Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea |
Titolo: | Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell'UE - Helsinki, 30 settembre - 1 ottobre 2019 |
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 29 |
Data: | 25/09/2019 |
Organi della Camera: | V Bilancio, XIV Unione Europea |
XVIII LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
Riunioni Interparlamentari
Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell’UE
Helsinki, 30 settembre – 1 ottobre 2019
Senato della Repubblica Servizio Studi Dossier europei n. 64 |
Camera dei deputati Ufficio Rapporti con l’Unione europea n.29 |
Servizio Studi
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Dossier europei n. 64
Ufficio rapporti con l’Unione europea
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Dossier n. 29
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INDICE
Ordine del giorno
I Sessione - Governance economica nell’Unione economica e monetaria: quale futuro?
Vertice euro del 21 giugno 2019
Strumento di bilancio per la convergenza e la competitività della zona euro
Revisione del Meccanismo europeo di stabilità
Pacchetto di proposte della Commissione europea (dicembre 2017)
Nuovi strumenti di bilancio per la zona euro
L'attuazione della Strategia Europa 2020
Obiettivi e strumenti per i prossimi anni
III Sessione - Come stimolare gli investimenti pubblici e privati nell'UE?
Il piano Juncker e il Fondo europeo per gli investimenti strategici
Il nuovo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e il Fondo InvestEU
Il programma von der Leyen e il Green Deal
IV Sessione - Come supportare le innovazioni per una crescita sostenibile?
Il contributo della ricerca e dell’innovazione per un’economia dell’UE sostenibile
Programmi quadro dell’UE per la ricerca e l’innovazione
Piano di investimenti per l'Europa
Piano d'azione per finanziare la crescita sostenibile
Il Parlamento finlandese organizza, nell'ambito della dimensione parlamentare del proprio Semestre di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, la Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell’Unione europea.
L'ordine del giorno prevede che, dopo la consueta riunione dei gruppi politici, siano affrontati i seguenti argomenti:
· Governance economica nell’Unione economica e monetaria: quale futuro?
· Oltre la Strategia Europa 2020 per la crescita e l'occupazione: nuovi obiettivi e nuovi indicatori?
· Come stimolare gli investimenti pubblici e privati nell'UE?
· Come supportare le innovazioni per una crescita sostenibile?
Si ricorda che la Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell'Unione (SCEG) è stata istituita sulla base dell’art. 13 del Trattato cd. Fiscal Compact, il quale stabilisce che “il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali delle parti contraenti determinino insieme l’organizzazione e la promozione di una conferenza dei rappresentanti delle pertinenti commissioni del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali ai fini della discussione delle politiche di bilancio e di altre questioni rientranti nell'ambito di applicazione del medesimo Trattato”.
Il regolamento della Conferenza stabilisce che:
· essa si riunisce almeno due volte l'anno, in coordinamento con il ciclo del Semestre europeo;
· è composta dalle delegazioni delle competenti commissioni dei Parlamenti nazionali degli Stati membri dell'UE e del Parlamento europeo. Ciascun Parlamento determina la composizione e la dimensione della propria delegazione;
· opera sulla base del principio del consenso;
· il Parlamento della Presidenza può presentare conclusioni non vincolanti, in esito a ciascuna riunione. Nel primo semestre di ogni anno le conclusioni vengono presentate insieme al Parlamento europeo;
· il Presidente del Consiglio europeo, il Presidente dell’Eurogruppo e i membri competenti della Commissione Europea e di altre istituzioni UE sono invitati alla Conferenza per definire le priorità e le strategie dell'UE nelle materie oggetto della Conferenza stessa.
Schede di lettura
Per Unione economica e monetaria (UEM) s'intende un processo volto ad armonizzare le politiche economiche e monetarie degli Stati membri dell'UE con l'obiettivo ultimo della creazione di una moneta unica, l'euro.
Secondo l'articolo 3, paragrafo 4, del Trattato sull'Unione europea (TUE), l'Unione istituisce un'unione economica e monetaria la cui moneta è l'euro, mentre l'articolo 119 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) stabilisce che l'UE e gli Stati membri coordinino la loro politica economica e definiscano e attuino una politica monetaria e una politica del cambio uniche.
L'UEM comprende in particolare:
Tutti gli Stati membri dell'UE partecipano all'unione economica e coordinano le loro politiche economiche e di bilancio, mentre i Paesi che hanno già adottato l'euro partecipano anche all'unione monetaria.
L'area euro è attualmente formata da tutti i Paesi dell'UE ad eccezione di: Bulgaria, Croazia, Danimarca, Polonia, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Svezia, Ungheria. Ad eccezione del Regno Unito e della Danimarca, tutti gli Stati membri non appartenenti alla zona euro si sono giuridicamente impegnati ad aderire all'euro.
Per accedere all'euro uno Stato membro deve rispettare una serie di criteri in materia di stabilità economica e finanziaria (cosiddetti criteri di convergenza). I criteri fondamentali sono: stabilità dei prezzi (tasso di inflazione e tassi di interesse a lungo termine entro determinati limiti); finanze pubbliche sane (disavanzo pubblico non superiore al 3% del PIL; finanze pubbliche sostenibili (debito pubblico non superiore al 60% del PIL). Inoltre, deve avere una banca centrale indipendente.
Attualmente l'UEM è disciplinata da norme di rango primario (contenute nei Trattati) e secondario, alle quali, nel tempo, si sono aggiunti accordi intergovernativi (quali il Trattato cd. Fiscal Compact e il Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità, MES) e misure - anche di natura non legislativa - intese a rafforzare i vincoli di finanza pubblica e introdurre una cornice comune per le politiche economiche degli Stati membri. L'architettura istituzionale dell'UEM è un sistema misto particolarmente complesso i cui principali soggetti sono:
Partendo dal presupposto che l'attuale assetto dell'UEM non ha consentito di rispondere con tempestività ed efficacia alla grave crisi economico-finanziaria esplosa nel 2008 e che, in assenza di efficaci strumenti ordinari, l'UE ha dovuto ricorrere a misure eccezionali (il Piano Juncker e, soprattutto, il programma Quantitative easing della BCE) e facendo, altresì, seguito alle indicazioni espresse nel 2015 dalla "Relazione dei cinque Presidenti", la Commissione europea ha presentato, nel maggio 2017, un "Documento di riflessione", che ha prospettato un complesso organico di misure per l'approfondimento dell'UEM, e, successivamente, il 6 dicembre 2017, una tabella di marcia per l'adozione delle suddette misure fino al 2025 e un primo pacchetto di proposte (Vedi infra).
Occorre, tuttavia, rilevare che la tabella di marcia della Commissione europea prevede che talune misure, pur essenziali ai fini del rafforzamento dell'UEM, siano rinviate a una fase successiva (2019-2025). Tra queste ultime, in particolare rientrano l'emissione comune di titoli di debito equiparabili ai titoli del Tesoro degli Stati Uniti, la creazione di un Tesoro della zona euro e la semplificazione delle norme del Patto di stabilità e crescita.
Parallelamente, il Vertice euro (in formato inclusivo a 27) ha iniziato a discutere del futuro dell'UEM e dell'Unione bancaria: i leader dell'UE hanno invitato l'Eurogruppo a lavorare su una serie di misure per la riforma dell'UEM; sulla scorta dei lavori dell'Eurogruppo, che sono tuttora in corso, il Vertice euro del 21 giugno 2019 ha preso importanti decisioni su alcune misure di riforma dell'UEM (Vedi infra).
Infine, il 12 giugno 2019, la Commissione europea ha presentato una nuova comunicazione sull'approfondimento dell'UEM con la quale ha tracciato un bilancio dei progressi compiuti dalla Relazione dei cinque presidenti e ha fatto il punto sui lavori in corso e sulle riforme da completare entro il 2025 (Vedi infra).
Si segnala che, in materia di economia e finanza, la Presidenza finlandese del Consiglio dell’UE (secondo semestre 2019), ha posto tra le sue priorità la semplificazione del coordinamento delle politiche economiche. A tal proposito, la Presidenza finlandese ha affermato che intende consultare i Ministri delle finanze degli Stati membri sul funzionamento del quadro di coordinamento delle politiche economiche dell'UE al fine di dare un contributo al prossimo riesame del "six-pack" e del "two-pack", con l'obiettivo principale di esplorare le possibilità di semplificazione delle regole di bilancio.
In conformità a quanto concordato nella riunione del 14 dicembre 2018, il Vertice euro del 21 giugno 2019, nel suo formato esteso a 27 Stati membri, ha discusso della riforma dell'UEM e in particolare di:
Al termine della riunione, è stata adottata una dichiarazione con la quale si accolgono con favore i progressi compiuti in sede di Eurogruppo sul rafforzamento dell'Unione economica e monetaria, come illustrato nella lettera inviata dal presidente dell'Eurogruppo il 15 giugno 2019, e si invita l'Eurogruppo in formato inclusivo a proseguire i lavori su tutti gli elementi di questo pacchetto globale. Il Vertice euro ha altresì preso atto dell'ampio accordo raggiunto dall'Eurogruppo:
Infine, il Vertice euro attende con interesse la prosecuzione dei lavori tecnici sull'ulteriore rafforzamento dell'unione bancaria.
Per ulteriori approfondimenti, in particolare sulla revisione del trattato del Meccanismo europeo di stabilità (MES), si veda il dossier "Vertice euro del 21 giugno 2019".
Si ricorda, inoltre, che il 12 giugno 2019 la Commissione europea ha presentato la comunicazione "Approfondimento dell'Unione economica e monetaria dell'Europa: un bilancio a quattro anni dalla relazione dei cinque presidenti", con la quale, proprio in vista del Vertice euro del 21 giugno 2019, ha tracciato un bilancio dei progressi compiuti nell'approfondimento dell'UEM dalla relazione dei cinque presidenti del 2015 e ha invitato gli Stati membri ad adottare ulteriori misure concrete. In particolare la Commissione europea ha invitato i leader dell'UE a:
Il Vertice euro del 14 dicembre 2018 ha incaricato l'Eurogruppo di lavorare all'elaborazione, alle modalità di esecuzione e alle tempistiche di uno Strumento di bilancio per la convergenza e la competitività della zona euro e, su base volontaria, degli Stati membri dell'Exchange Rate Mechanism (ERM II - Accordo europeo sul cambio), che farà parte del bilancio dell'UE, al fine di concordare le caratteristiche dello strumento di bilancio nel giugno 2019.
A maggio 2018 la Commissione europea ha proposto due nuovi strumenti di bilancio a sostegno della stabilità e della convergenza della zona euro e segnatamente: un nuovo programma di sostegno alle riforme e una funzione europea di stabilizzazione degli investimenti (Vedi supra).
A novembre 2018 Francia e Germania, sulla base di quanto avevano deliberato con la Dichiarazione di Meseberg del giugno precedente, hanno proposto un bilancio dell'Eurozona volto a promuovere la competitività, la convergenza e la stabilizzazione nell'area dell'euro. Tale strumento sarebbe parte del bilancio dell'UE e sarebbe finanziato in modo particolare dai contributi degli Stati della zona euro, trasferiti al bilancio unionale in conformità a un accordo intergovernativo.
In seguito, l'Eurogruppo del 3 dicembre 2018 ha discusso le proposte della Commissione europea sulla funzione di stabilizzazione e sul programma di sostegno alle riforme, quella franco-tedesca e anche altri possibili elementi di una funzione di stabilizzazione, compreso lo schema di un'assicurazione contro la disoccupazione. In tale sede è emerso un possibile consenso per uno strumento di bilancio dell'Eurozona, inserito nel prossimo QFP, che si occupi fondamentalmente di supportare la convergenza e la competitività, mentre lo stesso sostegno non si è riscontrato in merito alla proposta relativa alla funzione di stabilizzazione.
Nell'Eurogruppo del 13 giugno 2019 è stato approvato un documento riassuntivo concernente i principi generali dello Strumento, le sue principali caratteristiche, il finanziamento e la governance. Tra l'altro, lo Strumento sosterebbe le riforme strutturali e agli investimenti pubblici, in linea con le indicazioni del Semestre europeo, gli Stati membri della zona euro presenterebbero in maniera volontaria proposte di investimenti e di riforma, che sarebbero valutate dalla Commissione europea con criteri trasparenti, e sempre gli Stati membri della zona euro, riuniti in sede di Consiglio e di Eurogruppo/Vertice euro, fornirebbero orientamenti strategici in linea con la raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro. Infine, lo Strumento dovrebbe essere adottato sulla base di una proposta legislativa della Commissione europea.
Il 24 luglio 2019 la Commissione europea ha quindi presentato una proposta di regolamento concernente il quadro di governance dello Strumento, che sarebbe istituito nell'ambito della proposta di regolamento COM(2018)391 relativa al programma di sostegno alle riforme (Vedi infra) e farebbe parte del bilancio dell'Unione (l'entità sarebbe determinata nel contesto dei negoziati sul prossimo bilancio a lungo termine dell'UE per il periodo 2021-2027).
La proposta prevede che il Consiglio, a seguito di discussioni in seno all'Eurogruppo, definisca ogni anno orientamenti strategici sulle riforme e le priorità di investimento per l'intera zona euro e che, successivamente, adotti una raccomandazione con orientamenti specifici per Paese rivolta a ciascuno Stato membro della zona euro per quanto concerne le riforme e gli investimenti da sostenere nell'ambito dello Strumento.
Entrambe le fasi e l'attuazione dello Strumento, secondo la proposta, saranno pienamente integrate e coerenti con le fasi e gli orientamenti previsti nell'ambito del Semestre europeo.
In particolare, quindi, secondo la proposta della Commissione europea, il nuovo quadro dovrebbe consentire agli Stati membri della zona euro di:
Facendo seguito al mandato ricevuto dai leader dell'UE in occasione del Vertice euro del 14 dicembre 2018, l'Eurogruppo del 13 giugno 2019 ha raggiunto un ampio accordo sulla revisione del trattato del Meccanismo europeo di stabilità (MES), i cui principali contenuti sono riportati in una lettera del Presidente Centeno indirizzata al Presidente del Consiglio europeo in vista del Vertice euro del 21 giugno 2019.
Le modifiche concordate al trattato del MES, sulle quali il Presidente dell'Eurogruppo ha espresso l'auspicio che si possa trovare un accordo complessivo sull'intero pacchetto di riforme entro la fine del 2019, in modo da consentire un immediato avvio del processo di ratifica negli Stati membri, riguardano, in particolare, questioni quali il sostegno comune (backstop) per la risoluzione delle banche, gli strumenti precauzionali nonché gli aspetti istituzionali e la questione della cooperazione tra il MES e la Commissione europea nell'ambito dei programmi e al loro esterno.
Nelle rispettive sedute del 19 giugno 2019, dedicate alle Comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 giugno, la Camera e il Senato hanno approvato, rispettivamente, le risoluzioni 6-00076 (Nuova formulazione) Molinari, D'Uva, e 6-00065 Patuanelli, Romeo, nelle quali, tra l'altro, si impegna il Governo «in ordine alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, a non approvare modifiche che prevedano condizionalità che finiscano per penalizzare quegli Stati membri che più hanno bisogno di riforme strutturali e di investimenti, e che minino le prerogative della Commissione europea in materia di sorveglianza fiscale» e a «render note alle Camere le proposte di modifica al trattato MES, elaborate in sede europea, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato».
Si ricorda che il 6 dicembre 2017 la Commissione europea aveva presentato un pacchetto di proposte sul futuro dell'UEM, che mira a migliorare la resilienza e l'integrazione dell'area euro, affrontando non solo profili istituzionali e di governance, ma anche alcune criticità emerse con l'esplosione della crisi economico-finanziaria degli ultimi anni.
In tale contesto, il pacchetto in questione ha proposto, in particolare, di:
· Il Ministro europeo dell'economia e delle finanze, secondo la comunicazione della Commissione COM(2017)823:
· Per quanto concerne le funzioni, il Ministro dovrebbe:
Nella XVII legislatura, le Commissioni riunite V bilancio e XIV politiche dell'UE della Camera dei deputati, nel documento finale approvato il 7 febbraio 2018, hanno rilevato che all'istituzione della figura del Ministro europeo dell'economia e delle finanze non è tuttavia associata la previsione dell'attribuzione al medesimo Ministro di un bilancio dell'area euro, la cui creazione, in base alla tabella di marcia della Commissione europea, è rinviata a una fase successiva (tra il 2019 e il 2025).
Il Fondo monetario europeo (FME), in base alla proposta di regolamento presentata dalla Commissione COM(2017)827, sarebbe basato sulla struttura ormai consolidata del Meccanismo europeo di stabilità (cd. Fondo "salva-Stati", MES), ma ancorato all'ordinamento giuridico dell'UE (attualmente, il MES è disciplinato da un apposito accordo intergovernativo).
In particolare, il FME potrebbe costituire un meccanismo di backstop (garanzia) comune per il Fondo di risoluzione unico delle crisi bancarie e fungerebbe da prestatore di ultima istanza al fine di facilitare la risoluzione ordinata delle banche in difficoltà; come l'attuale MES, avrebbe un capitale autorizzato iniziale pari a circa 705 miliardi di euro ( Italia circa 125,4 miliardi; dietro solamente a Germania, circa 190 miliardi, e Francia, circa 142,7 miliardi) e una capacità di prestito iniziale non inferiore a 500 miliardi di euro; prevedrebbe il voto a maggioranza qualificata rafforzata (85%), anziché all'unanimità, per specifiche decisioni in materia di sostegno alla stabilità, esborsi e attivazione del sostegno, conferendo comunque un potere di veto ai principali Paesi dell'Eurozona (Germania, Francia e Italia).
Allo stato attuale, la proposta sembrerebbe superata dalla soluzione intermedia individuata nel Vertice euro del 21 giugno 2019 che prevedrebbe, almeno in questa fase, solamente una revisione del trattato che istituisce il MES per poi eventualmente includere il Meccanismo nel quadro giuridico dell'UE in una fase successiva (Vedi supra).
Nella Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'UE per il 2019, pubblicata a fine 2018, il Governo affermava, con riferimento alla riforma del MES, che "l'Italia sarà favorevole ad iniziative volte a migliorare l'efficacia degli strumenti esistenti, rendendone possibile l'utilizzo ed evitando l'attuale effetto "stigma", ma si opporrà all'affidamento al MES di compiti di sorveglianza macroeconomica degli Stati membri che rappresenterebbero una duplicazione delle competenze già in capo alla Commissione europea".
Inoltre, nella XVII legislatura, le Commissioni riunite V bilancio e XIV politiche dell'UE della Camera dei deputati, nel documento finale approvato il 7 febbraio 2018, hanno invitato le Istituzioni europee a valutare l'opportunità di attribuire al FME la capacità di collocare titoli anche sul mercato primario e non solo a banche e istituzioni finanziarie, al fine di potenziarne le possibilità di raccolta di capitale, adottando le necessarie precauzioni a tutela dei risparmiatori.
La Commissione europea con la proposta di direttiva COM(2017)824 propone di incorporare le disposizioni del Trattato sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance (cd. Fiscal Compact) nell'ordinamento giuridico dell'Unione.
Il Fiscal Compact è stato firmato il 2 marzo 2012 da 25 parti contraenti (tutti gli Stati membri, tranne Repubblica ceca, Regno Unito e Croazia; quest'ultima, peraltro, al momento della firma del trattato, non era uno Stato membro e, ad oggi, non l'ha ancora sottoscritto).
L'articolo 16 del Fiscal Compact prevede, infatti, che, al più tardi entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del Trattato stesso (e dunque, entro il 1° gennaio 2018), sulla base di una valutazione dell'esperienza maturata in sede di attuazione, siano adottate le misure necessarie per incorporarne il contenuto nella cornice giuridica dell'UE.
Con il Fiscal Compact, di fatto, si sono rafforzate alcune regole di bilancio già introdotte nell'ordinamento dell'UE e gli Stati firmatari si sono impegnati, tra l'altro, a recepire la regola del pareggio strutturale di bilancio in disposizioni vincolanti a un elevato livello di gerarchia delle fonti giuridiche (preferibilmente a livello costituzionale).
In sostanza, a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, del Fiscal Compact le parti contraenti si sono impegnate a tenere una posizione di bilancio in pareggio o in avanzo, con un limite inferiore del disavanzo strutturale dello 0,5% del PIL, che può diventare l'1% del PIL per gli Stati membri con un livello di debito significativamente inferiore al 60% del PIL e con bassi rischi sul piano della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche. Tale regola del pareggio di bilancio, inoltre, deve essere dotata di un meccanismo di correzione automatico in caso di deviazione significativa.
L'Italia si è conformata a tale impegno modificando il dettato dell'articolo 81 della Costituzione (legge costituzionale n. 1/2012), adottando la legge rinforzata n. 243/2012, recante le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni, e adeguando la legislazione contabile.
Nella XVII legislatura, le Commissioni riunite V bilancio e XIV politiche dell'UE della Camera dei deputati, nel documento finale approvato il 7 febbraio 2018, hanno espresso una valutazione contraria sulla proposta.
Inoltre, a giudizio della relazione della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) della Camera dei deputati, presentata il 21 marzo 2019 per l'esame in Assemblea della Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'UE per il 2019, la proposta rappresenterebbe il rafforzamento di un «vincolo esterno» tramite la sua internazionalizzazione nel diritto dell'UE, con effetti potenzialmente restrittivi sull'economia nazionale.
Nel contesto delle proposte per il prossimo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, il 31 maggio 2018 la Commissione europea ha presentato:
Nella Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'UE per il 2019, presentata a fine 2018, il Governo affermava che l'Italia può senz'altro appoggiare l'istituzione del fondo purché ne sia assicurata l'effettiva complementarità rispetto agli strumenti esistenti (in particolare i fondi di coesione), l'utilizzo dei fondi sia destinato ad aumentare la convergenza strutturale e la resilienza e ci sia coerenza rispetto alla natura del nuovo strumento nella definizione dei criteri allocativi;
Il Governo, nel corso dei negoziati, ha segnalato, in particolare, che l'introduzione di una funzione di stabilizzazione come completamento dell'UEM è stata sempre sostenuta dall'Italia che ha portato avanti la propria proposta di un rainy day fund collegato alla disoccupazione, che garantirebbe maggiore efficacia in termini di risorse finanziarie disponibili per contrastare gli shock e in termini di tempestività nel contrastare l'impatto della congiuntura negativa sull'economia. Secondo il Governo, inoltre, l'obiettivo di protezione degli investimenti è condivisibile, ma la portata dello strumento proposto sembra troppo limitata affinché possa essere svolta un'efficace azione di stabilizzazione.
Lanciata dalla Commissione europea nel 2010, la Strategia Europa 2020 è il programma dell'Unione che si pone come obiettivi la crescita e l'occupazione nel territorio dell'UE. Succede alla Strategia di Lisbona e si è resa necessaria per affrontare più efficacemente la crisi economico-finanziaria che ha investito l'intera Europa a partire dal 2008.
Il superamento della crisi ha richiesto, infatti, la messa a punto di una strategia a lungo termine che si propone non solo di raggiungere l'obiettivo della crescita, ma di farlo connotandola con tre caratteristiche: crescita intelligente, basata cioè sulla conoscenza e l'innovazione; crescita sostenibile, vale a dire incentrata sull'uso efficiente delle risorse e quindi sulla necessità di coniugare la competitività e la sostenibilità ambientale; infine, crescita inclusiva, volta cioè a promuovere la coesione sociale e territoriale, favorendo l'occupazione e la riduzione delle disparità.
La Strategia Europa 2020 declina queste linee Programmatiche in cinque obiettivi misurabili, da raggiungere entro la fine del Programma:
· innalzamento al 75% del tasso di occupazione per le persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni;
· investimento del 3% del PIL UE in Ricerca e Sviluppo;
· portare il tasso di abbandono scolastico sotto il 10% e quello delle persone con un'istruzione universitaria tra i 20 e i 34 anni sopra il 40%;
· ridurre di almeno 20 milioni di unità il numero di persone che vivono in situazioni di povertà o di emarginazione;
· raggiungimento dei target "20-20-20" in tema di energia e cambiamenti climatici: ridurre del 20% le emissioni di gas serra, portare al 20% la quota di fabbisogno energetico proveniente da fonti rinnovabili, aumento del 20% dell'efficienza energetica.
A fine 2018, lo stato di implementazione dei cinque grandi obiettivi identificati dalla Strategia Europa 2020 presenta un quadro complesso e articolato quando non contraddittorio, che si può desumere facilmente dai dati che Eurostat aggiorna a ritmo costante.
Per quanto riguarda l'obiettivo relativo al raggiungimento di una media del 75% di occupati nella fascia di età inclusa tra i 20 e i 64 anni, i dati consolidati al 2018 mostrano una media del 73,2% per l'UE-28 e del 72% per l'area euro.
L'Italia, con il 63%, si colloca al penultimo posto, e a quattro punti percentuali dal raggiungimento dell'obiettivo nazionale prefissato: obiettivo che, nel 2018, risulta raggiunto e/o superato da Danimarca, Irlanda, Croazia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovenia e Slovacchia.
Sulla destinazione del 3% del PIL-UE a investimenti in tema di ricerca e innovazione, il quadro al 2018 rivela uno scostamento ben maggiore rispetto all'obiettivo, con un 2,06% per la UE-28 e un 2,15% per l'area euro. L'Italia si attesta a un 1,35%, a metà strada esatta tra il dato di partenza al 2010 (1,22%) e l'obiettivo finale dell'1,53%. Allo stato attuale, l'obiettivo nazionale fissato dalla Strategia è stato raggiunto da Repubblica Ceca, Danimarca, Cipro e Germania.
Per quanto concerne l'obiettivo della riduzione del 20% delle emissioni di gas serra, esso è stato già raggiunto a livello di UE-28, con una riduzione che, data come 100% la situazione base nel 1990, vede la media tra Stati membri attestarsi al 78,34 nel 2017. L'Italia, con 84,08, è ancora al di sopra della soglia ma ha conseguito risultati rilevanti rispetto al 112,85 del 2005. I valori più elevati si registrano in Irlanda (112,94), Spagna (121,83), Austria (106,23) e Portogallo (122,8).
Quanto al 20% di energie rinnovabili sul fabbisogno totale di energia, dalle statistiche al 2017 il percorso verso il conseguimento dell'obiettivo si attesta al 17,526%. L'Italia, con il 18,267% e una crescita del 10% rispetto al dato del 2006, si colloca tra i paesi più "virtuosi". L'obiettivo risulta già conseguito o superato da Danimarca, Estonia, Croazia, Lettonia, Lituania, Austria, Portogallo, Romania, Slovenia, Finlandia e Svezia, mentre in forte ritardo appaiono Germania (15,45%) e Francia (16,30%).
Per quanto concerne l'istruzione, l'obiettivo di una riduzione al 10% del tasso di abbandono scolastico risulta quasi conseguito, con un 10,6% per l'UE-28 nel 2018. Con il 14,5%, l'Italia rimane, insieme alla Spagna (17,9%) e la Romania (16,4%), uno dei Paesi più lontani dall'obiettivo, pur avendo registrato un sensibile miglioramento rispetto al 19,6% del 2008.
È stato altresì pienamente conseguito, già al 2018, l'obiettivo del 40% di persone tra i 20 e i 34 anni con un'istruzione universitaria. Il dato dell'UE-28 è infatti del 40,7% rispetto al 31,1% del 2008. L'Italia rimane però fanalino di coda a livello UE con il suo 27,8% (rispetto al 19,2% del 2008).
Molto meno incoraggianti i risultati conseguiti per quanto concerne la riduzione del numero di persone che vivono in condizioni di povertà e di esclusione. Al 2017 si è registrata una flessione di soli 4 milioni di unità rispetto a un obiettivo di 20 milioni, e in Italia si registrava addirittura una crescita di 1,3 milioni.
Il 31 dicembre 2020, la Strategia Europa 2020 cesserà di applicarsi; non è previsto che uno strumento di analoga portata subentri per il nuovo decennio o anche solo per il nuovo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027.
Non mancano tuttavia, tanto nelle proposte presentate dalla Commissione all'interno del nuovo QFP quanto negli Orientamenti politici presentati dalla nuova Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, una serie di indicazioni per quanto concerne tanto il perseguimento di obiettivi altrettanto o più ambiziosi di quelli delineati da Europa 2020 - nelle medesime aree, ossia la lotta alla disoccupazione, la crescita, le politiche ambientali -, quanto il raccordo tra programmazione finanziaria a lungo termine e Semestre europeo.
Per quanto concerne il nuovo Quadro finanziario pluriennale vanno segnalati, in particolare:
· la concentrazione dell'azione dell'UE - vista anche l'esiguità del bilancio dell'Unione rispetto alle dimensioni dell'economia europea e dei bilanci nazionali - nei settori in cui l'Unione può offrire un reale "valore aggiunto europeo" alla spesa pubblica nazionale. Tra questi settori particolare rilievo assumono la ricerca, con un aumento della dotazione per il programma Orizzonte Europa da 75 a 97,6 miliardi che ne fa il più grande programma di finanziamento della scienza e dell'innovazione mai esistito, e l'istruzione, con il raddoppio della dotazione per Erasmus +, che raggiunge un ammontare pari a 30 miliardi di euro;
· l'introduzione di un nuovo programma di sostegno alle riforme, con un bilancio complessivo di 25 miliardi di euro e l'obiettivo di fornire assistenza tecnica e finanziaria per la realizzazione delle riforme prioritarie a livello nazionale, che includerà, tra l'altro, uno strumento per la realizzazione delle riforme, in grado di assistere tutti gli Stati membri nelle riforme principali individuate nell'ambito del Semestre europeo;
· la revisione dei regolamenti relativi ai Fondi strutturali e dei relativi programmi, al fine di allinearli maggiormente alle priorità dell'UE e aumentarne l'efficacia, in primo luogo attraverso un legame più stretto con il ciclo del Semestre europeo, un aumento della concentrazione delle risorse su aree prioritarie dell'Unione, la definizione di condizioni abilitanti che devono rimanere soddisfatte durante tutto il corso dell'attuazione. Le succitate aree prioritarie sono state così identificate: un'Europa più intelligente, attraverso la promozione di una trasformazione economica intelligente e innovativa; un'Europa più verde e a basse emissioni di carbonio, attraverso la promozione di una transizione verso un'energia pulita ed equa, di investimenti verdi e blu, dell'economia circolare, dell'adattamento ai cambiamenti climatici e della prevenzione dei rischi; un'Europa più connessa, attraverso il rafforzamento della mobilità e della connettività regionale; un'Europa più sociale, attraverso l'attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali (i cui target subentrano, integrandoli, a quelli fissati da Europa 2020); un'Europa più vicina ai cittadini, attraverso la promozione dello sviluppo sostenibile e integrato delle zone urbane, rurali e costiere e delle iniziative locali.
In sostanza, il nuovo pacchetto coesione non prevede, come accaduto per il ciclo di programmazione corrente 2014-2020, un quadro di riferimento strategico di indirizzo a livello europeo. Fermi restando quindi gli indirizzi derivanti dagli obiettivi strategici suelencati, il quadro di riferimento entro il quale individuare gli ambiti di intervento dei fondi della politica di coesione sarà rappresentato dal Semestre europeo e più in particolare dalle raccomandazioni per Paese con le quali esso si conclude;
· l'introduzione del nuovo Fondo sociale europeo Plus (FSE +), che subentra al Fondo sociale europeo procedendo all'accorpamento di altri Fondi e programmi: oltre allo stesso FSE, l'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile (IOG), il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD), il Programma per l'occupazione e l'innovazione sociale (EaSI) e il Programma d'azione dell'Unione in materia di salute. L'obiettivo di tale accorpamento consiste nel prevedere un unico strumento a sostegno delle politiche dell'UE e degli Stati membri rivolte alle persone, anche in attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali. Più in generale, l'istituzione di uno strumento unico è espressione di un radicale cambiamento di prospettiva da parte della Commissione rispetto alle precedenti programmazioni, che passa per l'ampliamento dell'ambito di applicazione del fondo, in modo da renderlo adattabile alle diverse tipologie di interventi rivolti ai beneficiari, anche al fine di rafforzare la coerenza e le sinergie tra strumenti tra loro complementari che investono nello sviluppo del capitale umano e aumentare la loro flessibilità per rispondere alle sfide individuate nel ciclo di governance e alle priorità a livello dell'UE, e per una maggiore complementarità tra le azioni del FSE + e quelle di Erasmus +, nel favorire l'acquisizione di nuove competenze, l'investimento sul capitale umano, l'adattabilità delle competenze per rispondere alle esigenze dei settori industriali e il miglioramento delle competenze digitali e della qualità dell'istruzione e della formazione.
Elementi di non minore rilievo sono ricavabili dal documento "Un'Unione più ambiziosa: il mio programma per l'Europa", sulla base del quale Ursula von der Leyen è stata eletta Presidente della nuova Commissione europea per il quinquennio 2019-2024.
Il programma von der Leyen dedica in particolare uno spazio di grandissimo rilievo alle politiche ambientali, puntando con decisione a un'Europa che miri a traguardi più ambiziosi e ad essere il primo continente a impatto climatico zero.
A tale scopo il programma include i seguenti obiettivi e/o misure:
· un Green Deal europeo, che includa al suo interno "la prima normativa europea sul clima volta a sancire nella legge l'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050;
· il superamento, ove possibile, dell'obiettivo attuale di una riduzione delle emissioni pari al 40% entro il 2030, puntando con decisione al 50% e assumendo la guida dei negoziati internazionali con l'obiettivo di aumentare il livello di ambizione degli altri grandi emettitori entro il 2021;
· la presentazione, al più tardi entro il 2021, di un piano completo che miri ad aumentare l'obiettivo dell'UE per il 2030 avvicinandolo al 55% in modo responsabile;
· l'estensione del sistema di scambio di quote di emissioni al settore marittimo, al traffico e all'edilizia, e la riduzione graduale delle quote gratuite assegnate alle compagnie aeree;
· l'introduzione di un'imposta sul carbonio alle frontiere per evitare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, nel pieno rispetto delle norme dell'Organizzazione mondiale del commercio;
· la ricerca della leadership mondiale nell'economia circolare e nelle tecnologie pulite;
· la previsione di forme di sostegno mirato per le popolazioni e le regioni più esposte all'impatto del processo di transizione verso la neutralità climatica, attraverso la creazione di un nuovo Fondo per una transizione equa.
Per quanto concerne più nel dettaglio il ruolo del Semestre europeo come cardine della governance economica dell'UE, la Presidente von der Leyen propone di adattarlo per "farne uno strumento che integri gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite", e al tempo stesso di rafforzare la responsabilità democratica, prevedendo che i membri della Commissione titolari dei portafogli economici compaiano davanti al Parlamento europeo prima di ciascuna tappa fondamentale del ciclo del Semestre.
Quanto infine alle politiche sociali, il Programma von der Leyen prevede la presentazione di un piano d'azione per la piena attuazione del Pilastro europeo, accompagnato:
· da uno strumento giuridico per garantire nell'Unione un salario minimo equo a tutti i lavoratori;
· dalla ricerca di modi per migliorare le condizioni di lavoro degli operatori delle piattaforme digitali;
· dalla proposta di un regime europeo di riassicurazione delle indennità di disoccupazione, che tuteli i cittadini e riduca la pressione sulle finanze pubbliche in presenza di shock esterni;
· dall'istituzione di una garanzia europea per l'infanzia, che offra a tutti i minori a rischio di povertà l'accesso ai diritti più elementari, come l'assistenza sanitaria e l'istruzione;
· dalla trasformazione della garanzia per i giovani in uno strumento permanente di lotta contro la disoccupazione.
Il Piano di investimenti per l'Europa, cosiddetto Piano Juncker, è stato lanciato nel novembre 2014 al fine di invertire il calo tendenziale dei livelli già bassi degli investimenti e rilanciare l'economia dell'Europa. Il Piano si compone di tre pilastri:
· il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), volto a mobilitare gli investimenti privati mediante la garanzia dell'UE;
· il Polo europeo di consulenza sugli investimenti e il Portale dei progetti di investimento europei, che forniscono assistenza tecnica e danno maggiore visibilità alle opportunità di investimento contribuendo a tradurre in realtà i progetti proposti;
· iniziative per migliorare il contesto imprenditoriale eliminando gli ostacoli normativi agli investimenti, sia a livello nazionale che a livello UE.
Il FEIS rappresenta il primo tentativo compiuto di operare una saldatura virtuosa tra fonti di finanziamento pubbliche e private, ed è considerato in linea generale una success story da ripetere ed estendere.
Istituito con il regolamento (UE) 2015/1017, si proponeva lo scopo di mobilitare nell'UE almeno 315 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi entro la metà del 2018, attraverso il sostegno alla capacità di rischio del Gruppo Banca europea per gli investimenti (BEI) per mezzo di una garanzia dell'UE di 16 miliardi di euro, con un finanziamento di 5 miliardi di euro provenienti dalle risorse proprie del Gruppo BEI. Alla fine del 2017 è entrato in vigore il regolamento (UE) 2017/2396 che ha prorogato le attività del FEIS fino al 31 dicembre 2020. Oltre alla proroga, il nuovo regolamento ha previsto: un aumento dell'obiettivo di investimento fino a 500 miliardi di euro (rispetto ai 315 iniziali); un aumento della garanzia di bilancio dell'UE fino a 26 miliardi di euro (rispetto ai 16 miliardi iniziali); un aumento del contributo della Banca europea per gli investimenti (BEI) fino a 7,5 miliardi di euro (rispetto ai 5 miliardi iniziali).
Secondo la Commissione europea (dati aprile 2019), il FEIS ha superato l'obiettivo di investimento originario di 315 miliardi di euro; sarebbero stati, infatti, generati circa 392,6 miliardi di euro di investimenti nei 28 Stati membri dell'UE. Inoltre, grazie al sostegno FEIS, 945 mila piccole e medie imprese avrebbero beneficiato di un migliore accesso ai finanziamenti e le operazioni del FEIS avrebbero già permesso di creare 750 mila posti di lavoro e di generare una crescita in termini di PIL dell'UE pari allo 0,6%.
L'Italia, con operazioni finanziate per 9,8 miliardi di euro, che dovrebbero generare investimenti per 63,6 miliardi di euro, si trova al secondo posto tra i beneficiari-utilizzatori del FEIS, dopo la Francia (13,1 miliardi di euro, che dovrebbero generare investimenti per 68,1 miliardi di euro) e davanti a Spagna (8 miliardi di euro, che dovrebbero generare investimenti per 42 miliardi di euro) e Germania (7,3 miliardi di euro, che dovrebbero generare investimenti per 32,9 miliardi di euro). L'Italia è, invece, all'ottavo posto in termini di investimenti generati dal FEIS in rapporto al PIL.
Il grafico seguente mostra il totale degli investimenti ad aprile 2019 e anche la percentuale di finanziamenti per settore:
Traendo spunto dalla positiva esperienza del FEIS, che andrà a esaurirsi il 31 dicembre 2020, all'interno del prossimo bilancio a lungo termine dell'UE per il periodo 2021-2027 la Commissione europea ha proposto di istituire il programma InvestEU (COM(2018)439), allo scopo di riunire in un unico programma i molteplici strumenti di finanziamento dell'UE attualmente disponibili. Il Programma si articolerebbe in tre strumenti:
· il Fondo InvestEU, per mobilitare investimenti pubblici e privati sotto forma di prestiti, garanzie, partecipazioni o altri strumenti di mercato, utilizzando garanzie del bilancio dell'UE a sostegno di investimenti strategici nelle attività di ricerca e sviluppo tramite un'apposita finestra di investimento;
· il Polo di consulenza InvestEU, per fornire consulenza tecnica ai progetti di investimento in cerca di finanziamenti;
· il Portale InvestEU, una banca dati facilmente accessibile che riunisce progetti e investitori.
Il Fondo InvestEU ha l'obiettivo di mobilitare più di 650 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi in tutta Europa nel periodo 2021-2027 tramite una garanzia dell'UE di 38 miliardi di euro, che intende sostenere progetti di investimento di partner finanziari (il principale dei quali sarà il Gruppo Banca europea per gli investimenti (BEI) come già avviene per il FEIS), accrescendone la capacità di rischio. I partner finanziari sono tenuti a contribuire per almeno 9,5 miliardi di euro, il che porta l'importo complessivo della garanzia a circa 47,5 miliardi di euro.
Il Parlamento europeo ha chiesto l'aumento della garanzia del bilancio UE a 40,8 miliardi di euro per mobilitare oltre 698 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi in tutta l'UE.
La suddetta garanzia di bilancio sarebbe ripartita in quattro settori di intervento come segue:
· infrastrutture sostenibili: 11,5 miliardi di euro;
· ricerca, innovazione e digitalizzazione:11,25 miliardi di euro;
· piccole e medie imprese: 11,25 miliardi di euro;
· investimenti sociali e competenze: 4 miliardi di euro.
Di seguito un grafico riassuntivo del funzionamento di InvestEU:
Sempre muovendo dal successo del FEIS, il nuovo QFP proposto dalla Commissione provvede a rinnovare e rimodellare il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile, in modalità plus e all'interno di una più complessiva revisione degli strumenti relativi alla politica esterna dell'UE.
La proposta di regolamento che istituisce lo Strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (COM (2018) 460) prevede una dotazione complessiva di 123 miliardi di euro (con un aumento del 26% rispetto al QFP 2014-2020) e configura una ristrutturazione significativa dell'azione esterna dell'Unione, con lo scopo di garantire una maggiore coerenza, sfruttare l'efficacia della cooperazione, semplificare i processi e avvalersi delle economie di scala. Pertanto, la maggior parte degli strumenti esistenti vengono fatti confluire in un unico strumento di vicinato e cooperazione - nel quale viene integrato anche il Fondo europeo di sviluppo o FES, finora fuori bilancio - che si articola in un pilastro geografico, un pilastro tematico relativo alle questioni di portata globale, un pilastro di reazione rapida per la gestione delle crisi e la prevenzione dei conflitti e una riserva di flessibilità per le priorità urgenti (pressioni migratorie, esigenze di stabilità e di sicurezza, eventi imprevisti e nuove iniziative e priorità internazionali).
Il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile plus (EFSD+) disporrà di una dotazione finanziaria pari a 68 miliardi di euro, di cui almeno 22 per i Paesi del vicinato, almeno 32 per l'Africa sub-sahariana, 10 per l'Asia e il Pacifico e 4 per le Americhe e i Caraibi. I suoi obiettivi, come identificati dalla proposta di regolamento, sono i seguenti:
· fornire capacità finanziaria sotto forma di sovvenzioni, garanzie di bilancio e altri strumenti finanziari a livello mondiale, sostenendo il Piano per gli investimenti esterni e combinando le operazioni di finanziamento misto e di garanzia di bilancio coperte dalla garanzia per le azioni esterne, comprese quelle riguardanti i rischi sovrani associati alle operazioni di prestito, precedentemente effettuate nell'ambito del mandato per i prestiti esterni della BEI;
· sostenere gli investimenti quale mezzo per contribuire al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, favorendo la resilienza socioeconomica dei paesi partner;
· massimizzare l'addizionalità dei finanziamenti, affrontare i fallimenti del mercato e le situazioni di investimento subottimali, realizzare prodotti innovativi e attirare fondi del settore privato.
In sostanza, tra le funzioni dell'EFSD+ dovrebbe esserci quella di fungere da "sportello unico" per ricevere proposte di finanziamento da enti finanziari e investitori pubblici o privati e fornire un ampio ventaglio di sostegni finanziari per gli investimenti ammissibili.
Il tema di un maggior coinvolgimento di investitori pubblici e privati all'interno dei settori d'azione finanziati dal bilancio dell'Unione è fortemente presente - anche al di là di quanto già formalizzato all'interno del nuovo QFP 2021-2027 - nel documento Un'Unione più ambiziosa: il mio programma per l'Europa, nel quale la neo-Presidente von der Leyen ha illustrato gli orientamenti politici per la prossima Commissione europea 2019-2024.
Al primo punto del documento viene annunciata la presentazione, nei primi 100 giorni dall'insediamento della nuova Commissione, di un Green Deal europeo, volto a sancire in modo vincolante l'obiettivo della neutralità climatica dell'Unione entro il 2050.
Accanto a una serie dettagliata di misure, già sintetizzate in sede di illustrazione dei temi della Sessione II (cfr. infra), il Green Deal intende lanciare un Piano di investimenti per un'Europa sostenibile, assolutamente necessario per cogliere a pieno e con il giusto anticipo le opportunità offerte dalla transizione ecologica.
La nuova Commissione intende spendere cifre record soprattutto nell'innovazione e nella ricerca di avanguardia, sfruttando al massimo la flessibilità del prossimo bilancio UE per concentrarsi sui settori che racchiudono il maggiore potenziale.
"Tuttavia," si legge nel documento von der Leyen, "poiché i finanziamenti pubblici da soli non saranno sufficienti, dovremo sfruttare gli investimenti privati ponendo la finanza verde e sostenibile al centro della catena d'investimento e del sistema finanziario."
In tale contesto, gli orientamenti politici della nuova Commissione includono la trasformazione di una parte della Banca europea per gli investimenti (BEI) in una vera e propria Banca climatica europea. "La BEI è già il principale fornitore multilaterale di finanziamenti per il clima a livello mondiale, con il 25% dei suoi finanziamenti totali assegnato a investimenti per il clima. Il mio obiettivo è quello di almeno raddoppiare questa cifra entro il 2025".
Nel complesso, il Piano di investimenti per un'Europa sostenibile dovrebbe rendere concretamente realizzabili investimenti per 1.000 miliardi di euro nel prossimo decennio, disseminati in tutto il territorio dell'Unione.
Gli orientamenti della nuova Commissione dedicano infine ampio spazio alle strategie e misure a sostegno delle piccole e medie imprese (PMI), che "rappresentano il 99% di tutte le imprese e l'85% dei nuovi posti di lavoro creati negli ultimi cinque anni.". Rilevato come manchino in Europa "innovatori giovani e dinamici in grado di sviluppare tecnologie di punta come hanno fatto, solo dieci anni fa, i giganti tecnologici della generazione attuale", la nuova Commissione intende "fare in modo che le piccole imprese possano diventare più facilmente grandi innovatori". Perché ciò accada, è necessario continuare a sviluppare il mercato del finanziamento della crescita per le imprese innovative del futuro, e a tal fine il documento von der Leyen:
· ribadisce l'impegno a completare l'Unione dei mercati dei capitali, per garantire alle PMI l'accesso ai finanziamenti di cui hanno bisogno per crescere, innovare ed espandersi;
· annuncia l'istituzione di un fondo pubblico-privato specializzato nelle offerte pubbliche iniziali delle PMI, con un investimento iniziale dell'UE al quale potrebbero affiancarsi investimenti privati. Resta, in proposito, da chiarire se tale fondo rientri all'interno del Fondo InvestEU o, in caso contrario, come interagisca con esso, anche in considerazione del fatto che le PMI sono già state prime beneficiarie del FEIS sin dal suo avvio.
La sostenibilità e la transizione verso un’economia a basso contenuto di carbonio, più efficiente in termini di risorse e circolare sono elementi ritenuti fondamentali per garantire la competitività a lungo termine dell’economia dell’UE.
Secondo la Strategia Europa 2020, infatti, avviata dalle istituzioni dell’UE nel 2010 a seguito della grave crisi economica e finanziaria per rilanciare la crescita e l’occupazione, la crescita sostenibile è una crescita basata su un'economia più verde, più efficiente nella gestione delle risorse e più competitiva; una crescita, quindi, che ha l'obiettivo di favorire la transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio.
La crescita sostenibile rientra nel più ampio concetto di sviluppo sostenibile con il quale si fa riferimento a uno sviluppo che soddisfi le esigenze delle generazioni attuali senza compromettere la capacità di quelle future di soddisfare le loro.
Lo sviluppo sostenibile è formalmente uno degli obiettivi a lungo termine dell'UE in virtù dell'articolo 3, paragrafo 3, del Trattato sull'Unione europea.
La strategia dell’UE per lo sviluppo sostenibile è stata lanciata nel 2001, riveduta nel 2006 e riesaminata nel 2009; dal 2010 lo sviluppo sostenibile è stato, altresì, integrato nella Strategia Europa 2020 per una crescita incentrata sull’istruzione e sull’innovazione (intelligente), su basse emissioni di carbonio, sulla resistenza ai cambiamenti climatici e sull’impatto ambientale (sostenibile), nonché sulla creazione di posti di lavoro e sulla riduzione della povertà (inclusiva).
Inoltre, con il contributo importante dell’Unione, il 25 settembre 2015 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la cosiddetta Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Si tratta di un piano d’azione globale volto al perseguimento di 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), articolati in 169 sotto-obiettivi, tra i quali si segnala quello di promuovere una crescita economica sostenuta, inclusiva e sostenibile (Obiettivo 8).
Sempre nel 2015, 195 Paesi hanno sottoscritto l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici che costituisce il primo accordo universale sul clima mondiale per adattare e rafforzare la resilienza ai cambiamenti climatici e per limitare il riscaldamento climatico a un valore ben inferiore a 2°C.
Nel novembre 2016 la comunicazione della Commissione europea “Le prossime tappe per un futuro europeo sostenibile” ha delineato le priorità strategiche dell’UE in relazione all'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. In particolare, la Commissione europea ha evidenziato che tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda trovano già riscontro nelle priorità della Commissione medesima e nelle attuali politiche dell’Unione.
Successivamente, nel gennaio 2019, la Commissione europea ha presentato un Documento di riflessione sull’Agenda 2030 in cui ha confermato l’impegno dell’UE per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, anche in relazione all'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, e preparato il terreno per una strategia globale dell’UE per gli anni 2019-2024.
Il documento di riflessione si concentra sulle fondamentali basi strategiche su cui basare la transizione verso la sostenibilità, che comprendono il passaggio da un'economia lineare a un'economia circolare, la correzione degli squilibri nel sistema alimentare, l'energia del futuro, gli edifici e la mobilità; il documento illustra inoltre i modi per garantire che questa transizione sia equa.
Anche la nuova Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nei suoi Orientamenti politici afferma l’intenzione di voler presentare un Piano di investimenti per un’Europa sostenibile che, tra l’altro, “investirà cifre record nell’innovazione e nella ricerca di avanguardia” e, nel Discorso di apertura della seduta plenaria del Parlamento europeo, del 16 luglio 2019, di volersi impegnare per riorientare il Semestre europeo al fine di assicurare che le economie europee mantengano la rotta verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Inoltre, nella lettera d'incarico a Paolo Gentiloni, Commissario italiano designato per l’economia, la Presidente von der Leyen gli chiede, tra l’altro, di garantire che la politica economica dell’UE incoraggi la crescita sostenibile e di contribuire a trasformare il Semestre europeo in uno strumento che integra gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Infine, in materia di economia e finanza, la Presidenza finlandese del Consiglio dell’UE (secondo semestre 2019) ha posto al centro del suo programma la crescita economica sostenibile, evidenziando l'importanza degli incentivi economici e delle risorse di bilancio nella transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio.
Il citato Documento di riflessione sull’Agenda 2030, presentato dalla Commissione europea nel gennaio 2019, individua alcuni fattori di “attivazione” cruciali per favorire la transizione ad un’Europa sostenibile entro il 2030. Tra questi, gioca un ruolo di primissimo piano l’investimento nella ricerca, nell’innovazione e nella digitalizzazione.
Secondo la Commissione europea, “la ricerca e l’innovazione hanno un importante ruolo di catalizzatori del cambiamento (…) Investire di più oggi nell’innovazione e nello sviluppo tecnologico apporterà benefici sul lungo periodo in termini di riduzione dei costi per raggiungere i nostri obiettivi a lungo termine, come quelli relativi al clima e all’ambiente”.
A giudizio della Commissione europea, “per accelerare la transizione verso la sostenibilità, i finanziamenti per la ricerca e l’innovazione devono essere integrati da un approccio strategico agli investimenti, per consentire alle soluzioni innovative - che spesso richiedono investimenti ad alta intensità di capitale e ad alto rischio - di arrivare sul mercato”.
Inoltre, continua la Commissione europea, l’UE e gli Stati membri dovrebbero concentrarsi “sul finanziamento di tecnologie all’avanguardia e rivoluzionarie e di imprese innovative che hanno il potenziale per diventare leader di mercato a livello dell’UE e mondiale nella transizione verso la sostenibilità, nonché sull’effettiva e tempestiva diffusione di tali innovazioni”. A tal riguardo, la Commissione europea invita a prestare particolare attenzione all’agricoltura e ai sistemi alimentari sostenibili e innovativi, alle tecnologie pulite, alla salute umana e animale, alle soluzioni per gli ecosistemi e ai prodotti e ai metodi di produzione efficienti sotto il profilo delle risorse.
Secondo la Commissione europea, l’UE e gli Stati membri devono, altresì, promuovere legami più forti tra ricercatori e imprese, soprattutto piccole e medie che, contrariamente alle grandi imprese, spesso non hanno i mezzi per sviluppare internamente le proprie attività di ricerca.
Per raggiungere i suddetti obiettivi, gli Stati membri sono chiamati ad aumentare la spesa per la ricerca e l’innovazione; a tal proposito, la Strategia Europa 2020 l’UE ha concordato l’obiettivo di portare gli investimenti combinati pubblici e privati nella ricerca, nello sviluppo e nell’innovazione al 3% del PIL entro il 2020.
A tal riguardo, a livello UE, è centrale il ruolo dei programmi quadro per la ricerca e l’innovazione (l’attuale Horizon 2020 e il futuro Orizzonte Europa 2021-2027).
Per contribuire a ridurre il rischio degli investimenti e renderli più attrattivi per il settore privato, è stato creato il Fondo europeo per gli investimenti strategici, che nel prossimo periodo di programmazione 2021-2027 sarà sostituito dal nuovo programma InvestEU.
Di recente sono stati poi lanciati il Consiglio europeo per l’innovazione, per aiutare gli innovatori, le start-up, le piccole imprese e i ricercatori di alto livello ad avere successo con progetti innovativi ad alto rischio, il programma paneuropeo di fondi di capitali di rischio (VentureEU) volto a stimolare gli investimenti nelle start-up e scale-up innovative in tutta Europa e un Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile.
Inoltre, nelle Raccomandazioni specifiche Paese 2019, che chiudono il Semestre europeo 2019, la Commissione europea raccomanda tra l’altro agli Stati membri di privilegiare le riforme a favore di una crescita sostenibile e inclusiva.
La Strategia Europa 2020 (Per approfondimenti si veda la II Sessione) si è posta tra i suoi obiettivi fondamentali quello di portare gli investimenti in ricerca e sviluppo nell’UE almeno al 3% del PIL entro il 2020.
In particolare, secondo la Strategia Europa 2020, l’UE e gli Stati membri devono puntare su una crescita che sia anche intelligente, ossia capace di promuovere la ricerca e l'innovazione, e sostenibile e quindi capace di costruire un'economia efficiente sotto il profilo delle risorse, sostenibile e competitiva, e di sfruttare il ruolo guida dell'Europa per sviluppare nuovi processi e tecnologie, comprese le tecnologie verdi, accelerare la diffusione delle reti intelligenti che utilizzano le TIC, sfruttare le reti su scala europea e aumentare i vantaggi competitivi delle imprese europee, specie per quanto riguarda l'industria manifatturiera e le PMI, e fornire assistenza ai consumatori per valutare l'efficienza sotto il profilo delle risorse.
L’UE appare tuttavia ancora lontana dal suddetto obiettivo del 3%: infatti, gli ultimi dati disponibili della Commissione europea indicano che nel 2017 l’UE si è attestata al 2,06% (dal 2,04% del 2016). Pertanto, la Commissione europea considera il raggiungimento dell’obiettivo poco probabile.
La Commissione europea segnala anche che nel 2017 gli Stati Uniti erano 2,79%, il Giappone al 3,2%, la Corea del Sud al 4,55% e la Cina al 2,13%.
L’obiettivo dell’UE nel suo complesso si riflette negli obiettivi dei singoli Stati membri (ad esempio, Italia 1,53%; Germania 3%; Francia 3%; Spagna 2%; Svezia 4%; Danimarca 3%; Belgio 3%; Paesi Bassi 2,5%).
Secondo gli ultimi dati disponibili della Commissione europea, l’Italia non è sulla buona strada per il conseguimento dell'obiettivo nazionale dell’investimento in ricerca e sviluppo poiché nel 2017 era pari all'1,35% del PIL, in leggera diminuzione rispetto all’1,37% dell’anno precedente.
Tra i maggiori Paesi dell’UE, si evidenziano i dati di Germania (3,02%), Francia (2,19%) e Spagna (1,2%).
Tra le iniziative faro della Strategia Europa 2020 vi è anche l’Unione dell’innovazione che ha l'obiettivo di riorientare la politica di ricerca, sviluppo e innovazione in funzione delle sfide che si pongono alla società odierna, come il cambiamento climatico, l'uso efficiente delle risorse e l'energia, la salute e il cambiamento demografico. In particolare, l’Unione dell’innovazione punta a migliorare le condizioni e l'accesso ai finanziamenti per la ricerca e l'innovazione in Europa.
Un importante strumento di monitoraggio è il Quadro europeo di valutazione dell'innovazione (EIS) che fornisce una valutazione annuale comparativa del rendimento degli Stati membri dell'UE e di alcuni Paesi terzi nel campo della ricerca e dell'innovazione nonché dei punti di forza e di debolezza dei loro sistemi di ricerca e innovazione.
L’edizione 2019 suddivide gli Stati membri in quattro diversi gruppi di rendimento: Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia sono leader dell'innovazione poiché presentano un rendimento innovativo nettamente superiore alla media dell'UE; Austria, Belgio, Estonia, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo e Regno Unito sono innovatori forti in quanto il loro rendimento innovativo è superiore o vicino alla media dell'UE; il rendimento di Cipro, Croazia, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria è inferiore alla media dell'UE e pertanto questi Paesi sono innovatori moderati; infine, Bulgaria e Romania sono innovatori modesti con un rendimento innovativo ben inferiore alla media dell'UE.
Inoltre, come sottolineato dalla Strategia Europa 2020 e dall'iniziativa faro Unione dell'innovazione, la crescita sostenibile è sempre più correlata alla capacità delle economie regionali di innovare e trasformare, adattandosi a un ambiente più competitivo e in continua evoluzione.
Per tale motivo, la politica di coesione è anche incentrata sulla ricerca e l'innovazione. Nelle regioni più sviluppate, almeno l'80 % delle risorse del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) a livello nazionale è destinato all'innovazione: le priorità sono un'economia a basse emissioni di carbonio e la competitività delle PMI. Inoltre, la Commissione europea ha proposto di riformare la politica di coesione - con una dotazione di oltre 370 miliardi di euro a prezzi correnti per il periodo 2021-2027- in modo da raggiungere gli obiettivi di Parigi sul clima in stretta collaborazione con le regioni e le autorità locali.
Il sostegno dell’Unione alla ricerca e all’innovazione avviene soprattutto attraverso i programmi quadro pluriennali. Attualmente è in vigore il programma Horizon 2020 che, dal 1° gennaio 2021, sarà sostituito dal nuovo programma Orizzonte Europa.
La nuova Agenda europea per la ricerca e l’innovazione, presentata dalla Commissione europea nel maggio 2018, afferma che l’innovazione deve essere il motore principale delle politiche e dei programmi dell’UE per il periodo 2021-2027; la comunicazione “Visione strategica europea a lungo termine per un'economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra”, presentata dalla Commissione europea nel novembre 2018, afferma che “l'Unione ha bisogno di un massiccio sforzo coordinato di ricerca e innovazione, che poggi su un programma strategico coerente, anche in termini di investimento, allo scopo di rendere economicamente sostenibili le soluzioni a basse e zero emissioni di carbonio e trovare nuove soluzioni attualmente non ancora mature o sconosciute al mercato”.
Nell’attuale periodo di programmazione 2014-2020 il programma quadro per la ricerca e l’innovazione è Horizon 2020 che si articola in tre pilastri: scienza eccellente; leadership industriale; sfide sociali.
Horizon 2020 mira a conseguire una crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva, affinché l’UE produca scienze e tecnologie di punta a beneficio dell’economia, della società e dell’ambiente, rimuova gli ostacoli all’innovazione e agevoli la collaborazione tra settore pubblico e settore privato per trovare soluzioni alle grandi sfide della nostra società.
La dotazione iniziale del programma era di 77,028 miliardi di euro, ma successivamente il regolamento (UE) n. 1017/2015, che ha istituito il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), ha trasferito 2,2 miliardi di euro dalla sua dotazione per finanziare un nuovo fondo di garanzia dell'UE per coprire i rischi della BEI nelle operazioni FEIS. La dotazione finanziaria finale di Horizon 2020 è stata così ridotta a 74,828 miliardi di euro. Secondo la Commissione europea, più del 60% di questa dotazione viene investito nello sviluppo sostenibile.
I finanziamenti vengono assegnati attraverso tre programmi di lavoro, il primo per gli anni 2014-2015, il secondo per il 2016-2017 e il terzo per il 2018-2020.
Il 27 ottobre 2017 la Commissione europea ha annunciato il Programma di lavoro per il periodo 2018-2020, con una dotazione di 30 miliardi di euro, di cui 2,7 miliardi destinati ad avviare un nuovo Consiglio europeo dell'innovazione con una fase-pilota.
La Commissione europea ha proposto per il periodo 2021-2027 un bilancio di 97,6 miliardi di euro, a prezzi correnti, per il nuovo programma Orizzonte Europa (di cui 3,5 miliardi di euro stanziati dal nuovo Fondo InvestEU) che sostituirà l’attuale programma Horizon 2020.
Secondo la Commissione europea, il comparto innovazione di InvestEU dovrebbe consentire di utilizzare prestiti, garanzie, partecipazioni e altri strumenti di mercato per mobilitare investimenti pubblici e privati nella ricerca e nell’innovazione.
Il programma Orizzonte Europa sarà realizzato attraverso tre pilastri:
· il pilastro Scienza aperta (25,8 miliardi di euro) che dovrebbe: sostenere progetti di ricerca d’avanguardia definiti e gestiti dagli stessi ricercatori attraverso il Consiglio europeo della ricerca (16,6 miliardi di euro); finanziare borse di studio e scambi per i ricercatori attraverso le azioni Marie Sklodowska-Curie (6,8 miliardi di euro); investire in infrastrutture di ricerca di altissimo livello;
· il pilastro Sfide globali e competitività industriale (52,7 miliardi di euro) che dovrebbe sostenere in modo diretto la ricerca relativa alle sfide sociali, rafforzare le capacità tecnologiche e industriali e definire missioni a livello dell’UE fissando obiettivi ambiziosi. Comprenderebbe anche le attività svolte dal Centro comune di ricerca (2,2 miliardi di euro), che dovrebbe sostenere i responsabili politici nazionali e dell’UE fornendo riscontri scientifici indipendenti e supporto tecnico;
· il pilastro Innovazione aperta (13,5 miliardi di euro) che dovrebbe: mirare a rendere l’Europa leader nell’innovazione in grado di creare nuovi mercati attraverso il Consiglio europeo per l’innovazione (10 miliardi di euro); contribuire a sviluppare il panorama europeo dell’innovazione, anche rafforzando ulteriormente l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT) per promuovere l’integrazione tra imprese, ricerca, istruzione superiore e imprenditorialità (3 miliardi di euro).
Secondo la Commissione europea, il ricorso a soluzioni innovative per promuovere la transizione verso lo sviluppo sostenibile richiederà un volume di investimenti senza precedenti nella ricerca e nell'innovazione.
Il clima è, inoltre, al centro di Orizzonte Europa: la Commissione europea ha proposto di investire negli obiettivi climatici il 35% del bilancio del Programma attraverso lo sviluppo di soluzioni innovative a zero emissioni ed economicamente convenienti.
Si segnala che per il periodo 2021-2027 la Commissione europea ha proposto anche l’istituzione del nuovo Programma Europa Digitale, con una dotazione di 9,2 miliardi di euro, per la trasformazione digitale e lo sviluppo dell’economia circolare e a basse emissioni di carbonio.
Il Piano di investimenti per l'Europa, il cosiddetto Piano Juncker, è stato lanciato nel novembre 2014 al fine di invertire il calo tendenziale dei livelli già bassi degli investimenti e rilanciare l'economia dell'Europa (Per approfondimenti si veda la III Sessione).
Qui vale la pena soltanto ricordare che il FEIS contribuisce al finanziamento di investimenti strategici in settori chiave quali le infrastrutture, la ricerca e l'innovazione, l'istruzione, l'energia rinnovabile e l'efficienza energetica nonché il finanziamento del rischio per le PMI.
In particolare, secondo la Commissione europea, il 23% degli investimenti finora mobilitati sono stati destinati a finanziare il settore della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione.
Muovendo dal successo del FEIS, per il periodo 2021-2027 la Commissione europea ha proposto di istituire il programma InvestEU (COM(2018)439), allo scopo di riunire in un unico programma i molteplici di strumenti di finanziamento dell'UE attualmente disponibili (Per approfondimenti si veda la III Sessione).
Qui vale soltanto la pena di ricordare che la garanzia dell'UE di 38 miliardi di euro che intende sostenere progetti di investimento sarebbe ripartita in quattro settori di intervento, uno dei quali concernente la ricerca, l’innovazione e la digitalizzazione (11,25 miliardi di euro).
Partendo dal presupposto che gli attuali livelli di investimento non sono sufficienti a sostenere un sistema economico sostenibile sotto il profilo ambientale e sociale e che, in particolare, l’Europa accusa un divario annuo di investimenti di quasi 180 miliardi di euro per realizzare gli obiettivi climatici ed energetici dell’UE entro il 2030, nel marzo 2018 la Commissione europea ha lanciato un Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile con una tabella di marcia che delinea i lavori e le iniziative future in cui saranno coinvolti tutti i soggetti interessati del sistema finanziario.
Per “finanza sostenibile” si intende generalmente il processo di tenere in debita considerazione, nell’adozione di decisioni di investimento, i fattori ambientali e sociali, per ottenere maggiori investimenti in attività sostenibili e di più lungo termine.
Facendo seguito al suddetto Piano d’azione, nel maggio 2018 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di tre proposte legislative volto in particolare a:
· introdurre un sistema di classificazione unificato a livello dell'UE ("tassonomia") per stabilire se un'attività economica è ecosostenibile e consentire in tal modo agli operatori economici e agli investitori di prendere decisioni più informate;
· introdurre coerenza e chiarezza sulle modalità con cui gli investitori istituzionali (ad esempio i gestori di patrimoni, le compagnie di assicurazione, i fondi pensionistici e i consulenti finanziari) integrano i fattori ambientali, sociali e di governance nel loro processo decisionale;
· creare una nuova categoria di indici, comprendente l'indice di basse emissioni di carbonio e gli indici di impatto positivo in termini di carbonio.