Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Il controllo di costituzionalitą delle leggi
Serie: Rassegna costituzionale   Numero: 1/Gennaio - Marzo 2021
Data: 23/04/2021
Organi della Camera: I Affari costituzionali

 

 

 

 

Il controllo di costituzionalitą delle leggi

 

______________________

 

 

RASSEGNA TRIMESTRALE

DI GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE

______________________

 

 

 

ANNO I NUMERO 1 - GENNAIO-MARZO 2021


 

 

 

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Nella presente Rassegna si riepilogano le sentenze di illegittimitą costituzionale di disposizioni statali pronunciate dalla Corte costituzionale nell’arco del primo trimestre dell’anno 2021, accompagnate – in questa prima pubblicazione - da una Tabella riassuntiva delle pronunce espresse nel corso dell’anno 2020. Sono altresģ svolti alcuni Focus su pronunce rese nel periodo considerato, di particolare interesse dal punto di vista del procedimento legislativo e del sistema delle fonti.

Al contempo, nella Rassegna si dą conto - con l’ausilio della documentazione messa a disposizione dal Servizio Studi della stessa Corte - delle sentenze con valenza monitoria rivolte al legislatore adottate dalla Corte nel medesimo arco temporale. Ciascuna segnalazione č accompagnata da una breve analisi normativa e dal riepilogo dell’attivitą parlamentare in corso sulla materia oggetto della pronuncia.

Una rassegna dei ‘moniti’ espressi dalla Corte costituzionale e una tabella riassuntiva delle pronunce di illegittimitą costituzionale di norme statali adottate nell’arco del 2020 concludono questa prima pubblicazione.

 

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I N D I C E

 

 

1. Il controllo di costituzionalitą delle leggi e i “moniti” rivolti al legislatore   3

2. Le pronunce di illegittimitą costituzionale di norme statali............. 7

§  2.1 Tabella di sintesi (gennaio-marzo 2021).................................................. 7

§  2.2. Focus: la sentenza n. 37 del 2021 in materia di rapporto Stato-regioni nella gestione della pandemia da Covid-19................................................................................... 8

§  2.3 Focus: la sentenza n. 41 del 2021 in materia di  magistratura onoraria. 13

3. I moniti, gli auspici e i richiami  rivolti al legislatore statale (gennaio-marzo 2021).......................................................................................................................... 17

§  3.1 L’ordinanza n. 18 del 2021 in materia di cognome dei figli nati da relazioni more uxorio 21

§  3.2 La sentenza n. 22 del 2021 in materia di assoggettabilitą a liquidazione coatta amministrativa del CORAP................................................................................................... 23

§  3.3 La sentenza n. 32 del 2021 in materia di tutela dei minori nati da fecondazione eterologa in coppie dello stesso sesso.............................................................................. 26

§  3.4 La sentenza n. 33 del 2021 in materia di  surrogazione di maternitą..... 29

§  3.5 La sentenza n. 48 del 2021 sul procedimento elettorale preparatorio relativo alle elezioni politiche e sul giudice competente............................................................... 33

§  3.6 La sentenza n. 49 del 2021 in materia di gare per la riattribuzione delle concessioni dei giochi e di importi dovuti dai concessionari operanti in regime di proroga tecnica 43

4. Rassegna delle sentenze del 2020.......................................................... 47

§  4.1. I moniti e gli auspici rivolti al legislatore statale.................................. 47

§  4.2 Le dichiarazioni di illegittimitą di norme statali.................................... 52

 


1. Il controllo di costituzionalitą delle leggi e i “moniti” rivolti al legislatore

La Costituzione affida alla Corte costituzionale il controllo sulla legittimitą costituzionale delle leggi del Parlamento e delle Regioni, nonché degli atti aventi forza di legge (articolo 134, prima parte, della Costituzione). La Corte č chiamata a controllare se gli atti legislativi siano stati formati con i procedimenti richiesti dalla Costituzione (c.d. costituzionalitą formale) e se il loro contenuto sia conforme ai princģpi costituzionali (c.d. costituzionalitą sostanziale).

 

Esistono due procedure per il controllo di costituzionalitą delle leggi. Di norma, la questione di legittimitą costituzionale di una legge puņ essere portata dinanzi alla Corte per il tramite di un’autoritą giurisdizionale, nel corso di un giudizio (procedimento in via incidentale). In particolare, affinché la questione di legittimitą costituzionale di una legge possa essere sottoposta al giudizio della Corte, č necessario che essa venga sollevata, ad iniziativa di parte o anche d’ufficio, nell’ambito di un giudizio in corso e sia ritenuta dal giudice rilevante e non manifestamente infondata.

La Costituzione prevede quale altra modalitą (art. 127) il ricorso diretto alla Corte, ma solo da parte del Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, o da parte di una Regione a tutela della propria competenza, avverso leggi dello Stato o di altre Regioni (procedimento in via d’azione o principale, esercitabile entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge).

Quando č sollevata una questione di costituzionalitą di una norma di legge, la Corte conclude il suo giudizio, se la questione č ritenuta fondata, con una sentenza

di accoglimento, che dichiara l’illegittimitą costituzionale della norma (per quello che essa prevede o non prevede), oppure con una sentenza di rigetto, che dichiara la questione non fondata. In questo caso, la pronuncia ha effetti solo inter partes, determinando unicamente la preclusione nei confronti del giudice a quo di riproporre la questione nello stesso stato e grado di giudizio.

La questione puņ essere ritenuta invece non ammissibile, quando mancano i requisiti necessari per sollevarla (ad es., perché il giudice non ha indicato il motivo per cui abbia rilevanza nel giudizio davanti a lui; oppure, nel caso di ricorso diretto nelle controversie fra Stato e Regione, perché non č stato rispettato il termine per ricorrere).

Se la sentenza č di accoglimento, cioč dichiara l’illegittimitą costituzionale di una norma di legge, questa perde automaticamente di efficacia, ossia non puņ pił essere applicata da nessuno dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione sulla Gazzetta Ufficiale (art. 136 della Costituzione). Tale sentenza ha pertanto valore definitivo e generale, cioč produce effetti non limitati al giudizio nel quale č stata sollevata la questione.

La Costituzione stabilisce che quando la Corte costituzionale dichiara l’illegittimitą di una norma di legge o di atto avente forza di legge, tale decisione della Corte č pubblicata e comunicata alle Camere affinché, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali (art. 136).

Nell’ambito della distinzione principale tra sentenze di rigetto e di accoglimento, č noto come, nel corso della sua attivitą giurisdizionale, la Corte costituzionale abbia fatto ricorso a diverse tecniche decisorie, sulla cui base č stata elaborata, anche grazie al contributo della dottrina, una varia tipologia di pronunce (ricordando le categorie principali, si distingue tra decisioni interpretative, manipolative, additive, sostitutive). Per approfondimenti si rinvia al Quaderno del Servizio Studi della Corte costituzionale su Le tipologie decisorie della Corte costituzionale attraverso gli scritti della dottrina (2016).

 

Alcune pronunce della Corte costituzionale contengono altresģ, in motivazione, un invito a modificare la disciplina vigente in una determinata materia, che puņ essere generico ovvero pił specifico e dettagliato (c.d. pronunce monito).

Anche le ‘tecniche’ monitorie utilizzate dalla Corte sono diversificate, a partire dagli ‘auspici di revisione legislativa’, che indicano «semplici manifestazioni di desiderio espresse dalla Corte prive di ogni forma di vincolativitą», in cui cioč l’eventuale inerzia legislativa non potrebbe portare ad una trasformazione delle decisioni da rigetto ad accoglimento.

Rientrano altresģ nelle pronunce monitorie le c.d. decisioni di ‘costituzionalitą provvisoria’, in cui la Corte ritiene la disciplina in questione costituzionalmente legittima solo nella misura in cui sia transitoria, invitando il legislatore affinché questi intervenga a modificare la disciplina oggetto del sindacato in modo tale da renderla conforme a Costituzione.

Altre volte ancora la modalitą utilizzata dalla Corte puņ essere di ‘incostituzionalitą accertata ma non dichiarata’, mediante cui la Corte decide di non accogliere la questione, nonostante le argomentazioni a sostegno dell’incostituzionalitą dedotte in motivazione, per non invadere la sfera riservata alla discrezionalitą del legislatore.

In tutti i casi tali pronunce sono espressione di un potere di segnalazione della Corte rivolto direttamente verso il legislatore.

 

L’elenco completo delle sentenze emesse dalla Corte costituzionale nella legislatura XVIII č pubblicato, oltre che sul sito internet della Corte costituzionale, su quello della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Si ricorda che presso la Camera dei deputati, le sentenze della Corte costituzionale sono inviate, ai sensi dell’articolo 108 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia e alla Commissione affari costituzionali, che le possono esaminare autonomamente o congiuntamente a progetti di legge sulla medesima materia. La Commissione esprime in un documento finale (riuniti nella categoria VII-bis dei DOC) il proprio avviso sulla necessitą di iniziative legislative, indicandone i criteri informativi. Le sentenze della Corte sono elencate in ordine numerico, con indicazione della Commissione permanente cui sono assegnate e con un link che rinvia ai relativi testi pubblicati nel sito della Corte costituzionale. Per quanto riguarda il Senato, l’articolo 139 del Regolamento dispone che il Presidente trasmette alla Commissione competente le sentenze dichiarative di illegittimitą costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge dello Stato. Č comunque riconosciuta la facoltą del Presidente di trasmettere alle Commissioni tutte le altre sentenze della Corte che giudichi opportuno sottoporre al loro esame. La Commissione, ove ritenga che le norme dichiarate illegittime dalla Corte debbano essere sostituite da nuove disposizioni di legge, e non sia stata assunta al riguardo un’iniziativa legislativa, adotta una risoluzione con la quale invita il Governo a provvedere (categoria VII-bis dei DOC).


2. Le pronunce di illegittimitą
costituzionale di norme statali

2.1 Tabella di sintesi (gennaio-marzo 2021)

 

Sentenza

Norme dichiarate illegittime

Parametro costituzionale

Oggetto

 

 

 

 

Sentenza n. 28/2021
dell’11 gennaio – 3 marzo 2021

 

 

Camera Doc VII, n. 604

Senato Doc VII, n. 98

art. 68, co. 3, del Testo unico statuto impiegati civili dello Stato (d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3)
(nella parte in cui non prevede)

 

articolo 3 Cost.

Criteri per il calcolo del periodo di comporto nel pubblico impiego non privatizzato, durante il quale il dipendente in malattia ha diritto alla conservazione del posto di lavoro

Sentenza n. 34/2021

del 9 febbraio - 11 marzo 2021

 

 

Camera Doc VII, n. 610

Senato Doc VII, n. 99

 

art. 243-bis, co. 5, del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267)
(nella parte in cui non prevede)

articoli 1, 3, 81, 97, primo e secondo comma, e 119, primo comma, Cost..

Termine per la presentazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale (PRFP) da parte del Comune in caso di subentro di una nuova amministrazione

 

Sentenza n. 41/2021

del 15 gennaio - 14 febbraio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 615

Senato Doc VII, n. 101

 

artt. da 62 a 72, D.L. 21 giugno 2013 n. 69 (conv. L. 9 agosto 2013, n. 98)
(nella parte in cui non prevedono)

articolo 106, primo e secondo comma, Cost.

Attribuzione a giudici onorari della funzione di giudice collegiale nei tribunali ordinari (in relazione all’istituzione della figura dei giudici ausiliari d’appello)

Sentenza n. 55/2021

del 25 febbraio - 31 marzo 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 626

Senato Doc VII, n. 102

 

art. 69, quarto comma, c.p., come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251

articoli 3 e 27, terzo comma, Cost.

Divieto di prevalenza della diminuente di cui all’art. 116, secondo comma, cod. pen., sull’aggravante della recidiva reiterata (art. 99, quarto comma, cod. pen.).

Sentenza n. 56/2021

del 9 - 31 marzo 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 627

Senato Doc VII, n. 103

art. 47-ter, comma 01, della legge ord. Pen. (L 26 luglio 1975, n. 354)

(illegittimitą parziale)

articoli 3 e 27, terzo comma, Cost.

Preclusione assoluta alla detenzione domiciliare per il condannato ultrasettantenne recidivo


 

2.2. Focus: la sentenza n. 37 del 2021 in materia di rapporto Stato-regioni nella gestione della pandemia da Covid-19

 

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 37 del 2021, ha dichiarato l'illegittimitą costituzionale di alcune disposizioni della legge della Regione Valle d’Aosta 9 dicembre 2020, n. 11[1]. L'intervento legislativo regionale, nel dettare una disciplina sul contrasto alla diffusione della pandemia da COVID-19, invade la competenza esclusiva riservata al legislatore statale in materia di "profilassi internazionale", ai sensi dell'art.117, secondo comma, lettera q), della Costituzione.

La Corte, nel confermare quanto gią anticipato con l'ordinanza n.4 del 2021 con cui aveva accolto l'istanza di sospensione dell'efficacia dell'intera legge impugnata, svolge un'articolata riflessione sul rapporto fra Stato e Regioni (ordinarie e a statuto speciale) nella gestione della pandemia, che consente di individuare alcuni punti fermi, di cui si dą conto nel presente contributo.

 

Le disposizioni oggetto della sentenza

Risultano nello specifico oggetto della pronuncia di illegittimitą costituzionale gli articoli 1, 2 e 4, commi 1, 2 e 3, della richiamata legge della Regione Valle d’Aosta.

 

Si riporta a seguire, in via succinta, il contenuto di alcune disposizioni oggetto di censura, per comprendere la portata della normazione regionale.

Quanto all'art.1 ("Oggetto e finalitą"), esso enuncia gli obiettivi programmatici della legge e vincola all'osservanza delle misure di sicurezza in essa recate.

Con riguardo all'art. 2 ("Misure per l'esercizio delle attivitą"), il comma 4 stabilisce che, ferme restando le misure previste dai protocolli vigenti in materia di divieto di assembramenti, obbligo di distanziamento e utilizzo di mascherine, esse siano "modificabili dalla Giunta regionale in ragione dell'andamento epidemiologico". Esonera infine le persone che non tollerino l'utilizzo delle mascherine, per particolari condizioni psicofisiche, dall'obbligo di coprirsi naso e bocca.

I commi 6 e 7 disciplinano, rispettivamente, le modalitą di svolgimento di attivitą sportiva e motoria, e la coltivazione di superfici agricole e orti, la cura del bosco, la caccia, la pesca e la cura degli animali addomesticati e del bestiame.

Il comma 9 dispone che per gli eventi o manifestazioni pubbliche occorra seguire le disposizioni emergenziali, con l'eccezione degli "eventi e [del]le manifestazioni determinati con ordinanza del Presidente della Regione, nonché [de] gli eventi ecclesiastici o religiosi, che si svolgono nel rispetto delle norme di sicurezza determinate con ordinanza del Presidente della Regione".

Ai commi dall'11 al 16 sono elencate le attivitą economiche che possono essere svolte a condizione che sia possibile garantire il rispetto delle misure di sicurezza.

Il comma 22 dispone che, nel caso in cui "a livello nazionale siano previste mitigazioni delle misure di contrasto alla diffusione del virus, queste possono essere recepite con ordinanza del Presidente della Regione".

Il comma 23 reca sanzioni per il mancato rispetto della medesima legge.

Il comma 24 demanda al Presidente della Regione, sulla base dell'andamento dell'emergenza sanitaria o in caso di mancato rispetto dei protocolli di sicurezza, l'eventuale sospensione delle attivitą economiche.

Il comma 25 consente lo svolgimento delle procedure concorsuali pubbliche e private "qualora sia possibile garantire la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro e con obbligo di coprirsi naso e bocca".

Quanto all'articolo 4 ("Gestione dell'emergenza sul territorio regionale"), il comma 1 attribuisce, fra l'altro, al Presidente della Regione l'individuazione delle misure di sicurezza per lo svolgimento delle attivitą economiche tenuto conto dell'andamento epidemiologico, del contesto socioeconomico e delle peculiaritą del territorio regionale. Il comma 2 prevede che la Giunta regionale adotti idonei protocolli di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID19 in relazione allo svolgimento in sicurezza delle attivitą economiche. Il comma 3 demanda al Presidente della Regione il coordinamento degli interventi di cui all'art.2 con l'ausilio delle strutture a sua disposizione.

 

I motivi del ricorso

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimitą costituzionale dell'intera citata legge regionale e di specifiche disposizioni in essa recate, ritenendo che l'intervento legislativo regionale ledesse le seguenti disposizioni costituzionali:

1)   art. 117, secondo comma, lettera q), Cost., che riconosce allo Stato competenza legislativa esclusiva in tema di profilassi internazionale;

2)   art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., ai sensi della quale allo Stato spetta la competenza legislativa esclusiva per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali;

3)   art. 117, terzo comma, Cost., che affida allo Stato la definizione (fra l'altro) dei principi fondamentali della materia "tutela della salute";

4)   art. 118 Cost., che legittima un accentramento delle funzioni amministrative, considerata l'esigenza di una gestione unitaria della risposta alla pandemia, sulla base del principio di sussidiarietą.

La lesione sussiste, ad avviso del Governo, anche se a commetterla č un'autonomia speciale, poiché non si rinverrebbe nello statuto della Regione un titolo idoneo a legittimare l'intervento legislativo in esame.

L’intera legge regionale, nello specifico, č sospettata di incostituzionalitą perché, rispetto alla disciplina di gestione della pandemia recata nei provvedimenti statali, avrebbe dato luogo ad un meccanismo autonomo ed alternativo di gestione dell’emergenza sanitaria, mentre la normativa statale consente alle Regioni di svolgere un ruolo in via esclusivamente amministrativa.

 

La decisione della Corte costituzionale

La Corte ha ritenuto parzialmente fondati i motivi del ricorso e ha dichiarato l'illegittimitą costituzionale degli artt. 1, 2, e 4, commi 1, 2 e 3 della legge della Regione Valle d’Aosta n. 11 del 2020, facendo salve le restanti disposizioni.

Nel percorso logico seguito dalla Corte, il primo passaggio č stato quello di ribadire quanto asserito nella sede cautelare, ovvero che la materia oggetto dell’intervento legislativo regionale ricade nella competenza legislativa esclusiva dello Stato a titolo di «profilassi internazionale» (art. 117, secondo comma, lettera q), Cost.), a seguito della dichiarazione di emergenza di sanitą pubblica di rilievo internazionale dell'OMS del 30 gennaio 2020. Richiama in proposito la pregressa giurisprudenza costituzionale, in cui si riconosce l'esigenza di una disciplina unitaria nel contrasto a emergenze sanitarie.

Osserva infatti come "ogni decisione in tale materia, per quanto di efficacia circoscritta all’ambito di competenza locale, abbia un effetto a cascata, potenzialmente anche significativo, sulla trasmissibilitą internazionale della malattia, e comunque sulla capacitą di contenerla" (Considerato in diritto n. 7.1, secondo capoverso).

La Corte, inoltre, reputa ammissibile una siffatta disciplina che si estenda potenzialmente ad "ogni profilo di gestione".

Ciņ nella misura in cui, "secondo il non irragionevole apprezzamento del legislatore statale" risulti "inidoneo il frazionamento su base regionale e locale delle attribuzioni" (Considerato in diritto n.7.1, terzo capoverso), nel rispetto del principio di sussidiarietą sancito dall'art.118 della Costituzione.

 

Le attivitą delle strutture regionali di protezione civile e dei presidi sanitari - aggiunge la Corte - devono dunque inserirsi "armonicamente nel quadro delle misure straordinarie adottate a livello nazionale, stante il grave pericolo per l'incolumitą pubblica" (Considerato in diritto n.7.2) e pertanto "ben puņ il legislatore statale imporre loro criteri vincolanti di azione" e "modalitą di conseguimento di obiettivi" stabiliti dalla normativa statale (Considerato in diritto n.7.3).

La Corte, nel riconoscere che il modello di gestione delle emergenze vigente al momento dello scoppio della pandemia da Covid19[2] č senz'altro conforme al disegno costituzionale, soggiunge che esso "non ne costituisce l'unica attuazione possibile" (Considerato in diritto n.9). É pertanto consentito al legislatore di introdurre "nuove risposte normative e provvedimenti" tarati su "un'emergenza sanitaria dai tratti del tutto peculiari", quali quelli adottati per la gestione della pandemia ancora in corso. Risulta dunque altrettanto conforme al riparto di competenze sancito in Costituzione anche il modello elaborato per il contrasto alla pandemia in atto caratterizzato da misure legislative[3], modulabili con d.P.C.m., con conseguente compressione dei poteri di ordinanza, la cui attivazione č limitata nelle more dell'adozione di tali decreti.

Da tali considerazioni consegue, a giudizio della Corte, "il divieto per le Regioni, anche ad autonomia speciale, di interferire legislativamente con la disciplina fissata dal competente legislatore statale" (Considerato in diritto n. 9.1).

 

Né la Regione, pur dotata di autonomia speciale, č in grado di vantare, sulla base del proprio statuto, alcuna competenza in materia di profilassi internazionale. A nulla rileva dunque l'inserimento nei provvedimenti legislativi statali di contrasto alla pandemia della clausola di salvaguardia[4] delle prerogative delle autonomie speciali al fine del presente giudizio.

La Corte censura le richiamate disposizioni della legge regionale rilevando che esse "surrogano la sequenza di regolazione disegnata dal legislatore statale appositamente per la lotta contro la malattia generata dal nuovo COVID19, imponendone una autonoma e alternativa, che fa invece capo alle previsioni legislative regionali e alle ordinanze del Presidente della Giunta" (Considerato in diritto n. 10, secondo capoverso).

L'eventuale adeguamento della disciplina statale alla realtą regionale non puņ, a giudizio della Corte, essere disposto con un'iniziativa autonoma della regione, a meno che questa facoltą non sia ammessa dalla medesima disciplina statale, come nel caso dell'articolo 1, comma 16, del DL n.33 del 2020.

 

Quest'ultimo consente infatti alle regioni l'adozione di misure pił restrittive (e a determinate condizioni meno rigorose di quelle recate nei d.P.C.m.), in relazione al verificarsi di circostanze sopravvenute, nelle more dell'adozione dei d.P.C.m..

 

La legge dedotta in giudizio, oltre a travalicare, in pił punti, i richiamati limiti di contenuto imposti alla Regione dal legislatore statale, invade, negli articoli censurati (anche laddove vi siano disposizioni meramente confermative della disciplina statale), la competenza legislativa esclusiva dello Stato per il solo fatto di subordinare, con fonte primaria, l'adeguamento dell'ordinamento regionale alla normativa statale.

 


 

2.3 Focus: la sentenza n. 41 del 2021 in materia di
magistratura onoraria

 

La sentenza n. 41 del 2021 ha dichiarato la illegittimitą costituzionale delle norme che hanno previsto, come magistrati onorari, i giudici ausiliari presso le Corti d’appello. Le Corti d'appello, tuttavia, potranno continuare ad avvalersi legittimamente dei giudici ausiliari per ridurre l’arretrato fino a quando, entro la data del 31 ottobre 2025, si perverrą ad una riforma complessiva della magistratura onoraria, nel rispetto dei principi costituzionali.

 

Le disposizioni oggetto della sentenza

Risultano oggetto della pronuncia di illegittimitą costituzionale gli articoli da 62 a 72 del decreto legge n. 69 del 2013 (conv. legge n. 98 del 2013), recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, il c.d. decreto del fare, con i quali č stata introdotta e disciplinata la figura del giudice ausiliario d'appello. Tali disposizioni per lo smaltimento dell'arretrato civile prevedono, in particolare, la nomina di un numero complessivo, originariamente determinato in 400 unitą, di giudici ausiliari con il compito di integrare i collegi e redigere un certo numero di decisioni all'anno. Questi giudici ausiliari che acquisiscono lo stato giuridico di magistrati onorari, sono designati da ciascun consiglio giudiziario e nominati per cinque anni, prorogabili per non pił di altri cinque, tra magistrati a riposo, professori e ricercatori universitari in materie giuridiche, avvocati e notai. Oltre alla possibilitą di proroga i giudici ausiliari sono sottoposti ad una conferma annuale finalizzata ad una costante verifica dell’attivitą svolta dagli stessi. Di ogni collegio giudicante non puņ fare parte pił di un giudice ausiliario. I giudici onorari non possono essere chiamati a comporre i collegi nei quali la corte d'appello decide in unico grado di merito, fatta eccezione per il procedimento per l'ottenimento dell'equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo ex Legge Pinto. Al fine di garantirne l’autonomia, i giudici ausiliari d’appello non possono operare nel distretto nel quale sono iscritti al momento della nomina o sono stati iscritti nei cinque anni precedenti e sono obbligati ad astenersi – e, quindi, sono ricusabili ove non lo facciano – oltre che nelle ipotesi disciplinate dall’art. 51 c.p.c., anche in quella in cui siano stati associati o comunque collegati, mediante il coniuge, i parenti o altre persone, con lo studio professionale di cui ha fatto parte o fa parte il difensore di una delle parti. I giudici ausiliari d’appello devono inoltre astenersi quando abbiano in precedenza assistito, nella qualitą di avvocato, una delle parti in causa o uno dei difensori ovvero abbiano svolto attivitą professionale come notaio per una delle parti in causa o uno dei difensori.

 

La questione

Giudice a quo della vicenda in esame č la Corte di Cassazione, che con due ordinanze, ha sollevato la questione di costituzionalitą dei ricordati articoli da 62 a 72 del decreto legge n. 69 del 2013, nella parte in cui conferiscono al giudice ausiliario di appello lo status di componente dei collegi delle sezioni della corte d’appello.

Secondo il giudice rimettente, le norme censurate si porrebbero in contrasto con l’articolo 106, secondo comma della Costituzione, in base al quale i Giudici onorari possono essere nominati solo per tutte le funzioni attribuite a Giudici singoli. La figura del giudice ausiliario sarebbe inoltre in contrasto con gli articoli 106, primo comma, e 102, primo comma della Costituzione, dai quali si ricava la regola generale dell'affidamento della funzione giurisdizionale ai magistrati professionali togati. La Cassazione ricorda, nelle ordinanze di remissione, come, secondo consolidata giurisprudenza costituzionale, la partecipazione di giudici onorari ai collegi sia legittima soltanto in via temporanea o a fronte di circostanze di carattere eccezionale. Nel caso dei giudici ausiliari di pace invece il Giudice a quo osserva come questi magistrati onorari siano incardinati presso gli uffici giudiziari collegiali, ove esercitano funzioni giurisdizionali, dal momento che sono tenuti a definire, anche come relatori, un determinato numero procedimenti civili per ciascun anno, senza limiti di materia e di valore, salvo che per quelli trattati dalla corte d’appello in unico grado.

 

La decisione della Corte costituzionale

La Corte, accogliendo i dubbi di legittimitą avanzati dalla Cassazione, ha dichiarato incostituzionali gli articoli da 62 a 72 del decreto-legge n. 69 del 2013, come convertito nella legge n. 98 del 2013.

Secondo la Corte l'articolo 106 della Costituzione permette solo eccezionalmente e temporaneamente che, in via di supplenza, i giudici onorari possano svolgere funzioni collegiali di primo grado e quindi soltanto nei Tribunali e non certo nelle Corti d'appello.

Pertanto, l'istituzione dei giudici onorari ausiliari, destinati, in base alle disposizioni impugnate, a svolgere stabilmente e soltanto funzioni collegiali presso le Corti d'appello, nelle controversie civili, deve ritenersi in aperto contrasto con l'articolo 106 della Costituzione.

La Corte, tuttavia, consapevole che una pronuncia di incostituzionalitą tout court avrebbe avuto un impatto rilevante sull'organizzazione giudiziaria e sul funzionamento della giustizia nelle corti d’appello e riconoscendo l'apporto "significativo e apprezzato" che i giudici ausiliari hanno saputo assicurare per lo smaltimento o il contenimento dell’arretrato civile, ha deciso - ricorrendo ad una pronuncia additiva - di assegnare al legislatore un sufficiente lasso di tempo che "assicuri la necessaria gradualitą nella completa attuazione della normativa costituzionale". Č stato cosģ indicato il termine previsto dall'articolo 32, primo periodo, del d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, di riforma generale della magistratura onoraria, ossia quello del 31 ottobre 2025. Fino ad allora, la "temporanea tollerabilitą costituzionale" dell'attuale assetto č volta ad evitare l'annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le Corti d'appello dell’apporto di questi giudici onorari per la riduzione dell'arretrato nelle cause civili.

 

Attivitą parlamentare

Sono in corso d'esame presso la Commissione giustizia del Senato una serie di disegni di legge (AA.SS. 1438, 1516, 1555, 1582 e 1714) i quali, anche attraverso modifiche al decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, intervengono sulla disciplina della magistratura onoraria.


3. I moniti, gli auspici e i richiami
rivolti al legislatore statale
(gennaio-marzo 2021)

Nei primi tre mesi dell’anno 2021 i moniti e gli inviti diretti al legislatore statale hanno riguardato:

§  l’indifferibilitą di un intervento legislativo che disciplini organicamente l’attribuzione del cognome ai figli secondo criteri consoni al principio di paritą (ordinanza n. 18 del 2021);

§  la necessitą di una disciplina statale uniforme in materia di risoluzione delle crisi di solvibilitą degli enti strumentali vigilati dalle Regioni (sentenza n. 22 del 2021);

§  la tutela dell’interesse del minore nato da fecondazione eterologa praticata all’estero da coppie dello stesso sesso (sentenza n. 32 del 2021);

§  la tutela all’interesse dei minori nati da maternitą surrogata al riconoscimento giuridico da parte di entrambi i componenti della coppia (eterosessuale od omosessuale) che abbia fatto ricorso all’estero alla maternitą surrogata (sentenza n. 33 del 2021);

§  il procedimento elettorale preparatorio relativo alle elezioni politiche ed il giudice competente (sentenza n. 48 del 2021);

§  la disciplina delle proroghe tecniche delle concessioni nel settore dei giochi e delle scommesse (sentenza n. 49 del 2021).


 

Sentenza

Oggetto del monito

Estratto

 

 

 

Ordinanza n. 18/2021

del 14 gennaio – 11 febbraio 2021

 

 

 

Disciplina dell’attribuzione del cognome dei figli nati fuori dal matrimonio (art. 262, primo comma, c.c.).  Possibilitą di trasmettere all’atto di nascita, di comune accordo tra i genitori, il solo cognome materno

«in tale decisione (sentenza n. 286 del 2016 ndr) si č preso atto che, in via temporanea, «in attesa di un indifferibile intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di paritą», “sopravvive” la generale previsione dell’attribuzione del cognome paterno, destinata a operare in mancanza di accordo espresso dei genitori. [...] d’altra parte, ancorché siano legittimamente prospettabili soluzioni normative differenziate, l’esame di queste specifiche istanze di tutela costituzionale, attinenti a diritti fondamentali, non puņ essere pretermesso, poiché «l’esigenza di garantire la legalitą costituzionale deve, comunque sia, prevalere su quella di lasciare spazio alla discrezionalitą del legislatore per la compiuta regolazione della materia» [...]».

 

Sentenza n. 22/2021

del 26 gennaio – 17 febbraio 2021

 

 

Camera Doc VII, n. 601

Senato Doc VII, n. 109

 

Assoggettabilitą a liquidazione coatta amministrativa del Consorzio regionale per lo sviluppo delle attivitą produttive (CORAP)

«[...] l’odierno assetto normativo appare carente di una disciplina uniforme di fonte statale idonea a consentire la risoluzione delle crisi di solvibilitą degli enti strumentali vigilati dalle Regioni e, tra questi, dei consorzi di sviluppo industriale. [...] necessitą di un intervento regolativo dello Stato, che, tenuta ferma l’omogeneitą di una disciplina pur sempre incidente sull’ordinamento civile e processuale, permetta tuttavia alle Regioni di fronteggiare situazioni critiche di notevole impatto sulle comunitą territoriali».

 

Sentenza n. 32/2021

del 28 gennaio – 9 marzo 2021

 

 

Camera Doc VII, n. 608

 

Tutela dell’interesse del minore, nato da fecondazione eterologa

praticata all’estero da coppie dello stesso sesso

«Il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalitą, dovrą al pił presto colmare il denunciato vuoto di tutela, a fronte di incomprimibili diritti dei minori. Si auspica una disciplina della materia che, in maniera organica, individui le modalitą pił congrue di riconoscimento dei legami affettivi stabili del minore, nato da PMA praticata da coppie dello stesso sesso, nei confronti anche della madre intenzionale. [...] Nel dichiarare l’inammissibilitą della questione ora esaminata, per il rispetto dovuto alla prioritaria valutazione del legislatore circa la congruitą dei mezzi adatti a raggiungere un fine costituzionalmente necessario, questa Corte non puņ esimersi dall’affermare che non sarebbe pił tollerabile il protrarsi dell’inerzia legislativa, tanto č grave il vuoto di tutela del preminente interesse del minore, riscontrato in questa pronuncia».

 

Sentenza n. 33/2021

del 28 gennaio – 9 marzo 2021

 

 

Camera Doc VII, n. 609

 

Tutela all’interesse dei minori nati da maternitą surrogata al riconoscimento

giuridico da parte di entrambi i componenti della coppia (eterosessuale od omosessuale) che abbia

fatto ricorso all’estero alla maternitą surrogata

«[...] Il compito di adeguare il diritto vigente alle esigenze di tutela degli interessi dei bambini nati da maternitą surrogata [...] non puņ che spettare, in prima battuta, al legislatore, al quale deve essere riconosciuto un significativo margine di manovra nell’individuare una soluzione che si faccia carico di tutti i diritti e i principi in gioco.

Di fronte al ventaglio delle opzioni possibili, [...] questa Corte non puņ, allo stato, che arrestarsi, e cedere doverosamente il passo alla discrezionalitą del legislatore, nella ormai indifferibile individuazione delle soluzioni in grado di porre rimedio all’attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore».

 

Sentenza n. 48/2021

del 24 febbraio – 26 marzo 2021

 

 

Camera Doc VII, n. 620

 

Procedimento elettorale preparatorio relativo alle elezioni politiche e giudice competente

«[...] la ristrettezza dei tempi in cui le firme devono essere raccolte puņ senza dubbio costituire un aggravio (sul quale il legislatore potrebbe opportunamente intervenire) ma essa č nota in partenza ai destinatari, e non costituisce un accadimento improvviso e imprevedibile”.

Ha altresģ sottolineato come nel caso del diritto di elettorato passivo, particolarmente per ciņ che concerne le elezioni politiche nazionali, manca una disciplina legislativa che assicuri accesso tempestivo alla tutela giurisdizionale nei confronti di decisioni in ipotesi lesive dell’esistenza stessa del diritto, quali i provvedimenti di ricusazione di liste o d’incandidabilitą, a differenza di quel che accade per le elezioni europee o amministrative, nel cui ambito č ben possibile ricorrere al giudice avverso analoghe decisioni e, in quella sede, eccepire le pertinenti questioni di legittimitą costituzionale. “In questo specifico ambito, č giocoforza riconoscere che si č in presenza di una zona franca dalla giustizia costituzionale, e dalla giustizia tout-court, quantomeno nella sua dimensione effettiva e tempestiva, ciņ che non č accettabile in uno Stato di diritto».

 

Sentenza n. 49/2021

del 23 febbraio – 29 marzo 2021

 

 

Camera Doc VII, n. 621

 

Concessioni per la raccolta del gioco del Bingo - Termine assegnato all'Agenzia delle dogane e dei monopoli per procedere alla gara per l'attribuzione delle concessioni - Rideterminazione dell'importo dovuto, in regime di proroga tecnica, che intendano partecipare alla gara

«[...] Il giudizio qui reso non cancella i gravi profili disfunzionali della prassi legislativa del costante e reiterato rinvio delle gare, mediante interventi che – anziché favorire il passaggio verso la nuova regolazione di questo settore di mercato – si limitano a estendere, di volta in volta, l’ambito temporale della disciplina transitoria della proroga tecnica delle precedenti concessioni. Ciņ č fonte di incertezza nelle attivitą e nelle prospettive degli operatori e rende auspicabile, anche a tutela della concorrenza, l’approdo a un quadro normativo in tutti i suoi aspetti definito e stabile.»

 


 

3.1 L’ordinanza n. 18 del 2021 in materia di cognome dei figli nati da relazioni more uxorio

 

La Corte costituzionale, con l’ordinanza 11 febbraio 2021, n. 18 ha sollevato, disponendone la trattazione innanzi a sé, la questione di legittimitą costituzionale del primo comma dell'articolo 262 c.c. nella parte in cui, in mancanza di diverso accordo dei genitori, impone l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori.

Secondo la Consulta la suddetta disposizione del codice civile si porrebbe in contrasto con gli articoli 2, 3 e 117, primo comma della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertą fondamentali.

 

La questione

La Corte, in questo caso giudice a quo della questione, era stata a sua volta investita dal Tribunale di Bolzano. Il giudice altoatesino, chiamato a decidere sul ricorso proposto dal PM, ai sensi dell’art. 95 del d.P.R. n. 396/2000 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile), al fine di ottenere la rettificazione dell’atto di nascita di una bambina, cui i genitori, non uniti in matrimonio, avevano concordemente voluto attribuire il solo cognome materno, prendeva atto che tale scelta dovesse considerarsi preclusa dal primo comma dell'articolo 262 c.c. Questa disposizione, anche come interpretata dalla Sentenza n. 286 del 2016 della Corte costituzionale, non sembra riconoscere la possibilitą per genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, il solo cognome materno, essendo unicamente consentita l'assunzione in aggiunta al patronimico del cognome della madre. Il Tribunale dubitava quindi della compatibilitą costituzionale di tale preclusione, la quale si sarebbe posta in contrasto con l’art. 2 della Costituzione, sotto il profilo della tutela dell’identitą personale; l’art. 3 Cost., sotto il profilo dell’uguaglianza tra donna e uomo, e con l’art. 117, I c., Cost., in relazione agli artt. 8 e 14 della CEDU, che trovano corrispondenza negli artt. 7 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007.

 

La decisione della Corte

Il Giudice delle leggi richiama in primo luogo la propria pronuncia n. 286/2016.

In tale Sentenza - con la quale veniva dichiarata l’illegittimitą costituzionale della norma desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 c.c.; 72, c. I, del r.d. n. 1238 del 1939; e 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000, nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno - si prendeva atto che, in via temporanea, “in attesa di un indifferibile intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di paritą”, dovesse sopravvivere la generale previsione dell’attribuzione del cognome paterno, destinata a operare in mancanza di accordo espresso dei genitori.

La Corte, dopo aver rilevato come il proprio monito ad una sollecita rimodulazione della disciplina non abbia avuto séguito, ritiene di non potersi esimere, ai fini della definizione del giudizio, dal risolvere pregiudizialmente le questioni di legittimitą costituzionale dell’art. 262, primo comma, c.c., nella parte in cui, in mancanza di diverso accordo dei genitori, impone l’automatica acquisizione del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 117, c. I, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU.

Con l'ordinanza qui in esame il Giudice costituzionale ha quindi disposto la rimessione davanti a sé delle questioni di legittimitą costituzionale del primo comma dell'articolo 262 c.c., nella parte in cui, in mancanza di diverso accordo dei genitori, impone l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori, in riferimento agli 2,3 e 117 Cost., poiché lo stesso meccanismo consensuale – che il rimettente vorrebbe estendere all’opzione del solo cognome materno – non porrebbe rimedio allo squilibrio e alla disparitą tra i genitori.

 

Attivitą parlamentare

Nel corso della XVII legislatura il Parlamento ha affrontato la questione relativa alla attribuzione del cognome ai coniugi e ai figli, attraverso l'esame di una serie di proposte di legge di iniziativa parlamentare. In particolare l'AS 1628, gią licenziato dalla Camera dei deputati ed approvato dalla Commissione giustizia del Senato, non č mai stato esaminato dall'Assemblea del Senato.

Nel corso della attuale legislatura risultano presentate sia alla Camera che al Senato una serie di disegni di legge - alla Camera AC 106 (Boldrini e altri); AC 230 (Gebhard e altri); AC 1265 (Dadone e altri) e AS 2129 (Schirņ e altri) e al Senato degli AS 170 (Garavini e altri); AS 286 (Unterberger) e AS 1025 (Maiorino e altri) - che intervengono su tale problematica, disciplinando anche le ipotesi di assunzione del cognome nei casi di mancato accordo fra i genitori.

3.2 La sentenza n. 22 del 2021 in materia di assoggettabilitą a liquidazione coatta amministrativa del CORAP

 

La questione

L'articolo 1 della legge della Regione Calabria 25 novembre 2019, n. 47, attraverso modifiche alla legge della Regione Calabria 16 maggio 2013, n. 24 (Riordino enti, aziende regionali, fondazioni, agenzie regionali, societą e consorzi comunque denominati, con esclusione del settore sanitą), ha previsto l’assoggettabilitą del Consorzio regionale per lo sviluppo delle attivitą produttive (CORAP) a liquidazione coatta amministrativa.

Tale disposizione si porrebbe in contrasto, da un lato, con l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, incidendo su materie, quali "giurisdizione e norme processuali" e "ordinamento civile", riservate alla potestą legislativa esclusiva dello Stato e, dall'altro con l'articolo 3 della Costituzione nella parte in cui di fatto prevede un ingiustificato trattamento speciale per il dissesto del CORAP.

Con riguardo alla liquidazione coatta amministrativa č opportuno ricordare che l'articolo 2, primo comma, della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) rimette alla legge non solo la determinazione delle imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, ma anche l'individuazione dei casi per i quali tale procedura puņ essere disposta e dell'autoritą competente a disporla. Rispetto al modello generale del fallimento, quindi, la liquidazione coatta amministrativa si configura come una procedura concorsuale di carattere speciale, la cui applicazione esige un’apposita previsione di legge; in presenza della quale, tuttavia, la procedura speciale č anche tendenzialmente esclusiva, infatti le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono soggette al fallimento, salvo che la legge diversamente disponga. Ed ancora, la circostanza che gli enti pubblici, quand’anche esercenti attivitą d’impresa, siano istituzionalmente esclusi dall’ambito applicativo del fallimento (artt. 1, primo comma, della legge fallimentare e 2221 del codice civile) non implica l'automatica assoggettabilitą alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, occorrendo pur sempre una norma di legge che lo preveda.

 

La decisione della Corte

La Corte costituzionale sottolinea, preliminarmente, come la liquidazione coatta amministrativa si connoti per le sue finalitą spiccatamente pubblicistiche, che la differenziano sotto molteplici aspetti dalla procedura fallimentare e che peraltro si riflettono sul piano dei rapporti esterni. "La tutela dei creditori di imprese sottoposte a procedura di liquidazione coatta amministrativa assume una connotazione doppiamente differenziata, rispetto a quella di altri creditori in sede concorsuale, in quanto gli interessi pubblici che giustificano la procedura amministrativa, per un verso, in qualche misura attenuano il rilievo del singolo diritto di credito e, per altro verso, rafforzano, perņ, la prospettiva finale di soddisfazione del credito, come effetto riflesso del concorrente obiettivo, di mantenimento in attivitą del complesso produttivo dell’azienda debitrice, perseguibile dalla procedura amministrativa".

Secondo la Corte, quindi, la sottoposizione del debitore alla procedura concorsuale di carattere speciale, implicando una deroga marcata alle regole ordinarie di accertamento dei crediti e di responsabilitą patrimoniale e risolvendosi in una tutela differenziata del ceto creditorio, non puņ che essere prevista da una legge statale, tale da garantire una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale.

La Corte ha quindi ritenuto di dichiarare l'illegittimitą costituzionale dell'articolo 1 della legge della regione Calabria n. 47 del 2019 per violazione dell’articolo 117, comma secondo, lettera l) della Costituzione. Nel contempo perņ il Giudice delle leggi ha rilevato come la legislazione vigente appaia carente di una disciplina uniforme di fonte statale idonea a consentire la risoluzione delle crisi di solvibilitą degli enti strumentali vigilati dalle Regioni, ivi inclusi i consorzi di sviluppo industriale. Per la Corte, infatti, l’opzione per l’impiego in casi siffatti della procedura di liquidazione coatta amministrativa evidenzia la necessitą di un intervento regolativo dello Stato, che, tenuta ferma l’omogeneitą di una disciplina pur sempre incidente sull’ordinamento civile e processuale, permetta tuttavia alle Regioni di fronteggiare situazioni critiche di notevole impatto sulle comunitą territoriali.

 

Attivitą parlamentare

Il decreto legislativo n. 14 del 2019, recante il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza ed emanato in attuazione della legge delega n. 155 del 2017, ha rielaborato le modalitą di gestione delle situazioni di crisi e di insolvenza del debitore apportando delle importanti novitą alla disciplina delle procedure concorsuali. L'entrata in vigore del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, inizialmente prevista per il 15 agosto 2020 (ovvero decorsi 18 mesi dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale), č stata differita al 1° settembre 2021 dal decreto-legge n. 23 del 2020. In particolare, con riguardo alle tematiche oggetto della pronuncia della Corte in esame, č opportuno segnalare che il Titolo VII del Codice interviene sulla disciplina della liquidazione coatta amministrativa. La riforma delimita in misura sostanziale l'applicazione dell'istituto alle imprese in stato di insolvenza. La principale novitą riguarda i presupposti soggettivi dell'istituto allo scopo di rendere applicabile in via generale la procedura concorsuale ordinaria anche alle imprese in stato di crisi o di insolvenza che, sulla base delle attuali disposizioni, dovrebbero essere sottoposte a liquidazione coatta amministrativa. La liquidazione coatta non sarą, infatti, pił applicabile a tutte le imprese individuate da leggi speciali che esercitino attivitą a rilevanza pubblicistica o che operino in settori assoggettati a controllo pubblico, ma solo a determinate categorie di imprese specificamente individuate (che, sostanzialmente rientrano nel settore bancario, dell'intermediazione finanziaria e delle assicurazioni) o quando costituisca sbocco di un procedimento amministrativo per violazioni accertate dalle autoritą amministrative di vigilanza. L’applicazione dell’istituto - come peraltro sottolinea la Corte nella Sentenza in commento - č espressamente esclusa dall'articolo 294 per tutti gli enti pubblici.

 


 

3.3 La sentenza n. 32 del 2021 in materia di tutela dei minori nati da fecondazione eterologa in coppie dello stesso sesso

 

La questione

Con la sentenza n. 32 del 2021 la Corte torna ad affrontare il tema della tutela dei minori nati attraverso il ricorso a tecniche di fecondazione assistita (PMA) eterologa, nell’ambito di una coppia dello stesso sesso.

In particolare, la Corte č chiamata a giudicare della costituzionalitą degli articoli 8 e 9 della legge n. 40 del 2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) e dell’art. 250 del codice civile (relativo al riconoscimento dei figli) che, sistematicamente interpretati, non consentono al nato in Italia, nell’ambito di un progetto di procreazione medicalmente assistita eterologa, praticata all’estero da una coppia di donne, l’attribuzione dello status di figlio riconosciuto oltre che della madre biologica, anche della madre intenzionale.

Le citate disposizioni, infatti, garantiscono il riconoscimento del legame di filiazione del nato nei confronti di entrambi i soggetti che hanno prestato il consenso alla PMA eterologa, solo ove tali soggetti siano di sesso diverso. Conseguentemente, se la nascita č progettata da una coppia di donne, l’unico genitore riconosciuto č la madre biologica.

Ciņ comporta che, in caso di cessazione del rapporto di coppia, il bambino puņ subire la recisione dei legami instaurati con la madre intenzionale, nonostante essa abbia prestato il consenso alla pratica fecondativa ed abbia di fatto svolto un ruolo genitoriale anche per alcuni anni; in assenza del consenso da parte del genitore legale, infatti, non č neanche possibile attivare l’istituto dell’adozione in casi particolari previsto dall’art. 44, comma 1, lettera d) della legge n. 184 del 1983.

Si pone, dunque, la questione di costituzionalitą di un quadro normativo che, anche quando sia accertato giudizialmente l’interesse del minore ad avere un legame con entrambe le persone che ne hanno voluto la nascita, non consente comunque il riconoscimento del rapporto di filiazione anche con la madre intenzionale, esponendo il minore a una situazione di incertezza giuridica nelle relazioni sociali e violando i suoi diritti al mantenimento, all’istruzione, all’educazione, alla successione, oltre che alla continuitą e al conforto di abitudini condivise, in violazione degli articoli 2, 3, 30 e 117, primo comma (in relazione all’art. 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo e alla Convenzione sui diritti del fanciullo), della Costituzione.

 

La decisione della Corte

La Corte costituzionale, pur riconoscendo l’esistenza di un vuoto di tutela dell’interesse del minore nato da PMA nell’ambito di una coppia di donne, che configura una lesione dei principi costituzionali richiamati nell’ordinanza di rimessione, ritiene di “non poter ora porre rimedio” a tale lacuna e dichiara inammissibili le questioni di costituzionalitą sollevate. Le integrazioni alla disciplina vigente necessarie a colmare tale vuoto di tutela, infatti, interverrebbero in una “materia caratterizzata da ampia discrezionalitą del legislatore”, nella quale l’intervento del giudice delle leggi “rischierebbe di generare disarmonie”.

Dopo aver ripercorso la propria giurisprudenza sul rilievo giuridico della genitorialitą sociale, anche quando non coincidente con la genitorialitą biologica (sentt. n. 162 del 2014 e n. 272 del 2017), e aver evidenziato la costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti, sul carattere preminente dell’interesse del minore a beneficiare di relazioni e contatto continuativo con entrambi i genitori, pur in assenza di un legame biologico, la Consulta non puņ che, “ancora una volta, attirare su questa materia eticamente sensibile l’attenzione del legislatore, al fine di individuare, come gią auspicato in passato, un «ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti, nel rispetto della dignitą della persona umana» (sentenza n. 347 del 1998)”.

Il legislatore č dunque chiamato “al pił presto” a colmare il denunciato vuoto di tutela, “a fronte di incomprimibili diritti dei minori”, delineando “una disciplina della materia che, in maniera organica, individui le modalitą pił congrue di riconoscimento dei legami affettivi stabili del minore, nato da PMA praticata da coppie dello stesso sesso, nei confronti anche della madre intenzionale”. In merito, la Corte delinea le due possibili alternative che si pongono al legislatore: riscrivere le previsioni in materia di riconoscimento ovvero introdurre “una nuova tipologia di adozione, che attribuisca, con una procedura tempestiva ed efficace, la pienezza dei diritti connessi alla filiazione”.

Quale che sia la strada prescelta, il legislatore dovrą perņ intervenire presto perché per la Corte “non sarebbe pił tollerabile il protrarsi dell’inerzia legislativa, tanto č grave il vuoto di tutela del preminente interesse del minore, riscontrato in questa pronuncia”.

 

Attivitą parlamentare

Si ricorda come il tema della tutela dei diritti dei minori nell’ambito delle c.d. famiglie arcobaleno sia stato da ultimo affrontato dal Parlamento nella scorsa legislatura, in occasione del dibattito che ha portato all’approvazione della legge n. 76 del 2016, che regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso. La questione, limitata all’epoca alla c.d. stepchild adoption, ovvero all'adozione del figlio da parte del partner del genitore naturale, non ha poi trovato una specifica regolamentazione nella legge ed č dunque tuttora rimessa alla giurisprudenza.

 


 

3.4 La sentenza n. 33 del 2021 in materia di
surrogazione di maternitą

 

Con la sentenza n. 33 del 2021, la Corte ha deciso la questione di legittimitą costituzionale concernente l’impossibilitą di riconoscere in Italia, perché in contrasto con l’ordine pubblico, un provvedimento giudiziario straniero che attribuisce lo stato di genitori a due uomini italiani uniti civilmente, che abbiano fatto ricorso alla tecnica della maternitą surrogata, vietata nell’ordinamento italiano dall’articolo 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004. La Corte ha dichiarato inammissibile la questione, ma ha sottolineato la necessitą di un indifferibile intervento del legislatore, al fine di porre rimedio all’attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore.

 

La questione

La vicenda oggetto del procedimento principale riguardava un bambino nato in Canada da una donna nel cui utero era stato impiantato un embrione formato con i gameti di una donatrice anonima e di un uomo di cittadinanza italiana. Quest’ultimo si era sposato in Canada – con atto trascritto in Italia nel registro delle unioni civili – con un altro uomo, anch’esso cittadino italiano, con il quale aveva condiviso il progetto genitoriale. Ritornati in Italia, il padre biologico e il padre “d’intenzione” hanno chiesto il riconoscimento del provvedimento giudiziario canadese con il quale sono stati dichiarati entrambi genitori del bambino. La Corte d’Appello di Venezia ha accolto il ricorso, ma l’avvocatura dello Stato ha proposto ricorso per cassazione.

La Corte di cassazione, I sezione civile, ha sollevato – in riferimento agli articoli 2, 3, 30 e 31 della Costituzione, nonché all’art. 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione al rispetto degli obblighi internazionali di cui all'art. 8 della CEDU, alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei minori e all’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali UE– questioni di legittimitą costituzionale del combinato disposto:

§  dell’art. 64, comma 1, lettera g), della legge n. 218 del 1995, che vieta il riconoscimento di sentenze straniere allorché producano effetti contrari all’ordine pubblico;

§  dell’art. 18 del d.P.R. n. 396 del 2000, che vieta la trascrizione nei registri dello stato civile italiani di atti formati all’estero contrari all’ordine pubblico;

§  dell’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, che prevede sanzioni penali a carico di chiunque «in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternitą».

In sostanza, le questioni di legittimitą che la Corte č stata chiamata a esaminare riguardano lo stato civile dei bambini nati attraverso la pratica della maternitą surrogata, vietata nell’ordinamento italiano dall’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004.

La questione di costituzionalitą si č resa necessaria, perché sul punto si erano gią pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (con la sentenza n. 12193/2019), escludendo il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento straniero con cui sia stato dichiarato il rapporto di filiazione tra il bambino nato con maternitą surrogata e il genitore d’intenzione. Secondo le Sezioni Unite, il riconoscimento sarebbe infatti contrario a ragioni di ordine pubblico, posto che l’ordinamento italiano punisce penalmente la pratica della surrogazione di maternitą. La prima sezione della Corte di cassazione, investita del ricorso, ha ritenuto tuttavia che la posizione delle Sezioni Unite del 2019 sarebbe stata in contrasto con gli artt. 2, 3, 30, 31 e 117 della Costituzione, dando luogo a diritto vivente contrario a principi fondamentali dell’ordinamento italiano ed europeo.

 

La decisione della Corte

La Corte ribadisce prioritariamente la posizione gią assunta in precedenti pronunce per la quale il divieto penalmente sanzionato di surrogazione di maternitą č un principio di ordine pubblico posto a tutela di valori fondamentali, in quanto la maternitą surrogata “offende in modo intollerabile la dignitą della donna e mina nel profondo le relazioni umane”. Inoltre, gli accordi con la donna prestatrice di utero comporterebbero il rischio di sfruttamento della vulnerabilitą di donne economicamente bisognose o in condizioni sociali disagiate.

La Corte sottolinea tuttavia come le questioni sottoposte debbano essere focalizzate sugli interessi del bambino nato mediante maternitą surrogata, nei suoi rapporti con la coppia (omosessuale ovvero eterosessuale) che ha sin dall’inizio condiviso il percorso che ha condotto al suo concepimento e alla sua nascita nel territorio di uno Stato dove la maternitą surrogata non č contraria alla legge e che ha quindi portato in Italia il bambino.

La questione viene dunque individuata nel fornire una risposta all’interrogativo se il diritto vivente espresso dalle Sezioni unite civili sia compatibile con i diritti del minore sanciti dalle norme costituzionali e sovranazionali invocate dal giudice a quo.

Al riguardo la Corte ricorda il principio secondo cui in tutte le decisioni relative ai minori di competenza delle pubbliche autoritą, compresi i tribunali, deve essere riconosciuto rilievo primario alla salvaguardia dei “migliori interessi” del minore.

Nella situazione specifica l’interesse del minore č individuato nella possibilitą di “ottenere un riconoscimento anche giuridico dei legami che nella realtą fattuale gią lo uniscono a entrambi i componenti della coppia”. Al riguardo la Corte ripercorre la consolidata giurisprudenza della Corte EDU la quale afferma la necessitą, alla luce dell’art. 8 CEDU, che i bambini nati mediante maternitą surrogata, anche negli Stati parte che vietino il ricorso a tali pratiche, ottengano un riconoscimento giuridico del «legame di filiazione» con entrambi i componenti della coppia che ne ha voluto la nascita, e che se ne sia poi presa concretamente cura

D’altra parte, la Corte riconosce che gli interessi del bambino devono essere bilanciati con la finalitą legittima di disincentivare il ricorso alla pratica della maternitą surrogata, vietata dalla legislazione statale e ricorda come la stessa Corte EDU riconosca che gli Stati parte possano non consentire la trascrizione di atti di stato civile stranieri, o di provvedimenti giudiziari, che riconoscano sin dalla nascita del bambino lo status di padre o di madre al “genitore d’intenzione”; e ciņ proprio allo scopo di non fornire incentivi, anche solo indiretti, a una pratica procreativa che ciascuno Stato ben puņ considerare potenzialmente lesiva dei diritti e della stessa dignitą delle donne che accettino di portare a termine la gravidanza per conto di terzi.

In tal caso, tuttavia, la Corte, anche alla luce della giurisprudenza CEDU sottolinea la necessitą di assicurare la tutela degli interessi del bambino al riconoscimento del suo rapporto giuridico anche con il genitore “intenzionale”, “attraverso un procedimento di adozione effettivo e celere, che riconosca la pienezza del legame di filiazione tra adottante e adottato, allorché ne sia stata accertata in concreto la corrispondenza agli interessi del bambino”.

In proposito, la Corte sottolinea come il ricorso all'adozione in casi particolari, previsto dall'articolo 44, comma 1, lettera d) della legge n 184 del 1983 e gią considerato praticabile dalla Cassazione, “costituisce una forma di tutela degli interessi del minore certo significativa, ma ancora non del tutto adeguata al metro dei principi costituzionali e sovranazionali” in quanto non attribuisce la genitorialitą all’adottante e resta comunque subordinata all’assenso del genitore “biologico”, che potrebbe anche mancare in caso di crisi della coppia.

Data l’ampiezza del ventaglio delle soluzioni normative astrattamente immaginabili, la Corte sottolinea come il compito di adeguare il diritto vigente alle esigenze di tutela degli interessi dei bambini nati da maternitą surrogata – nel contesto del difficile bilanciamento tra la legittima finalitą di disincentivare il ricorso a questa pratica, e l’imprescindibile necessitą di assicurare il rispetto dei diritti dei minori– spetti, in prima battuta, al legislatore, al quale deve essere riconosciuto un significativo margine di manovra nell’individuare una soluzione che si faccia carico di tutti i diritti e i principi in gioco.

 

Attivitą parlamentare

Si ricorda che presso la Commissione giustizia della Camera č in corso l’esame delle proposte di legge A.A.C. 306 (Meloni e altri) e 2599 (Carfagna e altri) volte a perseguire il reato di surrogazione di maternitą commesso all’estero da cittadino italiano. Nessuna delle due proposte affronta tuttavia il tema dello stato civile dei bambini nati attraverso la pratica della maternitą surrogata.

 


 

3.5 La sentenza n. 48 del 2021 sul procedimento elettorale preparatorio relativo alle elezioni politiche e sul giudice competente

 

Il Tribunale ordinario di Roma ha sollevato questioni di legittimitą costituzionale dei commi 1 e 2 dell’art. 18-bis del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati). Tali disposizioni stabiliscono, rispettivamente, il numero minimo di sottoscrizioni che ciascuna lista deve raccogliere per presentarsi alle elezioni per la Camera dei deputati (comma 1) e i soggetti esonerati dal relativo onere (comma 2).

La Consulta ha ritenuto la non sussistenza della prospettata violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 3 Prot. addiz. CEDU. visto che “l’ampia discrezionalitą che č attribuita al legislatore in materia elettorale, in considerazione dell’interesse costituzionale al regolare svolgimento delle competizioni elettorali assicurato dalla disciplina in esame” (…) “non conduce a un giudizio di manifesta irragionevolezza della scelta censurata”.

La Corte ha, in tale ambito, altresģ evidenziato che “la ristrettezza dei tempi in cui le firme devono essere raccolte puņ senza dubbio costituire un aggravio - sul quale il legislatore potrebbe opportunamente intervenire -  ma essa č nota in partenza ai destinatari, e non costituisce un accadimento improvviso e imprevedibile”.

Ha altresģ sottolineato come nel caso del diritto di elettorato passivo, particolarmente per ciņ che concerne le elezioni politiche nazionali, manca una disciplina legislativa che assicuri accesso tempestivo alla tutela giurisdizionale nei confronti di decisioni in ipotesi lesive dell’esistenza stessa del diritto, quali i provvedimenti di ricusazione di liste o d’incandidabilitą, a differenza di quel che accade per le elezioni europee o amministrative, nel cui ambito č ben possibile ricorrere al giudice avverso analoghe decisioni e, in quella sede, eccepire le pertinenti questioni di legittimitą costituzionale.

La Corte afferma dunque che “in questo specifico ambito, č giocoforza riconoscere che si č in presenza di una zona franca dalla giustizia costituzionale, e dalla giustizia tout-court, quantomeno nella sua dimensione effettiva e tempestiva, ciņ che non č accettabile in uno Stato di diritto”.

 

La questione

Oggetto di ricorso alla Corte č in particolare l’art. 18-bis, comma 1, del d.P.R. n. 361 del 1957, come modificato dall’art.1, comma 10, lettera a), della legge 3 novembre 2017, n. 165 «nella parte in cui richiede per la presentazione delle candidature per il rinnovo della Camera dei deputati un numero minimo di 1500 sottoscrizioni per ogni collegio plurinominale, ovvero di 1500 ridotto della metą in caso di scioglimento della Camera dei deputati che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni», anziché «tali numeri ridotti a 1/4». Quest’ultimo riferimento numerico, ai fini della richiesta di pronuncia sostitutiva, č rinvenuto dal rimettente nell’art. l, comma 1123 della legge n. 205/2017, che ha disposto, per le sole prime elezioni successive alla propria entrata in vigore, che si sono svolte il 4 marzo 2018, la citata riduzione ad un quarto delle sottoscrizioni richieste dalla norma censurata.

Nel ricorso si riteneva che  l’art. 18-bis, comma 1, del d.P.R. n. 361 del 1957 violasse gli artt. 1, secondo comma; 3; 48, secondo comma; 51, primo comma e 117, primo comma, della Costituzione evidenziando che “alla luce soprattutto dell’elevato numero complessivo dei collegi in cui le firme devono essere acquisite, nonché del breve tempo a disposizione per la raccolta, la disciplina in questione determinerebbe, infatti, una irragionevole e sproporzionata limitazione del diritto di elettorato passivo, in contrasto con i principi della rappresentativitą democratica e del libero esercizio del diritto di voto, come interpretati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo”.

Evocando i medesimi parametri di legittimitą costituzionale č stata posta questione anche con riguardo all’art. 18-bis, comma 2, del medesimo d.P.R. «nella parte in cui limita l’esenzione dell’onere di raccolta delle sottoscrizioni ai partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere», anziché includere, tra i soggetti esonerati, i partiti o i gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere all’inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi elettorali. Il riferimento per la pronuncia sostitutiva richiesta era rinvenuto dai ricorrenti nell’art. 2, comma 36, della legge n. 52 del 2015, come modificato dall’art. 6, comma 1, della legge n. 165 del 2017, recante una previsione che, anche in tal caso, valeva per le sole prime elezioni successive all’entrata in vigore della norma.

Nel ricorso si evidenziava altresģ l’effetto congiunto «di una pluralitą di limiti all’esercizio del diritto di candidarsi ex art. 51, co. 1, Cost.»: l’effetto moltiplicatore del numero minimo di sottoscrizioni (1.500) per l’ampio numero dei collegi in cui la raccolta deve essere effettuata; il ristretto intervallo temporale a disposizione a questo scopo, con l’eccezione del maggior intervallo consentito alle formazioni politiche che non si candidano in coalizione; il limitato ambito soggettivo dell’esenzione dal relativo onere; il connesso margine d’incertezza derivante dall’attribuzione ai regolamenti parlamentari, e non ad una fonte di rango costituzionale o legislativo, della disciplina circa la formazione dei gruppi parlamentari, presupposto determinante per beneficiare dell’esenzione dall’onere di raccolta; il grado d’incertezza ingenerato dalla prassi di attenuare, nell’imminenza dello scioglimento delle Camere, la disciplina dei presupposti legittimanti la partecipazione alla competizione elettorale.

Tutti questi elementi avrebbero determinato, particolarmente, la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. «per contrasto con i principi di buona condotta elettorale e di certezza delle regole elettorali, ritenuti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo fondamentali ai fini del rispetto dell’art. 3» del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertą fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.

La decisione della Corte

Il Giudice delle leggi evidenzia preliminarmente come le questioni di legittimitą costituzionale poste pongono un problema di particolare delicatezza, relativo all’effettivitą e alla tempestivitą della tutela giurisdizionale che puņ essere domandata e ottenuta, in vista dello svolgimento delle elezioni politiche nazionali, nell’ambito del cosiddetto contenzioso elettorale preparatorio. Tale espressione, ha osservato la Corte, si riferisce alle controversie relative a tutti gli atti del «procedimento preparatorio alle elezioni, nel quale č inclusa la fase dell’ammissione delle liste o di candidati» (sentenza n. 236 del 2010). Il contenzioso che insorge in tale fase si distingue cosģ da quello occasionato dal «procedimento elettorale» vero e proprio, che invece comprende le controversie relative alle operazioni elettorali e alla successiva proclamazione degli eletti.

La Corte svolge dunque – nella decisione in oggetto - alcune puntualizzazioni sull’interpretazione dell’art. 66 Cost. («Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilitą e di incompatibilitą»), disposizione che si trova in stretta connessione con gli artt. 23 e 87, comma 1, del d.P.R. n. 361 del 1957.

La Corte ricorda infatti che in base all’art. 23, comma 2, contro le decisioni adottate dagli Uffici centrali circoscrizionali di ricusazione di liste o di dichiarazione d’invaliditą delle candidature, i delegati di lista possono ricorrere all’Ufficio centrale nazionale. La Corte ribadisce quindi che l’attivitą di controllo svolta da tali collegi ha natura amministrativa: il fatto che siano collocati presso le Corti d’appello e la Corte di cassazione «non comporta che i collegi medesimi siano inseriti nell’apparato giudiziario, evidente risultando la carenza, sia sotto il profilo funzionale sia sotto quello strutturale, di un nesso organico di compenetrazione istituzionale che consenta di ritenere che essi costituiscano sezioni specializzate degli uffici giudiziari presso cui sono costituiti (sentenza n. 387 del 1996; conformi, ex plurimis, sentenze n. 29 del 2003, n. 104 del 2006, n. 164 del 2008)» (sentenza n. 259 del 2009).

Per parte sua, l’art. 87, comma 1, del d.P.R. n. 361 del 1957 dispone che «[a]lla Camera dei deputati č riservata la convalida della elezione dei propri componenti. Essa pronuncia giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all’Ufficio centrale durante la loro attivitą o posteriormente». Sempre la giurisprudenza della Corte ha affermato che il controllo cosģ effettuato dalle Camere si configura come «unica eccezione al sistema generale di tutela giurisdizionale in materia di elezioni» (di nuovo sentenza n. 259 del 2009; in precedenza sentenza n. 113 del 1993).

 

La Corte ha quindi ricordato come sul complesso delle norme citate si č consolidato un orientamento giurisprudenziale di legittimitą, qualificabile alla stregua di diritto vivente, secondo cui rispetto alle decisioni dell’Ufficio centrale nazionale sussiste difetto assoluto di giurisdizione, sia del giudice ordinario che del giudice amministrativo, perché proprio l’art. 66 Cost. riserverebbe esclusivamente alle Camere, tramite le rispettive Giunte, anche il giudizio sul contenzioso pre-elettorale, compreso quello relativo all’ammissione delle liste, restando cosģ precluso qualsiasi intervento giurisdizionale, anche di natura cautelare (ex multis, Corte di cassazione, sezioni unite, sentenze 15 febbraio 2013, n. 3731; 8 aprile 2008, n. 9153, n. 9152 e n. 9151; 6 aprile 2006, n. 8119 e 8118; 9 giugno 1997, n. 5135). Il contenzioso in esame – ha evidenziato la giurisprudenza amministrativa – risulterebbe dunque ripartito fra l’Ufficio centrale nazionale e le Assemblee parlamentari, in virtł di una norma eccezionale di carattere derogatorio (l’art. 66 Cost.), che delineerebbe un regime di riserva parlamentare, strumentale alla necessitą di garantire l’indipendenza del Parlamento (ex plurimis, Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda Bis, sentenze 13 febbraio 2018, n. 1719 e n. 1722; 12 febbraio 2018, n. 1645).

Contestualmente, e di converso, le Giunte delle elezioni di Camera e Senato – con orientamento, anche in questo caso, costante almeno a partire dalla XIII Legislatura (1996-2001) – ritengono bensģ sussistente la propria competenza a pronunciare giudizio definitivo, ai sensi dell’art. 87 del d.P.R. n. 361 del 1957, sui ricorsi e reclami, compresi quelli relativi al procedimento elettorale preparatorio, ma solo al fine di verificare i titoli di ammissione degli eletti. Ritengono cioč le Giunte di conoscere di ogni fase del procedimento elettorale, compresa quella precedente l’apertura dei seggi, ma esclusivamente ai fini del giudizio sulla corretta composizione dell’organo elettivo. In questa lettura, l’art. 66 Cost. non include la possibilitą di un sindacato delle Camere sulle esclusioni di contrassegni, liste o candidati, decise prima dello svolgimento delle elezioni (ex plurimis, Giunta delle elezioni e delle immunitą parlamentari del Senato, sedute dell’11 dicembre 2018 e del 2 luglio 2013, nonché Giunta delle elezioni della Camera dei deputati, seduta dell’11 dicembre 2018).

 

La Corte rileva dunque come in relazione alle decisioni degli uffici elettorali che abbiano limitato il diritto dei cittadini di presentare liste o di candidarsi, ne risulta un quadro complessivo in cui le controversie che precedono lo svolgimento delle elezioni politiche scontano un evidente vuoto di tutela giurisdizionale; assenza di tutela che si riproduce anche di fronte alle Giunte delle Camere, pur ad elezioni avvenute.

Nel richiamare sul punto la sentenza n. 259 del 2009 la Corte ha ricordato come allora confortava la vigenza dell’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivitą nonché in materia di processo civile), che delegava il Governo – con delega i cui termini non erano scaduti nel momento in cui la Corte decideva la questione – ad introdurre, appunto, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Come ricorda la Corte, per questa parte, la delega č poi stata lasciata scadere e quel che ora conta č che il Giudice delle leggi gią allora riteneva che la forza precettiva dell’art. 66 Cost. non copre il contenzioso pre-elettorale, che perciņ ben puņ essere escluso dal perimetro di efficacia della norma costituzionale.

Pertanto, con la sentenza in esame, essendo trascorso oltre un decennio, scaduta inutilmente la delega ricordata, consolidatosi il citato “diritto vivente” della giurisprudenza di legittimitą, condiviso da quella amministrativa, confermatasi la ricordata prassi interpretativa delle Giunte parlamentari, tale conclusione – gią presente nella sentenza n. 259 del 2009 – viene ribadita dalla Corte e ulteriormente argomentata.

Viene in particolare ritenuta coerente sia con il tenore testuale dell’art. 66 Cost., sia con l’ispirazione fondamentale che guidņ i Costituenti nell’approvazione di questa norma costituzionale: garantire l’autonomia delle Assemblee parlamentari nella decisione circa le controversie relative ai titoli di ammissione dei propri componenti e perciņ, deve intendersi, dei proclamati eletti, e solo di questi ultimi. In Assemblea Costituente fu vivacemente discussa la scelta se riservare la verifica sulle elezioni alle Camere o ad organi (anche giurisdizionali) ad esse estranee, ma non venne mai messo in dubbio che la verifica da disciplinare in Costituzione dovesse avere ad oggetto esclusivamente l’accertamento della condizione di quanti, a seguito del voto, fossero stati proclamati eletti.

Ferma, quindi, questa ratio essenziale, come emerge dai lavori dell’Assemblea costituente, il tenore dell’art. 66 Cost. non sottrae affatto al giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti, la competenza a conoscere della violazione del diritto di elettorato passivo nella fase antecedente alle elezioni, quando non si ragiona né di componenti eletti di un’assemblea parlamentare né dei loro titoli di ammissione.

Č, del resto, aggiunge la Corte, il rilievo stesso del diritto di elettorato passivo, «aspetto essenziale della partecipazione dei cittadini alla vita democratica» (sentenza n. 141 del 1996), a imporre questa soluzione. La giurisprudenza costituzionale riconosce in effetti nell’elettorato passivo un diritto politico fondamentale, che l’art. 51 Cost. garantisce a ogni cittadino con i caratteri propri dell’inviolabilitą ex art. 2 Cost. (ex multis, sentenze n. 25 del 2008, n. 288 del 2007, n. 160 del 1997, n. 344 del 1993, n. 539 del 1990, n. 571 del 1989 e n. 235 del 1988).

Inoltre, se č vero che una tutela dei diritti effettiva richiede l’accesso a un giudice (art. 24 Cost.: tra le tante, sentenze n. 182 del 2014 e n. 119 del 2013), risulta ancora pił evidente che il presidio della tutela giurisdizionale deve assistere un diritto inviolabile, quale quello ora in esame.

In definitiva, se «la “grande regola” del diritto al giudice e alla tutela giurisdizionale effettiva dei propri diritti, in quanto scelta che appartiene ai grandi principi di civiltą del tempo presente, non puņ conoscere eccezioni», salvo quelle strumentali alla necessitą di garantire l’indipendenza del Parlamento (sentenza n. 262 del 2017), non vi sono ragioni per attribuire all’art. 66 Cost. il significato di estendere, anziché ridurre, quelle eccezioni.

La Corte afferma quindi che spetta alla giurisprudenza comune tenere in conto questa interpretazione, quanto alla conseguente lettura delle disposizioni di legge ordinaria che con l’art. 66 Cost. fanno sistema, e fra queste, soprattutto, dell’art. 87 del d.P.R. n. 361 del 1957.

 

Nel caso del diritto di elettorato passivo, particolarmente per ciņ che concerne le elezioni politiche nazionali, la Corte ribadisce dunque come manchi una disciplina legislativa che assicuri accesso tempestivo alla tutela giurisdizionale nei confronti di decisioni in ipotesi lesive dell’esistenza stessa del diritto, quali i provvedimenti di ricusazione di liste o d’incandidabilitą, a differenza di quel che accade per le elezioni europee o amministrative (artt. 5, 9 e 12 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, nonché art. 22 del d.lgs. n. 150 del 2011), nel cui ambito č ben possibile ricorrere al giudice avverso analoghe decisioni e, in quella sede, eccepire le pertinenti questioni di legittimitą costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 214 del 2017, n. 276 del 2016 e n. 236 del 2015).

Secondo l’art. 2, comma 2, del citato d.lgs. n. 235 del 2012, infatti, l’accertamento dell’incandidabilitą alle elezioni politiche nazionali č demandato agli Uffici elettorali in occasione della presentazione delle liste e l’unico rimedio ammesso avverso la decisione č il ricorso all’Ufficio centrale nazionale. Con la conseguenza – gią sopra illustrata – che sulle disposizioni di legge (art. 1 del d.lgs. n. 235 del 2012) che prevedono le fattispecie d’incandidabilitą in questione il controllo di legittimitą costituzionale č di fatto precluso.

 

La Corte afferma dunque come “in questo specifico ambito, č giocoforza riconoscere che si č in presenza di una zona franca dalla giustizia costituzionale, e dalla giustizia tout-court, quantomeno nella sua dimensione effettiva e tempestiva, ciņ che non č accettabile in uno Stato di diritto”.

 

Con riferimento alle elezioni amministrative, ma con considerazioni estensibili a quelle politiche nazionali, la Corte (sentenza n. 236 del 2010) ha affermato che «la posticipazione dell’impugnabilitą degli atti di esclusione di liste o candidati ad un momento successivo allo svolgimento delle elezioni preclude la possibilitą di una tutela giurisdizionale efficace e tempestiva delle situazioni soggettive immediatamente lese dai predetti atti, con conseguente violazione degli artt. 24 e 113 Cost. Infatti, posto che l’interesse del candidato č quello di partecipare ad una determinata consultazione elettorale, in un definito contesto politico e ambientale, ogni forma di tutela che intervenga ad elezioni concluse appare inidonea ad evitare che l’esecuzione del provvedimento illegittimo di esclusione abbia, nel frattempo, prodotto un pregiudizio».

 

Di conseguenza la Corte evidenzia che, in un quadro in cui č la stessa Costituzione a disporre termini stringenti (in base all’art. 61 Cost., le elezioni delle nuove Camere devono svolgersi entro 70 giorni dalla fine delle precedenti), ne deriva la necessitą, anche per le elezioni politiche, della previsione di un rito ad hoc, che assicuri una giustizia pre-elettorale tempestiva. “In attesa del necessario intervento del legislatore, allo stato attuale della normativa e delle interpretazioni su di essa prevalenti, l’azione di accertamento di fronte al giudice ordinario – sempre che sussista l’interesse ad agire (art. 100 cod. proc. civ.) – risulta l’unico rimedio possibile per consentire la verifica della pienezza del diritto di elettorato passivo e la sua conformitą alla Costituzione”.

 

La Corte richiama quindi la giurisprudenza costituzionale che ha ripercorso origini, ratio e natura delle previsioni che, per le elezioni sia amministrative che politiche, richiedono la raccolta di un certo numero di sottoscrizioni a corredo delle candidature.

In particolare la Corte, nella sentenza n. 83 del 1992, ha ricordato quali sono gli inconvenienti – diffusi nell’ordinamento precedente, che non prevedeva oneri di sorta – che simili previsioni mirano ad evitare: «da un lato, lo sfrenarsi della lotta elettorale tra coloro che per sola ambizione, o per fini ancor meno commendevoli, aspiravano alla conquista del pubblico potere, pur non riscuotendo alcun credito fra la popolazione; dall’altro, una grande dispersione di voti, che si polverizzavano fra un numero eccessivo di nomi». La medesima sentenza ha sottolineato che le disposizioni sull’onere di raccolta delle sottoscrizioni sono adottate «nell’esercizio dei poteri previsti dall’art. 51 della Costituzione, al fine di soddisfare un’esigenza certamente non irragionevole», perché la fissazione di un numero minimo di firme č giustificato «“dalla duplice esigenza di garantire da un lato una certa consistenza numerica di base ad una compagine che mira ad assumere elettoralmente un ruolo di rappresentanza politico-amministrativa della comunitą e di assicurare, dall’altro, a tale compagine un minimo di credibilitą ed affidabilitą”»; ha rimarcato, poi, che, nel nostro ordinamento, č «ormai un principio generalizzato che in ogni tipo di elezione diretta le candidature debbano essere munite di una sorta di dimostrazione di seria consistenza e di un minimo di consenso attestata dalla sottoscrizione di un determinato numero di elettori» .

La Corte ha anche indicato il fondamento delle disposizioni che, in materia, stabiliscono reati di falso nelle autenticazioni delle sottoscrizioni, notando che esse proteggono il bene della «genuinitą della competizione elettorale» (sentenza n. 84 del 1997), ed anche quello della «serietą delle candidature» (sentenza n. 45 del 1967); ha contestato l’idea che la raccolta delle sottoscrizioni sia una formalitą di scarso rilievo, e ha nuovamente sottolineato la ratio delle disposizioni penali in materia, ricordando che il bene finale tutelato «č di rango particolarmente elevato, anche sul piano della rilevanza costituzionale, in quanto intimamente connesso al principio democratico della rappresentativitą popolare: trattandosi di assicurare il regolare svolgimento delle operazioni elettorali ed il libero ed efficace esercizio del diritto di voto» (sentenza n. 394 del 2006).

 

Il Giudice delle leggi conclude rilevando come non sia sufficiente limitarsi al confronto tra le quantitą delle sottoscrizioni di volta in volta richieste dalle diverse normative applicabili. “Troppo numerose, infatti, sono le variabili da considerare. Conta il numero dei collegi istituiti sull’intero territorio nazionale, la loro dimensione e popolazione (…); ha decisivo rilievo il tipo di sistema elettorale adottato a livello nazionale, nonché la specifica formula elettorale con cui sono assegnati i seggi del singolo collegio, poiché un conto č raccogliere sottoscrizioni per un candidato, magari assai popolare, che concorre per un collegio uninominale, ben diverso č farlo per presentare una lista in un collegio plurinominale che assegna seggi con formula proporzionale. Ancora, ha notevole peso la possibilitą o meno di presentare liste in coalizione; non č secondario il numero dei soggetti abilitati alla raccolta e all’autenticazione delle sottoscrizioni; sono certo importanti i termini previsti per le varie fasi del procedimento pre-elettorale; non č irrilevante nemmeno il modo in cui la legge di volta in volta configura l’elenco dei soggetti esonerati dall’onere di raccolta delle sottoscrizioni”.

La Corte rileva, in conclusione, come la ristrettezza dei tempi in cui le firme devono essere raccolte puņ senza dubbio costituire un aggravio (“sul quale il legislatore potrebbe opportunamente intervenire”), ma essa č nota in partenza ai destinatari, e non costituisce un accadimento improvviso e imprevedibile. Per parte loro, i ricordati e frequenti mutamenti di disciplina a ridosso delle elezioni – pur espressione di un non commendevole costume legislativo, nell’ambito di una disciplina che dovrebbe presentare i caratteri della stabilitą e della certezza – esibiscono la costante natura di interventi pił favorevoli, che diminuiscono l’onerositą degli adempimenti. In quanto tali – e, beninteso, purché tali – non possono perciņ avere un peso decisivo nell’orientare verso un giudizio di irragionevolezza manifesta della disciplina censurata. Infine, converge nella medesima direzione la diminuzione stessa del numero complessivo dei collegi plurinominali – e perciņ delle sottoscrizioni da raccogliere – operata dal d.lgs. n. 177 del 2020, che dą seguito alla riduzione del numero di parlamentari stabilita con legge cost. n. 1 del 2020.

 

Relativamente ai richiami alle pronunce della Corte EDU viene infine ricordato nella pronuncia in esame come questa abbia ritenuto non incompatibile con la Convenzione l’imposizione ai partecipanti alla competizione elettorale dell’obbligo di presentare un certo numero di sottoscrizioni, anche se il numero di firme sia relativamente elevato (sentenze 6 novembre 2012, Ekoglasnost contro Bulgaria, punto 63; 9 maggio 1994, Asensio Serqueda contro Spagna e 12 luglio 1976, X. contro Austria), giacché misure di questo genere perseguono il legittimo obiettivo di scoraggiare candidature fittizie. “Vero che nella sentenza Ekoglasnost la Corte di Strasburgo ha sanzionato la Bulgaria per violazione del citato art. 3: ma non per l’onere di raccolta delle sottoscrizioni in sé, bensģ per il fatto che tale onere – unito a quello di depositare una cauzione elettorale – era stato introdotto tardivamente, cioč nell’imminenza delle elezioni, tipo di censura che non potrebbe certo muoversi alla disciplina interna vigente (che, come si č ampiamente visto, č piuttosto caratterizzata dalla frequente introduzione, in prossimitą delle elezioni, di discipline che diminuiscono la gravositą dell’onere di raccolta)”.

 

Attivitą parlamentare

Il tema delle sottoscrizioni richieste dalla legge per la presentazione delle candidature alle elezioni politiche, oggetto della sentenza n. 48 del 2021, č per alcuni aspetti ricompreso nell’ambito delle modifiche previste dalle proposte di legge - in corso di esame presso la I Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati - che intervengono sul vigente sistema elettorale della Camera e del Senato (C. 2329 e abb.). In modo particolare le proposte che prevedono un riparto dei seggi interamente proporzionale, superando la ripartizione del territorio in collegi uninominali modificano, di conseguenza, anche la disciplina normativa sulle sottoscrizioni necessarie per la presentazione delle liste di candidati.

 

Per una analisi del contenuto delle proposte di legge si veda il dossier Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (A.C. 2329 e abb). Per ulteriori approfondimenti si vedano anche i dossier del Servizio Studi del Senato e della Camera I collegi elettorali per la Camera e il Senato definiti in attuazione del D.Lgs. n. 177 del 2021 e Il sistema di elezione del Parlamento nazionale, che analizzano l'evoluzione normativa dei sistemi elettorali del Parlamento repubblicano.

 

A loro volta, le questioni connesse alla tutela giurisdizionale nell’ambito del c.d. contenzioso elettorale preparatorio nazionale concernono un profilo non affrontato, allo stato, specificamente dalle proposte di legge all’esame della Camera.

Tale aspetto puņ avere altresģ rilievo, nell’ambito dell’attivitą parlamentare, anche per quanto attiene agli adempimenti introdotti negli ultimi anni nell’ambito della fase del procedimento elettorale preparatorio (legge n. 165/2017, art. 14 e seguenti del Testo unico per le elezioni della Camera) quale l’obbligo di depositare, insieme al contrassegno, lo statuto del partito o, in alternativa, una dichiarazione di trasparenza che indichi una serie di elementi minimi. Anche in quel caso – come per il contrassegno (e come per la presentazione delle liste) – il Testo unico affida, in ultima istanza, all’Ufficio centrale nazionale la decisione sulle opposizioni presentate dal depositante.


 

3.6 La sentenza n. 49 del 2021 in materia di gare per la riattribuzione delle concessioni dei giochi e di importi dovuti dai concessionari operanti in regime di proroga tecnica

 

Con la sentenza n. 49, la Corte costituzionale dichiara non fondate le questioni di legittimitą costituzionale dell’art. 1, comma 1047, della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 41, nonché 11 e 117, primo comma, della Costituzione, questi ultimi due in relazione agli artt. 16, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda.

La disposizione censurata, alla lettera a) differisce al 30 settembre 2018 il termine entro il quale l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM) procede alla gara per la riattribuzione delle concessioni del gioco del bingo, mentre alla lettera b) eleva gli importi dovuti dai concessionari, operanti in regime di proroga tecnica, a euro 7.500 per ogni mese o frazione di mese superiore ai quindici giorni, e a euro 3.500 per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni.

 

La questione

Il TAR del Lazio ritiene che la disposizione censurata incida irragionevolmente su un gruppo determinato di operatori economici, in violazione, anzitutto, dell’art. 3 Cost. Le modifiche introdotte avrebbero, infatti, alterato la ratio intrinseca della disciplina della proroga tecnica, inizialmente introdotta dalla legge n. 147 del 2013. L’incremento dell’importo mensile dovuto dagli operatori in proroga tecnica sarebbe stato disposto in assenza di alcuna indagine circa l’effettiva sostenibilitą di tale onere e senza alcuna correlazione con la cifra da porre a base d’asta per le nuove gare. Questi soggetti sarebbero incisi in modo arbitrario e irragionevole dall’aumento dell’importo dovuto mensilmente, senza potere influire sulla durata della proroga e senza alcuna certezza in ordine alla sua cessazione.

In secondo luogo, č denunciata la violazione dell’art. 41 Cost., per la compromissione della libertą di iniziativa economica privata, a causa dell’impossibilitą per gli operatori di compiere consapevoli scelte economiche. L’ulteriore estensione della proroga tecnica, gią in corso dal 2013, infatti, non avrebbe di fatto una precisa delimitazione temporale. Ciņ priverebbe gli operatori della possibilitą di valutarne la convenienza economica. Essi rimarrebbero soggetti a un regime gravoso, cui tuttavia non potrebbero sottrarsi, non essendo prevedibile, allo stato, quando si svolgerą la nuova gara.

In terzo luogo, il giudice a quo ravvisa la violazione degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione sia ai principi di uguaglianza davanti alla legge e di non discriminazione, di cui agli artt. 20 e 21 CDFUE, sia al riconoscimento della libertą di impresa, di cui all’art. 16 della stessa CDFUE.

 

La decisione della Corte

La decisione della Corte costituzionale si articola nella dichiarazione di infondatezza delle questioni di legittimitą sollevate e in un monito nei confronti del Legislatore.

Nel dettaglio, la questione di legittimitą costituzionale sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. non č fondata innanzitutto in considerazione della natura di legge-provvedimento che caratterizza la disciplina censurata, la quale comporta che la valutazione in ordine alla congruitą e proporzionalitą delle misure legislative debba essere effettuata in funzione delle finalitą perseguite in questo particolare settore dell’ordinamento. L’introduzione nel 2013 della originaria disciplina della proroga tecnica si prefiggeva l’obiettivo «di contemperare il principio di fonte comunitaria secondo il quale le concessioni pubbliche vanno attribuite ovvero riattribuite, dopo la loro scadenza, secondo procedure di selezione concorrenziale con l’esigenza di perseguire, in materia di concessioni di gioco per la raccolta del bingo, il tendenziale allineamento  temporale di tali concessioni» (art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013).

Quanto poi all’incremento degli oneri a carico dei concessionari in proroga tecnica, esso si inserisce in un quadro complessivo di progressiva valorizzazione dei rapporti concessori e dei vantaggi competitivi che ne derivano per i privati, in funzione di una maggiore efficienza nell’utilizzo delle pubbliche risorse. La Corte cita peraltro la relazione depositata dall’Ufficio parlamentare di bilancio per rilevare che, anche dopo l’incremento disposto dalla norma oggetto di censura, l’incidenza degli oneri concessori sulla redditivitą delle concessioni č rimasta, nel complesso, marginale. Tali oneri rappresentano una quota compresa tra lo 0,75 e il 2,7 per cento della raccolta.

L'abbandono, con la disposizione censurata, del criterio di determinazione dei canoni correlato alla base d’asta per le future gare per le nuove concessioni - criterio seguito dalla legge n. 147 del 2013 - non č indice, secondo la Corte, di arbitrarietą o irragionevolezza. La ratio delle disposizioni censurate, volte ad allineare la situazione dei precedenti concessionari a quella di coloro che saranno i nuovi titolari di concessioni, porta a ritenere non irragionevole che il legislatore provveda ad adeguamenti nel tempo che rispondono ad una migliore valorizzazione delle risorse pubbliche e risultano d’altra parte sostenibili per gli interessati.

Non č fondata neppure la questione di legittimitą costituzionale dell’art. 1, comma 1047, della legge n. 205 del 2017, sollevata in riferimento all’art. 41 Cost.. La Corte riconosce che gli interventi normativi che si sono susseguiti anche dopo la pubblicazione delle ordinanze di rimessione hanno determinato una progressiva dilatazione dei tempi per l’indizione della gara per l’attribuzione delle nuove concessioni. Riconosce altresģ che il protrarsi dell’efficacia della disciplina di natura transitoria introdotta dalla legge n. 147 del 2013 ha certo impedito sinora la realizzazione degli obiettivi di efficienza, concorrenzialitą e trasparenza che avevano ispirato l’adozione di una nuova disciplina delle concessioni per l’esercizio delle sale bingo. La data di effettivo svolgimento della futura gara, originariamente prevista per il 2014, č ora differita al 31 marzo 2023 (art. 1, comma 1130, della legge n. 178 del 2020). Tuttavia, rileva la Corte, in ogni caso, la valutazione sulla convenienza dell’adesione al regime di proroga tecnica e sulla futura partecipazione alla gara spetta pur sempre all’imprenditore. Inoltre, nel caso in esame, occorre tenere presente che si tratta di rapporti concessori ormai esauriti, la cui efficacia viene eccezionalmente e temporaneamente “conservata” dall’amministrazione. Rispetto a questi rapporti non č invocabile una tutela dell’affidamento, connessa alla durata dell’ammortamento degli investimenti e alla remunerazione dei capitali, poiché ciņ č propriamente riferibile a rapporti concessori non ancora esauriti. In termini pił generali, la Corte richiama l’incidenza di un rischio normativo, che č tipico di settori di mercato, come quello in esame, intensamente regolati per la presenza, in qualitą di concedente, della pubblica amministrazione.

Anche in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. la questione di legittimitą costituzionale dell’art. 1, comma 1047, della legge n. 205 del 2017 non č fondata. La Corte osserva innanzitutto che le ragioni addotte a sostegno della lamentata lesione delle disposizioni della CDFUE interferiscono e si sovrappongono con i valori dell’uguaglianza, della ragionevolezza e della libertą dell’iniziativa economica privata della nostra Costituzione in quanto le formulazioni normative e i criteri interpretativi possono ritenersi coincidenti. Pertanto, nel caso in esame, accertata l’insussistenza della lesione del canone di ragionevolezza, non sussiste neppure la violazione degli analoghi principi, desumibili dagli artt. 20 e 21 della CDFUE, di eguaglianza davanti alla legge e di non discriminazione. Allo stesso modo, esclusa la violazione della libertą di iniziativa economica privata, non ricorre neppure la violazione dell’art. 16 della CDFUE, che contiene il riconoscimento della libertą d’impresa.

 

La Corte rileva conclusivamente: «Il giudizio qui reso non cancella i gravi profili disfunzionali della prassi legislativa del costante e reiterato rinvio delle gare, mediante interventi che – anziché favorire il passaggio verso la nuova regolazione di questo settore di mercato – si limitano a estendere, di volta in volta, l’ambito temporale della disciplina transitoria della proroga tecnica delle precedenti concessioni. Ciņ č fonte di incertezza nelle attivitą e nelle prospettive degli operatori e rende auspicabile, anche a tutela della concorrenza, l’approdo a un quadro normativo in tutti i suoi aspetti definito e stabile».


 

4. Rassegna delle sentenze del 2020

4.1. I moniti e gli auspici rivolti al legislatore statale

Sentenza

Oggetto del monito

Estratto

 

 

 

Sentenza n. 4/2020

del 19 novembre 2019 - 28 gennaio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 391

Senato Doc VII, n. 79

 

 

Attuazione delle norme costituzionali dell’art. 119 per sostenere gli enti territoriali che versano in situazioni di squilibrio strutturale

«[Q]uando le risorse proprie non consentono ai Comuni, alle Province, alle Cittą metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite deve essere lo Stato ad intervenire [...]».

 

Sentenza n. 15/2020

del 16 gennaio 2020 - 11 febbraio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 399

 

Revisione dei meccanismi di ragguaglio tra pene detentive e personali nel processo penale

«[...] l’auspicio che il legislatore intervenga a porre rimedio alle incongruenze evidenziate [...] nel quadro di un complessivo intervento [...] volto a restituire effettivitą alla pena pecuniaria, anche attraverso una revisione degli attuali, farraginosi meccanismi di esecuzione forzata e di conversione in pene limitative della libertą personale. [...]».

 

Sentenza n. 74/2020

del 7 – 24 aprile 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 441

Senato Doc VII, n. 73

 

Rapporti tra affidamento in prova e detenzione domiciliare; disciplina delle misure alternative alla detenzione

«[…] questa Corte ha rilevato che un diverso assetto della disciplina della materia, nel segno di una maggiore espansione delle misure alternative alla detenzione, era certamente possibile (sentenza n. 50 del 2020) e forse anche auspicabile (sentenza n. 100 del 1997): ma che esso restava rimesso alle scelte discrezionali del legislatore in tema di politica dell’esecuzione penale».

 

Sentenza n. 80/2020

dell’11 marzo - 24 aprile 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 447

 

Riordino normativo della disciplina sul gratuito patrocinio

 

«[...] una pronuncia di accoglimento di questa Corte richiederebbe di indicare in modo puntale il collegio che [...] sarebbe competente a decidere [...]. Č evidente che un intervento di tale portata, che implica un pur auspicabile riordino del sistema normativo, esula dai compiti di questa Corte ed č demandato alle valutazioni e scelte del legislatore [...]».

 

Sentenza n. 102/2020

del 6– 29 maggio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 459

Senato Doc VII, n. 77

Autoritą giurisdizionale competente in materia di applicazione della pena accessoria della sospensione dall’esercizio della responsabilitą genitoriale

 

«I limiti del devolutum non consentono a questa Corte di affrontare l’interrogativo – sul quale peraltro ben potrą il legislatore svolgere ogni opportuna riflessione – se il giudice penale sia l’autoritą giurisdizionale pił idonea a compiere la valutazione di effettiva rispondenza all’interesse del minore di un provvedimento che lo riguarda, quale č l’applicazione di una pena accessoria che incide sul suo diritto a mantenere relazioni personali e contatti diretti con entrambi i genitori, ferma restando comunque la necessitą di assicurare un coordinamento con le autoritą giurisdizionali – tribunale per i minorenni o, se del caso, tribunale ordinario civile – che siano gią investite della situazione del minore».

 

Sentenza n. 113/2020

del 27 maggio - 12 giugno 2020

 

Camera Doc VII, n. 463

Senato Doc VII, n. 78

Termine per il reclamo avverso i provvedimenti del magistrato di sorveglianza relativi ai permessi premio

«Il comma 4 del menzionato art. 35-bis ordin. penit. prevede […] il termine di quindici giorni per il reclamo innanzi al tribunale di sorveglianza, decorrente dalla notificazione o comunicazione dell’avviso di deposito della decisione del magistrato di sorveglianza. Tale termine […] costituisce dunque una soluzione gią esistente nel sistema, che si presta naturalmente a essere estesa al reclamo avverso i provvedimenti del magistrato di sorveglianza concernenti i permessi premio, da presentare parimenti al tribunale di sorveglianza. E ciņ ferma restando la possibilitą per il legislatore di

individuare – nel rispetto dei principi costituzionali sopra richiamati – altro termine, se ritenuto pił congruo, per lo specifico reclamo in esame».

 

Sentenza n. 115/2020

del 19 maggio - 23 giugno 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 464

Senato Doc VII, n. 106

 

Facoltą degli enti locali di riformulare il piano pluriennale di riequilibrio finanziario

«Di fronte all’impossibilitą di risanare strutturalmente l’ente in disavanzo, la procedura del predissesto non puņ essere procrastinata in modo irragionevole, dovendosi necessariamente porre una cesura con il passato cosģ da consentire ai nuovi amministratori di svolgere il loro

mandato senza gravose “ereditą”. Diverse soluzioni possono essere adottate per assicurare tale discontinuitą, e siffatte scelte spettano, ovviamente, al legislatore».

 

Sentenza n. 136/2020

del 20 maggio – 6 luglio 2020

 

 

 

Camera Doc VII, n. 481

 

Minimo edittale della multa prevista per il furto monoaggravato

«Č di tutta evidenza, pertanto, che il legislatore del 2017, nel considerare solo la fattispecie del furto monoaggravato, abbia creato un’asimmetria tra primo e secondo comma dell’art. 625 cod. pen.,

quale conseguenza di una difettosa tecnica normativa. Si ha, quindi, che all’interno della medesima disposizione (art. 625 cod. pen.) vi č una pena pecuniaria, nel minimo, pił elevata per l’ipotesi meno grave, rispetto alla fattispecie connotata da maggiore gravitą [...]. Č comunque auspicabile che il legislatore [...] corregga lo squilibrio denunciato dal giudice rimettente».

 

Sentenza n. 137/2020

del 27 maggio – 6 luglio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 482

 

Disciplina dei presupposti per l’adozione delle misure cautelari, anche di quella custodiale in carcere

«In proposito, non puņ non considerarsi che la disciplina dei presupposti per l’adozione delle misure cautelari, anche di quella custodiale in carcere, originariamente coordinata con quelli per le misure precautelari, ha subito numerose variazioni nel corso degli anni, sicché sarebbe auspicabile un intervento del legislatore volto a ricondurre il rapporto tra misure precautelari e misure cautelari coercitive all’originario coordinamento quanto ai presupposti per la loro adozione».

 

Sentenza n. 150/2020

del 24 giugno – 16 luglio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 492

Senato Doc VII, n. 83

Disciplina del licenziamento affetto da vizi di forma e di procedura

«La prudente discrezionalitą del legislatore, pur potendo modulare la tutela in chiave eminentemente monetaria, attraverso la predeterminazione dell’importo spettante al lavoratore, non puņ trascurare la valutazione della specificitą del caso concreto. […] Spetta alla responsabilitą del legislatore, anche alla luce delle indicazioni enunciate in pił occasioni da questa Corte, ricomporre secondo linee coerenti una normativa di importanza essenziale, che vede concorrere discipline eterogenee, frutto dell’avvicendarsi di interventi frammentari».

 

Sentenza n. 152/2020

del 23 giugno– 20 luglio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 494

Senato Doc VII, n. 84

Importo mensile della pensione di inabilitą per gli invalidi civili totali e requisiti per la concessione dell’incremento

«Ciņ dunque rilevato – quanto alla manifesta inadeguatezza dell’emolumento pensionistico in questione […] – non puņ, perņ, chiedersi a questa Corte anche una diretta e autonoma rideterminazione del correlativo importo, poiché un tale intervento manipolativo invaderebbe l’ambito della discrezionalitą, che […] resta, comunque, riservata al legislatore, cui compete l’individuazione delle misure necessarie a tutela dei diritti delle persone disabili. Attesa anche la pluralitą di soluzioni prospettate come possibili dalla Corte rimettente, […] la scelta tra le quali č pur sempre demandata alla discrezionalitą del legislatore […]».

Sentenza n. 158/2020

del 10 giugno– 21 luglio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 499

 

Natura e disciplina dell’imposta di registro

«Resta ovviamente riservato alla discrezionalitą del legislatore provvedere – compatibilmente con le coordinate stabilite dal diritto dell’Unione europea – a un eventuale aggiornamento della disciplina dell’imposta di registro che tenga conto della complessitą delle moderne tecniche contrattuali e dell’attuale stato di evoluzione tecnologica, con riguardo, in particolare, sia al sistema di registrazione degli atti notarili, sia a quello di gestione della documentazione da parte degli uffici amministrativi finanziari».

 

Sentenza n. 190/2020

del 9 – 31 luglio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 523

 

Equiparazione del trattamento sanzionatorio della rapina impropria a quello della rapina propria

«[…] questa Corte non puņ esimersi dal rilevare che la pressione punitiva attualmente esercitata riguardo ai delitti contro il patrimonio č ormai diventata estremamente rilevante. Essa richiede perciņ attenta considerazione da parte del legislatore, alla luce di una valutazione, complessiva e comparativa, dei beni giuridici tutelati dal diritto penale e del livello di protezione loro assicurato».

 

Sentenza n. 234/2020

del 22 ottobre – 9 novembre 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 547

 

Raffreddamento della dinamica perequativa e il contributo di solidarietą in relazione alle pensioni di importo elevato

«Nella prospettiva della discrezionalitą del legislatore, si č affermato che il principio di adeguatezza enunciato nell’art. 38, secondo comma, Cost. non determina la necessitą costituzionale dell’adeguamento annuale di tutti i trattamenti pensionistici, né d’altronde la mancata perequazione per un solo anno incide, di per sé, sull’adeguatezza della pensione (sentenze n. 250 del 2017 e n. 316 del 2010). Tuttavia, la discrezionalitą

legislativa deve osservare un vincolo di ragionevolezza, innestato su “un progetto di eguaglianza sostanziale, conforme al dettato dell’art. 3, secondo comma, Cost.” (sentenza n. 70 del 2015). Ne discende che la pur ampia discrezionalitą in materia “non esclude la necessitą di verificare nel merito le scelte di volta in volta operate dal legislatore riguardo ai meccanismi di rivalutazione dei trattamenti pensionistici, quale che sia il contesto giuridico e di fatto nel quale esse si inseriscono” (ordinanza n. 96 del 2018). […] Nell’ambito di questa verifica assume un ruolo essenziale la considerazione differenziata dei trattamenti di quiescenza in base al loro importo».

 

Sentenza n. 248/2020

del 4 – 25 novembre 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 558

 

Mancata previsione della procedibilitą a querela del delitto di lesioni stradali gravi e gravissime nelle ipotesi non aggravate

«Rientra nella discrezionalitą del legislatore l’individuazione delle soluzioni pił opportune per ovviare agli indubbi profili critici segnalati dalle ordinanze di rimessione, i quali – pur non assurgendo al vizio di manifesta irragionevolezza della disciplina censurata – suggeriscono, tuttavia, una complessiva rimeditazione sulla congruitą dell’attuale regime di procedibilitą per le diverse ipotesi di reato contemplate dall’art. 590-bis cod. pen. ».

 

Sentenza n. 252/2020

del 21 ottobre – 26 novembre 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 562

Senato Doc VII, n. 93

Convalida delle perquisizioni personali e domiciliari eseguite dalla polizia giudiziaria, previa autorizzazione telefonica del pubblico ministero ai sensi del t.u. stupefacenti

«[...] l’art. 103, comma 3, t.u. stupefacenti va quindi dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che anche le perquisizioni personali e domiciliari autorizzate per telefono debbano essere convalidate. [...] Ovviamente, anche in questo caso rimane ferma la facoltą del legislatore di introdurre, nella sua discrezionalitą, altra, e in ipotesi pił congrua, disciplina della fattispecie, purché rispettosa dei principi costituzionali».

 


 

4.2 Le dichiarazioni di illegittimitą di norme statali

 

Sentenza

Norme dichiarate illegittime

Parametro costituzionale

Oggetto

 

 

 

 

Sentenza n. 4/2020

del 19 novembre 2019-28 gennaio 2020

 

Camera Doc VII, n. 391

Senato Doc VII, n. 79

 

art. 2, co. 6, D.L. n. 78/2015 e art. 1, co. 814, L. n. 205/2017

articoli 81, 97 e 119, sesto comma Cost.

Anticipazioni di liquiditą a valere sul fondo per assicurare la liquiditą per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili

Sentenza n. 14/2020

del 16 gennaio – 11 febbraio 2020

 

Camera Doc VII, n. 398

Senato Doc VII, n. 67

 

art. 516 c.p.p.

(nella parte in cui non prevede)

articoli 3 e 24 Cost.

Facoltą dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova

Sentenza n. 18/2020

del 15 gennaio - 14 febbraio 2020

 

Camera Doc VII, n. 402

Senato Doc VII, n. 68

 

art. 47-quinquies, L. n. 354/1975

(nella parte in cui non prevede)

articoli 3 e 31 Cost.

Concessione della detenzione domiciliare speciale anche alle condannate madri di figli affetti da handicap grave

Sentenza n. 19/2020

del 30 gennaio – 14 febbraio 2020

 

Camera Doc VII, n. 403

Senato Doc VII, n. 69

 

art. 456, secondo comma, c.p.p.

(nella parte in cui non prevede)

articolo 24 Cost.

Giudizio immediato: avviso della facoltą dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova

Sentenza n. 24/2020

del 16 gennaio – 20 febbraio 2020

 

Camera Doc VII, n. 407

Senato Doc VII, n. 80

 

art. 120, co. 2 del codice della Strada (D.Lgs. n. 285/1992), introdotto da L. 94/2009 (illegittimitą parziale)

articolo 3 Cost.

Revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza personale

Sentenza n. 32/2020

del 12 febbraio – 26 febbraio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 413

Senato Doc VII, n. 70

 

art. 4-bis, co. 1, L. 354/1975, come modificato da L. 3/2019

articoli 3 e 247, terzo comma, Cost.

Beneficio del permesso premio ai condannati - Mancata previsione di un regime transitorio che dichiari applicabile la nuova norma ai soli fatti commessi dopo l'entrata in vigore della novella

Sentenza n. 56/2020

del 26 febbraio -26 marzo 2020

 

Camera Doc VII, n. 430

Senato Doc VII, n. 81

 

art. 11, co. 4, secondo periodo, L. 21/1992 (sostituito dal D.L. 135/2018)

articolo 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Obbligo per i servizi di noleggio con conducente di rientrare in rimessa dopo ogni servizio perché non adeguato e proporzionato rispetto all'obiettivo di regolazione della concorrenza pure riconosciuto alla legislazione statale

Sentenza n. 61/2020

del 9 gennaio – 10 aprile 2020

 

Camera Doc VII, n. 433

Senato Doc VII, n. 71

 

art. 55-quater, comma 3-quater, ultimo periodo, D.Lgs. 165/2001 (introdotto da D.Lgs. 116/2016)

articolo 76 Cost.

Introduzione di un’autonoma fattispecie di responsabilitą amministrativa non consentita dalla legge di delega

Sentenza n. 73/2020

del 7 – 24 aprile 2020

 

Camera Doc VII, n. 440

Senato Doc VII, n. 72

 

art. 69, quarto comma, c.p., come modificato da L. 251/2005 (illegittimitą parziale)

articoli 3 e 27, primo e terzo comma, Cost.

Divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 89 c.p. sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, c.p.

Sentenza n. 74/2020

del 7 – 24 aprile 2020

 

Camera Doc VII, n. 441

Senato Doc VII, n. 73

 

art. 50, co. 6, L. 354/1975, come modificato da L. 165/1998

(illegittimitą parziale)

articoli 3 e 27, primo e terzo comma, Cost.

Applicazione da parte del magistrato di sorveglianza in via provvisoria del regime di semilibertą

Sentenza n. 75/2020

del 7 – 24 aprile 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 442

Senato Doc VII, n. 74

 

art. 224-ter, co. 6, del codice della strada (introdotto da L.  120/2010)

(illegittimitą parziale)

articolo 3 Cost.

Verifica da parte del prefetto della sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo

Sentenza n. 97/2020

del 5– 22 maggio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 455

Senato Doc VII, n. 75

art. 41-bis, co. 2-quater, lett. f), L. n. 354 del 1975

(illegittimitą parziale)

articoli 3 e 27, terzo comma, Cost.

Applicazione ai detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione del divieto di scambiare oggetti

Sentenza n. 99/2020

del 6– 27 maggio 2020

 

Camera Doc VII, n. 457

Senato Doc VII, n. 76

art. 120, comma 2, del codice della Strada (D.Lgs. n. 285/1992), come modificato

(illegittimitą parziale)

articolo 3 Cost.

Revoca automatica prefettizia della patente di guida per tutte le categorie dei destinatari delle misure di prevenzione

Sentenza n. 102/2020

del 6– 29 maggio 2020

 

Camera Doc VII, n. 459

Senato Doc VII, n. 77

art. 574-bis, terzo comma, c.p.

(illegittimitą parziale)

articoli 2, 3, 30 e 31 Cost., interpretati anche alla luce degli obblighi internazionali e del diritto dell'Unione europea in materia di tutela di minori

Condanna contro il genitore per il delitto di sottrazione e mantenimento di minore all'estero ai danni del figlio minore e sospensione dell'esercizio della responsabilitą genitoriale

Sentenza n. 113/2020

del 27 maggio - 12 giugno 2020

 

Camera Doc VII, n. 463

Senato Doc VII, n. 78

art. 30-ter, comma 7, ord. penit.

(illegittimitą parziale)

articoli 3, 24 e 27, terzo comma, Cost.

Termine per il reclamo avverso i provvedimenti del magistrato di sorveglianza

Sentenza n. 115/2020

del 19 maggio - 23 giugno 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 464

Senato Doc VII, n. 106

art. 38, comma 2-ter, del D.L. n. 34 del 2019, conv., con modif., nella legge n. 58 del 2019

articoli 81, 97, primo comma, e 119, sesto comma, Cost.

Piani di riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali (PREP) - Possibile riproposizione - Ricalcolo pluriennale del disavanzo del piano modificato, fino a un massimo di venti anni, ferma restando la disciplina prevista per gli altri disavanzi

 

Sentenza n. 116/2020

del 19 maggio - 23 giugno 2020

 

Camera Doc VII, n. 465

Senato Doc VII, n. 107

 

art. 34-bis del d.l. n. 50 del 2017, conv. con modif. nella legge n. 96 del 2017

articoli 3 e 97 Cost.

Approvazione, mediante legge-provvedimento, del Programma operativo straordinario (POS) della Regione Molise 2015-2018

Sentenza n. 118/2020

del 26 maggio - 23 giugno 2020

 

Camera Doc VII, n. 467

Senato Doc VII, n. 82

 

art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992

(illegittimitą parziale)

articoli 2, 3 e 32 Cost.

Indennizzo a favore dei soggetti che abbiano subito lesioni o infermitą, da cui sia derivata loro una menomazione permanente della integritą psico-fisica, a causa di vaccinazioni non obbligatorie, ma raccomandate

Sentenza n. 150/2020

del 24 giugno– 16 luglio 2020

 

Camera Doc VII, n. 492

Senato Doc VII, n. 83

 

art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2015

(illegittimitą parziale)

articoli 3, 4, primo comma, e 35, primo comma, Cost.

Criteri di calcolo dell’indennitą del lavoratore in caso di illegittimo licenziamento per vizi formali e procedurali

Sentenza n. 152/2020

del 23 giugno– 20 luglio 2020

 

Camera Doc VII, n. 494

Senato Doc VII, n. 84

art. 38, comma 4, della legge n. 448 del 2001

(illegittimitą parziale)

articoli 3 e 38, comma 1, Cost.

Requisiti dei beneficiari, nell’ambito della categoria degli invalidi civili totalmente inabili al lavoro, delle maggiorazioni sociali dei trattamenti pensionistici (nel caso di specie: pensioni di invaliditą)

Sentenza n. 155/2020

del 25 giugno– 22 luglio 2020

 

Camera Doc VII, n. 496

Senato Doc VII, n. 85

 

art. 11-quater del D.L. 135/2018, conv. con mod. in L. 12/2019 (illegittimitą parziale)

articoli 117, terzo comma, 118 e 119, primo, secondo e quarto comma Cost.

Concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico - Canoni corrisposti alle Regioni - Riserva per almeno il 60% alle Province e alle Cittą metropolitane il cui territorio č interessato dalle derivazioni

Sentenza n. 156/2020

del 25 giugno– 21 luglio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 497

Senato Doc VII, n. 86

 

art. 131-bis c.p., inserito dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2015

(illegittimitą parziale)

articolo 3 Cost

Applicazione della causa di non punibilitą per particolare tenuitą del fatto ai reati per i quali non č previsto un minimo edittale di pena detentiva

Sentenza n. 179/2020

del 24 giugno– 30 luglio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 517

Senato Doc VII, n. 87

 

artt. 24 e 25 del d.P.R. n. 313 del 2002

(nella parte in cui non prevede)

articoli 3 e 27, terzo comma, Cost.

Casellario giudiziale - Non menzione della sentenza di condanna per uno dei reati di guida sotto l'influenza dell'alcool dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilitą, nonché dell'ordinanza di estinzione del medesimo reato

Sentenza n. 186/2020

del 9 – 31 luglio 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 519

Senato Doc VII, n. 88

art. 4, comma 1-bis, del d.lgs. n. 142 del 2015, come introdotto dall'art. 13, comma 1, lett. a), n. 2), del d.l. n. 113 del 2018, conv. con modif. nella legge 1° dicembre 2018, n. 132

 

articolo 3 Cost.

Previsione che il permesso di soggiorno per richiesta di asilo non costituisce titolo per l'iscrizione anagrafica

Sentenza n. 212/2020

del 22 settembre– 14 ottobre 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 534

Senato Doc VII, n. 89

art. 6, secondo comma, della legge n. 604 del 1966, come sostituito dall'art. 32, comma 1, della legge n. 183 del 2010 (nella parte in cui non prevede)

 

articolo 3 Cost.

Inefficacia dell'impugnazione stragiudiziale dell'atto datoriale (nel caso di specie: provvedimento di trasferimento del lavoratore) se non seguita, entro centottanta giorni, dagli adempimenti indicati dalla legge

 

Sentenza n. 218/2020

del 23 settembre– 20 ottobre 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 538

Senato Doc VII, n. 90

art. 512, comma 1, cod. proc. pen. (nella parte in cui non prevede)

 

articolo 3 Cost.

Dichiarazioni rese al GIP da imputato di un reato collegato, da escutersi quale testimone su fatti che concernono la responsabilitą di altri (c.d. testimone assistito)

Sentenza n. 224/2020

del 7 – 27 ottobre 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 541

Senato Doc VII, n. 91

art. 75, primo comma, del d.P.R. n. 335 del 1982

(nella parte in cui non prevede)

 

articoli 3, primo e secondo comma, e 97, primo comma, Cost.

Decorrenza dei soli effetti giuridici della qualifica di vice sovrintendente della Polizia di Stato conseguita per merito straordinario alla data del verificarsi dei fatti ritenuti meritori, anziché a quella pił favorevole riconosciuta al personale che ha conseguito la medesima qualifica all'esito di selezione o concorso

Sentenza n. 234/2020

del 22 ottobre – 9 novembre 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 547

Senato Doc VII, n. 108

art. 1, comma 261, della legge n. 145 del 2018

(illegittimitą parziale)

articoli 3, 23, 36 e 38 Cost.

Durata della decurtazione percentuale crescente dei trattamenti pensionistici di importo superiore a 100.000 euro lordi annui

Sentenza n. 237/2020

del 22 ottobre – 13 novembre 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 550

Senato Doc VII, n. 92

art. 42, comma 4-sexies, del d.lgs. n. 28 del 2011

(nella parte in cui non prevede)

 

articolo 3 Cost.

Mancata riammissione agli incentivi per impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, diversi da quelli che producono energia eolica, ovvero per impianti eolici iscritti in registri differenti

Sentenza n. 252/2020

del 21 ottobre – 26 novembre 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 562

Senato Doc VII, n. 93

art. 103, comma 3, del d.P.R. n. 309 del 1990 (nella parte in cui non prevede)

 

 

articoli 13, secondo comma, e 14, secondo comma, Cost.

Convalida successiva delle perquisizioni personali e domiciliari autorizzate per telefono

Sentenza n. 253/2020

del 4 – 26 novembre 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 563

Senato Doc VII, n. 94

art. 702-ter, secondo comma, ultimo periodo, cod. proc. civ.

(nella parte in cui non prevede)

 

articoli 3 e 24 Cost.

Domanda riconvenzionale devoluta alla decisione del tribunale in composizione collegiale

Sentenza n. 256/2020

del 3 novembre – 1° dicembre 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 566

Senato Doc VII, n. 95

art. 15, comma 6-quinquies, del d.l. n. 78 del 2010, conv., con modif., nella legge n. 122 del 2010

articolo 136 Cost.

Trattenimento da parte dei Comuni delle somme versate dai concessionari  di grandi derivazioni idroelettriche antecedentemente alla sentenza n. 1 del 2008 della Corte costituzionale

Sentenza n. 262/2020

del 19 novembre – 4 dicembre 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 571

Senato Doc VII, n. 96

art. 14, co. 1, D.Lgs. n. 33/2011, nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 1, co. 715, L. n. 147/2013 (legge di stabilitą 2014)

(illegittimitą parziale)

 

articoli 3 e 53 Cost

Indeducibilitą, anche per gli immobili strumentali, dell'imposta municipale propria (IMU) dall'imponibile delle imposte sui redditi d'impresa

Sentenza n. 267/2020

del 18 novembre – 9 dicembre 2020

 

 

Camera Doc VII, n. 575

Senato Doc VII, n. 97

art. 18, co. 1, del D.L. n. 67/1997, conv. con mod. in L. n. 135/1997 (nella parte in cui prevede)

articolo 3

Rimborso delle spese di patrocinio legale al giudice di pace

 

 

 



[1]     Recante "Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nelle attivitą sociali ed economiche della Regione autonoma Valle d'Aosta in relazione allo stato di emergenza".

[2]     Si tratta del modello definito dall'art.32 della legge n.833 del 1978, dall'art.117 del D.lgs. n.112 del 1998, dall'art.50 del TUEL, che disciplinano il potere di ordinanza ripartendolo in ragione della dimensione territoriale dell'emergenza, nonché dagli artt. 7, 24 e 25 del Codice della protezione civile, di cui al D.lgs. n.1 del 2018. Quanto a quest'ultimo, risulta centrale, al verificarsi di un'emergenza nazionale, la deliberazione dello stato d'emergenza da parte del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, formulata anche su richiesta del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata e comunque acquisitane l'intesa.

[3]     Le misure legislative di contrasto alla pandemia sono contenute in una serie di provvedimenti legislativi a partire dal decreto legge 23 febbraio 2020, n.6. Per quanto interessa i rapporti Stato-regioni, si segnalano in particolare le seguenti disposizioni: 1) art. 2, comma 1, del d.l. n. 19 del 2020, ai sensi del quale alle regioni č garantito un coinvolgimento nell'ambito del procedimento di adozione dei d.P.C.m.. Questi sono infatti adottati sentito il Presidente della Regione interessata o il Presidente della Conferenza delle Regioni, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale; 2) art. 1, comma 16, del d.l. n. 33 del 2020, ai sensi del quale alle regioni spetta l’adozione di: i) misure pił restrittive di quelle statali; ii) di misure “ampliative” nei soli casi e nel rispetto dei criteri previsti dai citati d.P.C.m. e d’intesa con il Ministro della salute; 3) art.1, comma 14, del medesimo d.l. n. 33 del 2020, che demanda  alle Regioni l’adozione di protocolli o linee guida di sicurezza, purché rispettosi dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali.

[4]     Con il termine "clausola di salvaguardia" ci si riferisce ad una norma (in genere collocata nelle disposizioni finali) con la quale si stabilisce che le disposizioni recate nel provvedimento in cui č inserita "si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione". Cfr. l'art.3, comma 2, del decreto-legge n.33 del 2020, e, sempre nell'ambito dei provvedimenti di gestione della pandemia in corso, si veda altresģ la clausola recata all'art.5, comma 2, del DL n.19 del 2020.