Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea |
Titolo: | Riunione interparlamentare AFCO "Stato del dibattito sul futuro dell'Europa" - Bruxelles, 10 ottobre 2018 |
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 6 |
Data: | 03/10/2018 |
Organi della Camera: | XIV Unione Europea |
XVIII LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
RIUNIONI INTERPARLAMENTARI
Riunione interparlamentare organizzata dalla Commissione affari costituzionali del PE (AFCO)
“Stato del dibattito sul futuro dell’Europa”
Bruxelles, 10 ottobre 2018
Senato della Repubblica Servizio Studi Dossier europei n. 13 |
Camera dei deputati Ufficio Rapporti con l’Unione europea n. 6 |
Servizio Studi
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Dossier europei n. 13
Ufficio rapporti con l’Unione europea
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Dossier n. 6
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INDICE
Ordine del giorno
Il dibattito sul futuro dell’Europa
Le proposte di riforma avanzate dal Parlamento europeo
Il Libro bianco sul futuro dell’Europa della Commissione europea
I discorsi sullo Stato dell’Unione del Presidente Juncker
Dichiarazione franco tedesca di Mesenberg
Il processo degli Spitzenkandidaten per la carica di Presidente della Commissione europea
La riforma dell'Unione economica e monetaria
Istituzione del Ministro europeo dell'economia e delle finanze
Istituzione di un Fondo monetario europeo
Incorporazione del Fiscal Compact nella cornice giuridica dell'UE
Nuovi strumenti di bilancio per la zona euro
L'Euro Summit del 29 giugno 2018.
Documento “Una politeia per un'Europa diversa, più forte e più equa"
I negoziati da giugno 2017 a maggio 2018
Il Consiglio europeo (articolo 50) del 29 giugno 2018
Il primo follow-up del Consiglio europeo
Il Libro bianco del Governo del Regno unito
La reazione al Libro bianco: il Coreper art. 50 del 18 luglio 2018
La comunicazione della Commissione sulla preparazione al recesso
Il rapporto finale della task force sulla sussidiarietà e proporzionalità
Il rapporto finale della task force
Schede di lettura
Immediatamente dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1° dicembre 2009) si è avviato un articolato dibattito sulle prospettive dell’integrazione europea.
Da più parti si è, infatti, rilevato che, nonostante le numerose modifiche istituzionali introdotte dal Trattato, l’UE non disporrebbe degli strumenti necessari per affrontare fenomeni nuovi e in parte imprevedibili nelle dimensioni assunte nel contesto della globalizzazione (gestione delle crisi economico-finanziarie e loro conseguenze sul piano sociale; gestione dei conflitti in diversi paesi alle frontiere dell’UE e potenziamento del ruolo dell’UE negli scenari internazionali; gestione dei flussi migratori; recrudescenza del terrorismo e della criminalità organizzata).
Si è inoltre osservato che anche i progressivi allargamenti dell’UE, con l’inclusione di nuovi Paesi membri, hanno determinato tensioni e messo alla prova il sistema delle regole e i meccanismi di funzionamento dell’UE, in particolare per le difficoltà di alcuni dei nuovi entranti ad allinearsi interamente agli standard europei per quanto concerne il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali.
La consapevolezza dell’esigenza di rilanciare il confronto sulle prospettive dell’integrazione europea si è particolarmente acuita in seguito alla Brexit e alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti.
La nuova amministrazione americana, in particolare, ha confermato un rafforzamento della tendenza, già da tempo manifestatasi, al progressivo disimpegno degli Stati uniti in Europa e Medio oriente. Ciò ha rilanciato il dibattito sulla costruzione di una difesa europea. A tale proposito, si può osservare come la prospettiva di un rilancio della difesa europea, allo stato, appare l’unico “cantiere” di natura istituzionale che è possibile avviare a Trattati vigenti, sulla base di una serie di disposizioni già in vigore e che non sono state ancora pienamente sfruttate.
La Commissione europea ha avviato il 9 maggio 2018 una consultazione pubblica on line sul futuro dell’Europa che si inscrive nel più ampio dibattito avviato con il Libro bianco sul futuro dell'Europa del 1° marzo 2017 (v. infra).
La consultazione è composta da 12 domande relative a: la visione ideale dell'Unione europea nel futuro; le aree politiche da armonizzare a livello europeo o meno; la gestione dei flussi migratori; la protezione dell'ambiente; il miglioramento dei sistemi di istruzione e formazione; la sicurezza dei cittadini (terrorismo, sicurezza informatica); la riduzione delle disuguaglianze; l’accesso alle cure sanitarie; l'impatto delle tecnologie sulla società; la sicurezza economica; agricoltura, pesca e sicurezza alimentare.
La consultazione resterà aperta fino al Consiglio europeo che si svolgerà a di Sibiu (Romania) il 9 maggio 2019.
Sul processo inaugurato con il Libro bianco la Commissione presenterà agli Stati membri una relazione intermedia in occasione del Consiglio europeo del dicembre 2018 e una relazione finale in occasione del Consiglio europeo di Sibiu.
In questo contesto, sono emerse, a livello istituzionale ed accademico, posizioni fortemente differenziate.
In primo luogo, si è accentuata la dialettica tra le diverse visioni del processo di integrazione. Si sono a questo riguardo delineati tre principali orientamenti:
· il primo ritiene che occorra proseguire verso una piena integrazione politica tra tutti gli Stati membri, non escludendo una evoluzione in senso federale dell’Unione. In questo ambito, peraltro, si registrano proposte volte ad intraprendere una graduale trasformazione dell’assetto istituzionale, attraverso la creazione di nuovi organi o procedure con competenze specifiche, e altre, con un sostegno più esiguo, volte ad una rapida riforma costituzionale in senso federale dell’UE;
· il secondo condivide la necessità di avanzare nel processo di integrazione ma considera inevitabile, date le posizioni e le condizioni oggettivamente assai differenziate tra gli Stati membri, il ricorso allo strumento delle cooperazioni rafforzate per creare all’interno dell’Unione aree più omogenee (Europa a due velocità o addirittura a geometria variabile). L’istituto della cooperazione rafforzata, introdotto, dal Trattato di Amsterdam nel 1997 e successivamente modificato proprio dal Trattato di Lisbona, si fonda sull’ammissione della possibilità di deviare parzialmente dal modello di integrazione uniforme per realizzare integrazioni differenziate secondo un’ipotesi che in dottrina è stata definita come “Europa a più velocità;
· il terzo, sostenuto da alcuni Paesi (Gruppo di Visegrad) e da alcune forze politiche nazionali esclude ogni ulteriore condivisione di sovranità a livello europeo e ogni avanzamento verso una integrazione politica, non scartando anzi l’ipotesi di una rinazionalizzazione di alcune competenze attualmente attribuite all’Unione.
Questa dialettica si è peraltro intrecciata su quella, da sempre presente relativamente al funzionamento dell’Unione, tra i fautori del:
· metodo intergovernativo, secondo cui spetta essenzialmente ai governi nazionali, in seno al Consiglio europeo e al Consiglio dell’Unione europea, stabilire le principali scelte politiche e legislative dell’UE come pure le tappe per un’eventuale evoluzione del processo di integrazione;
· metodo comunitario (cui si ispira prevalentemente l’assetto istituzionale disegnato ai Trattati) ritenuto più trasparente, soggetto ad un controllo democratico e capace di garantire la tenuta di una cornice istituzionale unica.
Tale dialettica si è tradotta in una tensione tra il Consiglio europeo e la Commissione europea che ha cercato di fronteggiare il rischio di un depotenziamento politico della sua prerogativa di esercizio dell'iniziativa legislativa.
Va peraltro osservato, che la Commissione Juncker sin dal suo insediamento ha inteso rivendicare il suo ruolo politico, anche se talune iniziative della Commissione hanno incontrato forti e diffuse resistenze in sede di Consiglio da parte di numerosi Stati membri.
Le varie proposte di riforma sinora avanzate sono il frutto del tentativo di portare avanti o comporre questi diversi approcci.
Il Parlamento europeo ha approvato, il 16 febbraio 2017, due risoluzioni dedicate, rispettivamente ai miglioramenti al funzionamento dell’UE a Trattati vigenti (sulla base della relazione degli onn. Brok e Bresso), alle possibili evoluzioni della struttura istituzionale dell’UE anche modificando i Trattati (sulla base della relazione presentata dall’on. Verhofstadt).
Le richiamate risoluzioni includono, tra le altre, le seguenti proposte:
· avviare una riforma dei Trattati da realizzarsi attraverso una Convenzione;
· modificare il sistema di revisione dei Trattati, eliminando l’obbligo di ratifica da parte di tutti gli Stati membri e prevedendo che le modifiche possano entrare in vigore previo referendum in tutta l’UE e l’approvazione del Parlamento europeo;
· introdurre nei Trattati la possibilità di indire un referendum a livello di UE sulle questioni inerenti alle azioni e politiche dell'Unione;
· attribuire formali poteri di iniziativa legislativa anche al Parlamento europeo e al Consiglio dell’UE, oltre che alla Commissione europea;
· rafforzare il ruolo dei Parlamenti nazionali introducendo una procedura di cosiddetto “cartellino verde”, in base alla quale i Parlamenti nazionali possono sottoporre proposte legislative all’esame del Consiglio dell’UE;
· istituire un Ministro delle finanze dell'UE, attribuendo alla Commissione la capacità di formulare e attuare una politica economica comune dell'UE in vista dell’istituzione di un Tesoro europeo (vedi “La riforma dell’Unione economica e monetaria”);
· attribuire all’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE il titolo di Ministro degli esteri dell’UE.
Da ultimo, l’on. Ramón Jáuregui Atondo (Gruppo dell’alleanza progressista dei socialisti e dei democratici – Spagna) ha presentato, il 19 luglio 2018, alla Commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo un progetto di relazione sullo stato del dibattito sul futuro dell’Europa, che dovrebbe essere esaminata dall’Assemblea nell’ambito della sessione plenaria del 14 -17 gennaio 2019.
Il progetto di relazione, in particolare:
· ricorda l'importanza di un quadro istituzionale unico e del metodo comunitario e sottolinea la necessità di una maggiore integrazione politica dell’Unione;
· ribadisce che l'integrazione differenziata deve rimanere aperta a tutti gli Stati membri e continuare a fare da apripista per l'approfondimento dell'integrazione europea, e non agevolare soluzioni "à la carte";
· sottolinea che la crisi ha generato uno squilibrio tra le principali istituzioni dell'Unione e che il Consiglio e, in particolare, il Consiglio europeo sta esercitando la propria iniziativa politica a scapito del diritto d'iniziativa della Commissione;
· si esprime a favore del superamento del voto all'unanimità in particolare per le decisioni relative a: politica estera e di sicurezza comune, quadro finanziario pluriennale, base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società, imposta sul valore aggiunto, tassazione dell'economia digitale;
· propone di trasformare il Consiglio dell’UE in un'autentica camera legislativa e di rafforzare la trasparenza dei suoi processi decisionali;
· ritiene che i progressi relativi alla attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali dovrebbero essere oggetto di un'attenzione specifica nell'ambito del coordinamento della politica economica del Semestre europeo;
· chiede di garantire una maggiore legittimità democratica della governance economica e finanziaria per la zona euro ed accoglie con favore l'idea di una capacità di bilancio per la zona euro, sottolineando che un accorpamento delle posizioni di vicepresidente della Commissione per gli Affari economici e di presidente dell'Eurogruppo potrebbe migliorare la responsabilità parlamentare a livello europeo;
· invita a un maggior coinvolgimento del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali nel Semestre europeo attraverso miglior coordinamento dei tempi di adozione dei bilanci a livello nazionale e dell'UE;
· invita a istituire un Consiglio permanente dei ministri della Difesa presieduto dal Vicepresidente della Commissione europea/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e sottolinea l'importanza di un meccanismo di responsabilità democratica, attraverso una cooperazione rafforzata tra il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali;
Si ricorda che attualmente i temi della sicurezza e della difesa sono trattati nell’ambito del Consiglio dell’UE nella formazione Affari esteri e in riunioni informali.
· deplora l'assenza di un accordo tra gli Stati membri sulle priorità e dell'attuazione di una politica sull'immigrazione globale a livello dell'UE;
· sottolinea la sua determinazione a dare seguito al processo degli "Spitzenkandidaten" per l'elezione del prossimo Presidente della Commissione e ribadisce che respingerà qualunque candidato nella procedura d'investitura del presidente della Commissione che non sia stato nominato come "Spitzenkandidat" nel periodo precedente alle elezioni del Parlamento europeo (v. infra);
· sottolinea che né la sovranità nazionale né la sussidiarietà possono giustificare che uno Stato membro si sottragga al rispetto dei valori fondamentali dell'Unione europea;
· ribadisce che il processo di riflessione sul futuro dell'Europa e di revisione del trattato di Lisbona dovrebbe portare alla convocazione di una Convenzione.
L’articolo 48, paragrafo 3, del TUE prevede, nel caso di procedura di revisione ordinaria dei Trattati, la convocazione di una Convenzione composta da rappresentanti dei Parlamenti nazionali, dei Capi di Stato e di Governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione ed incaricata di esaminare i progetti di modifica dei Trattati e adottare per consenso una raccomandazione a una conferenza dei rappresentanti dei Governo degli Stati membri, alla quale spetta di stabilire di comune accordo le modifiche da apportare ai Trattati.
La Commissione europea ha presentato il 1° marzo 2017 il Libro bianco sul futuro dell’Europa nel quale si delineano le principali sfide e opportunità per l'Europa nei prossimi dieci anni, anche in vista del 60° anniversario dei Trattati di Roma, il 25 marzo 2017, in occasione del quale si è poi svolto il vertice dei Capi di stato e di Governo che ha adottato la dichiarazione di Roma.
Il Libro bianco della Commissione presenta cinque scenari - che non si escludono a vicenda né hanno pretese di esaustività e sui quali non ha espresso preferenza in modo esplicito - per la possibile evoluzione dell'Unione da qui al 2025, per ognuno dei quali la Commissione presenta a titolo esemplificativo il possibile impatto sulle politiche.
Il Libro non prefigura una chiara preferenza e un’opzione esplicita da parte della Commissione europea per uno di essi. La Commissione europea sembra, quindi, aver rinunciato, almeno in questa fase, a formalizzare un esplicito indirizzo politico.
Scenario 1: Avanti così - nello scenario, che prevede di proseguire sul percorso già tracciato, l'UE si concentra sull'attuazione del suo programma di riforme, in linea con lo spirito degli orientamenti della Commissione del 2014;
Impatto sulle politiche:
Scenario 2: Solo il mercato unico – l'UE si rifocalizza progressivamente sul mercato unico poiché gli Stati membri non riescono a trovare un terreno comune in un numero crescente di settori;
Impatto sulle politiche:
Scenario 3: Chi vuole di più fa di più – l'UE continua secondo la linea attuale, ma consente agli Stati membri che lo desiderano di fare di più assieme in ambiti specifici come la difesa, la sicurezza interna o le questioni sociali;
Impatto sulle politiche:
Scenario 4: Fare meno in modo più efficiente - l'UE si concentra sul produrre risultati maggiori in tempi più rapidi in determinate politiche, intervenendo meno nei settori per i quali non si percepisce un valore aggiunto. Attenzione e risorse limitate sono concentrate su un numero ristretto di settori.
Impatto sulle politiche:
Scenario 5: Fare molto di più insieme – Gli Stati membri decidono di condividere in misura maggiore poteri, risorse e processi decisionali in tutti gli ambiti. Le decisioni di livello europeo vengono concordate più velocemente e applicate rapidamente.
Impatto sulle politiche:
Il Presidente della Commissione europea nel discorso sullo stato dell’Unione 2018, pronunciato il 12 settembre 2018 al Parlamento europeo, ha annunciato una serie di iniziative volte a garantire che le elezioni del Parlamento europeo previste nel maggio del 2019 (23-26 maggio 2019) si svolgano in modo libero, regolare e sicuro. In particolare, la Commissione europea nella comunicazione COM(2018) 637 del 12 settembre 2018 ha annunciato le seguenti iniziative:
· una raccomandazione (C(2018)5949) relativa alle reti di cooperazione in materia elettorale, alla trasparenza online, alla protezione dagli incidenti di cibersicurezza e alla lotta contro le campagne di disinformazione.
Gli Stati membri sono invitati a istituire reti nazionali di cooperazione in materia elettorale composte dalle pertinenti autorità - come le autorità competenti in materia elettorale e in materia di cibersicurezza, le autorità incaricate della protezione dei dati e le autorità di contrasto - e a designare punti di contatto che partecipino a un'analoga rete di cooperazione in materia elettorale di livello europeo;
· la promozione di una maggiore trasparenza nella propaganda politica online.
I partiti politici, le fondazioni politiche e gli organizzatori delle campagne europee e nazionali dovrebbero rendere disponibili le informazioni sulla spesa sostenuta per le campagne di propaganda online, rivelando quale partito o quale gruppo di supporto politico si trovi a monte della propaganda politica online e pubblicando informazioni sui criteri usati per la selezione dei cittadini destinatari di tali comunicazioni. Qualora tali principi non siano seguiti, gli Stati membri dovrebbero applicare sanzioni nazionali.
· le autorità nazionali, i partiti politici e i media dovrebbero inoltre adottare misure per proteggere le proprie reti e i propri sistemi informativi dalle minacce alla cibersicurezza;
· orientamenti sull'applicazione del diritto dell'Unione in materia di protezione dei dati volti a aiutare le autorità nazionali e i partiti politici europei e nazionali ad applicare gli obblighi in materia di protezione dei dati derivanti dal diritto dell'UE nel contesto elettorale (cfr. COM(2018) 638);
· la modifica del regolamento del 2014 relativo al finanziamento dei partiti politici europei, volta a consentire di infliggere sanzioni pecuniarie (pari al 5 % del bilancio annuale del partito politico o fondazione politica europei interessati) per le violazioni delle norme in materia di protezione dei dati commesse allo scopo di influenzare deliberatamente l'esito delle elezioni europee (si tratta della proposta di regolamento COM(2018)636);
Si ricorda che, nel discorso sullo stato dell'Unione 2017, pronunciato Il 13 settembre 2017 dinanzi al Parlamento europeo, il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, aveva avanzato le seguenti proposte per quanto riguarda in particolare i profili istituzionali dell’UE:
· unificare la carica di Presidente della Commissione europea con quella del Presidente del Consiglio europeo;
L’unificazione potrebbe essere conseguita senza modificare il Trattato sull’Unione europea, che per la carica di Presidente del Consiglio europeo prevede solo la incompatibilità con un mandato nazionale. Ai sensi del TUE, il Presidente del Consiglio europeo è eletto dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata per un mandato di due anni e mezzo rinnovabile una volta. Il Presidente della Commissione europea è eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei suoi membri, sulla base di una candidatura proposta a maggioranza qualificata del Consiglio europeo, tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo. Si ricorda che il mandato dell’attuale Commissione europea scade il 31 ottobre 2019.
· estendere la votazione a maggioranza qualificata in seno al Consiglio dell’UE, utilizzando le possibilità già attualmente previste dalle cosiddette “clausole passerella” contenute nei Trattati e in particolare in materia fiscale e di politica estera, settori per i quali è attualmente previsto il ricorso all’unanimità;
· l’impegno a fare dell’Unione europea un attore globale più forte, prendendo decisioni di politica estera più rapide e istituendo un’autentica Unione europea della difesa entro il 2025.
Si ricorda in proposito che Il Consiglio dell'UE dell'11 dicembre 2017 - sulla base di una proposta presentata da Francia, Germania, Italia e Spagna - ha adottato una decisione con la quale è stata istituita la cooperazione strutturata permanente (PESCO) in materia di difesa, alla quale partecipano tutti gli Stati membri UE tranne Gran Bretagna, Danimarca e Malta. La Commissione europea ha poi presentato il 13 giugno 2018 una proposta di regolamento che istituisce il Fondo europeo per la difesa, volta a migliorare la competitività, l'innovazione, l'efficienza e l'autonomia dell'industria della difesa dell'Unione, con una dotazione di bilancio per il Fondo di 13 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, di cui 8,9 miliardi di euro per le azioni di sviluppo e 4,1 miliardi di euro per le azioni di ricerca. Nell'ambito del piano di attuazione della Strategia globale in materia di sicurezza e difesa è stata avviata, in via sperimentale a partire dall'autunno 2017, la procedura di revisione coordinata annuale sulla difesa (CARD) da parte degli Stati membri, una sorta di "semestre europeo della difesa", con l'obiettivo di aiutare gli Stati membri a sincronizzare i loro bilanci per la difesa, pianificare insieme i loro investimenti futuri e evitare duplicazioni.
Il Consiglio europeo del 19 e 20 ottobre 2017 ha adottato l’Agenda dei leader, con lo scopo di programmare la discussione del Consiglio europeo su alcuni grandi temi fino al giugno 2019, anche in vista della definizione di un’ Agenda strategica dell’UE per il periodo 2019-2024.
L'agenda dei leader mira in particolare a trovare soluzioni alle principali sfide e priorità politiche dell'Unione europea nonché ad affrontare al più alto livello le questioni maggiormente controverse, tra cui in particolare:
· la migrazione;
· la sicurezza interna;
· la riforma della zona euro;
· il futuro finanziamento dell'UE;
· l’Europa sociale, la crescita e l’occupazione;
· gli sviluppi del mercato interno;
· il rafforzamento della cooperazione nella difesa;
· le prospettive della politica commerciale dell’UE.
Al termine del vertice franco-tedesco svoltosi a Mesengber il 19 giugno 2018, la Cancelliera tedesca, Angela Merkel e il Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, hanno adottato una Dichiarazione nella quale si formulano le seguenti proposte:
per quanto riguarda i profili istituzionali dell’UE:
· ridurre il numero dei membri della Commissione europea, in modo da avere meno commissari rispetto al numero degli Stati membri;
Si ricorda che il Trattato di Lisbona (art. 17 del TUE) aveva previsto che a partire dal 1° novembre 2014 la Commissione europea sarebbe dovuta essere composta da un numero di membri corrispondente ai due terzi del numero degli Stati membri, prevedendo però che il Consiglio europeo potesse decidere all’unanimità di modificare tale numero. Il Consiglio europeo ha poi deciso nel 2009 di mantenere la composizione della Commissione corrispondente a un Commissario per ogni Stato membro.
· istituire liste transnazionali in occasione delle elezioni per il Parlamento europeo del 2024;
· avviare un dibattito sull’estensione del voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio dell’UE, e in particolare nell’ambito della PESC.
· al fine di aumentare la velocità e l’efficacia del processo decisionale nella politica estera e di sicurezza dell’UE (PESC), occorre un dibattito sulla creazione di nuovi “formati” quali un Consiglio di sicurezza dell’UE e su un più stretto coordinamento, sia all’interno dell’UE, sia nelle sedi internazionali.
Per processo degli Spitzenkandidaten si intende la prassi in base alla quale, in vista delle elezioni per il Parlamento europeo, ogni Partito politico europeo procede alla designazione del rispettivo candidato alla carica di Presidente della Commissione europea e il Parlamento europeo procede all’elezione alla carica di Presidente della Commissione del capolista del partito politico europeo che ha ottenuto la maggioranza dei seggi all’Europarlamento.
Tale prassi è stata usata la prima volta in occasione dell’elezione del Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, nel 2014.
In vista delle elezioni europee del maggio 2014 cinque partiti politici europei provvidero a designare il rispettivo candidato alla carica di Presidente della Commissione europea e il Parlamento europeo procedette, su proposta del Consiglio europeo, ad eleggere Jean-Claude Juncker - candidato del Partito popolare europeo, che aveva ottenuta più seggi al PE - alla carica di Presidente della Commissione europea.
La prassi dei Spitzenkandidaten non è prevista dal Trattato sull’Unione europea (TUE) che all’articolo 17, paragrafo 7, prevede che il Consiglio europeo, tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo e dopo consultazioni appropriate, proponga a maggioranza qualificata un candidato alla carica di Presidente della Commissione europea al Parlamento che lo elegge a maggioranza dei membri che lo compongono.
Durante la riunione informale del Consiglio europeo del 23 febbraio 2018, i leader dell'UE hanno dichiarato che, per le elezioni europee del 2019, non sarebbero stati vincolati dalla procedura Spitzenkididen nel momento di designare il loro candidato alla Presidenza della Commissione.
Il Parlamento europeo in una risoluzione approvata il 28 febbraio 2018 sottolinea la sua determinazione a dare seguito al processo degli "Spitzenkandidaten" per l'elezione del prossimo Presidente della Commissione e ribadisce che respingerà qualunque candidato nella procedura d'investitura del presidente della Commissione che non sia stato nominato come "Spitzenkandidat" nel periodo precedente alle elezioni del Parlamento europeo.
Si ricorda che le prossime elezioni del Parlamento europeo si svolgeranno il 23 -26 maggio 2019 e che il mandato dell’attuale Commissione europea scade il 31 ottobre 2019.
Il 6 dicembre 2017 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte sul futuro dell'Unione economica e monetaria (UEM), che mira a migliorare la resilienza e l'integrazione dell'area euro, affrontando non solo profili istituzionali e di governance, ma anche alcune criticità emerse con l'esplosione della crisi economico-finanziaria degli ultimi anni.
L’area euro è attualmente formata da tutti i Paesi dell’UE ad eccezione di: Bulgaria, Croazia, Danimarca, Polonia, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Svezia, Ungheria. Ad eccezione del Regno Unito e della Danimarca, tutti gli Stati membri non appartenenti alla zona euro si sono giuridicamente impegnati ad aderire all’euro.
Il pacchetto s'inserisce nel solco avviato nel 2015 con la "Relazione dei cinque Presidenti" e proseguito con il "Documento di riflessione sull'approfondimento dell'Unione economica e monetaria" del maggio 2017.
Oltre agli aspetti di semplificazione e razionalizzazione del quadro giuridico e istituzionale, da più parti è stato evidenziato che l'attuale assetto dell'UEM non ha consentito di rispondere con tempestività ed efficacia alla più grave crisi economico-finanziaria dal secondo dopoguerra. In assenza di efficaci strumenti ordinari, l'UE ha dovuto, infatti, ricorrere a misure eccezionali quali il cosiddetto Piano Juncker e, soprattutto, il programma Quantitative easing della Banca centrale europea, che si sono rivelate utili, ma scontano i limiti della temporaneità e dell'eccezionalità dell'intervento.
Per ovviare a tali limiti, la Commissione europea, con il citato documento di riflessione di maggio 2017, aveva prospettato un complesso organico di misure, che in larga parte si possono riscontrare nella tabella di marcia che costituisce parte integrante del citato pacchetto di dicembre.
Occorre, tuttavia, rilevare che la tabella di marcia della Commissione europea prevede che talune misure, pur essenziali ai fini del rafforzamento dell'UEM, siano rinviate a una fase successiva (2019-2025) come l'emissione comune di titoli di debito equiparabili ai titoli del Tesoro degli Stati Uniti, la creazione di un Tesoro della zona euro e la semplificazione delle norme del Patto di stabilità e crescita.
Attualmente l'UEM è disciplinata da norme di rango primario (contenute nei Trattati) e secondario, alle quali, nel tempo, si sono aggiunti accordi intergovernativi (quali il Trattato cd. Fiscal Compact e il Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità, ESM) e misure - anche di natura non legislativa - intese a rafforzare i vincoli di finanza pubblica e introdurre una cornice comune per le politiche economiche degli Stati membri.
In tale contesto, il pacchetto in questione propone in particolare di:
· istituire il Ministro europeo dell'economia e delle finanze;
· istituire un Fondo monetario europeo;
· incorporare il Trattato Fiscal Compact nell'ordinamento giuridico dell'UE;
· introdurre nuovi strumenti di bilancio per la zona euro (sostegno alle riforme strutturali e stabilizzazione degli investimenti).
Il Ministro europeo dell'economia e delle finanze, secondo la comunicazione della Commissione COM(2017)823:
· dovrebbe fungere da Vicepresidente della Commissione e da Presidente dell'Eurogruppo;
· sarebbe responsabile di fronte al Parlamento europeo;
· manterrebbe dialoghi regolari con i Parlamenti nazionali (i Parlamenti nazionali potrebbero chiedere al Ministro di presentare il parere della Commissione sui rispettivi documenti programmatici di bilancio).
Per quanto concerne le funzioni, il Ministro dovrebbe:
· perseguire l'interesse generale dell'economia dell'UE e della zona euro e rappresentarla a livello mondiale;
· rafforzare il coordinamento delle politiche e vigilare sulle norme economiche, finanziarie e di bilancio;
· pronunciarsi sulla politica di bilancio appropriata per la zona euro a sostegno della politica monetaria della Banca centrale europea.
· monitorare l'uso degli strumenti di bilancio dell'UE e della zona euro, compresi quelli a sostegno delle riforme, della stabilizzazione macroeconomica e della convergenza (ad esempio, gli interventi della Banca europea per gli investimenti e dell'ESM).
Nella scorsa legislatura, le Commissioni riunite V (Bilancio) e XIV (Politiche dell'UE) della Camera dei deputati, nel documento finale approvato il 7 febbraio 2018, hanno rilevato che all'istituzione della figura del Ministro europeo dell'economia e delle finanze non è tuttavia associata la previsione dell'attribuzione al medesimo Ministro di un bilancio dell'area euro, la cui creazione, in base alla tabella di marcia della Commissione europea, è rinviata a una fase successiva (tra il 2019 e il 2025). Ne consegue che il Ministro potrebbe rivelarsi come uno strumento di mero rafforzamento dei controlli e delle regole che gli Stati membri sono tenuti a rispettare, rendendo ancora più stringenti i vincoli di finanza pubblica.
Il Fondo monetario europeo (FME), in base alla proposta di regolamento presentata dalla Commissione COM(2018)827, sarebbe basato sulla struttura ormai consolidata del Meccanismo europeo di stabilità (cd. Fondo "salva-Stati", ESM), ma ancorato all'ordinamento giuridico dell'UE (attualmente l'ESM è disciplinato da un apposito accordo intergovernativo). Il FME:
· potrebbe costituire un meccanismo di backstop (garanzia) comune per il Fondo di risoluzione unico delle crisi bancarie e fungerebbe da prestatore di ultima istanza al fine di facilitare la risoluzione ordinata delle banche in difficoltà. Nell'ambito dell'Unione bancaria, il meccanismo di backstop sarebbe attivato nel caso in cui, anche dopo aver imputato perdite agli azionisti e ai creditori delle banche, il Fondo di risoluzione unico non disponga temporaneamente di risorse sufficienti per agevolare la risoluzione ordinata delle banche in difficoltà. Gli Stati membri si sono accordati sulla creazione di un backstop per il Fondo di risoluzione unico nel 2013, ma il meccanismo non è ancora operativo;
· potrebbe concedere assistenza finanziaria precauzionale agli Stati membri del FME sotto forma di linea di credito condizionale, nonché assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione degli enti creditizi;
· potrebbe adottare con voto a maggioranza qualificata (85%), anziché all'unanimità, le decisioni in materia di sostegno alla stabilità, esborsi e attivazione del sostegno;
· avrebbe al suo interno un esplicito riferimento all'applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea nelle attività del futuro FME (di conseguenza, la concessione dell'assistenza finanziaria sarebbe condizionata al rispetto dei diritti tutelati nella Carta).
La proposta reca anche una disciplina puntuale per quanto riguarda i membri e la governance: il FME sarebbe dotato di un consiglio dei governatori e di un consiglio di amministrazione e di un direttore generale. Il presidente del consiglio dei governatori sarebbe il presidente dell'Eurogruppo (come già avviene per l'ESM).
Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in occasione delle comunicazioni alla Camera dei deputati del 27 giugno 2018, in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2018, ha affermato che “non vogliamo un Fondo monetario europeo che, lungi dall'operare con finalità perequative, finisca per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci. È per questo che siamo contrari a ogni rigidità nella riforma del Meccanismo europeo di stabilità: soprattutto perché nuovi vincoli al processo di ristrutturazione del debito potrebbero contribuire proprio essi all'instabilità finanziaria, anziché prevenirla”.
Si ricorda, inoltre, che, nella scorsa legislatura, le Commissioni riunite V (Bilancio) e XIV (Politiche dell'UE) della Camera dei deputati, nel documento finale approvato il 7 febbraio 2018, hanno invitato le Istituzioni europee a valutare l’opportunità di attribuire al FME la capacità di collocare titoli anche sul mercato primario e non solo a banche e istituzioni finanziarie, al fine di potenziarne le possibilità di raccolta di capitale, adottando le necessarie precauzioni a tutela dei risparmiatori.
La Commissione europea con la proposta di direttiva COM(2018)824 propone di incorporare le disposizioni del Trattato sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance (cd. Fiscal Compact) nell'ordinamento giuridico dell'Unione.
L'articolo 16 del Fiscal Compact prevede, infatti, che, al più tardi entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del Trattato stesso (e dunque, entro il 1° gennaio 2018), sulla base di una valutazione dell'esperienza maturata in sede di attuazione, siano adottate le misure necessarie per incorporarne il contenuto nella cornice giuridica dell'UE.
Con il Fiscal Compact, di fatto, si sono confermate alcune regole di bilancio già introdotte nell'ordinamento dell'UE e si impegnavano gli Stati firmatari a recepire la regola del pareggio strutturale di bilancio in disposizioni vincolanti a un elevato livello di gerarchia delle fonti giuridiche (preferibilmente a livello costituzionale).
L'Italia si è conformata a tale impegno modificando il dettato dell'articolo 81 della Costituzione e la legislazione contabile.
Nella scorsa legislatura, le Commissioni riunite V bilancio e XIV politiche dell'UE della Camera dei deputati, nel documento finale approvato il 7 febbraio 2018, hanno espresso una valutazione contraria sulla proposta.
La Commissione europea con la comunicazione COM(2017)822 indica le funzioni specifiche che il bilancio UE dovrebbe svolgere: sostegno alle riforme strutturali degli Stati membri, attraverso uno strumento per la realizzazione delle riforme e un'assistenza tecnica su richiesta degli stessi Stati, compreso uno specifico strumento di convergenza per i Paesi in procinto di adottare l'euro; una funzione di stabilizzazione per mantenere i livelli di investimento in caso di gravi shock asimmetrici.
Il 31 maggio 2018, nell’ambito delle proposte per il prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027, la Commissione europea ha presentato:
· la proposta di regolamento COM(2018)391 per l'istituzione del Programma di sostegno alle riforme strutturali degli Stati membri, che prevede uno stanziamento complessivo di 25 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. Il Programma si compone di: uno strumento per la realizzazione delle riforme; uno strumento di assistenza tecnica su richiesta degli stessi Stati; uno specifico strumento di convergenza per i Paesi in procinto di adottare l'euro (meccanismo detto "convergence facility"), con una dotazione di 2,16 miliardi di euro;
· la proposta di regolamento COM(2018)387 relativo all'istituzione della Funzione europea di stabilizzazione degli investimenti in caso di shock asimmetrici per il periodo 2021-2027, che prevede la possibilità per l'Unione di contrarre prestiti sui mercati finanziari al fine di concedere crediti per un massimo di 30 miliardi di euro a favore degli Stati membri della zona euro (o membri dell'Exchange Rate Mechanism, ERM II). La Commissione europea propone anche di creare un apposito Fondo di stabilizzazione, finanziato dagli Stati membri, per coprire i costi legati ai tassi di interesse dei prestiti concessi dall'Unione.
Per quanto riguarda i negoziati, in sede di Gruppo ad hoc sul QFP, il Governo ha criticato le ridotte dotazioni prospettate per entrambe le proposte. Per quanto riguarda il Programma di sostegno alle riforme, ha segnalato, in particolare, che potrebbe non essere ben focalizzato sull'obiettivo di sostenere la convergenza tra i Paesi soprattutto perché saranno stabiliti gli importi massimi per ciascuno Stato membro in base alla popolazione (anche se l'Italia sarebbe il terzo beneficiario con poco più del 13%, per un ammontare corrispondente a circa 1,5 miliardi di euro potenziali per ciascuna fase). Inoltre, l'incentivo potrebbe non rivelarsi così efficace come nelle previsioni considerato lo scarto temporale tra il momento dell'impegno e quello della corresponsione ex-post del contributo. Secondo l'Italia, la corresponsione di un anticipo al momento della sottoscrizione degli impegni potrebbe contribuire meglio ad affrontare i costi politici ed economici individuati come ostacolo per la realizzazione delle riforme. Invece, per quanto riguarda il Programma europeo di stabilizzazione degli investimenti, ha segnalato, in particolare, che l'introduzione di una funzione di stabilizzazione come completamento dell'UEM è stata sempre sostenuta dall'Italia che ha portato avanti la propria proposta di un rainy day fund collegato alla disoccupazione, che garantirebbe maggiore efficacia in termini di risorse finanziarie disponibili per contrastare gli shock e in termini di tempestività nel contrastare l'impatto della congiuntura negativa sull'economia.
La comunicazione sulle Ulteriori tappe verso il completamento dell'Unione economica e monetaria dell'Europa: tabella di marcia (COM(2017)821), oltre a fornire un quadro sintetico delle misure incluse nel citato pacchetto di dicembre, traccia una tabella di marcia per l’approfondimento dell’UEM per il biennio 2018-2019 e successivamente al 2019 fino al 2025. In particolare, secondo la Commissione europea:
- nel 2018: dovrebbero essere adottati gli atti per completare l'Unione bancaria, compreso il pacchetto sulla riduzione dei rischi nel settore bancario del novembre 2016, presentato al fine di rafforzare la capacità delle banche dell’UE di resistere a eventuali shock, e la proposta sul sistema europeo di assicurazione dei depositi, considerato uno dei pilastri dell’Unione bancaria; andrebbe raggiunto l'accordo su un sostegno comune (c.d. backstop) per il Fondo di risoluzione unico, affinché sia operativo entro il 2019;
- entro la metà del 2019: andrebbero portate a termine tutte le iniziative legislative pendenti relative all'Unione dei mercati dei capitali, (revisione delle autorità europee di vigilanza, modifiche del regolamento relativo all'infrastruttura dei mercati europei e prodotto pensionistico paneuropeo); dovrebbero essere adottate le proposte sulla creazione del Fondo monetario europeo, sull'integrazione del Fiscal Compact nel diritto dell'UE e sull'istituzione di una rappresentanza unificata della zona euro nel Fondo monetario internazionale; dovrebbe essere raggiunta un'intesa comune sul ruolo del Ministro europeo dell'economia e delle finanze; andrebbero adottate, nel contesto del prossimo quadro finanziario pluriennale, le proposte per il Programma di sostegno alle riforme strutturali, compreso lo strumento di convergenza specifico per gli Stati membri non appartenenti alla zona euro, e per la Funzione europea di stabilizzazione degli investimenti;
- per il post-2019: la Commissione europea cita le ulteriori misure da adottare a livello di Unione finanziaria (attuazione continua delle iniziative connesse all'Unione dei mercati dei capitali, progressi verso l'emissione di un'attività sicura europea, modifiche del trattamento normativo delle esposizioni sovrane), di Unione economica e di bilancio (attuazione del nuovo quadro finanziario pluriennale, Funzione europea di stabilizzazione pienamente funzionale, semplificazione delle norme del Patto di stabilità e crescita) e di responsabilità democratica e governance (funzione a tutti gli effetti del Ministro europeo dell'economia e delle finanze, piena operatività del Fondo monetario europeo e creazione di un Tesoro della zona euro).
A margine del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno si è tenuta una riunione dell'Euro Summit nel suo formato esteso ai 27 Stati membri dell'UE, il quale ha convenuto quanto segue:
1. l'accordo raggiunto dal Consiglio sul pacchetto sulla condivisione dei rischi nel settore bancario dovrebbe consentire ai colegislatori di approvarlo entro la fine dell'anno. In particolare, mantenendo ferma la tabella di marcia del 2016, si auspica l'avvio delle negoziazioni politiche sul sistema europeo di assicurazione dei depositi;
2. l’ESM fornirà il backstop comune al Fondo di risoluzione unico e sarà rafforzato sulla base degli elementi contenuti nella lettera del presidente dell'Eurogruppo. Entro dicembre 2018 l'Eurogruppo stabilirà i termini per il sostegno comune e concorderà le condizioni per l'ulteriore sviluppo dell’ESM.
Il prossimo Euro Summit su queste materie si terrà nel dicembre 2018.
In merito alle funzioni che dovrebbe avere l’ESM riformato, si cita, dunque, la lettera del 25 giugno 2018 del presidente dell’Eurogruppo, Mário Centeno, che riprendeva a sua volta alcuni elementi contenuti nella dichiarazione congiunta franco-tedesca di Meseberg del 19 giugno 2018 (v. scheda relativa al dibattito sul futuro dell’Europa). La lettera afferma, tra l’altro, che la condizionalità deve rimanere un principio di base del nuovo ESM e di tutti i suoi strumenti, anche per quanto riguarda gli strumenti precauzionali, e che i criteri di eleggibilità ex-ante dovrebbero essere resi più efficaci, anche per valutare la buona performance economica e finanziaria dello Stato membro. Inoltre, l’ESM potrebbe assumere un ruolo più forte nella valutazione e nel monitoraggio dei programmi di aiuto in favore degli Stati membri, in stretta cooperazione con la Commissione europea e in collegamento con la BCE e avere anche la capacità di valutare la situazione economica complessiva degli Stati senza sovrapporsi al ruolo della Commissione europea.
Nella citata dichiarazione congiunta franco-tedesco di Meseberg, il presidente Macron e la cancelliera Merkel hanno, tra l’altro, riaffermato il ruolo chiave del principio di condizionalità alla base degli strumenti di intervento dell’ESM, ricordando in particolare che la decisione di intervento si fonda su un’analisi della sostenibilità del debito del Paese interessato, e auspicato l'avvio di una riflessione sull'opportunità di introdurre delle clausole che favoriscano una ristrutturazione concordata del debito pubblico, anche al fine di rendere più efficaci le linee di intervento precauzionali finalizzate ad assicurare la stabilizzazione delle condizioni di mercato in caso di rischio dovuto alla mancanza di liquidità.
Il 25 settembre 2018 presso le Commissioni riunite XIV Camera (Politiche dell’Unione europea) e 14a Senato (Politiche dell’Unione europea) si è svolta l’audizione del Ministro per gli affari Europei, Paolo Savona, sulle prospettive di riforma dell’Unione europea, nell’ambito della quale il Ministro ha depositato il documento intitolato "Una politeia per un'Europa diversa, più forte e più equa", che lo stesso Ministro, il 12 settembre 2018 ha comunicato di aver inoltrato al Presidente della Commissione europea.
Il documento analizza in particolare tre argomenti:
1. l'architettura istituzionale della politica monetaria (tra l’altro avanzando la proposta di affidare alla BCE compiti pieni sul cambio, nonché funzioni di prestatrice di ultima istanza);
2. l'architettura istituzionale della politica fiscale e la conformazione da questa assunta;
3. le regole della competizione anche in relazione agli aiuti di Stato.
Secondo il documento, il riferimento a una politeia invece della consueta governance è dovuto al fatto che la prima esprime una politica per il raggiungimento del bene comune, mentre la seconda, mutuata dalle discipline di management, indica le regole di gestione delle risorse.
La conclusione del documento è che il Governo italiano assumerà tutte le iniziative utili per dare vita a un Gruppo di lavoro ad alto livello, composto dai rappresentanti degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione europea, che esamini la rispondenza dell’architettura istituzionale europea vigente e della politica economica con gli obiettivi di crescita nella stabilità e di piena occupazione esplicitamente previsti nei Trattati. Il Gruppo di lavoro ha lo scopo di sottoporre al Consiglio europeo, prima delle prossime elezioni europee, suggerimenti utili a perseguire il bene comune, la politeia che manca al futuro dell’Unione e alla coesione tra gli Stati membri.
A seguito del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'UE, tenutosi il 23 giugno 2016, il Governo del Regno Unito ha proceduto alla notifica formale del processo di recesso dall'UE il 29 marzo 2017.
Ai sensi dell'art. 50 del Trattato sull'Unione europea (TUE), il processo di uscita del Regno Unito dall'UE si dovrebbe concludere entro due anni, quindi il 29 marzo 2019, a meno che il Consiglio europeo non decida all'unanimità di prorogare tale termine.
Il Consiglio europeo straordinario a 27, del 29 aprile 2017, ha adottato gli orientamenti per il negoziato sulla Brexit, prevedendo un approccio distinto in due fasi:
· la prima, volta a fornire la massima chiarezza e certezza giuridica ai cittadini, alle imprese e ai partner internazionali sugli effetti del recesso del Regno Unito, e a definire le modalità di recesso per quanto riguarda i diritti e le obbligazioni che derivano da impegni assunti in quanto Stato membro dell'Unione (i negoziati relativi a tale fase dovranno poi essere concretizzati in un accordo di recesso);
· la seconda, dedicata alla ricerca di un'intesa complessiva sul quadro delle future relazioni tra l'UE e il Regno Unito (che dovrebbe essere sancita tramite una dichiarazione politica, rinviando la definizione di un vero e proprio accordo sulle future relazioni, da concludersi nell'ambito del periodo transitorio).
La prima fase dei negoziati - condotti, per conto dell'UE, da una task force della Commissione europea guidata da Michel Barnier) ha avuto inizio a giugno 2017 e si è conclusa nel mese di dicembre, quando il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo di massima sulle questioni prioritarie relative al recesso del Regno Unito.
L'accordo prevede:
· quanto ai diritti dei cittadini, la possibilità per i cittadini dell'UE residenti nel Regno Unito e per quelli del Regno Unito residenti nell'UE di continuare a esercitare i diritti attualmente garantiti dalle normative europee, sulla base dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione (tramite l'incorporazione sostanziale nel diritto britannico delle disposizioni relative alla protezione dei diritti dei cittadini dell'Unione, ivi inclusa la relativa giurisprudenza della Corte di Giustizia);
· quanto alle questioni finanziarie, l'impegno da parte del Regno Unito a onorare tutti gli obblighi dovuti per la sua partecipazione all'UE, e in particolare tutti gli obblighi finanziari fino al 2020, data di scadenza dell'attuale Quadro finanziario pluriennale;
· quanto alle questioni relative al confine tra Irlanda e Irlanda del Nord, l'impegno da ambo le parti di tutelare gli accordi del Venerdì Santo (o accordi di Belfast) del 1998. Spetterà al Regno Unito presentare soluzioni per regolamentare il confine senza che si crei una vera e propria frontiera fisica con relativi controlli, e - in mancanza di un accordo tra le parti - impegnarsi a mantenere il pieno allineamento regolamentare con le disposizioni dell'UE relative al mercato interno e all'Unione doganale.
La seconda fase dei negoziati è stata avviata il 6 febbraio 2018, e il successivo 19 marzo i capi negoziatori Barnier e Davis hanno annunciato di aver raggiunto un'intesa parziale su un progetto di accordo di recesso del Regno Unito dall'UE, nella quale vengono previsti:
· un periodo transitorio dal 30 marzo 2019 al 31 dicembre 2020 nel corso del quale il Regno Unito cesserà di partecipare al processo decisionale dell'UE, essendo divenuto uno Stato terzo, ma conserverà pieno accesso al mercato unico. Nel corso di tale periodo il Regno Unito potrà negoziare accordi commerciali con paesi terzi, che potranno entrare in vigore prima della conclusione del periodo transitorio solo previa autorizzazione dell'UE;
· la garanzia, anche per i cittadini dell'UE che si registreranno nel Regno Unito nel corso del periodo di transizione, degli stessi diritti garantiti ai cittadini dell'UE già residenti nel Regno Unito;
· l'impegno del Regno Unito a onorare la liquidazione finanziaria sulla base dell'accordo raggiunto a dicembre 2017.
Il progetto di accordo non contiene ancora una soluzione su alcune questioni di importanza primaria, e in particolare sulle modalità per evitare un confine fisico tra Irlanda e Irlanda del Nord. La convergenza tra le parti raggiunta a dicembre 2017, e che prevedeva - in assenza di soluzioni concordate - una clausola di salvaguardia (cd. Backstop) sull'allineamento regolamentare di Irlanda e Irlanda del Nord con le disposizioni europee relative al mercato interno, è stata tra l'altro contestata dal Primo ministro britannico May, la quale ha controproposto che la questione del confine irlandese sia regolata facendo riferimento alla proposta contenuta nel Libro bianco sulle future relazioni tra Regno Unito e UE (v. infra).
Anche a seguito dell'annuncio dei due capi negoziatori, il Consiglio europeo del 22 e 23 marzo 2018 ha adottato degli orientamenti per quanto riguarda il negoziato sul quadro delle relazioni future tra UE e Regno Unito, dai quali emergono i seguenti elementi:
· l'UE intende stabilire con il Regno Unito una cooperazione più stretta possibile, che includa la cooperazione economica e commerciale ma anche la lotta contro il terrorismo e la criminalità internazionale e la politica di sicurezza, di difesa ed estera;
· le quattro libertà del mercato unico restano indivisibili e non sarà possibile negoziare un accordo basato sui singoli settori (il cd. Cherry-picking);
· considerato che il Regno Unito non intende partecipare al mercato unico o all'Unione doganale, sarà necessario negoziare un accordo di libero scambio che comprenda il commercio di beni in tutti i settori e senza tariffe o restrizioni quantitative, il commercio di servizi, l'accesso ai rispettivi mercati per quanto concerne appalti, investimenti e protezione della proprietà intellettuale, comprese le denominazioni di origine, e l'accesso reciproco alle acque e alle risorse della pesca;
· il futuro partenariato dovrebbe inoltre comprendere disposizioni - tra l'altro - sulla circolazione delle persone fisiche, sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e sul riconoscimento delle qualifiche professionali; mantenere la connettività tra UE e Regno Unito; prevedere condizioni per la partecipazione del Regno Unito ai programmi dell'UE, per esempio nei settori dell'istruzione e della ricerca; prevedere una governance delle relazioni tra UE e Regno Unito in materia di vigilanza, risoluzione delle controversie, sanzioni e meccanismi di ritorsione incrociata.
La posizione del Consiglio europeo rispecchia in larga parte anche i contenuti della risoluzione sul quadro delle future relazioni tra UE e Regno Unito approvata dal Parlamento europeo il 14 marzo 2018. La risoluzione:
· ribadisce che l'adesione del Regno Unito al mercato interno e all'Unione doganale sarebbe la soluzione migliore nonché l'unica in grado di garantire la prosecuzione di scambi commerciali senza attriti;
· ricorda che il Parlamento europeo approverà il quadro per le future relazioni tra l'UE e il Regno Unito solo se tale quadro rispetterà i seguenti principi:
- impossibilità per un Paese terzo di godere degli stessi diritti e degli stessi vantaggi di uno Stato membro dell'Unione europea o di un membro dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA) o dello Spazio economico europeo (SEE);
- tutela dell'integrità e del corretto funzionamento del mercato interno, dell'Unione doganale e delle quattro libertà;
- salvaguardia dell'ordinamento giuridico dell'UE e del ruolo della Corte di giustizia dell'Unione europea;
- rispetto dei principi democratici, dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
- parità di condizioni, in particolare per quanto concerne il costante rispetto, da parte del Regno Unito, delle norme discendenti dagli obblighi internazionali, nonché dalla legislazione e dalle politiche dell'Unione in settori quali la concorrenza equa, inclusi gli aiuti di Stato, i diritti sociali e dei lavoratori, e in particolare livelli equivalenti di protezione sociale e salvaguardie contro il dumping sociale, l'ambiente, i cambiamenti climatici, la protezione dei consumatori, la salute pubblica, le misure sanitarie e fitosanitarie, la salute e il benessere degli animali, la fiscalità, prevedendo altresì un chiaro meccanismo di contrasto all'evasione fiscale, all'elusione fiscale e al riciclaggio, la protezione dei dati e la tutela della vita privata;
- salvaguardia degli accordi dell'UE con i Paesi terzi e le organizzazioni internazionali;
- salvaguardia della stabilità finanziaria dell'UE e rispetto del suo regime e delle sue norme di regolamentazione e di vigilanza, nonché loro applicazione;
- giusto equilibrio tra diritti e obblighi inclusi, ove opportuno, contributi finanziari commisurati;
· ribadisce che una delle questioni chiave per il consenso del Parlamento sarà il trattamento di tutte le questioni in sospeso relative ai diritti dei cittadini, insieme alla garanzia che la Brexit non abbia ripercussioni sui diritti dei cittadini dell'UE che risiedono legalmente nel Regno Unito né su quelli dei cittadini del Regno Unito che risiedono legalmente nell'UE a 27;
· insiste affinché, durante il periodo transitorio, ogni cittadino dell'UE che arriva nel Regno Unito goda dei medesimi diritti di coloro che sono arrivati prima dell'inizio del periodo stesso.
Il 29 giugno scorso, il Consiglio europeo (articolo 50), dopo essere stato aggiornato dal negoziatore dell'Unione sullo stato dei lavori in vista dell'accordo di recesso del Regno Unito, ha accolto con favore gli ulteriori progressi conseguiti su alcune parti del testo giuridico dell'accordo di recesso, rilevando tuttavia con preoccupazione "che non si siano ancora registrati progressi sostanziali in merito all'accordo su una soluzione "di salvaguardia" (backstop) per l'Irlanda/Irlanda del Nord." Nel ricordare gli impegni assunti dal Regno Unito al riguardo nel dicembre 2017 e nel marzo 2018, ha sottolineato come i negoziati potranno progredire "solo a condizione che tutti gli impegni assunti finora siano pienamente rispettati." Ha altresì rilevato come occorra "accelerare i lavori volti a preparare una dichiarazione politica sul quadro delle relazioni future", e ha sottolineato come, a tal fine, siano necessarie "una maggiore chiarezza e proposte realistiche e percorribili da parte del Regno Unito in merito alla sua posizione".
Il Consiglio europeo ha infine rinnovato "l'invito rivolto agli Stati membri, alle istituzioni dell'Unione e a tutte le parti interessate a intensificare i lavori per prepararsi a tutti i livelli e a tutti gli esiti possibili."
Nella riunione di follow-up del Consiglio europeo, svoltasi il 5 luglio 2018, il Gruppo ad hoc art. 50 ha fornito un aggiornamento sullo stato del negoziato con il Regno Unito, segnalando come non vi sia stato praticamente alcuno sviluppo dopo la pubblicazione, lo scorso 20 giugno, della Dichiarazione Congiunta con la quale le parti hanno formalizzato il raggiungimento di un'intesa su ulteriori nove articoli dell'Accordo di recesso, nonché indicato i temi su cui manca ancora un'intesa.
La controparte britannica ha declinato l'invito dei negoziatori UE a tenere una nuova sessione negoziale sia nella prima che nella seconda settimana di luglio (anche in attesa della pubblicazione, da parte del Governo inglese, del Libro bianco sulle relazioni future tra Regno Unito e Unione europea), per cui il nuovo round è stato inizialmente fissato per la settimana del 16 luglio 2018 (e si è svolto poi tra il 24 e il 26 del mese), con all'ordine del giorno tutti i temi rimasti aperti nell'Accordo di recesso con l'eccezione delle indicazioni geografiche, sulle quali i britannici hanno indicato di non essere ancora pronti a una discussione strutturata.
La possibilità di addivenire a un'intesa completa è stata peraltro segnalata come molto remota, dato il permanere di distanze significative non solo sulla questione irlandese, ma anche sulla "governance" dell'accordo di recesso e sulla protezione dei dati.
La Task Force della Commissione ha voluto nuovamente spiegare le ragioni per le quali la cosiddetta "backstop solution" per l'Irlanda (mantenimento dell'Irlanda del Nord nel territorio doganale UE e allineamento regolamentare con l'UE per quanto riguarda le merci, al fine di evitare controlli alla frontiera tra le due Irlande) non può essere estesa all'intero Regno Unito.
In sintesi, estendere il "backstop" a tutto il Regno Unito vorrebbe dire consentire una partecipazione selettiva (solo per le merci) al mercato interno dell'Unione. Tale ipotesi presenta almeno due criticità difficilmente sormontabili:
a) va contro i principi sanciti negli Orientamenti del Consiglio Europeo art. 50;
b) non sarebbe nell'interesse economico dell'Unione.
Sul primo punto, l'UE ha chiarito fin dall'avvio del confronto con la controparte che l'integrità del mercato interno e l'indissolubilità delle "quattro libertà'" costituisce un principio non negoziabile, sia perché il mercato interno rappresenta il vero valore aggiunto derivante dalla membership europea, almeno in termini economici, sia perché lo stesso mercato interno è tale proprio in quanto consente la libera circolazione di tutti i fattori della produzione, e prevede un quadro unico normativo e di soluzione delle controversie. Qualunque partecipazione selettiva rischierebbe pertanto di condurre a una violazione del principio della parità di condizioni tra operatori, e di conferire un vantaggio competitivo sleale ai prodotti britannici. Solo una partecipazione del Regno Unito allo Spazio Economico Europeo (che, oltre a coprire tutte le "quattro libertà'", prevede specifiche garanzie sulla parità di condizioni in linea con quelle dell'UE) potrebbe assicurare la libera circolazione delle merci britanniche nel territorio dell'Unione.
Il 12 luglio 2018, il Governo britannico ha presentato, come più volte annunciato, il suo Libro bianco sulle relazioni future tra il Regno Unito e l'Unione europea, che presenta alcune significative novità rispetto alle posizioni espresse finora nel corso dei negoziati.
In estrema sintesi, e limitandosi agli aspetti di più specifico rilievo, il Libro bianco:
· propone un'area di libero scambio per i prodotti agricoli e alimentari, che renderebbe non necessari i controlli alla frontiera tra Irlanda e Irlanda del Nord, superando così il "backstop" nel senso di prevederne di fatto l'estensione a tutto il Regno Unito. Tale area non si estenderebbe peraltro ai settori del digitale e dei servizi, per i quali la Gran Bretagna manterrebbe un'ampia libertà di regolamentazione, seppure all'interno di rapporti commerciali particolarmente stretti con l'Unione;
· abbandona l'idea di un mutuo riconoscimento dei servizi finanziari, che pure era sembrata un punto già concordato in sede negoziale, ed esprime la volontà di addivenire a un regime perfezionato di equivalenza, basato sul "principio dell'autonomia di ciascuna parte sulle decisioni che riguardano l'accesso al proprio mercato";
· prevede un "trattato di armonizzazione" dei sistemi doganali, sotto forma di "Facilitated Customs Arrangement" (FCA), in base al quale le controparti si impegneranno a riscuotere le tariffe europee per i beni destinati al mercato interno dell'Unione, e quelle britanniche per i beni destinati al mercato del Regno Unito;
· in tema di libera circolazione delle persone, fatte salve le piene garanzie già concordate in sede negoziale per i cittadini dell'Unione che vivono nel Regno Unito e per quelli britannici che risiedono negli Stati membri, il governo inglese si riserva di stabilire nuove politiche migratorie, sospendendo così di fatto - seppur con specifiche facilitazioni per i turisti e per i soggetti che hanno un'attività commerciale temporanea, i quali potranno viaggiare liberamente senza visto - una delle quattro libertà sulle quali si fonda il mercato interno;
· nel ribadire che, dopo il recesso, terminerà immediatamente la giurisdizione diretta della Corte di giustizia sulla Gran Bretagna, riconosce tuttavia la stessa Corte come autorità di ultima istanza in caso di controversie interpretative sul diritto dell'Unione;
· conferma la propria volontà di addivenire a un partenariato rafforzato in tema di sicurezza, che includa tra l'altro il mantenimento di una membership nelle agenzie di cooperazione giudiziaria e di polizia, nonché una piena condivisione dei dati di intelligence per la pubblica sicurezza;
· ipotizza l'istituzione di una commissione congiunta per risolvere le eventuali controversie sull'applicazione del cd. Common Rule Book, vale a dire l'insieme delle norme con le quali sono stati armonizzati vari settori strategici, dai prodotti chimici alle emissioni, dall'industria farmaceutica alla sicurezza alimentare.
Il Coreper art. 50 del 18 luglio 2018 è stato interamente dedicato alla preparazione del successivo Consiglio Affari Generali art. 50 del 20 luglio 2018. La Vice Capo negoziatore Weyand ha fornito tanto una lettura politica dell'attuale situazione del negoziato, quanto una valutazione del Libro bianco da parte della Task Force.
Weyand ha ricordato la scelta del negoziatore Barnier di reagire al Libro bianco in modo prudente, sottolineando come tale decisione sia stata dettata da due esigenze:
· la prima di ordine strategico, ovvero la necessità di favorire l'emergere di uno "spazio politico" per trovare un terreno comune di intesa tra i due negoziatori, che consenta di concordare la Dichiarazione politica sul quadro delle future relazioni;
· la seconda di ordine tattico, ovvero, data la volatilità della situazione politica interna britannica, impedire che reazioni forti e "sopra le righe" possano essere strumentalizzate per attribuire all'UE la responsabilità delle difficoltà politiche in cui si trova la Primo Ministro May.
In tale contesto, Weyand ha ricordato come gli emendamenti ai disegni di legge governativi recentemente approvati alla Camera dei Comuni su proposta dell'ERG - la corrente pro-Brexit meno aperta a compromessi con l'Unione - rischino di ridurre in modo forse irreversibile gli spazi di manovra della Premier May. Ciò vale in particolare per i due emendamenti che impongono rispettivamente di considerare l'Irlanda del Nord parte del territorio doganale britannico (il che renderebbe di fatto la proposta di "backstop" presentata dall'Unione illegale nel Regno Unito), e di creare un regime dell'IVA per il Regno Unito separato da quello dell'Unione.
In assenza di una maggioranza parlamentare che possa invertire l'esito del referendum o imporre uno dei due modelli di Brexit - il modello "duro" o quello "collaborativo" -, i rischi che si possa produrre un recesso senza accordo di recesso sono probabilmente aumentati, e anche per questo la Commissione ha pubblicato la sua attesa Comunicazione sulla preparazione al recesso del Regno Unito (v. infra) , nella quale, tra l'altro, si invitano gli Stati Membri a intensificare i preparativi per tutti i possibili scenari.
Sui contenuti del Libro bianco, la valutazione è cautamente positiva per alcuni aspetti. In primo luogo si guarda con favore al tono del documento, improntato a un maggior realismo rispetto a precedenti dichiarazioni della Primo Ministro May: si riconosce infatti che l'uscita dall'unione doganale e dal mercato interno comporterà costi e frizioni per il Regno Unito nelle sue relazioni con l'Unione.
Altrettanto positiva - in senso generale - è la previsione di un'area di libero scambio per le merci, anche se in realtà, per come è congegnata, tale area coincide sostanzialmente con un mercato interno ma limitato alle sole merci. Nei contatti diretti, i negoziatori britannici hanno del resto ammesso chiaramente che il loro obiettivo è rompere l'indissolubilità delle "quattro libertà".
La Task Force valuta positivamente anche il riconoscimento, seppure indiretto, del ruolo della Corte di Giustizia quale unico interprete del diritto dell'Unione.
Positiva, infine, viene considerata la chiara convergenza sulle questioni della sicurezza esterna ed interna. Più specificamente, nel campo della sicurezza interna, l'accettazione da parte britannica di un ruolo per la Corte di giustizia e l'indicazione di voler restare assoggettati alla giurisdizione della Corte europea dei diritti dell'uomo costituiscono una base solida per discutere l'estensione al Regno Unito di specifici strumenti di cooperazione (ad esempio il sistema di condivisione delle banche dati nazionali di DNA, targhe e impronte digitali, e il PNR - Passenger Name Record).
Le criticità del Libro bianco sono invece principalmente legate alla parte del partenariato economico. In primo luogo, desta forti perplessità la previsione di un "sistema doganale agevolato" attraverso il quale, a giudizio della Task Force, i britannici punterebbero a godere dei benefici di un'unione doganale con l'UE senza però essere assoggettati ai relativi obblighi, primo fra tutti una politica commerciale non autonoma. Accettare un sistema in cui il Regno Unito fungerebbe da "agente doganale" per l'Unione ma restando fuori dal sistema di supervisione ed esecuzione condiviso dagli Stati membri presenterebbe inevitabili e chiari rischi di frodi e danni agli interessi finanziari dell'UE.
La proposta di un sistema doganale agevolato viene inoltre presentata come un modo alternativo per risolvere il problema irlandese, rispetto al "backstop" proposto a fine febbraio dall'Unione. Anche a seguito degli emendamenti approvati dalla House of Commons, la posizione britannica consisterà nel chiedere che la parte doganale del "backstop" sia applicabile all'intero territorio del Regno Unito, e non solo all'Irlanda del Nord: una richiesta del tutto incompatibile con gli impegni accettati lo scorso dicembre nel Rapporto Congiunto sullo stato dei negoziati, e confermati dalla Primo Ministro May nella sua lettera al Presidente Tusk alla vigilia del Consiglio Europeo dello scorso marzo.
La parte britannica sembra ora riconoscere, a seguito dei citati emendamenti, che non è più possibile definire il "backstop" nell'Accordo di recesso. Si punterebbe invece a inserire un concetto generico di "backstop" nell'Accordo, per poi definirne i dettagli operativi durante il periodo transitorio.
Il Capo negoziatore Barnier appare peraltro convinto che, una volta risolta la questione irlandese, gli altri pezzi del "puzzle" dell'Accordo di recesso troveranno la giusta collocazione. Tuttavia, oltre agli aspetti doganali, vanno chiariti anche gli aspetti regolatori: secondo il Libro bianco, infatti, l'allineamento regolatorio dovrebbe essere totale solo per i prodotti agroalimentari, ma non per le merci industriali.
La posizione dell'Unione è stata confermata nel corso della riunione del Consiglio affari generali (art. 50) dello scorso 20 luglio2018.
In quella sede, il capo negoziatore ha informato i ministri riguardo al punto in cui si trovano i negoziati per quanto riguarda:
· i lavori per mettere a punto l'accordo di recesso, compresa la soluzione "di salvaguardia" (backstop) per la frontiera tra l'Irlanda e l'Irlanda del Nord
· le discussioni sulle future relazioni UE-UK.
Il ministro austriaco Gernot Blümel della Presidenza di turno del Consiglio UE ha affermato che vi sarà un accordo di recesso soltanto se il testo giuridico includerà un accordo su tutte le questioni. Ciò include la soluzione di salvaguardia per l'Irlanda del Nord.
Riguardo alle relazioni future, il Consiglio ha discusso di come il Libro bianco del 12 luglio 2018 possa contribuire alle discussioni. Alla luce dei principi esposti dal Consiglio europeo, il negoziatore si è impegnato a cercare punti di convergenza tra le posizioni dell'UE e del Regno Unito per quanto riguarda il quadro delle relazioni future. L'obiettivo è concordare una dichiarazione politica comune che accompagnerà l'accordo di recesso e a cui si farà in esso riferimento.
Il capo negoziatore ha inoltre presentato ai ministri la recente comunicazione della Commissione sulla preparazione al recesso. I ministri hanno ribadito che i lavori per prepararsi devono essere intensificati a tutti i livelli affinché l'UE a 27 sia pronta ad ogni possibile esito.
La prima sessione di negoziati successiva alla pubblicazione del Libro bianco si è tenuta a Bruxelles tra il 24 e il 26 luglio 2018. A conclusione dei lavori, il negoziatore Barnier, in conferenza stampa, ha sottolineato i significativi passi avanti del Governo britannico per quanto attiene, tra l'altro, al ruolo della Corte di giustizia e alla cooperazione in materia di sicurezza interna ed esterna e di scambio di dati. Ha però sottolineato il persistere di un serio problema per quanto concerne il backstop irlandese e le proposte in materia doganale, ribadendo come l'UE non sia disposta in nessun caso a delegare "l'applicazione delle proprie politiche e regole doganali, la raccolta dell'IVA e delle accise a un Paese non membro che non sarebbe sottoposto al nostro controllo. Ogni accordo, e noi abbiamo sempre detto di essere pronti ad un'unione doganale, deve rispettare questo elemento."
Ribadendo a più riprese che l'unione doganale è nelle prospettive dell'UE, Barnier ha quindi ventilato la possibilità di lavorare a un'intesa che riguardi "tutto il Regno Unito. Su questo non abbiamo obiezioni di principio, ma ripeto, non deve mettere a rischio le nostre politiche doganali."
Il permanere di elementi di contrasto tra le parti - anche se Barnier ha ribadito che l'accordo di recesso si può considerare finalizzato all'80% - e i forti contrasti politici sul lato britannico hanno reso tanto più necessario accelerare i lavori di preparazione alla Brexit, tenendo conto della concreta possibilità che il Regno Unito lasci l'UE senza un accordo di recesso. In tal senso la comunicazione della Commissione europea "Prepararsi al recesso del Regno Unito dall'Unione europea il 30 marzo 2019" (COM (2018) 556), presentata lo scorso 19 luglio 2018 - a una settimana, quindi, dalla pubblicazione del Libro bianco - fornisce un quadro utile ed esauriente degli scenari che potrebbero aprirsi tanto in caso di accordo, quanto in sua assenza.
La Commissione sottolinea in primo luogo come, nonostante i progressi evidenziati nelle dichiarazioni comuni del 19 marzo e del 19 giugno 2018, restino aperte questioni importanti, "tra cui la continuità della tutela, nel Regno Unito, delle varie indicazioni geografiche tutelate durante il periodo di appartenenza all'Unione e le norme sulla protezione dei dati personali trasmessi al Regno Unito durante il periodo di appartenenza all'Unione. Aperte restano anche le questioni attinenti alla cooperazione giudiziaria e di polizia in corso in materia penale, così come sono ancora insoluti gli aspetti relativi alla governance dell'accordo di recesso, compreso il ruolo della Corte di giustizia dell'Unione europea. Non si registrano infine progressi riguardo a un meccanismo di ultima istanza che, quale che sia l'esito dei negoziati sulle relazioni future, scongiuri l'innalzamento di una frontiera fisica nell'isola di Irlanda."
Dopo aver ricordato che, parallelamente al progetto di accordo di recesso, l'UE e il Regno Unito hanno iniziato a discutere il contenuto di una dichiarazione politica che consenta di "delineare un'intesa generale sul quadro delle loro relazioni future", e che stando alle previsioni attuali dovrebbero "convenire sul testo dell'accordo di recesso nel corso del mese di ottobre 2018, corredandolo della dichiarazione politica", così da lasciare tempo sufficiente per la procedura di conclusione in sede di Consiglio (previa approvazione del Parlamento europeo) e per la procedura di ratifica nel Regno Unito, la comunicazione traccia due roadmap parallele, a seconda che l'accordo sia perfezionato o meno. Non viene invece fatto cenno alla possibilità - pure prevista dell'art. 50 del TUE, ma finora esclusa da ambo le parti -, che il Consiglio europeo, d'accordo con il governo del Regno Unito, decida di prorogare il termine di recesso. Queste le due opzioni:
1) in caso di accordo di recesso, vigerà un periodo transitorio tra il 30 marzo 2019 - data del recesso - e il 31 dicembre 2020, nel quale l'acquis dell'Unione continuerà in generale ad applicarsi nei confronti del Regno Unito e al suo interno, "e questo anche se il Regno Unito non parteciperà più alla gestione né al processo decisionale delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'UE." Le istituzioni dell'UE manterranno una funzione di supervisione e controllo sull'applicazione del diritto dell'UE nel Regno Unito, e l'UE negozierà con la controparte britannica un accordo sulle relazioni future che, idealmente, dovrebbe essere operativo (ossia convenuto, firmato e ratificato) al termine del periodo transitorio ed applicarsi a partire dal 1° gennaio 2021;
2) in caso di recesso il 30 marzo 2019 senza accordo di recesso, il Regno Unito sarà un paese terzo e il diritto dell'Unione cesserà di applicarsi nei suoi confronti e al suo interno; non vigerà alcun regime specifico per i cittadini dell'UE nel Regno Unito, e viceversa; alle frontiere del Regno Unito si applicheranno la normativa e le tariffe dell'UE, compresi i controlli e le verifiche del rispetto delle norme doganali, sanitarie e fitosanitarie, e la verifica di conformità alle norme dell'UE (con pesanti conseguenze sui trasporti tra Regno Unito e UE). In quanto paese terzo a tutti gli effetti, le relazioni tra Regno Unito e UE saranno disciplinate dal diritto pubblico internazionale generale, comprese le norme dell'Organizzazione mondiale del commercio, con una conseguente, considerevole regressione rispetto all'attuale livello di integrazione dei mercati.
Sul lato UE, al termine del Consiglio europeo informale del 20 settembre 2018, che ha ripreso le discussioni sui negoziati Brexit dopo la pausa estiva, il Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk - facendo sostanzialmente proprie le posizioni del capo negoziatore Barnier - ha brevemente illustrato i punti di convergenza tra i leader dell'Unione:
· non potrà esserci alcun accordo di recesso senza una clausola di salvaguardia legalmente vincolante per quanto riguarda il confine tra Irlanda e Irlanda del Nord;
· per quanto riguarda il quadro delle future relazioni tra UE e Regno Unito, la proposta britannica di un'area di libero scambio con l'UE limitata ai prodotti agricoli, alimentari e industriali non è accettabile, perché rischierebbe di minare alla base il funzionamento del mercato unico;
· occorrerà raggiungere un accordo in occasione del Consiglio europeo del 18 ottobre 2018, per poi - ma solamente in caso di esito positivo dei negoziati - convocare un Consiglio europeo straordinario che si dovrebbe svolgere il 18 e 19 novembre 2018, con l'obiettivo di finalizzare l'accordo di recesso e la dichiarazione politica sul quadro delle future relazioni tra l'UE e il Regno Unito.
Sul lato britannico, forte risonanza ha avuto la mozione approvata in occasione del congresso del Partito laburista, lo scorso 25 settembre, nella quale si indica, nel caso il Governo del Regno Unito non raggiunga un accordo con l'UE o l'accordo stesso venga respinto dal Parlamento, e non vi sia la possibilità di nuove elezioni politiche, che il Partito laburista si impegnerà a valutare un ampio spettro di opzioni, inclusa quella di un secondo referendum sul recesso dall'Unione.
La Task force sulla sussidiarietà e proporzionalità, istituita dalla Commissione europea, ha presentato Il 10 luglio 2018 il suo rapporto finale.
La Task force sulla sussidiarietà e proporzionalità è stata istituita il 18 gennaio 2018, sulla base di una proposta del Presidente della Commissione europea, Jean- Claude Juncker, formulata nel discorso sullo stato dell'Unione 2017 pronunciato al Parlamento europeo il 13 settembre 2017. La Task force aveva il mandato di presentare una relazione al presidente della Commissione europea entro il 15 luglio 2018 contenente raccomandazioni relative a: a) una migliore applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità; b) individuazione di settori la cui competenza potrebbe essere delegata nuovamente o ritornare in via definitiva agli Stati membri; c) nuove modalità per coinvolgere meglio le autorità regionali e locali nella definizione e nell'attuazione delle politiche dell'UE. La Task force è stata presieduta dal Vice presidente della Commissione europea, Franz Timmermans e composta da tre membri del Comitato delle regioni - il Presidente Karl-Heinz Lambertz (Belgio), Michael Schneider (Germania) e François Decoster (Francia) - tre rappresentanti dei Parlamenti nazionali (di Estonia, Bulgaria e Austria, rispettivamente i paesi che hanno esercitano la Presidenza del Consiglio dell’UE il secondo semestre del 2017 e la esercitano il primo e secondo semestre del 2018) Toomas Vitsut (Estonia), Kristian Vigenin (Bulgaria) e Reinhold Lopatka (Austria). Il Parlamento europeo, che pure era stato inviato a partecipare con 3 membri, ha deciso di non partecipare ai lavori. Dal gennaio al luglio 2018, la Task force si è riunita 7 volte. |
Il rapporto finale della Task force presenta nove raccomandazioni, accompagnate da misure concrete di attuazione.
In relazione al mandato ricevuto, il rapporto finale della Task Force in sintesi:
· individua la necessità di migliorare l’applicazione dei principi di sussidiarietà: a) sviluppando, a Trattati vigenti, una metodologia di controllo comune e condivisa tra tutti gli attori coinvolti nel controllo di sussidiarietà (attraverso una griglia di valutazione allegata al rapporto); b) garantendo che il controllo di sussidiarietà sia esteso a tutte le fasi del procedimento legislativo europeo e non solo – come attualmente - alla sola fase iniziale. L’estensione da 8 a 12 settimane del termine a disposizione dei Parlamenti nazionali per trasmettere pareri motivati per la non corretta applicazione del principio di sussidiarietà è, invece, rinviata ad una futura eventuale revisione dei Trattati, salvo quanto previsto nella raccomandazione 2 (v. infra);
· non ha rilevato settori, aree, o politiche la cui competenza necessita di essere delegata nuovamente o ritornare in via definitiva agli Stati membri;
· ha individuato alcune modalità per un maggior coinvolgimento delle autorità regionali e locali nella definizione e nell'attuazione delle politiche dell'UE.
Tutte le istituzioni dell’UE e i Parlamenti nazionali e regionali dovrebbero utilizzare una metodologia comune (attraverso la griglia di valutazione proposta in allegato al rapporto) per valutare gli elementi relativi a sussidiarietà (incluso il valore aggiunto europeo), proporzionalità e base giuridica della nuova ed esistente legislazione dell’UE, sulla base dei criteri previsti nel protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionali allegato ai Trattati e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE.
Parlamento europeo, Consiglio dell’UE, Parlamenti nazionali e regionali sono invitati ad utilizzare la griglia di valutazione ai fini della formulazione di pareri relativi alla sussidiarietà e proporzionalità di una proposta legislativa.
Parlamento europeo e Consiglio dell’UE dovrebbero sistematicamente rivedere la sussidiarietà e proporzionalità dei progetti legislativi e degli emendamenti presentati nel corso dell’intero procedimento legislativo europeo, tenendo in debito conto la valutazione di impatto presentata dalla Commissione europea e i pareri (motivati) formulati dai Parlamenti nazionali e dal Comitato delle regioni.
La Commissione europea dovrebbe:
· applicare con flessibilità il termine delle 8 settimane, previsto dal protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, per la trasmissione dei pareri motivati da parte dei Parlamenti nazionali, in particolare tendendo conto delle festività comuni e dei periodi di chiusura delle attività parlamentari, impegnandosi comunque a rispondere al massimo entro 8 settimane dal ricevimento del parere da parte di un Parlamento nazionale;
· in tempi e modi adeguati, informare il Parlamento e il Consiglio su significativi rilievi di sussidiarietà formulati dai Parlamenti nazionali (quindi anche in mancanza del prescritto quorum di Parlamenti nazionali);
· dar conto in modo appropriato dei pareri motivati ricevuti dai Parlamenti nazionali nel rapporto annuale sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità.
In occasione di una prossima eventuale revisione dei Trattati, il protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità dovrebbe essere rivisto per estendere il termine per la trasmissione di pareri motivati da parte dei Parlamenti nazionali da 8 a 12 settimane. I Parlamenti nazionali si dovrebbero impegnare a consultare i rispettivi Parlamenti regionali con poteri legislativi nel caso in cui le proposte legislative europee riguardino ambiti di loro competenza.
La Commissione europea dovrebbe:
· insieme ai Parlamenti nazionali e al Comitato europeo delle regioni - sensibilizzare le autorità nazionali, locali e regionali sulle opportunità a loro disposizione per contribuire alla definizione delle politiche europee in una fase iniziale;
· coinvolgere le autorità regionali e locali nei suoi processi di consultazione, tenendo conto del loro ruolo nell’attuazione della legislazione dell'Unione europea;
· promuovere la partecipazione delle autorità locali e regionali, anche mediante appropriati di questionari, tenendo conto e dando visibilità alle opinioni degli enti regionali e locali nelle valutazioni d'impatto, proposte e feedback trasmessi al Parlamento europeo e al Consiglio dell’UE.
Gli Stati membri dovrebbero coinvolgere in modo significativo le autorità regionali e locali nella preparazione dei loro programmi nazionali di riforma e di attuazione di riforme strutturali nel contesto della procedura del semestre europeo[1].
La Commissione europea dovrebbe:
· garantire che le valutazioni di impatto delle proposte legislative prendano in considerazione sistematicamente l’impatto territoriale, se significativo per le autorità regionali e locali. Le autorità locali e regionali dovrebbero aiutare a identificare tali impatti potenziali nella loro risposte ai processi di consultazione avviati dalla Commissione europea;
· rivedere a tal fine le sue linee guida in tema di Better regulation e garantire una maggiore visibilità alla valutazione di sussidiarietà, proporzionalità e impatto territoriali delle sue proposte.
Parlamento europeo e Consiglio dovrebbero utilizzare la griglia di valutazione di sussidiarietà nel corso dei loro negoziati, promuovendo una maggiore consapevolezza delle questioni rilevanti per le autorità regionali e locali.
La Commissione europea dovrebbe evidenziare al Parlamento europeo e al Consiglio i rilievi ricevuti dalle autorità regionali e locale in relazione a sue proposte.
I Governi degli Stati membri e i Parlamenti nazionali dovrebbero sollecitare il coinvolgimento delle autorità ragionali e locali sin nella fase iniziale del procedimento legislativo europeo.
Parlamento europeo e Consiglio dovrebbero considerare l'opportunità di invitare rappresentanti delle autorità regionali e locali alle loro riunioni o svolgere audizioni o eventi ove appropriato.
I Parlamenti nazionali regionali e dovrebbero esplorare modalità con le quali collegare in modo più efficace le rispettivi piattaforme informatiche per la condivisione di informazioni (IPEX e REGPEX[2]) per garantire che la procedura legislativa e il meccanismo di controllo della sussidiarietà rappresenti meglio le loro posizioni.
La Commissione europea dovrebbe sviluppare un meccanismo per identificare e valutare la legislazione sotto il profilo della sussidiarietà, proporzionalità, semplificazione, densità legislativa e ruolo di autorità locali e regionali, sulla base del programma REFIT[3].
In generale, le esperienze delle autorità regionali e locali e delle loro reti dovrebbero essere maggiormente prese in considerazione nella valutazione e monitoraggio della legislazione dell'UE.
Il Comitato delle regioni dell’UE dovrebbe sviluppare una nuova rete pilota di hub regionali per promuovere revisioni della politica attuazione del diritto dell’Unione europea.
La prossima Commissione europea, dovrebbero riflettere – con il Parlamento europeo e il Consiglio - sul riequilibrio del suo lavoro in alcune aree politiche, con l’obiettivo di garantire una maggiore applicazione del diritto dell’UE piuttosto che l’avvio di nuove proposte legislative in settori in cui il l'attuale corpus legislativo è maturo e/o è stato sostanzialmente recentemente rivisto.
La Commissione europea sta preparando una comunicazione incentrata sull'ulteriore rafforzamento della sussidiarietà, proporzionalità e miglioramento della regolamentazione nel funzionamento quotidiano dell'Unione europea.
La Presidenza austriaca dell'UE organizzerà il 15 e il 16 novembre 2018 una conferenza sulla sussidiarietà a Bregenz, che offrirà l'opportunità di discutere ulteriormente le raccomandazioni della task force.
Nel marzo 2019 il vertice europeo delle città e delle regioni che si svolgerà a Bucarest offrirà un'ulteriore opportunità per discutere le raccomandazioni della Task Force.
[1] Il semestre europeo è la procedura volta a definire un ciclo di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri dell’UE nel quadro della governance economica dell'Unione europea.
[2] IPEX e REGPEX sono due piattaforme informatiche dedicate allo scambio di informazioni sulle attività in ambito europeo rispettivamente dei Parlamenti nazionali e delle autorità regionali e locali.
[3] Il programma REFIT è un programma di semplificazione legislativa condotto dalla Commissione europea e volto ad eliminare gli oneri ed i costi superflui della normativa europea, sulla base dei contributi provenienti da cittadini, imprese, ONG, autorità nazionali e altre parti interessate.