Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Osservatorio legislativo e parlamentare
Titolo: Misure per la rigenerazione urbana
Serie: Documentazione per l'Attività consultiva della Commissione parlamentare per le questioni regionali   Numero: 231
Data: 09/03/2022
Organi della Camera: Commisione parlamentare per le questioni regionali


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Misure per la rigenerazione urbana

9 marzo 2022
Nota Questioni regionali


Indice

Contenuto|Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato ed autonomie territoriali|


Contenuto

Il Capo I indica le finalità e le definizioni della proposta di legge recante "Misure per la rigenerazione urbana".

L'articolo 1 stabilisce gli obiettivi dell'intervento normativo nell'ambito della materia del governo del territorio. In particolare, la rigenerazione urbana è intesa quale strumento per recuperare il patrimonio già costruito, migliorarne la qualità ed investire nell'efficienza energetica e idrica, nella sicurezza sismica e la dotazione tecnologica. Il testo in esame si propone di promuovere politiche urbane integrate e sostenibili, in modo da perseguire la coesione sociale, la tutela dell'ambiente e del paesaggio e la salvaguardia delle funzioni ecosistemiche del suolo.

In linea con l'obiettivo europeo di azzeramento del consumo di suolo netto entro il 2050, si fa riferimento alle seguenti priorità: favorire il riuso edilizio di aree già urbanizzate e di aree produttive; incentivare la riqualificazione fisico-funzionale; costruire infrastrutture strategiche per lo sviluppo ecosostenibile; applicare il criterio del «saldo zero» del consumo di suolo; integrare sistemi di mobilità sostenibile.

Il criterio del «saldo zero» del consumo di suolo può essere perseguito attraverso interventi di pareggio di bilancio dei servizi ecosistemici nell'ambito territoriale comunale, di invarianza idraulica, di rinaturalizzazione, di de-impermeabilizzazione o di bonifica del suolo già consumato.

L'articolo 2 enuncia le definizioni di: rigenerazione urbana, consumo di suolo, impermeabilizzazione, servizi ecosistemici del suolo, pareggio di bilancio non economico dei servizi ecosistemici, centri storici e agglomerati urbani di valore storico, cintura verde, isola di calore, degrado. Inoltre, la definizione di «pareggio di bilancio non economico dei servizi ecosistemici» indica il ripristino delle funzioni ecologiche di porzioni di suolo di estensione pari o superiore a quelle già utilizzate, con l'obbligo di mantenere inalterate le capacità idrauliche e idrogeologiche. L'«isola di calore» corrisponde alla condizione di accumulo di calore nelle aree urbane, derivante dall'eccessiva cementificazione rispetto alla persistenza di aree verdi.

Il Capo II si compone degli articoli sulla governance istituzionale della rigenerazione urbana.

L'articolo 3 indica la composizione dell'architettura istituzionale della rigenerazione urbana. Essa include i seguenti soggetti istituzionali: il Comitato interministeriale per le politiche urbane (CIPU), le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, i comuni.

Il Comitato interministeriale per le politiche urbane esercita l'indirizzo e il coordinamento delle politiche della rigenerazione urbana, anche definendo gli obiettivi del relativo Programma nazionale e promuovendo il coordinamento dei fondi pubblici disponibili per l'attuazione degli interventi in materia di rigenerazione urbana.

Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano identificano le priorità di intervento nell'ambito degli strumenti regionali di pianificazione del territorio, individuano le risorse di propria competenza, gli incentivi e le semplificazioni per favorire gli interventi di rigenerazione pubblica e privata, promuovono specifici programmi di rigenerazione urbana nelle aree di edilizia residenziale pubblica (ERP).

L'articolo in esame prevede che i comuni, nel termine di dodici mesi dall'entrata in vigore della legge, provvedano alla perimetrazione delle aree prioritarie per gli interventi di rigenerazione urbana, partecipino al censimento delle aree urbanizzate, individuino gli ambiti urbani oggetto di interventi di rigenerazione a valere sulle risorse che confluiscono nella Programmazione comunale di rigenerazione urbana.

Il Capo III elenca gli strumenti per l'attuazione della rigenerazione urbana.

L'articolo 4 stabilisce la procedura di adozione del Programma nazionale per la rigenerazione urbana ed il relativo inserimento nell'allegato Infrastrutture al Documento di economia e finanza (DEF). Secondo tale disposizione, il Programma nazionale per la rigenerazione urbana, approvato previo parere della Conferenza unificata, ha durata triennale, pur essendo previsto un aggiornamento su base annuale, e deve includere i seguenti contenuti: la definizione degli obiettivi del Programma; la scelta dei criteri per definire le priorità di intervento; le tipologie di intervento oggetto di finanziamento nazionale; le risorse disponibili e le relative fonti di finanziamento; il sistema di monitoraggio e valutazione sull'attuazione del Programma.

L'articolo 5 è dedicato alla programmazione comunale di rigenerazione urbana, di cui vengono specificate le modalità di adozione ed i contenuti essenziali.

L'articolo 6, relativo alla qualità della programmazione e all'attuazione degli interventi, disciplina le modalità di affidamento della progettazione degli interventi ricompresi nella programmazione comunale di rigenerazione urbana per l'ipotesi in cui la stessa non possa essere realizzata dall'amministrazione interessata, prevedendo l'espletamento di un concorso di progettazione o di un concorso di idee.

Il comma 3 individua inoltre quale risorsa utilizzabile dai Comuni per la realizzazione degli interventi attuativi della programmazione comunale di rigenerazione urbana il Fondo rotativo per la progettualità previsto dalla legge 549 del 1995.  Al comma 4 sono specificate le condizioni che i predetti interventi devono assicurare

L'articolo 7, nel sancire la disciplina degli interventi privati di rigenerazione urbana, al comma 1 provvede, anzitutto, a stabilire che – fermo restando gli interventi di rigenerazione identificati attraverso la programmazione comunale di cui all'articolo 5 – quelli consentiti sono gli interventi diretti su singoli immobili e gli interventi su ambiti urbani da effettuarsi su proposta di proponente privato, soggetta ad autorizzazione comunale.

Quanto agli interventi diretti di rigenerazione, il comma 2 contempla le condizioni in presenza delle quali questi possono essere realizzati, anche in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici, su singoli edifici da parte di soggetti privati.

Il comma 3 precisa, poi, che gli interventi in questione possono essere effettuati esclusivamente nel rispetto dei limiti di distanza minima tra edifici legittimamente preesistenti, essendo, a tal fine, ininfluente l'eventualità che il lotto di pertinenza, per via delle sue dimensioni, non consenta di modificare l'area di sedime così da poter garantire il rispetto delle richiamate distanze minime tra gli edifici e dai confini. D'altra parte, è sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti che gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, previa verifica delle prestazioni energetiche attive e passive degli edifici circostanti.

     Ai sensi del comma 4, all'interno dei centri storici e degli agglomerati urbani di valore storico risultanti dal nuovo catasto edilizio urbano, gli interventi privati di rigenerazione urbana sono consentiti esclusivamente nell'ambito della programmazione comunale, la quale, in relazione agli aspetti richiamati, deve essere adottata previa intesa con la Sovraintendenza ai beni culturali e del paesaggio. Per i relativi interventi attuativi di rigenerazione non è richiesta l'autorizzazione paesaggistica.

Nelle more della adozione della programmazione comunale di rigenerazione dei centri storici, gli interventi in questione vengono consentiti sulla base di quanto previsto dai piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati precedentemente approvati.

Le deroghe contemplate dall'articolo 7 non si applicano agli immobili sottoposti alle tutele di cui agli articoli 10 e 12 del codice dei beni culturali e del paesaggio.

Il comma 5 individua i costi e le garanzie che sono posti a carico dei promotori privati legittimati a presentare tali interventi al Comune, affinché questo ne valuti la coerenza con la programmazione comunale di rigenerazione urbana. Ai sensi del comma 6 i promotori, a garanzia delle suddette obbligazioni, devono presentare un apposito piano economico-finanziario, il quale – oltre a dover essere allegato al progetto presentato all'autorità competente – deve essere approvato contestualmente al programma, andando a costituire parte integrante della relativa convenzione. Nelle more della definizione della programmazione comunale, il comma 7 dispone che i progetti di rigenerazione presentati da promotori privati possono essere approvati in base alla valutazione del loro interesse pubblico e dell'equilibrio del piano economico finanziario dell'intervento.

Le determinazioni stabilite ai sensi dell'articolo 16, comma 4, lettera d-ter, del testo unico in materia edilizia (che lega l'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica o in deroga; maggior valore che viene erogato dalla parte privata al Comune sotto forma di contributo straordinario) non si applicano agli interventi approvati, in quanto conformi alle disposizioni recate dal presente articolo.

 

L'articolo 8 demanda agli enti territoriali il compito di stabilire le modalità attraverso le quali assicurare la partecipazione diretta, a livello locale, dei cittadini nella definizione degli obiettivi dei piani di rigenerazione urbana, garantendogli, peraltro, la piena informazione sui contenuti dei progetti, anche attraverso la predisposizione di portali web informativi e forme di dibattito pubblico. Delle fasi relative alle procedure di partecipazione previste, gli enti in questione dovranno dare conto nei provvedimenti approvativi dei Piani comunali di rigenerazione urbana.

Ai sensi del comma 3, la Commissione nazionale per il dibattito pubblico di cui all'articolo 22 del Codice dei contratti pubblici è chiamata ad approvare le raccomandazioni per lo svolgimento delle attività di partecipazione di cui al presente articolo.

 

L'articolo 9 impone un vincolo di destinazione sui proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal D.P.R. n. 380 del 2001 (T.U. edilizia) nonché sui contributi ai comuni a titolo di rimborso del minor gettito derivante dall'applicazione della riduzione degli oneri di urbanizzazione di cui all'art. 3, comma 4, lettere e) ed f). Tali proventi sono destinati esclusivamente e senza vincoli temporali: all'adeguamento e alla razionalizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria che non comportano nuovo consumo di suolo; al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici o comunque aventi valenza storico-testimoniale; a interventi di riuso.

L'articolo 10 istituisce nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili il Fondo nazionale per la rigenerazione urbana, le cui risorse sono destinate al finanziamento degli interventi di rigenerazione attuativi del Programma nazionale per la rigenerazione urbana. La ripartizione dei finanziamenti avviene attraverso decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, previa intesa in sede di Conferenza unificata, ed è disposta in favore delle Regioni, delle Province autonome di Trento e Bolzano e dei Comuni capoluogo. In caso di mancata o parziale utilizzazione dei finanziamenti da parte dei soggetti assegnatari, questi sono tenuti a trasferire le correlative risorse al bilancio dello Stato perché siano riassegnate al Fondo.

 

L'articolo 11, nell'introdurre incentivi economici e fiscali, attribuisce preliminarmente alla Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano la competenza ad aggiornare le tabelle parametriche predisposte per determinare l'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria di cui all'art. 16, comma 4, del D.P.R. n. 380 del 2001 nonché per determinare il costo di costruzione dei nuovi edifici ai sensi del comma 9 dell'articolo citato.

È poi previsto che gli immobili oggetto di interventi di rigenerazione urbana non siano soggetti, sino alla conclusione degli interventi previsti nel Programma di rigenerazione urbana, all'imposta municipale propria (IMU) - come disciplinata dalla legge n.160 del 2019 - e alla tassa sui rifiuti (TARI) di cui alla legge n. 147 del 2013. Agli interventi di rigenerazione urbana sono inoltre applicabili le detrazioni   fiscali per interventi di efficienza energetica di cui alla legge n. 90 del 2013 nonché – ricorrendone i presupposti – gli incentivi per l'efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici previsti dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77).

Al comma 8 si stabilisce che le unità immobiliari e gli edifici inutilizzati ovvero incompiuti da oltre cinque anni possono essere soggetti a una maggiorazione dell'aliquota dell'IMU e dell'aliquota addizionale sull'IRPEF, che Comuni e Regioni possono elevare in modo progressivo al fine di promuovere il riutilizzo del patrimonio immobiliare.

L'articolo 12, recante semplificazioni, dispone che la dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta anche quando è approvato un piano di rigenerazione urbana sostenibile, in aggiunta ai casi già previsti dal d.p.r. 327 del 2001. Prevede inoltre che nelle aree oggetto di interventi di rigenerazione urbana i Comuni possano prevedere la riduzione della dotazione obbligatoria di parcheggi pertinenziali delle unità immobiliari nei limiti ivi stabiliti.

 

L'articolo 13 reca la delega al Governo per la redazione di un Testo unico in materia di edilizia.

In particolare, il comma 1 delimita l'oggetto in ordine al quale, al fine del riordino e della disciplina delle costruzioni, il Governo viene delegato a emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un testo unico, a mezzo di uno o più decreti legislativi, contenente disposizioni anche modificative della disciplina vigente in materia di: sostenibilità ambientale delle costruzioni; attività edilizia dei privati e delle pubbliche amministrazioni; sicurezza, resistenza e stabilità delle costruzioni; definizione degli standard da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti; accessibilità, visitabilità e adattabilità delle costruzioni ai fini del superamento delle barriere architettoniche

Al comma 2 vengono definiti i principi e criteri direttivi che il Governo dovrà seguire nella emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 1, i quali, ai sensi del comma 3, sono chiamati ad abrogare espressamente tutte le disposizioni riordinate o con essi incompatibili ovvero ritenute ricomprese nel riordino complessivo della disciplina o superflue in ragione di esso, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile, oltre che a dettare le opportune disposizioni di coordinamento in relazione alle disposizioni non abrogate. Tra i principi e i criteri direttivi definiti dal comma in esame figurano, tra gli altri, la necessità di dar corso a una significativa riduzione dei tempi relativi alle procedure per il rilascio dei titoli edilizi autorizzativi ed abilitativi; alla razionalizzazione delle attività oggetto di autorizzazione e alla definizione di regimi amministrativi semplificati alle medesime applicabili; a una standardizzazione della relativa documentazione; a un incremento del grado di ecosostenibilità degli investimenti pubblici e delle attività economiche; alla valorizzazione degli investimenti in tecnologie verdi e digitali. 

Il comma 4 precisa che i decreti legislativi in questione sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, disponendo che sui relativi schemi venga acquisito il parere del Consiglio di Stato e delle competenti Commissioni parlamentari, da rendersi entro quarantacinque giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, i decreti possono essere emanati anche senza i predetti pareri. Entro due anni dalla loro entrata in vigore, possono ad essi essere apportate le correzioni e integrazioni che l'applicazione pratica renda necessarie od opportune, con lo stesso procedimento e in base ai medesimi principi e criteri direttivi previsti per l'emanazione dei decreti originari.

 

L'articolo 14 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal provvedimento e indica le fonti di corrispondente copertura finanziaria.


Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato ed autonomie territoriali

Il provvedimento appare prevalentemente riconducibile alla competenza legislativa concorrente in materia di governo del territorio (articolo 117, terzo comma, della Costituzione).

In proposito si ricorda che la giurisprudenza costituzionale richiede in generale l'adozione di procedure concertative con il sistema delle autonomie territoriali; in particolare poi, la giurisprudenza costituzionale (si veda ad esempio le sentenze n. 7 e n. 251 del 2016) appare orientata a ritenere la previsione dell'intesa la forma più idonea di coinvolgimento regionale in presenza di prevalenza di una materia di legislazione concorrente o di residuale competenza regionale, ovvero (sentenze n. 56 e n. 72 del 2019) in presenza di un intervento che rappresenti un "nodo inestricabile" di competenze esclusive, concorrenti e residuali nel quale non sia possibile stabilire una competenza prevalente, potendosi quindi procedere, sembra desumersi, negli altri casi (come la prevalenza di una competenza esclusiva statale o la presenza di un numero limitato e chiaramente definibili di competenze sia statali sia concorrenti o residuali) alla previsione del parere.

Alla luce di ciò, il provvedimento prevede alcune forme di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali. In particolare:

  • il comma 1 dell'articolo 4 prevede il parere della Conferenza unificata ai fini dell'adozione del programma nazionale per la rigenerazione urbana; al riguardo, si valuti l'opportunità di prevedere piuttosto, alla luce del carattere concorrente della competenza legislativa prevalentemente coinvolta, l'intesa;
  • il comma 3 dell'articolo 10 correttamente prevede la previa intesa in sede di Conferenza unificata ai fini dell'adozione del decreto di riparto del fondo nazionale per la rigenerazione urbana.

Il comma 4 dell'articolo 13 precisa che i decreti legislativi attuativi della delega conferita dall'articolo per la redazione di un nuovo testo unico dell'edilizia sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, disponendo che sui relativi schemi venga acquisito il parere del Consiglio di Stato e delle competenti Commissioni parlamentari, da rendersi entro quarantacinque giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, i decreti possono essere emanati anche senza i predetti pareri. Entro due anni dalla loro entrata in vigore, possono ad essi essere apportate le correzioni e integrazioni che l'applicazione pratica renda necessarie od opportune, con lo stesso procedimento e in base ai medesimi principi e criteri direttivi previsti per l'emanazione dei decreti originari. Al riguardo, si valuti l'opportunità di prevedere forme di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali, quali ad esempio l'intesa in sede di Conferenza unificata  ai fini dell'adozione degli schemi di decreto legislativo, alla luce del carattere concorrente della competenza legislativa prevalentemente coinvolta.