Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Bilancio dello Stato - Servizio Bilancio dello Stato |
Titolo: | DL 113/2018: Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica |
Riferimenti: | AC N.1346/XVIII |
Serie: | Verifica delle Quantificazioni Numero: |
Data: | 14/11/2018 |
Organi della Camera: | V Bilancio |
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Camera dei deputati
XVIII LEGISLATURA
Verifica delle quantificazioni |
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A.C. 1346
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Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica
(Conversione in legge del DL 113/2018 – approvato dal Senato A.S. 840) |
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N. 52 – 14 novembre 2018 |
La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato. La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione). L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.
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SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione
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INDICE
VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI
ARTICOLO 1, commi da 2 a 5, del disegno di legge di conversione
Delega al Governo per il riordino dei ruoli delle Forze armate e di polizia
Permesso di soggiorno per esigenze di carattere umanitario
Trattenimento dello straniero nei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR)
Modalità di esecuzione dell'espulsione
Disposizioni in materia di divieto di reingresso
Convalida dei respingimenti e sistema di informazione Schengen
Disposizioni in materia di rimpatri
Familiari del personale di rappresentanze diplomatico-consolari
Diniego e revoca della protezione internazionale
Domanda di protezione internazionale
Cessazione della protezione internazionale
Domanda reiterata e domanda presentata alla frontiera
Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale
Istituzione di sezioni dell’unità di Dublino
Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti asilo
Monitoraggio andamento flussi migratori
Obblighi di pubblicità delle cooperative sociali
Disposizioni in materia di acquisizione e revoca della cittadinanza
Patrocinio dell’Avvocatura dello Stato
Comunicazioni al Procuratore presso il tribunale per i minorenni
Funzioni del personale del Corpo di polizia penitenziaria
Ottemperanza al provvedimento di allontanamento dalla casa familiare
Contratto di noleggio di autoveicoli per la prevenzione del terrorismo
Disposizioni in materia di accesso al CED interforze da parte del personale della polizia municipale
Sperimentazione di armi ad impulsi elettrici da parte delle polizie locali
Interpretazione autentica in materia di registrazioni in strutture alberghiere
Interpretazione autentica in materia di polizia municipale
Estensione dell’applicazione del DASPO
Contributo società sportive per i servizi di ordine pubblico
Estensione dell’ambito di applicazione del DASPO urbano
Misure per la sicurezza nei pubblici esercizi
Sanzioni per inottemperanza al divieto di accesso in aree urbane
Introduzione del delitto di esercizio molesto dell'accattonaggio
Modifiche alla disciplina dell'accattonaggio
Disposizioni in materia di parcheggiatori abusivi
Apparati tecnico-logistici del Ministero dell'interno
Potenziamento delle strutture penitenziarie
Disposizioni in materia di blocco stradale
Modifiche al Codice della strada in materia di sequestro dei veicoli
Sanzioni per subappalti illeciti
Obblighi per la sicurezza sul lavoro
Piano di emergenza per gli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti
Disposizioni per migliorare la circolarità informativa
Enti locali infiltrati dalla mafia o organizzazioni similari
Commissioni straordinarie per enti locali sciolti per infiltrazione mafiosa
Veicoli immatricolati all’estero
Invasione di terreni ed edifici
Modifiche al Codice di procedura penale in materia di intercettazione
Occupazioni arbitrarie di immobili
Riorganizzazione dell'amministrazione civile del Ministero dell'interno
Commissioni straordinarie per la gestione degli enti sciolti per mafia
Nomina del Presidente della Commissione per la progressione in carriera prefettizia
Disposizioni in materia di tecnologia 5G
Riorganizzazione del Servizio centrale di protezione
Centro Alti Studi del Ministero dell’interno
Compensi per lavoro straordinario delle Forze di polizia
Richiami del personale volontario del Corpo dei vigili del fuoco
Ulteriori disposizioni su riordino dei ruoli delle Forze armate e di polizia
Personale della polizia municipale
Potenziamento delle iniziative in materia di sicurezza urbana da parte dei comuni
Utilizzo degli aeromobili a pilotaggio remoto
Gestione e destinazione dei beni confiscati
Iscrizione di provvedimenti al registro delle imprese
Organico dell'Agenzia per I beni confiscati
Ulteriori disposizioni sull’Agenzia per I beni confiscati
Deroga alle regole di contenimento della spesa per l’Agenzia per i beni confiscati
Disposizioni a sostegno delle vittime dell’usura
INFORMAZIONI SUL PROVVEDIMENTO
A.C. |
1346 |
Titolo: |
Conversione in legge del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Delega al Governo in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate |
Iniziativa: |
governativa |
Iter al Senato: |
Sì |
Relazione tecnica (RT): |
presente |
Relatore per la Commissione di merito: |
Brescia |
Gruppo: |
M5S |
Commissione competente: |
I Commissione (Affari costituzionali) |
Il disegno di legge, approvato con modificazioni dal Senato e trasmesso alla Camera, dispone la conversione del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante disposizioni urgenti in materia in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, nonché delega al Governo in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.
Il provvedimento è corredato di una relazione tecnica riferita al testo iniziale[1], nonché di una relazione tecnica riferita al maxiemendamento governativo approvato dal Senato che dà conto delle modifiche al testo originario apportate da tale emendamento.
Si esaminano di seguito le norme considerate dalle relazioni tecniche presentate nonché le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.
Solo laddove necessario a fini espositivi, nelle schede che seguono si riportano riferimenti distinti alle due relazioni tecniche, altrimenti si effettua un mero rinvio alla “relazione tecnica”. Nelle schede si fa altresì riferimento alle note tecniche presentate al Senato in risposta a richieste di chiarimento emerse nel corso dell’esame.
VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI
ARTICOLO 1, commi da 2 a 5, del disegno di legge di conversione
Delega al Governo per il riordino dei ruoli delle Forze armate e di polizia
L’art. 1 del disegno di legge di conversione, nel testo originario del provvedimento in esame (AS 840), si limita a prevedere la conversione in legge del decreto legge n. 113/2019 e a disciplinare la propria entrata in vigore.
Le norme introdotte nel corso dell’esame presso il Senato delegano il Governo ad adottare:
· uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate nonché correttive del D.lgs. n. 94/2017[2] (comma 2, lett. a);
· uno o più ulteriori decreti legislativi recanti disposizioni integrative in materia di revisione dei ruoli del personale delle Forze di polizia nonché correttive del D.lgs. n. 95/2017[3] (comma 2, lett. b).
Si evidenzia che il D.lgs. n. 95/2017 è già stato di recente sottoposto ad integrazione e correzione per effetto del D.lgs. n. 126/2018.
I suddetti decreti legislativi, fermo restando il mantenimento della sostanziale equiordinazione del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, sono adottati osservando, rispettivamente, i principi e criteri direttivi di cui all’ art. l, comma 5, secondo periodo, della legge n. 244/2012 e i principi e criteri direttivi di cui all’ art. 8, comma l, lett. a), n. 1), della legge n. 124/2015. La rideterminazione delle dotazioni organiche complessive delle Forze di polizia, ivi prevista, è attuata in ragione delle aggiornate esigenze di funzionalità della consistenza effettiva alla data del 1° gennaio 2019, ferme restando le facoltà assunzionali autorizzate e non esercitate alla medesima data (comma 3).
L’art. 1, comma 5, secondo periodo, della legge n. 244/2012 prevede che entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi per la revisione dello strumento militare di cui al comma 1, del medesimo articolo 1, il Governo possa adottare disposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi. L’ art. 8, della legge n. 124/2015 reca una delega legislativa in materia di riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato. Tra i principi e i criteri direttivi di delega è prevista (comma 1, lettera a) la razionalizzazione e il potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia, anche attraverso: n. 1) la revisione della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione in carriera e la rideterminazione delle relative dotazioni organiche in relazione alle aggiornate esigenze funzionali e della consistenza effettiva alla data del 28 agosto 2015 (data di entrata in vigore della legge) ferme restando le facoltà assunzionali autorizzate e non esercitate alla medesima data.
I decreti legislativi sono adottati secondo la procedura prevista dall'art. 8, comma 5, della legge n. 124/2015 (comma 4).
L'art. 8, comma 5, della legge n. 124/2015, tra l’altro, prevede che lo schema di ciascun decreto legislativo venga trasmesso alle Camere per l’espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
Agli eventuali oneri derivanti dall'adozione dei decreti legislativi si provvede nei limiti delle risorse del fondo di cui all’art. 35, comma l, del provvedimento in esame (comma 5).
L’art. 35, comma 1, richiamato istituisce nello stato di previsione del MEF un fondo in cui confluiscono le risorse relative ad autorizzazioni di spesa già disposte per il riordino delle Forze armate e delle Forze di Polizia e non utilizzate (Cfr.: Infra). L’art. 36 del disegno di legge di bilancio 2019, attualmente all’esame della Camera dei deputati (AC 1334), incrementa di euro 70.000.000 a decorrere dal 2020 le dotazioni del suddetto fondo ai fini del riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.
La relazione tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, ribadisce il contenuto e le finalità della disposizione e precisa che per l’estrema complessità della materia non risulta possibile procedere alla puntuale determinazione e quantificazione degli effetti finanziari derivanti dalle singole disposizioni che saranno introdotte dai decreti legislativi e che la relativa quantificazione potrà essere pertanto effettuata, in linea con quanto previsto dall’art. 17, comma 2, della legge n. 196/2009, solo al momento dell’adozione dei decreti legislativi. Tale quantificazione potrà avvenire nei limiti delle risorse del fondo di cui al comma 1, dell’articolo 35 del decreto legge in esame pari a euro 30.120.313 iscritti nel conto residui, a euro 20.089.182 per il 2018 e a euro 20.004.387 a decorrere dal 2019.
Con riguardo all’aggiornamento del principio della delega sulla rideterminazione delle dotazioni organiche delle Forze di Polizia in relazione alle aggiornate esigenze di funzionalità e della consistenza effettiva alla data del 1 gennaio 2019 (28 agosto 2015 nel testo della delega di cui all’art. 8, comma l, lett. a), n. 1) della legge n. 124/2015) (comma 3), la relazione tecnica afferma che l’adeguamento non comporta oneri aggiuntivi considerato che si tratta solo di una rideterminazione “formale” della dotazione organica, senza alcun effetto sulle eventuali assunzioni straordinarie in deroga al “turn over”.
Al riguardo, si evidenzia che la norma delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di revisione dei ruoli delle Forze Armate e delle Forze di Polizia. La relazione tecnica afferma che a causa della complessità della materia non risulta possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi e che l’effettiva e puntuale quantificazione di tali effetti potrà essere effettuata solo al momento dell’adozione dei medesimi decreti legislativi.
Si evidenzia peraltro che la delega è finalizzata sia all’introduzione di disposizioni correttive dei decreti legislativi già emanati (D.lgs. nn. 94 e 95 del 2017), sia all’integrazione degli stessi, richiamando in proposito i principi e criteri direttivi già contenuti nella norma di delega da cui originano i citati decreti del 2017.
Pertanto, pur prendendo atto che gli oneri dovrebbero comunque essere ricondotti nei limiti delle risorse del fondo di cui all’articolo 35, comma 1, del decreto legge in esame, andrebbero fornite indicazioni, anche di massima, circa le linee di intervento legislativo da perseguire ed il relativo impegno finanziario, tenuto conto che si tratta di dare attuazione a criteri di delega già noti e già in parte attuati (fatto salvo l’aggiornamento temporale del parametro riguardante la rideterminazione della dotazione organica).
In particolare, qualora l’intervento di delega sia finalizzato principalmente alla rideterminazione delle dotazioni organiche complessive delle Forze di polizia in ragione delle aggiornate esigenze di funzionalità e della consistenza effettiva alla data del 1° gennaio 2019 (in luogo della data del 28 agosto 2015, contenuta nell’originaria norma di delega), ferme restando le facoltà assunzionali autorizzate e non esercitate alla medesima data, potrebbero già essere disponibili i dati di base e gli elementi di valutazione per una stima, sia pur di massima, dell’impatto finanziario della nuova delega conferita.
Permesso di soggiorno per esigenze di carattere umanitario
La norma, modificata nel corso dell’esame al Senato, sopprime l'istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari – previsto dall’art. 5, comma 6, del D.lgs. n. 286/1998 (Testo unico in materia di immigrazione) disciplinando forme speciali di permesso di soggiorno temporaneo connesse a specifiche esigenze di carattere umanitario [comma 1, lett. b), n. 1].
A seguire sono sinteticamente individuate siffatte forme speciali di permesso di soggiorno richiamate dal comma in riferimento e da altri commi della norma in esame: permesso di soggiorno per cure mediche (ai sensi del novellato articolo 19, comma 2, lettera d-bis) del T.U. (comma 1, lett. g); permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, ovvero per le vittime di violenza o di grave sfruttamento con concreti pericoli per l'incolumità dello straniero (ai sensi dell'articolo 18 del T.U.); permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica (ai sensi dell'articolo 18-bis, del T.U.); permesso di soggiorno per calamità (ai sensi del nuovo articolo 20-bis del T.U.) (comma 1, lett. h); permesso di soggiorno per casi di particolare sfruttamento del lavoratore straniero, il quale abbia presentato denuncia e cooperi nel procedimento penale instaurato contro il datore di lavoro (ai sensi dell'articolo 22, comma 12-quater del T.U.); permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile (ai sensi del nuovo articolo 42-bis del T.U.) (comma 1, lett. q); permesso di soggiorno per i casi di non accoglimento della domanda di protezione internazionale e al contempo di non sottoponibilità dello straniero ad espulsione e respingimento verso uno Stato in cui egli possa essere oggetto di persecuzione (ai sensi del novellato articolo 32, comma 3, del D.lgs. n. 25/2008) (comma 2, lett. a). I summenzionati permessi di soggiorno speciali presentano una durata diversamente modulata.
Vengono introdotte disposizioni concernenti le controversie relative al rilascio dei permessi “speciali” sopra illustrati, con specifico riguardo al giudice competente e al procedimento di trattazione delle impugnazioni. Si dispone, in particolare, che il giudice competente - ossia le Sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, istituite dal DL n. 13/2017) presso ciascun Tribunale ordinario del luogo nel quale hanno sede le Corti d’appello - decidano con rito sommario di cognizione[4] [comma 3, lett. a)].
Dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, lett. b), n. 1 (sostituzione del permesso di soggiorno per motivi umanitari con i nuovi permessi di soggiorno speciali), e al comma 3, lett. a) (competenza delle Sezioni specializzate) non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le Amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 4).
Viene introdotto nel D.lgs. n. 150/2011[5] il nuovo articolo 19-ter, disciplinante le controversie in materia di diniego o di revoca dei permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario. La nuova disposizione prevede l'applicazione del rito sommario di cognizione innanzi alle sezioni specializzate per le controversie in materia di rifiuto di rilascio, diniego di rinnovo o revoca dei permessi di soggiorno di protezione speciale. La competenza è della sezione specializzata del luogo in cui ha sede l'autorità che ha adottato il provvedimento. Sono dettate poi altre norme processuali (comma 5).
I commi 6 e 7 sopprimono i riferimenti al permesso di soggiorno per motivi umanitari in specifici regolamenti individuati dalle medesime disposizioni.
I permessi di soggiorno per motivi umanitari in corso di validità al momento dell'entrata in vigore del provvedimento in esame possono essere rinnovati, alla loro scadenza, quali permessi di soggiorno di protezione speciale (di durata annuale). Viene prevista la previa valutazione della Commissione territoriale competente, circa la sussistenza dei presupposti di non respingimento (comma 8).
I permessi di soggiorno per motivi umanitari già riconosciuti dalle Commissioni ma non ancora rilasciati sono rilasciati alle condizioni previste dalla legge al momento in cui le relative decisioni siano state adottate, con le stesse caratteristiche, in termini di durata e convertibilità, del permesso per motivi umanitari. Alla loro scadenza tali permessi potranno essere rinnovati alle condizioni previste dal comma 8 per i permessi già rilasciati, quali permessi di soggiorno di protezione speciale (di durata annuale) (comma 9).
La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, afferma che le disposizioni dell’articolo tipizzano i permessi di soggiorno da rilasciare nei casi speciali in cui non è possibile effettuare il rimpatrio dello straniero. Si tratta, pertanto, di norme di carattere ordinamentale che non determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La relazione tecnica evidenzia che la tipizzazione dei permessi di soggiorno si riferisce a fattispecie ad oggi comprese nell'ambito di applicazione del permesso umanitario. Alle vittime di tratta (art. 18, T.U.) o di sfruttamento lavorativo (art. 22, comma 12-quater, T.U.) così come alle vittime di violenza domestica (art. 18-bis, T.U.) è rilasciato attualmente un permesso per motivi umanitari.
Nei casi di divieto di espulsione previsti dall'articolo 19, commi 1 e 1.1, richiamati dall'articolo 32, comma 3, T.U., come modificato dal presente decreto, per i quali è previsto il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale, è rilasciato attualmente un permesso per motivi umanitari (v. art. 28, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 394/1999). Il permesso per cure mediche è già espressamente esonerato dal pagamento del contributo ai sensi dell'articolo 3 del DM 6 ottobre 2011 (Contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno), come modificato dal DM 5 maggio 2017. La tipizzazione di quest'ultima fattispecie contenuta nel presente decreto così come le nuove tipologie di permesso di soggiorno per calamità e per atti di particolare valore civile descrivono, circoscrivendone i casi, fattispecie in cui attualmente è rilasciato un permesso per motivi umanitari. Pertanto la tipizzazione contenuta nel decreto non amplia il novero delle esenzioni dal versamento del contributo per il rilascio del permesso di soggiorno, limitandosi o descrivere o rinominare fattispecie in cui attualmente è rilasciato un permesso di soggiorno già esonerato dal versamento del contributo di cui all’articolo 5, comma 2-ter del citato d.lgs. T.U. Si assicura, quindi, che il Ministero dell'interno è in grado di svolgere gli adempimenti di competenza con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
L'articolo attribuisce inoltre alle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea anche la competenza delle controversie relative a casi specifici e particolari, tipizzati dagli articoli 18, 18-bis, 19, comma 2, lett. d) e d-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater, del T.U.
Con riferimento alla ulteriore ridefinizione dei profili di competenza attribuiti dalla normativa in esame alle sezioni specializzate, si rappresenta la tipizzazione e sporadicità delle casistiche prospettate dalle norme introdotte consente a tali organi giudiziari di continuare a espletare l'attività giurisdizionale nell'ambito delle dotazioni umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Riguardo al procedimento di trattazione delle impugnazioni, il comma 5 introduce un articolo 19-ter al D.lgs. n. 150/2011, prevedendo che anche le controversie di cui si sta trattando siano regolate secondo il rito sommario di cognizione. La disposizione si allinea a quanto previsto per la trattazione delle controversie per gli altri casi di protezione umanitaria ex articolo 3 DL n. 13/2017 e per i casi di protezione internazionale: trattandosi di norma di carattere esclusivamente procedurale, la stessa non è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri o carico della finanza pubblica.
La relazione tecnica indica i capitoli di bilancio del Ministero della Giustizia (riportati a seguire) sui quali graverà la spesa relativa all'ampliamento dell'attività giurisdizionale delle sezioni specializzate derivante dall'attuazione dell'art. 1, comma 3, lett. a).
(milioni di euro)
Missione - UDV |
Programma |
Azione |
Cat. spesa |
Cap. |
2018 |
2019 |
2020 |
Miss. 6 UDV 1.2 |
Giustizia civile e penale |
Spese personale programma (pers. civile) |
Spese Pers. |
1402 |
1.217.89 |
1.245.59 |
1.241.86 |
Miss. 6 UDV 1.2 |
Giustizia civile e penale |
Spese personale programma (pers. civile) |
Spese Pers. |
1404 |
24.6 |
25.33 |
25.33 |
Miss. 6 UDV 1.2 |
Giustizia civile e penale |
Spese personale programma (pers. civile) |
Spese Pers. |
1421 |
82.74 |
84.55 |
84.30 |
Miss. 6 UDV 1.2 |
Giustizia civile e penale |
Spese personale programma (magistrati) |
Spese Pers. |
1400 |
1.648.00 |
1.692.67 |
1.708.15 |
Miss. 6 UDV 1.2 |
Giustizia civile e penale |
Spese personale programma (magistrati) |
Spese Pers. |
1420 |
0.03 |
0.03 |
0.03 |
Miss. 6 UDV 1.2 |
Giustizia civile e penale |
Sviluppo strumenti innovazione tecnologica informatica e telematica per l’erogazione dei servizi di giustizia |
Informatica di servizio |
1501 |
49.93 |
47.99 |
47.99 |
Miss. 6 UDV 1.2 |
Giustizia civile e penale |
Funzionamento uffici giudiziari |
Acquisto beni e servizi |
1451 |
127.50 |
127.50 |
127.50 |
Miss. 6 UDV 1.2 |
Giustizia civile e penale |
Funzionamento uffici giudiziari |
Funz. uffici giudiziari |
1550 |
259.78 |
275.58 |
276.19 |
Nel corso dell’esame in 5^ Commissione al Senato[6] sono stati chiesti chiarimenti in merito all’ampliamento delle competenze delle sezioni specializzate in materia di immigrazione (Art. 1, comma 3, lett. a), con particolare riguardo alla quantificazione del relativo onere; ciò posto che la relazione tecnica si limita ad indicare i capitoli di bilancio del Ministero della giustizia sui quali graverà la relativa spesa. Inoltre, è stato chiesto di fornire chiarimenti in merito alla sostenibilità della clausola di invarianza recata dall’art. 1, comma 4 con riguardo alla summenzionata disposizione. Il Governo nella nota del Ministero dell’economia messa a disposizione[7] della 5^ Commissione, in risposta ai chiarimenti richiesti, ha affermato che la devoluzione a tali organi giurisdizionali delle impugnazioni sulle materie tipizzate dagli articoli 18, 18-bis, 19, comma 2, lettere d) e d-bis), 20-bis, 22, comma 12-quater, del T.U., inciderà in maniera minima sul carico di lavoro dalle stesse già espletato. In particolare, si stima, in via prudenziale, che l’incremento percentuale dell’attività giurisdizionale potrà attestarsi intorno al 3% evidenziando in termini numerici che i casi prospettati potranno essere valutati in circa 2.129 all’anno. Dato calcolato sui procedimenti civili aventi ad oggetto le impugnazioni relative alle pendenze dei ricorsi in materia di protezione internazionale di cui all’articolo 35 del T.U., come da prospetto di seguito riportato, secondo i dati estrapolati dalle statistiche giudiziarie presenti sul sito istituzionale del Ministero della giustizia.
(euro)
UFFICIO |
ANNO |
PROC. CIVILI |
SOPRAVVENUTI |
DEFINITI |
PENDENTI |
INCREMENTO % CARICO DI LAVORO |
Tribunale |
2017 |
Protezione internazionale |
41.791 |
35.573 |
54.461 |
1.634 |
Corte d’appello |
2017 |
Protezione internazionale |
13.856 |
4.663 |
16.520 |
496 |
Totale |
|
|
55.647 |
40.236 |
70.981 |
2.129 |
Alla luce di quanto illustrato, le sezioni specializzate di Tribunale, che attualmente sono pari a 26, potranno ripartire l’ulteriore carico senza che si proceda alla rideterminazione delle dotazioni organiche, ricorrendo all'adozione di opportune misure organizzative degli uffici. Al riguardo viene confermato che, la tipizzazione e la sporadicità delle casistiche prospettate dalle norme introdotte, consente a tali organi giudiziari di continuare a espletare l'attività giurisdizionale nell'ambito delle dotazioni umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, secondo il prospetto dei capitoli di bilancio già riportato nella relazione tecnica.
La relazione tecnica relativa al maxiemendamento approvato al Senato, con riguardo alle modifiche apportate alla norma in esame, tra le quali quelle di cui al comma 1, lett. g); (documentazione attestante i gravi motivi di salute che determinano il rilascio del permesso di soggiorno per cure mediche) e al comma 1, lett. h) (possibilità di rinnovare il permesso per calamità) afferma che queste possiedono carattere ordinamentale e non determinano oneri per la finanza pubblica.
Con riguardo, alla disciplina generale del permesso per cure mediche, introdotto dal decreto in esame, la relazione tecnica precisa che questo è emerso nella prassi come tipologia specifica del più ampio genere del permesso umanitario. Tale permesso specifico possiede, quindi il medesimo ambito di applicazione soggettivo ed oggettivo che, in via interpretativa e giurisprudenziale, era già stato riconosciuto ai permessi per motivi umanitari. Le nuove tipologie di permessi per casi speciali e per protezione speciale ricomprendono fattispecie per le quali, sulla base della disciplina previgente, sussisteva già l’obbligo di iscrizione al SSN. La nuova disciplina dei permessi di soggiorno per motivi speciali, non determina, pertanto, nuovi oneri per la finanza pubblica, considerato che tali nuove tipologie hanno sostituito il più ampio e indefinito genere del permesso umanitario continuano a garantire il diritto all’iscrizione al SSN al pari dei corrispondenti istituti previsti dalla disciplina previgente, secondo la loro prassi applicativa ed il loro sviluppo previgente.
Al riguardo, si evidenzia che la norma [comma 1, lett. b), n. 1] sopprime l'istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari (previsto dall’art. 5, comma 6, del Testo unico in materia di immigrazione) disciplinando forme speciali di permesso di soggiorno temporaneo connesse a specifiche esigenze di carattere umanitario. Viene, altresì disposto che le controversie relative ai tali permessi “speciali” siano sottoposte alla cognizione delle Sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’UE, istituite dal DL n. 13/2017 (comma 3, lett. a)]. L’attuazione delle summenzionate disposizioni è assistita dal vincolo di neutralità finanziaria di cui al comma 4, che prevede, altresì, che le Amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Al riguardo, non si formulano osservazioni alla luce degli elementi e dei dati forniti dalla relazione tecnica, nonché dei chiarimenti forniti dal Governo nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, in merito agli elementi alla base della previsione di invarianza finanziaria.
Con riguardo alle tipologie speciali di permesso di soggiorno introdotte, la relazione tecnica evidenzia che la relativa disciplina non determina nuovi oneri per la finanza pubblica, considerato che tale tipologia è emersa nella prassi come forma specifica della più ampia categoria del permesso umanitario. Con riferimento alla competenza delle sezioni specializzate sulle controversie relative a tali forme speciali di permessi di soggiorno, in particolare, il Governo ha chiarito che le sezioni specializzate potranno ripartire l’ulteriore carico senza che si proceda alla rideterminazione delle dotazioni organiche, ricorrendo all'adozione di opportune misure organizzative. Non si formulano pertanto osservazioni per i profili di quantificazione.
Trattenimento dello straniero nei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR)
La norma, modificata nel corso dell’esame al Senato, novella l’art. 14, comma 5, del D.lgs. n. 286/1998 ed eleva da 90 a 180 giorni:
· il periodo massimo di trattenimento dello straniero all'interno dei Centri di permanenza per i rimpatri (CPR) (comma 1, lettera a);
· il periodo di trattenimento dello straniero presso le strutture carcerarie, superato il quale lo stesso può essere trattenuto presso il centro di permanenza per i rimpatri per un periodo massimo di 30 giorni (comma 1, lettera b).
Viene, inoltre, autorizzato il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara[8] - per un periodo non superiore a tre anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, e per lavori di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria – per l’esecuzione di lavori di costruzione, completamento, adeguamento e ristrutturazione dei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) - di cui all'art. 14, comma 1, del D.lgs. n. 286/1998 (comma 2).
Nell’ambito delle procedure di cui al comma 2, l’ANAC svolge attività di vigilanza collaborativa[9] (comma 2-bis). Dall’attuazione del comma 2-bis non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Allo svolgimento della summenzionata attività l’ANAC provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 2-ter).
I soggetti gestori dei centri di accoglienza e rimpatrio pubblicano, con cadenza semestrale, nel proprio sito internet o portale digitale la rendicontazione delle spese di gestione successivamente alle verifiche operate dalla prefettura ai fini della liquidazione. Gli stessi dati sono resi disponibili nel sito internet delle prefetture territorialmente competenti attraverso un link di collegamento al sito internet o al portale digitale del soggetto gestore (comma 2-quater).
Dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 3).
La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, afferma che le il prolungamento da 90 a 180 giorni del periodo massimo di trattenimento dello straniero avverrà nell'ambito dei posti già disponibili a legislazione vigente, con invarianza dei costi di gestione, già parametrati sulla base del numero di posti disponibili e non sul periodo di permanenza. Pertanto, la norma, individuando un periodo di trattenimento più elevato (180 giorni), non amplia la platea di stranieri destinatari della misura restrittiva. La relazione tecnica evidenzia, inoltre, la riduzione - già in atto - dei flussi migratori, attestata dai dati riferiti al periodo 1° gennaio 2018 - 19 settembre 2018, comparati con i dati riferiti allo stesso periodo dell'anno 2017, e sottolinea una riduzione dei suddetti flussi pari al 79,74%.
Viene evidenziato che i centri di permanenza per i rimpatri attualmente operativi sono 6 per un totale di 880 posti disponibili, mentre la realizzazione di nuovi CPR prevista dal DL n, 13/2017 con conseguente aumento di posti, trova già copertura finanziaria nel medesimo decreto-legge, sia per i costi di realizzazione che per i costi di gestione. In relazione a quanto previsto dal DL n. 13/2017, viene sottolineato che sono in fase di avvio i lavori di riqualificazione/ristrutturazione di alcune strutture già individuate, mentre sono in corso le necessarie interlocuzioni con le regioni per l'individuazione di altre strutture da destinare a CPR. Con riferimento al comma 2, la relazione tecnica afferma che questo non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto non prevede la realizzazione di nuovi posti nei centri, ma esclusivamente le modalità di affidamento dei lavori.
La relazione tecnica non considera il comma 3.
Il Governo nella nota del Ministero dell’economia messa a disposizione[10] della 5^ Commissione del Senato, ha confermato che il prolungamento del termine di trattenimento nei centri non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, essendo i costi di gestione inerenti alla presenza degli stranieri e all'interno delle strutture e non già relativi alla durata del trattenimento. La disponibilità di posti nei CPR, per effetto dell’elevazione del periodo di trattenimento da 90 a 180 giorni, resta invariata, tanto che, nelle ipotesi di incapienza, ogni nuovo ingresso deve avere come contropartita l'uscita dal centro di uno straniero. Viene precisato, inoltre, che la diminuzione dei flussi migratori non ha una diretta incidenza sulla disponibilità di posti nei CPR, considerato che in tali centri possono essere trattenuti stranieri in posizione irregolare già presenti sul territorio nazionale, che pertanto sono destinatari di un provvedimento di espulsione da eseguire nelle ordinarie forme dell'accompagnamento immediato alla frontiera o del trattenimento nei surriferiti centri ai fini dell'organizzazione od esecuzione dei rimpatri.
La relazione tecnica relativa al maxiemendamento approvato al Senato, afferma che le norme introdotte (commi 2-bis e 2-quater) non determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare alla luce dei dati e degli elementi evidenziati nella relazione tecnica e nell’ulteriore documentazione messa a disposizione nel corso dell’esame in prima lettura al Senato. In particolare si prende atto di quanto precisato dal Governo al Senato in merito al fatto che il prolungamento del termine massimo di trattenimento nei centri determinato dalla norma (da 90 a 180 giorni) non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; ciò in quanto i costi di gestione dei centri sono parametrati sulla presenza degli stranieri all'interno delle strutture e non già sulla durata del trattenimento. Nulla da osservare con riguardo alle norme approvate al Senato che prevedono che l’ANAC svolga, nell’ambito delle risorse disponili, attività di vigilanza collaborativa sulle procedure negoziate per l’esecuzione di lavori di costruzione o ristrutturazione dei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) (commi 2-bis e 2-ter) e che i soggetti gestori dei centri di accoglienza e rimpatrio pubblichino sui propri siti internet i rendiconto di gestione dei centri e che gli stessi siano resi disponibili nel sito internet delle prefetture (comma 2-quater).
Normativa previgente: l'art. 6 del D.lgs. n. 142/2015 prevede che il richiedente protezione internazionale possa essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda (comma 1). La norma individua i casi in cui il richiedente può essere trattenuto nei Centri di permanenza per i rimpatri, ove possibile in appositi spazi. Il trattenimento nei Centri in questione è, in particolare, disposto nei confronti di soggetti che costituiscano un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica ovvero nei confronti di richiedenti protezione internazionale per i quali sussista rischio di fuga.
La norma, modificata nel corso dell’esame al Senato, interviene sulla disciplina del trattenimento di stranieri che abbiano presentato domanda di protezione internazionale, ai sensi dei D.lgs. n. 142/2015 e n. 25/2008.
In particolare viene inserito il comma 3-bis, nell'art. 6 del D.lgs. n. 142/2015 con l’introduzione due nuove ipotesi di trattenimento, relative alla necessità di determinare o verificare l’identità o la cittadinanza dello straniero richiedente protezione internazionale[11] (comma 1, lettera a).
La novella prevede che lo straniero possa essere trattenuto per il tempo strettamente necessario, e comunque per un periodo non superiore a 30 giorni negli appositi punti di crisi[12] (hot spot). Qualora non sia stato possibile pervenire alla determinazione, ovvero alla verifica, dell’identità o della cittadinanza dello straniero richiedente protezione internazionale, questo può essere trattenuto per un periodo massimo di 180 giorni nei Centri di permanenza per i rimpatri di cui all’art. 14 del Testo Unico in conformità alle disposizioni relative alla proroga del trattenimento nei medesimi Centri (articolo 14, comma 5) introdotte dall’articolo 2 del provvedimento in esame.
Viene, inoltre, modificato l’art. 7, comma 5, lett. e) del DL n. 146/2013[13], al fine di prevedere l’accesso del garante delle persone private della libertà personale nei locali dei centri adibiti al trattenimento (comma 2-bis).
Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le Amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 3).
La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, afferma che la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto i costi sostenuti giornalmente per il trattenimento dei richiedenti asilo negli appositi locali, presso le strutture ove già sono effettuate le procedure di identificazione e di rilevamento fotodattiloscopico, ai sensi dell'articolo 10-ter, del D.lgs. n. 286/1998 (c.d. hotspot), sono coincidenti con quelli previsti per assicurare loro la necessaria accoglienza negli appositi centri previsti dal D.lgs. 142/2015.
Viene precisato che la platea di riferimento della disposizione è costituita da richiedenti protezione internazionale per i quali sussiste un obbligo di accoglienza - di diretta derivazione comunitaria - in base al quale, qualora non trattenuti, i richiedenti sono comunque ospitati nei centri di accoglienza, ai sensi del citato D. lgs. n. 142/2015, con equivalenza di costi.
La relazione tecnica relativa al maxiemendamento approvato al Senato, con riguardo alla modifica introdotta all’articolo in esame (comma 2-bis) ne evidenzia il carattere ordinamentale e afferma che questa non determina nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare alla luce dei dati e degli elementi evidenziati dalle relazioni tecniche.
Modalità di esecuzione dell'espulsione
Normativa previgente: l’articolo 13, comma 5-bis, del T.U. sull’immigrazione, disciplina l’esecuzione del provvedimento di espulsione amministrativa. La norma, nel testo previgente, prevede che il questore comunichi immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione, al giudice di pace territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera ali fini della sua convalida. Lo straniero è ammesso all'assistenza legale da parte di un difensore di fiducia nonché al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice e, ove necessario, da un interprete. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive. In attesa della definizione del procedimento di convalida, lo straniero espulso è trattenuto in uno dei Centri di permanenza per i rimpatri, salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei centri disponibili. Quando la convalida è concessa, il provvedimento diventa esecutivo. Se la convalida non è concessa ovvero non è osservato il termine per la decisione, il provvedimento perde ogni effetto. Avverso il decreto di convalida è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione dell'allontanamento dal territorio nazionale.
La norma, modificata nel corso dell’esame al Senato, novella l’articolo 13, comma 5-bis, del D.lgs. n. 286/1998, disciplinante l’esecuzione del provvedimento di espulsione amministrativa[14] e introduce alcune modalità di temporanea permanenza in attesa dell’esecuzione del medesimo provvedimento.
In particolare, viene previsto che nel caso non vi sia disponibilità di posti nei Centri di permanenza per i rimpatri ubicati nel circondario del Tribunale competente, su richiesta del questore, il giudice di pace possa autorizzare, fino alla definizione del procedimento di convalida del provvedimento di espulsione, la temporanea permanenza dello straniero in strutture diverse e idonee, nella disponibilità dell'Autorità di pubblica sicurezza (comma 1, primo e secondo periodo).
Viene, inoltre, previsto che qualora le condizioni di indisponibilità dei posti permangano anche dopo l’udienza di convalida, il giudice possa autorizzare la permanenza, in locali idonei presso l’ufficio di frontiera interessato, sino all’esecuzione dell’effettivo allontanamento e comunque non oltre le quarantotto ore successive all’udienza di convalida (comma 1, terzo periodo). Le strutture ed i locali di cui ai periodi precedenti garantiscono condizioni di trattenimento che assicurino il rispetto della dignità della persona (comma 1, quarto periodo).
Dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, primo e secondo periodo, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le Amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Agli oneri derivanti dal comma 1, terzo periodo, pari a 1.500.000 euro per il 2019, si provvede a valere sulle risorse del Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI), cofinanziato dall'UE per il periodo di programmazione 2014-2020 (comma 2).
La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, afferma che la disposizione prevista nella prima parte dell'articolo (comma 1, primo e secondo periodo) non comporta oneri finanziari aggiuntivi, considerato che la temporanea permanenza degli stranieri, nella fase dell'esecuzione del rimpatrio, presso le strutture nella disponibilità dell'Autorità di pubblica sicurezza, può aver luogo nei medesimi locali adibiti, attualmente, alla custodia delle persone in attesa della definizione di procedure connesse alle fasi di fermo, rilevamento fotodattiloscopico e di identificazione, nonché di redazione e notifica dei provvedimenti di rimpatrio. Eventuali spese derivanti dalla disposizione in analisi possono essere finanziate con le risorse già esistenti nel bilancio del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno e sui capitoli/piani gestionali esistenti, anche attraverso la loro riprogrammazione, assicurando in tal modo l'invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica. La relazione tecnica evidenzia, in particolare, che alle spese relative al mantenimento dello straniero cui è stato notificato il provvedimento di rimpatrio si farà fronte con gli stanziamenti di cui al capitolo 2646/P.g. 09 (Spese di viaggio, trasporto e mantenimento di indigenti per ragioni di sicurezza pubblica. Spese per il rimpatrio dì stranieri a seguito di provvedimento di espulsione o respingimento).
Con riferimento alla norma (comma 1, terzo periodo) riguardante l’ipotesi di permanenza dello straniero anche in luoghi idonei in aeroporto, in attesa della partenza del volo, la relazione tecnica ipotizza il coinvolgimento degli scali aerei di maggiore rilevanza (Bologna, Roma-Fiumicino, Milano-Malpensa, Torino e Venezia) da cui partono i voli internazionali di rimpatrio. La relazione tecnica afferma che, anche in tali casi non sono previsti nuovi oneri a carico della finanza pubblica. L'onere per i lavori di adeguamento delle strutture al nuovo utilizzo, con la previsione di appositi spazi conformi e a ciò destinati, viene quantificato dalla relazione tecnica in euro 300.000,00 a sito, per un importo complessivo pari a euro 1.500.000,00 per il 2019. Con copertura a valere del "Fondo asilo migrazione e integrazione 2014-2020" (FAMI)", cofinanziato dall'Unione europea per il periodo di programmazione 2014-2020, strumento finanziario istituito dal Regolamento UE n. 516/2014. La relazione tecnica precisa che, pertanto, per la copertura finanziaria degli interventi in questione, anche ai fini dell'informatizzazione e del collegamento alle reti occorrente anche ai fini di cui all'articolo 9, si attiveranno le necessarie procedure per adeguare l'attuale programmazione e gestione del suddetto Fondo, attraverso la rimodulazione degli interventi previsti nel programma nazionale e la conseguente riallocazione delle risorse, in linea con l'articolo 11 (Misure di accompagnamento delle procedure di rimpatrio), lettera f), del sopra citato regolamento (UE), che prevede la possibilità di "creare, mantenere e migliorare le infrastrutture, i servizi e le condizioni di alloggio, accoglienza o. trattenimento".
Il Governo nella nota del Ministero dell’economia messa a disposizione[15] della 5^ Commissione del Senato, ha confermato che la rimodulazione delle risorse del Fondo asilo migrazione e integrazione (FAMI), nel cui ambito si utilizzano 1,5 milioni di euro per l'anno 2019 per fare fronte ai nuovi oneri derivanti dalla disposizione in esame, non comportano oneri aggiuntivi derivanti dall’impossibilità di assolvere a precedenti impegni. Nella medesima nota è stato, inoltre, precisato che i locali individuati dalla relazione tecnica, negli Uffici di frontiera presso alcuni scali aeroportuali per la permanenza temporanea dello straniero da rimpatriare sono in numero adeguato e in luogo strategico (cinque aeroporti ubicati al centro-nord) rispetto alle attuali capacità operative e alle esigenze logistiche in punto di rimpatri.
La relazione tecnica relativa al maxiemendamento approvato al Senato, ribadisce quanto evidenziato nella relazione tecnica relativa al testo originario del provvedimento (AS 840) e, con riferimento alla norma introdotta al comma 1, quarto periodo, precisa che questa non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, con riferimento al comma 1, primo e secondo periodo, si evidenzia che la norma prevede la possibilità di disporre la temporanea permanenza dello straniero in strutture dell'Autorità di pubblica sicurezza fino alla definizione del procedimento di convalida dell’espulsione in caso di indisponibilità di posti nei CPR del circondario del Tribunale competente. La norma è corredata di uno specifico vincolo di invarianza (comma 2) e la relazione tecnica, a verifica di tale vincolo, richiama per la compensazione di eventuali oneri l’utilizzo delle risorse iscritte in bilancio su determinati capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’interno. Andrebbero peraltro forniti elementi informativi in merito alla congruità di tali stanziamenti rispetto a quanto previsto dalla norma, alla luce del complesso degli adempimenti già previsti e di quelli disposti dal provvedimento in esame a valere sulle medesime risorse.
Con riferimento al comma 1, terzo periodo, si evidenzia che questo consente la permanenza dello straniero in attesa dell’effettivo allontanamento presso le strutture aeroportuali. Ai relativi oneri, pari ad euro 1.500.000 euro per il 2019, si provvede (comma 2) a valere sulle risorse del Fondo asilo, migrazione e integrazione (FAMI), cofinanziato dall'UE per il periodo di programmazione 2014-2020. La relazione tecnica riferisce che l’onere concerne lavori di adeguamento delle strutture al nuovo utilizzo ed è quantificato in euro 300.000,00 a sito, per un importo complessivo pari a euro 1.500.000,00 per il 2019 (300.000 euro per 5 scali aeroportuali complessivi).
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione alla luce degli elementi forniti dal Governo, ad integrazione della relazione tecnica, durante l’esame in prima lettura al Senato.
In particolare è stato precisato che la rimodulazione delle risorse del FAMI, ai fini della copertura del suddetto importo, non comporta oneri aggiuntivi derivanti dall’impossibilità di assolvere a precedenti impegni. È stato, inoltre, evidenziato che gli Uffici di frontiera presso gli scali aeroportuali individuati dalla RT sono in numero adeguato e in luogo strategico (cinque aeroporti ubicati al centro-nord) rispetto alle attuali capacità operative e alle esigenze logistiche connesse ai rimpatri.
In merito ai profili di copertura, si rileva che il comma 2 provvede agli oneri, pari a 1,5 milioni di euro per il 2019, derivanti dall’ipotesi di permanenza dello straniero destinatario di un provvedimento di espulsione anche in luoghi idonei presso l’ufficio di frontiera interessato, a valere sulle risorse del Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI), cofinanziato dall’Unione europea per il periodo di programmazione 2014-2020. In proposito, nel prendere atto di quanto riportato nella relazione tecnica in ordine al fatto che si “attiveranno le necessarie procedure per adeguare l'attuale programmazione e gestione del suddetto Fondo, attraverso la rimodulazione degli interventi previsti nel programma nazionale e la conseguente riallocazione delle risorse”, appare tuttavia necessario che il Governo assicuri che la predetta rimodulazione non sia suscettibile di compromettere la realizzazione di eventuali impegni di finanziamento già assunti nell’ambito del ciclo di programmazione 2014/2020.
Disposizioni in materia di divieto di reingresso
Normativa previgente: l’art. 13, comma 14-bis, del D.lgs. n. 286/1998 prevede che il divieto reingresso del destinatario di un provvedimento di espulsione venga registrato dall'autorità di pubblica sicurezza e inserito nel sistema di informazione Schengen.
La norma modifica l’art. 13, comma 14-bis, del D.lgs. n. 286/1998, prevedendo che il divieto di reingresso nei confronti dello straniero destinatario di un provvedimento di espulsione abbia efficacia nell’intero spazio Schengen nonché negli Stati non membri dell'Unione europea ai quali si applica comunque l’acquis di Schengen.
La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, afferma che disposizione possiede carattere ordinamentale e specifica che il divieto di reingresso dello straniero destinatario di un provvedimento di espulsione vige nell’intero spazio Schengen.
La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, non si formulano osservazioni considerata la natura ordinamentale della disposizione.
Convalida dei respingimenti e sistema di informazione Schengen
La norma, approvata al Senato, modifica l’art. 10, del D.lgs. n. 286/1998 che disciplina il respingimento dello straniero. In particolare, viene previsto che:
· al provvedimento di respingimento con accompagnamento alla frontiera si applicano le procedure di convalida e le disposizioni previste nei casi di espulsione amministrativa (art. 13, commi 5-bis, 5-ter, 7 e 8 del T.U immigrazione) [comma 1, lett. a), cpv. comma 2-bis];
· lo straniero destinatario del provvedimento di respingimento con accompagnamento alla frontiera non può rientrare nel territorio dello Stato[16] senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno. In caso di trasgressione lo straniero è punito con la reclusione da uno a quattro anni ed è espulso con accompagnamento immediato alla frontiera [comma 1, lett. a), cpv. comma 2-ter];
· allo straniero che, già denunciato per il summenzionato reato ed espulso, abbia fatto reingresso nel territorio dello Stato si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni [comma 1, lett. a), cpv. comma 2-quater];
· per i summenzionati reati è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto anche fuori dei casi di flagranza e si procede con rito direttissimo [comma 1, lett. a), cpv. comma 2-quinquies];
· il summenzionato divieto di rientro nel territorio dello Stato è inserito, a cura dell'autorità di pubblica sicurezza, nel sistema di informazione Schengen e comporta il divieto di ingresso e soggiorno nel territorio degli Stati membri dell'Unione europea, nonché degli Stati non membri cui si applica l'acquis di Schengen [comma 1, lett. b), cpv. comma 6-bis]
La relazione tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, afferma che con la norma in esame viene inserita nel T.U. immigrazione una disposizione di carattere meramente procedurale che ricalca l’iter già previsto per la convalida dell’espulsione ed è implementabile nel nostro ordinamento con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili legislazione vigente. La relazione tecnica precisa, altresì, che il capitolo su cui insistono gli oneri per accompagnamento immediato alla frontiera è il 2646/P.g. 09 (Spese di viaggio, trasporto e mantenimento di indigenti per ragioni di sicurezza pubblica. Spese per rimpatrio di stranieri a seguito di provvedimento di espulsione o respingimento).
In particolare la RT precisa che la previsione di una fase di check up giurisdizionale del provvedimento esecutivo del respingimento del questore viene assicurata di medesimi organi competenti per il procedimento di esecuzione amministrativa o giudiziaria, avvalendosi delle medesime risorse già disponibili a regime sugli ordinari capitoli di bilancio. Lo stesso viene evidenziato con riferimento all’inserimento nel sistema informativo Schengen (SIS) a cura dell’autorità di pubblica sicurezza del divieto di reingresso e soggiorno nello spazio UE per i destinatari di provvedimenti respingimento; ciò considerato che tale implementazione non postula modifiche a tale sistema informativo né una funzione eccentrica rispetto agli ordinari obblighi incombenti sulle autorità di pubblica sicurezza, di inserimento dei dati previsti dalla legislazione vigente nei diversi sistemi informatici in disponibilità alle Forze di Polizia.
Al riguardo, si evidenzia che la norma prevede, tra l’altro, l’estensione al provvedimento di respingimento con accompagnamento alla frontiera delle procedure di convalida previste nei casi di espulsione amministrativa [comma 1, lett. a), cpv. comma 2-bis]. Al riguardo non si formulano osservazioni nel presupposto che, come affermato dalla relazione tecnica, l’implementazione di tale meccanismo venga disposto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili legislazione vigente.
Nulla da osservare, infine, con riguardo alle altre norme recate dalla disposizione in esame considerata la loro natura ordinamentale.
Disposizioni in materia di rimpatri
Normativa previgente: l’art. 1, comma 1122, lett. b), della legge n. 205/2017 (legge bilancio 2018), prevede, per il periodo 2018-2020, l’avvio di un Piano nazionale per la realizzazione di interventi di rimpatrio volontario assistito (RVA) nel limite di spesa di 500.000 euro per il 2018, di 1.500.000 euro per il 2019 e di 1.500.000 euro per il 2020. Tale Piano prevede l’istituzione fino a un massimo di trenta sportelli comunali che, fra l’altro, svolgono, in concorso con altri soggetti pubblici attività informative, di supporto, di orientamento e di assistenza sociale e legale per gli stranieri che possono accedere ai programmi di RVA esistenti. Alla norma sono ascritti effetti di maggior spesa corrente (identici sui tre saldi) pari ad euro 500.00 nel 2018 ed euro 1.500.000 annui per il 2019 e il 2020.
La norma sostituisce l’art. 1, comma 1122, lett. b), della legge n. 205/2017 (legge bilancio 2018) con un nuovo testo. La nuova disposizione assegna al Fondo rimpatri istituito[17] presso il Ministero dell'interno le risorse stanziate dalla summenzionata norma della legge di bilancio 2018 per l'avvio di un programma di rimpatrio volontario assistito (RVA). Non vengono modificati gli stanziamenti previsti nel testo previgente (500.000 euro per il 2018, di 1.500.000 euro per il 2019 e di 1.500.000 euro per il 2020).
La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, afferma che la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, prevedendo soltanto un diverso utilizzo, sempre in materia di rimpatri, delle risorse già assegnate al Ministero dell'interno dall’art. 1, comma 1122, della legge di bilancio 2018 per l'istituzione fino ad un massimo di 30 sportelli comunali per lo svolgimento delle attività informative e di supporto per i migranti che intendono accedere ai rimpatri volontari assistiti. La relazione tecnica segnala, inoltre, che ad oggi gli sportelli comunali non sono stati attivati, né se ne prevede l’attivazione in quanto le attività agli stessi assegnate sono già svolte in via ordinaria dal Ministero dell'interno, anche attraverso progettazioni avviate sui fondi europei (FAMI).
Il Governo nella nota del Ministero dell’economia messa a disposizione[18] della 5^ Commissione, ha confermato che per le risorse assegnate al Ministero dell’interno dall’articolo 1, comma 1122, della legge n. 205/2017, non sono stati assunti impegni di spesa.
Al riguardo, si evidenzia che la norma destina ad altre finalità di spesa, quali il rafforzamento del Fondo rimpatri del Ministero dell’interno, risorse che l’articolo 1, comma 1122, della legge n. 205/2017, nel testo previgente rispetto al decreto legge in esame, finalizza alla realizzazione di interventi di rimpatrio volontario assistito (RVA). L’intervento viene disposto senza modificare gli importi e l’ambito temporale di riferimento originariamente previsti (500.000 euro per il 2018, 1.500.000 euro per il 2019 e 1.500.000 euro per il 2020). Al riguardo non si formulano osservazioni nel presupposto che, come confermato dal Governo nel corso dell’esame presso il Senato, a valere su tali risorse non siano stati assunti impegni di spesa. |
Familiari del personale di rappresentanze diplomatico-consolari
La norma, introdotta dal Senato, prevede che gli stranieri notificati come familiari conviventi di agenti diplomatici, di membri del personale amministrativo e tecnico, di funzionari e impiegati consolari o di funzionari internazionali possano svolgere attività lavorativa nel territorio della Repubblica, a condizioni di reciprocità e limitatamente al periodo in cui possiedano in Italia la condizione di familiare convivente[19] (comma 1). Vengono individuati i soggetti conviventi ai fini del comma 1 (comma 2). Fermo restando il rispetto della normativa italiana in materia fiscale, previdenziale e di lavoro e fatte salve le diverse disposizioni previste dagli accordi internazionali, i familiari di cui al presente articolo non godono dell'immunità dalla giurisdizione civile e amministrativa, se prevista, per gli atti compiuti nell'esercizio dell'attività lavorativa (comma 3). Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 4).
La relazione tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, afferma che la disposizione ha carattere ordinamentale e non determina nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, non si formulano osservazioni per i profili di quantificazione.
Diniego e revoca della protezione internazionale
La norma, modificata al Senato, integra specifiche disposizioni del D.lgs. n. 251/2007[20] [articoli 12, comma 1, lett. c) e 16 comma 1, lett. d-bis)] e amplia il novero dei reati che, in caso di condanna definitiva, comportano il diniego e la revoca della protezione internazionale, includendovi ulteriori ipotesi delittuose ritenute di particolare allarme sociale (comma 1).
La modifica approvata dal Senato inserisce il furto in abitazione, anche non aggravato, tra le ipotesi che determinano il diniego o la revoca della protezione internazionale.
La relazione tecnica ribadisce il contenuto della norma ed afferma che questa non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, non si formulano osservazioni considerato il tenore ordinamentale della norma.
Domanda di protezione internazionale
La norma, introdotta al Senato, reca specifiche modifiche e integrazioni al D.lgs. n. 25/2008[21]. In particolare viene introdotto il nuovo articolo 2-bis, nel quale vengono definiti i principi e i criteri per l’individuazione dei c.d. “Paesi di origine sicuri” [comma 1, lett. a). cpv. Art. 2-bis].
La norma introdotta prevede l’adozione di un elenco dei Paesi di origine che vengono valutati sicuri sulla base di criteri individuati dalla medesima disposizione. Sulla base di tali criteri uno Stato non UE può essere considerato “Paese di origine sicuro” se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell'applicazione della legge all'interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non sussistono atti di persecuzione[22], né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. Un Paese può essere considerato Paese di origine sicuro per il richiedente protezione internazionale solo se questi ha la cittadinanza di quel Paese o è un apolide che in precedenza soggiornava abitualmente in quel Paese e non ha invocato gravi motivi per ritenere che quel Paese non è sicuro per la situazione particolare in cui lo stesso richiedente si trova
Viene, inoltre, aggiunto all’art. 9, il nuovo comma 2-bis. La disposizione introdotta prevede che la decisione con cui è rigettata la domanda presentata dal richiedente proveniente da un Paese designato “Paese sicuro” è motivata dando atto esclusivamente che il richiedente non ha dimostrato la sussistenza di gravi motivi per ritenere non sicuro detto Paese in relazione alla situazione particolare del richiedente stesso [comma 1, lett. b). cpv. comma 2-bis]. Vengono definiti gli aspetti procedurali relativi all’esame delle domande presentate da richiedenti provenienti da Paesi designati “Paesi di origine sicuri” [comma 1, lett. c), d) ed e)].
Viene definita una nuova disciplina delle ipotesi di rigetto delle domande per manifesta infondatezza con l’introduzione di un nuovo art. 28-ter [comma 1, lett. f), cpv. Art. 28-ter].
In base alla disposizione introdotta la domanda è considerata manifestamente infondata, tra l’altro, nelle seguenti ipotesi: a) il richiedente ha sollevato esclusivamente questioni che non hanno attinenza con i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale; b) il richiedente proviene da un Paese designato di “origine sicuro”; c) il richiedente ha rilasciato dichiarazioni palesemente incoerenti e contraddittorie o palesemente false, che contraddicono informazioni verificate sul Paese di origine; d) il richiedente ha indotto in errore le autorità e) il richiedente è entrato illegalmente nel territorio nazionale, o vi ha prolungato illegalmente il soggiorno e, senza giustificato motivo non ha presentato la domanda tempestivamente rispetto alle circostanze del suo ingresso; f) il richiedente ha rifiutato di adempiere all'obbligo del rilievo dattiloscopico.
La relazione tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, ribadisce il contenuto delle disposizioni ed afferma che queste hanno carattere ordinamentale e, pertanto, dall’attuazione dell’articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Con riguardo all’ampliamento delle ipotesi di rigetto della domanda di protezione per manifesta infondatezza [comma 1, lett. f), cpv. Art. 28-ter]. Viene precisato che ad oggi queste sono limitate al solo caso in cui il richiedente ha sollevato esclusivamente questioni che non hanno attinenza con i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale. La norma comporta effetti immediati sul procedimento di esame della domanda. Le decisioni delle Commissioni territoriali saranno adottate in tempi più brevi in quanto i casi di manifesta infondatezza saranno trattate nell’ambito delle procedure accelerate e la presentazione del ricorso non determinerà la sospensione automatica degli effetti del provvedimento, con conseguente possibilità di allontanare immediatamente lo straniero dal territorio ove tale sospensione non venga disposta dal giudice su istanza dell’interessato.
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare considerata la natura ordinamentale delle norme.
Cessazione della protezione internazionale
La norma, modificata nel corso dell’esame presso il Senato, introduce un comma 2-ter sia all’articolo 9 sia all’articolo 15 del D.lgs. n. 251/2007[23]. Le disposizioni introdotte recano una specifica causa di cessazione dello status di protezione internazionale, connessa al volontario ristabilimento dell’interessato nel Paese che ha lasciato per timore di essere perseguitato. A tal fine è rilevante ogni rientro nel Paese di origine, ove non giustificato da gravi e comprovati motivi[24] (commi 1 e 2).
La relazione tecnica, ribadisce il contenuto della norma ed afferma che questa possiede carattere ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo non si formulano osservazioni considerato il tenore ordinamentale della norma.
Domanda reiterata e domanda presentata alla frontiera
La norma, integrata nel corso dell’esame presso il Senato, modifica disposizioni del D.lgs. n. 25/2008[25] concernenti talune ipotesi di reiterazione della domanda di protezione internazionale da parte dell’interessato e l’introduzione di una procedura accelerata per l’esame della medesima domanda.
Tra le modifiche approvate al Senato, viene definita la nozione di “domanda reiterata” [comma 1, lett. 0a)].
In particolare viene prevista[26] l’esclusione dal beneficio dell’autorizzazione a rimanere sul territorio nazionale in attesa della decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ai richiedenti asilo che reiterino la domanda per ritardare o impedire l’esecuzione di un provvedimento di allontanamento ovvero perché la prima domanda reiterata è stata giudicata inammissibile o rigettata perché infondata [comma 1, lett. a), cpv. 2, lett. d) ed e)].
Viene, inoltre, introdotta una procedura accelerata di esame (termine di cinque giorni) della domanda di asilo per coloro che abbiano reiterato la domanda dopo una prima decisione da parte della Commissione territoriale senza addurre nuovi elementi[27]. La decisione deve avvenire entro cinque giorni anche nel caso in cui l’interessato presenti la domanda direttamente alla frontiera o nelle zone di transito da individuare con decreto ministeriale, dopo essere stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i relativi controlli. Al medesimo decreto viene demandata la possibilità di istituire fino a cinque ulteriori sezioni di Commissioni territoriali per l’esame delle domande presentate direttamente alla frontiera o nelle zone di transito [comma 1, lett. b), cpv. 1, commi da 1-bis) a 1-quater)].
Vengono, inoltre, accelerati i tempi[28] per la decisione di inammissibilità della domanda reiterata (comma 1, lett. c). Viene, altresì, previsto che, nel caso in cui lo straniero abbia presentato una prima domanda reiterata nella fase di esecuzione di un provvedimento che ne comporterebbe l’imminente allontanamento, la domanda venga considerata inammissibile in quanto presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione del provvedimento stesso. In tale caso non si procede all’esame della domanda [comma 1, lett. d), cpv. Art. 29-bis)]. Le disposizioni di cui all’art. 35-bis, del D.lgs. n. 25/2008 disciplinanti i procedimenti di impugnazione delle decisioni adottate dalle Commissioni territoriali, vengono integrate alla luce delle summenzionate novità procedurali. In particolare viene escluso, in ogni caso, l'effetto sospensivo del ricorso giurisdizionale avverso la decisione di inammissibilità di una domanda reiterata (comma 1, lett. e).
Per le finalità di cui al comma 1, lettera b) è autorizzata la spesa di euro 1.860.915 a decorrere dal 2019. Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 39 (comma 2).
Il testo originario della disposizione (AS n. 840) recava, inoltre, sul 2018 un’autorizzazione di spesa di euro 465.228,75.
Al fine di velocizzare l’esame delle domande di protezione internazionale pendenti possono essere istituite, dal l° gennaio 2019 con durata massima di otto mesi, ulteriori sezioni delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale[29] fino ad un numero massimo di dieci (comma 2-bis).
Per le finalità di cui al comma 2-bis è autorizzata la spesa di 2.481.220 euro per il 2019. Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 39 (comma 2-ter).
La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, afferma che l’articolo non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica nella parte in cui prevede ulteriori deroghe al diritto di permanenza sul territorio nazionale durante l'esame della domanda di protezione internazionale, qualora lo straniero presenti istanze reiterate allo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione di una decisione che ne comporterebbe l'imminente allontanamento dal territorio nazionale (comma 1, lett. a).
La relazione tecnica afferma, inoltre, che non comportano oneri per la finanza pubblica le disposizioni di cui alla lettera c), che accelera i tempi per la decisione di inammissibilità della domanda reiterata, e alla lettera e) che esclude, in ogni caso, l'effetto sospensivo del ricorso giurisdizionale avverso la decisione di inammissibilità di una domanda reiterata.
Con riferimento alle disposizioni di cui alla lettera b), la relazione tecnica riporta di seguito gli elementi e i parametri per la stima degli oneri (465.228,75 euro per il 2018 ed euro 1.860.915 a decorrere dal 2019 per i quali viene autorizzata la spesa di cui al comma 2) relativi all'istituzione fino a un massimo di cinque nuove sezioni di Commissioni territoriali.
In particolare viene evidenziato che il costo di una Commissione è pari a euro 372.183,00 annuali così ripartito:
· corresponsione dei gettoni di presenza - euro 76.440,00, calcolato tenendo conto dell'ammontare del gettone di presenza (euro 98,00), del numero di sedute annue (260) e dei 12 componenti delle Commissioni che percepiscono il gettone (3 componenti, in quanto il quarto, designato dall'UNHCR, non percepisce il gettone di presenza);
· pagamento delle missioni - euro 1.500,00. Per quanto riguarda la voce missioni, sono state stimate 3 missioni annue per 2 di personale al costo medio di euro 250,00 (per spese di viaggio, pasti ed eventuale pernottamento;
· servizi generali di funzionamento (spese per pulizia, cancelleria, acquisto e manutenzione di arredi ed apparecchiature) euro 8.000,00;
· lavoro straordinario - euro 23.071,00. Per quanto riguarda la voce straordinario, l'importo riportato deriva dalla somma delle seguenti due sotto voci:
o funzionari destinati in via esclusiva alla Commissione territoriale (4 funzionari per 15 ore mensili al costo di euro 19,69 ciascuna per 12 mensilità);
o personale di supporto alla Commissione territoriale (3 assistenti/operatori per 15 ore mensili al costo medio di euro 16,47 per 12 mesi;
· contributo UNHCR - euro 102.902,00;
· spese di interpretariato - euro 160.270,00.
La spesa complessiva annua autorizzata a regime, a decorrere dal 2019 (comma 2) è pari pertanto a 1.860.915 euro (euro 372.183,00 X 5 sezioni) mentre per il 2018, l'autorizzazione dì spesa pari a 465.228,75 euro, ipotizzando l'attivazione delle 5 sezioni nell'ultimo trimestre.
Il Governo nella nota del Ministero dell’economia messa a disposizione[30] della 5^ Commissione del Senato, ha integrato i dati e parametri di quantificazione del suddetto onere con ulteriori elementi. In particolare è stato precisato che il costo medio per le missioni (euro 1.500,00) è stato stimato considerando una media di tre missioni l’anno, per attività di formazione per 2 funzionari (presumibilmente presidente + 1 componente) moltiplicando il numero così ottenuto per il costo medio delle missioni effettuate dai componenti dei collegi negli scorsi anni, pari a euro 250. Il contributo annuo UNHCR per singola sezione è stato calcolato dividendo l’importo complessivo riconosciuto all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo nel 2017, per il numero di Commissioni e sezioni attive nel medesimo anno. Per le spese di interpretariato è stata considerata la spesa complessiva per il servizio di interpretariato sostenuta nell’anno 2017 divisa per il numero delle commissioni e sezioni attive (pari a 50).
Quanto, ad eventuali oneri per l'adeguamento informatico e al collegamento alle reti dei locali di frontiera, la relazione tecnica precisa che tali oneri sono stati già conteggiati nella quantificazione degli oneri relativi all'articolo 4 [a valere sul Fondo asilo migrazione e integrazione 2014-2020" (FAMI). Cfr.: Supra].
La relazione tecnica relativa al maxiemendamento approvato al Senato, con riguardo alle modifiche apportata in prima lettura precisa quanto segue:
La definizione della nozione di “domanda reiterata”, pressa al comma 1, possiede carattere ordinamentale e non determina nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La modifica al comma 2 sopprime la prevista autorizzazione di spesa per il 2018 per l’istituzione di ulteriori sezioni delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, direttamente alla frontiera o nelle zone di transito, fino un numero massimo di cinque.
Infatti, considerati i tempi occorrenti per l’adozione del decreto ministeriale necessario all’individuazione delle zone di frontiera interessate, si rende necessario differire l’istituzione delle cinque sezione all’anno 2019.
La disposizione modificativa del comma 2 dell’articolo in esame non comporta pertanto nuovi e maggiori oneri in quanto si limita a rideterminare la copertura finanziaria per il 2018, riducendola.
La disposizione di cui al comma - 2.bis istituisce fino ad un massimo di 10 sezioni delle Commissioni territoriali operanti nel 2019 per un tempo massimo di 8 mesi. La stima degli oneri relativi all’istituzione delle sezioni è effettuata sulla base del costo annuale di una Commissione pari ad euro 372.183,00, calcolato secondo quanto già evidenziato nella relazione tecnica relativa al testo originario. Il costo annuale viene riparametrato sulla durata di 8 mesi
Euro 372.183,00= 31.015,25 (costo mensile) X 8 mesi = 248.12,00 così ripartiti:
gettoni di presenza: euro 50.960,00 (costo annuale 76.440,00/12 X 8)
pagamento missioni: euro 1.000 (costo annuale 1.500/12 X 8)
servizi generali di funzionamento: euro 5.333,33 (costo annuale 8.000,00/12 X 8)
lavoro straordinario: euro 15.380,67 (costo annuale euro 23.071/12 X 8)
· straordinario funzionari: 4 funzionari X 15 ore mensili al costo di euro 19,69 ciascuna per 8 mensilità;
· straordinario personale di supporto: 3 assistenti7operatori per 15 ore mensili al costo medio di 16,47 per 8 mensilità;
contributo UNHCR euro 68.601,33 (costo annuale euro 160.270/12 X 8);
interpretariato euro 106.846,67 (costo annuale 160.270/12 X 8);
L’onere complessivo per il 2019, per otto mesi viene stimato in euro 2.481.220,00.
Al riguardo, si evidenzia che la norma (comma 2) autorizza la spesa di euro 1.860.915 a decorrere dal 2019 per le finalità di cui al comma 1, lettera b), relative alla possibilità di istituire cinque sezioni di Commissioni territoriali per l’esame delle domande di protezione internazionale presentate direttamente alla frontiera o nelle zone di transito. Viene, inoltre, prevista la possibilità di istituire, per le medesime finalità, a decorrere dal 1° gennaio 2019 e per una durata massima di otto mesi, fino al numero massimo di ulteriori 10 sezioni di Commissioni territoriali (comma 2-bis) autorizzando a tal fine la spesa di 2.481.220 euro per il 2019 (comma 2-ter). Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione alla luce dei dati e degli elementi forniti dalle relazioni tecniche e dall’ulteriore documentazione pervenuta nel corso dell’esame in prima lettura. In merito agli eventuali oneri per l'adeguamento informatico e per il collegamento alle reti dei locali di frontiera, che la relazione tecnica afferma essere già computati nell’ambito della quantificazione degli oneri relativi all'articolo 4, si evidenzia l’opportunità di una separata evidenziazione degli stessi.
Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale
Le norme modificano il decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 di attuazione della direttiva 2005/85/CE, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.
In particolare, si interviene sull’articolo 32 del citato decreto che tratta della decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che riconosce lo statu di rifugiato ovvero rigetta la domanda di riconoscimento. Le modifiche prevedono che il questore dia tempestiva comunicazione alla Commissione territoriale competente nel caso in cui il richiedente protezione internazionale sia sottoposto a procedimento penale per uno dei reati riconosciuti di particolare gravità dall’ordinamento[31] ovvero sia stato condannato, anche con sentenza non definitiva, per i suddetti reati. In tale caso la Commissione territoriale è tenuta a provvedere nell’immediatezza all’audizione del richiedente e ad adottare contestuale decisione. In caso di rigetto della domanda il richiedente ha l’obbligo di lasciare il territorio nazionale, anche nel caso in cui abbia presentato ricorso avverso la decisione. Si prevede, inoltre, che la Commissione possa rigettare la domanda se, in una parte del territorio del Paese di origine, il richiedente non ha fondati di temere di essere perseguitato o non corre rischi effettivi di subire danni gravi o ha accesso alla protezione contro persecuzioni.
La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle disposizioni e conclude che le stesse non determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo non si formulano osservazioni per i profili di quantificazione.
Istituzione di sezioni dell’unità di Dublino
Le norme prevedono[32] la possibilità di istituire fino ad un massimo di tre articolazioni territoriali dell’Unità di Dublino. Tali articolazioni, istituite con decreto del Ministero dell’interno, sono chiamate ad operare presso le prefetture nel limite delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 1).
L’unità di Dublino è l'autorità preposta alla determinazione dello Stato competente all'esame della domanda di protezione internazionale in applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013. L'Unità Dublino, opera presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno.
Si prevede[33], inoltre, che, nel caso di istituzione delle articolazioni nelle prefetture, i provvedimenti emanati sono impugnabili presso la sezione di tribunale specializzata in materia di immigrazione territorialmente competente (comma 2).
La relazione tecnica, oltre a ribadire il contenuto delle norme, assicura che le sezioni verranno istituite, nel numero massimo di tre, presso le prefetture individuate con decreto del Ministro dell'interno, in relazione alle esigenze contingenti connesse ai movimenti secondari dei richiedenti asilo, che interessano principalmente le frontiere terrestri. Le nuove articolazioni territoriali, per identità di funzioni rispetto a quelle assicurate in sede centrale, saranno realizzate preponendo a capo di esse viceprefetti e viceprefetti aggiunti in servizio presso la medesima Prefettura sede della sezione. Le nuove articolazioni territoriali faranno quindi capo a funzionari di livello dirigenziale non generale, considerato che nelle sedi periferiche l'unico dirigente di livello generale è il Prefetto. Le relative competenze e funzioni, ad invarianza della dotazione organica dei viceprefetti e viceprefetti aggiunti, saranno disciplinate con decreto ministeriale, attraverso una modifica parziale del D.M. 13 maggio 2014, con il quale sono stati da ultimo individuati i posti di funzione dirigenziale di livello non generale da attribuire, nell'ambito delle Prefetture —UTG, ai funzionari della carriera prefettizia. In particolare si dovrà provvedere ad una modifica della declaratoria relativa all'Area alla quale sono attribuite le competenze in materia di: diritti civili, cittadinanza, condizione giuridica dello straniero, immigrazione e diritto di asilo, di cui all'allegato A Tab 3 del citato D.M. 13 maggio 2014, che, ratione materiae, risulta funzionale alle nuove attività.
La relazione tecnica afferma, in conclusione, che l'articolo, nel suo complesso, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, si prende atto che la relazione tecnica ribadisce che le nuove funzioni potranno essere svolte da personale già incardinato nelle prefetture e già incaricato della trattazione di affari pertinenti alla materia oggetto delle norme. Non si formulano pertanto osservazioni nel presupposto – sul quale appare opportuna una conferma - che il carico amministrativo non risulti aumentato, ma solo redistribuito territorialmente e che tale riorganizzazione sia tale da non comportare aggravi per le strutture interessate dalla predetta redistribuzione.
Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti asilo
Le norme modificano una pluralità di disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti asilo.
Una prima modifica riguarda l'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 che tratta del Sistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiati e minori stranieri non accompagnati (SPRAR). Le modifiche ridefiniscono, tra l’altro, la platea dei destinatari dei servizi forniti dagli enti locali - e finanziati da SPRAR - finalizzati all’accoglienza e alla tutela. La formulazione previgente faceva riferimento ai richiedenti asilo, ai rifugiati e agli stranieri destinatari di altre forme di protezione umanitaria mentre la nuova formulazione fa riferimento ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati a cui si aggiungono i titolari dei permessi di soggiorno “speciali” previsti dal Testo unico in materia di immigrazione[34], come modificato dal decreto-legge in esame, ma solo nell’ipotesi in cui non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati. Sono anche riformulate le disposizioni che demandano ad un decreto del Ministro la definizione dei criteri e delle
le· modalità per la presentazione da parte degli enti locali delle domande di contributo per la realizzazione e la prosecuzione di progetti finalizzati all'accoglienza dei soggetti interessati dalle norme in esame; il decreto, come a legislazione vigente, potrà operare nei limiti delle risorse disponibili del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo[35] (comma 1).
Si modifica, poi, il decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, recante la disciplina del sistema di accoglienza nazionale in attuazione delle direttive europee 2013/32/UE e 2013/33/UE e in particolare:
· si elimina l’articolazione in due fasi del sistema nazionale di accoglienza dei richiedenti asilo[36]. Tale sistema è attualmente articolato in una fase di «prima accoglienza» assicurata in centri di prima accoglienza governativi (articolo 9 del decreto legislativo n. 142/2015), nonché nelle strutture temporanee autorizzate dal Prefetto (articolo 11 del decreto legislativo n. 142/2015), ed una di «seconda accoglienza» disposta nelle strutture SPRAR (articolo 14 del decreto legislativo n. 142/2015). Sono poi effettuate le necessarie modifiche di coordinamento conseguenti dalla eliminazione della rete SPRAR dal sistema dell’accoglienza [comma 2, lettere da a) a i)];
· si specifica che l'accoglienza dei minori stranieri da parte dei Comuni, in caso di indisponibilità nelle strutture dedicate ai minori stranieri e attivate dal Ministero dell'interno, non comporta oneri per il Comune [comma 2, lett. h-bis)];
· si elimina la previsione che consentiva ai richiedenti, che usufruiscono delle misure di accoglienza erogate ai sensi dell'articolo 14 decreto legislativo n. 142/2015, di frequentare corsi di formazione professionale, eventualmente previsti dal programma dell'ente locale dedicato all'accoglienza del richiedente [comma 2, lettera l)].
Si recano due disposizioni transitorie in base alle quali i richiedenti asilo e i titolari di protezione umanitaria già presenti in SPRAR alla data di entrata in vigore del decreto-legge rimangono in accoglienza in SPRAR fino alla scadenza del progetto di accoglienza in corso, già finanziato. Per i titolari di protezione umanitaria l’accoglienza non può essere protratta oltre la scadenza del periodo previsto dalle disposizioni di attuazione sul funzionamento di SPRAR e comunque non oltre la scadenza del progetto di accoglienza (commi 5 e 6).
Si prevede che i minori stranieri non accompagnati rimangono in accoglienza nelle strutture del Sistema di protezione degli enti locali destinato ai minori e ai titolari di protezione fino alla definizione della domanda di protezione internazionale, anche dopo il raggiungimento della maggiore età (comma 5-bis).
Si stabilisce, infine, che dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 7).
La relazione tecnica, oltre a ribadire il contenuto delle norme, puntualizza che i richiedenti asilo saranno ospitati nei centri di accoglienza di cui agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo n. 142/2015[37], ad essi esclusivamente destinati, con equivalenza di costi rispetto all'accoglienza attualmente prestata anche nelle strutture SPRAR. Pertanto, secondo la relazione tecnica, dalle nuove previsioni del comma 1 non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La relazione tecnica riferisce che i commi 2, 3 recano modifiche di coordinamento con le novelle introdotte dal comma 1 e, pertanto non comportano nuovi o maggiori oneri. Con particolare riguardo alla norma recata da comma 2, lett. h-bis) – la quale specifica che l'accoglienza dei minori stranieri da parte dei Comuni, in caso di indisponibilità nelle strutture dedicate ai minori stranieri e attivate dal Ministero dell'interno, non comporta oneri per il Comune –la relazione tecnica sottolinea che per tale forma di accoglienza i Comuni accedono ai contributi disposti dal Ministero dell'interno a valere sul fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati istituito presso il medesimo Dicastero.
Parimenti dalle norme transitorie dei commi 5 e 6 non derivano nuovi o maggiori oneri dal momento che le attività di accoglienza da erogare durante la fase transitoria risultano già finanziate.
Con riferimento al comma 5-bis - che prevede che i minori stranieri non accompagnati rimangano in accoglienza nelle strutture del Sistema di protezione degli enti locali fino alla definizione della domanda di protezione internazionale, anche dopo il raggiungimento della maggiore età - la relazione tecnica afferma che la previsione non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in quanto la permanenza del minore straniero richiedente asilo in tali strutture anche dopo il raggiungimento della maggiore età corrisponde a quanto già accade sulla base del quadro normativo vigente. La relazione tecnica chiarisce che l'accoglienza del sistema SPRAR è garantita nei limiti delle risorse esistenti nel Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. Alla luce di quanto detto, la disposizione non comporta, secondo la relazione tecnica, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare alla luce dei chiarimenti contenuti nella relazione tecnica.
Monitoraggio andamento flussi migratori
La norma, introdotta dal Senato, prevede che entro un anno dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, il Ministro dell'interno effettui un monitoraggio dell’andamento dei flussi migratori al fine della progressiva chiusura delle strutture temporanee di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, di cui all’art.11, del D.lgs. n. 142/2015.
La relazione tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, afferma che la disposizione possiede carattere programmatico che non determina nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Alle previste attività di monitoraggio si provvede nell’ambito delle risorse umane finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare considerata la natura ordinamentale della disposizione e nel presupposto che, come evidenziato dalla relazione tecnica, le attività di monitoraggio previste dalla stessa vengano svolte dal Ministero dell’interno nell’ambito delle risorse umane finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e pertanto senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Si osserva peraltro che tale condizione di non onerosità non è espressamente prevista dalla norma.
Obblighi di pubblicità delle cooperative sociali
La norma, modificando l’articolo 1 della legge n. 124/2017, prevede che cooperative sociali sono tenute, qualora svolgano attività in favore dei cittadini stranieri, a pubblicare sul proprio sito o portale digitale l’elenco dei soggetti a cui vengono versate somme per lo svolgimento di servizi finalizzati ad attività di integrazione, assistenza e protezione sociale.
La relazione tecnica afferma che la norma non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare considerato il tenore ordinamentale della norma.
La norma reca modifiche e integrazioni al D.lgs. n. 142/2015[38]. In particolare, con riguardo all’articolo 4 di tale decreto legislativo che disciplina il rilascio del permesso di soggiorno per richiesta asilo, viene previsto che tale permesso di soggiorno costituisce documento di riconoscimento, ma non titolo per l’iscrizione anagrafica (comma 1, lett. a).
All'articolo 5, comma 3 del D.lgs. n. 142/2015, relativo alla disciplina del domicilio del richiedente asilo, vengono apportate modifiche di coordinamento, alla luce di quanto previsto dal comma 1, lett. a) e viene disposto che l’accesso ai servizi erogati ai sensi delle norme vigenti presso i Centri di permanenza e rimpatri continui ad essere garantito pur non costituendo questi più luogo di dimora abituale per l’iscrizione anagrafica. Viene inoltre modificato il comma 4 dell’articolo 5 al fine di riconoscere in capo al prefetto competente in base al luogo di presentazione della domanda ovvero alla sede della struttura di accoglienza il potere di stabilire un luogo di domicilio (e non più di residenza) o un’area geografica ove il richiedente può circolare.
Viene, altresì, disposta l’abrogazione dell’articolo 5-bis, che prevede l’iscrizione obbligatoria nell'anagrafe della popolazione residente del richiedente protezione internazionale ospitato nei centri di accoglienza che non vi risulti già iscritto individualmente (comma 1, lett. c).
La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, afferma che l’articolo prevede che il permesso di soggiorno per richiesta asilo non consente l’iscrizione all’anagrafe dei residenti. Le relative disposizioni di carattere ordinamentale non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica
Al riguardo, non si formulano considerazioni stante il tenore ordinamentale delle disposizioni in esame.
Disposizioni in materia di acquisizione e revoca della cittadinanza
La norma modifica la legge n. 91/1992 in materia di cittadinanza.
In particolare, si abroga la disposizione[39] che preclude il rigetto della domanda di cittadinanza iure matrimonii decorso il termine di due anni [comma 1, lett. a)].
Inoltre, si prevede la concessione della cittadinanza italiana subordinata alla conoscenza della lingua italiana secondo un livello indicato nella norma e a tal fine il cittadino straniero che non ha sottoscritto l'accordo di integrazione o che non sia titolare di permesso UE di lungo soggiorno deve produrre un titolo di studio o una apposita certificazione [comma 1, lett. a-bis)].
Viene aumentato da 200 a 250 euro l'importo del contributo richiesto per le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza[40] [comma 1, lett. b)].
Si introduce l'articolo 9-ter con il quale si prolunga da 24 a 48 mesi il termine per la conclusione dei procedimenti di concessione della cittadinanza per residenza e quelli di attribuzione per matrimonio [comma 1, lett. c)].
Durante l’esame al Senato, è stata abrogata la previsione che estendeva il termine ai procedimenti di riconoscimento della cittadinanza avviati dall'autorità diplomatica o consolare o dall'ufficiale di stato civile per le istanze che si fondano su fatti accaduti prima del 1° gennaio 1948.
L'articolo 9-ter sopra descritto si applica ai procedimenti di conferimento della cittadinanza in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto (comma 2).
Viene poi introdotto l’articolo 10-bis che prevede la revoca della cittadinanza per coloro che abbiano riportato condanne definitive in una serie di reati [comma 1, lett. d)].
Si tratta dei delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni (art. 407, comma 2, lettera a) n. 4), nonché per i reati di assistenza ad appartenenti ad associazioni sovversive e con finalità di terrorismo e di sottrazione di beni sottoposti a sequestro per prevenire il finanziamento di condotte con finalità di terrorismo (articoli 270-ter e 270-quinquies.2 del codice penale).
Viene disposto il termine di sei mesi per il rilascio dei certificati di stato civile occorrenti ai fini del riconoscimento della cittadinanza (comma 2-bis). Infine, si integra la norma che elenca gli atti adottabili nella forma di D.P.R.[41] facendovi rientrare, oltre ai casi di concessione, anche quelli di revoca della cittadinanza italiana (comma 3).
La relazione tecnica sul comma 1, lettera a), afferma che la stessa non determina nuovi o maggiori oneri. Inoltre, dopo aver descritto il contenuto della successiva lettera b), sulla lettera c) la RT evidenzia che essa contiene disposizioni di carattere ordinamentale, in quanto prolunga i termini per la definizione dei procedimenti. Sulle ipotesi di revoca della cittadinanza, per gravi reati di terrorismo [comma 1, lettera d)] la RT afferma che la norma non determina nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Sulle modifiche intervenute al Senato, la RT afferma che la norma sulla documentazione dell'adeguata conoscenza della lingua italiana da parte dello straniero, non comporta pertanto nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica dato il suo carattere ordinamentale. Inoltre, sulla modifica del comma 1, lettera c), la RT afferma che non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Infine, sul termine di sei mesi di cui al comma 2-bis, la RT afferma che trattasi di disposizione di natura ordinamentale che non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, si rileva preliminarmente che la norma reca modifiche alla legge n. 91/1992 in materia di cittadinanza, tra cui : l’abrogazione della preclusione del rigetto della domanda di cittadinanza iure matrimonii decorso il termine di due anni [comma 1, lett. a)], l’introduzione della necessaria attestazione della conoscenza della lingua italiana da parte dello straniero [comma 1, lett. a-bis)], l’aumento del contributo per le richieste in materia di concessione della cittadinanza [comma 1, lett. b)], l’allungamento dei termini per la conclusione dei procedimenti di concessione della cittadinanza per residenza e quelli di attribuzione per matrimonio [comma 1, lett. c)], l’introduzione della revoca della cittadinanza per coloro che abbiano riportato condanne definitive in una serie di reati [comma 1, lett. d)] e il termine per il rilascio dei certificati di stato civile occorrenti ai fini del riconoscimento della cittadinanza.
Al riguardo, non si formulano osservazioni nel presupposto – sul quale appare opportuna una conferma – che gli adempimenti amministrativi conseguenti alle modifiche introdotte possano essere realizzati nell’ambito delle risorse esistenti.
Inoltre, in relazione all'aumento dell'importo del contributo per le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza, di cui al comma 1, lett. b), non si formulano osservazioni tenuto conto che il relativo aumento di gettito non risulta scontato ai fini delle previsioni tendenziali.
Patrocinio dell’Avvocatura dello Stato
Le norme stabiliscono che le funzioni di agente del Governo a difesa dello Stato italiano dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo sono svolte dall’Avvocato generale dello Stato, che può delegare un avvocato dello Stato.
La relazione tecnica afferma che la disposizione non prevede nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, atteso che trattasi di attività istituzionalmente prevista.
Al riguardo pur considerando che le attività in esame rientrano tra quelle istituzionali dell’Avvocatura, si rileva che la norma in esame prevede un obbligo di ricorso alla stessa. Pertanto, andrebbe chiarito quale sia il possibile carico operativo aggiuntivo per l’Avvocatura conseguente all’applicazione delle norme e se allo stesso si possa far fronte senza nuovi oneri per il bilancio dello Stato.
Le norme modificano il testo unico delle spese di giustizia[42] prevedendo che la dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione comporti la mancata liquidazione del compenso al difensore ammesso al gratuito patrocinio. Analogamente, non sono liquidate dallo Stato le spese per consulenze tecniche di parte che appaiano, già all’atto del conferimento dell’incarico, irrilevanti o superflue a fini probatori.
La relazione tecnica afferma che la disposizione non comporta oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, non si formulano osservazioni per i profili di quantificazione.
Le norme modificano una disposizione transitoria inerente il processo telematico. Tale disposizione prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2017 e sino al 1° gennaio 2019, per i giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, con modalità telematiche, deve essere depositata almeno una copia cartacea del ricorso e degli scritti difensivi, con l'attestazione di conformità al relativo deposito telematico. La modifica rende permanente l’obbligo di deposito.
La relazione tecnica afferma che la disposizione non comporta oneri per la finanza pubblica in quanto si limita a porre a regime una norma già presente nel nostro ordinamento.
Al riguardo, non si formulano osservazioni per i profili di quantificazione.
Comunicazioni al Procuratore presso il tribunale per i minorenni
Le norme integrano la legge 26 luglio 1975, n. 354, che reca norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà.
È inserito l’articolo 11-bis che impone agli istituti penitenziari e agli istituti a custodia attenuata per detenute madri (c.d. ICAM) l’obbligo di trasmettere, semestralmente, al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo ove hanno sede, l'elenco di tutti i minori collocati presso di loro con l'indicazione specifica delle informazioni circa i rapporti con le famiglie e loro condizioni psicofisiche. Si prevede, inoltre, che il procuratore della Repubblica, assunte le necessarie informazioni, chieda al tribunale, con ricorso motivato, di adottare i provvedimenti di propria competenza. A tal fine il procuratore, che trasmette gli atti al medesimo tribunale con relazione informativa, ogni sei mesi, può effettuare o disporre ispezioni (anche straordinarie) nei medesimi istituti indicati. È stabilito, infine, che i pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità che entrano in contatto con il minore recluso in uno degli istituti sopra citati debbano riferire al più presto al direttore dell'istituto su condotte del genitore pregiudizievoli al minore medesimo. Il direttore dell'istituto è tenuto a sua volta a darne comunicazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni (comma 1).
Sono poi apportate modifiche al codice di procedura penale.
In particolare si inserisce nel codice il nuovo articolo 387-bis (Adempimenti della polizia giudiziaria nel caso di arresto o di fermo di madre di prole di minore età), il quale prevede che nel caso di arresto o fermo di madre di prole di minore età, la polizia giudiziaria debba darne notizia al PM del luogo ove l'arresto o il fermo è stato eseguito, nonché al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo dell'arresto o del fermo. È, inoltre, integrato l’articolo 293 del c.p.p., prevedendo che copia dell'ordinanza che dispone la custodia cautelare in carcere nei confronti di madre di prole di minore età debba essere comunicata al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo di esecuzione della misura. Infine, è integrato l’articolo 656 del c.p.p. per stabilire che l'ordine di esecuzione della sentenza di condanna a pena detentiva nei confronti di madre di prole di minore età, debba essere comunicata al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo di esecuzione della sentenza (comma 2).
La relazione tecnica evidenzia che le norme intendono alimentare una collaborazione virtuosa tra le autorità che vengono in contatto con minori, nel caso in cui la madre sia sottoposta a misure carcerarie, e la magistratura minorile, al fine di rendere possibile, da parte di quest'ultima la pronta attuazione di provvedimenti a tutela del benessere del minore. Tale norme, secondo la relazione tecnica, non sono suscettibili di determinare effetti finanziari negativi. La relazione tecnica sottolinea che le disposizioni in esame hanno natura ordinamentale e di coordinamento giuridico ed implicano, riguardo al primo intervento, una collaborazione tra Istituti penitenziari e autorità giudiziaria minorile che già è attivata per altre tipologie di comunicazione. Tra l'altro, la non onerosità della proposta emendativa si evince dalla doverosità di fornire con modalità telematica le informazioni richieste dalla norma, in considerazione delle ampie disponibilità di strumentazione già in possesso dell'amministrazione penitenziaria.
La relazione tecnica evidenzia, altresì, che gli adempimenti previsti dal comma 2 rientrano negli ordinari compiti istituzionali della polizia giudiziaria e sono tesi a realizzare una disciplina di tutela rafforzata del preminente interesse del minore anche al fine della prevenzione di eventi rischiosi. gli stessi si inquadrano nel normale scambio di informazioni tra collaboratori ed ausiliari dell'autorità giudiziaria cd il medesimo organo inquirente. Pertanto, trattandosi di adempimenti propri del servizio espletato, si assicura che gli stessi potranno essere sostenuti avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e non sono suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo nulla da osservare al riguardo preso atto dei chiarimenti forniti dalla relazione tecnica.
Funzioni del personale del Corpo di polizia penitenziaria
La norma, introdotta dal Senato, inserisce l’articolo 4-ter nel D.lgs. n. 271/1989 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale).
La disposizione introdotta prevede che nell’esercizio delle funzioni di cui all’art. 371-bis, commi 1 e 2, c.p.p. (attività di coordinamento investigativo) e, con specifico riferimento all’acquisizione, all’analisi e all’elaborazione dei dati e delle informazioni provenienti dall’ambiente penitenziario, il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo si avvale di un apposito nucleo costituito, fino ad un massimo di 20 unità, nell’ambito del Corpo di polizia penitenziaria e composto da personale del medesimo Corpo. L’assegnazione al predetto nucleo non determina l’attribuzione di emolumenti aggiuntivi.
La relazione tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, ribadisce il contenuto della norma e precisa che la disposizione non è suscettibile di introdurre nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, posto che alla sua attuazione l'Amministrazione della giustizia provvederà avvalendosi delle risorse umane finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. L'assegnazione al nucleo non determina l’attribuzione di emolumenti aggiuntivi.
Al riguardo, si evidenzia che la norma prevede la costituzione di un nucleo di supporto alle attività investigative del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo composto fino a un numero massimo di 20 unità del Corpo di Polizia penitenziaria. La relazione tecnica chiarisce che all’attuazione della disposizione l'Amministrazione della giustizia provvederà avvalendosi delle risorse umane finanziarie e strumentali disponibili già a legislazione vigente; inoltre la norma prevede che l'assegnazione al nucleo non determini l’attribuzione di emolumenti aggiuntivi. Sulla base di tali presupposti – peraltro solo in parte esplicitati dal testo delle disposizioni – non si formulano osservazioni per i profili di quantificazione.
Ottemperanza al provvedimento di allontanamento dalla casa familiare
Le norme modificano la formulazione dell’art. 282-bis c.p.p. in materia di allontanamento dalla casa familiare. Il testo vigente integra il catalogo dei reati indicati dall’art. 282-bis che consentono, nel corso del procedimento penale, l’uso dei braccialetti elettronici come modalità di esecuzione dell’allontanamento dalla casa familiare (comma 1).
Si stabilisce che dall'attuazione delle disposizioni sopra descritte non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
La relazione tecnica evidenzia che la disposizione in commento, limitandosi a incrementare il novero delle fattispecie incriminatrici per le quali è possibile adottare la misura del controllo con mezzi elettronici o altri strumenti tecnici dei soggetti imputati, non è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri sulla finanza pubblica, posto che troverà applicazione solo nel limite dei dispositivi (c.d. "braccialetti elettronici") effettivamente disponibili in applicazione delle clausole contenute nel contratto stipulato in data 14 dicembre 2017 con il R.T.I. "Fastweb S.p.A./Vitrociset S.p.A.", della durata di 36 mesi a decorrere dal 1 gennaio 2018. Ai sensi di tale contratto il numero di braccialetti elettronici fornibili, installabili e attivabili mensilmente è pari a 1.000 unità, elevabile fino ad un surplus del 20 per cento, a prescindere dal numero e dalla tipologia di reati per i quali siffatti strumenti di sorveglianza elettronici sono adoperabili.
La relazione tecnica precisa, inoltre, che la disponibilità e le materiali potenzialità applicative dei predetti dispositivi restano comunque invariate da un punto di vista quantitativo.
La relazione tecnica, infine, ribadisce che le amministrazioni interessate provvederanno ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e chiarisce che i relativi oneri graveranno sul capitolo 2558, Piano gestionale 2, "Noleggio, installazione, gestione e manutenzione di particolari strumenti tecnici di controlli delle persone, ecc.".
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare tenuto conto che la relazione tecnica afferma che la norma troverà applicazione solo nel limite dei dispositivi effettivamente disponibili. Si rileva, tuttavia, che sarebbe utile acquisire indicazioni riguardo all’effettivo tasso di utilizzo dei dispositivi attualmente disponibili.
Contratto di noleggio di autoveicoli per la prevenzione del terrorismo
La norma prevede la comunicazione da parte degli esercenti l’autonoleggio dei dati identificativi del soggetto richiedente il servizio per il successivo raffronto effettuato dal Centro elaborazione dati. Da tale comunicazione sono esclusi i contratti di noleggio di autoveicoli per servizi di modalità condivisa (car sharing) (comma 1).
La norma ha finalità di prevenzione del terrorismo, mentre la comunicazione è contestuale alla stipula del contratto di noleggio e comunque con un congruo anticipo rispetto alla consegna del veicolo.
Il CED procede al raffronto automatico dei dati comunicati e, laddove emergano situazioni potenzialmente rilevanti per le finalità di prevenzione del terrorismo, invia una segnalazione di allerta all'ufficio o comando delle Forze di polizia per le conseguenti iniziative di controllo, anche ai fini di cui all'articolo 4, primo comma, del TULPS[43] (comma 2)
I dati comunicati al CED sono conservati per un periodo di tempo non superiore a sette giorni. Un decreto del Ministro dell'interno di natura non regolamentare - sentito il Garante per la protezione dei dati personali - definisce le modalità tecniche di effettuazione delle comunicazioni sopra descritte, nonché di conservazione dei dati (comma 3).
Infine, si prevede che dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno provvede ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 4).
La relazione tecnica afferma che la disposizione in esame mira a perfezionare il sistema di prevenzione antiterrorismo, tenuto conto dell'esperienza maturata a seguito degli attacchi verificatisi lo scorso anno in varie città europee, che hanno infatti evidenziato come una delle tattiche preferite dai gruppi o anche dai c.d. “lupi solitari” sia quella di utilizzare veicoli per colpire indiscriminatamente pedoni in luoghi affollati.
Inoltre, la RT precisa che la verifica con le informazioni contenute nel citato CED interforze avverrà – tramite il Centro Nazionale della Polizia di Stato di Napoli che garantirà il collegamento informatico con gli autonoleggiatori - mediante un raffronto automatico dal quale conseguirà, in caso di match positivo, una segnalazione di alert che verrà propagato agli uffici territoriali competenti in relazione al luogo in cui è ubicato l'autonoleggio.
Pertanto, secondo la RT la previsione in commento non comporta oneri per la finanza pubblica, in quanto ai descritti adempimenti si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Nel dettaglio, infatti, in base agli elementi informativi forniti dagli operatori di settore concernenti i contratti di noleggio stipulati quotidianamente, sono stimabili in circa 15.000 le richieste al giorno di verifica dei dati. Le attuali strutture hardware e i software necessarie a garantire l'attuazione della norma in commento, nella disponibilità del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, sono già in grado di sopportare tale mole di trasmissioni che, peraltro, sono analoghe nell'attività oggi posta in essere ai sensi dell'articolo 109 del TULPS (R.D. n. 773/1931), e pertanto non è necessario effettuare alcuna implementazione dei sistemi informativi. Ciò premesso, all'attuazione della disposizione si provvede con le risorse disponibili a legislazione vigente, in particolare con gli stanziamenti ordinari imputabili alla Missione 3, Ordine pubblico e sicurezza - Capitolo 7457 – piano gestionale 3, destinato al funzionamento del CED.
Infine, con particolare riferimento all’esclusione dei contratti di noleggio di autoveicoli per servizi di modalità condivisa (car sharing) la RT afferma che essa non comporta oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione alla luce delle informazioni riportate nella relazione tecnica.
Disposizioni in materia di accesso al CED interforze da parte del personale della polizia municipale
La norma consente al personale dei Corpi e servizi di polizia municipale dei comuni con popolazione superiore ai centomila abitanti addetto ai servizi di polizia stradale e in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, quando procede al controllo ed all'identificazione delle persone, di accedere al CED per verificare eventuali provvedimenti di ricerca o di rintraccio esistenti nei confronti delle persone controllate. La norma si applica progressivamente, nell'anno 2019, agli altri comuni capoluogo di provincia (comma 1).
La previsione si applica in deroga all’articolo 9 della legge n. 121/1981[44] ed inoltre fermo restando quanto previsto dall'articolo 16-quater del D.L. n. 8/1993, che consente al personale della polizia municipale addetto ai servizi di polizia stradale di accedere:
§ ai sistemi informativi automatizzati del P.R.A. e della D.G. della motorizzazione civile,
§ allo schedario dei veicoli rubati e allo schedario dei documenti d’identità rubati o smarriti operanti presso il CED;
§ alle informazioni concernenti i permessi di soggiorno rilasciati e rinnovati (secondo quanto previsto dall’articolo 54, comma 5-bis del D.lgs. n. 267/2000[45]).
Inoltre, tale personale della polizia municipale può essere, altresì, abilitato all’inserimento, presso il CED dei dati relativi ai veicoli rubati e ai documenti rubati o smarriti, di cui al comma 1, acquisiti autonomamente.
Con decreto del Ministero dell’interno vengono fissati i parametri - classe demografica, rapporto numerico tra personale della polizia municipale assunto a tempo indeterminato e numero di abitanti residenti, numero delle infrazioni alle norme sulla sicurezza stradale (rilevato ai sensi dell’articolo 12 del D.lgs. n. 285/1992) – sulla cui base l’accesso al CED è consentito anche a comuni diversi da quelli indicati al comma 1 (comma 1-bis).
Con decreto del Ministro dell'interno si definiscono le modalità di collegamento al CED, gli standard di sicurezza e il numero degli operatori di polizia municipale che ciascun comune può abilitare alla consultazione dei relativi dati (comma 2)
Per l'attuazione del comma 1 (accesso dei comuni maggiori) è autorizzata la spesa di 150.000 euro per l’anno 2018 e di 175.000 euro per l’anno 2019 e ai relativi oneri si provvede, per l'anno 2018, ai sensi dell'articolo 39 (alla cui scheda si rinvia) e, per l'anno 2019, mediante corrispondente riduzione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (articolo 10, comma 5, D.L. n. 282/2004) (comma 3).
Agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1-bis (accesso degli ulteriori comuni), nei limiti di euro 25.000 per l'anno 2019, si provvede mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), della legge n. 44/1999 (comma 3-bis).
La norma richiamata fa riferimento al contributo sui premi assicurativi, raccolti nel territorio dello Stato, nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi e furto, relativi ai contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 1990 che alimentano il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive.
La relazione tecnica afferma che la consultazione dei dati avviene per il tramite di un sistema/applicazione di risposta semaforica del tipo “hit/no hit”, che consente in caso positivo di evidenziare l'eventuale sussistenza, in capo ai soggetti controllati, di provvedimenti “attivi” nel citato sistema informativo che richiedono un seguito operativo, quali, ad esempio, provvedimenti di arresto, rintraccio e notifica provvedimento, segnalazioni di persone scomparse, i provvedimenti Schengen e provvedimenti inerenti la patente di guida.
Dal requisito demografico discende che il servizio di consultazione interesserà 46 Comuni, 4 dei quali (Genova, Milano, Roma e Torino) già accedono direttamente al CED in relazione allo schedario dei veicoli rubati.
In ordine al flusso di interrogazioni del citato sistema informatico, lo stesso è stato quantificato in circa 6.000.000 di interrogazioni annue. A tale risultato si è pervenuti mediante una stima effettuata prendendo in considerazione un numero medio di utenti della polizia locale pari 30 unità per ognuno dei 42 Comuni e il numero medio di interrogazioni annue (pari a 1.100) effettuate nei sopracitati 4 Comuni. Il numero di interrogazioni stimato è stato quindi calcolato tenendo conto che l'intervento proposto prevede la possibilità di quattro diverse tipologie di interrogazione.
Per consentire l'attività di consultazione occorrono interventi di adeguamento tecnologico del CED il cui ammontare complessivo viene quantificato in 150.000 euro per l'anno 2018 (cui si provvede avvalendosi delle risorse indicate all’articolo 39) e in 175.000 euro per l'anno 2019 (cui si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 10, comma 6, del D.L. n. 282/2004 (FISPE), che presenta la necessaria disponibilità finanziarla).
Le modifiche intervenute al Senato (comma 1-bis), secondo la RT, determinano la progressiva estensione, nel corso del 2019, della possibilità di accesso a specifici schedari del CED interforze agli operatori di polizia locale, operanti nel settore della polizia stradale, di tutti i Comuni capoluogo di provincia, a prescindere dal numero di abitanti del Comune stesso, fissato invece al comma 1 per i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti. Gli oneri derivanti dal comma l-bis sono stati quantificati in euro 25.000 per l'anno 2019 e trovano copertura attraverso l'utilizzo di una corrispondente quota delle entrate di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), della legge 23 febbraio 1999, n. 44.
Per la descrizione della norma citata, si veda, supra, il paragrafo relativo alla descrizione delle norme introdotte.
Al riguardo, si rileva che la norma consente al personale dei Corpi e servizi di polizia municipale dei comuni con popolazione superiore ai centomila abitanti e progressivamente, nel 2019, dei comuni capoluogo di provincia e di altri comuni che saranno individuati, di accedere al CED interforze per la verifica di provvedimenti di ricerca o di rintraccio esistenti nei confronti delle persone controllate.
La relazione tecnica, sulla base del presumibile maggior numero di interrogazioni annue, indica il costo per gli interventi di adeguamento tecnologico del CED interforze senza dare conto degli elementi o delle stime allo stesso sottostanti. In particolare, il costo una tantum è attribuito ai soli adeguamenti tecnologici, mentre non si fa menzione di eventuali ulteriori fabbisogni dovuti alla manutenzione del sistema. In proposito, sarebbe pertanto necessario acquisire chiarimenti.
In merito all’utilizzo, a copertura, di parte delle entrate che affluiscono al Fondo di solidarietà per le vittime di richieste estorsive, appare necessario chiarire se detto vincolo di finalizzazione sia compatibile con l’originaria destinazione delle risorse e non pregiudichi ulteriori iniziative e attività previste, a legislazione vigente, a valere sulle medesime risorse.
In merito ai profili di copertura, si rileva che il comma 3 provvede agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1, che prevede la possibilità di accesso per il personale dei Corpi e servizi di polizia municipale dei comuni con popolazione superiore ai centomila abitanti al Centro elaborazione dati. Si dispone altresì che, nel corso del 2019, la suddetta previsione trovi progressivamente applicazione anche negli altri comuni capoluogo di provincia, a prescindere dal numero di abitanti. Agli oneri di cui al comma 1, che ammontano complessivamente a euro 150.000 per il 2018 e a euro 175.000 per il 2019, si provvede:
- con riferimento a quelli imputati alla annualità 2018, ai sensi dell’articolo 39, alla cui puntuale descrizione pertanto si rinvia;
- con riferimento a quelli imputati alla annualità 2019, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (cap. 3075 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze). A tale riguardo, appare opportuno acquisire una conferma da parte del Governo in ordine alla sussistenza sul predetto Fondo delle risorse ivi previste a copertura, anche alla luce del nuovo quadro di finanza pubblica recato dal disegno di legge di bilancio per il triennio 2019-2021.
Il successivo comma 3-bis provvede invece alla copertura degli oneri, pari a 25.000 euro per il 2019, derivanti dall’attuazione del comma 1-bis, che prevede la possibilità di estendere l’accesso al Centro elaborazione dati ad un ulteriore, limitato numero di comuni, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), della legge n. 44 del 1999.
A tale ultimo proposito, si ricorda che tali entrate sono quelle derivanti dal contributo sui premi assicurativi, raccolti nel territorio dello Stato, nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi e furto destinate, ai sensi della predetta disposizione, al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive istituito presso il Ministero dell’interno.
Si segnala che le entrate di cui di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), della legge n. 44 del 1999, sono utilizzate anche dalle seguenti disposizioni del presente provvedimento:
- articolo 31-ter, comma 1, capoverso 3.4: 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2018;
- articolo 35-quater, comma 2, lettera c): 5 milioni di euro per l’anno 2019;
- articolo 39, comma 1, lettera c): 66.194 euro per l’anno 2018, 4.978.329 euro per l’anno 2019 e 5.237.109 euro annui a decorrere dal 2020.
Nel complesso dette entrate sono utilizzate dal presente provvedimento:
- per 2.066.194 euro per il 2018;
- per 12.003.329 euro per il 2019;
- per 7.237.109 euro annui a decorrere dal 2020.
Si rileva che dette entrate confluiscono nel capitolo 3410 dello stato di previsione dell’entrata, con una previsione per il triennio 2018-2020[46] di circa 22,6 milioni di euro per il 2018 e di circa 28,4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020.
Al riguardo, appare opportuno che il Governo fornisca una rassicurazione sull'adeguatezza delle residue risorse che perverranno al Fondo di solidarietà a fronte della copertura di oneri di funzionamento a carattere permanente e dei fabbisogni di spesa prevedibili.
Da un punto di vista contabile, si segnala infine che il comma 3-bis in commento non prevede - a differenza delle altre norme del provvedimento coperte a valere sulle medesime risorse di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), della legge n. 44 del 1999[47] - che le entrate di cui trattasi siano quelle affluite all’entrata del bilancio dello Stato, che restano quindi acquisite all’erario. Sul punto appare opportuno acquisire un chiarimento da parte del Governo.
Sperimentazione di armi ad impulsi elettrici da parte delle polizie locali
La norma attribuisce ai comuni capoluogo di provincia nonché quelli con popolazione superiore ai centomila abitanti la possibilità di dotare di armi comuni ad “impulsi elettrici”, in via sperimentale e per il periodo di sei mesi, due unità di personale individuato fra gli appartenenti ai dipendenti Corpi e Servizi di polizia locale (comma 1).
Con decreto del Ministero dell’interno vengono stabiliti i parametri - caratteristiche socioeconomiche, classe demografica, afflusso turistico e indici di delittuosità - utili per estendere la sperimentazione della dotazione delle armi comuni ad impulsi elettrici ai comuni diversi da quelli indicati al comma 1 (comma 1-bis).
Sono definite con regolamento comunale le modalità della sperimentazione che deve essere effettuata previo un periodo di addestramento del personale interessato nonché d’intesa con le aziende sanitarie locali competenti per territorio (comma 2). Al termine del periodo di sperimentazione, i Comuni, con proprio regolamento, possono deliberare di assegnare in dotazione effettiva di reparto l’arma comune ad impulsi elettrici (comma 3).
Gli oneri derivanti dalla sperimentazione e dalla formazione del personale delle polizie locali interessato sono posti a carico dei Comuni e delle Regioni, nei limiti delle risorse disponibili nei propri bilanci (comma 4).
Infine, si sostituisce il riferimento alla “pistola elettrica Taser” con quello di “arma comune ad impulsi elettrici” in una disposizione legislativa[48] con cui era stato demandato ad un decreto del Ministro dell'interno l'avvio da parte dell'Amministrazione della pubblica sicurezza della sperimentazione della "pistola elettrica Taser" (comma 5).
La relazione tecnica evidenzia che: il costo medio di mercato di un'arma a impulsi elettrici è mediamente pari a euro 1.000; la sperimentazione è destinata a interessare due unità di personale dipendente dei Corpi e dei Servizi di polizia municipale; i Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti sono, allo stato attuale, 46. Sulla base di tali elementi, la RT giunge ad una stima degli oneri nella misura di circa euro 4.000 per Comune, comprendendo anche i costi per 2 armi di riserva.
Secondo la RT, la norma non determina ulteriori oneri per la finanza pubblica, atteso, altresì, che i Comuni provvedono nei limiti delle risorse disponibili nei propri bilanci.
La disposizione non è quindi, anche dopo le modifiche intervenute al Senato, suscettibile di far insorgere nuovi o maggiori oneri, posto che trattasi di mera facoltà e non già di obbligo di partecipare all'attività sperimentativa, fermo restando che gli eventuali oneri legati all'acquisizione dell'erma ad impulsi elettrici ed alla formazione del personale incaricato di sperimentarla possono essere sostenuti attraverso una opportuna rimodulazione delle voci del bilancio dell'ente locale e della Regione con riguardo alle attività di formazione professionale.
Al riguardo, in merito ai profili di quantificazione non si formulano osservazioni, in considerazione della mera facoltà attribuita ai comuni sia nella sperimentazione sia nell’adozione dell’arma ad impulso elettrico, nonché della clausola di invarianza finanziaria contenuta al comma 4.
In relazione ai profili di copertura dei predetti oneri a valere sulle disponibilità dei comuni, non si formulano osservazioni in considerazione del carattere facoltativo delle disposizioni e della circostanza che non si prevedono deroghe ai vincoli di finanza pubblica a carico degli enti.
Interpretazione autentica in materia di registrazioni in strutture alberghiere
Normativa vigente. L’articolo 109 del R.D. 773/1931 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) prevede che i gestori di esercizi alberghieri e delle altre strutture ricettive in genere possono dare alloggio esclusivamente a persone munite della carta d'identità o di altro documento idoneo ad attestarne l'identità. Per gli stranieri extracomunitari è sufficiente l'esibizione del passaporto o di altro documento equivalente. Entro le successive ventiquattr'ore le generalità delle persone alloggiate devono essere comunicate alle Questure territorialmente competenti.
La norma reca l’interpretazione autentica dell’articolo 109 del R.D. n. 773/1931, secondo la quale gli obblighi in esso previsti si applicano anche ai locatori o ai sublocatori che locano immobili o parti di essi con contratti di durata inferiore a trenta giorni.
La relazione tecnica evidenzia come si introduca una disposizione meramente interpretativa di una norma già vigente (articolo 109 del TULPS) che non incide in alcun modo sotto il profilo finanziario, potendo essere attuata dalle amministrazioni competenti avvalendosi delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo, si rileva che la norma, nel fornire l’interpretazione autentica dell’art. 109 del TULPS (cosiddetta “schedina alloggiati”), estende a talune “locazioni brevi” gli obblighi di comunicazione degli alloggiati alle questure. Pur prendendo atto di quanto affermato dalla relazione tecnica, al fine di verificare la neutralità della norma, andrebbero acquisite informazioni circa il numero atteso delle nuove notifiche e l’idoneità delle risorse delle questure per la gestione dell’ulteriore traffico di dati. Inoltre, trattandosi di norma di interpretazione autentica, andrebbero acquisiti elementi di valutazione degli effetti finanziari anche con riguardo ai possibili effetti retroattivi, con conseguente invio di “notifiche di P.S.” anche in relazione a locazioni già in corso o concluse.
Interpretazione autentica in materia di polizia municipale
Normativa vigente. L’articolo 5, comma 5, della legge n. 65/1986 (Legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale) prevede che gli addetti al servizio di polizia municipale ai quali è conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza possono, previa deliberazione in tal senso del consiglio comunale, portare, senza licenza, le armi, di cui possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini e nelle modalità previsti dai rispettivi regolamenti, anche fuori dal servizio, purché nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza.
La norma dispone l’interpretazione autentica dell’articolo 5, comma 5, primo periodo, della legge n. 65/1986, in base alla quale la norma si interpreta nel senso che gli addetti al servizio di polizia municipale, ai quali è conferita la qualifica di agente di pubblica sicurezza, possono portare, senza licenza, le armi di cui possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini e nelle modalità previsti dai rispettivi regolamenti, nonché nei casi di operazioni esterne di polizia, d'iniziativa dei singoli durante il servizio, anche al di fuori del territorio dell'ente di appartenenza esclusivamente in caso di necessità dovuto alla flagranza dell'illecito commesso nel territorio di appartenenza.
La relazione tecnica afferma che la norma in esame è una disposizione meramente interpretativa di una norma già vigente e non incide in alcun modo sotto il profilo finanziario, in quanto, secondo la RT, può essere attuata dalle Amministrazioni competenti con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare considerato il carattere ordinamentale della norma.
Estensione dell’applicazione del DASPO
La norma estende l’applicazione del divieto di accesso alle manifestazioni sportive (c.d. DASPO) agli indiziati di reati di terrorismo, anche internazionale, e di altri reati contro la personalità interna dello Stato e l’ordine pubblico, indicati all’articolo 4, comma, 1, lett. d) del D. Lgs. n. 159/2011 (Codice antimafia).
La relazione tecnica afferma che la norma presenta evidente natura ordinamentale, come tale insuscettibile di recare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, nulla da osservare in considerazione del tenore ordinamentale della norma.
Contributo società sportive per i servizi di ordine pubblico
Normativa vigente. L’articolo 9 del D.L. 8/2007 al comma 3-ter prevede la destinazione obbligatoria di una quota minima dell'1 per cento e massima del 3 per cento degli introiti complessivi derivanti dalla vendita dei biglietti per finanziare i costi sostenuti per il mantenimento della sicurezza e dell'ordine pubblico in occasione degli eventi sportivi e in particolare per la copertura dei costi delle ore di lavoro straordinario e dell'indennità di ordine pubblico delle forze dell'ordine.
La norma incrementa la soglia minima e massima (rispettivamente, dall'l al 5% e dal 3 al 10%) della quota degli introiti complessivi derivanti dalla vendita dei biglietti e dei titoli di accesso emessi in occasione degli eventi sportivi calcistici.
La relazione tecnica evidenzia come la norma non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica incidendo su servizi istituzionali che le Forze di polizia assicurano ordinariamente in relazione alle esigenze di ordine pubblico. La sua attuazione, comunque, appare foriera di maggiori entrate per la finanza pubblica peraltro di difficile quantificazione, consentendo di destinare ad altri scopi risorse attualmente destinate a remunerare lo svolgimento dei cennati servizi.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.
Estensione dell’ambito di applicazione del DASPO urbano
Normativa vigente. L'articolo 10 del D.L. n. 14/2017 prevede l’ordine di allontanamento per coloro che impediscono l'accessibilità e fruizione delle aree interne delle infrastrutture pubbliche in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione, sia trasmesso al questore competente per territorio con contestuale segnalazione ai servizi socio-sanitari. Nei casi di reiterazione di tali condotte e qualora da esse possa derivare pericolo per la sicurezza, il questore può disporre il divieto di accesso ad una o più delle aree individuate all’articolo 9 per un periodo non superiore a sei mesi, specificate nel provvedimento e individuando le modalità applicative del divieto compatibili con il destinatario dell'atto (comma 2). La durata del divieto è compresa tra i sei mesi e i due anni qualora le condotte siano commesse da soggetto condannato nel corso degli ultimi cinque anni per reati contro la persona o il patrimonio. Nel caso in cui il responsabile sia soggetto minorenne, il questore ne dà notizia al procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni (comma 3).
La norma estende alle aree su cui insistono presidi sanitari e a quelle destinate allo svolgimento di fiere, mercati e pubblici spettacoli la disciplina del c.d. DASPO urbano, introdotta dall’articolo 9 del D.L. n. 14/2017.
Inoltre, in tema di c.d. DASPO urbano, si prevede che il divieto di accesso del Questore possa essere disposto per un periodo fino a dodici mesi, mentre il divieto di accesso disposto per persone condannate il periodo può essere compreso tra i dodici mesi e i due anni (comma 1-bis).
Si introduce poi l’articolo 13-bis del D.L. n. 14/2017 in cui si prevede che il Questore, per ragioni di sicurezza, possa disporre il divieto di accesso nei pubblici esercizi o in locali di pubblico intrattenimento, ovvero di stazionamento nelle immediate vicinanze degli stessi, per le persone condannate con sentenza definitiva per reati contro non colposi contro la persona e il patrimonio commessi negli ultimi tre anni in tali locali (comma 1-ter).
Nel provvedimento può essere limitato a specifiche fasce orarie, non può avere una durata inferiore a sei mesi né superiore a due anni e può prevedere l’obbligo di comparire nei comandi di polizia. Se disposto nei confronti di soggetto minorenne, viene notificato a chi esercita la responsabilità genitoriale. La violazione del divieto di cui al presente articolo è punita con la reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa da 5.000 a 20.000 euro.
Infine, si interviene sulla disciplina delle misure di prevenzione disposte dal tribunale (della durata massima da uno a cinque anni) prevedendo che tra le varie prescrizioni che possono essere rivolte al destinatario del provvedimento ci sia anche quella di non accedere agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico trattenimento, anche in determinate fasce orarie (comma 1-quater).
La relazione tecnica afferma il comma 1 è norma avente carattere ordinamentale, dalla quale, pertanto, non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Sulle modifiche intervenute al Senato, la RT afferma che esse presentano evidenti caratteri ordinamentali, insuscettibili pertanto di produrre nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Alla loro attuazione si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo, tenuto conto della portata ordinamentale delle disposizioni, non ci sono osservazioni.
Misure per la sicurezza nei pubblici esercizi
La norma prevede la possibilità di accordi sottoscritti tra il Prefetto e le organizzazioni maggiormente rappresentative degli esercenti per individuare specifiche misure di prevenzione, basate sulla cooperazione tra i gestori degli esercizi e le Forze di polizia, cui i gestori medesimi si assoggettano (comma 1).
La norma è finalizzata a una più efficace prevenzione di atti illegali o di situazioni di pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica all'interno e nelle immediate vicinanze degli esercizi pubblici.
Gli accordi sono adottati localmente nel rispetto delle linee guida nazionali approvate su proposta del Ministro dell’interno (comma 2).
L’adesione agli accordi e il loro rispetto da parte del pubblico esercizio sono valutati dal questore nei casi in cui lo stesso debba assumere provvedimenti di sospensione o di revoca della licenza (comma 3).
La relazione tecnica afferma che la disposizione riveste evidente carattere ordinamentale, sicché dalla sua applicazione non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.
Sanzioni per inottemperanza al divieto di accesso in aree urbane
La norma è volta a sanzionare penalmente l'inottemperanza al divieto di accesso in specifiche aree urbane, c. d. DASPO urbano, di cui all’articolo 10, commi 2 e 3, del D.L. n. 14/2017.
La relazione tecnica afferma che la disposizione riveste evidente carattere ordinamentale, sicché dalla sua applicazione non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.
Introduzione del delitto di esercizio molesto dell'accattonaggio
La norma introduce nel codice penale una nuova fattispecie delittuosa (articolo 669-bis) volta a sanzionare l'esercizio molesto dell'accattonaggio.
La sanzione punisce chiunque esercita l'accattonaggio con modalità vessatorie o simulando deformità o malattie o attraverso il ricorso a mezzi fraudolenti per destare l'altrui pietà, prevedendo la pena dell'arresto da tre a sei mesi, l'ammenda da euro 3.000 a euro 6.000 e il sequestro delle cose utilizzate per la commissione dell'illecito o che ne costituiscono il provento.
La relazione tecnica afferma che la disposizione riveste evidente carattere ordinamentale, sicché dalla sua applicazione non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.
Modifiche alla disciplina dell'accattonaggio
La norma modifica la disciplina del codice penale in materia di accattonaggio con l'impiego di minori (articolo 600-octies).
In particolare, si punisce chiunque organizza l'altrui accattonaggio, se ne avvalga o comunque lo favorisca a fini di profitto, con la pena della reclusione da uno a tre anni.
La relazione tecnica afferma che la disposizione riveste evidente carattere ordinamentale, sicché dalla sua applicazione non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.
Disposizioni in materia di parcheggiatori abusivi
La norma, sostituendo il comma 15-bis dell’articolo 7 del codice della strada (decreto legislativo n. 285/1992), modifica il sistema sanzionatorio da applicare nei confronti di chi esercita senza autorizzazione l’attività di parcheggiatore o guardiamacchine. In particolare, rispetto al testo vigente, si prevede, tra l’altro, una rimodulazione delle sanzioni amministrative pecuniarie che sono fissate da un minimo di euro 771 ad un massimo di euro 3.101 (da 1.000 euro a 3.500 euro nella normativa vigente). Inoltre, nel caso in cui il soggetto sia già stato sanzionato per la medesima violazione o se sono impiegati minori, è previsto l’arresto da sei mesi ad un anno e un’ammenda da 2.000 a 7.000 (nel testo vigente si prevede che la sanzione pecuniaria amministrativa sia aumentata del doppio).
La relazione tecnica afferma che la disposizione riveste evidente carattere ordinamentale, sicché dalla sua applicazione non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.
Apparati tecnico-logistici del Ministero dell'interno
La norma autorizza in favore del Ministero dell'interno la spesa complessiva di 15.000.000 euro per il 2018 e di 49.150.000 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025, da destinare:
· quanto a 10.500.000 euro per il 2018 e a 36.650.000 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025, alla Polizia di Stato (comma 1, lett. a);
· quanto a 4.500.000 euro per il 2018 e a 12.500.000 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (comma 1, lett. b).
Agli oneri di cui al comma 1 si provvede ai sensi dell’articolo 39 (comma 2).
La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, definisce le finalità della disposizione e afferma che agli oneri derivanti dall'attuazione della stessa si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale. 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo utilizzando l'apposito accantonamento relativo al Ministero dell'interno.
Per quanto riguarda le esigenze istituzionali della Polizia di Stato la tabella riepilogativa riportata a seguire individua le progettualità della Polizia di Stato con la relativa attribuzione delle risorse ripartite per ciascun esercizio finanziario.
(euro)
Impiego stanziamento fondo di riserva parte capitale art. 1 comma 1071 della legge di bilancio 2018 |
|||||||||
Progetti |
2018 |
2019 |
2020 |
2021 |
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
Totale |
Sistemi informativi |
7.500.000 |
22.150.000 |
22.150.000 |
22.150.000 |
22.150.000 |
22.150.000 |
22.150.000 |
22.150.000 |
162.550.000 |
Armamento |
500.000 |
3.000.000 |
3.000.000 |
3.000.000 |
3.000.000 |
3.000.000 |
3.000.000 |
3.000.000 |
21.500.000 |
Automezzi |
0 |
3.000.000 |
5.500.000 |
5.500.000 |
5.500.000 |
5.500.000 |
5.500.000 |
5.500.000 |
36.000.000 |
Interventi su immobili |
2.500.000 |
8.500.000 |
6.000.000 |
6.000.000 |
6.000.000 |
6.000.000 |
6.000.000 |
6.000.000 |
47.000.000 |
|
10.500.000 |
36.650.000 |
36.650.000 |
36.650.000 |
36.650.000 |
36.650.000 |
36.650.000 |
36.650.000 |
267.050.000 |
Con riferimento agli specifici interventi della Polizia di Stato la relazione tecnica illustra i singoli progetti, fornendo, peraltro, esclusivamente elementi di valutazione, ma non dati quantitativi. Si rinvia per il relativo contenuto al testo della relazione tecnica riferita al testo originario del provvedimento AS 840[49].
Con specifico riguardo al settore automezzi, in particolare la relazione tecnica precisa, tra l’altro, che la somma destinata al potenziamento del parco veicolare è minima in quanto già sono state stanziate risorse con il DL 119 ed ulteriori richieste sono state finanziate ai sensi dell'art. 1 comma 623 della legge n. 232/2016. Con riguardo, inoltre, agli interventi su immobili, viene inoltre precisato che nel corso degli ultimi anni si è portata avanti un’attività che ha consentito di ottenere un risparmio per la gestione degli immobili sia per il rilascio di alcuni immobili, sia per specifiche attività di razionalizzazione e di riallocazione, nonché a seguito della riduzione del 15% dei canoni per effetto della legge n. 135/2012. A partire dal 2013 e successivi esercizi 2014, 2015, 2016 è stato sanato interamente il debito comunicato dalle Prefetture in occasione dei ripetuti monitoraggi effettuati.
Per quanto riguarda le esigenze istituzionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la relazione tecnica riporta, il progetto complessivo e nella relativa tabella si individuano le risorse da implementare per gli esercizi finanziari interessati.
(euro)
Interventi sui flussi informativi e adeguamento tecnologico dei dispositivi di protezione individuali |
|
ANNO |
RISORSE |
2018 |
4.500.000 |
2019 |
12.500.000 |
2020 |
12.500.000 |
2021 |
12.500.000 |
2022 |
12.500.000 |
2023 |
12.500.000 |
2024 |
12.500.000 |
2025 |
12.500.000 |
TOTALE |
92.000.000 |
Vengono, inoltre, evidenziate le finalità dell’intervento relative all’aggiornamento tecnologico dei dispositivi di protezione individuali e vengono forniti elementi di valutazione non quantitativi. Sul punto si rinvia testo della relazione tecnica relativa all’AS 840.
Nel corso dell’esame in 5^ Commissione al Senato[50] sono stati chiesti chiarimenti circa l'impatto sui saldi di finanza pubblica delle spese correlate al potenziamento di apparati tecnico-logistici del Ministero dell'interno, considerato che le spese in esame potrebbero rientrate tra quelle in conto capitale che normalmente hanno un impatto differenziato sui saldi. Il Governo nella nota del Ministero dell’economia messa a disposizione[51] della 5^ Commissione, con riguardo all’autorizzazione di spesa in favore dei vigili del fuoco, ha chiarito, che alla luce delle informazioni disponibili sulla spendibilità delle risorse, si imputano identici effetti sul saldo netto da finanziare, sul fabbisogno e sull’indebitamento. Con riferimento all’autorizzazione di spesa relativa alla Polizia di Stato è stato precisato che le spese da finanziarie sono tutte riconducibili a interventi in conto capitale.
Nella medesima nota sono stati forniti ulteriori elementi e dati di valutazione, in parte anche quantitativi, ad integrazione di quelli forniti nella relazione tecnica originaria.
In particolare è stato precisato che l’autorizzazione di spesa in favore del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sarà utilizzata per le seguenti esigenze: rinnovamento di 118 sale operative; potenziamento dei sistemi informatici; digitalizzazione della rete di telecomunicazioni; integrazione dei sistemi di videosorveglianza in mobilità; aggiornamento di dotazioni e dispositivi di protezione individuale (oltre 600 unità e oltre 100 automezzi); installazione di sistemi di videosorveglianza e controllo; aggiornamento e riqualificazione di 120 sale operative mobili (UCL).
Per quanto concerne la Polizia di Stato è stato fornito il seguente articolato per “punti tematici”.
1. Armamento ed equipaggiamento speciale (euro 21.500.000 nel periodo 2018-2015)
L’intervento è riferito a due tipologie di spesa (pistola modello “Taser” e nuovi giubbotti antiproiettile). La pistola Taser ha un costo unitario di 900-1000 euro, il fabbisogno è stimato in 10-12.000 pezzi, per un costo complessivo di 12 milioni di euro nell’arco dell’intero periodo di riferimento. Il giubbotto antiproiettile denominato ha un costo stimato in 500-600 euro per unità, per un fabbisogno di almeno 20.000 pezzi, il relativo costo complessivo è di 10-12 milioni di euro.
2. Automezzi (euro 36.000.000 per il periodo 2018-2025)
L’esigenza è di dotare le Unità operative di primo intervento (UOPI) di automezzi con blindatura (B4K) a prova di arma d’assalto. Il costo unitario di tale automezzo è di 150.000 euro. Lo stanziamento prevede un approvvigionamento di circa 240 automezzi da assegnare ai vari Reparti territoriali (in media 2 per Provincia).
3. Interventi su immobili (euro 47.000.000 per il periodo 2018-2025)
L’esigenza coinvolge due fattispecie di intervento di cui una finalizzata ad un adeguamento funzionale delle strutture demaniali esistenti e l’altra di ristrutturazione di immobili che, confiscati alla criminalità organizzata, consentiranno risparmio di spesa per le locazioni passive.
4. Sistemi informativi (euro 162.550.000 per il periodo 2018 – 2025)
Si proseguirà nell’estensione del progetto Ermes e nell’installazione della piattaforma telematica sulle autovetture per il controllo del territorio. È prevista, inoltre, la prosecuzione del programma di aggiornamento delle dotazioni informatiche degli uffici della Polizia di Stato. Lo stanziamento verrà destinato, inoltre, per finanziare la reingegnerizzazione dell’infrastruttura hardware e software., all’aggiornamento tecnologico della rete in Ponte Radio Digitale Interpolizie e della rete in fibra ottica.
Al riguardo, non si formulano osservazioni, considerato che l’onere recato dalla disposizione appare limitato all’entità della disposta autorizzazione di spesa (15.000.000 euro per il 2018 e 49.150.000 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025). Si prende atto altresì dei dati e degli elementi sottostanti la quantificazione evidenziati dalla relazione tecnica e dalla documentazione messa a disposizione da parte del Governo nel corso dell’esame presso il Senato.
Potenziamento delle strutture penitenziarie
Le norme – introdotte durante l’esame al Senato - autorizzano la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2018, di 15 milioni di euro per l'anno 2019 e di 25 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2020 al 2026, da destinare ad interventi urgenti connessi al potenziamento, alla implementazione e all'aggiornamento dei beni strumentali, nonché alla ristrutturazione e alla manutenzione degli edifici e all'adeguamento dei sistemi di sicurezza, al fine di favorire la piena operatività del Corpo di polizia penitenziaria, nonché l'incremento degli standard di sicurezza e funzionalità delle strutture penitenziarie (comma 1).
È altresì autorizzata la spesa di euro 4.635.000, per l'anno 2018, per ulteriori esigenze del Corpo di polizia penitenziaria connesse all'approvvigionamento di nuove uniformi e di vestiario (comma 2).
La relazione tecnica, oltre a ribadire il contenuto delle disposizioni in esame, afferma che le stesse complessivamente comportano un onere di 6.635.000 euro per il 2018, di 15.000.000 euro per il 2019 e di 25.000.000 euro per gli anni dal 2020 al 2026, per un totale di 196.635.000 euro.
La RT afferma altresì che per finanziare i predetti interventi, le norme prevedono corrispondente riduzione degli stanziamenti dei fondi speciali di parte corrente e di conto capitale iscritti, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
Al riguardo, si rileva che le disposizioni in esame autorizzano la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2018, di 15 milioni di euro per l'anno 2019 e di 25 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2020 al 2026, da destinare ad interventi urgenti connessi al potenziamento e alla sicurezza delle strutture penitenziarie, nonché la spesa di euro 4.635.000 per l'anno 2018 per il vestiario del Corpo di polizia penitenziaria.
In proposito, non vi sono osservazioni atteso che gli oneri in esame sono limitati allo stanziamento previsto.
Disposizioni in materia di blocco stradale
La norma, novellando il D.lgs. n. 66/1948, prevede che siano puniti a titolo di illecito penale sia il blocco stradale che l’ostruzione o l’ingombro di strade ferrate, fattispecie attualmente sanzionate a titolo di illecito amministrativo, disponendo la reclusione da uno a sei anni [comma 1, lettera a)].
Si prevede poi che venga punito anche chi impedisce la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000 a euro 4.000; la medesima sanzione si applica ai promotori ed agli organizzatori [comma 1, lettera b)].
Inoltre, si prevede che il blocco stradale e ferroviario e altri illeciti contro la libertà di circolazione, nonché il rifiuto di adempiere all'ordine di discioglimento intimato dagli ufficiali di pubblica sicurezza, siano considerati reati ostativi alla cui condanna definitiva consegue la mancata concessione allo straniero del visto di ingresso in Italia (comma 2)[52].
La relazione tecnica afferma che in considerazione del disvalore sociale delle condotte oggetto dell’inasprimento sanzionatorio disposto dalla norma in esame, le medesime sono state incluse tra i motivi ostativi all'ingresso dello straniero nel territorio dello Stato. Si tratta evidentemente, prosegue la relazione tecnica, di norme procedurali di carattere ordinamentale, inidonee a determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
La RT osserva inoltre che la diversificazione nella qualificazione giuridica della condotta di “blocco stradale” prevede che la stessa acquisti valenza penale solo se posta in essere ostruendo la circolazione viaria con oggetti e, comunque, non con la mera presenza fisica sulla sede stradale, nel qual caso, la fattispecie verrebbe sanzionata solo a livello amministrativo pecuniario.
Pertanto, anche sotto questo profilo la disposizione riveste mera natura ordinamentale e, come tale, non è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare.
Modifiche al Codice della strada in materia di sequestro dei veicoli
Le norme – introdotte durante l’esame al Senato – recano modifiche alle disposizioni del D. Lgs. 285/1992 (Nuovo Codice della strada) che disciplinano il sequestro, la confisca e il fermo amministrativo dei veicoli. In particolare, sono rimodulate le sanzioni per i soggetti proprietari che rifiutano la custodia del veicolo e che circolano o consentono di circolare con detto mezzo. In caso di circolazione con veicolo sottoposto a fermo amministrativo (articolo 214, comma 8, come modificato), le sanzioni sono sostanzialmente incrementate.
Viene inoltre introdotto l’articolo 215-bis, che prevede, da parte del prefetto, il censimento dei veicoli sequestrati, fermati, rimossi, dissequestrati e confiscati.
Nel dettaglio:
· viene sostituito l’articolo 213, che dispone in merito alla misura cautelare del sequestro e sanzione accessoria della confisca amministrativa. Viene confermato che, in caso di sequestro, il veicolo sia affidato in custodia al proprietario con l'obbligo di depositarlo in un luogo di cui abbia la disponibilità o di custodirlo, a proprie spese, in un luogo non sottoposto a pubblico passaggio. Il rifiuto di assumere la custodia comporta l’applicazione di sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.818 a euro 7.276 (da euro 1.835 ad euro 7.341 a legislazione vigente) unitamente alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi. In tal caso, inoltre, l'organo di polizia dispone l'immediata rimozione del veicolo e il suo trasporto presso uno dei soggetti di cui all'articolo 214-bis, che ha previsto la figura del custode-acquirente, convenzionato con il Ministero dell’Interno e con l’Agenzia del Demanio, al quale i veicoli sequestrati, che non sono stati consegnati al proprietario o al conducente, devono essere affidati con l’onere di custodia e con l’eventuale obbligo di acquistarne successivamente la proprietà.
Il veicolo è trasferito in proprietà al soggetto a cui è consegnato, senza oneri per l'erario, quando, decorsi cinque giorni dalla comunicazione, l'avente diritto non ne abbia assunto la custodia, pagando i relativi oneri di recupero e trasporto. Qualora il soggetto che ha eseguito il sequestro non appartenga ad una delle Forze di polizia, le spese di custodia sono anticipate dall'amministrazione di appartenenza. La liquidazione delle somme dovute alla depositeria spetta alla prefettura. Il soggetto custode il quale, durante il periodo in cui il veicolo è sottoposto al sequestro, circola abusivamente con lo stesso o consente che altri vi circolino abusivamente è punito con la sanzione del pagamento di una somma da euro 1.988 a euro 7.953 (a legislazione vigente da euro 2.006 ad euro 8.025) e con la revoca della patente;
· viene sostituito l’articolo 214, che dispone in merito al fermo amministrativo del veicolo. Viene confermato che il proprietario del mezzo sottoposto a fermo è nominato custode e deve farne cessare la circolazione, provvedendo alla collocazione del veicolo in un luogo di cui abbia la disponibilità, a proprie spese, non sottoposto a pubblico passaggio. All'autore della violazione, che rifiuti di trasportare o custodire, a proprie spese, il veicolo si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 776 a euro 3.111 (da euro 777 ad euro 3.114 a legislazione vigente), nonché la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi. Si applicano, in quanto compatibili, le nonne sul sequestro dei veicoli, ivi comprese quelle di cui all'articolo 213; comma 5, e quelle per il pagamento e il recupero delle spese di custodia. Il soggetto che ha assunto la custodia il quale, durante il periodo in cui il veicolo è sottoposto al fermo, circola abusivamente con il veicolo stesso o consente che altri vi circolino è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.988 a euro 7.953 (da euro 777 a euro 3.114 a legislazione vigente). Si applicano le sanzioni amministrativa accessoria della revoca della patente e della confisca del veicolo. L'organo di polizia dispone l'immediata rimozione del veicolo e il suo trasporto presso uno dei soggetti di cui all'articolo 214-bis. Il veicolo è trasferito in proprietà al soggetto a cui è consegnato, senza oneri per l'erario;
· viene introdotto l’articolo 215-bis, che prevede il censimento dei veicoli sequestrati, fermati, rimossi, dissequestrati e confiscati. I prefetti, con cadenza semestrale, provvedono a censire i veicoli giacenti da oltre sei mesi presso le depositerie per i quali è formato un apposito elenco, pubblicato nel sito internet istituzionale della prefettura. Nei trenta giorni successivi alla pubblicazione, il proprietario può assumere la custodia del veicolo, provvedendo contestualmente alla liquidazione delle somme dovute alla depositeria, con conseguente estinzione del debito maturato nei confronti dello Stato allo stesso titolo. Di tale facoltà è data comunicazione in sede di pubblicazione dell'elenco, con l'avviso che, in caso di mancata assunzione della custodia i veicoli oggetto di fermo, sequestro e dissequestro, sono da ritenersi abbandonati, mentre quelli oggetto di confisca non ancora definitiva sono da ritenersi definitivamente confiscati. La prefettura informa dell'inutile decorso dei predetti termini l'Agenzia del demanio, che provvede a gestire tali veicoli. La liquidazione delle relative spese compete alla medesima Agenzia. La somma ricavata dall'alienazione è depositata, sino alla definizione del procedimento in un autonomo conto fruttifero presso la Tesoreria dello Stato. In caso di confisca, questa ha a oggetto la somma depositata; in ogni altro caso la somma depositata è restituita all'avente diritto.
La relazione tecnica afferma che le disposizioni in esame non prevedono una rimodulazione delle sanzioni, fatto salvo per quella prevista al comma 8 del nuovo art. 214, che è in aumento rispetto a quella vigente. Le norme, pertanto, non producono nuovi oneri bensì ulteriori entrate, sebbene eventuali e non certe.
La RT afferma altresì che la procedura prevista dal nuovo art. 215-bis è proprio volta a ridurre le ingenti spese sostenute dallo Stato per la giacenza dei veicoli nelle depositerie, generando nuove entrate derivanti dalla alienazione dei veicoli.
Al riguardo, si rileva preliminarmente che le disposizioni in esame recano modifiche al Codice della strada, relativamente alle norme che disciplinano il sequestro, la confisca e il fermo amministrativo dei veicoli.
Non vi sono osservazioni da formulare per quanto attiene alle sanzioni amministrative pecuniarie oggetto delle modifiche atteso che, come specificato dalla RT, gli importi minimi e massimi delle stesse risultano sostanzialmente confermati anche nella nuova formulazione, ad eccezione di quelli relativi alla circolazione abusiva di un veicolo sottoposto a fermo amministrativo, di cui all’articolo 214 del D. Lgs. 285/1992, che sono incrementati rispetto alla legislazione vigente. Peraltro, il maggior gettito eventuale non viene scontato ai fini dei saldi di finanza pubblica.
Con riferimento alla previsione di un censimento dei veicoli sequestrati, fermati, rimossi, dissequestrati e confiscati, di cui all’articolo 215-bis introdotto dalle disposizioni in esame, si prende atto di quanto affermato dalla RT, secondo cui la ratio delle norme è quella di ridurre le ingenti spese sostenute dallo Stato per la giacenza dei veicoli nelle depositerie e di generare nuove entrate derivanti dalla alienazione dei veicoli. Peraltro, appare utile acquisire conferma che gli adempimenti in capo a soggetti pubblici (prefetto e Agenzia del demanio) siano sostenibili nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Le norme apportano modifiche al decreto legislativo n. 159/2011 che reca il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione e disposizioni in materia di documentazione antimafia.
Una prima modifica interessa l’articolo 10 del citato Codice che tratta delle impugnazioni delle misure di prevenzione. La modifica stabilisce che, in caso di conferma del decreto impugnato, la Corte d'appello pone a carico della parte privata che ha proposto l'impugnazione il pagamento delle spese processuali [comma 1, lett. a)].
Ulteriori modifiche riguardanti l’articolo 17 del codice antimafia, che disciplina la titolarità della proposta di misure di prevenzione patrimoniale, si limitano ad incidere sui rapporti che intercorrono tra Procuratori della Repubblica, Questori e Direzione investigativa antimafia in sede di formulazione delle proposte di misure di prevenzione patrimoniale nei confronti di indagati per mafia [comma 1, lett. b)].
Sono inoltre apportate modifiche al comma 8 dell'articolo 67 del codice antimafia estendendo gli effetti dei divieti e delle decadenze conseguenti all'applicazione delle misure di prevenzione nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, anche per i reati di truffa ai danni dello Stato o altro ente pubblico[53] e per quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche[54] [comma 1, lett. d)].
Si prevede che, fino al 31 dicembre 2019, non debba essere prevista la richiesta della documentazione antimafia nelle ipotesi di concessione di terreni agricoli e zootecnici demaniali che ricadono nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune, nonché su tutti i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, che usufruiscono di fondi europei per un importo non superiore a 25.000 euro. La legislazione vigente prevede la produzione di tale documentazione per importi superiori a 5.000 euro (comma 1-bis)
Si prevede che dall'attuazione delle disposizioni in esame non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedano ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 2).
La relazione tecnica afferma che le modifiche disposte dal comma 1, lett. a) sono suscettibili di produrre effetti positivi sulla finanza pubblica sotto un duplice aspetto. Innanzitutto, dalle condanne al pagamento delle spese processuali potranno derivare benefici per l'erario in termini di incremento di entrate. Inoltre la probabilità di ottenere un annullamento solo parziale del provvedimento impugnato con consequenziale condanna al pagamento delle spese processali potrà fungere da deterrente alla presentazione di ricorsi pretestuosi, determinando un effetto deflattivo del contenzioso, al quale è connessa una sensibile diminuzione dei carichi di lavoro giudiziari, con risparmi di spesa per la finanza pubblica.
La relazione tecnica afferma, inoltre, che le norme recate dal comma 1-bis hanno natura ordinamentale. Viene poi ribadito il contenuto di alcune disposizioni e si esplicita che all'attuazione delle disposizioni si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare.
Sanzioni per subappalti illeciti
Le norme inaspriscono le sanzioni previste per gli appaltatori che facciano ricorso illecitamente a meccanismi di subappalto.
La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle disposizioni.
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare dato il carattere ordinamentale delle disposizioni.
Obblighi per la sicurezza sul lavoro
La norma, modificando l’articolo 99 del decreto legislativo n. 81/2008 (misure in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) dispone l’obbligo a carico del committente o del responsabile dei lavori di comunicare anche al prefetto, limitatamente ai lavori pubblici, la segnalazione di inizio attività dei cantieri nell’ambito della provincia.
La relazione tecnica precisa che la norma ha portata meramente ordinamentale e che come tale non è suscettibile di determinare nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare considerato il tenore ordinamentale della norma.
Piano di emergenza per gli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti
Le norme – introdotte durante l’esame al Senato - prevedono che i gestori di impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti, esistenti o di nuova costruzione, predispongano obbligatoriamente un piano di emergenza interna allo scopo di controllare e circoscrivere gli incidenti, mettendo in atto le misure necessarie per proteggere la salute umana e l'ambiente, informare adeguatamente i lavoratori e i servizi di emergenza o le autorità locali competenti e provvedere al ripristino e al disinquinamento dell'ambiente dopo un incidente rilevante. (commi 1-5).
Per i medesimi impianti si prevede altresì che il Prefetto, d'intesa con regioni ed enti locali interessati, predisponga il piano di emergenza esterna all'impianto, volto a perseguire le medesime finalità di quello interno, coordinandone l'attuazione (commi 5 e 6).
Il piano di emergenza esterna è riesaminato, sperimentato e, se necessario, aggiornato, previa consultazione della popolazione, dal Prefetto ad intervalli non superiori a tre anni.
Con DPCM sono stabilite le linee guida per la predisposizione del piano di emergenza esterna e per la relativa informazione alla popolazione (commi 8 e 9).
All’attuazione delle disposizioni in esame si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 10).
La relazione tecnica afferma che le disposizioni hanno natura ordinamentale e che e per la loro attuazione le competenti amministrazioni provvedono avvalendosi delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo, si rileva che le disposizioni in esame prevedono che i gestori di impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti, nonché il prefetto, d'intesa con regioni ed enti locali interessati, predispongano piani di emergenza interna allo scopo di controllare e circoscrivere gli incidenti, mettendo in atto le misure necessarie per proteggere la salute umana e l'ambiente.
Con riferimento ai gestori degli impianti, non vi sono osservazioni da formulare atteso che gli stessi non sono ricompresi nel perimetro delle amministrazioni pubbliche.
Per quanto riguarda la predisposizione del piano di emergenza esterna, non vi sono egualmente osservazioni da formulare atteso che il comma 10 specifica che i soggetti pubblici interessati (Prefetto, regioni, enti locali e Ministero dell’interno) provvedono all’attuazione delle disposizioni in esame senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Disposizioni per migliorare la circolarità informativa
Le norme integrano il testo dell’articolo 160 del Regio decreto n. 773/1937 il quale, nel testo previgente l’emanazione del decreto in esame, stabiliva che i cancellieri delle preture, dei tribunali e delle corti di appello hanno l'obbligo di trasmettere ogni quindici giorni il dispositivo delle sentenze di condanne irrevocabili a pene detentive, al questore della provincia in cui il condannato ha la residenza o l'ultima dimora. Le modifiche stabiliscono che le stesse informazioni vanno anche inviate al direttore della Direzione investigativa antimafia. Ulteriori modifiche introducono gli obblighi di comunicazione anche per le cancellerie presso la sezione misure di prevenzione e presso l’ufficio G.I.P. del tribunale in relazione alla comunicazione di copia dei provvedimenti ablativi o restrittivi, emessi nell’ambito delle rispettive attribuzioni: la comunicazione è rivolta in favore dei medesimi soggetti ossia le questure competenti per territorio e la Direzione investigativa antimafia (comma 1).
Si prevede che dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le Amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
La relazione tecnica afferma che le attività sopra descritte non sono suscettibili di determinare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica in quanto la trasmissione dei dati dei provvedimenti di cui sopra si è detto già viene ordinariamente effettuata con modalità telematiche dalle cancellerie giudiziarie che dispongono della necessaria piattaforma e strumentazione informatica diretta alla circolazione dei dati dei procedimenti giudiziari. La relazione tecnica assicura, pertanto, che l'adempimento in esame potrò essere fronteggiato con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare alla luce delle informazioni fornite dalla relazione tecnica, che afferma che quanto previsto dalle norme in esame è già concretamente attuato in via amministrativa.
Enti locali infiltrati dalla mafia o organizzazioni similari
Le norme introducono il comma 7-bis all'articolo 143 del decreto legislativo n. 267/2000.
Detto articolo tratta dello scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare, nonché della responsabilità dei dirigenti e dipendenti.
Nello specifico, viene previsto un nuovo istituto che consente al Prefetto di adottare interventi di risanamento nel caso in cui, all'esito dell'accesso presso l'ente interessato dagli accertamenti, pur non rinvenendosi gli elementi per disporre lo scioglimento dell'ente locale, tuttavia vengono riscontrate, in relazione ad uno o più settori amministrativi, illiceità tali da determinare un'alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l'imparzialità dell'ente, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esso affidati. Accanto all'individuazione degli interventi di risanamento, il Prefetto può fornire un supporto tecnico-amministrativo a mezzo dei propri uffici. Qualora l'ente risulti inadempiente all'adozione degli interventi di risanamento il Prefetto si sostituisce all'ente inadempiente mediante la nomina di un commissario ad acta. Ai relativi oneri gli enti locali provvedono con le risorse disponibili a legislazione vigente sui propri bilanci (comma 1).
Nell’articolo sopra citato è, inoltre, integrata la disciplina[55] dell’incandidabilità degli amministratori locali degli enti sciolti per infiltrazione o condizionamento mafioso, ricomprendo anche le competizioni elettorali nazionali e europee ed estendendo a due turni elettorali successivi allo scioglimento stesso l'ambito temporale di vigenza dell’incandidabilità (comma 1-bis).
La relazione tecnica afferma che l'introduzione della disposizione comporta oneri per i compensi dei commissari ad acta incaricati di sostituirsi agli stessi enti risultati inadempienti nell'adozione dei necessari atti, ai quali gli enti locali provvedono con le risorse disponibili a legislazione vigente sui propri bilanci.
Al fine di determinare gli oneri, la relazione tecnica prende a riferimento il numero di decreti ministeriali di conclusione dei procedimenti per insussistenza dei presupposti per lo scioglimento ai sensi dell'articolo 143, comma 7, del TUEL, nell'ultimo quinquennio (gennaio 2014 - agosto 2018), unitamente al costo medio dei compensi spettanti ai commissari ad acta.
Nel predetto arco temporale i procedimenti di chiusura sono stati 24, con conseguente media annua di 4,8. Il compenso spettante al commissario ad acta viene stimato alla relazione tecnica in 2.000 euro in relazione alla prassi per altre tipologie di commissari ad acta (ad esempio quelli nominati dai T.A.R. nell'ambito dei giudizi di ottemperanza). Conseguentemente, la relazione tecnica quantifica gli oneri annui per l'attuazione della disposizione in questione in circa 10.000 euro.
La relazione tecnica evidenzia la natura ordinamentale del comma 1-bis relativo all’incandidabilità degli amministratori locali.
Al riguardo, si rileva che la norma prevede la nomina di un commissario ad acta presso gli enti locali che non abbiano adottato provvedimenti la cui assunzione è stata richiesta dal Prefetto, una volta rilevate condotte illecite gravi e reiterate ed al fine del loro risanamento: ai relativi oneri gli enti locali commissariati provvedono con le risorse disponibili a legislazione vigente sui propri bilanci; alla norma non sono dunque ascritti effetti onerosi.
Secondo la relazione tecnica, che a sua volta analizza i dati dell’ultimo quinquennio, gli oneri a carico degli enti locali sono quantificabili in circa 10.000 euro annui.
In proposito, si rileva preliminarmente che le uscite degli enti locali sono poste dalla norma in esame a carico dei rispettivi bilanci, e dunque soggiacciono agli ordinari vincoli di finanza pubblica cui la norma medesima non deroga. Ciò posto, tuttavia, pur tenendo conto dell’importo esiguo delle somme in questione (che la RT stima in circa 2.000 euro per ciascun ente locale commissariato), andrebbe confermata la sostenibilità per gli enti interessati di tali adempimenti di carattere obbligatorio.
Commissioni straordinarie per enti locali sciolti per infiltrazione mafiosa
Le norme prevedono la possibilità di incrementare, fino ad un massimo di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, le risorse di cui all'articolo 1, comma 706, della legge n. 296/2006, destinate alla copertura finanziaria degli oneri connessi alle attività svolte dal personale sovraordinato presso le Commissioni straordinarie deputate a gestire i comuni e le province i cui Consigli vengano sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare. L'incremento deve avvenire nel rispetto dell'invarianza dei saldi di finanza pubblica mediante utilizzo delle risorse che si rendono disponibili nel corso dell'anno, relative alle assegnazioni a qualunque titolo spettanti agli enti locali, corrisposte annualmente dal Ministero dell'interno.
La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle norme e chiarisce che la disposizione è mirata ad adeguare l’entità di risorse il cui valore nominale è invariato dal 2007.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per quanto concerne i profili finanziari dal momento che la rimodulazione delle somme tra diverse finalità di spesa dovrà avvenire, per espresso disposto normativo, “nel rispetto dell'invarianza dei saldi di finanza pubblica, mediante utilizzo delle risorse che si rendono disponibili nel corso dell'anno, relative alle assegnazioni a qualunque titolo spettanti agli enti locali”.
Veicoli immatricolati all’estero
Le norme – introdotte durante l’esame al Senato – modificano gli articoli 93, 132 e 196 del D. Lgs. 285/1992 (Nuovo Codice della strada), in materia di veicoli immatricolati all’estero. In particolare:
· viene introdotto l’articolo 93, comma 1-bis, vietando, a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni, la circolazione con un veicolo immatricolato all'estero. Alla violazione di tale norma, in base al successivo comma 7-bis, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 712 a euro 2.848. L'organo accertatore trasmette il documento di circolazione all'Ufficio della Motorizzazione Civile, ordinando l'immediata cessazione della circolazione del veicolo e il suo trasporto e deposito in luogo non soggetto a pubblico passaggio. Qualora, entro il termine di 180 giorni decorrenti dalla data della violazione, il veicolo non è immatricolato in Italia o non è richiesto il rilascio di un foglio di via per condurlo oltre i transiti di confine, si applica la sanzione accessoria della confisca amministrativa;
· ai sensi dell’articolo 93, comma 1-ter, nell'ipotesi di veicolo concesso in leasing, locazione senza conducente o comodato da parte di impresa costituita in un altro Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, priva in Italia di una sede secondaria o altra sede effettiva, a bordo del veicolo deve essere custodito un documento dal quale risulti il titolo e la durata della disponibilità del veicolo. In mancanza di tale documento, la disponibilità del veicolo sì considera in capo al conducente. Alla violazione di tale norma, in base al successivo comma 7-ter, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250 a euro 1.000 e alla sanzione accessoria del fermo amministrativo;
· viene modificato l’articolo 132, che prevede che i veicoli immatricolati all’estero possano circolare in Italia per la durata massima di un anno. Le modifiche dispongono che, scaduto tale termine, se il veicolo non è immatricolato in Italia, l'intestatario chiede al competente Ufficio della motorizzazione civile il rilascio di un foglio di via e della relativa targa per condurre il veicolo oltre i transiti di confine. L'Ufficio motorizzazione civile provvede alla restituzione delle targhe e del documento di circolazione alle competenti autorità dello Stato che li ha rilasciati. Chiunque viola tali disposizioni è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 712 a euro 2.848 (ai sensi del comma 5, come modificato dalle disposizioni in esame).
L’articolo 132, comma 5, del D. Lgs. 285/1992 prevede, nell’attuale formulazione, la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 85 ad euro 338.
L'organo accertatore trasmette il documento di circolazione all'Ufficio motorizzazione civile competente per tenitorio, ordina l'immediata cessazione della circolazione del veicolo e il suo trasporto e deposito in luogo non soggetto a pubblico passaggio. Se entro il termine di centottanta giorni, decorrenti dalla data della violazione, il veicolo non è immatricolato in Italia o non è richiesto il rilascio di un foglio di via per condurlo oltre i transiti di confine, si applica la sanzione accessoria della confisca.
La relazione tecnica afferma che all'attuazione delle disposizioni in esame le competenti amministrazioni provvedono nei limiti delle risorse umane, finanziati e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo, si rileva preliminarmente che le disposizioni in esame recano modifiche al Codice della strada, relativamente alla disciplina della circolazione di veicoli immatricolati all’estero.
Ciò premesso, con riguardo alle sanzioni previste dalle norme, non vi sono osservazioni da formulare atteso che dette sanzioni sono aggiuntive rispetto a quelle previste a legislazione vigente (articolo 93, commi 1-bis e 1-ter del Codice della strada, introdotte dalle disposizioni in esame) o inaspriscono quelle esistenti, ai sensi dell’articolo 132, comma 5.
Per quanto attiene ai compiti svolti da soggetti pubblici, si prende atto di quanto affermato nella RT secondo cui all'attuazione delle disposizioni in esame le competenti amministrazioni provvedono nei limiti delle risorse umane, finanziati e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Invasione di terreni ed edifici
La norma modifica l'articolo 633 del codice penale che punisce il reato di invasione di terreni o edifici.
In particolare, si prevede un inasprimento sanzionatorio con la reclusione da due a quattro anni e la multa da euro 206 a euro 2064 se il fatto è commesso da più di cinque persone o se è commesso da persona palesemente armata, con pene aumentate nei confronti dei promotori e degli organizzatori se il fatto commesso da due o più persone.
La relazione tecnica osserva che l’intervento normativo in esame è destinato a produrre effetti positivi sulla finanza pubblica dal momento che, dalle condanne al pagamento della multa prevista in aggiunta alla pena della reclusione, potranno derivare benefici per l'erario in termini di incremento di entrate.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare.
ARTICOLO 31
Modifiche al Codice di procedura penale in materia di intercettazione
La norma, modificata nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, inserisce tra i reati di cui all’art. 266, c.p.p., in relazione ai quali possono essere disposte le intercettazioni, anche la fattispecie aggravata del delitto di invasione di terreni o edifici di cui all’art. 633, c.p. (comma 1). Dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le Amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 2).
La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, afferma che la disposizione, finalizzata al contrasto del reato di invasione di edifici nelle forme più aggravate e da ricondurre ad una casistica contenuta, ha carattere procedurale ed i relativi adempimenti giudiziari potranno essere espletati con l'impiego delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Anche per tale modifica la relazione tecnica afferma che il previsto ampliamento delle attività di intercettazione per tale tipologia di reato potrà essere fronteggiato con le risorse minane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
La relazione tecnica precisa, tra l'altro, che le spese per le intercettazioni presentano una dinamica di risparmio di spesa sul relativo capitolo 1363, iscritto nel bilancio del Ministero della Giustizia — Dipartimento Affari di giustizia, per effetto delle modifiche normative introdotte in materia, determinate in particolare a seguito della revisione delle voci di listino delle prestazioni obbligatorie in attuazione della legge 103/2017 stabilita dal Decreto Interministeriale 28 dicembre 2017.
Al riguardo, si evidenzia preliminarmente che la norma inserisce la fattispecie aggravata del delitto di invasione di terreni o edifici tra i reati in relazione ai quali possono essere disposte intercettazioni. Al riguardo, la relazione tecnica precisa che tale fattispecie si riferisce ad una casistica contenuta e che i relativi adempimenti giudiziari potranno essere espletati con l'impiego delle risorse disponibili a legislazione vigente. Inoltre, la relazione evidenzia che le spese per le intercettazioni presentano una “dinamica di risparmio”, soprattutto a seguito della revisione delle voci di listino delle prestazioni obbligatorie disposte in attuazione della legge 103/2017. Tanto premesso, pur prendendo atto di tali riduzioni già insite nell’andamento della spesa a legislazione vigente, per verificare l’effettiva neutralità delle disposizioni in esame, andrebbero stimate le spese aggiuntive derivanti dalla loro applicazione, fornendo altresì indicazioni circa le risorse con cui farvi fronte.
La norma, inserendo un comma all’articolo 284 del codice di procedura penale, prevede che la misura degli arresti domiciliari non possa essere eseguita presso un immobile occupato abusivamente.
La relazione tecnica precisa che la norma ha portata meramente ordinamentale e che come tale non è suscettibile di determinare nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare considerato il tenore ordinamentale della norma.
Occupazioni arbitrarie di immobili
Normativa vigente: l’articolo 11, del DL n. 14/2017, prevede che il prefetto impartisca, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, disposizioni per assicurare il concorso della Forza pubblica all'esecuzione di provvedimenti dell'autorità giudiziaria concernenti occupazioni arbitrarie di immobili (comma 1). Vengono definite le modalità per l’impiego della Forza pubblica per l'esecuzione dei necessari interventi (comma 2) e si stabilisce, altresì, che l’annullamento, in sede di giurisdizione amministrativa, dell'atto con il quale sono state emanate le summenzionate disposizioni può dar luogo, salvi i casi di dolo o colpa grave, esclusivamente al risarcimento in forma specifica consistente nell'obbligo per l'amministrazione di disporre gli interventi necessari ad assicurare la cessazione della situazione di occupazione arbitraria dell'immobile (comma 3). Alle norme non sono scritti effetti finanziari scontati ai fini dei saldi di finanza pubblica.
La norma, introdotta dal Senato, sostituisce i commi da 1 a 3 dell’articolo 11 del DL 14/2017 con un nuovo testo, al fine di introdurre una nuova disciplina in materia di occupazioni arbitrarie di immobili.
Nell’ambito della suddetta nuova disciplina viene, in particolare, previsto che il prefetto, nell’ambito delle procedure di rilascio di immobili occupati arbitrariamente, qualora ravvisi la necessità di definire un piano di tutela dei soggetti in situazione di fragilità, istituisce una cabina di regia incaricata di provvedere nel termine di novanta giorni. Della cabina di regia fanno parte rappresentanti della prefettura, della regione e degli enti locali interessati e degli enti competenti in materia di edilizia residenziale pubblica. Ai rappresentanti della cabina di regia non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o altro emolumento comunque denominato (comma 1, cpv., comma 3.1). Viene, altresì, previsto che alla scadenza del termine dei novanta giorni, il Prefetto riferisce all’autorità giudiziaria gli esiti dell’attività svolta dalla cabina di regia, indicando i tempi di esecuzione del provvedimento di rilascio ovvero le ragioni che ne rendono necessario il differimento. A decorrere dalla scadenza del medesimo termine di novanta giorni viene riconosciuta in favore del proprietario o del titolare di altro diritto reale di godimento sull’immobile oggetto di occupazione abusiva un’indennità onnicomprensiva per il mancato godimento del bene. L’indennità, determinata secondo criteri equitativi individuati dalla norma, è liquidata dal Prefetto (comma 1, cpv. comma 3.2).
Ai fini della corresponsione della suddetta indennità, viene istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno un fondo con una dotazione iniziale di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2018. Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate di cui all'art. 18, comma 1, lett. a), della legge n. 44/1999.
Si tratta dei proventi derivanti da un contributo sui premi assicurativi, raccolti nel territorio dello Stato, nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi e furto, relativi ai contratti stipulati a decorrere dal 1 ° gennaio 1990. Tali risorse contribuiscono, a normativa vigente, assieme alle altre risorse, individuate dall’art. 18, comma 1, lett. b) e c) della legga n. 44/1999, ad alimentare il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive.
Il fondo finalizzato alla corresponsione della indennità per occupazioni abusive di immobili potrà essere alimentato anche con le risorse provenienti dal Fondo unico giustizia di cui all’art. 61, comma 23, del DL n. 112/2028, per la quota spettante al Ministero dell’interno (comma 1, cpv. comma 3.4).
La relazione tecnica ribadisce il contenuto della norma.
Al riguardo, si evidenzia che la norma prevede che nell’ambito della procedura di rilascio di immobili abusivamente occupati, il Prefetto istituisca una cabina di regia incaricata di provvedere nel termine di novanta giorni alla definizione di un piano emergenziale per la tutela dei soggetti in situazioni di fragilità non in grado di reperire una sistemazione alloggiativa alternativa. La norma dispone che ai membri della cabina di regia (rappresentanti della prefettura, della regione e degli enti locali interessati e di enti competenti in materia di edilizia residenziale pubblica) non spetti alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o altro emolumento comunque denominato (comma 1, cpv., comma 3.1). Al riguardo, pur prendendo atto dell’assenza di emolumenti in favore dei componenti della suddetta cabina di regia, andrebbe comunque acquista una valutazione del Governo in merito alla possibilità per tale organismo di operare effettivamente in condizioni di neutralità finanziaria nell’espletamento dei compiti ad esso assegnati.
Si evidenzia, inoltre, che la norma riconosce un indennizzo in favore del proprietario o del titolare di altro diritto reale di godimento su un immobile oggetto di occupazione arbitraria, da erogare a decorrere dalla scadenza del termine di 90 giorni entro i quali la cabina di regia è tenuta a provvedere. Ai fini della corresponsione di tali indennità vene istituito un fondo con una dotazione iniziale di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2018 (comma 1, cpv. comma 3.4). Non viene precisato come far fronte ai successivi fabbisogni.
Inoltre, pur rilevando che l’onere recato dalla disposizione appare configurato come limite massimo di spesa, andrebbe acquisita una valutazione del Governo riguardo ad eventuali effetti di contenzioso qualora, a fronte di pretese analoghe, dovesse determinarsi un’insufficienza delle risorse del fondo.
Si evidenzia, inoltre, che la norma prevede che il suddetto fondo venga alimentato tramite risorse di bilancio (quota parte delle entrate di cui all'art. 18, comma 1, lett. a), della legge n. 44/1999 (e provenienti dal Fondo unico giustizia di cui all’art. 61, comma 23, del DL n. 112/2028, per la quota spettante al Ministero dell’interno) che a normativa vigente già dovrebbero trovare specifiche destinazioni di spesa. Andrebbero quindi acquisiti elementi di valutazione volti a confermare l’effettiva disponibilità delle risorse in questione senza incidere sulla destinazione delle stesse già prevista a legislazione vigente. Inoltre, non viene precisata la misura dell’utilizzo delle due citate fonti di finanziamento.
In merito ai profili di copertura, si rileva che agli oneri derivanti dall’istituzione, presso il Ministero dell’interno, del Fondo per la corresponsione di un’indennità onnicomprensiva per il mancato godimento del bene, pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, si provvede mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), della legge n. 44 del 1999, affluite all’entrata del bilancio dello Stato, che restano acquisite all’erario.
Al riguardo, si rinvia alle considerazioni svolte con riferimento all’articolo 18, comma 3-bis (vedi supra).
Si segnala inoltre che la disposizione in esame, nell’istituire il predetto Fondo, prevede che esso possa essere alimentato anche con le risorse provenienti dal Fondo unico giustizia, di cui all’articolo 61, comma 23, del decreto-legge n. 112 del 2008, per la quota spettante al Ministero dell’interno. Al riguardo, si evidenzia che la dotazione di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2018 dell’istituendo Fondo è definita dalla norma come “iniziale” e che la relazione tecnica prevede la possibilità che dall’applicazione della norma medesima possano derivare ulteriori fabbisogni “allo stato non quantificabili”. In proposito, appare pertanto necessario un chiarimento del Governo in merito alle modalità attraverso le quali dovrebbe farsi fronte all’eventuale ulteriore fabbisogno.
Riorganizzazione dell'amministrazione civile del Ministero dell'interno
Normativa vigente: l’art. 2, comma 1, lett. a), del DL n. 95/2012 prevede che gli uffici dirigenziali di livello generale e di livello non generale e le relative dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato vengano ridotti nella misura non inferiore, per entrambe le tipologie di uffici e per ciascuna dotazione, al 20 per cento di quelli esistenti. Alla norma in riferimento, nell’ambito della complessiva riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni disciplinata dall’articolo 2, commi da 1 a 2 e da 5 a 20, sono scritti sui saldi di finanza pubblica effetti lordi di minore spesa corrente per 138 milioni di euro a decorrere dal 2014.
La norma prevede che il Ministero dell’interno applichi la riduzione percentuale prevista dall’art. 2, comma 1, lett. a), del DL n. 95/2012, al fine di garantire gli obiettivi complessivi di economicità e di revisione della spesa previsti dalla legislazione vigente, nella misura di 29 posti di livello dirigenziale generale. In particolare vengono previste:
· la riduzione di 8 posti di livello dirigenziale generale assegnati ai prefetti nell’ambito degli Uffici centrali del Ministero dell'interno[56], con conseguente rideterminazione della dotazione organica dei prefetti[57] (comma 1, lett. a)
La Tabella 1 allegata al DPCM n. 217/2015 reca le dotazioni organiche del personale appartenente alla carriera prefettizia, alle qualifiche dirigenziali di prima e di seconda fascia dell'Area I comparto Ministeri, nonché del personale delle aree I, II e III del Ministero dell'interno. In particolare la dotazione organica della carriera prefettizia è fissata in 118 prefetti, 700 viceprefetti, 572 viceprefetti aggiunti per un totale di 1.390 unità;
· la soppressione di 21 posti di prefetto collocati a disposizione per specifiche esigenze in base alla normativa vigente (comma 1, lett. b).
A tal fine viene limitato a 2 (anziché a 9) il numero dei prefetti, previsto dall’art 237 DPR 3/1957, che possono essere collocati a disposizione del Ministero dell'interno, quando sia richiesto dall'interesse del servizio [comma 1, lett. b), n. 1]. Viene, inoltre, ridotto al 5% in luogo del 15% (circa 6 prefetti in luogo di circa 18) il limite massimo di prefetti di cui all’art. 3-bis, del DL n. 345/1991, che in relazione alla dotazione organica possono essere collocati a disposizione per le esigenze connesse alla lotta alla criminalità organizzata [comma 1, lett. b), n. 2]. Infine, viene ridotto all’1% in luogo del 3% (circa un prefetto in luogo di circa 4) il limite massimo di prefetti previsto dall’art. 12 comma 2-bis, del D.lgs. n. 139/2000, che in relazione alla dotazione organica possono essere collocati in disponibilità per l'espletamento degli incarichi di gestione commissariale straordinaria, nonché' per specifici incarichi connessi a particolari esigenze di servizio o a situazioni di emergenza [comma 1, lett. b), n. 3].
Restano ferme le dotazioni organiche dei viceprefetti e dei viceprefetti aggiunti, del personale appartenente alle qualifiche dirigenziali di prima e di seconda fascia, nonché del personale non dirigenziale appartenente alle aree I, II e III dell'Amministrazione civile dell'interno di cui alla Tabella 1 allegata al DPCM n. 217/2015 (comma 2).
Viene, altresì, ridotto da 17 a 14 il numero massimo posti da prefetto da coprire attraverso nomina e inquadramento riservati ai dirigenti della Polizia di Stato che espletano funzioni di polizia[58] (comma 3).
Il Ministero dell'interno adotta il regolamento di organizzazione di cui all’articolo 12, comma 1-bis, primo periodo del DL n. 13/2017, entro il 31 dicembre 2018. Entro il medesimo termine si provvede a dare attuazione alle disposizioni di cui all’art. 2, comma 11, lettera b), del DL n. 95/2012 (che prevede una programmazione di cessazioni di personale in servizio, per verificare i tempi di riassorbimento delle posizioni soprannumerarie) con conseguente riassorbimento, entro il biennio successivo, degli effetti derivanti dalle riduzioni di cui ai commi 1 e 2 (comma 4).
La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, rileva preliminarmente che la riorganizzazione proposta, a seguito delle misure di spending review coinvolgerà una rideterminazione dei posti di livello dirigenziale generale assegnati ai Prefetti, incidendo solo parzialmente sugli Uffici di livello dirigenziale generale. L'intervento normativo introduce [comma 1, lettere a) e b)] nuovi criteri e modalità di computo, per il calcolo della percentuale del 20 per cento di uffici dirigenziali di livello generale da ridurre ai sensi dell’l'art. 2, comma 1, lett. a), del DL n. 95/2012]. La norma determina tale riduzione nella misura complessiva ai 29 posti di livello dirigenziale generale provvedendo in modo corrispondente alla riduzione dei posti di Prefetto (8+21).
La relazione tecnica evidenzia che per ciò che concerne la base di computo per il calcolo del taglio del 20%, sono stati considerati i 147 Uffici dirigenziali di livella generale, relativi sia alla carriera prefettizia che alla dirigenza contrattualizzata di I fascia, cosi come previsto dall'articolo 2, comma 1, lett. a) del DL n. 95/2012 (Allegato 1). La percentuale di riduzione del 20%, calcolata su tali Uffici centrali e periferici dell'Amministrazione Civile dell'interno (147) pertanto, arrotondando l'esito della percentuale (29,4) all'unità superiore come previsto dal D. lgs. n. 165/2001, interesserà un numero di 29 posti di prefetto. La riduzione di 29 posti di prefetto, tenuto conto che deve salvaguardare il vigente assetto periferico dell'Amministrazione civile dell'interno, senza soppressione di nessuna Prefettura-UTG, graverà, in termini di contrazione, sul personale dirigenziale di livello generale appartenente alla carriera prefettizia, e non su quella dei dirigenti dell'Area I, atteso l'esiguo numero di unità di cui è composta (4 unità). In particolare la contrazione interesserà 21 posti assegnati ai Prefetti collocati in disponibilità per specifiche esigenze ai sensi della vigente normativa; e nella misura di 8, con riflessi sulla consistenza della dotazione organica dei prefetti, le strutture di livello dirigenziale generale degli Uffici centrali del Ministero dell'interno, come determinati dal DPR. 398/2001. Ai fini del computo degli altri 8 posti di livello dirigenziale generale da sopprimere a livello centrale verrà computata anche la Direzione centrale per gli affari generali della Polizia di Stato del Dipartimento della Pubblica sicurezza, la cui soppressione è già stata prevista dal DPR 2 agosto 2018, pubblicato il 3 ottobre scorso nella Gazzetta Ufficiale, che riscrivendo taluni assetti organizzativi nell'ambito del Dipartimento della Pubblica sicurezza, ha anticipato, limitatamente alla suddetta struttura di livello dirigenziale generale, il più complessivo processo di riorganizzazione cui il Ministero dell'interno dovrà provvedere entro il 31 dicembre 2018, ai sensi dell'art. 12, comma 1-bis, del DL n. 13/2017. Si provvederà, inoltre, per gli altri 21 posti, alla rideterminazione dei numeri e delle percentuali previste dalle disposizioni vigenti per il collocamento dei prefetti a disposizione per particolari esigenze.
La relazione tecnica afferma che la riduzione del 20% dei posti di Prefetto, come sopra calcolata, farà conseguire un risparmio di euro 5.954.385,22 sulla spesa complessiva dei posti in organico pari a euro 32.498.166,12 (Allegato 2) all'esito dell'attuazione delle misure di cui al comma 4 (adozione del regolamento di organizzazione e riassorbimento, entro il biennio successivo, degli effetti derivanti dalle riduzioni del personale). Il risparmio che sarà conseguito dalla riduzione dei posti di Prefetto pari a euro 5.954.385,22 è stato quantificato considerando tutte le voci del trattamento economico fondamentale ed accessorio, comprensivo degli oneri a carico dello Stato, nelle misure previste dall'ordinamento retributivo di cui al DPR n. 66/2018 (Allegato 3), tenendo conto della retribuzione media sulla base delle diverse fasce di graduazione.
Per quanto riguarda il calcolo sul costo medio stipendiale dei Prefetti a disposizione la relazione tecnica evidenzia che non è stata computata la sola indennità di cui all'art. 43, comma 20 della legge n. 121/81.
La relazione tecnica, per ciò che concerne, le riduzioni del personale dirigenziale di livello non generale e del personale non dirigenziale dell'amministrazione civile dell'interno di cui al comma 2 dell'articolo in esame, afferma che restano salve le riduzioni già disposte con il richiamato DPCM del 22 maggio 2015.
La relazione tecnica illustra (Allegato 1[59]) l'elenco dei Dipartimenti, degli uffici di diretta collaborazione, degli uffici dirigenziali generali - pari ad un numero complessivo di 44 Uffici - e delle strutture territoriali - pari a 103 Prefetture-UTG - e riporta le seguenti tabelle
Allegato 2 (Risparmi attesi dalla riduzione degli uffici dirigenziali)
(euro)
Spesa complessiva dei posti in organico dei prefetti calcolata sul costo medio del trattamento economico complessivo annuo lordo per 13 mensilità Riduzione uffici di livello generale |
|||
Qualifica |
Costo medio unitario pro-capite |
Posti da prefetto da ridurre |
Risparmio conseguito |
Prefetti (da dotazione organica) |
221.075,96 |
8 |
1.768.607,68 |
Prefetti a disposizione |
199.322,74 |
21 |
4.185.777,54 |
Totale |
5.954.385,22 |
Allegato 3 (Trattamento economico complessivo Prefetti dot. organica e a disposizione)
(euro)
Trattamento economico complessivo annuo lordo per 13 mensilità della carriera prefettizia DPR n. 66/2018 Decorrenza 01/01/2018 Prefetti da dotazione organica |
|||||||||
Qualif. |
Fasce |
Tabellare |
Indennità legge 121/1981 rivalutata |
retribuzione di Posizione (fissa e variabile) |
Retribuzione di risultato |
Trattamento economico complessivo |
Oneri Stato |
Totale costo |
Costo medio |
Prefetto |
A Part. Rilev. |
99.015,34 |
16.392,78 |
41.758,99 |
11.763,90 |
168.931,01 |
63.236,42 |
232.167,43 |
221.075,96 |
A |
99.015,34 |
16.392,78 |
37.967,65 |
11.763,90 |
165.139,67 |
61.781,31 |
226.920,98 |
||
B part. Rilev. |
99.015,34 |
16.392,78 |
36.140,07 |
10.163,70 |
161.711,89 |
60.556,62 |
222.268,51 |
||
B |
99.015,34 |
16.392,78 |
32.858,61 |
10.163,70 |
158,430,43 |
59.297,19 |
217.727,62 |
||
C |
99.015,34 |
16.392,78 |
26.503,54 |
8.175,60 |
150.087,26 |
56.208,01 |
206.295,27 |
(euro)
Qualif. |
Fasce |
Tabellare |
retribuzione di Posizione (fissa e variabile) |
Retribuzione di risultato |
Trattamento economico complessivo |
Oneri Stato |
Totale costo |
Costo medio |
Prefetto |
A Part. Rilev. |
99.015,34 |
41.758,99 |
11.763,90 |
152.538,23 |
57.875,98 |
210.414,21 |
199.322,74 |
A |
99.015,34 |
37.967,65 |
11.763,90 |
148.746,89 |
56.420,87 |
205.167,76 |
||
B part. Rilev. |
99.015,34 |
36.140,07 |
10.163,70 |
145.319,11 |
55.196,18 |
200.515,29 |
||
B |
99.015,34 |
32.858,61 |
10.163,70 |
142.037,65 |
53.936,75 |
195.974,40 |
||
C |
99.015,34 |
26.503,54 |
8.175,60 |
133.694,48 |
50.847,57 |
184.542,05 |
Nel corso dell’esame in 5^ Commissione al Senato[60] è stato chiesto di confermare la correttezza della scelta di sopprimere 29 posti di livello dirigenziale generale, anziché 30 come potrebbe derivare da ragioni di arrotondamento all'unità superiore. E’ stato, inoltre, chiesto di chiarire: se la soppressione delle posizioni sia operata sulla dotazione organica di fatto - e non sulla pianta organica di diritto - in modo da conseguire effettivi risparmi di spesa; gli effetti di risparmio conseguenti alla soppressione di 21 posti di prefetto collocati a disposizione, ai sensi della lett. b) del comma 1; sulla compatibilità con le previste economie di spesa del comma 4, laddove prevede, nell'arco di un biennio, il riassorbimento degli effetti derivanti dalle riduzioni di figure dirigenziali previste dalla disposizione in esame. Il Governo nella nota del Ministero dell’economia messa a disposizione[61] della 5^ Commissione, con riguardo alla correttezza della scelta di sopprimere 29 posti di livello dirigenziale generale, anziché 30 ha chiarito che tale riduzione è stata operata in conformità ai contenuti della direttiva n.10/2012 del Dipartimento della Funzione Pubblica.
In merito al rilievo della “soppressione delle posizioni operate sulla dotazione organica di fatto anziché sulla pianta organica di diritto” è stato ribadito che le riduzioni previste realizzano una piena corrispondenza tra i posti di funzione dirigenziali e i posti previsti in dotazione organica. Per quanto riguarda il calcolo sul costo medio stipendiale dei Prefetti a disposizione si evidenzia che non è stata computata la sola indennità di cui all’art. 43, comma 20 della legge 121/81.
In merito ai chiarimenti sulla compatibilità delle programmate economie di spesa con la previsione di cui al comma 4, del citato articolo 32, è stato, inoltre, rilevato che la presente diposizione laddove prevede il riassorbimento delle posizioni di esubero entro il biennio successivo, non contrasta con il raggiungimento degli obiettivi di risparmio, rispondendo alla esigenza di evitare che le situazioni di esubero del personale possano determinare, ove non assorbite entro il biennio, forme di mobilità guidata.
E’ stato inoltre precisato che, oltre ai posti da prefetto da ridurre in dotazione organica (n. 8), anche i 21 posti di Prefetto, collocati a disposizione in base alla legislazione vigente, sono stati, nel tempo, effettivamente attivati; ciò anche considerato che la riduzione delle 21 posizioni di collocamento in disponibilità dei Prefetti, ai sensi della vigente normativa, sarà oggetto del piano previsionale per il riassorbimento delle posizioni soprannumerarie, da garantire entro il biennio successivo alla data del 31 dicembre 2018.
Al riguardo, si evidenzia preliminarmente che la norma prevede che il Ministero dell’interno, in applicazione della riduzione percentuale non inferiore al 20 per cento degli uffici dirigenziali generali prevista dall’art. 2, comma 1, lett. a), del DL n. 95/2012, riduca di 29 unità gli Uffici dirigenziali di livello generale relativi alla carriera prefettizia (dei quali 8 tra quelli assegnati ai prefetti nell’ambito degli Uffici centrali del Ministero dell'interno e 21 tra quelli assegnati ai Prefetti collocati in disponibilità per specifiche esigenze). La relazione tecnica riferisce che tale riduzione farà conseguire un risparmio permanente di euro 5.954.385,22.
In proposito andrebbe confermato che non risultino già scontati nelle previsioni tendenziali risparmi di importo eventualmente superiore, in relazione alla riduzione del personale in esame. Sarebbe inoltre opportuno acquisire elementi volti a confermare l’equivalenza, dal punto di vista finanziario, di tale risparmio rispetto a quello che si sarebbe determinato sulla base dei criteri previsti dalla previgente normativa.
Si segnala in proposito che l’art. 2, comma 1, lett. a), del DL n. 95/2012 impone la riduzione (in misura non inferiore al 20 %) degli uffici dirigenziali di livello generale e di livello non generale e delle relative dotazioni organiche, per entrambe le tipologie di uffici e per ciascuna dotazione, mentre la norma in esame da una parte limita tale riduzione nella soppressione di 29 posti di livello dirigenziale generale assegnati a Prefetti e dall’altra conferma (comma 2) le dotazioni organiche del personale appartenente alle qualifiche dirigenziali di prima e di seconda fasci dell'Amministrazione civile dell'interno di cui alla Tabella 1 allegata al DPCM n. 217/2015.
Commissioni straordinarie per la gestione degli enti sciolti per mafia
Le norme prevedono che presso il Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse finanziarie e strumentali del Ministero dell'interno sia istituito un apposito Nucleo, composto da personale della carriera prefettizia, nell’ambito del quale sono individuati i componenti della Commissione straordinaria[62] per la gestione degli enti sciolti per fenomeni di infiltrazione mafiosa (comma 1).
Al Nucleo è assegnato, nell'ambito delle risorse organiche della carriera prefettizia, un contingente di personale non superiore a 50 unità, di cui 10 con qualifica di Prefetto e 40 con qualifica fino a Viceprefetto (comma 2).
Le unità di personale individuate nell'ambito del Nucleo quali componenti della Commissione straordinaria sopra citata possono essere collocate in posizione di disponibilità in base alla vigente normativa, per l'esercizio a tempo pieno ed in via esclusiva, delle funzioni commissariali, ove l'Amministrazione ne ravvisi l'urgenza (comma 3).
Con decreto del Ministro dell'interno sono individuate le modalità, i criteri e la durata di assegnazione al Nucleo (comma 4).
Fermi restando i compensi spettanti per lo svolgimento delle attività commissariali indicate, la mera assegnazione al Nucleo non determina l'attribuzione di compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi spese o emolumenti comunque denominati.
La relazione tecnica evidenzia che la proposta emendativa è volta ad assicurare la pronta individuazione del personale prefettizio da destinare alle funzioni commissariali, in caso di scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguenti a fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso.
La proposta, secondo la relazione tecnica, ha natura ordinamentale ed è finalizzata a garantire una scelta oculata e tempestiva dei nominativi dei funzionari a cui conferire l'incarico di commissario straordinario, secondo criteri di trasparenza, rotazione, professionalità e celerità. Le modalità, i criteri e la durata dell'assegnazione del personale prefettizio al predetto nucleo saranno definite dettagliatamente con successivo, apposito provvedimento di natura non regolamentare, sentite le organizzazioni sindacali di categoria.
La programmata rotazione periodica permetterà di far raggiungere ragguardevoli livelli di
competenza nella specifica materia ad un numero sempre maggiore di unità di personale.
La relazione tecnica precisa che l'intervento non incide sugli assetti organizzativi degli Uffici centrali del Ministero dell'interno né istituisce nuove strutture di livello dirigenziale. Pertanto esso non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Restano salve le spettanze economiche dovute ai suddetti Commissari straordinari per l'espletamento delle relative funzioni negli enti comunali sciolti per infiltrazioni mafiose. La relazione tecnica ribadisce che all’attuazione delle norme in esame si provvede con le risorse umane finanziari e strumentali disponibili a legislazione vigente. A tal fine si evidenzia che la disposizione non prevede in favore dei componenti del Nucleo e per il solo inserimento nello stesso alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o emolumento,
fermi restando i compensi spettanti per lo svolgimento delle attività commissariali di cui agli articoli 143 e 144 del decreto legislativo n. 267/2000.
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.
Nomina del Presidente della Commissione per la progressione in carriera prefettizia
Normativa vigente: l’articolo 17, comma 1, del D.lgs. n. 139/2000 (Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia) prevede, tra l’altro, che ai fini della valutazione della progressione in carriera (passaggio alla qualifica di viceprefetto) venga istituita una commissione presieduta da un prefetto scelto tra quelli preposti alle attività di controllo e valutazione di cui al D.lgs. n. 286/1999.
La norma, introdotta dal Senato, novella l’art. 17, comma 1, del D.lgs. n. 139/2000. In particolare viene previsto che il prefetto che presiede la Commissione per la progressione in carriera prefettizia non venga più scelto, come previsto nel testo vigente della disposizione, tra quelli preposti alle attività di controllo e valutazione di cui al D.lgs. n. 286/1999.
La relazione tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, illustra le finalità della norma e afferma che questa non comporta nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, trattandosi di norma carattere ordinamentale. Alla sua attuazione si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare considerata la natura ordinamentale della disposizione.
Disposizioni in materia di tecnologia 5G
Normativa vigente. L’articolo 1, comma 1036, della legge n. 205/2017 prevede che in caso di mancata liberazione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre entro le scadenze stabilite al comma 1032, e delle bande di spettro 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz entro il termine di cui al comma 1029, fatte salve le assegnazioni sperimentali e per il servizio fisso satellitare e per il servizio di esplorazione della Terra via satellite, gli Ispettorati territoriali del Ministero dello sviluppo economico procedano senza ulteriore preavviso alla disattivazione coattiva degli impianti, avvalendosi degli organi della polizia postale e delle comunicazioni ai sensi dell'articolo 98 del D.lgs. n. 259/2003.
In caso di indisponibilità delle frequenze della banda 694 – 790 MHz per mancato rispetto delle scadenze stabilite dalla tabella di marcia nazionale e fino all’effettiva liberazione delle frequenze, gli assegnatari dei relativi diritti d’uso hanno diritto a percepire un importo pari agli interessi legali sulle somme versate a decorrere dal 1º luglio 2022. Il Ministero dello sviluppo economico si rivale sui soggetti che non hanno proceduto tempestivamente all’esecuzione di quanto prescritto dal calendario nazionale di transizione.
Alla disposizione non sono stati ascritti effetti onerosi.
La norma sostituisce l’avvalimento della polizia postale in caso di mancata liberazione delle frequenze del servizio televisivo digitale terrestre con la possibilità, per gli Ispettorati del MISE, di richiedere - al Prefetto competente per territorio - l'ausilio della forza pubblica.
La relazione tecnica evidenzia come la norma non sia suscettibile di determinare nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, dal momento che si limita a specificare che, anche nella peculiare ipotesi di inottemperanza (attiva o passiva) all'obbligo di rilascio delle frequenze televisive terrestri in forma digitale, in analogia con quanto previsto dal codice di procedura civile nella diversa materia dell'attuazione coattiva degli ordini di liberazione degli immobili, può concretizzarsi la necessità di richiedere l'assistenza e il concorso della forza pubblica, chiamata a esercitare, in via ausiliaria e strumentale rispetto a un provvedimento dispositivo, la funzione restrittiva della liberazione coattiva delle frequenze indebitamente occupate. Tale eventualità, in un'ottica rispettosa dell'assetto ordinamentale e del piano sistematico vigente, viene riferita alla funzione di coordinamento e disposizione della forza pubblica riconosciuta (in via generale, in forza della legge n. 121/1981 e, in casi particolari, da altre fonti quale ad esempio l'articolo 11 del D.L. n. 14/2017) al Prefetto nella sua veste di autorità provinciale di pubblica sicurezza, che promana in senso radiale dal ruolo centrale del Ministro dell’interno quale autorità nazionale di pubblica sicurezza.
Trattasi, in definitiva, di una mera specificazione di una cristallizzata potestà istituzionale di coordinamento e indirizzo dei compiti e delle attività di pubblica sicurezza, tra le quali rientra indubbiamente l'apprestamento di mezzi per l'attuazione in concreto di una previsione legale o provvedimentale, l’implementazione della quale non è suscettibile di generare nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, potendo assolversi agli adempimenti potenzialmente scaturenti dalla proposta in questione con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Pertanto, la RT conclude affermando che la norma, di carattere puramente ordinamentale, non è in grado di produrre nuovi o maggiori oneri sulla finanza pubblica.
Al riguardo, si rileva che la norma prevede l'ausilio della forza pubblica (disposto dal prefetto su richiesta degli Ispettorati del MISE) per la disattivazione coattiva degli impianti in caso di mancata liberazione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre in luogo della possibilità, prevista a legislazione vigente, di avvalersi della polizia postale.
Non si formulano osservazioni alla luce degli elementi forniti dalla relazione tecnica.
Riorganizzazione del Servizio centrale di protezione
Normativa vigente: l’art. 14, del DL n. 8/1991 prevede che all’attuazione dei programmi speciali di protezione provveda il Servizio centrale di protezione istituito, nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza, con decreto interministeriale che ne stabilisce la dotazione di personale e di mezzi, anche in deroga alle norme vigenti. Il Servizio centrale di protezione è articolato in due sezioni, dotate ciascuna di personale e di strutture differenti e autonome, aventi competenza l'una sui collaboratori di giustizia e l'altra sui testimoni di giustizia (comma 1). Nei casi in cui la proposta di ammissione al programma, in relazione a fatti concernenti la criminalità mafiosa, sia stata formulata dall' Alto commissario, l'attuazione è affidata ad apposito ufficio posto alle sue dirette dipendenze (comma 2).
La norma, introdotta dal Senato, modifica l’art. 14, comma 1, del DL n. 82/1991, disciplinante il Servizio centrale di protezione del Dipartimento della pubblica sicurezza. In particolare viene previsto che il Servizio si articoli in almeno due divisioni (a fronte delle due sole divisioni previste nel testo vigente della norma) dotate di personale e strutture differenti e autonome; in modo tale assicurate la trattazione separata delle posizioni dei collaboratori di giustizia e dei testimoni di giustizia (comma 1, lett. a).
Viene, altresì, introdotto nella summenzionata disposizione un nuovo comma 1-bis che prevede che all’attuazione della stessa si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 1, lett. b).
La relazione tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, afferma che la norma è volta a riorganizzare il Servizio centrale di protezione del Dipartimento della pubblica sicurezza. La disposizione è corredata da una clausola di neutralità finanziaria. L'intervento costituisce un’anticipazione di una più ampia manovra finalizzata a rivedere la complessiva organizzazione del Dipartimento. La previsione in esame opera una mera ridistribuzione dei compiti che già oggi sono svolti dal Servizio, in concreto articolato in divisioni separate, sicché essa ha una valenza meramente ordinamentale ed è insuscettibile di determinare nuovi ed ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.
Dal punto di vista finanziario pertanto, la previsione è neutrale non determinando alcun trasferimento di personale, che rimane quello dell'organico effettivo, il quale, per il disbrigo della propria attività, continuerà ad utilizzare le dotazioni strumentali già esistenti e che sono sufficienti alle esigenze del Servizio.
Non derivando nuovi o maggiori oneri dalla di disposizione, ricorrono le condizioni di invarianza degli effetti della norma sui saldi di finanza pubblica. Ai sensi dell'art. 17, comma 6 bis, della legge n. 196/2009 si indicano le risorse già esistenti nel bilancio, sui capitoli, piani gestionali del C.D.R. 5 - Dipartimento della Pubblica Sicurezza.
Al riguardo, pur prendendo atto di quanto evidenziato della relazione tecnica, circa la natura ordinamentale della disposizione e la presenza di un vincolo di neutralità finanziaria al comma 1, lett. b), si evidenzia che la novella dell’articolo 14, comma 1, del DL n. 8/1991 disposta dalla norma in esame consente di organizzare il Servizio centrale di protezione in base ad un numero di divisioni anche superiore a due, mentre, ai sensi dell’assetto disciplinato a normativa vigente, il Servizio è articolato in due sole divisioni. La norma sembrerebbe, pertanto, consentire una discrezionalità organizzativa potenzialmente in grado di determinare effetti di maggiore spesa. Al riguardo appare opportuno acquisire la valutazione del Governo.
Centro Alti Studi del Ministero dell’interno
La norma, istituisce il Centro Alti Studi presso la sede didattico-residenziale del Dipartimento delle politiche del personale dell’Amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziare del Ministero dell’interno, con compiti di promozione organizzazione , e realizzazione di iniziative, anche di carattere seminariale, finalizzate allo studio e all’approfondimento dei profili normativi e amministrativi attinenti all’esercizio delle funzioni e dei compiti dell’Amministrazione civile dell’interno, nonché alla realizzazione di studi e ricerche sulle attribuzioni del Ministero dell’interno (comma 1).
Il Centro Alti Studi del Ministero dell’interno, fermi restando la dotazione organica e il contingente dei prefetti collocati a disposizione ai sensi della normativa vigente, è presieduto da un prefetto, con funzioni di presidente, ed opera attraverso un consiglio direttivo e un comitato scientifico i cui componenti sono scelti fra rappresentanti dell’Amministrazione civile dell’interno, docenti universitari ed esperti in discipline amministrative, storiche, sociali e della comunicazione. Al presidente e ai componenti degli organi di cui al periodo precedente non spetta la corresponsione di compensi, rimborsi di spese, emolumenti o gettoni di presenza comunque denominati. Il Centro Alti Studi del Ministero dell’interno non costituisce articolazione di livello dirigenziale del Ministero dell’interno (comma 2).
Per le spese di promozione, organizzazione e realizzazione di iniziative, anche di carattere seminariale, nonché realizzazione di studi e ricerche, la norma autorizzata la spesa di 50.000 euro annui a decorrere dal 2019. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente utilizzo delle risorse destinate alle spese di funzionamento della Sede didattico-residenziale (comma 3).
La norma reca, inoltre, una clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale, salvo quanto disposto dal comma 3, all’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 4).
La relazione tecnica afferma che, fermo restando quanto disposto al comma 3, alla attuazione della disposizione in esame si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
In proposito, al RT precisa cha la sede didattico-residenziale, presso la quale è istituito il CASMI, risulta già nella disponibilità del Ministero dell'interno ed è pienamente rispondente all'esigenza dello svolgimento di molteplici attività. Il personale già impiegato nella predetta sede, appartenente alla carriera prefettizia e ai ruoli dell'amministrazione civile dell'interno, svolgerà senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica le funzioni di supporto all'attività del CASMI non determinando alcun incremento nella vigente dotazione organica dei Prefetti né del contingente dei prefetti collocati a disposizione ai sensi della normativa vigente, né di quella del personale dirigenziale e non dell'Amministrazione civile dell’Interno.
Con riferimento all'autorizzazione di spesa pari a 50.000 euro annui a decorrere dal 2019 previsa dal comma 3, la RT chiarisce che al relativo onere si provvede mediante corrispondente utilizzo delle risorse di cui al capitolo 2920, piano gestionale 27 (spese di funzionamento della sede didattico-residenziale) del Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie del Ministero dell'interno. Le spese attualmente finanziate con le risorse del predetto capitolo saranno riprogrammate al fino di consentire il finanziamento del Centro, garantendo l'invarianza degli effetti della norma sui saldi di finanza pubblica.
Al riguardo, in merito ai profili di quantificazione, non si formulano osservazioni riguardo al comma 3, che prevede un onere limitato all’entità della spesa autorizzata. Con riferimento alle restanti disposizioni, non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto che le strutture interessate presso il Ministero dell’interno siano in grado di svolgere i compiti assegnati con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, garantendo quindi la neutralità delle disposizioni.
In merito ai profili di copertura, si rileva che il comma 3 dell’articolo 32-sexies, nell’autorizzare una spesa di 50.000 euro annui a decorrere dal 2019 per spese di promozione, organizzazione e realizzazione di iniziative, anche di carattere seminariale, nonché realizzazione di studi e ricerche dell’istituendo Centro Alti Studi del Ministero dell’interno, provvede al relativo onere mediante corrispondente utilizzo delle risorse destinate alle spese di funzionamento della Sede didattico-residenziale afferente al Dipartimento per le politiche del personale dell'Amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie del Ministero dell'interno.
Al riguardo si segnala che le risorse destinate alle spese di funzionamento della menzionata Sede didattico-residenziale sono allocate sul capitolo 2920, piano di gestione 27, dello stato di previsione del Ministero dell’interno[63], il quale reca, nel decreto di ripartizione in capitoli del bilancio dello Stato per il triennio 2018-2020, stanziamenti pari a 1.739.569 euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, mentre, nel disegno di legge di bilancio per il triennio 2019-2021 sono previsti stanziamenti pari a 1.727.969 euro per il 2019 e a 1.739.569 euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021.
Tutto ciò premesso si ritiene necessario acquisire una conferma da parte del Governo che l’utilizzo delle risorse in questione non sia suscettibile di pregiudicare lo svolgimento delle funzioni della Sede didattico-residenziale afferente al Dipartimento per le politiche del personale dell'Amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie del Ministero dell'interno.
Compensi per lavoro straordinario delle Forze di polizia
Le norme prevedono che, a decorrere dall'esercizio finanziario 2018, per il pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario svolte dagli appartenenti alle Forze di polizia[64], a valere sulle disponibilità degli stanziamenti di bilancio, è autorizzata la spesa per un ulteriore importo di 38.091.560 euro, in deroga al limite di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.75 (comma 1).
Tale norma aveva stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2017, il limite dell'ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale delle amministrazioni pubbliche fosse pari all’importo destinato alle medesime finalità per il 2016; in relazione a tale statuizione, è stato previsto, altresì, che a decorrere dalla predetta data l'articolo 1, comma 236, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 fosse abrogato. La disposizione abrogata prevedeva che, nelle more dell’esercizio della delega presupposto dell’emanazione del citato del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.75, a decorrere dal 1º gennaio 2016 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche non potesse superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2015 e fosse, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente. Per le amministrazioni dello Stato, le economie derivanti dal citato comma 236, secondo la relazione tecnica allegata al testo, erano quantificabili, a decorrere dal 2016, in complessivi 69,9 milioni di euro al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni, pari alla differenza tra le somme stanziate in bilancio, dal 2016, a legislazione vigente, ed il corrispondente importo riferito all’anno 2015.
Si stabilisce inoltre che il pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario di cui al comma 1, nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 43, tredicesimo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121[65], è autorizzato entro i limiti massimi fissati dal decreto applicabile all'anno finanziario precedente (comma 2).
La relazione tecnica afferma che la disposizione assicura il pagamento, a decorrere dall'esercizio finanziario 2018 ed anche in deroga alle limitazioni vigenti, dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario svolte dagli appartenenti alle Forze di polizia, in vista dell'obiettivo di garantire la stabilità, continuità ed efficienza della funzione di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
La relazione tecnica afferma, altresì, che, in virtù dell'esplicita statuizione del primo comma, secondo cui il pagamento dei compensi avviene "nei limiti dello stanziamento già esistente in bilancio", la norma è dotata di idonea copertura finanziaria, tenuto altresì conto di quanto disposto dal secondo comma, ai sensi del quale il pagamento dei suddetti compensi, nelle more dell'adozione del decreto adottato dal Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'art. 43, tredicesimo comma della legge n. 121/1981, è autorizzato entro i limiti massimi fissati dal decreto applicabile all'anno finanziario 2017.
Al riguardo, si rileva che la norma rimuove un vincolo legislativo all’utilizzo di somme che risultano tra le “disponibilità degli stanziamenti di bilancio”, disponendo la deroga all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.75.
In una nota presentata nel corso dell’esame presso il Senato[66], il Governo ha chiarito che la legge di assestamento di bilancio 2017 (legge 3 ottobre 2017, n. 157) ha previsto un’integrazione di euro 38.091.560 per i capitoli relativi al lavoro straordinario delle Forze di polizia e che tale integrazione è diventata strutturale a decorrere dall’anno 2018 con l’assegnazione della medesima cifra con la legge di bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017 n. 205). Il Governo ha anche evidenziato che la norma autorizzativa della maggiore spesa non ha però espressamente previsto la deroga al limite di cui all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.75.
Si osserva peraltro che, in relazione all’introduzione di tali disposizioni limitative – originariamente recate dall’articolo 1, comma 236, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e trasfuse successivamente, nella sostanza, nell’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.75 – erano stati scontati risparmi di spesa, registrati ai fini dei saldi di finanza pubblica.
La deroga ai predetti limiti richiederebbe quindi una stima dei relativi oneri e un’idonea copertura, posto che l’utilizzo a tal fine di disponibilità di bilancio non appare conforme all’art. 17 della legge n. 196 del 2009. In proposito appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.
Richiami del personale volontario del Corpo dei vigili del fuoco
Le norme stabiliscono che per il richiamo in servizio dei volontari dei Vigili del fuoco in occasione di calamità naturali o catastrofi o per altre necessità, gli stanziamenti di spesa per la retribuzione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco[67] sono incrementati di 5,9 milioni di euro per l'anno 2019 e di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020 (comma 1).
Si prevede che l'impiego del personale volontario sia disposto nel limite dell'autorizzazione annuale di spesa (pari a 20.952.678 euro per l'anno 2019 e a 20.052.678 euro a decorrere dall'anno 2020) (comma 2).
Si dispone, infine, che per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 5,9 milioni di euro per l'anno 2019 e di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020. Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell'articolo 39 (comma 3).
La relazione tecnica riferisce che la norma è volta ad incrementare i tetti di spesa fissati dall'articolo 6-bis del decreto-legge n, 113/2016 per l'impiego del personale volontario a cui, in ragione dei giorni o delle ore lavorate, viene corrisposta una retribuzione commisurata a quella del personale di ruolo.
La relazione tecnica chiarisce che l’importo stanziato tiene conto degli oneri retributivi, di natura fissa ed accessoria spettanti al predetto personale per i giorni o le ore lavorate e dei correlati oneri previdenziali ed erariali a carico dello Stato.
Al riguardo per i profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare dal momento che l’utilizzo del personale volontario potrà essere disposto solo nel rispetto del limite di spesa previsto dall’autorizzazione di spesa definita a legislazione vigente. Tanto premesso, si rileva che non vengono esplicitati gli elementi alla base dello stanziamento aggiuntivo disposto.
Ulteriori disposizioni su riordino dei ruoli delle Forze armate e di polizia
Le norme istituiscono un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, nel quale confluiscono risorse già previste a legislazione vigente.
Si tratta di risorse già autorizzate dall'art. 3, comma 155, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, con riferimento alle risorse già affluite ai sensi dell'art. 7, comma 2, lettera a) del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, e non utilizzate ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge n. 124/2015.
La dotazione del fondo è poi integrata per una quota pari a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018 dei risparmi di spesa accertati, di parte corrente, di natura permanente, di cui all'art.4, comma 1, lettere c) e d), della legge 31 dicembre 2012, n. 244.
Si tratta delle risorse recuperate a seguito dell'attuazione del processo di revisione dello strumento militare e dei risparmi realizzati in relazione allo stato di attuazione delle misure di ottimizzazione organizzativa e finanziaria da parte del Ministero della difesa.
Il fondo è istituito al fine di adottare provvedimenti normativi in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, ivi comprese le Capitanerie di porto, volti a correggere ed integrare il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94, e il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95.
La relazione tecnica ribadisce il contenuto della norma ed evidenzia che la citata quota di risparmi (5 mln a decorrere dal 2018) da destinare al fondo risulta disponibile sul capitolo 1153 del Ministero della Difesa.
La relazione tecnica specifica che la quantificazione del fondo tiene conto che le risorse disponibili di cui all'art. 3, comma 155, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, con riferimento alle risorse già affluite ai sensi dell'art. 7, comma 2, lettera a) del decreto-legge 16 ottobre 2017, n, 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, sono al momento pari ad euro 30.120.313 iscritte nel conto dei residui, euro 15.089.182 per il 2018 ed euro 15.004.387 a decorrere dall'anno 2019.
La relazione tecnica evidenzia, infine, che le predette risorse sono comprensive di quelle che saranno impiegate per la copertura degli oneri previsti per l'attivazione dello schema di decreto legislativo recante "Disposizioni integrative e correttive in materia di revisione dei ruoli delle forze di polizia, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n, 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche", approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 6 luglio 2018, attualmente all'esame delle Commissioni riunite I e IV del Senato e della Camera dei Deputati per i prescritti pareri, in vista dell'approvazione in via definitiva entro il termine del 5 ottobre 2018.
Al riguardo si rileva, preliminarmente, che il fondo istituito dalle norme in esame è alimentato anche con quota parte dei risparmi di spesa accertati, di parte corrente, di natura permanente, di cui all'art.4, comma 1, lettere c) e d), della legge 31 dicembre 2012, n. 244 e che tali norme fanno riferimento, rispettivamente, a risorse recuperate a seguito dell'attuazione del processo di revisione dello strumento militare e a risparmi realizzati in relazione allo stato di attuazione delle misure di ottimizzazione organizzativa e finanziaria da parte del Ministero della difesa. Le menzionate risorse erano destinate, a legislazione vigente, rispettivamente, “al riequilibrio dei principali settori di spesa del Ministero della difesa, con la finalità di assicurare il mantenimento in efficienza dello strumento militare e di sostenere le capacità operative”, e a favorire un piano di dismissione e valorizzazione di immobili della difesa. Tanto premesso andrebbe chiarito se la nuova destinazione dei risparmi in questione sia suscettibile di incidere sull'attuazione delle finalità e dei fabbisogni già previsti ai sensi della normativa vigente.
In relazione alla medesima richiesta di chiarimenti avanzata presso il Senato, il Governo ha chiarito che il trasferimento delle risorse accertate quali risparmi di spesa non pregiudica l'attuazione delle finalità e dei fabbisogni già previsti ai sensi della normativa vigente, atteso che non risultano in corso provvedimenti di riparto dei predetti risparmi per il riequilibrio dei principali settori di spesa del Ministero della difesa.
Andrebbero infine forniti più puntuali elementi di valutazione riguardo alla destinazione delle risorse allocate nel fondo, che reca disponibilità anche per l’esercizio in corso, posto che le disposizioni in esame indicano testualmente come finalità quella dell’adozione di provvedimenti normativi in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, ivi comprese le Capitanerie di porto, volti a correggere ed integrare i decreti legislativi n. 94 e n. 95 del 2017, mentre la relazione tecnica precisa che le risorse in questione sono comprensive di quelle che saranno impiegate per la copertura degli oneri previsti per l'attivazione di norme già in vigore (decreto legislativo n. 126 del 2018 recante "Disposizioni integrative e correttive in materia di revisione dei ruoli delle forze di polizia, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n, 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche").
In merito ai profili di copertura, si rileva che la disposizione in commento prevede l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di un fondo destinato all’adozione di provvedimenti normativi in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate. Tale fondo risulta allocato, alla luce del disegno di legge di bilancio per il triennio 2019-2021 (C. 1334) attualmente all’esame del Parlamento, sul capitolo 3029 del predetto stato di previsione[68].
Ai sensi della norma in commento, nel citato fondo affluiscono, da un lato, le risorse recate dall’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 35, comma 155, secondo periodo, della legge n. 350 del 2003, con riferimento alle risorse relative alle facoltà assunzionali del Corpo forestale dello Stato non impiegate e già affluite ai sensi dell’articolo 7, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 148 del 2017[69], non utilizzate in attuazione dell’articolo 8, comma 6, della legge n. 124 del 2015[70]. In proposito, si segnala che tali risorse ammontano ad euro 30.120.313 iscritti nel conto dei residui, ad euro 15.089.182 per il 2018 e ad euro 15.004.387 a decorrere dal 2019[71].
Nel medesimo fondo affluisce, altresì, una quota pari a 5 milioni di euro, a decorrere dal 2018, dei risparmi di spesa di parte corrente di natura permanente, di cui all’articolo 4, comma 1, lettere c) e d), della legge n. 244 del 2012, rispettivamente conseguenti al processo di revisione dello strumento militare nonché allo stato di attuazione delle misure di ottimizzazione organizzativa e finanziaria del Ministero della difesa. Tali risparmi, destinati dalle disposizioni testé richiamate al riequilibrio dei principali settori di spesa del medesimo Ministero nonché alla ricollocazione di funzioni svolte presso infrastrutture in uso allo stesso individuate per la consegna all’Agenzia del demanio, risultano allocati sul capitolo n. 1153 dello stato di previsione dello predetto Ministero della difesa[72].
A tale ultimo riguardo, appare necessario che il Governo chiarisca se la devoluzione all’istituendo fondo di quota parte delle risorse accertate quali risparmi di spesa non sia suscettibile di pregiudicare la realizzazione delle finalità cui le stesse risultavano preordinate ai sensi della normativa vigente.
Si segnala, infine, che nei limiti delle risorse del fondo in parola si provvederà anche agli eventuali oneri derivanti dall’adozione dei decreti legislativi recanti disposizioni integrative in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia nonché disposizioni correttive dei decreti legislativi nn. 94[73] e 95[74] del 2017, secondo quanto previsto dal comma 5 dell’articolo 1 del disegno di legge di conversione.
Personale della polizia municipale
Le norme prevedono che i comuni che nel triennio 2016-2018 hanno rispettato gli obiettivi del vincolo di finanza pubblica possono, nell'anno 2019, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 228, della legge n. 208/2015, assumere a tempo indeterminato personale della polizia municipale, nel limite della spesa sostenuta per detto personale nell'anno 2016 e fermo restando il conseguimento degli equilibri di bilancio. Le cessazioni nell'anno 2018 del predetto personale non rilevano ai fini del calcolo delle facoltà assunzionali del restante personale.
Si rammenta che l’articolo 1, comma 228 della legge n. 208/2015, a cui non sono ascritti effetti finanziari, reca la disciplina concernete il turn over negli enti territoriali.
La relazione tecnica consente agli enti “virtuosi” (che abbiano rispettato nel triennio precedente gli obiettivi dei vincoli di finanza pubblica) di ampliare; nell'anno 2019, le unità di personale della polizia municipale da assumere a tempo indeterminato, superando così i limiti previsti dalle disposizioni vigenti.
Le urgenti esigenze di potenziamento del personale della polizia municipale, componente
sempre più impegnata sul fronte della sicurezza urbana, rendono necessario – prosegue la relazione – individuare, pur limitatamente al 2019, l'alleggerimento di un significativo limite ai processi assunzionali nell'ambito dei comuni, circostanza quest'ultima che determina una sostanziale penalizzazione in termini di risorse da destinare ai servizi per la collettività.
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione considerato che la norma fa salvo l’obbligo del conseguimento degli equilibri di bilancio.
ARTICOLO 35-ter
La norma, modificando l’articolo 50 del decreto legislativo n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali- TUEL) amplia le ipotesi di intervento del Sindaco sulle limitazioni di orario di vendita, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Rispetto alla normativa vigente, tale limitazione può essere imposta anche in aree interessate da aggregazione notturna e può riguardare anche limitazioni di orari di vendita del settore alimentare o misto e delle attività artigianali di produzione e vendita di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato e di erogazione di alimenti e bevande attraverso distributori automatici.
Si introduce, inoltre, una sanzione amministrativa pecuniaria (da 500 a 5.000 euro) in caso di inosservanza delle ordinanze emanate dal Sindaco per le suddette limitazioni.
La relazione tecnica afferma che la norma non comporta nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, trattandosi di norma di natura ordinamentale. La RT precisa che alla sua attuazione si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare considerato il carattere ordinamentale della norma.
Potenziamento delle iniziative in materia di sicurezza urbana da parte dei comuni
La norma istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo - con una dotazione pari a 2 milioni di euro per l'anno 2018 e a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 – le cui risorse sono destinate anche ad assunzioni a tempo determinato di personale di polizia locale, nei limiti delle predette risorse e anche in deroga all'articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010[75] (comma 1).
Il fondo è finalizzato al potenziamento delle iniziative in materia di sicurezza urbana da parte dei comuni
Alla copertura dei relativi oneri si provvede:
§ quanto a euro l milione per l'anno 2018, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo l, comma 200, della legge n. 190/2014 (Fondo esigenze indifferibili) [comma 2 lettera a)];
§ quanto a euro 1 milione per l'anno 2018 e a euro 5 milioni per l'anno 2020, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10 comma 5, del D.L. n. 282/2004 [comma 2 lettera b)];
§ quanto a euro 5 milioni per l'anno 2019, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), della legge n. 44/1999, affluite all'entrata del bilancio dello Stato, che restano acquisite all'erario [comma 2 lettera c)].
La norma richiamata fa riferimento al contributo sui premi assicurativi, raccolti nel territorio dello Stato, nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi e furto, relativi ai contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 1990 che alimentano il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive.
Il fondo istituito dalla norma in esame potrà essere alimentato anche con le risorse provenienti dal Fondo unico giustizia di cui all'articolo 61, comma 23, del D.L. n. 112/2008, per la quota spettante al Ministero dell'interno (comma 3).
Con decreto del Ministro dell'interno sono stabilite le modalità di presentazione delle richieste da parte dei comuni interessati nonché i criteri di ripartizione delle risorse del fondo istituito dalla norma in esame (comma 4).
La relazione tecnica, nel ricordare che il fondo di cui al comma l potrà essere alimentato anche con le risorse provenienti dal Fondo unico di giustizia di cui all'articolo 61, comma 23, del D.L. n. 112/2008, per la quota spettante al Ministero dell'interno, evidenzia che il Fondo unico di giustizia ha una consistenza che si è attestata, nel corso degli anni, su circa 70/80 milioni di euro annui.
Al riguardo, si rileva che la norma istituisce un fondo con risorse destinate anche ad assunzioni a tempo determinato di personale di polizia locale, nei limiti delle risorse medesime.
Si evidenzia preliminarmente che l’onere è limitato all’entità dello stanziamento; in merito all’utilizzo, a copertura, di parte delle entrate che affluiscono al Fondo di solidarietà per le vittime di richieste estorsive, appare necessario chiarire se detto vincolo di finalizzazione non pregiudichi ulteriori iniziative e attività previste, a legislazione vigente, a valere sulle medesime risorse.
In merito ai profili di copertura, si rileva che l’articolo in commento istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’interno un fondo con una dotazione pari a 2 milioni di euro per l’anno 2018 e a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, provvedendo alla copertura dei relativi oneri:
a) quanto a 1 milione di euro per l’anno 2018, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014. Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare, atteso che il citato Fondo reca per l’anno 2018 le occorrenti disponibilità;
b) quanto a 1 milione di euro per l’anno 2018 e a 5 milioni di euro per l’anno 2020, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004. Al riguardo, si fa presente che il citato Fondo reca le necessarie disponibilità per l’anno 2018, mentre sarebbe opportuna una rassicurazione del Governo riguardo alla capienza del Fondo per l’anno 2020, anche alla luce del nuovo quadro di finanza pubblica recato dal disegno di legge di bilancio per il triennio 2019-2021;
c) quanto a 5 milioni per l’anno 2019, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate derivanti dal contributo sui premi assicurativi nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi e furto finora destinate al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive dall'articolo 18, comma 1, lettera a), della legge 23 febbraio 1999, n. 44. Al riguardo, si rinvia alle considerazioni svolte con riferimento agli articoli 18, comma 3-bis e 31-ter (vedi supra).
Il comma 3, inoltre, prevede che il fondo di cui al comma 1 potrà essere alimentato anche con le risorse provenienti dal Fondo unico di giustizia[76], di cui all’articolo 61, comma 23, del decreto-legge n. 112 del 2008, per la quota spettante al Ministero dell’interno, la cui consistenza, in base alla relazione tecnica, si è assestata, nel corso degli anni, su 70-80 milioni di euro annui. Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare.
La norma con riferimento all'installazione, da parte dei comuni, di sistemi di videosorveglianza, incrementa l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 2-ter, del D.L. n. 14/2017 di 10 milioni di euro per l’anno 2019, di 17 milioni di euro per l'anno 2020, di 27 milioni di euro per l'anno 2021 e di 36 milioni di euro per l'anno 2022 (comma 1).
La disposizione è finalizzata al potenziamento degli interventi in materia di sicurezza urbana per la realizzazione degli obiettivi dei patti per l’attuazione della sicurezza urbana, sottoscritti dal prefetto e dal sindaco quali mezzi per individuare concretamente gli interventi da mettere in campo per la sicurezza urbana.
In particolare, l’articolo 5, comma 2-ter, autorizza la spesa di 7 milioni di euro per l'anno 2017 e di 15 milioni per ciascuno degli anni 2018 e 2019 per l'installazione di sistemi di videosorveglianza da parte dei comuni. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione delle autorizzazioni di spesa di cui all'articolo 1, comma 140, lettere b) ed e), della legge n. 232/2016, nell'ambito del programma “Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica" della missione “Ordine pubblico e sicurezza” dello stato di previsione del Ministero dell'interno (comma 2). Le autorizzazioni di spesa in parola possono essere reintegrate mediante rimodulazione di risorse finanziarie assegnate o da assegnare al Ministero dell'interno per la realizzazione di investimenti (comma 3).
La relazione tecnica afferma che la copertura dell'onere derivante dalla norma in esame, pari complessivamente a 90 milioni di euro per le annualità 2019/2022, viene assicurata mediante riduzione degli stanziamenti di cui ai capitoli 7411/PG6 e PG7 e 7461/PG1, autorizzati ai sensi dell'articolo 1, comma 140, della legge n. 232/2016, secondo il seguente piano:
§ Capitolo 7411 p.g. 6: esercizio 2019 - importo euro 10 milioni di euro;
§ Capitolo 7411 p.g. 6: esercizio 2020 - importo euro 15 milioni di euro;
§ Capitolo 7411 p.g. 7: esercizio 2020 - importo euro 2 milioni di euro;
§ Capitolo 7411 p.g. 6: esercizio 2021 - importo euro 15 milioni di euro;
§ Capitolo 7411 p.g. 7: esercizio 2021 - importo euro 2 milioni di euro;
§ Capitolo 7411 p.g. 6: esercizio 2022 - importo euro 26 milioni di euro;
§ Capitolo 7461 p.g. 1: esercizio 2021 - importo euro 10 milioni di euro;
§ Capitolo 7461 p.g. 1: esercizio 2022 - importo euro 10 milioni di euro.
Infine, sul comma 3, la RT afferma che la reintegrazione delle autorizzazioni di spesa disposte al comma 2 mediante rimodulazione di risorse finanziarie assegnate o da assegnare al Ministero dell'interno per la realizzazione di investimenti, avverrà con particolare riferimento a quelli destinati alla realizzazione di centri di primo soccorso e accoglienza.
Al riguardo, si evidenzia preliminarmente che l’onere è limitato all’entità dello stanziamento. Andrebbe comunque acquisita conferma che l’impiego, a copertura, di risorse del Fondo per investimenti di cui al comma 140 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2017 non pregiudichi l’attuazione di iniziative già assunte o programmate, a legislazione vigente, a vedere sulle medesime risorse.
In merito ai profili di copertura, si rileva che il comma 2 provvede agli oneri derivanti dall’incremento - in misura pari a 10 milioni di euro per il 2019, a 17 milioni di euro per il 2020, a 27 milioni di euro per il 2021 e a 36 milioni di euro per il 2022 - dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5, comma 2-ter, del decreto-legge n. 14 del 2017, relativa all'installazione di sistemi di videosorveglianza da parte dei comuni, mediante corrispondente riduzione delle autorizzazioni di spesa di cui all’articolo 1, comma 140, lettere b) ed e), della legge n. 232 del 2016, istitutivo del Fondo da ripartire per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, nell’ambito del programma “Contrasto al crimine, tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica” della missione “Ordine pubblico e sicurezza” dello stato di previsione del Ministero dell’interno[77]. A tale riguardo, si ricorda che le lettere b) ed e) del citato articolo 1, comma 140, attengono ai settori di spesa concernenti, rispettivamente, le infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione e l’edilizia pubblica, compresa quella scolastica.
In particolare, la relazione tecnica al provvedimento in esame specifica che le risorse di cui all’articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016, di cui è prevista la riduzione nell’arco temporale 2019-2022, risultano allocate sul capitolo 7411, piani gestionali nn. 6 e 7, e sul capitolo 7461, piano gestionale n. 1, dello stato di previsione del Ministero dell’interno[78].
Il successivo comma 3 dispone che le autorizzazioni di spesa oggetto di riduzione ai sensi del comma 2 potranno essere reintegrate mediante rimodulazione di risorse finanziarie assegnate o da assegnare al Ministero dell’interno per la realizzazione di investimenti.
Ciò premesso, si rammenta che le risorse del Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese sono già state oggetto di ripartizione ad opera dei DPCM 29 maggio 2017[79] e 21 luglio 2017. In tale quadro, appare pertanto necessario che il Governo chiarisca se le risorse previste a copertura sono quelle già attribuite al Ministero dell’interno, per le finalità di cui al citato articolo 1, comma 140, lettere b) ed e), ad opera del predetto DPCM del 21 luglio 2017[80].
Utilizzo degli aeromobili a pilotaggio remoto
Normativa vigente. L'articolo 5, comma 3-sexies, del D.L. n. 7/2015 demanda ad un decreto del Ministro dell'interno la disciplina delle modalità di utilizzo, da parte delle forze di polizia, degli aeromobili a pilotaggio remoto, comunemente denominati «droni», ai fini del monitoraggio del territorio per finalità di pubblica sicurezza, con particolare riferimento al contrasto del terrorismo e alla prevenzione dei reati di criminalità organizzata e ambientale. All'attuazione di tale previsione si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
La norma prevede che la disciplina delle modalità di utilizzo, da parte delle Forze di polizia, degli aeromobili a pilotaggio remoto (c.d. “droni”) sia estesa ad altre finalità di impiego come:
§ quelle relative ai rispettivi comparti di specialità di tutte le Forze di polizia di cui all'articolo 2, comma 1, del D.lgs. n. 177/2016, recante disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia;
§ per il solo Corpo della Guardia di finanza, quelle per l'assolvimento delle funzioni istituzionali di polizia economico-finanziaria di cui all'articolo 2 del D.lgs. n. 68/2001.
La relazione tecnica afferma che la modifica non è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio pubblico, poiché è realizzabile attraverso le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, tenuto conto che le Forze di polizia già dispongono delle strumentazioni tecniche necessarie.
Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.
Gestione e destinazione dei beni confiscati
Le norme apportano modifiche alle norme del Codice antimafia (Codice), di cui al decreto legislativo n. 159/2011, che trattano dell'amministrazione dei beni sequestrati e confiscati.
In particolare una prima modifica interessa l’articolo 35 del citato Codice e stabilisce che dal computo del numero massimo di incarichi che possono essere attribuiti agli amministratori giudiziari nominati per la gestione dei beni sequestrati alla mafia, sono esclusi gli incarichi già in corso attribuiti in qualità di coadiutori (comma 1).
Si prevede la riformulazione del comma 3 dell’articolo 35-bis del Codice del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. Tale comma, attualmente stabilisce che al fine di consentire la prosecuzione dell'attività dell'impresa sequestrata o confiscata, il prefetto della provincia rilascia all'amministratore giudiziario la nuova documentazione antimafia. La riformulazione del comma esplicita prevede, invece, che siano sospesi gli effetti della pregressa documentazione antimafia dalla data di nomina dell'amministratore giudiziario e fino all'eventuale provvedimento di dissequestro dell'azienda o di revoca della confisca della stessa (comma 1-bis).
Si modifica poi, l'articolo 38 del Codice antimafia, che disciplina i compiti dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (Agenzia). Le modifiche consentono all'Agenzia di individuare il coadiutore, di cui l'ente si avvale per la gestione dei beni confiscati fino all'emissione del provvedimento di destinazione, anche tra soggetti diversi da quello nominato amministratore giudiziario dal tribunale. Si precisa, inoltre, che il coadiutore debba essere, comunque, in possesso della specifica professionalità richiesta per gli amministratori giudiziari.
Con modifiche introdotte nel corso dell’esame al Senato è stato rafforzato, sul piano delle comunicazioni telematiche, il raccordo tra le autorità giudiziarie e l’Agenzia.
È altresì precisato che all'attuazione di tali disposizioni si provvede con le risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 2).
Si dispone anche la riformulazione dell’articolo 41-ter, comma 1, primo periodo, al fine di stabilire che l’istituzione, presso le prefetture-uffici territoriali del Governo, di tavoli provinciali permanenti sulle aziende sequestrate e confiscate, sia rimessa alla valutazione del prefetto e non costituisca più un obbligo e che quando la confisca diventa definitiva l’Agenzia trasmette al giudice delegato una relazione sull’amministrazione dei beni (comma 2-bis).
Ulteriori modifiche interessano l’articolo 43 del Codice antimafia che tratta del rendiconto di gestione che l’Agenzia deve predisporre. In primo luogo si corregge un errato riferimento che prevedeva che il conto fosse reso dopo il provvedimento di confisca di primo grado. La correzione esplicita il fatto che l’amministratore delegato presenta al giudice il conto della gestione anche dopo il provvedimento di confisca di secondo grado; anche dopo tale provvedimento si svolge, infatti, l’azione dell’Agenzia (comma 2-ter).
È ancora integrato il testo dell’articolo 44 del Codice che tratta della Gestione dei beni confiscati. Il testo vigente già prevede che l’'Agenzia gestisca i beni confiscati e che, nell’ambito di tale gestione provveda al rimborso ed all'anticipazione delle spese, nonché alla liquidazione dei compensi che non trovino copertura nelle risorse della gestione, anche avvalendosi di apposite aperture di credito disposte. Viene aggiunto un comma per specificare le tariffe applicabili[81] per il recupero e la custodia di beni mobili registrati (comma 2-quater).
Sono, infine, apportate numerose modifiche all'articolo 48 del Codice antimafia relativo alla destinazione dei beni e delle somme confiscate. Tali modifiche, tra l’altro, prevedono:
· uno specifico utilizzo dei proventi derivanti dall'utilizzo dei beni utilizzati dall'Agenzia per finalità economiche. Tali proventi secondo la legislazione previgente, affluiscono, al netto delle spese di conservazione ed amministrazione, al Fondo unico giustizia, per essere versati all'apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato e riassegnati allo stato di previsione del Ministero dell'interno al fine di assicurare il potenziamento dell'Agenzia. In forza delle modifiche recate dal testo in esame, una quota non superiore al 30 per cento dei proventi è destinata ad incrementare[82] i fondi per la contrattazione integrativa anche allo scopo di valorizzare l'apporto del personale dirigenziale e non dirigenziale al potenziamento dell'efficacia ed efficienza dell'azione dell'Agenzia [comma 3, lett. b)];
· che gli enti territoriali possano richiedere gli immobili confiscati anche allo scopo di incrementare l'offerta sul loro territorio di alloggi da assegnare in locazione a soggetti in particolare condizione di disagio economico o sociale [comma 3, lett. c)];
· la riformulazione dei commi 5, 6 e 7 [comma 3, lett. d)] che delineano il procedimento di vendita dei beni confiscati stabilendo prevedendo:
- che l'avviso di vendita debba essere pubblicato sui soli siti dell'Agenzia e dell'Agenzia del demanio e non anche sul sito della Prefettura;
- la possibilità di aggiudicazione al migliore offerente e l’introduzione di controllo volti ad assicurare che comunque il bene non torni all'esito dell'asta nella disponibilità della criminalità organizzata;
- una procedura di regolarizzazione dell'immobile nei frequenti casi di irregolarità urbanistiche sanabili;
- una nuova articolazione della disciplina relativa all'esercizio del diritto di prelazione.
· una specifica disciplina per la destinazione dei beni confiscati indivisi, prevedendo anche la possibilità di vendita qualora nessuno dei partecipanti in buona fede alla comunione ne richieda l'assegnazione previo pagamento di un conguaglio [comma 3, lett. e)];
· una redistribuzione dei proventi derivanti dalla vendita dei beni confiscati, i quali confluiscono, in prima battuta, nel Fondo Unico Giustizia. I medesimi proventi sono, poi, riassegnati per il 36[83] per cento al Ministero dell'interno (in luogo del 50 per cento previsto in precedenza), per il 36[84] per cento al Ministero della giustizia (in precedenza il 50 per cento, per il 18[85] per cento all'Agenzia, finora non destinataria di riassegnazioni, per assicurare lo sviluppo delle proprie attività istituzionali e per il 10 per cento ad un fondo, istituito dalle norme in esame presso il Ministero dell’interno, per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria di immobili confiscati trasferiti ad altri soggetti per finalità istituzionali o sociali ovvero economiche [comma 3, lettere f) ed f-bis)];
· la possibilità di destinare alla vendita ovvero di distruggere i beni mobili confiscati non utilizzabili dalla stessa Agenzia, né dagli anti enti o dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco per esigenze del soccorso pubblico [comma 3, lett. g)];
· che i beni sequestrati e confiscati che rimangono invenduti decorsi tre anni dall'avvio della procedura, sono mantenuti al patrimonio dello Stato, con provvedimento dell'Agenzia, alla quale resta peraltro affidata la gestione [comma 3, lett. h)].
Si stabilisce infine che dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 3 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le Amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
La relazione tecnica evidenzia che gli interventi recati dai commi 1 e 2 hanno natura ordinamentale e sono insuscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Con particolare riferimento al potenziamento delle comunicazioni telematiche tra l’Autorità giudiziaria e l’Agenzia, la relazione tecnica precisa che quest’ultima effettua le comunicazioni telematiche con l'autorità giudiziaria attraverso il proprio sistema informativo, mentre per quanto concerne gli adempimenti a carico dell'amministrazione della giustizia si assicura che tali adempimenti potranno realizzarsi attraverso i sistemi informativi già in uso e ordinariamente funzionanti tra gli uffici giudiziari e l'Agenzia.
La relazione tecnica ribadisce che l'intervento sopra descritto potrà essere sostenuto con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, nonché con le risorse finanziarie iscritte nel bilancio dell'Amministrazione della giustizia alla missione 6 - Programma 1.2 - Giustizia civile e penale. "Sviluppo degli strumenti di innovazione tecnologica in materia informatica e telematica per l’erogazione dei servizi di giustizia", capitolo di bilancio 1501, per la parte corrente, che reca uno stanziamento iniziale di € 49.932.429 per l'anno 2018, di € 47.993.808 per ciascuno degli anni 2019 e 2020, nonché nel capitolo di bilancio 7203, per la parte capitale, che reca uno stanziamento iniziale di € 150.648.555 per l'anno 2018, di € 207.119.084 per l’anno 2019 e di € 258.756.118 per l’anno 2020.
La relazione tecnica afferma che le norme recate dai commi 2-bis e 2-ter, avendo natura ordinamentale, non sono suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
La relazione esplicita che lo scopo perseguito dalle norme del comma 2-quater è quello di ottenere l'applicazione di tariffe uniformi, cosi da conseguire evidenti economie. Inoltre, è prevista la possibilità per l'Agenzia di affidare tali servizi, a parità di tariffe, alle aziende da essa gestite: ciò può consentire di assicurare alle aziende confiscate operanti nello specifico settore un recupero dei livelli produttivi ed occupazionali. La disposizione stabilisce un criterio di uniformità nell'applicazione delle tariffe applicabili per il recupero e la. custodia di beni mobili registrati, individuando tra le tariffe calmierate quella ritenuta più favorevole alla pubblica amministrazione competente. La disposizione, secondo la relazione tecnica è di natura ordinamentale ed è volta a prestabilire quali siano le tariffe applicabili in termini di certezza ed uniformità, evitando l'insorgere di potenziali contenziosi, attualmente
possibili atteso che nulla è stabilito in relazione alle tariffe da corrispondere da parte l'Agenzia. La norma richiamata è quella prevista per le spese di giustizia, rispetto alle quali
l'azione dell'Agenzia si pone in continuità. La relazione tecnica evidenzia che, peraltro, le spese di custodia dei beni mobili registrati gravano sui fondi della relativa procedura estranei al bilancio dell’Agenzia. L'Agenzia, in tal modo, provvede ad applicare le tariffe più convenienti in continuità con le disposizioni dell'Autorità giudiziaria mantenendo, comunque, i beni mobili presso la medesima depositeria dalla stessa individuata. La proposta in esame si limita, dunque, a normare una prassi di massima economicità, per evitare che l'Agenzia possa trovarsi esposta a pretese più onerose che, in caso di incapienza della procedura, graverebbero necessariamente sul Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'art. 44 del Codice antimafia.
Con riferimento alle norme recate dal comma 3, lettera d) la relazione tecnica si limita a ribadire il contenuto delle disposizioni e, in merito alle modifiche recate dal comma 3, lettere a), c), afferma il loro carattere ordinamentale.
Con riferimento alle norme recate dal comma 3, lettera b), la relazione tecnica afferma che le stesse non implicano l'esigenza di copertura finanziaria dal momento che recano solo una parziale rimodulazione delle finalità cui l'Agenzia può destinare il reddito ricavato dai beni confiscati.
In dettaglio, la relazione tecnica evidenzia che la lettera in oggetto prevede che una quota non superiore al 30% possa essere destinata ad incrementare i fondi per la contrattazione integrativa relativi al personale dell’Agenzia, fissando comunque un tetto massimo all'incremento individuale che non può superare il 15 per cento della componente variabile della retribuzione accessoria in godimento. Tali risorse hanno carattere non permanente, per cui la misura annua verrà definita nei limiti prescritti dalla norma con decreto del Ministro dell'interno di e che saranno erogati, secondo i criteri e le modalità definiti in sede di contrattazione integrativa riferita all'anno in cui le somme affluiscono al bilancio dell'Agenzia. Il valore di tale intervento non risulta predeterminabile in quanto il totale può variare negli anni in ragione di varie contingenze. Al solo scopo di fornire un'indicazione di consistenza, viene segnalato che le autorizzazioni ex art. 48, comma 3, lett b), hanno riguardato sinora il secondo semestre 2016 per un importo di 189.686,30 euro e il 2017 per un importo di 340.814,19 euro. La relazione tecnica evidenzia che in entrambi i casi l'Agenzia è in attesa della prevista riassegnazione e non sono conseguentemente in corso progetti a valere sulle somme relative: ne deriva che il decremento di fondi - che risulta, allo stato, esclusivamente "virtuale" - sarà agevolmente sostenuto modulando i futuri progetti in base alle somme effettivamente disponibili.
La relazione tecnica afferma che anche le disposizioni recate dal comma 3, lettera e) - che definiscono la procedura necessaria al fine di consolidare la proprietà dei beni confiscati pro quota, circostanza che li rende spesso indestinabili o inutilizzabili - non necessitano di copertura sebbene risulti arduo quantificare l'impatto. Parimenti non risulta agevole quantificare i possibili effetti della norma recata dalla lettera f) nella parte in cui prevede la riassegnazione all'Agenzia del 18 per cento delle vendite ex comma 5 dell'art. 48. Secondo un calcolo orientativo e tenendo conto di diversi fattori, la RT ritiene plausibile che il 20 per cento da riassegnare all'Agenzia possa di fatto corrispondere al 5% del valore dei beni astrattamente vendibili stimato in sede di conferenza di servizi. La relazione tecnica sottolinea che tali proiezioni sono assolutamente orientative e scontano anche la circostanza che nessun immobile sia stato finora alienato a titolo oneroso, per cui giova specificare che anche tale norma non richiede copertura finanziaria ed è destinata ad accrescere l'entità delle entrate erariali.
Per quanto concerne le norme recate dalla lettera f-bis che stabiliscono che il 10 per cento del ricavato delle vendite di immobili confiscati confluisca in un fondo, istituito presso il Ministero dell'interno per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dei beni immobili assegnati agli enti locali la relazione tecnica evidenzia che la modifica incide sulla sola ripartizioni di proventi (già destinati a finalità di spesa, si rammenta). La disposizione, prosegue la relazione tecnica, è di natura squisitamente ordinamentale, in quanto tale è insuscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per le finanze dello Stato.
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare in merito alle norme del comma 3, lettera f) e f-bis), che prevedono una diversa distribuzione dei proventi derivanti dalla vendita dei beni confiscati. Ciò in considerazione del fatto che i proventi in questione hanno carattere eventuale e che, dunque, nessuna spesa permanente dovrebbe presumibilmente risultare finanziata a valere su tali riassegnazioni. In proposito appare comunque utile una conferma.
Si rammenta peraltro che il Governo, in una Nota di risposta a richieste di chiarimenti emerse nel corso dell’esame presso il senato, ha reso noto che finora nessun provento derivante dalla vendita dei beni confiscati è stato versato in conto entrate dello Stato sul corrispondente capitolo di bilancio 2414/06 ai fini della ripartizione delle risorse da assegnare al Ministero dell’interno ed al Ministero della giustizia.
Nulla da osservare, parimenti, con riguardo alle norme recate dal comma 3, lettera b) in quanto le somme destinate ad incrementare i fondi per la contrattazione integrativa per il personale dell’Agenzia erano comunque già oggetto di riassegnazione.
Iscrizione di provvedimenti al registro delle imprese
La norma, inserendo un articolo nel decreto legislativo n. 159/2011 (Codice antimafia), dispone che tutti i provvedimenti giudiziari relativi al sequestro e alla confisca di prevenzione, relativi a imprese o società, siano iscritti nel registro delle imprese così da consentirne la conoscibilità ai terzi in buona fede.
La relazione tecnica afferma che la norma è di natura ordinamentale e che come tale non è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La RT precisa inoltre che le cancellerie curano già a legislazione vigente l’inoltro dei pertinenti elementi pur in assenza di una codifica delle informazioni da iscrivere e della loro collocazione nei campi disponibili. Si tratta di una norma, secondo la RT, che potrà semplificare tali attività e rendere effettiva e trasparente la funzione delle stesse.
Al riguardo, si evidenzia che l’obbligo di registrazione dei provvedimenti giudiziari di sequestro e confisca previsto dalla norma in esame comporta una serie di attività connesse, da un lato, all’inoltro dei dati e/o documenti da parte delle Cancellerie alle Camere di commercio e, dall’altro, alla registrazione degli stessi presso il registro delle imprese. In particolare, potrebbe rendersi necessario un adeguamento dei sistemi informativi attualmente esistenti in relazione sia alla fase di inoltro sia a quella di registrazione dei dati e documenti in parola.
Infatti la relazione tecnica, pur ricordando che le Cancellerie curano già a legislazione vigente l’inoltro dei pertinenti elementi, precisa che tali attività sono svolte in assenza di una codifica delle informazioni da iscrivere e della loro collocazione nei campi disponibili.
Appare quindi necessario acquisire elementi informativi circa gli eventuali adeguamenti informativi necessari per l’attivazione della norma e le connesse esigenze finanziarie.
Organico dell'Agenzia per I beni confiscati
Le norme novella le disposizioni del Codice antimafia[86] relative all'organizzazione e all'organico dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati.
Una prima modifica[87] prevede la possibilità di istituire fino a 4 sedi secondarie dell'Agenzia in luogo della sola sede secondaria di Reggio Calabria prevista dalle norma previgente. Le sedi possono essere istituite nei limiti delle risorse ordinarie iscritte nel bilancio della Agenzia. È soppressa, inoltre, la previsione per la quale le sedi dell'Agenzia devono essere stabilite in immobili confiscati, compatibilmente con le sue esigenze di funzionalità (comma 1).
Si dispone anche l’integrazione della norma che disciplina le attribuzioni degli organi dell'Agenzia[88] stabilendo che tra i poteri del Consiglio direttivo rientri quello di poter prevedere l’istituzione delle sedi secondarie [comma 2, lett. a), punto 1)].
Si interviene quindi sulle disposizioni in materia di organico dell'Agenzia[89], stabilendo che il potenziamento dell’organico dell’Agenzia, che si sostanzia nell’incremento della dotazione organica di 170 unità di personale, debba avvenire attraverso procedure ordinarie di mobilità non per il totale delle unità indicato, ma per solo 100 di esse. Conseguentemente, si dispone che le restanti 70 unità possano essere reclutate mediante procedure selettive pubbliche, con oneri a carico dell’Agenzia [comma 3, lettera b)]. Sempre con riguardo al personale dell’Agenzia, si prevede che, nell'ambito della contrattazione collettiva 2019-2021, venga individuata l'indennità di amministrazione spettante agli appartenenti ai ruoli dell'Agenzia medesima, in misura pari a quella corrisposta al personale della corrispondente area del Ministero della giustizia.
Infine si stabilisce che l’Agenzia, oltre al personale della dotazione organica[90], è autorizzata ad avvalersi di una aliquota non superiore a 100 unità di personale non dirigenziale appartenente alle pubbliche amministrazioni Nell’ambito di tale contingente l'Agenzia può avvalersi in posizione di comando di personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare con qualifica non dirigenziale fino a un massimo di 20 unità. Il personale di cui si avvale l’Agenzia è posto in posizione di comando, distacco o fuori ruolo, anche in deroga alla vigente normativa generale in materia di mobilità temporanea, e conserva lo stato giuridico ed il trattamento economico fisso, continuativo ed accessorio, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, con oneri a carico dell'amministrazione di appartenenza e successivo rimborso da parte dell'Agenzia all'amministrazione di appartenenza dei soli oneri relativi al trattamento accessorio [comma 3, lettera c)].
Si stabilisce che per l'attuazione del comma 3, lettera b), è autorizzata la spesa di 570.000 euro per l'anno 2019 e 3.400.000 euro a decorrere dall'anno 2020. Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell'articolo 39 (comma 4).
La relazione tecnica ribadisce che la possibilità per l’Agenzia, prevista dal comma 1 del testo in esame, di avvalersi di sedi secondarie in numero non superiore a 4, è, comunque, concessa nei limiti delle risorse ordinariamente iscritte al bilancio dell'Agenzia stessa. Tale situazione ricalca quella attuale, legittimata dal permanere, oltre alla sede di Reggio Calabria, di 3 sedi istituite prima dell'entrata in vigore della legge 161/2017, e temporaneamente salvaguardate dall'art. 1, comma 292, della legge n. 205/2017. Si tratta di un intervento ritenuto essenziale per garantire la miglior operatività dell'Agenzia.
Al riguardo sono stati calcolati i costi relativi alle attuali 4 sedi secondarie (Reggio Calabria, Palermo, Napoli e Milano) sostenuti nel triennio 2015-2017 per utenze, pulizia, spese postali, oneri condominiali, assicurazione immobili e mezzi, manutenzioni di locali, impianti, mobili e apparati, imposte ecc.. Tali costo sono riepilogati nella tabella che segue.
Sedi |
2015 |
2016 |
2017 |
NAPOLI |
5.401,73 |
6.338,16 |
7.054,24 |
MILANO |
23.372,59 |
€14.365,75 |
9.762,79 |
PALERMO |
24.217,93 |
20.375,27 |
24.251,72 |
REGGIO C. |
59.358,15 |
48.353,96 |
44.097,26 |
Totale |
112.350,40 |
89.433,14 |
85.166,01 |
L’intervento, secondo la relazione tecnica, non necessita di copertura finanziaria, in quanto gli oneri saranno integralmente sostenuti con gli stanziamenti ordinari, come sinora avvenuto.
La relazione tecnica rileva, preliminarmente, che le norme recate da comma 3, lettera c) necessitano di copertura. La relazione tecnica prosegue ribadendo che le norme recate dal comma 3, lettera b), prevedono l'assunzione di 70 unità di personale non dirigenziale mediante procedure selettive pubbliche in funzione del reclutamento di personale di elevata professionalità particolarmente in settori in cui le necessarie competenze specialistiche risultano difficilmente reperibili nelle pubbliche amministrazioni: conseguentemente, si è ipotizzato che il personale da assumere sia da inquadrare nell'area III, fascia economica F1, del personale non dirigente del comparto Funzioni Centrali. La quantificazione della maggior spesa è stata effettuata tenendo in considerazione il trattamento economico fisso attualmente previsto, per il personale non dirigente, dal nuovo CCNL Comparto Funzioni Centrali — triennio economico 2016-2018 nonché la misura dell'indennità di amministrazione prevista per il personale del Ministero della Giustizia (24.149,43 euro di stipendio tabellare, 5.192,88 euro di indennità di amministrazione). Per quanto concerne il trattamento economico accessorio, è stata considerata, in linea con quanto stabilito nel Regolamento di organizzazione dell'Agenzia - tuttora in itinere e già debitamente bollinato dalla Ragioneria Generale dello Stato - una quota media unitaria annua pari a 6.000 euro, a titolo di Fondo Risorse decentrate. Sulla base di tali parametri la relazione tecnica stima un lordo dipendente 35.342,31 euro ed un lordo amministrazione di 48.565,89 euro considerati gli oneri riflessi. La spesa complessiva per 70 assunzioni ammonta a 3.399.612,20 euro a regime e di circa 570.000 euro per il 2019, considerando di corrispondere le retribuzioni per due dodicesimi di anno.
È stato inoltre stimato il costo presunto della procedura concorsuale. La stima considera lo svolgimento di prove preselettive, scritti e orali e valutando una partecipazione alle selezioni in linea con i dati medi degli ultimi concorsi del Ministero dell'Interno. Le stime ipotizzano che lo svolgimento della prova preselettiva richieda la locazione di 3 padiglioni per complessivi 6 turni e che le prove scritte si svolgano in due giorni con locazione di una sala.
Gli oneri per lo svolgimento delle suddette procedure concorsuali sono a carico dell'Agenzia e sono stimate come riepilogato nella tabella che segue.
(dati in euro)
Fornitura banca dati di test a risposta multipla |
50.000 |
Affitto locali per prove preselettive |
200.000 |
Affitto locali per prove scritte |
40.000 |
Schermatura locali prove scritte |
3.000 |
Interpretariato dei segni |
1.000 |
Vigilanza prove preselettive circa 150 unità di personale |
6.500 |
Vigilanza prove scritte (impegno prev. n. 150 unità di personale) |
5.500 |
Corresponsione gettoni di presenza della Commissione esaminatrice |
4.000 |
Spesa di cancelleria per concorso |
500 |
Spese di facchinaggio |
1.500 |
Pagamento contributi ANAC |
285 |
Totale |
312.285 |
La relazione stima anche l’onere che deriva dal comma 3, lettera c), capoverso comma 4-bis che prevede che nell'ambito della contrattazione collettiva per il triennio 2019/2021 sia individuata l'indennità di amministrazione nella misura di quella prevista per il personale in servizio presso il Ministero della Giustizia. L’onere è calcolato sottraendo dalla dotazione organica complessiva del personale non dirigenziale le 70 unità da assumere, per le quali vale il calcolo più sopra esposto relativo alle assunzioni. Per le restanti unità di personale, non essendo predeterminata l’amministrazione di provenienza, si assume, per il calcolo dell’onere, l’indennità del personale in servizio presso il Ministero dell'Interno. Sulla base di tale indicazioni la relazione tecnica stima il maggior onere pari a 301.918, 65 euro, come indicato nella tabella che segue.
Unità |
Indennità Min. Interno |
Indennità Min. Giustizia |
Maggior spesa unitaria |
Spesa inclusi oneri riflessi |
Onere complessivo |
64 – Area III |
3.370,44 |
5.570,00 |
2.199,56 |
3.043,75 |
194.800,07 |
47 – Area II |
2.811,12 |
4.458,12 |
1.647,00 |
2.279,12 |
107.118,57 |
Totale |
|
|
|
|
301.918,65 |
Per quanto concerne le norme del comma 3, lettera c), capoverso comma 4-ter, la relazione tecnica afferma che le stesse rendono permanenti le previsioni già recate dall’articolo 1, comma 291 della legge n. 205/2017 che operava ad invarianza di oneri dal momento la copertura stessa si rinviene nell'articolo 118 del D.lgs. n. 159/2011.
Al riguardo, con riferimento agli oneri recati dal comma 3, lettera b) – che prevedono l'assunzione di 70 unità di personale non dirigenziale mediante procedure selettive pubbliche – si rileva che la relazione tecnica quantifica una spesa pari a circa 3,4 milioni di euro annui senza, però, fornire indicazioni circa l’eventuale sviluppo degli oneri medesimi nell’arco temporale di un decennio, come stabilito, invece, dalla legge di contabilità. In mancanza di tali dati, andrebbe chiarito se la disciplina contrattuale cui saranno soggetti i dipendenti dell’Agenzia preveda la maturazione automatica di ulteriori emolumenti al variare dell’anzianità di servizio.
Per quanto concerne le spese connesse all’organizzazione e allo svolgimento del concorso previsto per l’assunzione delle 70 unità di personale sopracitate, si prende atto che le dotazioni di bilancio recano le disponibilità necessarie allo svolgimento del concorso stesso.
Con riguardo alle norme recate dai commi 1 e 2 - che prevedono la possibilità di istituire fino a quattro sedi secondarie dell’Agenzia in luogo dell’unica prevista a legislazione vigente – si rileva che la relazione tecnica indica i seguenti elementi:
· attualmente sono in funzione quattro sedi secondarie;
· la legge n. 161/2017 ha modificato il codice antimafia[91] prevedendo che solo una sede secondaria dovesse essere conservata. Nonostante ciò, la successiva legge n. 295/2017 ha previsto che fino all'adeguamento della pianta organica dell'Agenzia alle disposizioni del citato codice antimafia[92] dovessero continuare a operare le sedi secondarie già istituite;
· in quanto funzionanti le spese per il funzionamento delle sedi secondarie sono iscritte in bilancio;
· la spesa sostenuta per le 4 sedi secondarie è stata di circa 85.000 euro nel 2017.
Si osserva in proposito che i commi 1 e 2 del testo in esame modificano la legislazione vigente, rendendo permanente una voce di spesa, riferita a 4 sedi secondarie che, in base alla legislazione previgente, avrebbe dovuto operare in via transitoria in attesa dell’adeguamento della pianta organica. Non appaiono pertanto evidenti le ragioni della mancata copertura dell’onere a regime recato dalle disposizioni in esame.
Si osserva in proposito che le previsioni tendenziali di spesa, formulate secondo il criterio della legislazione vigente, non dovrebbero incorporare la proiezione oltre il triennio della spesa in questione.
Va inoltre considerato che, in relazione alle nuove assunzioni deliberate dalle norme in esame ed all’ulteriore contingente di personale previsto ai sensi del comma 3, lettera c), capoverso comma 4-ter, la spesa per le 4 sedi appare destinata ad aumentare nel tempo. Alla luce di tali considerazioni appare necessario che il Governo fornisca una valutazione circa i costi derivanti dal mantenimento di quattro sedi, anche alla luce dell’incremento della dotazione organica di fatto prevista.
Con riferimento alle norme del comma 3, lettera c), capoverso comma 4-bis - che prevede che nell'ambito della contrattazione collettiva per il triennio 2019/2021 sia individuata l'indennità di amministrazione nella misura di quella prevista per il personale in servizio presso il Ministero della Giustizia - si rileva che la relazione tecnica afferma che la disposizione necessita di copertura[93], ma, nel descrivere il procedimento di quantificazione, non fa più riferimento alla necessità di copertura. Quest’ultima non è d’altra parte prevista dal testo del provvedimento. In proposito andrebbe acquisito un chiarimento, posto che la disposizione fissa l’indennità di amministrazione spettante ai dipendenti in misura superiore a quella attualmente erogata.
Si rileva, infine, che il comma 3, lettera c), capoverso comma 4-ter, prevede, tra l’altro, che l’Agenzia sia autorizzata ad avvalersi di un contingente non superiore a 100 unità di personale per il quale l’Agenzia medesima sostiene un costo pari al trattamento accessorio. La relazione tecnica esclude l’insorgenza di oneri dal momento che la norma disporrebbe la mera “stabilizzazione di quanto previsto” dal comma 291 della legge n. 205/2017, che ha operato ad invarianza di spesa[94]. Tuttavia quest’ultima disposizione prevedeva l’assegnazione del contingente soltanto in via provvisoria “fino all'adeguamento alla dotazione organica” prevista da apposita norma del codice antimafia[95]. Pertanto, il contingente di personale comandato, e le relative spese, sembrerebbero aggiungersi a quanto già previsto a legislazione vigente, tenuto conto che l’utilizzo del medesimo personale era destinato ad esaurirsi una volta adeguata la dotazione organica. In proposito andrebbe acquisito un chiarimento.
Ulteriori disposizioni sull’Agenzia per I beni confiscati
Normativa vigente. L’articolo 113, comma 3, del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (D.lgs. n. 159/2011) prevede che, dopo l’entrata in vigore del regolamento che ne disciplina organizzazione, risorse umane e strumentali, contabilità e flussi informativi per l’esercizio dei suoi compiti istituzionali, l'Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata possa avvalersi di altre amministrazioni ovvero enti pubblici, comprese le Agenzie fiscali, sulla base di apposite convenzioni, anche onerose.
La norma modifica la disposizione sopra descritta precisando che l’Agenzia può richiedere la collaborazione di amministrazioni centrali dello Stato, ivi comprese società e associazioni in house ad esse riconducibili di cui può avvalersi con le medesime modalità delle amministrazioni stesse, di Agenzie fiscali e di enti pubblici (a legislazione vigente essa può avvalersi di “altre amministrazioni ovvero enti pubblici, comprese le Agenzie fiscali”). Vengono confermate le previsioni – già presenti a legislazione vigente – secondo cui le collaborazioni possono avere luogo sulla base di apposite convenzioni, anche onerose e devono avvenire nei limiti degli stanziamenti del bilancio dell’Agenzia.
La relazione tecnica afferma che la ratio della norma in esame è quella di consentire all'Agenzia, che opera in un settore trasversale agli interessi di molteplici amministrazioni centrali (principalmente Interno, Giustizia e MEF) di avvalersi delle modalità di affidamento già consentite alle stesse rendendo, all'occorrenza, più rapida ed incisiva la propria azione anche in ambiti in cui le stesse Amministrazioni, operando consuetamente tramite i soggetti in house, avrebbero difficoltà nel garantire autonomamente la collaborazione necessaria.
La disposizione in esame, pertanto, integra una statuizione già in vigore, in cui già si prevede che le convenzioni ivi previste possano essere anche a titolo oneroso e l'intervento proposto non amplia gli ambiti o le materie in relazione ai quali è possibile attivare le ricordate convenzioni. Conseguentemente, secondo la RT, la norma in esame non necessita di copertura finanziaria, in quanto all'occorrenza gli oneri saranno sostenuti con i fondi reperibili nel bilancio dell'Agenzia.
Gli oneri non sono quantificabili in astratto, essendo strettamente connessi alle progettualità specifiche.
A titolo meramente esemplificativo la RT richiama un Progetto di Rafforzamento dell'Agenzia Nazionale per i Beni sequestrati e Confiscati elaborato nell'autunno 2016 in attuazione delle statuizioni di cui all'articolo 1, commi 192 e 193, della legge n. 208/2015 con cui per il rafforzamento dell'Agenzia sono stati stanziati, a valere sul PON Legalità e sul PON Governance, euro 5.000.000/anno per tre anni; il Progetto è stato finanziato in ambito PON Governance per un valore di circa 8,3 milioni di euro da dividere in due annualità. Per la realizzazione, consistente anche nell'acquisizione di risorse professionali, alcuni soggetti in house preliminarmente interessati hanno indicato un costo di coordinamento (comprensivo, tra l'altro, di selezione delle risorse professionali, contrattualizzazione, supporto legale, segreteria tecnica e amministrativa, rendicontazione tecnica e amministrativa, ecc.) in termini variabili tra il 15 e il 21% del valore della commessa.
Al riguardo, non si formulano osservazioni tenuto conto che le possibilità di collaborazione introdotte dalla norma in esame presentano carattere facoltativo e sono contenute nell’ambito degli stanziamenti di bilancio dell’Agenzia richiedente. Si prende inoltre atto dei chiarimenti forniti dalla relazione tecnica.
Deroga alle regole di contenimento della spesa per l’Agenzia per i beni confiscati
Le norme consentono all’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati di derogare alle norme vigenti[96] finalizzate al contenimento di alcune voci di spesa degli enti (ad esempio personale, noleggio vetture ed altre). La deroga è consentita fino al terzo esercizio finanziario successivo all'adeguamento della dotazione organica. Allo scadere della deroga con decreto del Ministro dell'interno vengono stabiliti i criteri specifici per l'applicazione delle norme derogate all’Agenzia, sulla base delle spese sostenute nel triennio (comma 1).
Per l'attuazione di tale disposizione si autorizza la spesa di 66.194 euro a decorrere dal 2018.
Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell'articolo 39 (comma 2).
È disposta quindi l’abrogazione di alcune norme in conseguenza delle modifiche apportate alla legislazione vigente dal provvedimento in esame (commi 3 e 4).
La relazione tecnica evidenzia che la disposizione mira a risolvere la peculiare criticità indotta dalla circostanza che alcune norme di spending review abbiano, negli anni scorsi, operato tagli lineari su alcuni capitoli di particolare rilievo (formazione del personale, manutenzioni straordinarie ed ordinarie, collaborazioni, consulenze, missioni), prendendo a riferimento le somme in bilancio o le spese a carico di determinati capitoli negli anni 2009/2011. In tali anni l'Agenzia muoveva i primi passi e, nonostante il fatto che per un ente di recente istituzione tale operazione dovesse tener conto dei costi di start up, i tagli sono stati applicati in maniera drastica, incidendo su capitoli che nell'anno di riferimento non esistevano o su cui non era stata ancora appostata o spesa alcuna somma. La conseguenza è stata che i tagli hanno operato su valori pari a zero, cristallizzando per il futuro una possibilità di spesa nulla. La relazione tecnica sottolinea, a titolo esemplificativo, che le attività dell'Agenzia comportano spostamenti di dirigenti e di personale non solo per attività ispettive ma anche per la partecipazione alle sedute del Consiglio direttivo e a convegni, per lo svolgimento di attività frontali in ausilio dell'A.G., per presenziare agli sgomberi di immobili e per altri motivi: a fronte di tali necessità amministrative le spese annue per missioni, sono state nel triennio 2015/2017 di circa 42.000, 30.000 e 34.000 euro.
La relazione sottolinea poi che l’ente (per previsione di legge, si rammenta) deve preferenzialmente stabilire le sue sedi in beni confiscati ma, pur disponendo delle risorse necessarie per rendere funzionati gli immobili scelti, si vede preclusa la possibilità di provvedere ad adeguamenti normalmente necessari per l'inadeguatezza del limite di spesa fissato all'1 per cento del valore del bene sia per le manutenzioni ordinarie che per quelle straordinarie. Negli anni ciò ha portato ad un contenimento estremo delle manutenzioni dei locali in uso e tale condizione ha inibito prospettive di sviluppo dell'attività.
La relazione tecnica, inoltre, evidenzia che a seguito dell'entrata in vigore della legge 161/2017, che ha spostato la sede principale a Roma e incrementato la dotazione organica, si è posto il problema della nuova sede. Per i costi di adeguamento per il bene preliminarmente individuato per collocazione ottimale, dimensione e prestigio della struttura sono stati preventivamente stimati dal competente Provveditorato OO.PP. in 3 milioni di euro, somma ampiamente superiore al tetto stabilito in rapporto al valore. La relazione tecnica svolge analoghe considerazioni con riferimento agli immobili scelti come sede nelle città di Napoli, Palermo, Milano e Reggio Calabria e conclude osservando che a inizio 2018 l'esigenza finanziaria poteva essere stimata in poco più di 3,700 milioni di euro (compresa l'ipotizzata nuova sede romana); in bilancio, però, è stata complessivamente stanziata la somma di 161.500 euro , prevedendo solo interventi minimali, non satisfattivi delle reali esigenze e privi di proiezione prospettica.
La relazione tecnica dichiara che la norma derogatoria non necessita di incremento degli stanziamenti ordinari anche in ragione della possibilità di utilizzare l'elevato avanzo di amministrazione accumulato negli anni anche a seguito della drastica applicazione dei limiti già ricordati: si prevede, peraltro, che la deroga cessi dal quarto esercizio finanziario successivo all'adeguamento della dotazione organica, ritenendo tale lasso temporale sia idoneo a superare la fase di start up e a consentire una più corretta quantificazione delle pertinenti esigenze e che allo scadere della deroga, con decreto del Ministro dell'interno siano stabiliti i criteri specifici per l'applicazione delle norme derogate sulla base della spesa storica consolidata nel corso dell'ultimo triennio.
La relazione tecnica conclude segnalando che l'Agenzia versa in atto al bilancio dello Stato l'importo complessivo annuo di 66.194 euro in applicazione delle citate norme di contenimento; tale importo è oggetto di copertura ai sensi del comma 2.
Al riguardo, si rileva che la norma si limita a neutralizzare il venir meno di entrate per il bilancio dello Stato dovuto alla disapplicazione all’Agenzia delle norme di contenimento della spesa. La relazione tecnica evidenzia che l’Agenzia dispone di un “elevato avanzo di amministrazione accumulato anche a seguito della drastica applicazione dei limiti” alla spesa di cui si prevede la disapplicazione. Pertanto la norma in esame rimuove un vincolo alla spesa che, secondo la relazione tecnica, ha contribuito a determinare il predetto avanzo.
Tenuto conto di tali indicazioni, andrebbe chiarito se il venir meno dei predetti vincoli sia suscettibile di determinare spese dell’Agenzia di importo superiore al risparmio – già scontato nei tendenziali - annualmente versato all’erario. In tal caso, infatti, la norma determinerebbe un onere ulteriore rispetto a quello indicato.
Disposizioni a sostegno delle vittime dell’usura
La norma, modificando la legge n. 44/1999 (Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura), prevede le seguenti principali novità rispetto al testo vigente:
- si incrementa da 120 giorni a 24 mesi il termine di decadenza entro il quale deve essere presentata la domanda di accesso al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura per l’elargizione una somma di denaro a titolo di contributo al ristoro del danno patrimoniale subìto:
- si prevede che qualora dalla disponibilità dell'intera somma dipenda la possibilità di riattivare in maniera efficiente l'attività imprenditoriale, previa concessione di provvisionale, ovvero di altre misure cautelari, da parte del giudice nel corso del giudizio relativo all'evento delittuoso posto a base dell'istanza, possano essere erogate somme di denaro a titolo di anticipo dell'elargizione, sino a concorrenza dell'intero ammontare;
- si dispone che in un'apposita sezione del sito internet del Ministero dell'interno siano pubblicati i decreti di nomina dei componenti del Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura;
- si incrementa da 300 giorni a 2 anni, a decorrere dal provvedimento di sospensione, il periodo di proroga dei termini di scadenza, ricadenti entro un anno dalla data dell'evento lesivo, degli adempimenti amministrativi e per il pagamento dei ratei dei mutui bancari e ipotecari, nonché di ogni altro atto avente efficacia esecutiva in favore dei soggetti che abbiano richiesto l'elargizione.
La relazione tecnica in merito alla possibile quantificazione degli oneri finanziari della norma fa presente quanto segue.
L'allungamento dei termini di decadenza per la proposizione delle istanze di accesso al Fondo di solidarietà, può comportare una ulteriore utilizzazione delle risorse del Fondo stesso, il cui ammontare non è però determinabile. Non si può essere, infatti, a conoscenza di quante siano le persone che, accortesi della avvenuta scadenza dei termini, abbiano rinunciato a proporre istanza.
La RT evidenzia la circostanza che, negli ultimi due anni, i provvedimenti di diniego a causa di istanze presentate fuori termine per la corresponsione dell’elargizione di un mutuo sono stati circa il 15% delle deliberazioni negative assunte del Comitato di solidarietà. Sarebbe priva di qualsiasi valore scientifico una proiezione di spesa che tenesse conto di questo incremento, in quanto ciascuna istanza rappresenta un caso a sé.
Tuttavia, la RT partendo dal fatto che nel corso del 2017 l'ammontare delle provvidenze è risultato pari a poco più di 18 milioni di euro, ipotizza (in maniera che la stessa relazione definisce del tutto empirica) un eventuale incremento del 15% di istanze accoglibili, perché non più fuori termine, pari a poco meno di 3 milioni di euro.
Quanto alla possibilità di concedere la misura intera della elargizione in favore delle vittime del racket, la RT precisa che si tratterebbe di normare una prassi già in corso, supportata dal parere a suo tempo formulato dall'Avvocatura Generale dello Stato. In ogni caso, si tratterebbe solo di anticipare la corresponsione di una somma all'avente diritto e quindi non si pone un problema di ulteriori oneri. Giova altresì precisare che il Fondo di Solidarietà attestato presso Ministero dell'interno è attualmente sottoutilizzato per cui è ampiamente capiente per soddisfare le esigenze connesse sia all'ampliamento dei termini per la presentazione delle istanze sia alla corresponsione dell'intero ammontare della elargizione.
Al riguardo, si rileva che la relazione tecnica evidenzia che dall’attuazione della norma in esame possono derivare maggiori oneri (circa 3 mln di euro annui), affermando tuttavia che ciò determinerebbe un maggior utilizzo del Fondo di solidarietà che, essendo attualmente sottoutilizzato, sarebbe comunque ampiamente capiente per fronteggiare tali nuove dinamiche.
Pur rilevando, in via preliminare, che il Fondo appare configurato come limite massimo di spesa (ai sensi dell’art. 7, comma 1, del DPR n. 60/2014), si osserva che la relazione tecnica: evidenzia il carattere incerto delle stime; non sembra attribuire effetti alle anticipazioni in favore delle attività imprenditoriali; non dà esplicitamente conto degli utilizzi delle risorse del Fondo medesimo previsti da altre disposizioni del decreto in esame (artt. 18, 31-ter, 35-quater, 39).
Alla luce di ciò, andrebbe acquisito un quadro complessivo delle risorse e degli impieghi del Fondo, nonché una conferma della effettiva possibilità, in caso di incapienza, di procedere a ripartizione proporzionale dei benefici.
In merito ai profili di copertura, si rileva che l’articolo 39 reca, al comma 1, la copertura degli oneri derivanti da una pluralità di disposizioni contenute nel provvedimento in esame e pari complessivamente a 21.851.194 euro per l'anno 2018, a 75.028.329 euro per l'anno 2019, a 84.477.109 euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2025, a 35.327.109 euro per l’anno 2026 e a 10.327.109 euro a decorrere dall’anno 2027.
Si tratta, in particolare, delle seguenti disposizioni:
- trasmissione da parte della questura della documentazione necessaria alla Commissione territoriale in merito alla domanda di protezione internazionale, con oneri pari a 465.228,75 euro per l'anno 2018 e 1.860.915 euro a decorrere dall'anno 2019 (articolo 9);
- possibilità di accesso per il personale dei Corpi e servizi di polizia municipale dei comuni con popolazione superiore ai centomila abitanti, addetto ai servizi di polizia stradale, in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, al Centro elaborazione dati al fine di verificare eventuali provvedimenti di ricerca o di rintraccio esistenti nei confronti delle persone controllate, con oneri pari a 150.000 euro per l’anno 2018 (articolo 18, comma 3, limitatamente all’anno 2018);
- potenziamento di apparati tecnico-logistici del Ministero dell'interno, con oneri pari a 15.000.000 di euro per l’anno 2018 e a 49.150.000 per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025, da destinare alla Polizia di Stato (10.500.000 euro per l'anno 2018 e 36.650.000 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025) e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (4.500.000 euro per l'anno 2018 e 12.500.000 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025) (articolo 22);
- potenziamento, implementazione, aggiornamento dei beni strumentali, ristrutturazione e manutenzione degli edifici ed adeguamento dei sistemi di sicurezza delle strutture penitenziarie, con oneri pari a 2 milioni di euro per il 2018, 15 milioni di euro per il 2019, e a 25 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2020 al 2026 (articolo 22-bis);
- incremento degli stanziamenti di spesa per la retribuzione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco richiamato in servizio in occasione di calamità naturali o catastrofi o per altre necessità, con oneri pari a 5,9 milioni di euro per l'anno 2019 e a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020 (articolo 34);
- reclutamento, mediante procedure selettive pubbliche, di 70 unità di personale per il potenziamento dell’organico dell’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, con oneri pari a 570.000 euro per l'anno 2019 e a 3.400.000 euro a decorrere dall'anno 2020 (articolo 37, comma 3, lettera b));
- deroga alle norme della spending review con riguardo alla Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (articolo 38).
Ai predetti oneri si provvede:
1. quanto a 5.900.000 euro per l'anno 2019 e a 5.000.000 di euro annui a decorrere dall'anno 2020, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente relativo al bilancio triennale 2018-2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento del Ministero dell'interno. Al riguardo, nel segnalare che il citato accantonamento risulta capiente, si evidenzia che, dal punto di vista meramente formale, si dovrebbe precisare che la riduzione disposta dalla norma in esame si riferisce alle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale, atteso che l’onere oggetto di copertura decorre a partire dall’anno 2019;
2. quanto a 4.635.000 euro per l’anno 2018, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente relativo al bilancio triennale 2018-2020, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento del Ministero della giustizia. A tale riguardo, non si hanno osservazioni da formulare giacché il citato accantonamento reca le necessarie disponibilità;
3. quanto a 2.000.000 di euro per l’anno 2018, a 15.000.000 di euro per l’anno 2019 e a 25.000.000 di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2026, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale relativo al bilancio triennale 2018-2020, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento del Ministero della giustizia. A tale riguardo, non si hanno osservazioni da formulare giacché il citato accantonamento reca le necessarie disponibilità;
4. quanto a 15.150.000 euro per l'anno 2018 e a 49.150.000 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale relativo al bilancio triennale 2018-2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno. A tale riguardo, non si hanno osservazioni da formulare giacché il citato accantonamento reca le necessarie disponibilità;
d) quanto a 66.194 per l’anno 2018, quanto a 4.978.329 per l’anno 2019, a 5.327.109 euro annui a decorrere dall'anno 2020, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate derivanti dal contributo sui premi assicurativi nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi e furto finora destinate al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive dall'articolo 18, comma 1, lettera a), della legge 23 febbraio 1999, n. 44. Al riguardo, si rinvia alle considerazioni svolte con riferimento agli articoli 18, comma 3-bis, 31-ter e 35-quater (vedi supra).
[1] AS 840.
[2] Il D.lgs. n. 94/2017, reca disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate, ai sensi dell'art. 1, comma 5, secondo periodo, della legge n. 244/2012.
[3] Il D.lgs. 95/2017, reca disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell'art. 8, comma 1, lett. a), della legge n. 124/2015, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
[4] Ai sensi del comma 5
[5] Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione.
[6] Cfr.: 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 43 del 17 ottobre 2018.
[7] Cfr.: 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 45 del 23 ottobre 2018
[8] Di cui all'art. 63 del D.lgs. n. 50/2016. L'invito contenente l'indicazione dei criteri di aggiudicazione è rivolto ad almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei.
[9] Ai sensi dell’art. 231, comma 3, lett. h), del D. lgs. n. 50/2016.
[10] Cfr.: 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 45 del 23 ottobre 2018
[11] Le lettere b) e c) del comma 1 recano modificazioni di coordinamento con il summenzionato nuovo comma 3-bis rispettivamente ai commi 7 e 9 dell'art. 6 del D.lgs. n. 142/2015. Il comma 2, alle lettere a) - c) introduce nel D.lgs. n. 25/2008 modificazioni di coordinamento con la nuova ipotesi di trattenimento negli appositi punti di crisi individuati dall’articolo 10-ter, comma 1, del T.U. sull'immigrazione, introdotta dal comma 1.
[12] Gli hot spot sono previsti dall’'articolo 10-ter, del TU sull’immigrazione introdotto dall’art. 17, del DL n. 13/2017.
[13] l’art. 7, del DL n. 146/2013 definisce i compiti e le funzioni del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
[14] Espulsione dello straniero con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, disposto dal questore.
[15] Cfr.: 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 45 del 23 ottobre 2018
[16] Il divieto di reingresso nel territorio dello Stato opera per un periodo non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni, la cui durata è determinata tenendo conto di tutte le circostanze concernenti il singolo caso [comma 1, lett. a), cpv. comma 2-sexies]
[17] Dall’art. 14-bis, comma 1, del D.lgs. n. 286/1998.
[18] Cfr.: 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 45 del 23 ottobre 2018
[19] Ai sensi dell'art. 37, par. l e 2, della Convenzione sulle relazioni diplomatiche di Vienna del 1961, dell'art. 46 della Convenzione sulle relazioni consolari, di Vienna del 1963, o delle pertinenti disposizioni degli accordi di sede con organizzazioni internazionali.
[20] Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.
[21] Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.
[22] Quali definiti dall'art.7 del D.lgs. n. 251/2007.
[23] Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.
[24] Il testo originario della norma prevede che, ai fini dell’applicazione della norma rileva ogni rientro nel Paese di origine, salva la valutazione del caso concreto.
[25] Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.
[26] Modificando l’articolo 7, comma 2, del summenzionato decreto legislativo.
[27] A tale fine viene modificato l’articolo 28-bis, del summenzionato decreto legislativo.
[28] A tal fine viene soppresso l’ultimo periodo dell’articolo 29, comma 1-bis, del decreto legislativo.
[29] Di cui all'art. 4 del D.lgs. n. 25/2008.
[30] Cfr.: 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 45 del 23 ottobre 2018
[31] E ricorrono le condizioni che consentono, previa valutazione, il trattenimento del richiedente.
[32] A tal fine si modifica l’articolo 3, comma 3 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25.
[33] Si integra l'articolo 4 del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13 che reca disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale.
[34] Sono espressamente richiamati una serie di articoli del decreto legislativo n. 286/1998.
[35] Articolo 1-septies del decreto legge n. 416/1989
[36] A tal fine sono modificati gli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142.
[37] Riformulati dal testo in esame.
[38] Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale.
[39] Articolo 8, comma 2.
[40] Si modifica l’articolo 9-bis della legge n. 91/1992.
[41] Articolo 1, comma 1, della legge n. 13/1991
[42] Mediante l’inserimento0 dell’articolo 130-bis del D.P.R. n. 115/2002.
[43] R.D. n. 773/1931, nel quale si prevede la facoltà delle autorità di pubblica sicurezza di ordinare che le persone pericolose o sospette e coloro che non sono in grado o si rifiutano di provare la loro identità siano sottoposti a rilievi segnaletici.
[44] Nella norma richiamata si prevede che l’accesso ai dati e alle informazioni conservati negli archivi automatizzati del CED e la loro utilizzazione sono consentiti agli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alle forze di polizia, agli ufficiali di pubblica sicurezza e ai funzionari dei servizi di sicurezza, nonché agli agenti di polizia giudiziaria delle forze di polizia debitamente nonché all’Autorità giudiziaria.
[45] Sulla segnalazione alle autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza, della condizione irregolare dello straniero o del cittadino comunitario, per la eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato.
[46] Si veda il decreto di ripartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e per il triennio 2018 – 2020.
[47] Si tratta, in particolare, degli articoli 31-ter, comma 1, capoverso 3.4, 35-quater, comma 2, lettera c) e 39, comma 1, lettera c).
[48] articolo 8, comma 1-bis, del D.L. n. 119/2014
[50] Cfr.: 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 43 del 17 ottobre 2018.
[51] Cfr.: 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 45 del 23 ottobre 2018
[52] modifica dell’articolo 4, comma 3, del D.lgs. n 286/1998 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero).
[53] Articolo 640, secondo comma, numero 1) del codice penale.
[54] Articolo 640-bis del codice penale.
[55] Recata dal comma 11.
[56] Di cui al DPR n. 398/2001.
[57] Di cui alla Tabella 1 allegata al DPCM n. 217/2015.
[58] Di cui all’articolo 42, comma 1, della legge n. 121/1981.
[59] Per la consultazione dell’Allegato I si rinvia alla relazione tecnica riferita al testo originario del provvedimento in esame.
[60] Cfr.: 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 43 del 17 ottobre 2018.
[61] Cfr.: 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 45 del 23 ottobre 2018
[62] Di cui agli articoli 143 e 144 del decreto legislativo n. 267/2000.
[63] Tale capitolo è denominato “Spese per il funzionamento della sede didattico residenziale, comprese quelle di rappresentanza, spese di missione al personale dell'amministrazione che partecipa ai corsi di qualificazione, aggiornamento e perfezionamento. Partecipazione alle spese per corsi indetti da enti, istituti ed amministrazioni varie”.
[64] Di cui all'articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, ossia Polizia di Stato, Guardia di finanza, Carabinieri e polizia penitenziaria.
[65] Tale norma prevede che, per le esigenze funzionali dei servizi di polizia, in relazione alle disponibilità effettive degli organici, viene fissato annualmente, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, il numero complessivo massimo di prestazioni orarie aggiuntive da retribuire come lavoro straordinario.
[66] Si tratta della nota che reca le risposte alle osservazioni avanzate dal servizio bilancio nel dossier di commento delle disposizioni contenute nel decreto legge in esame.
[67] Iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'interno, nell'ambito della missione «Soccorso civile.
[68] Si precisa che sul citato capitolo 3029 nel disegno di legge di bilancio per il triennio 2019-2021 risultano allocate risorse pari ad euro 20.004.387 a decorrere dal 2019. Dette somme derivano, come evidenziato nella presente nota: da un lato dalle risorse recate dall’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 35, comma 155, secondo periodo, della legge n. 350 del 2003, con riferimento alle risorse già affluite ai sensi dell’articolo 7, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 148 del 2017, e non utilizzate in attuazione dell’articolo 8, comma 6, della legge n. 124 del 2015, pari ad euro 30.120.313 iscritti nel conto dei residui, ad euro 15.089.182 per il 2018 e ad euro 15.004.387 a decorrere dal 2019; dall’altro, dai risparmi di spesa di parte corrente di natura permanente, di cui all’articolo 4, comma 1, lettere c) e d), della legge n. 244 del 2012, in misura pari a 5 milioni di euro in ragione d’anno.
[69] Si tratta, in particolare, delle risorse finanziarie corrispondenti alle facoltà assunzionali del Corpo forestale dello Stato, non impiegate per le finalità di cui all'articolo 12, comma 7, lettera a), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, che sono destinate alla revisione dei ruoli delle Forze di polizia di cui all'articolo 8, comma 1, lettera a), numero 1), della legge n. 124 del 2015 (recante Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), mediante incremento dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 155, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per un importo pari a 30.120.313 euro per l'anno 2017, a 15.089.182 euro per il 2018 e a 15.004.387 euro a decorrere dal 2019.
[70] Tale disposizione prevede che, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi in materia di modifica della disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali, di cui all’articolo 8, comma 1, della legge n. 124 del 2015, il Governo possa adottare, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e della procedura di cui al medesimo articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.
[71] La relazione tecnica al disegno di conversione presentato al Senato (S. 840) evidenzia che le predette risorse di euro 30.120.313 in conto residui, di euro 15.089.182 per il 2018 e di euro 15.004.387 a decorrere dall'anno 2019 sono comprensive di quelle che saranno impiegate per la copertura degli oneri previsti dallo schema di decreto legislativo recante “Disposizioni integrative e correttive in materia di revisione dei ruoli delle forze di polizia, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n, 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” (A.G. n. 35).
[72] Su tale capitolo risultano iscritte, alla luce del disegno di legge di bilancio per il triennio 2019-2021 (C. 1334) attualmente all’esame del Parlamento, risorse pari a euro 119.125.966 per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e a euro 140.125.966 per l’anno 2021.
[73] Recante “Disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate”.
[74] Recante “Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia”.
[75] Che stabilisce un vincolo di spesa per il personale a tempo determinato per cui gli enti locali non possono superare il 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.
[76] L’articolo 2 del decreto-legge n. 143 del 2008 ha previsto che il fondo di cui all’articolo 61, comma 23, del decreto-legge n. 112 del 2008 sia denominato “Fondo unico giustizia” e ne ha disciplinato il funzionamento.
[77] Il Fondo da ripartire per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese reca una dotazione iniziale di 1,9 miliardi di euro per il 2017, di 3,15 miliardi di euro per il 2018 e di 3 miliardi di euro per ciascuno degli anni dal 2010 al 2032.
[78] Il capitolo 7411 è denominato “Somme destinate ad interventi di manutenzione straordinaria e ammodernamento di strutture e impianti” e reca, alla luce del disegno di legge di bilancio per il triennio 2019-2021 al momento all’esame del Parlamento (C. 1334), uno stanziamento pari a 51.263.611 euro per il 2019 e a 148.387.663 euro per ciascuno degli anni 2020-2021. Il capitolo 7461 è invece denominato “Somma derivanti dal riparto del Fondo investimenti per la realizzazione dell’infrastruttura per telecomunicazioni della Polizia di Stato LTEMVNO” e reca, alla luce del disegno di legge di bilancio per il triennio 2019-2021, uno stanziamento pari a 29.735.043 euro per il 2019, a 38 milioni di euro per il 2020 e a 60 milioni di euro per il 2021.
[79] Il DPCM 29 maggio 2017 ha disposto una prima ripartizione del Fondo in parola destinando 270 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 e 260 milioni di euro per l'anno 2019 per il finanziamento degli interventi inseriti nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie e delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, di cui all'articolo 1, commi da 974 a 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
[80] In particolare, si rammenta che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 luglio 2017 ha attribuito al Ministero dell’interno le seguenti somme: in relazione al settore di spesa di cui alla lettera b), concernente le infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione, esse ammontano a 42.950.000 euro per l’anno 2019 e a complessivi 573,66 milioni di euro per il periodo 2020-2032; in relazione al settore di spesa di cui alla lettera e), concernente l’edilizia pubblica, compresa quella scolastica, esse ammontano a 77.469.333 euro per l’anno 2019 e a complessivi 515, 512 milioni di euro per il periodo 2020-2032.
[81] Nel dettaglio, si opera il rinvio alle tariffe definite con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, emanato ai sensi dell'articolo 59 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
[82] La misura della quota annua destinata all'incremento dei fondi per la contrattazione integrativa viene definita con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze su proposta dell'Agenzia e l'incremento non può essere superiore al 15 per cento della componente variabile della retribuzione accessoria in godimento da parte del predetto personale.
[83] Il 40 per cento del 90 per cento dei proventi di vendita ossia il 36 per cento.
[84] Il 40 per cento del 90 per cento dei proventi di vendita ossia il 36 per cento.
[85] Il 20 per cento del 90 per cento dei proventi di vendita ossia il 36 per cento.
[86] Decreto legislativo n. 159/2011.
[87] Che riformula l'articolo 110, comma 1 del decreto legislativo n. 159/2011.
[88] Articolo 112 del decreto legislativo n. 159/2011.
[89] Articolo 113-bis del decreto legislativo n. 159/2011.
[90] Indicato all’articolo 113-bis, comma 1 del decreto legislativo n. 159/2011.
[91] Di cui al decreto legislativo n. 159/2011.
[92] Articolo 113-bis, comma 1, del decreto legislativo n. 159/2011.
[93] Si veda il testo dell’Atto Senato n. 840, pagina 58, riga numero tredici.
[94] La copertura era rinvenuta nelle risorse già assegnate all’Agenzia dal codice antimafia.
[95] Articolo 113, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
[96] La norma menzione le disposizioni recate dagli articoli 6, commi 7, 8, 9, 12 e 13 e 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, 5, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 e 2, commi da 618 a 623, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.