Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Conferenza interparlamentare sul ruolo dei Parlamenti nell'approfondimento delle relazioni UE-Africa Videoconferenza, 21 giugno 2021
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari   Numero: 62
Data: 17/06/2021
Organi della Camera: III Affari esteri

        

 

XVIII LEGISLATURA

 

Documentazione per le Commissioni

RIUNIONI INTERPARLAMENTARI

 

 

 

Conferenza interparlamentare sul ruolo dei Parlamenti nell'approfondimento delle relazioni UE-Africa

 

Videoconferenza, 21 giugno 2021

 

 

 

 

Senato della Repubblica

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n. 126

Camera dei deputati

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I N D I C E

Ordine del giorno della Conferenza

La cooperazione tra l’UE e l’ACP. 1

Dalle Convenzioni di Lomé all’accordo di Cotonou. 1

Il nuovo accordo di partenariato OACPS -UE.. 3

La dimensione parlamentare della cooperazione ACP-UE.. 7

Finanziamento della cooperazione ACP-UE.. 9

La nuova strategia dell’UE con l’Africa.. 11

La comunicazione della Commissione europea del 9 marzo 2020. 11

Le conclusioni del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre 2020. 12

La risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2021. 14

Il quadro della cooperazione tra l’UE e l’Africa   21

La strategia comune UE-Africa del 2007. 21

Le relazioni tra l’UE e l’Unione Africana. 21

Le strategie regionali per il Corno d'Africa, il Golfo di Guinea e il Sahel 23

La nuova agenda per il vicinato meridionale. 26

Partenariato economico, assistenza finanziaria e relazioni commerciali UE-Africa.. 29

Il piano di investimenti esterni 29

L’Alleanza Africa - Europa per gli investimenti sostenibili e l'occupazione  30

Assistenza finanziaria dell’UE nell’ambito della politica per la cooperazione allo sviluppo per l’Africa. 30

Relazioni commerciali tra l’UE e l’Africa. 34

La cooperazione UE-Africa in materia di migrazione  39

Il piano d’azione di La Valletta e il Fondo fiduciario di emergenza per l’Africa  39

Il processo di Rabat 40

Il processo di Karthoum.. 41

La dimensione esterna nel Nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo. 41

Le missioni e operazioni militari e civili dell’UE in Africa   47

Ruolo ed interessi dell’Italia nel Continente africano (a cura del Servizio Studi della Camera dei deputati) 51

Pace e sicurezza. 53

Migrazione e mobilità. 54

Partenariati commerciali e investimenti 55

Sviluppo sostenibile, cooperazione allo sviluppo e contrasto ai cambiamenti climatici 56

Cooperazione culturale e scientifica. 57

Conferenza “Giornata per l’Africa” in occasione del LVIII anniversario dell’istituzione dell’Unione africana. 57


La cooperazione tra l’UE e l’ACP

Dalle Convenzioni di Lomé all’accordo di Cotonou

Le Convenzioni di Lomé

La cooperazione con i paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), e segnatamente con 79 paesi, inclusi 48 paesi dell'Africa subsahariana (non ne fanno parte i paesi africani della sponda sud del Mediterraneo), 16 dei paesi dei Caraibi e 15 dei paesi del Pacifico ha avuto inizio con la prima convenzione di Lomé, firmata nella capitale del Togo, nel 1975 fra gli allora Paesi della CEE e gli Stati membri ACP.

Le prime tre convenzioni, con una durata quinquennale (1980, 1985 e 1990) stabilirono l’importazione in franchigia delle merci degli Stati ACP e vietarono le limitazioni quantitative, nonché le discriminazioni reciproche nel campo del diritto di stabilimento e della libera prestazione dei servizi. Furono, inoltre, introdotti meccanismi di stabilizzazione dei prezzi dei prodotti di base (sistemi Stabex, per i prodotti agricoli, e Sysmin, per i prodotti minerari), tesi a ovviare alle conseguenze negative di forti oscillazioni dei prezzi sul mercato mondiale di determinate materie prime, la cui esportazione costituiva un’importante fonte di entrate per gli Stati ACP.

Alla quarta convenzione, stipulata nel 1990, fu attribuita una durata decennale, con una revisione di metà percorso (effettuata nel 1995 tramite l’accordo di Mauritius). La quarta convenzione presentava numerosi elementi di innovazione, come il considerevole aumento della dotazione finanziaria destinata ad aiuti allo sviluppo, erogati sotto forma di dono per non pesare sul debito estero dei Paesi beneficiati, e la priorità data alla promozione della tutela dell’ambiente e a quella dello sviluppo industriale, delle infrastrutture, dei servizi, dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’informatica; inoltre, fu introdotto per la prima volta un riferimento al rispetto dei diritti umani.

L’accordo di Cotonou

L’accordo, in sostituzione della convenzione di Lomé, sottoscritto a Cotonou (capitale del Benin), il 23 giugno 2000, per una durata di 20 anni, ha dato vita a un vero e proprio partenariato fra la UE e i Paesi ACP e ha introdotto una politica di condizionalità democratica in base alla quale la UE ha il potere di sospendere l’erogazione degli aiuti a quegli Stati che siano ritenuti responsabili di violazioni dei diritti umani e dei principi democratici.

L'accordo di Cotonou è inteso a ridurre e infine eliminare la povertà e contribuire all'integrazione progressiva dei paesi ACP nell'economia mondiale.

Si basa su tre pilastri:

L’Accordo di Cotonou prevede, in particolare, come istituzioni congiunte:

·        il Vertice dei Capi di Stati e di Governo dei Paesi ACP e dell’UE

·        il Consiglio dei ministri ACP-UE è l'istituzione suprema del partenariato ACP-UE. Si riunisce una volta l'anno, alternativamente a Bruxelles e in un paese ACP, ed è formato da: membri del Consiglio dell'UE, un membro della Commissione, un membro del governo di ciascuno Stato ACP;

·        il Comitato degli ambasciatori ACP-UE che assiste il Consiglio dei ministri e controlla l'attuazione dell'accordo di Cotonou.

Sulla base dell’Accordo di Cotonou, l’UE ha stabilito accordi di partenariato economico con gruppi di Stati ACP. In particolare, per quanto l’Africa sono stati conclusi accordi con i seguenti paesi e gruppi di paesi:

·         Africa Occidentale: L'UE ha siglato un accordo di partenariato economico con i 16 Stati dell'Africa occidentale (Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea Bissau, Liberia, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Togo);

·         Africa Centrale: l'UE ha concluso nel dicembre 2007 un accordo di partenariato economico con il Camerun;

·         Comunità dell'Africa orientale (Burundi, Kenya, Ruanda, Tanzania e Uganda): i negoziati per un accordo di partenariato economico con l'UE si sono conclusi il 16 ottobre 2014. Kenya e Ruanda hanno firmato l'EPA nel settembre 2016 e al momento solo il Kenya l'ha ratificato;

·         Est e Sud dell’Africa: Mauritius, Seychelles, Zimbabwe e Madagascar hanno firmato un accordo di accordo di partenariato economico con l’UE nel 2009;

·         Comunità di sviluppo dell'Africa meridionale (Botswana, Lesotho, Mozambico, Namibia, Sudafrica ed Eswatini (ex Swaziland): l'UE ha firmato un accordo di partenariato economico con il gruppo dei paesi della Comunità di sviluppo dell'Africa meridionale il 10 giugno 2016.  L'Angola ha un'opzione per aderire all'accordo in futuro.

Per maggiori dettagli si rinvia al link della Commissione europea.

 

Si ricorda che al vertice ACP del dicembre 2019, il gruppo di Stati ACP ha adottato l'accordo di Georgetown rivisto, che ha comportato un cambio di nome. A partire dall'aprile 2020, il Gruppo di Stati ACP è diventato l'Organizzazione degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (Organisation of African, Caribbean and Pacific States - OACPS).

Il nuovo accordo di partenariato OACPS -UE

Il 3 dicembre 2020 è stato raggiunto un accordo politico tra le parti per un nuovo accordo di partenariato volto a sostituire l’accordo di Cotonou.

Si ricorda che in attesa della conclusione dei negoziati del nuovo accordo, la validità dell’accordo attuale, che sarebbe dovuta scadere il 29 febbraio 2020, è stata estesa al più tardi al 30 novembre 2021 o sino a quando non sarà entrato in vigore il nuovo accordo.

Il nuovo accordo - il cui testo è stato inizializzato il 15 aprile 2021 e dovrà essere poi firmato - avrà una durata di 20 anni e contiene disposizioni nei seguenti settori:

·        diritti umani, democrazia e governance;

·        pace e sicurezza;

·        sviluppo umano e sociale;

·        sostenibilità ambientale e cambiamenti climatici;

·        crescita e sviluppo economici inclusivi e sostenibili;

·        migrazione e mobilità.

La firma, l'applicazione provvisoria e la conclusione dell'Accordo richiederanno l'approvazione del Consiglio dell'Unione europea, su proposta della Commissione europea. Il Consiglio deciderà sulla conclusione solo dopo aver ricevuto l'approvazione del Parlamento europeo, come indicato all'articolo 218, paragrafo 6, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). La firma dell'Accordo è prevista nella seconda metà del 2021. Per la sua entrata in vigore, le parti dovranno completare le rispettive procedure interne.

Il Ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha dichiarato giovedì 20 maggio 2021 che il suo paese metterà il veto in seno al Consiglio sull’approvazione dell’accordo ritenendo che esso potrebbe aumentare la migrazione verso l'UE.

L’accordo, come il precedente di Cotonou, dovrebbe essere con molta probabilità un accordo misto, ossia riguardante non solo le competenze esclusive dell’UE, ma anche degli Stati membri (la decisione in tal senso deve essere assunta dalle istituzioni dell’UE) e quindi richiedere la ratifica non solo a livello di Consiglio e Parlamento europeo, ma anche di ciascuno Stato membro secondo le rispettive norme costituzionali, e quindi la ratifica da parte dei Parlamenti nazionali.

Per quanto riguarda la struttura istituzionale, il nuovo accordo:

·        conferma il quadro delle Istituzioni congiunte già previste dall’Accordo di Cotonou (v. supra), compresa una Assemblea parlamentare paritetica OACPS–UE (con cadenza di riunione annuale e non semestrale, come attualmente);

·        prevede – in aggiunta -  un quadro istituzionale per ognuno dei tre protocolli regionali (Africa-UE; Caraibi-UE, Pacifico-UE) - con l’istituzione per ciascuno di: un Summit dei Capi di Stato e di Governo regionale; un Consiglio dei Ministri regionale, un Comitato congiunto regionale ed una Assemblea parlamentare regionale.

Principali elementi del nuovo accordo

Il nuovo accordo in particolare:

·        oltre ad un quadro comune di obbiettivi e valori comuni a tutti i paesi, promuove una più esplicita differenziazione regionale tramite l’adozione di tre protocolli regionali (Africa, Caraibi e Pacifico), incentrati sulle esigenze specifiche di ciascuna regione e dotati ognuno del proprio sistema di governance. Tale innovazione è stata fortemente sostenuta dall’UE, soprattutto per quanto riguarda il protocollo con l’Africa;

·        pone maggiore enfasi sulla cooperazione nelle sedi internazionali e sulla costruzione di alleanze sulla scena globale. Ciò è particolarmente importante dato che insieme l'UE, i suoi Stati membri e i membri dell'OACPS rappresentano oltre la metà dei seggi alle Nazioni Unite;

·        rafforza la capacità dell'OACPS-UE di agire insieme sulle sfide ambientali e del cambiamento climatico, con l’impegno delle parti di raggiungere l'obiettivo generale di limitare il riscaldamento globale al di sotto dei due gradi. Oltre a ciò, il nuovo accordo evidenzia chiaramente l'urgenza di cooperare in modo urgente e coordinato a livello internazionale, regionale, interregionale e nazionale, per rafforzare la risposta globale al cambiamento climatico, con particolare riferimento ai mari e agli oceani;

·        pone particolare attenzione alla crescita sostenibile e inclusiva e alla creazione di posti di lavoro, in particolare attraverso investimenti e lo sviluppo del settore privato e la cooperazione scientifica, tecnologica e la promozione della connettività infrastrutturale e di strumenti digitali e di digitalizzazione avanzata, intensificando nel contempo gli sforzi nell'istruzione/formazione tecnica e professionale. Un'attenzione particolare sarà riservata alle donne e alle ragazze, ai giovani, ai bambini e alle persone più vulnerabili e svantaggiate. L'accordo copre vari settori, dal miglioramento dei sistemi e dei servizi di protezione sociale come l'istruzione e i servizi sanitari, l'accesso all'acqua e ai servizi igienico-sanitari, la sicurezza alimentare. Si prevede che i partner devono intraprendere azioni per l'emancipazione economica delle donne, nel rispetto della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi;

·        in tema di diritti umani, rafforza gli impegni in relazione all'uguaglianza di genere, garantendo tra l'altro la parità di accesso alle opportunità e la piena partecipazione delle ragazze e delle donne in tutte le sfere della vita, su un piano di parità con ragazzi e uomini; promuove il dialogo sulla pena di morte, garantendo nel contempo il rispetto del giusto processo e degli standard minimi concordati a livello internazionale laddove la pena capitale sia ancora applicata; afferma il principio di uguaglianza e non discriminazione per qualsiasi motivo, compreso il sesso, l'origine etnica o sociale, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di altro tipo, la disabilità, l'età o altro status; vincola a combattere la discriminazione razziale, la xenofobia e la relativa intolleranza; promuove, infine, il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni, in linea con la Dichiarazione delle Nazioni Unite del 2007;

·        prevede che la cooperazione nel settore della sicurezza si fondi su approccio globale e integrato ai conflitti e alle crisi. I partner coopereranno per contrastare la proliferazione delle armi di distruzione di massa, garantire la sicurezza marittima e la pirateria, affrontare il terrorismo e il suo finanziamento, l'estremismo violento, la criminalità organizzata, il traffico di persone, droga, armi e altri beni illeciti, la criminalità informatica;

·        in linea con il nuovo patto dell'UE per la migrazione e l'asilo, riconosce che la migrazione e la mobilità possono avere effetti positivi se ben gestite insieme alla necessità di affrontare gli impatti negativi e le cause profonde della migrazione irregolare. L’Accordo prevede, altresì, il rafforzamento delle disposizioni in tema di accordi sui rimpatri, prevedendo il riferimento ad accordi internazionali quali i patti globali delle Nazioni Unite sulla migrazione e sui rifugiati e un meccanismo per il mancato rispetto delle disposizioni in materia di rimpatrio e riammissione;

Il protocollo regionale per l’Africa

Il protocollo regionale per l’Africa, prevede, in particolare, le seguenti priorità:

·        crescita e sviluppo economici inclusivi e sostenibili, con attenzione al capitale umano e alle competenze, al clima degli investimenti, alla proprietà intellettuale, all'economia blu e alle industrie estrattive e di trasformazione;

·        sviluppo umano e sociale, con una enfasi particolare sull'affrontare le disuguaglianze e la coesione sociale, nonché sottolineando la necessità di un lavoro dignitoso. Tra le priorità figurano anche la promozione dei diritti delle donne e dei bambini, i valori culturali e l'assistenza alle persone con disabilità;

·        ambiente e gestione delle risorse naturali, concentrandosi su una migliore gestione del territorio, conservazione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, una migliore governance degli oceani e un'enfasi sull'economia circolare;

·        pace e sicurezza, attraverso una cooperazione regionale e multilaterale per la risoluzione pacifica dei conflitti e la lotta alla criminalità organizzata, al terrorismo, all'estremismo violento e alla crescente minaccia della criminalità informatica;

·        diritti umani, democrazia e governance, in particolare parità di genere, Stato di diritto, giustizia e governance finanziaria;

·        migrazione e mobilità attraverso la promozione di un approccio equilibrato, completo e coerente che tenga conto della migrazione legale e della mobilità, della diaspora e delle rimesse, ma anche della necessità di affrontare la migrazione irregolare, il traffico di migranti e la tratta di esseri umani in linea con il diritto internazionale.

La dimensione parlamentare della cooperazione ACP-UE

L’assemblea parlamentare paritetica ACP-UE

L’Accordo di Cotonou, accanto alle istituzioni congiunte di governo dell’Accordo sopra richiamate, ha previsto l’istituzione dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE con funzioni consultive.

L'Assemblea è composta da due componenti formate da un numero uguale di rappresentanti dell'Unione europea e degli Stati ACP.

I membri dell'Assemblea parlamentare paritetica sono, da un lato, membri del Parlamento europeo e, dall'altro, parlamentari o, in mancanza, in casi eccezionali, rappresentanti designati dal parlamento di ciascuno Stato ACP. La delegazione del PE è presieduta da Carlos Zorrinho (gruppo dei Socialisti e Democratici, Portogallo), ne fanno parte i seguenti membri italiani: Piero Bartolo (Vicepresidente, Socialisti e Democratici), Alessandra Basso (gruppo Identità e democrazia), Ignazio Corrao (Gruppo dei Verdi), Mario Furore (Non iscritti), Silvia Sardone (gruppo Identità e democrazia).

L’Assemblea Parlamentare ha il mandato di:

·        promuovere processi democratici attraverso il dialogo e la consultazione;

·        favorire una maggiore comprensione tra i popoli dell'Unione europea e quelli degli Stati ACP e sensibilizzare l'opinione pubblica alle questioni dello sviluppo;

·        discutere questioni relative allo sviluppo e al partenariato ACP-UE;

L’Assemblea può adottare risoluzioni e formulare raccomandazioni al Consiglio dei ministri.

L’Assemblea si riunisce due volte all’anno in sessione plenaria, alternativamente nell'Unione europea e in uno Stato ACP.

L’ultima riunione dell’Assemblea parlamentare ACP-UE si è svolta nel dicembre 2019 a Kigali in Ruanda. Quella prevista per il 2020 è stata rimandata a causa della diffusione della pandemia di COVID-19.

L’Assemblea parlamentare OACPS–UE e le assemblee parlamentari regionali

Il nuovo accordo di partenariato OACPS–UE, come ricordato sopra, oltre a confermare la previsione di una Assemblea parlamentare OACPS–UE, prevede una Assemblea parlamentare regionale per ciascuno dei tre protocolli regionali (Africa-UE; Caraibi-UE, Pacifico-UE).

I membri delle Assemblee parlamentari regionali sono di diritto membri dell’Assemblea Parlamentare OACPS–UE. Le Assemblee parlamentari regionali si riuniscono prima di ogni riunione dei Consigli dei ministri regionali (la cui cadenza è demandata ad un accordo tra le rispettive parti).

Ciascuna Assemblea parlamentare regionale può:

·        formulare raccomandazioni sui punti all’ordine del giorno dei Consigli dei Ministri regionali;

·        adottare risoluzioni e discutere qualsiasi questione attinente al rispettivo Protocollo regionale;

·        promuovere processi democratici attraverso il dialogo e la consultazione e facilitare una maggiore comprensione tra i popoli dell'Unione europea e quelli dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico;

·        mantenere i contatti con l'Assemblea parlamentare paritetica OACPS-UE su questioni attinenti all’accordo, al fine di assicurarne il coordinamento e la coerenza.

Finanziamento della cooperazione ACP-UE

Il finanziamento delle azioni previste dall’Accordo di Cotonou è stato fino ad ora garantito dal Fondo europeo di sviluppo (FES), che rappresenta lo strumento principale degli aiuti comunitari per la cooperazione allo sviluppo con gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), nonché con i Paesi e territori d'oltremare (PTOM).

Si ricorda che i paesi africani della sponda sud del Mediterraneo non sono ricompresi trai paesi ACP e quindi non sono beneficiari dal FES.

Il FES è collocato fuori dal bilancio generale dell’UE, ma è finanziato dagli Stati membri. Il FES dispone di regole finanziarie proprie ed è diretto da un comitato specifico. L’11o FES, per il periodo 2014-2020, dispone di un bilancio di 34,27 miliardi di euro, mentre altri 2,6 miliardi di euro sono resi disponibili dai fondi Banca di investimento europea sotto forma di prestiti. L’Italia contribuisce all’11°FES per una quota del 12,53009%.

Il sostegno finanziario del nuovo accordo di partenariato OACPS–UE è stato invece incluso, a partire dal periodo di programmazione finanziaria dell’UE 2021-2027, nel bilancio dell’UE, prevedendo il suo finanziamento nell’ambito del nuovo strumento per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione internazionale (NDICI).

Di seguito la tabella relativa ai 10 Stati africani maggiori beneficiari per il 2019 del Fondo europeo di sviluppo (Fonte: Relazione annuale 2019 della Corte dei conti dell’UE sulle attività finanziate dall’ottavo, nono, decimo e undicesimo Fondo europeo di sviluppo (FES) per l’esercizio finanziario 2019)

 


 

La nuova strategia dell’UE con l’Africa

La comunicazione della Commissione europea del 9 marzo 2020

La Commissione europea e l'Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza hanno presentato il 9 marzo 2020 una comunicazione congiunta sulla nuova strategia con l'Africa, nella quale si propone una piattaforma sulla quale strutturare le future relazioni tra l’UE e l’Africa, in vista delle discussioni con i paesi partner africani e dell’approvazione di una nuova strategia comune, volta a sostituire quella del 2007 (v. infra), in occasione del prossimo 6° vertice Unione europea – Unione africana che si sarebbe dovuto svolgere ad ottobre 2020 e che è stato rimandato a causa della pandemia di Covid-19 ad una data ancora da definire.

La Commissione europea propone di sviluppare il partenariato dell’UE con l’Africa in cinque settori chiave:

·        transizione verde ed accesso all’energia;

·        trasformazione digitale;

·        crescita e occupazione sostenibili;

·        migrazione e mobilità.

·        pace e governance;

Sulla base delle sopracitate priorità la Commissione europea propone che l'UE si associ con l'Africa nell'ambito delle 10 azioni seguenti:

1.      massimizzare i vantaggi della transizione verde e ridurre al minimo le minacce per l'ambiente nel pieno rispetto dell'accordo di Parigi;

2.      promuovere la trasformazione digitale del continente africano;

3.      aumentare in modo sostanziale investimenti sostenibili sotto il profilo ambientale, sociale e finanziario, resilienti alle conseguenze del cambiamento climatico; promuovere le opportunità di investimento intensificando il ricorso a meccanismi di finanziamento innovativi e stimolare l'integrazione economica regionale e continentale, in particolare attraverso l'accordo continentale di libero scambio con l'Africa;

L’UE ha previsto un finanziamento di 60 milioni di euro per il periodo 2018-2020 a sostegno dell'Accordo continentale di libero scambio per l'Africa, entrato in vigore nel maggio 2019, che ha l'obiettivo ultimo della creazione di un mercato unico continentale.

4.      attirare gli investitori aiutando gli Stati africani ad adottare politiche e riforme normative capaci di migliorare il contesto imprenditoriale e il clima degli investimenti, comprese condizioni di parità per le imprese;

5.      migliorare l'apprendimento, le conoscenze e le competenze, le capacità di ricerca e innovazione, in particolare per le donne e i giovani, tutelare e migliorare i diritti sociali ed eliminare il lavoro minorile;

6.      adeguare e approfondire il sostegno dell'UE alle iniziative di pace attuate dall'Africa attraverso una forma di cooperazione più strutturata e strategica, con particolare attenzione alle regioni caratterizzate da maggiori vulnerabilità;

7.      integrare la buona governance, la democrazia, i diritti umani, lo Stato di diritto e la parità di genere negli interventi e nella cooperazione;

8.      garantire la resilienza collegando gli interventi in ambito umanitario e in materia di sviluppo, pace e sicurezza in tutte le fasi del ciclo dei conflitti e delle crisi;

9.      garantire partenariati equilibrati, coerenti e globali in materia di migrazione e mobilità;

La Commissione europea indica che la cooperazione in materia di rimpatri e riammissioni e i tassi di rimpatrio effettivi dovrebbero essere migliorati. Parallelamente andrebbe rafforzata la cooperazione in materia di migrazione legale che potrebbe produrre vantaggi reciproci.

10. rafforzare l'ordine internazionale basato su regole e il sistema multilaterale, con al centro le Nazioni Unite.

Le conclusioni del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre 2020

Il Consiglio europeo nelle conclusioni sull’Africa, adottate da ultimo in occasione della riunione del 15 e 16 ottobre 2020, indica che l’UE:

·        attribuisce un'elevata priorità al consolidamento delle relazioni strategiche con l'Africa e al partenariato con l'Unione africana;

·        è impegnato a rafforzare il sostegno dell'UE ai sistemi sanitari nonché le capacità di preparazione e di risposta dei partner africani, nel contesto della lotta contro la pandemia di COVID-19;

·        è impegnata a portare avanti in modo coordinato, nell'ambito dei pertinenti quadri multilaterali, gli sforzi internazionali per l'alleviamento del debito dei paesi africani e chiede al Consiglio di preparare un approccio comune al riguardo entro la fine di novembre 2020;

Il Consiglio dell’UE nelle conclusioni sull’Africa del 30 giugno 2020 ha sottolineato l’importanza della sospensione del servizio del debito dei paesi africani, promossa dal G7, dal G20 e dal Club di Parigi e ribadito l’invito a coordinare gli sforzi internazionali per l'alleviamento del debito. Si ricorda che il 15 aprile 2020 il G20, alla luce dell’impatto della pandemia di COVID 19 nel continente africano, ha deciso una moratoria del debito in scadenza nel 2020 per 73 paesi più poveri, con la possibilità di ripagarlo nel 2022-2024, e che la Commissione europea e l’Alto rappresentante si sono espressi a favore della cancellazione del debito dei paesi africani, andando oltre la moratoria recentemente decisa dal G20. Il debito estero totale dell'Africa è stimato a 417 miliardi di dollari nel 2018: il 36% del debito estero dei paesi africani è dovuto a organizzazioni multilaterali come la Banca mondiale e il FMI, il 32% a creditori bilaterali (di cui il 20% alla Cina) e un altro 32% a istituti di credito privati. Il G20, che si è svolto a Riad (Arabia Saudita) il 21 e 22 novembre 2020, ha deciso di estendere la moratoria del debito fino a giugno 2021, e in occasione del vertice sul finanziamento delle economie africane che si è svolto a Parigi il 18 maggio 2021 è stato deciso di estendere ulteriormente la moratoria al 31 dicembre 2021.

·        deve ulteriormente promuovere il potenziale delle relazioni con l’Africa e collaborare con i partner africani per stimolare gli investimenti nell’ambito di un programma d'investimento globale che dia priorità ai seguenti settori: economia digitale e della conoscenza, energia rinnovabile, trasporti, salute e sistemi agroalimentari. Temi trasversali fondamentali per l'impegno dell'UE sono inoltre i valori universali, la non discriminazione e la parità di diritti e di opportunità per tutti, l'emancipazione femminile, l'inclusione dei giovani, l'istruzione e le competenze, la sostenibilità sociale, ambientale ed economica nonché il buon governo e lo Stato di diritto. Particolare importanza rivestono anche il sostegno all'integrazione economica a livello regionale e continentale;

·        è pronta a continuare a sostenere gli sforzi africani a favore della pace e della sicurezza, del buon governo e della promozione dei diritti umani;

·        intende affrontare insieme ai partner africani la questione della mobilità e tutti gli aspetti della migrazione, comprese la migrazione legale, la lotta alla migrazione illegale, la riammissione e la lotta contro le reti del traffico di migranti, sia all'interno dei due continenti che tra di essi;

·        chiede una cooperazione rafforzata con l'Africa al fine di promuovere soluzioni multilaterali in generale sulla scena mondiale.

La risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2021

Il Parlamento europeo ha approvato, il 25 marzo 2021, una risoluzione su una nuova strategia UE- Africa – un partenariato per lo sviluppo sostenibile e inclusivo nella quale ha formulato le proprie proposte per la cooperazione tra l’UE e l’Africa.

Il Parlamento europeo, in particolare, nella risoluzione:

Struttura e priorità generali del partenariato UE- Africa

·        sottolinea che il prossimo vertice UE-UA previsto per il 2021 dovrebbe gettare le basi per un partenariato reciprocamente vantaggioso, "da continente a continente" tra l'Unione europea e l'Unione africana come pari, che rifletta gli interessi di entrambe le parti e vada oltre il rapporto donatore-beneficiario;

·        esprime preoccupazione poiché diverse zone dell'Africa sono diventate un nuovo terreno di competizione per le grandi potenze e esprime rammarico per il fatto che le azioni di altri attori in Africa, in particolare Cina e Russia, perseguano i propri interessi geopolitici e si concentrino su un crescente unilateralismo che va a scapito della sovranità dei paesi africani e della sicurezza europea;

·        ritiene che sia necessario rafforzare il ruolo dei paesi nordafricani nel partenariato al fine di dare nuovo slancio alla cooperazione nord-sud e sud-sud e di rafforzare la coerenza dell'approccio continentale;

·        ricorda il ruolo fondamentale che l'Unione Africana e gli Stati africani svolgono nelle organizzazioni multilaterali, in particolare le Nazioni Unite, dove gli Stati africani rappresentano il 28% dei membri; sottolinea che l'obiettivo dell'UE di rafforzare l'ordine basato sulle regole internazionali e il sistema multilaterale comporta il sostegno a una maggiore equità e uguaglianza di rappresentanza dell'Africa negli organi di governance mondiali; invita l'UE, in particolare, a sostenere la richiesta dell'Africa di allargare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in modo da includere una rappresentanza permanente per il continente africano;

·        sottolinea l'importanza dell'UA per quanto concerne l'integrazione del continente africano, in particolare rispetto alla necessità di dare impulso al commercio intra-africano ed invita l'UE a sostenere gli sforzi di integrazione a livello regionale e continentale;

·        richiama l'attenzione sull'importanza della diplomazia parlamentare e reputa che le assemblee parlamentari, quali l'assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e il parlamento panafricano, rivestano un ruolo fondamentale nel rafforzamento del dialogo politico tra l'UE e l'Africa;

·        chiede che la cooperazione allo sviluppo disponga di maggiori risorse nel bilancio dell'UE, finanziato da nuove risorse proprie, compresa un'imposta sulle transazioni finanziarie;

Sviluppo umano ed economico

·        esorta ad attribuire la priorità alla lotta contro la povertà, le disuguaglianze e la discriminazione e a garantire la democrazia, lo Stato di diritto, la buona governance e i diritti umani;

·        sottolinea che sarebbe opportuno rendere prioritari anche l'accesso ai servizi sociali di base, quali l'alimentazione e i servizi idrici e igienico-sanitari, a sistemi sanitari e a un'istruzione di qualità e alla protezione sociale, nonché la tutela dell'ambiente;

·        è del parere che occorra garantire condizioni di lavoro dignitose, rafforzare i diritti sociali, migliorare il dialogo sociale e sul lavoro, porre fine al lavoro minorile e al lavoro forzato e migliorare le condizioni di salute e sicurezza sul luogo di lavoro;

·        sottolinea l'importanza di appoggiare elezioni libere, eque e competitive e processi elettorali credibili;

·        indica la priorità di sviluppare e promuovere opportunità di crescita per i giovani, in particolare attraverso le opportunità di lavoro e imprenditorialità, come anche la possibilità di partecipare ai processi democratici e al processo decisionale;

·        invita l'UE a promuovere l'accesso universale di tutti i giovani, nel rispetto delle loro diversità, comprese le ragazze adolescenti e le ragazze con disabilità, a servizi sanitari adeguati ai giovani, tra cui i servizi relativi alla salute sessuale e riproduttiva e all'HIV;

·      ritiene che la parità di genere e l'emancipazione di donne e ragazze debbano risultare prioritarie nel partenariato;

·        sottolinea che la promozione dell'accesso ai servizi idrici e igienico-sanitari dovrebbe costituire un elemento fondamentale della cooperazione UE-Africa;

·        ritiene che l'istruzione debba essere un pilastro fondamentale del partenariato Africa-UE e che dovrebbe dare priorità alla formazione degli insegnanti e al rafforzamento delle strutture didattiche, ponendo, altresì, l'accento sulla necessità di far fronte agli ostacoli che le ragazze incontrano nell'accedere all'istruzione e alla formazione di qualità;

·        esprime rammarico per il fatto che la comunicazione della Commissione europea trascuri la dimensione della politica culturale estera e chiede la restituzione dei beni culturali ai paesi africani;

Crescita sostenibile e inclusiva

·        sottolinea che l'UE necessita di una base completamente nuova per il suo partenariato economico con l'Africa, che sia reciprocamente vantaggioso;

·        evidenzia l'importanza di aumentare la produzione interna e le capacità produttive dei Paesi africani e sottolinea che l'Africa necessita di una trasformazione industriale e infrastrutturale, realizzabile solo attraverso grandi investimenti pubblici e privati;

·        sottolinea che gli scambi e la cooperazione economica UE-Africa dovrebbero attribuire la priorità all'integrazione regionale nel continente africano, invitando la Commissione a sostenere l'Africa nella realizzazione di una zona continentale di libero scambio;

·        invita a includere sistematicamente, in tutti gli accordi di partenariato economico tra l’UE e i paesi africani, meccanismi vincolanti e applicabili per l'attuazione dei capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile concernenti le norme in materia di diritti umani, lavoro e ambiente;

·        incoraggia il G20, il Fondo monetario internazionale (FMI) e la Banca mondiale, nonché le banche multilaterali di sviluppo, a esplorare ulteriori opzioni in termini di sospensione dei pagamenti del servizio del debito a favore dei paesi africani;

Patto verde UA-UE

·        sottolinea che l'UE dovrebbe offrire un sostegno finanziario e tecnico ai paesi africani per rafforzare le loro strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, con particolare attenzione alla prevenzione del rischio di catastrofi e alle comunità svantaggiate;

·        sottolinea il ruolo fondamentale della diplomazia dell'acqua, dato che a causa dei cambiamenti climatici l'acqua rischia di diventare una risorsa sempre più scarsa;

·        chiede il sostegno dell'UE per aiutare i paesi africani ad attuare e accrescere l'ambizione dei loro contributi determinati a livello nazionale nel contesto dell'accordo di Parigi;

·        ritiene che gli sforzi di conservazione, in particolare delle foreste, della fauna selvatica e degli ecosistemi marini e costieri, debbano essere intensificati attraverso quadri normativi, risorse sufficienti e azioni di ripristino e di gestione degli ecosistemi e ricorda l'importanza di adoperarsi per una migliore governance degli oceani, anche per quanto riguarda lo sviluppo della pesca e dell'acquacoltura sostenibili e di un'economia blu;

·        incoraggia l'UE e gli Stati membri a promuovere e rafforzare la cooperazione con i partner africani nei settori dell'energia e del clima in conformità agli obiettivi del Green Deal;

 

Partner per un'agricoltura sostenibile e resiliente

·        ritiene che lo sviluppo di un settore agricolo sostenibile e delle zone rurali debba essere al centro delle relazioni UE-Africa e sottolinea l'importanza del settore agroalimentare nell'economia africana e per la creazione di opportunità di lavoro dignitose e sostenibili nelle zone rurali, rilevando l'importanza di promuovere misure volte a sostenere una maggiore qualità e diversificazione dei prodotti e la modernizzazione sostenibile delle pratiche agricole, nonché condizioni di lavoro sicure e disposizioni volte a rafforzare la resilienza degli agricoltori;

Digitalizzazione

·        sottolinea la necessità di considerare prioritario l'accesso alla connettività Internet per la maggior parte delle comunità africane emarginate, onde evitare il sorgere di un enorme divario tra la popolazione rurale e quella urbana e incoraggia le donne e le ragazze a sviluppare le loro potenzialità per quanto riguarda le nuove tecnologie;

·        sostiene la digitalizzazione e la modernizzazione dell'amministrazione pubblica degli Stati africani;

Mobilità e migrazione

·        sottolinea la necessità di rafforzare la cooperazione nell’ambito della migrazione, che rappresenta uno strumento di reciproco sviluppo sostenibile per entrambe le regioni;

·        chiede l'adozione di un partenariato UE-Africa in materia di migrazione e mobilità che ponga al centro la dignità umana dei rifugiati e dei migranti e che sia fondato sui principi di solidarietà, responsabilità condivisa e rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale, nonché sul diritto in materia di rifugiati;

·        sottolinea l'importanza di definire una politica di migrazione circolare che consenta ai lavoratori qualificati e non di beneficiare di uno scambio di conoscenze professionali e della mobilità tra l'UE e l'Africa, facilitando il ritorno delle persone ai paesi di origine;

·        chiede lo sviluppo di canali di migrazione sicuri e legali e la promozione di un approccio armonizzato, completo e a lungo termine alla migrazione legata al lavoro a livello europeo;

·        chiede di intensificare gli sforzi per la lotta al traffico e alla tratta di esseri umani;

·        invita l'UE a intensificare i suoi impegni in materia di reinsediamento e gli altri canali legali per le persone bisognose di protezione internazionale, nonché a rafforzare altrettanto i propri impegni politici e finanziari per sostenere i partner africani nello sviluppo di approcci sostenibili per i rifugiati, gli sfollati interni e gli apolidi, in particolare cooperando con l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) e le altre agenzie delle Nazioni Unite;

Sicurezza

·        sottolinea che l'obiettivo del sostegno dell'UE al settore della sicurezza africana è quello di incoraggiare la titolarità africana in materia di sicurezza e di difesa;

·        invita l'UE a proseguire gli sforzi per cooperare con i partner africani nell'ulteriore sviluppo di un'architettura africana di pace e sicurezza avvalendosi di tutti gli strumenti disponibili, compreso il sostegno allo sviluppo delle capacità africane di sicurezza e di difesa e alle relative operazioni militari, alle missioni civili e ai progetti di consolidamento della pace e di smilitarizzazione;

·        pone l'accento sull'importanza della cooperazione trilaterale tra l'UA, l'UE e le Nazioni Unite nell'ambito della sicurezza locale, regionale e internazionale, nonché sul ruolo degli attori della società civile negli sforzi di mantenimento e consolidamento della pace;

·        chiede che sia data la priorità a strategie specifiche nelle zone di conflitto come il Kenya, il Marocco, la Nigeria, il Ghana e l'Etiopia.


 


 

Il quadro della cooperazione tra l’UE e l’Africa

La strategia comune UE-Africa del 2007

In occasione del secondo vertice UE-Africa che si svolse a Lisbona l’8 e 9 dicembre 2007, fu adottata la Strategia comune UE-Africa che proponeva una visione di lungo termine attraverso un partenariato strategico tra le parti volto a conseguire quattro obiettivi politici principali:

-         rafforzare e migliorare il partenariato politico UE-Africa, rendendolo un autentico partenariato tra pari;

-         continuare a promuovere la pace e la sicurezza, il buon governo e i diritti umani, il commercio e l'integrazione regionale e continentale in Africa, e altre questioni fondamentali attinenti allo sviluppo;

-         affrontare insieme le sfide globali;

-         agevolare e promuovere un partenariato ampio, diversificato e basato sull'individuo per tutte le popolazioni dell'Africa e dell'Europa.

La strategia comune è stata attuata attraverso successivi piani d’azione rivolti a partenariati Africa-UE nei seguenti settori: pace e sicurezza; governance democratica e diritti umani; commercio e integrazione regionale; energia; cambiamenti climatici; migrazione, mobilità e occupazione; scienza, società dell'informazione e spazio.

Le relazioni tra l’UE e l’Unione Africana

L’UE e l’Unione Africana svolgono periodicamente dei vertici. Il prossimo Vertice tra l’UE e l’Unione africana si sarebbe dovuto svolgere ad ottobre 2020, ma è stato rimandato a causa della pandemia di Covid-19 ad una data ancora da definire.

L'Unione africana (UA) è un'organizzazione internazionale e area di libero scambio, nata ufficialmente con il primo vertice dei capi di Stato e di governo del 9 luglio 2002 a Durban, in Sudafrica, comprendente tutti i 55 Stati africani, con sede ad Addis Abeba, in Etiopia.

In occasione dell’ultimo vertice Unione africana-Unione europea (UA-UE) che si è svolto il 29 e 30 novembre 2017 ad Abidjan (Costa d'Avorio) è stata adottata una dichiarazione congiunta che individua le seguenti priorità comuni del partenariato UE-Africa in quattro settori strategici:

·        promuovere investimenti nell’educazione, la scienza, la tecnologia e lo sviluppo delle competenze, in particolare, promuovendo azioni a favore dei giovani e delle ragazze e giovani donne garantendo l’accesso a servizi sanitari completi, inclusi accesso alla salute sessuale e riproduttiva, sviluppando azioni per la formazione in ambito tecnico e scientifico e la mobilità di studenti e ricercatori e di sostegno al dialogo interculturale ed alla produzione culturale ed artistica;

·        rafforzare la resilienza, la Pace, la sicurezza e la governance, in particolare rafforzando la capacità di prevenire e rispondere alla diffusione di malattie, di contrastare gli effetti avversi del cambiamento climatico e del degrado dell’ambiente e contrastando lo sfruttamento illegale delle risorse naturali; assumendo azioni coordinate per contrastare le cause profonde dei conflitti violenti e delle crisi, promuovendo le capacità della lotta al terrorismo e di contrasto all'estremismo violento e alla radicalizzazione, al traffico, produzione e consumo illeciti di stupefacenti, nonché sviluppando la cooperazione per affrontare questioni di sicurezza come l’utilizzo di mercenari, bambini soldato, il traffico di esseri umani e la proliferazione e uso di armi illecite;

·        affrontare la migrazione e la mobilità, con l’obiettivo di approfondire la cooperazione e il dialogo su migrazione e mobilità tra Africa ed Europa, sulla base dell’impegno politico per affrontare le cause profonde di migrazione irregolare e dello sfollamento forzato e sottolineando l'importanza di un’efficace gestione della migrazione irregolare in uno spirito di partenariato e responsabilità condivisa e nel pieno rispetto del diritto nazionale, del diritto internazionale e degli obblighi in materia di diritti umani, al fine di massimizzare il potenziale di sviluppo sia per l'Africa che per l'Europa;

·        mobilitare gli investimenti per la trasformazione sostenibile strutturale africana, con l'obiettivo di promuovere la crescita sostenibile e la creazione di posti di lavoro, in particolare per i giovani e le donne, nel rispetto di norme sul lavoro concordate a livello internazionale e condizioni di lavoro dignitose, promuovendo un ambiente imprenditoriale in grado di attrarre investimenti pubblici e privati, diretti in particolare per le piccole e medie imprese e lo sviluppo di una economia digitale.

La dimensione parlamentare dell’Unione africana

La dimensione parlamentare dell’Unione Africana è costituita dal Parlamento Panafricano, istituito a seguito della nascita della Comunità economica africana con il trattato di Abuja, entrato in vigore il 12 maggio 1994 e che ha svolto la prima sessione inaugurale il 16 settembre 2004. 

Il Parlamento Panafricano è composto da 5 deputati (di cui due donne) eletti o designati da ciascuno dei Parlamenti dei paesi membri dell'Unione Africana ed ha funzioni solo consultive.

Il Parlamento europeo ha una delegazione per i rapporti con il Parlamento panafricano è presieduta da María Soraya Rodríguez Ramos (Spagna, Gruppo Renew Europe). Ne fa parte la deputata italiana Simona Bonafè (gruppo dei Socialisti e Democratici).

 

Le strategie regionali per il Corno d'Africa, il Golfo di Guinea e il Sahel

Strategia regionale per il Corno d’Africa (Eritrea, Etiopia, Gibuti e Somalia)

Il Consiglio dell’UE nel 2011 ha adottato il quadro strategico sul Corno d’Africa, che individua tre obiettivi principali dell’azione dell’UE nella regione: pace, stabilita e sicurezza; 2) prosperità e sviluppo economico; 3) creare condizioni adeguate e stabili per una buona governance.

Nel 2015 il Consiglio dell’UE ha poi adottato il piano d'azione regionale per il Corno d'Africa 2015-2020, che delinea l'approccio dell'UE nei confronti delle sfide divenute più critiche nel corso degli anni, in particolare: il contenimento delle dinamiche di conflitto interstatuale nell'intera regione sul Corno d'Africa; la radicalizzazione; la migrazione e gli sfollamenti forzati.

Nella regione del Corno d’Africa l’UE ha, inoltre, promosso missioni ad hoc (come quelle contro la pirateria nell’Oceano Indiano occidentale ricadenti nel “cappello” della missione dell’UE Navfor Atalanta), contribuendo alla stabilità dell’area (come quelle di capacity building, EUTM e EUCAP Somalia) oppure finanziando le attività dell’AMISOM in Somalia (l’UE ha fornito più di 1,3 miliardi di euro al dispositivo militare dell’Unione Africana sin dal suo primo dispiegamento nel 2007).

Si ricorda che l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, ha nominato un rappresentante speciale dell’UE nel Corno d’Africa, carica ricoperta da Alexander Rondos (Grecia) il cui mandato scade il 30 giugno 2021.

Il Consiglio dell’UE ha adottato, il 10 maggio 2021, delle conclusioni su “Il Corno d’africa: una priorità geostrategica per l’UE”, nelle quali in particolare indica:

·        l'impegno dell'UE a imprimere nuovo slancio al partenariato con il Corno d'Africa e a definire una nuova strategia per la regione, che rappresenta una priorità geostrategica per l'UE in Africa, ha registrato sviluppi senza precedenti negli ultimi anni e si trova ora a un crocevia;

·        che l'UE intende rafforzare e approfondire ulteriormente la relazione e il partenariato strategici con il Corno d'Africa e i suoi paesi, in particolare al fine di ridurre l'instabilità e promuovere la democrazia e la crescita sostenibile;

·        che l’UE mira a rafforzare un approccio comune alla democrazia e alla pace e sicurezza regionali, rilanciando il multilateralismo e l'ordine internazionale fondato su regole, rafforzando l'impegno a favore dello sviluppo sociale e umano, promuovendo la ripresa socioeconomica post-COVID, gli scambi e l'integrazione regionale. La strategia mira inoltre a rafforzare il partenariato con la regione nel suo insieme, in particolare il Mar Rosso, l'Oceano Indiano occidentale e il Nilo;

·        i capisaldi dell'impegno dell'UE saranno la reciproca assunzione di responsabilità, che presuppone una consapevolezza comune della responsabilità, delle priorità e degli obiettivi concreti di ciascun partner.

Strategia regionale per il Golfo di Guinea

I paesi della regione del Golfo di Guinea (Liberia, Costa d'Avorio, Ghana, Togo Benin, Nigeria, Camerun, São Tomé e Príncipe, Guinea Equatoriale, Gabon) si trovano ad affrontare una crescente instabilità dovuta alla mancanza di controllo sulle acque costiere e sulla costa stessa.

Ne consegue un aumento delle attività criminali quali:

·        tratta di esseri umani e traffico di stupefacenti, armi, diamanti, farmaci contraffatti, rifiuti illeciti;

·        pirateria e rapine a mano armata in mare;

·        pesca illegale.

Nel 2015 il Consiglio dell’UE ha adottato il piano d'azione per il Golfo di Guinea 2015-2020, che delinea il sostegno dell'UE per affrontare le sfide poste dalla sicurezza marittima e dalla criminalità organizzata nella regione.

Strategia regionale per il Sahel

Nel 2015 il Consiglio ha adottato il piano d'azione regionale per i paesi del Sahel 2015-2020 (Senegal, Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Ciad, Camerun Sudan, Etiopia ed Eritrea) che si concentra su quattro settori di particolare importanza per la stabilizzazione della regione, in particolare:

·        la prevenzione e il contrasto della radicalizzazione;

·        la creazione di condizioni adeguate per i giovani;

·        la migrazione, la mobilità e la gestione delle frontiere;

·        la lotta al traffico illecito e alla criminalità organizzata transnazionale.

Si ricorda che l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, ha recentemente designato la deputata italiana Emanuela Del Re, già viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, come rappresentante speciale dell’UE nel Sahel.

La nuova agenda per il vicinato meridionale

La Commissione europea e l’Alto rappresentante hanno presentato il 9 febbraio 2021 una comunicazione congiunta nella quale si propone di avviare una nuova Agenda per il Mediterraneo, accompagnata da un piano di investimenti economici per stimolare la ripresa socioeconomica a lungo termine nel vicinato meridionale.

Si ricorda che sono coinvolti nella politica dell’UE per il vicinato meridionale i seguenti paesi del Nord Africa: Algeria, Egitto, Libia, Marocco e Tunisia.

La nuova Agenda per il Mediterraneo si incentra su 5 settori d'intervento:

 Per l'attuazione dell'Agenda per il Mediterraneo si prevede uno stanziamento fino a 7 miliardi di euro, nell'ambito del nuovo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale dell'UE (NDICI), per il periodo 2021-2027 (v. infra). A giudizio della Commissione tale importo potrebbe mobilitare fino a 30 miliardi di euro di investimenti privati e pubblici nella regione nei prossimi dieci anni.


 


 

Partenariato economico, assistenza finanziaria e relazioni commerciali UE-Africa

Il piano di investimenti esterni

Nel settembre 2016 l’UE ha istituito il Piano di investimenti esterni, un nuovo strumento finanziario volto a stimolare gli investimenti in Africa e nel vicinato dell'UE. Il Piano di investimenti esterni, attraverso il suo strumento finanziario, il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile (EFSD), con uno stanziamento di 5,1 miliardi di euro ha promosso il finanziamento dei progetti, sia attraverso strumenti di garanzia (1,55 miliardi), volti a condividere il rischio a carico di banche e privati che hanno investito prestando denaro a imprenditori e finanziatori locali di progetti, sia attraverso strumenti volti combinare sovvenzioni dall'UE con prestiti e/o altri finanziamenti da investitori pubblici o privati (3,4 miliardi di euro. La Commissione europea ha stimato che il piano di investimenti esterni potesse generare investimenti pari a 10 volte il valore delle risorse messe in campo (rapporto di leva finanziaria).

Di seguito, la mappa degli Stati terzi interessati al piano degli investimenti esterni dell’UE appartenenti al Vicinato meridionale e orientale, e all’Africa sub-sahariana (fonte Commissione europea)

 

L’Alleanza Africa - Europa per gli investimenti sostenibili e l'occupazione

Nel settembre 2018, la Commissione europea ha presentato l’iniziativa per una Alleanza Africa - Europa per gli investimenti sostenibili e l'occupazione con l’obiettivo di stimolare gli investimenti in Africa, potenziare gli scambi commerciali, creare posti di lavoro e investire nell'istruzione e nelle competenze.

Tale iniziativa si basa sugli impegni assunti nel corso del vertice Unione africana - Unione europea svoltosi ad Abidjan il 29 e 30 novembre 2017.

Tale iniziativa ha previsto una serie di azioni dell’UE volte a:

·        promuovere gli investimenti strategici e potenziare il ruolo del settore privato, in particolare riducendo maggiormente i rischi legati ai progetti di investimento attraverso la combinazione di sovvenzioni e prestiti e l'offerta di garanzie;

·        investire nelle persone mediante investimenti nell'istruzione e nelle competenze, a livello continentale e nazionale, per potenziare l'occupazione e adeguare le competenze all'offerta di lavoro, anche attraverso borse di studio e programmi di scambio, in particolare nel quadro di Erasmus+;

·        rafforzare il contesto imprenditoriale e promuovere un clima più favorevole agli investimenti, soprattutto intensificando il dialogo con i partner africani e sostenendone le riforme nel settore;

·        sfruttare appieno il potenziale dell'integrazione economica e degli scambi commerciali: sulla base dell'attuazione della zona continentale di libero scambio per l'Africa, la prospettiva a lungo termine è quella di concludere un vasto accordo intercontinentale di libero scambio tra l'UE e l'Africa.

Assistenza finanziaria dell’UE nell’ambito della politica per la cooperazione allo sviluppo per l’Africa

L'UE è il più grande donatore dell'Africa. Secondo gli ultimi dati dell’OCSE relativi al 2019, l'aiuto pubblico allo sviluppo (APS) collettivo dell'UE all'Africa è aumentato del 3,6% in termini nominali rispetto al 2018, raggiungendo la cifra di 25,9 miliardi di euro. In termini di quota dell'APS totale dell'UE ai paesi in via di sviluppo, nel 2019 il 35% è andato all'Africa.

La cooperazione allo sviluppo è realizzata attraverso diversi strumenti finanziari. Il più importante è stato fino ad ora il Fondo europeo di sviluppo (FES), che è basato sull'accordo di Cotonou ed è collocato fuori dal bilancio comune dell'UE.

La maggiore parte degli stanziamenti a favore della cooperazione allo sviluppo a favore dell’Africa nell’ambito del quadro finanziario 2014-2020 sono ricompresi nell’ambito della cooperazione con i paesi ACP attraverso il 11° Fondo europeo di sviluppo collocato fuori del bilancio dell’UE (v. supra).

Nell’ambito del Quadro finanziario pluriennale dell’UE per il periodo 2021-2027 (QFP), è stata decisa una razionalizzazione degli strumenti per la politica di cooperazione allo sviluppo, con il nuovo regolamento relativo allo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI).

Il regolamento è stato firmato dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 9 giugno 2021 ed è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’UE.

Lo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI), oltre a integrare le azioni fin qui condotte a titolo del FES, fonde la maggior parte degli attuali strumenti finanziari esistenti nell'ambito del periodo di programmazione 2014-2020.

Si tratta in particolare di strumenti finanziari, con finalità che variano nell'ambito degli obiettivi generali dell'azione esterna dell'UE e comprendono:

·      la riduzione della povertà e lo sviluppo sostenibile (regolamento (UE) 233/2014 che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo);

·      la promozione degli interessi strategici dell'Unione (regolamento 234/2014 che istituisce uno strumento di partenariato);

·      l'assistenza per i Paesi vicini all'Unione (regolamento (UE) 232/2014 che istituisce uno strumento europeo di vicinato);

·      la tutela dei diritti umani (regolamento (UE) 235/2014 che istituisce lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani nel mondo);

·      le attività di risposta alle crisi, prevenzione dei conflitti e costruzione della pace nei Paesi partner (regolamento 230/2014 che istituisce uno strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace); la promozione di un elevato livello di sicurezza nucleare (regolamento (EURATOM) 237/2014 che istituisce uno strumento per la cooperazione in materia di sicurezza nucleare);

·      il sostegno per ripristinare una situazione finanziaria sostenibile incoraggiando riforme di aggiustamento economico (assistenza macrofinanziaria);

·      il Fondo di garanzia per le azioni esterne (regolamento (CE, EURATOM) 480/2009);

·      il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile, con la relativa garanzia e il relativo fondo di garanzia (regolamento (UE) 2017/1601).

L’NDICI, con una dotazione complessiva di 79,5 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, che rappresenta un incremento di oltre il 10% rispetto al precedente ciclo di bilancio 2014-2020, si articola intorno a tre componenti:

·        una componente geografica, che promuoverà partenariati attraverso la cooperazione con i paesi partner del vicinato europeo, dell’Africa subsahariana, dell’Asia e Pacifico e delle Americhe e Caraibi, concentrandosi sulla buona governance, la crescita inclusiva, gli obiettivi climatici e ambientali, l'eliminazione della povertà, la lotta contro le disuguaglianze, la resilienza, la prevenzione dei conflitti e lo sviluppo umano, oltre ad altre questioni trasversali. Tale componente ha una dotazione finanziaria di circa 60,3 miliardi di euro, con circa 30 miliardi di euro destinati all'Africa subsahariana, (con un incremento di circa il 12% rispetto al precedente quadro finanziario) e circa 19,3. miliardi di euro per il vicinato europeo (i paesi africani coinvolti nella politica di vicinato dell’UE sono: Algeria, Egitto, Libia, Marocco, Tunisia);

·        una componente tematica, con una dotazione di circa 6,3 miliardi di euro, che si concentrerà sui diritti umani e la democrazia, la società civile, la stabilità e la pace, oltre che su sfide globali come la salute, l'istruzione e la formazione, le donne e i bambini, il lavoro, la protezione sociale, la cultura, la migrazione e i cambiamenti climatici;

·        una componente di risposta rapida, con una dotazione di circa 3, 2 miliardi di euro, è dedicata al finanziamento della capacità di reagire tempestivamente nella gestione delle crisi, nella prevenzione dei conflitti e nella costruzione della pace. Le azioni finanziate nell'ambito di questa componente mirano a rafforzare la resilienza dei paesi colpiti da crisi, a collegare le azioni umanitarie e per lo sviluppo e a dare seguito alle esigenze e alle priorità della politica estera.

Si prevede, infine, uno stanziamento di circa 9,5 miliardi di euro per affrontare nuove priorità e sfide emergenti nell’ambito di eventi imprevisti, quali le situazioni di crisi e post-crisi o la pressione migratoria.

Sono previsti anche degli obiettivi di spesa orizzontali specifici della dotazione NDICI:

·        il 20% per l'inclusione sociale ed allo sviluppo umano compresi i servizi sociali di base quali la sanita, l’istruzione, la nutrizione, l’acqua i servizi igienico sanitari e la protezione sociale, in particolare per i più emarginati;

·        il 30% per contribuire agli obiettivi climatici;

·        il 10% per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare, degli sfollamenti forzati ed il sostegno alla gestione e alla governance della migrazione, compresa la protezione dei rifugiati e dei diritti dei migranti.

Il regolamento prevede, inoltre, che nel processo di assegnazione delle risorse sia data la priorità ai paesi più bisognosi, in particolare i paesi meno sviluppati, i paesi a basso reddito, i paesi in situazioni di crisi, post-crisi, fragilità e vulnerabilità, compresi i piccoli Stati insulari in via di sviluppo.

Il nuovo regolamento NDICI reca la disciplina del nuovo Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile Plus (EFSD+) volto a sostenere operazioni di finanziamento misto e di garanzia, comprese quelle riguardanti i rischi sovrani associati alle operazioni di prestito.

L'EFSD+ potrà sostenere il finanziamento ed operazioni di investimento nei Paesi del vicinato meridionale, dell'Africa sub-sahariana, dell'Asia e Pacifico, delle Americhe e Caraibi e dei paesi dei Balcani occidentali.

In particolare, il nuovo strumento NDICI prevede che l'Unione europea attraverso l'EFSD+ possa garantire operazioni firmate tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2027, per un importo massimo di 53,4 miliardi di euro, con un tasso di copertura dal 9% al 50 % a seconda del tipo di operazione.

Le operazioni suscettibili di essere sostenute dall'EFSD+ dovranno avere seguenti obiettivi:

·         stimolare il finanziamento del settore privato, con particolare attenzione alle micro, piccole e medie imprese, affrontando strozzature e ostacoli agli investimenti e promuovendo la creazione di posti di lavoro;

·         rafforzare i settori e le aree socioeconomiche e le relative infrastrutture pubbliche e private e la connettività sostenibile, comprese l'energia rinnovabile e sostenibile, la gestione delle risorse idriche e dei rifiuti, i trasporti, le tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni, nonché l'ambiente, l'uso sostenibile delle risorse naturali, l'agricoltura sostenibile e l'economia “blu”, la gestione sostenibile delle foreste e il ripristino del paesaggio, le infrastrutture sociali, la sanità;

·         contribuire all'azione per il clima e alla protezione e gestione dell'ambiente;

·         contribuire allo sviluppo sostenibile, affrontando le cause specifiche alla radice della migrazione irregolare e degli sfollamenti forzati, nonché promuovendo la resilienza delle comunità di transito e delle comunità ospitanti e contribuendo al reinserimento sostenibile dei migranti che ritornano nei loro Paesi di origine, con il dovuto riguardo al rafforzamento dello stato di diritto, del buon governo e dei diritti umani.

Si ricorda, inoltre, che altre azioni a favore dell’Africa sono sostenute dal Fondo fiduciario di emergenza per l’Africa, volto a promuovere iniziative di contrasto alla migrazione irregolare nei paesi delle aree regionali del Sahel, Corno d’Africa e nel Nord Africa (v. supra) che ha una dotazione di circa 5 miliardi di euro.

Infine, nell’ambito dei fondi stanziati dall’UE per l’assistenza a paesi terzi per alleviare l’impatto della pandemia di COVID 19, a favore del continente africano sono previsti complessivamente fondi per un totale di circa 11 miliardi di euro tra finanziamenti, prestiti e strumenti di garanzia su un totale di circa 40 miliardi di euro per l’assistenza ai paesi terzi.

Si ricorda che nell’ambito dei programmi di cooperazione con i paesi terzi si distinguono due principali forme di gestione dei fondi: gestione diretta, in cui la Commissione europea è direttamente responsabile della gestione dei fondi ed opera come autorità contraente, agendo in nome o per conto del Paese beneficiario; gestione indiretta, in cui la Commissione europea affida la gestione dei fondi e il ruolo di autorità contraente al Paese beneficiario, ad organismi da esso designati, a organizzazioni internazionali o altre agenzie di sviluppo.

Relazioni commerciali tra l’UE e l’Africa

L’Unione europea è il principale partner commerciale con l’Africa. Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili relativi al 2020, il 28% delle esportazioni africane sono dirette verso l’UE e il 28% delle importazioni verso l’Africa provengono dall’UE.

Nel 2020 l’UE ha esportato beni in Africa per un valore di 124 miliardi di euro ed ha importato beni dell’Africa per un valore di 101 miliardi di euro, con una bilancia commerciale positiva per circa 23 miliardi di euro.

Nel 2020, quasi il 70% delle merci esportate dall'UE in Africa erano prodotti manifatturieri e il 61% dei beni importati nell'UE dall'Africa erano beni primari (cibo e bevande, materie prime ed energia).

L’UE è il primo partner per le esportazioni africane. Seguono le esportazioni intrafricane (23%) e le esportazioni verso la Cina (8%). L’UE è anche il primo partner per le importazioni africane, seguita dalla Cina (16%) e dalle importazioni intrafricane (13%).

 

 

 

Secondo gli ultimi dati disponibili relativi al 2017, con un volume di investimenti esteri diretti pari a 222 miliardi di euro, l'UE rappresenta il principale investitore in Africa, superando di gran lunga gli Stati Uniti (42 miliardi di euro) e la Cina (38 miliardi di euro).

Nella comunicazione sul riesame della politica commerciale, presentata il 18 febbraio 2021, la Commissione europea indica l’obiettivo di approfondire il dialogo con il continente africano e gli Stati africani sulla base di una più stretta integrazione economica dei due continenti e una promozione congiunta con l'Africa delle transizioni verde e digitale.

Per quanto riguarda le relazioni commerciali con l’Africa la Commissione indica le seguenti priorità:

·        migliorare il dialogo politico e la cooperazione con l'Unione africana e i suoi membri, nonché la corretta attuazione dell'Area di libero scambio continentale africana (AfCFTA), compreso il dialogo con il settore privato e la promozione di norme comuni in Africa per rafforzare l'integrazione regionale e continentale;

L’accordo relativo all'Area di libero scambio continentale africana (AfCFTA) è entrato in vigore il 30 maggio 2019, e sottoscritto da 54 su 55 paesi africani (l’Eritrea non ha ancora aderito), prevede l'abolizione delle barriere tariffarie e non tariffarie sul 90% delle merci entro 10 anni.

·        approfondire e ampliare gli accordi commerciali esistenti con le comunità economiche regionali africane, rafforzando la loro dimensione di sostenibilità;

·        esaminare ulteriormente la possibilità di rafforzare legami e sinergie tra i diversi accordi commerciali con i paesi africani, ad esempio attraverso norme di origine più armonizzate negli scambi commerciali con l'UE;

·        perseguire accordi di investimento sostenibile con l'Africa e il vicinato meridionale.


Quadro riepilogativo degli accordi e regimi preferenziali in vigore tra l’EU e gli Stati africani

 

 


 


 

La cooperazione UE-Africa in materia di migrazione

Il piano d’azione di La Valletta e il Fondo fiduciario di emergenza per l’Africa

A seguito della forte pressione migratoria proveniente dall’Africa avvenuta nel 2015, nel novembre di quell’anno l'UE e i leader africani hanno approvato il piano d'azione di La Valletta, che include 16 misure concrete per far fronte all'afflusso massiccio di migranti che arrivano in Europa.

In occasione del Vertice è stato istituito il Fondo fiduciario europeo di emergenza per l'Africa (EU Emergency Trust Fund for Africa), strumento nell’ambito dell’approccio globale alla migrazione dell’Unione europea volto a eliminare le cause profonde dei flussi migratori. Le risorse sono destinate a sostenere gli Stati africani che affrontano sfide prioritarie che vanno dalla pressione demografica, alla povertà estrema, alle carenti infrastrutture sociali ed economiche, alle tensioni interne e alle debolezze istituzionali, alla incapacità di affrontare le crisi alimentari e il cambiamento climatico-ambientale. I progetti finanziati con le risorse del fondo fiduciario si concentrano su quattro obiettivi strategici:

·        maggiori opportunità economiche e occupazionali;

·        rafforzare la resilienza delle comunità;

·        migliore gestione della migrazione;

·        migliore governance e prevenzione dei conflitti.

Le risorse attualmente assegnate al Fondo fiduciario dell'UE per l'Africa ammontano a 5 miliardi di euro, di cui 4,4 miliardi provenienti dal Fondo europeo di sviluppo (FES) e da altri strumenti finanziari dell'UE (riconducibili, tra l’altro, agli strumenti in materia di Cooperazione allo sviluppo, politica di Vicinato e Affari interni).

Gli Stati membri dell'UE e altri donatori (Svizzera e Norvegia) hanno contribuito e versato interamente circa 620 milioni di euro. La Germania e l’Italia, rispettivamente con 228 e 123 milioni sono gli Stati membri maggiori contributori.

L'assegnazione delle risorse del Fondo si articola in tre macroregioni: Sahel e Lago Ciad (Burkina Faso, Camerun, Ciad, Costa d'Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria and Senegal), Corno d'Africa (Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Tanzania e Uganda), e Nord Africa (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto).

Al 10 maggio 2021 sono stati approvati 257 programmi, di cui 4 trasversali alle macroregioni, per un importo complessivo di 4.917,6 milioni di euro.

I programmi realizzati mediante il Trust fund riguardano: il rafforzamento della governance e la prevenzione di conflitti (21 per cento); il miglioramento della gestione delle politiche in materia di migrazione (31 per cento); il sostegno all’economia e alle opportunità di lavoro (19 per cento); il rafforzamento della resilienza delle comunità (27 per cento); programmi trasversali (2 per cento).

Il processo di Rabat

Istituito in occasione della Conferenza di Rabat del luglio 2016, il Dialogo euro-africano su migrazione e sviluppo (processo di Rabat) riunisce Paesi  di origine, di transito, e di destinazione per quanto riguarda le rotte migratorie che collegano l'Africa centrale, occidentale e settentrionale con l'Europa. Il Dialogo coinvolge 57 partner statali e altri organismi interessati, quali l'Unione europea (UE) e la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS). Con l’iniziativa si è stabilito un quadro per la discussione tra autorità nazionali e internazionali su questioni tecniche e politiche relative alla migrazione e allo sviluppo.

L'attuale quadro strategico è costituito dalla Dichiarazione politica e il piano d'azione di Marrakech 2018-2020, adottato nel maggio del 2018 dalla V Conferenza ministeriale euro-africana su migrazione e sviluppo. Tale quadro di cooperazione non vincolante sostiene il coordinamento degli sforzi nella gestione della migrazione, prevedendo, tra l’altro, un meccanismo di impegno per tradurre gli obiettivi che individua in azioni concrete.

Il quadro strategico si concentra su cinque settori, articolati in dieci obiettivi da realizzare mediante 23 azioni, tra le quali si ricordano:

·         massimizzare l'impatto positivo della migrazione regolare per lo sviluppo; comprendere le cause profonde della migrazione irregolare e degli sfollamenti forzati;

·         promuovere la migrazione e la mobilità regolari (soprattutto giovani, donne); incoraggiare l'agevolazione delle procedure di rilascio dei visti;

·         rafforzare la protezione dei rifugiati e degli sfollati forzati;

·         promuovere l'integrazione dei rifugiati e degli sfollati forzati nelle comunità di accoglienza;

·          sviluppare capacità per la gestione delle frontiere e combattere il traffico di migranti e la tratta di esseri umani;

·         migliorare la protezione dei migranti e delle vittime di tratta di esseri umani;

·         costruire capacità per i processi di identificazione e per l'emissione di documenti di viaggi;

·         incoraggiare il rimpatrio sicuro e il reinserimento sostenibile dei migranti.

In base al meccanismo di impegno unico, su base volontaria, ogni paese partner può impegnarsi ad attuare una delle azioni definite nel programma di cooperazione. Le azioni per mettere in pratica gli impegni possono essere realizzate da un solo paese o in collaborazione tra uno o più paesi.

Il processo di Karthoum

L’Iniziativa per la rotta migratoria UE-Corno d'Africa (processo di Khartoum), lanciato formalmente a Roma nel novembre 2014, è il foro privilegiato di dialogo e cooperazione in materia migratoria tra la UE ed i Paesi dell’Africa mediterranea, orientale e del Corno d’Africa.

In occasione della Conferenza ministeriale che si è svolta a Roma il 28 novembre 2014 è stata adottata una Dichiarazione con la quale i partner africani ed europei si sono accordati per intraprendere una serie di azioni volte a prevenire e affrontare la tratta degli esseri umani e il traffico di migranti tra il Corno d'Africa e l'Europa.

La Dichiarazione definisce una serie di aree prioritarie di cooperazione su base volontaria, tra le quali:

·         cooperazione bilaterale e regionale tra i paesi di origine, transito e destinazione per contrastare la migrazione irregolare e le reti criminali attraverso condivisione di informazioni, formazione e assistenza tecnica;

·         assistenza alle autorità nazionali nelle misure di prevenzione della tratta e del traffico di esseri umani;

·         protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo e assistenza per i migranti vulnerabili;

·         identificazione e perseguimento delle reti criminali;

·         sviluppo sostenibile nei Paesi di origine e di transito;

·         quadro regionale per il rimpatrio, anche volontario, e reinserimento, nel pieno rispetto dei diritti umani;

·         assistenza nella realizzazione e gestione di centri di accoglienza; accesso alle procedure di asilo in linea con il diritto internazionale, servizi e sicurezza dei campi.

La dimensione esterna nel Nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo

Il 23 settembre 2020 la Commissione europea ha presentato un nuovo Patto sulla migrazione e l'asilo, basato su tre pilastri:

·        nuove procedure per stabilire rapidamente lo status all’arrivo;

·        un quadro comune per la solidarietà e la condivisione della responsabilità;

·        un cambiamento di paradigma nella cooperazione con i Paesi terzi[1].

Il patto è corredato da una comunicazione della Commissione che include una tabella cronologica di impegni e si concentra su cinque proposte legislative che, da un lato, modificano i regolamenti già esistenti facenti parte del Sistema comune europeo di asilo (CEAS - Common European Asylum System), dall'altro, ne prevedono di nuovi. I settori di intervento riguardano: i controlli alle frontiere esterne dei cittadini stranieri che non rispettano i requisiti per l'ingresso nell'Ue, comprese le persone salvate in una operazione SAR (ricerca e soccorso, search and rescue) nelle acque europee; le procedure di asilo; i sistemi di solidarietà nei confronti degli Stati membri più esposti ai flussi; la gestione di situazioni di crisi e di forza maggiore causate da pressioni migratorie ingenti; la banca dati Eurodac.

L'articolato complesso di proposte interviene in un settore in cui, a seguito degli anni della crisi migratoria che ha investito l'Ue nel suo complesso nel biennio 2015-2016, la riforma del CEAS del 2016 aveva registrato un sostanziale stallo, con particolare riguardo alla modifica del regolamento sui criteri e sui meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale (il cosiddetto regolamento di Dublino).

Nella comunicazione di inquadramento generale la Commissione sottolinea, fra l'altro, che la politica migratoria dell'Unione europea deve tenere conto delle relazioni dell'Ue con i Paesi terzi, dal momento che le dimensioni interna ed esterna della migrazione sono legate inestricabilmente e che la stretta collaborazione con i partner incide direttamente sull'efficacia delle politiche all'interno dell'Ue.

Attraverso "partenariati di vasta portata, equilibrati e mirati", l'Ue dovrà quindi perseguire i seguenti obiettivi: affrontare le cause profonde della migrazione irregolare; combattere il traffico di migranti; aiutare i rifugiati residenti in Paesi terzi; sostenere una migrazione legale ben gestita.

A tal fine, la Commissione indica come prioritaria l'attuazione di:

1.      una politica di rimpatrio efficace e un approccio coordinato a livello dell'Ue in materia di rimpatri;

2.      partenariati reciprocamente vantaggiosi con i principali Paesi terzi di origine e di transito;

3.      uno sviluppo di percorsi legali sostenibili per coloro che necessitano di protezione internazionale e per attirare talenti verso l'UE.

Infografica sulle principali rotte migratorie (Fonte: Parlamento europeo - European Parliamentary Research Service EPRS)

 

L’infografica mostra le diverse rotte e il numero di ingressi illegali nell'UE nel 2020 per ciascuna rotta con l’indicazione di:

·        le prime 10 nazionalità dei migranti nel 2020;

·        l’evoluzione del numero di attraversamenti illegali per rotta dal 2014;

·        la quota che ogni rotta rappresenta nel totale nel 2020.

Secondo i dati, l'Africa occidentale è stata la seconda rotta più trafficata nel 2020, dopo quella del Mediterraneo orientale, con un numero in aumento di quasi nove volte rispetto al 2019. Ciò è dovuto all'aumento dei migranti di nazionalità marocchina e sub-sahariana.


 


 

Le missioni e operazioni militari e civili
dell’UE in Africa

L'UE ha avviato missioni e operazioni militari e civili in Africa nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) in: Repubblica centrafricana; Libia; Mali; Niger; Somalia.

Al momento sono in corso le seguenti missioni ed operazioni dell’UE nel continente africano, con un impiego complessivo di circa 5.000 persone tra staff militare e civile:

Missioni militari

·        EUNAVFOR ATLANTA, operazione navale istituita nel 2008 per contrastare le azioni di pirateria sulle coste della Somalia.

Alla missione contribuiscono i seguenti 22 Stati: Spagna, Portogallo, Italia, Francia, Germania, Belgio, Cipro, Malta, Romania, Olanda, Polonia, Bulgaria, Croazia Grecia, Lituania, Svezia, Finlandia, Repubblica Ceca, Slovenia, Nuova Zelanda, Norvegia, Serbia. La missione impiega circa 600 persone;

·        EUTM SOMALIA, missione istituita nel 2010 e con sede in Uganda. La missione è parte della strategia europea per il Corno d’Africa ed è volta a contribuire allo sviluppo delle istituzioni preposte al settore della sicurezza in Somalia.

Alla missione contribuiscono i seguenti 7 Stati: Estonia, Finlandia, Italia, Portogallo e Romania, Spagna e Serbia. La missione impiega circa 200 persone;

·        EUTM MALI, missione istituita nel 2013 con lo scopo di fornire, nel sud del Mali, formazione e consulenza militare alle forze armate maliane.

Alla missione contribuiscono 25 Stati: Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia, Moldavia, Montenegro e Georgia. La missione impiega circa 1.000 persone;

·        EUTM RCA, missione istituita nel 2014 con l'obiettivo di supportare l'attività formativa a favore delle Forze di Sicurezza della Repubblica centrafricana.

Alla missione contribuiscono i seguenti 15 Stati: Bosnia Erzegovina; Brasile; Francia; Georgia; Italia; Lituania; Macedonia del Nord; Polonia; Portogallo; Romania; Serbia; Slovacchia; Spagna e Svezia. La missione impiega circa 360 persone; 

·        EUNAVFOR MED IRINI, operazione istituita il 31 marzo 2020 ed operativa in mare dal 4 maggio 2020, con il compito principale di contribuire all'attuazione dell'embargo sulle armi imposto dall'ONU nei confronti della Libia con mezzi aerei, satellitari e marittimi.

Alla missione partecipano 24 Stati membri dell’UE (tutti tranne Danimarca, Spagna, Malta).

Missioni civili

·        EUCAP SAHEL NIGER, istituita nel 2012 a sostegno delle autorità nigeriane nello sviluppo di capacità proprie di lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo nel Sahel;

Alla missione partecipano, oltre all’Italia, 15 Stati membri dell’UE. La missione impiega circa 180 persone.

·        EUCAP SAHEL-MALI, anch’essa istituita nel 2015, a fini di sostegno alle forze di sicurezza interna del Mali;

L’Italia partecipa alla missione. La missione impiega circa 200 persone; 

·        EUCAP SOMALIA, istituita nel 2012 in Somalia con il fine di rafforzare la capacità degli Stati della regione del Corno d’Africa e dell’Oceano Indiano occidentale a gestire efficacemente le rispettive acque territoriali;

Alla missione contribuiscono complessivamente 22 Stati, tra i quali l’Italia. La missione impiega circa 135 persone; 

·        EUBAM LIBIA, istituita nel 2013 con l’obiettivo di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree, a breve termine, e per implementare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine;

Alla missione contribuiscono 13 Stati membri, tra i quali l’Italia. La missione impiega circa 40 persone; 

·        EUAM RCA, missione civile di natura consultiva dell'Unione europea nella Repubblica centrafricana (RCA), istituita il 9 dicembre 2019. Scopo della missione è sostenere la riforma delle forze di sicurezza interna per consentire alle autorità della RCA di alleviare le attuali sfide per la sicurezza nel paese.

L’Italia partecipa alla missione. La missione impiega circa 60 persone; 

L'UE sostiene iniziative e attività di lotta al terrorismo nel continente africano. In particolare a partire dal giugno 2017 l'UE ha stanziato circa 253,6 milioni di euro per sostenere la forza congiunta G5 Sahel al fine di migliorare la sicurezza nella regione.

Per maggiori informazioni sulla cooperazione dell’UE con la forza congiunta G5 Sahel si rinvia alla nota  del Servizio per l’azione esterna dell’UE (SEAE).

A gennaio 2021, l’UE ha lanciato il CMP (Coordinated marine presences), primo progetto pilota di sicurezza marittima, un’operazione al largo delle coste nel Golfo di Guinea, in Africa Occidentale, che risulta una delle aree marittime mondiali più soggette alla pirateria.

È in corso, inoltre, l’iter di approvazione dell’istituzione di una nuova missione militare di formazione e addestramento dell’UE in Mozambico per contrastare la crescente attività jihadista nel nord del paese.

L’Italia, oltre alle missioni in ambito UE, partecipa anche ad altre missioni internazionali presenti in Africa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


Ruolo ed interessi dell’Italia nel Continente africano

(a cura del Servizio Studi della Camera dei deputati)

 

Il 15 dicembre 2020, il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi di Maio, ha presentato l’iniziativa dell‘Italia Partenariato per l’Africa, sottolineando come l’Africa costituisca uno dei “continenti più dinamici e con le maggiori potenzialità” con il quale occorra sviluppare un partenariato a tutto campo”.

Gli indirizzi di fondo della politica per l’Africa del nuovo Governo sono stati precisati nell’audizione del ministro Di Maio sulle linee programmatiche del suo dicastero davanti alle Commissioni Affari esteri della Camera e del Senato svoltasi il 31 marzo scorso.

Il documento del MAECI - alla cui elaborazione hanno contribuito anche esponenti della società civile, delle università e del mondo imprenditoriale - mette in evidenza l’importanza prioritaria rivestita dall’Africa per il nostro Paese: un continente che diverrà a breve “il più popoloso ed il più giovane e sarà al centro di molteplici, complesse dinamiche: conflitti e povertà in alcuni Paesi, stabilità e crescita economica in altri; rischi di proliferazione del terrorismo; cambiamenti climatici; influenza di attori esterni”.

L’attuale crisi pandemica rischia di accelerare i fenomeni in atto e di riflettersi sulla stabilità politica, economica e sociale del continente, in particolare accentuando il problema della sostenibilità del debito che dovrà essere messo al centro dei prossimi incontri internazionali. Sotto questo profilo si ricorda che l’Italia è stata fra i promotori dell’Iniziativa G20 per la sospensione del servizio del debito (DSSI – Debt Service Suspension Initiative) a favore dei Paesi più poveri, originariamente prevista dal 1° maggio al 31 dicembre 2020 e prorogata fino a 30 giugno 2021 ed estensibile per ulteriori sei mesi.

Al momento emergono due carenze che la Presidenza italiana del G20 dovrebbe riuscire a superare trovando il consenso degli altri paesi partner: la limitatezza delle risorse finanziarie messe a disposizione e l’inadeguatezza dei principi del sistema finanziario internazionale di fronte alla crisi che sta colpendo le economie africane.

Secondo i dati pubblicati dall’AFD Agenzia Francese di Sviluppo prima della pandemia, il debito pubblico africano ammontava ad oltre il 60% del PIL complessivo del continente, pari ad una cifra di oltre 1.330 miliardi di dollari. Un peso di 1.000 dollari di debito per ogni cittadino africano.

 

L’impegno italiano in ambito G20 a favore del Continente africano ha trovato conferma nel Global Health Summit, svoltosi a Roma il 21 maggio scorso, sotto la guida del presidente del Consiglio Draghi e della presidente della Commissione europea von der Layen, culminata nell’adozione della Dichiarazione di Roma  che riassume i princìpi ai quali i Paesi del G20, l’UE e le organizzazioni internazionali sono arrivati dopo un lungo lavoro diplomatico nella lotta alle pandemie, nell’ottica di una sanità più equa.

Uno dei temi centrali del dibattito è stata la questione delle disuguaglianze, vi sono infatti numerosi paesi nel mondo che non hanno ancora ricevuto alcuna dose di vaccino. La Presidente von der Leyen ha annunciato che l’Unione Europea destinerà entro il 2021 100 milioni di vaccini ai paesi a basso reddito.La pandemia ha sottolineato la straordinaria importanza della cooperazione internazionale” per il presente e il futuro, ha detto il premier Draghi nel discorso di apertura del Summit.

Nel corso del tempo il nostro Paese ha elaborato un approccio con i paesi beneficiari di aiuto allo sviluppo basato su un principio di partnership paritaria, orientata ad un’elaborazione condivisa delle politiche che superasse l’impostazione tradizionale tra paese fruitore e paese donatore; tale orientamento improntato a sostenere il benessere socioeconomico dell’Africa e favorire gli investimenti nel continente significa anche opportunità per le imprese italiane, posti di lavoro e maggiore sicurezza.

L’approccio inclusivo di tali politiche, la tradizione radicata e diffusa della cooperazione italiana nel territorio, unita all’assenza di “agende nascoste” nel continente africano rende più profondi e solidi i legami storici e culturali, così come la diffusa presenza istituzionale (34 sedi diplomatiche e consolari, 9 sedi AICS, 11 agenzie ICE e 9 istituti di cultura) rappresentano un importante volano di crescita e approfondimento delle relazioni sia a livello bilaterale, sia a quello multilaterale.

L’Italia figura inoltre tra i principali investitori in Africa: si pensi agli investimenti di ENI in Egitto e Mozambico, e alle attività in Africa di imprese come WeBuild, CMC, CNH Industrial, IVECO, Calzedonia, Carvico, Italferr, ENEL, Saipem, per citare solo le società maggiori.

La posizione geopolitica dell’Italia al centro del Mediterraneo rende tanto più opportuna una strategia politica coerente, articolata dal documento ministeriale in sei priorità tematiche comuni all’intero Continente (pace e sicurezza, governance e diritti umani, migrazioni e mobilità cooperazione e investimenti, sviluppo economico sostenibile, lotta ai cambiamenti climatici, collaborazione culturale e scientifica) e in quattro priorità geografiche (Africa Mediterranea, Corno d’Africa e Mar Rosso, il Sahel, l’Africa Australe).

 

Pace e sicurezza

L’Italia intende rafforzare l’azione nel settore della pace e sicurezza, in coordinamento con gli altri partner europei e le organizzazioni regionali e sub-regionali, salvaguardando la titolarità africana nella gestione delle crisi. Sotto questo profilo, riveste importanza cruciale la tradizionale capacità italiana di istaurare e proseguire il dialogo su materie sensibili come i diritti umani e la governance, elementi base per creare condizioni di stabilità e sviluppo, la cui centralità è richiamata nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e nell’Agenda 2063 dell’Unione Africana

Tra gli esempi più rilevanti delle iniziative italiane in quest’ambito si annoverano i programmi di formazione per personale civile e militare in diversi Paesi del Continente e i programmi di capacity building – tra cui il recente progetto di formazione elettorale a beneficio di alcuni Paesi africani, “Innov-Elections”, finanziato dal MAECI e promosso dalla Scuola universitaria superiore Sant’Anna di Pisa e dalla Fondazione ECES (European Centre for Electoral Support), in collaborazione con UNITAR (United Nations Institute for Training and Research).

Coerentemente con il nostro approccio alle crisi e ai conflitti, l’Italia intende rafforzare ulteriormente il proprio sostegno sia alle attività di mediazione e di prevenzione dei conflitti, sia a quelle di stabilizzazione post-conflitto realizzate dalle Nazioni Unite in Africa, con una speciale attenzione alla Libia, al Sahel e al Corno d’Africa.

L’Italia, primo fornitore di caschi blu tra i Paesi occidentali e settimo contribuente de bilancio del peacekeeping (con una quota pari al 3,307%), nel corso degli anni ha preso parte a 29 missioni ONU, 13 delle quali in Africa.

Il nostro Paese contribuisce attivamente al dibattito in ambito onusiano su come migliorare il peacekeeping, così da favorire una più efficace ed efficiente attuazione dei mandati, soprattutto a protezione della popolazione civile. L’Italia, oltre a mettere a disposizione del Peacekeeping Capability Readiness System (PCRS) delle Nazioni Unite assetti e capacità strategiche, continuerà ad offrire corsi di formazione per il personale militare e di Polizia destinato a prestare servizio in operazioni di pace, in linea con quanto fa da tempo, soprattutto a favore di peacekeeper africani, sia presso il Centre of Excellence for the Stability Police Units (CoESPU) di Vicenza sia presso altri centri di formazione delle nostre Forze Armate.

Grande rilevanza viene data al processo di stabilizzazione del Sahel, nel cui ambito è previsto il rafforzamento della collaborazione con il G5 Sahel (costituito da Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad), un ampliamento del mandato addestrativo della missione di formazione militare in Niger e il proseguimento dell’attività di formazione svolta dall’Italia attraverso la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza in favore delle forze di polizia dei paesi della regione. Tali attività di formazione e addestramento proseguiranno inoltre nelle altre missioni di Politica di sicurezza e di difesa comune europee (EUCAP ed EUTM) e alla missione di stabilizzazione dell’ONU in Mali (MINUSMA) cui l’Italia partecipa.

La stabilizzazione della regione del Corno d’Africa costituisce un obiettivo strategico, anche nell’ottica della salvaguardia degli interessi nazionali. Sotto questo profilo grande importanza assumono i processi di integrazione regionale, cui saranno rivolte iniziative politiche, economiche, culturali e finanziarie, riferite in particolare a Etiopia, Gibuti, Kenya e Sudan. Proseguirà il sostegno alla ricostruzione delle istituzioni in Somalia e alla lotta contro il terrorismo di Al Shabaab e Daesh.

 

Migrazione e mobilità

L’Italia ritiene che per affrontare la complessità del fenomeno migratorio occorra una condivisione di responsabilità tra i partner europei, sufficienti risorse messe a disposizione dall’UE e uscire da una gestione emergenziale con soluzioni condivise.

A tal fine è stata adottata una strategia – finanziata mediante il “Fondo Africa” attivo presso il MAECI, poi trasformato in “Fondo migrazioni”, – e mirata al rafforzamento della partnership con i paesi africani di origine e transito, con il supporto delle Nazioni Unite, volte ad affrontare le cause all’origine del fenomeno, all’assistenza in loco, alla lotta ai trafficanti di esseri umani, al miglioramento della capacity building e a campagne di informazione.

Il documento rileva che l’esperienza maturata sia a livello bilaterale che in ambito europeo dimostra l’efficacia di programmi rivolti al miglioramento delle condizioni in Africa sia di rifugiati, sia di migranti in transito, sia delle popolazioni locali.

 

Partenariati commerciali e investimenti

La strategia recente seguita dal nostro Paese per accrescere la partecipazione di imprese italiane ai progetti infrastrutturali in Africa si è articolata nelle seguenti 5 prioritarie linee d’azione:

-      puntare prevalentemente a progetti di media grandezza in luogo di grandi opere infrastrutturali, più in linea con la dimensione media delle imprese italiane e con le reali esigenze del Continente;

-      diversificare la presenza delle aziende dai tradizionali settori di prioritario interesse (strade e dighe) verso altri segmenti almeno altrettanto promettenti, quali la realizzazione di impianti di generazione elettrica da fonti rinnovabili, la gestione delle risorse idriche ed il “waste management”;

-      ricorrere in misura crescente alle Public Private Partnership (PPP) favorendo la creazione di consorzi italo-africani in grado di seguire tutte le fasi dei progetti;

-      non limitarsi al ruolo tradizionale di partecipazione alle gare di appalto, ma apportare anche parte del capitale, soprattutto attraverso il ricorso al rinnovato impulso da parte di Cassa Depositi e Prestiti e SACE (le operazioni della SACE hanno avuto un incremento sostanziale in Africa sub-sahariana negli ultimi anni: da 675 milioni di esposizione nel 2011 a 4,3 miliardi nel 2018);

-      assicurare una partecipazione delle istituzioni e del mondo imprenditoriale ai grandi eventi economici organizzati nel Continente dalle banche multilaterali di sviluppo (ad esempio l’“Africa Investment Forum” promosso dalla Banca Africana di Sviluppo) in cui vengono presentati i progetti prioritari e si può ottimizzare il networking.

 

Sviluppo sostenibile, cooperazione allo sviluppo e contrasto ai cambiamenti climatici

Lo sviluppo sostenibile costituisce una delle priorità dell’Unione africana. La cooperazione italiana – tenuto conto della scarsa capacità dell’Africa di rispondere all’impatto dei cambiamenti climatici e della vulnerabilità del continente – è impegnata in primis a creare le condizioni per uno sviluppo sostenibile.

In Africa si trovano 11 dei 22 paesi prioritari per la cooperazione italiana allo sviluppo, poiché le condizioni politiche, economiche e ambientali degli ultimi anni hanno determinato rilevanti fenomeni migratori concentrati in alcune macroregioni, nelle quali paesi prioritari e non prioritari sono trattati in modo sinergico, attribuendo anche ai secondi risorse, sia nei programmi a valenza regionale, sia relativamente a interventi specifici. Si è scelto inoltre di coordinare l’azione della nostra cooperazione con quella degli altri donatori nell’ambito di approccio che risponda alle esigenze della popolazione, tenendo presente le situazioni di emergenza, stabilizzazione e sviluppo.

Nell’audizione del 31 marzo scorso il ministro Di Maio ha sottolineato come la cooperazione sia non solo dovere morale, ma anche strumento di politica estera per promuovere processi di pacificazione, stabilizzazione e prevenzione dei conflitti (e, dunque, la sicurezza globale e nazionale), nonché opportunità per creare un clima economico più favorevole per le nostre imprese e contribuire allo sviluppo sostenibile del pianeta.

In quella sede è stato confermato l'obiettivo, convenuto in ambito Nazioni Unite e OCSE, di portare in prospettiva l'aiuto pubblico allo sviluppo allo 0,7 per cento del reddito nazionale lordo: un obiettivo non vicino allo stato attuale, visto che nel 2019 l'aiuto pubblico allo sviluppo italiano si è attestato sullo 0,22 per cento.

Sotto il profilo ambientale, il Ministero dell’Ambiente ha previsto 20 Memorandum of Understanding di sostegno alla lotta al cambiamento climatico, relativi in particolare alla gestione e trattamento delle acque, promozione dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili; ha finanziato, in collaborazione con FAO e UNDP, il Centro per il clima e lo sviluppo sostenibile dell’Africa, con sede a Roma, per facilitare lo scambio di informazioni sull’efficacia delle iniziative, relative in particolare: all’impatto del cambiamento climatico e la degradazione ambientale sulla produzione agricola africana; le problematiche relative alla sicurezza alimentare e alle risorse idriche; l’accesso a energia affidabile, sostenibile, moderna e conveniente.

Cooperazione culturale e scientifica

Il settore della cultura riveste un ruolo importante sia come elemento di dialogo nell’ambito dei processi di riconciliazione nazionale, sia sotto il profilo economico e sociale mediante la valorizzazione del patrimonio culturale africano, che ha un potenziale di crescita turistica finora non sfruttato.

L’Italia ha una tradizione di impegno nel settore dell’istruzione nel continente, si ricorda al proposito l’Università nazionale somala di Mogadiscio, la Scuola italiana di Addis Abeba, la recente riapertura dell’Istituto italiano di Dakar, oltre ad altri tre istituti culturali operativi nell’Africa sub-sahariana.

All’impegno per l’istruzione tradizionale, si associano iniziative per favorire la capacità imprenditoriale; in particolare progetto E4Impact, che coinvolge 15 paesi, è rivolto a tre obiettivi principali: formazione imprenditoriale, stimolo alla collaborazione tra aziende italiane e africane, miglioramento delle università mediante la creazione di partnership con università italiane.

Anche la cooperazione scientifica riveste un’importanza strategica per lo sviluppo dell’Africa: accordi di cooperazione scientifica e tecnologica sono stati sottoscritti con Algeria, Egitto e Sudafrica; sono stati deliberati nuovi posti di addetto scientifico presso le sedi di Nairobi e Dakar; il Centro aerospaziale “Luigi Broglio” di Malindi costituisce un ulteriore canale di coinvolgimento dell’Africa in un settore cardine nell’economia del futuro, nonché di crescente importanza strategica. Inoltre, il Polo di Trieste, in collaborazione con l’UNESCO, ha elaborato programmi con focus specifici sull’Africa, rivolti alla ricerca e alla formazione, in particolare delle donne.

 

Conferenza “Giornata per l’Africa” in occasione del LVIII anniversario dell’istituzione dell’Unione africana

Il 26 maggio 2021, si è svolta in video conferenza, presso la Commissione affari esteri della Camera dei deputati, la conferenza “Giornata per l’Africa” in occasione del LVIII anniversario dell’istituzione dell’Unione Africana.

La Conferenza è stata presieduta dal Presidente della Commissione affari esteri della Camera dei deputati, Piero Fassino, che nel suo intervento introduttivo ha indicato che “Troppo spesso ci rivolgiamo al continente africano in termini problematici, ma l’Africa è molto di più. Non solo problemi, ma straordinarie opportunità. Per questo serve un cambio di paradigma nelle relazioni tra Europa e Africa, che guardi al continente africano come a un partner strategico e di mercato, oltre che destinatario delle politiche di aiuto allo sviluppo e di cooperazione. D’altra parte che l’Africa sia centrale lo dimostrano l’attenzione che grandi players - come Cina, India, Brasile - dedicano al continente. L’Unione europea ha il dovere di non essere da meno aprendo una fase nuova nei rapporti con l’Unione Africana e i suoi Paesi”.

Sono inoltre intervenuti l’on. Gennaro Migliore, presidente del Comitato permanente sulla politica estera per il Mediterraneo e per l’Africa, Luigi Di Maio, ministro degli affari esteri, Amina J. Mohammed vicesegretaria generale della Nazioni Unite e presidente del Gruppo delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, Aïssata Tall Sal, ministro degli affari esteri del Senegal, Fidèle Khakessa Sambassi, ambasciatore del Congo in Italia (Stato che esercita  la presidenza di turno dell’Unione africana), don Dante Carraro, direttore del CUAMM Medici per l’Africa; e Francesco Starace, amministratore delegato di Enel.

Il Ministro degli affari esteri, Luigi Di Maio, ricordando che l’Africa occupa un posto centrale per la cooperazione italiana, ha in particolare indicato quali principali opportunità e sfide nel rapporto tra Italia e Africa, tra Europa e Africa: il dialogo politico e i rapporti people-to-people, gli scambi scientifici e culturali, la cooperazione allo sviluppo, gli investimenti e la crescita economica, la sostenibilità ambientale, la protezione socio-sanitaria, la gestione dei flussi migratori e la pace e sicurezza.

 

 

 

 

 

 



[1] Per approfondimenti si rimanda al Dossier N. 98/DE "Conferenza interparlamentare di alto livello sulla migrazione e l'asilo in Europa - Videoconferenza, 19 novembre 2020", a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica e dell'Ufficio rapporti con l'UE della Camera dei deputati, nonché ai Dossier n. 47 "Nuovo patto sulla migrazione e l'asilo" e n. 34 "Audizione, in videoconferenza, della Commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson", a cura dell'Ufficio rapporti con l'UE della Camera dei deputati.