INPS per l'affidamento ai CAF di attività di assistenza nella presentazione della dichiarazione a fini ISEE, oltre che per consentire la presentazione della domanda di Rdc.

Il Governo, in risposta ai quesiti emersi nel corso dell’esame presso il Senato, ha precisato quanto segue.

In relazione alla limitazione al 2019 del finanziamento della convenzione con i CAF per l'assistenza alla presentazione della dichiarazione ai fini ISEE, è stato precisato che si tratta di una spesa non obbligatoria in termini di legge, rappresentando il ricorso ai centri di assistenza fiscale solo una delle possibilità disponibili per la presentazione della Dichiarazione sostitutiva unica (DSU), ai sensi dell'articolo 10, comma 6, del DPCM 5 dicembre 2013, n. 159, né essendo prevista in norma la gratuità dell'assistenza, in realtà per gran parte in carico all'INPS, trattandosi di scelte rimandate all'autonomia gestionale dell'Istituto. Al riguardo si precisa peraltro che, nel corso del 2019, è prevista l'introduzione della modalità precompilata di presentazione della DSU, in esito alla quale gli oneri connessi alla intermediazione dei CAF potranno essere eventualmente rivisti

Inoltre, i corrispettivi da riconoscere al Gestore del servizio a cui è affidata l'emissione della Carta Rdc sono regolati dal vigente contratto sottoscritto in data 6.09.2017 dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro, con il Raggruppamento temporaneo di imprese costituito da Poste Italiane S.p.A. e Postel S.p.A. in esito a gara ad evidenza pubblica.

La copertura è garantita dalle risorse assegnate al fondo di cui all'articolo 81, comma 29, del citato d.l. 25 giugno 2008, n. 112.

In relazione ai costi amministrativi connessi alle attività di comunicazione ai cittadini e di verifica dei requisiti da parte dell'Inps e delle altre amministrazioni coinvolte si precisa che si tratta di attività in gran parte effettuate in modo massivo attraverso l'interconnessione tra banche dati.

 

Al riguardo, andrebbero forniti ulteriori elementi di valutazione circa i costi amministrativi relativi agli adempimenti previsti dalla norma a carico delle amministrazioni interessate al riguardo alle risorse disponibili a tali fini. Infatti, l'invio di comunicazioni da parte dell'INPS a potenziali beneficiari del Rdc, la consultazione di banche dati per la verifica dei requisiti, i controlli in materia di residenza e le attività dell'Anagrafe tributaria sembrano implicare un aggravio di oneri amministrativi per adempimenti aggiuntivi, sulla cui sostenibilità a risorse invariate non sono forniti elementi esplicativi.

Tali chiarimenti si rendono necessari con particolare riferimento all’operatività effettiva delle interconnessioni tra i vari sistemi informativi esistenti, che dovrebbero essere di supporto allo svolgimento delle predette attività. In tal senso appare necessario acquisire lo stato di fatto di tali interconnessioni, con particolare riguardo alle banche dati attualmente operative a livello regionale e al loro reciproco collegamento necessario per gli adempimenti affidati ai centri per l’impiego. Analoghe considerazioni riguardano le banche dati a disposizione dell’ANPAL.

Quanto all'estensione ai beneficiari del Rdc delle agevolazioni in materia di tariffe elettriche e del gas, come già rilevato nel corso dell’esame al Senato, alle agevolazioni in materia di elettricità non erano riconnessi effetti sulle finanze pubbliche, fatte salve le eventuali conseguenze sul gettito IVA. Per il bonus gas la relazione tecnica riferita al decreto-legge n. 185 del 2008 indicava invece un onere di circa 90 milioni di euro annui, con parziale copertura a carico del bilancio statale. Andrebbero quindi evidenziati gli eventuali effetti per la finanza pubblica dell’estensione delle agevolazioni ai beneficiari della misura Rdc.

 

·         ARTICOLO 6

Piattaforme digitali per l’attivazione e la gestione dei Patti

Le norme, come modificate dal Senato[15], istituiscono il Sistema informativo del Reddito di cittadinanza presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell’ambito del quale operano due apposite piattaforme digitali:

-          una presso l’ANPAL per il coordinamento dei centri per l’impiego;

-          la seconda presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il coordinamento dei comuni in forma singola o associata.

Con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito l’ANPAL e il Garante per la protezione dei dati personali, è predisposto un piano tecnico di attivazione e interoperabilità delle piattaforme e sono individuate misure appropriate e specifiche a tutela degli interessati, nonché modalità di accesso selettivo alle informazioni necessarie per il perseguimento delle specifiche finalità e adeguati tempi di conservazione dei dati.

Nella formulazione originaria (S. 1018) la norma disponeva l’istituzione di due apposite piattaforme digitali dedicate al Rdc, una presso l’Anpal nell’ambito del Sistema informativo unitario delle politiche del lavoro (di seguito denominato “SIUPL”) per il coordinamento dei centri per l’impiego, e l’altra presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nell’ambito del Sistema informativo unitario dei servizi sociali (di seguito denominato “SIUSS”), per il coordinamento dei comuni.

Si dispone l’inserimento della Piattaforma digitale del Reddito di cittadinanza per il Patto per il lavoro nel sistema informativo unitario dei servizi per il lavoro.

Le norme prevedono che l'INPS metta a disposizione del sistema informativo i dati identificativi dei singoli componenti i nuclei beneficiari del Rdc, le informazioni sulla condizione economica e patrimoniale, come risultanti dalla DSU in corso di validità, le informazioni sull’ammontare del beneficio economico e sulle altre prestazioni sociali erogate dall’INPS ai componenti il nucleo familiare e ogni altra informazione relativa ai beneficiari del Rdc necessaria alla attuazione della misura e alla profilazione occupazionale.

Mediante le piattaforme presso l’ANPAL e presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono rese disponibili, rispettivamente, ai centri per l’impiego e ai comuni, le informazioni relative ai beneficiari del Rdc residenti nei territori di competenza.

In particolare si prevede che le due piattaforme:

·        costituiscono il portale delle comunicazioni effettuate dai centri per l’impiego, dagli altri soggetti accreditati come servizi per il lavoro e dai comuni all’ANPAL e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e, per il loro tramite, all’INPS;

·        rappresentano uno strumento utile al coordinamento dei servizi a livello territoriale e, in tale senso, la norma elenca le funzioni svolte dalle medesime. Le piattaforme dialogano tra di loro anche al fine di consentire la comunicazione delle informazioni dai comuni ai centri per l’impiego.

Le norme autorizzano il Ministero del lavoro e delle politiche sociali a stipulare convenzioni con la Guardia di finanza, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, per le attività di controllo nei confronti dei beneficiari del Rdc, nonché per il monitoraggio delle attività degli enti di formazione di cui all’articolo 8 del provvedimento in esame. Per le suddette finalità ispettive, la Guardia di finanza accede, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, al sistema informativo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Inoltre, si prevede che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali possa avvalersi di enti controllati o vigilati da parte di amministrazioni dello Stato o di società in house, previa convenzione, al fine di attuare il Rdc anche attraverso appropriati strumenti e piattaforme informatiche che aumentino l’efficienza del programma e l’allocazione del lavoro.

Le norme recano una clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale le attività di cui all’articolo in esame sono svolte dall’INPS, dal Ministero del lavoro, dall’ANPAL, dai centri per l’impiego, dai comuni e dalle altre amministrazioni interessate nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziare disponibili a legislazione vigente, come integrate dall’articolo 12, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Con riferimento alle attività dei comuni di cui al presente articolo, strumentali al soddisfacimento dei livelli essenziali di cui all’articolo 4, comma 14, gli eventuali oneri sono a valere sul Fondo per la lotta alla povertà e alla esclusione sociale di cui all’articolo 1, comma 386, della legge n. 208 del 2015.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che le piattaforme costituiscono lo sviluppo di progettazioni già esistenti e finanziate.

In particolare, con riferimento alla Piattaforma per il Patto per il lavoro, la RT precisa che le attività di sviluppo sono già in corso a valere sulle risorse del Programma operativo nazionale (PON), denominato SPAO (sistemi di politiche attive per l'occupazione) in ambito Fondo sociale europeo, e non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, atteso che i centri per l'impiego sono già tutti connessi al Sistema informativo unitario delle politiche del lavoro.

Quanto alla Piattaforma per il Patto per l'inclusione sociale, la RT chiarisce che questa sostanzialmente sostituisce la Banca dati Rei, di cui all'articolo 24, comma 9, soppressa dall'articolo 11, comma 2, lettera e), numero 2, del decreto in esame. Invero, la piattaforma in parola assume funzioni più ampie di carattere gestionale nel coordinamento dei comuni e nel collegamento degli stessi con i centri per l'impiego per il tramite della piattaforma presso Anpal. Comunque, tali evoluzioni possono essere finanziate a valere sul PON inclusione, sulle cui risorse è attualmente collocato lo sviluppo della Banca dati Rei, mentre con riferimento alla manutenzione a regime per quanto concerne il Ministero del lavoro e delle politiche sociali appaiono sufficienti le risorse stanziate all'articolo 12, comma 7, pari a 2 milioni di euro annui, comprensive del finanziamento dell'attività di comunicazione istituzionale sul Programma.

Con riferimento ai comuni, la RT afferma che gli eventuali costi di adeguamento dei propri sistemi informatici ai fini del dialogo con la Piattaforma dedicata possono essere posti a carico del Fondo povertà loro distribuito, atteso che si tratta di spese strumentali a garantire livelli essenziali di prestazioni sul territorio. Peraltro, tra i livelli essenziali non è più prevista la costituzione di punti per l'accesso al Rei (a causa della sua soppressione), presso cui ricevere, istruire e inviare telematicamente le domande del Rei. La RT afferma, pertanto, che dal presente articolo non discendono nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ad esclusione di quanto previsto dall'articolo 12, comma 7.

Con riferimento alle modifiche introdotte al Senato, che hanno disposto l’istituzione di un sistema informativo nel quale far confluire le due piattaforme sopra descritte, la RT allegata all’emendamento afferma che le modifiche non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La RT in proposito precisa che le modifiche non prevedono attività aggiuntive in capo alle amministrazioni interessate.

Il Governo, in risposta ai quesiti emersi nel corso dell’esame presso il Senato, ha precisato quanto segue.

Per quanto riguarda la quantificazione degli oneri connessi alla realizzazione delle piattaforme digitali, si specifica che il PON SPAO ha una dotazione di 1,729 miliardi di euro nel settennio, di cui 98,88 milioni di euro dedicati all'asse "capacità istituzionale e sociale". A valere su tale priorità di investimento, il piano di attività integrato ANPAL / ANPAL Servizi, adottato con decreto direttoriale n. 269 del 07/08/2017, ha già allocato la cifra di 13,9 milioni di euro. Tale importo è suscettibile di ulteriori integrazioni in considerazione delle disponibilità finanziarie del Programma Operativo.

 

Al riguardo, si prende atto di quanto indicato dalla RT circa le modalità di funzionamento degli schemi informativi previsti dalla norma e degli ulteriori elementi forniti nel corso dell’esame presso il Senato. Si osserva peraltro che, al fine di verificare l’effettiva neutralità delle disposizioni, andrebbe fornita una stima dei costi complessivi connessi alla realizzazione del Sistema informativo del Reddito di cittadinanza presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché una indicazione delle risorse già disponibili a legislazione vigente a valere sul Programma operativo nazionale (PON/PAO).

Si fa presente in proposito che il meccanismo delineato dalle norme prevede non solo l’istituzione di un Sistema informativo nel quale far confluire due piattaforme digitali (la piattaforma presso l’’ANPAL per il coordinamento dei centri per l’impiego e la piattaforma da realizzare presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il coordinamento dei comuni in forma singola o associata), ma anche l’interconnessione tra basi dati e soggetti diversi (Ministero del lavoro, comuni, centri per l’impiego, imprese, etc.).

 

In merito ai profili di copertura, si segnala che l’articolo 6, comma 7, pone eventuali oneri, non quantificati, derivanti dallo svolgimento da parte dei comuni delle attività strumentali al soddisfacimento dei livelli essenziali dei servizi di cui all’articolo 4, comma 14, concernenti l’adeguamento dei sistemi informatici dei comuni stessi ai fini del dialogo con la Piattaforma dedicata[16], a carico del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale (cap. 3550 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), istituito dall’articolo 1, comma 386, della legge n. 208 del 2015, con una dotazione pari a 600 milioni di euro per il 2016 e a 1 miliardo di euro a decorrere dal 2017, al fine di garantire l'attuazione di un Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale.

Si ricorda che quota parte del citato fondo, per un ammontare pari a 262 milioni di euro per il 2018 e a 277 milioni di euro a decorrere dal 2019, è stata destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 147 del 2017 e che essa è stato oggetto di uno specifico rifinanziamento in misura pari a 35 milioni per il 2018, a 70 milioni per il 2019 e a 193 milioni a decorrere dal 2020 ad opera dell’articolo 1, comma 195, della legge n. 205 del 2017.

Tale Fondo reca complessivamente nella legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e per il triennio 2019-2021, uno stanziamento di 347 milioni di euro per il 2019, di 587 milioni di euro per il 2020 e di 615 milioni di euro per il 2021.

Ciò posto, considerato che l’importo complessivo iscritto nel fondo per l’anno 2019 corrisponde alla quota destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali, sembrerebbe che la disposizione in esame si riferisca all’utilizzo dell’intero ammontare del fondo ivi inclusa la predetta quota. Sul punto appare necessario acquisire un chiarimento del Governo, anche al fine di valutare l’opportunità di inserire una precisazione in tal senso nel testo della disposizione in esame.

Si segnala per altro che sulla predetta quota insiste anche l’articolo 12, comma 12, del provvedimento che prevede l’utilizzo delle risorse residue della quota del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale - senza per altro richiamare l’utilizzo disposto ai sensi dell’articolo 6, comma 7, in esame - per far fronte al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali di cui all’articolo 4, comma 14 (erroneamente riferiti nel testo all’articolo 4, comma 13) nonché per gli oneri relativi sempre all’adeguamento dei sistemi informativi dei comuni.

Tutto ciò considerato, appare necessario che il Governo:

- provveda a quantificare prudenzialmente gli oneri eventuali derivanti dall’adeguamento delle attività strumentali al soddisfacimento dei livelli essenziali dei servizi di cui all’articolo 4, comma 14, chiarendo se tali oneri coincidano con quelli concernenti l’adeguamento dei sistemi informativi dei comuni di cui all’articolo 12, comma 12, fermo restando che, in tal caso, si dovrà provvedere a coordinare le due disposizioni;

- assicuri che le risorse complessivamente disponibili sul Fondo dianzi citato siano sufficienti a coprire gli oneri complessivamente derivanti dagli articoli 6, comma 7, e 12, comma 12, e che l’utilizzo delle medesime risorse non sia suscettibile di pregiudicare la realizzazione di interventi già previsti a legislazione vigente.

 

·         ARTICOLO 7, commi da 1 a 15

Sanzioni

Le norme, come modificate dal Senato, disciplinano le sanzioni per beneficiari del Rdc, distinguendo tra:

-          sanzioni penali in caso di utilizzo o presentazione di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere o di omissione di informazioni o comunicazioni dovute (che si accompagnano comunque alla revoca del beneficio con efficacia retroattiva ed obbligo in capo al percettore di restituzione delle somme indebitamente percepite, nonché all'esclusione per 10 anni dall'accesso al beneficio);

-       sanzioni amministrative nella forma di decurtazioni o decadenza della prestazione a seguito di comportamenti inconciliabili con gli impegni sottoscritti nei Patti per il lavoro e nei Patti per l'inclusione sociale (mancata sottoscrizione dei Patti, assenza ingiustificata da iniziative d'istruzione, di formazione, di politica attiva o di orientamento, inadempimenti nella compilazione delle DSU, mancata partecipazione a progetti sociali degli enti locali, svolgimento di lavoro in assenza delle comunicazioni obbligatorie previste dalla normativa vigente, mancata presentazione ingiustificata alle convocazioni ecc.).

Le norme stabiliscono che l’irrogazione delle sanzioni diverse da quelle penali e il recupero dell’indebito è effettuato dall'INPS. Si prevede che gli indebiti recuperati, al netto delle spese di recupero, siano destinati al Fondo per il Reddito di cittadinanza, previo riversamento degli stessi da parte dell'INPS all’entrata del bilancio dello Stato.

Le norme disciplinano i controlli da svolgere, i processi di coordinamento e condivisione, nonché le comunicazioni da effettuare alle amministrazioni competenti per le deliberazioni conseguenti, sia penali che amministrative.

In particolare, si prevede quanto segue.

-          i centri per l’impiego e i comuni comunicano all’INPS, attraverso le piattaforme, le informazioni sui fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni entro 10 giorni lavorativi dall’accertamento dell’evento;

-          la mancata comunicazione dell'accertamento dei fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni di decurtazione o decadenza dal Reddito di cittadinanza determina responsabilità disciplinare e contabile a carico del funzionario;

-          nei casi di dichiarazioni mendaci e di conseguente accertato illegittimo godimento del Reddito di cittadinanza, i centri per l’impiego, i comuni, l’INPS, l’Agenzia delle entrate, l'Ispettorato nazionale del lavoro trasmettono, entro dieci giorni dall’accertamento, all'autorità giudiziaria la documentazione completa del fascicolo oggetto della verifica;

-          i comuni sono responsabili delle verifiche e dei controlli anagrafici, attraverso l’incrocio delle informazioni dichiarate ai fini ISEE con quelle disponibili presso gli uffici anagrafici, quelle raccolte dai servizi sociali e con ogni altra informazione utile all'individuazione di omissioni nelle dichiarazioni o di dichiarazioni mendaci intese al riconoscimento del Reddito di cittadinanza.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica evidenzia che, al di là delle sanzioni penali, si tratta di attività già previste a legislazione vigente, disciplinate analogamente a quanto previsto dall'articolo 21, comma 8, del decreto legislativo n. 150 del 2015 (con riferimento al patto di servizio stipulato pressi i centri per l'impiego), nonché dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 147 del 2017 (con riferimento al progetto personalizzato per il Rei) e irrogate nelle medesime modalità. La RT pertanto esclude la sussistenza di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, mentre prevede risparmi, a seguito dell'applicazione delle sanzioni e all'effetto deterrenza che presumibilmente verrà esercitato dall'inasprimento dell'apparato sanzionatorio, anche a livello penale, nei confronti di comportamenti opportunistici. Tale risparmi non vengono comunque prudenzialmente contabilizzati.

Il Governo, in risposta ai quesiti emersi nel corso dell’esame al Senato, ha precisato quanto segue.

Per quanto riguarda le spese di recupero dell’indebito, si precisa che il recupero è effettuato nelle modalità ordinarie previste per tutte le prestazioni sociali agevolate, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del DL n. 78 del 2010. La detrazione delle spese di recupero costituisce eventualmente una minore entrata che non impatta sulle dotazioni finanziarie stanziate per il provvedimento, non essendosi in alcun modo contabilizzata nelle stime degli oneri del provvedimento, prudenzialmente, una posta in entrata relativa a eventuali recuperi di indebiti.

 

Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.

 

·         ARTICOLO 7, comma 15-ter

Funzioni ispettive dell’INAIL

La norma, introdotta dal Senato, prevede che il personale dirigenziale e ispettivo dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INAIL) abbia accesso a tutte le informazioni e banche dati, sia in forma analitica che aggregata, trattate dall'INPS già a disposizione del personale ispettivo dipendente dal medesimo Istituto e, in ogni caso, alle informazioni e banche dati individuate nell'allegato A al decreto-legge, integrabile con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Un provvedimento del Direttore dell'Ispettorato nazionale del lavoro individua le categorie di dati, le modalità di accesso, da effettuarsi anche mediante cooperazione applicativa, le misure a tutela degli interessati e i tempi di conservazione dei dati.

 

La norma, introdotta dal Senato, non è corredata della relazione tecnica e di un prospetto riepilogativo.

 

Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.

 

ARTICOLO 7-bis

Sanzioni in materia di infedele asseverazione o visto di conformità

Normativa vigente. L’art. 39 del d.lgs. n. 241/1997 stabilisce, tra l’altro, che qualora i Centri di assistenza fiscale (Caf) o i professionisti abilitati rilascino un visto di conformità infedele riferito ad una dichiarazione precompilata gli stessi sono tenuti al pagamento di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente. La relazione tecnica riferita al decreto legislativo n. 175/2014 (A.G. 99) - che ha introdotto la citata disposizione – non le ha ascritto effetti finanziari, affermando che la norma prevede, in caso di visto infedele, il pagamento a carico dei Caf/professionisti delle somme che altrimenti sarebbero state richieste al contribuente.

 

La norma, introdotta dal Senato, interviene sulla disciplina sanzionatoria prevista nei confronti dei Centri di assistenza fiscale (CAF) e dei professionisti[17] in relazione all’attività di rilascio del visto di conformità o asseverazione e di presentazione della dichiarazione dei redditi precompilata.

Si prevede, tra l’altro, quanto segue:

-          in caso di rilascio di visto o asseverazione infedele riferita alla dichiarazione dei redditi precompilata, i Caf o professionisti versano il 30 per cento della maggiore imposta riscontrata (in luogo dell’intero importo). È inoltre espressamente escluso l’incremento delle sanzioni previsto dall’art. 7, co. 3, del d.lgs. n. 472/1997[18] (comma 1 che interviene sull’articolo 39 del d.lgs. n. 241/1997);

-          per le dichiarazioni precompilate presentate, anche con modificazioni, dai Caf e dai professionisti, viene confermata la loro responsabilità in merito al controllo formale anche con riferimento ai dati relativi agli oneri, forniti da soggetti terzi, mentre viene precisato che il pagamento delle maggiori imposte e degli interessi rimane a carico del contribuente (comma 2 che interviene sull’articolo 5 del d.lgs. n. 175/2014).

 

L’emendamento che ha introdotto la norma in esame non è corredato di relazione tecnica né di prospetto riepilogativo.

 

Al riguardo, si rileva che la norma interviene sulle sanzioni a carico dei Caf e dei professionisti che rilasciano il visto di conformità infedele, riducendole. Pur considerando che all’introduzione delle maggiori sanzioni non erano stati ascritti effetti finanziari, andrebbe confermato che non risultino iscritte maggiori entrate in bilancio in relazione a tali fattispecie sanzionatori. Inoltre, con riguardo alle maggiori imposte accertate (in riferimento ad una dichiarazione precompilata con visto di conformità che a normativa vigente devono essere versate dal soggetto che ha posto il visto), andrebbe chiarito se le stesse debbano comunque essere versate dal contribuente al fine di escludere effetti di minori entrate.

 

·         ARTICOLO 8

Incentivi per l’impresa e per il lavoratore

Le norme, modificate dal Senato, introducono alcuni incentivi a favore dei datori di lavoro che assumono, a tempo pieno e indeterminato, anche mediante contratto di apprendistato, soggetti beneficiari del Reddito di cittadinanza, a favore degli enti di formazione accreditati, qualora questi concorrano all’assunzione dei suddetti beneficiari, nonché ai beneficiari del Rdc che avviano un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi 12 mesi di fruizione del RdC.

In particolare, si prevede quanto segue.

·        Al datore di lavoro che assuma a tempo pieno e indeterminato in posti vacanti soggetti beneficiari di Rdc, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni previdenziali, è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL:

-          nel limite dell’importo mensile del Rdc percepito dal lavoratore all’atto dell’assunzione, che non può comunque eccedere l’ammontare totale dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore assunto per le mensilità incentivate;

-          per un periodo pari alla differenza tra 18 mensilità e le mensilità già godute dal beneficiario stesso e, comunque, non superiore a 780 euro mensili e per un periodo non inferiore a cinque mensilità.

·        Gli Enti di formazione accreditati possono stipulare presso i Centri per l’impiego (CPI), un Patto di Formazione con il quale garantiscono al beneficiario un percorso formativo o di riqualificazione professionale, anche mediante il coinvolgimento di Università ed enti pubblici di ricerca, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, utilizzando a tal fine le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Se in seguito a questo percorso formativo il beneficiario di Rdc ottiene un lavoro, coerente con il profilo formativo sulla base di un contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, al datore di lavoro che assume, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni previdenziali, è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL:

-          nel limite della metà dell’importo mensile del Rdc percepito dal lavoratore all’atto dell’assunzione, e comunque non eccedente l’ammontare totale dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore assunto per le mensilità incentivate;

-          per un periodo pari alla differenza tra 18 mensilità e quello già goduto dal beneficiario stesso e, comunque, in misura non superiore a 390 euro mensili e non inferiore a sei mensilità per metà dell’importo del Rdc.

-          prevedendo che la restante metà dell’importo mensile del Rdc percepito dal lavoratore all’atto dell’assunzione, per un massimo di 390 euro mensili e non inferiore a sei mensilità per metà dell’importo del Rdc, è riconosciuta all’ente di formazione accreditato che ha garantito al lavoratore assunto il predetto percorso formativo o di riqualificazione professionale, sotto forma di sgravio contributivo applicato ai contributi previdenziali e assistenziali dovuti per i propri dipendenti sulla base delle stesse regole valide per il datore di lavoro che assume il beneficiario di Rdc.

Nel caso di licenziamento del beneficiario di Rdc effettuato nei trentasei mesi successivi all’assunzione, il datore di lavoro è tenuto alla restituzione dell’incentivo fruito maggiorato di sanzioni, salvo che il licenziamento avvenga per giusta causa o per giustificato motivo.

È previsto un beneficio addizionale per i beneficiari del Rdc che avviano un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi 12 mesi di fruizione del Rdc da erogarsi in unica soluzione pari a sei mensilità di Rdc, nei limiti di 780 euro mensili.

Le norme subordinano le agevolazioni in esame al rispetto da parte dei datori di lavoro delle seguenti condizioni:

-          attivare un incremento occupazionale netto del numero di dipendenti nel rispetto dei criteri fissati dall’articolo 31, comma 1, lettera f), del decreto legislativo n. 150 del 2015[19], riferiti esclusivamente ai lavoratori a tempo indeterminato.

-          essere in regola con il DURC (Documento unico di regolarità contributiva)[20].

-          essere in regola con gli obblighi di assunzione (relativi alle categorie protette) di cui all'articolo 3 della L. 12 marzo 1999, n. 68, fatta salva l'ipotesi in cui l'incentivo medesimo sia inerente ad un'assunzione di un soggetto (naturalmente beneficiario del Reddito di cittadinanza) iscritto nelle liste di cui alla citata legge n. 68.

Le norme prevedono che le suddette agevolazioni siano riconosciute entro i limiti e secondo le disposizioni dei Regolamenti (UE) 1407/2013, 1408/2013 e 717/2014, concernenti i cosiddetti aiuti de minimis da parte degli Stati membri, con riferimento anche al settore agricolo e al settore della pesca e dell’ acquacoltura[21].

Le norme dispongono inoltre che le agevolazioni alle assunzioni in esame sono compatibili e aggiuntive rispetto all’incentivo disposto dall’art. 1, comma 247, della Legge di bilancio per il 2019 per le assunzioni nel Mezzogiorno nel biennio 2019-2020[22]. Nel caso in cui il datore di lavoro abbia esaurito gli esoneri contributivi in forza della predetta legge, gli sgravi contributivi disciplinati dal presente articolo sono fruiti sotto forma di credito di imposta per il datore di lavoro, le cui modalità di accesso sono demandate ad un successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica dopo aver illustrato le disposizioni, esclude innanzitutto che il coinvolgimento di università ed enti pubblici di ricerca possa implicare riflessi sulla finanza pubblica, atteso che è espressamente prevista una clausola d'invarianza finanziaria e che non viene posto alcun obbligo a carico delle PP.AA. in questione. La RT asserisce poi che gli incentivi, come configurati, non prevedono oneri finanziari aggiuntivi a carico dello Stato. Infatti, l'incentivo in via generale, perlomeno con riferimento alle retribuzioni medie, non dà luogo a permanenze nel programma del Rdc. La RT presenta l'esempio delle retribuzioni medie del livello operaio in Italia, pari a 23.006 euro annui, secondo i dati Istat 2017. Con tale retribuzione (o superiore) il nucleo uscirebbe dal programma nel caso anche di un solo individuo assunto a tempo pieno, dati i requisiti di accesso. L'incentivo per l'impresa, in tal caso, è sottoposto ad un massimale di circa 630 euro mensili, inferiore al massimale comunque previsto, pari a 780 euro, a sua volta inferiore al massimo benefìcio Rdc raggiungibile dal nucleo. Anche laddove il beneficiario venisse assunto alla fine del primo ciclo del Rdc (cioè dopo 18 mesi), si ritiene che in ogni caso il minimo incentivo concesso - pari a cinque mensilità o sei nel caso della partecipazione di enti di formazione - sia inferiore alla durata residua attesa nel programma, che è da considerare indefinita, seppure con una sospensione di una mensilità ogni 18 mesi.

Laddove la retribuzione sia tale da far permanere il nucleo familiare nel programma, l'incentivo è comunque inferiore al risparmio ottenuto in termini di minore ammontare della prestazione. Infatti, fatta pari a 100 la retribuzione lorda del lavoratore, i redditi a fini IRPEF rilevanti per l'ammontare della prestazione sono pari a poco più di 90 (tenuto conto cioè della contribuzione a carico del lavoratore, pari normalmente al 9,19%), di cui l'80% considerati in riduzione diretta del Rdc, che quindi si ridurrebbe mensilmente di circa 73. Viceversa, l'incentivo per l'impresa è fissato comunque nel limite dei contributi a carico del datore di lavoro per il lavoratore assunto, pari a meno di 33 (attesa una aliquota media del 32,70%). Pertanto, anche nell'annualità di fruizione del benefìcio in cui è prevista la mensilità di sospensione, vi è comunque un risparmio per la finanza pubblica, in quanto la differenza tra il minor beneficio e l'incentivo è mensilmente maggiore dell'incentivo medesimo, più che compensando pertanto anche la mensilità di beneficio sospesa.

La RT infine propone, ai fini di una chiarificazione dei processi del rapporto tra il beneficiario e le istituzioni deputate alla allocazione del lavoratore sul mercato, attraverso patti del lavoro e formativi, la visione del grafico 1 riportato nella relazione illustrativa (al quale in questa sede si rinvia), che descrive sinteticamente la struttura.

Il Governo, in risposta ai quesiti emersi nel corso dell’esame al Senato, ha precisato quanto segue.

Con riferimento agli effetti degli incentivi sulle stime del turn over, si precisa che non si è tenuto conto del loro potenziale effetto di incremento della spesa in quanto, dato l'ammontare dell'incentivo a fronte del minor beneficio concesso su base intertemporale, in via generale il saldo per la finanza pubblica si ritiene possa essere positivo. Ad ogni modo, nella remota eventualità che così non fosse, di ciò si è tenuto conto nella definizione della regola di salvaguardia prevedendo, ai sensi dell'articolo 12, comma 9, l'accantonamento di una quota pari alla metà di una mensilità aggiuntiva per ciascun nucleo beneficiario nel programma da oltre sei mesi. Come dimostrato in relazione tecnica, anche in tal caso, si tratta di ipotesi molto prudenziali.

 

Al riguardo, si prende atto di quanto precisato nel corso dell’esame presso il Senato. Appare peraltro necessario un chiarimento circa l’applicazione del beneficio addizionale per i beneficiari del Rdc che avviano un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi 12 mesi di fruizione del Rdc, in relazione all’analogo incentivo previsto in caso avvio di un’attività d’impresa o di lavoro autonomo (articolo 3, comma 9). In particolare andrebbe chiarito se i due incentivi siano, con riferimento ad un medesimo nucleo familiare, alternativi o possano cumularsi.

Andrebbe inoltre chiarito se di tali previsioni si sia tenuto conto nelle stime del turn over.

 

·         ARTICOLO 9

Assegno di ricollocazione

Normativa vigente. L’assegno di ricollocazione è stato istituito dall’art. 23 del D.Lgs. 150/2015 (decreto attuativo della legge delega in materia di lavoro n. 183/2014), riconosciuto ai soggetti disoccupati percettori della NASpI (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego), la cui durata di disoccupazione eccede i quattro mesi, e, in base a quanto disposto dalla legge di bilancio per il 2018 (art. 1, c. 136, L. 205/2017), anche ai lavoratori coinvolti negli Accordi di ricollocazione rientranti negli ambiti e profili a rischio di esubero previsti dall'Accordo stesso. L’AdR consiste in una somma (che non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale e assistenziale), graduata in funzione del profilo personale di occupabilità, spendibile presso i centri per l'impiego o i servizi accreditati. L’assegno è spendibile presso i centri per l'impiego o i soggetti privati accreditati (scelti dal disoccupato titolare dell'assegno di ricollocazione) per ottenere un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro. Il servizio ha una durata di sei mesi (prorogabile per altri sei nel caso non sia stato consumato l'intero suo ammontare) e deve essere richiesto dal disoccupato, a pena di decadenza dallo stato di disoccupazione e dalla prestazione a sostegno del reddito, entro due mesi dalla data di rilascio dell'assegno.

Con delibera 14/2018, il CdA dell’ANPAL ha definito, tra l’altro, l’ammontare dell’assegno, compreso tra 250 e 5.000 euro, e, dopo la conclusione di una fase di sperimentazione avviata nel 2017, ne ha fissato la messa a regime a decorrere da maggio 2018.

 

Le norme dispongono che, nella fase di prima applicazione e non oltre il 31 dicembre 2021, il beneficiario del Rdc, tenuto a stipulare il Patto per il lavoro con il centro per l’impiego, riceva dall’ANPAL l’assegno di ricollocazione (AdR) di cui all’articolo 23 del decreto legislativo n. 150 del 2015, decorsi 30 giorni dalla data di liquidazione della prestazione. Tale assegno deve essere speso presso i centri per l’impiego o presso i soggetti accreditati. A pena di decadenza dal beneficio del Rdc, il beneficiario è tenuto a scegliere, entro 30 giorni dal riconoscimento dell'AdR, il soggetto erogatore del servizio di assistenza intensiva. Il servizio ha una durata di sei mesi, prorogabile di ulteriori sei mesi qualora residui parte dell'importo dell'assegno.

Si prevede che, in caso di utilizzo dell'assegno di ricollocazione presso un soggetto accreditato, il Sistema informativo unitario delle politiche del lavoro (SIUPL) fornisca immediata comunicazione al centro per l'impiego con cui è stato stipulato il Patto per il lavoro o, nei casi di cui all'articolo 4, comma 9, a quello nel cui territorio risiede il beneficiario.

Il finanziamento dell’assegno di ricollocazione è posto a carico del Fondo per le politiche attive del lavoro, di cui all'articolo 1, comma 215, della legge n. 147 del 2013.

Il Fondo per le politiche attive del lavoro, istituito dall’articolo 1, comma 215, della L. 147/2013 (con l’obiettivo di favorire il reinserimento lavorativo dei fruitori di ammortizzatori sociali, anche in deroga, e di lavoratori in stato di disoccupazione involontaria), presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con dotazione pari a 15 milioni di euro per il 2014, e a 20 milioni di euro annui per il biennio 2015-2016. Lo stanziamento del Fondo è stato rideterminato con l’articolo 43, comma 6, del D.Lgs. 148/2015 (32 milioni di euro per il 2016, 82 milioni di euro annui per il triennio 2017-2019, 72 milioni di euro per il 2020, 52 milioni di euro per il 2021, di 40 milioni di euro per il 2022, 25 milioni di euro per il 2023 e 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2024).

Le norme prevedono che l’ANPAL effettui il monitoraggio dell’andamento delle risorse, fornendo relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed al Ministero dell’economia e delle finanze sulla base delle quali, tenendo anche conto della percentuale di successi occupazionali, l’ANPAL sospende l’erogazione di nuovi assegni quando si manifesti un rischio, anche prospettico, di esaurimento delle risorse stesse.

Con delibera del Consiglio di amministrazione dell'ANPAL, previa approvazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono definite le modalità operative e l'ammontare dell'assegno di ricollocazione. Gli esiti della ricollocazione sono oggetto dell'attività di monitoraggio e valutazione comparativa dei soggetti erogatori del servizio.

Le norme stabiliscono inoltre che fino al 31 dicembre 2021 è sospesa l'erogazione dell'assegno di ricollocazione ai soggetti di cui all’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2015, ossia ai disoccupati percettori di NASpI e disoccupati da più di quattro mesi.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica dopo aver illustrato il contenuto della norma e le finalità dell'assegno di ricollocazione, chiarisce che l'ammontare dell'assegno di ricollocazione può variare da 250 a 5.000 euro e il suo finanziamento è comunque coperto per intero da somme già stanziate, essendo l'intervento rifìnalizzato in favore dei beneficiari del Rdc e l'erogazione in favore dei soggetti previsti dalla legislazione previgente sospesa. Al finanziamento dell'assegno di ricollocazione sono infatti destinate le somme già disponibili per l'assegno di ricollocazione di cui all'articolo 23 del decreto legislativo n. 150 del 2015.

La RT fornisce una tabella (sotto riportata) che riepiloga gli stanziamenti relativi al Fondo per le politiche attive di cui all'articolo 1, comma 215, della legge n. 147 del 2013.

Al gettito complessivo del fondo concorrono le risorse versate annualmente dall'INPS in attuazione dell'articoli 21, comma 13, e 22, comma 5, del decreto legislativo n. 150 del 2015, nonché quelle derivanti dal comma 7 del presente articolo. Queste ultime sono prudenzialmente stimabili in 28,4 milioni per il 2019, 32,2 milioni per il 2020 e 104,1 milioni per il 2021, sulla base dei dati osservati in relazione alla analoga disposizione vigente per la NASpI (articolo 21, comma 13, del decreto legislativo n. 150 del 2015; le somme sottoposte a recupero sono pari allo 0,4% della spesa complessiva).

Tabella 5. Fondo per le politiche attive di cui all'articolo 1, comma 215, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. Stanziamenti (milioni di euro)

 

 

2019

2020

2021

Stanziamento

81,1

71,4

51,8

Gettito articolo 21, comma 13 e 22, comma 5 del d.lgs. 150/2015 (previsione)

19,0

19,0

19,0

L. 145/2018, art. 1, comma 285

42,0

-

-

L. 145/2018, art. 1, comma 285

2,1

-

-

Totale

144,2

90,4

70,8

 

Al riguardo, pur prendendo atto del meccanismo definito dalle norme in esame, in base al quale gli importi unitari dell'assegno di ricollocazione saranno determinati con delibera dell'ANPAL e che potrà essere sospesa l’erogazione di nuovi assegni quando si manifesti un rischio, anche prospettico, di esaurimento delle risorse, appare necessario acquisire chiarimenti sui possibili effetti finanziari delle norme.

Ciò con particolare riguardo alle risorse afferenti al Fondo politiche attive del lavoro, come ricostruite dalla relazione tecnica.

In particolare, con riferimento alle risorse pari a 19 milioni di euro annue ascritti a disposizioni contenute negli articoli 21 e 22 del decreto legislativo n. 150, si evidenzia che le stesse corrispondono a versamenti di somme non erogate per provvedimenti di sospensione o decadenza. Si ricorda che tali importi non erano stati quantificati nella relativa RT per ragioni di prudenzialità. Andrebbero quindi indicate le ragioni per le quali si ritiene di prevedere l’utilizzo in via preventiva di tali risorse e come le stesse siano state stimate.

La normativa citata (articoli 21 e 22 del decreto legislativo n, 150/2015) dispone infatti, in relazione alle prestazioni a sostegno del reddito, che l'INPS provvede annualmente a versare le risorse non erogate (in relazione a prestazioni oggetto di provvedimenti di sospensione o decadenza) per il 50 per cento al Fondo per le politiche attive e per il restante 50 per cento alle regioni e province autonome cui fanno capo i centri per l'impiego che hanno adottato i relativi provvedimenti. Le risorse sono impiegate in strumenti di incentivazione del personale connessi al raggiungimento di particolari obiettivi.

In merito alle risorse derivanti dall’articolo 1, comma 285, della legge n. 145/2018, il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari riferito alla citata norma non ascriveva alla stessa effetti sui saldi, in quanto si trattava di rendere disponibili per le politiche attive del lavoro somme risparmiate, ma già scontate nei tendenziali. In relazione a tale ultima posta, andrebbe quindi confermata la disponibilità delle somme indicate dalla RT tenuto conto degli importi stanziati a legislazione vigente e della pregressa destinazione degli stessi.

Più specificamente l’articolo 1, comma 285 della legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019) dispone che:

·         le risorse non utilizzate per i programmi di riqualificazione e ricollocazione di lavoratori in situazione di crisi aziendale o settoriale nel Mezzogiorno, di cui all’articolo 10, comma 1, del D.L. 91/2017, restano acquisite al bilancio dell’ANPAL al fine di essere utilizzate per programmi di politica attiva del lavoro;

Si rammenta che l’articolo 10, comma 1, del D.L. 91/2017 ha stanziato 15 milioni di euro per il 2017 e 25 milioni di euro per il 2018 a favore dell’ANPAL per specifici programmi (attuati dall’ANPAL stessa).

·         i risparmi di spesa presenti nel Fondo istituito per finanziare l’erogazione dell’indennità di partecipazione prevista dall’Accordo del 24 gennaio 201316 ai tirocinanti che effettuino tirocini formativi e di orientamento nelle Pubbliche Amministrazioni realizzati, di cui all’articolo 2, comma 6, del D.L. 76/2013, affluiscono al Fondo per le politiche attive del lavoro.

Si ricorda che l’articolo 2, comma 6, del D.L. 76/2013 ha disposto, in via sperimentale per il triennio 2013-2015, l’erogazione dell’indennità di partecipazione prevista dall’Accordo del 24 gennaio 2013 ai tirocinanti che effettuino tirocini formativi e di orientamento nelle Pubbliche Amministrazioni, allo scopo istituendo un apposito fondo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con dotazione di 2 milioni di euro annui per il periodo temporale in precedenza richiamato.

In relazione ai risparmi derivanti dalla sospensione dell'erogazione dell'assegno di ricollocazione agli attuali percettori della Naspi, prevista dalle norme in esame, quantificati dalla RT in 28,4 milioni di euro per il 2019, 32,2 milioni per il 2020 e 104,1 milioni per il 2021, andrebbe esplicitata la metodologia di calcolo adottata e andrebbero forniti i dati (importo medio unitario e l'estensione della platea in questione) alla base della stima. Andrebbe inoltre chiarito se la sospensione si applichi anche ai soggetti per i quali è già in corso la fruizione dell'assegno.

Infine, si rileva che il tenore letterale della disposizione non consente di quantificare con precisione le risorse dedicate all’erogazione dell’assegno di ricollocazione nell’ambito del complesso degli stanziamenti del Fondo politiche attive. Andrebbe quindi escluso che l’utilizzo del Fondo per le politiche attive per il lavoro per il finanziamento dell'assegno in questione, possa arrecare pregiudizi alle altre iniziative già previste a valere sulle medesime risorse.

 

·         ARTICOLO 9, comma 6-bis

Modifiche alla disciplina del Sistema statistico nazionale (SISTAN)

La norma, introdotta dal Senato, modifica l’articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 322/1989 prevedendo che gli uffici di statistica del Sistema statistico nazionale (SISTAN), forniscono al SISTAN i dati informativi, anche in forma individuale:

·        relativi all’amministrazione o ente di appartenenza ovvero da questi detenuti in ragione della propria attività istituzionale o raccolti per finalità statistiche previste dal programma statistico nazionale;

·        raccolti per finalità statistiche previa richiesta in cui siano esplicitate le finalità perseguite, necessari per i trattamenti statistici strumentali al perseguimento delle finalità istituzionali del soggetto richiedente.

 

La norma, introdotta dal Senato, non è corredata di un prospetto riepilogativo.

 

La relazione tecnica afferma che la norma ha carattere ordinamentale e non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

La RT precisa che la modifica in esame si è resa necessaria a seguito dell’abrogazione dell’articolo 8 del Codice di deontologia per i trattamenti di dati personali a scopi statistici e di ricerca effettuati nell’ambito del SISTAN (Allegato 3 al decreto legislativo n. 196/2003) che non consentirebbe la comunicazione tra i soggetti del SISTAN dei dati personali qualora questi non siano richiesti per effettuare un trattamento statistico non compreso nel programma statistico nazionale e la sessa comunicazione non sia disciplinata da una specifica norma di legge.

 

Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.

 

·         ARTICOLO 9-bis

Disposizioni in materia di istituti di patronato

La norma, introdotta durante l’esame al Senato, modifica in vari punti la disciplina degli istituti di patronato e di assistenza sociale sopra descritta.

Sul requisito per la costituzione dei patronati viene indicata l’apertura di sedi in almeno quattro Paesi stranieri, in luogo degli otto. Conseguentemente, anche ai fini del commissariamento, l’attività dell’Istituto deve svolgersi in almeno quattro Paesi stranieri.

Infine, la soglia minima di attività rilevante per evitare il commissariamento e lo scioglimento scende allo 0,75%, che ciascun patronato deve realizzare per almeno 2 anni consecutivi.

 

La norma, introdotta dal Senato, non è corredata della relazione tecnica e di un prospetto riepilogativo.

 

Al riguardo, andrebbe chiarito se i nuovi requisiti indicati dalla norma possano influire sull’entità complessiva delle risorse erogate per il finanziamento degli istituti di patronato.

 

·         ARTICOLO 10

Monitoraggio del Rdc

La norma, modificata dal Senato, individua nel Ministero del lavoro e delle politiche sociali il responsabile del monitoraggio dell’attuazione del Rdc, attribuendogli altresì il compito di predisporre, sulla base delle informazioni rilevate sulle piattaforme di cui all’articolo 6, di quelle fornite dall’INPS e dall’ANPAL, nonché delle altre informazioni disponibili in materia, il Rapporto annuale sull’attuazione del Rdc, pubblicato sul sito internet istituzionale del medesimo ministero.

È prevista una clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale il Ministero del lavoro provvede ai compiti previsti dall’articolo in esame, anche avvalendosi dell’INAPP (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche), nel limite delle risorse finanziarie, umane e strumentali già previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica rappresenta che analoga previsione in merito alla predisposizione di un rapporto annuale sull'attuazione del Rei era stabilita dall'articolo 15, comma 4, del decreto legislativo n. 147 del 2017 sempre a carico del Ministero del lavoro. Non si tratta pertanto di compiti aggiuntivi posti in capo all'amministrazione.

 

Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare tenuto conto della clausola di invarianza prevista dalla norma.

 

·         ARTICOLO 11

Modificazioni al decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147

Le norme modificano il decreto legislativo n. 147 del 2017, istitutivo del Rei, misura che, ai sensi dell’articolo 13 del decreto in esame, non potrà più essere richiesta a decorrere dal mese di marzo 2019 e che, a decorrere dal successivo mese di aprile 2019, non sarà più riconosciuta.

Conseguentemente, dal 1° aprile 2019, viene quasi completamente abrogato il Capo II del citato decreto legislativo, dedicato al Rei, mentre rimangono in vigore il Capo III, dedicato al riordino delle prestazioni assistenziali finalizzate al contrasto alla povertà e il Capo IV, dedicato al rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali.

In particolare, viene eliminata la possibilità, attualmente prevista dal secondo periodo del comma 3 dell'articolo 7, che viene abrogato, che le quote del Fondo povertà di cui al medesimo comma 3, destinate al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali, siano rideterminate in esito al monitoraggio sui fabbisogni e sull’utilizzo delle risorse.

Si ricorda che l’articolo 7, comma 3, del decreto legislativo n. 147/2017 prevede che la quota del Fondo Povertà destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali, sia pari, in sede di prima applicazione, a:

·         297 milioni di euro nel 2018;

·         347 milioni di euro nel 2019;

·         470 milioni di euro annui a decorrere dal 2020, inclusivi dei 20 milioni per interventi e servizi in favore di persone in condizione di povertà estrema e senza dimora.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che, trattandosi di norme di mero coordinamento legislativo, le stesse non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.

 

·         ARTICOLO 11-bis

Fondi paritetici per la formazione continua

Normativa vigente. L’articolo 118, comma 1, della legge n. 288/2000 stabilisce che i fondi paritetici possono finanziare, in tutto o in parte, piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o individuali concordati tra le parti sociali, nonché eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse a detti piani, concordate tra le parti.

 

La norma, introdotta durante l’esame al Senato, modifica l’articolo 118 della legge n. 388/2000 prevedendo che i fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua possano finanziare, in tutto o in parte, piani di formazione o di riqualificazione professionale previsti dal Patto di formazione di cui all'articolo 8 del provvedimento in esame.

La norma dispone inoltre l’inclusione, tra le finalità generali dei medesimi fondi, della promozione dei percorsi formativi o di riqualificazione professionale per i soggetti disoccupati o inoccupati.

 

La norma non è corredata della relazione tecnica e di un prospetto riepilogativo.

 

Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare tenuto conto del carattere facoltativo dell’intervento dei fondi.

 

In merito ai profili di copertura, si rileva il comma 7-bis dell’articolo 12 autorizza assunzioni di personale presso l’INAIL nel limite di spesa di 5.695.723 euro per l'anno 2020 e di 5.549.500 euro annui a decorrere dall'anno 2021 provvedendo al relativo onere a valere sulle risorse del Fondo da ripartire per fronteggiare le spese derivanti dalle assunzioni di personale a tempo indeterminato per le amministrazioni dello Stato, di cui all’articolo 1, comma 365, lettera b), della legge n. 232 del 2016.

Ciò posto, appare necessario che il Governi assicuri che l’utilizzo delle risorse di cui al citato Fondo non sia suscettibile di pregiudicare la realizzazione di interventi già previsti a legislazione vigente a valere sulle risorse del Fondo medesimo[23].

Il comma 12 dell’articolo 12 prevede inoltre che al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali di cui all’articolo 4, comma 13, che disciplina il Patto per l’inclusione sociale, inclusi eventuali costi per l’adeguamento dei sistemi informativi dei comuni, si provvede mediante utilizzo delle risorse residue della quota del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale destinata, ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 147 del 2017, al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali.

In proposito si rinvia alle considerazioni svolte in precedenza con riferimento all’articolo 6, comma 7.

 

·         ARTICOLO 13

Disposizioni transitorie e finali

Le norme prevedono che, a decorrere dal 1° marzo 2019, il Rei non può più essere richiesto e, dall'aprile successivo, e a decorrere dal mese di aprile 2019 non è più riconosciuto né rinnovato. Per coloro ai quali il Rei sia stato riconosciuto in data anteriore al mese di aprile 2019, il beneficio continua ad essere erogato per la durata inizialmente prevista, fatta salva la possibilità di presentare domanda per il Rdc, restando altresì valido il progetto personalizzato definito ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 147 del 2017. Il Rei continua ad essere erogato con le procedure di cui all’articolo 9 del decreto legislativo n. 147 del 2017 e non è in alcun modo compatibile con la contemporanea fruizione del Rdc da parte di alcun componente il nucleo familiare.

Il comma 3 fa salve in ogni caso le potestà attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2019

2020

2021

2019

2020

2021

2019

2020

2021

Maggiori spese correnti

 

Prosecuzione del reddito di inclusione

274,0

8,0

 

274,0

8,0

 

274,0

8,0

 

 

La relazione tecnica sottolinea la necessità della stima degli oneri conseguenti alle sole prime tre mensilità del 2019, atteso che, poiché i requisiti economici per l'accesso al Rdc sono meno restrittivi e l'ammontare del benefìcio più generoso, a decorrere da aprile gli oneri connessi a coloro che permarranno fino a scadenza nel regime del Rei sono già sostanzialmente e prudenzialmente ricompresi nelle stime presentate con riferimento al Rdc (infatti, nel caso in cui i beneficiari correnti del Rei non facciano domanda del Rdc si otterrebbe un risparmio per la finanza pubblica). Sulla base dei dati forniti dall'INPS, si rappresenta che il numero medio mensile relativo al periodo luglio-dicembre 2018 (da quando cioè il Rei è diventato universale in senso selettivo) dei nuclei beneficiari del Rei è risultato pari a 290.000 unità, per una spesa media mensile di 84,1 milioni di euro. Il mese in cui vi è stato il numero di beneficiari più alto è stato agosto 2018, con oltre 299.000 nuclei beneficiari per una spesa di 88,6 milioni euro. Assumendo prudenzialmente tale valore massimo come riferimento per le prime tre mensilità del 2019, si ottiene un onere di 266 milioni di euro. Ai nuclei che con ogni probabilità transiteranno al Rdc, vanno inoltre aggiunti i beneficiari del Rei che non soddisfano il requisito di residenza per almeno dieci anni, richiesto dal Rdc in maniera aggiuntiva rispetto a quello di residenza continuativa negli ultimi due anni già previsto dal Rei. Tale onere è stimabile mensilmente - sulla base dei dati del Rei - in circa il 2% del totale mensile per una media di 9 mesi (essendo la durata massima del beneficio del Rei di 18 mesi): si tratta complessivamente di circa 16 milioni di euro, di cui metà di competenza del 2020. Gli oneri connessi al comma 1 e già inclusi nel limite di spesa di cui all'articolo 12, comma 2, sarebbero pertanto pari a 274 milioni di euro per il 2019 e a 8 milioni per il 2020:

 

Al riguardo, con riferimento ai dati di consuntivo del Rei, utilizzati per stimare la spesa per le prime tre mensilità, come già rilevato nel corso dell’esame al Senato, l'ultimo rapporto dell'Osservatorio statistico dell'INPS[24], indica un numero di beneficiari nel mese di agosto 2018 leggermente più alto (305.000 a fronte dei 299.000 indicati dalla RT) per un onere mensile maggiore di circa 2 milioni di euro rispetto a quello indicato dalla RT (90,6 milioni anziché 88,6 milioni).

Inoltre, in relazione alla percentuale del 2 per cento di soggetti che continueranno a percepire il Rei fino alla fine in quanto non aventi il requisito di residenza di 10 anni, in base alle stime della RT riferite all'articolo 3 del presente decreto e agli ultimi dati disponibili sul Rei, la platea dovrebbe invece corrispondere al 4 per cento.

In proposito appare opportuno un chiarimento.

 

Capo II (Articoli 14-26 sexies)

Trattamento di pensione anticipata “quota 100” e altre disposizioni pensionistiche

·         ARTICOLI da 14 a 18

Accesso anticipato al trattamento pensionistico

Le norme recano una pluralità di interventi volti a consentire un accesso anticipato al trattamento pensionistico (pensione “quota 100”; anticipo pensionistico per specifiche categorie di lavoratori; opzione donna; APE sociale). L’efficacia degli interventi è prevista per specifici intervalli temporali. Nei paragrafi che seguono si fornisce una sintetica descrizione di ognuno di tali interventi, che sono invece oggetto di una valutazione unitaria da parte della relazione tecnica.

 

Articolo 14, commi da 1 a 10 – “Quota 100”

Le norme prevedono che, in via sperimentale, per il triennio 2019-2021, gli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria e alle forme esclusive e sostitutive della medesima, gestite dall'INPS, nonché alla gestione separata possano conseguire il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento di un'età anagrafica di almeno 62 anni e di un'anzianità contributiva minima di 38 anni, di seguito definita "pensione quota 100". Il diritto conseguito entro il 31 dicembre 2021 può essere esercitato anche successivamente alla predetta data e il requisito di età anagrafica non è adeguato agli incrementi correlati alla speranza di vita. Gli iscritti a due o più gestioni previdenziali non titolari di trattamento pensionistico a carico di una delle predette gestioni, hanno facoltà di cumulare i periodi assicurativi non coincidenti nelle stesse gestioni amministrate dall'INPS. La pensione “quota 100” non è cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, attualmente, nel limite di complessivi 5.000 euro lordi annui (commi 1-3).

I soggetti che hanno maturato entro il 31 dicembre 2018 i requisiti previsti per “Quota 100” conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico dal l° aprile 2019; coloro che hanno maturato i suddetti requisiti dal 1° gennaio 2019 conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti stessi (commi 5 e 6).

Per i dipendenti pubblici si prevede invece, in base al comma 6, quanto segue:

·        qualora maturino entro la data di entrata in vigore del provvedimento in esame i requisiti previsti, conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico dal 1° agosto 2019;

·        qualora maturino detti requisiti dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento trascorsi sei mesi dalla data di maturazione dei requisiti stessi e comunque non prima del 1° agosto 2019;

·        la domanda di collocamento a riposo deve essere presentata all'amministrazione di appartenenza con un preavviso di sei mesi.

Per quanto attiene alla decorrenza dei trattamenti in questione relativi a “quota 100”, per il personale del comparto scuola ed AFAM si applicano le disposizioni di cui all’articolo 59, comma 9, della L. 449/1997.

Tale norma prevede che, per il personale in questione che maturi i requisiti in oggetto entro il 31 dicembre di un determinato anno, la decorrenza del trattamento è posta dall'inizio dell'anno scolastico o accademico in cui ricadrà la suddetta data del 31 dicembre.

In sede di prima applicazione, entro il 28 febbraio 2019, il relativo personale a tempo indeterminato può presentare domanda di cessazione dal servizio con effetti dall’inizio rispettivamente dell’anno scolastico o accademico (comma 7).

Le disposizioni in esame non si applicano altresì al personale militare delle Forze armate (comma 10).

 

Articolo 15 – Riduzione dell’anzianità contributiva per l’accesso al pensionamento anticipato

Normativa previgente. L’articolo 24, comma 10, del DL 201/2011 ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2012 l'accesso alla pensione anticipata ad età inferiori ai requisiti anagrafici di cui al precedente comma 6 sia consentito esclusivamente se risulta maturata un'anzianità contributiva di 42 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne, con riferimento ai soggetti che maturano i requisiti nell'anno 2012. A tali valori sono state applicate le norme che prevedono l’adeguamento dell’età pensionabile agli incrementi di speranza di vita. Il principio dell’adeguamento è stato originariamente introdotto dal comma 2 dell'articolo 22-ter del D.L. 78/2009. Tale disposizione aveva disposto un intervento di portata generale rivolto a tutti i lavoratori, sia pubblici sia privati. Esso stabiliva che a decorrere dal 1° gennaio 2015 i requisiti anagrafici per l'accesso al sistema pensionistico italiano dovessero essere adeguati all'incremento della speranza di vita accertato dall'ISTAT e convalidato dall'EUROSTAT, con riferimento ai 5 anni precedenti, con modalità tecniche demandate ad un apposito regolamento di delegificazione, da emanare entro il 31 dicembre 2014. Successivamente la normativa in questione è stata interessata, pur in un breve periodo temporale, da numerosi interventi (articolo 12, commi 12-bis - 12-quinquies, del D.L. 78/2010; articolo 18, comma 4, del D.L. 98/2011; articolo 24, commi 12-13, del D.L. 201/2011) che ne hanno modificato ed integrato la struttura (peraltro non sempre intervenendo con la tecnica della novella del D.L. 78/2010). Il requisito contributivo, in assenza dell’intervento di seguito descritto, è pari, nel 2019, a 43 anni e 3 mesi per gli uomini e a 42 anni e 3 mesi per le donne.

 

Le norme operano una revisione della disciplina relativa ai requisiti ed ai termini di decorrenza della pensione anticipata.

Le modifiche introdotte dal testo in esame riguardano i soggetti la cui pensione è liquidata a carico dell'AGO e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché della gestione separata[25]. La revisione della disciplina è disposta mediante la sostituzione integrale dell’articolo 24, comma 10, del decreto legge n. 201/2011, prevedendo che, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l'accesso alla pensione anticipata sia consentito se risulta maturata un'anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne[26]. Il trattamento pensionistico decorre trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei predetti requisiti (comma 1).

Il criterio generale appena indicato concernente la decorrenza dei trattamenti è derogato in sede di prima applicazione limitatamente ai soggetti che hanno maturato i requisiti dal 1° gennaio 2019 alla data di entrata in vigore del decreto in esame. Costoro conseguono il diritto al trattamento pensionistico dal 1° aprile 2019 (comma 3).

Si prevede che gli incrementi della speranza di vita[27] non incidano sul requisito contributivo richiesto ai sensi del comma 1, a partire dall’anno 2019 e fino al 31 dicembre 2026 (comma 2).

Si rammenta che in forza dell’incremento della speranza di vita il requisito contributivo oggetto delle modifiche in esame sarebbe risultato pari, nel periodo 2019-2020, a 43 anni e 3 mesi per gli uomini e a 42 anni e 3 mesi per le donne e sarebbe stato suscettibile di ulteriori elevamenti progressivi nei bienni successivi.

Al personale del comparto scuola e AFAM[28] si applicano le disposizioni di cui all’articolo 59, comma 9, della legge n. 449/1997.

Tale norma prevede che, per il personale in questione che maturi i requisiti in oggetto entro il 31 dicembre di un determinato anno, la decorrenza del trattamento è posta dall'inizio dell'anno scolastico o accademico in cui ricadrà la suddetta data del 31 dicembre.

In sede di prima applicazione, si prevede che entro il 28 febbraio 2019, il relativo personale a tempo indeterminato può presentare domanda di cessazione dal servizio con effetti dall’inizio rispettivamente dell’anno scolastico o accademico (comma 4).

 

Articolo 16 – Opzione donna

Le norme trattano dell’istituto sperimentale per il pensionamento anticipato delle donne (cd. “opzione donna”), introdotto dall’articolo 1, comma 9, della L. 243/2004 (v. infra), estendendone la fruizione alle lavoratrici interessate dalle norme di seguito descritte. In particolare, si stabilisce che il diritto al trattamento pensionistico anticipato, calcolato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo n. 180/1997, sia riconosciuto nei confronti delle lavoratrici che, entro il 31 dicembre 2018, hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e un’età pari o superiore a 58 anni, per le lavoratrici dipendenti e a 59 anni, per le lavoratrici autonome. Il predetto requisito di età anagrafica non è adeguato agli incrementi alla speranza di vita (comma 1).

Al trattamento pensionistico in esame si applicano le decorrenze di cui all’articolo 12 del decreto legge n. 78/2010 che ha disposto una decorrenza (cd. finestra) per il pensionamento pari, rispettivamente, a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e a 18 mesi per le lavoratrici autonome (comma 2).

Al personale del comparto scuola e AFAM[29] si applicano le disposizioni di cui all’articolo 59, comma 9, della legge n. 449/1997. Tale norma prevede che, per il personale in questione che maturi i requisiti in oggetto entro il 31 dicembre di un determinato anno, la decorrenza del trattamento è posta dall'inizio dell'anno scolastico o accademico in cui ricadrà la suddetta data del 31 dicembre. In sede di prima applicazione, si prevede che entro il 28 febbraio 2019, il relativo personale a tempo indeterminato può presentare domanda di cessazione dal servizio con effetti dall’inizio rispettivamente dell’anno scolastico o accademico (comma 3).

 

Articolo 17 – Disapplicazione degli incrementi dell’età pensionabile per i lavoratori precoci

Normativa previgente. L’articolo 1, comma 199, della L. 232/2016 ha disposto una riduzione del requisito contributivo per il pensionamento anticipato per i lavoratori con almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il raggiungimento del diciannovesimo anno di età (“lavoratori precoci”) e che si trovino in una delle seguenti condizioni:

·         siano in stato di disoccupazione;

·         assistano, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap;

·         abbiano una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento;

·         siano lavoratori dipendenti che svolgono attività gravose.

Il successivo comma 200 della L. 232/2016 e l’articolo 1, comma 149, della L. 205/2017 hanno altresì previsto che al requisito contributivo ridotto di cui al comma 199 continuino ad applicarsi gli adeguamenti alla speranza di vita.

 

Le norme dispongono che, per i cosiddetti “lavoratori precoci”, ossia per coloro che maturano i requisiti di cui all’articolo 1, comma 199, della legge n. 232/2016 (ossia 41 anni di contributi ed il trovarsi nelle sopra descritte condizioni personali specificatamente elencate), non trovino applicazione, dal 1° gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2026, le norme che prevedono l’adeguamento del requisito contributivo alla speranza di vita[30].

Gli stessi soggetti, a decorrere dal 1° gennaio 2019, conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti stessi[31]. Conseguentemente, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 203, della legge n. 232/2016, è incrementata di 31 milioni di euro per l’anno 2019, 54,4 milioni di euro per l’anno 2020, 49,5 milioni di euro per l’anno 2021, 55,3 milioni di euro per l’anno 2022, 100 milioni di euro per l’anno 2023, 118,1 milioni di euro per l’anno 2024, 164,5 milioni di euro per l’anno 2025, 203,7 milioni di euro per l’anno 2026, 215,3 milioni di euro per l’anno 2027 e 219,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2028.

 

Articolo 18 – “Ape sociale”

Normativa previgente. L’articolo 1, commi da 179 a 186, della L. 232/2016 ha riconosciuto in via sperimentale, dal 1° maggio 2017 e fino al 31 dicembre 2018, agli iscritti all'Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO), alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla gestione separata INPS, che si trovano in specifiche condizioni[32], al compimento del requisito anagrafico dei 63 anni, un'indennità per una durata non superiore al periodo intercorrente tra la data di accesso al beneficio ed il conseguimento dell'età anagrafica prevista per l'accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia.

Il beneficio dell'indennità disciplinata ai sensi dei commi da 179 a 185 è riconosciuto, a domanda, nel limite complessivo di spesa di 300 milioni di euro per l'anno 2017, di 630 milioni di euro per l'anno 2018, di 666,5 milioni di euro per l'anno 2019, di 530,7 milioni di euro per l'anno 2020, di 323,4 milioni di euro per l'anno 2021, di 101,2 milioni di euro per l'anno 2022 e di 6,5 milioni di euro per l'anno 2023.

 

Le norme novellano l’articolo 1, comma 179, della legge n. 232/2016 prolungando dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019 l’applicazione della cosiddetta APE sociale. Conseguentemente, l’autorizzazione di spesa di cui al comma 186 del medesimo articolo 1 della citata legge n. 232/2016 è incrementata di 16,2 milioni di euro per l’anno 2019, 131,8 milioni di euro per l’anno 2020, 142,8 milioni di euro per l’anno 2021, 104,1 milioni di euro per l’anno 2022, 51,0 milioni di euro per l’anno 2023 e 2 milioni di euro per l’anno 2024. Viene contestualmente soppresso il cosiddetto Fondo APE sociale, di cui all’articolo 1, comma 167, della legge n. 205/2017.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive agli articoli da 14 a 18 i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2019

2020

2021

2019

2020

2021

2019

2020

2021

Maggiori spese correnti

 

“Quota 100” e riduzione anzianità contributiva per pensione anzianità (articoli 14-15)

3.781,1

7.859,7

8.396,5

3.781,1

7.859,7

8.396,5

3.781,1

7.859,7

8.396,5

TFR Fondo di tesoreria al lordo fisco (articoli 14-15)

584,6

75,0

13,5

584,6

75,0

13,5

584,6

75,0

13,5

Opzione donna con TFR al lordo fisco (articolo 16)

249,9

395,6

538,0

249,9

395,6

538,0

249,9

395,6

538,0

Abrogazione incremento età per speranza vita per lavoratori precoci (articolo 17)

31,0

54,4

49,5

31,0

54,4

49,5

31,0

54,4

49,5

Proroga APE sociale (articolo 18)

98,2

198,8

167,8

98,2

198,8

167,8

98,2

198,8

167,8

Totale maggiori spese correnti

4.744,80

8.583,5

9.165,3

4.744,80

8.583,5

9.165,3

4.744,80

8.583,5

9.165,3

Minori spese correnti

 

Risparmi Fondo APE sociale (articolo 18)

94,2

74,5

35,5

94,2

74,5

35,5

94,2

74,5

35,5

Maggiori entrate tributarie

 

TFR Fondo di tesoreria. Effetti fiscali (articoli 14-15)

152,0

19,5

3,5

152,0

19,5

3,5

152,0

19,5

3,5

Opzione donna con TFR Effetti fiscali (articolo 16)

0,0

0,0

48,0

0,0

0,0

48,0

0,0

0,0

48,0

Totale maggiori entrate

152,0

19,5

51,5

152,0

19,5

51,5

152,0

19,5

51,5

 

La relazione tecnica afferma preliminarmente che la stima degli oneri e/o dei risparmi è stata effettuata, rispetto alla normativa vigente, per un "impianto principale" costituito da:

·        istituzione del nuovo canale di uscita "quota 100" (62 + 38);

·        riduzione dell'anzianità contributiva per la pensione anticipata;

·        finestre di uscita;

·        estensione del canale di uscita "quota 100" alle pensioni in cumulo contributivo.

Gli altri interventi (opzione donna, proroga Ape sociale, lavoratori precoci) sono stati valutati come componenti aggiuntive, tenuto conto dello scenario principale.

Si riportano di seguito gli elementi forniti dalla RT per ciascun intervento.

 

“Quota 100” e riduzione anzianità contributiva per la pensione anticipata (articoli 14 e 15)

Le valutazioni sono state effettuate sulla base dei contingenti di uscita per pensionamento previsti a normativa previgente e a normativa variata.

Al fine di tener conto:

·        della non cumulabilità con redditi da lavoro autonomo e dipendente;

·        dell'effetto di differimento del TFS/TFR per i lavoratori pubblici;

·        della disapplicazione del limite ordinamentale per i dipendenti pubblici agli effetti di pensione "quota 100";

·        della disincentivazione al pensionamento derivante dall'applicazione dell'articolo 1, commi da 261 a 268 della legge n. 145/2018, che penalizza le pensioni di importo lordo superiore ai 100.000 euro (prevalentemente nel settore pubblico dove sono concentrate le pensioni alte);

sono state ipotizzate per il nuovo canale di uscita propensioni al pensionamento al primo requisito, pari a:

·        100 per cento per i “silenti”;

·        85 per cento per gli “attivi” del settore privato;

·        70 per cento per gli “attivi” del settore pubblico.

Per gli anni successivi, e fino al compimento del requisito ordinario, per i soggetti che, pur avendo maturato il diritto rimangono nello stato di attività, è stata ipotizzata una propensione annua pari a:

·        40 per cento per gli attivi del settore privato;

·        45 per cento per gli attivi del settore pubblico.

La relazione tecnica sottolinea, inoltre, che l’articolo 23, comma 2, del testo in esame - alla cui scheda si rinvia - prevede l'emanazione di un DPCM che definisca le modalità per l'eventuale possibilità di finanziamento da parte del sistema bancario del TFS/TFR e afferma che da tale norma non derivano oneri a carico della finanza pubblica. La relazione tecnica sottolinea, altresì, che, utilizzando le propensioni sopra indicate, la quasi totalità dei soggetti interessati accede al pensionamento entro tre anni dal raggiungimento del primo requisito (94 per cento per il comparto privato e 91 per cento per il comparto pubblico). Per gli altri requisiti la propensione annua è pari al 100% al compimento del primo requisito utile alla pensione (salvo quanto previsto per l'opzione donna).

Per quanto riguarda il solo anno 2019, in considerazione dei tempi tecnici di approvazione e pubblicazione del decreto legge nonché dei tempi canonici di preavviso per la cessazione del rapporto di lavoro, la relazione tecnica considera un ritardo medio di un mese rispetto alle prime decorrenze previste per il pensionamento con “quota 100”.

La relazione tecnica evidenzia ancora che l’impianto normativo esaminato (“impianto principale”) prevede che “quota 100” potrà essere conseguita cumulando i periodi assicurativi in diverse gestioni con l'esclusione di quelli maturati presso le Casse dei liberi professionisti.

I risultati delle elaborazioni relative al complesso del citato "impianto principale" sono esposti nella tabella seguente confermata nella RT, dove sono riportati il maggior numero di pensioni esistenti alla fine dell'anno e l'onere per rate di pensione per il periodo 2019-2028, derivanti dall'applicazione della nuova normativa rispetto a quella previgente.

 

Impianto principale

Complesso pensioni INPS

Effetti combinati di "Quota 100", della pensione anticipata senza adeguamenti alla variazione della speranza di vita fino al 2026, delle finestre di uscita e del cumulo contributivo.

Anno

Maggior numero di pensioni alla fine dell’anno

(migliaia di unità)

Oneri

(milioni di euro al lordo degli effetti fiscali)

2019

290

3.781,1

2020

327

7.859,7

2021

356

8.310,3

2022

296

7.876,7

2023

257

6.432,2

2024

166

3.912,3

2025

163

2.853,2

2026

148

1.915,0

2027

147

1.897,8

2028

155

1.532,0

 

La relazione tecnica riporta, in apposite tabelle di seguito riprodotte, gli importi medi relativi ai soggetti che accedono alla “quota 100" e il dettaglio del maggior numero di pensioni suddiviso tra lavoratori privati, autonomi e pubblici.

 

Importi medi annui dei soggetti che accedono a “quota 100"

(migliaia di euro)

Anno

Dipendenti privati

Autonomi

Dipendenti pubblici

2019

28.300

18.400

30.200

2020

27.200

17.200

29.600

2021

26.900

16.900

29.100

 

Numero dei soggetti che accedono a “quota 100"

(migliaia)

Anno

Dipendenti privati

Autonomi

Dipendenti pubblici

Totale

2019

102

88

100

290

2020

113

102

112

327

2021

128

112

116

356

 

A fini informativi la relazione tecnica riporta la stima degli effetti finanziari derivanti dalla sola modifica normativa riguardante il blocco temporaneo degli adeguamenti alla speranza di vita del requisito per la pensione anticipata.

 

Complesso pensioni INPS

Stima degli oneri derivanti dalla sola componente pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne senza adeguamenti alla variazione della speranza di vita fino al 2026 e con finestre di uscita.

 

Anno

Maggior numero di pensioni alla fine dell’anno

(migliaia di unità)

Oneri pensionistici

(milioni di euro al lordo degli effetti fiscali)

2019

21

328

2020

24

526

2021

26

547

2022

26

567

2023

67

1.398

2024

70

1.588

2025

118

2.602

2026

139

3.131

2027

145

3.795

2028

153

3.541

 

Fondo di tesoreria per l’erogazione del TFR

Con riferimento ai lavoratori dipendenti privati che accedono al pensionamento con i nuovi requisiti ("quota 100" e pensionamento anticipato con blocco temporaneo della speranza di vita) la relazione tecnica valuta gli effetti finanziari derivanti dall'erogazione anticipata del TFR devoluto al Fondo di tesoreria gestito dall’INPS. La stima è stata effettuata individuando i soggetti, dipendenti da aziende con almeno 50 addetti, che hanno conferito il TFR al Fondo di tesoreria e accedono al pensionamento con i nuovi canali di uscita.

La relazione tecnica ipotizza che l'importo medio di TFR erogato per l'anno 2019 ai soggetti che accedono al pensionamento a normativa variata è pari a circa 18.000 euro lordi, che tengono conto dell'effetto riduttivo sugli accantonamenti conseguenti all'anticipazione del pensionamento. Nelle valutazioni, inoltre, è stato stimato il risparmio dovuto all'effetto delle mancate anticipazioni di TFR per i soggetti che accedono anticipatamente. Si è ipotizzato che circa il 10 per cento di detti soggetti avrebbe richiesto un'anticipazione media di circa 7.500 euro.

Nel primo anno di proiezione si stima un numero di maggiori liquidazioni di 36 mila soggetti.

Una tabella allegata alla relazione tecnica, di seguito riportata, riassume gli effetti finanziari per gli anni 2019-2028.

 

Effetti finanziari derivanti dalla liquidazione TFR a seguito degli interventi sulle pensioni (“Quota 100” e blocco delle speranze di vita)

Anno

Maggior numero erogazioni TFR

(migliaia di unità)

Oneri per TFR al netto delle mancate anticipazioni

Onere (+)/Risparmio (-)

(milioni di euro al lordo degli effetti fiscali)

Totale effetti finanziari al netto effetti fiscali

(milioni di euro)

2019

36

584,6

432,6

2020

7

75,0

55,5

2021

4

13,5

10,0

2022

-8

-255,4

-189,0

2023

-5

-164,3

-121,6

2024

-12

-359,1

-265,0

2025

2

0,5

0,4

2026

-3

-160,4

-118,7

2027

2

-21,5

-15,9

2028

1

-76,9

-56,9

 

Effetti derivanti dal differimento del TFS (articolo 23) e riduzione del requisito per la pensione anticipata (articoli 15 e 17)

La relazione tecnica rammenta che l’articolo 23 prevede il differimento del pagamento del TFS/TFR, per i dipendenti pubblici cui si applicano le norme dell’articolo 14 (quota 100), al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione della stessa secondo i requisiti previsti dall'art. 24 del decreto legge n. 201/2011 e sulla base della disciplina vigente in materia di erogazione dell'indennità di fine servizio. L'applicazione della norma contestualmente all'effetto degli articoli 15 e 17 comporta due effetti finanziari in termini di TFS di segno opposto:

·        il primo è dovuto ad un sistematico anticipo derivante dalla riduzione del requisito previsto per l'accesso al pensionamento anticipato indipendentemente dall'età e dal meccanismo delle finestre trimestrali;

·        il secondo dipende da un importo del TFS/TFR mediamente più basso rispetto a quello che sarebbe stato erogato a normativa vigente, a causa della minore anzianità necessaria al raggiungimento del requisito pensionistico, soprattutto tenendo conto dell'anticipo consentito con il requisito previsto da "quota 100".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Effetti finanziari derivanti dal differimento del TFS (articolo 23) e riduzione del requisito per la pensione anticipata (articoli 15 e 17)

[importi in milioni di euro Onere (+)/Risparmio (-)]

Anno

Effetto TFS pensione anticipata

Effetto TFS “quota 100”

Totale lordo fisco

Totale netto fisco

2019

-

-

-

-

2020

-

-

-

-

2021

108

-

108

86

2022

79

-

79

63

2023

27

-283

-256

-205

2024

42

-396

-354

-284

2025

309

-411

-102

-82

2026

206

-287

-81

-65

2027

670

-148

522

418

2028

436

-60

376

301

 

Opzione donna (articolo 16)

La RT afferma che la normativa vigente[33] prevede per le lavoratrici dipendenti con almeno 57 anni di età (58 anni per le lavoratrici autonome) e 35 anni di anzianità, la possibilità di optare per la liquidazione della pensione calcolata interamente con il sistema contributivo, nel caso in cui la maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi si collochi entro l'anno 2015, ancorché la decorrenza del trattamento pensionistico sia successiva a tali date. La proposta normativa in esame prevede un nuovo canale di pensionamento per le lavoratrici che maturino i requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2018, indipendentemente dal momento della decorrenza della pensione che dovrà comunque avvenire successivamente secondo il regime delle decorrenze richiamato dalla norma in esame (12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 per le lavoratrici autonome). In particolare, la norma al comma 1 indica i seguenti requisiti anagrafici:

·        58 anni di età per le lavoratrici dipendenti;

·        59 anni di età per lavoratrici autonome.

 

Ipotesi di lavoro per Opzione donna

La relazione tecnica afferma che le stime tengono conto delle disposizioni in materia di anticipo pensionistico recate dal testo quali ‘quota 100’ e l’accesso a pensione anticipata a 41 anni e 10 mesi per le donne senza i futuri adeguamenti alla speranza di vita fino al 2026.

L'adesione al nuovo canale di uscita, in presenza del requisito per la pensione di anzianità con "quota 100" e la riduzione del requisito per la pensione anticipata, comporta un numero di anni di anticipo al pensionamento inferiore a quelli conseguibili con le regole vigenti al 31.12.2018; questo si verifica in modo particolare per quelle lavoratrici che compiono il requisito della quota nel periodo di vigenza previsto per questa possibilità di pensionamento (anni 2019-2021). Per queste ultime, considerata la riduzione del numero di anni di anticipo, sono state valutate come aderenti potenziali solamente quelle che soddisfano i seguenti requisiti:

·        avrebbero manifestato la volontà ad accedere alla prima decorrenza utile in assenza di "quota 100";

·        godono di un numero di mesi di anticipo superiore a 12.

Sulla base delle distribuzioni delle posizioni assicurative per età ed anzianità contributiva e dell'andamento storico dei pensionamenti registrati nel regime sperimentale fino al settembre 2018, desumibili dai monitoraggi previsti per legge, sono state considerate le seguenti platee di lavoratrici che eserciterebbero l'opzione:

a)      numero di donne che raggiungono il requisito della quota pari a 10.100 lavoratrici dipendenti private, 4.100 lavoratrici autonome e 5.400 dipendenti pubbliche;

b)     numero di donne che non raggiungono il requisito della quota pari a 9.500 lavoratrici dipendenti private e 3.000 dipendenti pubbliche.

Per le lavoratrici che accedono al calcolo contributivo, senza riuscire a raggiungere il requisito della quota (gruppo b), si è tenuto conto di uno scaglionamento delle uscite in modo che il 60% acceda al pensionamento alla prima decorrenza utile, il 30% dopo un anno ed il residuo 10% dopo due anni. La distribuzione delle decorrenze è stata desunta dai dati di monitoraggio.

La numerosità del primo contingente (gruppo a) è stata ottenuta applicando delle frequenze costruite ex-post sui dati disponibili e attribuendo inoltre una percentuale di lavoratrici che accede al regime sperimentale alla prima decorrenza utile pari a circa il 60% dell'intera platea di optanti. Tale valore è stato ridotto in questa circostanza al 50%, in considerazione del minor numero di anni di anticipo, che rende meno conveniente il nuovo canale di pensionamento rispetto al requisito per la pensione con 62 anni di età e 38 anni di anzianità contributiva. A parziale compensazione giova ricordare che l'adesione al regime sperimentale concede la possibilità di cumulare la pensione con i redditi da lavoro, facoltà non consentita per il nuovo canale di uscita.

Sulla scorta dei dati relativi alle prestazioni liquidate nel regime sperimentale negli ultimi tre anni si è inoltre ipotizzato:

·        un importo medio della pensione contributiva di 1.200 euro mensili per le lavoratrici dipendenti da privati, di 1.400 euro mensili per le lavoratrici del settore pubblico e di 800 euro mensili per le lavoratrici autonome;

·        una riduzione degli importi medi di pensione per effetto del calcolo contributivo mediamente pari al 14% per le lavoratrici dipendenti, al 19% per le lavoratrici del settore pubblico e al 23% per le lavoratrici autonome.

Nella tabella seguente sono riportate le stime degli effetti finanziari per gli anni dal 2019 al 2028 per le diverse tipologie di lavoratrici:

 

Complesso gestioni INPS

Effetti derivanti dall'estensione del regime sperimentale alle lavoratrici dipendenti del settore privato, pubblico e autonome che maturano i requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2018[34]

Anno

Numero di pensioni vigenti alla fine dell’anno (migliaia)

Onere (+)/Risparmio (-)

(milioni di euro)

Effetti pensionistici

TFS/TFR comparto pubblico al lordo fisco

TFS/TFR comparto pubblico al netto fisco

Effetti finanziari complessivi al netto fisco

2019

24,5

249,9

-

-

249,9

2020

24,6

395,6

-

-

395,6

2021

16,4

297,8

240,2

192,2

490,0

2022

8,9

114,1

115,2

92,2

206,3

2023

5,6

26,9

-79,6

-63,7

-36,8

2024

2,7

-38,5

-149,1

-119,3

-157,8

2025

0,1

-97,2

-104,6

-83,7

-180,9

2026

0

-129,2

-68,2

-54,6

-183,8

2027

0

-134,4

-54,1

-43,3

-177,7

2028

0

-139,7

-34,4

-27,5

-167,2

 

APE sociale (articolo 18)

La relazione tecnica afferma che le valutazioni sono state effettuate sulla base delle informazioni desunte dal monitoraggio aggiornato ad ottobre 2018. Sulla base della distribuzione per età e anzianità degli attuali beneficiari di APE sociale, opportunamente integrata per tener conto delle pratiche giacenti, è stata definita la generazione per l'anno 2019.

Da tale generazione sono stati stimati circa 14.000 soggetti con anzianità contributiva inferiore ai 38 anni, in considerazione del nuovo canale di uscita con 62 anni di età e 38 di contribuzione. Il requisito di età previsto all'articolo 1, comma 179 e seguenti, della L. 232/2016 non è stato adeguato agli incrementi della speranza di vita.

Nella tavola che segue contenuta nella RT, sono riportate le quantificazioni del numero di prestazioni vigenti a fine anno e il corrispondente onere con riferimento alla proroga dell'APE sociale.

 

 

 

 

 

 

Stima degli oneri derivanti della proposta normativa in relazione alla proroga dell'APE sociale

Anno

Numero di prestazioni vigenti alla fine dell’anno

(migliaia di unità)

Oneri lordo fisco

(milioni di euro)

Onere (+/Risparmio (-)

2019

13,9

98,2

2020

12,8

198,8

2021

9,8

167,8

2022

5,6

113,1

2023

0,9

51,9

2024

-

2,0

 

Nella valutazione complessiva degli effetti finanziari si è tenuto conto del possibile finanziamento della misura tramite l'utilizzo dei risparmi certificati dalla Conferenza dei servizi e degli stanziamenti del Fondo di cui all'articolo l, comma 167, L. 205/2017 i cui effetti sono sintetizzati nella tabella finale (vedi infra)

 

Sospensione fino all'anno 2026 dell'incremento alla speranza di vita per l'accesso alla pensione anticipata dei lavoratori precoci

La relazione tecnica afferma che le valutazioni sono state effettuate sulla base delle informazioni desunte da:

·        andamento dei pensionamenti con il requisito agevolato dei lavoratori precoci registrati fino al mese di novembre;

·        dalle istanze di certificazione presentate dai lavoratori precoci fino al mese di dicembre.

Sulla base delle precedenti informazioni è stato stimato un numero annuo di pensionamenti con il requisito agevolato previsto per i lavoratori precoci pari a circa 14.500. La percentuale dei soggetti con età inferiore al requisito minimo di età previsto per l'accesso alla pensione di anzianità con 38 anni di contribuzione e che continua quindi a beneficiare dell'agevolazione prevista per i lavoratori precoci risulta essere pari all'85 per cento. Per gli anni di previsione, come specificato dalla relazione tecnica, il valore è stato “percentualizzato sul rapporto calcolato rispetto al numero di soggetti che si trovano nelle condizioni di poter anticipare il trattamento pensionistico con il requisito di 41 anni di anzianità contributiva”. Tale percentuale è di poco superiore al 9% nel triennio 2019-2021 e 10,6% negli anni successivi.

Infine, è stata considerata una pensione media mensile iniziale pari a circa l.800 euro, determinata sulla base degli andamenti degli importi medi delle pensioni liquidate. I risultati delle elaborazioni sono esposti nella tabella seguente dove si riportano il maggior numero di pensioni esistenti alla fine dell'anno e l'onere per rate di pensione per il periodo 2019-2028 derivanti dall'applicazione della nuova normativa rispetto alla normativa previgente.

 

Complesso gestioni INPS

Sospensione fino all’anno 2026 dell'incremento alla speranza di vita per l'accesso alla pensione anticipata dei lavoratori precoci

Anno

Maggior numero di pensioni alla fine dell’anno

(migliaia di unità)

 

Onere (+/Risparmio (-)

Lordo effetti fiscali

 (milioni di euro)

 

2019

2,1

31,0

2020

2,5

54,4

2021

2,6

49,5

2022

2,8

55,3

2023

6,7

100,0

2024

6,8

118,1

2025

11,3

164,5

2026

12,8

203,7

2027

13,4

215,3

2028

13,5

219,5

 

Di seguito sono riportati i dati della relazione tecnica relativi agli effetti finanziari recati dagli interventi in materia previdenziale descritti.

 

Risultati complessivi per gli interventi normativi in materia previdenziale

(articoli da 14 a 18)

Effetti finanziari complessivi relativi a interventi normativi
in materia previdenziale

Anno

Oneri (+)/Risparmi (-) (milioni di euro)

A

Quota 100 e riduzione requisito pensione anticipata

B

Opzione donna

C

D

Totale oneri pensioni

TFR Fondo di tesoreria (netto fisco)

TFS/TFR Quota 100 e riduzione requisito pensione anticipata

TFR/TFS

Opzione donna (netto fisco)

Totale oneri pensioni e TFR/TFS

Proroga APE sociale

Riduzione Fondo APE sociale

Abrogazione incrementi speranza di vita lavoratori precoci

2019

3.781,1

249,9

98,2

-94,2

31,0

4.066,0

432,6

-

-

4.498,6

2020

7.859,7

395,6

198,8

-74,5

54,4

8.434,0

55,5

-

-

8.489,5

2021

8.310,3

297,8

167,8

-35,5

49,5

8.789,9

10,0

86,2

192,2

9.078,3

2022

7.876,7

114,1

113,1

-12,6

55,3

8.146,6

-189,0

63,4

92,2

8.113,2

2023

6.432,2

26,9

51,9

-6,2

100,0

6.604,8

-121,6

-205,0

-63,7

6.214,6

2024

3.912,3

-38,5

2,0

-2,4

118,1

3.991,5

-265,0

-283,5

-119,3

3.323,7

2025

2.853,2

-97,2

-

-2,4

164,5

2.918,1

0,4

-81,8

-83,7

2.753,1

2026

1.915,0

-129,2

-

-2,4

203,7

1.987,1

-118,7

-65,0

-54,6

1.748,8

2027

1.897,8

-134,4

-

-2,4

215,3

1.976,3

-15,9

417,8

-43,3

2.334,9

2028

1.532,0

-139,7

-

-2,4

219,5

1.609,4

-56,9

301,0

-27,5

1.826,0

 

Al riguardo, si prende atto delle quantificazioni complessivamente proposte con riferimento all’insieme delle disposizioni recate gli articoli da 14 a 18, basate su dati amministrativi.

Si rileva peraltro che la relazione tecnica si limita a descrivere il processo logico e alcune delle ipotesi e dei dati sottostanti la quantificazione degli oneri senza esplicitare gli ulteriori elementi informativi che sarebbero necessari per la compiuta verifica delle stime indicate.

In proposito, pur rilevando che il procedimento di quantificazione di volta in volta adottato con riguardo alle singole disposizioni si sviluppa, di norma, secondo modalità conformi a quelle utilizzate in passato per norme di contenuto analogo, si evidenzia che non sono espressamente indicate una serie di elementi informativi, quali ad esempio:

1.    leve di soggetti che possono accedere a ciascuna delle agevolazioni recate dal testo in esame, con riferimento ai singoli anni di applicazione delle norme;

2.    percentuale di adesione di ciascuna leva alle singole misure agevolative previste dalle norme sopra descritte;

3.    mesi di anticipo pensionistico, in media fruiti, dai soggetti interessati da ciascuna misura rispetto alla previgente normativa;

4.    importo medio unitario del TFR/TFS che si sarebbe percepito in assenza di pensionamento anticipato nonché quello che sarà effettivamente percepito (la RT riporta invece gli effetti netti aggregati, influenzati anche dalle dinamiche di entrata e uscita).

Con particolare riguardo all’ambito applicativo soggettivo delle disposizioni, la RT appare considerare unitariamente la platea potenzialmente interessata alle diverse misure, salvo evidenziare distintamente il numero di soggetti destinatari dei singoli interventi sulla base di percentuali di adesione, non sempre esplicitate, definite a partire da previsioni di scelta alternativa tra le diverse agevolazioni fruibili. Tale metodologia appare giustificata dalla necessità di cogliere il potenziale effetto di sovrapposizione tra le diverse linee di intervento agevolativo; tuttavia, i dati forniti non sempre consentono di sottoporre ad una verifica i tassi di adesione stimati in relazione al possibile ventaglio di opzioni alternative.

Tanto premesso, con particolare riguardo alle singole quantificazioni riportate, si osserva che, in assenza dei suindicati dati non appare, ad esempio, possibile riscontrare come l’effetto combinato di quota 100 e del pensionamento di anzianità anticipato contribuisca a determinare un onere che, negli anni dal 2026 in poi, risulta inferiore anche di oltre il 50 per cento di quello che si determinerebbe dall’introduzione della sola norma sul pensionamento di anzianità anticipato a 41 o 42 anni, come risulta dall’analisi delle relative tabelle riportate dalla relazione tecnica[35].

Analogamente, i dati esposti nella relazione tecnica con riferimento alla norma che concede un accesso anticipato alla pensione per i lavoratori precoci (art. 17) non sono sufficienti a ricostruire i calcoli in base ai quali, per l’anno 2019, si determina una platea di beneficiari di 2.100 unità ed un onere di 31 milioni di euro.

Con riferimento alle norme recate dall’articolo 16 (opzione donna), si rileva che la RT include nella platea di lavoratrici che aderiscono a detta opzione anche “donne che raggiungono il requisito della quota” (riferendosi verosimilmente a “quota 100”). Ciò premesso, appare necessario acquisire ulteriori elementi di valutazione riguardo alla stima effettuata per tale segmento di platea, al fine di verificarne la prudenzialità, soprattutto con riguardo alle leve di anzianità più elevate per le quali la possibilità di accedere all’anticipo pensionistico mediante l’istituto di opzione donna è possibile già da qualche anno. Tali elementi appaiono opportuni tenuto conto che l’adesione ad opzione donna (in luogo di “quota 100”) comporta – in ragione della minore onerosità dei ratei pensionistici, calcolati interamente con il sistema contributivo – minori oneri rispetto alle pensioni ottenute con i requisiti richiesti da “quota 100”, che prevedono invece l’applicazione delle modalità di calcolo pro quota.

Si ricorda che la RT considera una percentuale di circa il 50% delle lavoratrici optanti in ragione della possibilità di cumulare con Opzione Donna la pensione con i redditi da lavoro, facoltà non consentita per “Quota 100”.

Ulteriori chiarimenti appaiono necessari con riguardo agli oneri che gravano sul Fondo di tesoreria per l’erogazione del TFR, in quanto, utilizzando i parametri forniti dalla relazione tecnica, la misura dell’onere recato per il primo anno potrebbe risultare sottostimata.

Infatti, come evidenziato anche nel corso dell’esame presso il Senato, erogando un TFR medio di 18.000 euro a 32.400 persone (il 90 per cento della platea) ed un TFR di 10.500 euro a 3.600 persone (il restante 10 per cento per il quale l’importo percepito è ridotto in virtù delle anticipazioni ricevute) si ottiene un montante di 621 milioni di euro a fronte di una stima di circa 585 milioni.

Non sono inoltre fornite dalla relazione tecnica le ulteriori informazioni che sono state considerate al fine di definire l’onere nella misura indicata.

Per quanto riguarda gli esercizi successivi al primo, non è possibile verificare le stime degli oneri (o risparmi netti) che si determinano in ciascun anno non essendo esplicitata la misura media del TFR che sarebbe stato erogato in assenza dell’intervento normativo in esame.

Inoltre, con riferimento alle norme recate dall’articolo 17 (adeguamento degli incrementi degli incrementi età pensionabile alle aspettative di vita per i lavoratori precoci), appare necessario chiarire come sia stata determinata la platea degli interessati ed i relativi oneri, dal momento che il tenore letterale della relazione tecnica non esplicita i passaggi necessari a ricostruire gli specifici calcoli effettuati.

Infine, non sembrano essere stati considerati nella quantificazione gli eventuali effetti finanziari derivanti all'erogazione anticipata del TFR devoluto al Fondo di tesoreria gestito dall’INPS ai lavoratori dipendenti da aziende con almeno 50 addetti interessati dalle norme, diversamente da quanto avviene per le altre norme di anticipo pensionistico recate dal testo in esame. Appare, pertanto, necessario precisare le motivazioni che sono alla base di tale scelta ovvero chiarire se tali effetti siano inglobati nell’ambito dell’ “impianto principale” individuato dalla relazione tecnica[36].

 

·         ARTICOLO 14, commi da 10-bis a 10-septies

Reclutamento di personale presso l’Amministrazione giudiziaria

La norma, introdotta dal Senato, autorizza[37] - fino alla data di entrata in vigore[38] del decreto di cui all'articolo 1, comma 300, della legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019) e comunque per il 2019 - il reclutamento di personale dell'amministrazione giudiziaria, anche in deroga alla procedura di mobilità interna del personale delle pubbliche amministrazioni[39] di cui all'art. 30 del D.lgs. n. 165/2001, ferma restando la disciplina delle assunzioni di personale presso l’amministrazione giudiziaria prevista dall’articolo 1, comma 307, della legge di bilancio 2019 (comma 10-bis).

Si rammenta che l’art. 1, comma 307, della legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019) autorizza il Ministero della giustizia ad assumere a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali e nell'ambito dell'attuale dotazione organica, per il triennio 2019-2021, un contingente massimo di 3.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale, così ripartito: 903 unità di Area II per il 2019, 1.000 unità di Area III per il 2020 e 1.000 unità di Area II per il 2021 mediante scorrimento delle graduatorie concorsuali in corso di validità o mediante procedure concorsuali pubbliche (lettera a); 81 unità di Area III e 16 unità di Area II, per il 2019 (ruoli di funzionario contabile, funzionario dell'organizzazione, funzionario amministrativo e tecnico e di contabile (lettera b). Agli oneri derivanti dalle suddette assunzioni per l'importo di euro 30.249.571 per il 2019, di euro 78.363.085 per il 2020 e di euro 114.154.525 a decorrere dal 2021, si provvede a valere sulle risorse del fondo di cui all'art. 1, comma 365, della legge n. 232/2016, lettera b), come rifinanziato ai sensi del comma 298 della legge bilancio 2019. Per lo svolgimento delle procedure concorsuali necessarie all'attuazione della norma è autorizzata la spesa di euro 2.000.000 per il 2019.

Vengono, inoltre, individuate specifiche modalità procedurali per lo svolgimento dei concorsi per il reclutamento del suddetto personale (comma 10-ter) e per le assunzioni, relative ai medesimi professionali messi a concorso, mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento (comma 10-quater).

Dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 10-ter e 10-quater non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono nel limite delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 10-quinquies).

Per le finalità di cui al comma 10-bis, il Ministero della giustizia è autorizzato ad effettuare dal 15 luglio 2019 assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale nel limite di 1.300 unità della II e III Area, avvalendosi delle facoltà assunzionali ordinarie per il 2019; ciò in deroga all’art. 1, comma 399, primo periodo, della legge bilancio 2019, che prevede che per il 2019 le amministrazioni pubbliche non possano, a valere sulle ordinarie facoltà assunzionali riferite al medesimo anno, assumere personale a tempo indeterminato, prima del 15 novembre (comma 10-sexies).

Si rammenta che alla norma di cui all’art. 1, comma 399, della legge n. 145/2018 sono stati ascritti, ai soli fini dei saldi di fabbisogno e indebitamento netto, effetti lordi di minore spesa corrente pari a 197,9 milioni di euro per il 2019. La relazione tecnica alla legge di bilancio 2019, con riguardo alla summenzionata norma, fornisce un prospetto sintetico dei risparmi - riferiti ai comparti Ministeri, Presidenza del Consiglio, Agenzie fiscali, Enti pubblici non economici ed Università - che concorrono a determinare gli effetti di minore spesa corrente. La medesima relazione tecnica non esplicita gli elementi quantitativi posti alla base della stima indicata.

Ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento e di fabbisogno della disposizione di cui al comma 10-sexies, il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali[40], è ridotto di 8,32 milioni di euro per 2019 (comma 10-septies).

 

Le norme, introdotte dal Senato, non sono corredate di prospetto riepilogativo.

 

La relazione tecnica ribadisce il contenuto dei commi 10-bis e 10-quater ed afferma che le relative disposizioni possiedono natura ordinamentale e non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

La relazione tecnica illustra, altresì, il contenuto del comma 10-ter, e afferma che alla sua attuazione provvederanno le amministrazioni interessate nell'ambito delle risorse già iscritte in bilancio a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica conformemente alla clausola di neutralità finanziaria di cui al comma 10-quinquies.

Con riguardo al comma 10-ter la relazione tecnica precisa, inoltre, che questo è finalizzato a regolamentare le procedure di svolgimento dei concorsi pubblici unici già previsti dall'art. 1, comma 300, della legge n. 145/2018, senza quindi alterarne il numero, per il reclutamento del personale dell'amministrazione giudiziaria, al fine di snellire ed accelerare i tempi di attuazione, nonché per ridurne i costi di realizzazione.

Con riferimento al comma 10-sexies, la relazione tecnica afferma che la possibilità di anticipare al 15 luglio 2019, rispetto alla data del 15 novembre 2019 prevista dalla legge 145/2018, le assunzioni di personale amministrativo giudiziario avvalendosi delle facoltà assunzionali ordinarie per l'anno 2019, attualmente valutate sulla base delle circa 2.330 unità della II e della III Area cessate nel corso dell'anno 2018, prevedendo l'assunzione anticipata di 1.000 unità di II Area e di 300 unità di III Area, attraverso lo scorrimento delle graduatorie relative a concorsi già espletati dal Ministero della giustizia, da altre amministrazioni statali o enti locali o mediante l'avviamento dalle liste di collocamento (limitatamente alla II Area), comporta un onere che viene quantificato dalla relazione tecnica in euro 16.136.840 (al lordo degli effetti fiscali e contributivi) per l'anno 2019 (4 mesi), come rappresentato nella seguente tabella:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(euro)

Programma assunzioni anticipo turn over 2019

Costo unitario annuo

Onere annuo

Anticipo turn over 2019

Risorse da turn over dal 16 novembre al 31 dicembre

2020

(risorse da turn over per 1.300 unità)

2021

(risorse da turn over per 1.300 unità)

(4 mesi dal 14 luglio a 15 novembre)

1,5 mesi

DOG

AREA II

1.000

35.791,44

35.791.440

11.930.480

4.473.930

35.791.440

35.791.440

DOG

AREA III

300

42.063,60

12.619.080

4.206.360

1.577.385

12.619.080

12.619.080

 

16.136.840

6.051.315

48.410.520

48.410.520

 

La relazione tecnica afferma che, tenuto conto che le risorse del turn over 2019 risultano già iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente, la disposizione di cui al comma 10-sexies determina un maggiore onere in termini di indebitamento netto e di fabbisogno, per 8,32 milioni di euro per il 2019, pari al 51,5% dell’importo di 16.136.840 relativo agli emolumenti stipendiali al lordo di effetti fiscali e contributivi.

A tali maggiori oneri pari a 8,32 milioni di euro, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'art. 6, comma 2, del DL n. 154/2008.

 

Al riguardo, si evidenzia preliminarmente che il comma 10-sexies, al fine di far fronte agli effetti di contrazione degli organici dell’amministrazione giudiziaria derivanti dalle misure di accesso al trattamento pensionistico introdotte dal provvedimento in esame, autorizza il Ministero della giustizia ad effettuare, dal 15 luglio 2019, assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale nel limite di 1.300 unità di II e III Area. Tali assunzioni sono disposte in deroga all’art. 1, comma 399, primo periodo, della legge bilancio 2019, che fissa al 15 novembre 2019 la decorrenza giuridica ed economica delle assunzioni a tempo indeterminato da effettuare nel 2019 nelle amministrazioni pubbliche. Dalla norma discende quindi un effetto di maggior spesa corrente per il 2019, registrato esclusivamente in termini di indebitamento netto e di fabbisogno, in conformità a quanto previsto per il citato comma 399 (che scontava risparmi solo sui predetti saldi).

Il predetto onere viene indicato dalla stessa disposizione in misura pari a 8,32 milioni di euro, al netto degli effetti di maggior gettito fiscale e contributivo. Al riguardo non si formulano osservazioni per i profili di quantificazione considerati i dati e gli elementi di quantificazione forniti dalla relazione tecnica e considerato che l’anticipazione delle suddette assunzioni viene disposta a valere sulle facoltà assunzionali ordinarie per il 2019.

Con riguardo ai commi 10-ter e 10-quater, che stabiliscono procedure e modalità per il reclutamento di personale nelle pubbliche amministrazioni mediante concorsi pubblici e avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento, non si formulano osservazioni considerata la loro natura procedurale e nel presupposto che, come previsto dal comma 10-quinquies e confermato dalla relazione tecnica, ai relativi adempimenti le amministrazioni interessate possano effettivamente provvedere nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente senza, quindi, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

In merito ai profili di copertura, si evidenzia che il comma 10-sexies dell’articolo 14 autorizza il Ministero della giustizia - in deroga a quanto previsto dall’articolo 1, comma 399, primo periodo, della legge n. 145 del 2018, che vieta assunzioni a tempo indeterminato con decorrenza giuridica ed economica anteriore al 15 novembre 2019 - ad assumere personale non dirigenziale a tempo indeterminato, nel limite di 1.300 unità di II e III Area, a decorre dal 15 luglio 2019, provvedendo alla copertura dei conseguenti oneri in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, mediante riduzione, nella misura di 8,32 milioni di euro per il 2019, del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008.

Poiché il predetto Fondo (cap. 7593 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze) nella legge di bilancio per il 2019 reca una disponibilità, in termini di sola cassa, pari a 201,7 milioni di euro per il medesimo anno 2019, e presenta pertanto le occorrenti risorse, come risulta da un’apposita interrogazione al sistema informativo della Ragioneria generale dello Stato, non si hanno osservazioni da formulare.

 

·         ARTICOLO 14-bis

Disciplina delle capacità assunzionali delle Regioni e degli enti locali

La norma, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, modifica l'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90.

Tale norma prevede, fra l’altro, che le regioni e gli enti locali a decorrere dal 2018 procedono ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 100 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente. Il citato comma consente, inoltre, il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un arco temporale non superiore a tre anni, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile nonché l'utilizzo dei residui ancora disponibili delle quote percentuali delle facoltà assunzionali riferite al triennio precedente. Le modifiche consentono il cumulo di dette risorse e l’utilizzo dei menzionati residui riferiti ad un arco temporale di cinque anni in luogo dei tre attualmente previsti [comma 1, lettera a)].

Il testo del citato articolo 3 è poi integrato dai commi 5-sexies e 5-septies. Tali disposizioni prevedono, fra l’altro, che per il triennio 2019-2021, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile, le Regioni e gli enti locali, possano computare, ai fini della determinazione delle capacità assunzionali per ciascuna annualità, sia le cessazioni dal servizio del personale di ruolo verificatesi nell'anno precedente, sia quelle programmate nella medesima annualità, fermo restando che le assunzioni possono essere effettuate soltanto a seguito delle cessazioni che producono il relativo turn-over.

Le modifiche descritte trovano applicazione a decorrere dall’entrata in vigore del testo in esame, ossia dal 2019 (comma 2).

 

Le norme, introdotte nel corso dell’esame presso il Senato, non sono corredate di un prospetto riepilogativo.

 

La relazione tecnica allegata alla proposta emendativa che ha introdotto le norme in esame[41] afferma che le stesse non determinano effetti negativi sui saldi di finanza pubblica.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni considerato che la norma non prevede deroghe ai vincoli di bilancio che gravano sugli enti locali.

 

·         ARTICOLO 14-ter

Utilizzo delle graduatorie concorsuali per l'accesso al pubblico impiego

Normativa vigente. I commi da 360 a 364 della legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019) recano disposizioni concernenti le procedure concorsuali pubbliche e la validità delle graduatorie di concorsi pubblici. In particolare, il comma 361 prevede che le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche siano utilizzate esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso. Il comma 366 esclude dall’applicazione dei commi da 360 a 364 le assunzioni del personale scolastico, inclusi i dirigenti, e del personale delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica.

Alle norme in riferimento non sono stati ascritti effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica.

 

La norma, introdotta al Senato, modifica l’art. 1, comma 361, della legge n. 145/2018, prevedendo che le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche siano utilizzate anche per la copertura dei posti messi a concorso che si rendono disponibili - entro i limiti di efficacia temporale delle graduatorie medesime, fermo il numero dei posti banditi e nel rispetto dell'ordine di merito - in conseguenza della mancata costituzione o dell'avvenuta estinzione del rapporto di lavoro con i candidati dichiarati vincitori (comma 1).

Le norma modifica, inoltre, il comma 366 della legge 145/2018 ed estende al personale educativo degli enti locali la deroga alla disciplina contenuta nei commi da 360 a 364 della legge 145/2018, già prevista - nel testo vigente della disposizione novellata - per le assunzioni del personale scolastico, inclusi i dirigenti, e del personale delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (comma 2).

 

La norma, introdotta al Senato, non è corredata di prospetto riepilogativo.

 

La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle disposizioni ed afferma che queste possiedono carattere ordinamentale e non determinano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

La relazione tecnica precisa, altresì, che le graduatorie potranno essere utilizzate esclusivamente per il reclutamento del personale che, all'esito delle procedure di selezione ed in ragione dei posti banditi, si sia collocato in una posizione che consente l'immediata assunzione (i c.d. vincitori), nonché di quelli che, sempre secondo l'ordine di merito, verranno chiamati, entro il termine di efficacia triennale, a sostituire i primi in ragione per mancata costituzione ovvero dell'estinzione per qualsiasi causa del rapporto di lavoro.

 

Al riguardo non si formulano osservazioni, considerata la natura ordinamentale delle disposizioni in esame.

 

·         ARTICOLO 18-bis

Sospensione trattamenti previdenziali per condanne a pene detentive

La norma prevede che ai soggetti condannati a pena detentiva con sentenza passata in giudicato per una serie di reati (richiamati dall'articolo 2, comma 58, della legge 28 giugno 2012, n. 92) nonché per ogni altro delitto per il quale sia stata irrogata, in via definitiva, una pena non inferiore ai due anni di reclusione, che si siano volontariamente sottratti all'esecuzione della pena, è sospeso il pagamento dei trattamenti previdenziali di vecchiaia e anticipata erogati dagli enti di previdenza obbligatoria (comma 1).

La medesima sospensione si applica anche nei confronti dei soggetti evasi o per i quali sia stato dichiarato lo stato di latitanza ai sensi degli articoli 295 e 296 c.p.p.

I provvedimenti di sospensione sono adottati con effetto non retroattivo dal giudice che ha emesso la dichiarazione dello stato di latitanza prevista dall'articolo 295 c.p.p. ovvero dal giudice dell'esecuzione su richiesta del pubblico ministero che ha emesso l'ordine di esecuzione di cui all'articolo 656 c.p.p. al quale il condannato si è volontariamente sottratto, anche per le dichiarazioni pronunciate o per gli ordini di carcerazione emanati prima dell'entrata in vigore della presente legge (comma 2).

Le risorse derivanti dai provvedimenti di sospensione di cui al comma 1 sono versate annualmente dagli enti interessati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ai capitoli di spesa corrispondenti al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura, di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge n. 225 del 2010 e agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, di cui alla legge 3 agosto 2004, n. 206 (comma 5).

La sospensione della prestazione previdenziale potrà essere revocata dall'autorità giudiziaria che l'ha disposta, previo accertamento del venir meno delle condizioni che l'hanno determinata. Il diritto al ripristino dell'erogazione delle prestazioni previdenziali decorre dalla data di presentazione da parte dell’interessato della domanda e della prescritta documentazione all'ente previdenziale e non ha effetto retroattivo sugli importi maturati durante il periodo di sospensione (comma 4).

 

La norma, introdotta dal Senato, non è corredata di relazione tecnica e di un prospetto riepilogativo.

 

Al riguardo, si rileva che il comma 5 dispone che le risorse derivanti dai provvedimenti di sospensione dei trattamenti previdenziali siano versate annualmente dagli enti interessati all’entrata del bilancio dello Stato per essere destinati a specifiche finalità di spesa. Andrebbe acquisita la valutazione del Governo in ordine alla prudenzialità di tale previsione, tenuto conto che il comma 4 prevede la possibilità di revoca della sospensione da parte dell’autorità giudiziaria per il venir meno delle prescritte condizioni, senza effetto retroattivo, ma comunque a far data dalla presentazione della relativa domanda da parte dell’interessato. Andrebbe quindi escluso che possa determinarsi la necessità di un rimborso all’interessato per somme eventualmente già destinate alla spesa ai sensi del comma 5, con conseguenti oneri per la finanza pubblica.

Sempre con riguardo al comma 5, tenuto conto che la norma non rinvia ad un provvedimento attuativo, volto, tra l’altro, a far sì che l’utilizzo delle somme in questione non determini effetti onerosi, andrebbe esclusa la possibilità di effetti negativi sui saldi di fabbisogno e di indebitamento netto connessi all’effettuazione della spesa in esercizi diversi da quelli di effettiva realizzazione dei risparmi dovuti alla sospensione dei trattamenti previdenziali, ai sensi del comma 1.

 

·         ARTICOLO 19

Termine di prescrizione dei contributi per le amministrazioni pubbliche

Le norme introducono l’articolo 3, comma 10-bis, della L. 335/1995, prevedendo che per i rapporti di lavoro subordinato con le amministrazioni pubbliche i termini di prescrizione, riferiti agli obblighi relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria afferenti ai periodi di competenza fino al 31 dicembre 2014, non si applichino fino al 31 dicembre 2021, fatti salvi gli effetti di provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato nonché il diritto all’integrale trattamento pensionistico del lavoratore.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alle norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni in esame prevedono la sospensione dei termini di prescrizione dei contributi previdenziali ed assistenziali obbligatori dovuti dalle amministrazioni pubbliche, per i propri dipendenti, per i periodi di competenza fino al 31 dicembre 2014. La sospensione dei termini è prevista per tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche indipendentemente dalla Cassa o Fondo previdenziale ai quali i suddetti sono iscritti. Rientrano quindi nel campo di applicazione della norma i dipendenti pubblici iscritti all'assicurazione generale obbligatoria (AGO), mentre restano esclusi i dipendenti da datori di lavoro privati, non compresi nell'elenco di cui al D. Lgs. 165/2001, che versano la contribuzione previdenziale ed assistenziale alle Casse della Gestione ex INPDAP.

La RT afferma altresì che le norme non presentano oneri per la finanza pubblica, in quanto già la normativa vigente prevede, in caso di prescrizione dell'obbligo di versamento della contribuzione previdenziale per i dipendenti pubblici, l'obbligo per il datore di lavoro del versamento dell'onere del trattamento di quiescenza per i periodi di servizio in cui è intervenuta la prescrizione medesima, calcolato sulla base dei criteri di computo della rendita vitalizia. Si ipotizza che le maggiori contribuzioni versate per effetto della sospensione dei termini prescrizionali, al lordo delle sanzioni ed interessi, possano compensare le spese da sostenere per il versamento della rendita vitalizia ex articolo 13 della L. 1338/1962.

L’articolo 13, primo comma, della L. 1338/1962 dispone che il datore di lavoro che abbia omesso di versare contributi per l'assicurazione obbligatoria invalidità, vecchiaia e superstiti e che non possa più versarli per sopravvenuta prescrizione possa chiedere all'INPS di costituire, nei casi previsti dal successivo quarto comma, una rendita vitalizia riversibile pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell'assicurazione obbligatoria che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi.

Il successivo quarto comma specifica che il datore di lavoro è ammesso ad esercitare detta facoltà su esibizione all'INPS di documenti di data certa, dai quali possano evincersi l’effettiva esistenza e la durata del rapporto di lavoro, nonché la misura della retribuzione corrisposta al lavoratore interessato.

 

Al riguardo, si rileva che la RT ipotizza “che le maggiori contribuzioni versate per effetto della sospensione dei termini prescrizionali, al lordo delle sanzioni ed interessi, possano compensare le spese da sostenere per il versamento della rendita vitalizia ex articolo 13 della L. 1338/1962”. In proposito, appare utile acquisire dal Governo gli elementi di valutazione su cui è fondata tale ipotesi, al fine di verificare l’assunzione di invarianza contenuta nella stessa relazione tecnica.

 

·         ARTICOLO 20

Riscatto di periodi non coperti da contribuzione

La norma prevede che, in via sperimentale, per il triennio 2019-2021, gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, e alla gestione separata INPS[42], abbiano facoltà di riscattare, in tutto o in parte, periodi antecedenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge (29 gennaio 2019), compresi tra la data del primo e quella dell’ultimo contributo comunque accreditato nelle suddette forme assicurative, non soggetti a obbligo contributivo e che non siano già coperti da contribuzione, comunque versata o accreditata, presso forme di previdenza obbligatoria. Il beneficio spetta purché i predetti soggetti siano privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e non già titolari di pensione.

Detti periodi possono essere riscattati nella misura massima di cinque anni, anche non continuativi (comma 1).

L’eventuale successiva acquisizione di anzianità assicurativa antecedente al 1° gennaio 1996 determina l’annullamento d’ufficio del riscatto già effettuato ai sensi del presente articolo, con conseguente restituzione dei contributi (comma 2).

L’onere per la domanda di riscatto[43] è determinato secondo i criteri generali validi per il riscatto di periodi nel sistema contributivo.

A tal fine, la disposizione richiama i criteri fissati dal comma 5 dell’articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184, a norma del quale per il calcolo dell'onere da riscatto da valutare con il sistema contributivo si applicano le aliquote contributive di finanziamento vigenti nel regime ove il riscatto opera alla data di presentazione della domanda. La retribuzione di riferimento è quella assoggettata a contribuzione nei dodici mesi meno remoti rispetto alla data della domanda ed è rapportata al periodo oggetto di riscatto. Detta retribuzione è attribuita temporalmente e proporzionalmente ai periodi riscattati. La rivalutazione del montante individuale dei contributi ha effetto dalla data della domanda di riscatto.

L’onere è detraibile dall’imposta lorda nella misura del 50 per cento con una ripartizione in cinque quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento e in quelli successivi (comma 3).

Per i lavoratori del settore privato l’onere per il riscatto può essere sostenuto dal datore di lavoro destinando, a tal fine, i premi di produzione spettanti al lavoratore stesso. In tal caso, per il datore di lavoro l’onere è deducibile dal reddito di impresa e da lavoro autonomo, mentre per il lavoratore le somme non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente (comma 4).

L’onere per il riscatto può essere versato[44] in unica soluzione ovvero in un numero massimo di 120 rate mensili, ciascuna di importo non inferiore a euro 30, senza applicazione di interessi per la rateizzazione[45] (comma 5).

Si evidenzia che il testo originario della norma prevedeva la rateizzazione in 60 mensilità. Per effetto dell’approvazione di un emendamento del Governo, il numero delle rate è stato portato a 120.

Il comma 6 modifica[46] la disciplina del riscatto dei corsi di studio universitario, relativamente ai periodi da valutare con il sistema contributivo. La disposizione prevede che, nel caso in cui la domanda sia presentata entro il compimento del quarantacinquesimo anno di età, l'onere del riscatto sia costituito dal versamento di un contributo pari, per ogni anno da riscattare, al livello minimo imponibile annuo di cui all'articolo 1, comma 3, della L. 2 agosto 1990, n. 233, moltiplicato per l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell'assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti, vigenti alla data di presentazione della domanda.

Si rammenta che, in base alla legislazione vigente, la retribuzione di riferimento è quella assoggettata a contribuzione nei dodici mesi meno remoti rispetto alla data della domanda ed è rapportata al periodo oggetto di riscatto; su tale base si applicano le aliquote contributive di finanziamento vigenti alla data di presentazione della domanda.

I commi 6-bis e 6-ter, introdotti dal Senato con lo stesso emendamento che ha elevato il periodo di rateizzazione, intervengono sul FISPE per compensare gli effetti di tale allungamento nonché per accantonarvi le maggiori entrate contributive attese per gli anni successivi al 2024. Gli importi iscritti nei commi 6-bis e 6-ter corrispondono a quelli risultanti dalla relazione tecnica riferita al citato emendamento governativo.

 

Il prospetto riepilogativo – riferito al testo iniziale che prevedeva la rateizzazione del riscatto in 60 mensilità – ascriveva alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2019

2020

2021

2019

2020

2021

2019

2020

2021

Maggiori entrate contributive

 

Facoltà di riscatto periodi non coperti da contribuzione

 

 

 

15,9

32,2

48,8

15,9

32,2

48,8

Minori spese correnti

 

Facoltà di riscatto periodi non coperti da contribuzione

15,9

32,2

48,8

 

 

 

 

 

 

Minori entrate tributarie

 

Facoltà di riscatto periodi non coperti da contribuzione

 

1,6

4,8

 

1,6

4,8

 

1,6

4,8

 

La relazione tecnica richiama preliminarmente i casi in cui, a normativa vigente, è consentito il riscatto di periodi non coperti da contribuzione e illustra il contenuto dei commi da 1 a 5, ribadendo, in particolare, che l'onere per il riscatto deve essere calcolato sulla base dei criteri fissati al comma 5 dell’art. 2 del decreto legislativo 184/1997. In base a tale disciplina, per il calcolo dell’onere dei periodi di riscatto da valutare con il sistema contributivo, si applicano le aliquote contributive di finanziamento vigenti nel regime ove il riscatto opera alla data di presentazione della domanda e la retribuzione di riferimento è quella assoggettata a contribuzione nei dodici mesi meno remoti rispetto alla data della domanda.

Sotto il profilo fiscale l'onere da riscatto è detraibile dall’imposta lorda nella misura del 50% e con una ripartizione in 5 quote annuali costanti a partire dall'anno di sostenimento.

Da un campione di iscritti alle diverse gestioni dell'Inps sono state estratte le posizioni di coloro che, iscritti dopo il 1995, presentano delle interruzioni nel rapporto di lavoro che ricadono nella fattispecie della normativa proposta.

Per tali posizioni si sono rilevati:

- la ripartizione tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi;

- i periodi potenzialmente oggetto di riscatto, che risultano pari a circa 2,5 anni per i lavoratori dipendenti e 1,5 anni per i lavoratori autonomi.

Trattandosi di un nuovo strumento normativo, prosegue la relazione tecnica, non è possibile ricavare dall’esperienza passata dei parametri tecnici “robusti” da utilizzare per quantificare nel futuro gli aderenti alla facoltà di riscatto dei periodi non coperti da contribuzione. Si è pertanto assunta, quale base dati, quella relativa alle domande di riscatto di laurea, pari mediamente a 11.000 domande annue nel biennio 2016-2017 (tra gestione pubblica e privata); si è pure considerato lo strumento del riscatto di cui all’art. 7 del d. lgs. n. 564/1996 (periodi intercorrenti tra un rapporto di lavoro e l'altro nel caso di lavori discontinui, stagionali, temporanei) che, per tipologia, è quello più simile alla facoltà concessa dalla disposizione in esame, benché lo stesso presenti requisiti restrittivi per l’accesso, da cui deriva l’esiguità del numero di domande (meno di 100 annualmente).

Tenuto conto dei diversi aspetti, la relazione tecnica ritiene verosimili circa 2.900 domande relative ai lavoratori dipendenti e circa 600 domande afferenti i lavoratori autonomi per i quali si è considerata, rispettivamente, una retribuzione media per l'anno 2019 di euro 31.500 e di euro 20.000.

Si è assunto, inoltre, che gli aderenti a tale riscatto optino per dilazionare l'onere in 60 rate mensili.

La RT precisa inoltre che i maggiori contributi derivanti da tale riscatto genereranno sia anticipi temporali sia maggiori importi di pensione che, stante la condizione di iscritto post 1995, saranno corrisposti oltre il decennio di previsione.

Esaminato, inoltre, la platea di potenziali interessati a tale operazione di riscatto, la relazione tecnica constata che la loro combinazione di età ed anzianità è tale da non generare nel prossimo triennio domande di riscatto finalizzate al raggiungimento del requisito minimo di 20 anni di anzianità per il conseguimento della pensione di vecchiaia; in altri termini non sono attese, nel breve periodo, propensioni eccezionali all'utilizzo di tale strumento (salvo fattori contingenti non prevedibili al momento) poiché per le caratteristiche dei potenziali beneficiari l'operazione non è propedeutica per conseguire pensioni di vecchiaia.

Concluso il periodo sperimentale 2019-2021 si potranno valutare la consistenza numerica e le caratteristiche previdenziali dei soggetti che vi avranno aderito.

La relazione tecnica stima dunque le maggiori entrate contributive derivanti da riscatto dei periodi non coperti da contribuzione nelle tabelle di seguito riportate. La prima tabella è tratta dalla relazione tecnica riferita al testo originario, che prevedeva la rateizzazione in 60 mensilità. La seconda tabella è tratta dalla relazione tecnica riferita all’em. 20.800, Governo, che ha previsto la rateizzazione in 120 mensilità ed indica i soli effetti incrementali derivanti dall’emendamento. Segue, dunque, una terza tabella – elaborata a partire dalle prime due –

nella quale vengono riportati gli effetti cumulati della norma come risultante dopo l’approvazione dell’emendamento e che consta della somma algebrica delle prime due tabelle.

Si noti che nelle Tabelle i segni + e – indicano effetti, rispettivamente, positivi e negativi per la finanza pubblica.

 

Tab. 1 - effetti della norma con la rateizzazione in 60 mensilità

(Fonte: RT al testo iniziale del DL 4/2019)

(milioni di euro)

Anno

Numero assicurati che esercitano la facoltà di riscatto

(unità)

Effetto finanziario lordo fisco

 

Effetto finanziario netto fisco

(50% di detrazione)

 

2019

3.500

15,9

15,9

2020

3.500

32,2

30,6

2021

3.500

48,8

44,0

2022

 

48,8

39,1

2023

 

48,8

34,2

2024

 

32,9

13,5

2025

 

16,6

-4,6

2026

 

 

-19,6

2027

 

 

-14,7

2028

 

 

-9,8

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tab. 2 - effetti incrementali del passaggio alla rateizzazione in 60 mensilità

(Fonte: RT all’em. 20.800)

                        (milioni di euro)

Anno

Numero assicurati che esercitano la facoltà di riscatto

(unità)

Effetto finanziario lordo fisco

 

Effetto finanziario netto fisco

(50% di detrazione)

 

2019

3.500

-8,0

8,0

2020

3.500

-16,1

15,3

2021

3.500

-24,4

22,0

2022

 

-24,4

19,6

2023

 

-24,4

17,1

2024

 

-8,5

-1,3

2025

 

7,8

-17,6

2026

 

24,4

-31,8

2027

 

24,4

-26,9

2028

 

24,4

-22,0

 

Tab. 3 - effetti complessivi della disposizione come emendata al Senato

(Fonte: Elaborazione sulle tabelle 1 e 2)

                        (milioni di euro)

Anno

Numero assicurati che esercitano la facoltà di riscatto

(unità)

Effetto finanziario lordo fisco

 

Effetto finanziario netto fisco

(50% di detrazione)

 

2019

3.500

7,9

23,9

2020

3.500

16,1

45,9

2021

3.500

24,4

66,0

2022

 

24,4

58,7

2023

 

24,4

51,3

2024

 

24,4

12,2

2025

 

24,4

-22,2

2026

 

24,4

-51,4

2027

 

24,4

-41,6

2028

 

24,4

-31,8

 

Il comma 6 introduce la facoltà di riscatto di periodi assicurativi da valutare con il sistema contributivo, da esercitare entro il compimento del quarantesimo anno di età, anche al solo fine dell'incremento dell'anzianità contributiva.

Si rileva che, a differenza di quanto affermato dalla relazione tecnica, il testo della norma fa riferimento al quarantacinquesimo anno di età. Tale disallineamento è oggetto dei chiarimenti forniti dal Governo nel corso dell’esame parlamentare (su cui vedi infra).

L’onere è determinato per ogni anno oggetto di riscatto, moltiplicando il livello minimo dell’imponibile annuo di cui all'articolo 1, comma 3, L. 233/1990 per l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell'assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti, vigenti alla data di presentazione della domanda.

Il richiamo all'art. 2 del d.lgs. 30/4/1997, n. 184, circoscrive l'operazione di riscatto ai corsi di studi universitari; inoltre, nel limitare tale facoltà al periodo che precede il compimento del quarantesimo anno di età, implicitamente la norma fa riferimento a soggetti assicurati nel regime contributivo.

La norma, vista la sola finalità relativa all'incremento dell’anzianità contributiva, ha carattere di novità nell'ambito della disciplina vigente in tema di riscatti e riguarderà:

1)         i soggetti comunque interessati all'operazione di riscatto.

Per tale collettivo si ritiene verosimile che una parte di soggetti manifesterà nel futuro l'interesse per l'operazione di riscatto secondo la normativa attualmente vigente che consente il riscatto dei corsi di studi sia ai fini del diritto che della misura, pur prevedendo un onere maggiore rispetto alla normativa proposta.

La restante parte, per contro, opterà per il proponendo strumento che consente il riscatto ai soli fini del diritto mediante versamento di un onere di minore entità;

2)         i soggetti che, secondo la normativa vigente non sarebbero stati interessati all’operazione di riscatto, ma vi accedono in quanto attratti dalla contribuzione ridotta correlata al solo anticipo pensionistico, il cui onere nel lungo periodo per il sistema previdenziale è scontato dall’applicazione di un coefficiente di trasformazione con età anticipata da cui deriva un importo di pensione ridotto.

Evidenziate nei punti precedenti le componenti finanziarie di maggiori o minori entrate contributive associate alle distinte platee di interessati, la relazione tecnica individua effetti compensativi tali da non produrre oneri finanziari.

Il Governo, in risposta a quesiti emersi nel corso dell’esame parlamentare presso il Senato, ha fornito, con un’apposita Nota messa a disposizione, ulteriori elementi informativi alla 5^ Commissione (Bilancio), ai fini della verifica parlamentare delle quantificazioni.

I riferimenti (commi 1-5) al limite di età (40 anni nella RT e 45 anni nella norma) e alla valenza del riscatto (ai fini del solo anticipo pensionistico, in luogo della duplice valenza come anticipo e maggior quota di pensione) sono da considerarsi dei refusi derivanti da una precedente versione della norma. In realtà sia nell’istruttoria normativa che in quella tecnica tali disposizioni, nella loro corretta formulazione, sono state compiutamente considerate.

Per quanto concerne gli aspetti numerici riferiti al comma 6, si è osservato che il numero di domande di riscatto per corsi di studio per i soggetti interessati risulta pari a circa 5.500 l’anno, cui corrisponde un onere medio pro capite pari a circa 31.200 euro e un numero medio di anni riscattati pari a 4.

Per la stima degli effetti relativi ai soggetti di cui al punto 1) della RT (soggetti comunque interessati al riscatto), si è ipotizzato che il 20% aderisca all’operazione di riscatto secondo le regole vigenti stabilite dal d.lgs. 184/1997 mentre, per il restante 80%, si è ipotizzato che gli interessati optino per il proponendo sistema di calcolo con un onere pro capite pari a circa 21.000 euro.

Per quanto concerne, invece, la stima di cui al punto 2) (soggetti originariamente non interessati al riscatto, ma attratti dalla normativa in esame), si è ritenuto verosimile che la norma attragga un ulteriore 30 per cento di soggetti (rispetto agli attuali 5.500) che, in virtù del minor costo prospettato dalla norma, intendono riscattare il corso di studi con un onere medio pro capite pari anch’esso a circa 21.000 euro.

Gli effetti congiunti derivanti dalle operazioni di riscatto sono tali da generare poste con diverso segno contabile compensative tra di loro.

Si rappresenta altresì che la versione definitiva di tale disposizione, così come presente nel decreto-legge n. 4 del 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2019, consente il riscatto della laurea anche ai fini della misura della prestazione pensionistica e non solo per incrementare l’anzianità contributiva.

 

Al riguardo, si rileva che i commi da 1 a 5 consentono, al sussistere di taluni presupposti e condizioni, il riscatto oneroso di periodi non coperti da contribuzione. Il prospetto riepilogativo evidenzia effetti netti positivi nel triennio di riferimento, dovuti alla prevalenza delle maggiori entrate contributive per gli oneri da riscatto rispetto alla riduzione di gettito dovuta al relativo trattamento fiscale. Per quanto attiene agli effetti di maggiore spesa – derivanti sia dagli anticipi temporali sia dai maggiori importi di pensione da corrispondere - la relazione tecnica precisa che gli stessi non sono registrati nel prospetto riepilogativo né evidenziati dalla stessa relazione in quanto, stante la condizione di iscritto post 1995, tali maggiori spese saranno corrisposte oltre il decennio di previsione; inoltre la RT precisa che, esaminato il complesso dei potenziali interessati, la combinazione delle condizioni di età ed anzianità è tale da non generare nel prossimo triennio domande di riscatto finalizzate al raggiungimento del requisito minimo di venti anni di anzianità per il conseguimento della pensione di vecchiaia.

Gli elementi forniti dal Governo nel corso dell’esame parlamentare hanno infine chiarito le ragioni per le quali taluni disallineamenti fra il testo della norma e la relazione tecnica originaria non influiscono sugli effetti così stimati.

Ciò premesso, si prende atto degli elementi forniti alla relazione tecnica e delle ipotesi dalla stessa esplicitate, sulla cui base sono ricostruibili (salvi taluni arrotondamenti) gli effetti complessivi attribuiti – al lordo degli effetti fiscali – alla norma e all’emendamento modificativo approvato dal Senato. Sarebbe, tuttavia, utile esplicitare l’aliquota fiscale ed il procedimento di calcolo impiegati per la stima degli effetti di gettito; ciò anche al fine di verificare l’ipotesi (che la RT non tratta espressamente) in cui, ai sensi del comma 4, il riscatto sia sostenuto dal datore di lavoro privato.

Quanto al comma 6, concernente il riscatto di periodi universitari, come chiarito durante l’esame al Senato, la relazione tecnica fa riferimento ad una versione precedente della norma, nella quale l’effetto del riscatto concerneva solo l’acquisizione del diritto, e non il calcolo della misura della pensione e su tali basi asserisce l’invarianza finanziaria della disposizione.

La Nota tecnica, messa a disposizione presso il Senato, assume tale invarianza sulla base della considerazione di compensatività tra il maggior onere dovuto alla riduzione dei versamenti da parte dei soggetti comunque interessati al riscatto, ai sensi della previgente normativa, e le maggiori entrate contributive derivanti dall’espansione di tale platea per effetto della maggiore attrattività della disciplina in esame.

In proposito, andrebbero esplicitate le modalità di calcolo che permettano di suffragare tale compensatività, posto che i dati forniti nella predetta documentazione non consentono tale verifica. Andrebbero inoltre esplicitate le ipotesi alla base delle percentuali di adesione ipotizzate, soprattutto per i soggetti che, a normativa vigente, avrebbero comunque riscattato i periodi secondo modalità meno convenienti.

Quanto agli effetti di maggiore spesa che si determinano oltre il decennio, pur rilevando che gli stessi non sono ricompresi nel quadro previsionale considerato dalla RT, sarebbe utile acquisire indicazioni, anche di massima, riguardo al possibile impatto sui conti pubblici.

 

In merito ai profili di copertura, si evidenzia che il comma 6-ter dell’articolo 20 provvede alla copertura dei seguenti oneri:

- l’onere di cui al comma 5 dell’articolo 20, derivante dall’aumento, disposto nel corso dell’esame presso il Senato, da 60 a 120, del numero massimo di rate in cui suddividere l’onere per il riscatto dei periodi non coperti da contribuzione, e valutato in 8 milioni di euro per l'anno 2019, in 16,1 milioni di euro per l'anno 2020, in 24,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023 e in 8,5 milioni di euro per l'anno 2024;

- l’onere di cui al comma 6-bis dell’articolo 14, che incrementa il Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, in misura pari a 1,3 milioni di euro per l'anno 2024, a 17,6 milioni di euro per l'anno 2025, a 31,8 milioni di euro per l'anno 2026, a 26,9 milioni di euro per l'anno 2027 e a 22 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2028.

La copertura dei suddetti oneri viene effettuata come segue:

- quanto a 8 milioni di euro per l'anno 2019, a 15,3 milioni di euro per l'anno 2020, a 22 milioni di euro per l'anno 2021, a 19,6 milioni di euro per l'anno 2022 e a 17,1 per l'anno 2023, mediante riduzione del menzionato Fondo per interventi strutturali di politica economica;

- quanto a 0,8 milioni di euro per l'anno 2020, a 2,4 milioni di euro per l'anno 2021, a 4,8 milioni di euro per l'anno 2022, a 7,3 per l'anno 2023, a 9,8 milioni di euro per l'anno 2024, a 17,6 milioni di euro per l'anno 2025, a 31,8 milioni di euro per l'anno 2026, a 26,9 milioni di euro per l'anno 2027 e a 22 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2028, mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dal citato comma 5 dell’articolo 20.

Con riferimento alla copertura effettuata a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica, appare necessario che il Governo assicuri che esso rechi le occorrenti disponibilità, alla luce dello stanziamento iscritto nel bilancio per il triennio 2019-2021[47], dell’utilizzo del medesimo Fondo disposto dall’articolo 26-quinquies[48], concernente il trattamento pensionistico del personale ENAV, e dell’incremento disposto, rispettivamente, per gli anni successivi al 2021, dall’articolo 28, comma 1, del provvedimento in discussione e, per gli anni successivi al 2023, dal comma 6-bis dell’articolo in esame[49]. Appare altresì necessario che il Governo assicuri che la riduzione del Fondo sopra indicato non sia suscettibile di pregiudicare la realizzazione di interventi già previsti a legislazione vigente a valere sullo stesso Fondo e che le risorse complessivamente utilizzate per l’anno 2019, sia dall’articolo in esame sia dall’articolo 26-quinquies, valutate in 8,097 milioni di euro, non rientrino tra quelle accantonate e rese indisponibili in termini di competenza e di cassa, ai sensi dell’articolo 1, comma 1118, della legge n. 145 del 2018, per un importo complessivo di 2 miliardi di euro, secondo quanto indicato nell’allegato 3 della medesima legge n. 145.

 

·         ARTICOLO 21

Esclusione opzionale da massimale contributivo

Normativa vigente. La legge n. 335/1995 (c.d. “Riforma Dini delle pensioni”) prevede, tra l’altro, l’istituzione, con decorrenza 1996, della gestione separata dei trattamenti pensionistici dei dipendenti pubblici presso l’INPDAP (articolo 2). Nell’ambito della generale disciplina viene previsto un massimale contributivo in favore dei lavoratori in essere che esercitano l’opzione per l’applicazione del metodo contributivo a fini pensionistici. Per tali soggetti, la base contributiva e pensionabile massima è fissata, dalla norma originaria, in 68.172,31 euro; l’importo è soggetto a rivalutazione annua in base ad indici Istat (comma 18).

Le norme consentono ai dipendenti pubblici[50] che prestano servizio in settori in cui non sono attivate forme pensionistiche complementari compartecipate dal datore di lavoro, di chiedere la non applicazione del massimale contributivo di cui all’art. 2, co. 18, legge n. 335/1995.

L’opzione è esercitabile dai lavoratori che risultano iscritti a forme pensionistiche complementari a far data dal 1° gennaio 1996. La domanda deve essere presentata entro sei mesi dal 29 gennaio 2019 (data di entrata in vigore della norma in esame) oppure dalla data di superamento del massimale o dalla data di assunzione.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2019

2020

2021

2019

2020

2021

2019

2020

2021

Maggiori entrate contributive

 

Esclusione opzionale massimale contributivo

 

 

 

3,1

14,2

17,0

3,1

14,2

17,0

Minori spese correnti

 

Esclusione opzionale massimale contributivo

3,1

14,2

17,0

 

 

 

 

 

 

Minori entrate tributarie

 

Esclusione opzionale massimale contributivo- minore imponibile IRPEF

1,3

6,1

7,3

1,3

6,1

7,3

1,3

6,1

7,3

 

La relazione tecnica afferma quanto segue.

In primo luogo, la RT segnala che il personale c.d. “non contrattualizzato” (in regime di diritto pubblico) il cui rapporto di lavoro è regolato dall'ordinamento di appartenenza, secondo quanto previsto dall'art. 3 del d.lgs. n. 165/2001, è in regime di Trattamento di fine Servizio (TFS) e risulta al momento escluso dalle forme pensionistiche complementari compartecipate dal datore di lavoro. Appartengono a questa platea:

-       magistrati ordinari, amministrativi e contabili;

-       personale delle carriere diplomatica e prefettizia;

-       personale militare e delle Forze di Polizia di Stato;

-       personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco;

-       personale della carriera dirigenziale penitenziaria;

-       professori e ricercatori universitari.

Ipotesi di lavoro

Per la stima degli effetti finanziari riferiti al decennio 2019-2028, la RT evidenzia che:

-      le categorie interessate appartengono tutte alla Cassa dei dipendenti dello Stato (CTPS) dove l’aliquota pensionistica è pari al 33%, di cui il 24,2% è a carico del datore di lavoro e l’8,8% a carico del lavoratore;

-      il massimale trova applicazione anche per l’aliquota di contribuzione che comprende l’aliquota aggiuntiva pensionistica dell’1% (di cui all’art. 3-ter della legge n. 438/1992) e l’aliquota di contribuzione alla Gestione Unitaria Prestazioni Creditizie e Sociali dell’ex Inpdap, pari allo 0,35%.

Inoltre, la RT ipotizza:

-      che l’esclusione decorra dal mese successivo alla data di scadenza del termine di sei mesi per esercitare l’opzione (per i dipendenti in servizio, sei mesi dal 29 gennaio 2019);

-      che i dipendenti assunti successivamente possano esercitare l’opzione entro sei mesi dal superamento del massimale contributivo.

Dati ed ipotesi

In base agli archivi INPS, la RT riporta i seguenti dati:

-      platea iniziale di soggetti                                                                          n.    4.850

-      dipendenti che superano il massimale ogni anno (nuovi ingressi)                   n.       700

-      di cui presentano la domanda opzionale                                                       100%

-      ammontare del massimale per il 2018                                             euro    101.427

-      importo medio dell’eccedenza dell’imponibile pensionistico        euro      25.460

Valutazione degli effetti finanziari

La RT afferma che la misura è rivolta a soggetti prevalentemente giovani e lontani dal pensionamento. Pertanto, nel periodo di proiezione decennale, gli effetti sono positivi nel senso di maggiori entrate contributive, e solo successivamente tali maggiori contribuzioni si tradurranno nel conseguente maggior onere pensionistico, rilevabile nel periodo di osservazione solo nei casi di morte e invalidità.

Pertanto, prosegue la RT, la proposta comporta:

- un onere contributivo verso l'Inps da parte del datore di lavoro pubblico;

- minori entrate fiscali, per la deducibilità dall’imponibile della quota versata dal lavoratore;

- ai fini IRAP, poiché per le amministrazioni pubbliche la base imponibile è costituita dalla retribuzione corrisposta al proprio personale (al lordo delle ritenute previdenziali ed erariali), la RT afferma che l'effetto ai fini della valutazione risulta ininfluente.

Risultati forniti

La RT riporta le seguenti due tabelle nelle quali sono indicati, rispettivamente, lo sviluppo decennale del numero dei contribuenti interessati e lo sviluppo decennale degli effetti finanziari.

 

Tavola 1 –Sviluppo decennale del numero dei contribuenti

Anno

Numero dei contribuenti alla fine dell’anno

2019

4.850

2020

5.530

2021

6.210

2022

6.880

2023

7.560

2024

8.230

2025

8.890

2026

9.560

2027

10.220

2028

10.880

 

Tavola 2–Sviluppo decennale della valutazione finanziaria dei contributi e degli oneri

(milioni di euro)

Anno

Contributi

 

 

 

Totale

Aliq.agg. pension. 1%

cassa cred. e welfare 0,35%

pension. lavoratore

8,8%

pension. dat.lavoro 24,2%

Onere dat.lavoro pubblico

Onere pensioni

Effetto fiscale minore impon. Irpef

 

Maggiori entrate

Oneri

 

2019

-0,3

-0,1

-2,7

-7,5

7,5

0,0

1,3

-1,8

2020

-1,4

-0,5

-12,3

-33,8

33,8

0,0

6,1

-8,1

2021

-1,7

-0,6

-14,7

-40,5

40,5

0,0

7,3

-9,7

2022

-2,0

-0,7

-17,3

-47,7

47,7

0,1

8,6

-11,3

2023

-2,3

-0,8

-20,2

-55,6

55,6

0,1

10,0

-13,2

2024

-2,6

-0,9

-23,3

-64,1

64,1

0,2

11,

15,0

2025

-3,0

-1,1

-26,7

-73,3

73,3

0,2

13,2

-17,4

2026

-3,4

-1,2

-30,3

-83,2

83,2

0,3

15,0

-19,6

2027

-3,9

-1,4

-34,1

-93,9

93,9

0,4

16,9

-22,1

2028

-4,4

-1,5

-38,3

-105,3

105,3

0,6

19,0

-24,6

           Oneri indicati con il segno (+), Risparmi indicati con il segno (-) ed il totale è al netto degli effetti fiscali.

 

Al riguardo, si evidenzia che, sulla base delle informazioni fornite, le procedure di calcolo appaiono verificabili.

Si rileva, tuttavia, che la stima è basata su alcune ipotesi rispetto alle quali non risultano esplicitate le sottostanti valutazioni.

In particolare:

·         non sono fornite indicazioni in merito ai dati utilizzati per la definizione del numero dei soggetti e dell’ammontare medio dell’eccedenza utilizzati per la stima;

·         la RT ipotizza che l’opzione in esame (che determina, nell’immediato, un maggior versamento di contributi e, oltre il decennio, il pagamento di maggiori pensioni) sia esercitata da tutti i contribuenti in possesso dei requisiti. Si segnala, in proposito, che gli effetti finanziari scontati nel decennio riguardano, in via prevalente, il maggior gettito contributivo recato in relazione ai soggetti optanti;

·         si ipotizza che i soggetti che esercitano l’opzione siano “prevalentemente giovani e lontani dal pensionamento”. Pertanto, gli oneri pensionistici sono stimati dalla RT a partire dal quarto anno, con importi molto contenuti, e presentano un andamento crescente che prosegue anche oltre il periodo decennale considerato;

·         la relazione tecnica non fornisce indicazioni in merito alle ipotesi adottate per la stima dell’andamento della base imponibile contributiva considerata. Si segnala in proposito, che la media pro-capite della predetta base imponibile – corrispondente all’ammontare eccedente il massimale contributivo - sembrerebbe registrare, dal 2019 al 2028, un incremento pari a circa il 57 per cento[51] e che tale parametro è utilizzato per determinare gli effetti di maggior gettito contributivo scontati nel decennio considerato dalla relazione tecnica.

Appare pertanto necessario acquisire elementi utili a suffragare le ipotesi adottate per la stima del maggior gettito contributivo, anche al fine di verificarne la prudenzialità.

Per quanto concerne gli effetti fiscali, si evidenzia che l’aliquota applicata appare comprendere, oltre all’IRPEF, le relative addizionali regionali e comunali: sul punto tuttavia è opportuna una conferma.

 

·         ARTICOLO 22

Fondi di solidarietà bilaterali

Normativa previgente. Il titolo II del D.lgs. n. 148/2015 reca la disciplina dei fondi di solidarietà bilaterali istituiti presso l'INPS. L’istituzione di tali fondi è obbligatoria per i settori che non rientrano nell'ambito di applicazione delle forme generali dei trattamenti di integrazione salariale. I fondi sono, inoltre, finalizzati, ai sensi dell’art. 26, comma 9, lett. b), del medesimo decreto legislativo, all’erogazione, nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo, di un assegno straordinario per il sostegno al reddito dei lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni.

L’articolo 33, comma 3, del D.lgs. n. 148/2015 disciplina le modalità di finanziamento dei fondi bilaterali, prevedendo che, per l'assegno straordinario di cui all'articolo 26, comma 9, sia dovuto, da parte del datore di lavoro, un contributo straordinario di importo corrispondente al fabbisogno di copertura dell'assegno straordinario erogabile e della contribuzione correlata.

 

La norma[52] prevede che i fondi di solidarietà bilaterali - oltre alle finalità previste dall’articolo 26, comma 9, del D.lgs. n. 148/2015 e ferma restando la modalità del loro finanziamento disciplinata dall’articolo 33, comma 3, del medesimo decreto legislativo – possano erogare anche un assegno straordinario per il sostegno al reddito a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per l’eventuale opzione per l’accesso alla pensione con "quota 100" nei successivi tre anni (comma 1).

L’assegno straordinario viene erogato solo in presenza di accordi collettivi di livello aziendale o territoriale sottoscritti con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nei quali è stabilito, a garanzia dei livelli occupazionali, il numero di lavoratori da assumere in sostituzione dei lavoratori che accedono a tale prestazione (comma 2).

I fondi di solidarietà bilaterale provvedono, a loro carico e previo il versamento allo stesso fondo della relativa provvista finanziaria da parte del datore di lavoro, anche al versamento della contribuzione correlata a periodi utili per il conseguimento di qualunque diritto alla pensione anticipata o di vecchiaia, riscattabili o ricongiungibili precedenti all’accesso ai Fondi di solidarietà. Tale norma si applica ai lavoratori che maturano i requisiti per fruire della prestazione straordinaria a prescindere dalla circostanza che i periodi oggetto di riscatto o di ricongiunzione siano necessari o meno per il conseguimento del diritto alla medesima prestazione. Le relative somme sono versate ai Fondi di solidarietà dal datore interessato, costituiscono specifica fonte di finanziamento riservata alle finalità di cui al presente comma e sono deducibili dalla base imponibile fiscale ai sensi della normativa vigente (comma 3).

Per le prestazioni con decorrenza successiva al 1° gennaio 2019 in favore dei lavoratori derivanti dagli accordi cosiddetti di “isopensione” di cui all’articolo 4, commi da 1 a 2, della legge n. 92/2012, ovvero derivanti dagli istituti di assegno straordinario dei fondi di solidarietà bilaterali, di cui all'art. 26, comma 9, lett. b) e all'art. 27, comma 5, lett. f), del D.lgs. n. 148/2015, il datore di lavoro interessato è obbligato a provvedere al pagamento della medesima prestazione al lavoratore fino alla prima decorrenza utile del trattamento pensionistico e, ove prevista dagli accordi costitutivi, al versamento della contribuzione correlata, fino al raggiungimento dei requisiti minimi previsti (comma 4).

In proposito si rammenta che l’art. 4, commi 1-2, della legge n. 92/2012 prevede che, nei casi di eccedenza di personale e al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori più anziani, mediante accordi sindacali si possa prevedere l’impegno del datore di lavoro a corrispondere ai lavoratori una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti ed a corrispondere all'INPS la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento (comma 1). I lavoratori coinvolti nel suddetto programma debbono raggiungere i requisiti minimi per il pensionamento, di vecchiaia o anticipato, nei quattro anni successivi alla cessazione dal rapporto di lavoro (comma 2). Tale possibilità è stata estesa, ai sensi dell’art. 34, comma 54, lett. b), del D.L. n. 179/2012, anche ai casi di procedure di mobilità e di riduzione di personale dirigente. Inoltre, l’art. 1, comma 160, della legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018) ha previsto che, limitatamente al periodo 2018-2020, i requisiti minimi di pensionamento per l’accesso al programma di esodo possano essere elevati da 4 a 7 anni, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e aggravi sull’attuale sistema previdenziale.

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai fondi bilaterali già costituiti o in corso di costituzione (comma 5).

Il Fondo di solidarietà operante nel settore del lavoro in somministrazione[53] viene, infine, autorizzato a versare all'INPS, per periodi non coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa, contributi pari all'aliquota di finanziamento prevista per il regime generale pensionistico dei lavoratori dipendenti, secondo quanto stabilito dal contratto collettivo nazionale delle imprese di somministrazione di lavoro (comma 6).

Rientrano tra le competenze del suddetto Fondo di solidarietà, a valere sulle risorse appositamente previste dalla contrattazione collettiva di settore, i programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, nonché le altre misure di politica attiva stabilite dalla contrattazione collettiva stessa.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica evidenzia preliminarmente che, ai fini della valutazione dell'impatto finanziario della norma in esame, l'erogazione degli assegni straordinari viene effettuata tramite i fondi di solidarietà e che l'azienda esodante è tenuta al versamento al fondo di un contributo straordinario che copre l'intero ammontare dell'assegno erogato, la contribuzione correlata al periodo di esodo, nonché le spese di amministrazione che l'INPS affronta nella gestione degli assegni stessi. L'impatto finanziario per le finanze pubbliche risulta, pertanto, praticamente nullo, fermo restando che tali disposizioni non si applicano ai lavoratori con prestazioni in essere erogate ai sensi dell'art. 4, commi 1 e 2, della legge n. 92/2012, oppure ai sensi dell'art. 26, comma 9, lett. b) e dell'art. 27, comma 5, lett. f) del D.lgs. n. 148/2015, e ai lavoratori le cui aziende hanno sottoscritto un accordo ai sensi delle medesime disposizioni.

La relazione tecnica fa presente, altresì, che, in base all'art. 35, comma 1, del D.lgs. n. 148/2015, i fondi di solidarietà hanno obbligo di bilancio in pareggio e non possono erogare prestazioni in carenza di disponibilità.

La relazione tecnica precisa, inoltre, che la norma in esame richiama quanto già disposto per i fondi di solidarietà del credito e del credito cooperativo dall'art. 1, comma 237, della legge n. 232/2016, reso operativo dall'art. 2 del D.M. n. 98998/2017 che il testo in esame ricalca. Anche per quanto riguarda la platea dei beneficiari la norma si attiene a quanto già disposto col decreto ministeriale citato, come chiarito al punto 2 della circol. INPS n. 188 del 22 dicembre 2017.

La relazione tecnica afferma, infine, che - come già evidenziato nella relazione tecnica dell’11 ottobre 2016 predisposta dal coordinamento generale statistico attuariale, recepita dalla relazione tecnica alla legge di bilancio per il 2017, riguardante l'analoga norma relativa ai fondi di solidarietà del credito e del credito cooperativo - nel breve periodo si determinerebbero maggiori entrate che comunque andrebbero a compensare i costi differiti relativi all'eventuale anticipo della prestazione e al maggior importo. Pertanto, l'effetto della norma sulla finanza pubblica è da considerare trascurabile.

 

Al riguardo, si evidenzia preliminarmente che la norma introduce una nuova tipologia di trattamento a carico dei Fondi di solidarietà bilaterali di cui al D.lgs. n. 148/2015, consistente in un assegno straordinario erogato per il sostegno al reddito dei lavoratori che, avendone i requisiti, accedono alla pensione anticipata ai sensi dell’articolo 14 (commi 1 e 2). Con riferimento, inoltre, ai lavoratori che beneficiano di un qualsiasi assegno straordinario a carico di un fondo di solidarietà bilaterale, quest'ultimo provvede - a suo carico e previo il versamento allo stesso fondo della relativa provvista finanziaria da parte del datore di lavoro - anche al versamento della contribuzione correlata a periodi, utili per il conseguimento di qualunque diritto alla pensione anticipata o di vecchiaia, riscattabili o ricongiungibili (comma 3).

La relazione tecnica riferisce che dalle suddette disposizioni discendono effetti finanziari quasi nulli per la finanza pubblica, in quanto l’erogazione dei summenzionati assegni straordinari viene effettuata tramite i fondi di solidarietà alimentati dai versamenti effettuati dall’azienda del lavoratore interessato che coprono in modo integrale i relativi oneri (ammontare dell'assegno, contribuzione correlata e spese INPS per la gestione degli assegni stessi). La relazione tecnica precisa inoltre che, nel breve periodo, si determinerebbero maggiori entrate, che andrebbero a compensare i costi relativi all'eventuale anticipo ed alla maggiore misura delle prestazioni pensionistiche. Al riguardo, preso atto di quanto evidenziato dalla relazione tecnica, andrebbero comunque acquisiti gli ulteriori dati ed elementi di valutazione volti a confermare la compensatività, anche con riguardo all’allineamento temporale, fra maggiori entrate e maggiori oneri pensionistici dei predetti effetti e, quindi, la neutralità finanziaria delle disposizioni.

Considerato, inoltre, che per espressa disposizione del comma 3 le somme versate dal datore di lavoro ai Fondi di solidarietà per le finalità delle norme in esame sono deducibili dalla base imponibile ai sensi della normativa vigente (comma 3), appare opportuno acquisire una valutazione del Governo in merito ai relativi effetti di riduzione del gettito.

I predetti elementi appaiono necessari anche con riguardo alle disposizioni dei commi 4-6, tenuto conto che il comma 5 dispone l’applicazione della disciplina in esame anche ai fondi bilaterali già costituiti o in corso di costituzione.

 

·         ARTICOLO 23

Anticipo del trattamento di fine servizio (TFS)

Le norme dispongono che ai dipendenti della PA[54] e degli enti pubblici di ricerca che accedono anticipatamente alla pensione in base alla c.d. “quota 100”, il trattamento di fine servizio è riconosciuto al momento in cui tale diritto sarebbe maturato in base ai requisiti di accesso al sistema pensionistico previsti dall’art. 24 DL n. 201/2011 (comma 1).

I soggetti di cui al comma 1 e quelli che accedono o che hanno avuto accesso prima della data di entrata in vigore del presente decreto legge al trattamento pensionistico ai sensi dell’articolo 24 del DL n. 201/2011 possono chiedere alle banche o altri intermediari finanziari che aderiscono ad un apposito Accordo Quadro – stipulato tra i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell’economia e delle finanze, della Pubblica Amministrazione, e l’Associazione Bancaria Italiana, sentito l’INPS - un finanziamento per l’importo dell’indennità maturata, comunque non superiore a 45.000 euro[55].

Il finanziamento è garantito dalla cessione pro solvendo, automatica e nel limite dell’importo finanziato, senza alcuna formalità, dei crediti derivanti dal trattamento di fine servizio maturato, che i soggetti in commento vantano nei confronti dell’INPS.

Il rimborso del finanziamento e dei relativi interessi avviene mediante trattenuta operata dall’INPS in sede di erogazione dell’indennità medesima (commi 2 e 6).

Nello stato di previsione del MEF è istituito un Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti di cui al comma 2, con dotazione iniziale pari a 75 milioni[56] per l’anno 2019, alimentato con le commissioni di accesso al Fondo stesso. La garanzia del Fondo copre l’80 per cento del finanziamento di cui al comma 2 e dei relativi interessi. La garanzia del Fondo è a prima richiesta, esplicita, incondizionata, irrevocabile. Gli interventi del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato, avente le medesime caratteristiche di quella del Fondo, quale garanzia di ultima istanza.

La garanzia dello Stato è elencata nell’allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. Il finanziamento è altresì assistito automaticamente dal privilegio di cui all’articolo 2751-bis, primo comma, numero 1), del codice civile. Il Fondo è surrogato di diritto alla banca o all’intermediario finanziario, per l’importo pagato, nonché nel privilegio di cui al citato articolo 2751-bis, primo comma, numero 1), cod. civ.

Ai relativi oneri, pari a 75 mln per il 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa del Fondo per le garanzie rilasciate dallo Stato[57] (comma 3).

La gestione del Fondo è affidata all’INPS sulla base di un'apposita convenzione da stipulare tra lo stesso Istituto e il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro della pubblica amministrazione. Per tale gestione è autorizzata l'istituzione di un apposito conto corrente presso la tesoreria dello Stato intestato al gestore (comma 8).

Le operazioni di finanziamento di cui al comma 2 e le formalità ad esso connesse sono esenti da imposta di registro, imposta di bollo e da ogni imposta o tributo o diritto e sono sottoposte ad obblighi semplificati in materia di adeguata verifica della clientela[58] (comma 4).

Gli interessi sono calcolati al tasso definito nell’Accordo Quadro e sono liquidati contestualmente al rimborso della quota capitale (commi 5 e 6).

Si rinvia ad un apposito DPCM la definizione delle modalità di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo e degli ulteriori criteri, condizioni e adempimenti per l'accesso al finanziamento, nonché dei criteri, condizioni e modalità di funzionamento del Fondo di garanzia di cui al comma 3 e della garanzia di ultima istanza dello Stato (comma 7).

 

Il prospetto riepilogativo - riferito al testo iniziale - ascriveva alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2019

2020

2021

2019

2020

2021

2019

2020

2021

Maggiori spese in conto capitale

 

Fondo garanzia anticipo TFS

50,0 (*)

 

 

 

 

 

 

 

 

Minori spese in conto capitale

 

Fondo riserva garanzie

50,0 (*)

 

 

 

 

 

 

 

 

(*) Nel corso dell’esame presso il Senato, l’importo di 50 milioni è stato elevato a 75 milioni di euro.

 

La relazione tecnica afferma che l'operazione prevista dalla norma si presenta come un prestito richiesto da un soggetto privato a un istituto finanziario (assistito da una garanzia pubblica onerosa, a fronte di una tariffa commisurata a criteri di mercato e con la contro-garanzia dello Stato di ultima istanza), concesso a condizioni di mercato e con rimborso dello stesso integralmente a carico del soggetto finanziato.

La RT ritiene che gli unici profili di finanza pubblica rilevabili dalla disposizione sono ascrivibili al Fondo di garanzia previsto al comma 3, gestito dall’INPS, che copre l’80 per cento del finanziamento e dei relativi interessi. Il Fondo, per la cui gestione è autorizzata l'apertura di un apposito conto di tesoreria centrale, ha una dotazione iniziale pari a 50 milioni di euro per l'anno 2019 ed è ulteriormente alimentato dalle commissioni di accesso al Fondo.

Il Governo, in risposta ai quesiti emersi nel corso dell’esame presso il Senato, ha chiarito quanto segue.

In merito alla congruità della dotazione del Fondo, è stato chiarito che le risorse il cui appostamento in bilancio è previsto dalla norma costituiscono solo la dotazione iniziale del Fondo stesso, essendo questo alimentato, sempre secondo le previsioni della norma (comma 3), anche da commissioni di accesso al Fondo “orientate a criteri di mercato” - e quindi rapportate al rischio – che verranno versate per l’accesso al finanziamento. In questo senso la dotazione del Fondo, costituirebbe solo un buffer di sicurezza rispetto ad uno strumento di garanzia che si alimenterebbe con le commissioni.

In merito all’ipotesi che le somme non impegnate possano andare in economia alla fine dell’esercizio, è stato chiarito quanto segue:

-       in primo luogo, considerata la natura di conto capitale del relativo capitolo di bilancio, le relative somme non costituiranno economie al termine dell’esercizio 2019;

-       inoltre, è stato segnalato che le risorse stanziate in bilancio nell’anno 2019 saranno oggetto di pagamento, a impegno contemporaneo, nel corso dello stesso esercizio 2019 a favore del conto di tesoreria di cui ai commi 3 e 8 dell’art. 23 intestato al Gestore.

In merito alla natura della garanzia di ultima istanza dello Stato, è stato affermato che il suo rischio di escussione appare alquanto remoto, dal momento che tale circostanza avrebbe modo di avverarsi soltanto al verificarsi, in concomitanza, di due eventi, ossia che l’INPS non possa rifondere la banca finanziatrice e che il Fondo di garanzia non sia in grado anch’esso di adempiere la propria obbligazione nei confronti dei soggetti aventi diritto.

D’altro canto proprio in considerazione della sussistenza di garanzie di grado antecedente (fornite da INPS e dal Fondo di garanzia) non è stato ritenuto necessario appostare risorse specifiche e ulteriori rispetto a quelle già allocate sul Fondo garanzia (i 50 milioni di euro di cui al comma 3), a sua volta alimentato dalle commissioni quantificate in ragione del rischio. In ogni caso, essendo la garanzia dello Stato di ultima istanza inclusa nel novero di quelle riportate nell’apposito allegato allo stato di previsione del MEF, agli eventuali oneri si potrebbe far fronte attingendo alle risorse stanziate sul capitolo 7407 (“Oneri derivanti dalle garanzie assunte dallo Stato in dipendenza di varie disposizioni legislative”).

Riguardo alla copertura mediante riduzione del Fondo da ripartire per l'integrazione delle risorse destinate alla concessione di garanzie rilasciate dallo Stato, - rispetto alla quale era stato osservato che la costituzione del fondo di cui all’art. 37, co. 6, DL n. 66 del 2014, ha determinato effetti in termini di saldo netto da finanziare e non anche di fabbisogno (e quindi di debito pubblico) – è stato chiarito che tale fondo non era connesso alla riduzione dello stock di debiti commerciali: per tale finalità, infatti, il medesimo articolo 37 del decreto-legge n. 66 del 2014 prevedeva, al comma 4, l’istituzione di un apposito fondo di garanzia con una dotazione di 150 milioni di euro, mentre il fondo di cui al comma 6 non reca una finalizzazione ad alcuna specifica garanzia statale, avendo la natura di fondo da ripartire.

 

Al riguardo, si prende atto dei chiarimenti forniti dal Governo nel corso dell’esame presso il Senato; si evidenzia peraltro la necessità di acquisire ulteriori chiarimenti sui profili di seguito indicati.

Si rileva che, in sintesi, la norma in esame consente ai lavoratori dipendenti che accedono al pensionamento di chiedere un finanziamento per un ammontare corrispondente al trattamento di fine servizio (TFS) che devono percepire tramite INPS. A fronte del predetto finanziamento, si prevede:

-          la cessione ”pro solvendo” in favore dell’istituto finanziatore del credito vantato dal pensionato nei confronti dell’INPS per il TFS;

-          una garanzia a valere su un apposito Fondo di garanzia istituito con dotazione pari a 75 milioni nel 2019. Il Fondo è incrementato con le commissioni di accesso al Fondo stesso;

-          una ulteriore garanzia statale, che assiste gli interventi del Fondo, e che opera quale garanzia di ultima istanza.

Cessione pro solvendo dei crediti per TFS

In merito alla previsione secondo cui il finanziamento è garantito dalla cessione dei crediti per TFS vantati nei confronti dell’INPS, si rileva che l’operazione, prevedendo la cessione “pro solvendo”, non sembrerebbe incidere automaticamente sul debito pubblico (come misurato ai fini della procedura di deficit eccessivo, cd. “debito di Maastricht”) sulla base dei criteri indicati dalla decisione Eurostat del 31 luglio 2012[59] e richiamati dal Manual on Government Deficit and Debt[60] (paragrafi VIII.2.1 e VIII.2.2): in merito sarebbe comunque opportuno acquisire una espressa conferma.

Non appare del tutto chiara la previsione del comma 2, secondo la quale l’INPS trattiene l’importo dell’indennità di fine servizio “ai fini del rimborso del finanziamento e dei relativi interessi” e fino a concorrenza dello stesso, posto che la cessione del credito verso l’INPS all’istituto finanziatore è commisurata alla sola indennità maturata dal dipendente interessato. In proposito appare opportuno un chiarimento anche al fine di valutare il rischio di escussione a carico del Fondo di garanzia appositamente costituito e, in ultima istanza, della garanzia statale.

Fondo di garanzia statale

Sarebbe opportuno acquisire i dati e le ipotesi sottostanti la determinazione della dotazione del Fondo di garanzia, precisando, tra l’altro, in quale misura l’incremento da 50 a 75 milioni (introdotto dal Senato) di tale dotazione corrisponda ai maggiori effetti attribuibili all’estensione dell’ambito soggettivo rispetto al testo originario e in quale misura sia invece determinata dall’incremento dell’importo massimo individuale che può essere chiesto come finanziamento (entrambi oggetto di modifica da parte del Senato).

Si ricorda in proposito che nel corso dell’esame presso il Senato, sono state introdotte le seguenti modifiche:

-       l’accesso al finanziamento è consentito anche ai soggetti che hanno già acceduto al pensionamento in base ai criteri indicati dall’art. 24 del DL 201/2011;

-       l’ammontare massimo individuale del finanziamento è elevato da 30.000 a 45.000 euro;

-       la dotazione del fondo è elevata da 50 milioni a 75 milioni di euro.

Al riguardo, per quanto concerne specificamente l’estensione della platea dei beneficiari, sarebbe utile anche una conferma che, a seguito delle modifiche introdotte dal Senato, non residuino fattispecie analoghe, non espressamente ricomprese nel predetto ambito di applicazione del beneficio.

Sempre in merito alla dotazione del Fondo, sarebbe utile acquisire dati volti a verificarne la congruità rispetto ai presumibili utilizzi, anche al fine di evitare che si possano determinare i presupposti per l’attivazione della garanzia statale di ultima istanza, per la quale non sono previste risorse aggiuntive rispetto a quelle già stanziate in bilancio (cfr. infra).

Ai fini della predetta valutazione di congruità, sarebbe utile acquisire il dato relativo all’ammontare complessivo dei finanziamenti che si prevede possano essere erogati in ciascun anno - tenuto conto del valore medio delle indennità e delle ipotesi praticabili circa il tasso di adesione da parte dei richiedenti – nonché il valore stimato della quota di interessi, che sconta altresì il dato relativo al numero di anni di anticipo rispetto al pensionamento previsto a legislazione vigente, oltre ai tassi di mercato.

Si rileva in proposito che, mentre gli interventi del Fondo di garanzia dovrebbero considerarsi logicamente limitati nell’ammontare complessivo alle disponibilità del relativo Fondo, altrettanto non può dirsi per l’erogazione dei finanziamenti, per i quali è previsto soltanto un limite individuale (pari a 45.000 euro), e non un limite riferito all’ammontare complessivo annuo dei finanziamenti.

L’acquisizione dei dati sopra indicati appare necessaria soprattutto per gli esercizi successivi al primo, per i quali non è prevista un’apposita dotazione del Fondo di garanzia.

Infatti, per quanto attiene alla limitazione al solo esercizio 2019 della dotazione del Fondo, pur prendendo atto che lo stesso sarà alimentato anche da commissioni di accesso “orientate a criteri di mercato” - e quindi rapportate al rischio – non appare evidente come le risorse che si renderanno disponibili per gli esercizi successivi al primo possano considerarsi congrue rispetto alle esigenze di finanziamento e tali quindi da non determinare automaticamente la necessità di attivare la garanzia statale di ultima istanza. Ciò in considerazione anche dell’ambito applicativo della norma, che comprende non solo i soggetti che accedono al pensionamento con “quota 100” (possibilità prevista per un triennio), ma anche coloro che saranno collocati in pensione con gli ordinari requisiti previsti dall’art. 24 del decreto legge n. 201 del 2011 e, quindi, senza specifiche limitazioni temporali.

Sempre in riferimento alla proiezione oltre il 2019 degli interventi di garanzia, nel corso dell’esame presso il Senato il Governo ha precisato che, considerata la natura di conto capitale del relativo capitolo di bilancio, le somme del Fondo di garanzia non costituiranno economie al termine dell’esercizio 2019.

In proposito si ricorda che secondo la legge di contabilità e finanza pubblica (art. 34-bis), le somme stanziate per spese in conto capitale non impegnate alla chiusura dell'esercizio possono essere mantenute in bilancio, quali residui, non oltre l'esercizio successivo a quello di iscrizione in bilancio e, a loro volta, i residui delle spese in conto capitale si intendono perenti se non pagati entro il terzo esercizio successivo a quello dell'assunzione dell'impegno.

Pertanto la durata dei residui in questione non appare allineata dal punto di vista temporale ai potenziali esborsi a carico del Fondo, soprattutto, come già osservato, per coloro che accedono al pensionamento ai sensi dell’articolo 24 del DL n. 201/2011, per i quali non sono prefigurati specifici limiti temporali. In proposito, andrebbe acquisito l’avviso del Governo.

Per quanto attiene, infine, agli effetti scontati sui saldi con riguardo alla dotazione del Fondo di garanzia, si osserva che la mancata registrazione nel prospetto riepilogativo degli importi in termini di indebitamento netto sembra presupporre che la garanzia stessa debba intendersi come “non standardizzata” sulla base dei criteri di contabilità europea.

Secondo il SEC 2010, si rammenta, le garanzie pubbliche sono considerate “standardizzate” quando sono emesse in numero elevato, solitamente per piccoli importi, sulla base di condizioni identiche. Esse sono quindi caratterizzate da operazioni di tipo simile ripetute più volte, ciò che solitamente rende possibile stimare ex ante la probabilità statistica di escussioni.

Premessa l’opportunità di una conferma circa la possibilità di attribuire effettivamente tale classificazione al Fondo in questione, andrebbe verificata la prudenzialità della mancata iscrizione di effetti anche in termini di fabbisogno, tenuto conto che gli interventi a carico del Fondo sono suscettibili di riflettersi sui conti di cassa per gli esercizi in cui si verifica l’escussione.

Garanzia statale di ultima istanza

Come già evidenziato, non sono previsti stanziamenti aggiuntivi a copertura della garanzia statale di ultima istanza.

Nel corso dell’esame parlamentare presso il Senato, il Governo ha affermato che il rischio di escussione appare alquanto remoto, dal momento che tale circostanza avrebbe modo di avverarsi soltanto al verificarsi, in concomitanza, di due eventi, ossia che l’INPS non possa rifondere la banca finanziatrice e che il Fondo di garanzia non sia in grado anch’esso di adempiere la propria obbligazione nei confronti dei soggetti aventi diritto.

In merito ai chiarimenti forniti, si evidenzia che il credito verso l’INPS ceduto all’istituto finanziatore, ai sensi del comma 2, è rapportato al trattamento di fine servizio maturato dagli interessati e non include quindi la quota di interessi (anche se è previsto che l’Istituto trattenga – ai fini del rimborso del finanziamento e dei relativi interessi – il relativo importo, comunque in misura non superiore all’indennità spettante). Quanto alla garanzia di prima istanza offerta dal Fondo, come in precedenza rilevato, la relazione tecnica non fornisce dati volti a verificare la congruità della relativa dotazione soprattutto per gli esercizi successivi al periodo di prima applicazione (esercizio 2019 e ulteriore periodo di utilizzo dei residui).

Si richiamano pertanto le osservazioni in precedenza svolte, anche al fine di verificare l’effettiva neutralità della previsione di garanzia statale di ultima istanza, in relazione al presumibile rischio di escussione della stessa.

Tali elementi appaiono necessari al fine di escludere effetti onerosi; a tal fine sarebbe altresì utile chiarire la natura, standardizzata o una tantum, della garanzia in questione.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si evidenzia che il comma 3 dell’articolo 23 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti bancari agevolati, con una dotazione iniziale pari a 75 milioni di euro per l’anno 2019, mediante i quali i soggetti che fruiscono dell’anticipo pensionistico “quota 100” o che accedono o che hanno avuto accesso ai pensionamenti di vecchiaia o anticipati possono richiedere una somma pari all’indennità di fine servizio maturata. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per le garanzie rilasciate dallo Stato (cap. 7590 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze), istituito dall’articolo 37, comma 6, del decreto-legge n. 66 del 2014. Ciò posto, si osserva che, sebbene come risulta da un’apposita interrogazione al sistema informativo della Ragioneria generale dello Stato il citato Fondo rechi le necessarie disponibilità, l’utilizzo di risorse relative a spese previste a legislazione vigente non riconducibili nei limiti di un tetto di spesa, quali sono appunto quelle connesse all’eventuale escussione di garanzie, rischia di spiazzare gli interventi originari a fronte dei quali le risorse sono state iscritte in bilancio, salvo che non si dimostri che esse, eventualmente anche a seguito di fatti sopravvenuti, risultino sovra capienti rispetto alle esigenze originariamente previste. Sul punto appare necessario un chiarimento da parte del Governo.

 

·         ARTICOLO 24

Detassazione del trattamento di fine servizio (TFS)

Normativa vigente. L’art. 19 del TUIR disciplina il regime di tassazione delle indennità di fine rapporto ed analoghi istituti. In particolare, il comma 2-bis stabilisce che alle indennità equipollenti al TFR si applica l’aliquota IRPEF determinata con riferimento all’anno in cui è maturato il diritto alla percezione.

Le norme introducono una riduzione dell’aliquota IRPEF da applicare alle indennità di fine servizio (TFS) comunque denominata, per la quota delle stesse non superiore a 50.000 euro.

La misura della riduzione è posta in funzione del tempo che intercorre tra la corresponsione del TFS e la cessazione del rapporto di lavoro come risulta dalla seguente tabella.

 

 

Periodo intercorrente tra data di cessazione del rapporto di lavoro (*) e data di corresponsione del TFS

Riduzione aliquota d’imposta da applicare fino a 50.000 euro di TFS

Dodici mesi

1,5 punti percentuali

Ventiquattro mesi

3,0 punti percentuali

Trentasei mesi

4,5 punti percentuali

Quarantotto mesi

6,0 punti percentuali

Sessanta mesi

7,5 punti percentuali

(*) Per le cessazioni antecedenti il 1° gennaio 2019, si considera tale ultima data.

La riduzione dell’imposta non si applica sull’imponibile dell’indennità di servizio di importo superiore a 50.000 euro.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2019

2020

2021

2019

2020

2021

2019

2020

2021

Minori entrate tributarie

 

Detassazione TFS pubblici

 

75,4

92,6

 

75,4

92,6

 

75,4

92,6

 

La relazione tecnica afferma quanto segue.

La RT evidenzia che la norma dispone per i dipendenti pubblici una riduzione dell'aliquota media da applicare al Trattamento di fine servizio, erogato dal 1° gennaio 2020, con un imponibile non superiore al limite di 50.000 euro. La riduzione di aliquota è pari a 1,5 punti percentuali per ogni annualità che intercorre tra la cessazione del servizio e l'erogazione dell'indennità. Per i soggetti pensionati nel 2018 la riduzione di aliquota è pari a 1,5 punti percentuali indipendentemente dalle annualità intercorse. Per la base imponibile eccedente il limite di 50.000 euro si applica l’aliquota prevista a normativa vigente.

 

La RT afferma che, in base ai dati forniti dall’INPS, l’importo medio pro-capite di TFS risulta pari a circa 76.000 e il numero annuo di soggetti interessati è indicato nella seguente tabella.

 

 

 

 

 

 

 

Anno

Numero dei soggetti

2018

66.000

2019

158.000

2020

118.000

2021

115.000

2022

92.000

2023

70.000

2024

86.000

2025

82.000

dal 2026

109.000

 

La RT sulla base dei dati forniti ed applicando la riduzione di aliquota stabilita per ogni anno che intercorre tra la cessazione del servizio e l’erogazione delle indennità, riporta quindi la seguente tabella nella quale sono indicati gli effetti finanziari stimati.

 

 

 

Minore imposta sul TFS stimata                                                                       (in milioni di euro)

2019

2020

2021

2022

2023

2024

2025

2026

2027

dal 2028

0,0

75,4

92,6

81,0

227,0

392,6

287,7

213,1

112,1

125,4

 

Il Governo, in risposta ai quesiti emersi nel corso dell’esame presso il Senato, ha chiarito quanto segue.

Nel rappresentare che gli articoli 23 e 24 del decreto legge in esame devono necessariamente far riferimento alla medesima platea dei soggetti interessati (a prescindere dalla circostanza dell’accesso al finanziamento e dalla riduzione di aliquota di tassazione sull’indennità di fine rapporto), è stato affermato che sarebbe opportuno che la riduzione dell’aliquota di cui all’articolo 24 interessasse tutti i dipendenti pubblici di cui all’articolo 1, comma 2 del d.lgs. n. 165 del 2001 (contrattualizzati e non) e non soltanto quelli che percepiscono le indennità equipollenti la cui aliquota di tassazione è determinata ai sensi del comma 2-bis, dell’articolo 19 del TUIR.

In merito alla stima effettuata, si precisa che la valutazione è basata sui dati relativi ai pensionamenti annuali, ai corrispondenti importi di TFS dovuti e al periodo medio che intercorre tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e quella di percezione del TFS, stimati dall’INPS. Tali dati comprendono sia i soggetti che vanno in pensione sulla base della normativa antecedente, sia i soggetti che hanno la possibilità di andare in pensione anticipatamente in relazione alla c.d. “quota 100”. La stima è stata conseguentemente effettuata calcolando, per ogni annualità, l’imponibile complessivo di TFS corrispondente a ciascuna tipologia di prestazione, al quale è stata applicata la riduzione di aliquota pari a 1,5 punti percentuali per ogni anno che intercorre tra la cessazione del servizio e l’erogazione dell’indennità stessa. Per i pensionati nel 2018 la riduzione di aliquota applicata è pari all’1,5% indipendentemente dalle annualità intercorse.

Viene infine confermato che la disposizione, per come formulata, non reca incertezze di natura interpretativa. Pertanto resta fermo che l’agevolazione in termine di riduzione dell’aliquota di tassazione competerà, a fronte di un imponibile complessivo superiore a euro 50.000, comunque sui primi 50.000.

 

Al riguardo, nel prendere atto dei chiarimenti forniti nel corso dell’esame presso il Senato, si rileva che, sulla base dei dati e delle informazioni forniti, non è possibile effettuare una compiuta verifica della stima con riguardo ai profili di seguito indicati.

In merito alla platea dei beneficiari si ribadisce la necessità di precisare, al fine di evitare dubbi interpretativi, con maggiore dettaglio l’ambito applicativo.

Infatti, come evidenziato anche nel corso dell’esame al Senato, andrebbe verificato se la riduzione dell’aliquota d’imposta in commento – che la relazione tecnica considera riferita alle sole indennità la cui aliquota di tassazione è determinata ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 19 del TUIR – debba, in considerazione dei chiarimenti forniti dal Governo (riguardo alla circostanza che gli articoli 23 e 24 del decreto legge in esame devono far riferimento alla medesima platea dei soggetti interessati), sia, in via interpretativa, da estendere a tutti i dipendenti pubblici di cui all’articolo 1, comma 2 del d.lgs. n. 165 del 2001 (contrattualizzati e non). In tale ultima ipotesi, peraltro, dovrebbero essere quantificati ulteriori effetti di minor gettito tributario.

In merito ai risultati della quantificazione fornita, si evidenzia che l’andamento degli oneri risulta più che proporzionale rispetto alle variazioni della platea dei soggetti interessati, con particolare riferimento alle annualità 2023-2025. In proposito, sarebbe utile acquisire elementi diretti a precisare se tale maggior onere sia attribuibile ad una previsione di maggiore importo del TFS ovvero ad una più elevata riduzione di aliquota (e quindi ad un lasso di tempo più ampio tra la data di cessazione e l’erogazione dell’indennità).

 

·         ARTICOLO 25

Ordinamento degli Enti previdenziali pubblici

Normativa previgente. L’art. 3, del D.lgs. 479/1994 definisce l’assetto organizzativo dell'INPS e dell'INAIL e individua, per ciascuno dei due enti, i seguenti organi: Presidente, Consiglio di indirizzo e vigilanza, Collegio dei sindaci, Direttore generale. Tale assetto è stato determinato dall’art. 7, comma 7, lett. a), del DL n. 78/2010, che ha disposto la soppressione dei consigli di amministrazione dei suddetti enti. Si rammenta che la disciplina previgente rispetto alle modifiche introdotte dal DL n. 78/2010 prevedeva che i consigli di amministrazione fossero composti dal Presidente dell'Istituto e da otto esperti per l'INPS e da sei esperti per l'INAIL. Si evidenzia che alle norme di cui all’art. 7, commi da 1 a 19 del DL n. 78/2019, che disciplinano la soppressione di vari enti ed il riordino degli organi degli enti previdenziali, sono ascritti sui saldi di fabbisogno ed indebitamento netto effetti finanziari di minore spesa corrente pari a 2,26 milioni di euro a decorrere dal 2011. La relazione tecnica relativa al medesimo decreto legge, con specifico riguardo alla norma di cui all’articolo 7, comma 7, lett. a), riferisce che l’eliminazione dei C.d.A. dell’INPS e dell’INAIL, concorre alla determinazione del suddetto effetto di minor spesa per euro 574.916 [257.916 (INPS) + euro 317.000 (INAIL)] a decorrere dal 2011.

 

La norma, modificata al Senato, novella la disciplina[61] dell'ordinamento dell'INPS e dell'INAIL, prevedendo, tra l'altro, la reintroduzione del consiglio di amministrazione tra gli organi statutari di tali enti (comma 1, lett. a). Vengono, altresì, definiti i poteri, le funzioni e la composizione del Consiglio di amministrazione prevedendo, in particolare, che questo sia composto dal Presidente dell'Istituto, che lo presiede, e da quattro membri (comma 1, lett. d).

Gli emolumenti dei componenti dei consigli di amministrazione sono definiti - senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica - con un decreto interministeriale. A tal fine, ciascun istituto definisce[62] interventi di riduzione strutturale della spesa, ulteriori rispetto a quanto già previsto a legislazione vigente. Le misure sono sottoposte alla verifica del collegio dei sindaci dei rispettivi enti e comunicate ai Ministeri vigilanti (comma 1, lett. f).

Vengono, inoltre, delineate le funzioni del Presidente e la sua procedura di nomina (comma 1, lett. b), la disciplina concernente il consiglio di indirizzo e vigilanza (comma 1, lett. c) e la procedura di nomina del consiglio di amministrazione (comma 1, lett. e).

Viene altresì definita una disciplina transitoria applicabile ai due istituti nelle more del perfezionamento delle procedure di nomina dei rispettivi presidenti e consigli di amministrazione, al momento della scadenza, della decadenza o della cessazione del mandato dei presidenti in carica. In particolare si prevede in tale fase la nomina[63] di un soggetto, cui sono attribuiti i poteri del Presidente e del Consiglio di amministrazione, come individuati nelle disposizioni in esame (comma 2).

Viene, infine abrogato il comma 8 dell’articolo 7 del DL n. 78/2010, che attribuiva le funzioni del consiglio di amministrazione al Presidente dell'Istituto (comma 3).

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, ribadisce il contenuto delle norme e, con riguardo alla disposizione di cui a comma 1, lett. f), che prevede che i compensi dei consiglieri saranno determinati senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, riferisce che ciascun ente previdenziale ridurrà le proprie spese di funzionamento a compensazione del maggior onere relativo ai suddetti compensi.

La relazione tecnica, con riguardo all’INPS, precisa che l’ente inserirà nel riepilogo delle disposizioni di riduzioni di spesa, in aggiunta alle disposizioni normative di contenimento della spesa previste a legislazione vigente alla data del 22 gennaio 2018, anche l’ammontare dei risparmi da realizzare in relazione ai nuovi compensi da corrispondere, al netto delle spese già previste per il Presidente dell'Istituto nel bilancio previvo 2019. I suddetti ulteriori risparmi saranno conseguiti in via prioritaria attraverso le riduzioni di spesa concernenti la posta massiva, di cui al capitolo 5U120029 "Spese per l'invio di posta massiva, per la gestione della corrispondenza in E/U e per i servizi di dematerializzazione". Con riferimento all’INAIL, la relazione tecnica afferma che si utilizzeranno le medesime tipologie di spesa (quali, ad es.: spese telefoniche, per l'informatica, per le manutenzioni ordinarie) già incise, a decorrere dal 2008, per effetto dei tagli derivanti dall'applicazione della normativa di contenimento della spesa pubblica (cd. spending review) stratificatasi nel tempo.

Assicura che saranno escluse le voci di natura obbligatoria nonché quelle già puntualmente destinatarie di specifiche riduzioni, definite dalle vigenti norme (es: pubblicità, missioni al personale, formazione).

Il Governo in risposta ai quesiti emersi nel corso dell’esame al Senato, ha precisato quanto segue.

Riguardo agli oneri annui a carico dei bilanci INPS ed INAIL per l'istituzione e il funzionamento del consiglio di amministrazione al momento non è possibile quantificare i maggiori oneri, individuabili solamente mediante il decreto di determinazione degli emolumenti del Presidente e dei componenti del consiglio di amministrazione, che dovrà essere emanato ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 25.

 

Al riguardo, si evidenzia che la norma reintroduce negli assetti dell’INPS e dell’INAIL il consiglio di amministrazione che era stato soppresso, quale organo statutario di tali enti, dall’art. 7, comma 7, lett. a), del DL n. 78/2010.

Si evidenzia che la relazione tecnica e il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari relativi al DL n. 78/2010, hanno ascritto alla soppressione dei C.d.A. dell’INPS e dell’INAIL (composti dal Presidente dell'Istituto e da otto esperti per l'INPS e da sei esperti per l'INAIL) effetti di minore spesa corrente sui saldi di finanza pubblica per euro 574.916 [257.916 (INPS) + euro 317.000 (INAIL)] a decorrere dal 2011.

In base alla proposta in esame il C.d.A. sarà composto per ciascun ente dal Presidente dell'Istituto e da quattro membri ed i compensi dei consiglieri sono demandati - senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica – ad un successivo decreto interministeriale. A tal fine, ciascuno dei suddetti enti è tenuto a ridurre in modo strutturale le proprie spese a compensazione del maggior onere relativo ai nuovi compensi.

Al riguardo si evidenzia che né la norma né la relazione tecnica individuano l’onere derivante dalla disposizione, né forniscono elementi che consentano la relativa stima, sia pur approssimata; non sono inoltre fornite indicazioni in merito alla effettiva realizzabilità delle riduzioni di spesa che gli enti dovranno realizzare a compensazione di tale nuovo onere.

In proposito, si prende atto di quanto affermato dal Governo nel corso dell’esame parlamentare al Senato circa il rinvio delle stime al successivo decreto interministeriale di determinazione dei compensi; si osserva peraltro che, per effetto di tale rinvio, non sembra possibile la verifica parlamentare del predetto onere e della congruità delle misure di risparmio a carico degli enti, da porre in essere a fini compensativi. Al riguardo appare utile acquisire l’avviso del Governo.

Andrebbe infine chiarito se possano verificarsi esigenze finanziarie con riguardo ad altre componenti di natura non retributiva (quali ad esempio i rimborsi spese).

 

·         ARTICOLO 25-bis

Personale addetto alle attività di informazione e comunicazione della p.a.

Normativa vigente. L’articolo 9 della legge n. 150/2000 disciplina gli uffici stampa delle amministrazioni pubbliche, costituiti da personale iscritto all'albo nazionale dei giornalisti. In particolare, il comma 5 rinvia alla contrattazione collettiva nell'àmbito di una speciale area di contrattazione - con l'intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti - l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali negli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni, da cui comunque non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

La norma, introdotta durante l’esame al Senato, integra la disposizione sopra descritta stabilendo l'applicabilità, in via transitoria, della disciplina prevista dai singoli ordinamenti degli enti ai giornalisti in servizio presso gli uffici stampa delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, fino a quando, in sede di contrattazione collettiva, tali enti non abbiano definito una specifica disciplina in materia.

 

L’emendamento che ha introdotto la norma in esame non è corredato di relazione tecnica né di prospetto riepilogativo.

 

Al riguardo non si formulano osservazioni per i profili di quantificazione.

 

·         ARTICOLO 25-ter

Trasparenza in materia di trattamenti pensionistici

La norma prevede che gli enti erogatori di trattamenti pensionistici siano tenuti a fornire ai tutti i soggetti percettori di tali trattamenti precisa e puntuale informazione circa eventuali trattenute relative alle quote associative sindacali (comma 1).

Viene demandata ad un decreto del Ministro del lavoro la definizione delle modalità di attuazione della disposizione (comma 2). Dall’attuazione dell’articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 3).

 

La norma, introdotta dal Senato, non è corredata di prospetto riepilogativo e di una relazione tecnica.

 

Al riguardo, non si formulano osservazioni, nel presupposto, sul quale andrebbe acquisita una conferma dal Governo, che la disposizione possa essere effettivamente attuata, come previsto dal comma 3, in condizioni di neutralità finanziaria.

 

·         ARTICOLO 26

Fondo di solidarietà trasporto aereo

Normativa previgente. L’art. 6-quater, comma 2, del DL n. 7/2005 prevede che l'addizionale comunale sui diritti di imbarco - di cui all'articolo 2, comma 11, della legge n. 350/2003 - venga incrementata di tre euro a passeggero. L'incremento dell'addizionale è destinato fino al 31 dicembre 2018 ad alimentare il Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo, di cui all'articolo 1-ter del DL n. 249/2004.

Il comma 47 dell’articolo 2 della legge n. 92/2012 ha quindi disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2019, le maggiori somme derivanti dall'incremento dell'addizionale siano riversate integralmente alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (GIAS) dell'INPS.

 

La norma sostituisce il comma 47 dell’articolo 2 della legge n. 92/2012 con un nuovo testo. La novella prevede che le maggiori somme derivanti dall'incremento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco - di cui all'art. 6-quater, comma 2, del DL n. 7/2005 - siano per il 2019, riversate alla gestione per gli interventi assistenziale[64] (GIAS) dell’INPS nella misura del 50% (anziché integralmente) e dal 2020 nella misura del 100%.

La restante quota del 50% del gettito del suddetto incremento relativo al 2019 viene destinata[65] all'alimentazione del Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo[66], ossia al Fondo di destinazione delle somme fino al 31 dicembre 2018 (comma 2).

Vengono, infine, abrogati i commi 5 e 6 dell'articolo 13-ter del DL n. 113/2016, che prevedevano, per il solo 2019, un ulteriore incremento dell'addizionale comunale sui diritti d’imbarco di 32 centesimi di euro per passeggero, destinato ad essere acquisito a patrimonio netto dal summenzionato Fondo (comma 3).

L’art. 13-ter richiamato ha disposto, per l'anno 2019, un incremento di 0,32 euro dell'addizionale comunale sui diritti d'imbarco. Il gettito addizionale derivante dal predetto incremento è acquisito a patrimonio netto dal Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale. In base al successivo comma 6, tale incremento può essere rideterminato in riduzione, tenuto conto dell'andamento delle entrate e delle prestazioni del medesimo Fondo.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2019

2020

2021

2019

2020

2021

2019

2020

2021

Maggiori spese correnti

 

Fondo di solidarietà per il trasporto aereo

125,0

 

 

125,0

 

 

125,0

 

 

 

La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, ribadisce il contenuto delle norme e afferma che, sulla base delle risorse affluite al Fondo di solidarietà, derivanti dal gettito dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco per il 2017, i mancati afflussi di risorse all'INPS determinati dalla proposta ammontano per il 2019 a circa 125 milioni di euro.

Il Governo[67], in risposta a quesiti emersi nel corso dell’esame al Senato, ha chiarito che la contabilizzazione degli oneri per 125 milioni di euro in termini di indebitamento netto e fabbisogno evidenziati nel prospetto riepilogativo come maggiore spesa è corretta in quanto a un maggiore finanziamento del fondo di solidarietà (per effetto della proroga di destinazione in esame) corrisponde l’erogazione di corrispondenti prestazioni da parte del fondo di solidarietà medesimo. Quindi l’effetto differenziale in termini di indebitamento netto e fabbisogno conseguente dalla disposizione è una maggiore spesa.

 

Al riguardo, come evidenziato anche nel corso dell’esame presso il Senato, andrebbe acquisita conferma che i dati riferiti ai volumi di traffico, indicati dalla RT e relativi al 2017, siano conformi a quelli attesi anche per il 2019.

Si osserva inoltre che la relazione tecnica ed il prospetto riepilogativo non considerano gli effetti del comma 3, relativo alla soppressione dell'incremento di 0,32 euro per il 2019 dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco. Andrebbe in proposito acquisito un chiarimento riguardo al mancato gettito verso la p.a. (in particolare verso il Fondo costituito presso l’INPS) che potrebbe derivare dal predetto intervento abrogativo.

Si segnala che la relazione tecnica relativa al DL 113/2016 valutava, a fronte di una previsione di traffico aereo di 79 milioni di passeggeri per l’anno 2019, possibili risorse aggiuntive per il citato Fondo per circa 25 milioni di euro.

 

ARTICOLO 26-bis

Proroga della cassa integrazione guadagni straordinaria

Normativa previgente. L’articolo 22-bis, comma 1, del D. Lgs. 148/2015 – introdotto dall'articolo 1, comma 133, della legge n. 205/2017, e successivamente modificato dall'articolo 25 del D.L. n. 119/2018 – prevede che per gli anni 2018 e 2019 possa essere concessa la proroga dell'intervento straordinario di integrazione salariale, sino al limite massimo di 12 mesi, in deroga agli articoli 4 e 22, comma 1, del medesimo D. lgs. 148/2015 ed entro il limite massimo complessivo di spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni indicati. La misura interessa le imprese con rilevanza economica strategica anche a livello regionale con rilevanti problematiche occupazionali, qualora il programma di riorganizzazione aziendale sia caratterizzato da investimenti complessi non attuabili nel limite temporale di durata di 24 mesi ovvero qualora il programma di riorganizzazione aziendale presenti piani di recupero occupazionale per la ricollocazione delle risorse umane e azioni di riqualificazione non attuabili nel medesimo limite temporale.

La proroga dell'intervento di integrazione salariale straordinaria può essere concessa sino a un limite massimo di:

§   sei mesi, qualora il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi volti a garantire la continuazione dell'attività aziendale e la salvaguardia occupazionale, non attuabili nel limite temporale di durata di dodici mesi di cui all'articolo 22, comma 2;

§   12 mesi e per la causale contratto di solidarietà, quando permanga l'esubero di personale già dichiarato nell'accordo collettivo che costituisce il contratto di solidarietà e nel limite delle risorse finanziarie già indicate (100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019).

Infine, il comma 3 dispone che all'onere, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, si provveda a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione.

I prospetti riepilogativi relativi sia all’articolo 1, comma 133, della L. 205/2017 che all'articolo 25 del D.L. n. 119/2018 non ascrivono alle norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La norma, introdotta durante l’esame al Senato, modifica la disciplina sull’accesso ai programmi di CIGS per riorganizzazione, crisi aziendale e contratto di solidarietà sopra descritta.

In particolare, vengono prorogati al 2020 gli interventi di integrazione salariale in esame, disponendo l’aumento delle risorse disponibili per un importo di ulteriori 80 milioni per il 2019 e di 50 milioni per il 2020 [comma 1, lettera a)] e viene quindi modificato il comma 3 sulla copertura degli oneri recati dall’articolo 22-bis del D.lgs. n. 148 [comma 1, lettera b)].

Infine, al comma 2, si provvede alla copertura degli oneri, pari ad euro 80 milioni per l'anno 2019 e 50 milioni per l'anno 2020 a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione[68].

 

La norma, introdotta dal Senato, non è corredata di un prospetto riepilogativo.

 

La relazione tecnica, relativa all’emendamento introdotto al Senato, ribadisce il contenuto della norma ed afferma che rimane invariata la disciplina in materia di condizioni e presupposti per l'accesso alla proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale in disamina.

Infine, la relazione tecnica informa che il Fondo sociale per occupazione e formazione presenta le necessarie disponibilità.

 

Al riguardo, si evidenzia che la norma proroga al 2020 gli interventi sull’accesso ai programmi CIGS per riorganizzazione, crisi aziendale e contratto di solidarietà, previsti dalla normativa vigente per gli anni 2018 e 2019, disponendo l’aumento delle risorse per un importo di 80 milioni per il 2019 e di 50 milioni per il 2020. La copertura dei suddetti oneri viene disposta a valere sul Fondo sociale per occupazione e la formazione, di cui all'art. 18, comma 1, lett. a), del D.L. n. 185/2008 che, in base a quanto riferito dalla relazione tecnica reca, a tal fine, le necessarie disponibilità. Non si formulano quindi osservazioni nel presupposto – sul quale appare utile una conferma – che tale utilizzo non pregiudichi interventi già previsti a legislazione vigente.

 

In merito ai profili di copertura, si fa presente che l’articolo 26-bis, modificando l’articolo 22-bis del decreto legislativo n. 148 del 2015, proroga anche per il 2020 la cassa integrazione guadagni straordinaria per riorganizzazione o crisi aziendale, provvedendo alla copertura del relativo onere a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 185 del 2008 (cap. 2230 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), mediante utilizzo delle risorse di cui all’articolo 29, comma 3, del decreto legislativo n. 150 del 2015, iscritte sul piano di gestione n. 11[69].

Al riguardo, si rileva preliminarmente, da un punto di vista formale, la necessità di inserire nel testo della disposizione l’indicazione dell’onere oggetto di copertura, pari a 80 milioni per l’anno 2019 e a 50 milioni per l’anno 2020, come quantificato dalla relazione tecnica a corredo dell’emendamento approvato dal Senato che ha inserito la disposizione in esame. Appare altresì necessario che il Governo fornisca chiarimenti in merito alla capienza delle risorse utilizzate a copertura giacché sul predetto piano di gestione, come si evince da un’apposita interrogazione effettuata al sistema informativo dalla Ragioneria generale dello Stato, risultano disponibilità per il 2019 per un ammontare pari a 9.593.707, a fronte di un onere pari, come detto, a 80 milioni per il medesimo anno 2019, senza tener conto degli ulteriori oneri ad esso imputati dal successivo articolo 26-sexies relativi alle misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti dalle imprese del settore dei call center, pari a 20 milioni di euro per l’anno 2019.

Appare infine necessario che il Governo assicuri comunque che l’utilizzo delle risorse del predetto piano di gestione non sia suscettibile di pregiudicare la realizzazione di interventi già previsti a legislazione vigente.

 

·         ARTICOLO 26-ter

Acconti di cassa integrazione salariale straordinaria

Normativa vigente. L’art. 22-bis del D. Lgs. 148 del 2015 ha previsto, per gli anni 2018 e 2019 ed entro il limite massimo complessivo di spesa di 100 milioni di euro per ciascuno dei medesimi anni, per imprese con rilevanza economica strategica anche a livello regionale che presentino rilevanti problematiche occupazionali con esuberi significativi nel contesto territoriale, previo accordo stipulato in sede governativa presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la presenza della regione o delle regioni interessate, la possibilità la proroga dell'intervento straordinario di integrazione salariale, sino al limite massimo di dodici mesi, qualora il programma di riorganizzazione aziendale sia caratterizzato da investimenti complessi non attuabili nel limite temporale di durata di ventiquattro mesi ovvero qualora il programma di riorganizzazione aziendale presenti piani di recupero occupazionale per la ricollocazione delle risorse umane e azioni di riqualificazione non attuabili nel medesimo limite temporale. Alle medesime condizioni e nel limite delle risorse finanziarie sopra indicate, in deroga ai limiti temporali stabiliti, può essere concessa la proroga dell'intervento di integrazione salariale straordinaria, sino al limite massimo di sei mesi, qualora il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi volti a garantire la continuazione dell'attività aziendale e la salvaguardia occupazionale, non attuabili nel limite temporale di durata ordinaria di dodici mesi; può essere inoltre concessa la proroga dell'intervento di integrazione salariale straordinaria per la causale contratto di solidarietà sino al limite massimo di 12 mesi, qualora permanga, in tutto o in parte, l'esubero di personale già dichiarato nell'accordo di cui all'articolo 21, comma 5, e si realizzino ulteriori condizioni.

Ai fini dell'ammissione ai predetti interventi, l'impresa deve presentare piani di gestione volti alla salvaguardia occupazionale che prevedano specifiche azioni di politiche attive concordati con la regione interessata.

 

La norma introduce un nuovo comma, dopo il comma 1 dell'articolo 22-bis del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, in base al quale, in presenza di piani pluriennali di riorganizzazione già oggetto di specifico accordo stipulato in sede ministeriale - che coinvolgono imprese operanti in più Regioni con un organico superiore a 500 unità lavorative con gravi ricadute occupazionali concentrate nelle aree di crisi complessa, conseguenti alle difficoltà di implementazione delle azioni di riorganizzazione e di accesso alle fonti di finanziamento - il Ministro del lavoro e delle politiche sociali può autorizzare acconti per sei mensilità di integrazione salariale straordinaria, al fine di garantire la continuità del sostegno al reddito dei lavoratori sospesi. Le mensilità di integrazione salariale straordinaria, erogate dall'Inps, sono computate nell'ambito della mensilità autorizzabili ai sensi del comma 1, a valere sulle risorse finanziare di cui al comma 3.

Qualora sia rigettata l'istanza ai sensi del comma 1, si applica l'articolo 1-bis del decreto-legge 11 giugno 2002, n. 108, convertito nella legge 31 luglio 2002, n. 172.

La norma richiamata prevede che, in caso di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale, successivamente oggetto di revoca con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali per motivi non derivanti da comportamenti illegittimi dei lavoratori beneficiari, questi ultimi non sono tenuti alla restituzione dell'indennità ricevuta anche se corrisposta in forma diretta da parte dell'INPS. Per tali periodi i lavoratori hanno diritto al riconoscimento da parte dell'INPS della contribuzione previdenziale figurativa e alla corresponsione di eventuali prestazioni accessorie. Il recupero dei crediti relativi alle prestazioni erogate a favore dei lavoratori, di cui al comma 1, è effettuato dall'INPS direttamente nei confronti dell'impresa.

 

La norma, introdotta dal Senato, non è corredata di un prospetto riepilogativo.

 

La relazione tecnica fa presente che la norma non comporta oneri aggiuntivi. Infatti, essa è rivolta ai lavoratori dipendenti di imprese che hanno già stipulato specifico accordo in sede ministeriale per la proroga del periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria per riorganizzazione ai sensi del comma 1 dell'art. 22-bis del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, come integrato dall'articolo 25 del decreto-legge n. 119 del 23 ottobre 2018, convertito nella legge 17 dicembre 2018, n. 136.

Pertanto, l'onere finanziario, il cui importo è stato già quantificato in sede di accordo per tutta la durata dell'intervento di CIGS concordato, pari a 12 mesi, si computa nelle risorse del Fondo per l'occupazione e formazione, già stanziate dal citato art. 22-bis, comma 3.

 

Al riguardo, per quanto attiene all’erogazione degli acconti, si prende atto di quanto evidenziato dalla relazione tecnica e non si formulano osservazioni nel presupposto, sul quale appare opportuna una conferma, che gli interventi previsti dall’articolo in esame possano trovare capienza, anche per gli effetti di cassa, nei limiti degli stanziamenti già disposti ai sensi dell’art. del D. Lgs. 148 del 2015.

Per quanto attiene alla disposizione che richiama, in caso di reiezione dell’istanza, l’applicazione

dell’art. 1-bis del decreto-legge n. 108 del 2002, andrebbe verificato se in forza di tale rinvio possano determinarsi effetti di maggiore spesa, rispetto a quanto già previsto a legislazione vigente, per mancato recupero dei crediti relativi alle prestazioni erogate e per riconoscimento della contribuzione figurativa.

 

·         ARTICOLO 26-quater

Obbligo di invio di dati all’INPS

Normativa vigente. L’art. 44, comma 6-bis, del D. Lgs. n. 148/2015 ha disposto che, con riferimento ai trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, anche in deroga alla legislazione vigente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano potessero disporre nell'anno 2016 l'utilizzo delle risorse ad esse attribuite in misura non superiore al 50 per cento anche in deroga ai criteri di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 1° agosto 2014, n. 83473, ovvero in eccedenza a tale quota, disponendo l'integrale copertura degli oneri connessi a carico delle finanze regionali o delle risorse assegnate alla regione o alla provincia autonoma nell'ambito di piani o programmi coerenti con la specifica destinazione. In alternativa, alle regioni e alle province autonome è stata riconosciuta la facoltà di destinare le predette risorse ad azioni di politica attiva del lavoro. L’efficacia delle disposizioni veniva estesa ai provvedimenti di assegnazione delle risorse alle regioni e alle province autonome già emanati per gli anni 2014, 2015 e 2016, con esclusione delle risorse già oggetto di decretazione da parte delle regioni e delle province autonome.

 

La norma introduce, dopo il comma 6-bis dell'articolo 44 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, un nuovo comma (comma 6-ter), in base al quale, per i trattamenti di integrazione salariale in deroga di cui al citato comma 6-bis, in caso di pagamento diretto della prestazione da parte dell'INPS, il datore di lavoro è obbligato ad inviare all'Istituto tutti i dati necessari per il pagamento dell'integrazione salariale, secondo le modalità stabilite dall'Istituto, entro lo stesso termine previsto dal comma 6-bis per il conguaglio o la richiesta di rimborso. Trascorso inutilmente tale termine, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente (comma 1). Per i trattamenti conclusi prima della data di entrata in vigore del presente decreto, il predetto termine di sei mesi decorre da tale data (comma 2).

 

La norma, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, non è corredata di un prospetto riepilogativo.

 

La relazione tecnica allegata all’emendamento con il quale è stata introdotta la norma, fa presente che questa è di carattere prettamente ordinamentale e non comporta alcun onere per la finanza pubblica e, pertanto, non necessita di alcuna copertura finanziaria.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.

 

·         ARTICOLO 26-quinquies

Trattamento pensionistico personale ENAV

Normativa vigente. Il D.P.R. n. 157/2013 all’articolo 10 disciplina i requisiti pensionistici di vecchiaia dei lavoratori per i quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiunti limiti di età e i cui ordinamenti di settore, che disciplinano il rilascio ed il rinnovo di tale titolo, non ne prevedano l’elevazione. In particolare, il comma 2 prevede che “ai lavoratori appartenenti ai profili professionali di cui all’articolo 5 della legge n. 248/1990 continuano ad applicarsi i requisiti accesso e il regime delle decorrenze dei trattamenti pensionistici di vecchiaia vigenti al 31 dicembre 2011”.

Destinatari di tale disposizione sono i dipendenti dell’Ente nazionale assistenza al volo (ENAV) appartenenti ai seguenti profili professionali:

§   controllore di traffico aereo;

§   pilota ed operatore radiomisure;

§   esperto di assistenza al volo e meteo.

I lavoratori in esame, che abbiano mantenuto l’iscrizione alla gestione dipendenti pubblici – Cassa Stato, per i quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa continuano ad essere collocati a riposo al compimento del sessantesimo anno di età con le decorrenze di cui all’articolo 1, comma 5, lettera b) della legge n. 247/2007 (quattro finestre di accesso in relazione al trimestre di maturazione dei requisiti). Diversamente per i dipendenti ENAVI iscritti all’INPS si applicano i requisiti ordinari previsti per il FPLD.

 

La norma prevede che tutti i lavoratori appartenenti ai profili professionali di cui all'articolo 5 della legge n. 248/1990, per i quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiunti limiti di età, al ricorrere delle condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 10 del regolamento di cui al D.P.R. n. 157/2013, conseguono il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia al raggiungimento del requisito anagrafico di sessanta anni, con la decorrenza di cui al comma 5, lettera b), dell'articolo 1, della legge n. 247/2007, fermo restando la sussistenza degli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente per l'accesso ai trattamento pensionistico di vecchiaia (comma 1).

Viene modificato la disposizione contenuta all’articolo 10, comma 2, del regolamento di cui al D.P.R. n. 157/2013 sopprimendo i riferimenti ai lavoratori appartenenti ai profili professionali di cui all'articolo 5 della legge n. 248/1990 (comma 2).

Si abroga l’articolo 1, comma 3 del D.P.R. n. 149/1997 (comma 3).

Infine, secondo il comma 4 gli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1 sono valutati in:

§  97.000 euro per l'anno 2019;

§  244.000 euro per l'anno 2020;

§  509.000 euro per l'anno 2021;

§  702.000 euro per l'anno 2022;

§  994.000 euro per l'anno 2023;

§  1.153.000 euro per l'anno 2024;

§  2.364.000 euro per l'anno 2025;

§  4.262.000 euro per l'anno 2026;

§  6.643.000 euro per l'anno 2027;

§  9.549.000 euro a decorrere dall'anno 2028.

A tal fine, la norma provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282/2004.

 

La relazione tecnica ribadisce che la norma prevede, a partire dall’anno 2019, l’estensione a tutti i lavoratori appartenenti ai profili professionali di cui all’articolo 5 della legge n. 248/1990 per i quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiunti limiti di età, il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia al raggiungimento del requisito anagrafico dei 60 anni indipendentemente dalla gestione pensionistica di appartenenza.

 

Ipotesi di lavoro

La RT afferma che i dati alla base delle valutazioni sono stati forniti dall’ENAV e si riferiscono al 2016. Le informazioni sono state integrate con quelle prelevate dagli archivi gestionali dell’Istituto per stimare gli importi di pensione e le relative decorrenze. Successivamente si è proceduto a proiettare le posizioni individuali secondo la normativa vigente INPS e sulla base dell’eventuale armonizzazione del requisito anagrafico.

Il quadro macroeconomico di riferimento è quello delineato dalla nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2018 e dal quadro macroeconomico e demografico di lungo periodo utilizzato nelle verifiche tecnico-attuariali delle gestioni INPS.

Per le proiezioni è stata adottata la mortalità sottostante le previsioni demografiche più aggiornate (scenario demografico ISTAT – mediano con base 2017) in base alla quale sono stati anche determinati sia i requisiti di accesso sia i coefficienti di trasformazione.

Le valutazioni sono state effettuate sulla base di contingenti di uscita per pensionamento previsti a normativa vigente (comprensiva del D.L. n. 4/2109) e a normativa variata. È stata ipotizzata una prepensione al pensionamento pari al 100% al compimento del primo requisito utile alla pensione.

I risultati delle elaborazioni sono esposti nella tabella seguente dove si riportano il maggior numero di pensioni vigenti e il maggior onere per rate di pensione per il periodo 2019-2028 derivanti dall’applicazione della nuova normativa.

 

 

 

 

 

 

 

Anno

Maggiore n. di pensioni alla fine dell’anno

Oneri (+)/risparmi (-)

lordo fisco

(migliaia di euro)

2019

2

97

2020

6

244

2021

9

509

2022

11

702

2023

16

994

2024

20

1.153

2025

44

2.364

2026

74

4.262

2027

109

6.643

2028

159

9.549

Fonte: relazione tecnica

 

Agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1, valutati in 97.000 euro per l’anno 2019, in 244.000 euro per l’anno 2020, in 509.000 euro per l’anno 2021, in 702.000 euro per l’anno 2022, in 994.000 euro per l’anno 2012, in 1.153.000 euro per l’anno 20224, in 2.364.000 euro per l’anno 0205, in 4.262.000 euro per l’anno 2026, in 6.643.000 euro per l’anno 2027 e 9.549.000 euro annui a decorrere dall’anno 2028, si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282/2004.

 

Al riguardo, si prende atto delle stime operate dalla relazione tecnica, effettuate su dati forniti dall’ENAV. Si rileva peraltro che la relazione tecnica si limita a descrivere il processo logico e alcune delle ipotesi e dei dati sottostanti la quantificazione degli oneri, senza esplicitare gli ulteriori elementi informativi che sarebbero necessari per la compiuta verifica delle stime indicate (tra cui le leve di soggetti che possono accedere all’agevolazione, le caratteristiche della platea dei potenziali soggetti interessati, il periodo di anticipo in media fruito dai soggetti interessati).

 

In merito ai profili di copertura, si rileva che il comma 1 dell’articolo 26-quinquies, riconosce il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia al raggiungimento del requisito anagrafico di sessanta anni per il personale dell’ENAV rispetto al quale viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiunti limiti di età, anche ai soggetti assunti dopo il 1° gennaio 1996, provvedendo alla copertura dei relativi oneri, valutati in 97.000 euro per l'anno 2019, in 244.000 euro per l'anno 2020, in 509.000 euro per l'anno 2021, in 702.000 euro per l'anno 2022, in 994.000 euro per l'anno 2023, in 1.153.000 euro per l'anno 2024, in 2.364.000 euro per l'anno 2025, in 4.262.000 euro per l'anno 2026, in 6.643.000 euro per l'anno 2027 e in 9.549.000 euro a decorrere dall'anno 2028, mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2014 (cap. 3075 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze).

Al riguardo, ferma restando, sotto il profilo meramente formale, la necessità di precisare il carattere “annuo” dell’onere valutato a regime a decorrere dall’anno 2028, si rinvia alle considerazioni già svolte in merito all’articolo 20.

 

·         ARTICOLO 26-sexies

Sostegno del reddito per i lavoratori del settore dei call center

La norma, introdotta durante l’esame al Senato, prevede che, a valere sul Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, si provveda - nella misura di 20 milioni di euro per il 2019 - al finanziamento delle misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti dalle imprese del settore dei call center, previste dall'articolo 44, comma 7, del D.lgs. n. 148/2015, utilizzando le risorse di cui all'art. 29, comma 3, del D.lgs. n. 150/2015.

L'articolo 18, comma 1, lett. a), del D.L. n. 185/2008, ha istituito il Fondo sociale per l'occupazione e la formazione. Nello stato di previsione della spesa del Ministero del lavoro (legge n. 145/2018) sul capitolo 2230, relativo al Fondo in riferimento, sono appostate con riguardo al triennio 2019-2021 le seguenti risorse: 2019 [euro 2.757.521.765 (conto residui), euro 527.113.599 (competenza) ed euro 2.379.673.119 (cassa)]; 2020 [euro 426.847.599 (competenza) e euro 1.178.615.342 (cassa)], 2021 [euro 394.255.081 (competenza) e euro 555.122.395 (cassa)].

L’articolo 44, comma 7, del D.lgs. n. 148/2015 ha incrementato le dotazioni del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, con riguardo agli esercizi 2015 e 2016, per il finanziamento di misure per il sostegno al reddito dei lavoratori dipendenti dalle imprese del settore dei call center. L’articolo 29, comma 3, del D.lgs. n. 150/2015 ha previsto che nel Fondo sociale per l'occupazione e la formazione venga creato un piano gestionale per il finanziamento di politiche attive del lavoro, nel quale affluiscono le risorse[70] (14.993.706,97 euro annui a decorrere dal 2016) di cui all’art. 32, comma 5, del D.lgs. n. 150/2015.

 

La norma, introdotta dal Senato, non è corredata di un prospetto riepilogativo.

 

La relazione tecnica afferma che l’articolo in esame ripropone per il 2019 la norma speciale di sostegno al reddito per i lavoratori del settore dei call center, già presente fino alla legge di stabilità per il 2017 (articolo 1, comma 240, lett. d) della legge n. 232/2016). La necessità di detta norma nasce dal fatto che in alcune realtà aziendali, per le quali è cessata la legislazione ordinaria di riferimento (Fondo integrazione salariale Capo III, del D.lgs. n. 148/2005) si trovano ancora da affrontare sofferenze occupazionali (che possono trovare soluzioni tramite l'articolo in questione) riguardanti circa 2000 lavoratori.

I maggiori oneri trovano copertura per un importo pari a 20 milioni di euro, per l'anno 2019, a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione mediante utilizzo delle risorse di cui di cui all'articolo 29, comma 3, del comma 3, del D.lgs. n. 150/2015, che presenta le necessarie disponibilità.

 

Al riguardo non si formulano osservazioni per i profili di quantificazione.

 

In merito ai profili di copertura, si rileva che l’articolo 26-sexies prevede il finanziamento di misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti dalle imprese del settore dei call center, provvedendo ai relativi oneri, pari a 20 milioni di euro per l’anno 2019, a valere sul piano di gestione per il finanziamento di politiche attive del lavoro del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 185 del 2008 (cap. 2230 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali).

Al riguardo, si rinvia alle considerazioni già svolte in merito all’articolo 26-bis.

 

Capo III (Articoli 17-29)

Disposizioni finali

·         ARTICOLO 27

Disposizioni in materia di giochi

La norma interviene in materia di entrate erariali rivenienti dal settore dei giochi.

In particolare, la ritenuta sulle vincite del «10&lotto» e dei relativi giochi opzionali e complementari è fissata all’11 per cento a decorrere dal 1° luglio 2019. Resta ferma la ritenuta dell’8 per cento per tutti gli altri giochi numerici a quota fissa (comma 1).

Si rammenta che il DL 50/2017 (art. 6) aveva, da ultimo, elevato la ritenuta sulle vincite del Lotto[71] dal 6% all’8% a decorrere dal 1° ottobre 2017. La relazione tecnica aveva stimato un maggior introito di 48 milioni di euro annui.

Inoltre, viene elevata dello 0,65% la misura del PREU sugli apparecchi AWP. Per effetto dell’incremento, l’aliquota del PREU su tali apparecchi (come determinata, da ultimo, dalla legge di bilancio per il 2019) risulta rideterminata come segue:

21,25 per cento dal 1° gennaio 2019;[72]

21,60 per cento dal 1° maggio 2019;

21,68 per cento dal 1° gennaio 2020;

21,75 per cento dal 1° gennaio 2021;

21,60 per cento dal 1° gennaio 2023 (comma 2).

Il rilascio dei nulla osta di distribuzione[73] ai produttori e agli importatori degli apparecchi AWP è subordinato al versamento di un corrispettivo una tantum di 100 euro per ogni singolo apparecchio. Per il solo anno 2019, il corrispettivo una tantum per la concessione della rete per la gestione telematica del gioco lecito[74] è fissato in euro 200 per ogni singolo apparecchio AWP (anziché in euro 100 come previsto a legislazione vigente) (comma 3).

La norma precisa che l’introduzione della tessera sanitaria negli apparecchi AWP – prevista[75] al fine di impedire l’accesso ai giochi da parte dei minori – deve intendersi riferita agli apparecchi che consentono il gioco pubblico da ambiente remoto (comma 4).

Per il solo anno 2019, i versamenti per il PREU dovuti a titolo di primo, secondo e terzo acconto[76] sono maggiorati nella misura del 10 per cento ciascuno; il quarto versamento, dovuto a titolo di saldo, è correlativamente ridotto (comma 5).

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli realizza, in collaborazione con la Guardia di finanza e le altre forze di polizia, un piano straordinario di controllo e contrasto a tali attività illegali con l’obiettivo di determinare l’emersione della raccolta di gioco illegale (comma 6).

Vengono incrementate le sanzioni penali per l’esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa (comma 6) e le sanzioni amministrative pecuniarie e non pecuniarie per l’impiego di apparecchi di gioco non a norma (comma 7).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2019

2020

2021

2019

2020

2021

2019

2020

2021

Maggiori entrate extratributarie

 

Ritenuta vincite 10&Lotto (comma 1)

66,0

132,0

132,0

66,0

132,0

132,0

66,0

132,0

132,0

Rilascio NOE e NOD (comma 3)

52,0

26,0

5,0

52,0

26,0

5,0

52,0

26,0

5,0

Contrasto gioco illegale – recupero gettito da scommesse (comma 6)

35,0

35,0

35,0

35,0

35,0

35,0

35,0

35,0

35,0

Maggiori entrate tributarie

 

Aumento PREU per AWP di 0,65% (comma 2)

154,0

154,0

154,0

154,0

154,0

154,0

154,0

154,0

154,0

Acconti PREU (anticipo cassa) (comma 5)

70,0

 

 

70,0

 

 

70,0

 

 

Contrasto gioco illegale – recupero PREU su AWP (comma 6)

30,0

30,0

30,0

30,0

30,0

30,0

30,0

30,0

30,0

Minori entrate tributarie

 

Acconti PREU (anticipo cassa) (comma 5)

 

70,0

 

 

70,0

 

 

70,0

 

 

La relazione tecnica afferma quanto segue.

Con riferimento al comma 1 (gioco 10&lotto), nel 2018 la ritenuta sulle vincite conseguite sul gioco del 10&lotto è stata pari a circa 350 milioni di euro; la ritenuta sulle vincite dei giochi numerici a quota fissa si applica sulle vincite di qualsiasi importo, a differenza di quanto avviene negli altri giochi. L'aumento della ritenuta dall'8% all'11% determinerà un aumento di gettito di circa 131 milioni di euro annui (350/8*11 = 481 mln. Quindi 481-350 = 131 mln) e per l'anno corrente di circa 66 milioni di euro.

Circa tali effetti si rinvia, infra, ai chiarimenti forniti dal Governo nel corso dell’esame parlamentare presso il Senato.

La relazione tecnica prosegue chiarendo che la decorrenza dal 1° luglio 2019 si rende necessaria perché, analogamente a quanto disposto dal DL 50/2017, risulta necessario un congruo periodo temporale al fine delle necessarie modifiche dei sistemi di gioco, in particolar modo relativamente agli aspetti di elaborazione e contabili, e in relazione alla necessità di rielaborare, attraverso apposito provvedimento, a cura del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, tutte le quote (moltiplicatori) delle vincite al fine di garantire premi netti di importi pari a 1 euro o multipli, evitando la corresponsione di premi con parti centesimali di euro, onde evitare l'appesantimento dell'attività di pagamento presso le ricevitorie.

Considerando che il gioco del 10&lotto segna costantemente, dall'anno della sua istituzione, un significativo incremento di raccolta, rimasto costante anche nell'anno 2018 (successivamente, quindi, all'entrata in vigore del D.L. 50/2017 con il quale è stato disposto l'aumento della ritenuta dal 6% all'8%), la relazione tecnica ritiene che il nuovo provvedimento non determini una flessione della domanda e quindi della raccolta ma tutt'al più, un rallentamento della crescita. Ipotizzando, quindi, parità di raccolta e di vincite per l'anno 2019 rispetto all'anno 2018, il maggior gettito stimato è pari a:

2019: 66 milioni;

2020 e successivi: 132 milioni annui.

Con riferimento al comma 2 (incremento PREU su AWP), la relazione tecnica informa che la raccolta 2018 è stata di 24,1 miliardi. Per il 2019 il dato va corretto per effetto della riduzione del payout (disposta, si rammenta, dalla legge di bilancio) in misura pari all’1,5%: la raccolta 2019 è dunque stimata dalla RT in 23,7 miliardi. Applicando a tale raccolta l’aliquota incrementale dello 0,65%, ne deriva un ulteriore maggior gettito di 154 milioni su base annua (ossia 23,7 miliardi x 0,65%).

Con riferimento al comma 3 (nulla osta di distribuzione e di esercizio) la relazione tecnica informa che i titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni che disciplinano l'utilizzo degli apparecchi AWP attualmente sono rilasciati senza alcun corrispettivo per quanto riguarda i nulla osta di distribuzione (NOD) rilasciati ai produttori e agli importatori e previo versamento di un corrispettivo pari a 100 euro degli apparecchi per quanto riguarda i nulla osta di esercizio (NOE) rilasciati ai concessionari. La RT rammenta quindi che il comma 3 aumenta di euro 100 il costo per il rilascio dei suddetti titoli autorizzatori, limitatamente all'anno 2019, per quanto riguarda i NOE.

Nel corso dell'anno vengono mediamente rilasciati circa 50 mila NOD e 50 mila NOE; tuttavia, per gli anni 2019 e 2020, in virtù delle disposizioni di recente emanate che prevedono la possibilità di diminuire il payout e l'obbligo di introdurre gli apparecchi che consentono il gioco da ambiente remoto (operazioni che, entrambe, prevedono il rilascio di nuovi titoli autorizzatori), si stima che saranno rilasciati almeno 260 mila NOD e 260 mila NOE per anno.

Pertanto, i maggiori introiti stimati sono pari a:

2019: 100 x 520.000 = 52 milioni;

2020: 100 x 260.000 = 26 milioni;

2021 e successivi: 100 x. 50.000= 5 milioni su base annua.

Con riferimento al comma 4 (introduzione della tessera sanitaria), la RT rammenta che l'art. 9-quater del decreto-legge n. 87 del 2018 ha previsto l'introduzione della tessera sanitaria sugli apparecchi da divertimento, entro il 31 dicembre 2019. La legge di bilancio ha poi disposto la sostituzione degli attuali apparecchi con quelli che consentono il gioco da ambiente remoto (c.d. AWPR), da completarsi entro il 31 dicembre 2020. Per evitare un intervento su apparecchi da dismettere a breve, la norma prevede che l'obbligo di introduzione della tessera sanitaria si riferisca direttamente ai nuovi apparecchi. Si rammenta che il DL 87/2018 non ha ascritto effetti all’introduzione della tessera sanitaria.

Con riferimento al comma 5 (anticipo acconti PREU nel 2019), la relazione tecnica ribadisce che la norma prevede una maggiorazione dei versamenti relativi al Prelievo erariale unico dovuti a titolo di primo, secondo e terzo acconto[77] relativi al sesto bimestre 2019, nella misura del 10 per cento ciascuno, che verrà poi recuperata in occasione del versamento del saldo, previsto nel mese di gennaio 2020.

Sulla base dei versamenti a titolo di primo, secondo e terzo acconto effettuati relativamente al sesto bimestre 2018, pari complessivamente a 720 milioni, si stima che l'anticipo in parola, pari al 10%, sia di 70 milioni, che dunque vengono anticipati al 2019.

Con riferimento al comma 6 (piano straordinario di contrasto al gioco illegale e inasprimento delle sanzioni), la relazione tecnica premette che nel settore delle scommesse sono presenti operatori collegati a soggetti esteri che, per effetto di una situazione giuridica e contenziosa alquanto problematica, esercitano di fatto l'attività pur in assenza delle prescritte autorizzazioni di polizia e di concessioni rilasciate dallo Stato e ribadisce che il comma 6, modificando l'art. 4 della legge n. 401/1989, prevede un sensibile inasprimento delle sanzioni previste per l'esercizio abusivo del gioco pubblico.

L'inasprimento della pena comporta, fra l’altro, la conseguente possibilità di utilizzare anche strumenti investigativi ulteriori.

L'aggravamento della sanzione e l'attuazione di un piano straordinario di controllo e contrasto all'attività illegale, da effettuarsi nell'ambito delle risorse umane e strumentali previste a legislazione vigente, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, avente specificamente ad oggetto l'obiettivo di determinare l'emersione della raccolta di gioco illegale comporteranno una riduzione del fenomeno dei centri illegali, con conseguente aumento del volume d'affari degli operatori legali. Secondo la RT, ipotizzando prudenzialmente un aumento stimato di tale volume d'affari del 10% rispetto a quello del 2018 (circa 1,8 miliardi), si prevede che dalla norma derivi un incremento del gettito di almeno 35.000.000 di euro annui, a partire dal 2019 (20% di 180 milioni).

Con riferimento al comma 7 (nuove sanzioni amministrative), la relazione tecnica chiarisce che la disposizione è volta ad aumentare l'efficacia dell'azione repressiva nei confronti dei c.d. ''Totem", cioè gli apparecchi che, apparentemente destinati ad usi commerciali o promozionali, in realtà consentono all'utente di fruire di servizi di gioco illegali, analoghi a quelli forniti mediante la rete legale degli apparecchi. Il fenomeno, che contribuisce anche alla riduzione della raccolta tramite AWP (passata dai 25,5 miliardi del 2017 ai circa 24 miliardi del 2018), è in diffusione soprattutto nei territori che hanno adottato provvedimenti restrittivi o espulsivi del gioco legale e può essere incentivato dall’aumento degli oneri di gestione previsto per gli apparecchi legali. Ipotizzando che le misure previste possano consentire il recupero nell'ambito del gioco legale del 10 per cento della minore raccolta registrata nell'anno 2018 rispetto al 2017, il maggior gettito per l'erario è stimato in 30 milioni di euro annui dal 2019 in avanti.

La RT, infine, espone una tabella riassuntiva degli effetti ascritti all’articolo in esame:

(milioni di euro)

 

2019

2020

dal 2021

Ritenuta vincite 10&Lotto

66

132

132

PREU

154

154

154

NOE e NOD

52

26

5

Anticipo acconti PREU

70

-70

0

Contrasto gioco illegale

65

65

65

TOTALE

407

307

356

 

Il Governo, in risposta a quesiti emersi nel corso dell’esame parlamentare presso il Senato, ha fornito ulteriori elementi informativi alla 5^ Commissione (Bilancio), ai fini della verifica parlamentare delle quantificazioni.

Relativamente al comma 1 (ritenute 10&lotto): in ordine alla previsione del maggior gettito derivante dall’aumento delle ritenute sulle vincite conseguite al “10&lotto”, si evidenzia che i giochi complementari e opzionali al 10&lotto sono quelli istituiti e normati con le determinazioni direttoriali del 19 giugno 2014, n. 52221, e del 19 settembre 2017, n. 99704, rispettivamente per l'opzione del "NUMERO ORO" e del "DOPPIO ORO", giochi opzionali e complementari in quanto possibili solo a seguito di giocate effettuate sul gioco base e allo stesso collegate.

Le vincite conseguite al gioco 10&lotto sono state verificate dai documenti contabili elaborati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Si conferma che l’ammontare delle ritenute è ascrivibile al solo gioco “10&lotto” e non agli altri giochi numerici a quota fissa.

Le vincite al 10&lotto per l’anno 2018 sono state pari a euro 4.381.158.253 e, conseguentemente, ogni punto percentuale di ritenuta è pari a euro 43.811.582 determinando la stima effettuata, per l’anno 2020, di maggior gettito di circa 132 mln di euro.

Nella relazione tecnica relativa all’incremento stimato in occasione del Decreto legge n. 50/2017, correttamente, veniva indicato che oltre 300 milioni del complessivo prelievo sulle vincite si riferiva a quelle derivanti dal gioco del lotto ed è di tutta evidenza che, in tale sede, non poteva che riferircisi a tutti i giochi numerici a quota fissa.

È corretto che tutti i valori di gettito siano sempre associati al gioco del Lotto e a tutti gli altri giochi numerici a quota fissa ma si ribadisce che la stima si riferisce al solo gioco oggetto dell’intervento normativo e cioè al 10&lotto e ai relativi giochi opzionali e complementari (in quanto possibili solo a seguito di giocate effettuate sul gioco base e allo stesso collegate).

La relazione tecnica relativa al D.L. n. 50/2017 ipotizzava una diminuzione della raccolta dei giochi numerici a quota fissa pari al 2%, soprattutto in relazione ai possibili effetti dell’incremento sulle ritenute, disposto con il predetto intervento normativo, che avrebbero potuto determinarsi relativamente al solo gioco del Lotto (non del 10&lotto). Ciò in quanto tale intervento avrebbe depresso il payout (percentuale di vincite netta) dei giochi numerici a quota fissa e il payout del gioco del Lotto è significativamente più basso di quello del 10&lotto, con i probabili effetti descritti nella citata relazione tecnica.

In effetti, il solo gioco del Lotto ha segnato nell’anno 2018 una significativa diminuzione ampiamente compensata dall’incremento della raccolta relativa al gioco 10&lotto.

A tal proposito, si evidenzia che il citato gioco 10&lotto segna un incremento annuale costante ed infatti non sono stati considerati effetti connessi a riduzione di gettito a titolo di I.R.E.S. e I.R.A.P. in conseguenza di contrazione delle vincite proprio perché si è ipotizzato, nella relazione tecnica allegata al D.L. 4/2018, che l’aumento dell’aliquota della ritenuta sulle vincite possa determinare solamente un rallentamento della crescita sulla raccolta del gioco ma non una flessione della domanda senza, quindi, alcun effetto deflattivo sui ricavi dei concessionari (ricevitori e concessionario per la gestione del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa).

Per quanto riguarda l’osservazione che la relazione tecnica non esamina gli effetti derivanti dalle politiche perseguite dagli enti locali, si osserva - per quanto riguarda il gioco del “10&Lotto” - che tali politiche restrittive, sinora, non hanno generato effetti significativi sul comparto dei giochi numerici a quota fissa e, in generale, che la RT si riferisce, come d’uopo, alle specifiche misure previste dal provvedimento legislativo in esame e non può tenere conto degli impatti ultronei derivanti da diverse misure normative che, in ogni caso, produrrebbero gli effetti loro propri senza però influire su quelli derivanti dalle disposizioni in oggetto.

Relativamente al comma 2 (aumento PREU su AWP), si precisa che i numerosi incrementi del PREU che si sono succeduti nel recente passato non comportano riduzioni di raccolta in quanto l’aumento del PREU, ove non accompagnato da una riduzione del payout, incide soltanto sulla filiera e non influenza il costo del gioco e, quindi, resta irrilevante per i giocatori.

Relativamente al comma 4 (tessera sanitaria per accesso da remoto) si osserva che l’introduzione della tessera sanitaria non viene introdotta per effetto del provvedimento in esame ma è prevista dal D.L. n. 87/2018 (c.d. “Decreto Dignità”).

Per quanto attiene al comma 6 (piano straordinario di contrasto al gioco illegale e inasprimento delle sanzioni) e al comma 7 (sanzioni amministrative per i “Totem”), si osserva che la RT non stima il recupero coattivo delle imposte sottratte all’erario (per effetto degli interventi repressivi) ma, più semplicemente, l’incremento della raccolta legale derivante all’inasprimento delle pene per il gioco illegale, cioè l’effetto sostitutivo del mercato legale a quello illegale. A tal proposito, in relazione alla stima indicata nella RT, si segnala, ad esempio, che la recente operazione contro la criminalità nel settore delle scommesse, denominata “Galassia”, condotta nel mese di novembre 2018 dalle Procure di Bari, Reggio Calabria e Catania, coordinate dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (che ha portato all’arresto di 68 persone e al sequestro di beni in Italia e all’estero per oltre un miliardo) ha accertato, come risulta dal comunicato stampa, che il volume delle giocate, riguardanti eventi sportivi e non, scoperto dagli investigatori di Guardia di Finanza, Polizia e Carabinieri, è superiore ai 4 miliardi e mezzo di euro che, in termini di imposta unica evasa, stima un importo non inferiore a 150 milioni. A ciò si aggiunga che la raccolta attribuibile ai soggetti che fino al 2014 operavano nel settore illegale e che hanno beneficiato della procedura di regolarizzazione, prevista dalla legge di stabilità per il 2015, è stata, nel solo anno 2015, pari a euro 1,129 miliardi, che, in termini di imposta unica evasa, corrisponde a un importo non inferiore a 40 milioni. Pertanto, conclude la Nota del Governo, si ritiene che un’efficace azione repressiva, basata sul disposto normativo, può concretamente fare affluire al mercato legale una parte delle giocate che oggi alimentano il mercato illegale.

 

Al riguardo, con riferimento al comma 1, che incrementa dall’8 all’11 per cento la ritenuta sulle vincite del gioco “10&lotto”, si prende atto di quanto affermato dalla relazione tecnica e degli elementi forniti dal Governo nel corso dell’esame parlamentare, i quali indicano la base dati impiegata, danno conto delle differenze rispetto alla relazione tecnica del DL n. 50/2017 (che aveva disposto un intervento analogo), e spiegano più dettagliatamente la ragione per la quale l’incremento è quantificato in 132 milioni annui (come si evince dal prospetto riepilogativo) anziché in 131 (come si evincerebbe dai calcoli illustrati nella relazione tecnica): non si formulano pertanto osservazioni in merito ai profili di quantificazione.

Con riferimento al comma 2, che incrementa dello 0,65 per cento il PREU sugli apparecchi AWP, si rileva che - nel corso dell’esame parlamentare presso la 5^ Commissione (Bilancio) del Senato - il Governo, facendo riferimento ai recenti incrementi del medesimo prelievo, ha affermato che l’aumento del PREU non comporta riduzioni di raccolta in quanto, lo stesso, ove non sia accompagnato da una riduzione del payout, incide soltanto sulla filiera e non influenza il costo del gioco e, quindi, resta irrilevante per i giocatori. Andrebbero quindi esplicitati gli elementi idonei a suffragare l’ipotesi di costanza del payout – su cui risulta basarsi l’assunzione di invarianza della raccolta - considerato che la legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 1051) ha recentemente diminuito il limite minimo legale delle percentuali di vincita, con ciò lasciando agli operatori del settore maggiori margini per riduzioni (e infatti, relativamente al comma 3 – su cui si veda di seguito –, la relazione tecnica pone a base delle stime di maggior gettito l’assunzione che vi saranno numerose richieste di diminuzione del payout). Per quanto riguarda gli ulteriori elementi forniti dalla relazione tecnica, non si formulano osservazioni, essendo i dati e le procedure di calcolo coerenti con i metodi di stima degli oneri adottati in occasione di analoghi recenti provvedimenti.

Con riferimento al comma 3, che incrementa i corrispettivi per i titoli autorizzatori (cd. “NOE” e “NOD”)[78] degli apparecchi AWP, si prende atto degli elementi forniti dalla relazione tecnica. Considerato tuttavia che la relazione tecnica stima i relativi effetti di gettito computando l’annualità 2019 per intero, andrebbero acquisiti chiarimenti circa la decorrenza degli effetti della norma.

In particolare: riguardo agli incrementi del NOE disposti “per l’anno 2019”, andrebbe confermato che gli stessi siano riscuotibili anche, eventualmente, in via retroattiva, tenuto conto che il decreto legge è entrato in vigore il 29 gennaio 2019; riguardo agli incrementi del NOD, per i quali invece la norma parrebbe testualmente applicarsi a decorrere dall’entrata in vigore del decreto, andrebbero chiarite le ragioni per le quali l’annualità 2019 è stata considerata per intero.

Con riferimento al comma 6, che prevede un piano straordinario di contrasto al gioco illegale e l’inasprimento delle sanzioni, si osserva che la relazione tecnica asserisce che tale piano potrà essere effettuato ad invarianza di risorse: andrebbero quindi acquisiti elementi informativi in merito al carattere (definito “straordinario” dalla norma) del piano stesso, che parrebbe appunto presupporre attività eccedenti l’ordinaria amministrazione, tali da assicurare un maggior gettito costante e permanente.

Inoltre, come rilevato anche nel corso dell’esame presso il Senato, si osserva che la relazione tecnica e la documentazione fornita dal Governo nel corso dell’esame parlamentare non esplicitano le ragioni alla base dell’ipotesi che dal piano debba derivare un aumento del volume d’affari del gioco lecito di circa il 10 per cento e che tale aumento si realizzi sin dal primo anno di operatività della norma e in misura costante nel corso dei successivi esercizi: andrebbero dunque ulteriormente dettagliati gli elementi posti a base di tale modulazione degli effetti sul piano temporale. Analoghe considerazioni valgono per il comma 7.

Con riferimento al comma 7, che prevede nuove sanzioni amministrative (pecuniarie e accessorie) per i cosiddetti “Totem”, si rileva che alla norma sono ascritti effetti di maggior gettito pari al 10 per cento della minore raccolta registrata nell'anno 2018 rispetto al 2017; tale diminuzione di raccolta è attribuita dalla RT alle normative restrittive degli enti territoriali e ai maggiori oneri gestionali degli apparecchi AWP.

In proposito, si rileva che in altre relazioni tecniche la diminuzione del gioco legale è stata correlata alla riduzione del payout, a sua volta ipotizzata quale conseguenza dell’aumento del PREU (si vedano la RT al DL 50/2017, la RT al DL 87/2018 e la RT al comma 1051 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019), mentre – con specifico riferimento alle normative restrittive su base locale – la RT al DL 50/2017 affermava di non aver considerato gli effetti delle normative locali, sin allora ancora non operative, la RT al DL 87/2018 e la RT alla legge di bilancio 2019 non le includevano fra gli elementi posti a base delle quantificazioni e la RT riferita al comma 2 dell’articolo in esame afferma che la raccolta del 2019 va corretta (rispetto a quella del 2018) solamente “per effetto della riduzione del payout”.

Sarebbe dunque necessario acquisire un quadro univoco circa le effettive determinanti delle variazioni della raccolta poste a base delle quantificazioni.

 

ARTICOLO 28, comma 1

Fondo interventi strutturali di politica economica

La norma incrementa la dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di 116,8 milioni per il 2020 e di 356 milioni a decorrere dal 2022.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2019

2020

2021

2019

2020

2021

2019

2020

2021

Maggiori spese correnti

 

Incremento fondo per interventi strutturali di politica economica

 

116,8

 

 

116,8

 

 

116,8

 

 

La relazione tecnica si limita a descrivere le norme.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione, essendo l’onere limitato all’incremento disposto dalla norma.

 

·                    ARTICOLO 28

Copertura finanziaria

In merito ai profili di copertura, si rileva che l’articolo 28 reca, al comma 2, lettere a), b) e c), la copertura degli oneri derivanti da una pluralità di disposizioni contenute nel provvedimento in esame[79].

Prima di passare all’esame dei singoli oneri oggetto di copertura, è opportuno ricordare che, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge n. 196 del 2009, gli oneri possono essere ricondotti a due diverse tipologie:

a)            le autorizzazioni di spesa contenenti limiti massimi di spesa;

b)            le previsioni di spesa.

Per le autorizzazioni di spesa l’articolo 17, comma 10, della legge n. 196 del 2009 prevede che esse abbiano effetto entro i limiti della spesa espressamente autorizzata nei relativi provvedimenti legislativi e che con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, è accertato l’avvenuto raggiungimento dei predetti limiti di spesa, fermo restando che tali disposizioni cessano di avere efficacia dalla data di pubblicazione del decreto per l’anno in corso alla medesima data.

Per quanto riguarda invece le previsioni di spesa, ai sensi del predetto articolo 17, comma 1, della medesima legge n. 196 del 2009, nel caso in cui si verifichino nuove o maggiori spese rispetto alle previsioni alla compensazione dei relativi effetti finanziari si provvede ai sensi della procedura delineata dai commi da 12-bis a 12-quater dello stesso articolo 17.

In particolare, la procedura relativa alla compensazione degli oneri eventualmente eccedenti le previsioni di spesa recate dalle leggi prevede che, sulla base di una apposita attività di monitoraggio, qualora siano in procinto di verificarsi i predetti scostamenti, il Ministro dell'economia e delle finanze, in attesa delle misure correttive della maggiore spesa da adottarsi con la legge di bilancio con riferimento agli esercizi successivi a quello in corso, con proprio decreto provvede, per l'esercizio in corso, alla riduzione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero competente, nel rispetto dei vincoli di spesa derivanti dai cosiddetti oneri inderogabili. Qualora i suddetti stanziamenti non siano sufficienti alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, allo stesso si provvede, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, mediante riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione della spesa, sempre nel rispetto dei vincoli di spesa derivanti dai cosiddetti oneri inderogabili (comma 12-bis).

Nel caso in cui invece gli scostamenti non siano compensabili nel corso dell’esercizio, il comma 12-ter dispone che si debba provvedere ai sensi del successivo comma 13 dello stesso articolo 17, ovvero tramite la tempestiva adozione di iniziative legislative. Per quanto riguarda gli esercizi successivi a quello in corso, ai sensi del comma 12-quater si provvede con la legge di bilancio, attraverso le misure correttive di cui all'articolo 21, comma 1-ter, lettera f), della legge di contabilità, adottando prioritariamente le correzioni sul lato della spesa. Resta ferma in ogni caso, come detto, la possibilità di ricorrere a iniziative legislative allorché l'attuazione di una legge rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica (comma 13).

Si ricorda altresì che la disciplina in materia di compensazione degli effetti finanziari che eccedono le previsioni di spesa in via di prassi non è applicata alle previsioni di minore entrata, stante la possibilità di verificare eventuali scostamenti rispetto alle previsioni soltanto ex post ad esercizio ormai concluso quando risultano effettivamente disponibili i dati sulle entrate effettivamente conseguite.

Tutto ciò premesso, si rileva che l’articolo 28 in esame provvede alla copertura dei seguenti oneri qualificati come limiti massimi di spesa mediante l’espressione oneri “pari a”:

- gli oneri relativi alla complessiva attuazione del programma del reddito di cittadinanza (articolo 12, commi 1, 3, 5, 6, 7, 8, lettera b), numeri 2) e 3));

- gli oneri relativi all’incremento di 116,8 milioni di euro per il 2020 e di 356 milioni di euro annui a decorrere dal 2022 del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004 (comma 1 dell’articolo 28);

Il medesimo articolo 28 provvede altresì alla copertura dei seguenti oneri qualificati come previsioni di spesa attraverso l’espressione oneri “valutati in”:

- gli oneri derivanti dall’accesso al trattamento di pensione con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi (cosiddetta “quota 100” - articolo 14);

- gli oneri derivanti dalla riduzione dell’anzianità contributiva per l’accesso al pensionamento anticipato indipendentemente dall’età anagrafica (articolo 15);

- gli oneri relativi alla previsione di un nuovo canale di pensionamento per le lavoratrici che maturino i requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2018, indipendentemente dal momento della decorrenza della pensione (cosiddetta “opzione donna” - articolo 16);

- gli oneri derivanti dall’abrogazione degli incrementi di età pensionabile per effetto dell’aumento della speranza di vita per i lavoratori precoci (articolo 17);

- gli oneri derivanti dalla proroga dell’APE sociale fino al 31 dicembre 2019 (articolo 18);

- gli oneri relativi alla facoltà di riscatto dei periodi non coperti da contribuzione (articolo 20);

- gli oneri derivanti dall’esclusione opzionale del massimale contributivo dei lavoratori che prestano servizio in settori in cui non sono attive forme di previdenza complementare compartecipate dal datore di lavoro (articolo 21);

- gli oneri derivanti dalla detassazione del trattamento di fine servizio (articolo 24);

- gli oneri relativi alla devoluzione, per il solo anno 2019, al Fondo di solidarietà del trasporto aereo del 50 per cento dell’incremento dell’addizionale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili (articolo 26);

- gli oneri derivanti, per il 2020, dal recupero a saldo della maggiorazione dei versamenti relativi al prelievo erariale unico dovuti a titolo di primo, secondo e terzo acconto relativi al sesto bimestre 2019 (articolo 27, comma 5).

Per quanto riguarda le autorizzazioni di spesa, si segnala che ai fini del rispetto del limite di spesa relativo all’erogazione del reddito di cittadinanza e della pensione di cittadinanza, l’articolo 12, comma 9, del provvedimento individua una specifica procedura, laddove si precisa che l’INPS accantona “all’atto della concessione di ogni beneficio economico del Rdc”, a valere sulle disponibilità del conto di tesoreria centrale all’uopo istituito, un ammontare di risorse pari alle mensilità spettanti nell’anno per ciascun annualità in cui il beneficio è erogato, prevedendo altresì che, in caso di esaurimento delle risorse disponibili per l'esercizio di riferimento, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro trenta giorni dall'esaurimento di dette risorse, sia ristabilita la compatibilità finanziaria mediante la rimodulazione dell'ammontare del beneficio, che opera esclusivamente nei confronti delle erogazioni del beneficio successive all'esaurimento delle risorse non accantonate.

Inoltre viene stabilito che, nelle more dell'adozione del citato decreto, l'acquisizione di nuove domande e le erogazioni sono comunque sospese.

A questo riguardo, occorre peraltro rammentare che, da un lato, ai sensi dell’articolo 3, comma 5, il reddito di cittadinanza decorre dal mese successivo a quello della richiesta e, dall’altro, ai sensi del successivo articolo 5, comma 3, in ogni caso il riconoscimento del Rdc da parte dell'INPS avviene entro la fine del mese successivo alla trasmissione della domanda all’istituto medesimo.

Tutto ciò dovrebbe implicare che, in caso di eventuali ritardi da parte dell’INPS nel riconoscimento del beneficio, il reddito di cittadinanza dovrebbe comunque decorrere dal mese successivo a quello della richiesta, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 3, comma 5. Appare pertanto necessario un chiarimento da parte del Governo in merito al possibile riconoscimento di arretrati che potrebbe determinarsi in tale circostanza e degli effetti che conseguentemente potrebbero derivarne in relazione al rispetto del limite della spesa autorizzata. Andrebbero altresì chiarite le modalità mediante le quali la disciplina per il rispetto del limite di spesa introdotta dall’articolo 12, comma 9, si coordini con le previsioni dianzi richiamate di cui all’articolo 17, comma 10, della legge n. 196 del 2009.

Per quanto riguarda invece le previsioni di spesa, premesso che la disciplina prevista dall’articolo 17 della citata legge n. 196 del 2009 in tema di compensazione degli effetti finanziari eccedenti le previsioni di spesa risulterebbe applicabile a tutti gli oneri valutati ad esclusione di quelli derivanti da minori entrate, ossia quelli di cui agli articoli 26 e 27, comma 5, si rileva che l’articolo 28, comma 3, individua una specifica procedura per la trasmissione da parte dell’INPS, sia al Ministero del lavoro e delle politiche sociali sia al Ministero dell’economia e delle finanze, con cadenza mensile per l’anno 2019 e con cadenza trimestrale per gli anni successivi, delle informazioni concernenti il numero delle domande di pensionamento relative alla cosiddetta “quota 100” (articolo 14), all’accesso anticipato al pensionamento (articolo 15) e alla cosiddetta “opzione donna” (articolo 16), che sembrerebbe integrare quella prevista per il monitoraggio degli oneri dal comma 12 dell’articolo 17 della legge n. 196 del 2009. Sul punto appare necessario un chiarimento da parte del Governo.

Inoltre, il successivo comma 4, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 1, comma 257, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019), richiama l’applicazione della procedura per la compensazione degli effetti finanziari che eccedano le previsioni di spesa disciplinata dall’articolo 17, commi da 12 a 12-quater, della legge n. 196 del 2009, nonché quella di cui al successivo comma 13 della medesima legge, che prevede la tempestiva adozione di iniziative legislative qualora l’attuazione di una legge rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica. Al riguardo, si rileva che il richiamo al comma 257 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, che riguarda il monitoraggio trimestrale sull’andamento delle spesa connessa alle misure relative non solo alla cosiddetta “quota 100” ma anche al reddito di cittadinanza, appare incongruo giacché, come evidenziato in precedenza, la predetta procedura di compensazione degli effetti finanziari ai sensi della vigente disciplina contabile è applicabile soltanto alle previsioni di spesa e non ai limiti di spesa, quali quelli derivanti, ad esempio, dal riconoscimento del reddito e della pensione di cittadinanza. Anche su tale aspetto appare pertanto necessario un chiarimento da parte del Governo.

Venendo ora ai profili più strettamente attinenti alle modalità di copertura finanziaria, si rileva che ai predetti oneri, ai sensi del comma 2, lettere a), b) e c), dell’articolo 28, si provvede in parte mediante la riduzione del Fondo da ripartire per l’introduzione del reddito di cittadinanza, di cui al comma 255 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018[80], in parte mediante la riduzione del Fondo per la revisione del sistema pensionistico, di cui al comma 256 del medesimo articolo 1 della citata legge n. 145 del 2018[81] e, per la parte residua, mediante l’utilizzo delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dal decreto in esame[82].

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, in considerazione, da un lato, della capienza di entrambi i predetti Fondi[83], istituiti proprio per le finalità previste dal presente provvedimento, dall’altro, dei dati risultanti dalla relazione tecnica circa la quantificazione delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dal presente provvedimento ed utilizzate a copertura.

Si osserva peraltro che gli effetti, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, attribuiti dal prospetto riepilogativo alla riduzione del Fondo per l’introduzione del reddito di cittadinanza risultano, per i soli esercizi 2019 e 2020, inferiori per 150 mln annui a quelli stimati in termini di saldo netto da finanziare. Andrebbero quindi forniti chiarimenti riguardo a tale differenza.

Tale differenza non sembrerebbe infatti riconducibile agli effetti riflessi (per 150 mln annui), per le assunzioni nei centri per l’impiego, che risultano già scontati nel quadro riepilogativo degli effetti della legge di bilancio 2019; inoltre tale voce, nel predetto quadro è registrata in via permanente e non esclusivamente per gli esercizi 2019 e 2020 (sul punto si rinvia alla sceda riferita agli articoli 1 e 12).

Si rappresenta, infine, che il comma 5 dell’articolo 28, ai fini dell'immediata attuazione del decreto in esame, autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio, mentre il successivo comma 6 reca una generale clausola di invarianza finanziaria, alla luce della quale le amministrazioni pubbliche interessate provvederanno alle attività previste dal presente decreto, ad esclusione di quanto stabilito ai sensi dell'articolo 12, nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. A questo riguardo, si rileva la necessità di integrare la disposizione che esclude il solo articolo 12 dal vincolo dell’invarianza finanziaria per l’attuazione delle attività previste dal presente decreto, in modo da ricomprendere nella citata esclusione anche le disposizioni introdotte nel corso dell’esame al Senato che prevedono attività onerose oggetto di apposita copertura finanziaria, quali ad esempio quelle relative alle assunzioni presso il Ministero della giustizia di cui all’articolo 14, commi 10-sexies e 10-septies.



[1]Sulla base di quanto previsto dall’articolo 12 del decreto-legge n. 78/2010 e successive modificazioni e integrazioni, il primo adeguamento è stato anticipato al 1° gennaio 2013 (in luogo del 1° gennaio 2015 originariamente previsto).  Inoltre, sono stati previsti adeguamenti nel 2016 e nel 2019. Successivamente gli aggiornamenti avverranno con cadenza biennale.

[2] Ai fini di copertura sono altresì utilizzati, ai sensi dell’art. 28, maggiori entrate e minori spese derivanti dal provvedimento in esame.

[3] Individuato ai sensi del decreto legislativo n. 30/2007

[4] Il diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione europea è regolato in particolare dal D.Lgs. 30/2007, di attuazione della direttiva 2004/38/CE. I cittadini dell'Unione europea hanno il diritto di soggiornare nel territorio nazionale per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità, purché siano in possesso di un documento d'identità valido per l'espatrio. Per periodi superiori a tre mesi il soggiorno è ammesso se si verificano determinate condizioni. Il cittadino dell'Unione che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale ha diritto al soggiorno permanente.

[5] La materia del soggiorno di lungo periodo degli stranieri provenienti da Paesi terzi è disciplinata dalla direttiva 2003/109/CE, recepita nell’ordinamento italiano dal D.Lgs. 3/2007 che ha novellato il testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998, artt. 9 e 9-bis). I cittadini di Paesi terzi, soggiornanti legalmente e ininterrottamente per cinque anni nel territorio di uno Stato membro, acquistano lo status di soggiornante di lungo periodo e hanno diritto ad un permesso di soggiorno speciale detto "permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo", che ha sostituito la "carta di soggiorno", dal contenuto analogo, prevista in precedenza.

[6] L’ISEE, istituito dal D.Lgs. 109/1998, è l'indicatore che serve per valutare e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari che intendono richiedere una prestazione sociale agevolata ed è legato al possesso di determinati requisiti soggettivi e alla situazione economica della famiglia. Attualmente l’ISEE è disciplinato del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159.

[7] La disposizione riconosce un assegno pari a 960 euro mensili (assegno di natalità) per ogni figlio nato o adottato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, al fine di incentivare la natalità e contribuire alle spese per il suo sostegno, fino al compimento del terzo anno di età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione, per i figli di cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea o di cittadini di Stati extracomunitari con permesso di soggiorno.

[8] La NASpI (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego) è uno strumento di sostegno al reddito istituito dal D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22. In particolare, in base all'art. 3, comma 1, lettere b) e c) è riconosciuta ai lavoratori dipendenti (con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, nonché degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato) che abbiano perso involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente alcuni requisiti.

[9] Cfr. RT riferita al successivo art. 3

[10] Ai sensi dell’art.34, c.3, del D.P.R. 601/1973

[11] Attraverso il sistema informativo unitario delle politiche del lavoro (SIUPL).

[12] Sulla base di apposita Convenzione stipulata il 17 settembre 2008 tra il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Poste italiane SpA.

[13] L’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), è la banca dati nazionale nella quale confluiranno progressivamente le anagrafi comunali. È istituita presso il Ministero dell’Interno ai sensi dell’articolo 62 del D.Lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale - CAD). Gli ultimi dati pubblicati sul sito Agid (Agenzia per l’Italia digitale) riportano che al 10 gennaio 2018 hanno completato il subentro 41 Comuni per una popolazione residente di 1.035.030 persone. Sono in fase di pre-subentro 989 Comuni.

[14] Si ricorda che il soggetto incaricato del servizio di gestione delle Carte Acquisti è Poste Italiane SpA.

[15] Emendamento del Governo n. 6.800

[16] Tale indicazione emerge dalla relazione tecnica.

[17] Soggetti indicati nell’articolo 35 del d.lgs. n. 241/1997.

[18] Tale norma prevede un incremento della sanzione fino alla metà nei confronti di chi, nei tre anni precedenti, sia incorso un’altra violazione della stessa indole.

[19] Il criterio di cui all’art. 31, c. 1, lett. f), del D.Lgs. 150/2015  prevede che il calcolo si effettua mensilmente, confrontando il numero di lavoratori dipendenti equivalente a tempo pieno del mese di riferimento con quello medio dei dodici mesi precedenti, escludendo dal computo della base occupazionale media di riferimento i lavoratori che nel periodo di riferimento abbiano abbandonato il posto di lavoro a causa di dimissioni volontarie, invalidità, pensionamento per raggiunti limiti d'età, riduzione volontaria dell'orario di lavoro o licenziamento per giusta causa

[20] Di cui all’art. 1, c. 1175, della L. 296/2006

[21] Si tratta di quegli aiuti di importo complessivo non superiore a 15.000 euro nel settore agricolo e a 30.000 euro in quello della pesca e dell’acquacoltura nell'arco di tre esercizi finanziari che, per la loro esiguità e nel rispetto di date condizioni soggettive ed oggettive non devono essere notificati alla Commissione, in quanto non ritenuti tali da incidere sugli scambi tra gli Stati membri e, dunque, non suscettibili di provocare un'alterazione della concorrenza tra gli operatori economici  -Reg. (UE) 18 dicembre 2013, n. 1408  (agricoltura) e Reg. (UE) 27 giugno 2014, n. 717 (pesca e dell’acquacoltura).

[22] Il richiamato art. 1, c. 247, della L. 145/2018 prevede che i programmi operativi nazionali e regionali e quelli operativi complementari possano stabilire per il 2019 e il 2020, nell’ambito degli obiettivi specifici contemplati dalla relativa programmazione e nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, misure per favorire l’assunzione con contratto a tempo indeterminato, nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, di soggetti che non abbiano compiuto i 35 anni di età ovvero di soggetti di età pari o superiore alla suddetta soglia, purché privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.

[23]  Si ricorda che il citato Fondo (capitolo 3056 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze), nel decreto di ripartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e per il triennio 2019-2021, reca una dotazione di 186,445 milioni di euro per il 2019, di 402,671 milioni di euro per il 2020 e di 505,015 milioni di euro per il 2021. Il predetto stanziamento ricomprende il rifinanziamento, nella misura di 130,725 milioni di euro per il 2019, di 328,385 milioni di euro per il 2020 e di 433,913 milioni di euro a decorrere dal 2021, operato dall’articolo 1, comma 298, della legge n. 145 del 2018.

[24] Osservatorio statistico sul reddito di inclusione presso l’INPS. https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=51758

[25] Di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

[26] Questo comporta la conferma fino al 31 dicembre 2026 - secondo il combinato disposto dei commi 1 e 2 - del requisito contributivo già previsto nel periodo 2016-2018 per l’accesso anticipato alla pensione, consistente in un'anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.

[27] Di cui all’articolo 12 del decreto legge n. 78/2010

[28] Che raccoglie il personale in servizio nelle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica.

[29] Che raccoglie il personale in servizio nelle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica.

[30] Articolo 1, comma 200 della già citata legge n. 232/2016 e articolo 1, comma 149, della legge n. 205/2017.

[31] Dal momento che sono state abolite le cosiddette finestre, la pensione sarebbe decorsa nel mese immediatamente successivo.

[32] Le condizioni sono le seguenti:

a) soggetti in stato di disoccupazione, che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi e in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;

b) soggetti che assistono, al momento della richiesta, e da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi della legge n. 104/1992 e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;

c) soggetti con riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile, superiore e uguale al 74 per cento e in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;

d) lavoratori dipendenti, all'interno delle professioni indicate nell’apposito Allegato A, che svolgono da almeno 6 anni attività lavorative difficoltose e rischiose in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 36 anni.

[33] Così come modificata dal comma 281 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015 e dal comma 222 dell'articolo l della legge n. 232/2016.

[34] Per le lavoratrici di 58 anni (59 per le lavoratrici autonome) e almeno 35 anni di anzianità entro il 31.12.2018.

[35] Confronta pagine 32 e 33 dell’A.S. 1018.

[36] Confronta pagina 31 dell’A.S. 1018.

[37] Al fine di far fronte alle scoperture di organico degli uffici giudiziari derivanti dalle disposizioni in materia di accesso al trattamento di pensione di cui al provvedimento in esame.

[38] L’articolo 1, comma 300, della legge n. 145/2018 prevede, tra l’altro, che lo svolgimento dei concorsi per l’assunzione di personale finanziati con le risorse stanziate sul Fondo di cui all’articolo 1, comma 365, della legge n. 232/2016 possano essere espletati con modalità semplificate definite con decreto ministeriale da adottare entro due mesi dall’entrata in vigore della medesima legge.

[39] L’art. 30 del D.lgs. n. 165/2001 prevede che le amministrazioni pubbliche possano ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento e previo assenso dell'amministrazione di appartenenza.

[40] Di cui all'art. 6, comma 2, del DL n. 154/2008.

[41] Emendamento 14.0.850 del Governo.

[42] Di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

[43] La facoltà di riscatto è esercitata a domanda dell’assicurato o dei suoi superstiti o dei suoi parenti ed affini entro il secondo grado.

[44] Ai regimi previdenziali di appartenenza.

[45] La rateizzazione dell’onere non può essere concessa nei casi in cui i contributi da riscatto debbano essere utilizzati per la immediata liquidazione della pensione diretta o indiretta o nel caso in cui gli stessi siano determinanti per l’accoglimento di una domanda di autorizzazione ai versamenti volontari; qualora ciò avvenga nel corso della dilazione già concessa, la somma ancora dovuta sarà versata in unica soluzione.

[46] Intervenendo sull’articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184.

[47] Si ricorda che tale Fondo (cap. 3075 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze), reca una dotazione di 397,128 milioni di euro per il 2019, di 358,442 milioni di euro per il 2020 e di 464,541 milioni di euro per il 2021.

[48] Si evidenzia che l’articolo 26-quinquies del provvedimento prevede l’utilizzo del Fondo in esame per far fronte ad un onere valutato in 97.000 euro per l'anno 2019, in 244.000 euro per l'anno 2020, in 509.000 euro per l'anno 2021, in 702.000 euro per l'anno 2022, in 994.000 euro per l'anno 2023, in 1.153.000 euro per l'anno 2024, in 2.364.000 euro per l'anno 2025, in 4.262.000 euro per l'anno 2026, in 6.643.000 euro per l'anno 2027 e in 9.549.000 euro a decorrere dall'anno 2028.

[49]Il Fondo è stato infatti incrementato di 356 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022 dall’articolo 28, comma 1, del provvedimento in commento nonché dell’importo sopra indicato, quale onere oggetto di copertura, ad opera del comma 6-bis dell’articolo 20 in esame.  

[50] Lavoratori dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, e all’articolo 3 del d.lgs. n. 165/2001.

[51] Infatti, la base imponibile contributiva media individuale indicata dalla relazione tecnica è pari, nel 2019, a 25.460 euro. Per la stima della analoga base imponibile nel 2028, utilizzando i dati relativi ai contributi a carico del datore di lavoro e il numero dei soggetti optanti, si ricava un valore pari a circa 40.000 euro (105,3mln/24,2%/10.880 soggetti).

[52] Fermo restando quanto previsto dall’articolo 14, comma 9 del provvedimento in esame e in attesa della riforma dei Fondi di solidarietà bilaterali di settore.

[53] Di cui all’art. 27, del D.lgs. n. 148/2017

[54] Lavoratori di cui all’art. 1, co. 2, del d.lgs. n. 165/2001.

[55] Nel corso dell’esame presso il Senato, l’importo inizialmente previsto (30.000 euro) è stato elevato a 45.000 euro.

[56] Nel corso dell’esame presso il Senato, l’importo inizialmente previsto (50.000 euro) è stato elevato a 75.000 euro.

[57] Di cui all’articolo 37, comma 6, del DL n. 66/2014.

[58] Decreto legislativo n. 231/2007.

[59] https://ec.europa.eu/eurostat/documents/1015035/2041337/Statist-record-of-some-operations-rel-to-trade-credits-i.pdf/f2238d11-9257-4a0e-bd9a-39dcf1fb2cfd

[60] https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-manuals-and-guidelines/-/KS-GQ-16-001

[61] Di cui all’art. 3, del D.lgs. 479/1994.

[62] Entro il 30 aprile 2019.

[63] La nomina avviene con apposito decreto interministeriale. Con riferimento alla suddetta fase di prima attuazione, viene altresì esclusa l'applicazione della disciplina sulla proroga temporanea degli organi amministrativi non ricostituiti di cui all’art. 3, comma 1, del DL 293/1994.

[64] La gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (GIAS) è stata istituita, presso l’INPS, dall’art. 37 della legge n. 88/1989, ai fini della progressiva separazione tra previdenza e assistenza e la correlativa assunzione a carico dello Stato delle spese relative a quest'ultima. Il finanziamento della gestione è posto progressivamente a carico del bilancio dello Stato. Sono a carico della GIAS: le pensioni sociali; l'onere delle integrazioni all’assegno ordinario di invalidità; una quota parte di ciascuna mensilità di pensione erogata dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti, dalle gestioni dei lavoratori autonomi, dalla gestione speciale minatori; gli oneri derivanti dalle agevolazioni contributive disposte per legge in favore di particolari categorie, settori o territori; gli oneri derivanti dai pensionamenti anticipati; l'onere dei trattamenti pensionistici ai cittadini rimpatriati dalla Libia.

[65] Sostituendo il comma 2, dell’articolo. 6-quater del DL n. 7/2005 con un nuovo testo.

[66] L’attuale denominazione del summenzionato fondo è “Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale”.

[67] Cfr.: 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 119 del 12 febbraio 2019.

[68]  Di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. n. 185/2008

S Si veda al riguardo l’articolo 29, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 150 del 2015.

[70] Risorse già destinate, in forza dell’abrogato art. 6, comma 4, della legge n. 53/2000 a finanziare progetti regionali di formazione dei lavoratori.

[71] Di cui all'articolo 1, comma 488, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[72] La decorrenza dal 1° gennaio 2019 (anziché dal 29 gennaio, data di entrata in vigore del DL in esame) risulta per effetto della novella al comma 1051 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019. La norma in esame ha, pertanto, portata retroattiva. Tale effetto è infatti riscontrabile anche nei calcoli posti a base della relazione tecnica.

[73] Previsti dall’articolo 38, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

[74] Previsto dall’articolo 24, comma 36, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98.

[75] Dall’articolo 9-quater del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87.

[76] Relativi al sesto bimestre ai sensi dell’articolo 39, comma 13-bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 e dell’articolo 6 del decreto direttoriale 1° luglio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 luglio 2010, n. 169.

[77] Al riguardo, la RT  rammenta che l'art. 39, comma 13-bis, del DL 30 settembre 2003 prevede che “il prelievo erariale unico è assolto dai soggetti passivi d'imposta, con riferimento a ciascun anno solare, mediante versamenti periodici relativi ai singoli periodi contabili e mediante un versamento annuale a saldo”, demandando a successivi decreti del Ministro dell'economia e delle finanze l'individuazione delle specifiche regole attuative e, in particolare, dei periodi contabili in cui è suddiviso l'anno solare e dei termini di versamento periodico. Tali modalità di assolvimento del PREU sono state da ultimo definite con Decreto direttoriale 1° luglio 2010, che all'articolo 6, comma 1, stabilisce: “I concessionari assolvono il PREU, dovuto per ciascun periodo contabile, mediante quattro versamenti da effettuarsi alle seguenti scadenze:

a) il primo versamento, entro il giorno 28 del primo mese del periodo contabile;

b) il secondo versamento, entro il giorno 13 del secondo mese del periodo contabile;

c) il terzo versamento, entro il giorno 28 del secondo mese del periodo contabile;

d) il quarto versamento, entro il giorno 22 del primo mese del periodo contabile successivo. Il quarto versamento del sesto periodo contabile è effettuato entro il giorno 22 gennaio dell'anno solare successivo.”

[78] Nulla osta di esercizio e Nulla osta di distribuzione.

[79] Nel dettaglio si tratta, da un lato, degli oneri derivanti dagli articoli 12, commi 1, 3, 5, 6, 7, 8, lettera b), numeri 2) e 3), e 28, comma 1, che risultano pari a 6.297 milioni di euro per il 2019, a 7.710,8 milioni di euro per il 2020, a 7.458 milioni di euro per il 2021 e a 7.619 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Dall’altro, degli oneri derivanti dagli articoli 14, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 24, 26 e 27, comma 5, che sono valutati in 4.719,1 milioni di euro per il 2019, in 8.717,1 milioni di euro per il 2020, in 9.266,5 milioni di euro per il 2021, in 8.437,2 milioni di euro per il 2022, in 6.646,7 milioni di euro per il 2023, in 4.202,5 milioni di euro per il 2024, in 3.279,5 milioni di euro per il 2025, in 2.315,3 milioni di euro per il 2026, in 2.685,8 milioni di euro per il 2027 e in 2.214,2 milioni di euro annui a decorrere dal 2028.

[80] In particolare, tale Fondo (cap. 2780 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) viene ridotto in misura pari a 6.527,9 milioni di euro per il 2019, a 7.594 milioni di euro per il 2020, a 7.535,2 milioni di euro per il 2021 e a 7.263 milioni di euro a decorrere dal 2022.

[81] In particolare, tale Fondo (cap. 4100 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) viene ridotto in misura pari a 3.968 milioni di euro per il 2019, a 8.336 milioni di euro per il 2020, a 8.684 milioni di euro per il 2021, a 8.143,8 milioni di euro per il 2022, a 6.394,1 milioni di euro per il 2023, a 3.687,8 milioni di euro per il 2024, a 3.027,9 milioni di euro per il 2025, a 1.936,6 milioni di euro per il 2026, a 2.439,6 milioni di euro per il 2027 e a 1.936,6 milioni di euro annui a decorrere dal 2028.

[82] Esse ammontano a 520,2 milioni di euro per il 2019, a 497,9 milioni di euro per il 2020, a 505,3 milioni di euro per il 2021, a 649,4 milioni di euro per il 2022, a 608,6 milioni di euro per il 2023, a 870,7 milioni di euro per il 2024, a 607,6 milioni di euro per il 2025, a 709,4 milioni di euro per il 2026, a 602,2 milioni di euro per il 2027 e a 633,6 milioni di euro annui a decorrere dal 2028.

[83] In proposito, si fa presente che il Fondo da ripartire per l’introduzione del reddito di cittadinanza, che recava una dotazione iniziale di 7.100 milioni di euro per il 2019, 8.055 milioni di euro per il 2020 e di 8.317 milioni di euro a decorrere dal 2021, è stato già ridotto di 480 milioni di euro per il 2019, di 420 milioni di euro per il 2020 e di 160 milioni di euro, destinati al rafforzamento dei centri per l’impiego dal comma 258 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, come modificato dall’articolo 12, comma 8, lettera b), del decreto-legge in esame. Inoltre, il suddetto Fondo è stato ridotto di 90 milioni di euro per il 2019 a seguito dell’introduzione dei commi 895-bis e 895-ter dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, operata dal comma 8 dell’articolo 11-bis del decreto-legge n. 135 del 2018, in materia di ristoro del gettito non più acquisibile dai comuni a seguito dell’introduzione della TASI. Tanto premesso, il Fondo da ripartire per l’introduzione del reddito di cittadinanza presenta pertanto una dotazione pari a 6.530 milioni di euro per il 2019, 7.635 milioni di euro per il 2020 e 8.157 milioni di euro annui a decorrere dal 2021.

Per quanto concerne invece il Fondo per la revisione del sistema pensionistico, si fa presente che esso reca una dotazione di 3.968 milioni di euro per il 2019, 8.336 milioni di euro per il 2020, di 8.684 milioni di euro per il 2021, di 8.153 milioni di euro per il 2022, di 6.999 milioni di euro per il 2023 e di 7.000 milioni di euro annui a decorrere dal 2024.