Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Conferenza interparlamentare sul cambiamento climatico - Helsinki, 6-7 ottobre 2019
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari   Numero: 30
Data: 02/10/2019
Organi della Camera: VIII Ambiente, XIV Unione Europea

Documentazione per le Commissioni
RIUNIONI INTERPARLAMENTARI
Conferenza interparlamentare sul cambiamento climatico 2 ottobre 2019

Helsinki, 6-7 ottobre 2019 marzo 2018


 



loghi.gifCasella di testo: Conferenza interparlamentare sul cambiamento climatico 


Helsinki, 6-7 ottobre 2019

Casella di testo: SENATO DELLA REPUBBLICA
SERVIZIO STUDI
DOSSIER EUROPEI
N. 66	CAMERA DEI DEPUTATI
UFFICIO RAPPORTI CON L’UNIONE EUROPEA
N. 30

Casella di testo: Documentazione per le Commissioni
RIUNIONI INTERPARLAMENTARI

 

 

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Dossier n. 30

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Ordine del giorno

Introduzione. 7

schede di lettura..................................................................................... 9

Sessione I: strategie per un futuro a basse emissioni di carbonio la necessità di accelerare le riduzioni delle emissioni di co2 entro il 2030. 11

Le linee programmatiche 2019-2024 della Commissione UE. 13

Un pianeta pulito per tutti. La visione strategica a lungo termine dell’UE per un’economia climaticamente neutra. 16

Il nuovo quadro normativo in materia di energia e clima. 22

Piano Nazionale Integrato per l’Energia ed il Clima. 26

Sessione II: una finanza per il clima. 29

Il piano d'azione della Commissione europea per finanziare la crescita sostenibile. 31

Finanziamenti dell'Unione europea per il clima. 35

Il Dialogo nazionale dell'Italia sulla finanza sostenibile. 37

 


 

Introduzione

 

Il 6 e 7 ottobre prossimi si terrà ad Helsinki la Conferenza interparlamentare sul cambiamento climatico, organizzata dal Parlamento finlandese nell'ambito della dimensione parlamentare del proprio Semestre di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea.

In base all'ordine del giorno i lavori saranno articolati in due sessioni:

·       Strategie per un futuro a basse emissioni di carbonio - la necessità di accelerare le riduzioni delle emissioni di C02 entro il 2030

·       Una finanza per il clima

In vista della Conferenza, la presidenza finlandese ha preparato una nota introduttiva sottolineando come il tema sia fonte di grande preoccupazione tra i cittadini europei. I mutamenti già in atto nel clima del nostro pianeta stanno ridisegnando il mondo amplificando i rischi di instabilità. La tendenza al riscaldamento del pianeta è chiara ed impone azioni tempestive e drastiche. Il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) ha pubblicato nell'ottobre 2018 la sua relazione speciale sull’impatto del riscaldamento globale di 1,5°C sopra i livelli preindustriali, Global Warming 1.5, dimostrando che le temperature si sono già innalzate di 1°C ed è in atto un ulteriore aumento di circa 0,2°C per decennio. L'azione internazionale sul clima dovrebbe essere intensificata o l'incremento delle temperature medie in tutto il mondo potrebbe raggiungere i 2°C subito dopo il 2060 ed aumentare in seguito.

Il riscaldamento globale, trasformando l’ambiente, aumenta la frequenza e l'intensità di eventi meteorologici estremi, rende più probabili gli impatti climatici irreversibili su larga scala. Il rapporto IPCC anticipa le trasformazioni degli ecosistemi che possono avere luogo al raggiungimento di 1,5-2° di aumento delle temperature: la scomparsa delle barriere coralline; la perdita della calotta glaciale della Groenlandia, con un conseguente aumento del livello dei mari fino a 7 metri. La perdita di ghiaccio marino artico è già in corso, con impatti negativi sulla biodiversità nella regione nordica e sui mezzi di sussistenza delle popolazioni locali. Dal riscaldamento globale si attendono gravi conseguenze sulla produttività dell'economia europea, sulle infrastrutture, sulla capacità di produrre cibo, sulla salute pubblica, sulla biodiversità e sulla stabilità politica. Un incremento di 2° appare destinato ad incidere sulla disponibilità di cibo in regioni di importanti per la sicurezza dell'UE come l'Africa settentrionale e l’area del Mediterraneo, con danni per l'economia, i sistemi alimentari, idrici ed energetici, a loro volta cause potenziali di conflitti e pressioni migratorie. La mancata azione per il clima potrebbe compromettere lo sviluppo sostenibile dell'Europa e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite concordati a livello globale. Limitare il riscaldamento globale a 1,5°C richiede transizioni rapide e profonde nel settore energetico, nell’utilizzo del suolo e nella organizzazione di città, infrastrutture (trasporti ed edifici compresi) e sistemi industriali.

Il rapporto IPCC afferma la necessità di un processo di riduzione delle emissioni più incisivo per mitigare i cambiamenti climatici e ridurne l’impatto.  Il 28 novembre 2018, la Commissione europea ha presentato la sua visione strategica a lungo termine (COM(2019)773, vedi infra) per trasformare l’economia in senso climaticamente neutrale entro il 2050 e raggiungere a quella data l’obiettivo “zero emissioni”.  La strategia illustra come l'Europa può guidare la transizione alla neutralità climatica investendo in soluzioni tecnologiche innovative, responsabilizzando i cittadini e promuovendo la trasformazione di settori chiave quali la politica industriale, la finanza o la ricerca, garantendo nel contempo l'equità sociale.

Anche il Vertice Onu sul clima, tenutosi il 23 settembre a New York, ha posto l’accento sull’esigenza di intensificare l’impegno globale per il clima e aggiornare i contributi nazionali (nationally determined contributions - NDC) con obiettivi più ambiziosi.  

In questa prospettiva, la presidenza finlandese sottoporrà alla Conferenza interparlamentare i seguenti punti di discussione:

·       Quali sono le aree chiave su cui l'UE dovrebbe concentrarsi per migliorare l'implementazione globale dell’Accordo di Parigi e limitare il riscaldamento globale a 1,5°C?

·       Gli attuali obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra sono sufficienti per garantire un ambiente favorevole agli investimenti in tecnologie a emissioni zero?

·       Quali misure chiave sono necessarie per accelerare la transizione sistemica ad una società climaticamente neutra, e quali sono i percorsi idonei a raggiungere questo obiettivo?

·       In che modo il settore pubblico può sostenere la trasformazione sistemica dei settori assicurativo e finanziario che mirino a realizzare una società decarbonizzata entro il 2050?

·       Quali politiche chiave sono necessarie per garantire una transizione equa verso una società ad emissioni zero?

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Schede di lettura

 



Sessione I: strategie
per un futuro a basse emissioni di carbonio
la necessità di accelerare
le riduzioni delle emissioni di co2 entro il 2030

 

 

Il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC) ha pubblicato dalla fine del 2018 ad oggi tre relazioni che hanno sensibilizzato le istituzioni europee ed internazionali e l’opinione pubblica sulla necessità di moltiplicare gli sforzi per frenare l’innalzamento delle temperature. Il rapporto Global Warming 1.5 (ottobre 2018), sottolineava la gravità degli effetti dell’aumento delle temperature di 1,5 gradi, e ribadito che con l’innalzamento di un solo grado sono già in atto fenomeni quali la rapida erosione del ghiaccio marino nelle zone artiche, l’innalzamento del livello del mare, l’aumento per numero ed intensità di eventi metereologici estremi. Il documento invitava le istituzioni internazionali ad accelerare nell’implementazione delle azioni di mitigazione e adattamento de cambiamenti climatici. Due ulteriori rapporti, Climate change and land (agosto 2019) e Ocean and cryosphere in a changing climate (settembre 2019) dedicati rispettivamente all’impatto sull’uso del suolo e sugli oceani e sulla criosfera hanno confermato l’urgenza di intensificare l’impegno per la mitigazione e l’adattamento.

Una recente indagine registra il crescente interesse per gli effetti dei cambiamenti climatici tra i cittadini europei. L’ambiente e il clima figurano al secondo posto tra le maggiori preoccupazioni dell’opinione pubblica (il tema era al quinto posto della stessa indagine nel 2018) (Eurobarometro, primavera 2019).

Il 23 settembre 2019 si è tenuto a New York il vertice sull’azione per il clima, promosso dal Segretario Generale Antonio Gutierres con l’obiettivo di aumentare il livello di ambizione globale nelle politiche volte a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. In particolare, il vertice mirava ad accrescere il livello di impegno nella riduzione delle emissioni anche in vista  presentare le strategie a lungo termine previste dall’Accordo di Parigi alla Conferenza (COP25) che si terrà a Santiago del Cile dal 2 al 13 dicembre. Il vertice ha registrato l’adesione di 66 Paesi all’obiettivo zero emissioni entro il 2050 e l’intenzione dichiarata della Russia di attuare l’Accordo di Parigi ed elaborare un piano per la riduzione delle emissioni.  

Il presidente del Consiglio, Donald Tusk, ha sottolineato la leadership dell'UE nell'attuazione dell'Accordo di Parigi, la determinazione delle istituzioni europee nella piena implementazione dell’Accordo e l’ambizione di fare dell’Europa il primo continente al mondo a emissioni zero.

Alla vigilia del vertice Onu, la Commissione UE ha presentato l’11 settembre 2019 la comunicazione “sul vertice sull’azione per il clima 2019 ospitato a New York dal Segretario generale delle Nazioni Unite” (COM(2019)412) riepilogando le politiche e le azioni adottate dall’UE e dagli Stati membri.

La comunicazione  ricorda che:

·       le emissioni dell’UE costituiscono il 9% di quelle globali;

·       la Commissione ha proposto di aumentare al 25% la spesa dell’UE per attività di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici nel bilancio 2021-2027;

·       nello stesso bilancio tutte le politiche dovranno convergere verso gli obiettivi in materia di clima e non saranno concessi finanziamenti non coerenti con la transizione verso la neutralità climatica;

·       l’obiettivo di riduzione delle emissioni (rispetto al 1990) previsto per il 2020 è stato superato;

·       si stima di poter superare l’obiettivo di riduzione del 40% previsto per il 2030 (con una riduzione attesa del 45%);

·       l’obiettivo di azzerare le emissioni entro il 2050 è stato approvato dalla maggioranza degli Stati membri, di;

·       è stato adottato un quadro normativo nuovo in materia di governance dell’Unione dell’energia, diffusione di energie rinnovabili, efficienza energetica, revisione del mercato interno dell’energia;

·       l’UE è il maggiore fornitore (40%) di finanziamenti per il clima nel mondo e i contributi dell’Unione e degli Stati membri sono raddoppiati dal 2013 fino a raggiungere i 20 miliardi di euro l’anno;

·       gli investimenti esterni saranno rafforzati dal proposto “Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile Plus”.

  

Il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, è stato proposto dalla Commissione nel novembre 2018 con la comunicazione “Un pianeta pulito per tutti – Visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna e competitiva e climaticamente neutra” (COM(2019)773) (vedi infra), che ha sottoposto al dibattito delle istituzioni europee e nazionali e locali. Nella strategia la Commissione si prefigge l’obiettivo della neutralità climatica, ovvero dell’azzeramento o riduzione al minimo delle emissioni a livello europeo entro il 2050. La prospettiva indicata viene ritenuta come traguardo ulteriore rispetto al mantenimento del riscaldamento globale entro 1,5°, come suggerito dai documenti del gruppo intergovernativo di esperti (IPCC).

Il Consiglio europeo, nella riunione del 20 e 21 giugno 2019, ha invitato la Commissione e il Consiglio a proseguire i lavori per la realizzazione di condizioni idonee a sostenere l’UE nella transizione. In quella sede un’ampia maggioranza di Stati membri si è pronunciata favorevolmente sul termine del 2050 come orizzonte temporale per la decarbonizzazione (contraria la posizione di Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria).  Il Consiglio europeo dovrebbe elaborare i propri orientamenti entro il 2019 e quindi presentare la strategia a lungo termine dell’UE alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) all’inizio del 2020.

 

Le linee programmatiche 2019-2024 della Commissione UE

La Presidente eletta Ursula von der Leyden ha collocato le politiche per il clima al primo posto nei propri orientamenti politici, sottolineando nel discorso di apertura della seduta plenaria del Parlamento europeo (16 luglio 2019) come la sfida più pressante che l'Unione dovrà affrontare nel nuovo decennio sia la salute del pianeta. Aderendo all'obiettivo di fare dell'Europa il primo continente a impatto climatico zero del mondo entro il 2050, ha indicato come necessari:

·       un approccio in due fasi per ridurre le emissioni di CO2 del 50%, se non del 55%, entro il 2030, guidando al contempo negoziati internazionali volti ad aumentare il livello di ambizione delle altre principali economie entro il 2021;

·       la presentazione, entro i primi 100 giorni di mandato, di un "Green Deal" per l'Europa: una "legge europea" sul clima, che traduca in disposizioni giuridicamente vincolanti l'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050;

·       il rafforzamento degli investimenti nel settore ambientale, attraverso il lancio di un piano di investimenti per un'Europa sostenibile (Sustainable Europe investment plan) e la parziale  trasformazione della BEI in una banca per il clima;

·       la revisione del sistema di scambio di quote di emissioni, per includervi il settore dei trasporti marittimi (e in futuro anche l’edilizia e il sistema dei trasporti);

·       l'introduzione di un'imposta sul carbonio alle frontiere (Carbon border tax - CBT), per evitare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e garantire che le imprese europee possano competere in condizioni di parità;

·       la creazione di un Fondo di transizione (Just transition Fund), da affiancare ai fondi di coesione per garantire l’equità della transizione verso la neutralità climatica.  

 

Green Deal per l'Europa

Come illustrato nel documento programmatico presentato dalla presidente eletta Ursula von der Leyen, "Un'Unione più ambiziosa: il mio programma per l'Europa", in cui sono enunciati gli orientamenti e gli obiettivi politici per la prossima Commissione europea, il "Green Deal" dovrebbe segnare un ulteriore passo in avanti rispetto agli obiettivi intermedi attuali dell'Unione, che prevedono una riduzione delle emissioni pari al 40% entro il 2030 allo scopo di rendere giuridicamente vincolante e concretamente raggiungibile l'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050. La nuova Commissione dovrebbe quindi presentare, al più tardi entro il 2021, un piano completo che miri ad aumentare l'obiettivo dell'UE per il 2030 avvicinandolo al 55%.

A tal fine, la nuova Commissione europea intende presentare proposte volte a estendere il sistema di scambio di quote di emissione al settore marittimo, e a ridurre gradualmente le quote gratuite assegnate alle compagnie aeree. Ulteriori proposte dovrebbero portare all'inclusione nel sistema anche del traffico e dell'edilizia, onde realizzare una piena convergenza dei sistemi al più tardi nel 2030.

Si ricorda che il sistema di scambio quote di emissione (ETS), il primo e il più grande mercato internazionale dei permessi di emissione di carbonio, rappresenta lo strumento politico chiave dell'Ue per la lotta al cambiamento climatico. Il sistema ETS dell'Ue, che si rivolge a tutti i settori industriali caratterizzati da elevate emissioni, incluso il trasporto aereo,  è stato introdotto con la direttiva la Direttiva 2003/87/CE. Esso fissa un tetto massimo, stabilito a livello europeo, per le emissioni consentite ai soggetti che fanno parte del sistema, consentendo ai partecipanti di acquistare e vendere sul mercato i diritti di emissione di CO2 ("quote"), acquisiti mediante asta. La Direttiva è stata rivista da ultimo nel marzo 2018, al fine di consentire di rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati dal Quadro 2030 per l'energia e il clima e dall'Accordo di Parigi. Le modifiche introdotte, che si riferiscono al periodo 2021-2030 (cd. fase 4), stabiliscono tra l'altro alcuni meccanismi di finanziamento a favore dello sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio. Si tratta in particolare di due fondi: il primo è il Fondo per l'innovazione, di cui si estende il campo di applicazione a progetti innovativi riguardanti tecnologie a basse emissioni di carbonio. Tale fondo estenderà il sostegno previsto dal programma NER 300 (vd infra)[1]. Il secondo è il Fondo per la modernizzazione, volto a sostenere gli investimenti nella modernizzazione dei sistemi energetici e a migliorare l'efficienza energetica negli Stati membri con un PIL pro capite, a prezzi di mercato, inferiore al 60 % della media dell'Unione nel 2013

 

Per quanto concerne l'imposta sul carbonio alle frontiere, essa dovrebbe essere introdotta "nel pieno rispetto delle norme dell'Organizzazione mondiale del commercio" e partendo da un certo numero di settori selezionati. Contestualmente, la nuova Commissione dovrebbe anche procedere a un riesame della direttiva 2003/96 sulla tassazione dei prodotti energetici, tenendo conto, tra l'altro, degli esiti della consultazione tenutasi tra i mesi di marzo e giugno del 2018.

L'azione dell'Unione, per fare la differenza, dovrà essere accompagnata da analogo impegno a livello globale. L'UE dovrebbe pertanto assumere la guida dei negoziati internazionali con l'obiettivo di aumentare il livello di ambizione degli altri grandi emettitori entro il 2021.

Processo di transizione

Negli Orientamenti illustrati nel citato documento programmatico della presidente eletta Ursula von der Leyen per gli anni 2019-2024 viene messa in risalto la necessità di un processo di transizione equa e controllata verso un'economia a impatto zero, che passi prima di tutto dall'adozione di una nuova strategia industriale ("piano per un'economia pronta al futuro") che porti l'Europa a essere leader mondiale nell'economia circolare e nelle tecnologie pulite, anche attraverso la decarbonizzazione dei settori industriali ad alta intensità energetica.

Pur riconoscendo l'importanza dei fondi di coesione, che svolgono un ruolo determinante nel sostenere le regioni e le zone rurali, la nuova Commissione si impegna a integrarli tramite un nuovo Fondo per una transizione equa, del quale potranno beneficiare le popolazioni e le regioni più esposte alla transizione stessa in quanto partono da basi meno avanzate. Il Fondo, in altre parole, dovrebbe garantire quelle compensazioni che, da ultimo in occasione del Consiglio europeo di giugno 2019, i Paesi di Visegrad hanno dichiarato indispensabili onde sottoscrivere impegni più vincolanti e accelerati in tema di riduzione delle emissioni.

Piano di investimenti

Onde cogliere appieno le opportunità offerte dalla transizione ecologica, la nuova Commissione intende spendere "cifre record nell'innovazione e nella ricerca di avanguardia", sfruttando al massimo la flessibilità all'interno del prossimo bilancio pluriennale dell'Unione per concentrarsi sui settori che racchiudono un potenziale maggiore.

Ai finanziamenti pubblici, necessari ma non sufficienti, dovrà accompagnarsi un'azione di stimolo per gli investimenti privati, "ponendo la finanza verde (vedi infra in Sessione II) e sostenibile al centro della catena d'investimento e del sistema finanziario" attraverso la presentazione di una strategia per la finanza verde e di un piano di investimenti per un'Europa sostenibile, e la trasformazione di una parte della Banca europea per gli investimenti (BEI) in un'autentica Banca climatica europea. Va ricordato che la BEI è già il principale finanziatore multilaterale per il clima a livello mondiale. Attualmente il 25% circa dei suoi finanziamenti totali viene assegnato a investimenti per il clima e la Commissione si ripropone di raddoppiare tale percentuale.

Nel complesso, a giudizio della Presidente eletta, "il piano di investimenti per un'Europa sostenibile permetterà investimenti per mille miliardi di euro nel prossimo decennio", disseminati su tutto il territorio della UE.

 

Preservare l'ambiente naturale dell'Europa

Sottolineato come i cambiamenti climatici, le minacce alla biodiversità, alla sicurezza alimentare, la deforestazione e il degrado del suolo siano fenomeni strettamente legati uno all'altro, la nuova Commissione intende promuovere un modo diverso di produrre, consumare e commerciare.

Andranno in primo luogo fissate nuove norme per proteggere la biodiversità, che si applichino a tutti i settori, dal commercio all'industria, all'agricoltura e alla politica economica. Pertanto, nel quadro del Green Deal, verrà presentata una strategia per la biodiversità per il 2030, che subentri alla precedente strategia, risalente al dicembre 2011. Inoltre, la Presidente eletta ha annunciato il proprio impegno affinché, in occasione della Conferenza delle parti sulla diversità biologica del 2020, l'Europa si erga a leader mondiale, come già accaduto nel 2015 per la Conferenza di Parigi sul clima.

Tra gli altri ambiti nei quali la nuova Commissione dovrebbe intervenire, particolare risalto assumono: la sicurezza alimentare, tramite una nuova "Strategia dai campi alla tavola" per gli alimenti sostenibili, che coinvolga l'intera catena del valore; la tutela e l'investimento nel futuro delle zone rurali, nelle quali a tutt'oggi vive il 50% degli europei; la protezione della salute dei cittadini dal degrado ambientale e dall'inquinamento attraverso una strategia trasversale che abbraccerà la qualità dell'aria e dell'acqua, le sostanze chimiche pericolose, le emissioni industriali, i pesticidi e gli interferenti endocrini.

 

Un pianeta pulito per tutti. La visione strategica a lungo termine dell’UE per un’economia climaticamente neutra

Il 28 novembre 2018 la Commissione ha presentato la citata comunicazione COM(2018)773 “Un pianeta pulito per tutti. Visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra”.

Obiettivo è ribadire l’impegno dell’Unione nell’azione per il clima, anche guidando l’azione internazionale, delineando una transizione economica, sociale, produttiva ed energetica orientata a realizzare l’azzeramento delle emissioni nette di gas ad effetto serra entro il 2050 e destinata a trasformare in profondità la società e l’economia.

La Commissione indica le politiche che l’Unione è intenzionata ad implementare per contribuire agli obiettivi di contenimento della temperatura fissati con l’Accordo di Parigi, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, anche in previsione della strategia a lungo termine che la stessa Unione europea presenterà entro il 2020 alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

Si ricorda che l’Accordo di Parigi, ratificato da 181 parti, prevede un’azione globale per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra allo scopo di contenere l’aumento di temperatura del pianeta al di sotto dei 2° gradi e di proseguire gli sforzi per contenerlo a 1,5°. In questa prospettiva lo stesso Accordo si prefigge di raggiungere un equilibrio a livello mondiale tra le emissioni di gas rilasciate e quelle assorbite dai pozzi. Le parti devono presentare entro il 2020 le rispettive strategie di sviluppo a lungo termine a basse emissioni di gas serra per il conseguimento degli obiettivi contemplati dall’Accordo.

La strategia presentata dalla Commissione fa seguito ad un invito del Consiglio europeo e del Parlamento europeo. L’impegno dell’Unione per l’implementazione dell’Accordo di Parigi, quale “elemento chiave per la modernizzazione dell’industria e dell’economia europee”, era stato ribadito nel corso del Consiglio europeo del giugno 2017, mentre il 22 marzo 2018 il Consiglio europeo aveva invitato la Commissione europea “a presentare, entro il primo trimestre del 2019, una proposta di strategia a lungo termine dell’UE per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra conformemente all’Accordo di Parigi, tenendo conto dei piani nazionali”.

Anche il regolamento 2018/1999 sulla governance dell’Unione dell’energia prevedeva (articolo 15) che la Commissione presentasse una strategia a lungo termine dell’UE entro aprile 2019.

Richiamata la citata relazione del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) sull’ aumento di 1,5° delle temperature, la Commissione segnala che in Europa i cambiamenti climatici potrebbero avere conseguenze anche gravi sulla produttività dell’economia, sulle infrastrutture, sulla capacità di produrre cibo, sulla salute pubblica, sulla biodiversità. Nel 2017 le catastrofi legate alle condizioni meteorologiche hanno causato danni per 283 miliardi di euro interessando circa il 5% della popolazione europea. Nel 2100 due terzi della popolazione d’Europa potrebbe essere interessato da straripamenti di fiumi, desertificazione della zona del Mediterraneo, perdita di produttività del lavoro all’aperto nelle zone dell’Europa meridionale. Ulteriori ripercussioni potrebbero derivare da una diminuita produzione e disponibilità di alimenti nel continente africano e nel bacino del mediterraneo, che potrebbe innescare più intense pressioni migratorie.

 

La comunicazione costituisce il contributo della Commissione alla strategia di sviluppo a lungo termine dell’UE a basse emissioni di gas a effetto serra, che dovrebbe essere adottata e comunicata entro il 2020 alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, conformemente all’Accordo di Parigi. In parallelo, ogni Stato membro dovrà elaborare una propria strategia nazionale a lungo termine.

La visione della Commissione prevede il mantenimento dell’aumento della temperatura del pianeta ben al di sotto della soglia di 2° rispetto ai livelli dell’epoca preindustriale, ma prevede anche la prosecuzione degli sforzi volti a limitare tale aumento all’1,5° azzerando le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050.

Con tale finalità la strategia prospetta una trasformazione profonda dell’economia e della società europee lungo le direttrici strategiche illustrate più avanti: efficienza energetica; diffusione delle energie rinnovabili e aumento dell’elettrificazione; mobilità pulita, sicura e connessa; competitività industriale ed economia circolare; infrastrutture e interconnessioni; bioeconomia e pozzi naturali di assorbimento del carbonio; gestione delle emissioni residue tramite la cattura e lo stoccaggio del carbonio.

L’UE è già riuscita a ridurre le proprie emissioni dissociandole dalla produzione e dalla crescita economica. Le emissioni sono state ridotte  significativamente dopo il picco del 1979, di circa il 22% tra il 1990 e il 2017, confermando il superamento dell’obiettivo del 20% di riduzione che l’UE si era assegnata per il 2020. Anche il consumo di energia è diminuito negli stessi anni di quasi il 2%, a fronte di una crescita del PIL del 54%. Il passaggio all’energia pulita sta già avviando, ad avviso della Commissione UE, un processo di modernizzazione dell’economia, stimolando una crescita economica sostenibile, creando nuovi settori industriali, nuovi posti di lavoro e più elevate competenze professionali, riducendo i costi delle tecnologie.

 

Le emissioni di gas a effetto serra nell'UE sono diminuite del 22% tra il 1990 e il 2017. Fonte Eurostat (giugno 2019)

 

Il calo delle emissioni è stimato in termini leggermente superiori dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (European Environment Agency Report 2019) che lo fissa al 23,5%.  Secondo l’Agenzia la riduzione di emissioni è dovuta ad una combinazione di politiche, fattori economici e climatici (ad esempio il susseguirsi di inverni non eccessivamente rigidi). Le riduzioni più ampie, nel settore dell’energia, si devono a miglioramenti nell’efficienza energetica, al maggiore ricorso a fonti di energia rinnovabili e ad un minore impiego di carbone e carburanti di origine fossile, ma anche all’impatto della crisi economica degli anni 2008-2009. Il calo delle emissioni è stato maggiore nei settori dell’industria manifatturiera e siderurgica,  negli impieghi domestici e nella produzione di elettricità. Riduzioni meno significative si riscontrano nel settore dei trasporti, e del riscaldamento/raffrescamento.

 

 

 

 

Le emissioni di gas ad effetto serra per settore negli anni 2008-2017. Fonte: European Environment Agency, giugno 2019

 

 

La riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Italia e media UE  a confronto, 1990-2016. Fonte Eurostat, European Environment Agency giugno 2019

 

Quanto all’impiego di fonti di energia rinnovabili, queste sono passate a livello dell’UE da una quota del 9% dell’energia totale consumata nel 2005 al 17,5% nel 2017. Una forte crescita, seppure con forti variazioni da un settore ad un altro: le fonti rinnovabili raggiungono il 30,8% nel settore dell’energia elettrica, solo il 19,5% nei settori del riscaldamento e del raffrescamento e il 7,6% nel settore dei trasporti.

Nel 2017, 11 Stati membri, tra cui l’Italia, avevano già superato la quota di energia rinnovabile indicata nei propri obiettivi per il 2020. L’Italia figura anche tra i 21 Stati membri che rispettavano o superavano la quota media prevista dalla direttiva sulle energie rinnovabili (direttiva 2009/28/CE) per il biennio 2017-2018. Il ritmo di aumento a livello dell’UE ha tuttavia subito una diminuzione dal 2014, mentre alcuni Stati appaiono lontani dai traguardi fissati per il 2020. La Commissione UE ritiene dunque complessivamente necessari ulteriori sforzi per raggiungere gli obiettivi fissati al 2030.

 

Linee strategiche per una transizione verso un’economia a zero emissioni nette

Illustrando le direttrici di intervento che ritiene idonee a raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica per il 2050, la Commissione ritiene necessario:

 

1.          sfruttare al massimo l’efficienza energetica, anche con edifici a zero emissioni, con l’obiettivo di dimezzare il consumo energetico rispetto al 2005. Il consumo di energia degli edifici è stimato attorno al 40% del consumo totale. E’ prospettata quindi la promozione di strumenti per aumentare l’efficienza energetica, quali la digitalizzazione e l’automazione domestica. E’ sottolineata l’importanza di favorire la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente: aumentando il tasso di ristrutturazione, promuovendo impianti di riscaldamento alimentati da fonti rinnovabili (energia elettrica, teleriscaldamento, gas rinnovabile o solare termico, ma anche gas, gas naturale liquefatto, idrogeno, elettrometano), diffondendo prodotti più efficienti, migliorando i materiali di isolamento, riqualificando le competenze e la forza lavoro impiegati nell’edilizia e favorendo l’accesso economico per tutti i cittadini alla riqualificazione edilizia;

2.          diffondere le energie rinnovabili e l’uso dell’energia elettrica per decarbonizzare completamente l’approvvigionamento energetico sia a livello di utenti finali sia nella produzione di carburanti senza emissione di carbonio e materie prime per l’industria. La transizione alle fonti rinnovabili dovrebbe ridurre in modo significativo la dipendenza energetica dalle importazioni di energia di combustibili fossili portandola nel 2050 al 20% contro il 55% attuale con un impatto positivo sul bilancio commerciale dell’UE. La Commissione riferisce alcune stime secondo le quali potrebbero essere ottenuti risparmi di 2.000-3.000 miliardi di euro nel periodo 2031-2050 liberando risorse per investimenti. La spesa attuale per combustibili fossili è di circa 266 miliardi di euro. La transizione energetica comporterà nel 2050 l’elettrificazione dell’economia aumentando la quota di energia elettrica nella domanda totale di energia al 53%. Un sistema elettrico decarbonizzato dovrebbe provenire, secondo le stime della Commissione, per l’80% da fonti rinnovabili e da una quota pari al 15% di energia nucleare. L’Unione ospita oggi 6 delle 25 maggiori imprese nel campo delle rinnovabili e conta 1,5 milioni di persone nel settore su un totale di 10 milioni in tutto il mondo. Il ricorso alle rinnovabili nel settore privato, delle comunità locali e residenziale, verrebbe favorito anche valorizzando l’autoproduzione. Si guarda con attenzione al potenziale di elettrocarburanti come l’elettroidrogeno e alle tecnologie Power-to-X che consentono di trasformare l’energia elettrica in gas e liquidi sintetici (idrogeno, metano) o alle tecnologie che utilizzano la CO2 come materia prima;

3.          adottare forme di mobilità pulita, sicura e connessa. I trasporti sono responsabili di circa un quarto delle emissioni di gas serra. E’ sottolineata l’importanza di favorire la diffusione di veicoli a basse e zero emissioni, sistemi di propulsione elettrica, batterie più efficienti e sostenibili, carburanti alternativi, promuovere l’elettrificazione della navigazione a corto raggio, i biocarburanti avanzati ed elettrocarburanti per l’aviazione, ibridazione e migliorie tecniche degli aereomobili, incentivare il trasporto ferroviario rispetto a quello su gomma. Si prospetta inoltre l’esigenza di  realizzare un’ottimizzazione  sistemica del settore basata su digitalizzazione, condivisione dei dati, interoperabilità, miglioramento delle infrastrutture locali e regionali, e delle reti di trasporto pubbliche. Ulteriori strumenti vengono individuati nella diffusione di piste ciclabili e pedonali sicure, di forme di trasporto locale pulito, di nuove tecnologie di consegna come i droni, della condivisione di auto e biciclette. Si sottolinea inoltre l’importanza di completare la rete Transeuropea di trasporto (TEN-T) e di sostenere la decarbonizzazione del trasporto marittimo e aereo, congiuntamente all’Organizzazione marittima internazionale (IMO) e all’Organizzazione dell’aviazione civile internazionale (ICAO);

4.          trasformare l’industria, realizzare un’economia circolare, aumentare i tassi di riciclo per diminuire il fabbisogno di energia e le emissioni di processo. La riduzione del ricorso alle materie prime dovrebbe migliorare la competitività, creando inoltre opportunità commerciali e occupazione. Le attività di recupero e riutilizzo potrebbero assumere maggiore importanza in tecnologie legate a materie prime critiche (cobalto, terre rare, grafite) di provenienza extraeuropea. Si evidenzia anche la necessità di: a) orientare il mercato verso lo sfruttamento di materiali alternativi come il legno o nuovi materiali compositi, b) offrire ai consumatori informazioni trasparenti sull’impronta ecologica di prodotti e servizi, c) di sostenere l’industria nella transizione energetica favorendo l’ammodernamento o la sostituzione degli impianti esistenti, l’automazione e la digitalizzazione, d) Incoraggiare il ricorso a elettrificazione, uso di idrogeno, biomassa e gas di sintesi rinnovabile per ridurre le emissioni nella produzione di beni industriali, e) mitigare le emissioni attraverso metodi di cattura e lo stoccaggio di CO2 (CCU – Carbon Capture and Utilisation), f) promuovere ricerca e sviluppo per la produzione di prodotti industriali nuovi (fibre di carbonio, cementi);

5.          realizzare infrastrutture di rete nei settori dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni, interconnessioni intelligenti e integrazioni di settore nel territorio dell’UE. E’ ribadita l’importanza di completare la rete transeuropea di trasporto, congiuntamente alla rete dell’energia e alla trasmissione di informazioni/dati, idrogenodotti. Integrare sinergicamente i sistemi di trasporto e dell’energia (stazioni di ricarica/rifornimento) per assicurare la transfrontalieralità dei servizi di trasporto;

6.          sfruttare la bioeconomia e realizzare pozzi di assorbimento del carbonio. Sfruttare le potenzialità della biomassa per la produzione di energia termica, la produzione di biocarburanti e biogas e la realizzazione di prodotti nuovi e sostenibili (nel settore tessile, bioplastica, materiali compositi). Secondo alcune stime della Commissione l’aumento di fabbisogno della biomassa potrebbe arrivare nel 2050 all’80% dei livelli attuali. Progressi nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra diversi dalla CO2 nel settore agricolo potrebbero essere ottenuti promuovendo la digitalizzazione, l’innovazione tecnologica, l’ottimizzazione dell’applicazione di fertilizzanti e prodotti fitosanitari, la produttività degli allevamenti nel settore agricolo. E’ sottolineata l’importanza di sfruttare le potenzialità di sequestro e stoccaggio del carbonio dei terreni agricoli, favorendo il rimboschimento, il ripristino dei terreni forestali e il recupero di ecosistemi degradati, mantenendo e incrementando le attuali riserve di pozzi naturali costituite da foreste, suolo, terreni agricoli, zone umide costiere per compensare le emissioni residue, nonché prospettata la messa a coltura dei terreni abbandonati per rispondere alla aumentata domanda di biomassa legnosa;

7.          ricorrere alla cattura e stoccaggio del carbonio (Carbon Capture and Storage – CCS) nelle industrie ad alta intensità di energia, nella fase transitoria, per la produzione di idrogeno senza emissioni di carbonio e per catturare e stoccare le emissioni di CO2 rilasciate dalla produzione di energia da biomassa e dagli impianti industriali, per poter generare emissioni negative contribuendo a compensare le emissioni residue assieme al pozzo d’assorbimento costituito dall’uso dei suoli. Le tecnologie di assorbimento del carbonio sono definite importanti almeno nella fase iniziale della transizione in ragione del persistere nei prossimi anni di tecnologie basate su combustibili fossili, anche se necessitano della realizzazione di impianti dimostrativi e commerciali, della rimozione delle barriere normative da parte di alcuni Stati membri, nonché della rassicurazione dell’opinione pubblica. 

 

Il nuovo quadro normativo in materia di energia e clima

La Commissione europea ha operato una revisione complessiva della normativa in materia di energia e clima che ha ricompreso la direttiva sul sistema di scambio di quote di emissione, il regolamento sulla condivisione degli sforzi, il regolamento relativo all’uso del suolo, al cambiamento di uso del suolo e alla silvicoltura e gli otto provvedimenti del pacchetto “Energia pulita per tutti gli europei”, introdotto nel novembre 2016 con la comunicazione dallo stesso titolo (COM(2016)860), oggi tutti approvati.

Il quadro legislativo approntato intende offrire gli strumenti per consentire all’UE di raggiungere gli obiettivi prefissati in materia di clima ed energia per il 2030 e porre le basi per rendere l’economia europea climaticamente neutra nel 2050. Il sistema disegnato dalla nuova normativa é incentrato sulla digitalizzazione, l’integrazione delle energie rinnovabili nel mercato e una politica energetica maggiormente orientata ai consumatori.

In particolare, l’UE ha fissato obiettivi più ambiziosi per il 2030:

·       ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% rispetto ai livelli del 1990;

·       raggiungere una quota di energia rinnovabile pari almeno al 32%;

·       aumentare l’efficienza energetica di almeno il 32,5%;

·       portare le interconnessioni elettriche al 15% in ciascuno Stato membro per migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento;

·       nuovi limiti vincolanti alle emissioni di carbonio prodotte dalle autovetture (37,5% rispetto ai livelli del 2021), dai furgoni (31% rispetto al 2021) e dai camion (30% rispetto al 2019).

 

QUADRO 2030 CLIMA ENERGIA

 

Di seguito i principali provvedimenti adottati:

·       direttiva (UE) 2018/410 del 14 marzo 2018, che ha rivisto il  sistema di scambio di quote di emissioni (Emissions trading system, ETS) al fine di incentivare una riduzione delle emissioni più efficace ed economicamente più sostenibile e promuovere investimenti a favore di basse emissioni di carbonio;

·       regolamento (UE) 2018/842, del 30 maggio 2018, relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas a effetto serra a carico degli Stati membri per gli anni 2021-2030 come contributo all’azione per il clima e al raggiungimento degli obiettivi concordati con l’Accordo di Parigi;

·       regolamento (UE) 2018/841, del 30 maggio 2018, relativo all’inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti dall’uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura (LULUCF) nel quadro 2030 per il clima e l’energia e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi;

·       Il regolamento (UE) 2019/631 del 17 aprile 2019, che introduce limiti alle emissioni di CO2 prodotte da autovetture e veicoli commerciali leggeri. I nuovi tetti sono fissati dal 2030, per le auto e i furgoni nuovi a 37,5% e 31% in meno rispetto ai livelli del 2021. La quota di emissioni prodotta dovrà essere ulteriormente ridotta a meno del 15% tra il 2025 e il 2029.

A questi si aggiungono i provvedimenti che del citato pacchetto “energia pulita per tutti gli europei” (COM(2016)860):

·       regolamento (UE) 2018/1999  dell’11 dicembre 2018, sulla governance dell'Unione dell'energia, volto a garantire il raggiungimento degli obiettivi energetici e climatici dell'UE per il 2030. Il testo definisce il modo in cui gli Stati membri collaboreranno fra di loro e con la Commissione europea per raggiungere gli obiettivi dell'UE in materia di energia pulita, utilizzo di energie rinnovabili ed efficienza energetica, nonché gli obiettivi di lungo termine dell'UE in materia di emissioni di gas a effetto serra. Il regolamento istituisce, inoltre, meccanismi di controllo che contribuiranno a garantire che gli obiettivi siano raggiunti e che l'insieme delle azioni proposte costituisca un approccio coerente e coordinato. Infine, la proposta prevede la presentazione di relazioni nel quadro dell'UNFCCC e dell'Accordo di Parigi. I piani nazionali integrati per l'energia e il clima dovranno includere obiettivi, contributi, politiche e misure a livello nazionale per ognuna delle cinque dimensioni dell'Unione dell'energia: decarbonizzazione, efficienza energetica, sicurezza energetica, mercato interno dell'energia, nonché ricerca, innovazione e competitività;

In particolare, il regolamento sulla governance prevede:

-        tempistiche per i piani nazionali integrati per l'energia e il clima. La presentazione alla Commissione europea delle bozze di piano degli Stati membri entro il 31 dicembre 2018, seguita dalle raccomandazioni della Commissione entro il 30 giugno 2019. La scadenza per la presentazione dei piani definitivi per l'energia e il clima è il 31 dicembre 2019. (Per l'attuazione in Italia e la presentazione della proposta di Piano nazionale integrato per l'energia e il clima - PNIEC - si veda infra);

-        relazioni intermedie: la prima relazione intermedia biennale sull'attuazione dei piani nazionali per l'energia e il clima è prevista per il 15 marzo 2023;

-        traiettorie ed obiettivi intermedi per l'utilizzo delle fonti di energia rinnovabili e l'efficienza energetica. L’obiettivo complessivo del 32% di energia rinnovabile entro il 2030 deve essere conseguito a livello dell'UE per il 18% entro il 2022, per il 43% entro il 2025 e per il 65% entro il 2027. Gli stessi anni di riferimento 2022, 2025 e 2027 sono stati fissati per l'efficienza energetica;

-        "meccanismo destinato a colmare i divari": se vi è un divario al livello dell'UE, gli Stati membri che sono al di sotto dei loro punti di riferimento dovranno colmarlo attuando misure a livello nazionale. È previsto anche l'obbligo di colmare eventuali divari rispetto alla quota di riferimento per il 2020 per le energie rinnovabili, se dovesse presentarsi entro un anno. Per quanto concerne l'efficienza energetica, l'attenzione sarà posta sulle misure al livello dell'UE.

·       direttiva (UE) 2018/844 del 30 maggio 2018, sulla prestazione energetica nell'edilizia, volta al perseguimento dell'obiettivo di efficienza energetica attraverso l'accelerazione della ristrutturazione efficiente degli edifici. Il provvedimento impone agli Stati membri di elaborare strategie nazionali a lungo termine per sostenere la ristrutturazione efficiente sotto il profilo energetico di edifici pubblici e privati, con l’obiettivo di ridurre le emissioni nell’UE dell’80-85% rispetto ai livelli del 1990, rendendo il parco immobiliare europeo ad energia “quasi zero”. Il provvedimento contempla anche misure volte a favorire la mobilità elettrica prevedendo l’installazione di punti di ricarica per veicoli elettrici negli edifici di nuova costruzione e in ristrutturazione;

·       direttiva (UE) 2018/2001 dell’11 dicembre 2018, per la promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, volta a garantire il conseguimento dell'obiettivo del 32% del consumo di energia da fonti rinnovabili (RES) entro il 2030. La direttiva non prevede l'introduzione di target nazionali vincolanti, ma fissa un obiettivo collettivo a livello di Unione, stabilendo misure vincolanti per   determinati settori (energia elettrica, riscaldamento-raffrescamento e trasporti);

·       direttiva (UE) 2018/2002  dell’11 dicembre 2018, che aggiorna l’obiettivo in materia di efficienza energetica al 2030, fissandolo al 32,5% di efficienza energetica per l'Unione europea nel suo complesso;

·       il regolamento (UE) 2019/943 del 5 giugno 2019 e la direttiva (UE) 2019/944 del 5 giugno 2029 sul mercato interno dell'energia elettrica, volti a promuovere le interconnessioni e favorire i consumatori, cui vengono conferiti maggiori diritti, agevolandone la partecipazione al mercato come clienti attivi. La nuova normativa intende aumentare la concorrenza e abbassare i prezzi per gli utenti consentendo ai fornitori di energia elettrica di fissare in autonomia i prezzi. Norme in materia di scambi e responsabilità del bilanciamento sono previste per consentire al sistema dell'energia elettrica di adattarsi alla generazione variabile di energia da fonti rinnovabili. E’ compreso un nuovo quadro dei meccanismi di capacità, con un limite di emissione di 550 gr di CO2 di origine fossile per kWh di energia elettrica;

·       il regolamento (UE) 2019/941 del 5 giugno 2019, sulla preparazione ai rischi nel settore dell'energia elettrica, che garantirà la sicurezza dell'approvvigionamento di energia elettrica nelle situazioni di crisi. Le nuove norme intendono assicurare strumenti di prevenzione, preparazione e gestione di situazioni di crisi dell'energia elettrica, dovute a condizioni climatiche estreme, penuria di combustibile, attacchi dolosi, anche informatici. Il regolamento prevede che gli Stati membri elaborino piani di preparazione ai rischi sulla base degli scenari di crisi dell'energia elettrica a livello regionale e nazionale, e introduce forme di cooperazione e assistenza tra gli Stati membri in caso di crisi dell'energia elettrica;

·       il regolamento (UE) 2019/942 che riforma il ruolo e il funzionamento dell'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali di energia (ACER), rivedendo i compiti e le competenze della direzione e del comitato dei regolatori. Anche il ruolo di supporto svolto dall’agenzia nella supervisione normativa delle entità europee che operano nel settore dell'energia viene rafforzato.

 

Piano Nazionale Integrato per l’Energia ed il Clima

Il Piano Nazionale Integrato per l'Energia ed il Clima (PNIEC) è uno degli strumenti chiave richiesti dal c.d. pacchetto dell'UE sull'energia pulita.

Nel PNIEC sono infatti descritte le politiche e le misure nazionali finalizzate al raggiungimento degli obiettivi europei per il 2030 in linea con le 5 "dimensioni" dell'Unione dell'energia: decarbonizzazione, efficienza energetica, sicurezza energetica, mercato interno dell'energia, ricerca, innovazione e competitività.

Come previsto dall’articolo 9 del regolamento n. 2018/1999/UE sulla Governance dell'Unione dell'energia, il Ministero dello sviluppo economico (MISE) ha inviato alla Commissione europea, in data 8 gennaio 2019, la proposta di PNIEC i cui principali obiettivi, come sottolineato nel comunicato del MISE dell'8 gennaio scorso, sono:

·       una percentuale di produzione di energia da FER nei Consumi Finali Lordi di energia pari al 30%, in linea con gli obiettivi previsti per il nostro Paese dalla UE;

·       una quota di energia da FER nei Consumi Finali Lordi di energia nei trasporti del 21,6% a fronte del 14% previsto dalla UE;

·       una riduzione dei consumi di energia primaria rispetto allo scenario PRIMES 2007 del 43% a fronte di un obiettivo UE del 32,5%;

·       la riduzione dei "gas serra", rispetto al 2005, per tutti i settori non ETS del 33%, obiettivo superiore del 3% rispetto a quello previsto dall'UE.

Il testo definitivo del PNIEC, in base a quanto previsto dall’articolo 3 del citato regolamento sulla governance dell'Unione dell'energia, deve essere notificato alla Commissione europea entro il 31 dicembre 2019 e successivamente aggiornato (e conseguentemente ritrasmesso alla Commissione) con cadenza decennale.

Il 18 giugno la Commissione europea ha presentato la comunicazione “Uniti nel realizzare l’Unione dell’energia e azione per il clima: gettare le fondamenta della transizione all’energia pulita” (COM(2019)285) con cui valuta i piani nazionali per il clima e l’energia presentati in bozza dagli Stati membri.

Nella stessa data la Commissione europea ha presentato raccomandazioni puntuali per paese, tra cui la  raccomandazione sulla proposta di piano nazionale integrato per l'energia e il clima dell'Italia 2021-2030 (C(2019)4412).

Le raccomandazioni della Commissione si basano sulla valutazione del livello di ambizione nazionale risultante dalla proposta di PNEC rispetto al livello collettivo dello sforzo necessario per raggiungere gli obiettivi dell'Unione. Nel caso dell’Italia, in particolare, si basano sulle conclusioni contenute nel documento di lavoro (SWD (2019) 264), pubblicato nella stessa data e confermano le raccomandazioni specifiche già rivolte all’Italia nel contesto del semestre europeo, con cui si evidenziava la necessità d'investimenti nei settori del clima e dell’energia.

Le raccomandazioni intendono offrire supporto all’Italia nella elaborazione del PNEC definitivo entro il 31 dicembre 2019 e nella sua attuazione negli anni successivi: il regolamento (UE) 2018/1999 impone, infatti, agli Stati membri di tenere in debita considerazione le raccomandazioni della CE o, nel caso non volessero darne seguito, di pubblicarne la motivazione.

In particolare, tra le raccomandazioni indirizzate all’Italia, figurano le seguenti:

·       sostenere l’obiettivo fissato per il 2030 in materia di rinnovabili ed innalzare il livello di ambizione nel settore del riscaldamento/raffrescamento;

·       per quanto riguarda l’efficienza energetica verificare che gli strumenti illustrati permettano risparmi adeguati anche nel periodo 2021-2030;

·       precisare le misure di diversificazione e di riduzione della dipendenza energetica previste a sostegno degli obiettivi di sicurezza energetica; 

·       fissare tappe e calendari per la realizzazione delle riforme programmate dei mercati dell’energia (i mercati all’ingrosso del gas naturale e il funzionamento dei mercati al dettaglio dell’energia elettrica e del gas naturale);

·       precisare obiettivi e finanziamenti per ricerca, innovazione e competitività nel periodo 2021-2030;

·       svolgere consultazioni con i paesi limitrofi e nel gruppo ad alto livello sull’interconnessione del gas nell’Europa centrale e sudorientale (CESEC).

 

In Italia l’impiego delle fonti di energia rinnovabili si è andato consolidando in tutti i settori, elettrico, termico e dei trasporti, come evidenzia la Relazione del sul quadro energetico nazionale per il 2018, del Ministero per lo sviluppo economico, raggiungendo una quota del 18% sui consumi finali lordi di energia e superando l’obiettivo previsto dal target UE per il 2020. Secondo la stessa relazione, la quota di rinnovabili sale al 34,5% per il solo settore elettrico, favorito dal recupero della generazione idroelettrica reso possibile da condizioni climatiche favorevoli (maggiori precipitazioni). La relazione sottolinea il contributo del settore delle rinnovabili all’occupazione stimandolo in 58.000 unità di lavoro permanenti e circa 38.000 temporanee.

L’Italia resta uno dei Paesi dell’UE caratterizzato da maggiore efficienza energetica, con una intensità energetica primaria inferiore di circa il 18% rispetto alla media UE, anche grazie alle caratteristiche della propria industria manifatturiera, prevalentemente composta di PMI attive in settori a basso consumo energetico. Il 2018 ha tuttavia registrato una lieve flessione corrispondente ad un  incremento dell’intensità energetica del PIL (106,7 tonnellate equivalenti di petrolio, TEP). Appare dunque necessario migliorare in particolare in settori come quello dei trasporti dove la domanda di energia continua a crescere. Gli obiettivi nazionali di efficienza energetica per il 2020  prevedono una riduzione di 20 milioni di Tonnellate Equivalenti di Petrolio (TEP) al 2020.

 

Relazione del sul quadro energetico nazionale per il 2018, Ministero per lo sviluppo economico, giugno 2019

 

I piani nazionali per l’energia e il clima sono stati oggetto di discussione del Consiglio dell’UE Trasporti, telecomunicazioni ed energia del 24 settembre 2019, nel corso del quale numerosi Stati membri hanno dichiarato l’intenzione di elevare il livello di ambizione delle proprie proposte nella loro stesura definitiva.

 

 

 


Sessione II: una finanza per il clima

 

Come sottolineato nella nota introduttiva presentata dalla Presidenza finlandese in vista della Conferenza, l'obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5° rispetto ai livelli preindustriali richiede profonde modifiche in molti settori (energetico, dell'uso del suolo, urbanistico, dei trasporti e delle costruzioni) nonché nei sistemi industriali.  Tali modifiche implicano drastiche riduzioni delle emissioni, un vasto portafoglio di opzioni di mitigazione e un significativo flusso di investimenti per finanziarle.

La finanza per il clima, ossia l'insieme di strumenti finanziari e di flussi monetari che sostengono le attività di mitigazione e adattamento, è una parte centrale dell'Accordo di Parigi. La finanza per il clima si avvale di fondi pubblici, tuttavia questi non saranno sufficienti a cogliere le sfide poste a Parigi. Il settore privato gioca in questo caso un ruolo importante. Partership pubblico-private, investitori istituzionali, settore bancario, società civile e istituzioni scientifiche concorrerebbero tutte, secondo la presidenza, a sviluppare azioni e risposte coerenti con l'obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1.5°. La nota cita al riguardo alcune iniziative assunte già a vari livelli. Ricorda che la Banca mondiale e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo hanno rafforzato i loro portafogli a favore della finanza per il clima per sostenere i paesi in via di sviluppo nella transizione verso una crescita a basse emissioni e resiliente ai cambiamenti climatici. Nel settore privato, invece, le obbligazioni verdi costituiscono uno degli strumenti con cui i mercati finanziari sovvenzionano iniziative in ambito ambientale. Infine, la presidenza richiama la proposta della Commissione europea di istituire un quadro europeo volto a facilitare gli investimenti sostenibili (vd infra). 

 

Per finanza sostenibile si intende quel processo che prende in considerazione i fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) nell’adozione delle decisioni di investimento.

In questo modo, le scelte degli operatori dovrebbero finanziare attività che sono in grado di sostenere la crescita riducendo al contempo le pressioni sull'ambiente, le emissioni di gas a effetto serra, l'inquinamento, la produzione di rifiuti. Inoltre, la finanza sostenibile può accrescere la consapevolezza e la trasparenza riguardo ai rischi che possono avere un impatto sulla sostenibilità del sistema finanziario e la necessità per gli attori finanziari o aziendali coinvolti di mitigare tali rischi mediante una governance appropriata[2].

Elaborare una strategia europea in materia di finanza sostenibile è una delle priorità del progetto dell'Unione dei mercati dei capitali, lanciato dalla Commissione Junker per il periodo 2014-2020, nonché una delle principali misure di attuazione dell'Accordo di Parigi sul clima e dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (vd infra).

Come già evidenziato nel paragrafo relativo alla Sessione I, lo sviluppo di una finanza sostenibile è anche tra le priorità della prossima Commissione europea (2019-2024).

L'Unione dei mercati dei capitali (UMC) è un'iniziativa dell'Ue volta ad approfondire e integrare ulteriormente i mercati dei capitali degli Stati membri; si sostanzia in una serie di circa 70 azioni, legislative e non, descritte nel Piano d'azione del 2015 e nella revisione intermedia del 2017. La maggior parte delle azioni mira ad accrescere il volume degli investimenti effettuati sui mercati dei capitali e ad abbattere le barriere che ostacolano gli investimenti transfrontalieri.

L'Accordo di Parigi sul clima, siglato nel dicembre 2015 nell'ambito della 21a Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP21), e firmato il 22 aprile 2016 da oltre 170 Paesi. Adottato con decisione  1CP/21, entrerà in vigore dal 2021. Esso prevede un’azione globale per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra allo scopo di contenere a lungo termine l’aumento di temperatura del pianeta al di sotto dei 2° rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per contenerlo a 1,5°. Fondamentali a tale scopo sono gli INDC, ovvero i contributi volontari degli Stati in termini di riduzione delle emissioni nazionali climalteranti e di adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici. Gli INDC sono stati presentati dagli Stati al momento dell'adesione, e devono essere rinnovati ogni 5 anni sulla base di un meccanismo di revisione degli impegni assunti. Quelli dell'Ue, definiti dal Quadro 2030 per le politiche dell'energia e del clima adottato nell'ottobre 2014, sono stati presentati nel marzo 2015, e prevedono una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra almeno del 40% entro il 2030. Nel corso del vertice sull'azione per il clima del Segretario generale dell'Onu svoltosi a New York il 23 settembre 2019 i leader si sono impegnati a presentare INDC più ambiziosi entro il 2020, in linea con l'obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 45% nel prossimo decennio e di azzeramento netto delle stesse entro il 2050[3]. L'Accordo inoltre sostiene una finanza per il clima nella misura in cui prevede che i paesi più ricchi offrano un sostegno finanziario ai paesi più poveri per aiutarli a ridurre le loro emissioni e ad adattarsi ai cambiamenti climatici. La definizione degli importi è stata tenuta fuori dall'Accordo stesso ma i paesi industrializzati hanno confermato e rinnovato il loro impegno per garantire entro il 2020 un fondo annuale di 100 miliardi di dollari da estendere al 2025.

L'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU ed entrato in vigore il 1° gennaio 2016. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile - Sustainable Development Goals, SDGs - in un grande programma per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. L'obiettivo 13 (lotta al cambiamento climatico) esplicita l'esigenza di adottare azioni urgenti per combattere il cambiamento climatico e i suoi impatti, evidenziando come l'attuazione dell'Accordo di Parigi risulti essenziale per il raggiungimento degli obiettivi in materia di sviluppo sostenibile.

 

Il piano d'azione della Commissione europea per finanziare la crescita sostenibile

Nel marzo 2018 la Commissione europea  ha pubblicato il proprio Piano d'azione per finanziare la crescita sostenibile, che definisce la tabella di marcia per rafforzare il ruolo della finanza nella realizzazione di un'economia efficiente che consegua anche obiettivi ambientali e sociali.  

Il Piano d'azione si basa sulla Relazione di un Gruppo di esperti istituito dalla Commissione europea nel 2016, con l'incarico di fornire consulenza su come attirare capitali pubblici e privati verso investimenti sostenibili; identificare i passi da compiere per le istituzioni finanziarie e le autorità di vigilanza al fine di proteggere la stabilità dei sistemi finanziari dai rischi legati all'ambiente; diffondere tali politiche a livello paneuropeo. Nella Relazione finale, pubblicata nel gennaio 2018, il Gruppo forniva raccomandazioni strategiche per creare un sistema finanziario a favore degli investimenti sostenibili[4] e individuava due imperativi per il sistema finanziario europeo: 1) migliorare il contributo della finanza alla crescita sostenibile e inclusiva; 2) consolidare la stabilità finanziaria attraverso l’integrazione dei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) nelle decisioni di investimento. L'istituzione del Gruppo di esperti era già stata annunciata nella Comunicazione "Unione dei mercati dei capitali - Accelerare le riforme".

Il Piano d'azione fa parte degli sforzi messi in atto nell'ambito dell'Unione dei mercati dei capitali per collegare la finanza alle esigenze specifiche dell'economia europea.

La Commissione europea ricorda innanzitutto che, con l'Accordo di Parigi sul clima e l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, i Governi del mondo si sono impegnati in un percorso volto a rendere il pianeta e l'economia più sostenibili.

In particolare, l'Accordo di Parigi prevede l'impegno ad allineare i flussi finanziari al percorso verso uno sviluppo a basse emissioni di carbonio e resiliente ai cambiamenti climatici (articolo 2, lettera c).

Il Piano sottolinea poi l'impegno dell'Unione europea nella transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, più efficiente dal punto di vista delle risorse e più sostenibile[5].

Richiama quindi il ruolo del settore finanziario nel gestire tale processo di transizione.

Per raggiungere gli obiettivi dell'Ue delle emissioni di gas a effetto serra fissati nel Quadro 2030 per l'energia e il clima e confluiti nell'Accordo di Parigi, all'Unione europea occorreranno circa 180 miliardi di euro l'anno in investimenti aggiuntivi nel settore dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili. A ciò si aggiungono le perdite economiche dovute a condizioni meteorologiche estreme che, con riferimento all'arco temporale 2000-2016 stimato nel Piano, sono aumentate a livello mondiale dell'86% (117 miliardi di euro). Inoltre, più del 50% dell'esposizione al rischio delle banche della zona euro è direttamente o indirettamente collegata ai rischi derivanti dai cambiamenti climatici.

L'Unione europea ha già attivato il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) al fine di attirare gli investimenti necessari: almeno il 40% degli investimenti riguarda progetti a sostegno delle azioni per il clima.  Tuttavia l'entità degli investimenti richiesti va oltre le capacità del solo settore pubblico. Per ovviare alla carenza di investimenti occorre pertanto riorientare in modo significativo i flussi di capitale privato verso investimenti più sostenibili e procedere a un ripensamento globale del quadro finanziario europeo.

A tale fine il Piano d'azione a mira a:

1. riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili al fine di realizzare una crescita sostenibile e inclusiva;

2. gestire i rischi finanziari derivati dai cambiamenti climatici, l’esaurimento delle risorse, il degrado ambientale e le questioni sociali;

3. promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine nelle attività economico-finanziarie.

A tale scopo la Commissione europea ha previsto una serie di azioni chiave che vede il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati nel settore finanziario. Tra esse:

·       Creare un linguaggio comune per la finanza sostenibile, ossia un sistema unificato di classificazione dell'Ue o “tassonomia” per definire ciò che è sostenibile e identificare gli ambiti in cui gli investimenti sostenibili possono incidere maggiormente.

·       Creare marchi Ue per i prodotti finanziari verdi sulla base di questo sistema di classificazione dell'Ue, permettendo così agli investitori di individuare agevolmente gli investimenti che rispettano i criteri ambientali o di basse emissioni di carbonio.

·       Chiarire l'obbligo, per i gestori di attività e gli investitori istituzionali, di tenere conto dei fattori di sostenibilità nel processo di investimento e di rendere più stringenti gli obblighi di comunicazione.

·       Imporre alle imprese di assicurazione e di investimento di tenere conto, nell'ambito del servizio di consulenza, delle preferenze dei clienti in materia di sostenibilità.

·       Integrare la sostenibilità nei requisiti prudenziali. La Commissione si è impegnata ad esaminare la fattibilità di una revisione dei requisiti patrimoniali delle banche per gli investimenti sostenibili, quando si giustifica sotto il profilo del rischio, al tempo stesso assicurando la tenuta della stabilità finanziaria Si tratta del cosiddetto "fattore di sostegno verde", un fattore di ponderazione specifico per gli investimenti sostenibili, che riduce il "peso" di tali attività nel processo di determinazione dei requisiti di capitale.

·       Migliorare la trasparenza per quanto riguarda le comunicazioni societarie: la Commissione propone di rivedere le linee guida sulle informazioni non finanziarie.

Misure attuative del Piano d'azione

Nel maggio 2018 la Commissione europea, in attuazione di alcune delle suddette azioni, ha presentato un pacchetto di tre proposte legislative, di cui una già approvata, composto da:

·       Una proposta di regolamento che definisce un sistema armonizzato di classificazione (tassonomia) degli investimenti sostenibili (COM(2018)353)

·         La proposta definisce criteri comuni per stabilire se un’attività economica è ecosostenibile. La Commissione individuerà nel tempo le attività che soddisfano tali criteri, tenendo conto delle pratiche e delle iniziative attuali del mercato e avvalendosi della consulenza di un gruppo tecnico di esperti (vd infra). L'obiettivo è quello di chiarire agli operatori economici e agli investitori quali attività sono considerate sostenibili, al fine di semplificare e orientare al meglio le decisioni di investimento. La proposta è stata approvata dal Parlamento europeo in prima lettura nel marzo 2019. Il Consiglio dell'Ue ha adottato la propria posizione sulla proposta il 25 settembre scorso, dando il via libera all'avvio dei negoziati con il Parlamento europeo.

·         Una proposta di regolamento relativa agli obblighi degli investitori e gli adempimenti informativi (COM(2018)354)

·         La proposta, che si riferisce esclusivamente agli investimenti provenienti dal settore privato, crea obblighi di trasparenza per i partecipanti ai mercati finanziari (quali gestori di patrimoni, compagnie di assicurazione, fondi pensione e  consulenti finanziari) per quanto riguarda l’integrazione dei rischi per la sostenibilità nel processo decisionale o, se del caso, nel processo di consulenza relativo agli investimenti e a prodotti finanziari che hanno come obiettivo investimenti sostenibili, compresa la riduzione delle emissioni di carbonio. Essa mira ad integrare in modo coerente le considerazioni ambientali, sociali e di governance (Environmental, Social and Governance considerations, ESG) nel processo di investimento e di consulenza nei vari settori. Gli investitori dovranno dimostrare in che modo i loro investimenti si allineano con gli obiettivi ESG e rendere noto come adempiono agli obblighi previsti. La proposta è stata approvata nel giugno 2019 e si attende la pubblicazione del testo definitivo sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

 

·       Una proposta di regolamento in materia di indici per gli investimenti a basse emissioni di carbonio (COM2018)355).

·         L'iter di approvazione della proposta è in fase avanzata. Nel febbraio 2019 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo politico su un testo di compromesso che nel marzo 2019 è stato approvato dal Parlamento europeo in prima lettura.

·         La proposta modifica la normativa vigente relativa agli indici di investimento a basse emissioni di carbonio al fine di creare un quadro armonizzato che consenta di migliorare le condizioni di funzionamento del mercato interno e di garantire un livello elevato di protezione dei consumatori e degli investitori. Introduce, a tale scopo, due nuove categorie indici di riferimento di basse emissioni di carbonio che consentiranno agli investitori che desiderano adottare una strategia di investimento rispettosa del clima di orientare la loro scelta. Si tratta, secondo l'ultima versione del testo, di un indice di riferimento Ue di transizione climatica e di un indice di riferimento Ue allineato con l'Accordo di Parigi. Il primo si riferisce alle attività che si conformano ad una traiettoria di decarbonizzazione, il secondo a quelle allineate all'obiettivo di limitare il riscaldamento globale a lungo termine, come previsto dall'Accordo di Parigi. Questi nuovi indici sono volti a fornire garanzie supplementari per evitare il "greenwashing", ossia che gli investitori vengano ingannati da dichiarazioni fuorvianti o infondate circa i benefici ambientali di un indice di riferimento. Un gruppo tecnico di esperti dovrà fornire consulenza alla Commissione europea su come selezionare le società che possono essere incluse nei nuovi indici di riferimento.

Come afferma la Commissione europea le suddette misure sono tese a "sfruttare appieno l'influenza del settore finanziario per contrastare i cambiamenti climatici". A tal proposito la Commissione ricorda che "L'importo delle perdite riconducibili a eventi catastrofici e coperte dalle assicurazioni nel 2017 ammonta a 110 miliardi di euro, la cifra più alta mai registrata". Inoltre, prosegue la Commissione "molti degli investimenti odierni rischiano di rivelarsi inutili se non affrontiamo in tempo la realtà del riscaldamento globale. Infine, dovremmo sfruttare al meglio le opportunità commerciali offerte dalle attività economiche sostenibili. Il settore finanziario dell'Ue ha il potenziale di far crescere esponenzialmente la finanza sostenibile e diventare capofila mondiale in questo campo"[6].

Nel luglio 2018 la Commissione europea ha istituito un Gruppo di esperti ad alto livello sulla finanza sostenibile (TEG), il cui mandato è stato poi esteso fino alla fine del 2019, incaricato di assisterla nello sviluppo del sistema di tassonomia, di uno standard Ue di bond verdi (GBS), di metodologie per la creazione di indici di basse emissioni di carbonio, e di parametri per le comunicazioni relative al clima.

Il 18 giugno 2019 il Gruppo ha presentato tre relazioni[7], accolte con favore dalla Commissione europea.

La prima relazione tecnica, in materia di tassonomia, getta le basi per la futura legislazione in materia. La Relazione contiene, tra l'altro, criteri di screening per 67 attività in 8 settori che possono fornire un contributo essenziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici nonché una guida per gli investitori per orientarli all'uso della tassonomia.

La seconda relazione, attinente ad uno standard Ue per le obbligazioni verdi (GBS), raccomanda criteri chiari e comparabili per l'emissione di tali obbligazioni, determinando quali attività rispettose per l'ambiente possano essere finanziate con esse. Il gruppo di esperti propone alla Commissione di creare uno standard Ue volontario, non legislativo, che rafforzi l'efficacia, la trasparenza, la comparabilità e la credibilità del mercato delle obbligazioni verdi e che incoraggi chi vi partecipa ad emetterle e a investire in esse.

Infine, la terza relazione, che riguarda gli indici di riferimento dell'Ue per il clima e la comunicazione di informazioni sui fattori ESG, definisce la metodologia e i requisiti tecnici minimi per tali indici al fine di consentire agli investitori che desiderano adottare una strategia di investimento rispettosa del clima di orientare le loro scelte e di affrontare il rischio di "greenwashing".

Si ricorda inoltre che il 18 giugno scorso la Commissione europea ha pubblicato gli orientamenti sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario. Si tratta di linee guida che offrono alle imprese indicazioni pratiche su come comunicare al meglio sia l'impatto delle loro attività sul clima che l'impatto dei cambiamenti climatici sulle loro attività.

Il 21 marzo 2019 la Commissione europea ha inoltre organizzato la seconda Conferenza di alto livello sulla finanza sostenibile, volta ad incoraggiare un approccio globale alla finanza sostenibile e a fornire l'occasione di discutere modi per attirare i capitali privati verso progetti sostenibili.

 

Finanziamenti dell'Unione europea per il clima

L'Unione europea ha dedicato il 20% del bilancio 2014-2020 ad azioni per clima, per un ammontare di 206 miliardi di euro.

Nell'ambito del Programma LIFE per l'ambiente e l'azione per il clima, che dispone di una dotazione finanziaria di 3,4 miliardi di euro, tra il 2014 e il 2020 sono stati destinati 864 milioni di euro al cofinanziamento di progetti relativi al clima.

Il sottoprogramma "Azione per il clima" del Programma LIFE sostiene le autorità pubbliche, le organizzazioni non governative e i settori privati, in particolare le piccole e medie imprese, nello sviluppo di tecnologie, metodi e approcci in grado di ridurre le emissioni di carbonio.

Orizzonte 2020, il programma di finanziamento della Commissione europea per la ricerca e l’innovazione per il 2014-2020, considera l'azione per il clima quale una delle principali azioni trasversali a cui è dedicato più del 35% del budget complessivo (ammontante a 80 miliardi euro).

Il Programma NER 300 è uno dei maggiori programmi di finanziamento al mondo per i progetti legati all'innovazione tecnologica volta a ridurre l'impatto di emissioni del settore energetico. Complessivamente i finanziamenti erogati ammontano a 2,1 miliardi di euro.

Per il prossimo Quadro finanziario pluriennale (QFP 2021-2027) la Commissione europea ha proposto di destinare il 25% del bilancio (320 miliardi di euro) al raggiungimento degli obiettivi climatici e di fissare un obiettivo più ambizioso di integrazione degli aspetti climatici in tutti i programmi dell'Ue.

Inoltre, nell'ambito dei futuri programmi di spesa settoriali la Commissione europea ha proposto di aumentare sensibilmente la dotazione dell'attuale Programma LIFE per il clima e l'ambiente portandola a 5,4 miliardi di euro (+70,3%).

La Commissione europea ha istituito, in collaborazione con la BEI, il Fondo Europeo per l'Efficienza Energetica (EEEF), una partnership pubblico-privata impegnata nella lotta ai cambiamenti climatici che mira a  supportare gli obiettivi di mitigazione del cambiamento climatico dell'Unione europea al 2050[8], al fine di promuovere un mercato dell’energia sostenibile e la protezione del clima. Il fondo mira quindi a: contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici; raggiungere la propria sostenibilità economica; attrarre capitali privati e pubblici verso il finanziamento della lotta al cambiamento climatico. La capitalizzazione iniziale fornita dalla Commissione europea (125 milioni di euro) è stata poi accresciuta grazie ai contributi degli sponsor Banca Europea per gli Investimenti, Cassa Depositi e Prestiti e Deutsche Bank.

L'Unione europea è inoltre il maggior contribuente di finanziamenti internazionali per il clima a favore dei paesi in via di sviluppo e il primo donatore di aiuti al mondo: complessivamente eroga più della metà di tutta l'assistenza pubblica allo sviluppo. I cambiamenti climatici sono sempre più integrati nella strategia di sviluppo dell'Ue in senso generale.

Attualmente, in base al Quadro finanziario pluriennale in corso (2014-2020):

Inoltre, l'Ue e gli Stati membri sono andati al di là dell'impegno di fornire 7,2 miliardi di euro a titolo di "finanziamento rapido" nel periodo 2010-2020 per azioni immediate sul campo nei paesi in via di sviluppo, erogando 7,34 miliardi di euro.

L'Unione europea contribuisce poi all'obiettivo dei paesi sviluppati di rendere disponibili congiuntamente 100 miliardi di dollari all'anno fino al 2020 a sostegno dei paesi in via di sviluppo. Con l'Accordo di Parigi tale termine è stato prorogato al 2025. I fondi proverranno da fonti pubbliche e private, bilaterali e multilaterali, nonché da fonti alternative di finanziamento nel contesto di azioni significative di mitigazione.

Il Fondo verde per il clima (GCF) è stato istituito alla Conferenza sul clima di Cancún (COP 16) nel 2010. Questo fondo dell'ONU svolge un ruolo centrale per convogliare le risorse finanziarie verso i paesi in via di sviluppo e catalizzare i finanziamenti privati per il clima. L'Ue e gli Stati membri si sono impegnati a fornire quasi la metà delle risorse del fondo, circa 4,7 miliardi di dollari. In occasione della prima Conferenza dei donatori del Fondo, nel novembre 2014, l'Italia si è impegnata a contribuire alla prima capitalizzazione con una cifra pari a 250 milioni di euro. In seguito poi ad un accordo tra il Ministero dell'ambiente e la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS) che agisce in qualità di fiduciario del GCF, l'Italia ha stabilito di corrispondere 50 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2016-2018, come previsto dalla Legge n. 204 del 4 novembre 2016 con la quale l'Italia ha ratificato l'Accordo di Parigi. Il Consiglio europeo svoltosi il 20-21 giugno scorsi ha riaffermato l'impegno dell'Ue e degli Stati membri ad adoperarsi a favore di un processo di ricostituzione tempestivo, ben gestito e riuscito del  suddetto Fondo.

 

Il Dialogo nazionale dell'Italia sulla finanza sostenibile

Nel febbraio 2016 è stato avviato in Italia il Dialogo nazionale per la finanza sostenibile, promosso dal Ministero dell'Ambiente e dal programma ambientale delle Nazioni Unite. Il dialogo ha visto il coinvolgimento di istituzioni finanziarie e soggetti protagonisti dei mercati bancario, assicurativo, della gestione del risparmio e dei capitali.

Come si legge nel Rapporto conclusivo[9] presentato presso la Banca d'Italia il 6 febbraio 2017, il dialogo si è incentrato soprattutto sulla dimensione ambientale della sostenibilità, richiamando il concetto di finanza verde o green finance. Questa non mira solo alla mobilitazione delle risorse finanziarie necessarie per le politiche e i progetti ambientali, ma ad allineare tutte le attività finanziarie alle esigenze di sostenibilità (finanza “più verde”).

Il Rapporto evidenzia come l'Italia si trovi di fronte all’opportunità strategica di orientare il proprio sistema finanziario al fine di sostenere la transizione verso un modello di sviluppo a bassa intensità di carbonio, inclusivo e sostenibile, che rafforzi l'azione di contrasto al cambiamento climatico. Sottolinea, in tale quadro, l'esigenza di dissociare la crescita economica dall’impatto ambientale (decoupling).

Il Dialogo - promosso per individuare le possibili azioni volte a migliorare l’integrazione dei fattori di sostenibilità nelle strategie e nei processi decisionali del settore finanziario italiano - ha registrato un crescente livello di consapevolezza e di iniziative tra le istituzioni finanziarie, nei mercati bancario, assicurativo, della gestione del risparmio e dei capitali.

Le banche, gli operatori dei mercati dei capitali e gli investitori istituzionali stanno progressivamente cominciando ad integrare i fattori sociali e ambientali nei processi decisionali di allocazione dei capitali. La finanza pubblica giocherà un ruolo chiave nel promuovere questo cambiamento, ma la maggior parte dei capitali richiesti non potrà che arrivare che dal settore privato, si evidenzia.

A titolo di esempio, stando al rapporto, in Italia: tra il 2007 e il 2014 le banche hanno erogato prestiti a sostegno di progetti di produzione di energia da fonti rinnovabili per circa 27 miliardi di euro; sono stati investiti 738 milioni di euro in obbligazioni  a  sostegno  di  progetti di lotta al cambiamento climatico; è sempre più diffusa l’integrazione  dei  fattori  ESG  tra  i  criteri  di  selezione  degli  investimenti  e  nell’attività di gestione dei fondi di private equity (PE).

 

Sul piano internazionale, il Rapporto sottolinea che la cooperazione avrà un ruolo crescente grazie alla partecipazione dell’Italia al Gruppo di Studio per una Finanza Verde (Green Finance Study Group) creato dal G20 e alla Task Force per la trasparenza finanziaria sui temi del cambiamento climatico attivata dal Comitato per la Stabilità Finanziaria (Financial Stability Board).

Tuttavia, questi sviluppi non hanno ancora prodotto un impatto sistematico nella finanza tradizionale per una serie di fattori (ad esempio processi di decisione finanziaria troppo a breve termine, scorretta determinazione dei prezzi sotto il profilo ambientale, insufficiente informazione sulle minacce ambientali) che impediscono di creare un flusso di capitali sufficienti per la green economy.

Al fine di rafforzare la finanza sostenibile, il Dialogo ha individuato quindi 18 azioni articolate in quatto aree di intervento:

1)    Mettere a punto un quadro regolamentare favorevole.

2)    Stimolare l'innovazione finanziaria nelle aree prioritarie.

3)    Migliorare l'infrastruttura di mercato in termini di trasparenza e governance.

4)    Rafforzare le capacità, la consapevolezza e le conoscenze.

Nell'ambito della prima area di intervento il Rapporto propone dei controlli sistemici da parte della Banca d’Italia e degli altri regolatori dei mercati, che potrebbero utilizzare il patrimonio di informazioni e di conoscenza di cui dispongono per valutare le implicazioni del cambiamento climatico sull’economia e sul sistema finanziario italiani e suggerire misure per la diffusione delle buone pratiche da parte degli operatori finanziari.

Tra le altre azioni proposte figurano l'adozione di una strategia governativa per rafforzare il ruolo della finanza, la rimozione di sussidi "che incentivano attività e comportamenti dannosi per l'ambiente", la creazione di strumenti finanziari più sofisticati per le PMI attive nella green economy, il miglioramento della trasparenza e della governance dei mercati, la realizzazione di campagne di informazione e formazione in termini di finanza sostenibile.

 

 

 

 



[1] L'importo del finanziamento disponibile con il Fondo per l'innovazione corrisponde ad un valore di mercato minimo di 450 milioni di quote di emissione.

[2] Fonte: Commissione europea. https://ec.europa.eu/info/business-economy-euro/banking-and-finance/sustainable-finance_it

 

[3] Si veda al riguardo il Comunicato stampa.

[4] Al riguardo si veda il Comunicato stampa della Commissione europea.

[5] Si vedano al riguardo il quadro per l'energia e il clima 2030,  l'Unione dell'energia, il piano d'azione per l'economia circolare e l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

[6] Si veda il Comunicato stampa del 24 maggio 2018.

[7] Le relazioni sono disponibili in lingua inglese.

[8] Gli obiettivi prevedono un abbattimento almeno del 40% delle emissioni di CO2 equivalente, l’aumento del 27% del ricorso ad energie rinnovabili e un miglioramento dell’efficienza energetica almeno del 27%.

[9] Si tratta di una sintesi in italiano, della versione integrale disponibile in lingua inglese.