Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Lavoro
Titolo: Misure a sostegno della partecipazione delle donne al mercato del lavoro e per la conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro
Riferimenti: AC N.522/XVIII AC N.615/XVIII AC N.1345/XVIII AC N.1675/XVIII AC N.1732/XVIII AC N.1925/XVIII AC N.1320/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 256
Data: 27/01/2020
Organi della Camera: XI Lavoro

 

Camera dei deputati

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

 

Misure a sostegno della partecipazione delle donne al mercato del lavoro e per la conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro

 

AA.C. 522, 615,1320,1345,1675,1732, 1925

Schede di lettura

 

 

 

 

n. 256

 

 

 

27 gennaio 2020

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Lavoro

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File: LA0152.docx

 


INDICE

Schede di lettura

PREMESSA   3

La proposta di legge A.C. 615  5

La proposta di legge A.C. 1675  7

La proposta di legge A.C. 522  21

La proposta di legge A.C. 1320  29

La proposta di legge A.C. 1345  45

La proposta di legge A.C. 1732  47

La proposta di legge A.C. 1925  51

Tabella di raffronto tra le proposte di legge                            55

Allegato

Conciliazione vita-lavoro: quadro della normativa vigente  79

 

 


SIWEB

Schede di lettura

 


PREMESSA

Le proposte di legge in esame - C. 1675 (Gelmini ed altri), C. 522 (Ciprini ed altri), C. 615 (Gribaudo ed altri), C. 1345 (Benedetti ed altri), C. 1925 (CNEL), C. 1320 (Boldrini ed altri) e C. 1732 (Vizzini ed altri) – recano disposizioni volte a sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e a favorire la parità retributiva tra i sessi, attraverso la previsione, tra l’altro, di incentivi alle assunzioni, di agevolazioni fiscali, di strumenti per favorire la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, nonché di nuove modalità per la redazione da parte delle aziende del rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile (concernente, tra l’altro, le differenze salariali tra i sessi e la composizione delle rispettive retribuzioni).

Preliminarmente, si segnala che talune delle proposte in esame (C. 1675, C. 522, C. 1320) prevedono misure la cui decorrenza è riferita ad annualità pregresse che andrebbero, dunque, aggiornate con riferimento all’annualità in corso e alle successive, anche in relazione ai relativi oneri. Inoltre, talune delle suddette disposizioni sono state parzialmente assorbite da norme entrate in vigore successivamente alla presentazione delle proposte di legge.

Per una comparazione tra le misure previste dalle proposte di legge in esame, si rinvia alla tabella riepilogativa in calce al presente dossier

Per una panoramica sulle principali misure vigenti in materia di conciliazione vita-lavoro e di occupazione femminile si rinvia al documento di sintesi in allegato (consultabile anche al seguente link https://www.camera.it/temiap/2020/01/23/OCD177-4282.pdf)

 

 

 

 

 

 

 

 


La proposta di legge A.C. 615

Contenuto

 

La proposta di legge A.C. 615 (Gribaudo ed altri) – che si compone di due articoli - interviene sulle modalità di redazione del rapporto biennale, che deve essere presentato dalle aziende con più di cento dipendenti, relativo alla situazione del personale e ai diversi aspetti inerenti le pari opportunità sul luogo di lavoro, nonché sulle sanzioni in caso di inottemperanza all’obbligo di presentazione del predetto rapporto.

 

L’articolo 1 introduce, su base volontaria, la possibilità di redigere il rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile (concernente, tra l’altro, le differenze salariali tra i sessi e la composizione delle rispettive retribuzioni) anche per le aziende, pubbliche e private, che occupano meno di cento dipendenti, disponendo, al contempo, che l'INPS invii annualmente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali l'elenco delle imprese che rientrano nell'ambito di applicazione del Codice delle pari opportunità (lettera a)).

Per le aziende che occupano oltre cento dipendenti, la redazione del suddetto rapporto è obbligatoria, ai sensi del citato art. 46 del D.Lgs. 198/2006.

In considerazione del fatto che, attualmente, l’obbligo di redazione del rapporto sulla situazione del personale è previsto per le aziende con oltre cento dipendenti, sembrerebbe opportuno che l’articolo 1, comma 1, lettera a), della proposta di legge in oggetto facesse riferimento alle aziende che occupano fino a cento dipendenti.

Viene, inoltre, disposta la pubblicazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in un'apposita sezione del proprio sito internet istituzionale, dell'elenco delle aziende che hanno trasmesso il rapporto e di quelle che non lo hanno trasmesso (lettera b)).

Per quanto concerne il decreto ministeriale a cui è demandata la definizione delle modalità di redazione del predetto rapporto, la proposta di legge in esame (lettera c)) ne amplia il contenuto.

Vengono poi specificate alcune modalità di controllo e di sanzione in ordine all’obbligo di redazione del rapporto:

§  se l'inottemperanza si protrae per oltre dodici mesi rispetto al termine di 60 giorni entro cui le aziende che non hanno adempiuto all’obbligo di redazione del rapporto sono tenute a provvedere, si dispone la sanzione, attualmente prevista invece come facoltativa, della sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall'azienda possibilità (lettera d));

§  la verifica della veridicità dei rapporti è affidata all'Ispettorato nazionale del lavoro, nell'ambito delle sue attività. Nel caso di rapporto mendace si applicano, a seconda del tipo di inosservanza, la sanzione amministrativa da 516 a 2.582 euro o la pena dell’arresto fino a un mese o dell'ammenda fino a 413 euro e le pene previste dall'articolo 483 del codice penale, ossia la reclusione fino a due anni, per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (la reclusione non può essere inferiore a tre mesi se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile) (lettera e)).

 

L’articolo 2, con una modifica all’articolo 20, comma 1, del D. Lgs. 198/2006, dispone che la relazione biennale sull'applicazione della legislazione in materia di parità e pari opportunità nel lavoro, è presentata alle Camere dalla consigliera o dal consigliere nazionale di parità e non, come attualmente previsto, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

 

 


La proposta di legge A.C. 1675

Contenuto

 

La proposta in esame – che si compone di 13 articoli suddivisi in cinque Capi – reca disposizioni volte, in particolare, ad incentivare l’occupazione femminile

 

L’articolo 1 definisce la finalità della proposta di legge che consiste nel promuovere misure destinate ad aumentare il tasso di occupazione femminile come condizione necessaria per lo sviluppo dell'economia e la crescita demografica del Paese.

 

L’articolo 2 riconosce un’agevolazione contributiva e fiscale - entro i limiti e secondo le disposizioni dei regolamenti (UE) n. 1407 e n. 1408 sugli aiuti de minimis (come disposto dal comma 3) - in favore dei datori di lavoro che assumono lavoratrici negli anni 2019 e 2020.

In particolare, in favore dei datori di lavoro che procedono ad assunzioni di lavoratrici nel suddetto periodo, il comma 1 introduce un esonero contributivo totale, per una durata massima di 36 mesi e nel limite massimo annuo di 6.000 euro (applicato proporzionalmente su base mensile), parametrato alla tipologia contrattuale e al profilo professionale impiegato, secondo modalità e criteri definiti dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (di cui al comma 5), da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Il comma 2 stabilisce che, al fine di promuovere la ripresa dei consumi e la parità retributiva tra i sessi, ai redditi di lavoro dipendente derivanti dalle assunzioni delle lavoratrici previste al comma 1 si applicano le vigenti aliquote IRPEF (articolo 11, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi) ridotte (fino al limite massimo annuo di 3.000 euro):

Il comma 4 dispone che agli oneri derivanti dall'attuazione dell’articolo 1 - nei limiti di spesa di 800 milioni di euro per il 2019, di 2.400 milioni di euro per il 2020 e di 3.200 milioni di euro per gli anni 2021, 2022 e 2023 - si provvede a valere sulle maggiori entrate rivenienti da interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica (ai sensi dell'articolo 13, comma 4 - cfr. la relativa scheda di lettura).

Come già rilevato in premessa, si segnala che le coperture previste andrebbero riferite all’esercizio finanziario in corso e non al 2019.

 

L’articolo 3 destina una quota pari a 4,2 milioni di euro delle risorse di cui all’art. 25, c. 1, del D.Lgs. 80/2015 (come modificato dal provvedimento in esame – cfr. scheda di lettura sull’art. 8), relative al Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi, per incentivare la contrattazione di secondo livello alla promozione della parità retributiva tra i sessi (comma 1).

Al fine di accedere alle suddette risorse, si demanda alla contrattazione collettiva la definizione delle linee guida per la predisposizione di un piano di azione - trasmesso ai lavoratori e agli organismi di parità - volto, tra l’altro, a prevenire qualsiasi forma di discriminazione, garantire il diritto alla parità di retribuzione, promuovere una migliore articolazione tra l'attività lavorativa e le esigenze di vita e favorire il reinserimento al lavoro dopo la maternità (commi 3 e 4).

A seguito della verifica annuale delle risultanze del suddetto piano di azione, alle imprese che hanno promosso misure di equiparazione retributiva e rimosso le eventuali discriminazioni rilevate è riconosciuto un credito d'imposta pari al 20% per determinate spese documentate (comma 6).

Sempre al fine di promuovere la parità retributiva, viene demandata alla contrattazione collettiva e aziendale l’individuazione delle modalità con cui i datori di lavoro privati di aziende con più di 15 lavoratori comunicano periodicamente (nel pieno rispetto dei dati personali), ai propri lavoratori, alle rappresentanze sindacali e agli organismi di parità, le informazioni riguardanti la remunerazione individuale di ciascun lavoratore, in ogni sua componente, con particolare riferimento alle differenze tra le retribuzioni dei lavoratori di ciascun sesso e ai criteri adottati per la determinazione di ogni elemento della retribuzione complessiva (comma 2).

Per quanto concerne, specificamente, la situazione del personale maschile e femminile, si ricorda che l’art. 46 del D.Lgs. 198/2006 obbliga le aziende, pubbliche e private, che occupano oltre 100 dipendenti a redigere almeno ogni 2 anni un rapporto sulla predetta situazione. Il suddetto rapporto è redatto in conformità alle indicazioni definite nell'ambito delle suddette specificazioni dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 3 maggio 2018.

Qualora emergano scostamenti tra le medie salariali di lavoratori di sesso differente che svolgono la medesima mansione, i lavoratori o le rappresentanze sindacali ne danno comunicazione agli organismi di parità che accertano la sussistenza di discriminazioni in violazione delle disposizioni in materia poste dal Codice delle pari opportunità (comma 5) (artt. 25 e ss. del D.Lgs. 198/2006).

 

L'articolo 4 introduce specifiche agevolazioni fiscali (per i sette periodi d'imposta successivi a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge) per le lavoratrici residenti nei territori con minore capacità fiscale.

In particolare il comma 1 stabilisce che alle lavoratrici che risiedono nei territori con minore capacità fiscale per abitante si applica una detrazione forfetaria dall'imposta sui redditi aggiuntiva rispetto a quelle vigenti (articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi) pari a:

 Il comma 2 dispone che per le donne alla prima occupazione (titolari di redditi da lavoro dipendente, da lavoro autonomo, per alcune tipologie di lavori assimilati a quello dipendente o derivanti da particolari attività commerciali) si applicano le seguenti specifiche aliquote IRPEF per scaglioni di reddito:

Si segnala che per le aliquote previste al comma 2 non viene specificato che tali agevolazioni sono destinate esclusivamente alle donne che risiedono nei territori con minore capacità fiscale per abitante, come invece dichiarato al comma 1.

Occorrerebbe pertanto chiarire se anche per tali agevolazioni la disposizione si riferisce solo alle lavoratrici residenti nei territori con minore capacità fiscale, come si evincerebbe dalla rubrica dell'articolo.

Il comma 3 stabilisce che i benefici fiscali introdotti dall'articolo in esame non sono compatibili con le agevolazioni introdotte dall'articolo 2.

Il comma 4 provvede alla copertura finanziaria per gli oneri economici derivanti dall'attuazione dell'articolo mediante gli interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica di cui all'articolo 13.

Il comma 5 dispone che le modalità di accesso ai benefìci saranno individuate attraverso un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

L'articolo 5, comma 1 riconosce alle donne che avviano un'iniziativa imprenditoriale nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna o Sicilia l'accesso al finanziamento previsto dalla misura di sostegno a favore dei giovani imprenditori nel Mezzogiorno, denominata «Resto al Sud» di cui all'articolo 1 del D.L. n. 91/2017, indipendentemente dal possesso dei requisiti di età, di residenza nelle regioni, nonché dal divieto di titolarità di attività di impresa preesistente e dal fatto di aver ricevuto nell'ultimo triennio ulteriori misure di sostegno all'autoimprenditorialità (dunque, in deroga ai requisiti previsti dall'articolo 1 comma 2 dell'articolo 1 citato).

In deroga alla disciplina vigente della misura "Resto al Sud" (articolo 1, comma 8), il finanziamento è attribuito:

§   per il 65 per cento (anziché per il 35 percento), come contributo a fondo perduto erogato dal soggetto gestore della misura;

§   per il 35 per cento (anziché il 65 percento), sotto forma di prestito a tasso zero, concesso da istituti di credito in base alle modalità già vigenti per la misura. Il prestito è rimborsato entro dodici anni dalla concessione del finanziamento (anziché entro otto anni complessivi dalla concessione del finanziamento, di cui i primi due anni di pre-ammortamento).

Posto che le giovani imprenditrici donne rientrano già - alle condizioni previste dall'articolo 1 del D.l. n. 91/2017 - nell'ambito di applicazione della misura Resto al Sud e che, dunque, la previsione in esame, ha la finalità di estendere l'ambito applicativo della misura di sostegno anche alle donne non in possesso dei requisiti di accesso disposti dal citato articolo 1 del D.L. n. 91/2017, per motivi di omogeneità e di chiarezza normativa, si valuti l'opportunità di riformulare l'articolo in esame nei termini di una novella alla disciplina contenuta nell'articolo 1 del D.L. n. 91/2017.

 Il comma 2 dispone che gli incentivi sono riconosciuti entro i limiti e secondo la disciplina europea degli aiuti di Stato di importanza minore «de minimis» di cui ai Regolamenti (UE) n. 1407/2013 e n. 1408/2013.

L'art. 1 del D.L. 91/2017, come da ultimo modificato dalla legge di bilancio per il 2019 (art. 1, comma 601, L. n. 145/2018), dispone l'attivazione della misura denominata «Resto al Sud», diretta a promuovere la costituzione di nuove imprese da parte di giovani imprenditori nelle regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia (comma 1).

Recentemente la misura è stata estesa anche ai comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016, del 26 e 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017 (nuovo comma 1-bis inserito nell'articolo 1 del D.L. n. 91/2017 dal D.L. n. 123/2019, cfr. anche articolo 1, comma 320 della legge di bilancio 2020, L. n. 160/2019).

Il comma 2 dell'articolo 1 del D.l. dispone che la misura è rivolta ai giovani di età compresa tra i 18 e i 45 anni, che:

-       non risultino già titolari di attività di impresa in esercizio o beneficiari, nell'ultimo triennio, di ulteriori misure a livello nazionale a favore dell'autoimprenditorialità e che

-       siano residenti, al momento della presentazione della domanda, nelle regioni citate, ovvero che ivi trasferiscano la residenza entro sessanta giorni dalla comunicazione del positivo esito dell'istruttoria, o entro centoventi giorni se residenti all'estero, e che mantengano nelle stesse regioni la residenza per tutta la durata del finanziamento (commi 2 e 6).

L'istanza di accesso alla misura, corredata da tutta la documentazione sul progetto imprenditoriale, può essere presentata attraverso una piattaforma dedicata sul sito istituzionale dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. - INVITALIA, soggetto gestore della misura (comma 3).

Le istanze possono essere presentate dai soggetti predetti che siano già costituiti al momento della presentazione o si costituiscano, entro sessanta giorni, o entro centoventi giorni in caso di residenza all'estero, dalla data di comunicazione del positivo esito dell'istruttoria nelle seguenti forme giuridiche:

-       impresa individuale;

-       società, ivi incluse le società cooperative.

La costituzione nelle suddette forme giuridiche è obbligatoria, fatta eccezione per le attività libero-professionali, per le quali è richiesto esclusivamente che i soggetti istanti non risultino, nei dodici mesi precedenti la presentazione della domanda di agevolazione, titolari di partita IVA per l'esercizio di un'attività analoga a quella proposta.

Come sopra detto, i beneficiari devono mantenere la residenza nelle regioni interessate dalla misura per tutta la durata del finanziamento e le imprese, le società e le attività libero-professionali devono avere, per tutta la durata del finanziamento, sede legale e operativa in una delle regioni in questione (comma 6).

Appare opportuno evidenziare che le istanze possono essere presentate fino ad esaurimento delle risorse stanziate: si tratta dunque di un incentivo a sportello, le cui domande vengono esaminate senza graduatorie in base all'ordine cronologico di arrivo.

L'istruttoria sull'istanza è svolta da INVITALIA, valutando anche la sostenibilità tecnico-economica del progetto, entro sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza stessa, ad esclusione dei periodi necessari alle eventuali integrazioni documentali che possono essere richieste, una sola volta (comma 5).

Ciascun richiedente riceve un finanziamento fino a 50 mila euro. Nel caso di istanza presentata da più soggetti già costituiti o che intendano costituirsi in forma societaria, ivi incluse le società cooperative, l'importo massimo erogabile è pari a 50.000 mila euro per socio, che presenti i requisiti sopra indicati, fino ad un ammontare massimo complessivo di 200 mila euro, ai sensi e nei limiti della disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore de minimis (comma 7).

Ai sensi del comma 8, il finanziamento consiste:

-       per il 35 per cento in erogazioni a fondo perduto;

-       per il 65 per cento in un prestito a tasso zero da rimborsare, complessivamente, in otto anni, di cui i primi due di preammortamento (secondo quanto previsto dal D.M. 9 novembre 2017, n. 174, attuativo del comma 15 e la convenzione INVITALIA-ABI, attuativa del comma 14).

La quota del prestito a tasso zero beneficia sia di un contributo in conto interessi, per tutta la durata del prestito, corrisposto agli istituti di credito da INVITALIA, sia di una garanzia per la restituzione dei prestiti erogati dagli istituti di credito, prestata da una Sezione speciale del Fondo di garanzia PMI alla quale è a tal fine trasferita una quota parte delle risorse stanziate per la misura in esame (l'istituzione della Sezione speciale e le modalità operative della garanzia sono state disciplinate dal D.M. 15 dicembre 2017).

Attraverso la misura "Resto al Sud" sono finanziate le attività imprenditoriali relative a produzione di beni nei settori dell'artigianato, dell'industria, della pesca e dell'acquacoltura, ovvero relative alla fornitura di servizi, compresi i servizi turistici.

Sono escluse dal finanziamento le attività del commercio ad eccezione della vendita dei beni prodotti nell'attività di impresa.

I finanziamenti non possono essere utilizzati per spese relative alla progettazione, alle consulenze e all'erogazione degli emolumenti ai dipendenti delle imprese individuali e delle società, nonché agli organi di gestione e di controllo delle società stesse (commi 10 e 11).

I beneficiari della misura sono tenuti ad impiegare il contributo a fondo perduto solo per l'attività di impresa. In caso di società, le quote versate e le azioni sottoscritte dai soci beneficiari della misura non sono riscattabili se non dopo la completa restituzione del finanziamento e, in ogni caso, non prima di 5 anni da quando versate e sottoscritte (comma 12).

Quanto alle risorse finanziarie stanziate per la misura, il comma 16 dell'articolo 1 del D.L. n. 91/2017 ha assegnato alla misura – a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) della Programmazione 2014-2020 - un importo complessivo fino a 1.250 milioni di euro per il periodo 2017 -2025. In attuazione di quanto sopra, la delibera CIPE n. 74 del 7 agosto 2017 ha assegnato alla misura 715 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020, con la seguente articolazione annuale: 36 milioni di euro per il 2017; 100 milioni di euro per il 2018; 107 milioni di euro per il 2019, 308,50 milioni di euro per il 2020; 92 milioni di euro per il 2021; 22,50 milioni di euro per il 2022; 18 milioni di euro per il 2023; 14 milioni di euro per il 2024 e 17 milioni di euro per il 2025. In base all'utilizzo delle risorse, il Comitato con successive delibere si è riservato di riequilibrare le suddette percentuali nel rispetto delle risorse assegnate. Con successiva delibera CIPE n. 102 del 22 dicembre 2017, il CIPE ha assegnato la residua quota di 535 milioni di euro.

 

L’articolo 6 reca disposizioni in materia di congedo parentale e di paternità, prevedendo:

§  il diritto per il padre lavoratore di scegliere tra il congedo obbligatorio di paternità e l'estensione del congedo facoltativo per una durata massima di 15 giorni (comma 1, lett. a));

§  l’aumento dal 30 all’80 per cento della percentuale di retribuzione a cui è parametrata l’indennità del congedo parentale e da 6 a 8 mesi del periodo massimo indennizzabile (complessivo tra i genitori) (comma 1, lett. b));

§  che il congedo di paternità obbligatorio e quello facoltativo per il padre lavoratore dipendente abbiano una durata, a regime, rispettivamente, di 10 giorni (che possono godersi anche con le modalità del lavoro agile) e di un giorno (previo accordo con la madre e in aggiunta al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima, come attualmente previsto) (commi 2 e 3).

Sul punto si segnala che la legge di bilancio 160/2019 ha prorogato per il 2020 entrambi i congedi obbligatorio e facoltativo per il padre, disponendo che per il 2020 essi abbiano una durata, rispettivamente, di 7 giorni e di 1 giorno.

 

L’articolo 7 reca disposizioni per la promozione del lavoro agile per le donne lavoratrici. In particolare, modificando la legge n. 81 del 2017 in materia di lavoro agile, estende (da 3) a 5 anni dopo la conclusione del congedo di maternità il periodo in relazione al quale le richieste delle lavoratrici madri di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile sono da considerarsi prioritarie e dispone finanziamenti per la promozione del lavoro agile femminile, con particolare riguardo alle lavoratrici che svolgono funzioni di cura familiare, destinando allo scopo, per il triennio 2019-2021, una quota delle risorse di cui all’art. 25, c. 1, del D.Lgs. 80/2015 (come modificato dal provvedimento in esame – cfr. scheda di lettura sull’art. 8) relative al Fondo per la contrattazione di secondo livello (pari a 3 milioni di euro per il 2019 e a 5 milioni di euro annui per il 2020 e il 2021). La definizione delle modalità di utilizzo delle risorse suddette e di monitoraggio dell'applicazione delle misure finanziate è demandata ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, cui è affidata anche la definizione di ulteriori azioni per la conciliazione vita-lavoro, fermo restando quanto disposto dal DM 12 settembre 2017.

Il richiamato decreto 12 settembre 2017 ha definito le modalità di utilizzo di quota parte delle risorse del citato Fondo per la contrattazione di secondo livello - disposto, in via sperimentale per il triennio 2016-2018, dall’art. 25 del D.Lgs. 80/2015 - riconoscendo uno sgravio contributivo per il biennio 2017-2018 in favore dei datori di lavoro privati che hanno adottato misure di conciliazione vita-lavoro attraverso la stipulazione di contratti collettivi aziendali sottoscritti e depositati a decorrere dal 1° gennaio 2017 e non oltre il 31 agosto 2018.

 

L’articolo 8 reintroduce per il triennio 2019-2021 una misura già prevista in via sperimentale per il triennio 2016-2018 dal richiamato art. 25, c. 1, del D.Lgs. 80/2015 (cfr. schede di lettura sugli artt. 3 e 7), destinando una quota delle risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello (pari a 18,3 milioni di euro per il 2019, a 40,1 per il 2020 e a 38,2 per il 2021) alla promozione di misure volte alla conciliazione vita-lavoro, secondo criteri e modalità fissati con apposito decreto interministeriale (comma 1).

Sul punto, si rinvia anche agli articoli 3 e 7 che destinano una parte delle suddette risorse alla promozione, rispettivamente, della parità retributiva tra i sessi e del lavoro agile (vedi ante).

Per le predette finalità, viene istituito un regime temporaneo agevolato di lavoro a tempo parziale, a termine, agile o ripartito, collegato a specifiche esigenze familiari delle madri lavoratrici, secondo quanto deciso in sede di contrattazione collettiva. I relativi periodi sono coperti da contribuzione figurativa (commi 2 e 3).

Ai datori di lavoro privati che avviano percorsi di sperimentazione del regime di lavoro agevolato è riconosciuto uno sgravio contributivo per la durata del regime di lavoro agevolato. La definizione delle modalità di attuazione di tale sgravio, nonché di quanto disposto dall’articolo 8 in esame, è demandata ad apposito regolamento adottato (entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della proposta in esame) con decreto interministeriale, sentite le parti sociali (commi 4 e 5).

 

L’articolo 9 agevola l’accesso al pensionamento anticipato per le madri lavoratrici.

Ai fini della maturazione del requisito contributivo per l'accesso alla pensione, alle lavoratrici dipendenti pubbliche e private, alle lavoratrici iscritte alla gestione separata e alle autonome iscritte alle gestioni speciali INPS ricomprese nell'AGO sono riconosciuti dodici mesi (coperti da contribuzione figurativa) per ciascun figlio, anche adottivo, nel limite massimo di quattro anni.

Ai relativi oneri, pari a 1.200 milioni di euro annui a decorrere dal 2020, si provvede a valere sulle maggiori entrate rivenienti da interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica (ai sensi dell'articolo 13, comma 4 - cfr. la relativa scheda di lettura).

 

L'articolo 10 introduce misure per il potenziamento e la riqualificazione delle strutture destinate agli asili nido e alle scuole dell'infanzia, prevedendo innanzitutto l'istituzione, presso il "Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca", di un tavolo tecnico, composto dai delegati delle regioni, delle province e dei comuni, che ha il compito di formulare proposte operative con particolare riguardo a:

Al riguardo, si ricorda che, allo scopo di superare la frammentazione fra servizi socio-educativi per la prima infanzia (da 0 a 3 anni), afferenti al sistema dei servizi sociali, e scuola dell'infanzia (da 3 a 6 anni), afferente al Sistema nazionale di istruzione, il d.lgs. 65/2017 – emanato sulla base della delega recata dalla L. 107/2015 (art. 1, co. 180 e 181, lett. e)) – ha previsto la progressiva istituzione del Sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita ai 6 anni, costituito dai servizi educativi per l'infanzia e dalle scuole dell'infanzia statali e paritarie, alla cui realizzazione compartecipano finanziariamente Stato, regioni, province autonome di Trento e di Bolzano ed enti locali.

In particolare, i servizi educativi per l'infanzia sono articolati in: nidi e micronidi, che accolgono bambini fra 3 e 36 mesi; sezioni primavera, che accolgono bambini fra 24 e 36 mesi; servizi integrativi, che concorrono all'educazione e alla cura dei bambini in modo flessibile e diversificato, e si distinguono in: spazi gioco, che accolgono bambini fra 12 e 36 mesi; centri per bambini e famiglie, che accolgono bambini dai primi mesi di vita insieme con un adulto accompagnatore; servizi educativi in contesto domiciliare, che accolgono bambini fra 3 e 36 mesi.

I servizi educativi per l'infanzia sono gestiti dagli enti locali in forma diretta o indiretta, da altri enti pubblici o da soggetti privati. Le sezioni primavera possono essere gestite anche dallo Stato.

Tra gli obiettivi strategici del Sistema integrato rientrano il progressivo ampliamento e la progressiva accessibilità dei servizi educativi per l'infanzia – anche attraverso un loro riequilibrio territoriale – con l'obiettivo tendenziale di raggiungere almeno il 33% di copertura della popolazione sotto i 3 anni di età, a livello nazionale; la graduale diffusione della presenza dei servizi educativi per l'infanzia, con l'obiettivo tendenziale di giungere al 75% nei Comuni; la qualificazione universitaria del personale dei servizi educativi per l'infanzia; la generalizzazione progressiva della scuola dell'infanzia; la formazione in servizio di tutto il personale del Sistema integrato; il coordinamento pedagogico territoriale.

Per l'estensione del Sistema integrato, il d.lgs. ha previsto l'adozione di un Piano di azione nazionale pluriennale, che definisce anche la destinazione delle risorse del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e istruzione, contestualmente istituito con una dotazione di € 209 mln per il 2017, € 224 mln per il 2018 e € 249 mln annui dal 2019 (a seguito dell'incremento di € 10 mln annui dal 2019 disposto dall'art. 1, co. 741, della L. 145/2018-L. di bilancio 2019).

Tra gli obiettivi del Piano rientra, in particolare, il superamento della fase sperimentale delle sezioni primavera, mediante graduale stabilizzazione e potenziamento, al fine di escludere i servizi educativi per l'infanzia dai servizi pubblici a domanda individuale.

Il primo Piano di azione nazionale (triennale) è stato adottato con Delibera del Consiglio dei Ministri 11 dicembre 2017, previa intesa in Conferenza unificata del 2 novembre 2017. In particolare, l'art. 3, co. 4, della Delibera ha previsto che l'assegnazione di risorse finanziarie per la realizzazione degli interventi individuati dal Piano si realizza esclusivamente come cofinanziamento della programmazione regionale dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuole dell'infanzia e che le regioni dovevano assicurare un finanziamento pari almeno al 20% per l'anno 2018 e, a partire dall'anno 2019, pari al 30% delle risorse assicurate dallo Stato.

Il riparto delle risorse fra le regioni è stato operato per il 2017 con DM 22 dicembre 2017, n. 1012, e per il 2018 con DM 26 ottobre 2018, n. 687.

Per il 2019, l'intesa in Conferenza unificata sullo schema di decreto per il riparto delle risorse  è stata raggiunta nella seduta della Conferenza unificata del 18 dicembre 2019.

Il medesimo d.lgs. 65/2017 ha previsto, altresì, la costituzione, da parte delle regioni, di Poli per l'infanzia, destinati ad accogliere, in un unico plesso o in istituti vicini, più strutture di educazione e di istruzione per bambini fino a 6 anni. Per favorire la costruzione di edifici atti ad ospitare i Poli, inoltre, è stata prevista la destinazione di fondi INAIL, fino ad un massimo di € 150 mln per il triennio 2018-2020.

Le risorse sono state ripartite tra le regioni con DM 637 del 23 agosto 2017, tenendo conto della popolazione nella fascia di età 0-6 anni e del numero di edifici scolastici presenti sul territorio regionale con riferimento a quelli per l'istruzione nella fascia di età 3-6 anni.

Successivamente, l'art. 4, co. 3-ter, del D.L. 86/2018 (L. 97/2018) ha soppresso, nell'ambito della procedura per l'individuazione degli interventi da finanziare, lo specifico concorso che doveva essere indetto dal MIUR, avente ad oggetto proposte progettuali relative agli interventi individuati dalle regioni. Ancora in seguito, l'art. 42-bis, co. 3-4, del D.L. 109/2018 (L. 130/2018) ha autorizzato la spesa di € 4,5 mln per ciascuno degli anni 2019 e 2020 per la progettazione degli stessi Poli. Le risorse sono anticipate agli enti locali per stati di avanzamento dei livelli di progettazione e poi scomputate dall'INAIL all'atto della quantificazione dell'importo dovuto agli enti locali per l'acquisizione delle aree oggetto di intervento. Inoltre lo stesso art. 42-bis, co. 5, ha eliminato la previsione in base alla quale ogni regione doveva selezionare da 1 a 3 interventi relativi alla costruzione di Poli per l'infanzia innovativi. Pertanto, non si prevede più un numero minimo e un numero massimo di interventi per regione.

Da ultimo, l'art. 1, co. 261 e 262, della L. di bilancio 2020 (L. 160/2019), ha previsto che le eventuali economie non assegnate relative alle risorse INAIL destinate alla costruzione delle scuole innovative previste dalla L. 107/2015 (art. 1, co. 153 e 154), possono essere destinate, su segnalazione dello stesso INAIL, fra l'altro, a eventuali progetti di realizzazione di poli per l'infanzia presenti in graduatoria e non interamente finanziati.

Infine, il d.lgs. 65/2017 ha previsto la costituzione di una Commissione per il Sistema integrato di educazione e di istruzione, con compiti consultivi e propositivi. In particolare, essa propone all'allora MIUR le Linee guida pedagogiche per il Sistema integrato.

Con nota n. 404 del 19 febbraio 2018 il MIUR aveva fornito i primi orientamenti operativi agli Uffici scolastici regionali per l'attuazione del Sistema integrato, ricordando anche che con DM 48 del 26 gennaio 2018 era stata costituita la Commissione prevista dal d.lgs.

In argomento si ricorda, inoltre, che l'art. 1, co. 59-61, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un Fondo per il finanziamento di interventi relativi ad opere pubbliche di messa in sicurezza, ristrutturazione, riqualificazione o costruzione di edifici di proprietà dei comuni destinati ad asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia. Il fondo ha una dotazione di € 100 mln per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023 e di € 200 mln per ciascuno degli anni dal 2024-2034.

Viene stabilita una priorità, nell'ambito degli interventi summenzionati, per le strutture ubicate nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane e si specifica che i progetti interessati possono concernere anche la riconversione di spazi di scuole dell'infanzia oggi inutilizzati; tale riconversione - per la quale si fa riferimento alla finalità del riequilibrio territoriale - può inserirsi anche nel contesto di progetti innovativi intesi all'attivazione di servizi integrativi, che concorrano all'educazione dei bambini e soddisfino i bisogni delle famiglie in modo flessibile e diversificato sotto il profilo strutturale ed organizzativo.

Per gli interventi di potenziamento e di riqualificazione delle strutture è autorizzata una spesa fino a € 30 mln per ciascuno degli anni 2019 e 2020. Non sono tuttavia specificati gli interventi finanziabili, né è indicato l'atto con il quale si provvede a definire le modalità per l'accesso e la ripartizione di tali risorse.

Si valuti, dunque, l'opportunità di un chiarimento. Inoltre, occorrerebbe aggiornare i riferimenti temporali.

Infine, l'art. 10 dispone che ai privati che avviano attività di asilo nido, di baby parking e di ludoteche, nonché alle scuole dell'infanzia "parificate" è concessa l'esenzione totale dall'imposta lorda sui redditi derivanti dall'esercizio delle attività per i primi 3 anni. A tal fine si stabilisce un limite di spesa di € 15 mln annui.

Le modalità attuative devono essere definite con regolamento da emanare – entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge – con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata.

 Occorrerebbe indicare la decorrenza dell'onere. Inoltre, il riferimento alle scuole dell'infanzia "parificate" dovrebbe essere sostituito con quello alle "scuole dell'infanzia paritarie".

Si ricorda, infatti, che in base all'art. 1, co. 1, della L. 62/2000, il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. A sua volta, l'art. 1-bis, co. 1, del D.L. 250/2005 (L. 27/2006) ha disposto che le scuole non statali erano ricondotte alle due tipologie di scuole paritarie riconosciute ai sensi della L. 62/2000, e di scuole non paritarie.

Infine, si segnala che, ovunque ricorra, è necessario sostituire il riferimento al "Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca" con quello al "Ministero dell'istruzione".

Al riguardo, infatti, si ricorda che l'art. 1, co. 1, del D.L. 1/2020 – attualmente all'esame delle Camere (A.S. 1664) – ha istituito il Ministero dell'istruzione e il Ministero dell'università e della ricerca sopprimendo conseguentemente il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca.

 

L’articolo 11 reca alcune misure per il potenziamento dei servizi per la prima infanzia.

Il comma 1 incrementa nella misura del 15 per cento l'agevolazione fiscale vigente prevista per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici (detrazione del 50% con limite massimo di spesa di 96.000 euro per spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2020) alle imprese con un numero di lavoratori superiore a quindici unità per la realizzazione di opere finalizzate all'erogazione del servizio socio-assistenziale per la prima infanzia, di tipo diurno, da svolgere all'interno dell'azienda.

Il comma 2 rifinanzia per gli anni 2019 e 2020 il cosiddetto voucher baby-sitting, ossia la facoltà riconosciuta alla madre lavoratrice, anche autonoma, di richiedere un contributo economico in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale.

Il suddetto beneficio è una misura sperimentale introdotta dall'art. 4, c. 24, lett. b), della L. 92/2012 per il triennio 2013-2015, prorogata dapprima per il 2016 dalla legge di bilancio 208/2015 e per il 2017 e 2018 dalla legge di bilancio 232/2016. Il contributo economico previsto era pari ad un importo massimo di 600 euro mensili, per un periodo complessivo non superiore a sei mesi.

Il comma 3 dispone che agli oneri derivanti dall’articolo in commento, pari a 45 milioni di euro per il 2019 e a 60 milioni di euro annui dal 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

L’articolo 12 istituisce un organismo di valutazione delle politiche in materia di lavoro femminile, nonché di monitoraggio dell’attuazione di quanto disposto dalla proposta di legge in esame, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il medesimo organismo promuove interventi, anche di tipo legislativo, volti a stabilizzare le forme di partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Si prevede, infine, che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali invii annualmente alle Camere una relazione sull’attività svolta dal suddetto organismo.

Al riguardo, parrebbe opportuno specificare in che modo il suddetto organismo possa interagire con il Comitato nazionale di parità di cui al Codice per le pari opportunità (D.Lgs. 198/2006) che ha tra i propri compiti quello di formulare proposte sulle questioni generali relative all'attuazione degli obiettivi della parità e delle pari opportunità, nonché per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente che direttamente incide sulle condizioni di lavoro delle donne.

 

L'articolo 13 reca le disposizioni per la copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni della proposta di legge in esame.

Con riferimento alla formulazione si segnala innanzitutto che è necessario riferire gli oneri e le coperture nell'intero testo all'esercizio finanziario in corso 2020-2022.

 In particolare, il comma 1 reca la copertura finanziaria degli oneri recati dagli articoli 3, comma 1 (promozione della parità retributiva tra sessi), 7 (promozione del lavoro agile femminile) e 8 (promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata), che vengono posti a valere sulle risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, di cui all'articolo 1, comma 68, della legge n. 247/2007.

A tal fine, la norma prevede l'incremento della dotazione del suddetto Fondo di 25,5 milioni di euro per l'anno 2019, di 49,3 milioni per l'anno 202, di 47,4 milioni per l'anno 2021 e di 4,2 milioni annui a decorrere dal 2022.

L'articolo 1, comma 68, della legge n. 247/2007 ha previsto a decorrere dal 2012 lo sgravio dei contributi dovuti dal lavoratore e dal datore di lavoro, a valere sulle risorse, pari a 650 milioni di euro annui, presenti sul Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello.

Nella legge bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) sul Fondo in esame (capitolo 4330 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) non risultano stanziamenti per il triennio. L'ultimo stanziamento sul capitolo 4330 è presente nella legge di bilancio 2018, con 35,6 milioni per cassa e competenza.

Si osserva che, in base alla formulazione della disposizione, essa si configura come un rifinanziamento del Fondo, senza che siano individuate le relative risorse poste a copertura del rifinanziamento medesimo.

Il comma 2 prevede la copertura finanziaria degli oneri derivanti dagli articoli 5 e 6, quantificati complessivamente in 87,4 milioni annui dall'anno 2019 a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, istituito dall'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 185 del 2008.

Si segnala che è necessario riferire gli oneri e le coperture all'esercizio finanziario 2020-2022.

Nella legge di bilancio 2020 la dotazione di competenza del Fondo sociale per occupazione e formazione (capitolo 2230 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) è di 789 milioni per il 2020, di 703 milioni per il 2021 e di 749 milioni per il 2022.

Il comma 3 prevede la copertura finanziaria degli oneri derivanti dell'attuazione dagli articoli 3, comma 6, e 10, commi 2 e 3, quantificati complessivamente in 25 milioni di euro annui dall'anno 2019 e in 30 milioni per gli anni 2019 e 2020, a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica.

Si segnala, anche con riferimento al comma 3, che è necessario riferire gli oneri e le coperture all'esercizio finanziario 2020-2022.

A tale riguardo si segnala che il Fondo per gli interventi strutturali di politica economica presenta nella legge di bilancio per il 2020 (capitolo 3075 del Ministero dell'economia e delle finanze) una dotazione finanziaria di 25 milioni per il 2020, di 359 milioni per il 2021 e di 586 milioni per il 2022, che risulterebbe pertanto insufficiente per la copertura degli oneri complessivamente riferiti all'anno 2020.

Il comma 4 prevede la copertura finanziaria degli oneri derivanti dagli articoli 2, 4 e 9, nel limite massimo di spesa di 1,6 miliardi di euro per l'anno 2019, di 5,9 miliardi di euro per l'anno 2020, di 6,7 miliardi di euro per l'anno 2021, di 6,6 miliardi di euro annui per gli anni 2022 e 2023 e di 3,4 miliardi di euro annui a decorrere dall'anno 2024, a valere sulle maggiori entrate rivenienti da interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica. A tal fine, è prevista, per ciascun anno di riferimento, l'adozione entro il 15 gennaio di provvedimenti regolamentari e amministrativi che assicurino minori spese corrispondenti agli importi sopraindicati.

Nel caso in cui i citati provvedimenti non garantiscano l'obiettivo, il comma prevede una specifica clausola di salvaguardia finanziaria, stabilendo l'adozione, entro il 15 marzo di ciascun anno, di un D.P.C.M. che dispone le variazioni delle aliquote di imposta e la riduzione delle agevolazioni e delle detrazioni fiscali vigenti, tali da assicurare le necessarie maggiori entrate.

In merito a tale ultima disposizione, volta in sostanza ad introdurre una clausola di salvaguardia finanziaria, si segnala l'opportunità di rinviare all'articolo 17 della legge di contabilità n. 196/2009, richiamando i commi 12-bis, 12-ter e 12-quater.

I commi da 12-bis a 12-quater dell'articolo 17 della legge n. 196/2009 dispongono infatti una specifica procedura per la compensazione degli oneri che eccedono le previsioni di spesa. Si prevede a tal fine che il Ministro dell'economia, in attesa di successive misure correttive, provvede per l'esercizio in corso alla riduzione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero competente; qualora i suddetti stanziamenti non siano sufficienti alla copertura finanziaria del maggior onere, allo stesso si dovrà provvedere con DPCM, previa delibera del Consiglio dei ministri, mediante riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione della spesa Gli schemi di entrambi di decreti devono essere trasmessi alle Commissioni bilancio delle Camere, che si esprimono entro sette giorni, decorsi i quali i decreti possono comunque essere adottati. Qualora gli scostamenti non siano compensabili nel corso dell'esercizio, il Ministro dell'economia assume tempestivamente (comma 13) le conseguenti iniziative legislative. Per gli esercizi successivi a quello in corso si provvede con la legge di bilancio.

 

 

 


La proposta di legge A.C. 522

Contenuto

 

La proposta di legge C. 522 (Ciprini ed altri) – che si compone di 11 articoli -  reca disposizioni volte a favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e a superare il divario retributivo di genere.

L’articolo 1 elenca le finalità del provvedimento e le definizioni ricorrenti nel testo (commi 1 e 2).

Viene, inoltre, integrata la nozione di discriminazione diretta e indiretta (di cui all’art. 25 del Codice per le pari opportunità, D.Lgs. 198/2006). In particolare, vengono inseriti tra le fattispecie discriminatorie anche gli atti di natura organizzativa e oraria che, modificando l'organizzazione delle condizioni e il tempo del lavoro, mettono la lavoratrice in una posizione di svantaggio o ne limitano lo sviluppo di carriera rispetto alla generalità degli altri lavoratori (comma 3).

 

L’articolo 2 reca misure volte al superamento del divario retributivo di genere.

In particolare, si prevede l’obbligo per le imprese private con più di 15 lavoratori e per le amministrazioni pubbliche di redigere un rapporto annuale sulla situazione del personale maschile e femminile (concernente, tra l’altro, le differenze salariali tra i sessi e la composizione delle rispettive retribuzioni), obbligo attualmente previsto, con cadenza biennale, per le aziende pubbliche e private con più di 100 dipendenti (ex art. 46 del D.Lgs. 198/2006) (comma 1). Le imprese private e le amministrazioni pubbliche che ricevono una comunicazione della sussistenza di una qualsiasi forma di discriminazione sono chiamate a rimuoverla (commi 2 e 3). Inoltre, i soggetti tenuti al suddetto rapporto annuale avviano programmi di controllo interno e inviano agli organismi di parità e alle rappresentanze sindacali una relazione annuale (comma 8).

I medesimi soggetti, infine, sono tenuti ad adottare con cadenza annuale uno specifico piano d’azioni volto a colmare il divario retributivo tra donne e uomini e a eliminare le disparità di trattamento (commi 4, 5 e 6).

Alla attuazione del piano è legato il riconoscimento di una detrazione dall'imposta lorda, calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 10.000 euro annui, nella misura del 50% di determinate spese documentate. La detrazione è riconosciuta anche alle imprese che occupano fino a 15 dipendenti e che realizzano il piano di azioni volontariamente.

Qualora a seguito di due verifiche annuali successive a quella che ha permesso di accedere al suddetto beneficio si rilevino violazioni del piano di azioni, all'impresa si applica la sanzione dell’ammenda da 250 a 1500 euro. Agli oneri derivanti da tale beneficio, pari a 10 milioni di euro annui dal 2020, si provvede a valere sulle risorse del fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili di cui all’art. 1, c. 199, della L. 190/2014 (comma 7).

Le imprese che hanno attuato il piano di azioni possono ottenere la certificazione di “Impresa per le pari opportunità nel lavoro” secondo modalità definite da apposito decreto ministeriale (comma 10).

Infine, ad altro decreto ministeriale (da emanarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in oggetto) è demandata l'istituzione di una piattaforma digitale attraverso cui le imprese private inviano i dati necessari ai controlli previsti dall’articolo in esame (comma 9).

 

L’articolo 3 introduce la sperimentazione del curriculum anonimo (dove le informazioni sono comunicate senza riferimenti personali), sulla base di linee guida adottate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro 6 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

L’articolo 4 reca disposizioni in materia di congedo parentale, disponendo:

§  che il genitore che fruisce del congedo parentale ha diritto alla conservazione del posto di lavoro senza alcuna penalizzazione (comma 1);

§  l’aumento dal 30 all’80 per cento della percentuale di retribuzione a cui è parametrata l’indennità del congedo parentale (comma 2). Alla copertura dei relativi oneri (pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2018) si provvede a valere sulle risorse del fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili di cui all’art. 1, c. 199, della L. 190/2014.

 

L’articolo 5 introduce l’istituto delle ferie solidali, ossia la possibilità per i lavoratori dipendenti di cedere, in tutto o in parte, le ferie e i riposi compensativi ad altri lavoratori in presenza di patologie gravi proprie, dei figli, del coniuge, del convivente di fatto o della persona legata da un'unione civile, qualora tali lavoratori si siano avvalsi di tutti i permessi loro spettanti. La regolamentazione della relativa prestazione lavorativa è rinviata agli accordi decentrati di secondo livello, che possono essere applicati nei rapporti di lavoro sia a tempo indeterminato che determinato.

Sul punto si ricorda che l’art. 24 del D.Lgs. 151/2015 dispone che i lavoratori possono cedere a titolo gratuito i riposi e le ferie da loro maturati ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro, al fine di consentire a questi ultimi di assistere i figli minori che per le particolari condizioni di salute necessitano di cure costanti, nella misura, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicabili al rapporto di lavoro.

 

L'articolo 6 è volto a ridurre al 4 per cento l'IVA per l'acquisto di alcuni prodotti di prima necessità per l'infanzia nonché per l'acquisto di prodotti, dispositivi e protesi rivolti alla terza età (comma 1).

 Si osserva che l'aliquota "super-ridotta" del 4 per cento per le operazioni aventi per oggetto i beni e i servizi elencati nella parte II, della Tabella A, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) è stata oggetto di deroga specifica, per l'Italia, al momento della emanazione della prima direttiva europea in materia di IVA; conseguentemente, occorrerebbe valutare la compatibilità della disposizione in esame con quanto previsto dalla disciplina UE. 

A tale proposito si segnala che, in analogia con quanto disposto dall'articolo 32-ter (IVA agevolata su prodotti igienico-sanitari) del c.d. decreto fiscale (decreto-legge 124 del 2019), le due tipologie di prodotti oggetto dell'articolo potrebbero essere inserite nella Tabella A, parte II-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), recante l'elenco dei beni e servizi soggetti ad aliquota IVA ridotta al 5 per cento.

 Il comma 2 prevede che la copertura finanziaria degli oneri di cui al comma 1 (60 milioni di euro annui) sia attuata mediante variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni della misura delle agevolazioni e delle detrazioni vigenti disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 Il comma 3 innalza a 3.100 euro, per il familiare che si prende cura del familiare assistito, l'importo delle spese deducibili versate per gli addetti ai servizi domestici e all'assistenza personale o familiare. Il comma dispone altresì che sono deducibili, fino al suddetto importo, i medesimi oneri versati dalle persone fisiche che fanno ricorso alle prestazioni occasionali per l'assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con disabilità nonché il contributo alla madre lavoratrice per l'acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati. 

Il comma 4 aumenta dall’80 al 100 per cento la percentuale di retribuzione a cui è parametrata l’indennità del congedo di maternità.

Alla copertura degli oneri derivanti dall’applicazione dei commi 3 e 4, pari, secondo il comma 5, a 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per i medesimi anni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

L'articolo 7, comma 1, estende l'agevolazione fiscale vigente prevista per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici (detrazione del 50% con limite massimo di spesa di 96.000 euro per spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2020) alle imprese con un numero di lavoratori superiore a quindici unità che realizzano opere finalizzate all'erogazione del servizio socio-assistenziale per la prima infanzia, di tipo diurno, da svolgere all'interno dell'azienda.

I commi 2-4 prevedono l’erogazione di un premio di 150 euro mensili per tre anni alla madre dipendente del settore privato (con esclusione del lavoro domestico e del settore agricolo) che rientra al lavoro dopo la nascita del figlio e il riconoscimento al suo datore di lavoro di uno sgravio contributivo totale per 36 mesi, nel limite massimo di un importo pari a 3.250 euro su base annua, al fine di incentivarlo a mantenere il rapporto lavorativo.

Il beneficio per la madre lavoratrice spetta su richiesta della stessa da effettuare entro tre mesi dalla nascita o dall'adozione del figlio e non è cumulabile con la detrazione fiscale prevista per la frequenza di asilo nido prevista dalla L. 266/2005, mentre l’incentivo per il datore di lavoro spetta a domanda, nel limite massimo di spesa di 5 milioni di euro a decorrere dal 2019.

Ai conseguenti oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’art. 10, c. 5, del D.L. 282/2004.

 

L’articolo 8 prevede la valorizzazione a fini contributivi dei periodi di maternità e di assistenza, per consentire alle donne di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, disponendo che i contributi figurativi riconosciuti alla lavoratrice per i periodi di tutela della maternità e per quelli di assistenza e cura del coniuge o del parente di primo grado sono moltiplicati per due.

Alla copertura degli oneri conseguenti, pari a 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

L’articolo 9 prevede la proroga del regime cosiddetto opzione donna al 2020, disponendo che possano ricorrere a tale regime le lavoratrici che maturino i requisiti previsti – ossia, come attualmente previsto dal D.L. 4/2019, un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome) – entro il 31 dicembre 2020

Sul punto, si segnala che la legge di bilancio 2020 ha esteso la possibilità di ricorrere all'opzione donna alle lavoratrici che abbiano maturato i suddetti requisiti entro il 31 dicembre 2019.

 

L’articolo 10 dispone, a decorrere dal 2018 (termine da aggiornare), il rifinanziamento di 100 milioni di euro annui a favore del Piano straordinario per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, definito con legge finanziaria 2007. A tal proposito, si osserva che la normativa in materia di servizi per l'infanzia è stata profondamente modifica dalla c.d. Riforma della "Buona scuola" (legge 107/2015) e dal D. Lgs. delegato 65/2017, che ha unificato i servizi educativi per l'infanzia (zero/tre anni) e le scuole dell'infanzia (tre/sei anni) in un unico "sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni". Pertanto, i servizi per la primissima infanzia, definiti dalla legge 1044/1971 come servizi sociali di interesse pubblico, sono stati riconosciuti come servizi educativi e pertanto ricompresi nel sistema di istruzione "zerosei".

Alla luce di quanto finora illustrato, sembrerebbe pertanto opportuno riferirsi al nuovo sistema di finanziamento previsto dal D. Lgs. 65/2017 che ha istituito, presso il M.I.U.R., il Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione.

 Per l'estensione del Sistema integrato, il D.Lgs. 65/2017 ha previsto l'adozione di un Piano di azione nazionale pluriennale, che, tra l'altro, definisce la destinazione delle risorse del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e istruzione. Il Fondo nazionale finanzia:

a) interventi di nuove costruzioni, ristrutturazione edilizia, restauro e risanamento conservativo, riqualificazione funzionale ed estetica, messa in sicurezza meccanica e in caso d'incendio, risparmio energetico e fruibilità di stabili, di proprietà delle Amministrazioni pubbliche;

b) quota parte delle spese di gestione dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuole dell'infanzia, in considerazione dei loro costi e della loro qualificazione;

c) la formazione continua in servizio del personale educativo e docente e la promozione dei coordinamenti pedagogici territoriali;

Il primo Piano di azione nazionale (triennale) è stato adottato con Delibera del Consiglio dei Ministri 11 dicembre 2017, previa Intesa in Conferenza unificata del 2 novembre 2017. Nella stessa seduta della Conferenza unificata è stata raggiunta l'intesa per il riparto del Fondo per il 2017 (decreto M.I.U.R. 1012 del 2017). Per quanto riguarda i criteri di riparto, le voci utilizzate sono quelle previste dall'articolo 12, comma 4, del D. Lgs. 65/2017 che ha introdotto il nuovo sistema integrato 0-6 anni. Si è tenuto conto di "numero di iscritti", "popolazione tra zero e sei anni", con priorità per i Comuni "privi o carenti di scuole dell'infanzia statali".

 I commi 2 e 3 dell'articolo in commento provvedono alla copertura finanziaria mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate provenienti dall'incremento dell'accisa minima di cui all'articolo 14, n. 1, secondo periodo, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011. Più in particolare, l'incremento previsto, da 30 a 50 euro, è relativo al chilogrammo convenzionale, per i tabacchi lavorati di cui all'articolo 39-bis, comma 1, lettera b), di peso inferiore a 3 grammi (sigaretti).

Si ricorda che l'accisa minima (lettera b, comma 5, articolo 39-octies del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504) di cui si prevede l'incremento è stata fissata, a decorrere dal 1° gennaio 2020, in 37 euro dall'art. 1, comma 659, lett. a), n. 1) della legge di bilancio 2020. Occorrrebbe pertanto modificare il riferimento di 30 euro con il vigente di 37 euro.

 

L'articolo 11 esenta dal pagamento del contributo unificato i processi per le controversie in materia di violazione dei divieti di discriminazione di cui al codice delle pari opportunità tra uomo e donna (D.Lgs. 11/04/2006, n. 19811 aprile 2006, n. 198).

La disposizione introduce  quindi – aggiungendo i commi 3-bis e 3-ter all'articolo 10 del TU spese di giustizia ( dPR 30 maggio 2002, n. 115) - due nuove ipotesi di esenzione dall'obbligo di pagamento del contributo unificato dei processi:

L'articolo 36 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna) prevede che chi intende agire in giudizio per opporsi ad ogni comportamento discriminatorio posto in essere possa ricorrere, avanti al Tribunale, in funzione del Giudice del Lavoro, sia direttamente che delegando il Consigliere di parità, per la tutela dei propri diritti. Le azioni individuali possono esser precedute dalle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, oppure ex art. 410 c.p.c. (con facoltà di assistenza, in quest'ultimo caso, dei Consiglieri di parità). L'art. 36, comma 2, prevede che " le consigliere o i consiglieri di parità provinciali e regionali competenti per territorio hanno facoltà di ricorrere innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro o, per i rapporti sottoposti alla sua giurisdizione, al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti, su delega della persona che vi ha interesse, ovvero di intervenire nei giudizi promossi dalla medesima". La norma introduce un'ipotesi di sostituzione processuale, che presuppone la delega della persona interessata e stabilisce poi la possibilità, per il Consigliere di parità, di intervenire nei giudizi promossi in via autonoma dalla medesima persona. L'art. 37 riguarda invece le ipotesi di discriminazioni collettive e stabilisce che i Consiglieri di parità regionali e, nei casi di rilevanza nazionale, il Consigliere di parità nazionale, qualora " rilevino l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori diretti o indiretti di carattere collettivo...anche quando non siano individuabili in modo immediato e diretto le lavoratrici o i lavoratori lesi dalle discriminazioni", possono, dopo l'eventuale esperimento di un tentativo di conciliazione (comma 1), proporre ricorso al Giudice del lavoro o al Tribunale Amministrativo Regionale (comma 2), eventualmente anche in via d'urgenza (comma 4).

Con riguardo al contributo unificato si ricorda che tale entrata tributaria erariale ai sensi dell'articolo 9 del dpr n. 115/2002 "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia", ha sostituito le imposte di bollo sugli atti, la tassa d'iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria e quelli di chiamata in causa dell'Ufficiale Giudiziario. Il contributo è un prelievo coattivo volto al finanziamento delle «spese degli atti giudiziari» ed è commisurato forfetariamente al valore dei processi (comma 2 dell'art. 9 e tabella 1 allegata alla legge) e non al costo del servizio reso od al valore della prestazione erogata. Il contributo unificato è stato inizialmente introdotto per il processo civile, amministrativo e penale, ed è stato successivamente esteso al processo tributario nel 2011: l'attuale formulazione dell'art. 9, 1° comma, d.p.r. n. 115 del 2002, precisa, infatti, che "è dovuto il contributo unificato di iscrizione a ruolo per ciascun grado di giudizio nel processo civile, compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione, nel processo amministrativo e nel processo tributario". L'art. 9, comma 1-bis, d.p.r. n. 115 del 2002 subordina l'obbligo di versamento del contributo unificato, in materia di "previdenza ed assistenza obbligatoria" e di "controversie individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego", alla titolarità di un "reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, superiore a tre volte l'importo previsto dall'articolo 76". Pertanto, la parte privata sarà tenuta ad assolvere l'obbligo tributario solo al superamento della soglia prescritta, mentre sarà esente da contributo la parte il cui reddito è al di sotto di tale importo. La determinazione del contributo unificato è regolata dall'art. 13 del d.p.r. n. 115 del 2002, il quale prevede dei criteri differenziati per il processo civile, amministrativo e tributario. L'esenzione dal contributo unificato è disciplinata dall'art. 10 del d.p.r. n. 115 del 2002, che adotta due differenti criteri: da un lato, prevede l'esenzione dal contributo per alcuni procedimenti giudiziali espressamente individuati dal legislatore; dall'altro, estende l'esenzione dal tributo ai procedimenti già esenti da "imposta di bollo o da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura".

 

 


La proposta di legge A.C. 1320

Contenuto

 

La proposta di legge C. 1320 (Boldrini ed altri) – che si compone di 24 articoli suddivisi in sei Capi - reca disposizioni volte a sostenere l'occupazione e l'imprenditoria femminile, anche attraverso la previsione di sgravi contributivi, agevolazioni fiscali e misure per favorire la conciliazione vita-lavoro.

L'articolo 1 elenca specifiche misure volte ad incentivare la natalità mediante contributi alle spese sostenute dalle future madri, sia con cittadinanza italiana, sia con cittadinanza di altro Stato membro dell'Unione europea o di Stati non membri dell'Unione, purché residenti in Italia e titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

In proposito la norma cita lo status previsto dall'articolo 9 del testo unico di cui al D. Lgs. n. 286/1998 sull'immigrazione: allo straniero, se soggiornante da almeno 5 anni con regolare permesso di soggiorno e con mezzi sufficienti al sostentamento proprio e dei propri familiari, viene riconosciuta una carta di soggiorno a tempo indeterminato. La circolare INPS n. 93/2015 ha fornito più in dettaglio chiarimenti sui requisiti soggettivi dei richiedenti i benefici, includendo anche i soggetti non residenti ai quali è riconosciuta l'assistenza sociale e sanitaria, ovvero gli stranieri aventi lo status di rifugiato politico.

Le misure previste dal comma 1 sono a decorrere dal 1° gennaio 2019. Al riguardo andrebbe aggiornata la data di decorrenza.

Tali misure, riconosciute anche per i figli adottivi, purchè residenti in Italia, sono:

a) un premio alla nascita o all'adozione di un minore corrispondente all'importo una tantum di 960 euro. Il premio dovrà essere corrisposto in un'unica soluzione dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), su domanda della futura madre, al compimento del settimo mese di gravidanza o alla nascita ovvero all'atto dell'adozione o dell'affidamento preadottivo, a condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente il premio sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 25.000 euro annui, in base alla normativa di cui al regolamento sancito dal DPCM n. 159/2013;

In proposito, la legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 353, della legge 232/2016) ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un premio alla nascita o all'adozione di minore, pari ad 800 euro, come assegno una tantum corrisposto in unica soluzione dall'INPS a domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione.

b) un assegno di importo pari a 960 euro annui (80 euro al mese per 12 mesi), per ogni figlio nato o adottato, erogato su base mensile a decorrere dal mese di nascita o di adozione. Per ogni figlio successivo al primo, nato o adottato successivamente al 1° gennaio 2019 (anche in questo caso si valuti l'opportunità di aggiornare la decorrenza della misura in esame), l'importo dell'assegno è aumentato del 20%. L'assegno è corrisposto dall'INPS, a domanda, fino al compimento del terzo anno di età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione. L'Istituto, chiamato a provvedere alle relative attività con le risorse disponibili a legislazione vigente, corrisponde l'assegno a condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente presenti una condizione economica ai fini ISEE non eccedente i 25.000 euro annui. La misura raddoppia ad un valore di 1.920 euro annui (160 euro al mese per 12 mesi) in caso di valori ISEE non eccedenti i 7.000 euro annui.

Considerato che la legge di bilancio 2020 ha rinnovato per tale anno l'assegno di natalità (qui la sintesi), appare opportuno un coordinamento tra tali previsioni e le nuove disposizioni previste alla lett. b) del comma 1 in esame, sia con riferimento ai termini di decorrenza sia rispetto all'entità dei limiti di spesa indicati complessivamente al successivo comma 5.

c) un buono di 1.000 euro su base annua, parametrato a undici mensilità, per ogni figlio nato o adottato, utilizzabile per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici e privati nonché di forme di ausilio e di assistenza, presso l'abitazione del genitore richiedente, in favore dei bambini di età inferiore a 3 anni, affetti da malattie croniche gravi. Il buono, anche in questo caso, è corrisposto dall'INPS al genitore richiedente, previa presentazione di idonea documentazione che attesti l'iscrizione e il pagamento della retta a strutture pubbliche o private. Il riconoscimento del buono è condizionato al fatto che il nucleo familiare di appartenenza dello genitore che ne fa richiesta non ecceda, a fini ISEE, i 25.000 euro annui.

In merito, la legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 355, della legg 232/2017) ha introdotto, a decorrere dal 2017, l'erogazione di un buono di 1.000 euro su base annua, corrisposti in 11 mensilità (pari quindi a circa 90,9 euro mensili), per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati. Il beneficio è stato successivamente modificato dalla legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 488, della legge 145/2018), che lo ha innalzato da 1.000 a 1.500 euro su base annua ed esteso a ciascun anno del triennio 2019-2021. Da ultimo, la legge di bilancio per il 2020 (L. n. 160 del 2019, art.1, commi 343 e 344) ha innalzato i limiti di spesa precedentemente previsti che, per il 2020, arrivano ad un massimo di 520 milioni di euro. In sintesi, le modalità di attuazione della misura sono state stabilite dal DPCM 17 febbraio 2017 e i benefici sono cumulabili con i voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting

Il comma?2 prevede la clausola di non imponibilità a fini fiscali delle somme erogate nei termini sopra esposti, stabilendo che gli importi percepiti non concorrono alla formazione del reddito complessivo come determinato dall'articolo 8 del TUIR (DPR 917/1986), né sono considerati rilevanti in sede di verifica dei limiti di reddito complessivo di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del medesimo testo unico, e pertanto non devono essere inseriti nella dichiarazione dei redditi dei soggetti beneficiari. Viene conseguentemente abrogata la disciplina dei benefici a sostegno deIla natalità già previsti ai commi 353 (premio alla nascita o all'adozione di minore) e 355 (buono asili nido) dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (comma 3). Viene demandata ad un DPCM la definizione delle norme di attuazione, entro 30 giorni dall'entrata in vigore delle disposizioni in esame (comma 4), con un limite di risorse stabilite come massimo di spesa complessiva per i benefìci sopra indicati entro il tetto di 344 milioni di euro per l'anno 2019 e di 1.330 milioni di euro annui a decorrere dal 2020 (comma 5).

L'INPS deve provvedere al monitoraggio dei maggiori oneri inviando relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze (comma 6), per consentire, in sede di attuazione delle misure, la ridefinizione con decreto dell'importo dei benefìci e dei valori dell'ISEE in caso di scostamenti rispetto alle previsioni di spesa.

 

L’articolo 2 dispone - in relazione alle lavoratrici dipendenti assunte a tempo determinato e indeterminato (il cui reddito lordo dichiarato per il periodo d'imposta antecedente quello in cui si è verificato il parto non sia superiore a 80.000 euro) e nel limite di spesa di 30 milioni di euro annui - l’erogazione da parte dell’INPS di un’indennità pari al trattamento di integrazione salariale nel periodo intercorrente tra la fine del congedo obbligatorio e i trenta mesi dopo il parto, nonché l’esonero per i datori di lavoro dal versamento di una quota della contribuzione dovuta per un importo pari alla contribuzione figurativa relativa al trattamento integrativo.

 

L'articolo 3 prevede che, a decorrere dal 2019, la dotazione del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e istruzione – istituito dal d.lgs. 65/2017, e per il quale si rinvia alla scheda relativa all'art. 10 dell'A.C. 1675 - è aumentata a € 500 mln annui dal 2019.

 Al riguardo, occorrerebbe aggiornare la decorrenza dell'onere.

 

L’articolo 4 prevede la corresponsione di un buono per l’acquisto di servizi di babysitting o per il pagamento delle rette dei servizi per l’infanzia. Il buono è riconosciuto - nel limite di spesa di 50 milioni di euro annui - alle lavoratrici, anche autonome o imprenditrici, per gli undici mesi successivi al compimento del periodo del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale. La definizione della disciplina e dell’importo del predetto buono è demandata ad apposito decreto ministeriale.

 

L'articolo 5 dispone un incremento dei massimali per la detrazione delle spese relative ai servizi domestici e all'assistenza personale o familiare.

In particolare il comma 1 stabilisce che dall'imposta lorda si detrae, fino a concorrenza del suo ammontare complessivo, un importo pari al 40 per cento della spesa effettivamente sostenuta per gli addetti ai servizi domestici e all'assistenza personale o familiare assunti con contratto di lavoro subordinato, a titolo di retribuzioni mensili e annuali e di trattamento di fine rapporto.

Il comma 2 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attuazione della disposizione.

 

L’articolo 6 modifica talune disposizioni in merito ai congedi parentali. In particolare:

§  aumenta dall’80 al 90 per cento la percentuale di retribuzione a cui è parametrata l’indennità del congedo di maternità, e dispone che la quota integrativa fino al raggiungimento dell'importo del trattamento economico complessivamente previsto dal contratto di lavoro resta a carico del datore di lavoro;

§  aumenta dal 30 al 40 per cento la percentuale di retribuzione a cui è parametrata l’indennità del congedo parentale;

§  prevede la corresponsione dell’intera retribuzione nei primi venti giorni di congedo per malattia del figlio

Per la copertura dei relativi oneri, pari a 1.395 milioni di euro annui, si rinvia alla scheda di lettura sull’articolo 24.

 

L’articolo 7 dispone che il congedo di paternità obbligatorio si applichi anche al padre lavoratore dipendente pubblico e abbia una durata, a regime, pari a 15 giorni consecutivi da fruire entro i dodici mesi successivi alla nascita del figlio (o, in caso di adozione o di affidamento nazionale o internazionale, all'ingresso del minore in famiglia o in Italia). La disciplina applicabile al suddetto congedo è quella dettata dal DM 12 dicembre 2012.

Al riguardo si segnala che tale decreto prevede che il suddetto congedo sia goduto entro cinque mesi dalla nascita del figlio.

Per la copertura dei relativi oneri, pari a 82,2 milioni di euro annui, si rinvia alla scheda di lettura sull’articolo 24.

Si ricorda, inoltre, che la legge di bilancio 160/2019 ha prorogato per il 2020 entrambi i congedi obbligatorio e facoltativo per il padre, disponendo che per il 2020 essi abbiano una durata, rispettivamente, di 7 giorni e di 1 giorno.

 

L’articolo 8 reca la delega al Governo per il riordino e il superamento delle attuali disparità di trattamento tra lavoratrici dipendenti e lavoratrici autonome derivanti dall’applicazione delle disposizioni in materia di tutela della maternità e della paternità.

 

L’articolo 9 prevede la concessione di un esonero dal versamento del 40 per cento dei contributi previdenziali - per un periodo massimo di dodici mesi e nel limite massimo di 3.250 euro annui - per i datori di lavoro che, nelle regioni del Mezzogiorno, assumono donne con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato (esclusi l’apprendistato, il lavoro domestico ed il settore del lavoro agricolo). Tale esonero non è cumulabile con altri (comma 1).

Viene, inoltre, reso stabile dal 2019 (termine da aggiornare) il sistema sperimentale previsto per il triennio 2016-2018 dall’art. 25, c. 1, del D.Lgs. 80/2015 che destina una quota delle risorse del Fondo per la contrattazione di secondo livello a finalità di conciliazione vita-lavoro. La quota destinata è pari a 35 milioni di euro annui (comma 2).

Alle imprese che attuano un piano di azione per la rimozione del divario retributivo e delle disparità di trattamento è riconosciuto anche un credito di imposta pari al 50 per cento di determinate spese sostenute, entro il limite di spesa annuo di 10 milioni di euro. Ai fini del riconoscimento di tale ultimo beneficio, la norma introduce specifici obblighi informativi a carico del datore di lavoro (sul punto cfr. scheda relativa all’art. 21) (comma 3).

 

L’articolo 10 prevede che le ferie possano essere cedute a titolo gratuito a favore dei lavoratori che assistono i propri figli (non più solo i figli minori come attualmente previsto dall’art. 24 del D.Lgs. 151/2015) e anche familiari disabili (il coniuge o un parente entro il secondo grado disabile con inabilità pari o superiore al 66 per cento).

 

L’articolo 11 dispone che ai fini della determinazione dei premi di produttività vengano computati anche il periodo obbligatorio di congedo di maternità nonché i riposi giornalieri della madre e del padre, il periodo di assistenza svolto a titolo gratuito e volontario nei confronti del coniuge, dell'altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, di un familiare entro il terzo grado non autosufficiente.

 

L’articolo 12 prevede la concessione - per un periodo massimo di trentasei mesi, nel limite massimo di 4.000 euro annui ed entro determinati limiti di spesa - ai datori di lavoro e alle cooperative sociali che dal 2019 (termine da aggiornare) assumono a tempo indeterminato donne vittime di violenza di genere o domestica o ex detenute di un contributo a titolo di sgravio dei contributi e dei premi dovuti in relazione a tali assunzioni.

Inoltre, viene demandata ad un decreto ministeriale l’individuazione di ulteriori facilitazioni per l'inserimento lavorativo nel luogo di trasferimento in favore delle donne vittime di violenza domestica debitamente certificata e per il reinserimento lavorativo delle donne in uscita da situazioni di violenza.

Sul punto si ricorda che la legge di bilancio per il 2018 ha riconosciuto un contributo - nel limite massimo di importo pari a 350 euro su base mensile - alle cooperative sociali per l’assunzione di donne vittime di violenza di genere, inserite in appositi percorsi di protezione debitamente certificati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati nel 2018. Il contributo è riconosciuto per un periodo massimo di trentasei mesi (quindi fino al 2020), entro il limite di spesa di un milione di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 a titolo di sgravio delle aliquote per l'assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale dovute.

 

L’articolo 13 introduce disposizioni per promuovere l’accesso al mercato del lavoro degli orfani delle vittime di crimini domestici, disponendo al comma 1 l’applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni sul collocamento mirato di cui alla L. 68/1999.

Il comma 2 incrementa di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2019 la dotazione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici. È inoltre specificato che una quota pari al 20 per cento della dotazione del medesimo Fondo sia riservata alle finalità di rafforzare la tutela dei minori orfani per crimini domestici e di rispondere all'aumentato bisogno di risorse finanziarie da parte dei soggetti loro affidatari.

Si ricorda che l'art. 14 della legge n. 122 del 2016 ha destinato il c.d. Fondo antimafia e antiusura anche all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti. La legge n. 4 del 2018 recante disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici (come successivamente modificata, da ultimo dal c,d, Codice rosso, legge n. 69 del 2019) è intervenuta sul Fondo (art. 11) incrementandone la dotazione di 7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, e destinando tale incremento alle seguenti finalità: a) 2 milioni di euro all'erogazione di borse di studio in favore degli orfani per crimini domestici e finanziamento di iniziative di orientamento, di formazione e di sostegno per l'inserimento dei medesimi nell'attività lavorativa. In particolare, almeno il 70% di questo stanziamento deve essere destinato agli interventi in favore dei minori e che la quota restante, ove ne ricorrano i presupposti, agli interventi in favore dei soggetti maggiorenni economicamente non autosufficienti; b) 5 milioni di euro a misure di sostegno e di aiuto economico in favore delle famiglie affidatarie dei minori orfani per crimini domestici. Il regolamento recante i criteri e le modalità di utilizzazione delle risorse (previsto dall'articolo 11 della legge n. 4 del 2018) non è stato ancora emanato. Da ultimo la legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha incrementato di 1 milione di euro per il 2020 le dotazioni del Fondo per gli indennizzi alle vittime dei reati, con particolare riferimento al sostegno economico degli orfani per crimini domestici e delle famiglie affidatarie.

 

L'articolo 14, comma 1, incrementa la dotazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019, destinando le predette risorse alla Sezione speciale Imprenditoria femminile del medesimo Fondo.

Ai sensi del comma 2, una quota pari al 70 per cento dell'incremento della dotazione del Fondo di cui al comma 1 è riservata alle nuove imprese start-up femminili. Ulteriori risorse destinate alla medesima finalità possono essere individuate a valere sugli stanziamenti disponibili del programma operativo nazionale «Imprese e competitività 2014-2020» gestiti dal Ministero dello sviluppo economico.

Il comma reca poi la definizione di imprese femminili, richiamando quella contenuta nell'articolo 53, comma 1, lettera a), del D.lgs. n. 198/2006, nonché la definizione di startup femminili vigente a livello di disciplina convenzionale attuativa (cfr. infra, ricostruzione normativa).

Il comma 4 reca la copertura finanziaria dell'onere di cui al comma 1, pari come detto a 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019.

Con riferimento al comma 1 e al comma 4, si segnala l'opportunità di aggiornare la decorrenza dell'onere e, conseguentemente, riformulare la relativa copertura.

Il Fondo di garanzia per le PMI costituisce uno dei principali strumenti finalizzati a facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, garantendone la liquidità attraverso un sostegno in garanzia per la contrazione di finanziamenti. Con l'intervento del fondo, l'impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive (e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative) sugli importi garantiti dal Fondo stesso.

La Sezione Speciale "Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità" (cd. Sezione Speciale "imprenditoria femminile") è stata istituita ai sensi del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, 26 gennaio 2012 e dell'Atto di Convenzione del 14 marzo 2013 tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari opportunità, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze. L'atto di convenzione è stato successivamente integrato da un Atto aggiuntivo, sottoscritto in data 2 dicembre 2014 e approvato con decreto della Presidenza del Consiglio - Dipartimento per le Pari Opportunità, del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'economia e finanze del 20 aprile 2015.

La Sezione speciale è destinata alla concessione dell'intervento in garanzia a favore delle Imprese femminili e delle donne rientranti tra i Professionisti. L'atto di convenzione ha fissato il plafond iniziale della Sezione in 10 milioni di euro.

La Sezione è finalizzata a interventi del Fondo in favore delle Imprese femminili, mediante la concessione di agevolazioni nella forma di garanzia diretta, di cogaranzia e di controgaranzia del Fondo, a copertura di operazioni finanziarie finalizzate all'attività di impresa.

Le imprese femminili (ai sensi di quanto stabilito dall'art. 53, comma 1, lett. a) D.Lgs. n. 198/2006) sono le micro, piccole e medie imprese con le seguenti caratteristiche:

In favore delle imprese Start up femminili è riservata una quota pari al 50 per cento della dotazione della Sezione speciale "Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari opportunità". Tale riserva può subire modifiche in aumento o in diminuzione sulla base di opportune valutazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Sono start up femminili, ai sensi della Convenzione, le PMI aventi  i requisiti sopra indicati che sono state costituite o hanno iniziato la propria attività da meno di tre anni rispetto alla data di presentazione della richiesta di ammissione alla garanzia del Fondo, non valutabili dal Gestore del Fondo sulla base dei dati contabili relativi agli ultimi due esercizi chiusi, come risultanti dalle ultime due dichiarazioni fiscali presentate dall'impresa.

La circolare n. 11/2015 del Mediocredito Centrale, che ha reso operativa l'estensione degli interventi della Sezione speciale alle donne professioniste, definisce tale categoria. Le donne professioniste sono quelle iscritte agli ordini professionali o aderenti alle associazioni professionali iscritte nell'elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi della L. n. 4/2013 e in possesso dell'attestazione rilasciata ai sensi della medesima legge.

Alle imprese femminili e alle donne professioniste sono riservate condizioni speciali vantaggiose per la concessione dell'intervento in garanzia del Fondo, e, in particolare:

Per tutto ciò che non è esplicitamente previsto dalla specifica regolamentazione della Sezione Speciale per le Pari Opportunità, vale la normativa ordinaria del Fondo contenuta nelle Disposizioni operative in vigore (approvate con D.M. 13 febbraio 2019).

I contributi della Presidenza del Consiglio dei sono versati sul conto corrente infruttifero n. 22034 intestato al Medio Credito Centrale S.p.A. rubricato Fondo di Garanzia PMI, aperto presso la Tesoreria Centrale dello Stato.

 

L'articolo 15, al comma 1, lettera a), dispone la costituzione di un'apposita Sezione del Fondo crescita sostenibile finalizzata a finanziare la nascita e lo sviluppo, su tutto il territorio nazionale, di imprese femminili e di startup innovative a prevalente partecipazione femminile (nuova lettera c-quater), inserita nel comma 2 dell'articolo 23 del D.L. n. 83/2012).

Ai fini dell'accesso ai relativi finanziamenti, per la definizione di imprese femminili, si rinvia all'articolo 53, comma 1, lettera a), D.Lgs. 11 Aprile 2006, n. 198. Sono inoltre definite startup innovative a prevalente partecipazione femminile le società di capitali aventi sede nel territorio nazionale, iscritte nell'apposita sezione speciale del registro delle imprese e in possesso dei requisiti di cui all'articolo 25 del D.L. n. 179/2012 (L. n. 221/2012) le cui quote di partecipazione spettino in misura non inferiore a due terzi a donne e i cui organi di amministrazione siano costituiti almeno per i due terzi da donne (nuovo comma 3-quater nell'articolo 23 del D.L. n. 83/2012).

Ai sensi dell'articolo 53, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 11 Aprile 2006, n. 198 sono imprese femminili le micro, piccole e medie imprese con le seguenti caratteristiche:

Contestualmente, l'articolo, al comma 1, lettera b), interviene sulla norma, contenuta nell'articolo 30 del citato D.L. n. 83/2012 secondo la quale le risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI) istituito presso Cassa depositi e prestiti non utilizzate al 31 dicembre di ciascun anno, sono destinate alle finalità del Fondo per la crescita sostenibile, entro il limite massimo del 70 per cento (art. 30, D.L. n. 83/2012).

In particolare, si modifica la disposizione (comma 4 dell'articolo 30 del D.L. n. 83/2012) che demanda a decreti interministeriali del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dello sviluppo economico, sentita Cassa depositi e prestiti, la determinazione delle modalità di utilizzo e il riparto delle predette risorse tra gli interventi destinatari del Fondo per la crescita sostenibile, introducendo, al riguardo, la previsione per cui almeno il 15 percento delle risorse non utilizzate in questione deve essere destinato agli interventi per il finanziamento della nascita e lo sviluppo, su tutto il territorio nazionale, di imprese femminili e di startup innovative a prevalente partecipazione femminile.

 Il comma 2 dispone che con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti, nel rispetto della disciplina dell'Unione europea sugli aiuti di Stato, le modalità e i criteri per l'erogazione e il rimborso dei finanziamenti, anche mediante anticipazioni di tesoreria da estinguere entro l'esercizio finanziario a valere sulla dotazione del Fondo per la crescita sostenibile. Si osserva che le anticipazioni di tesoreria afferiscono all'erogazione dei finanziamenti e non dei rimborsi.

Il Fondo per la crescita sostenibile (FCS) costituisce uno dei principali strumenti di sostegno alla crescita produttiva e tecnologica del paese. Il Fondo è stato istituito dall'articolo 23 del D.L. n. 83/2012 - in luogo del precedente Fondo speciale rotativo sull'innovazione tecnologica FIT - nell'ambito dell'azione di riordino e razionalizzazione degli interventi a sostegno del sistema produttivo, facendovi confluire una serie di risorse stanziate da interventi autorizzativi di spesa, contestualmente oggetto di abrogazione (articolo 23 e Allegato I). A seguito di tale riordino, sul FCS si sono dunque concentrate una serie di fonti di finanziamento prima destinate ad eterogenei interventi di sostegno, i quali sono stati anch'essi razionalizzati.

Il Fondo, ai sensi dell'articolo 23, comma 2, del D.L. n. 83/2012 persegue le seguenti finalità:

Per ciascuna delle sopra indicate finalità del Fondo è stata istituita un'apposita sezione nell'ambito del Fondo stesso. Il Fondo per la crescita sostenibile prevede come forma di aiuto principe quella del finanziamento agevolato.

A tal riguardo, il D.M. 8 marzo 2013 ne ha definito le modalità operative, stabilendo, all'articolo 14, che gli aiuti sono concessi nella forma del finanziamento agevolato e, nei limiti e alle condizioni previsti dall'articolo 18, anche nelle seguenti forme: contributo in conto impianti, contributo in conto capitale, contributo diretto alla spesa, contributo in conto interessi, concessione di garanzia, partecipazione al capitale di rischio, bonus fiscale. La misura degli aiuti è fissata dai bandi o direttive di cui all'articolo 15 del D.M. in percentuale delle spese ammissibili e nel rispetto delle intensità massime stabilite dalla normativa comunitaria.

Il Fondo opera come fondo rotativo. Infatti, il comma 8 dell'articolo 23 dispone che i provvedimenti di revoca a valere sui finanziamenti del Fondo affluiscano all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati nel medesimo importo alla contabilità speciale del Fondo stesso, operativa per l'erogazione di finanziamenti agevolati (contabilità n. 1201). Il Fondo si alimenta anche con i rientri dei finanziamenti già erogati. I rientri iscritti all'entrata vengono assegnati al capitolo 7483/MISE per essere poi trasferiti alla contabilità speciale. Mentre, sul capitolo 7342/pg6 confluiscono risorse della contabilità speciale per poi essere assegnate ad interventi agevolativi.

 

L'articolo 16 sostituisce l'articolo 12 della L. n. 215/1992 recante azioni positive per l'imprenditoria femminile. L'articolo 12, nella sua formulazione vigente, dispone che le regioni, anche a statuto speciale, nonché le province autonome di Trento e di Bolzano attuano, in accordo con le associazioni di categoria, programmi che prevedano la diffusione di informazioni mirate e di servizi di consulenza e di assistenza tecnica e di supporto alle attività agevolate per lo sviluppo dell'imprenditoria femminile.

Tale disciplina viene, dall'articolo in esame, integrata con la previsione per cui l'attuazione dei programmi è realizzata anche in accordo con le camere di commercio, oltre che con le associazioni di categoria.

Inoltre, i programmi debbono essere anche finalizzati alla diffusione delle conoscenze in materia di investimenti, sistemi di pagamento e pianificazione finanziaria nonché la realizzazione di servizi di educazione finanziaria, di formazione all'impiego degli strumenti digitali e delle tecniche di gestione aziendale, anche al fine di promuovere condizioni per l'eguaglianza delle opportunità nell'utilizzo della rete internet e per lo sviluppo di una cultura dell'innovazione e della creatività.

Rimane ferma la previsione per cui, per la realizzazione di tali programmi, le regioni possono stipulare convenzioni con enti pubblici e privati che abbiano caratteristiche di affidabilità e consolidata esperienza in materia e che siano presenti nell'intero territorio regionale.

L'articolo 12 come sostituito dalla norma qui in commento autorizza inoltre la spesa di 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019 per la realizzazione dei programmi da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, recando la relativa copertura finanziaria.

Si osserva l'opportunità di aggiornare la decorrenza dell'onere e conseguentemente, riformulare la relativa copertura.

 Circa il riparto tra le regioni delle risorse autorizzate per le finalità di cui sopra, l'articolo dispone che il Ministro dello sviluppo economico determina con proprio decreto, entro il 31 gennaio di ogni anno, la quota di risorse finanziarie statali da destinare a ciascuna regione o provincia autonoma ai fini dell'attuazione dei programmi di cui al comma 1. Tale determinazione è effettuata ripartendo le risorse disponibili sulla base della quota di popolazione femminile residente ponderata, in misura direttamente proporzionale, con l'indice di disoccupazione femminile, secondo l'ultima rilevazione ufficiale disponibile, nonché sulla base di ulteriori criteri stabiliti mediante intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano

 Il criterio di riparto è analogo a quello già utilizzato dall'articolo 11 del D.P.R. 28 luglio 2000, n. 314, Regolamento per la semplificazione del procedimento relativo agli interventi a favore dell'imprenditoria femminile.

Si ricorda che la Corte Costituzionale ha avuto modo di affrontare la tematica della legittimità di norme dirette alla istituzione di fondi speciali in materie riservate alla competenza esclusiva o concorrente delle Regioni (tra le altre, sentenze n. 231, n. 51 e n. 31 del 2005, n. 423 del 2004). La Corte ha precisato che non è consentita, nelle suddette materie, l'istituzione di fondi speciali o comunque la destinazione, in modo vincolato, di risorse finanziarie, laddove non vengano lasciate alle Regioni e agli enti locali spazi di manovra. E ciò anche nell'ipotesi in cui siano previsti interventi finanziari statali, nelle medesime materie, destinati direttamente a soggetti privati. Diversamente, attraverso l'imposizione di precisi vincoli di destinazione nell'utilizzo delle risorse da assegnare alle Regioni, si violerebbero i «criteri e limiti che presiedono all'attuale sistema di autonomia finanziaria regionale, delineato dal nuovo art. 119 della Costituzione, che non consentono finanziamenti di scopo per finalità non riconducibili a funzioni di spettanza statale» (sentenza n. 423 del 2004).

In ogni caso, si fa presente che la previsione contenuta nell'articolo 12 - che dispone l'obbligo di azioni positive per garantire ed implementare le competenze imprenditoriali femminili e la presenza delle donne nel settore imprenditoriale- appare anche rientrare negli interventi legislativi volti alla promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso ed esercizio delle attività imprenditoriali, in ossequio al principio di uguaglianza sostanziale sancito dall'articolo 3 della Costituzione. 

 

L’articolo 17 apporta talune modifiche testuali all’articolo 4 del decreto legislativo n.4 del 2012 che ha ridefinito la figura dell’imprenditore ittico.

La versione attuale dell’articolo richiamato prevede, al comma 1, che possa qualificarsi imprenditore ittico colui che è titolare della licenza di pesca e che esercita professionalmente, sia in forma singola che in forma associata l’attività di pesca come definita dall’articolo 2 del medesimo decreto legislativo e le relative attività connesse.

Il comma 2 equipara agli imprenditori ittici le cooperative di imprenditori ittici e i loro consorzi qualora utilizzino prevalentemente i prodotti dei soci o forniscano loro beni e servizi diretti allo svolgimento dell’attività di pesca.

Il comma 3 equipara all’imprenditore ittico l’acquacoltore che esercita, in forma singola o associata, l’attività come definita nell’art. 3 del decreto legislativo.

Il comma 4 contiene una norma di rinvio nel senso di prevedere che, fatte salve le disposizioni più favorevoli vigenti nel settore ittico, si applicano all’imprenditore ittico le disposizioni concernenti l’imprenditore agricolo.

Il testo prosegue, poi, prevedendo l’applicabilità delle disposizioni della vigente normativa in materia di iscrizioni, abilitazioni ed autorizzazioni (comma 5), la possibilità di avvalersi dell’autocertificazione ai fini di ogni adempimento tecnico e formale (comma 6) nonché l’applicabilità dei pertinenti contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali e di categoria comparativamente più rappresentative ai fini dell'applicazione delle agevolazioni fiscali e previdenziali e della concessione di contributi nazionali e regionali (comma 7). Infine il comma 8 prevede che le concessioni di aree demaniali marittime e loro pertinenze, di zone di mare territoriale, destinate all'esercizio delle attività di acquacoltura, sono rilasciate per un periodo iniziale di durata non inferiore a quella del piano di ammortamento dell'iniziativa cui pertiene la concessione.

L’articolo in esame interviene aggiungendo al comma 4 due disposizioni:

-        la prima rende applicabile all’imprenditore ittico, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nell’art. 230-bis del codice civile relative all’impresa familiare;

-        la seconda consiste nell’aggiungere un ulteriore comma 4-bis secondo il quale, salvo che sia configurabile un diverso rapporto, si applica la qualifica di coadiuvante dell’impresa di pesca, ai sensi dell’art. 230-bis del codice civile, al familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nell'impresa ittica.

L’art. 230-bis del codice civile disciplina l’impresa familiare prevedendo che il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Le decisioni che riguardano l'impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle che riguardano la gestione straordinaria, gli indirizzi produttivi e la cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all'impresa stessa.

Si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo. Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore del coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo. Esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro, e, in caso di alienazione dell'azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità, determinate, in difetto di accordo, dal giudice.

In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i partecipi di cui al primo comma hanno diritto di prelazione sull'azienda. Si applica, nei limiti in cui è compatibile, la disposizione dell'articolo 732.

Le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura sono regolate dagli usi che non contrastino con le precedenti norme.

Si ricorda, inoltre, che la legge 9 gennaio 1963, n.9 prevede all’articolo 11 che, entro il 31 marzo ciascun anno, sono compilati, a cura degli Uffici provinciali del Servizio per i contributi agricoli unificati, gli elenchi comunali relativi all’anno precedente dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, nonché degli appartenenti ai rispettivi nuclei familiari (c.d. coadiuvanti) che siano soggetti all’obbligo dell’assicurazione per l’invalidità, vecchiaia e malattia.

Si ricorda, infine, che la legge 20 febbraio 2006, n. 96, recante disciplina dell'agriturismo, all’articolo 2, dove viene fornita la definizione di agriturismo, prevede, al comma 2, che possono essere addetti allo svolgimento dell'attività agrituristica l'imprenditore agricolo e i suoi familiari ai sensi dell'articolo 230-bis del codice civile, nonché i lavoratori dipendenti a tempo determinato, indeterminato e parziale. Gli addetti di cui al periodo precedente sono considerati lavoratori agricoli ai fini della vigente disciplina previdenziale, assicurativa e fiscale. Il ricorso a soggetti esterni è consentito esclusivamente per lo svolgimento di attività e servizi complementari.

Si segnala, infine, che la legge 3 maggio 1982, n.203, recante norme sui contratti agrari, prevede all’articolo 48 disposizioni in merito all’impresa familiare coltivatrice disponendo che:

-        il rapporto di mezzadria e, in presenza di impresa familiare coltivatrice, il rapporto di colonia parziaria e quello di affitto ed ogni altro rapporto agrario intercorrono tra concedente e famiglia coltivatrice, la quale è rappresentata nei confronti del concedente, se questi lo richiede, da uno dei suoi familiari;

-        il rapporto continua anche con un solo familiare, purché la sua forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo.;

-        per le obbligazioni assunte nello svolgimento del rapporto agrario, i familiari rispondono con i beni comuni. Delle obbligazioni stesse rispondono anche, personalmente e solidalmente, i familiari che hanno agito in nome e per conto della famiglia e, salvo patto contrario, anche gli altri;

-        qualora non sussista impresa familiare, il contratto può essere ceduto dal concessionario, anche senza il consenso del locatore, ad uno o più componenti la propria famiglia che continuino la diretta conduzione e coltivazione del fondo, purché già svolgano da almeno tre anni attività agricola a titolo principale.

 

L’articolo 18 prevede la proroga del regime cosiddetto opzione donna, disponendo che possano ricorrere a tale regime le lavoratrici che maturino i requisiti previsti – ossia, come attualmente previsto dal D.L. 4/2019, un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome) – entro il 31 dicembre 2019 (comma 1).

Si segnala che tale proroga è già prevista, alle medesime condizioni, dalla legge di bilancio per il 2020 (art. 1, c. 476, L. 160/2019).

 Contestualmente, si prevede l’estensione alle medesime lavoratrici della facoltà di cumulo dei periodi assicurativi non coincidenti, maturati in due o più forme di assicurazione obbligatoria, ai fini del conseguimento di un'unica pensione di vecchiaia, anticipata, di inabilità e ai superstiti (comma 2).

Per la copertura dei relativi oneri, pari a 82,2 milioni di euro annui, si rinvia alla scheda di lettura sull’articolo 24 (comma 3).

 

L’articolo 19 prevede la valorizzazione a fini contributivi dei periodi di maternità e di assistenza, per consentire alle donne di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, disponendo:

§  che i contributi figurativi riconosciuti alla lavoratrice per i periodi di tutela della maternità sono moltiplicati per due;

§  la contribuzione figurativa per il periodo di assistenza svolto a titolo gratuito e volontario nei confronti del coniuge, dell'altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto, di un familiare o di un affine entro il secondo grado ovvero, a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, di un familiare entro il terzo grado non autosufficiente.

 

L’articolo 20 estende il diritto ad accedere all’istituto dell’anticipo pensionistico (la cosiddetta “APE sociale”) al genitore in condizione invalidante a seguito dell’uccisione del figlio da parte dell’altro genitore.

 

L’articolo 21 introduce modifiche al codice delle pari opportunità tra uomo e donna (di cui al D.Lgs. 198/2006). In particolare:

§  inserisce tra le fattispecie discriminatorie tutti gli atti, anche di natura organizzativa e oraria che mettono la lavoratrice in una posizione di svantaggio o ne limitano lo sviluppo di carriera rispetto alla generalità degli altri lavoratori;

§  prevede ulteriori obblighi gravanti sui datori di lavoro, pubblici e privati, tra i quali anche quello di prevedere corsi biennali di aggiornamento per l'eliminazione degli stereotipi di genere e tirocini per il reinserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere. Alle imprese private che realizzano i suddetti corsi di aggiornamento è riconosciuto un credito d’imposta del 50 per cento di determinate spese sostenute;

§  dispone che il rapporto sulla situazione del personale (concernente, tra l’altro, le differenze salariali tra i sessi e la composizione delle rispettive retribuzioni) sia redatto annualmente e non con cadenza biennale, al fine della redazione di un piano di azioni finalizzato a rimuovere le disparità di trattamento e a colmare il divario retributivo tra i sessi. Alle imprese private che realizzano il suddetto piano è riconosciuto un credito d’imposta del 50 per cento di determinate spese sostenute (sul punto cfr. scheda relativa all’art. 9.c.3).

 

L’articolo 22 prevede l’obbligo per le amministrazioni pubbliche e le imprese private di istituire programmi di controllo interno, finalizzati al rilevamento e alla prevenzione delle molestie e delle discriminazioni.

Al suddetto scopo, i medesimi soggetti nominano una figura responsabile tra il loro personale che assume l'incarico previa frequenza e superamento di uno specifico corso di formazione.

 

L'articolo 23, comma 1, al fine di rendere permanenti i criteri della legge Golfo-Mosca (legge n. 120 del 2011) sulla presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle società quotate, dispone la soppressione della prevista limitazione a sei mandati consecutivi del riparto degli amministratori basato sull'equilibrio tra i generi. (articoli 147-ter, comma 1-ter, terzo periodo e 148, comma 1-bis, secondo periodo, decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58)

Il comma 2 prevede che con regolamento il Governo adegui la disciplina del decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 2012, n. 251 (attuazione della disciplina concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società controllate dalle pubbliche amministrazioni) alle disposizioni introdotte dal presente articolo.

 

L'articolo 24 reca la copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni della proposta di legge in esame.

Il comma 1 reca la quantificazione degli oneri finanziari della proposta di legge, pari a 4,9 miliardi di euro per l'anno 2019, 8,6 miliardi per il 2020 e 9,4 miliardi a decorrere dall'anno 2021.

Alla relativa copertura la norma dispone che si provvede a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione – programmazione 2014-2020, nonché mediante i maggiori introiti derivanti da una serie di disposizioni indicate. Con riferimento alla formulazione si segnala che è necessario riferire gli oneri e le coperture agli esercizi finanziari 2020 e successivi.

Nello specifico:

a) aumento dell'aliquota dell'IRES dal 24 al 27,5 per cento (art. 77 del D.Lgs. n. 917 del 1986);

b) abrogazione dei commi 999-1006 della legge di bilancio 2018 (legge n.  205 del 2017) che hanno assoggettato i redditi di capitale e i redditi diversi conseguiti da persone fisiche al di fuori dell'esercizio dell'attività d'impresa, in relazione al possesso e alla cessione di partecipazioni societarie qualificate, a ritenuta a titolo d'imposta con aliquota al 26 per cento;

c) aumento della base imponibile dell'IRAP per le banche, le società finanziarie e le imprese di assicurazione, mediante la riduzione della quota degli interessi passivi che concorrono alla formazione del valore della produzione (articoli 6 e 7 del D.Lgs. n. 446 del 1997);

d) aumento dei canoni annui per i permessi di prospezione e di ricerca e per le concessioni di coltivazione e di stoccaggio di idrocarburi nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana (art. 18 del D. Lgs. N. 625 del 1996);

e) aumento dei proventi dai giochi (apparecchi da intrattenimento AWP e VLT) in modo da assicurare maggiori entrati pari a 500 milioni a decorrere dal 2019.

 Riguardo alla norma in esame, si segnala che essa non appare rispondente alle prescrizioni della legge di contabilità e di finanza pubblica, la quale richiede, per ciascun anno e per ogni intervento, l'esatta quantificazione degli oneri e l'individuazione di risorse certe poste a copertura.

In relazione all'utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la coesione, sarebbe opportuno un chiarimento in merito all'utilizzo di risorse in conto capitale per la copertura degli oneri del provvedimento.

Si ricorda, in merito, che la legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009) prevede, all'articolo 17, che ciascuna legge che comporti nuovi o maggiori oneri deve indicare espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, provvedendo alla contestuale copertura finanziaria dei medesimi oneri. Nel caso si verifichino nuove o maggiori spese rispetto alle previsioni, alla compensazione dei relativi effetti finanziari si provvede ai sensi dei commi 12-bis, 12-ter e 12-quater, che recano una specifica procedura per la compensazione degli oneri che eccedono le previsioni di spesa.

 

 


La proposta di legge A.C. 1345

Contenuto

 

La proposta di legge C. 1345 (Benedetti ed altri) – che si compone di un solo articolo - interviene sulle modalità di redazione del rapporto biennale, che deve essere presentato dalle aziende con più di cento dipendenti, relativo alla situazione del personale maschile e femminile.

 

La proposta di legge in esame interviene sull’articolo 46 del Codice delle pari opportunità (D.Lgs. 198/2006), estendendo l’obbligo di redigere il suddetto rapporto biennale alle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 25 dipendenti.

 

 


La proposta di legge A.C. 1732

Contenuto

 

La proposta di legge C. 1732 (Vizzini ed altri) – che si compone di cinque articoli – reca disposizioni in materia di redazione del rapporto biennale relativo alla situazione del personale maschile e femminile, di equilibrio tra i sessi negli organi delle società quotate in mercati regolamentati, nonché per la promozione della parità lavorativa e dell'occupazione femminile e per il sostegno della maternità.

 

L’articolo 1 estende alle aziende pubbliche e private che occupano almeno venti dipendenti l’obbligo di redigere un rapporto biennale sui vari aspetti inerenti le pari opportunità sul luogo di lavoro, inclusa la retribuzione (già previsto dall’articolo 46 del codice delle pari opportunità per le medesime aziende con più di cento dipendenti) e prevede l’istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un portale internet pubblico contenente i dati occupazionali e salariali aggregati di ogni azienda che ha redatto il rapporto, suddivisi per sesso.

Inoltre, prevede che il suddetto rapporto sia trasmesso direttamente, e non più per il tramite delle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità, alla Consigliera o al Consigliere nazionale di parità. Contestualmente, si elimina la trasmissione attualmente prevista al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Dipartimento delle pari opportunità.

 

L'articolo 2  proroga da tre a cinque i mandati in cui trovano applicazione per gli organi apicali delle società quotate le disposizioni in tema di tutela del genere meno rappresentato. A tal fine l'articolo modifica i commi 1-ter dell'articolo 147-ter e 1-bis dell'articolo 148 del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, TUF) che prevedono che il riparto degli amministratori e dei membri dell'organo di controllo delle società quotate sia effettuato in base a un criterio che assicuri l'equilibrio tra i generi.

Si rappresenta a tale proposito che i commi 302 e 303 della legge di bilancio 2020 hanno già esteso (a partire dal 1° gennaio 2020) da tre a sei i mandati in cui trovano applicazione per gli organi apicali delle società quotate le disposizioni in tema di tutela del genere meno rappresentato previste dalla legge n. 120 del 2011 (legge Golfo-Mosca).

 

L’articolo 3 introduce in via sperimentale l’esonero della durata di dodici mesi - nel limite massimo di 4.000 euro per ogni nuova assunzione, eventualmente comprensiva di percorsi di formazione o di riqualificazione - dal versamento dei contributi previdenziali per il datore di lavoro che, dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2022, assuma donne con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La durata dello sgravio è raddoppiata se il datore di lavoro assume, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, donne che hanno avuto figli nei dieci anni precedenti e che sono in stato di disoccupazione da almeno ventiquattro mesi.

 

L'articolo 4 introduce alcune agevolazioni in via sperimentale volte al sostegno della maternità e al contrasto dell'abbandono lavorativo femminile.

Il comma 1 dispone che in via sperimentale, per il periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2020 e per i due periodi d'imposta successivi, è riconosciuta una detrazione dall'imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, per:

Il comma 2 prevede che ai redditi di lavoro dipendente percepiti dalle madri lavoratrici dipendenti, alla condizione stabilita dal comma 4, si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionale e comunale con aliquota del 15 per cento per ventiquattro mesi dalla nascita del figlio. Ai redditi di lavoro autonomo percepiti dalle madri lavoratrici dipendenti, alla condizione stabilita dal comma 4, si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionale e comunale con l'aliquota del 5 per cento per ventiquattro mesi dalla nascita del figlio.

Il comma 3 definisce le modalità attraverso le quali sono attribuite le agevolazioni introdotte al comma 2.

Il comma 4 stabilisce che i benefici fiscali in esame sono riconosciuti esclusivamente alle madri lavoratrici che al termine del periodo di congedo di maternità, rinunciano alla fruizione, ove spettante, del congedo parentale.

Il comma 5 prevede che con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni per l'attuazione della disposizione in esame.

Sotto il profilo della formulazione del testo, si segnala che il comma 5 prevede che il provvedimento dell'Agenzia delle entrate dia l'attuazione al comma 5 stesso, mentre verosimilmente si intende che esso dia attuazione all'articolo; occorrerebbe pertanto valutare l'opportunità di sostituire la parola "comma" con la parola "articolo".

 

L'articolo 5 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni introdotte dalla proposta di legge in esame.

Si segnala, ai fini della formulazione della disposizione, che la norma non quantifica espressamente gli oneri complessivi derivanti dal provvedimento, ai fini della loro copertura finanziaria.

 Per quanto riguarda la copertura, ad essa si provvede:

- quanto a 300 milioni di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE) (lettera a).

Si evidenzia, al riguardo, che nella legge di bilancio 2020 il FISPE (cap. 3075/MEF) presenta una dotazione finanziaria per l'anno 2020 pari a 25 milioni, che risulterebbe pertanto insufficiente a garantire la copertura finanziaria degli oneri relativi a tale anno.

- quanto a 300 milioni di euro per gli anni 2021 e 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili in corso di gestione (art. 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014).

Si evidenzia, al riguardo, che nella legge di bilancio 2020 il Fondo in questione (cap. 3076/MEF) presenta una dotazione finanziaria pari a 66,2 milioni di euro per il 2021 e a 121,9 milioni di euro per il 2022, che risulterebbe pertanto insufficiente a garantire la copertura finanziaria degli oneri relativi a tali anni.

 

 


La proposta di legge A.C. 1925

Contenuto

 

La proposta di legge C. 1925 (CNEL) – che si compone di un solo articolo - interviene sulle modalità di redazione del rapporto biennale, che deve essere presentato dalle aziende con più di cento dipendenti, relativo alla situazione del personale e ai diversi aspetti inerenti le pari opportunità sul luogo di lavoro, nonché sulle sanzioni in caso di inottemperanza all’obbligo di presentazione del predetto rapporto.

 

La proposta di legge in esame interviene sull’articolo 46 del Codice delle pari opportunità (D.Lgs. 198/2006). In particolare, dispone che:

§  l’obbligo di redigere il suddetto rapporto biennale si configuri anche in capo alle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti. Inoltre, viene eliminata la previsione secondo la quale le aziende sono tenute a redigere almeno ogni due anni il rapporto, del quale, pertanto, viene stabilita la cadenza biennale (lett. a));

§  il suddetto rapporto deve essere redatto in modalità esclusivamente telematica (come già previsto dal D.M. 3 maggio 2018, all'art. 1, c. 3), contestualmente ampliando il novero dei soggetti destinatari della trasmissione del rapporto medesimo (lett. b));

§  in caso di mancata trasmissione del rapporto, da parte delle aziende, nei termini prescritti, l'ispettorato territoriale del lavoro invita le aziende stesse a provvedere entro sessanta giorni. Inoltre, in caso di inottemperanza, l'ispettorato applica una sanzione fino all'1 per cento del monte retributivo aziendale, mentre in caso di reiterazione dell'inottemperanza, si applica la sospensione per un anno dei benefìci contributivi e fiscali eventualmente goduti dall'azienda (lett. c));

§  il CNEL, con cadenza biennale, trasmette una relazione al Parlamento nella quale sono contenute considerazioni e proposte, anche legislative, volte a garantire effettive condizioni di pari opportunità di genere nel mercato del lavoro.

Si ricorda, in proposito, che l'articolo 38-septies, comma 3-bis, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità e finanza pubblica), dispone la trasmissione alle Camere, da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, di una relazione sulla sperimentazione - e, successivamente, sui risultati dell'adozione definitiva - di un bilancio di genere, per la valutazione del diverso impatto della politica di bilancio sulle donne e sugli uomini, in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito, anche al fine di perseguire la parità di genere tramite le politiche pubbliche, ridefinendo e ricollocando conseguentemente le risorse, tenendo conto anche dell'andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile.

 

 

 

 

 


Tabella di raffronto tra le proposte di legge

 


 

C. 522

Ciprini

C. 1675

Gelmini

C. 1320

Boldrini

C. 615

Gribaudo

C. 1732

Vizzini

C. 1345

Benedetti

C. 1925

CNEL

Sgravi contributivi

Esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali, per 36 mesi e nel limite massimo di 3.250 euro annui, per i datori di lavoro privati che hanno come dipendenti donne che usufruiscono del bonus di 150 euro mensili per 3 anni dopo il rientro dalla maternità (art. 7, c. 3)

Esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali, per 36 mesi e nel limite massimo di 6.000 euro annui, per i datori di lavoro che assumono donne negli anni 2019 e 2020. L’entità del beneficio è parametrata alla tipologia contrattuale (art. 2, c. 1)

 

 

 

Esonero per i datori di lavoro privati che avviano percorsi di sperimentazione del regime di lavoro agevolato, collegato a specifiche esigenze familiari, per la durata del regime di lavoro agevolato (art. 8, c. 2)

Esonero dal versamento del 40% dei contributi previdenziali per 12 mesi nel limite massimo di 3.250 euro annui per assunzioni a tempo indeterminato di donne nelle regioni del Mezzogiorno (art. 9, c. 1)

 

Esonero per i datori di lavoro dal versamento di una quota della contribuzione relativa al trattamento integrativo dovuto alla madre nel periodo intercorrente tra la fine del congedo obbligatorio e i 30 mesi dopo il parto (art. 2, c. 2 - cfr. art. 2, c. 1)

Cfr anche sezione “Violenza di genere” art. 12

 

 

 

 

Esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali per 12 mesi nel limite massimo di 4.000 euro annui per assunzioni di donne con contratto a tempo indeterminato effettuate dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2022 (art. 3)

 

 

 

Agevolazioni fiscali

Redazione annuale da parte delle aziende di un piano di azioni per la parità di trattamento retributivo a cui è legato il riconoscimento di una detrazione dall’imposta lorda pari al 50% di determinate spese documentate (art. 2, c. 4)

 

Riduzione al 4% dell'IVA per l'acquisto di alcuni prodotti di prima necessità per l'infanzia e per la terza età (art. 6, c. 1)

 

Innalzamento a 3.100 euro, dell’importo di alcune spese deducibili versate dal familiare che si prende cura del familiare assistito (art. 6, c. 3)

 

Riconoscimento dell'agevolazione fiscale prevista per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici alle imprese con un numero di lavoratori superiore a 15 unità che realizzano opere per l'erogazione di servizi socio-assistenziali per la prima infanzia, all'interno dell'azienda (art. 7, c. 1).

Redazione annuale da parte delle aziende di un piano di azioni per la parità di trattamento retributivo a cui è legato il riconoscimento di un credito d'imposta pari al 20% di determinate spese documentate (art. 3)

 

Aliquote IRPEF ridotte ai redditi di lavoro dipendente per le lavoratrici neoassunte (art. 2, c.2)

 

Detrazione forfetaria dall'imposta sui redditi aggiuntiva rispetto a quelle vigenti, nonché specifiche aliquote IRPEF, per le lavoratrici residenti nei territori con minore capacità fiscale (art. 4)

 

 

 

Incremento del 15% dell'agevolazione fiscale prevista per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici alle imprese con un numero di lavoratori superiore a 15 unità per la realizzazione di opere per l’erogazione di servizi socio-assistenziali per la prima infanzia all'interno dell'azienda (art. 11).

Redazione annuale da parte delle aziende di un piano di azioni per la parità di trattamento retributivo a cui è legato il riconoscimento di un credito d'imposta pari al 50% di determinate spese documentate (artt. 9, c. 3, e 21, c. 1, lett. d), n. 6))

 

Incremento dei massimali per la detrazione delle spese relative ai servizi domestici e all'assistenza personale o familiare (art. 5)

 

Detrazione dall'imposta lorda per le spese documentate sostenute per l'iscrizione dei figli ad asili nido, pubblici o privati e per il pagamento di attività di baby-sitting nonché per l'acquisto di beni di prima necessità per l'infanzia (art. 4, c. 1)

 

Imposta sostitutiva IRPEF e delle addizionali regionale e comunale con aliquota del 15% per 24 mesi dalla nascita del figlio per le madri lavoratrici dipendenti e del 5% per i redditi di lavoro autonomo (art. 4, c. 2).

 

 

Agevolazioni per accesso al pensionamento

I contributi figurativi riconosciuti alla lavoratrice per i periodi di tutela della maternità e per quelli di assistenza e cura del coniuge o del parente di primo grado sono moltiplicati per 2 (art. 8)

 

 

 

 

 

 

 

Proroga opzione donna per donne che maturano requisiti entro 31 dicembre 2020 (art. 9)

 

Alle lavoratrici dipendenti pubbliche e private, alle lavoratrici iscritte alla gestione separata e alle autonome sono riconosciuti 12 mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di 4 anni (art. 9)

 

 

 

I contributi figurativi riconosciuti alla lavoratrice per i periodi di tutela della maternità sono moltiplicati per due (art. 19)

 

Riconoscimento contribuzione figurativa per il periodo di assistenza svolto a titolo gratuito e volontario nei confronti di determinati soggetti (art. 19)

 

 

Proroga opzione donna per donne che maturano requisiti entro 31 dicembre 2019 [1] (art. 18)

 

Estensione del diritto ad accedere all’APE sociale al genitore in condizione invalidante a seguito dell’uccisione del figlio da parte dell’altro genitore (art. 20)

 

 

 

 

 

Rapporto situazione del personale maschile e femminile

Obbligo di redazione annuale per le imprese private con più di 15 dipendenti e per le PP.AA. (art. 2, c. 1)

Collegato all’elaborazione di un Piano di azioni per la parità di trattamento retributivo (cfr. sezione “agevolazioni fiscali”, art. 3)

Obbligo di redazione annuale (art. 21)

Facoltà di redigere il rapporto per le aziende, pubbliche e private, che occupano meno di 100 dipendenti (art. 1)

 

 

 

 

Obbligo di redazione biennale per le aziende pubbliche e private con almeno 20 dipendenti (art. 1)

Obbligo di redazione biennale per le aziende pubbliche e private con più di 25 dipendenti (art. 1)

Obbligo di redazione biennale per le aziende pubbliche e private con più di 50 dipendenti (art. 1)

Congedo parentale

Aumento dal 30 all’80 per cento della percentuale di retribuzione a cui è parametrata l’indennità (art. 4, c. 2)

 

Diritto alla conservazione del posto di lavoro per il genitore che ne usufruisce (art. 4, c. 1)

Aumento dal 30 all’80 per cento della percentuale di retribuzione a cui è parametrata l’indennità del congedo parentale e da 6 a 8 mesi del periodo massimo indennizzabile (art. 6, c. 1)

Aumento dal 30 al 40 per cento della percentuale di retribuzione a cui è parametrata l’indennità del congedo parentale e da 6 a 8 mesi del periodo massimo indennizzabile (art. 6)

 

 

 

 

Congedo di maternità

Aumento dall’80 al 100 per cento la percentuale di retribuzione a cui è parametrata l’indennità del congedo di maternità (art. 6, c. 4)

 

Aumento dall’80 al 90 per cento la percentuale di retribuzione a cui è parametrata l’indennità del congedo di maternità (art. 6)

 

 

 

 

Congedo di paternità obbligatorio e facoltativo 

 

Durata del congedo obbligatorio, a regime, pari a 10 giorni, da fruire entro 11 mesi successivi alla nascita del figlio e di quello facoltativo pari a 1 giorno (art. 6, c. 2)

 

Possibilità di scegliere tra il congedo obbligatorio di paternità e l'estensione del congedo facoltativo per una durata massima di 15 giorni (art. 6, c. 1)

Durata del congedo obbligatorio, a regime, pari a 15 giorni, con riconoscimento anche al padre dipendente pubblico, da fruire entro 12 mesi successivi alla nascita del figlio (art. 7)

 

 

 

 

Congedo per malattia figlio

 

 

Corresponsione dell’intera retribuzione nei primi 20 giorni di congedo per malattia del figlio (art. 6)

 

 

 

 

Agevolazioni al rientro al lavoro dalla maternità

Bonus di 150 euro mensili alle lavoratrici dipendenti private per 3 anni dopo il rientro dalla maternità (art. 7, c. 2)

Estensione (da 3) a 5 anni dopo la conclusione del congedo di maternità del periodo in relazione al quale le richieste delle lavoratrici madri di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile sono da considerarsi prioritarie (art. 7);

Rifinanziamento del voucher babysitting per il 2020 (art. 11)

Indennità pari al trattamento di integrazione salariale nel periodo tra la fine del congedo obbligatorio e i 30 mesi dopo il parto (art. 2)

 

Buono per l’acquisto di servizi di babysitting o per il pagamento delle rette dei servizi per l’infanzia per 11 mesi dopo il congedo di maternità (art. 4)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Equilibrio tra i sessi nelle società

 

 

Soppressione della limitazione a 6 mandati consecutivi del riparto degli amministratori basato sull'equilibrio tra i generi (art. 23)

 

Proroga da 3 a 5 i mandati in cui trovano applicazione per gli organi apicali delle società quotate le disposizioni in tema di tutela del genere meno rappresentato [2] (art. 2)

 

 

Premi di produttività

 

 

Per la determinazione dei premi di produttività sono computati anche il periodo di congedo di maternità, i riposi giornalieri, il periodo di assistenza svolto a titolo gratuito nei confronti di determinati soggetti (art. 11)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Violenza di genere

 

 

Riconoscimento di un ontributo a titolo di sgravio per assunzioni a tempo indeterminato di vittime di violenza di genere o domestica o ex detenute (art. 12)

 

Promozione dell’accesso al mercato del lavoro degli orfani delle vittime di crimini domestici (art. 13)

 

 

 

 

Sostegno alla natalità

 

 

Premio alla nascita o all'adozione di un minore corrispondente all'importo una tantum di 960 euro con valori ISEE non superiori a 25.000 euro annui (art. 1, lett. a))

 

Assegno fino ai tre anni del bambino (cd. bonus bebè) di 960 euro annui (80€/mese per 12 mesi, a valori ISEE entro i 25.000€ annui) per ogni figlio nato o adottato, erogato su base mensile a decorrere dal mese di nascita o di adozione e, per figli successivi al primo, maggiorato del 20%.
Raddoppio della misura 160€/mese (1.920€ annui) per ISEE entro i 7.000€
[3] (art. 1, lett. b))

 

Buono di 1.000€ annui in 11 undici mensilità, per il pagamento rette asili nido pubblici o privati relativi a ogni figlio nato o adottato, o per assistenza domicilio entro i 3 anni del bambino, se affetto da malattie croniche gravi [4] (art. 1, lett. c)).

 

 

 

 

Ferie solidali

Cessione delle ferie e dei permessi a colleghi in circostanze particolarmente gravi, la cui regolamentazione è rinviata agli accordi decentrati di secondo livello (art. 5)

 

Cessione delle ferie a titolo gratuito a favore dei lavoratori che assistono i propri figli (non solo i minori) o familiari disabili (art. 10)

 

 

 

 

 

 

 

 

Incentivi per l’imprenditoria femminile

 

Accesso agevolato alla misura «Resto al Sud» per le donne che avviano un’impresa in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna o Sicilia.

Non valgono i requisiti di età, di residenza, il divieto di attività di impresa preesistente e l’aver già ricevuto misure di aiuto. Il sostegno è maggiorato:

a) 65% (anziché 35%), contributo a fondo perduto;

b) 35% (anziché 65%), prestito a tasso zero (art. 5).

Rifinanziamento di 10 milioni di euro dall'anno 2019 della Sezione speciale Imprenditoria femminile del Fondo di garanzia PMI, con riserva del 70% delle risorse alle startup femminili (art. 14).

 

Costituzione di un’apposita Sezione del Fondo crescita sostenibile per la nascita e lo sviluppo di imprese femminili e di startup innovative a prevalente partecipazione femminile. Almeno il 15% delle risorse annualmente non utilizzate del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI) è destinato agli interventi della Sezione speciale (art. 15)

 

 

 

 

 

 

 

Promozione della formazione imprenditoriale e professionale

 

 

Finanziamento permanente di 20 milioni di euro per programmi delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano per la diffusione di informazioni e di servizi di consulenza e di assistenza tecnica, la diffusione di conoscenze in investimenti, sistemi di pagamento, pianificazione finanziaria e strumenti digitali e per promuovere condizioni per l'eguaglianza delle opportunità nell'utilizzo della rete internet (art.16).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizi per l’infanzia

Rifinanziamento di 100 milioni di euro annui a favore del Piano straordinario per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia (art. 10)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cfr. anche sezione “agevolazioni fiscali”, articoli 6, c. 3, e 7, c. 1

Autorizzazione di una spesa fino a € 30 mln di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 delle strutture destinate agli asili nido e alle scuole dell'infanzia (art. 10, c. 2)

 

Esenzione totale dall'imposta lorda sui redditi derivanti dall'esercizio delle attività per i primi 3 anni per i privati che avviano attività di asilo nido, di baby parking e di ludoteche (art. 10, c. 3)

 

Cfr. anche sezione “agevolazioni fiscali”, articolo 11

Cfr sezione “Rientro al lavoro”, art. 4

 

 

 

 

Ulteriori misure

Introduzione della sperimentazione del curriculum anonimo (art. 3)

 

 

 

 

 

 

 

 


Allegato

 


Conciliazione vita-lavoro:
quadro della normativa vigente

 

 



[1]     Misura già prevista dalla legge di bilancio 2020

[2]     La legge di bilancio 2020 ha già esteso (a partire dal 1° gennaio 2020) da tre a sei i mandati in cui trovano applicazione per gli organi apicali delle società quotate le disposizioni in tema di tutela del genere meno rappresentato

[3]     Misura parzialmente superata dalla legge di bilancio 2020.

[4]     Misura parzialmente superata dalla legge di bilancio 2020.