Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Trasporti
Titolo: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave "Moby Prince"
Serie: Progetti di legge   Numero: 416
Data: 30/03/2021
Organi della Camera: IX Trasporti


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Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave "Moby Prince"

30 marzo 2021
Schede di lettura


Indice

Premessa|Le Commissioni parlamentari d'inchiesta: quadro normativo|Contenuto delle proposte|Le risultanze della Commissione d'inchiesta del Senato sul disastro della Moby Prince|


Premessa

Le proposte Doc. XXII, n. 47( Andrea Romano e altri) e Doc. XXII, n. 49 ( Potenti e altri), dispongono entrambe l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta monocamerale sulle cause del disastro della nave «Moby Prince», ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione.


Il Il disastro della Moby Prince ed i processidisastro della nave Moby Prince, appartenente alla compagnia di navigazione Navarma S.p.A., in servizio nella tratta Livorno-Olbia, avvenne nella notte del 10 aprile 1991 a poche miglia dall'uscita del Porto di Livorno. Il traghetto entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, ancorata nella rada del porto. Perirono centoquaranta persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio e ci fu un unico superstite.

Sul disastro si sono svolti il  processo di primo grado presso il Tribunale di  Livorno, iniziato il 29 novembre 1995 e conclusosi con la Sentenza del 31 ottobre 1998 che assolse i quattro imputati perché "il fatto non sussiste" . Il  processo di secondo grado si è tenuto presso la III Sezione della Corte d'Appello di  Firenze, che il 5 febbraio 1999 ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado dichiarando di non doversi procedere nei confronti di uno degli imputati in ordine ai reati ascrittigli perché estinti per intervenuta prescrizione.
In seguito, nel 2006, la procura della Repubblica di Livorno ha disposto la riapertura delle indagini preliminari sulla base dell'istanza depositata dall'avvocato Carlo Palermo per conto dei figli del comandante Ugo Chessa.  A seguito di tali indagini, il  5 maggio 2010 la procura della Repubblica presso il tribunale di Livorno ha disposto l'archiviazione del procedimento penale evidenziando che l'incidente fu:  "determinato in parte dall'errore umano e in parte da fattori causali concomitanti (l'insorgenza del particolare tipo di nebbia e lo speronamento proprio della cisterna n. 7 carica di liquido infiammabile; la responsabilità del comando del Moby nonché in parte dall'insufficienza delle regole al tempo vigenti per salvaguardare la sicurezza della navigazione in rada)".
Successivamente, il 2 novembre 2020 il Tribunale civile di Firenze ha respinto una richiesta di risarcimento delle associazioni dei familiari delle vittime ( Associazione 10 aprile-Familiari Vittime Moby Prince Onlus e Associazione 140), che successivamente alle conclusioni delle Commissione parlamentare di inchiesta istituita presso il Senato della Repubblica, con delibera 22 luglio 2015, avevano fatto ricorso contro la sentenza della Corte di Appello, in quanto "i l diritto risarcitorio deve ritenersi prescritto per il decorso di due anni dei termini dalla data della sentenza divenuta irrevocabile ".

Le Commissioni parlamentari d'inchiesta: quadro normativo

In base all'art. 82 della Costituzione, "Ciascuna Camera può Procedura per istituire le Commissioni d'inchiesta disporre inchieste su materie di pubblico interesse", evidentemente con atto non legislativo. Si è peraltro andata affermando anche la prassi di deliberare le inchieste con legge, affidandole a Commissioni composte di deputati e senatori, o con atto bicamerale non legislativo. In ogni caso, per quanto riguarda il procedimento di formazione, l'art. 140 del Regolamento della Camera e l'art. 162 del Regolamento del Senato stabiliscono che per l'esame delle proposte di inchiesta si segua il procedimento previsto per le proposte di legge.

Per quanto riguarda Nomina dei componenti riguarda la nomina dei componenti, il secondo comma dell'art. 82 della Costituzione prevede che la composizione della Commissione debba rispecchiare la proporzione dei gruppi; tale nomina, quindi, deve essere improntata al rispetto del principio di proporzionalità. Di conseguenza si applicano l'art. 56, comma 3, del R.C. e l'art. 25, comma 3, R.S., i quali stabiliscono che per le nomine delle Commissioni che, per prescrizione di legge o regolamento debbano essere composte in modo da rispecchiare la proporzione dei Gruppi parlamentari, il Presidente comunica ai Gruppi il numero dei posti spettanti a ciascuno in base al suddetto criterio richiedendo la designazione di un eguale numero di nomi.

Poteri inerenti alla Organizzazione interna e dei lavori organizzazione dei lavori sono quelli riguardanti la fissazione del programma dei lavori e l'istituzione di sottocommissioni nonché l'elaborazione e l'approvazione di un regolamento interno. Al riguardo si rammenta che da tempo si è venuta formando la prassi secondo la quale le Commissioni d'inchiesta adottano un proprio regolamento, ferma restando l'applicabilità del regolamento della Camera di appartenenza del Presidente della Commissione, per quanto non espressamente previsto dal predetto regolamento interno.

La durata dei lavori della Commissione è stabilita dal relativo atto istitutivo, che fissa la data di presentazione della relazione (che è atto conclusivo dell'attività, anche se il termine assegnato alla Commissione non è ancora scaduto) o assegna un termine finale ai lavori stessi, a partire dalla costituzione o dall'insediamento della Commissione, ovvero dalla data di entrata in vigore della legge istitutiva. Le Commissioni istituite con atto non legislativo cessano comunque la propria attività con la fine della legislatura mentre quelle istituite con legge possono essere prorogate con una nuova legge.

Si ricorda che con la Delibera 1 agosto 2017 il termine per l'ultimazione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince, di cui all'art. 1, comma 2, della deliberazione del Senato del 22 luglio 2015, fu prorogato fino alla conclusione della XVII legislatura.

L'art. 82, secondo comma , della Costituzione stabilisce che la Commissione d'inchiesta Poteri della Commissione procede alle indagini ed agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria (c.d. principio del parallelismo). I poteri coercitivi che la Commissione d'inchiesta può esercitare sono naturalmente quelli propri della fase "istruttoria" delle indagini giudiziarie, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati ed irrogare sanzioni. La Commissione deve comunque assicurare il rispetto dei diritti fondamentali di difesa discendenti dal disposto dell'art. 24 Cost., riconoscendo, ad esempio, il diritto all'assistenza del difensore ogni volta che il suo mancato esercizio possa pregiudicare la posizione processuale della persona interrogata.

La Commissione può quindi disporre ispezioni e perquisizioni personali e domiciliari, sequestri, intercettazioni telefoniche, perizie, ricognizioni, esperimento di prove testimoniali ed accompagnamento coattivo dei testi renitenti.

Il parallelismo con i poteri della magistratura disposto dal comma secondo dell'articolo 82 della Costituzione si estende anche agli aspetti relativi alle limitazioni dei poteri della Commissione stessa. In via generale si può affermare che lo svolgimento dell'inchiesta trova gli stessi limiti che la vigente legislazione pone alle indagini dell'autorità giudiziaria, fermo restando che l'atto istitutivo della Commissione può disporne di ulteriori ovvero prevedere l'inapplicabilità nei confronti della Commissione stessa di disposizioni limitative dell'attività d'indagine dell'autorità giudiziaria.

Particolarmente complesso è il problema dei Rapporti con l'autorità giudiziaria rapporti tra l'attività delle Commissioni d'inchiesta e le concorrenti indagini della autorità giudiziaria.

La Corte costituzionale, nella sentenza n. 26 del 2008, ha rilevato che i poteri di indagine spettanti, rispettivamente, alle Commissioni parlamentari di inchiesta e agli organi della magistratura requirente hanno ambiti e funzioni differenti, con la conseguenza che l'esercizio degli uni non può avvenire a danno degli altri, e viceversa. Infatti, il compito delle suddette Commissioni non è di "giudicare", ma solo di raccogliere notizie e dati necessari per l'esercizio delle funzioni delle Camere. Pertanto, il normale corso della giustizia non può essere paralizzato a mera discrezione degli organi parlamentari, ma deve arrestarsi unicamente nel momento in cui l'esercizio dei poteri di indagine dell'autorità giudiziaria possa incidere illegittimamente su fatti ad essa soggettivamente e oggettivamente sottratti e rientranti nella competenza degli organi parlamentari.

Sulla base di questa argomentazione, nel conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma nei confronti della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, la Corte ha, da una parte, riconosciuto il potere della Commissione parlamentare di disporre lo svolgimento di accertamenti tecnici non ripetibili sull'autovettura corpo del reato, potendo la Commissione esercitare gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria ex  art. 82, secondo comma, Cost., e ha, dall'altra, negato che la Commissione potesse opporre un rifiuto alla richiesta, avanzata dalla Procura, di acconsentire allo svolgimento congiunto dei predetti accertamenti tecnici, in base al principio di leale collaborazione tra poteri dello Stato.
Per quanto riguarda i profili di reciproca opponibilità del segreto, fondamentale è la sentenza n. 231/1975 della Corte costituzionale, che ha risolto il conflitto di attribuzioni tra Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia ed i tribunali di Torino e Milano. La Corte ha stabilito che la Commissione non ha l'obbligo di trasmettere ai Tribunali gli atti e documenti da essa formati o direttamente disposti, gli scritti e gli anonimi ad essa originariamente rivolti, che la Commissione abbia ritenuto di mantenere segreti (c.d. segreto funzionale), nonché gli atti già a disposizione del potere giudiziario.
La Corte ha stabilito invece l'obbligo per la Commissione di trasmettere ai Tribunali predetti gli altri atti e documenti in suo possesso che non siano coperti all'origine da segreto o siano coperti da segreto non opponibile all'autorità giudiziaria.

Contenuto delle proposte

L'articolo 1 della proposta Doc. XXII, n. 47, specifica che il compito della Commissione è di accertare le cause della collisione del traghetto «Moby Prince» con la petroliera «Agip Abruzzo», avvenuta il 10 aprile 1991 nella rada del porto di Livorno, e le circostanze della morte di centoquaranta persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio in conseguenza della collisione. Il comma 2 richiede che la Commissione presenti alla Camera dei deputati, ogni sei mesi, una relazione sullo stato dei propri lavori e che li concluda entro due anni dalla sua costituzione presentando alla Camera dei deputati una relazione sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta. Sono ammesse relazioni di minoranza.

L'art. 1, comma 2 della proposta Doc. XXII, n. 49 , oltre a richiedere che la Commissione riferisca alla Camera almeno annualmente nonché  alla fine dei propri lavori circa i risultati dell'attività svolta, specifica che la Commissione ha i seguenti Compiti della Commissionecompiti:

   a) ricercare e valutare eventuali nuovi elementi che possano integrare le conoscenze sulle cause del disastro del traghetto «Moby Prince» acquisite mediante i lavori della Commissione parlamentare di inchiesta istituita con deliberazione del Senato della Repubblica 22 luglio 2015 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24 luglio 2015);

   b) esaminare le procedure, le modalità e i mezzi con cui sono stati organizzati e attuati i soccorsi in mare, le circostanze nelle quali essi sono stati condotti e ogni altro fatto utile a individuare eventuali responsabilità di individui o enti pubblici o privati in ogni fase, anche successiva allo svolgimento degli eventi;

   c) verificare la compiutezza e l'efficacia dell'attività investigativa, anche valutando se siano intervenuti inadempienze, condizionamenti o ritardi nella direzione e nello svolgimento di essa.

La composizione della Commissione è Composizionedefinita in entrambe le proposte, all'articolo 2: venti deputati, nominati dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti dei Gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo.

Circa la nomina del Presidente della Commissione, la proposta Doc. XXII, n. 47 prevede che sia il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, a nominare il presidente della Commissione, scegliendolo al di fuori dei venti componenti, mentre due vicepresidenti e due segretari siano eletti dai componenti della Commissione nell'ambito della medesima applicando le disposizioni dell'articolo 20, commi 3 e 4, del Regolamento della Camera dei deputati. Con gli stessi criteri e con la stessa procedura si provvede all'eventuale sostituzione di componenti della Commissione in caso di dimissioni o di cessazione dalla carica ovvero qualora sopraggiungano altre cause di impedimento.

La proposta Doc. XXII, n. 49, prevede invece la nomina del Presidente da parte della Commissione stessa, nella sua prima seduta, che viene convocata dal Presidente della Camera, e nella quale si eleggono anche due vicepresidenti e due segretari applicando le disposizioni dell'articolo 20, commi 1, 2, 3 e 4, del Regolamento della Camera dei deputati.

Si ricorda che l 'art. 141 del Regolamento della Camera prevede che: "Quando la Camera decide di procedere ad un'inchiesta, la Commissione è nominata in modo che la sua composizione rispecchi la proporzione dei Gruppi parlamentari. La Camera può delegarne la nomina al Presidente."

L'articolo 3 prevede, in entrambe le proposte, che la Commissione proceda alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e con le stesse Poterilimitazioni dell'autorità giudiziaria e che, analogamente a quanto previsto dalle leggi istitutive delle Commissioni d'inchiesta "antimafia" a partire dal 2006 (L. 277/2006L. 132/2008 e L. 87/2013), non possa adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.

L' art. 133 c.p.p. richiamato prevede che il giudice possa ordinare  l'accompagnamento coattivo del testimone, del perito, della persona sottoposta all'esame del perito diversa dall'imputato, del consulente tecnico, dell'interprete o del custode di cose sequestrate, regolarmente citati o convocati, se omettono senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti. Il giudice può, inoltre, condannarli, con ordinanza, a pagamento di una somma da euro 51 a euro 516 a favore della cassa delle ammende nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa.
La limitazione dei poteri della Commissione di inchiesta fu introdotta la prima volta con la  L. 277/2006 di istituzione della  Commissione "antimafia" nella XV legislatura, per la necessità di predisporre adeguate cautele in ordine alla possibilità per la  Commissione di disporre provvedimenti limitativi dei diritti costituzionalmente garantiti, in particolare le intercettazioni, al fine di tutelare i soggetti interessati, in quanto all'interno della  Commissione non è attivabile quella garanzia che invece può ravvisarsi all'interno dell'autorità giudiziaria quando assume analoghi provvedimenti, che sono disposti dal giudice su richiesta del pubblico ministero.

Per i segreti d'ufficio, professionale e bancario entrambe le proposte prevedono che si applichino le norme vigenti e sia sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.

Per il segreto di Stato la proposta Doc. XXII, n. 47 prevede che si applichino le norme vigenti, mentre la proposta Doc. XXII, n. 49 specifica che si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124.

Il   segreto di Stato è attualmente disciplinato principalmente dalla legge di riforma dei servizi di informazione (legge n. 124/2007) e, in sede processuale, dagli artt. 202 e segg. c.p.p. Quest'ultimo, in particolare, prevede tra l'altro che i pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di astenersi dal deporre su fatti coperti dal segreto di Stato. 
Si ricorda che il  segreto d'ufficio obbliga l'impiegato pubblico a non divulgare a chi non ne abbia diritto informazioni riguardanti provvedimenti od operazioni amministrative, ovvero notizie di cui sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni, al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste dalle norme sul diritto di accesso (art. 15, DPR 3/1957). In sede processuale, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria, i pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di astenersi dal deporre su fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio che devono rimanere segreti (art. 201 c.p.p.). 
Parimenti, determinate categorie  di persone (sacerdoti, medici, avvocati ecc.) non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria, ad esempio in qualità di periti ( segreto professionale   ex art. 200 c.p.p.). 
 Per quanto riguarda il   segreto bancario si applicano le disposizioni in materia di riservatezza dei dati personali che prevedono che la comunicazione a terzi di dati personali relativi a un cliente è ammessa se lo stesso vi acconsente (art. 23 del Codice della  privacy, decreto legislativo n. 196/2003) o se ricorre uno dei casi in cui il trattamento può essere effettuato senza il consenso (art. 24 del Codice). Fuori dei casi di operazioni di comunicazione dei dati strumentali alle prestazioni richieste e ai servizi erogati (per le quali non è necessario ottenere il consenso degli interessati: art. 24, comma 1, lett.   b), del Codice), gli istituti di credito e il personale incaricato dell'esecuzione delle operazioni bancarie di volta in volta richieste devono mantenere il riserbo sulle informazioni utilizzate. Parziali deroghe sono previste per le indagini tributarie.

Per le audizioni a testimonianza rese davanti alla Commissione la proposta Doc. XXII, n. 47 (art. 3, comma 3) prevede che si applichino le disposizioni di cui agli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.

Il richiamo è alle seguenti disposizioni del Codice penale relative a  delitti contro l'attività giudiziaria: il rifiuto di uffici legalmente dovuti (art. 366), la simulazione di reato (art. 367), la calunnia (art. 368), l'autocalunnia (art. 369), la simulazione o calunnia per un fatto costituente contravvenzione (art. 370), il Falso giuramento della parte (art. 371), le False informazioni al pubblico ministero  (art. 371-bis), le False dichiarazioni al difensore (art. 371-ter),  la falsa testimonianza (art. 372), la Falsa perizia o interpretazione (art. 373), la frode processuale (art. 374), le False dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità  giudiziaria (art. 374-bis), la Frode in processo penale e depistaggio (art. 375), la Ritrattazione (art. 376),   l'Intralcio alla giustizia (art. 377), l'Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (art. 377-bis) il Favoreggiamento personale e reale (artt. 378-379), la Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (art. 379-bis), il Patrocinio o consulenza infedele (art. 380), le Altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico (art. 381), il Millantato credito del patrocinatore (art. 382), l'Interdizione dai pubblici uffici (art. 383), le Circostanze aggravanti per il caso di condanna (art. 383-bis), i Casi di non punibilità (art. 384), la Punibilità dei fatti commessi in collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria dall'estero (art. 384-bis).

Circa la richiesta di atti e documenti, entrambe le proposte prevedono la facoltà della Commissione di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso, presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto. Si prevede che la Commissione garantisca il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia  siano coperti dal segreto e che la Commissione stabilisca quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Si prevede che debbano essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari (art. 4 della proposta Doc. XXII, n. 47 e art. 3, commi da 3 a 6 della proposta Doc. XXII, n. 49). 

La proposta Doc. XXII, n. 47 specifica inoltre che sulle richieste a essa rivolte l'autorità giudiziaria provveda ai sensi dell'articolo 117 del codice di procedura penale e che l'autorità giudiziaria possa trasmettere copie di atti e di documenti anche di propria iniziativa (art. 3, comma 2), nonché (comma 4) che la Commissione acquisisca ed esamini la Acquisizione di atti e documentidocumentazione raccolta e le relazioni presentate dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince, istituita nella XVII legislatura .

L'obbligo del segreto è definito in modo analogo da entrambe le proposte (art. 5 della proposta Doc. XXII, n. 47 e art. 4 della proposta Doc. XXII, n. 49): i componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti; la proposta Doc. XXII, n. 47 specifica che l'obbligo permane anche dopo la cessazione dell'incarico e che riguarda anche i funzionari addetti alla Commissione.

Si ricorda che  l'art. 326 c.p .   (Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio)  punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità,  rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza .  Se l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. In pena maggiore (reclusione da due a cinque anni) incorre ll pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete; se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

Per l'organizzazione della Commissione si prevede in entrambe le proposte l'adozione di un Regolamento di organizzazione regolamento interno, approvato dalla Commissione prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Si prevede che ciascun componente possa proporre la modifica delle norme regolamentari (articolo 6 della proposta Doc. XXII, n. 47 e art. 5 della proposta Doc. XXII, n. 49).

Le sedute della Commissione sono pubbliche. La Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.

 

La proposta Doc. XXII, n. 47 prevede che la Commissione possa  avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria nonché di tutte le collaborazioni che ritenga opportune, mentre la  proposta Doc. XXII, n. 49 specifica in proposito che la Commissione può avvalersi di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, di soggetti interni o esterni all'amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti e che con il regolamento interno sia stabilito il numero massimo di collaborazioni.

Le spese per il funzionamento della Commissione, stabilite nel limite massimo di 30.000 euro annui dalla proposta Doc. XXII, n. 47 e di 80.000 euro annui dalla proposta Doc. XXII, n. 49, sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. Per lo svolgimento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.


Le risultanze della Commissione d'inchiesta del Senato sul disastro della Moby Prince

Nella XVII Legislatura è stata istituita presso il Senato della Repubblica, con delibera 22 luglio 2015, una Commissione La Commissione d'inchiesta Moby Prince della XVII Legislaturamonocamerale di inchiesta sul disastro Moby prince, che ha concluso i propri lavori il 22 dicembre 2017, con l'approvazione di una Relazione finale.

Anche presso la Camera dei Deputati era stata presentata nella XVII Legislatura una proposta Doc. XXII, n. 23, per l'istituzione di un'analoga Commissione monocamerale, poi non istituita.

La sintesi conclusiva della Le conclusioni della Commissione d'inchiesta Relazione finale della Commissione d'inchiesta  del Senato nella XVII Legislatura, afferma che:
"La Commissione non concorda con le risultanze cui è pervenuta l'Autorità giudiziaria in esito ai vari procedimenti che hanno riguardato la tragedia, in particolare dissente sulla riconducibilità della tragedia alla presenza della nebbia e alla condotta colposa, in termini di imprudenza e negligenza, avuta dal comando del traghetto Moby Prince. 
La presenza di nebbia, nelle fasi antecedenti e immediatamente successive alla collisione, non è stata infatti confermata nè dai numerosi testimoni oculari dello scenario, nè dai documenti acquisiti sulle condizioni meteo, nè dalla documentazione video riguardante i momenti immediatamente successivi all'impatto. La nebbia non ha avuto, come già più volte enunciato nel corpo di questa relazione, alcuna incidenza sul verificarsi della collisione. La nebbia, di contro, ha immotivatamente costituito una, se non la principale, causa di giustificazione del conclamato caos organizzativo che ha contraddistinto la fase dei soccorsi coordinati dalla Capitaneria di porto. La Commissione ritiene altresì che l'attività di indagine della procura di Livorno, sottesa al processo di primo grado, sia stata carente e condizionata da diversi fattori esterni. In particolare appare aver avuto un indubbio effetto condizionante sull'attività giudiziaria inquirente l'avere utilizzato parte dell'indagine sommaria svolta dalla stessa Capitaneria di porto e precisamente dagli stessi soggetti direttamente coinvolti nella gestione dei soccorsi, alcuni dei quali coinvolti anche nelle vicende giudiziarie successive, sebbene poi assolti. 
E` di tutta evidenza che ben difficilmente avrebbero potuto essere dotati di quella terzietà che deve necessariamente contraddistinguere l'operato di qualsivoglia attività investigativa. Inoltre l'accordo assicurativo siglato dopo soli due mesi dall'evento tra gli armatori delle due navi coinvolte sembra aver condizionato, se pur indirettamente, l'operato dell'Autorità giudiziaria. In tale contesto è al di fuori di ogni logica investigativa e non giustificabile da ragioni tecniche l'avere disposto il dissequestro della petroliera Agip Abruzzo dopo soli sette mesi dall'impatto, quando ancora doveva definirsi la fase processuale di primo grado. Tale atto, unito alla difficoltà di verifica del carico, può  aver impedito ogni ulteriore approfondimento sulle cause della collisione, sulla presenza di alterazioni alle altre cisterne, come poi verificate sulla cisterna 6, o sulla tipologia e propagazione dell'incendio in relazione al tipo di greggio o di raffinato trasportato dall'Agip Abruzzo. Altrettanto censurabili appaiono le misure predisposte per garantire l'integrità del traghetto Moby Prince, una volta sequestrato, essendo emerso come fosse del tutto agevole per chiunque e per qualunque finalità, anche illecita, accedere a bordo e procedere ad una alterazione del corpo di reato.
Parimenti lacunosa appare la fase dell'indagine giudiziaria relativa all'aspetto medico-legale, essendo stata connotata soprattutto da valutazioni, seppure comprensibili, di sensibilità civile, piuttosto che da profili squisitamente medico-legali. Segnatamente l'operato dell'equipe medico-legale incaricata dall'autorità giudiziaria è stato pressoché assorbito dalla necessità di procedere all'identificazione dei cadaveri, senza sviluppare, se non in minima ed insufficiente parte, l'aspetto concernente la natura e i mezzi che hanno provocato la morte delle vittime e soprattutto di appurare se la causa della morte di ciascuna vittima fosse riconducibile alle ustioni ovvero all'inalazione di sostanze tossiche. Vale poi la pena richiamare anche la scelta – in fase di indagini – di attribuire, senza peraltro il dovuto approfondimento, la responsabilità armatoriale in capo ad Achille Onorato, padre di Vincenzo, formale titolare dei poteri armatoriali. Scelta, questa, emersa in sede processuale quando ormai le condotte di rilevanza penale in capo all'armatore erano già state archiviate, tanto che sull'armatore e sulla società NAVARMA che egli rappresentava non ci fu alcuna forma di approfondimento investigativo. Tali rilievi possono solo in parte trovare ragione nelle inadeguate dimensioni strutturali, in termini di organico, che a quel tempo presentava la procura di Livorno rispetto ad una vicenda di tale complessità. E` indiscutibile che il pubblico ministero De Franco non ebbe tutto il supporto necessario per poter svolgere con completezza le attività investigative e di indagine per un avvenimento tragico così complicato. A conferma di questo si giudica grave che non sia stata soddisfatta la richiesta di applicazioni alla procura per far fronte alle necessità del momento.
La Commissione, pur conscia che il ricordo di un fatto così lontano nel tempo possa essere affievolito o anche alterato da narrazioni interiorizzate, è colpita dal fatto che a ventisei anni dagli eventi alcune dichiarazioni rese in sede di audizione siano convergenti nel negare evidenze in atti a loro attribuiti o di fornire versioni inverosimili degli eventi.
La Commissione ritiene che la petroliera Agip Abruzzo si trovasse in zona di divieto di ancoraggio e che dunque la sua posizione non sia stata correttamente riportata nel corso delle indagini giudiziarie e del processo. Durante la fase delle indagini e del processo, pur avendo gli elementi per correttamente apprezzare l'esatto punto di ancoraggio dell'Agip Abruzzo, non è stato poi coerentemente sviluppato tale dato stravolgendone, anzi, le risultanze e facendo in modo di riportare il punto di ancoraggio in area esterna a quella di interdizione. Tale erronea valutazione, in alcun modo giustificabile, basata peraltro sulle indicazioni fornite dallo stesso comandante della petroliera, e quindi da una delle parti in causa, ha avuto come immediata, diretta ed irreversibile conseguenza quella di escludere ogni possibile profilo di responsabilità in capo al comando dell'Agip Abruzzo e/o alla società  proprietaria di quella nave. La Commissione ha ricostruito, attraverso una specifica consulenza, la posizione che più rappresenta quella che era tenuta dalla petroliera, grazie all'analisi di fattori che convergono su una posizione interna all'area interdetta. Tale posizione, pur non essendo direttamente collegabile all'impatto e alle possibili cause di esso, costituisce comunque un elemento non adeguatamente posto in evidenza e analizzato nel corso delle indagini. La Commissione ritiene inoltre che ci debba essere stata stata un'alterazione nella rotta di navigazione del Moby Prince tra le cause dell'impatto, per fattori interni o esterni al traghetto, difficili da ricostruire a distanza di ventisei anni, che sarebbero potuti essere affrontati allora.
La Commissione ritiene che la morte di passeggeri ed equipaggio del Moby Prince non sia avvenuta entro trenta minuti per tutti e che già nel 1991 una gestione più adeguata degli esami medico legali avrebbe reso chiaro questo dato. Non era possibile dichiarare con certezza scientifica, come invece è stato fatto e riportato negli atti processuali che passeggeri e membri dell'equipaggio del Moby Prince fossero tutti morti e impediti da incapacitazione in soli trenta minuti. Dati oggettivi e valutazioni dei consulenti della Commissione escludono che si possa pensare ad un periodo di breve durata entro il quale siano tutti deceduti. Dalla lettura delle perizie medico-legali emerge come sui corpi delle vittime non sia stata fatta alcuna indagine per definire le cause di morte ma ci si sia limitati al solo riconoscimento.
La Commissione ritiene che non siano stati prestati i soccorsi dovuti al traghetto Moby Prince. L'analisi della loro organizzazione ha portato la Commissione a confermare un giudizio di mancato coordinamento e di sostanziale assenza di intervento nei confronti del traghetto Moby Prince. La normativa attribuiva alla Capitaneria di porto precise e ineludibili responsabilità nelle scelte e nella gestione dei soccorsi. Sin dai primi minuti la Capitaneria avrebbe dovuto valutare la gravità della situazione e decidere se le forze disponibili fossero sufficienti e attivarsi nella ricerca della seconda nave. Le informazioni disponibili anche solo dall'avvisatore marittimo e tra i piloti del porto potevano consentire alla Capitaneria di individuare nell'immediato il traghetto come l'ultima nave uscita e che non rispondeva agli appelli. Inoltre la Capitaneria, in termini di mezzi e cultura della sicurezza, non era in condizioni di affrontare in maniera consona un tale evento, era priva di strumenti adeguati, come un radar, che invece sembra essere stato disponibile tra i piloti, ed era impreparata in conclusione ad un tale livello di complessità di soccorso.
Durante le ore cruciali la Capitaneria apparve del tutto incapace di coordinare un'azione di soccorso e non venne dato un ordine né una priorità di azione attraverso i canali radio riservati all'emergenza. Alla luce dei dati acquisiti, i tragici effetti sulla vita di almeno una parte delle persone a bordo sono stati determinati dalla sostanziale abdicazione delle autorità responsabili rispetto ad una efficace funzione di soccorso pubblico in mare. Questi elementi, in parte già noti nel percorso di indagine e in quello giudiziario, non hanno costituito elemento di reato perché è stata assunta come valida la valutazione sui tempi brevi di incapacitazione o morte, vista l'impossibilità di provare un nesso di causalità fra condotte ed eventi.
La Commissione ritiene inoltre che il procedimento penale concernente il tentativo di manomissione delle condizioni del timone effettuato da un dipendente della NAVARMA (Ciro Di Lauro) non abbia contribuito a chiarire le motivazioni sottese al gesto compiuto, nè abbia valutato eventuali responsabilità connesse. La Commissione ritiene infine che il comportamento di ENI sia connotato di forte opacità.
La provenienza della petroliera comunicata non è confermata dai dati acquisiti dalla Commissione, nè appare già a prima vista compatibile con la velocità di crociera ordinaria della petroliera. Non si comprendono le motivazioni per le quali non siano stati compiuti, in un momento in cui la documentazione era ancora presso gli archivi delle amministrazioni interessate, analisi precise sulla rotta di provenienza della petroliera. Secondo qualificati dati acquisiti dalla Commissione e prima citati, l'Agip Abruzzo sembra non provenire dunque da Sidi El Kedir, ma da Genova. Questo può portare a valutare come non corretta l'informazione circa la dimensione e la tipologia del carico, che poteva dunque essere differente dal dichiarato. Così come rende possibile l'ipotesi che la cisterna trovata aperta dopo l'incidente potesse contenere del materiale in corso di trasferimento su una bettolina.
L'accordo assicurativo firmato tra gli armatori pone alcuni dubbi circa i contenuti e i tempi nei quali è stato sottoscritto. L'accordo è stato sottoscritto dopo soli due mesi, prima che fosse concluso il percorso giudiziario e avviata l'indagine, senza considerare dati già esistenti o attendere la valutazione delle rispettive responsabilità. Vale la pena richiamare che NAVARMA conosceva la posizione dell'Agip Abruzzo e su questo non ha sollevato obiezioni, mentre ENI poteva valutare come possibile che la responsabilità dell'incidente andasse poi attribuita al Moby Prince. L'accordo invece pose una pietra tombale su qualunque ipotesi conflittuale sulle responsabilità tra l'ENI, che si assunse i costi dei danni della petroliera e dell'inquinamento, e NAVARMA che si assunse invece i costi del risarcimento delle vittime del Moby Prince. L'accordo consentì di avviare da subito il risarcimento delle famiglie delle vittime, di ottenere la rinuncia ad azioni di rivalsa e di richiedere il risarcimento del valore assicurato di 20 miliardi per i danni al Moby Prince. L'ENI poté far chiudere le indagini sulle attività a bordo della petroliera, sul suo carico e ottenerne il dissequestro dopo soli sette mesi, avviandola alla demolizione. Va ricordato ancora una volta che, pochissimi anni dopo, l'ENI cedette definitivamente l'attività di gestione della flotta di petroliere."

Si L'indagine conoscitiva della Camera dei deputati nella XIII legislatura ricorda infine che  nella XIII legislatura  la IX Commissione Trasporti delle Camera dei deputati aveva svolto un'indagine conoscitiva avente ad oggetto " Sicurezza del trasporto marittimo e vicenda del traghetto Moby Prince ", approvando il 24 marzo 1999 un  documento conclusivo  dell'indagine.