Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Legge di bilancio 2022
Serie: Progetti di legge   Numero: 501/Volume II
Data: 17/11/2021

 

LEGGE DI BILANCIO 2022

Schede di lettura

Edizione provvisoria

 

A.S. 2448 Annesso

 

 

 


 

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Dossier n. 474 - Volume II

 

 

 

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Progetti di legge n. 501 - Volume II

 

 

Il presente dossier è articolato in due volumi:

§  Volume I - Articoli 1-102

§  Volume II – Articoli 103-219

 

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

 

 


I N D I C E

 

Schede di lettura

Titolo VII - Scuola, università e ricerca

Articolo 103, comma 1 (Incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università)  9

Articolo 103, comma 2 (Residenze universitarie statali e collegi di merito accreditati)  17

Articolo 103, comma 3 (Cultura scientifica). 21

Articolo 103, comma 4 (Compensi e indennità spettanti a taluni organi delle istituzioni AFAM)  24

Articolo 103, comma 5 (Nucleo di valutazione delle istituzioni AFAM). 27

Articolo 103, comma 6 (Fondo per le dotazioni organiche delle istituzioni statali AFAM)  30

Articolo 103, comma 7 (Valorizzazione del personale delle istituzioni AFAM). 33

Articolo 104, comma 1 (Fondo ordinario enti vigilati dal MUR). 35

Articolo 104, comma 2 (Fondo italiano per la scienza). 39

Articolo 104, comma 3 (Istituzione del Fondo italiano per le scienze applicate). 41

Articolo 104, comma 4 (Misure premiali in favore di enti pubblici di ricerca). 42

Articolo 104, comma 5 (Soppressione dell’Agenzia nazionale per la ricerca). 44

Articolo 105 (Piano di riorganizzazione e rilancio del Consiglio Nazionale delle Ricerche – CNR)). 47

Articolo 106 (Contrasto della “Xylella fastidiosa”). 51

Articolo 107 (Proroga di incarichi temporanei di personale docente). 53

Articolo 108 (Valorizzazione della professionalità del personale docente). 56

Articolo 109 (Insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria). 57

Articolo 110 (Incremento del FUN per il finanziamento delle retribuzioni di posizione di parte variabile dei dirigenti scolastici) 62

Articolo 111 (Interventi in materia di attribuzione alle scuole di dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi). 67

Articolo 112 (Interventi relativi alla formazione delle classi). 69

Titolo VIII - Cultura, turismo, informazione e innovazione

Articolo 113, comma 1 (Incremento del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo ). 73

Articolo 113, comma 2 (Fondo cultura). 75

Articolo 113, comma 3 (Sostegno della filiera dell’editoria libraria). 76

Articolo 114 (Tax credit librerie). 78

Articolo 115 (Fondo per l'adozione di provvedimenti legislativi per il sostegno dei lavoratori dello spettacolo). 80

Articolo 116 (Valorizzazione dei piccoli borghi e delle aree interne). 81

Articolo 117 (Carta cultura per i diciottenni). 82

Articolo 118 (Fondazioni lirico sinfoniche). 86

Articolo 119 (Potenziamento e adeguamento degli immobili degli Archivi di Stato)  91

Articolo 120 (Fondo unico nazionale per il turismo). 93

Articolo 121 (Banca dati strutture ricettive) 95

Articolo 122 (Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria) 98

Articolo 123 (Credito d'imposta per l'acquisto della carta dei giornali). 100

Articolo 124 (Fondo per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione). 103

Titolo IX - Misure per la partecipazione dell'Italia all'Unione Europea e ad organismi internazionali

Articolo 125 (Cooperazione allo sviluppo) 105

Articolo 126 (Partecipazione italiana ad EXPO OSAKA 2025). 113

Articolo 127 comma 1 (Conto speciale CEDU). 115

Articolo 127, comma 2-5 (Partecipazione dell’Italia ai programmi del Fondo monetario internazionale). 116

Articolo 128 (Fondo per gli assetti ad alta e altissima prontezza operativa). 118

Articolo 129 (Profughi afghani: incremento del Fondo nazionale  per le politiche e i servizi dell'asilo). 120

Articolo 130 (Partecipazione italiana al programma ASI-ARTEMIS). 123

Titolo X - Misure in materia di infrastrutture e mobilità sostenibili, transizione ecologica, energia e sisma

Articolo 131 (Istituzione del Fondo per la strategia di mobilità sostenibile per la lotta al cambiamento climatico e la riduzione delle emissioni). 124

Articolo 132 (Metropolitane nelle grandi aree urbane). 127

Articolo 133 (Alta velocità e alta capacità della linea ferroviaria Adriatica). 128

Articolo 134 (Contratto di programma RFI). 129

Articolo 135 (Contratto di programma Anas). 130

Articolo 136 (Incremento del Fondo per la revisione dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici). 132

Articolo 137 (Disposizioni urgenti in materia di infrastrutture stradali). 135

Articolo 138 (Disposizioni urgenti in materia di infrastrutture autostradali regionali)  137

Articolo 139 (Infrastrutture stradali sostenibili delle regioni, delle province e delle città metropolitane). 139

Articolo 140 (Messa in sicurezza strade) 142

Articolo 141 (Rifinanziamento progettazione). 144

Articolo 142 (Fondo per la progettazione degli interventi di rimessa in efficienza delle opere idrauliche e di recupero e miglioramento della funzionalità idraulica dei reticoli idrografici)  147

Articolo 143 (Completamento degli interventi di messa in sicurezza e gestione dei rifiuti pericolosi e radioattivi stoccati nel deposito ex Cemerad). 148

Articolo 144 (Rifinanziamento Aree interne). 149

Articolo 145 (Giubileo 2025). 154

Articolo 146 (Gran Premio del Made in Italy e dell’Emilia Romagna). 156

Articolo 147 (Candidatura Roma Expo 2030). 158

Articolo 148 (Rifinanziamento degli interventi di protezione civile per gli stati di emergenza di rilievo nazionale). 159

Articolo 149 (Disposizioni in materia di eventi sismici). 161

Articolo 150 (Rifinanziamento del Fondo per la prevenzione del rischio sismico). 174

Articolo 151 (Finanziamento del Piano triennale per la lotta contro gli incendi). 176

Articolo 152 (Ammodernamento parco infrastrutturale dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza). 179

Articolo 153 (Fondo per il sostegno alla transizione industriale) 184

Articolo 154 (Fondo italiano per il clima). 185

Articolo 155 (Istituzione del Fondo per l’attuazione del programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico). 194

Articolo 156 (Misure a sostegno dell’avvio dei centri di preparazione per il riutilizzo) 199

Articolo 157 (Ricerca contrasto specie esotiche invasive). 202

Articolo 158 (Contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas)  204

Articolo 159, comma 1 (Finanziamento per le emergenze ambientali e per la semplificazione del Fondo nazionale per l'efficienza energetica). 209

Articolo 159, comma 2 (Semplificazione del fondo nazionale per l'efficienza energetica)  210

Titolo XI - Misure in materia di politiche agricole

Articolo 160 (Fondo mutualistico nazionale contro i rischi catastrofali nel settore agricolo)  212

Articolo 161 (Proroga per l'anno 2022 della decontribuzione per i coltivatori diretti e imprenditori agricoli under 40). 216

Articolo 162 (Incentivi all'imprenditoria agricola femminile e altre misure di ISMEA per il potenziamento della competitività delle imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare) 218

Articolo 163 (IVA agevolata per la cessione di bovini e suini). 225

Articolo 164 (Esercizio delle funzioni in materia di pesca marittima per le Capitanerie di porto – Guardia costiera). 227

Articolo 165 (Attuazione Strategia forestale nazionale di cui all’articolo 6, del decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34). 229

Titolo XII - Regioni e enti locali

Articolo 166 (Ponti e viadotti). 231

Articolo 167 (Manutenzione scuole). 232

Articolo 168 (Rigenerazione urbana per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti)  234

Articolo 169, commi 1-17 (Accordi tra il Governo e le Autonomie Speciali in materia di finanza pubblica per gli anni 2022 e successivi). 239

Articolo 169, comma 18 (Interpretazione autentica in materia di accesso al finanziamento della spesa sanitaria corrente da parte delle autonomie speciali). 254

Articolo 170 (Finanziamento e sviluppo delle funzioni fondamentali delle province e delle città metropolitane). 258

Articolo 171 (Incremento Fondo di solidarietà comunale per funzioni sociali). 262

Articolo 172 (Incremento dotazione del Fondo di solidarietà comunale per potenziamento sociale, asili nido e trasporto disabili) 266

Articolo 173 (Rifinanziamento del fondo cui all'art. 53 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 ed estensione ai comuni delle regioni Sicilia e Sardegna). 268

Articolo 174 (Incremento risorse comuni fino a 5.000 abitanti in difficoltà economiche)  276

Articolo 175 (Disposizioni in materia di indennità dei sindaci metropolitani, dei sindaci e degli amministratori locali). 279

Articolo 176 (Versamento ristori minori entrate da lotta all’evasione). 288

Articolo 177 (Fondo per legalità e tutela degli amministratori locali  vittime di atti intimidatori) 292

Articolo 178 (Proroga dei termini in materia di certificazioni degli enti locali). 296

Articolo 179 (Modalità di riparto delle risorse relative ai LEP da assegnare agli enti locali)  300

Articolo 180 (Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane). 303

Articolo 181 (Rinegoziazione anticipazioni di liquidità Enti territoriali). 308

Titolo XIII - Pubblica amministrazione e lavoro pubblico

Articolo 182 (Disposizioni in materia di trattamento accessorio dei dipendenti pubblici)  315

Articolo 183 (Fondo per assunzioni di personale a tempo indeterminato da parte di pubbliche amministrazioni nazionali). 317

Articolo 184 (Misure in materia di applicazione dei rinnovi contrattuali). 318

Articolo 185 (Risorse finanziarie per la definizione da parte dei contratti collettivi dei nuovi ordinamenti professionali dei dipendenti pubblici). 319

Articolo 186 (Fondo per la formazione dei dipendenti pubblici). 321

Articolo 187 (Incremento del ruolo organico della magistratura). 322

Articolo 188 (Assunzione di magistrati ordinari vincitori di concorso). 325

Articolo 189 (Trattamenti accessori e istituti normativi per i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate). 326

Articolo 190 (Strade Sicure). 328

Titolo XIV - Disposizioni in materia di entrate

Articolo 191 (Modifiche alla disciplina della rivalutazione dei beni e del riallineamento dei valori fiscali). 332

Articolo 192 (Disposizioni in materia di contributo unificato). 338

Titolo XV - Fondi

Articolo 193 (Tabelle A e B). 344

Articolo 194 (Fondo esigenze indifferibili) 357

Articolo 195 (Incremento dotazione Fondo di rotazione per l’attuazione del Next Generation EU)  358

Articolo 196 (Fondo per interventi in materia di magistratura onoraria). 361

Titolo XVI - Disposizioni finanziarie e finali

Articolo 197 (Fondo per la regolazione contabile delle Sovvenzioni del Tesoro alle Poste)  365

Articolo 198 (Proroga del termine di sospensione del sistema di tesoreria unica mista di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279). 367

Articolo 199 (Conclusione del cashback). 370

Sezione II - Stati di previsione

Articoli 200-218 (Approvazione stati di previsione e quadri generali riassuntivi del bilancio dello Stato - Analisi dei finanziamenti, definanziamenti e rimodulazioni di leggi di spesa disposte dagli stati di previsione). 373

Articolo 219 (Entrata in vigore). 384

 


Schede di lettura


Titolo VII - Scuola, università e ricerca

Articolo 103, comma 1
(Incremento del Fondo per il finanziamento ordinario
delle università)

 

 

L’articolo 103, comma 1, incrementa, a decorrere dal 2022, il Fondo per il finanziamento ordinario delle università. In particolare, parte delle risorse incrementali sono destinate, secondo gli importi indicati per ciascuna voce: all’assunzione di professori, ricercatori a tempo determinato di tipo B e personale tecnico-amministrativo; alla valorizzazione del personale tecnico-amministrativo; ad incentivare le chiamate dirette per la copertura di posti di professore e ricercatore; alle Scuole superiori ad ordinamento speciale e al completamento del processo di consolidamento della Scuola superiore meridionale; all’incremento dell’importo delle borse di studio concesse per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), istituito nello stato di previsione del (ora) Ministero dell’università e della ricerca[1] dall'art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993, è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l’ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale e della spesa per le attività sportive universitarie.

Il FFO è allocato sul cap. 1694 dello stato di previsione del MUR.

Per completezza, si ricorda che dal 2014, in virtù dell’art. 60, co. 1, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), è confluito nel FFO (e nel cap. 1692, afferente al contributo alle università non statali legalmente riconosciute) il Fondo per la programmazione dello sviluppo del sistema universitario – istituito dall’art. 5, co. 1, lett. c), della stessa L. 537/1993 –, relativo al finanziamento di specifiche iniziative, attività e progetti, compreso il finanziamento di nuove iniziative didattiche.

 

In particolare, l’articolo 103, comma 1, dispone che il FFO è incrementato di € 250 mln per il 2022, € 515 mln per il 2023, € 765 mln per il 2024, € 815 mln per il 2025, ed € 865 mln annui dal 2026.

Parte di tali incrementi per il biennio 2022-2023 – per complessivi € 165 mln per il 2022 e € 410 mln per il 2023 – e l’intero ammontare per il 2024, il 2025 e dal 2026, sono destinati a specifiche finalizzazioni, di seguito indicate.

Conseguentemente, € 85 mln per il 2022 e € 105 mln per il 2023 incrementano il FFO senza vincoli di destinazione.

 

Assunzione di professori, ricercatori a tempo determinato di tipo B e personale tecnico-amministrativo (lett. a))

 

In deroga alle vigenti facoltà assunzionali, e al fine di favorire il graduale raggiungimento degli standard europei in ordine al rapporto fra il numero dei docenti e del personale tecnico-amministrativo e quello degli studenti, € 75 mln per il 2022, € 300 mln per il 2023, € 640 mln per il 2024, € 690 mln per il 2025 ed € 740 mln annui dal 2026 sono destinati all’assunzione nelle università di professori, ricercatori a tempo determinato di tipo B[2] e personale tecnico-amministrativo.

Per la disciplina relativa al turn-over e alle assunzioni nelle università, si veda l’apposito tema web curato dal Servizio Studi della Camera.

 

Al riguardo, la relazione illustrativa fa presente che, per colmare il divario esistente rispetto al valore medio della UE nel rapporto studenti/docenti, occorrerebbe che il numero di docenti di ruolo aumenti di circa 45.000 unità entro il 2026, accrescendo di oltre il 40% l’organico del 2020.

A sua volta, la relazione tecnica fa presente che, sulla base delle risorse disponibili, si rendono attivabili piani straordinari di reclutamento, nei termini seguenti:

§  uno di € 300 mln, con decorrenza 1° ottobre 2022[3], con il quale si ritiene possano essere assunti circa 517 professori ordinari (PO), 947 professori associati (PA), 1.500 ricercatori a tempo determinato di tipo B (RTDB), 1.715 assistenti tecnico-amministrativi (PTA);

§  uno di € 340 mln, con decorrenza 1° gennaio 2024. In relazione a tale piano, si prevede possano essere assunti 590 PO, 1.050 PA, 1.706 RTDB e 1984 PTA;

§  uno di € 50 mln, con decorrenza 1° gennaio 2025, e uno di € 50 mln, con decorrenza 1° gennaio 2026. In relazione a ciascuno di tali piani, si prevede possano essere assunti circa 86 PO, 158 PA, 250 RTDB e 286 PTA.

 

In particolare, con riferimento alle assunzioni dei professori, le risorse incrementali sono riservate esclusivamente alle procedure di chiamata competitive, di cui all’art. 18 della L. 240/2010 – che devono valutare le competenze dell’aspirante nell’ambito della didattica, della ricerca e della terza missione[4] –, rispettando il vincolo di riserva delle risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo, di cui al co. 4 dello stesso art. 18, alla chiamata di soggetti esterni all’università stessa.

L’art. 18 della L. 240/2010 – come modificato, da ultimo, dall’art. 19, co. 1, lett. d-bis), del D.L. 76/2020 (L. 120/2020) – dispone, per quanto qui più interessa, che le università disciplinano con proprio regolamento la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia nel rispetto, oltre che dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di alcuni criteri che attengono, fra l’altro, a pubblicità del procedimento, soggetti che possono parteciparvi, valutazione delle pubblicazioni scientifiche e del curriculum. Ogni università, nell'ambito della programmazione triennale, vincola le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla chiamata di coloro che nell'ultimo triennio non hanno prestato servizio quale professore ordinario di ruolo, professore associato di ruolo, ricercatore a tempo indeterminato, ricercatore a tempo determinato di tipo A e B, o non sono stati titolari di assegni di ricerca ovvero iscritti a corsi universitari nell'università stessa.

I criteri di riparto delle risorse così destinate devono essere individuati con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, tenendo conto prioritariamente dei risultati conseguiti dagli atenei nella Valutazione della qualità della ricerca (VQR) e nella valutazione delle politiche di reclutamento.

Al riguardo, si ricorda che, in base all’art. 60, co. 01, del già citato D.L. 69/2013 (L. 98/2013) le due valutazioni sono effettuate a cadenza quinquennale dall'Agenzia nazionale per la valutazione dell'università e della ricerca (ANVUR) e rilevano per il riparto fra gli atenei di una parte della c.d. quota premiale del FFO.

 

La relazione illustrativa evidenzia, al riguardo, che si è ritenuto di prevedere l’adozione di un decreto apposito per il riparto delle risorse – e non l’utilizzo dei consueti decreti di riparto del FFO – per orientare al meglio la destinazione delle stesse ai fini del reclutamento, tenendo conto, in particolare, degli elementi di maggiore premialità del sistema.

 

 

 

 

 

Valorizzazione del personale tecnico-amministrativo (lett. b))

 

Alla valorizzazione del personale tecnico-amministrativo in ragione delle attività svolte e del raggiungimento, da parte delle università, di più elevati obiettivi nell’ambito di didattica, ricerca e terza missione – sono destinati € 50 mln annui a decorrere dal 2022.

 

La relazione illustrativa fa presente che l’esigenza di tale intervento trova la sua ragion d’essere nell’impianto normativo vigente che prevede che gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale relativi all’aumento contrattuale del personale delle università (e degli enti pubblici di ricerca), calcolati in base a quanto stanziato per le amministrazioni statali, siano posti interamente a carico dei bilanci delle singole amministrazioni. Tale circostanza ha reso, nel tempo, gli incrementi contrattuali per il personale tecnico-amministrativo delle università comparativamente minori rispetto agli aumenti ottenuti da altri comparti.

 

I criteri di riparto delle risorse così destinate tra le università, nonché i principi generali per la definizione degli obiettivi e l’attribuzione delle risorse al personale tecnico-amministrativo, devono essere definiti con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Si stabilisce comunque sin da ora che le università provvedono all’assegnazione delle risorse al personale tecnico-amministrativo in ragione della partecipazione dello stesso ad appositi progetti finalizzati al raggiungimento dei più elevati obiettivi sopra indicati, nel limite massimo pro capite del 15% del trattamento tabellare annuo lordo, secondo criteri stabiliti, nel rispetto di quanto previsto dal suddetto decreto del Ministro, mediante la contrattazione collettiva integrativa.

 

 

Incentivo alle chiamate dirette per la copertura di posti di professore e ricercatore (lett. c))

 

All’incentivo, mediante cofinanziamento statale, delle chiamate dirette per la copertura di posti di professore e ricercatore universitario, di cui all’art. 1, co. 9, primo periodo, della L. 230/2005, sono destinati € 10 mln annui a decorrere dal 2022.

L’art. 1, co. 9, primo periodo, della L. 230/2005, - come modificato, da ultimo, dall’art. 26 del D.L. 152/2021 - dispone che le università, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, possono procedere alla copertura di posti di professore ordinario e associato e di ricercatore mediante chiamata diretta di:

§  studiosi stabilmente impegnati all’estero, ovvero presso istituti universitari o di ricerca esteri, anche se ubicati sul territorio italiano, da almeno un triennio, in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario, che ricoprano una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie o di ricerca estere. L’equipollenza è determinata sulla base di tabelle di corrispondenza definite dal Ministro dell’università e della ricerca, sentito il CUN, e aggiornate ogni 3 anni[5];

§  studiosi che abbiano già svolto per chiamata diretta autorizzata dal MUR, nell’ambito del “programma di rientro dei cervelli”[6], un periodo di almeno tre anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene proposta la chiamata;

§  studiosi che siano risultati vincitori nell’ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione per i quali sono previste procedure competitive finalizzate al finanziamento di progetti condotti da singoli ricercatori, identificati con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sentiti l’ANVUR e il CUN e finanziati dall’UE, da organizzazioni internazionali, da Amministrazioni centrali dello Stato[7].

In base ai periodi terzo, quarto e quinto dello stesso co. 9, a tali fini, le università formulano specifiche proposte al Ministro dell’università e della ricerca, che concede o rifiuta il nulla osta alla nomina, previo parere della commissione nominata per l’espletamento delle procedure di abilitazione scientifica nazionale. Il parere riguarda la coerenza del curriculum dello studioso con il settore concorsuale in cui è ricompreso il settore scientifico disciplinare per il quale è effettuata la chiamata.

Non è richiesto il parere della commissione nel caso di chiamate di studiosi che siano risultati vincitori di uno dei programmi di ricerca di alta qualificazione, effettuate entro tre anni dalla vincita del programma.

Il rettore, con proprio decreto, dispone la nomina determinando la relativa classe di stipendio sulla base della eventuale anzianità di servizio e di valutazioni di merito.

 

 

 

 

Scuole superiori ad ordinamento speciale e Scuola superiore meridionale (lett. d))

 

Alle Scuole superiori ad ordinamento speciale sono destinati € 15 mln nel 2022, € 20 mln nel 2023 e € 35 mln annui a decorrere dal 2024.

In particolare, nell’ambito di tali risorse, € 1,2 mln per il 2022, € 5,4 mln per il 2023, € 9,7 mln per il 2024, € 16,5 mln per il 2025, € 19 mln annui a decorrere dal 2026 incrementano la quota del FFO destinata alla Scuola superiore meridionale.

 

In argomento, si ricorda, preliminarmente, che il decreto di riparto del FFO per il 2021 (DM 1059/2021) ha assegnato specifiche risorse alle Istituzioni ad ordinamento speciale (Scuola Normale Superiore di Pisa[8], Scuola Superiore S. Anna di Pisa[9], Scuola internazionale superiore di studi avanzati (SISSA) di Trieste[10], Scuola Istituzioni, Mercati, Tecnologie (IMT) di Lucca[11], Istituto universitario di studi superiori (IUSS) di Pavia[12]), all’Università per stranieri di Perugia[13], all’Università per stranieri di Siena[14] e all’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”[15], nonché alla Scuola internazionale di dottorato Gran Sasso Science Institute (GSSI)[16], esplicitamente ricompresa dallo stesso decreto tra le Scuole superiori ad ordinamento speciale.

 

Ulteriori risorse sono state attribuite dal medesimo decreto di riparto alla Scuola superiore meridionale, per le finalità di cui all’art. 1, co. 412, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019).

Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. 409-413, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha previsto l’istituzione sperimentale per un triennio, a decorrere dall’a.a. 2019-2020, da parte dell’università degli studi di Napoli Federico II, della Scuola superiore meridionale. Essa organizza: corsi ordinari e master; corsi di laurea magistrale in collaborazione con le scuole universitarie federate[17] o con altre università; corsi di dottorato di ricerca di alto profilo internazionale, che uniscano ricerca pura e ricerca applicata, anche in tal caso in collaborazione con le scuole universitarie federate o con altre università; corsi di formazione pre-dottorale e di ricerca e formazione post-dottorato, rivolti a studiosi, ricercatori, professionisti e dirigenti altamente qualificati.

Per le attività della Scuola superiore meridionale è stata autorizzata una spesa pari a € 8,209 mln per il 2019, € 21,21 mln per il 2020, € 18,944 mln per il 2021, € 17,825 per il 2022, € 14,631 mln per il 2023, € 9,386 mln per il 2024, € 3,501 mln per il 2025[18].

Allo scadere del triennio di operatività sperimentale, previo reperimento di idonea copertura finanziaria, e previa valutazione positiva dei risultati da parte dell’ANVUR, la Scuola superiore meridionale assume, con apposito provvedimento legislativo, carattere di stabilità e autonomia di bilancio, statutaria e regolamentare. Inoltre, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione federato, potrà entrare a far parte delle scuole universitarie federate.

In caso di mancato reperimento delle risorse o in caso di valutazione non positiva da parte dell’ANVUR, le attività didattiche e di ricerca della Scuola sono portate a termine dall’Università degli studi di Napoli Federico II, nell’ambito delle risorse previste.

 

Al riguardo, la relazione illustrativa fa presente che tali risorse sono necessarie per completare il processo di definitivo consolidamento della Scuola superiore meridionale.

 

Qui il sito della Scuola superiore meridionale, dal quale risulta che, al momento, essa ha attivato il corso ordinario e il dottorato di ricerca riferiti a 9 aree.

 

Incremento dell’importo delle borse di studio concesse per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca (lett. e))

 

All’incremento dell’importo delle borse di studio concesse per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca sono destinati € 15 mln per il 2022 ed € 30 mln annui dal 2023. L’incremento è definito con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

 

Al riguardo, si ricorda che la disciplina relativa alle borse di studio per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca è recata dal regolamento emanato con DM 45/2013. In particolare, l’art. 9 dispone che le borse di studio hanno durata annuale e sono rinnovate a condizione che il dottorando abbia completato il programma delle attività previste per l'anno precedente, verificato secondo le procedure stabilite dal regolamento, fermo restando l'obbligo di erogare la borsa a seguito del superamento della verifica. L'importo della borsa di studio, da erogare in rate mensili, era stato determinato, in prima applicazione, in misura non inferiore a quella prevista dal DM 18 giugno 2008, pari ad € 13.638,47, al lordo degli oneri previdenziali a carico del percepente. E’ stato, altresì, previsto l’incremento dell’importo, nella misura massima del 50% per un periodo complessivamente non superiore a 18 mesi, nel caso in cui il collegio dei docenti autorizza il dottorando a svolgere attività di ricerca all'estero.

Con riferimento ai meccanismi di finanziamento, l’art. 13, co. 1, del medesimo regolamento stabilisce che i soggetti accreditati allo svolgimento di corsi di dottorato provvedono al loro finanziamento. Il Ministero contribuisce annualmente al finanziamento dei dottorati attivati dalle università nei limiti delle disponibilità finanziarie del Ministero stesso.

Da ultimo, sulla base di quanto previsto dall’art. 1, co. 639 e 640, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018), il DM 25 gennaio 2018, n. 40 ha incrementato l’importo annuo della borsa per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca, a decorrere dal 1° gennaio 2018, a € 15.343,28.

 

La relazione illustrativa specifica che si prevede un incremento di € 540 per ogni borsa di dottorato.


Articolo 103, comma 2
(Residenze universitarie statali e collegi di merito accreditati)

 

 

L’articolo 103, comma 2, incrementa di 2 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2022 e 2023, lo stanziamento, iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’università e della ricerca, destinato alle residenze universitarie statali e ai collegi di merito accreditati di cui al decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68.

 

L'intervento normativo in esame si inquadra nell'ambito delle misure a sostegno del diritto allo studio e, in particolare, del rafforzamento dei servizi abitativi a disposizione degli studenti[19].

Rispetto a tale esigenza, si segnala che nell'ambito del PNRR si prevede l'intervento di riforma denominato "Alloggi per gli studenti e riforma della legislazione sugli alloggi per studenti" (M4-C1-R.1.7), per la cui realizzazione sono destinate risorse pari a complessivi 960 milioni di euro, a partire dal 2022 sino al 2026.

L'intervento mira ad incentivare la realizzazione, da parte dei soggetti privati, di nuove strutture di edilizia universitaria attraverso la copertura anticipata, da parte del MUR, degli oneri corrispondenti ai primi tre anni di gestione delle strutture stesse. L’obiettivo è quello di triplicare i posti per gli studenti fuorisede, portandoli da 40.000 a oltre 100.000 entro il 2026.

Le strutture residenziali destinate agli studenti universitari e i collegi universitari legalmente riconosciuti sono disciplinati dal Capo III (articoli da 13 a 17) del decreto legislativo n. 68 del 2012[20].

In particolare, costituiscono requisiti necessari ai fini della qualificazione come "struttura residenziale universitaria" la presenza di adeguate dotazioni di spazi e servizi e la capacità di garantire agli studenti le condizioni di permanenza nella sede universitaria per consentire loro la frequenza dei corsi, favorendone l'integrazione sociale e culturale nello specifico contesto.

Le strutture residenziali universitarie si differenziano in collegi universitari (strutture ricettive, dotate di spazi polifunzionali, idonee allo svolgimento di funzioni residenziali, con servizi alberghieri connessi, funzioni formative, culturali e ricreative) e residenze universitarie (strutture ricettive, dotate di spazi polifunzionali, idonee allo svolgimento di funzioni residenziali, anche con servizi alberghieri, strutturate in maniera tale che siano ottemperate entrambe le esigenze di individualità e di socialità. Le strutture in questione possono altresì svolgere funzioni di carattere formativo e ricreativo, ritenute più idonee per la specificità di ciascuna struttura) (art. 13).

Con specifico riguardo ai collegi universitari legalmente riconosciuti, si prevede che, nell'ambito delle proprie finalità istituzionali, essi sostengano gli studenti meritevoli e siano aperti a studenti di atenei italiani o stranieri, di elevata qualificazione formativa e culturale, che perseguono la valorizzazione del merito e l'interculturalità della preparazione.

L'ammissione ai collegi universitari legalmente riconosciuti, a seguito di partecipazione a una procedura concorsuale, è riservata a studenti universitari dotati di comprovate capacità e meriti curriculari, che risultino iscritti a corsi di laurea di primo e di secondo livello ovvero a corsi promossi dalle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica ovvero a corsi di specializzazione di livello universitario ovvero a corsi di dottorato e master universitari, o, infine, che partecipino a programmi di mobilità e scambio di studenti universitari, in ambito nazionale e internazionale (art. 15).

L'art. 16 disciplina la procedura di riconoscimento dei collegi universitari, a seguito della quale i medesimi acquisiscono la qualifica di "collegio universitario di merito".

Le modalità di dimostrazione dei requisiti per il riconoscimento sono state definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 8 settembre 2016, n. 672.

Decorsi almeno cinque anni dal riconoscimento, i collegi universitari di merito possono richiedere l'accreditamento, il quale costituisce condizione necessaria per la concessione del finanziamento statale (art. 17).

I parametri per la dimostrazione dei requisiti per l'accreditamento sono stati definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 8 settembre 2016, n. 673, il quale ha altresì stabilito le modalità di verifica della permanenza dei requisiti medesimi nonché di revoca dell'accreditamento all'esito negativo della predetta verifica (ex art. 17, comma 1, del decreto legislativo n. 68 del 2012).

Al riguardo, si è tuttavia da ultimo previsto che - in considerazione del protrarsi dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 e del relativo impatto sul sistema universitario - i collegi universitari di merito riconosciuti nonché quelli accreditati mantengano il loro status con riferimento al monitoraggio dei requisiti di riconoscimento e dei requisiti di accreditamento basato sui dati relativi all'anno accademico 2020/2021, a prescindere dal loro rispetto (art. 31, comma 1-bis, del decreto-legge n. 41 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 69 del 2021).

 

 

In tema di finanziamenti destinati alle residenze universitarie statali e ai collegi di merito accreditati, si segnala innanzitutto il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 23 novembre 2018, n. 763, che ha definito i nuovi criteri di ripartizione dello stanziamento di cui al Capitolo 1696/PG1 dello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, destinato ai collegi universitari di merito accreditati e alle residenze universitarie statali.

Nello specifico, si è previsto che: i) alle residenze universitarie statali (dell'Università degli Studi di Cosenza, della Scuola Superiore "Normale" di Pisa e della Scuola Superiore "Sant'Anna" di Pisa) sia attribuita una quota parti al 25 per cento dello stanziamento annuale, da ripartire tra le stesse proporzionalmente al numero degli studenti ad esse iscritti, tenendo conto in ogni caso che la quota complessiva da assegnare loro non può essere inferiore a 3 milioni di euro annui; ii) ai collegi universitari di merito accreditati, di cui all'art. 17 del decreto legislativo n. 68 del 2012, sia attribuita la residua quota pari al 75 per cento dello stanziamento, da ripartire tra gli stessi sulla base dei criteri indicati nel decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 695 del 2017.

Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 1122 del 6 dicembre 2019 è stato ripartito lo stanziamento per l'anno 2019 del Capitolo 1696/PG1 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, pari a euro 14.940.563.

Lo stanziamento destinato alle residenze universitarie statali e ai collegi di merito accreditati è stato successivamente incrementato di 4 milioni di euro, per l'anno 2021, dall'art. 1, comma 522, della legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020).

La disposizione in esame (come detto) intende incrementare il medesimo stanziamento di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.

A seguire si dà conto delle ulteriori recenti misure a favore dei collegi universitari e delle residenze universitarie.

L'art. 6-bis, commi da 15 a 17, del decreto-legge n. 137 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 2020, ha riconosciuto un contributo di 3 milioni di euro per l'anno 2021 ai collegi universitari di merito accreditati ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo n. 68 del 2012.

L'art. 1, comma 523, della legge di bilancio per il 2021 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, il Fondo per la valorizzazione delle università a vocazione collegiale, con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, da ripartire tra le università statali che gestiscono, anche attraverso appositi enti strumentali, i collegi universitari di cui all'articolo 13, comma 4, lettera a), del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68.

Le modalità di riparto e le condizioni di accesso al fondo - da definire con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - devono tenere conto del rapporto tra studenti iscritti all'ateneo e posti riservati nei collegi agli studenti iscritti all'ateneo, dell'impegno economico sostenuto per la formazione degli studenti, delle caratteristiche organizzative degli stessi nonché della polifunzionalità degli spazi disponibili e dei servizi offerti.

L'art. 1, comma 525, della legge di bilancio per il 2021 ha disposto l'incremento di 34,5 milioni di euro, per l'anno 2021, del Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell'università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli enti di ricerca di cui all'art. 100, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge dalla legge n. 27 del 2020, prevedendone la ripartizione tra le università, le istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica, gli enti di ricerca e i collegi universitari di merito accreditati.

Da ultimo, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca n. 734 del 25 giugno 2021, si è provveduto alla ripartizione delle risorse in attuazione dei richiamati art. 100, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020 e art. 1, comma 525, della legge n. 178 del 2020, destinandone l'utilizzo a misure straordinarie di sicurezza delle sedi, di didattica a distanza e della graduale ripresa delle attività didattiche, di ricerca e di servizio in presenza. Il relativo contributo a favore dei collegi universitari di merito accreditati ammonta a 2.350.000 euro per l'anno 2021 (Capitolo 1696/PG3).

L'art. 64, comma 8, del decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, ha innalzato dal 50 al 75 per cento del costo totale la quota massima di cofinanziamento dello Stato per la realizzazione di interventi per alloggi e residenze per studenti universitari e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), di cui alla legge 338 del 2000.

 

 

 

 

 

 


Articolo 103, comma 3
(Cultura scientifica)

 

 

L’articolo 103, comma 3, novellando la legge n.113 del 1991 in materia di diffusione della cultura scientifica, riconosce alla Fondazione IDIS-Città della Scienza di Napoli, al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano e al Museo Galileo di Firenze un contributo annuale pari, per ciascuno, a 1,5 milioni di euro e attribuisce al contempo al Ministero dell’università e della ricerca il potere di vigilanza su tali enti. 

 

Nello specifico, il comma 3 novella la richiamata legge n.113 del 1991 inserendo (con la lettera a)), all'articolo 1, il comma 3-bis, con cui è attribuito il richiamato contributo, e, conseguentemente, modificando (con la lettera b)) l'articolo 2-bis, comma 1, al fine di far fronte agli oneri del comma in esame, pari a 4,5 milioni (che sono posti a carico dell'autorizzazione di spesa già disposta ai sensi dell'articolo 2 della legge n.113).

Il comma 3-bis che si intende introdurre riserva, per ciascuno dei menzionati enti, il contributo, come detto pari a 1,5 milioni di euro, a decorrere dall’anno 2022 al fine di sostenere e incentivare in maniera organica e sistematica la diffusione della cultura scientifica, anche a vantaggio della tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale del Paese.

Lo stanziamento accordato con la disposizione in commento sostituisce il contributo triennale alle spese di funzionamento assegnato agli enti impegnati nella diffusione della cultura ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge n.113 del 1991 (come modificata dalla legge 6/2000). Tale ultimo contributo è attribuito agli enti che, a domanda, sono inseriti in una tabella emanata, che è emanata con decreto del Ministro (sentito il Comitato tecnico scientifico istituito dalla legge e previo parere delle commissioni parlamentari di merito) e sottoposta a revisione con cadenza triennale.

 

La citata legge n. 113 del 1991 (come modificata dalla legge 10 gennaio 2000, n. 6), mira a promuovere e favorire la diffusione della cultura tecnico scientifica e contribuire alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio tecnico-scientifico di interesse storico. A tal fine, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, il Ministro dell'università e della ricerca adotta iniziative volte: a) riorganizzare e potenziare le istituzioni impegnate nella diffusione della cultura tecnico-scientifica e nella valorizzazione del patrimonio tecnico-scientifico di interesse storico, nonché favorire l'attivazione di nuove istituzioni e città-centri delle scienze e delle tecniche sull'intero territorio nazionale; b) promuovere la ricognizione sistematica delle testimonianze storiche delle scienze e delle tecniche conservate nel Paese, nonché delle risorse bibliografiche e documentali per le ricerche di storia delle scienze e delle tecniche; c) incentivare le attività di formazione ed aggiornamento professionale richieste per la gestione dei musei e delle città-centri delle scienze e delle tecniche che ci si propone di potenziare o di istituire; d) sviluppare la ricerca e la sperimentazione delle metodologie per un'efficace didattica della scienza e della storia della scienza; e) promuovere l'informazione e la divulgazione scientifica e storico-scientifica, anche mediante iniziative espositive, convegni, realizzazioni editoriali e multimediali; f) promuovere la cultura tecnico-scientifica nelle scuole di ogni ordine e grado.

Quanto agli obiettivi strategici, (all'articolo 1, comma 2) sono richiamati la costituzione e il potenziamento di un organico sistema nazionale di musei e centri scientifici e storico-scientifici, dei musei civici di storia naturale e degli orti botanici, nonché l'adozione delle misure necessarie a una incisiva opera di divulgazione. Al fine di perseguire tali finalità ed obiettivi strategici, è previsto il richiamato finanziamento triennale (ai sensi del comma 3)  destinato al funzionamento di enti, strutture scientifiche, fondazioni e consorzi che presentano determinati requisiti (personalità giuridica, entità delle collezioni conservate o del patrimonio materiale o immateriale disponibile, attività prodotte, utenza raggiunta, qualità dell'offerta didattica e comunicativa, capacità di programmazione pluriennale, partecipazione a programmi e progetti cogestiti a livello nazionale o internazionale), previo inserimento, come detto, nella tabella emanata con decreto ministeriale.

Si segnala che con decreto del direttore generale della ricerca del Ministero dell'università e della ricerca 6 settembre 2021 è stato adottato il bando pubblico per la concessione del contributo destinato al funzionamento di enti, strutture scientifiche, fondazioni e consorzi per il triennio 2021-2023. Esso disciplina le modalità di presentazione delle domande e di svolgimento della procedura finalizzata alla concessione dei contributi, previo inserimento nella richiamata tabella, per il funzionamento dei soggetti impegnati nella diffusione della cultura scientifica e nella valorizzazione del patrimonio storico-scientifico "e che dispongano di esperienze acquisite, di un cospicuo patrimonio materiale e immateriale, e che abbiano svolto con carattere di continuità attività in coerenza con le finalità della legge n. 113/1991".

 

Riguardo all'attività di vigilanza esercitata dal Ministro dell'università e della ricerca sui tre enti cui è destinato il richiamato contributo annuale, si specifica che essa è effettuata "anche" attraverso: i) l'approvazione dei relativi statuti; ii) la nomina degli organi di amministrazione; iii) il controllo e l'approvazione dei Piani triennali di attività.

 

Quanto alla copertura finanziaria del contributo diretto ai tre enti ai sensi del presente disegno di legge, pari a 4,5 milioni di euro, occorre avere a riferimento l'articolo 2-bis, comma 1 (nel disegno di legge in luogo del comma 1 si fa riferimento, per un mero refuso, al primo periodo) della legge n.113, come modificato dalla lettera b) del comma 3 in commento.

L’articolo 2-bis, primo comma, nel testo vigente, riserva annualmente almeno il 60 per cento delle risorse stanziate per l’attuazione della legge medesima al finanziamento ordinario degli enti, fondazioni, strutture e consorzi (di cui al comma 3 dell’articolo 1), nonché delle intese e degli accordi che il Ministro può promuovere (ai sensi del successivo comma 4) con le altre amministrazioni dello Stato, le università ed altri enti pubblici e privati per la realizzazione delle iniziative per la diffusione della cultura scientifica.

Con la modifica in esame si dispone che, rispetto alle somme complessive stanziate (all'articolo 2) per le finalità dalla legge n.113, 4,5 milioni di euro siano riservati annualmente al contributo introdotto con il presente disegno di legge e che la richiamata quota del 60 per cento - da riservare annualmente al finanziamento ordinario degli (altri) enti impegnati nella diffusione della cultura scientifica, nonché delle predette intese e degli accordi - si applichi con riferimento (esclusivamente) alla somma residua.


Articolo 103, comma 4
(Compensi e indennità spettanti a taluni organi delle istituzioni AFAM)

 

 

L’articolo 103, comma 4, novella la disciplina vigente in materia di rimborsi spese, compensi e indennità spettanti al presidente, al direttore e ai componenti del consiglio di amministrazione delle istituzioni dell'Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (AFAM). Al riguardo, per un verso, si conferma il rinvio ad un decreto interministeriale (del Ministero dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) per la determinazione dei predetti riconoscimenti economici; per l'altro, viene meno il principio secondo il quale l'incarico di presidente delle predette istituzioni è svolto a titolo gratuito. La disposizione precisa che i predetti rimborsi spese, compensi e indennità sono sostenuti direttamente dalle predette istituzioni.

 

Nello specifico, il comma 4 in esame dispone che, a decorrere dall’anno 2022, il rimborso delle spese sostenute, i compensi e le indennità spettanti al presidente, al direttore e ai componenti del consiglio di amministrazione delle istituzioni AFAM sono determinati con il richiamato decreto interministeriale e sono a carico dei bilanci delle istituzioni medesime.

La disposizione è introdotta tramite sostituzione dell'art. 1, comma 342, della legge di bilancio per il 2015 (legge n. 190 del 2014), il quale (nel testo vigente) prevede, con decorrenza dal 1° gennaio 2015 e con applicazione anche agli incarichi già conferiti, che: i) l'incarico di presidente delle istituzioni AFAM sia svolto a titolo gratuito, fatto salvo il rimborso delle spese sostenute; ii) i compensi e le indennità spettanti al direttore e ai componenti del consiglio di amministrazione delle medesime istituzioni siano rideterminati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (ora Ministro dell'università e della ricerca), di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio per il 2015, in misura tale da determinare risparmi di spesa - inclusivi dei risparmi derivanti dalla previsione della gratuità dell'incarico di presidente - pari a 1.450.000 euro annui a decorrere dall'anno 2015.

In attuazione di tale disposizione, con decreto interministeriale n. 610 del 3 agosto 2016, sono stati confermati i compensi e le indennità spettanti ai componenti del consiglio di amministrazione e al direttore delle istituzioni AFAM previsti, rispettivamente, dai decreti interministeriali del 1° febbraio 2007 e del 16 gennaio 2008.

Ciò in considerazione della quantificazione del risparmio di spesa, derivante dalla previsione di svolgimento a titolo gratuito dell'incarico di presidente delle istituzioni in questione, in una cifra superiore a 1.450.000 euro annui a decorrere dall'anno 2015.

In particolare, il decreto del Ministro dell'università e della ricerca del 1° febbraio 2007 affida a una deliberazione del consiglio di amministrazione delle singole istituzioni, previa verifica delle disponibilità di bilancio, la determinazione della misura dei compensi dei componenti degli organi AFAM, nei limiti stabiliti nella tabella allegata al decreto medesimo. Tali limiti sono incrementati del 20 per cento per le istituzioni che hanno una consistenza di bilancio, accertata dal rendiconto finanziario dell’esercizio precedente, superiore a euro 600.000.

Il decreto prevede altresì che i compensi previsti per la partecipazione alle riunioni del consiglio di amministrazione (oltre che del consiglio accademico e della consulta degli studenti) siano attribuiti per un massimo di 11 sedute l’anno, numero oltre il quale la partecipazione è gratuita. Il compenso previsto per la partecipazione alle sedute del consiglio di amministrazione non spetta al presidente e al direttore, in quanto componenti di diritto degli organi medesimi.

Infine, è rinviata a un successivo decreto la determinazione della misura dell'indennità di direzione da corrispondere al direttore dell'istituzione AFAM ex art. 6, comma 6, del DPR n. 132 del 2003 (sul quale cfr. infra).

L'indennità (annua lorda) spettante al direttore dell'istituzione è stata quindi fissata in 13.000 euro dal decreto del Ministro dell'università e della ricerca del 16 gennaio 2008. Essa è aumentata del 20 per cento per le istituzioni che hanno una consistenza di bilancio, accertata dal rendiconto finanziario dell’esercizio precedente, superiore a euro 600.000.

L'indennità di direzione è onnicomprensiva e non è cumulabile con qualunque altro compenso o emolumento a qualsiasi titolo a valere sul bilancio dell'istituzione.

Come specificato dal citato decreto n. 610 del 2016, restano fermi gli obblighi previsti dall'art. 6, commi 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, il quale ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2011, la riduzione del 10 per cento, rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, di indennità, compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità comunque denominate, corrisposti dalle pubbliche amministrazioni ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo.

 

In sintesi, ai sensi della disposizione in commento, il nuovo decreto interministeriale:

§  può reintrodurre un compenso per il presidente delle istituzioni AFAM, il quale - sulla base della normativa vigente - svolge il proprio incarico a titolo gratuito, salvo il rimborso delle spese sostenute.

Al riguardo, la Relazione illustrativa evidenzia un disallineamento tra la disposizione che ha negato la corresponsione di un compenso, anche solo di natura indennitaria, per lo svolgimento della funzione di presidente delle istituzioni AFAM (art. 1, comma 342, della legge di bilancio per il 2015) e le norme che individuano nel presidente - quale rappresentante legale dell'istituzione (art. 5, comma 1, del DPR n. 132 del 2003) "e datore di lavoro nonché responsabile per la sicurezza" - "il soggetto che agisce in nome e per conto della stessa con le connesse responsabilità (ancor più esposte in questa fase di emergenza sanitaria)". Si legge nella Relazione: "Tale disciplina pone a rischio l'individuazione di soggetti interessati a ricoprire tale carica e, quindi, il puntuale assolvimento dei doveri collegati alla stessa. L'impegno e la responsabilità assunti con la carica di Presidente di un'Istituzione AFAM devono infatti adeguatamente essere retribuiti, in conformità del resto con i noti principi costituzionali di riferimento";

§  individuerà la misura del compenso ovvero i limiti dei compensi spettanti ai componenti del consiglio di amministrazione delle istituzioni AFAM;

§  confermerà ovvero rideterminerà l'indennità da corrispondere al direttore dell'istituzione AFAM ex art. 6, comma 6, del DPR n. 132 del 2003 (attualmente pari a 13.000 euro lordi annui).

 

In ordine alla governance delle istituzioni AFAM, si ricorda che, con decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003, è stato adottato il regolamento recante criteri per l'autonomia statutaria, regolamentare e organizzativa delle istituzioni artistiche e musicali, in attuazione della legge 21 dicembre 1999, n. 508 (recante "Riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati").

Il regolamento di cui al DPR n. 132 del 2003 (art. 4) individua quali organi necessari delle istituzioni AFAM: il presidente; il direttore; il consiglio di amministrazione; il consiglio accademico; il collegio dei revisori; il nucleo di valutazione; il collegio dei professori; la consulta degli studenti.

Il medesimo art. 4 prevede che tali organi, ad eccezione del collegio dei professori, durino in carica tre anni e possano essere confermati consecutivamente una sola volta. Demanda, infine, a un decreto interministeriale la definizione dei limiti dei compensi spettanti ai componenti dei suddetti organi (cfr. supra).

Da ultimo, l'art. 64-bis, comma 7, del decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, ha previsto la possibilità di rimozione, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, previa diffida, degli organi delle istituzioni AFAM anche nella ipotesi di "dissesto finanziario, quando la situazione economica dell'istituzione non consenta il regolare svolgimento dei servizi indispensabili ovvero quando l'istituzione non possa fare fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi" (le ulteriori due ipotesi di rimozione sono quella di gravi o persistenti violazioni di legge e quella di impossibilità di assicurare il normale funzionamento degli organi o dei servizi indispensabili dell'istituzione).

 

 

 

 


Articolo 103, comma 5
(Nucleo di valutazione delle istituzioni AFAM)

 

 

L’articolo 103, comma 5, interviene sulla disciplina vigente in materia di nucleo di valutazione delle istituzioni AFAM, confermandone l'impianto complessivo (quanto a composizione e modalità di costituzione) ed innovando con la reintroduzione del diritto dei componenti a ricevere un compenso per le attività svolte, la cui definizione è rimessa ad un decreto ministeriale.

 

La disciplina del nucleo di valutazione è contenuta nell'art. 4, comma 1, lettera f), e nell'art. 10 del "Regolamento recante criteri per l'autonomia statutaria, regolamentare e organizzativa delle istituzioni artistiche e musicali, a norma della L. 21 dicembre 1999, n. 508", di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003. Il Regolamento, pur essendo formalmente una fonte di rango secondario, contiene al suo interno disposizioni introdotte con legge (incluso l'art.10, comma 1, v. infra), per la modifica delle quali risulta necessario il ricorso ad una fonte legislativa.

 

Nello specifico, il comma in esame reca disciplina della composizione del nucleo di valutazione delle istituzioni AFAM, prevedendo che esso sia formato da tre componenti aventi competenze differenziate, di cui due scelti tra esperti esterni, anche stranieri. In ordine alle modalità di costituzione, prevede che i componenti dei nuclei di valutazione siano scelti dalle istituzioni seguendo i criteri e le linee guida elaborati dall'ANVUR e individua l'atto di costituzione in una delibera del consiglio di amministrazione, adottata dopo aver sentito il consiglio accademico.

Riconosce ai componenti dei nuclei di valutazione il diritto al compenso (a valere sulle risorse proprie delle istituzioni), la definizione del quale è demandata a un decreto interministeriale.

Contestualmente si procede all'abrogazione dell'art.1, comma 645, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), il quale ha sostituito il richiamato art. 10, comma 1.

 

Con la norma in esame il Governo interviene sulla disciplina vigente formalmente abrogando, e non sostituendo, la richiamata disposizione contenuta nell'articolo 10 del citato Regolamento e, contestualmente, dettandone una distinta all'interno della legge in esame. Se tale soluzione, da un lato, mantiene formalmente distinti il piano regolamentare e quello legislativo, dall'altro, ribadisce, nella sostanza, l'elevazione a rango primario di una disciplina che è propria di una fonte secondaria, finendo in aggiunta per frammentare la normativa sull'autonomia organizzativa delle istituzioni AFAM. 

Si valuti pertanto l'opportunità di delegificare i contenuti dell'art.10, comma 1, rinviando la disciplina diretta a reintrodurre i compensi nei confronti dei componenti del nucleo di valutazione ad una fonte secondaria, collegando all'entrata in vigore di quest'ultima l'effetto abrogativo della richiamata disposizione.

 

Ai sensi dell'art. 10, comma 1, del regolamento di cui al DPR n. 132 del 2003, come sostituito dall'art. 1, comma 645, della legge n. 205 del 2017, il nucleo di valutazione - organo necessario delle istituzioni AFAM (ex art. 4, comma 1, lett. f), del regolamento medesimo) - è "costituito con delibera del consiglio di amministrazione, sentito il consiglio accademico" ed "è formato da tre componenti aventi competenze differenziate, di cui due scelti fra esperti esterni, anche stranieri, di comprovata qualificazione nel campo della valutazione, scelti dalle istituzioni seguendo i criteri e le linee guida elaborati dall'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca. Ai componenti del nucleo di valutazione non spettano compensi, indennità o gettoni di presenza".

 

Con l'approvazione della disposizione in esame, la disciplina della composizione e delle modalità di costituzione del nucleo di valutazione delle istituzioni AFAM, rimarrebbe sostanzialmente invariata rispetto alla disciplina vigente.

L'unica novità al riguardo è costituita dal venir meno della previsione secondo la quale i componenti scelti fra esperti esterni debbano vantare una "comprovata qualificazione nel campo della valutazione"

Un sostanziale cambiamento interverrebbe, invece, come anticipato, in ordine alla disciplina dei compensi, considerato che la disciplina vigente non riconosce ai membri del nucleo di valutazione la spettanza di "compensi, indennità o gettoni di presenza".

Al riguardo, si ricorda peraltro che, prima della modifica intervenuta con la legge di bilancio per il 2018 (art. 1, comma 645), anche ai componenti del nucleo di valutazione era riconosciuto un compenso stabilito dal consiglio di amministrazione delle singole istituzioni AFAM nei limiti dei compensi individuati con decreto interministeriale, adottato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del regolamento di cui al DPR n. 132 del 2003.

In particolare, sulla base della tabella allegata al decreto del Ministro dell'università e della ricerca del 1° febbraio 2007, il limite del compenso annuo lordo era individuato in 1.800 euro per il presidente del nucleo di valutazione e in 1.500 euro per gli altri componenti del nucleo. Tali limiti erano incrementati del 20 per cento per le istituzioni con una consistenza di bilancio, accertata dal rendiconto finanziario dell’esercizio precedente, superiore a euro 600.000.

La disposizione in esame, come detto, demanda a un nuovo decreto interministeriale la definizione del compenso spettante ai componenti del nucleo di valutazione.

Sul punto, si sofferma anche la Relazione illustrativa, evidenziando la "criticità" ed "illogicità" della disposizione introdotta dal comma 645, "atteso che da un lato si richiede un'alta qualificazione professionale dei componenti del Nucleo di valutazione, e nel contempo si prevede che non possano essere retribuiti per il lavoro che svolgono nelle Istituzioni AFAM".

Secondo quanto riportato nella Relazione, l'introduzione del divieto di retribuzione dei componenti del nucleo di valutazione è causa di non poche difficoltà per le istituzioni, che non riescono più a reperire esperti di comprovata qualificazione. Ciò starebbe conducendo a un abbassamento del livello di qualificazione dei suddetti esperti proprio in un momento nel quale "la valutazione dei risultati dell'attività didattica e scientifica e del funzionamento complessivo delle Istituzioni e la verifica dell'utilizzo ottimale delle risorse è divenuta essenziale per la valorizzazione del sistema anche in sintonia con l'azione dell'ANVUR".

La Relazione illustrativa delinea inoltre, nel presente contesto, taluni tratti del processo di riforma delle istituzioni AFAM che con l'istituzione del Ministero dell'università e della ricerca ha avuto nuovo impulso.

In particolare, sulla base della Relazione, è previsto il potenziamento del ruolo del nucleo di valutazione nell'ambito della valutazione interna delle istituzioni e in raccordo con 1'ANVUR. Inoltre, nell'ambito della revisione del DPR n. 132 del 2003, è prevista l'attribuzione al nucleo di valutazione di ulteriori competenze, tra le quali la valutazione dell'attività didattica, artistica, culturale e professionale dei docenti dell'istituzione che presentino domanda per fare parte delle commissioni per l'abilitazione artistica nazionale.

Si ricorda, al riguardo, che la disciplina delle funzioni del nucleo di valutazione è attualmente contenuta nell'art. 10, comma 2, del regolamento di cui al DPR n. 132 del 2003, ai sensi del quale il nucleo di valutazione: i) ha compiti di valutazione dei risultati dell'attività didattica e scientifica e del funzionamento complessivo dell'istituzione, verificando, anche mediante analisi comparative dei costi e dei rendimenti, l'utilizzo ottimale delle risorse; ii) redige una relazione annuale sulle attività e sul funzionamento dell'istituzione sulla base di criteri generali determinati dal Comitato per la valutazione del sistema universitario, sentito il Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM); la relazione è trasmessa al Ministero dell'università e della ricerca entro il 31 marzo di ogni anno e costituisce il quadro di riferimento per l'assegnazione da parte del Ministero di contributi finanziari; iii) acquisisce periodicamente, mantenendone l'anonimato, le opinioni degli studenti sulle attività didattiche, dandone conto nella predetta relazione annuale.

L'art. 1, comma 644, della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017) è quindi intervenuto a integrare la normativa vigente, prevedendo che le relazioni annuali sulle attività e sul funzionamento delle istituzioni AFAM, oltre che al Ministero dell'università e della ricerca, siano inoltrate anche all'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).

L'ANVUR verifica che, nelle relazioni in questione, siano rispettati i criteri generali stabiliti dal Comitato per la valutazione del sistema universitario, sentito il CNAM (cfr. supra, punto ii), comunicando al Ministro dell'università e della ricerca, entro novanta giorni, le proprie valutazioni in merito.

Ai fini della redazione delle relazioni, le istituzioni AFAM possono avvalersi delle apposite Linee guida elaborate dall'ANVUR (si veda, al riguardo, la specifica pagina web sul sito dell'ANVUR).

 

 


Articolo 103, comma 6
(Fondo per le dotazioni organiche delle istituzioni statali AFAM)

 

 

L’articolo 103, comma 6, innalza da 15 a 19,5 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2022, la dotazione del fondo (istituito con la legge di bilancio per il 2021) con la finalità di integrare le dotazioni organiche delle istituzioni statali AFAM con le figure tecniche di accompagnatore al pianoforte, accompagnatore al clavicembalo e tecnico di laboratorio. Ciò al fine di adeguare la dotazione del Fondo medesimo per tener conto del fabbisogno di detto personale nelle istituzioni AFAM che abbiano concluso il processo di statizzazione (previsto dall'art. 22-bis del decreto-legge n. 50 del 2017).

 

Le disposizioni in esame novellano l'art. 1, comma 892, della legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020), che ha istituito detto fondo, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, con una dotazione, pari a 2,5 milioni di euro per l'anno 2021 e a 15 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022.

Tale dotazione - come si legge nella Relazione tecnica - è stata quantificata sulla base di un fabbisogno del predetto personale (pari a 329 unità) che risulta insufficiente rispetto a quello complessivo del sistema (pari a 427 unità) che tiene conto delle 22 istituzioni in fase di statizzazione.

 

La lettera a) del comma in esame reca, nello specifico, l'incremento del fondo di cui al comma 892.

Il fondo, come accennato, è finalizzato a inserire, nelle dotazioni organiche delle istituzioni statali AFAM, le posizioni di accompagnatore al pianoforte, accompagnatore al clavicembalo e tecnico di laboratorio.

Come specificato nella Relazione illustrativa, si tratta di figure "essenziali per il funzionamento delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica", che non sono "presenti nelle dotazioni organiche e non esistono come profili professionali nel CCNL, costringendo le istituzioni a reclutare tale personale con contratti di prestazione d'opera e generando così una notevole mole di precariato e di conseguente contenzioso e procedure di infrazione UE".

Il comma 892, secondo periodo, dispone che il rapporto di lavoro di tale personale è disciplinato nell'ambito del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto istruzione e ricerca, in un'apposita sezione, con definizione dei trattamenti economici dei relativi profili, prendendo a riferimento l'inquadramento economico di tali figure tecniche in misura pari all'attuale profilo EP1 del comparto.

Al riguardo, si ricorda che l'atto di indirizzo relativo al rinnovo contrattuale per il personale dell'università, della ricerca e AFAM per il triennio 2019-2021 prevede una revisione dei sistemi di classificazione professionale della sezione AFAM, stabilendo che un'apposita sezione contrattuale sia dedicata alle figure degli accompagnatori al pianoforte, di clavicembalo e di tecnico di laboratorio.

Il medesimo comma 892 affida a un decreto del Ministro dell'università e della ricerca la definizione dei requisiti, dei titoli e delle procedure concorsuali per le assunzioni di cui al comma 892 (nel rispetto delle condizioni e delle modalità di reclutamento stabilite dall'art. 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001[21] e dall'art. 19, comma 3-bis, del decreto-legge n. 104 del 2003[22]), nonché i criteri di riparto del fondo tra le istituzioni statali di alta formazione artistica, musicale e coreutica.

 

La lettera b) del comma in esame dispone in ordine alla partecipazione delle istituzioni AFAM non statali al riparto del fondo.

Al riguardo, si segnala[23] che il sistema AFAM è composto da una rete di 157 istituzioni a vocazione artistica - delle quali 86 statali e 71 non statali - così suddivise: 20 Accademie di Belle Arti statali (ABA); 19 Accademie legalmente riconosciute (ALR); 59 Conservatori di musica statali (CON, di cui 4 sezioni staccate); 18 Istituti Superiori di Studi Musicali non statali (ISSM – ex Istituti Musicali Pareggiati); 5 Istituti Superiori per le Industrie Artistiche statali (ISIA); 1 Accademia Nazionale di Danza statale (AND); 1 Accademia Nazionale di Arte Drammatica statale (ANAD); 34 altri soggetti privati autorizzati a rilasciare titoli AFAM con valore legale (ai sensi dell'art. 11 del "Regolamento recante disciplina per la definizione degli ordinamenti didattici delle Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, a norma dell'articolo 2 della L. 21 dicembre 1999, n. 508", di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005).

Il 54,5 per cento delle istituzioni appartiene all’area musicale e coreutica mentre il restante 46,5 per cento all’area artistica e teatrale.

L'art. 22-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017 (richiamato nella disposizione in commento) ha previsto l'avvio, a decorrere dall'anno 2017, di graduali processi di statizzazione e razionalizzazione degli istituti superiori musicali non statali e delle accademie non statali di belle arti di cui all'articolo 19, commi 4 e 5-bis, del decreto-legge n. 104 del 2013, nei limiti delle risorse stanziate su apposito fondo istituito dal comma 3 del medesimo art. 22-bis.

Il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 febbraio 2019, n. 121, ha disciplinato - in attuazione del richiamato art. 22-bis - il processo di statizzazione, prevedendo che esso sia avviato su domanda delle singole istituzioni da presentare al Ministero dell'università e della ricerca entro 90 giorni dall’apertura della procedura telematica di presentazione delle istanze.

Il decreto n. 121 reca l'elenco della documentazione di cui deve essere corredata la domanda di statizzazione, il quale include (tra l'altro) il "progetto di statizzazione (piano di attività e piano finanziario) con relativo cronoprogramma, anche con riferimento a processi di riorganizzazione della gestione amministrativa, di razionalizzazione e qualificazione dell’offerta formativa e di eventuale risanamento del bilancio".

Le domande sono valutate da una apposita Commissione sulla base di criteri definiti dal decreto ministeriale nonché nel rispetto dei requisiti di cui all'art. 22-bis del decreto-legge n. 50 del 2017.

Nella ipotesi di esito positivo della valutazione, la statizzazione è disposta con decreto del Ministro dell'università e della ricerca.

Infine, le istituzioni statizzate sono soggette a valutazione dell'ANVUR sull'adeguatezza delle risorse strutturali, finanziarie e di personale in relazione all’ampiezza dell’offerta formativa e degli studenti iscritti.

L’esito della valutazione condotta dall'ANVUR è utilizzato dal Ministero, il quale può disporre ulteriori accertamenti o adottare conseguenti provvedimenti anche soppressivi.

Il termine di conclusione del processo di statizzazione, introdotto dall'art. 33, comma 2-ter, del decreto-legge n. 104 del 2020 e dalla medesima disposizione fissato al 31 dicembre 2021, è venuto meno a seguito della modifica apportata all'art. 22-bis, comma 2, dall'art. 1, comma 887, della legge n. 178 del 2020.

Infine, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 settembre 2021, sono stati definiti i criteri per la determinazione delle dotazioni organiche delle istituzioni AFAM nell'ambito del processo di statizzazione, in attuazione dell'art. 22-bis, comma 2, del decreto-legge n. 50 del 2017, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 887, della legge n. 178 del 2020.

Come evidenziato nella Relazione illustrativa, a seguito dell'adozione di tale DPCM, "si è riavviato l'iter della statizzazione di 17 ex 'istituti musicali pareggiati' e di 5 accademie di belle arti 'storiche'".

Il DPCM reca i criteri sulla base dei quali saranno definite le dotazioni organiche e sarà successivamente inquadrato, nei ruoli dello Stato, il personale attualmente in servizio presso tali istituzioni.

La Relazione illustrativa specifica che "le dotazioni organiche saranno inevitabilmente definite in base ai profili attualmente esistenti nel CCNL. Occorre quindi che, in seguito alla statizzazione, il riparto del fondo previsto dall'art. l comma 892 della L. 178/2020 riguardi anche le istituzioni ormai statizzate, affinché non si generino disparità tra istituzioni statali in merito alla presenza o meno negli organici dei tecnici di laboratorio e degli accompagnatori al pianoforte. Poiché il fondo era stato stanziato in riferimento alle esigenze delle attuali istituzioni statali, occorre procedere da un lato a un incremento del fondo, dall'altro a prevedere esplicitamente che il riparto del fondo riguardi anche le istituzioni attualmente in fase di statizzazione".


Articolo 103, comma 7
(Valorizzazione del personale delle istituzioni AFAM)

 

 

L’articolo 103, comma 7, autorizza la spesa di 8,5 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2022, per la valorizzazione del personale delle istituzioni AFAM.

 

"L'esigenza di tale intervento" - come si legge nella Relazione illustrativa - "trova la sua ragion d'essere nel processo, tuttora in atto, di progressiva riqualificazione" del personale delle istituzioni AFAM, "al fine di allinearlo agli standard retributivi delle amministrazioni statali, o, quanto meno del restante personale del comparto della formazione superiore. In ragione di ciò si rende indispensabile un intervento compensativo che possa integrare l'adeguamento contrattuale, ed equilibrare il livello di incremento di tale personale rispetto agli altri comparti".

 

Il comma in esame specifica che le nuove risorse sono destinate al riconoscimento delle specifiche attività svolte nonché alla valorizzazione delle competenze necessarie al raggiungimento, da parte delle istituzioni AFAM, di più elevati obiettivi nell'ambito della didattica, ricerca e terza missione.

 

Sulla base delle Linee Guida elaborate dall'ANVUR ai fini della predisposizione delle relazioni annuali dei nuclei di valutazione delle istituzioni AFAM (approvate nel novembre 2017 e la cui vigenza è stata confermata anche per le relazioni relative agli anni 2020 e 2021), "la Terza missione, nell’ambito della riforma ex processo di Bologna, costituisce l’indirizzo di evoluzione più innovativo della Higher Education Area. Rispetto alle tradizionali missioni di formazione e ricerca, essa si riconosce come un’ulteriore funzione assegnata alle istituzioni di Alta formazione. Attraverso iniziative mirate di Terza missione, strettamente collegate alle attività di ricerca, le istituzioni operano secondo gli strumenti loro più congeniali attraverso l’applicazione diretta, la comunicazione e la valorizzazione delle proprie conoscenze specifiche per contribuire allo sviluppo e al benessere della società, particolarmente in senso culturale ed economico"[24].

 

L'individuazione dei criteri di riparto delle risorse tra le singole istituzioni, nonché dei princìpi generali per la definizione degli obiettivi e l'attribuzione delle risorse medesime al personale è demandata a un decreto del Ministro dell'università e della ricerca, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Alle singole istituzioni AFAM è attribuito il compito di provvedere all'assegnazione delle risorse al personale, in ragione della partecipazione del personale medesimo ad appositi progetti finalizzati al raggiungimento di più elevati obiettivi nell'ambito della didattica e della ricerca, nel limite massimo pro capite del 15 per cento del trattamento tabellare annuo lordo, secondo criteri stabiliti mediante la contrattazione collettiva integrativa nel rispetto di quanto previsto dal suddetto decreto ministeriale.

 

 

 

 

 

 

 

 


Articolo 104, comma 1
(Fondo ordinario enti vigilati dal MUR)

 

 

L’articolo 104, comma 1, incrementa di 90 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024 e di 100 milioni euro annui a decorrere dall'anno 2025 il Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (FOE). Tali incrementi sono diretti a finanziare: gli enti vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca (MUR), tranne il CNR, di cui una quota è vincolata al superamento del precariato (comma 1, lettera a)); l'accesso al secondo livello dei ricercatori e tecnologi di terzo livello, previo superamento di procedure selettive riservate (lettera b)); la valorizzazione del personale tecnico-amministrativo che partecipa a progetti finalizzati al raggiungimento di più elevati obiettivi nell'ambito della ricerca (lettera c)). 

 

Si premette che il FOE è stato istituito dall'articolo 7 del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204[25].

Ai sensi di tale articolo: i) gli stanziamenti da destinare agli enti e alle istituzioni di ricerca sono determinati con un’unica autorizzazione di spesa ed affluiscono al richiamato Fondo (comma 1); ii) esso è ripartito annualmente tra gli enti e le istituzioni finanziati con decreti ministeriali, comprensivi di indicazioni per i due anni successivi, emanati previo parere delle commissioni parlamentari competenti per materia, da esprimersi entro il termine perentorio di trenta giorni dalla richiesta (comma 2).

Il riparto è effettuato sulla base dei programmi pluriennali di attività, da predisporre da parte degli enti destinatari delle assegnazioni finanziarie per l’approvazione del MUR, in coerenza con le indicazioni del Programma nazionale della ricerca (PNR).

In base al combinato disposto dell'articolo 5, comma 1 e dell'articolo 6, comma 2, del d.lgs. 218/2016[26], il MUR tiene conto, ai fini del riparto, della programmazione strategica preventiva (di cui all'art. 5 del d.lgs. 213/2009[27]), della Valutazione della qualità dei risultati della ricerca (effettuata, ogni 5 anni, dall'ANVUR), nonché dei Piani triennali di attività (di cui al già citato art. 5 del d.lgs. 213/2009 e all'art. 7 del medesimo d.lgs. 218/2016).

Con il decreto del Ministro dell'università e la ricerca n. 844 del 16 luglio 2021è stato effettuato il riparto FOE per l'anno 2021. La disponibilità complessiva del FOE (capitolo 7236, piano gestionale n. 1), pari a € 1.793.343.350, è stata ripartita, per la quota prevalente, tra i 12 enti vigilati (CNR, Agenzia spaziale italiana, Istituto nazionale di fisica nucleare, Istituto nazionale di astrofisica, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Istituto nazionale di ricerca metrologica, Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, Stazione zoologica "Anton Dohrn", Consorzio per l'area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste, Istituto nazionale di alta matematica "Francesco Severi", Museo storico della fisica e Centro di studi e ricerche "Enrico Fermi; Istituto italiano di studi germanici) e per la parte residuale (pari a 31.755.114 euro) ad allocazioni previste da specifiche disposizioni di legge (con i seguenti destinatari: società Sincrotrone di Trieste, INDIRE, nonché INVALSI).

Per approfondimenti di rinvia alla Documentazione dei Servizi studi di Camera e Senato per l'esame dell'Atto del Governo n.260 "Schema di decreto ministeriale per il riparto del Fondo".

 

Nello specifico, ai sensi del comma 1 degli importi annuali complessivi stanziati con la disposizione in esame:

a) 30 milioni di euro per gli ciascuno degli anni 2022 e 2023 e 40 milioni di euro a decorrere dall’anno 2025 sono ripartiti tra gli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca, ad eccezione del Consiglio Nazionale delle Ricerche – CNR. Al riguardo si segnala che il CNR è destinatario, ai sensi dell'articolo 105 disegno di legge in esame (si veda in proposito la relativa scheda di lettura), di distinti contributi aggiuntivi, in relazione al Piano di riorganizzazione e rilancio del medesimo ente e ad assunzioni di personale precario.

Nell’ambito di tali contributi, 2,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022 sono vincolati al completamento dei processi di superamento del precariato (cui all’art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75).

Il richiamato articolo 20 del d.lgs. 75/2017 ha disciplinato una procedura per il graduale superamento del precariato e la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, che consente alle pubbliche amministrazioni, fino al 31 dicembre 2022 (in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni e previa individuazione della relativa copertura finanziaria): i) di assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale che possegga determinati requisiti ivi indicati[28] (comma 1); ii) di bandire procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga determinati requisiti[29] (comma 2). Il comma 11 dell'articolo 20 chiarisce che la richiamata disciplina per il superamento del precariato si applica anche al personale delle amministrazioni finanziate dal FOE, specificando che il requisito del possesso di un periodo di tre anni di lavoro negli ultimi otto anni può essere stato acquisito presso diversi enti e istituzioni di ricerca (e non necessariamente da quello che bandisce la selezione).

Con decreto del MUR, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, sono individuati i criteri di riparto tra gli enti pubblici di ricerca delle richiamate risorse;

b) 40 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022 sono destinati alla promozione dello sviluppo professionale di ricercatori e tecnologi di ruolo al terzo livello in servizio alla data di entrata in vigore della legge di bilancio in esame.

Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle disposizioni relative alla messa ad esaurimento dei profili di ricercatore e tecnologo di terzo livello, sono stabiliti i criteri di riparto tra gli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero delle risorse di cui alla presente lettera.

La norma non specifica quale sia la fonte con cui si procede alla messa ad esaurimento dei profili di ricercatore e tecnologo di terzo livello.

Sul punto sovviene la relazione illustrativa, che pone in relazione la previsione di tali risorse con  il processo di revisione normativa in materia di reclutamento del personale degli enti pubblici di ricerca contenuta prefigurato dall'AS 2285.

Detto provvedimento, recante "Disposizioni in materia di attività di ricerca e di reclutamento dei ricercatori nelle università e negli enti pubblici di ricerca", già approvato dalla Camera dei deputati ed in corso di esame presso la Commissione 7a (istruzione e beni culturali) del Senato, opera un riordino della disciplina dell'immissione in ruolo dei ricercatori universitari e degli enti di ricerca che rende opportuna l'adozione di una disciplina transitoria nell'ambito della quale, per quanto interessa in questa sede, preveda specifici interventi per agevolare la transizione verso la nuova ed innovativa definizione del preruolo degli enti pubblici di ricerca.

In proposito, si segnala che nel corso dell'attività conoscitiva attivata dalla 7a Commissione del Senato[30] in sede di esame dell'AS 2285, è stato evidenziato che le nuove modalità di reclutamento dei ricercatori (cd in tenure track) negli enti di ricerca - peraltro aggiuntive rispetto a quelle già esistenti (a differenza di quanto accade nelle università in cui le nuove modalità sono le uniche) - consentono l'accesso diretto al livello intermedio della carriera, con conseguente "scavalco" dei ricercatori e dei tecnologi che sono già in servizio nel livello immediatamente inferiore (e che costituiscono una quota rilevante del personale). Partendo da tale constatazione, alcuni auditi hanno evidenziato l'esigenza di procedere ad un piano straordinario per l'avanzamento di carriera dei ricercatori e tecnologi inquadrati nel III livello a tempo indeterminato.

La disciplina in commento parrebbe offrire un riscontro a tale esigenza.

 

La norma attribuisce agli enti pubblici di ricerca la facoltà di indire procedure selettive riservate a ricercatori e tecnologi al terzo livello professionale per l'accesso al secondo livello nei limiti delle risorse assegnate con il decreto di cui alla presente lettera. Quanto alle commissioni per le procedure selettive, si specifica che i componenti sono scelti tra esperti di elevata qualificazione nelle aree scientifiche e nei settori tecnologici di riferimento, che siano esterni all'ente;

c) 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022 sono diretti alla valorizzazione del personale tecnico-amministrativo degli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero. La disposizione mira a premiare tale personale tenendo conto delle specifiche attività svolte e del "raggiungimento di più elevati obiettivi" nell’ambito della ricerca pubblica. Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottarsi anch'esso entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i criteri di riparto tra gli enti pubblici di ricerca delle predette risorse tra i singoli enti, nonché i principi generali per la definizione degli obiettivi e l’attribuzione delle predette risorse al personale tecnico-amministrativo (secondo periodo).

Il terzo periodo della lettera c) stabilisce che l’assegnazione delle risorse al personale debba avvenire in ragione della partecipazione dello stesso ad appositi progetti finalizzati al raggiungimento di più elevati obiettivi nell’ambito della ricerca. Il riconoscimento economico aggiuntivo introdotto dalla disposizione in commento  non può comunque eccedere il 15 per cento del trattamento tabellare annuo lordo. In proposito, la norma rinvia ai criteri stabiliti mediante la contrattazione collettiva integrativa nel rispetto di quanto previsto dal decreto ministeriale di cui al secondo periodo.

 

Come si evince dalla relazione illustrativa, la messa a disposizione di specifiche risorse per le richiamate finalità tiene conto della circostanza che nel tempo gli incrementi contrattuali effettivamente accordati al personale degli enti pubblici di ricerca (così come del resto di quello delle università) sono stati comparativamente inferiori rispetto a quelli registrati in altri comparti del pubblico impiego. Ciò in ragione della circostanza che, a normativa vigente, gli oneri derivanti da incrementi retributivi in favore di detto personale, anche se concordati in sede di contrattazione collettiva nazionale, sono interamente sostenuti dagli enti di ricerca (e dalle università), che hanno difficoltà a reperire nei propri bilanci risorse adeguate, senza il sostegno pubblico.


Articolo 104, comma 2
(Fondo italiano per la scienza)

 

 

L’articolo 104, comma 2, incrementa la dotazione del Fondo italiano per la scienza di 50 milioni di euro per l’anno 2023 e di 100 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024.

 

Il Fondo italiano per la scienza è stato istituito dall'articolo 61 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (c.d. sostegni bis), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, con una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2021 e di 150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022.

Conseguentemente all'incremento disposto dall'articolo in esame, la dotazione del Fondo per il 2023 è dunque pari a 200 milioni di euro, per il 2024 a 250 milioni di euro e dal 2025 in avanti a 150 milioni di euro.

 

Il Fondo italiano per la scienza è destinato a promuovere lo sviluppo della ricerca fondamentale, secondo criteri e modalità di assegnazione delle risorse che si conformano a procedure competitive ispirate ai parametri dello European Research Council (ERC), con particolare riferimento alle tipologie denominate "Starting Grant" (volti a sostenere progetti coordinati da ricercatori nella fase iniziale della carriera) e "Advanced Grant" (destinato a sostenere progetti coordinati da ricercatori affermati nel proprio campo). Si veda la scheda di approfondimento in calce alla presente scheda di lettura.

 

Si segnala che con il decreto ministeriale n. 841 del 15 luglio 2021 sono  stati individuati i criteri e le modalità per l'assegnazione delle risorse del Fondo. Nello specifico, lo stanziamento annuale di bilancio del Fondo viene destinato, di norma, per il 40 per cento allo schema di finanziamento denominato Starting Grant e per il 60 per cento allo schema Advanced Grant.

Quanto al finanziamento massimo concedibile per ciascun progetto, esso è pari a: un milione di euro per lo schema Starting Grant; 1,5 milioni di euro per lo schema Advanced Grant.

Per l’anno 2021, primo esercizio di vigenza della norma in argomento, rispetto al totale del budget complessivo, pari a 50 milioni di euro, 20 milioni di euro vengono destinati al finanziamento dello schema “Starting Grant” e 30 milioni di euro al finanziamento dello schema “Advanced Grant”. A decorrere dall’annualità 2022, lo stanziamento a legislazione vigente, pari a 150 milioni di euro, viene ripartito, in linea tendenziale, nel seguente modo: 60 milioni di euro destinati a finanziare lo schema “Starting Grant”; 90 milioni di euro destinati a finanziare lo schema “Advanced Grant”. Tale importi dovranno essere rivisti (in aumento) a seguito degli stanziamenti aggiuntivi recati nell'articolo in esame, a decorrere dal 2023.

 

Il Consiglio europeo della ricerca  è stato istituito nel febbraio 2007 dalla Commissione europea nell'ambito del Settimo programma quadro per la ricerca (7° PQ), al fine di provvedere all'attuazione del programma specifico "Idee" del 7° PQ e sostenere la ricerca di frontiera svolta su iniziativa dei ricercatori.

L'obiettivo principale dell'ERC è stimolare l'eccellenza scientifica in Europa, sostenendo e incoraggiando i migliori scienziati, studiosi ed ingegneri e invitandoli a presentare le loro proposte nei vari settori della ricerca.

L'ERC è composto da un consiglio scientifico indipendente e da un'agenzia esecutiva che opera per conto della Commissione europea. Il consiglio scientifico definisce la strategia scientifica e le relative metodologie, mentre l'agenzia esecutiva provvede all'attuazione di tali strategie e metodologie gestendo le attività di finanziamento dell'ERC nel contesto giuridico del 7° PQ.

L'agenzia esecutiva dell'ERC è stata formalmente istituita nel dicembre 2007 ed è diventata autonoma dal punto di vista amministrativo il 15 luglio 2009.

L'ERC opera in modo trasparente e in piena integrità e autonomia, princìpi di cui è garante la Commissione europea, alla quale il Consiglio rende conto. La Commissione europea detiene la responsabilità finale dell'esecuzione del 7° PQ e del relativo bilancio.

Gli schemi di finanziamento offerti dall'ERC si articolano in tre tipologie:

§     Starting Grant, che si rivolge a ricercatori in qualsiasi ambito di ricerca che intendono svolgere attività autonoma di ricerca in Europa.

Ai fini dell'erogazione del finanziamento sono richiesti: 2-7 anni di esperienza maturata dopo il conseguimento del dottorato di ricerca (o di un altro titolo equipollente) e con un curriculum scientifico molto promettente; un’eccellente proposta di ricerca; che le attività di ricerca siano svolte presso un’organizzazione di ricerca pubblica o privata (“istituzione ospitante”) situata in uno degli Stati membri dell’UE o dei Paesi associati a Horizon Europe. Il finanziamento per ciascuna borsa di ricerca è fino a 1,5 milioni di euro per un periodo di 5 anni;

§     Consolidator Grant, che si rivolge a ricercatori che stanno consolidando il proprio team o progetto di ricerca indipendente. Ai fini dell'erogazione del finanziamento sono richiesti: 7-12 anni di esperienza maturata dopo il conseguimento del dottorato di ricerca (o di un altro titolo equipollente) e con un curriculum scientifico molto promettente; un’eccellente proposta di ricerca; che le attività di ricerca siano svolte presso un ente di ricerca pubblica o privata (“istituzione ospitante”) situata in uno degli Stati membri dell’UE o dei Paesi associati a Horizon Europe. Il finanziamento per ciascuna borsa di ricerca è fino a 2 milioni di euro per un periodo di 5 anni.

§     Advanced Grant, che si rivolge a leader nella ricerca affermati a livello internazionale, di qualsiasi età e nazionalità, al fine di consentire loro di portare avanti progetti altamente innovativi in grado di aprire nuove frontiere di ricerca.

Ai fini dell'erogazione del finanziamento è richiesto di essere scientificamente indipendenti, attivi nella ricerca negli ultimi 10 anni e avere un profilo che identifichi il ricercatore come leader del/i rispettivo/i settore/i di ricerca. Anche in questo caso è richiesto che le attività di ricerca siano svolte presso un’organizzazione di ricerca pubblica o privata (“istituzione ospitante”) situata in uno degli Stati membri dell’UE o dei Paesi associati a Horizon Europe. Il finanziamento per ciascuna borsa di ricerca è fino a 2,5 milioni di euro per un periodo di 5 anni.

 


Articolo 104, comma 3
(Istituzione del Fondo italiano per le scienze applicate)

 

 

L’articolo 104, comma 3, istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, un apposito fondo, denominato "Fondo italiano per le scienze applicate" con una dotazione di:

- 50 milioni di euro per l'anno 2022;

- 150 milioni di euro per l'anno 2023;

- 200 milioni di euro per l'anno 2024;

- 250 milioni a decorrere dall'anno 2025.

La finalità è quella di promuovere la competitività del sistema produttivo nazionale, attraverso la valorizzazione della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale.

Il secondo periodo del comma in esame demanda a un decreto del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione dei criteri e delle modalità per l'assegnazione delle risorse del fondo. Nell'ambito di tali criteri sono valorizzate le progettualità con una maggiore quota di cofinanziamento a carico di soggetti privati.

 

 

 

 


Articolo 104, comma 4
(Misure premiali in favore di enti pubblici di ricerca)

 

 

L’articolo 104, comma 4, destina di 30 milioni di euro per l'anno 2023 al finanziamento premiale in favore degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca.

 

Le risorse sono stanziate per il perseguimento delle finalità di cui al comma 5 dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 218 del 2016 ("Semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca"). Tale comma stabilisce che il Ministero dell'università e della ricerca promuove e sostiene l'incremento qualitativo dell'attività scientifica degli enti di ricerca sottoposti alla vigilanza del medesimo dicastero, nonché il finanziamento premiale dei Piani triennali di attività e di specifici programmi e progetti, anche congiunti, proposti da tali enti.

L'assegnazione delle risorse premiali è demandata (sempre ai sensi del comma 5 dell'art. 19) ad un decreto del Ministro dell'università e della ricerca che ne fissa altresì criteri, modalità e termini.

La disposizione in esame aggiunge che tale decreto di riparto deve tener conto dei risultati conseguiti dagli enti pubblici di ricerca nella Valutazione della qualità della ricerca (VQR), effettuata dall'ANVUR con cadenza quinquennale.

 

L'art. 19, co. 5, del d.lgs. 218/2016 ha destinato al finanziamento premiale degli enti di ricerca, in via sperimentale, per il solo 2017, 68 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo per il finanziamento ordinario (FOE).

Successivamente, l'art. 1, comma 647, della legge n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) ha demandato a un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della medesima legge di bilancio, l'assegnazione (anche) delle risorse destinate alla promozione dell'incremento qualitativo dell'attività scientifica degli enti di ricerca. Le risorse premiali sono state quindi ripartite con d.m. 5 febbraio 2018.

A decorrere dal 2018, non si registrano risorse specificamente destinate al finanziamento premiale: le risorse prima destinate alla "ex premialità" sono confluite con quote proporzionali nelle assegnazioni ordinarie degli enti (al riguardo cfr. il dossier sullo schema di decreto di riparto del FOE per il 2021).

Le risorse in oggetto sono allocate sul capitolo 7237 dello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca. Il disegno di legge di bilancio in esame presenta uno stanziamento di 30 milioni per il solo 2023 su tale capitolo che risulta privo di stanziamento nel triennio 2022-2024 secondo le previsioni a legislazione vigente.

 

Si ricorda che i Piani triennali di attività sono disciplinati dagli articoli 5 e 7 del citato decreto legislativo n. 218 del 2016. L'art. 5 dispone che, in conformità alle linee guida enunciate nel Programma nazionale della ricerca, i consigli di amministrazione dei singoli enti vigilati dal MUR, previo parere dei rispettivi consigli scientifici, adottano un piano triennale di attività (PTA), aggiornato annualmente, ed elaborano un documento di visione strategica decennale. Il piano è valutato e approvato dal MUR, anche ai fini della identificazione e dello sviluppo degli obiettivi generali di sistema, del coordinamento dei PTA dei diversi enti di ricerca, nonché del riparto del fondo ordinario. L'art. 7 del d.lgs. 218/2016 dispone che gli enti di ricerca, nell'ambito della loro autonomia, in conformità con le linee guida enunciate nel PNR, tenuto conto, fra l'altro, delle linee di indirizzo del Ministro vigilante, adottano un PTA, aggiornato annualmente, con il quale determinano anche la consistenza e le variazioni dell'organico e del piano di fabbisogno del personale, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all'art. 9.

 

Per quanto concerne la valutazione della qualità della ricerca (VQR), si ricorda che essa è svolta dall'ANVUR, con cadenza quinquennale, sulla base di un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca diretto a individuare le linee-guida concernenti lo svolgimento della medesima valutazione e le risorse economiche a tal fine necessarie[31].

 


Articolo 104, comma 5
(Soppressione dell’Agenzia nazionale per la ricerca)

 

 

L’articolo 104, comma 5, abroga parte delle disposizioni della legge di bilancio 2020 che avevano previsto l’istituzione dell’Agenzia nazionale per la ricerca.

 

In particolare, abroga l’articolo 1, commi da 240 a 248, della L. 160/2019, già in precedenza oggetto di varie modifiche.

Non abroga, invece, i commi da 250 a 252 dello stesso articolo 1, riguardanti la medesima Agenzia.

I commi in questione riguardano il collegio dei revisori dei conti, l’approvazione dello statuto dell’Agenzia e la definizione di procedure di semplificazione alternative in materia amministrativo-contabile, di cui la stessa Agenzia deve tener conto.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di un approfondimento.

 

L’art. 1, co. 240-248 e 250-252, della L. 160/2019 ha istituito l’Agenzia nazionale per la ricerca (ANR), sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio e del Ministero (ora) dell’università e della ricerca[32], dotata di autonomia statutaria, organizzativa, tecnico-operativa e gestionale.

La relativa disciplina è stata in seguito in parte modificata dall’art. 19, co. 6, del D.L. 76/2020 (L. 120/2020) e dall’art. 64, co. 5, del D.L. 77/2021 (L. 108/2021).

In particolare, a legislazione vigente, l’Agenzia:

§  promuove il coordinamento delle attività di ricerca di università, enti e istituti di ricerca pubblici, incrementando la sinergia e la cooperazione tra di essi e con il sistema economico-produttivo, pubblico e privato;

§  promuove e finanzia progetti di ricerca da realizzare in Italia ad opera di soggetti pubblici e privati, anche esteri, altamente strategici per lo sviluppo sostenibile e l’inclusione sociale;

§  favorisce l’internazionalizzazione delle attività di ricerca;

§  definisce un piano di semplificazione delle procedure amministrative e contabili relative ai progetti di ricerca.

 

Gli organi dell'ANR sono costituiti da direttore, comitato direttivo, comitato scientifico e collegio dei revisori dei conti. In particolare:

§  il direttore – che dura in carica 4 anni – è il legale rappresentante dell'Agenzia, la dirige e ne è responsabile, presiede il comitato direttivo e svolge gli ulteriori compiti attribuitigli dallo statuto.
Egli è nominato con DPCM ed è scelto dallo stesso tra studiosi, italiani o stranieri, di elevata qualificazione scientifica, con una profonda conoscenza del sistema della ricerca in Italia e all’estero e con pluriennale esperienza in enti o organismi, pubblici o privati, operanti nel settore della ricerca, nell’ambito di una rosa di 25 nominativi, preventivamente selezionati da una Commissione di valutazione;

§  il comitato direttivo, i cui compiti non sono stati indicati, è composto da 8 membri, anche in questo caso selezionati tra studiosi, italiani o stranieri, di elevata qualificazione scientifica, con una profonda conoscenza del sistema della ricerca in Italia e all’estero e con pluriennale esperienza in enti o organismi, pubblici o privati, operanti nel settore della ricerca, nell’ambito di una rosa di 25 nominativi, preventivamente selezionati da una Commissione di valutazione. Di tali membri, uno è scelto dal Ministro dell’università e della ricerca, uno dal Ministro dello sviluppo economico, uno dal Ministro della salute, uno dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, uno dalla Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), uno dal Consiglio universitario nazionale (CUN), uno dalla Consulta dei Presidenti degli enti pubblici di ricerca e uno dall'Accademia dei lincei. La composizione del comitato direttivo deve assicurare la parità di genere.

§  Anche i membri del comitato direttivo sono nominati con DPCM e durano in carica per 4 anni;

§  il comitato scientifico vigila sul rispetto dei principi di libertà e autonomia della ricerca scientifica ed è composto da 5 membri nominati dal direttore all'interno di una rosa di 25 nominativi, preventivamente selezionati da parte di una Commissione di valutazione sulla base di criteri di competenza e professionalità. La composizione del comitato scientifico deve garantire una rappresentanza del genere meno rappresentato non inferiore al 45%;

§  il collegio dei revisori dei conti svolge le funzioni di controllo amministrativo e contabile ed è composto da 3 membri effettivi e 2 supplenti, nominati con decreto del Ministro dell’università e della ricerca. Un membro effettivo, che assume le funzioni di Presidente, e un membro supplente sono designati dal Ministro dell'economia e delle finanze. I componenti del collegio durano in carica 3 anni e possono essere rinnovati una sola volta.

 

La Commissione di valutazione incaricata di selezionare la rosa nell’ambito della quale sono scelti il direttore dell’Agenzia e i membri del comitato direttivo è istituita con DPCM ed è composta da 5 membri di alta qualificazione scelti uno dal Ministro dell'università e della ricerca, uno dal presidente del Consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), uno dal presidente dell'European Research Council, uno dal presidente dell'European Science Foundation, uno dal presidente della CRUI, d’intesa con il presidente della Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca[33].

La definizione delle procedure e delle modalità per l'individuazione dei componenti della Commissione di valutazione incaricata di selezionare la rosa nell’ambito della quale sono scelti i membri del comitato scientifico, invece, è stata demandata allo statuto.

 

Lo statuto dell’Agenzia, che ne disciplina le attività e le regole di funzionamento, deve essere approvato con DPCM, su proposta del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che sarebbe dovuto essere emanato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della L. 160/2019.

Il medesimo decreto definisce, altresì, la dotazione organica dell’Agenzia, nel limite massimo di 34 unità complessive, di cui 3 dirigenti di seconda fascia, nonché i compensi spettanti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo.

Al personale dell’Agenzia si applicano le disposizioni del d.lgs. 165/2001 – recante le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche – ed il contratto collettivo del comparto Istruzione e Ricerca[34].

 

Nessuno degli atti attuativi previsti è finora intervenuto.

 

Al contempo, la stessa L. di bilancio 160/2019 aveva autorizzato, sempre al fine di potenziare la ricerca svolta da università, enti e istituti di ricerca pubblici e privati, la spesa di 25 mln per il 2020, € 200 mln per il 2021 e € 300 mln annui a decorrere dal 2022, di cui, € 0,3 mln nel 2020 e € 4 mln annui a decorrere dal 2021 destinati alle spese per il funzionamento e il personale dell'ANR.

Le risorse sono state allocate nel nuovo cap. 7288 dello stato di previsione dell’allora MIUR, denominato "Fondo per l'Agenzia nazionale per la ricerca - ANR".

 

Successivamente, tale autorizzazione di spesa è stata rideterminata per effetto:

§  dell’art. 6, co. 5-septies, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020), che ha incrementato il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di € 96,5 mln per il 2021 e di € 111,5 mln annui dal 2022 ai fini – previsti dal co. 5 sexies – dell’assunzione di ricercatori universitari a tempo determinato di tipo B, a decorrere dal 2021, e dell’autorizzazione alle università a bandire procedure per la chiamata, dal 2022, di professori universitari di seconda fascia riservate ai ricercatori universitari a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale (ASN), a tal fine attingendo, quanto a € 96,5 mln a decorrere dal 2021, al “Fondo per l'Agenzia nazionale per la ricerca – ANR”;

§  dell’art. 33, co. 1 e 2, del D.L. 41/2021 (L. 69/2021), che ha incrementato di € 78,5 mln per il 2021 il “Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli enti di ricerca”, coprendo l’onere interamente mediante la riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa all’ANR;

§  dell’art. 64, co. 6, del D.L. 77/2021 (L. 108/2021), che ha incrementato di € 5 mln per il 2021 e di € 20 mln annui a decorrere dal 2022 le risorse del Fondo per la valutazione e la valorizzazione dei progetti di ricerca, coprendo l’onere interamente mediante la riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa all’ANR.

 


Articolo 105
(Piano di riorganizzazione e rilancio del Consiglio Nazionale delle Ricerche – CNR))

 

 

L’articolo 105 mira al potenziamento del CNR attraverso: i) un contributo finanziario, pari a 60 milioni di euro per il 2022 e 80 milioni annui a partire dal 2023; ii) nonché un Piano di riorganizzazione e rilancio delle attività, di cui sono definiti la procedura di adozione, i contenuti, le modalità e il termine per la sua attuazione, il monitoraggio al cui esito favorevole è collegato il maggior contributo (di 20 milioni di euro annui) a partire dal 2023, rispetto a quello previsto per il 2022.

 

La Relazione illustrativa evidenzia come le specificità del CNR - che costituisce il più grande ente pubblico di ricerca nazionale e pertanto "un attore fondamentale nella vita sociale e culturale" del Paese - giustifichino la scelta di introdurre per lo stesso, con l'articolo in esame, una disciplina ad hoc rispetto alle disposizioni (anche di tipo finanziario) riguardanti gli altri enti di ricerca (v. art. 104 del presente disegno di legge).

In proposito la Relazione richiama, oltre all'ampiezza degli ambiti di ricerca e la complessità dell'organizzazione amministrativa, la funzione di supporto in ordine alle più importanti scelte politiche ed economiche del Paese su temi di grandissimo rilievo, quali l'intelligenza artificiale, le nanotecnologie, lo studio e l'applicazione di materiali innovativi, nonché lo studio della biomedicina cellulare e molecolare determinanti per lo sviluppo e l'innovazione del tessuto sociale e produttivo italiano.

 

Nello specifico, ai sensi del comma 1, il Presidente dell’ente è chiamato ad adottare il piano di riorganizzazione e rilancio del CNR. Esso assume la funzione di piano triennale di attività "ai fini dell’applicazione della normativa vigente". L'adozione del piano deve avvenire entro sei mesi dalla data di entrata in vigore "della presente disposizione".

 

Si segnala che l'art.16 del d.lgs. n.127 del 2003 (recante il "Riordino del Consiglio nazionale delle ricerche") stabilisce che il CNR operi sulla base di un piano triennale di attività, aggiornato annualmente, che: i) definisce gli obiettivi, i programmi di ricerca, i risultati socio-economici attesi, nonché le correlate risorse, in coerenza con il programma nazionale per la ricerca; e ii) comprende la programmazione triennale del fabbisogno del personale, sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato.

Come segnalato anche nella Relazione tecnica, il piano triennale di attività non è stato aggiornato al triennio 2020-2022.

 

Il comma 2 dispone che, per le richiamate finalità di rafforzamento dell'ente, il Ministro dell’università e della ricerca istituisca, con proprio decreto, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze, un Comitato strategico per il rilancio dell’ente. Tale comitato, indicato come "Supervisory Board", è composto da cinque esperti di comprovata competenza ed esperienza, anche gestionale, acquisite nel settore della ricerca nazionale ed internazionale. Quanto alla loro nazionalità, la norma specifica che essi possono essere italiani o stranieri, senza pertanto che sia accordata alcuna priorità ai primi, anche solo in termini di una quota prefissata.

Per i componenti si prevedono sia un compenso, pari a 20.000 euro annui, sia eventuali rimborsi spese, nel rispetto di quanto previsto (in via ordinaria) dalla normativa vigente in materia di trattamento di missione e nell'ambito di un tetto massimo di 100.000 euro annui. Ai conseguenti oneri finanziari, quantificati in 232.700 euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024, si provvede a valere sul contributo che lo Stato riconosce "ai sensi del comma 8" (lettera b), si valuti l'opportunità di inserire tale specificazione nel testo, in analogia con quanto disposto dal comma 4, v.infra).

La quantificazione, come si legge nella Relazione illustrativa, tiene conto anche degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione dei predetti compensi.

 

La disposizione non prevede un termine di approvazione del predetto decreto istitutivo del Comitato strategico.

Al riguardo occorre tener presente che: i) il comma 1 impone al Presidente del CNR di adottare il piano entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio; ii) che tale adozione è subordinata al previo parere favorevole del medesimo Comitato (v. comma 3); iii) che a quest'ultimo spettano funzioni rilevanti nell'ambito della definizione dell'atto (inclusa la possibilità di potersi avvalere, a tal fine, di personale esperto esterno all'amministrazione, v. comma 4); iv) che al mancato rispetto del termine prescritto per l'adozione del piano conseguono sanzioni finanziarie (consistenti nel venir meno del contributo, pari a 20 milioni di euro a decorrere dal 2023, di cui al comma 9, v. comma 7).

Ciò premesso, si valuti l'opportunità di fissare un termine entro cui detto Comitato debba essere istituito, in modo da favorire la tempestiva adozione del predetto piano.

 

Con riferimento alla procedura di definizione del piano di riorganizzazione e rilancio del CNR, il comma 3 dispone che esso è adottato (dal Presidente, cfr. comma 1) previo parere favorevole del comitato strategico per il rilancio dell’ente ed è approvato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Tale procedura avviene in deroga alle disposizioni, normative e statutarie, che prevedono, in relazione alle specifiche misure previste dal piano, altri pareri, intese o nulla osta, comunque denominati.

Non è previsto un termine per l'approvazione del piano. Si valuti, anche in questo caso, l'opportunità di un approfondimento.

 

Il comma 4 attribuisce al Presidente del CNR e al predetto comitato la facoltà di avvalersi di un contingente di esperti esterni alla amministrazione, di comprovata qualificazione professionale, "[a]i fini della predisposizione del piano" di riorganizzazione e rilancio.

Dal combinato disposto dei commi da 1 a 4, parrebbero evincersi elementi di incertezza circa le effettive competenze demandate al Comitato strategico. Per un verso, il comma 4 parrebbe attribuire anche al Comitato il compito (da esercitare assieme al Presidente) di predisposizione del piano. Per l'altro, il comma 3 attribuisce al medesimo comitato una funzione consultiva, di carattere obbligatoria e vincolante, che parrebbe doversi esercitare su una proposta di piano non riconducibile direttamente al medesimo Comitato. Si valuti l'opportunità di un approfondimento al riguardo.

 

La disposizione specifica l'importo massimo da riconoscere, per singolo incarico, ai predetti esperti, pari a euro 50.000 lordi annui, che viene posto a carico delle risorse di cui al comma 8, lettera b) (v. infra). Con riguardo alle modalità di individuazione del contingente di esperti, la norma opera un rinvio all'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Tale ultima disposizione (art. 7, comma 6, dlgs. 165/2001) prevede che le amministrazioni pubbliche, per specifiche esigenze alle quali non possono far fronte con personale in servizio, possano conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, a esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza di determinati presupposti di legittimità, tra i quali la determinazione preventiva della durata, dell'oggetto e del compenso della collaborazione.

 

Il ricorso agli esperti esterni al CNR è finalizzato allo svolgimento di determinate attività, e "in particolare" ad esaminare la consistenza economica e patrimoniale, lo stato dell’organizzazione, la consistenza dell’organico e il piano di fabbisogno, la documentazione relativa alla programmazione e alla rendicontazione scientifica, nonché alla programmazione economica e finanziaria.

 

Quanto ai contenuti del piano, il comma 5 reca un'elencazione meramente esemplificativa, dalla quale si evince tuttavia l'ampiezza degli ambiti di intervento dello strumento. Quest'ultimo, in particolare, i) può contenere proposte di revisione della disciplina, statutaria e normativa, di funzionamento dell’ente, ivi compresa quella riferita alla composizione degli organi, nonché ogni altra misura di riorganizzazione necessaria per il raggiungimento di maggiori livelli di efficienza amministrativa e gestionale; ii) reca l’indicazione delle risorse economiche per provvedere alla relativa attuazione, con la specificazione di quelle derivanti dalle misure di riorganizzazione e quelle richieste dagli investimenti finalizzati al rilancio dell’ente (che evidentemente non trovano compensazione nei risparmi conseguenti a misure di riorganizzazione). 

Dal comma 5 (in combinato disposto con i commi 4 e 5) si evince, come segnalato dalla Relazione illustrativa, l'intenzione di condurre, preliminarmente alla definizione sostanziale dei contenuti del riordino, una mappatura e un'analisi  delle principali informazioni riguardanti l'attuale assetto organizzativo, sia sotto il profilo amministrativo sia tecnico scientifico; sulla base di tali risultanze, si procede all'elaborazione di un piano di riorganizzazione "in grado di valorizzare ed implementare i processi strettamente attinenti all'individuazione degli obiettivi strategici di natura tecnico-scientifica e di semplificare e rivedere le regole di governo, in modo da consentire una migliore e più snella gestione dell'ente in termini generali" e "assicurare che l'autonomia degli istituti, presupposto necessario per la scienza, sia coniugata con funzioni di supporto e controllo che assicurino sostenibilità e sviluppo dell'ente e valorizzazione dei ricercatori".

 

Ai sensi del comma 6, il piano di riorganizzazione e rilancio del CNR (rectius la sua attuazione) si conclude entro tre anni dalla sua approvazione. Il Ministero dell’università e della ricerca, anche avvalendosi del Comitato strategico per il rilancio dell’ente, è chiamato a svolgere un monitoraggio dell'attuazione del piano, con cadenza almeno semestrale, cui sono connesse le conseguenze finanziarie cui si è fatto cenno (ai sensi del comma 9).

 

Sotto il profilo del sostegno finanziario al CNR occorre avere riguardo ai commi 8 e 9. La prima delle due disposizioni citate attribuisce al CNR un contributo di 60 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022 di cui:

a) 10 milioni di euro sono vincolati al completamento dei processi di superamento del precariato e valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato di cui all’art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.

Con riferimento ai contenuti dell'art.20, si rinvia alla scheda di lettura, contenuta nel presente Dossier, relativa all'articolo 104, comma 1, del presente disegno di legge (in cui si prevede una disposizione analoga anche per gli altri enti di ricerca);

 

b) 50 milioni di euro sono utilizzabili per le finalità del piano di riorganizzazione e rilancio e per le spese di funzionamento del richiamato Comitato strategico per gli anni 2022, 2023 e 2024.

 

Ai sensi del comma 9, a decorrere dall’anno 2023, al CNR è concesso un ulteriore contributo di 20 milioni di euro annui. Esso è tuttavia subordinato (ai sensi del comma 7) alla "approvazione del piano entro il termine di cui al comma 1" e all’esito favorevole del monitoraggio da parte del Ministero dell'università e della ricerca di cui al comma 6.

In proposito, la disposizione, sebbene subordini tale ulteriore contributo alla "approvazione del piano entro il termine di cui al comma 1", parrebbe doversi riferire alla "adozione" da parte del Presidente del CNR del medesimo piano. Per l'approvazione del piano, disposta con decreto ministeriale ai sensi del comma 3 (e non già del comma 1), non è infatti previsto alcun termine. Sarebbe del resto singolare che un'eventuale inerzia ministeriale, nel caso di mancata approvazione del piano adottato dal Presidente, possa determinare una penalizzazione economica nei confronti del CNR.

Si valuti in proposito una riformulazione del comma 7 nel senso indicato.


Articolo 106
(Contrasto della “Xylella fastidiosa”)

 

 

L’articolo 106 destina, per le attività di ricerca svolte dal CNR per il contenimento della Xylella fastidiosa, 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024.

 

Nel dettaglio, l’articolo in commento, composto di un solo comma, prevede che, al fine sostenere le attività di ricerca finalizzate al contenimento della diffusione dell'organismo nocivo “Xylella fastidiosa”, condotte dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), sia autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024.

 

Per quanto concerne gli interventi normativi adottati - negli ultimi anni - per il contrasto al batterio della Xylella fastidiosa, realizzati, in particolare, ad opera del decreto-legge n. 27 del 2019 e delle leggi di bilancio del 2018 del 2019 e del 2021, si rinvia all’apposito tema web del Servizio studi della Camera dei deputati.

 

Si ricorda, in particolare, che la legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) ha previsto, all'art. 1, commi 126-128, tre misure per affrontare la problematica della Xylella fastidiosa. In sintesi: a) con riguardo ai danni prodotti da tale batterio, si prevede, intanto, lo stanziamento di 1 milione di euro per il 2018 e di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, per finanziare i contratti di distretto per i territori danneggiati dal predetto batterio (art. 1, comma 126); b) si prevede, poi, il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale, di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004, di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, a favore delle imprese agricole danneggiate dal medesimo batterio negli anni 2016 e 2017  (art. 1, comma 127); c) si dispone, infine, l'estensione al settore olivicolo del Fondo per la competitività della filiera e il miglioramento della qualità dei prodotti cerealicoli, di cui all'art. 23-bis del decreto-legge n. 113 del 2016, conseguentemente, incrementando il predetto Fondo di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, da destinare al reimpianto di piante tolleranti o resistenti alla Xylella fastidiosa nella zona infetta sottoposta a misure di contenimento del batterio (art. 1, comma 128).  La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha poi disposto l'aumento di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e la previsione di nuove risorse per un ammontare di 2 milioni di euro nel 2021, da destinare al reimpianto con piante tolleranti o resistenti al batterio della Xylella fastidiosa e ai contratti di distretto per la realizzazione di un programma di rigenerazione dell'agricoltura nei territori colpiti, da attuarsi anche attraverso il recupero di colture storiche di qualità. È stata, poi, prevista la non applicabilità di talune disposizioni riguardanti le piante di ulivo monumentale agli olivi che insistono nella zona infetta (articolo 1, commi 657, 660 e 661). Quest'ultima disposizione (di cui al comma 661) è stata poi abrogata dall'articolo 8, comma 2, del decreto-legge n. 27 del 2019. La legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) ha inoltre previsto: a) rifinanziamenti per i contratti di distretto dei territori danneggiati dalla Xylella fastidiosa - disposti nella sezione II della legge - per 5 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2021-2023; b) reiscrizioni in bilancio – per il medesimo fine - di somme stanziate e non impegnate precedentemente, ai sensi dell'art. 30, comma 2, lettera b) della legge n. 196 del 2009, per 2 milioni di euro per il 2021.

 

Si ricorda, poi, che la XIII Commissione agricoltura della Camera ha concluso, il 21 febbraio 2019, un'indagine conoscitiva sul fenomeno legato al diffondersi del batterio della c.d. Xylella Fastidiosa, il quale - come noto - ha colpito gli uliveti della regione Puglia, approvando in tale data il documento conclusivo. Per quanto concerne i lavori svolti nel corso dell’indagine, comprensivi dei resoconti stenografici delle audizioni, si rinvia alla seguente pagina web.

 

In merito alle ricerche condotte in materia di Xylella fastidiosa, si veda la presente news del CNR - Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante.


Articolo 107
(Proroga di incarichi temporanei di personale docente)

 

 

L’articolo 107 dispone che il termine degli ulteriori incarichi temporanei di personale docente attivati con riferimento all’a.s. 2021/2022 può essere prorogato (dal 30 dicembre 2021) fino al termine delle lezioni dello stesso a.s. e, dunque, fino al 30 giugno 2022, nel limite di spesa indicato.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 58, co. da 4-ter a 4-quinquies, del D.L. 73/2021 (L. 106/2021) ha previsto l’attivazione di ulteriori incarichi temporanei di personale docente e ATA fino al 30 dicembre 2021 (c.d. “organico COVID), nei limiti delle risorse previste allo stesso scopo per l’a.s. 2020/2021 risultate non spese[35].

In particolare, il comma 4-ter ha previsto che entro il 31 luglio 2021 il Ministero dell’istruzione doveva provvedere al monitoraggio delle spese di cui all’art. 231-bis, co. 2, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), relative all’attivazione di incarichi temporanei di personale docente e ATA per l’a.s. 2020/2021, e doveva comunicare le relative risultanze al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Ha, altresì, disposto che la quota parte delle risorse che, in base al monitoraggio, risultava non spesa doveva essere destinata all’attivazione di ulteriori incarichi temporanei per l’avvio dell’a.s. 2021/2022.

Nei limiti di tali risorse, con ordinanza del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, dovevano essere adottate, anche in deroga alle disposizioni vigenti, misure volte ad autorizzare i dirigenti degli Uffici scolastici regionali (USR) ad:

a)  attivare ulteriori incarichi temporanei di personale docente a tempo determinato dalla data di presa di servizio fino al 30 dicembre 2021, finalizzati al recupero degli apprendimenti e da impiegare in base alle esigenze delle istituzioni scolastiche, nell’ambito della loro autonomia. Come già per l’a.s. 2020/2021, è stato previsto che, in caso di sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica, tale personale assicura le prestazioni con le modalità del lavoro agile (lett. a));

b)  attivare ulteriori incarichi temporanei di personale ATA a tempo determinato dalla data di presa di servizio fino al 30 dicembre 2021, per finalità connesse all’emergenza epidemiologica. In tal caso, a differenza di quanto disposto per l’a.s. 2020/2021, non è stato previsto che, in caso di sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica, tale personale assicura le prestazioni con le modalità del lavoro agile (lett. b)).

 

Per il riparto delle risorse fra gli USR è intervenuto, ai sensi del co. 4-quater dello stesso art. 58, il D.I. 2 settembre 2021, n. 274.

In particolare, il D.I. ha autorizzato la spesa di € 422.441.356 nel periodo settembre-dicembre 2021, disponendo che le risorse erano così ripartite tra gli USR:

a) 350 mln per il 50% in funzione dell'incidenza del numero degli alunni, per il 20% in base alla presenza di classi con numerosità superiore a 23 alunni e, per il 30%, in funzione dell'indice di fragilità calcolato dall'ISTAT, che misura le condizioni di fragilità degli alunni rispetto all'ordine di scuola che frequentano;

b) € 50 mln quale elemento perequativo per garantire che ogni USR percepisse una somma corrispondente almeno alla spesa realizzata nel periodo settembre-dicembre 2020 per le finalità di cui all'art. 231-bis del D.L. 34/2020;

c) € 22.441.356 al fine di garantire la copertura di risorse umane per le istituzioni scolastiche che presentano almeno cinque classi con più di 26 alunni (per le scuole primarie e le scuole secondarie di I grado) e 27 alunni (per le scuole secondarie di II grado).

 

Con riferimento a tale riparto, la nota prot. 1237 del 13 agosto 2021 del Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione anticipava che le risorse sopra indicate erano destinate a finanziare due linee di reperimento straordinario di personale a tempo determinato (docente e ATA) per il periodo settembre-dicembre 2021:

§  € 400 mln per reclutare sino a circa 20.000 docenti a tempo determinato, per il recupero e potenziamento degli apprendimenti e sino a circa 22.000 unità di personale ATA, per finalità connesse all’emergenza epidemiologica;

§  € 22 mln per intervenire su istituzioni scolastiche con una una alta incidenza di classi numerose, mediante risorse aggiuntive di docenti a tempo determinato.

 

Nello specifico, l’articolo 107 dispone che il termine dei contratti sottoscritti ai sensi dell’art. 58, co. 4-ter, lett. a), del D.L. 73/2021 (L. 106/2021) - e, dunque, (solo) dei contratti relativi ai docenti - può essere prorogato fino al termine delle lezioni dell’a.s. 2021/2022, nel limite di € 300 mln per il 2022.

La relazione tecnica evidenzia che, in assenza di elementi puntuali sui contratti attivati dai dirigenti degli USR, la cifra indicata è prudenziale. Fa, inoltre, presente che, con la stessa, potranno essere prorogati circa 18.000 contratti.

 

In particolare, le risorse indicate incrementano il Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui all’art. 235 del D.L. 34/2020 (L. 77/2020).

 

Al riguardo, il testo indica, quale decreto con cui sono state ripartite le risorse del Fondo indicato, il D.I. 16 agosto 2021, n. 265, con il quale, in realtà, sono state ripartire le risorse del (nuovo) Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 per l’anno scolastico 2021/2022 istituito dall’art. 58, co. 4, del D.L. 73/2021 (L. 106/2021), con uno stanziamento di € 350 mln per il 2021, da destinare a spese per l’acquisto di beni e servizi da parte delle scuole statali.

 

Si valuti, pertanto, l’opportunità di rettificare il riferimento indicato.

 

L’articolo 107 dispone, infine, che il Ministero dell’istruzione provvede, entro il 31 luglio 2022, al monitoraggio delle spese in questione, comunicando le relative risultanze al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. La quota parte delle risorse che risulti non spesa è versata all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnata al fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.


Articolo 108
(Valorizzazione della professionalità del personale docente)

 

 

L’articolo 108 interviene sulla disciplina in materia di valorizzazione della professionalità del personale docente, ampliando i parametri da considerare per l’utilizzo delle risorse e incrementando l’autorizzazione di spesa destinata a tale scopo.

 

In particolare, i commi 1, lett. a), e 2, lett. a) e b), stabiliscono che le risorse destinate alla valorizzazione della professionalità dei docenti delle scuole statali, di cui all’art. 1, co. 592 e 593, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018), sono volte a premiare anche la dedizione nell’insegnamento, l’impegno nella promozione della comunità scolastica e il costante e qualificato aggiornamento professionale.

Il comma 1, lett. b), incrementa le citate risorse (da € 30 mln) a € 240 mln annui dal 2022.

A tali fini, novellano l’art. 1, co. 592 e 593, della L. 205/2017.

 

La relazione illustrativa sottolinea che in tal modo si intende rendere più attrattiva la professione.

 

L’art. 1, co. 592 e 593, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018), al fine di valorizzare la professionalità dei docenti delle scuole statali, ha istituito una apposita sezione nell’ambito del Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa (MOF), con uno stanziamento di € 10 mln nel 2018, € 20 mln nel 2019 ed € 30 mln annui dal 2020.

Ha stabilito, inoltre, che per l’utilizzo delle risorse la contrattazione è svolta nel rispetto di criteri relativi a valorizzazione dell’impegno in attività di formazione, ricerca e sperimentazione didattica e valorizzazione del contributo alla diffusione nelle istituzioni scolastiche di modelli per una didattica per lo sviluppo delle competenze.

Successivamente, l’art. 40 del CCNL relativo al comparto Istruzione e ricerca, riferito agli anni 2016, 2017 e 2018, sottoscritto il 19 aprile 2018, ha disposto che, dall’a.s. 2018/2019, le risorse di cui all’art. 1, co. 592, della L. 205/2017 confluivano – assieme ad altre – in un unico (nuovo) fondo, denominato “Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa”.

Le risorse del Fondo devono essere ripartite, a livello di contrattazione integrativa nazionale, secondo i criteri indicati nell’art. 22 del contratto. Quest’ultimo, per quanto qui interessa, ha disposto che sono oggetto di contrattazione integrativa, a livello di istituzione scolastica, i criteri generali per la determinazione dei compensi finalizzati alla valorizzazione del personale.

 


Articolo 109
(Insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria)

 

 

L’articolo 109 dispone la graduale introduzione dell’insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria da parte di docenti forniti di titolo idoneo, nelle classi quinte, a partire dall’a.s. 2022/2023, e quarte, a partire dall’a.s. 2023/2024. A tal fine, prevede l’istituzione di una nuova classe di concorso.

In particolare, l’avvio dell’introduzione dell’insegnamento è subordinata all’emanazione di un decreto interministeriale che stabilisce il numero dei posti da destinare all’insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria, garantendo l’invarianza della dotazione organica complessiva.

In fase di prima applicazione, i suddetti posti sono coperti con concorsi per titoli ed esami abilitanti, da bandire nel 2022 e 2023. Qualora le graduatorie dei concorsi non siano approvate in tempo utile per l’assunzione dei docenti, possono essere attribuiti – sempre subordinatamente all’emanazione del decreto interministeriale – contratti a tempo determinato anche a soggetti collocati nelle graduatorie provinciali per le supplenze (GPS) per le classi di concorso per l’insegnamento delle scienze motorie e sportive nella scuola secondaria di I e II grado.

 

Preliminarmente, si ricorda che, ai sensi dell’art. 6 del Regolamento emanato con DM 249/2010, per l’insegnamento nella scuola primaria è richiesto il possesso della laurea magistrale conseguita nella classe LM 85-bis (“Scienze della formazione primaria”), il cui corso si conclude con la discussione della tesi e della relazione finale di tirocinio che costituiscono, unitariamente, esame avente anche valore abilitante all'insegnamento.

 

Sempre preliminarmente, si ricorda che le vigenti Indicazioni nazionali per il primo ciclo – che costituiscono il quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata alle scuole e che sono state emanate (in attuazione dell'art. 1, co. 4, del DPR 89/2009) con DM 16 novembre 2012, n. 254 – hanno individuato le discipline oggetto di insegnamento per tutto il ciclo – fra le quali, educazione fisicasenza definire la quota oraria per ciascuna disciplina.

 

A sua volta, l’art. 1, co. 20, della L. 107/2015 ha disposto che per l’insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria sono utilizzati, nell'ambito delle risorse di organico disponibili, oltre che docenti abilitati all'insegnamento per la scuola primaria in possesso di competenze certificate, anche docenti abilitati all'insegnamento anche per altri gradi di istruzione in qualità di specialisti (dunque, non necessariamente in possesso del titolo di abilitazione all’insegnamento nella scuola primaria), ai quali è assicurata una specifica formazione.

 

Le disposizioni recate dall’articolo 109 sono introdotte nelle more di una complessiva revisione dell’insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria, e al fine di conseguire gli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e di promuovere nei giovani, fin dalla scuola primaria, l’assunzione di comportamenti e stili di vita funzionali alla crescita armoniosa, alla salute, al benessere psico-fisico e al pieno sviluppo della persona (comma 1).

 

Il PNRR prevede, nell’ambito della Missione n. 4 (“Istruzione e ricerca”), Componente 1 (“Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università”), l’investimento “Potenziamento delle infrastrutture per lo sport a scuola” (M4C1-I.1.3), al quale sono destinate sovvenzioni per € 300 mln.

In particolare, il piano mira a costruire o adeguare strutturalmente edifici da destinare a palestre o strutture sportive annesse alle scuole.

Con riguardo alla tempistica, si prevede l’aggiudicazione dei contratti per gli interventi di costruzione e riqualificazione di strutture sportive e palestre previsti con decreto del Ministero dell'istruzione entro il secondo trimestre 2024, e la realizzazione o riqualificazione di almeno 230.400 mq da destinare a palestre o strutture sportive entro il secondo trimestre 2026.

Nella cabina di regia dedicata al settore Istruzione e Ricerca svoltasi il 7 ottobre 2021 a Palazzo Chigi (qui il video) è emerso che entro fine anno sarà emanato un bando per la costruzione di nuove palestre per € 300 mln.

 

In particolare, la graduale introduzione dell’insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria per la classe quinta a partire dall’a.s. 2022/2023 e per la classe quarta a partire dall’a.s. 2023/2024 è prevista nel limite delle risorse finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, nonché delle risorse di personale definite con il decreto di cui al comma 7 (comma 2).

L’insegnamento è svolto da docenti forniti di idoneo titolo di studio e iscritti nella correlata nuova classe di concorso denominata “Scienze motorie e sportive nella scuola primaria” (comma 1).

Per accedere allo stesso insegnamento, è necessario superare specifiche procedure concorsuali abilitanti, cui possono partecipare i soggetti in possesso di laurea magistrale conseguita in una delle seguenti classi (o titoli di studio equiparati ai sensi del DM 9 luglio 2009):

§  LM-67 «Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattative»;

§  LM-68 «Scienze e tecniche dello sport»;

§  LM-47 «Organizzazione e gestione dei servizi per lo sport e le attività motorie».

 

Dal punto di vista della formulazione del testo, si valuti l’opportunità di sopprimere, con riferimento alla classe di laurea magistrale LM-47, le parole “di concorso”.

 

Per l’accesso è necessario, altresì, il conseguimento di 24 crediti formativi universitari o accademici (CFU/CFA)[36], acquisiti in forma curricolare, aggiuntiva o extra curricolare nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche (comma 3).

Si tratta – fatta eccezione per alcuni vincoli – del requisito attualmente previsto dall'art. 5, co. 1, del d.lgs. 59/2017 per l’accesso ai concorsi per l’insegnamento nella scuola secondaria.

In particolare, la disposizione citata prevede – oltre al possesso della laurea magistrale o a ciclo unico, oppure del diploma di II livello dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, coerente con le classi di concorso – il conseguimento di 24 CFU/CFA, acquisiti in forma curricolare, aggiuntiva o extra curricolare nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche, garantendo comunque il possesso di almeno sei crediti in ciascuno di almeno tre dei seguenti quattro ambiti disciplinari: pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell'inclusione; psicologia; antropologia; metodologie e tecnologie didattiche[37].

 

Il docente di educazione motoria nella scuola primaria è equiparato, quanto allo stato giuridico ed economico, ai docenti del medesimo grado di istruzione e non può essere impegnato negli altri insegnamenti della scuola primaria (comma 4).

 

Il contingente dei docenti di educazione motoria è determinato in ragione di non più di 2 ore settimanali di insegnamento in ciascuna classe che, per le sole classi che non adottano il modello del tempo pieno, sono aggiuntive rispetto all’orario di cui all’art. 4 del DPR 89/2009.

Le classi che adottano il tempo pieno, infatti, mantengono l’orario in essere anche quando sono interessate dal nuovo insegnamento. In tale caso, le ore di educazione motoria possono essere assicurate in compresenza, ferma restando la responsabilità di tutti i docenti coinvolti. Da tali disposizioni non devono derivare situazioni di esubero di personale (comma 5).

Al riguardo, si ricorda che l’art. 4 del DPR 89/2009, emanato per il primo ciclo di istruzione in attuazione dell’art. 64 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008)[38], ha previsto che il tempo della scuola primaria è svolto secondo le differenti articolazioni dell’orario scolastico settimanale a 24, 27 e sino a 30 ore, nei limiti delle risorse dell’organico assegnato. E’ previsto altresì il modello delle 40 ore, corrispondente al tempo pieno.

 

In particolare, con decreto del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare, in sede di prima attuazione, entro il mese di febbraio 2022, e, successivamente, ogni anno, entro il mese di gennaio precedente all’anno scolastico di riferimento (comma 7):

a) è rilevato il personale in servizio a tempo indeterminato, nonché quello cessato o che abbia chiesto di cessare a qualsiasi titolo, per ciascun ordine e grado di istruzione, distintamente per regione e classe di concorso, tipologia di insegnamento, classe di laurea, posti comuni, posti di sostegno e posti di potenziamento. Su tale base, a invarianza di dotazione organica complessiva a legislazione vigente, è rimodulato il fabbisogno di personale, con indicazione di quello da destinare all’insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria, tenendo conto delle esigenze di personale connesse all’attuazione a regime del PNRR e di quanto disposto (in termini di economia di spesa) dal già citato art. 64 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008);

b) è definito il numero delle classi quarte e quinte della scuola primaria presso le quali è attivato il menzionato insegnamento e il numero dei posti di insegnamento dell’educazione motoria.

Dal punto di vista della formulazione del testo, si valuti l’opportunità di specificare anche nel comma 7 che si fa riferimento al numero dei posti di insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria.

 

Inoltre, i decreti interministeriali relativi alle dotazioni organiche del personale docente evidenziano i posti comuni, di sostegno e di potenziamento per ciascun ordine grado di istruzione, distintamente per regione, con evidenza dei posti da destinare all’educazione motoria “della” – rectius: “nella” – scuola primaria (comma 8).

 

In fase di prima applicazione, i posti per l’insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria sono coperti con concorsi per titoli ed esami abilitanti, banditi negli anni 2022 e 2023.

Con decreto del Ministro dell'istruzione, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sono disciplinati il contenuto dei bandi, i termini e le modalità di presentazione delle domande, i titoli valutabili, le modalità di svolgimento delle prove, i criteri di valutazione dei titoli e delle prove, la composizione delle commissioni di valutazione e la misura del contributo a carico dei partecipanti, determinata in misura tale da consentire, unitamente alle risorse a iscritte al medesimo fine nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, la copertura integrale degli oneri per lo svolgimento delle procedure concorsuali.

Le relative graduatorie hanno validità annuale e, in ogni caso, perdono efficacia con l’approvazione delle graduatorie del concorso successivo (comma 6).

Si tratta di un termine di validità derogatorio rispetto alla disciplina generale valida per i reclutamenti relativi al personale docente.

Si ricorda, infatti, che, in base all’art. 400, co. 01, del d.lgs. 297/1994, le graduatorie dei concorsi hanno validità triennale a decorrere dall'anno scolastico successivo a quello di approvazione delle stesse. In alcuni casi, peraltro, tale termine è stato prorogato. Inoltre, con i più recenti interventi, è stato previsto che le immissioni in ruolo possono essere disposte anche successivamente all’a.s. di riferimento, fino all’esaurimento della graduatoria.

 

Nel caso in cui le graduatorie di concorso di cui al comma 6 non siano approvate in tempo utile per l’assunzione in ruolo dei docenti, per la copertura dei posti possono essere attribuiti – sempre subordinatamente all’emanazione del decreto di cui al comma 7 – contratti a tempo determinato anche ai soggetti collocati nelle GPS (di cui all’art. 4, co. 6-bis, della L. 124/1999) nelle classi di concorso A048 – Scienze motorie e sportive negli istituti di istruzione secondaria di II grado e A049 – Scienze motorie e sportive nella scuola secondaria di I grado (comma 9)[39].

 

L’art. 4, co. 6 e 6-bis, della L. 124/1999 – come modificato, da ultimo, dall’art. 2, co. 4, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) – ha previsto che, al fine di ottimizzare l’attribuzione degli incarichi di supplenza, a decorrere dall’a.s. 2020/2021, per il conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze fino al termine delle attività didattiche si utilizzano, in subordine alle graduatorie ad esaurimento (GAE), apposite graduatorie provinciali (GPS), distinte per tipologia di posto e classe di concorso[40].

 

A decorrere dal 2023, il Ministero dell’istruzione, provvede ad effettuare, entro il mese di gennaio di ciascun anno, un monitoraggio dell’attuazione delle disposizioni introdotte, comunicando le relative risultanze al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (comma 10).

 

Per completezza, si ricorda che il 19 dicembre 2018 la Camera aveva approvato l’A.C. 523 e abb., che conferisce al Governo una delega in materia di insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria, allo scopo di riservare lo stesso a insegnanti con titolo specifico (come è già, a legislazione vigente, per la scuola secondaria di primo e di secondo grado) e di definire un minimo di due ore settimanali di insegnamento per ciascuna classe. La VII Commissione del Senato ha avviato l’esame del testo (A.S. 992) il 30 gennaio 2019. L’ultima seduta in sede referente si è svolta il 1° settembre 2020.


Articolo 110
(Incremento del FUN per il finanziamento delle retribuzioni di posizione di parte variabile dei dirigenti scolastici)

 

 

L’articolo 110 dispone:

i) l'incremento della dotazione del Fondo unico nazionale per il finanziamento delle retribuzioni di posizione e di risultato dei dirigenti scolastici, per un importo pari a 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022, al fine di adeguare la retribuzione di posizione di parte variabile dei medesimi dirigenti (comma 1);

ii) che continuino ad operare per gli aa.ss. 2019/2020, 2020/2021 e 2021/2022 le contrattazioni integrative regionali (CIR), sottoscritte tra gli Uffici scolastici regionali e le Organizzazioni sindacali, volte alla definizione, a livello regionale, delle retribuzioni di posizione e di risultato dei dirigenti scolastici (comma 2).

 

Si premette che la retribuzione di posizione costituisce una delle componenti del trattamento economico dei dirigenti scolastici, che si affianca allo stipendio tabellare e alla retribuzione di risultato. In particolare, la retribuzione di posizione, così come anche quella di risultato, sono poste a carico del Fondo unico nazionale (FUN), costituito ai sensi dell'art. 25 del CCNL 15 luglio 2010 relativo al personale dell'Area V della Dirigenza per il quadriennio normativo 2006-2009 ed il primo biennio economico 2006-2007 e disciplinato, da ultimo, dall'articolo 41 del CCNL 8 luglio 2019 — Area istruzione e ricerca, sezione Dirigenti scolastici — per il triennio 2016/2018.

Il richiamato Fondo - ai sensi dell'art. 25, comma 3, del CCNL del 2010- è ripartito dal Ministero dell'istruzione, con cadenza annuale (entro il 31 luglio), tra gli Uffici scolastici regionali in relazione al numero dei posti dei dirigenti scolastici.

Alla retribuzione di posizione[41] ed ai compensi per gli incarichi di reggenza delle istituzioni sottodimensionate è destinato non più dell’85 per cento delle risorse complessive del relativo fondo unico nazionale[42].

Inoltre, in sede di contrattazione integrativa regionale sono definiti i criteri per la determinazione della parte variabile della retribuzione di posizione tenendo conto di determinati criteri generali (definiti dall'art. 6 del medesimo CCNL del 2010), che possono essere integrati a livello regionale.

In particolare, ai sensi dell'articolo 6, ai fini dell’articolazione delle funzioni dirigenziali e delle connesse responsabilità, cui è correlata la retribuzione di posizione, si tiene conto dei seguenti criteri generali concernenti le oggettive caratteristiche delle istituzioni scolastiche: a) criteri attinenti alla dimensione (numero alunni, numero docenti, numero ATA); b) criteri attinenti alla complessità (pluralità di gradi scolastici, di indirizzi); c) criteri attinenti al contesto territoriale (zone di particolare disagio sociale o territoriale).

Tali criteri generali si fondano sui dati obiettivi del sistema informativo del Ministero dell'istruzione.

L'entità della retribuzione di posizione spettante a ciascun dirigente dipende dunque da tre fattori: i) dall'ammontare complessivo del Fondo; ii) dalla platea dei beneficiari, consistente nel numero di dirigenti in servizio[43]; iii) dai richiamati indicatori di complessità previsti dal CCNL, eventualmente integrati sulla base di specificità regionali.

Come si richiamerà in sede di commento al comma 2 del presente articolo, il citato CCNL del 2019 stabilisce (con il combinato disposto dell'art.42, commi 1 e 5, e dell'art.5, comma 3, lett. b)) che la retribuzione di posizione dei dirigenti scolastici (ed Afam) è definita sulla base della graduazione delle posizioni dirigenziali nel rispetto di quanto previsto dall’art. 6 del CCNL 15/7/2010 e che tale graduazione è effettuata a partire dall’inizio dell’anno scolastico 2019-2020, con conseguente disapplicazione, da tale data, dell’art. 26 del CCNL del 2010.

 

Entrando  nel merito dei contenuti dell'articolo in esame, il comma 1 dispone che il Fondo unico nazionale per il finanziamento delle retribuzioni di posizione e di risultato, "di cui all’art. 4 del C.C.N.L. dell'Area V della dirigenza, relativo al biennio economico 2008-2009, siglato il 15 luglio 2010", è incrementato di 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022, al lordo degli oneri a carico dello Stato, specificando che tali risorse sono destinate esclusivamente alla retribuzione di posizione di parte variabile dei dirigenti scolastici (con conseguente esclusione della retribuzione di risultato).

Nello specifico, il citato articolo 4 del CCNL per il biennio economico 2008-2009 dispone a sua volta che il predetto fondo per la retribuzione di posizione e risultato è costituito e continua ad essere finanziato secondo quanto disposto dal sopracitato art. 25 del CCNL per il quadriennio normativo 2006-2009 e per il biennio economico 2006-2007[44].

Come già rilevato (v, supra), la fonte normativa del predetto fondo è ora costituita dall'articolo 41 del più recente CCNL del 2019 a cui la norma in esame avrebbe potuto opportunamente riferirsi.

 

Il comma 1 è introdotto con l'obiettivo di adeguare la retribuzione di posizione di parte variabile dei dirigenti scolastici in relazione alla complessità ed alla gravosità delle attività che sono chiamati a svolgere.

Al riguardo, come segnalato, la retribuzione di posizione è commisurata, ai sensi del richiamato articolo 6 del CCNL per il quadriennio normativo 2006-2009 e il primo biennio economico 2006-2007 (richiamato anche dal CCNL del 2019) del proprio agli indicatori di complessità nella gestione delle scuole (v.supra).

 

Con specifico riguardo alla finalità perseguita con la disposizione in commento, la relazione illustrativa specifica la volontà di non vanificare l'effetto sulla retribuzione di parte fissa scaturito dagli aumenti contrattuali previsti nel richiamato C.C.N.L. 8 luglio 2019, tramite una riduzione della parte variabile della retribuzione. Infatti, a seguito delle nuove assunzioni dei dirigenti scolastici i valori medi retributivi pro-capite, scaturenti dalle risorse del FUN, subirebbero una significativa contrazione.

La relazione rimarca altresì l'esigenza di un riconoscimento, in termini anche economici, della molteplicità di funzioni e di responsabilità cui il dirigente scolastico è tenuto a far fronte spesso peraltro senza un idoneo supporto, sul piano giuridico, da parte dell'apparato amministrativo posto alle sue dipendenze. Nella relazione illustrativa si opera una ricostruzione delle complesse funzioni attualmente attribuite al dirigente scolastico ai sensi della normativa vigente, da cui emerge la necessità di incrementare la retribuzione di tali figure professionali adeguandola almeno ai livelli retributivi previsti per la dirigenza di seconda fascia del Ministero dell'istruzione.

 

Con riguardo alla quantificazione dell'incremento del FUN disposto con il comma 1 in commento - come si evince dalla relazione tecnica - esso è stato stimato tenendo conto dei risultati di un apposito monitoraggio, effettuato dal Ministero dell'istruzione, per l'a.s. 2020/2021, presso gli Uffici scolastici regionali. In esito a tale attività è stato possibile un raffronto, in particolare, fra gli importi erogati nell'ambito della parte variabile della retribuzione di posizione riconosciuta alla dirigenza scolastica e gli importi riconosciuti alla dirigenza di livello non generale del Ministero dell'istruzione. Tale verifica è centrale al fine di perseguire le richiamate finalità dell'intervento normativo, e in particolare quella dell'allineamento delle retribuzioni dei dirigenti scolastici con quelle del resto della dirigenza (di seconda fascia) del Ministero dell'istruzione.

 

Ai sensi del comma 2, per gli anni scolastici dal 2019/2020 sino a quello in corso continuano ad operare le contrattazioni integrative regionali sottoscritte tra gli Uffici scolastici regionali e le Organizzazioni sindacali rappresentative, per la definizione delle retribuzioni di posizione e di risultato dei dirigenti scolastici a livello regionale, sulla base delle risorse disponibili nel citato FUN ripartite, a livello regionale, dal Ministero (in applicazione del citato art.25 del CCNL sottoscritto nel 2010).

Il contratto integrativo regionale, si ricorda, ha come oggetto la determinazione e destinazione del fondo regionale per la retribuzione di posizione e di risultato ai dirigenti scolastici operanti presso la regione interessata. Tale riparto è effettuato dall'Ufficio scolastico regionale di ciascuna regione sulla base della quota del fondo assegnata ad essa assegnata nell'ambito del riparto nazionale.

Al riguardo, la disposizione parrebbe doversi intendere nel senso che l'ultrattività: i) riguardi i contratti integrativi regionali riferiti all'a.s. 2018/2019 nelle regioni in cui essi siano già stati sottoscritti, ii) ovvero, nelle regioni in cui tali CIR non siano stati ancora sottoscritti; riguardi i CIR riferiti all'a.s. immediatamente precedente, nelle more dell'adozione dei CIR riferiti all'a.s. 2018/2019.

Tale intervento - come si precisa nella relazione tecnica - si rende necessario in quanto non è stato emanato il provvedimento sui criteri per la graduazione nazionale della complessità delle istituzioni scolastiche, previsto a partire dall'anno scolastico 2019/2020, in applicazione dell'art. 42 del C.C.N.L. 8 luglio 2019, relativo al personale dell'area istruzione e ricerca— sezione dirigenza scolastica - triennio 2016-2018.

 Il richiamato articolo 42 del CCNL disciplina la retribuzione di posizione dei dirigenti scolastici ed Afam. Esso stabilisce, per quanto qui interessa: i) (al comma 1) che tale retribuzione è definita, per tutte le posizioni dirigenziali, ivi comprese quelle prive di titolare, sulla base della graduazione delle stesse effettuata ai sensi dell’art. 5, comma 3, lett. b); ii) (al comma 5) che tale previsione si applichi a partire dall'a.s. 2019/2020, con conseguente disapplicazione di quanto disposto (all'articolo 26) del CCNL del 15 luglio 2010.

 

Il tema dell'adeguatezza del fondo unico nazionale per la retribuzione di posizione e quella di risultato e dell'esigenza di una sua integrazione è stato affrontato in più occasioni dal Parlamento nella corrente legislatura. In recenti interventi legislativi, di cui si fa menzione a seguire, sono state allocate nel Fondo risorse aggiuntive al fine di assicurare la necessaria copertura economica delle maggiori spese sostenute conseguenti all'ultrattività riconosciuta ai contratti collettivi regionali sottoscritti nell'a.s. 2016/2017 nelle more della sottoscrizione dei contratti regionali riferiti agli aa.ss. successivi.

A parità di dotazione del fondo, a seguito delle immissioni in ruolo dei dirigenti scolastici - in particolare di quelle disposte a conclusione del concorso bandito nel 2017 (pari a circa 2.500 unità) - a ciascun dirigente sarebbe spettata una retribuzione variabile inferiore rispetto a quella definita con i contratti collettivi regionali dell'a.s. 2016/2017 ed effettivamente erogata. Se non fossero intervenute, dunque, le integrazioni della dotazione del fondo, sarebbe stata necessaria la ripetizione delle somme già percepite dai dirigenti scolastici.

Gli interventi di finanziamento più recenti del fondo, disposti con fonte primaria, sono stati i seguenti:

i) 30 milioni di euro dal 2020, ai sensi dell'articolo 1, comma 255, della legge di bilancio per il 2020 (legge n.160/2019).

Nello specifico, la norma ha disposto l'allocazione, in apposita sezione nel fondo da ripartire per l'attuazione dei contratti del personale delle amministrazioni statali (iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze), di 30 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020, da destinare, nell'ambito della contrattazione collettiva nazionale, al richiamato fondo unico nazionale per l'incremento della retribuzione di posizione di parte variabile e della retribuzione di risultato dei dirigenti scolastici.

Con tale intervento si è dato seguito all'impegno assunto dal Ministero nei confronti delle OOSS rappresentative dell'area dirigenziale Istruzione e ricerca nell'ambito dell'intesa, siglata il 29 ottobre 2019, in ordine al rifinanziamento del Fondo affinché, a fronte dell'incremento del numero di dirigenti scolastici in servizio conseguente alla conclusione del richiamato concorso bandito nel 2017, le retribuzioni di posizione e di risultato non fossero diminuite;

ii) 13,1 milioni di euro per l'anno 2020, ai sensi dell'articolo 230-bis, comma 3, del DL n.34 del 2020.

Nello specifico, tale disposizione ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, un fondo (con la richiamata dotazione per il 2020), da destinare alla copertura delle maggiori spese sostenute per gli aa.ss. 2017/2018 e 2018/2019 in conseguenza dell'ultrattività riconosciuta ai contratti collettivi regionali relativi all'anno scolastico 2016/2017.

Con decreto 28 gennaio 2021, n.27 si è proceduto a ripartire tra gli Uffici Scolastici Regionali le risorse, destinate ai dirigenti scolastici, di cui al fondo istituito dal sopracitato articolo 230-bis. In questo modo si sono superate le criticità che non avevano consentito la sottoscrizione dei contratti integrativi regionali per gli aa.ss. 2017/2018 e 2018/2019;

 

iii) 25,856 milioni per il 2021, ai sensi dell'articolo 1, comma 981, della legge di bilancio per il 2021 (legge n.178 del 2020).

Nello specifico, il comma ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione un fondo, con la predetta dotazione per il 2021, da destinare alla copertura delle maggiori spese sostenute per l'a.s. 2019/2020 in conseguenza della menzionata ultrattività riconosciuta ai contratti collettivi regionali relativi all'a.s. 2016/2017.

In entrambe le disposizioni da ultimo citate era stato escluso il percepimento di emolumenti superiori a quelli derivanti dalla predetta ultrattività.

 


Articolo 111
(Interventi in materia di attribuzione alle scuole di dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi)

 

 

L’articolo 111 estende anche all’a.s. 2022/2023 la disciplina derogatoria prevista per l’a.s. 2021/2022, relativa al numero minimo di alunni necessario per l’attribuzione alle istituzioni scolastiche di un dirigente scolastico con incarico a tempo indeterminato e di un direttore dei servizi generali e amministrativi in via esclusiva.

 

A tal fine, novella l’art. 1, co. 978 e 979, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021).

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 19, co. 5, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) – come modificato dall’art. 4, co. 69, della L. 183/2011 e, successivamente, dall'art. 12, co. 1, lett. a), del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – ha disposto che, negli a.s. 2012/2013 e 2013/2014, alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non potevano essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato e le stesse erano conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome.

Il co. 5-bis dello stesso art. 19 – introdotto dall’art. 4, co. 70, della L. 183/2011 e modificato dall’art. 12, co. 1, lett. b), del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – ha disposto che, negli stessi a.s., alle medesime istituzioni scolastiche autonome di cui al co. 5 non poteva essere assegnato in via esclusiva un posto di direttore dei servizi generali ed amministrativi (DSGA) e che, dunque, il posto era assegnato in comune con altre istituzioni scolastiche.

A sua volta, il co. 5-ter dello stesso art. 19 – introdotto dall’art. 12, co. 1, lett. c), del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – ha disposto, per quanto qui interessa, che i criteri per l'individuazione delle istituzioni scolastiche alle quali può essere assegnato un dirigente scolastico e un DSGA devono essere definiti con decreto del Ministro (ora) dell’istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo accordo da raggiungere in sede di Conferenza unificata. Fino al termine dell'a.s. nel corso del quale tale accordo sarà adottato, continua ad applicarsi la disciplina di cui all'art. 19, co. 5 e 5-bis, dello stesso D.L. 98/2011 (L. 111/2011).

 

Successivamente, l’art. 1, co. 978, della L. 178/2020 ha disposto che per l’a.s. 2021/2022, il numero minimo di alunni necessario perché alle istituzioni scolastiche autonome possano essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato è ridotto – nei limiti della spesa autorizzata dal co. 979 – (da 600) a 500 unità, ovvero (da fino a 400) a fino a 300 unità per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche. Ha, altresì, confermato che le istituzioni scolastiche che non raggiungono il numero minimo di alunni indicato sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome e che alle stesse non può essere assegnato in via esclusiva un posto di DSGA. Quest’ultimo, è assegnato in comune con altre istituzioni scolastiche con decreto del Direttore generale o del dirigente non generale titolare dell'Ufficio scolastico regionale competente

Ai fini dell’attuazione di quanto previsto dal co. 978, il co. 979 ha autorizzato la spesa di € 13,61 mln per il 2021 e di € 27,23 mln per il 2022.

Sulla base di tali previsioni, la consistenza organica dei dirigenti scolastici per l’a.s. 2021/2022 è stata definita con DM 157 del 14 maggio 2021[45]. Dalla tabella allegata si evince che, per lo stesso a.s., le istituzioni scolastiche con un numero di alunni inferiore a 600 ma almeno pari a 500, o inferiore a 400 ma almeno pari a 300 per le istituzioni situate nelle piccole isole, nei comuni montani o nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, sono 370.

 

In particolare, l’articolo 111 estende, come detto, all’a.s. 2022/2023 la disciplina prevista per l’a.s. 2021/2022.

Conseguentemente, incrementa l’autorizzazione di spesa per il 2022 (da € 27,23 mln) a € 40,84 mln e autorizza la spesa di € 27,23 mln per il 2023.


Articolo 112
(Interventi relativi alla formazione delle classi)

 

 

L’articolo 112 prevede la possibilità di derogare, a determinate condizioni, al numero minimo di alunni per classe, al fine di favorire l’efficace fruizione del diritto all’istruzione anche da parte dei soggetti svantaggiati e di contrastare la dispersione scolastica.

 

In particolare, come si evince dal comma 2, lett. b), le previsioni riguardano la scuola primaria e la scuola secondaria di primo e secondo grado.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 64, co. 1, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) ha disposto il ridimensionamento delle dotazioni organiche dei docenti attraverso l’incremento graduale, fino al raggiungimento di un punto, a partire dall’a.s. 2009-2010 ed entro l’a.s. 2011-2012, del rapporto alunni/docente, per un accostamento di tale rapporto ai relativi standard europei, tenendo anche conto delle esigenze degli alunni diversamente abili. Per la realizzazione, tra l’altro, di tale finalità, i co. 3 e 4 dello stesso articolo hanno previsto la predisposizione di un piano programmatico di interventi e misure e la conseguente adozione, a fini attuativi, di regolamenti recanti, per quanto qui interessa, la revisione dei criteri vigenti in materia di formazione delle classi, nonché di quelli relativi alla determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente ed ATA[46].

In base al co. 6 dello stesso art. 64, quanto disposto dal co. 1 concorre, a decorrere dal 2009, alla realizzazione di economie di spesa per il bilancio dello Stato.

È,  dunque, intervenuto, dopo lo schema di piano programmatico trasmesso alle Camere il 23 settembre 2008 (Atto del Governo n. 36), il DPR 81/2009 che, in materia di numero di alunni per classe, ha disposto, per quanto qui interessa, come segue:


 

 

DPR 81/2009

Alunni

min

max

Scuola primaria

art. 10, co. 1 e 4

15
(10 nelle scuole e nelle sezioni staccate funzionanti nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche)

26[47]

art. 10, co. 1
(pluriclassi)

8

18

Scuola secondaria di primo grado

art. 11, co. 1 e 3
(classi prime)

18
(10 nelle scuole e nelle sezioni staccate funzionanti nei comuni montani, nelle piccole isole, nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche)

27[48]

art. 11, co. 2
(classi seconde e terze)

Pari al nr di classi di provenienza solo se nr medio alunni per classe > 20

art. 11, co. 4
(classi con alunni iscritti ad anni di corso diversi, qualora il numero degli stessi non consenta la formazione di classi distinte)

 

18

Scuola secondaria di secondo grado

art. 16
(classi prime)

25/27
(le classi del primo anno di corso di sezioni staccate, scuole coordinate, sezioni di diverso indirizzo o specializzazione funzionanti con un solo corso devono essere costituite con un numero di alunni di norma non inferiore a 25. E’ consentita la costituzione di classi iniziali articolate in gruppi di diversi indirizzi di studio, purché le classi stesse siano formate da un numero di alunni complessivamente non inferiore a 27 e il gruppo di alunni di minore consistenza sia costituito da almeno 12 unità)

30

art. 17, co. 1
(classi intermedie)

Pari al nr di classi di provenienza solo se nr medio alunni per classe > 22

art. 17, co. 2
(ultime classi)

Pari al nr di classi di provenienza solo se nr medio alunni per classe > 10

 

 

Rispetto al numero minimo e massimo di alunni per classe previsto per ciascun tipo e grado di scuola, l’art. 4 del DPR 81/2009 consente di derogare, in misura non superiore al 10%, al fine di dare stabilità alla previsione delle classi.

Inoltre, l’art. 8 prevede che nelle scuole funzionanti nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle zone abitate da minoranze linguistiche, nelle aree a rischio di devianza minorile o caratterizzate dalla rilevante presenza di alunni con particolari difficoltà di apprendimento e di scolarizzazione, possono essere costituite classi uniche per anno di corso e indirizzo di studi con numero di alunni inferiore a quello minimo e massimo stabilito dagli articoli 10, 11 e 16.

Successivamente, l’art. 1, co. 84, della L. 107/2015 ha disposto che il dirigente scolastico, nell'ambito dell'organico dell'autonomia assegnato e delle risorse, anche logistiche, disponibili, riduce il numero di alunni per classe rispetto a quanto previsto dal DPR 81/2009, allo scopo di migliorare la qualità didattica anche in rapporto alle esigenze formative degli alunni con disabilità.

Deroghe specifiche, applicabili alle istituzioni scolastiche situate nelle aree colpite dagli eventi sismici avvenuti a partire dal 24 agosto 2016, sono state previste, dall’a.s. 2016/2017 e fino all’a.s. 2021/2022 compreso, dall’art. 18-bis del D.L. 189/2016 (L. 229/2016), come modificato, da ultimo, dall’art. 9-decies del D.L. 123/2019 (L. 156/2019).

 

In particolare, l’articolo 112 dispone che, al fine di favorire l’efficace fruizione del diritto all’istruzione anche da parte dei soggetti svantaggiati collocati in classi con numerosità prossima o superiore ai limiti previsti dalla normativa vigente, il Ministero dell’istruzione è autorizzato a istituire, nelle scuole caratterizzate da determinati valori degli indici di status sociale, economico e culturale e di dispersione scolastica, classi in deroga alle dimensioni previste dal DPR 81/2009.

La deroga opera, però, nel limite delle risorse strumentali e finanziarie e della dotazione organica di personale scolastico disponibili a legislazione vigente.

 

Al riguardo, la relazione tecnica precisa che le risorse che saranno disponibili a regime per tale intervento sono quelle liberate dall’andamento decrescente della popolazione residente in età scolare, derivante dal calo delle nascite. Ciò consentirà, ad invarianza di organico complessivo di personale docente e ATA, di costituire classi più piccole.

Precisa, inoltre, che le disposizioni non comportano maggiori spese per il funzionamento delle scuole, né maggiori spese di edilizia scolastica, in quanto si prevede, ad esempio, che la riduzione opererà solo nelle scuole che dispongono già delle aule necessarie.

Infine, precisa che le stesse nuove previsioni sono subordinate all’adozione del decreto interministeriale relativo al fabbisogno di personale scolastico, di cui all’art. 109, co. 7 (alla cui scheda si rinvia).

 

La disciplina attuativa deve essere definita con decreti del Ministro dell’istruzione da adottare annualmente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il mese di febbraio precedente all’a.s. di riferimento. In sede di prima attuazione, il decreto deve essere adottato entro il mese di marzo.

Si valuti l’opportunità di precisare che il riferimento è al mese di marzo 2022.

 

In particolare, il decreto deve definire:

§  gli indicatori di status sociale, economico, culturale e di dispersione scolastica da utilizzare per individuare le scuole beneficiarie della deroga;

§  le soglie degli indicatori al di sotto o al di sopra delle quali opera la deroga per la scuola primaria e per la scuola secondaria di primo e di secondo grado;

§  i parametri da utilizzare per la costituzione – in deroga – delle classi, escluse le pluriclassi;

§  la quota massima di personale docente da destinare alle classi costituite in deroga e, conseguentemente, il numero di tali classi.

L’attuazione di quanto previsto dai decreti interministeriali è rimessa agli Uffici scolastici regionali.

 

Infine, l’articolo 112 prevede che, entro il termine dell’a.s. 2024/2025, il Ministero dell’istruzione effettua una valutazione dell’impatto che le previsioni sopra indicate hanno determinato sugli apprendimenti e sulla dispersione scolastica.


Titolo VIII - Cultura, turismo, informazione e innovazione

Articolo 113, comma 1
(Incremento del Fondo per lo sviluppo degli investimenti
nel cinema e nell'audiovisivo )

 

 

L’articolo 113, comma 1, incrementa le risorse destinate al Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo, dal 2022, (da € 640 mln) a € 750 mln annui.

 

A tal fine, novella l’art. 13, comma 2, della L. 220/2016.

 

La L. 220/2016, ridefinendo la disciplina relativa al cinema e all'audiovisivo, a fini di rilancio e di sviluppo del settore, ha istituito, all’art. 13, il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo, destinandolo al finanziamento di diverse tipologie di intervento. Si tratta di incentivi fiscali, incentivi automatici, contributi selettivi, contributi per attività e iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva, Piano straordinario per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche, Piano straordinario per la digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo.

Il Fondo – le cui risorse sono allocate sul cap. 8599 dello stato di previsione del Ministero della cultura[49] – è alimentato, a regime, con gli introiti erariali derivanti dalle attività del settore[50], per un importo che, originariamente, non poteva essere inferiore a € 400 mln annui, elevati dal 2021 – a seguito di quanto disposto dall’art. 1, co. 583, lett. a), della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021) – a € 640 mln annui [51] [52].

La relazione tecnica sottolinea, in particolare, le crescenti necessità relative al credito di imposta destinato alla produzione nazionale e al credito di imposta per l’attrazione di investimenti internazionali in Italia. In particolare, il fabbisogno per il 2021, alla data del 30 settembre 2021, ammontava ad € 804,5 mln, a fronte di uno stanziamento disponibile quantificato in € 516,6 mln.

Evidenzia, inoltre, che, il credito di imposta ha potenziato la competitività del prodotto italiano sul mercato internazionale, favorendo le coproduzioni con grandi player internazionali. Parallelamente, ha favorito la crescita degli investimenti delle produzioni straniere per opere estere girate in Italia.

 


Articolo 113, comma 2
(Fondo cultura)

 

 

L’articolo 113, comma 2, rifinanzia il Fondo per la cultura per un importo pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2023.

 

Il Fondo per la cultura è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero della cultura, con una dotazione iniziale pari a 50 milioni di euro per l'anno 2020, ai sensi dell'articolo 184 del decreto-legge n.34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n.77 del 2020.

Il Fondo è finalizzato alla promozione di investimenti e al supporto di altri interventi per la tutela, la conservazione, il restauro, la fruizione, la valorizzazione e la digitalizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale.

La richiamata disciplina prevede che la dotazione del Fondo possa essere incrementata dall'apporto finanziario di soggetti privati, consistente anche in operazioni di microfinanziamento, di mecenatismo diffuso, di azionariato popolare e di crowdfunding idonee a permettere un'ampia partecipazione della collettività al finanziamento della cultura.

Con decreto del interministeriale MIBACT-Economia e finanze n. 546 del 30 novembre 2020 sono state stabilite modalità e condizioni di funzionamento del predetto Fondo.

Il provvedimento ha ripartito le risorse destinando: a) 30 milioni di euro alla promozione di investimenti e al supporto di altri interventi per la tutela, la conservazione, il restauro, la fruizione, la valorizzazione e la digitalizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale; b) 20 milioni di euro al finanziamento di un fondo di garanzia per la concessione di contributi in conto interessi e di mutui per interventi di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale.

Per quanto concerne l'assegnazione dei 30 milioni è stato previsto un bando per la selezione dei progetti, da parte di una commissione di esperti designati dal Ministero, a cui possono partecipare le amministrazioni pubbliche (come individuate dall'art.1 della legge n.196 del 2009).

Come si evince dalla Relazione tecnica, il numero di progetti presentati a seguito della pubblicazione del richiamato bando è stato estremamente elevato (pari a 341) e per soddisfare la richiesta di cofinanziamento dello Stato sarebbero state necessarie risorse pari a euro 146.430.127,67, quindi ben superiori alle risorse messe a disposizione.

L'interesse suscitato nei confronti dello strumento giustifica, ad avviso del Governo, il rifinanziamento del Fondo in esame

Quanto alle restanti risorse, esse sono iscritte in uno specifico Fondo articolato in due comparti, con una dotazione di 10 milioni di euro ciascuno, ai fini del riconoscimento di garanzie e della concessione di contributi in conto interessi e di mutui per interventi di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale. Detto Fondo è gestito e amministrato dall’Istituto per il Credito Sportivo in gestione separata.

Da qui, la necessità di stabilizzare il finanziamento del "Fondo Culture, al fine di rispondere in maniera più adeguata al flusso di domande.


Articolo 113, comma 3
(Sostegno della filiera dell’editoria libraria)

 

 

L’articolo 113, comma 3, autorizza la spesa di € 30 mln per ciascuno degli anni 2022 e 2023 al fine di promuovere la lettura e sostenere la filiera dell’editoria libraria.

 

In particolare, le risorse sono destinate alle biblioteche aperte al pubblico dello Stato, degli enti territoriali e degli istituti culturali che usufruiscono dei contributi di cui alla L. 534/1996 e alla L. 549/1995, per l’acquisto di libri.

Le modalità attuative devono essere stabilite con decreto del Ministro della cultura, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

 

Si rinnova, in tal modo, una misura già applicata nel 2020 e nel 2021, utilizzando le risorse – pari a € 30 mln annui – del Fondo per le emergenze delle imprese e delle istituzioni culturali istituito, a seguito della pandemia da COVID-19, dall’art. 183, co. 2, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020).

Si tratta di un intervento per il quale in più occasioni il Ministro della cultura ha espresso la volontà di adoperarsi per farlo diventare a regime.

A titolo di esempio, si veda qui.

 

La relazione illustrativa sottolinea che la misura determina il duplice effetto positivo di arricchire le dotazioni di libri a disposizione dell’utenza e di sostenere il mercato del libro (librerie ed editori) grazie alla maggiore capacità di acquisto di libri da parte delle istituzioni.

 

Al riguardo, si ricorda che il Fondo per le emergenze delle imprese e delle istituzioni culturali è stato destinato, fra l’altro, al sostegno delle librerie e dell’intera filiera dell’editoria, inclusi le imprese e i lavoratori della filiera di produzione del libro, a partire da coloro che ricavano redditi prevalentemente dai diritti d'autore.

In attuazione, per quanto qui interessa, il DM 267 del 4 giugno 2020 ha destinato € 30 mln per il 2020 al sostegno del libro e della filiera dell’editoria libraria tramite l’acquisto di libri.

In particolare, il DM ha disposto che le risorse dovevano essere assegnate alle biblioteche, aperte al pubblico, dello Stato, degli enti territoriali e degli istituti culturali che usufruiscono dei contributi di cui alla L. 534/1996 e alla L. 549/1995, per l’acquisto di libri, fino ad un massimo di:

§  € 1.500 per le biblioteche con un patrimonio librario fino a 5.000 volumi;

§  € 3.500 per le biblioteche con un patrimonio librario fra 5.001 e 20.000 volumi;

§  € 7.000 per le biblioteche con un patrimonio librario di oltre 20.000 volumi.

Ha, altresì, previsto che le risorse assegnate a ciascuna biblioteca dovevano essere utilizzate per almeno il 70% per l’acquisto di libri presso almeno tre diverse librerie con codice ATECO principale 47.61 presenti nel territorio della provincia o città metropolitana in cui si trovava la biblioteca. Ove tali librerie non fossero state presenti o attive nel territorio, la biblioteca poteva effettuare gli acquisti nel territorio della regione.

Ha, infine, disciplinato le modalità per la presentazione delle domande, a tal fine disponendo l’emanazione di apposito avviso, e per l’effettuazione dei controlli.

L’avviso è stato emanato con D.D. 467 del 2 luglio 2020. Con D.D. 561 del 20 agosto 2020 è stato approvato l’elenco di biblioteche beneficiarie.

 

Ulteriori € 30 mln per il 2021 sono stati destinati alla medesima finalità con DM 191 del 24 maggio 2021, che ha sostanzialmente riproposto la disciplina prevista dal DM 267/2020.

L’avviso è stato emanato con D.D. 414 del 18 giugno 2021. Con D.D.G. 550 del 1° settembre 2021 è stato approvato l'elenco di biblioteche beneficiarie.


Articolo 114
(Tax credit librerie)

 

 

L’articolo 114 incrementa di 10 milioni euro, per ciascuno degli anni 2022 e 2023, le risorse destinate al riconoscimento del credito di imposta in favore degli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri.

 

Nella Relazione illustrativa si chiarisce che la misura si basa sulle valutazioni della competente Direzione generale Biblioteche e diritto d'autore, tenuto conto delle domande ricevute nei primi anni di attuazione dell'agevolazione fiscale e dell'impatto positivo che essa ha dimostrato sul settore, quale concreta misura di sostegno.

 

A tale proposito si ricorda che l’articolo 1, comma 319, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha istituito un credito di imposta, a decorrere dall'anno 2018, in favore degli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita di libri al dettaglio in esercizi specializzati con codice ATECO principale 47.61. Possono usufruire del credito di imposta anche gli esercenti che effettuano la vendita al dettaglio di libri di seconda mano (codice ATECO 47.79.1). Il credito di imposta è riconosciuto, nel limite di spesa di 4 milioni di euro per l'anno 2018 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019 (diminuita a 3.750.000 euro nel bilancio triennale 2020-2022 dalla legge di bilancio 2019 e successivamente aumentata di 3,25 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020 dall’articolo 10 della legge n. 15 del 2020, stabilizzandosi in un importo pari a 7 milioni di euro annui), ed è parametrato agli importi pagati quali IMU, TASI e TARI con riferimento ai locali dove si svolge la medesima attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle eventuali spese di locazione ovvero ad altre spese individuate con il d.m. attuativo (D.M. 23 aprile 2018) anche in relazione all’assenza di librerie sul territorio comunale.

 

Il disegno di legge di bilancio 2022-2024 in ragione dell’incremento di 10 milioni di euro per gli anni 2022 e 2023 prevede, sul relativo capitolo di bilancio (3870) stanziamenti pari a 17 milioni di euro per gli anni 2022 e 2023 e 7 milioni di euro per il 2024.

Il credito di imposta è stabilito nella misura massima di 20.000 euro per gli esercenti di librerie che non risultano ricomprese in gruppi editoriali dagli stessi direttamente gestite e di 10.000 euro per gli altri esercenti.

 

Il successivo comma 320 specifica che il credito d'imposta in esame non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR) ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, presentando il modello F24 esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle Entrate, pena lo scarto dell'operazione di versamento, secondo modalità e termini definiti con il Provvedimento 12 dicembre 2018 dell’Agenzia medesima.

Sul tema si segnala che sul sito della direzione generale Biblioteche e diritto d’autore è consultabile una guida all’interno della quale sono pubblicati istruzioni e moduli esemplificativi delle istanze da presentare.


Articolo 115
(Fondo per l'adozione di provvedimenti legislativi per il sostegno dei lavoratori dello spettacolo)

 

 

L’articolo 115 istituisce il "Fondo per il sostegno economico temporaneo - SET", con una dotazione di 20 milioni di curo per il 2022 e di 40 milioni annui a decorrere dal 2023, ai fini della copertura finanziaria di successivi provvedimenti legislativi che definiscano - nei limiti dei suddetti importi - misure di sostegno economico temporaneo in favore dei lavoratori, dipendenti o autonomi, che prestino a tempo determinato, attività artistica o tecnica, direttamente connessa con la produzione e la realizzazione di spettacoli.

 

Il Fondo viene istituito nello stato di previsione del Ministero della cultura.

Le misure da adottare (come detto, con successivi provvedimenti legislativi) devono tener conto del carattere strutturalmente discontinuo delle prestazioni dei suddetti lavoratori.

Al riguardo, si ricorda che l'articolo 1, commi 2 e 3, del disegno di legge di iniziativa governativa A.S. n. 2318[53] reca una disciplina di delega al Governo per il riordino e la revisione delle misure di sostegno in favore dei lavoratori summenzionati. Riguardo al profilo finanziario, il suddetto comma 3, in primo luogo, specifica che dall'attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e, in secondo luogo, richiama la norma generale di cui all'articolo 17, comma 2, della L. 31 dicembre 2009, n. 196, secondo la quale, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, essi sono adottati solo successivamente (o contestualmente) alla data di entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

Riguardo all'ambito dei lavoratori interessati e al contenuto della disciplina di delega - rispetto alla quale, dunque, l'articolo 115 in esame è inteso a fornire la relativa dotazione finanziaria -, si rinvia alla scheda di lettura dei suddetti commi, presente nel dossier n. 441 del Servizio Studi del Senato.

 

 


Articolo 116
(Valorizzazione dei piccoli borghi e delle aree interne)

 

 

L’articolo 116 prevede, al comma 1, in via sperimentale, che gli esercenti l'attività di commercio al dettaglio e gli artigiani che iniziano, proseguono o trasferiscono la propria attività in un comune con popolazione fino a 500 abitanti delle aree interne, come individuate dagli strumenti di programmazione degli interventi nei relativi territori, possono beneficiare, per gli anni 2022 e 2023, in relazione allo svolgimento dell'attività nei predetti Comuni, di un contributo per il pagamento dell'imposta municipale propria per gli immobili siti nei predetti Comuni, posseduti e utilizzati dai soggetti in questione per l'esercizio dell'attività economica. La finalità è quella di favorire lo sviluppo turistico e di contrastare la desertificazione commerciale e l'abbandono dei territori. Il comma 2 prevede che, per tali finalità, lo Stato, le Regioni, le Province autonome e gli Enti locali possono concedere in comodato beni immobili di loro proprietà, non utilizzati per fini istituzionali, agli esercenti l'attività di commercio al dettaglio e agli artigiani di cui al comma 1. Il comodato ha una durata massima di dieci anni, nel corso dei quali il comodatario ha l'onere di effettuare sull'immobile, a proprie cura e spese, gli interventi di manutenzione e gli altri interventi necessari a mantenere la funzionalità dell'immobile.

 

 

Il comma 3 prevede che le agevolazioni previste dall'articolo in esame si applicano ai sensi e nei limiti del regolamento (UE) n. 1407/2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis».

Il comma 4 stabilisce che il contributo di cui al comma 1 è erogato alle imprese beneficiarie nel limite complessivo di 10 milioni di euro per ciascuno gli anni 2022 e 2023. Esso demanda altresì a un decreto del Ministro della Cultura, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'Interno, la definizione dei criteri e delle modalità per la concessione e l'erogazione del contributo, anche attraverso la stipula di apposita convenzione con l'Agenzia delle entrate nel rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo.


Articolo 117
(Carta cultura per i diciottenni)

 

 

L’articolo 117 stabilizza, a decorrere dal 2022, la previsione di assegnazione della c.d. Card cultura – introdotta per la prima volta nel 2016 - ai giovani che compiono 18 anni.

 

In particolare, il comma 1 dispone, anzitutto, che, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura e la conoscenza del patrimonio culturale, dal 2022, a tutti i residenti nel territorio nazionale in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno in corso di validità, è assegnata, nell’anno del compimento del diciottesimo anno di età, e nel rispetto del limite massimo di spesa di € 230 mln annui, una Carta elettronica.

La relazione tecnica evidenzia che la quantificazione delle risorse ha tenuto conto dei dati ISTAT annuali relativi alla platea dei beneficiari e dell’importo della Carta elettronica che è sempre stato confermato nel valore di € 500 dai decreti attuativi adottati per ciascuna edizione, in modo da non creare differenze fra i beneficiari nei diversi anni.

La Carta elettronica è utilizzabile per acquistare biglietti per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, spettacoli dal vivo, libri, abbonamenti a quotidiani e periodici anche in formato digitale, musica registrata, prodotti dell’editoria audiovisiva, titoli di accesso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche e parchi naturali, nonché per sostenere i costi relativi a corsi di musica, di teatro o di lingue straniere.

Si tratta delle medesime possibilità di utilizzo previste a decorrere dal 2020.

 

Con comunicato del 28 marzo 2021, il Ministero della cultura (MIC) aveva reso noto che “dalla prima edizione ad oggi si sono registrati circa 1,6 milioni di ragazzi che hanno speso in cultura oltre 730 milioni di euro. Di questa cifra l’83% è stato speso per acquisto di libri, il 14% per concerti e musica mentre il restante 3% per le altre varie spese culturali previste”.

Da ultimo, con comunicato del 21 maggio 2021, il MIC – facendo presente che da quel giorno in Francia nasceva, sul modello italiano, Passculture[54] - ha reso noto che “Ad oggi sono 314.000 i ragazzi nati nel 2003 che si sono registrati sul sito www.18app.it e hanno già speso 32,5 milioni di euro. Quella in corso è la quinta edizione di questa misura che dall’inizio ha visto partecipare quasi due milioni di ragazzi che hanno speso circa 800 milioni in cultura.”

 

Lo stesso comma 1 conferma che le somme assegnate con la Carta non costituiscono reddito imponibile del beneficiario e non rilevano ai fini del computo del valore dell’ISEE.

Conferma, altresì, che la disciplina applicativa – con riferimento agli importi nominali da assegnare e ai criteri e alle modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta – deve essere definita con decreto del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Il decreto deve essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

 

Inoltre, lo stesso comma 1 disciplina con norma primaria la vigilanza in materia, finora disciplinata con norma secondaria.

In particolare, dispone che il MIC vigila sul corretto funzionamento della Carta e, in caso di eventuali usi difformi, o di violazione delle disposizioni attuative, può:

§  disattivare la Carta;

§  cancellare strutture, imprese o esercizi commerciali dall’elenco dei soggetti accreditati.
Al riguardo, si ricorda che le imprese e gli esercizi commerciali, le sale cinematografiche, da concerto e teatrali, gli istituti e i luoghi della cultura e i parchi naturali, le altre strutture ove si svolgono eventi culturali o spettacoli dal vivo, presso i quali è possibile utilizzare la Carta sono inseriti, a cura del MIC, in un elenco, consultabile sulla piattaforma informatica dedicata, attiva all'indirizzo https://www.18app.italia.it/;

§  negare l’accredito alle stesse strutture, imprese o esercizi commerciali;

§  recuperare le somme non rendicontate correttamente o eventualmente utilizzate per spese inammissibili;

§  in via cautelare, sospendere l’erogazione degli accrediti, ovvero, nel caso di condotte più gravi o reiterate, sospendere strutture, imprese o esercizi commerciali dall’elenco dei soggetti accreditati.

 

Il comma 2 dispone che, ai fini della vigilanza, il MIC e la Guardia di finanza stipulano una apposita convenzione, volta a regolare le modalità di accesso ai dati e alle informazioni relativi all’assegnazione e all’utilizzo della Carta, per il loro utilizzo da parte del medesimo Corpo nelle autonome attività di polizia economico-finanziaria di cui al d.lgs. 68/2001.

Nella già citata risposta del 3 novembre 2021 all’interrogazione a risposta immediata 3-02584, il Ministro della cultura aveva reso noto che “è stato stipulato un accordo tra Ministero della Cultura e Guardia di finanza, che dal 2018 - poi rinnovato nel 2019 e tuttora operativo - controlla e vigila sulle attività di frode”.

La relazione illustrativa fa presente che la disposizione è rivolta a consentire alla Guardia di finanza di accedere ai dati e alle informazioni disponibili nella piattaforma sopra indicata, con particolare riferimento a quelli afferenti ai beneficiari del contributo e ai soggetti presso cui è possibile utilizzare la Card, al fine di indirizzare i controlli verso i casi di frode connotati da maggiore pericolosità.

 

 

L’art. 1, co. 979-980, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) – nel testo come modificato dall’art. 2-quinquies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) – aveva previsto che a tutti i residenti nel territorio nazionale, in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno in corso di validità, che compivano 18 anni nel 2016, era assegnata una carta elettronica – dell’importo nominale massimo di € 500 –, da utilizzare per ingressi a teatro, cinema, mostre e altri eventi culturali, spettacoli dal vivo, per l’accesso a musei, monumenti, gallerie e aree archeologiche e parchi naturali, per l’acquisto di libri. A tal fine, aveva autorizzato la spesa di € 290 mln per il 2016, demandando la definizione della disciplina applicativa ad un DPCM, di concerto con l’allora Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e con il Ministro dell'economia e delle finanze[55].

Successivamente, tale previsione era stata estesa dall’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) anche ai giovani che compivano 18 anni nel 2017, che potevano utilizzare la carta anche per l'acquisto di musica registrata, nonché di corsi di musica, di teatro o di lingua straniera. A tal fine, era stata autorizzata la spesa di € 290 mln per il 2017[56].

Ancora in seguito, la L. di bilancio 2018 (L. 205/2017) aveva rifinanziato l’iniziativa per il 2018 e per il 2019 con € 290 mln annui, ma intervenendo direttamente nello stato di previsione dell’allora Mibact (cap. 1430).

Al riguardo, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato, nell’Adunanza di Sezione del 7 giugno 2018 (NUMERO AFFARE 00680/2018), pronunciandosi sullo schema di un nuovo DPCM di definizione della disciplina applicativa, aveva stigmatizzato la mancanza di una norma legittimante di rango primario da porre a base dello stesso. In particolare, in risposta alle controdeduzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva osservato che anche dalla nuova impostazione dello schema normativo di finanza pubblica delineata con la L. 163/2016 non sembrava poter derivare il venir meno della necessità di emanare una norma legittimante di rango primario da porre a base del DPCM, al fine anzitutto di poter individuare la platea di beneficiari del diritto.

A tale rilievo aveva dato seguito l’art. 7 del D.L. 91/2018 (L. 108/2018), che aveva inserito nell’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 il riferimento al 2018[57]. Successivamente, l’art. 1, co. 604, della L. di bilancio 2019 (L. 145/2018) aveva definito la disciplina sostanziale per l’assegnazione della Carta a tutti i residenti nel territorio nazionale che compivano 18 anni nel 2019, stabilendo un limite massimo di spesa di € 240 mln (rispetto ad € 290 mln previsti in precedenza) e demandando la definizione della disciplina applicativa (non più ad un DPCM, ma) ad un decreto dell’allora Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Nel prosieguo, il D.L. 34/2019 (L. 58/2019: art. 50, co. 2, lett. h)) aveva ridotto di € 100 mln le risorse destinate alla Card – riduzione poi ristorata dalla legge di assestamento per il 2019 (L. 110/2019) – mentre l’art. 3, co. 4-bis, del D.L. 59/2019 (L. 81/2019) ha inserito i prodotti dell’editoria audiovisiva fra quelli acquistabili[58].

Ancora dopo, l’art. 1, co. 357-358, della L. di bilancio 2020 (L. 160/2019) aveva esteso ai residenti nel territorio nazionale che compivano 18 anni di età nel 2020 la disciplina per l’assegnazione della carta, stabilendo un limite massimo di spesa di € 160 mln – poi elevato a € 190 mln dall'art. 183, co. 11-ter, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) e a € 220 mln dalla L. di assestamento 2020 (L. 128/2020) – e ha inserito gli abbonamenti a quotidiani anche in formato digitale tra i prodotti che possono essere acquistati con la stessa[59].

Da ultimo, l’art. 1, co. 576 e 611, della L. di bilancio 2021 (L. 178/2020), nel testo come modificato dall’art. 65, co. 9, del D.L. 73/2021 (L. 106/2021), ha autorizzato la spesa di € 220 mln per il 2021 per l’assegnazione della Card anche ai giovani che compiono 18 anni nel 2021. Inoltre, ha previsto che i giovani che hanno compiuto 18 anni nel 2020 e compiono 18 anni nel 2021 possono utilizzare la medesima Card anche per l’acquisto di abbonamenti a periodici[60].


Articolo 118
(Fondazioni lirico sinfoniche)

 

 

L'articolo 118 istituisce un fondo pari a 100 milioni di euro per l'anno 2022 e 50 milioni di euro per l'anno 2023, per incrementare il fondo di dotazione delle fondazioni lirico-sinfoniche (comma 1), destinandone una quota non inferiore a 100 milioni di euro a quelle fondazioni con specifici problemi economico-patrimoniali (comma 2). La restante quota del fondo è invece destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche che non riportano una delle situazioni di difficoltà economico-patrimoniale suddette per finanziare investimenti destinati ad incrementare l'attivo patrimoniale e finalizzati al rilancio delle attività di spettacolo dal vivo (comma 3). Il comma 4 disciplina le modalità di assegnazione e di erogazione delle risorse, nonché le modalità di impiego delle risorse assegnate e di relativa rendicontazione. Il comma 5, infine, prevede il regime di amministrazione straordinaria per le fondazioni lirico-sinfoniche destinatarie della quota di cui al comma 2 che producano nuovo disavanzo d'esercizio che riduce il patrimonio indisponibile, anche per un solo anno.

 

In particolare, il comma 1 istituisce nello stato di previsione del Ministero della cultura un fondo con dotazione pari a 100 milioni di euro per l'anno 2022 e 50 milioni di euro per il 2023 per l'assegnazione di un contributo finalizzato a incrementare il fondo di dotazione delle fondazioni lirico-sinfoniche di cui al decreto legislativo n. 367 del 1996 (Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato) e di cui alla legge n. 310 del 2003 (Costituzione della «Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari», con sede in Bari, nonché disposizioni in materia di pubblici spettacoli, fondazioni lirico-sinfoniche e attività culturali).

 

Le fondazioni lirico-sinfoniche sono state inizialmente disciplinate dalla L. 800/1967, che ha dichiarato il "rilevante interesse generale" dell'attività lirica e concertistica "in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale" e ha attribuito agli enti autonomi lirici e alle istituzioni concertistiche assimilate la personalità giuridica di diritto pubblico. Sono stati così riconosciuti come enti autonomi 11 teatri lirici – il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Comunale di Firenze (ora, Fondazione Teatro del Maggio musicale fiorentino), il Teatro Comunale dell'Opera di Genova (ora, Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova), il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia e l'Arena di Verona – e 2 istituzioni concertistiche assimilate: l'Accademia nazionale di S. Cecilia di Roma e l'Istituzione dei concerti e del teatro lirico Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari (ora, Fondazione teatro lirico di Cagliari). Agli enti sopra indicati si è aggiunta, a seguito della L. 310/2003, la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari. Attualmente, pertanto, le fondazioni lirico-sinfoniche sono quattordici.

Di queste, due sono dotate – ai sensi di quanto disposto dal D.L. 91/2013 (L. 112/2013: art. 11, co. 21-bis) e dalla disciplina attuativa emanata con D.I. 6 novembre 2014 – di forme organizzative speciali. Si tratta della Fondazione Teatro alla Scala (DM 5 gennaio 2015) e dell'Accademia di Santa Cecilia (DM 5 gennaio 2015). 

Con il d.lgs. 367/1996, gli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale sono stati trasformati in fondazioni di diritto privato, al fine di superare delle rigidità organizzative connesse alla natura pubblica dei soggetti e di rendere disponibili risorse private in aggiunta al finanziamento statale, costituito principalmente dal Fondo unico per lo spettacolo (FUS).

 Successivamente, tuttavia, a seguito del D.L. 64/2010 (L. 100/2010), la Corte costituzionale, con sentenza 153/2011, ha ribadito la qualificazione in senso pubblicistico degli enti lirici, ancorché privatizzati a seguito del d.lgs. 367/1996.

Per quanto concerne il finanziamento, si ricorda che in base al D.L. 91/2013 (L. 112/2013: art. 11, co. 20) la quota del FUS destinata alle fondazioni è determinata annualmente con decreto del (allora) Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Consulta per lo spettacolo (poi sostituita, a seguito della L. 175/2017, con il Consiglio superiore dello spettacolo), ed è attribuita ad ogni fondazione con decreto del Direttore generale per lo spettacolo dal vivo, sentita la commissione consultiva per la musica, sulla base di una serie di criteri. Su tale base normativa, i criteri generali e le percentuali della quota del FUS destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche sono stati definiti con DM 3 febbraio 2014.

Per approfondimenti si rinvia allo specifico tema di documentazione parlamentare curato dal Servizio studi della Camera dei deputati.

 

Per quanto concerne il fondo di dotazione al quale sono destinate le risorse di cui al comma 1, si ricorda che l’art. 11, comma 15, lettera c), del già citato decreto-legge n. 91 del 2013 ha disposto che gli statuti delle fondazioni lirico-sinfoniche devono prevedere l’articolazione del patrimonio in un fondo di dotazione, indisponibile e vincolato al perseguimento delle finalità statutarie, e in un fondo di gestione, destinato alle spese correnti di gestione dell'ente (si veda, ad esempio, l'articolo 5, comma 3, dello Statuto della Fondazione Teatro dell'Opera di Roma).

 

Il comma 2 destina una quota non inferiore a 100 milioni di euro del fondo di cui al comma 1 alle fondazioni lirico-sinfoniche che nel bilancio consuntivo dell'esercizio 2021 redatto ai sensi degli articoli 2423 e seguenti del codice civile riportano una delle seguenti situazioni contabili:

a)        un patrimonio netto negativo o un patrimonio disponibile negativo;

b)        una riserva indisponibile iscritta al passivo dello stato patrimoniale o un patrimonio indisponibile, inferiori alla corrispondente voce intangibile dell'attivo patrimoniale denominata "diritto d'uso illimitato del teatro" riveniente dall'atto di trasformazione da ente autonomo in fondazione di diritto privato.

 

Dalla relazione tecnica si evince che tale situazione riguarda le seguenti fondazioni lirico-sinfoniche: Fondazione Teatro del Maggio musicale fiorentino, Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro dell'Opera di Roma, Teatro Regio di Torino, Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, Arena di Verona, le quali necessitano pertanto di un importo minimo di ricapitalizzazione pari a circa 122 milioni di euro. Si tratta di 7 delle 10 fondazioni lirico-sinfoniche per le quali è in corso il processo di risanamento avviato con l’art. 11 del più volte citato D.L. 91/2013 (L. 112/2013) (si veda il box seguente).

 

Per quanto riguarda la restante quota del fondo di cui al comma 1, il comma 3 ne stabilisce la destinazione prioritaria alle fondazioni lirico-sinfoniche che non riportano una delle situazioni contabili di cui al comma 2, per finanziare investimenti destinati ad incrementare l'attivo patrimoniale e finalizzati al rilancio delle attività di spettacolo dal vivo mediante l'acquisto di beni strumentali, mobili e immobili, nonché mediante la realizzazione di opere infrastrutturali volte all'adeguamento tecnologico, energetico e ambientale dei teatri e degli altri immobili utilizzati per lo svolgimento delle relative attività. Alle somme finanziate corrisponderà una riserva indisponibile di pari importo.

 

Il comma 4 disciplina le modalità di assegnazione ed erogazione del fondo, nonché le modalità di impiego delle risorse assegnate e di relativa rendicontazione, da stabilirsi con uno o più decreti del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno 2022. Il Commissario straordinario di cui all'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112 del 2013, svolge l'istruttoria propedeutica all'adozione dei decreti ministeriali di cui al primo periodo e verifica il rispetto da parte delle fondazioni lirico-sinfoniche di quanto previsto dagli stessi decreti.

 

Il comma 5, infine, stabilisce che quando la fondazione che ha ricevuto il contributo di cui al comma 2 produce nuovo disavanzo d'esercizio che riduce il patrimonio indisponibile, anche per un solo anno, il Ministro della cultura, anche su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, dispone lo scioglimento del consiglio di indirizzo o del consiglio di amministrazione e la fondazione è sottoposta ad amministrazione straordinaria. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21, commi 2, 3, 4 e 5 del decreto legislativo n. 367 del 1996.

 

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 21, commi 2, 3, 4 e 5 del decreto legislativo menzionato, con il decreto di scioglimento vengono nominati uno o più commissari straordinari, viene determinata la durata del loro incarico, non superiore a sei mesi, rinnovabile una sola volta, nonché il compenso loro spettante. I commissari straordinari esercitano tutti i poteri del consiglio di amministrazione (comma 2). I commissari straordinari provvedono alla gestione della fondazione; ad accertare e rimuovere le irregolarità; a promuovere le soluzioni utili al perseguimento dei fini istituzionali. Possono motivatamente proporre la liquidazione (comma 3). I commissari straordinari, ricorrendone i presupposti, promuovono la dichiarazione di decadenza dai diritti e dalle prerogative riconosciuti dalla legge agli enti originari (comma 4). Spetta ai commissari straordinari l'esercizio dell'azione di responsabilità contro i componenti del disciolto consiglio di amministrazione, previa autorizzazione dell'autorità di Governo competente in materia di spettacolo (comma 5).

 

Al riguardo, si ricorda che, al fine di far fronte allo stato di grave crisi del settore lirico-sinfonico e di pervenire al risanamento delle gestioni e al rilancio delle attività delle fondazioni lirico-sinfoniche, il D.L. 91/2013 (L. 112/2013: art. 11, co. 1 e 2) aveva previsto la possibilità di presentare un piano di risanamento per le fondazioni che versassero in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale. Tra i contenuti inderogabili del piano era stata prevista, in particolare, la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo, nonché la razionalizzazione del personale artistico, previo accordo con le associazioni sindacali, la ristrutturazione del debito, il divieto di ricorrere a nuovo indebitamento.

Il piano doveva essere presentato ad un commissario straordinario, appositamente nominato, e doveva assicurare gli equilibri strutturali del bilancio, sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario, entro i tre successivi esercizi finanziari, ovvero, in base al testo originario del co. 14 dello stesso art. 11, entro l’esercizio 2016. Il piano doveva essere approvato, su proposta motivata del commissario straordinario, sentito il collegio dei revisori dei conti, con decreto MIBACT-MEF, entro 30 giorni dalla sua presentazione.

In base al citato co. 14, infatti, le fondazioni che non avessero presentato il piano di risanamento entro i termini previsti, o per le quali il piano di risanamento non fosse stato approvato nei termini previsti, ovvero che non avessero raggiunto entro l’esercizio 2016 le condizioni di equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario, dovevano essere poste in liquidazione coatta amministrativa.

Per facilitare il percorso di risanamento, il co. 6 dello stesso art. 11 ha previsto la possibilità di accedere a un fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti di durata fino a un massimo di 30 anni, in favore delle (sole) fondazioni che fossero nelle condizioni di cui al co. 1.

La dotazione iniziale del fondo di rotazione ammontava a € 75 mln per il 2014.

In seguito, il D.L. 83/2014 (L. 106/2014: art. 5) aveva previsto, fra l'altro, la possibilità, per le fondazioni che avevano presentato il piano di risanamento, di negoziare e applicare nuovi contratti integrativi aziendali, nonché l'incremento, per il 2014, del fondo di rotazione, per un importo pari a € 50 mln.

Successivamente, la L. di stabilità 2016 (L. 208/2015: art. 1, co. 355) aveva prorogato (dal 2016) al 2018 il termine per il raggiungimento dell’equilibrio strutturale di bilancio per le fondazioni che avevano già presentato il piano di risanamento, previa predisposizione, da parte delle stesse, - entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (dunque, entro il 31 marzo 2016) – di un’integrazione del piano, relativa al periodo 2016-2018, pena la sospensione dei contributi a valere sul FUS.

Inoltre, ha esteso (art. 1, co. 356) a tutte le fondazioni la possibilità di accedere al fondo di rotazione - allo scopo incrementato di € 10 mln per il 2016 -, stabilendo che quelle interessate potevano presentare – entro il 30 giugno 2016– un piano triennale per il periodo 2016-2018, secondo le indicazioni dell’art. 11 del D.L. 91/2013 e delle linee guida relative ai piani di risanamento (emanate con nota prot. n. 3231 del 19 febbraio 2014). In particolare, ha specificato che il piano doveva prevedere la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo fino al 50% di quella in essere al 31 dicembre 2015 e la rinegoziazione e ristrutturazione del debito esistente alla medesima data.

Ancora dopo, il D.L. 113/2016 (L. 160/2016: art. 24) aveva introdotto elementi di maggiore flessibilità nel percorso di risanamento, sostituendo il riferimento al raggiungimento dell'equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale che economico-finanziario, con il riferimento al raggiungimento del pareggio economico in ciascun esercizio e al tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario entro il 2018.

Il termine per il raggiungimento del pareggio economico e del tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario è stato più volte prorogato. Da ultimo, la L. di bilancio 2021 (L. 178/2020: art. 1, co. 589-591) lo ha differito al 31 dicembre 2021 per le fondazioni che alla data della sua entrata in vigore avevano già presentato il piano di risanamento, disponendo che, in mancanza, le fondazioni sono poste in liquidazione coatta amministrativa.

Al contempo, ha disposto che le 5 fondazioni lirico-sinfoniche che, alla medesima data della sua entrata in vigore, non avevano già presentato un piano di risanamento potevano presentare, entro 90 giorni dalla stessa data, un piano di risanamento per il triennio 2021-2023. Le fondazioni in questione devono raggiungere il pareggio economico in ciascun esercizio e il tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario entro l’esercizio finanziario 2023. In mancanza, le fondazioni sono poste in liquidazione coatta amministrativa.

Inoltre, a tali fini - nel testo come modificato dal D.L. 73/2021 (L. 106/2021: art. 65, co. 8) - ha disposto che il fondo di rotazione è incrementato di € 40 mln per il 2021.


Articolo 119
(Potenziamento e adeguamento degli immobili degli Archivi di Stato)

 

 

L’articolo 119 autorizza la spesa di 25 milioni di euro per il 2022, 45 milioni di euro per il 2023, 20 milioni di euro per il 2024 e 10 milioni di euro per il 2025, per la realizzazione di interventi di adeguamento antincendio e sismico degli istituti archivistici, nonché per l’acquisto di immobili destinati agli Archivi di Stato.

 

La disposizione in esame specifica che gli immobili eventualmente acquistati, a valere sulle risorse qui autorizzate, debbano essere già in possesso dei requisiti antisismici e di sicurezza previsti dalla disciplina applicabile.

Si demanda ad un decreto del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge (quindi entro il 1° marzo 2022), l'individuazione degli interventi e dei soggetti attuatori, l'indicazione dei CUP - codici unici progetto, il cronoprogramma delle procedure e gli obiettivi, fissati in coerenza con la disponibilità delle risorse qui stanziate.

Il medesimo decreto ministeriale deve inoltre disciplinare i casi di revoca dei finanziamenti in caso di irregolarità nella comunicazione e acquisizione dei dati richiesti in sede di monitoraggio ovvero per il mancato rispetto delle scadenze. Gli interventi di cui al presente articolo sono soggetti, infatti, al sistema di monitoraggio di cui al decreto legislativo n. 229 del 2011 (v. box infra).

 

Gli Archivi di Stato sono presenti in ogni città capoluogo di provincia. Conservano gli archivi delle amministrazioni centrali e periferiche degli Stati preunitari e gli archivi delle amministrazioni periferiche dello Stato unitario, che vi sono versati una volta passati 30 anni dalla conclusione della pratica. Le Sezioni di Archivio di Stato sono presenti in 33 città non capoluoghi di provincia, ove sono conservati rilevanti fondi archivistici relativi alla storia del territorio.

La relazione illustrativa ricorda come gli Archivi di Stato conservino attualmente oltre 1500 km di documentazione, destinata ad essere ulteriormente incrementata. La medesima relazione rileva che "negli ultimi trent'anni, per ragioni legate alla mancanza di spazi nelle attuali sedi, non è stato possibile soddisfare l'obbligo di accogliere i versamenti da parte degli Uffici statali periferici, come Tribunali, Prefetture, Questure, Archivi notarili" come previsto dall'art. 41 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004).

Per ulteriori informazioni sugli Archivi di Stato (locali, attrezzatura, personale, utenza) si vedano i dati forniti dall’Ufficio di statistica del Ministero della cultura, al link: http://www.statistica.beniculturali.it/Archivi_di_stato.htm.

 

In attuazione della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009 sono stati emanati i decreti legislativi n. 228 e n. 229 del 2011, concernenti, rispettivamente, la valutazione degli investimenti relativi alle opere pubbliche e le procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche.

In particolare, merita ricordare l’art. 1 del D.lgs. n. 229/2011, prevede che le Amministrazioni pubbliche:

a) detengano e alimentino un sistema gestionale informatizzato contenente le informazioni anagrafiche, finanziarie, fisiche e procedurali relative alla pianificazione e programmazione delle opere e dei relativi interventi; tale sistema dovrà peraltro contenere le informazioni relative all'affidamento ed allo stato di attuazione di tali opere ed interventi, a partire dallo stanziamento iscritto in bilancio fino ai dati dei costi complessivi effettivamente sostenuti, in relazione allo stato di avanzamento delle opere;

b) detengano ed alimentino un sistema informatizzato di registrazione e conservazione dei dati contabili al fine di assicurare l'evidenza e tracciabilità di ciascuna transazione connessa alla realizzazione delle opere ed interventi;

c) assicurino - ponendo specifici vincoli e subordinando l'erogazione dei finanziamenti pubblici all'effettivo adempimento degli obblighi di comunicazione - la raccolta e la comunicazione dei dati finanziari e di realizzazione fisica e procedurale da parte delle stazioni appaltanti e degli enti aggiudicatori, ai fini dell'inoltro all'Autorità di vigilanza (ora ANAC);

d) garantire che, nell'ambito dei sistemi di cui al presente articolo, l'opera sia corredata, ai fini dell'ottenimento dei relativi finanziamenti pubblici, del Codice unico di progetto (CUP).

 


Articolo 120
(Fondo unico nazionale per il turismo)

 

 

L’articolo 120 istituisce nello stato di previsione del Ministero del turismo fondo da ripartire denominato Fondo unico nazionale per il turismo di parte corrente, con una dotazione pari 120 milioni di euro per gli anni 2022 e 2023 e a 40 milioni di euro per l'anno 2024, con la finalità di razionalizzare gli interventi finalizzati all'attrattività e alla promozione turistica nel territorio nazionale, sostenendo gli operatori del settore nel percorso di attenuazione degli effetti della crisi e per il rilancio produttivo ed occupazionale in sinergia con le misure previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (comma 1). Il comma 2 elenca le finalità cui sono destinate le risorse del fondo di parte corrente:

a)                adozione di misure di salvaguardia per gli operatori economici del settore in grado di valorizzare le potenzialità del comparto di fronte agli effetti di crisi sistemiche o settoriali, concentrando le misure in favore degli operatori per i quali permangono condizioni che limitano l'ordinaria possibilità di svolgimento delle attività produttive e lavorative;

b)                promozione di politiche di sviluppo del turismo in grado di produrre positive ricadute economiche e sociali sui territori interessati e per le categorie produttive e sociali coinvolte. Il comma 3 istituisce nello stato di previsione del Ministero del turismo un fondo da ripartire denominato Fondo unico nazionale per il turismo di conto capitale, con una dotazione pari a 50 milioni di euro per l'anno 2022, 100 milioni di euro per l'anno 2023 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025, per la realizzazione di investimenti finalizzati ad incrementare l'attrattività turistica del Paese, anche in relazione all'organizzazione di manifestazioni ed eventi, compresi quelli sportivi, connotati da spiccato rilievo turistico, garantendo positive ricadute sociali, economiche ed occupazionali sui territori e per le categorie interessate.

 

Il PNRR, pp. 115-116, rileva che la crisi pandemica del Covid-19 ha reso ancora più urgente la necessità di affrontare una serie di "nodi irrisolti" del sistema turistico italiano, dalla frammentazione delle imprese turistiche, alla progressiva perdita di competitività in termini di qualità degli standard di offerta, età delle infrastrutture ricettive, capacità di innovare e cura dell'ambiente. Di conseguenza, l'investimento è destinato a una pluralità di interventi, tra cui: potenziamento del Fondo Nazionale del Turismo destinato alla riqualificazione di immobili ad alto potenziale turistico, in particolare degli alberghi più iconici, al fine di valorizzare l'identità dell'ospitalità italiana di eccellenza, e favorire l'ingresso di nuovi capitali privati, altri fondi pubblici; partecipazione del MiTur al capitale del Fondo Nazionale del Turismo, un fondo di fondi real estate con l'obiettivo di acquistare, rinnovare e riqualificare strutture alberghiere italiane (1.500 camere d’albergo), tutelando proprietà immobiliari strategiche e di prestigio e sostenendo ripresa e crescita delle catene alberghiere operanti in Italia, soprattutto nelle regioni meridionali.

 

Il comma 4 demanda a un decreto del Ministro del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione delle modalità di attuazione, di riparto e di assegnazione delle risorse dei fondi istituiti, rispettivamente, dai commi 1 e 3.

Il comma 5 prevede che, per le risorse del solo fondo di conto capitale, il medesimo decreto di attuazione individua un Piano con gli interventi e i soggetti attuatori con indicazione dei codici unici di progetto, le modalità di monitoraggio degli interventi, il cronoprogramma procedurale con i relativi obiettivi determinati in coerenza con gli stanziamenti di cui al comma 3, nonché le modalità di revoca in caso di mancata alimentazione dei sistemi di monitoraggio o di mancato rispetto dei termini previsti dal cronoprogramma procedurale. Le informazioni necessarie per l'attuazione degli interventi oggetto del fondo di conto capitale sono rilevate attraverso il sistema di monitoraggio di cui al d.lgs. n. 229/2011e sistemi collegati.

Il comma 6 chiama il Ministro del turismo a presentare ogni anno alle Commissioni parlamentari competenti una relazione sull'attività svolta e sulle risorse impiegate dei fondi istituiti dai commi 1 e 3.

 


Articolo 121
(Banca dati strutture ricettive)

 

 

L’articolo 121, al comma 1, interviene sul comma 4 dell’articolo 13-quater, del decreto-legge n. 34/2019, il quale prevede l’istituzione di una banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi.

Con la modifica, si prevede che il decreto ministeriale che fissa le modalità di realizzazione e gestione della banca dati disciplini, oltre che le modalità di accesso alle informazioni che vi sono contenute, anche la loro pubblicazione sul sito internet istituzionale del Ministero del turismo. Per le esigenze di contrasto all’evasione fiscale e contributiva, la banca dati è accessibile all’amministrazione finanziaria degli enti creditori per le finalità istituzionali.

Ai sensi del comma 2, per le finalità di cui sopra, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024.

 

L’articolo 121 modifica la disciplina vigente sulla banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi, ratificando il passaggio della relativa competenza attuativa e gestionale in capo al Ministero del Turismo e rendendo accessibili i dati in essa contenuti agli enti creditori, per le loro finalità istituzionali, in relazione al contrasto all'evasione fiscale.

 

L’articolo 121 reca a tal fine una novella all’articolo 13-quater del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (l. n. 58 del 2019). Come anticipato, la norma vigente si riferisce ancora – ai fini della emanazione del decreto attuativo - al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, ma nel frattempo occorre tener conto che le competenze in materia di turismo sono passate, ai sensi del decreto-legge n. 22/2021, in capo al neo istituito Ministero del turismo.

 

Si valuti pertanto l’opportunità di aggiornare il comma 4 dell’articolo novellato, sostituendo ovunque ricorrano, le parole “Ministero [o Ministro] per i beni e le attività culturali e per il turismo” con “Ministero [o Ministro] del turismo”.

 

La disposizione vigente prevede inoltre che la banca dati sia istituita “ai fini della tutela dei consumatori”. Con la modifica in esame a tale finalità si aggiunge quella di contrasto all’evasione fiscale, rendendo le informazioni raccolte accessibili all’”amministrazione finanziaria degli enti creditori”.

 

Si valuti la correttezza della locuzione che fa riferimento “all’amministrazione finanziaria degli enti creditori”, eventualmente sostituendola con le parole “all’amministrazione finanziaria e agli enti creditori” o altra equivalente.

 

La relazione illustrativa segnala che la modifica volta al contrasto dell’evasione fiscale sarebbe “in sintonia con la recente direttiva comunitaria n. 514 del 2021” (cosiddetta direttiva DAC 7), relativa “alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale”, che ha imposto ai gestori di piattaforme telematiche l'obbligo di comunicare una serie di dati, tra cui i redditi percepiti dai soggetti che si avvalgono di tali piattaforme. La direttiva rileva che la digitalizzazione dell'economia registra frequenti casi di frode, evasione ed elusione fiscali, tanto che il valore dei redditi non dichiarati è significativo. Pertanto la direttiva obbliga i gestori delle piattaforme digitali a comunicare i redditi percepiti dai venditori/clienti attivi sulle loro piattaforme.

La stessa relazione rileva peraltro che la direttiva n. 2021/514/UE va attuata entro il 31 dicembre 2022 e che “in sede di attuazione della normativa comunitaria” potrà essere operato il coordinamento tra la disciplina del nuovo articolo 13-quater (dedicata esclusivamente alle strutture ricettive) e quella (generale) introdotta dalla direttiva comunitaria n. 514 del 2021.

 

Il comma 2 autorizza a tal fine la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024. La disposizione originaria prevedeva un onere di 1 milione per il solo 2019, probabilmente rivelatosi insufficiente. La relazione illustrativa e la relazione tecnica non forniscono elementi sul punto.

 

L’articolo 13-quater del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (l. n. 58 del 2019) reca norme volte a contrastare l’evasione nel settore turistico-ricettivo. Si stabilisce che gli intermediari immobiliari residenti in Italia, appartenenti al medesimo gruppo degli intermediari non residenti che non abbiano nominato un rappresentante fiscale, sono solidalmente responsabili per il pagamento della ritenuta sui canoni e corrispettivi relativi ai contratti di locazione breve (comma 1) [61].

I dati relativi alle generalità delle persone alloggiate presso le strutture ricettive, sono forniti dal Ministero dell’interno all’Agenzia delle Entrate in forma anonima e aggregata per struttura ricettiva, sono tramessi ai comuni che hanno istituito l’imposta di soggiorno o il contributo di soggiorno a fini di monitoraggio. I dati sono utilizzati dall'Agenzia delle entrate, unitamente a quelli trasmessi dai soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ai fini dell'analisi del rischio relativamente alla correttezza degli adempimenti fiscali. Il D.M. 11 novembre 2020 ha definito le modalità attuative della misura (comma 2 e 3).

Il decreto-legge n. 34 del 2019, all’articolo 13-quater, comma 4¸ prevede inoltre l’istituzione, presso il MIBACT, di una banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi, identificate secondo un codice alfanumerico, da utilizzare in ogni comunicazione inerente all’offerta e alla promozione dei servizi all’utenza, consentendone l’accesso all’Agenzia delle entrate. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono al Ministero i dati inerenti con i relativi codici identificativi regionali, ove adottati.

La disposizione vigente prevede che la banca dati sia istituita per la tutela dei consumatori. Con la modifica in esame a tale finalità si aggiunge quella di contrasto all’evasione fiscale, rendendo le informazioni raccolte accessibili all’”amministrazione finanziaria degli enti creditori”.

È demandata ad un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo la definizione delle modalità di realizzazione e di gestione della banca di dati e di acquisizione dei codici identificativi regionali nonché le modalità di accesso alle informazioni che vi sono contenute (comma 4).

Si rammenta che nel frattempo le competenze in materia di turismo sono passate, ai sensi del decreto-legge n. 22/2021, in capo al neo istituito Ministero del turismo, il quale ha adottato il decreto ministeriale prot. 1782 del 29 settembre 2021, recante le “Modalità di realizzazione e gestione della banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi.

Il decreto regolamenta le modalità di costituzione, gestione e accesso alla banca dati, nonché di acquisizione dei codici identificativi regionali, ove adottati.

Le informazioni contenute nella banca dati riguardano:

a) tipologia di alloggio;

b) ubicazione;

c) capacità ricettiva;

d) estremi dei titoli abilitativi;

e) soggetto che esercita l’attività ricettiva;

f) codice identificativo regionale, ove adottato, o codice alfanumerico.

La Banca Dati, adottata in accordo con le Regioni e con le Province autonome di Trento e Bolzano, introduce parametri omogenei su base nazionale, con l’effetto di semplificare l’attività degli operatori, tutelare i turisti, agevolare la collaborazione tra istituzioni e imprese e tra il Ministero e le autonomie locali. Il decreto ha ricevuto parere favorevole dal Garante per la Protezione dei Dati ed è in attesa di registrazione della Corte dei Conti e successiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

I titolari delle strutture ricettive, gli intermediari e i soggetti che gestiscono portali telematici devono pubblicare il richiamato codice identificativo nelle comunicazioni inerenti all’offerta e alla promozione (comma 7), pena la sanzione pecuniaria da 500 euro a 5.000 euro (comma 8).

L’onere derivante dalla realizzazione della banca dati è stato quantificato in a 1 milione di euro per l’anno 2019.

 


Articolo 122
(Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria)

 

 

L’articolo 122 istituisce il Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria, con una dotazione di € 90 mln per il 2022 e di € 140 mln per il 2023.

 

In particolare, il Fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è destinato a incentivare gli investimenti delle imprese editoriali, anche di nuova costituzione, orientati:

§  all’innovazione tecnologica e alla transizione digitale;

§  all’ingresso di giovani professionisti qualificati nel campo dei nuovi media.

Il Fondo è altresì destinato a sostenere le ristrutturazioni aziendali e gli ammortizzatori sociali, nonché la domanda di informazione.

 

La ripartizione delle risorse del Fondo è definita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega per l’informazione, la comunicazione e l’editoria, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel settore delle imprese editrici e delle agenzie di stampa. Il decreto deve essere adottato entro il 31 marzo di ciascun anno del biennio, previa ricognizione annuale delle specifiche esigenze.

 

Si tratta di un Fondo che si affianca al Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, istituito dall’art. 1 della L. 198/2016 al fine di assicurare la piena attuazione dei princìpi di cui all'art. 21 della Costituzione in materia di diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell'informazione, nonché di incentivare l'innovazione dell'offerta informativa e dei processi di distribuzione e di vendita, la capacità delle imprese del settore di investire e di acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo, nonché lo sviluppo di nuove imprese editrici anche nel campo dell'informazione digitale.

 

In base alla fonte istitutiva, al Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione affluiscono, dal 2016, fra l’altro, le risorse statali destinate al sostegno dell'editoria quotidiana e periodica, anche digitale, e le risorse statali destinate all'emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale.

Il Fondo è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con DPCM, adottato di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze.

Il decreto può prevedere che una determinata percentuale del Fondo sia destinata al finanziamento di progetti comuni che incentivino l'innovazione dell'offerta informativa nel campo dell'informazione digitale attuando obiettivi di convergenza multimediale. I requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione di tali finanziamenti devono essere stabiliti con ulteriore DPCM, sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari[62].

 

Inoltre, successivamente, alle risorse del Fondo si è attinto anche per varie, ulteriori, esigenze, fra le quali l'assegnazione di finanziamenti alle imprese editrici di nuova costituzione, il cui scopo è quello di favorire la realizzazione di progetti innovativi e idonei a promuovere la più ampia fruibilità di contenuti informativi multimediali e la maggiore diffusione dell'uso delle tecnologie digitali (art. 57-bis, D.L. 50/2017-L. 96/2017[63]), la previsione di sostegno di progetti finalizzati a diffondere la cultura della libera informazione plurale, della comunicazione partecipata, dell’innovazione digitale e sociale, dell’uso dei media, nonché a sostenere il settore della distribuzione editoriale, anche con l’avvio di processi di innovazione digitale (art. 1, co. 810, lett. d), L. 145/2018-L. di bilancio 2019[64]), nonché misure di sostegno per l’accesso a prepensionamenti di giornalisti interessati da piani di ristrutturazione o riorganizzazione di imprese editoriali per crisi aziendale (art. 53-bis, co. 1 e 3, D.L. 50/2017-L. 96/2017).

 

Più ampiamente, si veda l’apposito tema web curato dal Servizio Studi della Camera.


Articolo 123
(Credito d'imposta per l'acquisto della carta dei giornali)

 

 

L’articolo 123 proroga per gli anni 2022 e 2023 il credito d’imposta in favore delle imprese editrici di quotidiani e di periodici, per le spese sostenute per l’acquisto della carta utilizzata per la stampa di quotidiani e periodici, originariamente prevista quale misura di sostegno fiscale straordinaria al settore editoriale a seguito dell’emergenza sanitaria, incrementandone l’entità ed il limite di spesa.

 

In particolare si dispone al comma 1 che il credito d’imposta sia fruibile nella misura del 30 per cento delle spese sostenute, rispettivamente negli anni 2021 e 2022, entro il limite di 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, che costituisce limite massimo di spesa (capitolo 3898).

 

Il credito d’imposta era stato concesso a favore delle imprese editrici di quotidiani e di periodici iscritte al registro degli operatori di comunicazione (ROC) ed era pari, nelle previsioni del decreto-legge n. 34 del 2020, all’8% della spesa sostenuta nell'anno 2019 per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa delle testate edite. Quanto ai limiti di spesa esso era riconosciuto entro il limite di € 24 milioni di euro per l’anno 2020. Successivamente il decreto-legge n. 104 del 2020 aveva elevato al 10% il limite di quanto poteva essere assoggettato al credito d’imposta e portato a 30 milioni di euro il limite di spesa. L’articolo 69, commi 9-bis/9-quater, del decreto-legge n. 73 del 2021 (decreto “Sostegni bis”) ha previsto l’applicazione del medesimo credito d’imposta (10% delle spese sostenute) con il medesimo limite di spesa (30 milioni di euro) per l’anno 2020.

Pertanto la nuova disposizione triplica l’entità del credito d’imposta e raddoppia il limite di spesa rispetto alla previsione dell’articolo 188 del decreto-legge n. 34 del 2020 come modificata dal decreto-legge n. 104 del 2020 nonché alla previsione dell’articolo 69, commi 9-bis/9-quater, del decreto-legge n. 73 del 2021.

 

Il credito d’imposta è fruibile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

 

Si ricorda che l’articolo 22 del decreto-legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) ha modificato per l'anno 2021 il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili per soggetti intestatari di conto fiscale individuato dal menzionato articolo 34, elevandolo a 2 milioni di euro. Si segnala inoltre che l’articolo 19 del disegno di legge in esame ha portato in maniera stabile, a decorrere dal 2022 il limite annuo dei crediti d’imposta compensabili a 2 milioni di euro. Resta fermo il limite di compensazione annuale per le agevolazioni alle imprese, di cui all’articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007, pari a 250.000 euro.

Con riferimento al credito d’imposta medesimo sono altresì richiamate dal comma 2, in quanto compatibili, le disposizioni del citato articolo 188 del decreto-legge citato.

 

Si ricorda che per il riconoscimento del credito d’imposta si applicano, secondo quanto disposto dall’articolo 188 del decreto-legge n. 34 del 2020, le disposizioni introdotte per il credito d’imposta per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa delle testate edite e dei libri sostenuta nell'anno 2004, ossia l’art. 4, commi 182, 183, 184, 185 e 186 della legge n. 350/2003, e il DPCM 318/2004 (che disciplina essenzialmente gli aspetti procedurali e gli adempimenti delle amministrazioni competenti ai fini del riconoscimento del beneficio), la cui applicazione è stata successivamente estesa alle spese sostenute nel 2005 dall'art. 1, comma 484, della L. 311/2004.

Il credito d’imposta non è cumulabile con il contributo diretto alle imprese editrici di quotidiani e periodici, di cui all'articolo 2, co. 1 e 2, della legge 198/2016, e al decreto legislativo n. 70/2017, conseguentemente emanato.

I commi 182-186, dell’articolo 4 della legge n. 350/2003 (Legge finanziaria per il 2004) prevedono in particolare che:

·      la spesa per l'acquisto della carta deve risultare dal bilancio certificato delle imprese editrici. Nel caso in cui la carta sia acquistata da soggetti diversi dall'editore, essa deve comunque essere ceduta agli editori con fatturazione distinta da quella relativa ad ogni altra vendita o prestazione di servizio (comma 182).

·      Sono esclusi dal beneficio: quotidiani ed i periodici che contengono inserzioni pubblicitarie per un'area superiore al 50%dell'intero stampato, su base annua; quotidiani e periodici non posti in vendita, cioè non distribuiti con un prezzo effettivo per copia o per abbonamento, ad eccezione di quelli informativi delle fondazioni e delle associazioni senza fini di lucro; quotidiani o periodici che siano ceduti a titolo gratuito per una percentuale superiore al 50% della loro diffusione; quotidiani e periodici diretti a pubblicizzare prodotti o servizi contraddistinti con il nome o con altro elemento distintivo e diretti prevalentemente ad incentivarne l'acquisto; quotidiani e periodici di vendita per corrispondenza; quotidiani e periodici di promozione delle vendite di beni o di servizi;  cataloghi, cioè pubblicazioni contenenti elencazioni di prodotti o di servizi; pubblicazioni aventi carattere postulatorio, ad eccezione di quelle utilizzate dalle organizzazioni senza fini di lucro e dalle fondazioni religiose esclusivamente per le proprie finalità di autofinanziamento; quotidiani e periodici delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici, nonché di altri organismi, comprese le società riconducibili allo Stato ovvero ad altri enti territoriali o che svolgano una pubblica funzione; prodotti editoriali pornografici (comma 183).

·      Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito imponibile, non è rimborsabile, ma non limita il diritto al rimborso ad altro titolo spettante; l'eventuale eccedenza è riportabile al periodo di imposta successivo (comma 184).

·      L'ammontare della spesa complessiva per l'acquisto della carta e l'importo del credito d'imposta sono indicati nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta durante il quale la spesa è stata effettuata (comma 185).

·      In caso di utilizzo del credito d'imposta in tutto o in parte non spettante si rendono applicabili le norme in materia di accertamento, riscossione e contenzioso nonché le sanzioni previste ai fini delle imposte sui redditi (comma 186).

 

Inoltre, ai fini del recupero di quanto indebitamente fruito, l’articolo 1, comma 188 del decreto-legge n. 34 del 2020, prevede che si applichino, ove compatibili, le disposizioni di cui all’art. 1, comma 6, del D.L. 40 /2010 (L. 73/2010).

 

La disposizione richiamata prevede, al fine di contrastare fenomeni di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta e per accelerare le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta agevolativi la cui fruizione è autorizzata da amministrazioni ed enti pubblici, anche territoriali, che l'Agenzia delle entrate trasmetta a tali amministrazioni ed enti, tenuti al recupero, i dati relativi ai crediti utilizzati in diminuzione delle imposte dovute o in compensazione. Le somme recuperate sono riversate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario.


Articolo 124
(Fondo per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione)

 

 

L’articolo 124 reca incremento della dotazione del Fondo per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione.

 

Questo articolo prevede una modulazione di 5 milioni il 2022, 10 milioni per il 2023, 20 milioni per il 2024, quali incremento della dotazione del Fondo per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione.

La norma istitutiva del Fondo - recata dall'articolo 239 del decreto-legge n. 34 del 2020 - previde uno stanziamento di 50 milioni, per il solo anno 2020.

A proiettare quel medesimo importo quale stanziamento per il triennio successivo è stata determinazione della Sezione II della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020: cfr. stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, al cap. 7032).

Si viene ora a prevedere che quello stanziamento (di 50 milioni) aumenti degli importi sopra ricordati, a decorrere dall'anno 2022.

 

L'articolo 239 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha istituito - nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze - un Fondo per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione (destinandogli 50 milioni per il 2020).

Tali risorse sono trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del consiglio dei ministri, per essere assegnate al Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, che provvede alla gestione.

Il Fondo è destinato alla copertura delle spese per interventi, acquisti e misure di sostegno a favore di:

ü  una "strategia di condivisione e utilizzo del patrimonio informativo pubblico" a fini istituzionali;

ü  la diffusione dell'identità digitale, del domicilio digitale e delle firme elettroniche;

ü  la realizzazione ed erogazione di servizi in rete, dell'accesso ai servizi in rete tramite le piattaforme abilitanti previste da disposizioni del Codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005), recate dai seguenti articoli: 5 (sistema di pagamento elettronico, attraverso un sistema pubblico di connettività che assicuri una piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati), 62 (Anagrafe nazionale della popolazione residente), 64 (sistema pubblico per la gestione delle identità digitali e modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni), e 64-bis (accesso telematico ai servizi della pubblica amministrazione), nonché per i servizi e le attività di assistenza tecnico-amministrativa necessarie.

 

Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, sono individuati gli interventi cui siano destinate le risorse del Fondo, tenendo conto degli aspetti correlati alla sicurezza cibernetica.

Con tali decreti (ha aggiunto novella recata dall'articolo 1, comma 620 della legge n. 178 del 2020), le risorse possono essere trasferite, in tutto o in parte, anche alle pubbliche amministrazioni per la realizzazione di progetti di trasformazione digitale, coerenti con le finalità sopra ricordate.


Titolo IX - Misure per la partecipazione dell'Italia all'Unione Europea e ad organismi internazionali

Articolo 125
(Cooperazione allo sviluppo)

 

 

L’articolo 125, al fine di rafforzare l’azione dell’Italia nell'ambito della cooperazione internazionale per lo sviluppo, prevede diversi interventi, tra cui incremento delle risorse dell'AICS e modifiche alla disciplina del fondo rotativo istituito presso CDP, dei crediti concessionali e dei finanziamenti concessi da CDP e del relativo fondo di garanzia, al fine di favorire la partecipazione dei soggetti privati ai processi di sviluppo dei Paesi partner.

 

 

La lettera a) incrementa l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 18, comma 2, lettera c), della legge 11 agosto 2014, n. 125, Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo.

L’articolo 18 di tale legge, dopo aver stabilito al comma 1 che all'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS) è attribuita autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, patrimoniale, contabile e di bilancio, dispone al comma 2, le diverse modalità di finanziamento del suo bilancio. Tra di esse, con la lettera c), si individua un finanziamento annuale iscritto in appositi capitoli[65] dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

L’incremento del finanziamento annuale dell'AICS a valere sullo stato di previsione del MAECI è stabilito in euro 99 milioni per l'anno 2022, euro 199 milioni per l'anno 2023, euro 249 milioni per l’anno 2024, euro 299 milioni per l’anno 2025, euro 349 milioni annui a decorrere dall’anno 2026.

Tale intervento si propone di contribuire all'attuazione dell'impegno del Governo a riallineare progressivamente l'aiuto pubblico allo sviluppo all'obiettivo dello 0,7% del RNL fissato dall'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile nel 2015.

 

L'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS), istituita dall'art. 17 della legge 125/2014, rappresenta il braccio tecnico-operativo del sistema italiano di cooperazione. L'AICS, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico e sottoposta al potere di indirizzo e vigilanza del MAECI, svolge le attività a carattere tecnico-operativo connesse alle fasi di istruttoria, formulazione, finanziamento, gestione e controllo delle iniziative di cooperazione allo sviluppo, e può erogare servizi, assistenza e supporto tecnico, a beneficio delle altre Amministrazioni pubbliche che operino nel quadro degli obiettivi di cooperazione. Acquisisce, inoltre, incarichi di esecuzione di programmi e progetti dell'Unione europea, di banche, fondi e organismi internazionali e collabora con strutture di altri Paesi aventi analoghe finalità, promuovendo forme di partenariato con soggetti privati per la realizzazione di specifiche iniziative. L'Agenzia realizza e gestisce altresì una banca dati pubblica in cui sono raccolte tutte le informazioni relative ai progetti di cooperazione realizzati e in corso di realizzazione. L'Agenzia gode di autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, patrimoniale, contabile e di bilancio ed è pertanto in condizione di operare in modo flessibile all'interno delle competenze fissate dalla legge 125/2014 e delle funzioni di vigilanza attribuite al MAECI, nonché in conformità con le linee di indirizzo approvate dal Governo con il Documento triennale di programmazione.

Operativa da gennaio 2016, dopo l'adozione dei necessari regolamenti ed altri atti normativi, nelle prime fasi di attività l'Agenzia ha preso in carico tutti i progetti che erano del MAECI ed ha accreditato presso i Governi locali le sue 19 sedi all'estero, che si sommano alla sede centrale di Roma e a quella di Firenze.

In particolare, lo statuto dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo è stato approvato con decreto del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale 22 luglio 2015 n. 113; il regolamento di organizzazione è contenuto nel decreto del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale del 15 dicembre 2015, come modificato con decreto del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale del 29 aprile 2016; il regolamento interno di contabilità è contenuto nel decreto del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze del 15 dicembre 2015, n. 1002/2500. Nello statuto, oltre alle previsioni di carattere organizzativo e gestionale, vi sono norme per la definizione dell'elenco delle organizzazioni no profit che possono partecipare alle iniziative e godere dei finanziamenti. Il d.p.c.m. 2 novembre 2015 stabilisce la dotazione organica dell'Agenzia e i contingenti massimi di personale. Organi dell'Agenzia sono il Direttore, il comitato direttivo e il collegio dei revisori, nonché gli uffici di livello dirigenziale, generale e non, presenti in Italia e le sedi all'estero. Con il Decreto MAECI 29 aprile 2016 sono state apportate alcune modifiche allo Statuto, in particolare sull'articolazione degli uffici e sulle procedure per il conferimento di incarichi di livello dirigenziale non generale. È stato approvato con la determina del Direttore dell’Agenzia n. 311 del 17 dicembre 2020 il Codice etico e di comportamento del personale AICS.

Ai sensi dell'art. 3, comma 2 dello statuto (contenuto nel già ricordato decreto n. 113 del 22 luglio 2015) le modalità di collaborazione tra il MAECI e l'Agenzia, ferme restando le attribuzioni del Ministro previste dall'articolo 11 della legge istitutiva in materia di responsabilità politica, di indirizzo e di coordinamento, sono regolate con una convenzione stipulata ogni tre anni e modificabile su proposta di ciascuna delle parti. La convenzione 2019-2021 attualmente in vigore è stata firmata il 12 luglio 2019. Un’ulteriore convenzione MAECI-AICS-Cassa depositi e prestiti (CDP) firmata il 14 dicembre 2021 (ed emendata il 1° febbraio 2021) ne regola i rapporti in attuazione dell'articolo 22, commi 2 e 5, della legge 125/2014. Si rammenta che l'articolo 22 della legge 125/2014 ha autorizzato CDP, nell'ambito delle finalità della medesima legge, ad assolvere ai compiti di istituzione finanziaria per la cooperazione internazionale allo sviluppo. CDP è stata inoltre autorizzata (art. 22, comma 4 della legge 125/2014 e art. 5, comma 7, lett. a) del decreto legge 269/2003 convertito, con modificazioni dalla legge 326/2003) a destinare risorse proprie, nel limite annuo stabilito con separata convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze, a iniziative di cooperazione allo sviluppo anche in regime di cofinanziamento con soggetti privati, ovvero con istituzioni finanziarie europee, multilaterali o sovranazionali.

Si rammenta che in materia di organizzazione dell'Agenzia italiana di cooperazione allo sviluppo è successivamente intervenuto l'articolo 27-bis del decreto legge 162/ 2019, convertito con modificazioni dalla legge. n. 8/2020. La disposizione, nell'introdurre talune modifiche in materia di personale operante nel settore della cooperazione internazionale allo sviluppo, ha previsto, tra l'altro, l'incremento del contingente da inviare presso le sedi estere dell'AICS ed ha elevato il numero di unità da assumere localmente. La norma, inoltre, ha incrementato a decorrere dall'esercizio 2020 lo stanziamento a disposizione dell'agenzia.

In particolare:

- il nuovo comma 5-bis dell'articolo 19 della legge 125/2014, che riguarda il personale dell'AICS, prevede che presso le sedi estere dell'agenzia possono essere inviati, secondo criteri individuati dal Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo, fino a 60 dipendenti inquadrati nell'organico dell'agenzia o esperti già in servizio presso la Direzione Generale per la cooperazione allo sviluppo; tale contingente può essere incrementato sino a 90 unità, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili;

- il contingente numerico complessivo del personale locale assunto nei paesi nei quali opera la agenzia passa da 100 a 150 unità;

- la dotazione finanziaria assegnata all'agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo per le per spese di funzionamento è incrementata di 4,2 milioni di euro annui a decorrere dall'esercizio 2020.

Nella legge di bilancio per il 2021 (legge 178 /2020) le risorse destinate alle spese di personale e di funzionamento per l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, rispettivamente appostate sui capitoli 2021 e 2171 dello stato di previsione del MAECI, ammontano a 33,15 e 7,58 milioni di euro.

 

 

La lettera b) apporta le seguenti novelle alla legge 11 agosto 2014, n. 125.

L’alinea 1 amplia il novero delle fonti - aggiungendo un periodo alla fine dell’articolo 8, comma 1 - con cui è possibile incrementare la dotazione del fondo rotativo presso CDP di cui all’articolo 8 comma 1, di detta legge, e della sua quota di cui all’articolo 27, comma 3, includendo anche l'apporto finanziario da parte di soggetti pubblici o privati, anche a valere su risorse europee.

 

L’articolo 8 comma 1 della legge 125/2014 prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, previa delibera del Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ed in base alle procedure stabilite dalla stessa legge, autorizza la società Cassa depositi e prestiti Spa a concedere, anche in consorzio con enti o banche estere, a Stati, banche centrali o enti pubblici di Stati destinatari degli interventi della cooperazione per lo sviluppo[66], nonché a organizzazioni finanziarie internazionali, crediti concessionali a valere sul fondo rotativo fuori bilancio costituito presso di essa ai sensi dell'articolo 26 della legge 24 maggio 1977, n. 227.

L’articolo 21 della legge 125/2014 istituisce il Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo, presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Al Comitato è riservata l'approvazione di iniziative di cooperazione dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo di valore superiore a 2 milioni di euro, fermo restando che esso sia comunque messo a conoscenza delle iniziative di importo inferiore. Il Comitato, tra i suoi compiti, definisce la programmazione annuale con riferimento a Paesi ed aree di intervento.

Il Comitato è presieduto dallo stesso Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (o dal vice ministro della cooperazione allo sviluppo) ed è composto dal direttore generale per la cooperazione allo sviluppo e dal direttore dell'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, nonché, limitatamente alle questioni concernenti le iniziative di cui agli articoli 8 e 27 (proprio quelle in commento), dal direttore generale del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze (partecipazione introdotta dalla legge di bilancio 2018 n. 205/2017, art. 1, co. 283 della legge).

Vi partecipano, senza diritto di voto, i responsabili delle strutture competenti in relazione all'ordine del giorno ed i rappresentanti del MEF o di altre Amministrazioni pubbliche, per la trattazione di materie di loro competenza; è altresì prevista l'estensione della partecipazione al Comitato, senza diritto di voto, ad un rappresentante della Conferenza delle regioni e delle province autonome e/o un rappresentante delle associazioni rappresentative degli enti locali nel caso in cui vengano trattate questioni di loro competenza. La partecipazione al Comitato non dà luogo a compensi, rimborsi spese, gettoni di presenza o emolumenti comunque denominati.

Il braccio finanziario della cooperazione è rappresentato dalla Cassa Depositi e Prestiti (CDP) cui la legge (art. 22) ha assegnato il ruolo di Istituzione Finanziaria per la Cooperazione allo Sviluppo nonché di Banca di sviluppo, con facoltà di operare in tutti i Paesi in Via di Sviluppo. CDP si posiziona come motore finanziario di iniziative di cooperazione, in coerenza con la nuova linea strategica di cooperazione allo sviluppo caratterizzata dal blending, cioè il mix di risorse pubblico/private. Infatti, se dal 1° gennaio 2016 CDP effettivamente gestisce il più importante strumento della cooperazione allo sviluppo, che è il Fondo rotativo per la Cooperazione allo Sviluppo (istituito dall'art. 26 della legge 227/1977), essenzialmente diretto ai finanziamenti a Stati sovrani, quindi a Governi (settore pubblico sovrano), in aggiunta a ciò, essa è stata autorizzata, a partire dal 2017, ad utilizzare anche proprie risorse rivenienti dal risparmio postale. L'art. 22, comma 4 della legge 125/2014 e l'art. 5, comma 7, lett. a) del decreto legge 269/2003 convertito, con modificazioni dalla legge 326/2003, infatti, autorizzano CDP a destinare risorse proprie, nel limite annuo stabilito con separata convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze, a iniziative di cooperazione allo sviluppo anche in regime di cofinanziamento con soggetti privati, ovvero con istituzioni finanziarie europee, multilaterali o sovranazionali.

CDP, finanziando soggetti pubblici e privati, od investendo in fondi (o fondi di fondi) a supporto della crescita socio-economica può operare in tutti i Paesi e territori che possono ricevere aiuto pubblico allo sviluppo in quanto rientranti nell'apposita lista stilata da OECD-DAC e rivista ogni tre anni. I paesi partner di CDP includono sia Least Developed Countries, identificati dall'ONU come paesi con i più bassi livelli di sviluppo socioeconomico al mondo, sia i paesi cosiddetti emergenti, ossia quei paesi che non hanno ancora raggiunto sufficienti livelli di crescita economica[67].

L’articolo 27, comma 3, della legge 125/2014 determina gli scopi a cui per essere destinata una quota del fondo rotativo:

a) concedere finanziamenti sotto qualsiasi forma, anche in via anticipata, ad imprese per la partecipazione al capitale di rischio di imprese miste in Paesi partner, individuati con delibera del Comitato Interministeriale per la Cooperazione allo Sviluppo (CICS), con particolare riferimento alle piccole e medie imprese;

b) concedere finanziamenti sotto qualsiasi forma ad investitori pubblici o privati o ad organizzazioni internazionali, affinché finanzino, secondo modalità identificate dal CICS, imprese miste in Paesi partner che promuovano lo sviluppo dei Paesi medesimi;

c) costituire un fondo di garanzia per finanziamenti sotto qualsiasi forma a favore di imprese miste nei Paesi di cui alla lettera a), concessi dalla Cassa depositi e prestiti Spa, da banche dell'Unione europea, da banche di Paesi non appartenenti all'Unione europea se soggette alla vigilanza prudenziale dell'autorità competente del Paese in cui si effettua l'intervento o da fondi direttamente o indirettamente partecipati o promossi dai predetti soggetti.

Il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (CICS)[68], istituito dall’articolo 15 della legge 125/2014, ha il compito di assicurare la programmazione ed il coordinamento di tutte le attività di cooperazione, nonché la coerenza delle politiche nazionali con le stesse iniziative di cooperazione allo sviluppo. Il CICS, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, è composto dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che ne è il vicepresidente, dal vice Ministro della cooperazione, e dai Ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Nel corso del procedimento di formazione del disegno di legge di bilancio, il CICS ha il compito di rappresentare le esigenze finanziarie necessarie all'attuazione delle politiche di cooperazione allo sviluppo e di proporre la ripartizione degli stanziamenti per ciascun Ministero (come previsto dall'articolo 14, comma 1 della legge 125/2014) sulla base del documento triennale di programmazione e di indirizzo, dell'esito dei negoziati internazionali in materia di partecipazione alla ricapitalizzazione di banche e fondi di sviluppo e delle risorse già stanziate a tale fine.

 

 

L’alinea 2 - novellando l’articolo 20, comma 2 - amplia le competenze della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (DGCS), volte a coadiuvare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ed il vice ministro della cooperazione allo sviluppo, includendovi le attività di comunicazione per la valorizzazione degli interventi di cooperazione allo sviluppo presso la pubblica opinione. Viene, inoltre, semplificata la procedura amministrativa per l'affidamento dei servizi di valutazione ad operatori esterni indipendente da parte della DGCS, consentendo alla Direzione stessa (e non più dell’Agenzia[69]) di provvedere direttamente all'impegno e all'erogazione delle somme dovute alle imprese contraenti, allo scopo di valutare l'impatto degli interventi di cooperazione allo sviluppo e di verificare il raggiungimento degli obiettivi programmatici.

 

Il D.P.R. 29 dicembre 2016, n. 260 , emanato anche in attuazione dell'articolo 20 della legge 11 agosto 2014, n. 125, ha introdotto significative modifiche all'organizzazione del Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale. Alla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (DGCS) viene attribuito il compito di curare la rappresentanza politica e la coerenza delle azioni dell'Italia in materia di cooperazione nell'ambito delle relazioni bilaterali e dei rapporti con le organizzazioni internazionali e con l'Unione europea, oltre che di coadiuvare il Ministro e il vice Ministro nell'elaborazione degli indirizzi per la programmazione in riferimento ai Paesi e alle aree di intervento. Spetta inoltre alla DGCS concorrere a definire i contributi volontari alle organizzazioni internazionali e i crediti concessionali e quelli agevolati previsti dalla legge, nonché disporre gli interventi di emergenza umanitaria di cui all'articolo 10 della stessa legge. La DGCS è chiamata inoltre a negoziare gli accordi con i Paesi partner per la disciplina degli interventi a dono, a valutare l'impatto degli interventi di cooperazione, a verificare il raggiungimento degli obiettivi programmatici, e a coadiuvare il Ministro e il vice Ministro nell'esercizio dei poteri di coordinamento, indirizzo, controllo e vigilanza, oltre che nell'emanazione delle direttive all'AICS. È altresì previsto che la DGCS assicuri i servizi di segretariato e di supporto del Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (CICS), del Consiglio nazionale per la cooperazione e del Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo. Ulteriori modifiche riguardano la struttura e le modalità operative della DGCS. Viene infatti previsto che la Direzione includa non più di sette uffici di livello dirigenziale non generale e che nello svolgimento dei compiti ad essa assegnati, operi in raccordo con l'AICS con modalità stabilite nella convenzione stipulata tra il Ministro e l'Agenzia[70].

 

 

L’alinea 3 - introducendo un comma 2-ter all’articolo 20 - autorizza in favore del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, la spesa di euro 1.000.000 annui a decorrere dall’anno 2022, per la copertura degli oneri connessi alle attività e servizi di comunicazione finalizzati alla valorizzazione degli interventi di cooperazione allo sviluppo, ed alle attività di valutazione d’impatto delle iniziative di cooperazione (di cui all'alinea precedente).

 

Gli interventi di cui agli alinea 4-6 mirano ad ampliare anche alle imprese private la possibilità di beneficiare di crediti concessionali e finanziamenti a valere sul fondo rotativo presso CDP.

 

In dettaglio, l’alinea 4 - novellando l’articolo 27, comma 3, lettera a) - amplia la platea delle imprese beneficiarie dei finanziamenti provenienti da una quota del fondo rotativo. Si prevede che possano concedersi finanziamenti sotto qualsiasi forma ad imprese per la partecipazione al capitale di rischio di imprese, non più necessariamente miste, bensì anche private in Paesi partner. Si introduce anche la possibilità di concedere finanziamenti sotto qualsiasi forma direttamente ad imprese in Paesi partner, che non presentano un socio locale. Per la individuazione di tali Paesi non è più prevista la delibera del Comitato Interministeriale per la Cooperazione allo Sviluppo (CICS).

Analogamente al precedente alinea, l’alinea 5 - modificando l’articolo 27, comma 3, lettera b) - amplia la possibilità di finanziare con la quota del fondo rotativo investitori pubblici o privati o organizzazioni internazionali che finanzino non più solo imprese miste, ma anche imprese aventi sede in Italia che promuovano lo sviluppo dei medesimi paesi partner e ne semplifica la procedura, espungendo il ruolo del CICS nello stabilire le modalità di tali finanziamenti.

Anche l’alinea 6 - novellando l’articolo 27, comma 3, lettera c) - supera il riferimento alla natura mista pubblico/privata delle imprese nei Paesi partner, beneficiarie del fondo di garanzia sui di finanziamenti concessi da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A, da banche dell'Unione europea, da banche di Paesi non appartenenti all'Unione europea se soggette alla vigilanza prudenziale dell'autorità competente del Paese in cui si effettua l'intervento o da fondi direttamente o indirettamente partecipati o promossi dai predetti soggetti.

 

 

L’alinea 7 - novellando l’articolo 27, comma 4 - sottrae al CICS, ponendola invece in capo al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, la competenza a stabilire, con suo decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze:

a) la quota del fondo rotativo che può annualmente essere impiegata per le finalità di cui all'art. 27, comma 3;

b) i criteri per la selezione delle iniziative di cui al richiamato comma 3 che devono tenere conto, oltre che delle finalità e delle priorità geografiche o settoriali della cooperazione italiana, anche delle garanzie offerte dai Paesi partner a tutela degli investimenti stranieri. Tali criteri mirano a privilegiare la creazione di occupazione, nel rispetto delle convenzioni internazionali sul lavoro, e di valore aggiunto locale per lo sviluppo sostenibile;

c) le condizioni in base alle quali possono essere concessi finanziamenti sotto qualsiasi forma.

 

 

L’alinea 8 - modificando l’articolo 27, comma 5, affida alla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A, mediante convenzione stipulata dal Ministero dell'economia e delle finanze, l'erogazione e la gestione dei finanziamenti sotto qualsiasi forma (e non più semplicemente dei crediti) di cui al richiamato articolo 27, ciascuno dei quali è valutato dall'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS) congiuntamente alla CDP.

 


Articolo 126
(Partecipazione italiana ad EXPO OSAKA 2025)

 

 

L’articolo 126 autorizza, per gli anni dal 2023 al 2026, la spesa necessaria a sostenere gli adempimenti connessi alla partecipazione italiana all'Expo 2025 Osaka.

 

L'Esposizione Universale di Osaka che si terrà dal 13 aprile al 13 ottobre del 2025 in Giappone avrà come tema "Future society for our lives". Al fine di consentire la partecipazione dell'Italia a tale Esposizione, la presente disposizione autorizza la relativa spesa, quantificata in 2 milioni di euro per l'anno 2023, di 15 milioni di euro per l'anno 2024, 25 milioni di euro per l’anno 2025 e di 3 milioni di euro per l’anno 2026. Viene stabilito che si applica l’articolo 1, comma 587, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019) che provvedeva in merito alla partecipazione italiana ad Expo 2020 Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, eccetto i periodi primo e terzo riferiti a Dubai, mutuandone la disciplina essenziale dell'attività del Commissariato generale di sezione.

 

Com'è noto, le Esposizioni universali sono organizzate dal Bureau International des Expositions (BIE), hanno una frequenza ogni 5 anni per una durata massima di 6 mesi, sono delle mostre espositive di portata internazionale ospitate ogni volta da un Paese nel mondo. Lo scopo delle esposizioni universali è quello di promuovere il progresso industriale e tecnologico a livello globale, mettendo in mostra le ultime innovazioni tecniche e scientifiche che in qualche modo possono migliorare le condizioni di vita sociale ed economica del pianeta.

 

L'organismo internazionale che regola la frequenza e l'organizzazione delle esposizioni è il BIE, Bureau International des Expositions, nato il 22 novembre del 1928 a Parigi da una Convenzione sottoscritta da numerose nazioni nel mondo: è un'organizzazione intergovernativa che ha sede a Parigi. Oggi il BIE conta un numero di ben 170 Stati e organismi membri. Nella Convenzione, che viene costantemente aggiornata sono espressi i criteri e le regole di organizzazione che ogni esposizione universale deve assumere, i rapporti di partecipazione tra gli Stati membri e sono indicati gli obiettivi che si vogliono raggiungere. Sempre all'interno della convenzione del 1928, entrata ufficialmente in vigore nel 1931, vengono elencate le caratteristiche che un'Esposizione deve avere.

 

La partecipazione italiana a Expo Osaka 2025 è un impegno internazionale assunto dall'Italia, in conseguenza dei significativi rapporti col Giappone e dell'avvenuta presentazione della candidatura del nostro Paese ad ospitare a Roma la successiva edizione del 2030.

L'adesione impone adempimenti di carattere amministrativo e finanziario di pronta attuazione, a partire dalla nomina di un Commissario generale di sezione che, secondo le norme del BIE, è la figura incaricata di porre in essere tutte le attività necessarie ad assicurare la partecipazione all'esposizione e a cui compete, tra le altre cose, la presentazione del "Theme Statement" e la successiva predisposizione degli adempimenti.

 

Della disciplina di cui all’articolo 1, comma 587, della richiamata legge di bilancio per il 2019, vengono mutuate le disposizioni secondo cui la composizione ed organizzazione del Commissariato generale di sezione per la partecipazione italiana all’Expo siano disciplinate con uno o più DPCM, di concerto con i Ministri degli Affari esteri e dell’Economia, prevedendo un  massimo di 17 unità di personale reclutato con forme contrattuali flessibili, oltre al Commissario generale di sezione e al personale appartenente alla P.A., con esclusione del personale docente, educativo ed amministrativo, tecnico ed ausiliario delle istituzioni scolastiche. Si dispone del compenso spettante al Commissario generale e di quello dei dipendenti di amministrazioni pubbliche: gli oneri del trattamento economico fondamentale e accessorio del personale della P.A. collocato fuori ruolo, in comando o distaccato presso il Commissariato restano a carico delle amministrazioni di provenienza. I contratti di lavoro flessibile previsti possono essere prorogati, anche in deroga ai limiti previsti dalla normativa vigente, fino alla conclusione delle attività del Commissariato generale di sezione. Alle attività all'estero del Commissariato si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 2010, n. 54, Regolamento recante norme in materia di autonomia gestionale e finanziaria delle rappresentanze diplomatiche e degli Uffici consolari di I categoria del Ministero degli affari esteri, a norma dell'art. 6 della legge 18 giugno 2009, n. 69. Il Commissariato è assistito da un Comitato di monitoraggio, composto da un membro designato dal Presidente della Corte dei conti, in qualità di presidente, da un componente designato dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e da un componente designato dal Ministro dell'economia e delle finanze.

 

 


Articolo 127 comma 1
(Conto speciale CEDU)

 

 

L’articolo 127, comma 1, autorizza la spesa di euro 300.000 annui a decorrere dall’anno 2022 a favore del Conto speciale della Corte europea dei Diritti dell’uomo.

 

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, la disposizione definisce il contributo finanziario dello Stato italiano al Conto speciale della Corte europea dei diritti dell’uomo, con la finalità di ridurre i casi pendenti dinanzi alla Corte che interessano l’Italia, alla luce della necessità di implementazione delle misure atte a garantire una celere definizione dei giudizi pendenti e dell’arretrato.

 

La Corte europea dei diritti dell’uomo è un organo giurisdizionale internazionale indipendente, fondato nel 1957 a Strasburgo, il cui compito è quello di giudicare in merito alle violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Già a partire dalla Conferenza dei Ministri della Giustizia, riunitisi ad Interlaken del 2010, è stata richiamata l’attenzione sull’alto numero dei ricorsi presentati davanti alla Corte e il crescente ritardo nel loro esame, cui si diede una prima risposta con l’adozione di misure volte ad aumentare l’efficienza e affrontare il numero dei ricorsi chiaramente irricevibili pendenti dinanzi alla Corte. Al fine di poter smaltire l’arretrato e affrontare il crescente numero di ricorsi sono apparse necessarie risorse aggiuntive in termini di personale. A tal fine, alla metà del 2012, è stato creato un conto speciale della Corte europea sul quale gli Stati membri versano contributi volontari.

Secondo quanto riportato nella Relazione al Parlamento sull’esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dello Stato italiano riguardante il 2019 e trasmessa alle Camere il 29 dicembre 2020 ai sensi della legge 9 gennaio 2006, n. 12, il contenzioso nei riguardi del nostro Paese evidenzia significativi progressi nella riduzione del carico pendente: alla fine del 2019, si registravano 3.050 ricorsi pendenti, a fronte dei 4.050 ricorsi pendenti del 2018 e dei 4.665 ricorsi pendenti del 2017.  Il documento sottolinea gli effetti decongestionanti sul volume complessivo delle pendenze a carico dell’Italia, ma rileva al contempo come il carico di lavoro della Corte europea relativo all’Italia rimanga ancora consistente, rappresentando il 5% del totale.


Articolo 127, comma 2-5
(Partecipazione dell’Italia ai programmi
del Fondo monetario internazionale)

 

 

I commi in esame dettano disposizioni riguardanti la partecipazione italiana a diversi strumenti di finanziamento degli interventi del Fondo monetario internazionale, nel quadro della strategia di sostegno ai Paesi più poveri e di risposta internazionale alla crisi pandemica ed economica.  

 

Il comma 2, autorizza la Banca d’Italia a concedere un nuovo prestito nei limiti di 1 miliardo di diritti speciali di prelievo da erogare a tassi di mercato tramite il Poverty Reduction and Growth Trust, secondo le modalità concordate tra il Fondo monetario internazionale (FMI), il Ministero dell’economia e delle finanze e la Banca d’Italia, fermi restando l’accordo di prestito di cui all’articolo 13, comma 6-sexies, del decreto-legge n. 244 del 2016, nonché l’accordo di prestito di cui all’articolo 1, comma 638, della legge n. 178 del 2020, la Banca d’Italia è autorizzata concedere un nuovo prestito.

 

I diritti speciali di prelievo (in inglese Special Drawing Rights, SDRs) costituiscono un’attività di riserva creata nel 1969 con lo scopo di aumentare la disponibilità di risorse a disposizione del FMI. Il valore dei DSP è attualmente determinato in base ad un paniere di cinque valute (dollaro USA, euro, sterlina UK, yen giapponese e yuan cinese). Il FMI ha la facoltà di accrescere la propria liquidità per mezzo di assegnazioni di DSP ai paesi membri in proporzione alla quota da ciascuno sottoscritta.

L’art. 13, comma 6-sexies del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244recante proroga e definizione di termini - convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, proroga l’autorizzazione alla Banca d’Italia riguardante la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei Paesi più poveri. A tale fine la Banca centrale è autorizzata a concedere un prestito nei limiti di 400 milioni di diritti speciali di prelievo da erogare a tassi di mercato tramite il richiamato Poverty Reduction and Growth Trust (PRGT), secondo le modalità concordate tra il FMI, il Ministero dell’economia e delle finanze e la Banca d’Italia.

Il nostro Paese Italia ha sottoscritto un altro accordo di prestito con il FMI, autorizzato dall’art. 1, comma 638, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, che consente di erogare al FMI fino a un miliardo di DSP. Data l’evoluzione del quadro sanitario globale e delle conseguenze economiche e sociali dovute alla pandemia COVID-19, soprattutto nei paesi più poveri, nel corso del 2021 il FMI ha dato seguito alle indicazioni ricevute dai propri azionisti, allocando a tutti i paesi membri risorse finanziarie sotto forma di nuovi DSP per un ammontare complessivo equivalente a 650 miliardi di dollari statunitensi, con l’intento di sostenere la domanda globale di liquidità. In tale contesto, sulla scorta delle indicazioni ricevute dalle economie avanzate, e in particolare dai G7, il FMI ha proposto ai paesi con una posizione finanziaria solida di utilizzare parte dei DSP a loro allocati a favore di un ulteriore rafforzamento del PRGT.

Il PRGT è lo sportello del FMI per l’assistenza finanziaria ai paesi più poveri (low-incorre countries, LICs). Tale assistenza si fonda su strumenti che hanno per obiettivo, oltre alla stabilità macroeconomica, anche la riduzione della povertà e sono — per questa ragione — offerti ai paesi debitori a condizioni “concessionali”, ovvero con termini più favorevoli degli strumenti di prestito ordinari. Il PRGT è finanziato dai paesi donatori con risorse a prestito (loan accounts) e a dono (subsidy accounts); è la combinazione di queste due tipologie di risorse che permette al FMI di erogare l’assistenza “concessionale” ai LICs. L’Italia ha costantemente contribuito ad entrambe le tipologie di risorse. I prestiti sono stati erogati in base ad accordi tra il FMI e la Banca d’Italia e sono coperti dalla garanzia dello Stato sul rimborso del capitale e sugli interessi maturati, mentre l’erogazione dei doni avviene per il tramite della Banca d’Italia a valere su risorse del Bilancio dello Stato.

 

Il comma 3 autorizza inoltre la Banca d’Italia, nell’ambito del nuovo accordo di prestito di cui al comma 2, la concessione di risorse a titolo di dono al FMI nei limiti complessivi di 101 milioni di euro, equivalenti a 83 milioni di diritti speciali di prelievo, da ripartire in 5 versamenti annuali di pari importo, da effettuarsi in ciascun anno dal 2022 al 2026. A tale fine è istituito un fondo, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con una dotazione di 20,2 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, da corrispondere alla Banca d’Italia entro il mese di marzo di ciascun anno.

Il comma 4 che il prestito di cui al comma 2 sia assistito da una garanzia dello Stato tato per il rimborso del capitale e per gli interessi maturati. Gli oneri correlati a tale garanzia sono coperti mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato delle somme disponibili sulla contabilità speciale di cui all’articolo 8, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e la successiva riassegnazione ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

Il comma 5 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato a rimborsare alla Banca d’Italia, con valuta antergata al 29 giugno 2021, l’importo di 49 milioni di euro nell’anno 2022, equivalente all’importo di 40,46 milioni di diritti speciali di prelievo versato dalla Banca d’Italia al FMI ed utilizzato come contributo dell’Italia al programma del medesimo Fondo a favore del Sudan, conformemente alla decisione assunta dal Ministero stesso nell’ambito dell’Iniziativa sulla cancellazione del debito dei paesi più poveri fortemente indebitati (HIPC).

 

L’HIPC, è un programma promosso nel 1996, congiuntamente dal FMI e dalla Bacna mondiale.

L’Iniziativa ha lo scopo di aiutare i paesi più poveri del mondo portando il loro debito pubblico a un livello sostenibile, sotto la condizione che i loro governi dimostrino di raggiungere determinati livelli di efficienza nella lotta alla povertà.

 

 


Articolo 128
(Fondo per gli assetti ad alta e altissima prontezza operativa)

 

 

L’articolo 128 istituisce un fondo per finanziare l'approntamento e l'impiego degli assetti destinati ad alta e altissima prontezza operativa.

 

La disposizione - inserendo l’articolo 620-bis nel Codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 - istituisce il Fondo per gli assetti ad alta e altissima prontezza operativa, allo scopo di assicurare il rispetto degli impegni assunti dall'Italia connessi con il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali.

La dotazione iniziale del fondo, allocato nello stato di previsione del Ministero della difesa, è pari a 3 milioni di euro per l'anno 2022 e 6 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023. Tali somme sono ripartite tra le diverse finalità di impiego con decreto del Ministro della difesa previa intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze.

 

La relazione illustrativa afferma che per consentire alle Forze Armate di far fronte agli elevati oneri di approntamento e mantenimento delle Unità operative derivanti da accordi internazionali, è necessaria l'istituzione di un apposito fondo che consenta di incrementare per gli anni 2022, 2023, 2024 le ordinarie assegnazioni di bilancio della Difesa, considerato che il complessivo bacino delle forze costituenti gli impegni JRRFs (v. infra), in relazione al livello di prontezza previsto con preavvisi d'impiego brevissimi, richiede un impegno finanziario notevole che attualmente impatta sugli ordinari stanziamenti di bilancio, pregiudicando in tal modo l'efficienza di altri settori dello Strumento militare.

 

Le moderne operazioni militari richiedono sempre più spesso alle Forze armate di operare in combinazione tra loro e in modo integrato, sia a livello nazionale che multinazionale. In particolare, nel rispetto della normativa nazionale e del diritto internazionale, così come degli impegni assunti nei diversi consessi in cui l'Italia è rappresentata (ONU, UE, NATO), lo Strumento militare deve essere in grado di proteggere gli interessi nazionali e contribuire al mantenimento del quadro di sicurezza internazionale attraverso l'impiego di assetti ad alta e altissima prontezza operativa. Tale esigenza è evidenziata anche dal "Documento di pianificazione di lungo termine dello Strumento Militare" (pubblicazione tecnica del 2005, della quale venne prodotta una sintesi divulgativa) che, per l'assolvimento delle missioni militari discendenti dai macro-scenari "ALPHA" (sicurezza degli spazi nazionali) e "BRAVO" (partecipazione ad Operazioni di Coalizione di "reazione immediata"), richiede la disponibilità permanente di Forze ad alta e altissima prontezza operativa, valutate e certificate secondo standard predefiniti.

In tale contesto si inserisce l'iniziativa denominata "Joint Rapid Response Forces", cioè un bacino di assetti capacitivi interforze ad alta e altissima prontezza operativa, già esistenti, da cui attingere per garantire una risposta rapida alle esigenze nazionali (a esclusione delle operazioni in corso e dei compiti discendenti dalla legge) e multinazionali (NATO/UE).

La generazione e l'approntamento delle JRRFs si basano su un'attività ciclica che prevede un periodo di approntamento e un periodo di prontezza operativa (fase di "stand-by"). Tali assetti a elevata prontezza operativa saranno in grado di fornire una risposta rapida e flessibile a eventuali scenari di crisi, non solo per specifiche esigenze nazionali e a supporto dell'Alleanza Atlantica, ma anche per alimentare il bacino degli assetti facenti parte l'“European Battle Group” (EUBG), la cui consistenza dovrà essere incrementata dalle attuali 1.500 unità alle previsionali 5.000, in piena coerenza con le recenti indicazioni volte a corroborare la politica di sicurezza e di difesa comune europea (PSDC).

 

Dalla relazione tecnica si evince, altresì, che la dotazione del fondo dall'anno 2023 è destinata alle attività volte a garantire adeguato sostegno alla Very High Readiness Joint Task Force (VHRJTF), appartenente al basket JRRFs, nella considerazione che l'Italia sarà, nel 2025, Nazione guida del citato assetto. In tale contesto, già nel 2024 si svilupperà la fase di preparazione nazionale (cd. fase di "STAND-UP"); nel 2025 la fase di rischieramento e condotta delle attività (cd. fase di "STAND-BY') e nel 2026 la fase di mantenimento (cd. fase di "STAND/DOWN").

 


Articolo 129
(Profughi afghani: incremento del Fondo nazionale
per le politiche e i servizi dell'asilo)

 

 

L’articolo 129 incrementa la dotazione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo di circa 30 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2022-2024, onde assicurare l’attivazione di ulteriori 2.000 posti nel Sistema di accoglienza e integrazione (SAI) per l'accoglienza di richiedenti asilo in conseguenza della crisi politica in corso in Afghanistan.

 

L'incremento della dotazione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo è strumentale all’attivazione di 2.000 posti aggiuntivi nel Sistema di accoglienza e integrazione (SAI).

Questi posti aggiuntivi sono destinati all'accoglienza di un afflusso di "richiedenti asilo", accresciutosi in conseguenza della crisi politica in Afghanistan.

L'incremento della dotazione del Fondo nazionale per le politiche e per i servizi dell’asilo è previsto valere per il triennio 2022-2024.

In particolare, l'incremento ammonta a 29,981 milioni per ciascun anno del triennio.

Esso si aggiunge a quello disposto dall'articolo 7 del decreto-legge n. 139 del 2021 per il triennio 2021-2023 (ossia: 11,35 milioni per il 2021; 44,97 milioni sia per il 2022 sia per il 2023), strumentale all'attivazione di 3.000 posti aggiuntivi nel Sistema di accoglienza e integrazione, destinati all'accoglienza di un afflusso di accresciutosi in conseguenza della crisi politica in Afghanistan.

 

Il sistema dell'accoglienza territoriale dei migranti che segue al soccorso ed alla prima accoglienza - dapprima denominato SPRAR (Sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati), ai sensi del decreto-legislativo n. 142 del 2015 (adottato in attuazione delle direttive europee 2013/32/UE e 2013/33/UE); indi ridenominato SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati), per effetto del decreto-legge n. 113 del 2018 - è oggi costituito dal SAI (Sistema di accoglienza e integrazione), a seguito del decreto-legge n. 130 del 2020 (si cfr. articolo 4, comma 3, lettera a), e comma 4).

Questi mutamenti di denominazione sono correlati ad alcune modificazioni 'sostanziali' della disciplina della c.d. seconda accoglienza. Così, il decreto-legge n. 113 del 2018 modificava la tipologia di beneficiari e le modalità di accesso, riservando i servizi di accoglienza degli enti locali ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati (tutti i minori, indipendentemente dallo status di richiedente protezione internazionale), escludendo invece dalla possibilità di usufruire dei relativi servizi i richiedenti la protezione internazionale. Di contro, il decreto-legge n. 130 del 2020 ha reintrodotto la possibilità di accoglienza nel SAI ai richiedenti la protezione internazionale ed ampliato l'accesso, nei limiti dei posti disponibili, ai titolari di specifiche categorie di permessi di soggiorno previste dal decreto legislativo n. 286 del 1998 Testo unico dell'immigrazione (permesso di soggiorno "per protezione speciale"; "per cure mediche"; "per protezione sociale"; "violenza domestica"; "per calamità"; "di particolare sfruttamento lavorativo"; "per atti di particolare valore civile": per casi speciali) i quali non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati, nonché ai neo-maggiorenni affidati ai servizi sociali in prosieguo amministrativo.

Inoltre il decreto-legge n. 130 del 2020 ha diversificato i servizi, ora articolati in due livelli di prestazioni: il primo livello dedicato ai richiedenti protezione internazionale (con prestazioni di accoglienza materiale, assistenza sanitaria, assistenza sociale e psicologica, mediazione linguistico-culturale, somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio); il secondo livello rivolto a coloro che della protezione internazionale siano già titolari (con servizi aggiuntivi finalizzati all'integrazione, comprensivi dell'orientamento al lavoro e della formazione professionale).

Ai sensi della normativa vigente i progetti di accoglienza integrata vengono finanziati annualmente dal Ministro dell'interno, con l'indicazione del costo massimo di progetto sulla base del costo medio dei progetti della rete, relativo alla specifica tipologia di accoglienza. Il sostegno finanziario è assicurato dalle risorse iscritte al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo (FNPSA), istituito dalla legge n. 189 del 2002 modificativa del decreto legge n. 416 del 1989, nel quale confluiscono sia risorse nazionali, provenienti dallo stato di previsione del Ministero dell'interno sia assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati.

 

Il costo complessivo dei 2.000 posti è calcolato, si legge nella relazione tecnica, sulla base di una spesa giornaliera pro-capite di 41,07 euro.

Siffatte aggiuntive risorse affluiscono al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, presso il Ministero dell'interno.

Tale Fondo infatti - istituito dalla legge n. 189 del 2002, modificativa per questo riguardo degli articoli 1-sexies ed 1-septies del decreto-legge n. 416 del 1989, così istituzionalizzando il sistema territoriale di accoglienza 'diffuso' con il coinvolgimento degli enti territoriali - finanzia (avvalendosi sia di risorse nazionali sia di assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati) i progetti di accoglienza integrata, elaborati dagli enti locali (per le modalità di accesso ai finanziamenti, cfr. il decreto del Ministro dell'interno del 18 novembre 2019).

La dotazione finanziaria complessiva del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, era pari in corso d'anno a: 543,54 milioni per il 2021; 552,47 milioni per il 2022; 552,47 milioni per il 2023; 504,26 milioni per il 2024[71].

È su tale postazione che si sono aggiunti gli incrementi (per il triennio 2021-2023) previsti dall'articolo 7 del decreto-legge n. 139 del 2021.

Si aggiunge ora l'ulteriore incremento disposto, per il triennio 2022-2024, dalla disposizione in esame.

 

Il disegno di legge di bilancio in esame attribuisce al capitolo 2352 del Ministero dell'interno, su cui è allocato il Fondo, uno stanziamento di competenza pari a circa 662,5 milioni per il 2022, 647,5 milioni per il 2023, 589,2 milioni per il 2024.

La tabella relativa allo stato di previsione del medesimo Ministero chiarisce peraltro, con apposita nota, che tale stanziamento comprende alcuni incrementi (di 80 milioni per l’anno 2022, di 65 milioni per l’anno 2023 e di 55 milioni per l’anno 2024) per l’adeguamento alle effettive esigenze (con corrispondente riduzione parziale di altro capitolo del medesimo stato di previsione).

 


Articolo 130
(Partecipazione italiana al programma ASI-ARTEMIS)

 

 

L’articolo 130 istituisce nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del consiglio dei ministri, un fondo con una dotazione di 80 milioni di euro per l'anno 2022, 30 milioni di curo per l'anno 2023 e 20 milioni di curo per l'anno 2024, al fine di garantire la partecipazione italiana al programma spaziale ARTEMIS.

 

La relazione illustrativa informa che il programma ARTEMIS è un programma di volo spaziale con equipaggio in corso portato avanti principalmente dalla NASA, dalle aziende di voli spaziali commerciali statunitensi e da partner internazionali come l'Agenzia spaziale Europea (ESA), l'Agenzia spaziale giapponese (JAXA) e l'Agenzia spaziale canadese (CSA), con l'obiettivo di far sbarcare "la prima donna e il prossimo uomo" sulla Luna, in particolare nella regione del polo sud lunare, entro il 2024. ARTEMIS è il Programma finalizzato a stabilire una presenza stabile e autosufficiente sulla Luna, gettare le basi per le società private per costruire un'economia lunare e infine a rendere possibile lo sbarco degli umani su Marte. L'Italia parteciperà al Programma, in collaborazione con la NASA e l'ESA, costruendo i moduli pressurizzati e altre importanti componenti strategiche.

 

 

 

 


Titolo X - Misure in materia di infrastrutture e mobilità sostenibili, transizione ecologica, energia e sisma

Articolo 131
(Istituzione del Fondo per la strategia di mobilità sostenibile per la lotta al cambiamento climatico e la riduzione delle emissioni)

 

 

L’articolo 131 è finalizzato a prevedere interventi necessari per la lotta al cambiamento climatico e la riduzione delle emissioni per l'attuazione della strategia europea "Fit for 55".

A tal fine, si prevede l'istituzione nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di un apposito Fondo denominato "Fondo per la strategia di mobilità sostenibile", con una dotazione complessiva di 2.000 milioni di euro di cui di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026, 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2027 e 2028, 200 milioni di euro per l'anno 2029, 300 milioni di euro per l'anno 2030 e 250 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2031 al 2034.

 

 

A tale riguardo si ricorda che il 14 luglio scorso la Commissione europea ha adottato il pacchetto climatico “Fit for 55”, che include le proposte legislative per raggiungere entro il 2030 gli obbiettivi del Green Deal. In particolare, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 55% rispetto ai livelli del 1990, con l’obbiettivo di arrivare alla “carbon neutrality” per il 2050.

 

Come evidenziato anche nella relazione illustrativa, per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal pacchetto di misure presentato dalla Commissione europea`Fit for 55' risulta, necessario procedere al rinnovo integrale del parco autobus con mezzi elettrici o ad idrogeno per i centri urbani, a metano per gli extraurbani, al completamento delle ciclovie previste dal Piano nazionale delle ciclovie, al fine di favorire lo shift modale in ambito urbano, alla sostituzione dei mezzi diesel per autotrasporto con mezzi a idrogeno o, almeno per un primo periodo transitorio, a metano nonché assicurare lo sviluppo del trasporto merci intermodale al fine di accrescere la quota del trasporto su ferro, attraverso interventi infrastrutturali e sul materiale rotabile e le attrezzature di tutta la filiera

 

L'articolo in esame, inoltre, prevede che con decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti i criteri di riparto del Fondo e l'entità delle risorse destinate tra l'altro al rinnovo del parco autobus del trasporto pubblico locale, all'acquisto di treni ad idrogeno sulle linee ferroviarie non elettrificate, alla realizzazione di ciclovie urbane e turistiche, allo sviluppo del trasporto merci intermodale su ferro, all'adozione di carburanti alternativi per l'alimentazione di navi ed aerei e al rinnovo dei mezzi adibiti all'autotrasporto.

 

Viene infine previsto che con uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuati, nei limiti delle risorse assegnate ad ogni singolo settore, gli interventi ammissibili a finanziamento e il relativo soggetto attuatore con indicazione dei codici unici di progetto, le modalità di monitoraggio, il cronoprogramma procedurale con i relativi obiettivi nonché le modalità di revoca in caso di mancata alimentazione dei sistemi di monitoraggio o di mancato rispetto dei termini previsti dal cronoprogramma procedurale.

La disposizione al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi previsti dal pacchetto della Commissione `Fit for 55' che rappresenta la prima proposta normativa europea sul clima e che si pone l'obiettivo di ridurre le emissioni nette di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, per rendere l'Europa il primo continente a emissioni zero entro il 2050, istituisce, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili un apposito Fondo denominato "Fondo per la strategia di mobilità sostenibile ", con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026, 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2027 e 2028, 200 milioni di euro per l'anno 2029, 300 milioni di euro per l'anno 2030 e 250 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2031 al 2034 .

Il pacchetto si compone di una serie di proposte interconnesse, orientate a garantire una transizione equa, competitiva e verde. Queste consistono nel rafforzamento delle misure esistenti e nell'adozione di nuove iniziative in una serie di settori strategici: clima, energia e combustibili, trasporti, edilizia, uso del suolo e silvicoltura.

Per quanto riguarda il settore dei trasporti, in particolare, il regolamento sull'infrastruttura per i combustibili alternativi assicurerà che siano realizzate in tutta l'Unione le infrastrutture indispensabili per la ricarica e il rifornimento di veicoli più puliti, all'insegna dell'interoperabilità e della facilità d'uso e garantendo l'inclusione delle zone rurali e remote. Gli Stati membri dovranno dotare aree urbane e suburbane, autostrade principali e altri snodi della rete TEN-T di adeguate infrastrutture per ricarica elettrica, CNG, LNG e idrogeno con obiettivi di installazione crescenti al 2025 e 2030 (es. ricarica elettrica ogni 60 km e rifornimento idrogeno ogni 150 km per le autostrade). Inoltre, la revisione dei livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 di autovetture e furgoni nuovi punta a ridurre ulteriormente le emissioni di gas a effetto serra di questo tipo di veicoli. In particolare, tutte le nuove auto e furgoni dovranno essere a emissioni zero entro il 2035, con target intermedio di emissioni CO2 ridotte del 55% entro il 2030 rispetto ai valori 2021. L'istituzione del fondo per la mobilità sostenibile consentirà azioni più rapide ed efficaci per consentire il raggiungimento di questi target, contrastando nello stesso tempo gli impatti sociali e con finalità redistributive.

- Rinnovo del parco autobus

Per raggiungere i target previsti dal Regolamento (riduzione del 55% rispetto ai livelli del 1990 delle emissioni di gas serra entro il 2030) è necessario sostituire gli autobus diesel con autobus elettrici/idrogeno per i centri urbani, a metano per gli extraurbani (almeno per un primo periodo transitorio).

- Ciclovie

Vanno completate le ciclovie previste dal Piano nazionale delle ciclovie ed estesa la rete dei biciplan urbani. Questo favorirà lo shift modale in ambito urbano, per percorsi compatibili con questa modalità.

- Rinnovo mezzi autotrasporto

Per raggiungere i target previsti dal Regolamento (riduzione del 55% rispetto ai livelli del 1990 delle emissioni di gas serra entro il 2030) è necessario sostituire i mezzi diesel per autotrasporto con mezzi a idrogeno o, almeno per un primo periodo transitorio, a metano.

- Sviluppo del trasporto merci intermodale

Per ridurre le emissioni, è necessario assicurare lo sviluppo del trasporto merci intermodale perseguendo l'obiettivo di accrescere significativamente la quota del trasporto su ferro, attraverso interventi infrastrutturali e sul materiale rotabile e le attrezzature di tutta la filiera.

 

 

 

 


Articolo 132
(Metropolitane nelle grandi aree urbane)

 

 

L’art. 132 stanzia fondi per la progettazione e l’acquisto o il rinnovo del materiale rotabile per il trasporto rapido massa nelle città di Genova, Milano, Napoli, Roma e Torino.

 

 

La disposizione in commento – con la finalità di promuovere la sostenibilità della mobilità urbana, anche mediante l’estensione della rete metropolitana e del trasporto rapido di massa, delle città di Genova, Milano, Napoli, Roma e Torino – autorizza sull’arco dei prossimi 15 anni spese così ripartite:

-         50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023;

-         100 milioni di euro per l’anno 2024;

-         200 milioni di euro per il 2025;

-         250 milioni di euro per l’anno 2026;

-         300 milioni di euro per l’anno 2027;

-         350 milioni di euro per l’anno 2028;

-         300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2029 al 2036.

 

Spetta al Ministro IMS, di concerto con il Ministro EF, emanare un decreto entro il 28 febbraio 2022 per definire le modalità di assegnazione delle risorse da destinare, in via prioritaria, alla predisposizione ovvero al completamento dell’attività di progettazione, e sono individuati gli interventi e il soggetto attuatore, con indicazione dei codici unici di progetto, le modalità di monitoraggio, il cronoprogramma procedurale con i relativi obiettivi, determinati in coerenza con gli stanziamenti di cui al presente comma, nonché le modalità di revoca in caso di mancata alimentazione dei sistemi di monitoraggio o di mancato rispetto dei termini previsti dal cronoprogramma procedurale. Le informazioni necessarie per l'attuazione degli interventi di cui al presente comma sono rilevate attraverso il sistema di monitoraggio di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, e i sistemi collegati.

 

Al riguardo, si ricorda che nel PNRR – nella Missione 2, componente 2 – prevede prestiti all’Italia per 3 miliardi e 600 milioni fino al 2026 per lo sviluppo del trasporto rapido di massa, vale a dire per metropolitane, tram e autobus.

 

All’atto di approvare il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 121 del 2021 (oggi legge n. 156 del 2021), l’Assemblea della Camera ha preso atto dell’accettazione – con riformulazione - da parte del Governo dell’ordine del giorno 9/3278-AR/94 che impegnava il Governo a valutare lo stanziamento di adeguate risorse per lo sviluppo del trasporto rapido di massa.


Articolo 133
(Alta velocità e alta capacità della linea ferroviaria Adriatica)

 

 

L’art, 133 stanzia fondi per la RFI finalizzata a rendere la ferrovia adriatica idonea all’alta velocità e all’alta capacità.

 

La disposizione in commento – con la finalità di promuovere il trasporto con caratteristiche di A/V e A/C sulla linea ferroviaria adriatica e del relativo inserimento nella rete core Ten-T – autorizza sull’arco dei prossimi 14 anni (quindi oltre l’orizzonte del PNRR) spese per 5 miliardi, così ripartite:

-         50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023;

-         150 milioni di euro per l’anno 2024,

-         200 milioni di euro per il 2025;

-         250 milioni di euro per gli anni 2026 e 2027;

-         400 milioni di euro per gli anni dal 2028 al 2030;

-         450 milioni di euro per l’anno 2031;

-         650 milioni dal 2032 al 2034;

-          450 milioni di euro per il 2035.

 

Data l’assegnazione diretta a RFI, la disposizione precisa che le risorse sono immediatamente disponibili, ai fini dell'assunzione di impegni giuridicamente vincolanti, alla data di entrata in vigore della legge di bilancio

 

Al riguardo, si ricorda che la rete TEN T (Trans European Network Transport) è un complesso infrastrutturale volto a collegare su direttrici sia verticali (per esempio, dalla Finlandia a Malta) sia orizzontali (per esempio, dal Portogallo alla Polonia) le diverse parti dell’UE (si vedano qui le informazioni offerte da RFI). 

 

Lo stanziamento s’inserisce nel solco delle iniziative per il superamento dei divari infrastrutturali territoriali e nel contesto dell’efficienza anche energetica dei trasporti e dell’abbattimento delle emissioni. V. al riguardo il tema sulla mobilità sostenibile.


Articolo 134
(Contratto di programma RFI)

 

 

L’art. 134 finanzia il contratto di programma tra MIMS e RFI

 

 

La disposizione in commento – con la finalità di rendere disponibili risorse finanziarie per l’esecuzione delle opere e dei servizi inseriti nel periodico contratto di programma tra MIMS e RFI, – autorizza sull’arco dei prossimi 15 anni spese così ripartite.

 

-         Parte investimenti 2022-2026:

o   250 milioni di euro l’anno 2025;

o   300 milioni per il 2026;

o   500 milioni per ciascuno degli anni dal 2027 al 2032;

o   550 milioni per ciascuno degli anni dal 2023 al 2036;

 

-         Parte servizi 2022-2027:

o   500 milioni di euro per l’anno 2022;

o   1 miliardo di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026;

o   600 milioni per il 2027.

 

Si ricorda che la Missione 3 – componente 1 del PNRR prevede la riforma del procedimento di approvazione del contratto di programma, nel senso di accelerarne i tempi. Sul punto è intervenuto l’art. 5 del decreto-legge n. 152 del 2021, in corso di conversione. Per ragguagli sulla problematica si rinvia al relativo dossier.


Articolo 135
(Contratto di programma Anas)

 

 

L’articolo 135 autorizza la spesa complessiva di 4,55 miliardi di euro per il finanziamento del contratto di programma ANAS 2021-2025.

 

In particolare la disposizione autorizza la spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, di 250 milioni di euro per l'anno 2025, di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2026 al 2028, e di 400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2029 al 2036.

A tale riguardo è utile ricordare che il contratto di Programma è lo strumento che assegna risorse pubbliche ad ANAS per la realizzazione degli interventi infrastrutturali

Il contratto di programma 2016-2020, approvato dal CIPE nella seduta del 7 agosto 2017, ha introdotto rilevanti elementi di novità tra cui, si segnala, la previsione di un orizzonte pluriennale (da diversi esercizi il contratto, infatti, si era limitato alla previsione finanziaria di un solo anno). Questa novità ha consentito una maggiore efficacia nella pianificazione rispetto al passato.

Nella seduta del 24 luglio 2019 il CIPE ha approvato l’aggiornamento del Contratto di programma 2016-2020 tra l'allora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ANAS relativo al 2018-2019, che include tra l’altro un piano per la manutenzione straordinaria dei ponti, dei viadotti e delle gallerie e un piano per Cortina legato agli eventi dei Mondiali del 2021 e delle Olimpiadi del 2026.

Il contratto di programma rimodulato ha consentito di passare da 23,4 miliardi a un totale di 29,9 miliardi di investimenti così suddivisi: 

-       15,9 miliardi, pari al 53% del complessivo, per la manutenzione programmata, adeguamento e messa in sicurezza;

-       14 miliardi, pari al 47%, destinati a nuove opere e completamenti di itinerari.

Nell’ambito del piano complessivo degli investimenti:

-   il 52% interessa le regioni del Sud Italia e le Isole per un totale di circa 15,7 miliardi;

-   il 24%, pari a circa 7 miliardi, riguarda le regioni del Centro;

-   il 19%, pari a circa 5,7 miliardi, riguarda le regioni del Nord.

Il restante 5% comprende investimenti per danni ed emergenze, fondo progettazione e investimenti in tecnologie stradali, applicazioni tecnologiche e manutenzione straordinaria delle case cantoniere.

 

 


Articolo 136
(Incremento del Fondo per la revisione dei prezzi
dei materiali nei contratti pubblici)

 

 

L’articolo 136 reca modifiche all’art. 1-septies del D.L. 73/2021 (cd. decreto Sostegni-bis) volte ad incrementare il Fondo per la revisione dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici. Il comma 1, lettera a), estende agli aumenti eccezionali dei prezzi verificatisi in tutto il 2021 (e non solo nel primo semestre dello stesso, come previsto dal testo vigente) la rilevazione da effettuare con decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e prevede che la suddetta rilevazione avvenga con due distinti decreti ministeriali da adottarsi entro il 31 ottobre 2021 e il 31 marzo 2022, con riferimento alle variazioni percentuali verificatesi rispettivamente nel primo e nel secondo semestre dell’anno 2021. Il comma 1, lettera b), estende al 31 dicembre 2021 l’ambito temporale di applicazione delle compensazioni. Il comma 1, lettera c), apporta una modifica di coordinamento conseguenziale alla modifica recata dal comma 1, lettera a). Il comma 2, infine, con apposita autorizzazione di spesa incrementa il Fondo per l'adeguamento dei prezzi di 100 milioni di euro per il 2022.

 

L’articolo 136 reca alcune modifiche all’art. 1-septies del D.L. 73/2021 (cd. decreto Sostegni-bis) volte ad incrementare il Fondo per la revisione dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici.

L’art. 1-septies del D.L. 73/2021 reca disposizioni, applicabili per i contratti in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto, volte a fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi di alcuni materiali da costruzione verificatisi nel primo semestre del 2021. Il comma 1 rinvia ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili l'individuazione, entro il 31 ottobre 2021, dei materiali da costruzione più significativi che abbiano registrato, nel primo semestre del 2021, un aumento o una diminuzione dei prezzi superiore all'8 per cento. Il comma 2 stabilisce che le eventuali variazioni di prezzi, in aumento o in diminuzione, dei materiali individuati nel suddetto decreto ministeriale, diano luogo alle relative compensazioni, anche in deroga a quanto previsto dal codice dei contratti pubblici. Il comma 3 precisa che la compensazione viene determinata con riguardo ai singoli materiali che siano stati utilizzati nelle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori nel primo semestre del 2021 e si applica per gli aumenti dei materiali, individuati nel decreto ministeriale di cui al comma 1, eccedenti l'8 per cento, qualora riferita a lavorazioni effettuate esclusivamente nell'anno 2021, ed eccedenti il 10 per cento complessivo, qualora riferita a più anni. La variazione è calcolata prendendo come riferimento la data dell'offerta. Il comma 4 stabilisce che le richieste di compensazione per le variazioni in aumento debbano essere presentate dall'appaltatore alla stazione appaltante entro quindici giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di cui al comma 1. Per quanto concerne, invece, le variazioni in diminuzione, la stazione appaltante procede d'ufficio con l'avvio dell'accertamento e del relativo recupero a cura del responsabile del procedimento. Il comma 5 precisa che per tutte le lavorazioni eseguite e contabilizzate negli anni precedenti il 2021 si dovrà prendere a riferimento la normativa relativa alle variazioni dei prezzi recata dai precedenti decreti ministeriali adottati ai sensi dell'art. 133, comma 6, del D. Lgs. 163/2006 (vecchio Codice degli appalti) e dell'art. 216, comma 27-ter, del D. Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici). Il comma 6 stabilisce che le stazioni appaltanti provvedono alle compensazioni nei limiti del 50 per cento delle risorse appositamente accantonate per gli imprevisti nel quadro economico di ogni intervento. Le stazioni appaltanti possono altresì utilizzare le somme derivanti da ribassi d'asta, e le somme disponibili relative ad altri interventi già ultimati e per i quali siano già stati effettuati i relativi collaudi ed emanati i certificati di regolare esecuzione.

Il comma 7 prevede che, qualora le stazioni appaltanti non abbiano sufficienti risorse, tra quelle individuate dal comma 6, per procedere con il saldo delle compensazioni, possano reperire le relative risorse finanziarie presso un apposito Fondo per l'adeguamento dei prezzi istituito dal successivo comma 8, con una dotazione, per l'anno 2021, di 100 milioni di euro. Il medesimo comma 8 rinvia ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili l'individuazione delle modalità di utilizzo del suddetto Fondo in modo da garantire la parità di accesso per le piccole, medie e grandi imprese di costruzione, nonché la proporzionalità, per gli aventi diritto, nell'assegnazione delle risorse.

In attuazione del comma 8, è stato adottato il D.M. 30 settembre 2021, il quale, in estrema sintesi: ripartisce in parti sostanzialmente uguali le risorse tra le categorie di imprese (34 milioni di euro alle piccole imprese, 33 milioni di euro alle medie imprese e 33 milioni di euro alle grandi imprese); prevede che ciascuna impresa concorre alla distribuzione delle risorse assegnate esclusivamente in ragione della propria qualificazione ai sensi della parte II, titolo III, del D.P.R. n. 207/2010, a prescindere dall'importo del contratto aggiudicato; stabilisce che, entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto ministeriale individuante la variazione dei prezzi (che non risulta ancora adottato), le stazioni appaltanti producano richiesta di accesso al Fondo, la quale deve riportare tutte le istanze di compensazione trasmesse dalle imprese, qualora ritenute ammissibili ai sensi del suddetto decreto ministeriale.

 

Nel dettaglio, il comma 1, lettera a), dell’articolo in esame modifica il comma 1 del citato art. 1-septies al fine di:

§  estendere agli aumenti eccezionali dei prezzi verificatisi in tutto il 2021 (e non solo nel primo semestre, come invece previsto nel testo vigente) la rilevazione da effettuare con decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;

Si osserva che la norma in esame tiene ferma la previsione vigente secondo cui essa si applica ai contratti pubblici in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 73/2021, escludendo pertanto dall’ambito di applicazione i contratti la cui esecuzione abbia avuto inizio sempre nel 2021 ma successivamente a tale data (ossia successivamente al 25 luglio 2021).

§  prevedere che la suddetta rilevazione avvenga con due distinti decreti ministeriali da adottarsi entro il 31 ottobre 2021 e il 31 marzo 2022, con riferimento alle variazioni percentuali verificatesi rispettivamente nel primo e nel secondo semestre dell’anno 2021.

 

Il comma 1, lettera b), modifica il comma 3 del citato art. 1-septies al fine di estendere al 31 dicembre 2021 (rispetto al 30 giugno 2021, previsto dal testo vigente) l’ambito temporale entro cui devono essere state eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori le lavorazioni cui si applica la compensazione.

 

Il comma 1, lettera c), apporta al comma 4, primo periodo, del citato art. 1-septies una modifica di coordinamento conseguenziale alla modifica recata dal comma 1, lettera a), al fine di prevedere che il termine di quindici giorni per la presentazione da parte dell’appaltatore dell’istanza di compensazione decorre dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale di ciascuno dei due decreti ministeriali previsti dal comma 1 della norma in esame.

 

Il comma 2 reca, infine, l’autorizzazione di spesa di 100 milioni di euro per il 2022 per le finalità di cui al comma 1, con conseguente incremento del Fondo di cui al comma 8 del citato art. 1-septies per un pari importo per l’anno 2022.


Articolo 137
(Disposizioni urgenti in materia di infrastrutture stradali)

 

 

L’articolo 137 autorizza la spesa complessiva di 200 milioni di euro, articolati in 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, a titolo di contributo pubblico per assicurare l'equilibrio del piano economico-finanziario della concessione rilasciata alla società Autostrada tirrenica Spa, fino alla sua scadenza.

 

 

In particolare, il comma 1 autorizza la suddetta spesa complessiva di 200 milioni di euro anche in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 35 del decreto-legge n. 162 del 2019 sul cui contenuto si dirà diffusamente di seguito.

Per quanto attiene alla citata concessione rilasciata alla società Autostrada tirrenica Spa, è utile ricordare come, a seguito di ricorso promosso dalla Commissione Europea che aveva contestato l'illegittimità della proroga della concessione sino al 31 dicembre 2046 - riconosciuta a SAT con Convenzione Unica sottoscritta in data 11 marzo 2009 - la Corte di Giustizia ha emesso la sentenza pubblicata in data 18 settembre 2019 con la quale, in estrema sintesi, ha riconosciuto:

 

·                l'illegittimità della proroga con riguardo alla concessione della tratta Livorno-Cecina (già realizzata all'epoca della sottoscrizione della Convenzione Unica), la cui scadenza deve essere pertanto riportata al precedente termine del 31 ottobre 2028;

§    la legittimità della proroga della concessione al 2046 relativamente alle tratte Cecina - Grosseto e Grosseto - Civitavecchia dell'autostrada Al2 (tratte ancora da realizzare all'epoca della sottoscrizione della Convenzione Unica).

 

Al fine di dare attuazione alla sopra menzionata pronuncia della Corte di giustizia, l'articolo 35 del decreto-legge n. 162 del 2019, aveva previsto:

 

- che fino al 31 ottobre 2028, la Società Autostrada tirrenica Spa, in forza della convenzione unica stipulata in data 11 marzo 2009, provvede esclusivamente alla gestione delle sole tratte autostradali relative al collegamento autostradale Al2 Livorno-Grosseto-Civitavecchia, aperte al traffico alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto;

- la revisione del rapporto concessorio tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Società Autostrada tirrenica Spa, tenendo conto delle vigenti disposizioni in materia di contratti pubblici;

- l'assegnazione alla società ANAS Spa, all'esito del procedimento di revisione della concessione, delle tratte diverse da quelle aperte al traffico alla data del 1° marzo 2020;

- la realizzazione da parte di ANAS Spa, all'esito del procedimento di revisione della concessione, dell'intervento viario Tarquinia-San Pietro in Palazzi, anche attraverso l'adeguamento della strada statale Aurelia, nei limiti delle risorse che si renderanno disponibili a tale fine nell'ambito del contratto di programma tra il Ministero delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili e la società ANAS Spa relativo al periodo 2021-­2025;

- la nomina, per la progettazione ed esecuzione dell'intervento viario Tarquinia-San Pietro in Palazzi, anche attraverso l'adeguamento della strada statale n. 1 - Aurelia„ a decorrere dalla data di sottoscrizione del contratto di programma relativo al periodo 2021-2025 e fino al completamento dei lavori, dell'amministratore delegato pro tempore della società ANAS Spa come commissario straordinario.

 

Nel corso di numerosi incontri tenutisi tra il MIMS e SAT, secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, sono state esaminate le possibili soluzioni per pervenire ad una modifica della Convenzione Unica vigente e ad un piano economico finanziario in equilibrio con scadenza al 31 ottobre 2028.

 La SAT ha quindi trasmesso al Concedente varie ipotesi di aggiornamento del piano economico finanziario che prevedono, tra le misure per riequilibrare detto piano, l'erogazione di un contributo da parte dello Stato, tenuto conto:

 

·                degli scarsi volumi di traffico che interessano le tratte autostradali che residuano nella gestione della SAT;

·                della necessità di mantenere un livello tariffario sostenibile per l'utenza (e che ancora oggi è applicato in misura ridotta nel tratto Civitavecchia -Tarquinia);

·                della necessità di prevedere un valore di subentro in linea con le indicazioni della Commissione UE, così da non costituire un deterrente all'ingresso di un nuovo concessionario nell'ambito di una futura procedura pubblica di affidamento.

 

 

Secondo quanto stabilito dal comma 2 la misura del contributo è determinata, nel predetto limite di 200 milioni di euro, previa verifica da parte del Ministero delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili del raggiungimento delle condizioni di equilibrio del Piano economico finanziario, da predisporre a cura della società concessionaria entro 30 giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

 

In base al comma 3, infine, l'erogazione del contributo è subordinata al perfezionamento della procedura di approvazione degli atti convenzionali nonché alla rinuncia da parte di Società Autostrada tirrenica Spa di tutti i giudizi pendenti nei confronti delle amministrazioni pubbliche relativi al rapporto concessorio.

 

 

 


Articolo 138
(Disposizioni urgenti in materia di
infrastrutture autostradali regionali)

 

 

L’articolo 138 autorizza la spesa complessiva di 200 milioni di euro, per il periodo 2022-2027, quale contributo massimo a favore della regione Emilia-Romagna per la realizzazione dell'autostrada regionale Cispadana. Sono altresì disciplinate le condizioni per l’erogazione del contributo.

 

 

Il comma 1 dell'articolo in esame autorizza la spesa complessiva di 200 milioni di euro quale contributo massimo a favore della regione Emilia-Romagna per la realizzazione dell'autostrada regionale Cispadana.

La spesa è ripartita nelle seguenti quote annuali:

§  10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023;

§  20 milioni di euro nell’anno 2024;

§  40 milioni di euro nell’anno 2025;

§  50 milioni di euro nell’anno 2026;

§  70 milioni di euro nell’anno 2027.

 

Il comma 2 disciplina le condizioni per l’erogazione del contributo, stabilendo che tale erogazione, da includere nel Piano economico finanziario della società concessionaria Autostrada Regionale Cispadana Spa, è subordinata al perfezionamento della procedura di approvazione dell’aggiornamento degli atti convenzionali, previa attestazione da parte di un primario istituto finanziario delle condizioni di bancabilità del progetto e di sostenibilità economico-finanziaria della concessione.

 

Nella risposta all’interrogazione 5/04722, resa nella seduta del 7 ottobre 2020, viene evidenziato che “l'articolo 5-bis del decreto legge n. 133 del 2014 ha previsto che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti possa subentrare alla Regione Emilia-Romagna nelle funzioni di concedente, e conseguentemente in tutti i rapporti attivi e passivi derivanti dalla concessione di costruzione e gestione dell'asse autostradale, previo parere del CIPE e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Il 25 maggio 2015 il Ministero ha chiesto al concessionario l'aggiornamento dello studio trasportistico e del relativo piano economico-finanziario, al fine di consentire una preliminare valutazione sull'attualità della sostenibilità finanziaria del progetto, valutazione propedeutica al subentro alla Regione Emilia-Romagna nelle funzioni di concedente della Cispadana. All'esito delle valutazioni effettuate è emerso che, a fronte del costo dell'investimento aggiornato, pari a circa 1.320 milioni di euro, per garantire la sostenibilità economico-finanziaria è indispensabile prevedere lo stanziamento di un ulteriore contributo pubblico a fondo perduto rispetto a quello già messo a disposizione dalla Regione Emilia-Romagna. È attualmente in corso il confronto con la Regione Emilia-Romagna, il concessionario Autostrada Regionale Cispadana S.p.A. e gli altri soggetti coinvolti nella realizzazione dell'infrastruttura, al fine di superare le sopra descritte criticità di natura finanziaria”.

Nell’ultimo rapporto “Infrastrutture strategiche e prioritarie - Programmazione e realizzazione - Dati al 31 dicembre 2020”, il costo dell’opera in questione al 31 dicembre 2020 viene quantificato in 1.308 milioni di euro, di cui 1.008 milioni disponibili e 300 milioni di fabbisogno.

Informazioni più dettagliate sull’iter sono fornite dalla relazione illustrativa[72].


Articolo 139
(Infrastrutture stradali sostenibili delle regioni,
delle province e delle città metropolitane)

 

 

L’articolo 139 autorizza la spesa complessiva di 3,35 miliardi di euro dal 2022 al 2036 per il finanziamento degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione straordinaria ed adeguamento funzionale e resilienza ai cambiamenti climatici della viabilità stradale di competenza di regioni, province e città metropolitane.

 

 

L’articolo 139 reca disposizioni per il finanziamento degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione straordinaria ed adeguamento funzionale e resilienza ai cambiamenti climatici della viabilità stradale, anche con riferimento a varianti di percorso, di competenza di regioni, province e città metropolitane.

 

Per tale finalità il comma 1 autorizza la spesa complessiva di 3,35 miliardi di euro ripartita nelle seguenti quote annuali:

§  100 milioni di euro per l’anno 2022;

§  150 milioni di euro per il 2023;

§  200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025;

§  300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2026 al 2030;

§  200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2031 al 2036.

 

Il comma 2 prevede l’emanazione, entro il 28 febbraio 2022, di un decreto ministeriale (adottato dal Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata) finalizzato alla definizione:

·      dei criteri e delle modalità per l'assegnazione delle risorse in questione, anche sulla base della consistenza della rete viaria e della vulnerabilità rispetto a fenomeni antropici, quali traffico ed incidentalità, e naturali, quali sisma e dissesto idrogeologico;

·      delle modalità di approvazione dei piani predisposti dalle regioni, province e città metropolitane, di monitoraggio degli interventi (ai sensi del D.Lgs. 229/2011, v. infra);

·      delle procedure di revoca delle risorse in caso di mancato rispetto del cronoprogramma procedurale o di mancata alimentazione dei sistemi di monitoraggio;

·      dei criteri generali per adeguare la progettazione e l’esecuzione di tali opere ai principi ambientali comunitari.

 

La relazione illustrativa sottolinea che l’articolo in esame fornisce “a regioni, province e città metropolitane gli strumenti per adeguare gli standard di servizio e aumentare la resilienza di tale sistema trasportistico, permettendo ai soggetti responsabili di manutenere le infrastrutture in gestione, ivi comprese le opere d'arte serventi, e realizzare i necessari adeguamenti funzionali, anche con brevi tratti in variante, per adeguare l'offerta trasportistica alle esigenze dei territori. La rete viaria secondaria, gestita da regioni, province e città metropolitane, soddisfa tipicamente la domanda di mobilità e trasporto a medio e breve raggio, ed unisce i centri principali, generalmente i capoluoghi di provincia, con le rimanenti aree abitate, siano esse ad alta densità abitativa e produttiva, o piuttosto aree rurali; per una serie di ragioni storiche, inquadrabili come normative e di competenze tecniche ed amministrative, le problematiche più serie, in termini di stato manutentivo e sicurezza dell'esercizio, riguardano la rete extraurbana ordinaria e, specificamente, quella porzione in carico agli enti locali, tipicamente le Province. Lo sviluppo chilometrico della rete, inoltre, è fortemente sbilanciato verso quella di competenza degli enti locali, in modo particolare nelle aree interne e nel sud del paese. Tali interventi sono addizionali a quanto già stanziato nel Piano Nazionale Complementare per aumentare la coesione territoriale centri-aree interne, permettendo una migliore circolazione di persone e merci, ed inoltre aumentano la resilienza di tali aree in caso di eventi calamitosi”.

 

Il sistema di monitoraggio previsto dal D.Lgs. 229/2011

Il D.Lgs. 229/2011 delinea specifici obblighi informativi e di monitoraggio per le amministrazioni pubbliche e per tutti i soggetti, anche privati, che realizzano opere pubbliche. Il decreto opera anche un coordinamento con gli adempimenti previsti dal Codice dei contratti pubblici in merito alla trasmissione dei dati all’autorità di vigilanza.

Il monitoraggio ha tra l'altro ad oggetto "le informazioni anagrafiche, finanziarie, fisiche e procedurali relative alla pianificazione e programmazione delle opere e dei relativi interventi, nonché all'affidamento ed allo stato di attuazione di tali opere ed interventi, a partire dallo stanziamento iscritto in bilancio fino ai dati dei costi complessivi effettivamente sostenuti in relazione allo stato di avanzamento delle opere" (art. 1, co. 1, lett.a)).

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 26 febbraio 2013 sono stati definiti i dati relativi alle opere pubbliche costituenti il contenuto informativo minimo dei sistemi gestionali informatizzati che le Amministrazioni e i soggetti aggiudicatori devono detenere e comunicare alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP).

L'art. 5 del D.Lgs. 229/2011 specifica che tali informazioni, in relazione alla singola opera, devono comunque includere i seguenti dati: "data di avvio della realizzazione, localizzazione, scelta dell'offerente, soggetti correlati, quadro economico, spesa e varie fasi procedurali di attivazione della stessa, valori fisici di realizzazione previsti e realizzati, stato di avanzamento lavori, data di ultimazione delle opere, emissione del certificato di collaudo provvisorio e relativa approvazione da parte della Stazione appaltante, il codice unico di progetto e il codice identificativo di gara".

Si ricorda, inoltre, che l’art. 13 del D.L. 109/2018 ha istituito, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'archivio informatico nazionale delle opere pubbliche (AINOP) al fine (esplicitato nel comma 8) di garantire un costante monitoraggio dello stato e del grado di efficienza delle opere pubbliche, in particolare per i profili riguardanti la sicurezza, anche tramite le informazioni rivenienti dal Sistema di monitoraggio dinamico per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali previsto (in via sperimentale) dall’art. 14 del medesimo decreto.

In base a quanto stabilito dall’art. 13, comma 2, nell’AINOP sono indicati, per ogni opera pubblica, tra l’altro, i costi sostenuti e da sostenere, i finanziamenti disponibili, nonché lo stato dei lavori e il monitoraggio costante dell'opera.

Sulla base dei dati forniti, l'AINOP genera un codice identificativo della singola opera pubblica (IOP), che contraddistingue e identifica in maniera univoca l'opera medesima riportandone le caratteristiche essenziali e distintive quali la tipologia, la localizzazione, l'anno di messa in esercizio e l'inserimento dell'opera nell'infrastruttura. A ciascuna opera pubblica, identificata tramite il Codice IOP, sono riferiti tutti gli interventi di investimento pubblico, realizzativi, manutentivi, conclusi o meno, che insistono in tutto o in parte sull'opera stessa, tramite l'indicazione dei rispettivi Codici Unici di Progetto (CUP), di cui all'art. 11 della legge n. 3 del 2003.

L'art. 11 della legge n. 3 del 2003 prevede, per la funzionalità della rete di monitoraggio degli investimenti pubblici, che ogni nuovo progetto di investimento pubblico, nonché ogni progetto in corso di attuazione alla predetta data, sia dotato del CUP. Con la delibera CIPE 27 dicembre 2002, n. 143, sono state definite le modalità di attribuzione del Codice.

In tal modo l’AINOP, attraverso la relazione istituita fra Codice IOP e CUP, assicura l'interoperabilità con la BDAP.

 


Articolo 140
(Messa in sicurezza strade)

 

 

L’articolo 140  prevede l'assegnazione, per gli anni 2022 e 2023, di contributi ai comuni, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l'anno 2022 e 100 milioni di euro per l'anno 2023, per investimenti finalizzati alla manutenzione straordinaria delle strade comunali, dei marciapiedi e dell'arredo urbano purché si tratti di lavori che non siano già integralmente finanziati da altri soggetti e che siano aggiuntivi rispetto a quelli previsti nella seconda e terza annualità del bilancio di previsione 2021-2023.

 

In base a quanto previsto dai commi 1 e 2, i contributi in questione sono assegnati ai comuni con decreto del Ministero dell'interno, entro il 15 gennaio 2022, sulla base della popolazione residente al 31 dicembre 2019 post censimento. I contributi per l'anno 2023 sono assegnati ai comuni con il richiamato decreto del Ministero dell'interno in misura pari alla metà del contributo assegnato per l'anno 2022.

Secondo quanto contenuto nel comma 3, entro il 30 gennaio 2022, il Ministero dell'interno dovrà dare comunicazione a ciascun comune dell'importo del contributo ad esso spettante con il quale finanziare uno o più interventi di manutenzione straordinaria delle strade comunali, dei marciapiedi e dell'arredo urbano purché i lavori vengano avviati entro il 30 luglio 2022 per i contributi relativi all'anno 2022 ed entro i130 luglio 2023 per i contributi relativi all'anno 2023.

Per quanto concerne le modalità di erogazione, il comma 4 prevede che i contributi vengano erogati dal Ministero dell'interno ai comuni beneficiari per l'80 per cento - previa verifica dell'avvenuto inizio dell'esecuzione dei lavori attraverso il sistema di monitoraggio BDAP-MOP di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, classificando le opere sotto la voce «Contributo piccoli investimenti legge di bilancio 2022» - e per il restante 20 per cento previa trasmissione al Ministero dell'interno del certificato di collaudo o del certificato di regolare esecuzione rilasciato dal direttore dei lavori ai sensi dell'articolo 102 del codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. I relativi passaggi amministrativi sono altresì rilevati tramite il sistema di monitoraggio

 

Si prevede poi, al comma 5, che, con decreto del Ministero dell'interno, possa essere revocato, in tutto o in parte, il contributo, entro il 30 settembre 2022 per l'anno 2022 ed entro il 30 settembre 2023 per l'anno 2023, nel caso in cui il comune beneficiario non rispetti il predetto termine di inizio di esecuzione dei lavori o in caso di parziale utilizzo dello stesso.

Il controllo a campione (commi 6 e 7) sulle opere pubbliche oggetto del richiamato contributo è effettuato dal Ministero dell'interno, in collaborazione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Da ultimo il comma 8 prevede che i comuni rendano note la fonte di finanziamento, l'importo e la finalizzazione del contributo assegnato nel proprio sito internet, nella sezione "Amministrazione trasparente".

 


Articolo 141
(Rifinanziamento progettazione)

 

 

L’articolo 141 modifica ed integra la disciplina recata dai commi 51-58 dell’art. 1 della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020) in materia di contributi agli enti locali per spese di progettazione definitiva ed esecutiva relativa ad interventi di messa in sicurezza del territorio, al fine di elevare il limite delle risorse assegnabili per il biennio 2022-2023 (rispettivamente da 170 a 320 milioni di euro per il 2022 e da 200 a 350 milioni di euro per il 2023), stabilire per il biennio 2022-2023 che l’ordine di priorità nelle assegnazioni dei contributi preveda anche, e in prima battuta, le opere pubbliche nell’ambito del PNRR e prorogare i termini per le richieste di contributo e per la determinazione del contributo per l’anno 2022.

 

Il comma 1, lettera a), apporta una novella al comma 51 dell’art. 1 della L. 160/2019 (legge di bilancio per il 2020) al fine di rimodulare e incrementare l’importo dei contributi assegnabili agli enti locali per spesa di progettazione definitiva ed esecutiva, relativa ad interventi di messa in sicurezza del territorio.

In particolare, il limite dei contributi erogabili per il 2022 è elevato a 320 milioni di euro (dai 170 milioni previsti dalla norma vigente), quello per il 2023 è elevato a 350 milioni di euro (rispetto all’attuale limite di 200 milioni) mentre resta fissato a 200 milioni di euro il limite delle risorse assegnabili per ciascuno degli anni dal 2024 al 2031.

Si ricorda che i commi 51-58 dell’art. 1 della L. 160/2019 (legge di bilancio per il 2020) recano norme in materia di contributi agli enti locali per la progettazione definitiva ed esecutiva per la messa in sicurezza del territorio. Tale disciplina prevede, con la finalità di favorire gli investimenti, l'assegnazione agli enti locali di contributi destinati alla spesa di progettazione definitiva ed esecutiva per interventi di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, di messa in sicurezza ed efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio degli enti, nonché per investimenti di messa in sicurezza di strade. Per approfondimenti si rinvia alla scheda di lettura sui commi 51-58 del dossier sulla legge di bilancio 2020.

Il contributo agli enti locali per l’anno 2021 è stato assegnato con il decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, del 3 maggio 2021.

 

Il comma 1, lettera b), inserisce, dopo il comma 53 dell’art. 1 della l. 160/2019, i nuovi commi 53-bis e 53-ter.

Il nuovo comma 53-bis è volto a specificare che per il biennio 2022-2023 (ossia per gli anni in relazione ai quali il comma 1, lettera b), incrementa le risorse disponibili) l’ordine prioritario nelle assegnazioni dei contributi agli enti locali è il seguente:

§  opere pubbliche nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), approvato con Decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021 e notificato all’Italia dal Segretariato generale del Consiglio con nota del 14 luglio 2021;

§  messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico;

§  messa in sicurezza di strade, ponti e viadotti;

§  messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici, con precedenza per gli edifici scolastici, e di altre strutture di proprietà dell'ente.

Il vigente comma 53 dell’art. 1 della L. 160/2019 dispone attualmente che l'ammontare del contributo attribuito a ciascun ente locale è determinato entro il 28 febbraio dell'esercizio di riferimento del contributo, con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, tenendo conto del seguente ordine prioritario: a) messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico; b) messa in sicurezza di strade, ponti e viadotti; c) messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici, con precedenza per gli edifici scolastici, e di altre strutture di proprietà dell'ente.

La novella in esame rimodula pertanto l’ordine di priorità per il biennio 2022-2023 anteponendo alle priorità già previste dal citato comma 53 la priorità rappresentata dalle opere pubbliche del PNRR.

 

Il nuovo comma 53-ter dispone una proroga dei termini per le richieste di contributo e per la determinazione del contributo per l’anno 2022. In particolare, viene stabilito che per i contributi relativi all’anno 2022 il termine di cui al comma 52 (richieste di contributo) è il 15 marzo 2022 ed il termine di cui al comma 53 (determinazione dell’ammontare del contributo) è il 15 aprile 2022.

La relazione illustrativa evidenzia che con il comma 53-ter “sono adeguati i termini di presentazione della domanda ed erogazione dei contributi riferiti all'anno 2022 al fine di renderli coerenti con l'entrata in vigore del nuovo ordine prioritario di assegnazione di cui al comma 53-bis”.

Si ricorda che il comma 52 dell’art. 1 della L. 160/2019 stabilisce che gli enti locali comunicano le richieste di contributo al Ministero dell'interno, entro il termine perentorio del 15 gennaio dell'esercizio di riferimento del contributo. La richiesta deve contenere: a) le informazioni riferite al livello progettuale per il quale si chiede il contributo e il codice unico di progetto (CUP) valido dell'opera che si intende realizzare; b) le informazioni necessarie per permettere il monitoraggio complessivo degli interventi di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, di messa in sicurezza ed efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio degli enti nonché per investimenti di messa in sicurezza di strade. Ciascun ente può inviare un massimo di tre richieste di contributo per la stessa annualità e la progettazione deve riferirsi a un intervento compreso negli strumenti programmatori del medesimo ente o in altro strumento di programmazione.

Il comma 53 prevede che l'ammontare del contributo attribuito a ciascun ente locale è determinato entro il 28 febbraio dell'esercizio di riferimento del contributo, con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, tenendo conto delle priorità sopra menzionate. La medesima disposizione stabilisce che l'ente locale beneficiario del contributo in questione deve affidare la progettazione entro tre mesi dalla data di emanazione del decreto ministeriale che determina l'ammontare del contributo riconosciuto a ciascun ente. In caso contrario, il contributo è recuperato dal Ministero dell'interno secondo le modalità di cui ai commi 128 e 129 dell'art. 1 della L. 228/2012.

È previsto il monitoraggio delle attività di progettazione e dei relativi adempimenti, attraverso il sistema di monitoraggio delle opere pubbliche della banca dati delle pubbliche amministrazioni, classificato come "Sviluppo capacità progettuale dei comuni".

 

Il comma 1, lettera c), apporta, infine, una novella di coordinamento al comma 54 dell’art. 1 della L. 160/2019 al fine di fare riferimento alle priorità come ridefinite con i commi 53 e 53-bis.

Il vigente comma 54 dell’art. 1 della l. 160/2019 prevede che, ferme restando le priorità di cui alle lettere a), b) e c) del comma 53, qualora l'entità delle richieste pervenute superi l'ammontare delle risorse disponibili, l'attribuzione è effettuata a favore degli enti locali che presentano la maggiore incidenza del fondo di cassa al 31 dicembre dell'esercizio precedente rispetto al risultato di amministrazione risultante dal rendiconto della gestione del medesimo esercizio.

 

 


Articolo 142
(Fondo per la progettazione degli interventi di rimessa in efficienza delle opere idrauliche e di recupero e miglioramento della funzionalità idraulica dei reticoli idrografici)

 

 

L’articolo 142 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il Fondo per il finanziamento della progettazione degli interventi di rimessa in efficienza delle opere idrauliche e di recupero e miglioramento della funzionalità idraulica dei reticoli idrografici, con una dotazione di 5 milioni per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024, da trasferire al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Si demanda a un D.P.C.M., da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, di stabilire il funzionamento del Fondo e i criteri e le modalità di riparto tra le Regioni e le Province autonome, ivi inclusa la revoca in caso di mancato o parziale utilizzo delle risorse.

 

L’articolo 142 istituisce il Fondo per la progettazione degli interventi di rimessa in efficienza delle opere idrauliche e di recupero e miglioramento della funzionalità idraulica dei reticoli idrografici.

In particolare è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze tale Fondo per la progettazione, con una dotazione di 5 milioni per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024, da trasferire al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri per il finanziamento della progettazione degli interventi di rimessa in efficienza delle opere idrauliche e di recupero e miglioramento della funzionalità idraulica dei reticoli idrografici.

 Il funzionamento del Fondo e i criteri e le modalità di riparto tra le Regioni e le Province autonome - ivi inclusa la revoca in caso di mancato o parziale utilizzo delle risorse nei termini previsti - sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro della transizione ecologica, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Per l'adozione di tale D.P.C.M. si prevede il termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio.

 

Per gli interventi previsti, in materia di risorse idriche ed opere idrauliche e di miglioramento idraulico, si rinvia a quanto previsto, nell'ambito della Missione 2, dalla componente 2.4 inerente la tutela del territorio e della risorsa idrica; per maggiori dettagli sul testo del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano si rinvia al Dossier predisposto dai Servizi di documentazione del Senato e della Camera (in particolare, pag. 112  e ss.) nonché al sito Internet Italia domani

 

 


Articolo 143
(Completamento degli interventi di messa in sicurezza e gestione dei rifiuti pericolosi e radioattivi stoccati nel deposito ex Cemerad)

 

 

L’articolo 143, al fine di consentire il completamento degli interventi di messa in sicurezza e gestione dei rifiuti pericolosi e radioattivi siti nel deposito dell'area ex Cemerad nel territorio del comune di Statte, in provincia di Taranto, autorizza la spesa di 8,8 milioni di euro per l’anno 2022.

 

 

La relazione illustrativa sottolinea il “carattere emergenziale delle attività da porre in essere, nonché dei potenziali ed elevati rischi connessi con la natura dei beni custoditi” e che l’autorizzazione di spesa è “in favore del Commissario straordinario di cui al D.P.C.M. 19 novembre 2015”.

Si ricorda infatti che le attività in questione sono oggetto di commissariamento.

L’incarico di Commissario straordinario per l'attuazione dell'intervento di messa in sicurezza e gestione dei rifiuti pericolosi e radioattivi siti nel deposito ex Cemerad, nel territorio del comune di Statte (Taranto), è stato attribuito a Vera Corbelli con il D.P.C.M. 19 novembre 2015, a cui ha fatto seguito il D.P.C.M. 7 dicembre 2016, che ha prorogato la durata dell'incarico.

Successivamente l'art. 3-bis del D.L. 243/2016, convertito dalla legge 18/2017, ha previsto che le funzioni ed i poteri del Commissario sono prorogati fino al completamento delle suddette attività.

Informazioni sullo stato delle attività in questione sono contenute nella scheda sintetica “Messa in sicurezza e gestione dei rifiuti pericolosi e radioattivi siti nel deposito ex Cemerad – Statte (TA)” del novembre 2020, disponibile sul sito web del Commissario.

 


Articolo 144
(Rifinanziamento Aree interne)

 

 

L’articolo 144 incrementa di 20 milioni di euro per l’anno 2023 e di 30 milioni di euro per l’anno 2024, le risorse destinate alla Strategia nazionale per le aree interne, già stanziate nell’ambito del Fondo Nazionale Complementare alla programmazione del PNRR (comma 1).

I criteri di ripartizione di tali risorse aggiuntive restano gli stessi già previsti per il riparto delle risorse autorizzate dal Piano complementare; riguardo ai soggetti beneficiari, si prevede che si tenga conto anche delle nuove Aree interne, le quali, nell’ambito del ciclo di programmazione 2021-2027, saranno individuate entro il prossimo 28 settembre 2022 (comma 2).

 

Tali nuove risorse vanno ad integrare lo stanziamento di complessivi 300 milioni di euro già autorizzato dal Fondo Nazionale Complementare, di cui al D.L. n. 59/2021, in favore della Strategia Nazionale Aree interne, e destinato al finanziamento del programma per il miglioramento dell’accessibilità e della sicurezza delle strade, inclusa la manutenzione straordinaria anche rispetto a fenomeni di dissesto idrogeologico o a situazioni di limitazione della circolazione.

In virtù del rifinanziamento disposto dall’articolo in esame, il profilo temporale dello stanziamento per le aree interne autorizzato dal Fondo Complementare diventa il seguente:

§  20 milioni di euro per l’anno 2021;

§  50 milioni di euro per l’anno 2022;

§  50 milioni di euro per l’anno2023 (in luogo di 30 milioni);

§  80 milioni di euro per l’anno 2024 (in luogo di 50 milioni);

§  100 milioni di euro per l’anno2025;

§  50 milioni di euro per l’anno 2026.

 

Si rammenta che con il decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59 è stato istituito il Fondo Nazionale Complementare al PNRR, con una dotazione complessiva di 30,6 miliardi di euro per gli anni dal 2021 al 2026, destinato a finanziare specifiche azioni che integrano e completano il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Attraverso il Fondo Complementare è stato, pertanto, integrato, con risorse nazionali aggiuntive, il plafond di risorse disponibili per perseguire le priorità e gli obiettivi del PNRR. L’integrazione tra i due Piani è espressamente richiamata dal PNRR, che prevede, a tal fine, la messa in opera di strumenti attuativi comuni ed un sistema di monitoraggio unitario degli interventi, tramite il sistema informativo "ReGis" previsto dalla legge di bilancio 2021.

In particolare, l’articolo 1, comma 2, lettera c), n. 12) del D.L. n. 59/2021 introduce tra gli interventi del Piano complementare il finanziamento della Strategia Nazionale Aree interne, per il miglioramento dell’accessibilità e della sicurezza delle strade, inclusa la manutenzione straordinaria anche rispetto a fenomeni di dissesto idrogeologico o a situazioni di limitazione della circolazione, per 300 milioni di euro negli anni dal 2021 al 2026[73].

I commi 2-quinquies e 2-sexies dell’articolo 1 del D.L. n. 59/2021 precisano la destinazione delle risorse autorizzate, che vengono finalizzate al finanziamento di interventi di messa in sicurezza e manutenzione straordinaria della rete viaria delle medesime aree anche rispetto a fenomeni di dissesto idrogeologico o a situazioni di limitazione della circolazione. Riguardo alla ripartizione delle risorse, è previsto un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sulla base dei seguenti criteri: a) popolazione residente; b) estensione delle strade statali, provinciali, e comunali; c) rischi derivanti dalla classificazione sismica dei territori e dall'accelerazione sismica; d) situazioni di dissesto idrogeologico e relativa entità. Il comma 2-sexies precisa che i criteri di cui alle lettere a) e b), complessivamente considerati, sono da considerarsi prevalenti ai fini del riparto.

Il D.M. infrastrutture (che avrebbe dovuto essere adottato entro 45 giorni dall’entrata in vigore della legge 1 luglio 2021, n. 101, di conversione del D.L. n. 59), non risulta al momento ancora emanato. Sullo schema è stata raggiunta l’intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali il 28 settembre 2021 (cfr. al riguardo, il Comunicato stampa del Ministro per il Sud e la coesione sociale, il quale riporta che dei 300 milioni previsti, circa il 47% è destinato alle aree interne del Sud).

Lo stanziamento per le aree interne del Piano Complementare è integrativo – si rammenta - dell’investimento previsto nel PNRR per il rilancio e la valorizzazione delle Aree Interne (nell’ambito della Missione 5 “Inclusione e coesione, Componente 3 “Interventi speciali di coesione territoriale”). L’investimento considerato nel PNRR, pari a 825 milioni di euro per il periodo 2021-2026, è destinato a due specifiche linee di intervento:

§  potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sociali di comunità.

§  servizi sanitari di prossimità, destinati al consolidamento delle farmacie rurali convenzionate dei centri con meno di 3.000 abitanti.

Nel PNRR si sottolinea, tra l’altro, che il contributo del PNRR alla Strategia Nazionale per le Aree Interne è complementare a un’azione ancora più ampia e organica che, coinvolgendo le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), mobiliterà 2,1 miliardi di euro nei prossimi 5 anni.

 

Il comma 2 stabilisce che alla ripartizione delle risorse stanziate dall’articolo in esame si provvede secondo le medesime modalità e i medesimi criteri già definiti dall’articolo 1, comma 2-quinquies, del D.L. n. 59/2021, anche tenendo conto delle nuove Aree interne che saranno individuate nell’ambito del ciclo di programmazione 2021-2027 entro il 30 settembre 2022.

La disposizione citata prevede, ai fini della ripartizione delle risorse tra le aree Interne, un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili - di concerto con Ministro per il sud e la coesione territoriale e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali - sulla base dei seguenti criteri:

§  entità della popolazione residente;

§  estensione delle strade statali, provinciali, e comunali, qualora queste ultime rappresentino l'unica comunicazione esistente tra due o più comuni appartenenti all'area interna;

§  esistenza di rischi derivanti dalla classificazione sismica dei territori e dall'accelerazione sismica;

§  esistenza di situazioni di dissesto idrogeologico e relativa entità.

 

Riguardo alle nuove aree interne del ciclo di programmazione 2021-2027, nell’ultima Relazione annuale sulla strategia nazionale per le aree internehttps://www.camera.it/temiap/2021/05/17/OCD177-4956.pdf del Dipartimento Politiche di coesione, si riporta che è in fase di elaborazione un aggiornamento della mappatura delle aree interne, operato da ISTAT in coordinamento con il Dipartimento per le politiche di coesione, da sottoporre alla Conferenza Unificata e al CIPESS[74].

 

Il comma 2 dispone che agli interventi finanziati con le risorse di cui al comma 1 si applicano le misure di monitoraggio previste per gli investimenti del Piano Nazionale Complementare al PNRR, nonché le disposizioni di revoca dei finanziamenti in caso di mancato rispetto dei termini previsti dal cronoprogramma procedurale degli adempimenti, recate dall’articolo 1, commi 6, 7 e 7-bis del D.L. n. 59 del 2021.

In particolare, il comma 6 del DL n.59/2021 stabilisce che agli interventi ricompresi nel Piano complementare si applicano, in quanto compatibili, le medesime procedure di semplificazione e accelerazione, nonché le misure di trasparenza e conoscibilità dello stato di avanzamento, stabilite per il PNRR.

Ai fini del monitoraggio degli investimenti, il comma 7 demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge n. 59/2021 (e al momento non ancora emanato), il compito di individuare per ciascun intervento o programma gli obiettivi iniziali, intermedi (milestone) e finali (target), in relazione al cronoprogramma finanziario, sull’incremento della capacità di spesa collegata all’attuazione degli interventi del Piano complementare. Le informazioni necessarie per l’attuazione degli investimenti sono rilevate attraverso il sistema di Monitoraggio delle Opere Pubbliche (MOP), ai sensi del D.Lgs. n. 229/2011, previsto nell’ambito della Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche (BDAP). Per i programmi e gli interventi cofinanziati dal PNRR, è utilizzato il citato sistema Informativo “ReGiS” sviluppato dal Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 1, comma 1043, della legge n. 178/2020.

Il comma 7-bis, infine, disciplina la revoca del finanziamento nei casi di mancato rispetto dei termini previsti dal cronoprogramma procedurale degli adempimenti e di mancata alimentazione dei sistemi di monitoraggio, qualora non risultino assunte obbligazioni giuridicamente vincolanti. I provvedimenti di revoca sono adottati dal Ministro a cui risponde l'amministrazione centrale titolare dell'intervento. Le risorse disponibili per effetto delle revoche, anche iscritte in conto residui, sono riprogrammate con uno o più D.P.C.M., su proposta del Ministro dell'economia e finanze, secondo criteri premianti nei confronti delle amministrazioni che abbiano riportato i migliori dati di impiego delle risorse.

 

 

La Strategia nazionale per le aree interne del Paese costituisce una delle linee strategiche di intervento dei Fondi strutturali europei del ciclo di programmazione 2014-2020, definite nell’ambito dell’Accordo di Partenariato[75], e rappresenta una azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle aree più lontane dai poli di servizio essenziale primario e avanzato, che corrispondono al 60% della superficie territoriale, al 52% dei Comuni e al 22% della popolazione italiana.

La Strategia, che ha lo scopo di creare nuove possibilità di reddito e di assicurare agli abitanti maggiore accessibilità ai servizi essenziali, con riferimento prioritariamente ai servizi di trasporto pubblico locale, di istruzione e socio-sanitari, è sostenuta sia dai fondi europei (FESR, FSE e FEASR), per il cofinanziamento di progetti di sviluppo locale, sia da risorse nazionali.

Per la Strategia Nazionale per le Aree Interne il legislatore ha stanziato risorse nazionali, a partire dall'esercizio 2014, per complessivi 481,2 milioni per il periodo 2015-2023, a valere sulle risorse del Fondo per l'attuazione delle politiche comunitarie (art. 5 della legge n. 187 del 1983, c.d. Fondo IGRUE). I finanziamenti statali sono stati assegnati dal CIPE con le delibere 28 gennaio 2015, n. 9, 10 agosto 2016, n. 43, 7 agosto 2017, n. 80 e 25 ottobre 2018, n. 52.

Il processo di selezione delle aree, per il ciclo 2014-2020, è stato completato nel corso del 2017 e ha interessato 72 aree, composte da 1.060 Comuni, da poco meno di 2 milioni abitanti (dato al 2020) e un territorio di circa 51mila kmq, pari ad un sesto del territorio nazionale. Come illustrato nell’ultima Relazione annuale sulla strategia nazionale per le aree internehttps://www.camera.it/temiap/2021/05/17/OCD177-4956.pdf, del Dipartimento Politiche di coesione, nel primo semestre 2021 è stato completato il processo di approvazione delle strategie di tutte le 72 aree selezionate nell’ambito della Strategia del ciclo 2014-2020. Al 31 dicembre 2021 risultano sottoscritti 46 Accordi di programma quadro.

Con l'articolo 58 del D.L. n. 77/2021 (c.d. semplificazioni) si è intervenuti sul procedimento di attuazione della Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), con finalità di semplificazione, prevedendo che all'attuazione degli interventi si provveda mediante nuove modalità che saranno individuate da una apposita delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), anziché mediante lo strumento dell'Accordo di programma quadro, come previsto dalla normativa previgente.

Secondo quanto riportato nella Relazione illustrativa del decreto-legge n. 77/2021 (A.C. 3146), l'estrema complessità della procedura per la sottoscrizione degli Accordi si è rivelata non del tutto adeguata alle finalità assegnate allo strumento: a partire dal 2014 e fino al 18 marzo 2021, in relazione alle 72 aree, sono stati sottoscritti 46 Accordi di Programma Quadro (di cui 3 in fase di perfezionamento), mentre 7 sono ancora in condivisione preliminare e 17 in fase di istruttoria. Nella Relazione si sottolinea, altresì, il lentissimo avanzamento finanziario nell'utilizzo delle risorse: ad ottobre 2020 i pagamenti erano pari a circa il 5% del totale del costo programmato. Oggi il valore delle risorse destinate ai 46 Accordi di programma fin qui sottoscritti è pari a oltre 834 milioni di euro.

 


Articolo 145
(Giubileo 2025)

 

 

L’articolo 145, in relazione alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa Cattolica per il 2025, dispone, per la pianificazione e la realizzazione delle opere e degli interventi funzionali all’evento, l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di un apposito fondo da ripartire con una dotazione complessiva di 1,34 miliardi di euro per il periodo 2022-2026 (290 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024, 330 milioni per il 2025 e 140 milioni di euro per il 2026). La norma dispone altresì l’istituzione nel medesimo stato di previsione di un fondo da ripartire con una dotazione complessiva di 110 milioni di euro per il periodo 2022-2026 (10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024, 70 milioni per il 2025 e 10 milioni di euro per il 2026), per assicurare il coordinamento operativo e le spese relativi a servizi da rendere ai partecipanti all’evento.

 

L’articolo 124 dispone che, in relazione alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa Cattolica per il 2025, sono costituiti nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze due fondi:

§  per la pianificazione e la realizzazione delle opere e degli interventi funzionali all’evento, un apposito fondo da ripartire con una dotazione complessiva di 1,34 miliardi di euro per il periodo 2022-2026 (290 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024, 330 milioni per il 2025, e 140 milioni di euro per il 2026);

§  per assicurare il coordinamento operativo e le spese relativi a servizi da rendere ai partecipanti all’evento, un fondo da ripartire con una dotazione complessiva di 110 milioni di euro per il periodo 2022-2026 (10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024, 70 milioni per il 2025, e 10 milioni di euro per il 2026).

I commi 645 e 646 dell’articolo unico della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021) hanno previsto l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di un tavolo istituzionale con il compito di definire, anche sulla base delle proposte pervenute dalle amministrazioni interessate, gli indirizzi nonché un piano degli interventi e delle opere necessarie allo svolgimento del Giubileo Universale della Chiesa Cattolica previsto per l’anno 2025, da aggiornare e rimodulare su base almeno semestrale, sentite le competenti Commissioni parlamentari. Il tavolo istituzionale è presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri ed è composto dai Ministri interessati, dal Presidente della Regione Lazio e dal Sindaco di Roma Capitale, nonché da due senatori e da due deputati indicati, rispettivamente, dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, sentiti i gruppi parlamentari. Gli interventi da realizzare su aree della Santa Sede sono subordinati alla definizione consensuale delle modalità di attuazione tra quest’ultima e lo Stato Italiano. Per le attività di coordinamento affidate al tavolo istituzionale il citato comma 645 ha autorizzato la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

Si ricorda, inoltre, che in vista del Giubileo dell’anno 2000 (dopo alcuni decreti-legge decaduti per mancata conversione o abrogati) fu adottato il D.L. 551/1996, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. n. 651/1996. Il provvedimento (all’art. 1, comma 2) affidava alla commissione per Roma Capitale istituita dall'art. 2, comma 1, della L. n. 396/1990 (recante “Interventi per Roma, capitale della Repubblica”) il compito di definire, sulla base delle proposte pervenute da parte delle amministrazioni interessate, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, il piano (adottato poi con D.P.C.M. 18 settembre 1996), degli interventi concernenti la città di Roma e le altre località della provincia di Roma e della regione Lazio direttamente interessate al Giubileo.

Nell’imminenza del Giubileo straordinario della Misericordia del 2015-2016 è invece intervenuto l’art. 6 del D.L. 185/2015, il quale ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo per la realizzazione degli interventi giubilari, con priorità per la mobilità, il decoro urbano e la riqualificazione delle periferie, con la dotazione di 94 milioni di euro per l'anno 2015 e di 65 milioni di euro per l'anno 2016.

 


Articolo 146
(Gran Premio del Made in Italy e dell’Emilia Romagna)

 

 

L’articolo 146, autorizza la Federazione sportiva nazionale ACI-Automobile club d’Italia a sostenere la spesa per l’organizzazione e la gestione del Gran Premio del Made in Italy e dell'Emilia-Romagna, presso l’autodromo di Imola, per il periodo di vigenza del rapporto di concessione con il soggetto titolare dei diritti di organizzazione e promozione del campionato mondiale di Formula 1, sulla base delle risorse iscritte a bilancio, anche attivando adeguate misure di contenimento dei costi medesimi.

Per tali finalità, la disposizione in esame riconosce alla medesima Federazione sportiva nazionale-ACI un contributo di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025.

 

 

L'Automobile Club d'Italia è un ente pubblico non economico senza scopo di lucro, che istituzionalmente rappresenta e tutela gli interessi generali dell'automobilismo italiano, del quale promuove e favorisce lo sviluppo. Strutturalmente, l'ACI è una federazione composta da 103 Automobile Club.

L'ACI è inoltre riconosciuto dal CONI quale Federazione Sportiva Automobilistica Italiana. A livello internazionale, ACI è riconosciuto dalla FIA (Fédération Internationale de l’Automobile) come Autorità nazionale in Italia per lo sport automobilistico e gestisce manifestazioni di primario rilievo.

L'ACI è autorizzata a sostenere le spese di organizzazione del Gran Premio ad Imola, come accennato, "attivando adeguate misure di contenimento dei costi generali di gestione e senza pregiudizio per gli equilibri di bilancio".

 

Si ricorda che l'art. 10, comma 1-bis, del decreto-legge n. 91 del 2018 (come convertito dalla legge n. 108 del 2018) stabilisce che ACI-Automobile Club d'Italia e gli Automobile Club ad esso federati si adeguino, entro il 31 dicembre 2018, con propri regolamenti, ai principi generali desumibili dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 in materia di società a partecipazione pubblica, sulla base delle rispettive specificità e secondo criteri di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica.

La disposizione di cui al menzionato comma 1-bis quindi pare volta ad escludere la diretta applicazione ad ACI, e agli Automobile Club ad esso federati, del decreto legislativo n. 175 del 2016 (Testo Unico sulle società partecipate), richiedendo l'adeguamento dei medesimi ai principi generali del testo unico, in considerazione del fatto che si tratta di enti pubblici a base associativa non gravanti sulla finanza pubblica (al pari di ordini e collegi professionali). A tale riguardo, la medesima disposizione richiama l’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge n.101 del 2013, il quale prevede che gli ordini, i collegi professionali, i relativi organismi nazionali e gli enti aventi natura associativa, in quanto “non gravanti sulla finanza pubblica”, si adeguano con propri regolamenti, tenendo conto delle relative peculiarità, ai principi del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Testo unico del pubblico impiego) e ai principi generali di razionalizzazione e contenimento della spesa (in primo luogo spesa di personale).

 

 


Articolo 147
(Candidatura Roma Expo 2030)

 

 

L’articolo 147 istituisce un fondo con uno stanziamento di 5 milioni di euro per l’anno 2022 e di 10 milioni di euro per l’anno 2023 destinato alle attività e agli adempimenti connessi alla candidatura della città di Roma ad ospitare l’Esposizione universale internazionale del 2030.

 

La disposizione istituisce nell’ambito dello nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del consiglio dei ministri, un fondo con uno stanziamento di 5 milioni di euro per l’anno 2022 e di 10 milioni di euro per l’anno 2023.Tale fondo è finalizzato alle attività e gli adempimenti connessi alla candidatura della città di Roma ad ospitare l’Esposizione universale internazionale del 2030.

 

La candidatura ad ospitare l’Esposizione Universale del 2030 è stata comunicata il 28 settembre scorso dal Presidente del Consiglio dei ministri in una lettera inviata ai candidati a Sindaco di Roma Capitale. Il 24 giugno scorso, i principali candidati per il Campidoglio aveva condiviso una lettera indirizzata al premier per chiedergli di proporre la Capitale come sede per dell’Expo 2030.

 

Per ulteriori informazioni sull’Esposizione universale v. scheda articolo 126.

 


Articolo 148
(Rifinanziamento degli interventi di protezione civile
per gli stati di emergenza di rilievo nazionale)

 

 

L’articolo 148 autorizza la spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027 per il rifinanziamento degli interventi di protezione civile, connessi agli eventi calamitosi verificatisi negli anni 2019 e 2020, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale e per i quali i Commissari delegati hanno effettuato la ricognizione dei fabbisogni, al fine di fare fronte ai danni occorsi al patrimonio privato ed alle attività economiche e produttive.

 

Il comma 1 dell’articolo 148 autorizza la spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027, per il rifinanziamento degli interventi di protezione civile connessi agli stati di emergenza di rilievo nazionale verificatisi negli anni 2019 e 2020.

La norma in esame dispone tale rifinanziamento per fare fronte ai danni occorsi al patrimonio privato ed alle attività economiche e produttive, relativamente alle ricognizioni dei fabbisogni completate dai Commissari delegati e trasmesse al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, per la successiva istruttoria alla data di entrata in vigore della presente legge, per gli eventi per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale.

Lo stato di emergenza nazionale disciplinato dall'art. 7 del Codice della protezione civile (decreto legislativo 1/2018) elenca tre tipologie di eventi emergenziali di protezione civile, individuando al comma 1, lettera c), le emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che determinano, conseguentemente, l’emanazione della deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, come previsto dall’art. 24 del Codice della protezione civile.

Successivamente, ai sensi dell'articolo 25 del Codice sono emanate le ordinanze di protezione civile che, nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione europea, acquisita l'intesa delle Regioni e Province autonome territorialmente interessate, dispongono in merito alle misure urgenti da attivare, tra cui, come previsto al comma 2, lettera e) del richiamato art. 25 del Codice, la ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e paesaggistici e dal patrimonio edilizio, da porre in essere sulla base di procedure definite con la medesima o altra ordinanza.

 

Con l’emanazione di apposite ordinanze del Capo del Dipartimento della protezione civile, adottate di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze si disciplinano:

§  le modalità di determinazione e concessione dei contributi previsti;

§  e l'assegnazione delle risorse finanziarie in proporzione ai predetti fabbisogni.

Tali ordinanze di protezione civile saranno emanate relativamente all'ambito territoriale di ciascuna regione o provincia autonoma e d'intesa con la medesima regione o provincia autonoma, rispettando i criteri previsti dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 28 luglio 2016, emanata al fine di disciplinare l’erogazione di finanziamenti, volti alla ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e dal patrimonio edilizio, da porre in essere sulla base di procedure definite con la medesima o altra ordinanza.

L’assegnazione delle risorse sarà effettuata al netto degli eventuali contributi già percepiti dalle ordinanze emanate a seguito dell'attivazione di prime misure economiche di immediato sostegno al tessuto economico e sociale nei confronti della popolazione e delle attività economiche e produttive direttamente interessate dall'evento, al fine di fronteggiare le più urgenti necessità, come previsto dall'art. 25, comma 2, lettera c) del Codice della protezione civile.

Si ricorda che l’art. 1, comma 700, della legge di bilancio 2021 (L. 178/2020) ha autorizzato, nei territori colpiti dagli eventi alluvionali avvenuti nel 2019 e nel 2020, per cui è stato dichiarato lo stato di emergenza, una spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2021, al fine di provvedere agli interventi urgenti, anche strutturali, per la riduzione del rischio residuo e alla ricognizione dei fabbisogni per la ricostruzione pubblica e privata, previsti dall'art. 25, comma 2, lettere d) ed e), del Codice di protezione civile. Su tale normativa è poi intervenuto l'art. 17, comma 2, del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, che ha incrementato di 187 milioni per l'anno 2021 le risorse previste, ma soltanto per gli interventi urgenti previsti dall'art. 25, comma 2, lettera d) del Codice della protezione civile.


Articolo 149
(Disposizioni in materia di eventi sismici)

 

 

L’articolo 149:

§  proroga fino al 31 dicembre 2022 lo stato di emergenza per il sisma del 2016 e 2017, avvenuto nelle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, per una spesa nel limite di 173 milioni per l’anno 2022 (comma 1), e la gestione straordinaria dell’emergenza, per una spesa di 72,27 milioni per l’anno 2022 (comma 2);

§  incrementa, al fine di proseguire e accelerare i processi di ricostruzione privata nei territori colpiti dal sisma 2016 e 2017, la concessione del credito d'imposta maturato in relazione all'accesso ai finanziamenti agevolati, di durata venticinquennale, per 200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022 e per ulteriori 100 milioni a decorrere dall’anno 2024 (comma 10);

§  proroga fino al 31 dicembre 2022 lo stato di emergenza per il sisma avvenuto in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto nel 2012 (comma 3);

§  proroga fino all’anno 2022 l’assunzione di personale con contratto di lavoro flessibile per il sisma 2012, per una spesa di 15 milioni (comma 3);

§  proroga fino al 31 dicembre 2022 il riconoscimento da parte dei commissari delegati per il sisma 2012 del compenso per prestazioni di lavoro straordinario, per una spesa di 300.000 euro (comma 3);

§  proroga fino al 31 dicembre 2022 la gestione straordinaria per il sisma dell’isola di Ischia del 2017, per una spesa di 4,95 milioni (comma 4);

§  autorizza per l’anno 2022 per il sisma dell’isola di Ischia del 2017 una spesa complessiva pari a 2,92 milioni, per la struttura commissariale, per la continuità nello smaltimento dei rifiuti solidi urbani e per le assunzioni di personale a tempo determinato (comma 5);

§  proroga fino al 31 dicembre 2022 lo stato di emergenza per il sisma della Città metropolitana di Catania del 2018, nel limite delle risorse già stanziate per l'emergenza (comma 6);

§  proroga fino al 31 dicembre 2022 la nomina del Commissario straordinario per il sisma della Città metropolitana di Catania del 2018, la gestione straordinaria, e le norme sul personale assunto dai comuni interessati e dalla struttura commissariale (comma 7);

§  proroga fino al 31 dicembre 2022 la nomina del Commissario straordinario e la gestione straordinaria per il sisma di Campobasso del 2018, prevedendo per gli interventi complessivi per i due eventi sismici di Catania e Campobasso del 2018 una spesa di 2,6 milioni per l’anno 2022 (comma 7);

§  autorizza una spesa di 0,80 milioni, per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, da ripartire con provvedimento del capo del Dipartimento "Casa Italia", per il supporto tecnico-operativo e per le attività connesse alla definizione, attuazione e valutazione degli interventi per gli eventi sismici del 2009 e 2016, nell'ambito Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (comma 9);

§  proroga fino al 31 dicembre 2022, nel limite di 2,32 milioni per l’anno 2022, la dotazione di risorse umane assunte con contratto a tempo determinato, nel limite massimo di 25 unità, assegnata a ciascuno dei due Uffici speciali per la ricostruzione previsti per il sisma avvenuto in Abruzzo nel 2009 (comma 8);

§  assegna per l'anno 2022 un contributo straordinario in favore del Comune dell'Aquila, pari a 7 milioni di euro, ed un contributo per gli altri comuni del cratere sismico, diversi da L'Aquila, pari a 1 milione di euro (comma 13);

§  proroga fino all'anno 2022 i contratti stipulati dai comuni del cratere sismico per il sisma avvenuto in Abruzzo nel 2009, per una spesa di 1,45 milioni per l’anno 2022 (comma 14);

§  proroga fino al 31 dicembre 2022, a favore del comune dell’Aquila, la possibilità di avvalersi di personale a tempo determinato, per una spesa di 1 milione di euro (comma 15);

§  precisa che per i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati ai sensi del presente articolo, la proroga fino al 31 dicembre 2022 si intende in deroga, limitatamente a tale annualità, ai limiti di durata previsti dalla normativa nazionale e dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro dei comparti del pubblico impiego (comma 11);

§  riduce, per l'anno 2022, la dotazione del Fondo per le emergenze nazionali di 4,95 milioni (comma 12).   

 

Proroga dello stato di emergenza e della gestione straordinaria per il sisma 2016-2017

Il comma 1 dell’articolo 149 introduce, allo scopo di assicurare il proseguimento e l'accelerazione dei processi di ricostruzione, il comma 4-sexies all’art. 1 del D.L. 189/2016, al fine di prorogare, fino al 31 dicembre 2022 lo stato di emergenza dichiarato per il sisma del 2016 e 2017, avvenuto nelle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, e di assegnare alle regioni interessate, con delibere del Consiglio dei ministri, risorse nel limite di 173 milioni di euro per l’anno 2022, a valere sulle Fondo per le emergenze nazionali (di cui all’art. 44 del decreto legislativo n. 1 del 2018 - Codice della protezione civile).

Nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, colpiti dagli eventi sismici a partire dal 24 agosto 2016, lo stato di emergenza è stato dichiarato dalla delibera del Consiglio dei Ministri del 25 agosto 2016.

L’art. 57, comma 1 del D.L. 104/2020 ha introdotto il comma 4-quinquies all’art. 1 del D.L. 189/2016, al fine di prorogare lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2021.

 

 Il comma 2 modifica il comma 990 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), al fine di prorogare fino al 31 dicembre 2022 anche il termine della gestione straordinaria dell’emergenza per il sisma del 2016 e 2017, di cui all'art. 1, comma 4, del D.L. 189/2016, ivi incluse le dotazioni di personale degli Uffici speciali per la ricostruzione post sisma 2016, della Struttura del Commissario straordinario, dei Comuni e del Dipartimento della protezione civile, nei limiti di spesa previsti per l’anno 2021.

A tal fine, il comma 2 autorizza una spesa di euro 72,27 milioni per l’anno 2022.

L’art. 57, comma 2, del D.L. 104/2020 ha prorogato, con una modifica recata al comma 990 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di bilancio 2019), fino al 31 dicembre 2021, il termine della gestione straordinaria dell’emergenza del sisma 2016, ivi incluse le dotazioni di personale degli Uffici speciali per la ricostruzione post sisma 2016, della Struttura del Commissario straordinario, dei Comuni e del Dipartimento della protezione civile (articoli 3, 50 e 50-bis del citato D.L. 189/2016), nei limiti di spesa previsti per l’anno 2020, autorizzando a tale fine una spesa di euro 69,8 milioni per l’anno 2021. 

In merito alle disposizioni, recate dagli artt. 3, 50 e 50-bis, l'art. 3 del D.L. 189/2016 prevede l'istituzione da parte delle Regioni (Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria) e dai Comuni interessati, di Uffici speciali per la ricostruzione con compiti istruttori di supporto agli enti locali. A tali uffici è assegnato personale distaccato o comandato dalle Regioni e dai Comuni, oppure assunto con forme contrattuali flessibili. L'art. 50 prevede che il Commissario straordinario provvede all'attuazione degli interventi ivi previsti con i poteri conferitigli, in piena autonomia amministrativa, finanziaria e contabile e disciplina l'articolazione interna della propria struttura. Oltre al personale già assegnato con D.P.R. 9 settembre 2016 (articolo 2), la struttura commissariale può avvalersi di ulteriori risorse fino ad un massimo 225 unità di personale, destinate a operare presso gli Uffici speciali per la ricostruzione, a supporto delle Regioni e dei Comuni ovvero presso la struttura commissariale centrale per funzioni di coordinamento e raccordo con il territorio. L'art. 50-bis stabilisce che, ferma restando la struttura degli Uffici speciali per la ricostruzione, i Comuni specificati dagli allegati del D.L. n. 189/2016, possano assumere unità di personale con professionalità di tipo tecnico o amministrativo-contabile o incrementare la durata di contratti a tempo parziale già in essere. Analogamente, il Dipartimento della Protezione civile può assumere con contratto a tempo determinato della durata di un anno fino a un massimo di 20 unità di personale con professionalità di tipo tecnico o amministrativo-contabile e prorogare contratti in essere fino alla scadenza dello stato di emergenza.

Nel corso della presente legislatura sono stati adottati diversi interventi a favore dei territori colpiti da diversi eventi sismici a partire dal sisma del 2009 avvenuto in Abruzzo. Per approfondire tali interventi, si rinvia al tema web “Terremoti” della Camera dei deputati.

 

Proroga dello stato di emergenza per il sisma del 20 e 29 maggio 2012

Il comma 3 proroga fino al 31 dicembre 2022 il termine dello stato di emergenza per il sisma avvenuto in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto nel 2012, di cui all’art. 1, comma 3, del D.L. 74/2012.

Si ricorda che il termine di scadenza dello stato di emergenza conseguente agli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 (articolo 1, comma 3, del D.L. 74/2012) è stato prorogato al 31 dicembre 2021 (art. 15, comma 6, D.L. 162/2019).

 

Il comma 3 stabilisce, inoltre, la proroga fino all’anno 2022 dell’autorizzazione prevista dal comma 2 dell’art. 3-bis del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, che consente ai Commissari delegati, ossia i Presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, i comuni colpiti dal sisma, le prefetture delle province di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara di procedere ad assunzioni di personale con contratto di lavoro flessibile, in deroga ai vincoli di cui ai commi 557 e 562 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nel limite di spesa di 15 milioni di euro per l'anno 2022.

Il citato art. 3-bis, comma 2, del D.L. 113/2016, prorogato fino al 31 dicembre 2021 dall’art. 57, comma 12 del D.L. 104/2020, detta disposizioni riguardanti i comuni delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, volte a prorogare i termini per la comunicazione delle spese sostenute per fronteggiare la ricostruzione, e ad autorizzare l’assunzione di personale con contratto di lavoro flessibile in deroga ai limiti previsti dalla normativa vigente. Nello specifico, il comma 2 dell’art. 3-bis, al fine di assicurare il completamento delle attività connesse alla situazione emergenziale conseguente al sisma del 2012, ha autorizzato fino al 31 dicembre 2020, i Commissari delegati, ossia i Presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, i comuni colpiti dal sisma, le prefetture delle province di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, ad assumere personale con contratto di lavoro flessibile, in deroga ai vincoli in materia di personale attualmente previsti da specifiche disposizioni, entro i medesimi limiti di spesa previsti e con le modalità stabilite. I commi 557 e 562 dell’art. 1 della L. 296/2006 riguardano, rispettivamente, gli enti sottoposti e quelli non sottoposti al patto di stabilità interno (riferimento da intendersi ora al vincolo del pareggio di bilancio). I primi assicurano la riduzione delle spese di personale, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale con azioni da modulare nell'ambito della propria autonomia. Per i secondi, le spese di personale non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2008 e possono procedere all'assunzione di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nell’anno precedente

 

Il comma 3 proroga inoltre fino al 31 dicembre 2022 il riconoscimento da parte dei commissari delegati del compenso per prestazioni di lavoro straordinario, reso e debitamente documentato per l'espletamento delle attività conseguenti allo stato di emergenza, nei limiti di trenta ore mensili, previsto dal comma 9 dell’art. 14 del decreto-legge 30 dicembre 2016 n. 244. Tale riconoscimento è corrisposto al personale, ad esclusione dei dirigenti e titolari di posizione organizzativa, alle dipendenze della regione, degli enti locali e loro forme associative del rispettivo ambito di competenza territoriale. 

Per l’anno 2022, lo stanziamento previsto rimane a 300.000 euro come per il 2021, rispetto ai 500.000 euro previsti per ciascuno degli anni 2019 e 2020.

L’art. 14, comma 9, del D.L. 244/2016 ha prorogato al 31 dicembre 2019 (termine, successivamente, prorogato al 31 dicembre 2020 dall’art. 1, comma 1002, della legge 145/2018 – Legge di bilancio 2019 e poi nuovamente prorogato fino al 31 dicembre 2021 dall’art. 57, comma 13, del D.L. 104/2020) il termine (originariamente fissato al 31 dicembre 2014 dall’art. 6-sexies, comma 3, del D. L. 43/2013) per il riconoscimento del compenso per prestazioni di lavoro straordinario rese per l’espletamento delle attività conseguenti allo stato di emergenza a seguito degli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 (che hanno riguardato i territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo), da parte dei Commissari delegati (ossia i Presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto).

 

Proroga della gestione straordinaria per i territori dell'Isola di Ischia interessati dagli eventi sismici del 21 agosto 2017

 

Il comma 4 proroga fino al 31 dicembre 2022 il termine della gestione straordinaria per il sisma di Ischia del 2017 prevista all’art. 17, comma 2, terzo periodo, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109.

 Si ricorda che in conseguenza dell'evento sismico che il 21 agosto 2017 ha colpito il territorio di alcuni comuni dell'isola di Ischia è stato dichiarato con la delibera del Consiglio dei ministri del 29 agosto 2017 lo stato di emergenza fino al centottantesimo giorno dalla data dello stesso provvedimento (con uno stanziamento pari a 7 milioni di euro), prorogato di ulteriori 180 giorni con la delibera del Consiglio dei ministri del 22 febbraio 2018, e successivamente di ulteriori sei mesi con la delibera del Consiglio dei ministri del 2 agosto 2018, che inoltre ha provveduto ad integrare le risorse disponibili per 11,6 milioni di euro.

Per la ricostruzione di tali territori, Carlo Schilardi è stato nominato Commissario straordinario del Governo con il decreto del Presidente della Repubblica del 9 agosto 2018. Successivamente, tale incarico è stato prorogato fino al 31 dicembre 2021 dal D.P.C.M. 21 ottobre 2021, disponendo altresì che la gestione straordinaria termini entro la data del 31 dicembre 2021 (art. 17, comma 2,  D.L. 109/18).

Sulla contabilità speciale confluiscono le risorse dell'art. 2, comma 6-ter, del D.L. 148/2017 e del Fondo per la ricostruzione nei territori dei comuni di Casamicciola Terme e Lacco Ameno dell'isola di Ischia di cui all'art. 1, comma 765, della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), pari complessivamente, per il triennio 2018-2020, a 78,76 milioni di euro. Tali risorse sono state incrementate di 60 milioni di euro (20 milioni per ciascuno degli anni del triennio 2019-2021, art. 19 D.L. 109/18). Le eventuali somme disponibili sulla contabilità speciale, dopo la conclusione delle attività previste, e non più necessarie per le finalità originarie, possono essere destinate ad altre finalità (articolo 9-quinquiesdecies del D.L. 123/19).

Per lo svolgimento delle attività relative all'assistenza alla popolazione a seguito della cessazione dello stato di emergenza, come indicato dall’art. 18, comma 1, lettera i-bis) del citato D.L. 109/2018, sono assegnati 4,95 milioni di euro alla contabilità speciale del Commissario straordinario.

 

Il comma 5 autorizza, per l’anno 2022, per i territori investiti dal sisma di Ischia del 2017, una spesa complessiva pari a 2,92 milioni di euro di cui:

a)        1,4 milioni per la struttura del Commissario straordinario prevista all’art. 31 del D.L.109/2018;

L’art. 31 del D.L. 109/2018 stabilisce che il Commissario straordinario si avvale, oltre che dell'Unità tecnica prevista, di una struttura posta alle sue dirette dipendenze, le cui sedi sono individuate a Roma e quelle operative a Napoli e nell'Isola di Ischia, composta da un contingente nel limite massimo di 12 unità di personale non dirigenziale e 1 unità di personale dirigenziale di livello non generale, scelte tra il personale delle amministrazioni pubbliche

b)        0,82 milioni per consentire ai comuni colpiti la continuità nello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, come stabilito all’art. 32, comma 3, del D.L.109/2018;

L’art. 32, comma 3, al fine di assicurare ai comuni interessati dal sisma di Ischia del 2017 la continuità nello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, autorizza il Commissario straordinario a concedere, con propri provvedimenti, a valere sulle risorse della propria contabilità speciale, un'apposita compensazione fino ad un massimo di 1,5 milioni di euro con riferimento all'anno 2018, da erogare nel 2019, e fino ad un massimo di 4,5 milioni di euro annui per il biennio 2019-2020, per sopperire ai maggiori costi affrontati o alle minori entrate registrate a titolo di TARI

c)        0,7 milioni per le assunzioni di personale a tempo determinato addetto alla ricostruzione di Ischia previste dall’art. 30-ter del D.L. 41/2021.

L’art. 30-ter, al fine di garantire l'operatività degli uffici amministrativi addetti alla ricostruzione, autorizza i comuni di Forio, di Lacco Ameno e di Casamicciola Terme, ad assumere personale, rispettivamente nel limite di 2, 4 e 8 unità per l'anno 2021, con contratti di lavoro a tempo determinato.

 

Proroga dello stato di emergenza e della gestione straordinaria per il sisma della città metropolitana di Catania del 26 dicembre 2018

Il comma 6 proroga fino al 31 dicembre 2022 il termine di scadenza dello stato di emergenza conseguente all’evento sismico avvenuto nei territori dei comuni della Città metropolitana di Catania del 26 dicembre 2018, previsto all'art. 57, comma 8, del D.L. 104/2020.

Si ricorda che in conseguenza dell'evento sismico che il giorno 26 dicembre 2018 ha colpito il territorio dei Comuni di Zafferana Etnea, Viagrande, Trecastagni, Santa Venerina, Acireale, Aci Sant'Antonio, Aci Bonaccorsi, Milo, Aci Catena della Provincia di Catania, con la delibera del Consiglio dei ministri del 28 dicembre 2018 è stato dichiarato, per dodici mesi (fino al 28 dicembre 2019), lo stato di emergenza. Con la delibera del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2019, lo stato di emergenza è stato prorogato di ulteriori dodici mesi (cioè fino al 21 dicembre 2020). Successivamente, lo stato di emergenza è stato ulteriormente prorogato fino al 31 dicembre 2021 (art. 57, comma 8, D.L. 104/2020).

Per l'attuazione dei primi interventi, si è provveduto nel limite di 10 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali e con la delibera del Consiglio dei ministri 11 giugno 2019 è stato disposto un ulteriore stanziamento di 37 milioni di euro.

La norma in esame precisa che alle conseguenti attività si fa fronte nel limite delle risorse già stanziate per la relativa emergenza.

 

Il comma 7 proroga fino al 31 dicembre 2022 i termini indicati dall’art. 6, comma 2, primo e secondo periodo, del D.L. 32/2019, riguardanti la nomina del Commissario straordinario e la gestione straordinaria per il sisma di Catania del 2018.

Con il D.P.C.M. 5 agosto 2019, ai sensi dell’art. 6, comma 2, primo periodo, del D.L. 32/2019, il dott. Salvatore Scalia è stato nominato Commissario straordinario fino al 31 dicembre 2021. L’art. 6, comma 2, secondo periodo, del D.L. 32/2019 dispone che la gestione straordinaria termini il 31 dicembre 2021.

 

Il comma 7 proroga fino al 31 dicembre 2022 le previsioni degli articoli 14-bis e 18 del citato D.L. 32/2019, in cui, rispettivamente, sono disciplinate le norme riguardanti il personale assunto dai comuni della città metropolitana di Catania e dalla relativa struttura commissariale.

Nello specifico, l’art. 14-bis del D.L. 32/2019, modificato dall’art. 9-vicies bis, comma 1, lett. c), n. 2), del D.L. 123/2019, consente ai comuni della città metropolitana di Catania, per gli anni 2019, 2020 e 2021,  di incrementare la durata della prestazione lavorativa dei rapporti di lavoro a tempo parziale già in essere con professionalità di tipo tecnico o amministrativo, in deroga ai vigenti vincoli di contenimento della spesa di personale di cui all'art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 in base al quale dal 2011 le amministrazioni dello Stato possono avvalersi di personale a tempo determinato (o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa) nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nel 2009 e di cui ai commi 557 e 562 dell’art. 1 della L. 296/2006, che riguardano, rispettivamente, gli enti sottoposti e quelli non sottoposti al patto di stabilità interno (riferimento da intendersi ora al vincolo del pareggio di bilancio). I primi assicurano la riduzione delle spese di personale, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale con azioni da modulare nell'ambito della propria autonomia. Per i secondi, le spese di personale non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2008 e possono procedere all'assunzione di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nell’anno precedente.

L’art. 18 del D.L. 32/2019, come modificato dalla lettera d), punti 1) e 2) dell’art. 9-vicies bis del D.L. 123/2019, in merito al contingente di personale della struttura commissariale per il sisma di Catania del 2018, prevede un numero massimo di  15 unità per l'emergenza di Catania di cui alla delibera del 28 dicembre 2018, di cui due unità dirigenziali di livello non generale. A tale personale è riconosciuto il trattamento economico accessorio corrisposto al personale dirigenziale e non dirigenziale della Presidenza del Consiglio dei ministri nel caso in cui il trattamento economico accessorio di provenienza risulti complessivamente inferiore. Al personale non dirigenziale spetta comunque l'indennità di amministrazione della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Proroga della gestione straordinaria per gli eventi sismici della provincia di Campobasso del 16 agosto 2018

Il comma 7 proroga fino al 31 dicembre 2022 la nomina del Commissario straordinario e il termine della gestione straordinaria per il sisma di Campobasso del 2018, come indicato dall’art. 6, comma 2, primo e secondo periodo, del D.L. 32/2019.

Ai sensi dell’art. 6, comma 2, primo periodo, del D.L. 32/2019, con il D.P.C.M. 16 luglio 2020, Donato Toma, Presidente della regione Molise, è stato nominato Commissario straordinario per la gestione straordinaria per l’evento sismico avvenuto a Campobasso fino al 31 dicembre 2021 e, ai sensi art. 6, comma 2, secondo periodo, del D.L. 32/2019, la gestione straordinaria è prevista che termini il 31 dicembre 2021.

Con la delibera del Consiglio dei ministri del 6 settembre 2018 è stato dichiarato, per la durata di 6 mesi decorrenti dalla data del 6 settembre 2018, lo stato di emergenza nei Comuni della Provincia di Campobasso colpiti da una serie di eventi sismici a far data dal 16 agosto 2018 (Acquaviva Collecroce, Campomarino, Castelbottaccio, Castelmauro, Guardiafilera, Guglionesi, Larino, Lupara, Montecilfone, Montefalcone del Sannio, Montemitro, Montorio nei Frentani, Morrone del Sannio, Palata, Portocannone, Rotello, San Felice del Molise, San Giacomo degli Schiavoni, San Martino in Pensilis, Santa Croce di Magliano e Tavenna). Per l'attuazione dei primi interventi, si è provveduto nel limite di 2 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali (integrati di 3,3 milioni con la delibera del 10 gennaio 2019 e di 1,6 milioni con la delibera del 14 luglio 2020). Con la delibera del Consiglio dei Ministri del 20 marzo 2019 è stato prorogato lo stato di emergenza di dodici mesi, con un ulteriore stanziamento di 2 milioni di euro. Successivamente, è stata prevista la possibilità di proroga fino ad una durata complessiva di tre anni per lo stato di emergenza conseguente agli eventi sismici che hanno colpito i comuni della provincia di Campobasso, a far data dal 16 agosto 2018, individuati dall'allegato 1 del D.L. 32/2019 (art. 15, comma 2, D.L. 162/2019). Ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell'art. 15, comma 2, del D.L. 162/2019, e dell'art. 24, comma 3, del Codice della protezione civile (decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1), con la delibera del consiglio dei ministri 20 aprile 2020 è stato prorogato di ulteriori 12 mesi lo stato di emergenza in questione. Successivamente, con la delibera consiglio dei ministri del 14 aprile 2021 lo stato di emergenza è stato prorogato di ulteriori sei mesi.

 

Il comma 7 proroga, inoltre, fino al 31 dicembre 2022 le previsioni dell’art. 18 del citato D.L. 32/2019 relativamente al contingente di personale della struttura commissariale per il sisma di Campobasso del 2018

L’art. 18 del D.L. 32/2019, come modificato dalla lettera d), punti 1) e 2) dell’art. 9-vicies bis del D.L. 123/2019, in merito al contingente di personale della struttura commissariale per il sisma di Campobasso del 2018, prevede un numero massimo di  5 unità per l'emergenza di Campobasso di cui alla delibera del 6 settembre 2018, di cui una unità dirigenziale di livello non generale. A tale personale è riconosciuto il trattamento economico accessorio corrisposto al personale dirigenziale e non dirigenziale della Presidenza del Consiglio dei ministri nel caso in cui il trattamento economico accessorio di provenienza risulti complessivamente inferiore. Al personale non dirigenziale spetta comunque l'indennità di amministrazione della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Per le previsioni contenute nel comma 7 è autorizzata la spesa di 2,6 milioni di euro per l’anno 2022.

 

Altri interventi per gli eventi sismici avvenuti in Abruzzo nel 2009 e in Centro-Italia nel 2016-2017 

Sismi 2009 e 2016-2017

Il comma 9 autorizza la spesa di 0,8 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, al fine di assicurare l'efficace e tempestiva attuazione degli interventi previsti, per gli eventi sismici del 2009 (Abruzzo) e del 2016-2017 (Centro-Italia), dall’art. 1, comma 2, lett. b) del D.L. 59/2021 (c.d. Fondo complementare), da ripartire tra il Commissario straordinario per il sisma del 2016, la Struttura di missione del sisma 2009 (istituita dal D.P.C.M. 3 maggio 2021) e il Dipartimento Casa Italia (istituito dall’art. 18-bis del D.L. 8/2017 e disciplinato con il decreto del 29 settembre 2020).

In particolare, le risorse, che saranno ripartite con un provvedimento del capo del Dipartimento “Casa Italia”, da adottare entro il 31 gennaio 2022, in esito alla puntuale individuazione degli interventi e del relativo soggetto attuatore, sono destinate al supporto tecnico-operativo e alle attività connesse alla definizione, attuazione e valutazione degli interventi previsti.

 

Con il D.L. 59/2021 (c.d. Fondo complementare - art. 1, comma 2, lettera b), sono stati previsti interventi per le aree del terremoto del 2009 (Abruzzo) e del 2016-2017 (Centro-Italia) per un importo complessivo pari a 1.780 milioni di euro per gli anni dal 2021 al 2026, cosi ripartiti: 220 milioni di euro per l'anno 2021, 720 milioni di euro per l'anno 2022, 320 milioni di euro per l'anno 2023, 280 milioni di euro per l'anno 2024, 160 milioni di euro per l'anno 2025 e 80 milioni di euro per l'anno 2026. 

Sulla governance degli interventi previsti dal c.d. Piano complementare nei territori interessati dagli eventi sismici del 2009 e del 2016 (art. 1, comma 2, lett. b) D.L. 59/2021), è intervenuto di recente l’art. 14-bis, comma 1, del D.L. 77/2021, che ha integrato la cabina di coordinamento della ricostruzione del sisma 2016, presieduta dal Commissario straordinario (art. 1, comma 5, D.L. 189/2016), includendovi, il Capo del Dipartimento “Casa Italia”, il coordinatore della Struttura di missione del sisma del 2009, il sindaco dell’Aquila, il coordinatore dei sindaci dei comuni del cratere del sisma del 2009.

Con il comma 2 dell’art. 14-bis del D.L. 77/2021 si dispone inoltre che - in coerenza con il cronoprogramma finanziario e procedurale di cui all’art. 1 del D.L. 59/2021 - entro il 30 settembre 2021, la citata Cabina di coordinamento individua i programmi unitari di intervento nei territori colpiti dagli eventi sismici 2009 e 2016 per la cui attuazione (secondo le tempistiche previste nel cronoprogramma) sono adottati i provvedimenti di cui all’art. 2, comma 2, del D.L. 189/2016 (vale a dire le ordinanze commissariali). Viene inoltre stabilito che tali provvedimenti sono adottati d'intesa con la succitata Struttura di missione del sisma del 2009 e sono comunicati al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Sisma 2009

Per il sisma avvenuto nel 2009 in Abruzzo, il comma 8 proroga fino al 31 dicembre 2022, nel limite di 2,32 milioni di euro per l’anno 2022, il termine previsto dall'art. 57, comma 10, del D.L. 104/2020, riguardante la dotazione di risorse umane assunta con contratto a tempo determinato, nel limite massimo di 25 unità, assegnata a ciascuno dei due Uffici speciali per la ricostruzione (si tratta dell'Ufficio speciale per la città dell'Aquila e dell'Ufficio speciale per i comuni del cratere).

L’art. 57, comma 10 del D.L. 104/2020 ha prorogato fino al 31 dicembre 2021 il termine di cui all'art. 67-ter, comma 3, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, relativo alla richiamata dotazione di risorse umane a tempo determinato.

L’art. 62-ter, comma 2, del D.L. 83/2012 ha istituito due Uffici speciali per la ricostruzione, uno competente sulla città dell'Aquila e uno competente sui restanti comuni del cratere nonché sui comuni fuori cratere.

L’art. 67-ter, comma 3, del D.L. 83/2012 ha disposto la possibilità riconosciuta a ciascuno dei due Uffici speciali per la ricostruzione (istituiti a seguito del sisma in Abruzzo del 2009), di impiegare fino ad un massimo di 25 unità di personale a tempo determinato, nell’ambito del limite massimo di 50 unità fissato in generale per la dotazione organica degli Uffici medesimi.

 

In relazione alle esigenze connesse alla ricostruzione dei territori colpiti dal sisma avvenuto in Abruzzo nel 2009, il comma 13, lettera a) modifica l'art. 3, comma 1 del D.L. 113/2016, al fine di assegnare un contributo straordinario in favore del Comune dell'Aquila, anche per l'anno 2022, pari a 7 milioni di euro.

Il citato art. 3 del D.L. 113/2016 ha previsto, ai commi 1 e 2, l’assegnazione di un contributo straordinario a copertura delle maggiori spese e delle minori entrate, in relazione alle esigenze connesse alla ricostruzione a seguito del sisma del 6 aprile 2009 nell'Aquilano: 10 milioni di euro annui[76] per gli anni 2019, 2020 e 2021, 10 milioni di euro[77] per l’anno 2018, 12 milioni[78] di euro per l'anno 2017 e 16 milioni di euro per l'anno 2016[79] .

Il medesimo comma 13, lettera b) modifica l'art. 3, comma 2 del D.L. 113/2016, al fine di prevedere, anche per l’anno 2022, un contributo per gli altri comuni del cratere sismico, diversi da L'Aquila, pari a 1 milione di euro.

Il comma 2 dell’art. 3 del D.L. 113/2016, modificato, da ultimo dall'art. 1, comma 945, lett. b) della legge di bilancio 2021 (L. 178/2020), ha previsto un contributo annuale riconosciuto ai comuni del cratere sismico diversi dall'Aquila, per le maggiori spese e le minori entrate comunque connesse alle esigenze della ricostruzione. In particolare, è riconosciuto per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, un contributo pari a 2 milioni di euro, nonché un contributo di 500.000 euro finalizzato alle spese per il personale impiegato presso gli UTR (uffici territoriali per la ricostruzione, successivamente soppressi dal 1° luglio 2018). Per l'anno 2019 è stato poi riconosciuto un contributo pari a 2 milioni di euro, per l'anno 2020 un contributo pari a 1,5 milioni di euro, e per l'anno 2021 un contributo pari a 1 milione di euro, a cui si aggiunge per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, un contributo di 500.000 euro finalizzato alle spese per il personale impiegato dall'Ufficio speciale per la ricostruzione dei comuni del cratere (che ha sostituito i richiamati UTR). Il medesimo comma ha previsto il trasferimento di tali risorse al Comune di Fossa, che le ripartisce tra i singoli beneficiari, previa verifica, da parte dell'Ufficio speciale per la ricostruzione dei comuni del cratere, degli effettivi fabbisogni.

 

Al fine di completare le attività di ricostruzione del tessuto urbano, sociale e occupazionale dei territori colpiti dal sisma avvenuto in Abruzzo nel 2009, il comma 14 proroga fino all'anno 2022 i contratti stipulati dai comuni del cratere sismico, in deroga alla normativa vigente in materia di vincoli alle assunzioni a tempo determinato presso le amministrazioni pubbliche, previsti dall'art. 2-bis, comma 38, primo e secondo periodo, del D.L. 148/2017.

A tal fine è autorizzata la spesa di 1,45 milioni di euro per l’anno 2022.

L’art. 2-bis comma 38, primo e secondo periodo del D.L. 148/2017, modificato da ultimo dall'art. 57, comma 9, del D.L. 104/2020, ha autorizzato, per gli anni 2019, 2020 e 2021, al fine di completare le attività finalizzate alla fase di ricostruzione del tessuto urbano, sociale e occupazionale dei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, i comuni del cratere sismico a prorogare o rinnovare, alle medesime condizioni giuridiche ed economiche, i contratti stipulati ai sensi dell'articolo 5 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3771 del 19 maggio 2009, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3784 del 25 giugno 2009, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3803 del 15 agosto 2009, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3808 del 15 settembre 2009, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3881 dell'11 giugno 2010 e dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3923 del 18 febbraio 2011 e loro successive modificazioni, in deroga alla normativa vigente in materia di vincoli alle assunzioni a tempo determinato presso le amministrazioni pubbliche. Alle proroghe o ai rinnovi dei suddetti contratti eseguiti in deroga alla legge non sono applicabili le sanzioni previste dalla normativa vigente, ivi compresa la sanzione della trasformazione del contratto a tempo indeterminato.

 

 A favore del comune dell’Aquila, il comma 15 proroga fino al 31 dicembre 2022 la possibilità di avvalersi di personale a tempo determinato, nel limite massimo di spesa di 1 milione di euro, a valere sulle disponibilità del bilancio comunale, fermo restando il rispetto dei vincoli di bilancio e della vigente normativa in materia di contenimento della spesa complessiva di personale, come previsto dall'art. 9-sexies, comma 1, del D.L. 123/2019.

A tal fine è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2022.

L’art. 9-sexies, comma 1, del D.L. 123/2019 ha previsto fino all’anno 2020, e poi fino all’anno 2021 per effetto della proroga stabilita dall’art. 57 comma 11 del D.L. 104/2020, la facoltà per il comune dell’Aquila di avvalersi di personale a tempo determinato in deroga a quanto disposto in materia dalla normativa vigente. Più nel dettaglio, l’art. 9-sexies dispone che tale facoltà è esercitabile:

§  in deroga ai limiti al ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato da parte delle pubbliche amministrazioni, limiti posti dall’art. 9, comma 28, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78;

§  applicando il sistema derogatorio previsto dall’art. 4, comma 14, del D.L. 101/2013, che consente al comune de L’Aquila, in relazione agli eventi sismici del 2009, di prorogare o rinnovare i contratti di lavoro a tempo determinato.

In base al richiamato comma 14, il comune de L’Aquila sino al 2019 (termine così prorogato, da ultimo, dall’art. 1, c. 715, della L. 205/2017) poteva prorogare o rinnovare i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati ai sensi dell’art. 2, c. 3-sexies, del D.L. 225/2010, ossia in deroga a determinate disposizioni sul blocco delle assunzioni[80], avvalendosi del sistema derogatorio di cui all’art. 7, c. 6-ter, del D.L. 43/2013 (che consente di derogare alle vigenti normative limitative delle assunzioni a tempo determinato in materia di pubblico impiego), nel limite massimo di spesa di 1 milione di euro per ciascun anno a valere sulle disponibilità in bilancio, fermo restando il rispetto del patto di stabilità interno e della vigente normativa in materia di contenimento della spesa complessiva di personale.

Sisma 2016-2017

Il comma 10, allo scopo di assicurare il proseguimento e l'accelerazione dei processi di ricostruzione privata nei territori interessati dagli eventi sismici del 24 agosto 2016 (Centro-Italia), incrementa l’autorizzazione di spesa per la concessione del credito d'imposta maturato in relazione all'accesso ai finanziamenti agevolati, di durata venticinquennale (di cui all’art. 1, comma 362, lettera a) della L. 232/2016 - legge di bilancio 2017) nelle seguenti misure:

§  di 200 milioni annui a decorrere dal 2022 per un periodo di venticinque anni;

§  e di ulteriori 100 milioni annui a decorrere dal 2024 per un periodo di venticinque anni.

L’autorizzazione di spesa, disposta dall’art. 1, comma 362, della richiamata legge di bilancio 2017, prevede una spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2017 e 200 milioni di euro annui dall'anno 2018 all'anno 2047, per la concessione del credito d'imposta maturato in relazione all'accesso ai finanziamenti agevolati, di durata venticinquennale, previsti per la ricostruzione privata.

 

Contratti di lavoro a tempo determinato

Il comma 11 specifica che la proroga fino al 31 dicembre 2022 prevista per i contratti a tempo determinato stipulati ai sensi del presente articolo, inclusi quelli derivanti da convenzioni (Invitalia S.p.A. e Fintecna S.p.A.), si intende, limitatamente all’anno 2022, in deroga ai limiti di durata posti dal D. Lgs. 165/2001, in merito ai rapporti di lavoro a tempo determinato presso le pubbliche amministrazioni, e dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro dei comparti del pubblico impiego, nonché dagli artt. 19 e 21 del D. Lgs. 81/2015, che disciplinano, tra l’altro, il limite massimo di durata dei suddetti rapporti, pari a 36 mesi per le pubbliche amministrazioni, ed a 24 mesi nel settore privato (salvo talune eccezioni).

L’art. 57 del D.L. 104/2020, commi 3 e 3-bis, come modificato dalla legge di bilancio 2021 (L. 178/2020), ha previsto la possibilità per gli enti territoriali delle zone colpite dal sisma del 2009 in Abruzzo, dal sisma 2016- 2017 in Centro Italia e dal sisma 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, dal sisma del 2002 in Molise e da parte degli enti parco nazionali dei comuni colpiti dal sisma 2016-2017, di stabilizzare i contratti a tempo determinato stipulati, e a tale fine, a decorrere dall'anno 2020, ha previsto l’istituzione di un apposito Fondo presso il MEF dedicato a tali assunzioni, con dotazione pari a 5 milioni di euro per l'anno 2020, a 31 milioni di euro per l'anno 2021 e a 83 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022.

 

Riduzione del Fondo per le emergenze nazionali

Il comma 12 riduce di 4,95 milioni di euro, per l'anno 2022, il Fondo per le emergenze nazionali previsto dall’art. 44 del Codice della protezione civile (decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1).

L’art. 44 del Codice della protezione civile stabilisce che per gli interventi emergenziali conseguenti agli eventi per i quali il Consiglio dei ministri delibera la dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, si provvede con l'utilizzo delle risorse del Fondo per le emergenze nazionali, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile.

Nel bilancio 2021-2023, il capitolo 7441 reca stanziamenti (di competenza e cassa) per il richiamato Fondo per le emergenze nazionali, pari a 940 milioni per il 2021 e a 340 milioni per ciascuna degli anni 2022 e 2023.


Articolo 150
(Rifinanziamento del Fondo per la prevenzione del rischio sismico)

 

 

L’articolo 150 interviene per rifinanziare il Fondo per la prevenzione del rischio sismico per complessivi 200 milioni di euro per il periodo 2024- 2029, al fine di potenziare le azioni di prevenzione strutturale, su edifici e infrastrutture di interesse strategico per le finalità di protezione civile, e le azioni di prevenzione non strutturale, per studi di microzonazione sismica e analisi della condizione limite per l'emergenza.

 

Il comma 1 dell’articolo 150 rifinanzia per complessivi 200 milioni di euro per il periodo 2024- 2029, il Fondo per la prevenzione del rischio sismico previsto all’articolo 11 del D.L. 39/2009, secondo la seguente ripartizione:

§  5 milioni di euro per l'anno 2024;

§  20 milioni di euro per l'anno 2025;

§  25 milioni di euro per l'anno 2026;

§  50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2027 al 2029.

 

La disposizione in esame è volta al potenziamento delle azioni:

§  di prevenzione strutturale, su edifici e infrastrutture di interesse strategico per le finalità di protezione civile;

§  di prevenzione non strutturale, per studi di microzonazione sismica e analisi della condizione limite per l'emergenza.

 

A tale scopo, le Regioni dovranno presentare un apposito Piano degli interventi, da realizzare nel limite delle risorse disponibili, che dia indicazione:

§  di un cronoprogramma procedurale;

§  dei soggetti attuatori;

§  e dei codici unici di progetto per le opere previste.

Successivamente alla presentazione del suddetto Piano da parte delle regioni, con apposita ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile, emanata di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, si provvede:

§  in merito all’utilizzo e all’assegnazione delle risorse;

§  in merito alle modalità di monitoraggio degli interventi ai sensi del D. Lgs. 229/2011;

§  e in merito alle modalità di revoca delle risorse, in caso di mancata alimentazione dei sistemi di monitoraggio o di mancato rispetto del cronoprogramma procedurale.

L’art. 11 del D.L. 39/2009 ha istituito il Fondo per la prevenzione del rischio sismico nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con una dotazione complessiva di 965 milioni di euro per 7 anni (dal 2010 al 2016). L'attuazione della disposizione citata è stata affidata al Dipartimento per la protezione civile e le risorse sono state ripartite tra le regioni sulla base dell'indice medio di rischio dei territori, destinate, tra l'altro, a studi di microzonazione sismica ed a interventi strutturali di rafforzamento locale o di miglioramento sismico. Il Fondo per la prevenzione del rischio sismico, con la legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), è stato rifinanziato per 50 milioni di euro a decorrere dal 2019. Il decreto 24 agosto 2021 ha previsto la ripartizione per le annualità 2019-2020-2021, per complessivi 147,3 milioni di euro ai 3814 comuni riportati nell' allegato 7 dell'Ordinanza della Protezione Civile 20 maggio 2021, n. 780. In particolare, sono finanziate le seguenti azioni: a) azioni di prevenzione non strutturale consistenti in studi di microzonazione sismica e analisi della condizione limite per l'emergenza, per 16,3 milioni di euro; b) azioni di prevenzione strutturale consistenti in interventi strutturali di rafforzamento locale o di miglioramento sismico o, eventualmente, di demolizione e ricostruzione, degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, per 131,7 milioni di euro.

 

 

 


Articolo 151
(Finanziamento del Piano triennale per la lotta contro gli incendi)

 

 

L’articolo 151 introduce misure volte al finanziamento del Piano triennale di coordinamento delle azioni di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi previsto dall'articolo 1, comma 3, del decreto legge n. 120 del 2021.

A tal fine, si istituisce un apposito fondo da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile, con una dotazione complessiva di 150 milioni di euro per il triennio 2022-2024 (comma 1). Al comma 2 sono recate le modalità di finanziamento del primo Piano nazionale speditivo relativo alle annualità 2022-2024, demandando al D.P.C.M. approvativo del Piano triennale per la lotta contro gli incendi il compito di ripartire le risorse finanziarie del predetto Fondo di cui al comma 1. 

 

Al comma 1 si prevede l'istituzione di un apposito fondo da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile, allo scopo della realizzazione del Piano triennale nazionale di coordinamento per l'aggiornamento tecnologico e l'accrescimento della capacità operativa nelle azioni di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legge n. 120 del 2021 (decreto legge "incendi", conv. in l. n. 155 del 2021).

Il predetto Piano nazionale è un nuovo strumento previsionale nella lotta contro gli incendi introdotto dall'art. 1, co. 3, del d. l. n. 120 del 2021, convertito con modificazioni in l. n. 155 del 2021. Il Piano nazionale è previsto avere validità triennale (può essere aggiornato annualmente, a seguito di eventuali modifiche ai relativi stanziamenti) ed è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza Unificata. Il Piano nazionale - alla cui realizzazione si provvede nell'ambito delle risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente - è predisposto sulla scorta di una specifica, articolata rilevazione condotta dal Dipartimento della protezione civile, il quale può avvalersi di un Comitato tecnico.

Per approfondimenti sul punto, cfr. Dossier dei Servizi Studi di Camera e Senato sull'A.C. n. 3341 (D.L. incendi).

 

Il fondo, iscritto nello stato di previsione del MEF, dispone di una dotazione complessiva di 150 milioni di euro per il triennio 2022-2024, così ripartiti:

·        40 milioni di euro per l'anno 2022;

·        50 milioni di euro per l'anno 2023;

·        60 milioni di euro per l'anno 2024.

Nell'ambito di tale dotazione complessiva, 60 milioni di euro in tutto, 20 milioni di euro all'anno per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024 sono destinati alle Regioni.

Si ricorda che, sulla scorta della legge-quadro sugli incendi boschivi n. 353 del 2000, spetta alle Regioni la competenza in materia di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi, ivi compresa sia l'elaborazione dei piani regionali di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi - triennali, con aggiornamento annuale (in base a linee guida definite dal decreto del Ministro dell'Interno del 20 dicembre 2001) - sia l'attivazione delle sale operative affinché intervengano così le squadre per lo spegnimento di terra come i mezzi aerei regionali (in genere elicotteri), con personale regionale, volontari e vigili del fuoco (ed eventualmente l'ausilio di un intervento di protezione civile). Spetta invece allo Stato il concorso alle attività di spegnimento degli incendi, con i mezzi della flotta aerea antincendio di Stato, il cui coordinamento compete al Dipartimento della protezione civile, che lo esercita mediante Centro operativo aereo unificato (COAU). In contatto con le sale operative regionali, il centro di comando statale interviene allorché le forze regionali non siano in grado di fronteggiare da sole l'incendio e muovano richiesta di concorso aereo statale.

 

Il comma 2 reca previsioni normative e finanziarie per l'adozione del primo Piano nazionale speditivo relativo alle annualità 2022-2024 di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto legge n. 120 del 2021 (c.d. D.L. incendi).

L'art. 1, co. 4, del più volte citato decreto legge "incendi" prevede - in fase di prima applicazione - ai fini dell'adozione di un primo Piano nazionale speditivo che, entro il 10 ottobre 2021, il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri provveda alla ricognizione delle più urgenti necessità tra quelle indicate dal comma 1 del predetto art. 1 [le quali in estrema sintesi sono: a) valutazione delle tecnologie idonee all'integrazione dei sistemi di sorveglianza, monitoraggio e rilevamento dell'ambiente utili al miglioramento degli strumenti preventivi nella lotta contro gli incendi; b) potenziamento dei mezzi aerei, b-bis) potenziamento delle  strutture  di aviosuperfici, elisuperfici e idrosuperfici; c) potenziamento delle  flotte  aeree  delle regioni e delle infrastrutture a loro supporto, di  mezzi  terrestri, attrezzature,   strumentazioni   e    dispositivi    di    protezione individuale, strumenti tutti utili al rafforzamento della capacità operativa nella lotta attiva contro gli incendi; d) esigenze di formazione del personale addetto alla lotta attiva]. Si segnala al riguardo l'avvenuto decorso di tale termine previsto dal comma 4 dell'articolo 1 citato.

Il Dipartimento si avvale a tal fine del Tavolo tecnico inter-istituzionale per il monitoraggio del settore antincendio boschivo e la proposizione di soluzioni operative (coordinato dal medesimo Dipartimento e composto da rappresentanti delle regioni, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dell’Arma dei carabinieri, del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e turismo, nonché all’Associazione nazionale comuni italiani) integrandolo, ove necessario, con ulteriori esperti, segnalati dalle Amministrazioni centrali componenti del Comitato tecnico istituito ai sensi del comma 2 dell'art. 1 del decreto legge "incendi". La partecipazione al Tavolo tecnico inter-istituzionale avviene senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

In particolare, con la disposizione in esame si prevede che con il D.P.C.M. approvativo del Piano triennale di cui all'art. 1, co. 3, del d. l. n. 120 del 2021 - che dovrà essere emanato, in base alla norma qui in esame, entro 30 giorni dall'entrata in vigore del disegno di legge di bilancio 2022 - si provveda altresì al riparto delle risorse del Fondo di cui al comma 1.

Si segnala, sul piano della formulazione della disposizione in esame e a fini di coordinamento, che la norma reca, al comma 2, un termine per l'emanazione di un D.P.C.M. previsto tuttavia da altra disposizione (art 1, co. 3 del D.L. 120/21).

 

Il D.P.C.M. approvativo del Piano nazionale di coordinamento per la lotta contro gli incendi deve essere emanato con il concerto di un novero di Ministri (interno; difesa; economia e finanze; innovazione tecnologica e transizione digitale; Mezzogiorno e coesione territoriale; transizione ecologica; politiche agricole alimentari e forestali; affari regionali e autonomie, nonché, dell'università e della ricerca) secondo quanto previsto dall'art. 1, comma 3, d. l. n. 120 del 2021.

Nel ripartire le risorse del Fondo, si dovrà tener conto anche delle risorse iscritte sui pertinenti capitoli del bilancio del Ministero dell'Interno, finalizzate:

-         al rinnovo della flotta elicotteri;

-         all'aggiornamento tecnologico dei velivoli;

-         all'aumento della capacità operativa delle squadre del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco.

 

Si ricorda, in tema di risorse finanziarie per la lotta agli incendi, che l'art. 8 del citato D.L. incendi, ha previsto che, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2 del medesimo DL incendi, alla realizzazione delle misure di lotta contro gli incendi boschivi concorrono le risorse disponibili nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), Missione 2, componente 4, specificamente destinate alla realizzazione di un sistema avanzato e integrato di monitoraggio del territorio, nel limite di 150 milioni di euro, prevedendo che in sede di attuazione del PNRR e compatibilmente con le specifiche finalità dello stesso, il Ministero della transizione ecologica valuti, di comune accordo con le altre amministrazioni interessate, la possibilità di destinare ulteriori fondi del PNRR in favore delle azioni di contrasto all'emergenza incendi, ivi compresi gli interventi di ripristino territoriale (si assumono al riguardo quale ambito prioritario d'intervento le aree protette nazionali e regionali e i siti della rete Natura 2000, nonché le aree classificate a rischio idrogeologico nella pianificazione di bacino vigente).

 

 


Articolo 152
(Ammodernamento parco infrastrutturale
dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza)

 

 

L’articolo 152, al comma 1, prevede l'istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero della difesa per la realizzazione di un programma ultra decennale per la costruzione di nuove caserme e per l'esecuzione di interventi straordinari su quelle già esistenti.

 Il comma 2, prevede l'istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze finalizzato alla realizzazione dei medesimi interventi contemplati dal comma 1 dell’articolo 152.

 

Nello specifico il comma 1 dell’articolo 1521 prevede l'istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero della difesa con una dotazione di 20 milioni di euro per l'anno 2022, 30 milioni di euro per l'anno 2023 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2036, per un ammontare complessivo di euro 700 milioni in 15 anni.

Il fondo è finalizzato alla realizzazione di un programma ultra decennale per la costruzione di nuove caserme demaniali con le annesse pertinenze e l'acquisto dei relativi arredi e la ristrutturazione, l'ampliamento, il completamento, l'esecuzione di interventi straordinari, l'efficientamento energetico e l'adeguamento antisismico di quelle già esistenti, comprese quelle confiscate alla criminalità organizzata.

La relazione illustrativa allegata al disegno di legge in esame motiva la disposizione in esame in considerazione del fatto che più della metà delle caserme dell’Arma dei Carabinieri è stata costruita oltre quarant'anni fa e, pertanto, non risponde ai previsti standard edilizi di efficienza energetica e resistenza antisismica.

La relazione fa, altresì, presente che gran parte degli immobili privati non è adeguatamente manutenzionata per il fatto che, spesso, i proprietari non dispongono delle capacità finanziare per provvedere, anche per l'esiguità dei canoni di locazione corrisposti.

Nella richiamata relazione illustrativa si segnala che l'Arma dei Carabinieri ha in uso complessivamente 5.919 immobili adibiti a caserme (di cui 1.065 acquisiti dall'ex Corpo Forestale dello Stato), soggetti a diversi regimi patrimoniali. In particolare:

§  1.633 (di cui 569 dell'ex Corpo Forestale dello Stato) sono ascritti al demanio dello Stato;

§  2.424 (di cui 354 dell'ex Corpo Forestale dello Stato) sono concessi in locazione o comodato d'uso gratuito da enti locali o pubblici;

§  1.862 (di cui 142 dell'ex Corpo Forestale dello Stato) sono infine di proprietà privata, per i quali viene corrisposto un canone di locazione annuo.

 

In relazione alle modalità di utilizzo delle risorse del fondo le successive lettre da a) ad f)  prevedono che:

 

§  le opere contemplate nel programma sono considerate opere destinate alla difesa nazionale ai fini dell'applicazione delle disposizioni previste dagli articoli 352-355 del Codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 (lettera a);

 

Al riguardo, si ricorda che ai sensi dell’articolo 352 per la localizzazione di tutte le opere che siano qualificate dalle norme vigenti come destinate alla difesa nazionale, o che siano comunque destinate alla difesa nazionale, non occorre l'accertamento di conformità urbanistica di cui al DPR n. 383 del 1994.

Il citato DPR n.383, recante la disciplina regolamentare dei procedimenti di localizzazione delle opere d’interesse statale, stabilisce che l’accertamento di conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi di questa categoria di opere pubbliche è fatto dallo Stato d’intesa con la regione interessata.

Ai sensi del successivo articolo 353 non occorre titolo abilitativo edilizio per la realizzazione di opere del Ministero della difesa, mentre ai sensi dell’articolo 354 agli alloggi di servizio per il personale militare e alle opere destinate alla difesa nazionale, incidenti su immobili o aree sottoposti a tutela paesaggistica, si applica l'articolo 147 Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004) ai sensi del quale l'autorizzazione viene rilasciata in esito ad una conferenza di servizi indetta ai sensi delle vigenti disposizioni.

Da ultimo l’articolo 355 reca norme finalizzate alla valorizzazione ambientale degli immobili militari, con particolare riferimento alla possibilità di  affidare in concessione o in locazione, o utilizzare direttamente, in tutto o in parte, i siti militari, le infrastrutture e i beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso o in dotazione all'Esercito italiano, alla Marina militare, all'Aeronautica militare e all'Arma dei carabinieri, per installare impianti energetici destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta, nel quadro degli obiettivi comunitari in materia di energia e ambiente.

 

§  Si applicano le procedure in materia di contratti pubblici previste dai titoli III (articoli da 44 a 46) e IV (articoli da 47 a 56 - quater) della parte II del decreto legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito nella legge n. 108 del 2021(lettera b).

 

Il titolo III del richiamato decreto legge n. 77 del 2021 reca disposizioni concernenti la procedura speciale per alcuni progetti PNRR, mentre il titolo IV reca disposizioni in materia di contratti pubblici. In particolare l'articolo 44, prevede talune semplificazioni procedurali in materia di opere pubbliche la cui realizzazione dovrà rispettare una tempistica particolarmente stringente anche in considerazione del fatto che le opere stesse sono state indicate nel PNRR o sono state incluse nel cosiddetto Fondo complementare. Vengono inoltre assicurati, al fine di garantire tempi certi di conclusione dei relativi procedimenti autorizzativi, una sensibile riduzione dei tempi per l'espressione, da parte dei diversi soggetti coinvolti, dei diversi pareri previsti. A sua volta l’articolo 48 introduce misure di semplificazioni in materia di affidamento dei contratti pubblici PNRR e PNC, in relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea.

Per un approfondimento delle richiamate norme si rinvia alla documentazione pubblicata alla seguente pagina del sito della Camera.

 

§  La funzione di stazione appaltante è svolta dall'Agenzia del demanio, dai competenti provveditorati alle opere pubbliche o dagli enti locali, sulla base di accordi stipulati tra le amministrazioni interessate ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990 (lettera c);

 

In estrema sintesi si ricorda che per stazioni appaltanti si intendono gli enti che affidano un contratto d’appalto pubblico che riguardi lavori, servizi o forniture. Per il Codice dei Contratti (D.Lgs 50/2016) sono amministrazioni aggiudicatrici le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici e quelli territoriali, gli organismi di diritto pubblico le associazioni e i consorzi. In particolare, l’articolo 37 del citato Codice dei contratti pubblici dispone che le stazioni appaltanti possono procedere all'acquisizione di forniture e servizi di importo superiore a 40.000 euro e di lavori di importo superiore a 150.000 euro se sono in possesso della necessaria qualificazione ai sensi del successivo articolo 38. Tale articolo, in particolare dispone (al comma 1) l’istituzione presso l'ANAC di un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate di cui fanno parte anche le centrali di committenza.

 

§  L'approvazione dei progetti delle opere previste dalla presente legge equivale a tutti gli effetti a dichiarazione di pubblica utilità, nonché di urgenza e indifferibilità delle opere stesse (lettere d) ed e).

Al riguardo si prevede che il programma:

1.   venga predisposto sulla base delle proposte formulate dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri e relative, tra l'altro, all'individuazione e alla localizzazione degli interventi da eseguire e ai parametri progettuali da rispettare.

2.   sia approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa e il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita l'Agenzia del demanio, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge in esame;

3.   sia comunicato alle competenti commissioni parlamentari entro trenta giorni dalla sua approvazione. Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili riferisce annualmente alle competenti commissioni parlamentari sullo stato di attuazione del programma.

 

Per quanto concerne le priorità/ preferenze di intervento si prevede che gli interventi del programma vengano realizzati ricorrendo preferibilmente:

1.   a stabili demaniali che potranno essere abbattuti e ricostruiti sullo stesso sedime.

2.   alla rifunzionalizzazione degli immobili confiscati alla criminalità organizzata, anche attraverso il loro abbattimento e la successiva ricostruzione laddove economicamente più vantaggioso;

3.   all'accasermamento nel medesimo stabile di reparti di diverse organizzazioni funzionali;

4.   all'acquisto, tramite l'Agenzia del demanio, di immobili privati già sede di presidi territoriali dell'Arma dei carabinieri in regime di locazione con conseguente adeguamento,

5.   ad aree o immobili di proprietà dei comuni interessati, acquisiti anche mediante permuta con aree o fabbricati di proprietà dello Stato (lettera f).

 

Il successivo comma 2 prevede l'istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze con una dotazione di 40 milioni di euro per l'anno 2022, 40 milioni di euro per l'anno 2023 e 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2036, per un ammontare complessivo di euro 340 milioni.

 

Il fondo è finalizzato alla realizzazione di un programma ultra decennale analogo a quello indicato al precedente comma 1 e volto, quindi:

 

1.   alla costruzione di nuove caserme demaniali per la Guardia di finanza, con le annesse pertinenze;

2.   all'acquisto dei relativi arredi;

3.    alla ristrutturazione, all'ampliamento, al completamento, all'esecuzione di interventi straordinari, al1'efficientamento energetico e all'adeguamento antisismico di quelle già esistenti, comprese quelle confiscate alla criminalità organizzata.

 

Le successive lettere da a) ad f) del comma 2, richiamano le previsioni normative stabilite per la gestione delle risorse del Fondo di cui al comma 1, con l’eccezione relativa alla differente procedura per l’adozione del programma.

 

Al riguardo, la lettera e) del comma 2 prevede, infatti, che il programma:

 

1.   venga predisposto sulla base delle proposte formulate dal Comando generale della Guardia di finanza e relative, tra l'altro, all'individuazione e alla localizzazione degli interventi da eseguire e ai parametri progettuali da rispettare.

2.   sia approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dell'interno e il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Agenzia del demanio, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge in esame;

3.   sia comunicato alle competenti commissioni parlamentari entro trenta giorni dalla sua approvazione. ll Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili riferisce annualmente alle competenti commissioni parlamentari sullo stato di attuazione del programma.

 

 

Ai sensi del comma 3 gli interventi dei programmi di cui ai commi 1 e 2 devono essere identificati dal Codice unico di progetto (CUP) ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 3 del 2003, e monitorati sulla base di quanto disposto dal decreto legislativo 29 dicembre 2011, n.229 che reca le procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche.

 

Con riferimento alla previsione relativa all’identificazione dei singoli interventi attraverso il codice unico di progetto, si ricorda che la legge n.3/2003, all’articolo 11, ha previsto che a decorrere dal 1 gennaio 2003, per la funzionalità della rete di monitoraggio degli investimenti pubblici, ogni nuovo progetto di investimento pubblico, nonché ogni progetto in corso di attuazione alla predetta data, è dotato di un “Codice unico di progetto – CUP”, che le competenti amministrazioni o i soggetti aggiudicatori richiedono in via telematica secondo la procedura definita dal CIPE”. Il CUP rappresenta, quindi, lo strumento atto a identificare univocamente ogni progetto d’investimento pubblico attraverso una codifica comune e valida per tutte le Amministrazioni e per i soggetti, pubblici e privati, coinvolti nel procedimento o chiamati a seguirne la realizzazione (per un approfondimento si veda qui).


Articolo 153
(Fondo per il sostegno alla transizione industriale)

 

 

L’articolo 153 istituisce nello stato di previsione del MISE il Fondo per il sostegno alla transizione industriale con una dotazione di 150 milioni di euro a decorrere dal 2022, allo scopo di favorire l'adeguamento del sistema produttivo nazionale alle politiche europee in materia di lotta ai cambiamenti climatici. A valere sulle risorse del fondo possono essere concesse agevolazioni alle imprese, con particolare riguardo a quelle che operano in settori ad alta intensità energetica, per la realizzazione di investimenti per l'efficientamento energetico, per il riutilizzo per impieghi produttivi di materie prime e di materie riciclate, nonché per la cattura, il sequestro e il riutilizzo della CO2. Il comma 2 demanda a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la transizione ecologica, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, l'adozione delle disposizioni attuative dell'articolo in esame.

 

Il Regolamento (UE) 2021/1119 che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento (UE) 2018/1999 («Normativa europea sul clima») stabilisce un quadro per raggiungere la neutralità climatica nell'Unione europea (UE) entro il 2050 (cioè un equilibrio tra le emissioni di gas a effetto serra in tutta l'UE e la loro rimozione regolata dal diritto dell'UE); include, oltre all'obiettivo vincolante della neutralità climatica nell'UE entro il 2050, l'obiettivo di raggiungere emissioni negative nell'UE in seguito; prevede un obiettivo vincolante per l'UE di una riduzione interna netta delle emissioni di gas serra di almeno il 55% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2030, e di fissare un obiettivo climatico per il 2040 entro sei mesi dal primo bilancio globale ai sensi dell'accordo di Parigi; introduce regole per assicurare un progresso continuo verso l'obiettivo di adattamento globale dell'Accordo di Parigi.

Per ulteriori approfondimenti, si veda la Nota su atti dell'Unione europea n. 64 del 14 dicembre 2020.


Articolo 154
(Fondo italiano per il clima)

 

L’articolo 154 istituisce un Fondo italiano per il clima, con una dotazione pari a 840 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026 e di 40 milioni a partire dal 2027, passibile di incremento con l'apporto finanziario di soggetti pubblici o privati, nazionali o internazionali. Finanzierà interventi, anche a fondo perduto, a favore di soggetti privati e pubblici per contribuire al raggiungimento degli obiettivi stabiliti negli accordi internazionali in materia di clima e tutela ambientale ai quali l'Italia ha aderito. Gli interventi del Fondo saranno destinati in primis ai Paesi individuati dal Comitato di aiuto allo sviluppo OCSE-DAC, in maniera altresì coerente con la politica estera italiana. Tra le attività consentite al Fondo (assunzione di capitale di rischio e erogazione di finanziamenti, diretti o indiretti) rileva l'erogazione di garanzie su finanziamenti concessi da soggetti terzi autorizzati all'esercizio del credito, assistite dalla garanzia dello Stato quale garanzia di ultima istanza che opera in caso di accertata insolvenza del Fondo. Il Gestore del Fondo è individuato in Cassa depositi e prestiti S.p.A.; due organi interministeriali (Comitato di indirizzo e Comitato direttivo) ne assicureranno la governance.

 

L'articolo in esame istituisce, nello stato di previsione del Ministero della transizione ecologica, il Fondo italiano per il clima.

La relazione illustrativa chiarisce che tale strumento contribuirà al raggiungimento degli impegni assunti dall'Italia al livello internazionale e a incrementare le risorse finanziarie destinate a iniziative di adattamento e contrasto al cambiamento climatico. Nel contesto della COP 21 (Conferenza di Parigi sul clima del 2015, cui hanno fatto seguito le successive COP, da ultimo la COP 26 di Glasgow), infatti, i principali Paesi industrializzati - e tra essi l'Italia - hanno assunto l'impegno collettivo, da raggiungere entro il 2020, di mobilitare 100 miliardi di dollari all'anno verso iniziative di finanza per il clima a favore di Paesi in via di sviluppo. Le risorse effettivamente messe a disposizione dall'Italia nel periodo 2015-2018 si sono tuttavia attestate su valori inferiori rispetto agli impegni assunti, risultando mediamente pari a circa 500 milioni di dollari all'anno, né sono stati sinora annunciati ulteriori impegni per il periodo successivo al 2020.

Il comma 1 specifica che si tratterà di un fondo rotativo con una dotazione pari a:

Ø  840 milioni per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026

Ø  e di 40 milioni di euro a partire dal 2027.

 Il comma 9 aggiunge che tale dotazione può essere incrementata con l'apporto finanziario di soggetti pubblici o privati, nazionali o internazionali, anche a valere su risorse europee o internazionali. I relativi finanziamenti dovranno essere preliminarmente versati all'entrata del bilancio dello Stato e successivamente riassegnati ai fini della costituzione di sezioni speciali.

Si ricorda che il "fondo rotativo" è definito come  uno strumento finanziario di sostegno alimentato dallo stanziamento di risorse pubbliche e dal rientro delle somme restituite dalle imprese che ne hanno beneficiato. Così, nel momento in cui il beneficiario comincia a restituire il finanziamento ricevuto il Fondo medesimo si rigenera grazie alle somme di ritorno.

La relazione tecnica rileva che l'introduzione di tale Fondo consenta di ottimizzare l'impiego delle risorse pubbliche nazionali, in linea con le best practice di altri Paesi europei, dotando l'Italia di un meccanismo di intervento analogo a quelli utilizzati dalle Development Finance Institution (DFI) di tali Paesi, evidenziando come, nel quadro di tali meccanismi, le risorse pubbliche permettano di intervenire in un'ottica di addizionalità, catalizzando anche capitali privati in quei contesti in cui altrimenti il mercato non indirizzerebbe le proprie risorse e incrementando in tal modo le risorse complessivamente destinate al raggiungimento degli obiettivi fissati nell'ambito degli accordi internazionali sul clima.

I relativi fondi - prosegue il comma 1 - saranno destinati al finanziamento di interventi a favore di soggetti privati e pubblici, volti a contribuire al raggiungimento degli obiettivi stabiliti nell'ambito degli accordi internazionali in materia di clima e tutela ambientale ai quali l'Italia ha aderito.

 

I principali accordi internazionali di cui l'Italia è parte sono i seguenti:

1)      l'Accordo di Parigi, sottoscritto nel dicembre 2015 da 190 parti contraenti. Stabilisce un quadro globale per evitare pericolosi cambiamenti climatici. Ha posto l'ambizioso obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali entro fine secolo, limite massimo oltre il quale si ritiene che l'impatto delle temperature si tradurrebbe in gravi danni per gli abitanti e l'ecosistema del pianeta

2)      l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Si tratta di un programma d'azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel 2015 dai Governi dei 193 Paesi membri dell'ONU. Essa ingloba 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile, tra cui "assumere azioni urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze" (obiettivo 13) e l'obiettivo 15, relativo a biodiversità, foreste e desertificazione.

 

A livello europeo, invece, rileva il Green deal, programma per una nuova crescita sostenibile dell'Unione europea, finalizzato a rendere l'Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050 ed a raggiungere l'obiettivo collettivo di una riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra pari ad almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Al fine di realizzare tale traguardo, la Commissione europea ha presentato il 14 luglio 2021 una serie di proposte, in cui si rivede e si aggiorna la normativa dell'UE perché essa sia in linea con gli obiettivi climatici concordati (cd. pacchetto "pronti per il 55 per cento", Fit for 55)[81].

Per il finanziamento del Green deal sono state messe a disposizione specifiche risorse all'interno di "Next Generation EU" (NGEU)[82]. In particolare, il 37 per cento delle risorse complessivamente richieste dagli Stati membri nei rispettivi Piani nazionali di ripresa e resilienza[83] è dedicato a interventi di contrasto al cambiamento climatico. Specifiche risorse sono poi disponibili all'interno del Fondo speciale per una transizione giusta, focalizzato al sostegno delle attività che più di altre risentiranno negativamente dell'impatto di tale transizione, con una dotazione di 17,5 miliardi di euro.

 

Le condizioni, i criteri e le modalità per l'utilizzo delle risorse del Fondo saranno stabiliti con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia delle finanze.

In ogni caso, si specifica già che gli interventi del Fondo saranno realizzati:

1)     in conformità con le finalità e i principi ispiratori della legge 11 agosto 2014, n. 125.

La legge 11 agosto 2014, n. 125, recante "Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo", ha adeguato la normativa italiana ai principi e agli orientamenti emersi nella Comunità internazionale sulle problematiche dell'aiuto allo sviluppo nel corso degli ultimi venti anni. L'articolo 1 della legge, nel descriverne l'oggetto e le finalità, stabilisce che la cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile, i diritti umani e la pace" si ispira ai princìpi della Carta delle Nazioni Unite ed alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La sua azione, conformemente al principio di cui all'articolo 11 della Costituzione, contribuisce alla promozione della pace e della giustizia e mira a promuovere relazioni solidali e paritarie tra i popoli fondate sui princìpi di interdipendenza e partenariato". Il comma 2 ne enumera gli obiettivi fondamentali, che sono volti a: sradicare la povertà e ridurre le disuguaglianze, migliorare le condizioni di vita delle popolazioni e promuovere uno sviluppo sostenibile; tutelare e affermare i diritti umani, la dignità dell'individuo, l'uguaglianza di genere, le pari opportunità e i princìpi di democrazia e dello Stato di diritto; prevenire i conflitti, sostenere i processi di pacificazione, di riconciliazione, di stabilizzazione post-conflitto, di consolidamento e rafforzamento delle istituzioni democratiche"[84];

2)     in conformità con gli indirizzi della politica estera italiana.

L'articolo 1 della citata legge 11 agosto 2014, n. 125 specifica, del resto, che la cooperazione allo sviluppo "è parte integrante e qualificante della politica estera dell'Italia";

3)     a favore dei Paesi destinatari di aiuto pubblico allo sviluppo individuati dal Comitato di aiuto allo sviluppo dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE-DAC).

 

All'interno dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico è operativo il Comitato di aiuto allo sviluppo, composto di trenta componenti, tra cui l'Italia e l'Unione europea. Il Comitato promuove la cooperazione allo sviluppo ed altre politiche rilevanti per contribuire all'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Il suo mandato comprende azioni per: una crescita sostenuta, sostenibile e inclusiva; lo sradicamento della povertà; il miglioramento delle condizioni di vita nei paesi in via di sviluppo; un futuro in cui nessun Paese dipenderà dagli aiuti esterni. Tra le attività del Comitato rilevano il monitoraggio dell'assistenza ufficiale allo sviluppo, l'adozione di standard ufficiali di cooperazione e la conduzione di valutazioni paritetiche.

Il Comitato adotta e rivede ogni tre anni una lista ufficiale di tutti i paesi e territori idonei a ricevere assistenza ufficiale allo sviluppo. Comprende paesi a basso e medio reddito, quantificato sulla base del prodotto interno lordo pro capite calcolato dalla banca mondiale, assieme ai paesi meno sviluppati (least developed countries, LDCs) quali definiti dalle Nazioni Unite. Sono esclusi i membri del G8, gli Stati membri dell'Unione europea e quelli per i quali è stata stabilità la data di accessione all'UE.

La lista per il 2021 è disponibile sul sito dell'OCSE. La prossima revisione è prevista nel 2023.

Ulteriori Paesi beneficiari potranno essere individuati con decreto del Ministro della transizione ecologica e del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sempre in maniera coerente con gli accordi internazionali in materia di clima e tutela ambientali sottoscritti dall'Italia.

Le possibili azioni che può intraprendere il Fondo sono elencate al comma 2:

1)     assumere capitale di rischio mediante fondi di investimento, fondi di fondi o capitale di debito (lettera a);

2)     erogare finanziamenti indiretti mediante istituzioni finanziarie, anche europee, multinazionali e sovranazionali o fondi multilaterali di sviluppo (lettera b);

3)     erogare finanziamenti diretti di iniziative e programmi ad elevato impatto, sulla base della definizione da adottare a cura del Comitato di indirizzo di cui al successivo comma 8 (lettera c).

Per le operazioni finanziarie differenti da quelle sopra elencate, la lettera d) autorizza il Fondo a erogare garanzie su finanziamenti concessi da soggetti terzi autorizzati all'esercizio del credito. Per le garanzie è stabilito il limite massimo del 50 per cento dell'importo finanziato, per un importo massimo a sua volta non eccedente il 50 per cento delle risorse stanziate dal già illustrato comma 1.

La relazione illustrativa chiarisce che si vuole tutelare l' "esigenza di garantire la sussistenza del rapporto trilaterale garante/garantito/beneficiario". Si vuole dunque evitare una sovrapposizione tra soggetto garantito e soggetto garante, realizzando uno schema in cui il Fondo sarebbe tanto erogatore dell'operazione finanziaria (e quindi creditore) quanto garante della stessa.

La garanzia dovrà essere a prima richiesta, esplicita, irrevocabile e conforme ai requisiti previsti dalla normativa di vigilanza prudenziale (ai fini della migliore mitigazione del rischio). A copertura delle perdite attese Cassa Depositi e Prestiti SpA - indicato come Gestore del Fondo dal successivo comma 5 - è incaricata di istituire, con parte delle risorse di cui al comma 1, un apposito fondo di accantonamento, a cui affluiranno i premi versati al Fondo medesimo a fronte del rilascio delle garanzie.

Le obbligazioni assunte dal Fondo sono assistite dalla garanzia dello Stato quale garanzia di ultima istanza, operante in caso di accertata insolvenza del Fondo in relazione agli impegni assunti. Essa opererà "limitatamente a quanto dovuto dal Fondo, ridotto di eventuali pagamenti già effettuati dallo stesso"; è escluso che possano farvi ricorso diretto i beneficiari degli interventi.

Viene precisato che la garanzia deve essere riportata nell'elenco delle garanzie principali e sussidiarie prestate dallo Stato a favore di enti o altri soggetti allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, come prescritto dall'articolo 31 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 ("Legge di contabilità e finanza pubblica).

Le modalità di escussione della garanzia saranno stabilite da un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri della transizione ecologica e degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Per l'avvio sarà preliminarmente necessario l'accertamento dell'incapienza del Fondo da parte di Cassa depositi e prestiti.

Si evidenzia che le garanzie sono erogate a condizioni di mercato, conformemente alla Comunicazione della Commissione sull'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie.

 

L'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (già 87 del Trattato sulla Comunità europea) prevede che - salvo deroghe contemplate dai trattati - sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. Procede poi a elencare gli aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio quelli a carattere sociale, destinati a ovviare a danni arrecati da calamità naturali o altri eventi eccezionali) e quelli la cui compatibilità è subordinata a determinate condizioni.

L'articolo 108 (ex articolo 88 del TCE) statuisce che la Commissione procede con gli Stati membri all'esame permanente dei regimi di aiuti esistenti e disciplina la procedura in caso di aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno: decisione della Commissione che l'aiuto debba essere soppresso o modificato; fissazione di un termine; possibilità di ricorso diretto alla Corte di giustizia dell'Unione europea nel caso in cui il termine sia disatteso. Circostanze eccezionali possono determinare la decisione, da assumersi all'unanimità da parte del Consiglio su richiesta di uno Stato membro, che un aiuto debba considerarsi compatibile con il mercato interno.

Con specifico riferimento agli aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie, nel 2008 la Commissione europea ha pubblicato la Comunicazione sull'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato istitutivo della Comunità europea sugli aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie. Il testo specifica preliminarmente che possono costituire aiuti statali sia le garanzie prestate direttamente dalle autorità centrali, regionali o locali, sia quelle conferite mediante risorse statali da organismi controllati dallo Stato (ad esempio imprese) ed imputabili alle autorità pubbliche. L'eventuale aiuto deve considerarsi concesso nel momento in cui viene prestata la garanzia e non quando questa venga fatta valere o il garante provveda al pagamento. Infatti il beneficio derivante dalla garanzia risiede nel fatto che il relativo rischio viene assunto dallo Stato; l'eventuale rinuncia, totale o parziale, al premio che remunera il rischio determina una perdita di risorse per lo Stato e, nel contempo, un beneficio per l'impresa.

Per determinare se ricorra o meno un aiuto di Stato - prosegue la Comunicazione - la Commissione basa la propria valutazione sul principio dell'investitore operante in un'economia di mercato, tenendo conto delle possibilità effettive per l'impresa beneficiaria di ottenere risorse finanziarie equivalenti ricorrendo al mercato dei capitali. Non si configura quindi "aiuto di Stato" qualora venga messa a disposizione una nuova fonte di finanziamento a condizioni che sarebbero accettabili per un operatore privato operante in circostanze normali di economia di mercato.

Viene delineata la distinzione tra "regime di garanzia" ("qualsiasi atto normativo sulla base del quale, senza che siano richieste ulteriori misure di attuazione, le garanzie possono essere fornite alle imprese che rispettano determinate condizioni relative a durata, importo, operazione sottostante, tipo o dimensioni delle imprese") e "atto di garanzia ad hoc", ovvero qualsiasi garanzia fornita a un'impresa senza essere stata concessa sulla base di un regime generale.

Con specifico riferimento ai regimi di garanzia, si esclude la presenza di un aiuto di Stato qualora ricorrano le seguenti condizioni:

1)      esclusione dei mutuatari che si trovano in difficoltà finanziarie (si ricorda che il "mutuatario" viene definito come il beneficiario principale della garanzia mentre il "mutuante" è l'organismo il cui rischio viene ridotto mediante la garanzia statale);

2)      misurabilità delle garanzie al momento della concessione, riguardando operazioni finanziarie specifiche, per un importo massimo fisso e un periodo limitato;

3)      importo massimo della garanzia pari all'80 per cento di ciascun prestito, o altra obbligazione finanziaria, in essere;

4)      natura di auto-finanziamento del regime e adeguato orientamento al rischio, di modo che i premi pagati dai beneficiari consentano, con ogni probabilità, l'autofinanziamento del regime stesso;

5)      revisione almeno annuale dell'adeguatezza del livello dei premi sulla base del tasso effettivo di perdita del regime;

6)      copertura, con i premi applicati, dei normali rischi inerenti alla concessione della garanzia, alle spese amministrative e alla remunerazione annua del capitale;

7)      previsione di condizioni trasparenti alle quali saranno concesse le future garanzie.

Un regime particolare è previsto per le garanzie concesse alle piccole e medie imprese (PMI).

Un aiuto di Stato si configura invece qualora una garanzia non rispetti il principio dell'investitore operante in un'economia di mercato. In tal caso l'elemento di aiuto va quantificato per verificarne la compatibilità con il diritto dell'Unione. La Commissione europea ritiene, in linea generale, che l'elemento dell'aiuto di Stato sarà quantificabile nella differenza tra il prezzo di mercato adeguato della garanzia e quello realmente pagato per tale misura. La Commissione anticipa che, nell'esaminare la compatibilità degli aiuti con il mercato comune, terrà conto, in particolare, dell'intensità degli aiuti, delle caratteristiche dei beneficiari e degli obiettivi perseguiti. Preannuncia inoltre che le garanzie saranno giudicate ammissibili solo se la loro attivazione sarà contrattualmente subordinata a condizioni specifiche, convenute tra le parti al momento della concessione. Gli Stati membri saranno tenuti a presentare alla Commissione europea relazioni sui regimi di garanzia contenenti aiuti "almeno alla fine della vigenza del regime di garanzia e per la notifica di un regime modificato". Il contenuto delle relazioni è disciplinato nel dettaglio, dovendo esse comprendere informazioni relative almeno a:

1)      numero e importo delle garanzie, emesse e in essere alla fine del periodo;

2)      numero e valore delle garanzie attivate per inadempimento su base annua;

3)      entrate annue, specificandone la provenienza (premi, recuperi, ecc);

4)      spese annue, anch'esse dettagliate per natura;

5)      avanzo o deficit, annuo e accumulato dall'inizio del regime.

Si rileva che dal 19 marzo 2020 è inoltre in vigore un Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19, con il quale si è cercato di fronteggiare le difficoltà derivanti dalla crisi pandemica. Del quadro temporaneo la Commissione europea ha recentemente proposto la proroga fino al 30 giugno 2022 nel tentativo di garantire che le imprese che risentono ancora degli effetti della crisi non siano improvvisamente private del sostegno necessario, consentendo invece un'eliminazione graduale e coordinata delle misure di aiuto.

 

Il comma 3 stabilisce che una quota del fondo, pari a non più di 40 milioni di euro a partire dal 2022, è destinata:

1)      all'erogazione di misure a fondo perduto;

2)     agli oneri e alle spese di gestione in carico al Fondo.

L'intervento in co-finanziamento con istituzioni finanziarie europee, multinazionali e sovranazionali e con fondi multilaterali di sviluppo è consentito dal comma 4.

Il comma 5 disciplina la relazione con Cassa depositi e prestiti SpA, regolata da apposita Convenzione, da stipulare con il Ministero della transizione ecologica. La Convenzione disciplinerà:

1)     l'impiego delle risorse del Fondo in coerenza con il piano di attività elaborato dal Comitato di indirizzo, per dettagli sul quale si rinvia all'illustrazione del successivo comma 8;

2)      gli oneri e le spese di gestione che sono a carico del Fondo.

Da un punto di vista operativo, Cassa Depositi e Prestiti è autorizzata ad aprire un apposito conto corrente di tesoreria centrale.

Sempre con riferimento alle funzioni di Cassa Depositi e prestiti, vengono inoltre apportate le seguenti modifiche all'articolo 5 ("Trasformazione della cassa depositi e prestiti in società per azioni") del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ("Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici"):

1)     la possibilità erogare finanziamenti (a Stato, regioni, enti locali, enti pubblici e organismi di diritto pubblico) anche per contribuire al raggiungimento degli obiettivi stabiliti nell'ambito degli accordi internazionali sul clima e tutela ambientale a cui l'Italia ha aderito (comma 7). Mediante tale modifica - evidenzia la relazione illustrativa - a Cassa depositi e Prestiti si consente di utilizzare in modo permanente le proprie risorse a favore di interventi sul clima, "anche in modo autonomo rispetto all'operatività del fondo";

2)     la possibilità di realizzare interventi di finanziamento - inclusa l'assunzione di capitale di rischio e di debito, e di co-finanziamento di singole iniziative - ricorrendo ai fondi della gestione separata previsti dall'articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 269/2003 (comma 6). Tale utilizzo ha la finalità di "contribuire al raggiungimento degli obiettivi del Fondo, affiancandone l'operatività e potenziandone la capacità di impatto".

L'articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 269/2003 stabilisce che nelle sue attività di finanziamento a enti pubblici Cassa depositi e prestiti istituisce un sistema separato ai soli fini contabili ed organizzativi, la cui gestione è uniformata a criteri di trasparenza e di salvaguardia dell'equilibrio economico.

Il comma 8 delinea la governance del Fondo, istituendo:

1)     un Comitato di indirizzo, che definisce l'orientamento strategico e le priorità di investimento del Fondo. Ne delibera, su proposta di Cassa depositi e prestiti, il piano di attività, anche mediante la definizione dell'ammontare di risorse destinato alle diverse modalità di intervento illustrate al comma 2. Ciò include l'apposizione di eventuali limiti per aree geografiche e categorie di paesi e per interventi effettuati a favore di, o aventi come intermediari, soggetti privati.

E' presieduto dal Ministro per la transizione ecologica o un suo delegato e composto da rappresentanti del Ministero della transizione ecologica, del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Le modalità di funzionamento saranno stabilite con Decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze;

2)     un Comitato direttivo, che delibera in merito ai finanziamenti e alle garanzie concessi a valere sulle risorse del Fondo, su proposta di Cassa Depositi e Prestiti e previo parere del Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo.

Il Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo è istituito dall'articolo 21 della legge 11 agosto 2014, n. 125. A tale organo è riservata l'approvazione di iniziative di cooperazione dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS) di valore superiore a 2 milioni di euro, essendo comunque messo a conoscenza delle iniziative di importo inferiore. Definisce inoltre la programmazione annuale, con riferimento a Paesi ed aree di intervento, e delibera ulteriori iniziative da finanziare. Il Comitato è presieduto dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale o dal viceministro della cooperazione allo sviluppo, ed è composto dal direttore generale per la cooperazione allo sviluppo e dal direttore dell'AICS. Vi partecipano, senza diritto di voto, i responsabili delle strutture competenti in relazione all'ordine del giorno ed i rappresentanti del MEF o di altre Amministrazioni pubbliche, per la trattazione di materie di loro competenza; è altresì prevista l'estensione della partecipazione al Comitato, senza diritto di voto, ad un rappresentante della Conferenza delle regioni e delle province autonome e/o un rappresentante delle associazioni rappresentative degli enti locali nel caso in cui vengano trattate questioni di loro competenza.

La composizione e il funzionamento del Comitato direttivo saranno stabilite con Decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze. Una Segreteria è istituita, senza oneri a carico della finanza pubblica, presso il Ministero della transizione ecologica con il supporto operativo di Cassa depositi e prestiti.

E' specificato espressamente che entrambi i Comitati non dovranno determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che ai loro componenti non saranno destinati compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti, comunque denominati.

 


Articolo 155
(Istituzione del Fondo per l’attuazione del programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico)

 

 

L’articolo 155 reca l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero della transizione ecologica, di un Fondo destinato a finanziare l’attuazione delle misure previste dal programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico, con una dotazione pari a 50 milioni di euro nel 2023, 100 milioni di euro nel 2024, 150 milioni di euro nel 2025 e di 200 milioni di euro annui dal 2026 al 2035. Si demanda a decreti del MiTE, di concerto con i Ministri indicati, per gli aspetti di competenza, di stabilire le modalità di utilizzo delle risorse del Fondo, anche attraverso bandi e programmi di finanziamento delle attività.

 

 

La norma prevede l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero della transizione ecologica, di un Fondo destinato a finanziare l’attuazione delle misure previste dal programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico.

Si indicano le finalità di:

-         assicurare l’efficace attuazione del programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico di cui al decreto legislativo n. 81 del 2018, che ha recato l'attuazione della direttiva (UE) 2016/2284 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici;

-          nonché di rispettare gli impegni di riduzione delle emissioni assunti dall’Italia.

 Al Fondo è assegnata una dotazione pari a:

Ø  50 milioni di euro nel 2023

Ø   100 milioni di euro nel 2024

Ø   150 milioni di euro nel 2025

Ø  e di 200 milioni di euro annui dal 2026 al 2035.

Si demanda ad appositi decreti del Ministro della transizione ecologica, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle politiche agricole alimentari e forestali, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e della salute per gli aspetti di competenza, di stabilire le modalità di utilizzo delle risorse del Fondo, anche attraverso bandi e programmi di finanziamento delle attività necessarie ad attuare le misure del programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico.

Sul sito del MITe, è disponibile la apposita sezione relativa al Programma Nazionale di controllo dell'Inquinamento Atmosferico.

Si segnala che per l'adozione dei decreti ministeriali non è prevista una scansione temporale.

Si valuti l'inserimento di una previsione inerente il monitoraggio circa l'uso delle risorse.

 

Il Fondo che la disposizione istituisce è inteso a supportare l'attuazione delle misure del programma nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico che deve essere adottato ai sensi della direttiva (UE) 2016/2284, del 14 dicembre 2016, concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici, recepita con decreto legislativo n. 81/2018.

Tale direttiva assegna infatti all'Italia impegni di riduzione delle emissioni nazionali di alcuni inquinanti, fra cui il materiale particolato e l'ammoniaca - riduzioni da applicare a partire dal 2020, con obiettivi finali fissati al 2030 -, nonché l'obbligo di predisporre e attuare, a tal fine, un programma nazionale di misure.

La direttiva (UE) 2016/2284 fa parte del pacchetto della politica europea per l’aria pulita del 2013, che comprende anche un programma "Aria pulita" per l’Europa.

Obiettivo della normativa europea è ridurre i rischi per la salute e l’impatto ambientale dell’inquinamento atmosferico stabilendo impegni nazionali per la riduzione delle emissioni.

La direttiva intende inoltre allineare gli impegni per la riduzione delle emissioni previsti dalla legislazione dell’Ue con gli impegni internazionali, in seguito alla revisione del protocollo di Göteborg nel 2012: gli impegni di riduzione delle emissioni per ciascun inquinante che si applicheranno ogni anno dal 2020 al 2029 sono gli stessi che i paesi dell’Ue si sono già impegnati a rispettare in base al protocollo di Göteborg riveduto[85].

 

La direttiva (UE) 2016/2284 rivede i limiti nazionali di emissione annuali di una serie di inquinanti particolarmente dannosi definiti dalla direttiva 2001/81/CE, di cui stabilisce l'abrogazione.

La direttiva riguarda cinque inquinanti atmosferici: 1) biossido di zolfo (SO2); 2) ossidi di azoto (NOx); 3) composti organici volatili non metanici (COVNM); 4) ammoniaca (NH3); 5) particolato fine (PM2,5). Per i suddetti inquinanti, e per altri elencati nell'Allegato I, è prevista l'elaborazione e l'attuazione di piani nazionali di controllo dell'inquinamento atmosferico e sono stabiliti obblighi di monitoraggio e comunicazione (articolo 1).

Per ciascuno degli inquinanti sopraelencati sono stabiliti limiti di emissione ("impegni di riduzione") riferiti al periodo 2020-2029 conformemente al Protocollo di Göteborg, e dal 2030 in poi (articolo 4).

L'Allegato II riporta, per ogni Stato membro, le percentuali di riduzione delle emissioni rispetto all'anno di riferimento 2005.

Per l'Italia, le percentuali fissate sono: per l’SO2, 35% dal 2020 al 2029 e 71% dal 2030; per i NOx, rispettivamente 40% e 65%; per i COVNM, 35% e 46%; per l’NH3, 5% e 16%; per i PM2,5, 10% e 40%.

 

La direttiva europea prevede che siano identificati, per ciascun paese dell’Ue, livelli indicativi di emissioni per il 2025, calcolati sulla base di una traiettoria di riduzione lineare (le emissioni verranno ridotte di una percentuale costante ogni anno), nella direzione degli impegni di riduzione delle emissioni per il 2030. Tuttavia, i paesi dell’Ue possono seguire una traiettoria non lineare, se ciò dovesse dimostrarsi economicamente e tecnicamente più efficiente, purché dal 2025 in poi la traiettoria applicata coincida con quella lineare e non pregiudichi gli impegni di riduzione al 2030 (articolo 4, paragrafo 2).

Se un paese dell’Ue si discosta dalla traiettoria pianificata, deve fornire le proprie ragioni e spiegare le azioni che intende intraprendere per rimettersi in linea.

La direttiva consente una certa flessibilità per quanto riguarda il rispetto degli impegni di riduzione delle emissioni in determinate circostanze, ad esempio:

gli inventari delle emissioni possono essere adeguati in base a determinate condizioni in modo da tenere conto dei progressi delle conoscenze scientifiche;

in caso di un inverno eccezionalmente rigido o di un’estate eccezionalmente secca, il paese interessato può adempiere agli impegni previsti dalla direttiva calcolando la media delle sue emissioni nazionali annuali per l’anno in questione, l’anno precedente e l’anno successivo;

quando gli impegni di riduzione non risultano efficienti sotto il profilo dei costi;

al verificarsi di un'improvvisa ed eccezionale interruzione o perdita di capacità nel sistema di produzione o di fornitura di elettricità e/o di calore (articolo 5).

 

Agli Stati membri spetta l'obbligo di elaborare e attuare programmi nazionali di controllo dell’inquinamento atmosferico, nei quali dovrà essere precisato, fra l'altro, in quale modo essi soddisferanno i loro impegni di riduzione. Tali programmi, prima della loro adozione, dovranno essere sottoposti a una consultazione pubblica. Le consultazioni, se del caso, dovranno essere condotte anche a livello transfrontaliero. Era stato fissato il termine, per la presentazione dei piani, del 1° aprile 2019 (articolo 6).

Per l'Italia il "Programma nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico" è stato elaborato nel marzo 2019 - ai sensi del citato decreto legislativo 30 maggio 2018, n. 81 - dal Ministero dell’ambiente con il supporto di ISPRA ed ENEA per la produzione degli scenari tecnici che descrivono la situazione prevista al 2020 e al 2030.

I paesi dell’Ue devono aggiornare i loro programmi almeno ogni 4 anni e prendere in considerazione le misure applicabili a tutti i settori pertinenti per limitare le emissioni, fra cui: agricoltura; energia; industria; trasporto stradale; navigazione interna; riscaldamento domestico; utilizzo di macchine mobili non stradali; solventi.

Gli Stati membri devono inoltre: elaborare inventari delle emissioni, proiezioni delle emissioni e relazioni di inventario (articolo 8); monitorare gli impatti negativi dell'inquinamento atmosferico sugli ecosistemi (articolo 9); trasmettere i programmi nazionali di controllo, gli inventari delle emissioni e le relazioni di inventario alla Commissione europea che provvederà ad esaminarli (articolo 10).

 

La direttiva richiede inoltre che la Commissione europea istituisca un Forum europeo «Aria pulita» per lo scambio di esperienze e di buone prassi, anche in materia di riduzione delle emissioni provenienti dal riscaldamento domestico e dal trasporto stradale, che possano informare e rafforzare i programmi nazionali di controllo dell’inquinamento atmosferico e la loro attuazione.

Dopo il primo Forum dell'Ue sull'aria pulita a Parigi nel 2017 e il secondo Forum sull'aria pulita dell'Ue a Bratislava nel 2019, la Commissione europea sta organizzando, in stretta collaborazione con il Ministero per la transizione ecologica e la sfida demografica del Regno di Spagna, un terzo Forum dell'Ue sull'aria pulita il 18 e 19 novembre 2021.

 

A causa del mancato rispetto delle norme in materia di inquinamento atmosferico sono state avviate nei confronti dell'Italia tre procedure di infrazione.

Oggetto delle infrazioni è la direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, con riferimento ai tre inquinanti PM10, PM2,5 e biossido di azoto.

La direttiva stabilisce obiettivi di qualità dell’aria, che la Commissione definisce ambiziosi ed economicamente vantaggiosi, per migliorare la salute dell’uomo e la qualità dell’ambiente fino al 2020. Specifica inoltre le modalità per valutare tali obiettivi e assumere eventuali azioni correttive in caso di mancato rispetto delle norme.

In particolare, la direttiva comprende i seguenti elementi chiave:

vengono stabiliti soglie, valori limite e valori-obiettivo per la valutazione di ogni inquinante compreso nella direttiva (biossido di zolfo, biossido di azoto, particolato, piombo, benzene e monossido di carbonio);

le autorità nazionali assegnano tali compiti di valutazione a organismi specifici che utilizzano dati raccolti in punti di campionamento selezionati;

laddove i livelli di inquinamento in una determinata area siano superiori alle soglie, devono essere introdotti piani per la qualità dell’aria che correggano la situazione. Tali piani possono comprendere misure specifiche a tutela di gruppi sensibili di popolazione, quali i bambini;

se esiste il rischio che i livelli di inquinamento possano superare le soglie, devono essere attuati piani d’azione a breve termine per arrestare il pericolo, volti ad esempio a ridurre il traffico stradale, le opere di costruzione o determinate attività industriali;

le autorità nazionali devono garantire che non solo il pubblico, ma anche le organizzazioni ambientali, dei consumatori e di altro tipo, fra cui organismi di assistenza sanitaria e federazioni industriali, vengano informati sulla qualità dell’aria ambiente (ossia dell’aria esterna) nella loro zona;

i governi dell’Unione europea devono pubblicare relazioni annuali sugli inquinanti compresi nella normativa.

 

 

1) Per la procedura di infrazione 2014/2147 ("Superamento sistematico e continuato dei valori limite applicabili alle microparticelle PM10 in determinate zone e agglomerati italiani"), il 10 novembre 2020 è già stata adottata una sentenza di condanna da parte della Corte di giustizia europea (causa 644/18). Secondo la Commissione, dal 2008 l’Italia ha superato, in maniera sistematica e continuata, nelle zone interessate, i valori limite giornaliero e annuale applicabili alle concentrazioni di particelle PM10 e non ha adottato misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10 nell’insieme delle zone interessate. Le Regioni coinvolte in questa sentenza sono: Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto. La sentenza condanna alle spese la Repubblica italiana.

 

2) Il 7 marzo 2019, con la procedura di infrazione 2015/2043,  la Commissione ha deferito l'Italia alla Corte europea di giustizia (causa 573/19) per il superamento sistematico e continuato dei valori limite del biossido di azoto e per non aver adottato misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite. Le regioni coinvolte sono Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Sicilia e Toscana. I valori limite di NO2 stabiliti dalla legislazione dell'Ue in materia di qualità dell'aria ambiente, di cui alla direttiva 2008/50/CE, avrebbero dovuto essere rispettati già nel 2010.

 

3) Il 30 ottobre 2020 la Commissione ha avviato la procedura di infrazione 2020/2299 invitando l'Italia a conformarsi alle prescrizioni della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa per quanto riguarda il materiale particolato (PM2,5). La Commissione afferma che i dati disponibili per l'Italia dimostrano che dal 2015 il valore limite per il PM2,5 non è stato rispettato in diverse città della valle del Po (fra cui Venezia, Padova e alcune zone nei pressi di Milano). Inoltre le misure previste dall'Italia non sono sufficienti a mantenere il periodo di superamento il più breve possibile.

 


Articolo 156
(Misure a sostegno dell’avvio dei centri
di preparazione per il riutilizzo)

 

 

L’articolo 156 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero della transizione ecologica, di un fondo finalizzato ad incentivare l’apertura dei centri per la preparazione per il riutilizzo, con una dotazione pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023. Sono altresì disciplinate le istanze al Ministero per l’accesso alle risorse del fondo e le modalità di impiego e di gestione del fondo medesimo.

 

Il comma 1 dell'articolo in esame prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero della transizione ecologica (MiTE), di un fondo finalizzato ad incentivare l’apertura dei centri per la preparazione per il riutilizzo, di cui agli articoli 181 e 214-ter del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006), con una dotazione pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.

L’art. 181 del Codice (come riscritto dal D.Lgs. 116/2020, di recepimento della direttiva (UE) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e di recepimento della direttiva (UE) 2018/852 che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio) dispone, tra l’altro, che nell'ambito delle rispettive competenze, il Ministero dell'ambiente (oggi MiTE), il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le Regioni, gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale, o, laddove questi non siano stati costituiti, i Comuni, “adottano modalità autorizzative semplificate nonché le misure necessarie, comprese quelle relative alla realizzazione della raccolta differenziata, per promuovere la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, il riciclaggio o altre operazioni di recupero, in particolare incoraggiando lo sviluppo di reti di operatori per facilitare le operazioni di preparazione per il riutilizzo e riparazione, agevolando, ove compatibile con la corretta gestione dei rifiuti, il loro accesso ai rifiuti adatti allo scopo, detenuti dai sistemi o dalle infrastrutture di raccolta, sempre che tali operazioni non siano svolte da parte degli stessi sistemi o infrastrutture”. Lo stesso articolo inoltre mutua dall’art. 11 della direttiva europea sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE) i seguenti obiettivi:

a) entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50 per cento in termini di peso;

b) entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di riempimento che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell'elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70 per cento in termini di peso;

c) entro il 2025, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 55 per cento in peso;

d) entro il 2030, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 60 per cento in peso;

e) entro il 2035, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 65 per cento in peso.

L’art. 214-ter del Codice dell'ambiente (introdotto dal D.Lgs. 116/2020 e recentemente modificato dall’art. 35 del D.L. 77/2021) prevede l’emanazione di un apposito decreto del Ministro della transizione ecologica volto a definire “le modalità operative, le dotazioni tecniche e strutturali, i requisiti minimi di qualificazione degli operatori necessari per l'esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo, le quantità massime impiegabili, la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti, nonché le condizioni specifiche di utilizzo degli stessi in base alle quali prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono sottoposti a operazioni di preparazione per il riutilizzo”.

Tale decreto non è stato ancora emanato.

 

Al fine di precisare l’ambito di applicazione dell'articolo in esame, il comma 1 dispone inoltre che i centri per la preparazione per il riutilizzo hanno ad oggetto rifiuti idonei ad essere preparati per il loro reimpiego mediante operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione e garantiscono l’ottenimento di prodotti o componenti di prodotti conformi al modello originario.

Si fa notare che la lettera q) del comma 1 dell’art. 183 del Codice dell'ambiente definisce «preparazione per il riutilizzo» le “operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento”, mentre ai sensi della successiva lettera r) con il termine «riutilizzo» si intende “qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti”.

Si valuti l’opportunità di riformulare la disposizione in esame al fine di richiamare le citate definizioni previste dal Codice dell'ambiente.

 

Il comma 2 disciplina le istanze al MiTE per l’accesso alle risorse del fondo.

Viene infatti previsto, ai fini dell’accesso al fondo, che le imprese individuali e le società che intendono svolgere le attività di preparazione per il riutilizzo – a seguito di iscrizione nel registro delle imprese che effettuano operazioni di recupero dei rifiuti (previsto dall’art. 216, comma 3, del Codice) presso l’amministrazione competente per territorio[86] – presentano al MiTE istanza di un contributo a copertura parziale, ovvero integrale, dei costi sostenuti per l’avvio dell’attività fino a un importo massimo di euro 60.000 per ciascun beneficiario, in relazione alla tipologia delle operazioni previste e delle quantità dei rifiuti impiegabili, nel limite complessivo della dotazione del fondo e conformemente alla disciplina eurounitaria in materia di aiuti de minimis.

 

Il comma 3 demanda ad un apposito decreto del Ministro della transizione ecologica la definizione delle modalità di impiego e di gestione del fondo.

Relativamente alle modalità di emanazione del decreto, il comma in esame prevede che lo stesso sia adottato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.


Articolo 157
(
Ricerca contrasto specie esotiche invasive)

 

 

L'articolo 157 è finalizzato ad istituire nello stato di previsione del Ministero della transizione ecologica un "Fondo per il controllo delle specie esotiche invasive", con dotazione finanziaria pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024, nel fine di dare concreta attuazione alle disposizioni recate dagli articoli 19 e 22 del decreto legislativo 230/2017 in materia di gestione degli esemplari delle specie esotiche invasive.

 

L'articolo 157 è finalizzato ad istituire nello stato di previsione del Ministero della transizione ecologica, un "Fondo per il controllo delle specie esotiche invasive"

Si indica il fine di dare concreta attuazione alle disposizioni recate dagli articoli 19 e 22 del decreto legislativo del 15 dicembre 2017, n. 230; tali articoli 19 e 22 del decreto legislativo 230/2017 prescrivono che le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli enti gestori delle aree protette nazionali applichino le necessarie misure di eradicazione rapida e di gestione degli esemplari delle specie esotiche invasive di cui è stata constatata l'ampia diffusione in modo da minimizzare i danni.

Si prevede una dotazione finanziaria pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024.

Le modalità di ripartizione del Fondo fra le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano saranno indicate con decreto del Ministero della transizione ecologica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la conferenza Stato-Regioni, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Nel dettaglio, l'art. 19 richiamato, in materia di rilevamento precoce ed eradicazione rapida delle specie in parola, prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano interessate comunicano, senza indugio, al Ministero e all'ISPRA il rilevamento precoce: a) della comparsa sul proprio territorio o parte di esso di esemplari di specie esotiche invasive di rilevanza unionale o nazionale la cui presenza non era fino a quel momento nota nel proprio territorio o parte di esso;b) della ricomparsa sul proprio territorio o parte di esso di esemplari di specie esotiche invasive di rilevanza unionale o nazionale dopo che ne era stata constatata l'eradicazione. Il Ministero effettua poi la notifica alla Commissione europea prevista dall'articolo 16, paragrafo 2, del regolamento in materia ed informa le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del rilevamento precoce. Si prevede il termine di tre mesi dalla comunicazione per disporre le misure di eradicazione rapida da parte del Ministero, con il supporto dell'ISPRA, sentite le regioni e le province autonome interessate dalla presenza della specie e, ove opportuno, il Ministero della salute e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Le misure sono da considerarsi connesse e necessarie al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357. Il co. 3 dell'art. 19 stabilisce che le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli enti gestori delle aree protette nazionali: applicano le misure di eradicazione rapida, avvalendosi, se del caso, della collaborazione di altre amministrazioni, che devono svolgere le attività con le risorse disponibili a legislazione vigente nei propri bilanci, o di soggetti privati; assicurano l'eliminazione completa e permanente della popolazione di specie esotica invasiva risparmiando agli esemplari oggetto di eradicazione dolore, angoscia o sofferenza evitabili, limitando l'impatto sulle specie non destinatarie delle misure e sull'ambiente e tenendo in debita considerazione la tutela della salute pubblica e della sanità animale, del patrimonio agro-zootecnico e dell'ambiente; informano il Ministero in merito all'applicazione delle misure nonché ai risultati conseguiti nel corso delle attività di eradicazione degli esemplari.

In base a co. 5, il Ministero, con il supporto dell'ISPRA valuta l'efficacia delle misure di eradicazione e le informazioni sull'eradicazione degli esemplari, nonché stabilisce, sentite le regioni e le province autonome interessate, la conclusione delle misure di eradicazione e trasmette alla Commissione europea le informazioni previste. Si ricorda che l'art. 20 del medesimo D. Lgs. reca talune deroghe all'obbligo di eradicazione rapida.

L'art. 21 citato disciplina le misure di emergenza, che il Ministero può adottare, sentiti i Ministeri della salute e delle politiche agricole alimentari e forestali, sotto forma di una qualsiasi delle restrizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1, del regolamento europeo, nel caso in cui sia rilevata la presenza o l'imminente rischio di introduzione nel territorio nazionale di esemplari di una specie esotica invasiva che non figura nell'elenco dell'Unione, ma che, in base a prove scientifiche preliminari, il Ministero ritenga possa rispondere ai criteri di cui all'articolo 4, paragrafo 3, del regolamento stesso. Il Ministero notifica alla Commissione e agli altri Stati membri le misure introdotte.

 

L'Unione Europea e l'Italia, rispettivamente mediante il regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014 e mediante il decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 230, hanno adottato misure volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive.

La comparsa di specie esotiche invasive sul territorio o la loro ricomparsa dopo che ne era stata constatata l'eradicazione possono costituire problemi per il rispetto della biodiversità, per il patrimonio agro-zootecnico, per l'ambiente in generale, nonché per la salute umana, per l'economia e per ulteriori profili.  Si calcola che in Europa siano presenti circa 12.000 specie esotiche, delle quali approssimativamente il 10-15% è ritenuto invasivo. Per evitare l’introduzione deliberata di specie esotiche invasive nel territorio dell’Unione Europea, l’importazione di animali e vegetali è soggetta a controlli ufficiali; in Italia tali controlli sono effettuati presso i Posti di ispezione frontaliera - PIF (Uffici periferici del Ministero della Salute autorizzati dalla Commissione europea) o attraverso i Servizi fitosanitari regionali. E’ comunque possibile continuare a detenere specie esotiche invasive come animali da compagnia, a condizione di fare denuncia del possesso dell’esemplare, di impedirne la riproduzione nonché custodire l’esemplare in modo che non sia possibile la sua fuga o il rilascio nell’ambiente naturale.

La Relazione illustrativa afferma che risorse del fondo sono necessarie per supportare le Regioni con riferimento alle competenze ad esse spettanti in materia di controllo delle specie esotiche invasive, ai sensi del d.lgs. 230/2017, evidenziando poi che, a seguito del primo resoconto periodico sull'attuazione del Regolamento europeo trasmesso alla Commissione Europea, è emersa con chiarezza la carente attuazione a livello regionale delle azioni previste; inoltre, si rileva che le specie esotiche invasive rappresentano una delle maggiori minacce per la biodiversità a livello globale, rappresentando  una azione in materia la base delle indicazioni della Strategia Europea per la Biodiversità al 2030.


Articolo 158
(Contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas)

 

 

L’articolo 158, per contenere gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale nel primo trimestre 2022, affida all’ARERA il compito di ridurre le aliquote per gli oneri generali, destinando a tal fine 2 miliardi di euro.

 

 

L’articolo 158 è composto di un solo comma, volto a contenere gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale nel primo trimestre 2022. A tal fine si prevede un intervento dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), che dovrà ridurre le aliquote per gli oneri generali, disponendo di una copertura finanziaria pari a 2 miliardi di euro.

 

L’articolo prosegue l’intervento disposto con gli articoli 1, 2 e 3 del decreto-legge 27 settembre 2021, n. 130, che provvede alle stesse finalità per il IV trimestre 2021 e che, a sua volta, confermava la misura già prevista per il III trimestre del 2021 dall’articolo 5-bis del decreto-legge n. 73/2021Sostegni-bis” (legge n. 106/2021).

 

Si ricorda che nel comunicato stampa del 28 settembre 2021, ARERA aveva evidenziato che la straordinaria dinamica dei prezzi delle materie prime[87] verso i massimi storici - ancora in forte crescita per la ripresa delle economie dopo i ribassi dovuti alla pandemia e le difficoltà nelle filiere di approvvigionamento - e le alte quotazioni dei permessi di emissione di CO2, avrebbero portato, senza l’intervento del Governo contenuto nel decreto legge 130 del 2021 (cfr. anche articoli 2 e 3) ad un aumento superiore al 45% della bolletta dell'elettricità e di oltre il 30% di quella del gas. Applicando le misure varate dall'Esecutivo, valide per il prossimo trimestre, l'aumento per la famiglia tipo in tutela sarà infatti ridotto a +29,8% per la bolletta dell'elettricità e a +14,4% per quella del gas (grazie anche alla riduzione dell'Iva contenuta nel decreto).

 

Per consentire all’ARERA di proseguire l’intervento sugli oneri di sistema, entro il 15 febbraio vengono versati alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), 2.000 milioni di euro.

 

Si fa presente che il decreto-legge n. 130 all’articolo 1, comma 2, prevede che l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) annulli, per il IV trimestre 2021, le aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze domestiche e non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW. Tale disposizione in pratica azzera le aliquote relative agli oneri generali di sistema per le piccole utenze, non solo domestiche, ma anche quelle non domestiche in bassa tensione (fino a 16,5 kW), come ad esempio negozi, piccole e medie imprese, attività artigianali, commerciali o professionali, capannoni e magazzini.

 

La relazione tecnica del citato decreto-legge riporta alcuni dati di rilevo, in particolare i clienti domestici ammontano a circa 29,5 milioni, mentre sono circa 6 milioni i clienti non domestici con potenza disponibile non superiore a 16,5 kW.

 

Inoltre, nel decreto-legge n. 130 l’intervento sul prezzo dell’energia elettrica era scorporato da quello sul gas. L’articolo 2, comma 2, infatti, al fine di contenere per il quarto trimestre 2021 gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore del gas, ha specificamente conferito ad ARERA il compito di ridurre, per il medesimo trimestre, le aliquote relative agli oneri generali gas fino a concorrenza dell’importo di 480 milioni di euro.

 

Analoga segnalazione può essere fatta con riferimento all’articolo 3 del decreto-legge n. 130, che ha assegnato all'ARERA il compito di rideterminare, per il trimestre ottobre-dicembre 2021 le agevolazioni relative alle tariffe elettriche riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati ed ai clienti domestici in gravi condizioni di salute e la compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale attualmente prevista a favore delle famiglie economicamente svantaggiate aventi diritto all'applicazione delle tariffe agevolate per la fornitura di energia elettrica.

 

L’intervento conferito ad ARERA dall’articolo in commento in termini più generici sembra poter comprendere anche un intervento a favore delle utenze non domestiche, un intervento nel settore del gas, un intervento a favore dei clienti svantaggiati. Resta invece esclusa la riduzione dell’IVA prevista per il IV trimestre 2021 nel settore del gas, posto che si tratta di materia estranea alle competenze di regolazione tariffaria proprie dell’ARERA.

 

Con le bollette dell'energia elettrica, oltre ai servizi di vendita (materia prima, commercializzazione e vendita), ai servizi di rete (trasporto, distribuzione, gestione del contatore) e alle imposte, si pagano alcune componenti per la copertura di costi per attività di interesse generale per il sistema elettrico nazionale: si tratta dei cosiddetti oneri generali di sistema, introdotti nel tempo da specifici provvedimenti normativi.

Tra i provvedimenti normativi che hanno previsto una copertura dei relativi oneri in bolletta, vi sono quelli a sostegno della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Ai sensi del decreto legislativo n. 28/2011, infatti, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) definisce le modalità con le quali le risorse per l'erogazione degli incentivi alla produzione di elettricità da FER trovano copertura nel gettito della componente A3 delle tariffe dell'energia elettrica. A partire dal 2018 (Delibere 922/2017/R/eel e 923/2017/R/com del 27 dicembre 2017), l’Autorità ha definito la nuova struttura tariffaria degli oneri generali di sistema per le utenze del settore elettrico. Per quanto riguarda la componente A3, questa è confluita per lo più interamente nella componente Asos “oneri generali relativi al sostegno delle energie rinnovabili e alla cogenerazione”; solo una piccola parte, ascrivibile ai rifiuti non biodegradabili, è confluita nella componente ARIM, “rimanenti oneri generali” (componente A3RIM).

La componente tariffaria Asos (e la componente A3RIM), applicata nelle bollette dei clienti finali per l’acquisto dell’energia elettrica, va ad alimentare il conto per nuovi impianti da fonti rinnovabili e assimilate, istituito presso la Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA). Il Conto ha la finalità di assicurare la copertura degli oneri, principalmente a carico del GSE, derivanti dalle diverse tipologie di beneficio a favore delle FER elettriche.

La gestione dei meccanismi di incentivazione e di ritiro dell’energia elettrica, da parte del Gestore dei Servizi Energetici, genera infatti costi, essenzialmente legati agli incentivi erogati e all’acquisto dell’energia, e ricavi derivanti in massima parte dalla vendita sul mercato dell’energia elettrica ritirata dallo stesso GSE. Gli oneri e il conseguente fabbisogno economico necessario a coprirli derivano dunque dalla differenza tra i costi e i ricavi.

Il GSE, congiuntamente con la CSEA, valuta il fabbisogno economico della componente tariffaria degli oneri di sistema a copertura deli incentivi alle FER elettriche e, in funzione del fabbisogno, l’ARERA determina il gettito necessario per alimentare il conto CSEA e provvede all’aggiornamento trimestrale dei valori della componente tariffaria pagata dai consumatori nelle bollette elettriche[88]. Si rinvia al Dossier di documentazione e ricerca su “Le fonti rinnovabili” n. 165 del 14 giugno 2021.

 

 

Con le bollette del gas, oltre ai costi della materia gas naturale[89], di trasporto e gestione del contatore[90] e alle imposte, si pagano alcune componenti per la copertura di costi per attività di interesse generale[91], introdotti nel tempo da specifici provvedimenti normativi.

In particolare, il decreto legislativo n. 28/2011, all’articolo 29, come modificato dal D.L. n. 34/2019, reca, al comma 1, i principi e i criteri generali per l’incentivazione degli interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e di incremento dell'efficienza energetica di piccole dimensioni (realizzati in data successiva al 31 dicembre 2011), demandando, ai commi 2 e 3, a decreti interministeriali la fissazione delle modalità per l'attuazione e per l'avvio dei meccanismi di incentivazione. Il comma 4, demanda all’ARERA, la definizione delle modalità con le quali le risorse per l'erogazione degli incentivi trovano copertura a valere sul gettito delle componenti delle tariffe del gas naturale.

L’articolo 22 del medesimo decreto legislativo n. 28/2011, per lo sviluppo dell'infrastruttura per il teleriscaldamento e il teleraffrescamento, ha poi istituito, al comma 3, presso la CSEA un fondo a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento, alimentato da un corrispettivo applicato al consumo di gas metano, pari a 0,05 ceuro/Sm3, posto a carico dei clienti finali. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas disciplina le modalità di applicazione e raccolta del suddetto corrispettivo.

L’articolo 32 del decreto legislativo n. 28/2011, come modificato dal D.L. n. 34/2019, infine, al comma 4, per gli interventi a favore dello sviluppo tecnologico e industriale in materia di fonti rinnovabili ed efficienza energetica, ha istituito un fondo presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico alimentato dal gettito delle tariffe elettriche e del gas naturale in misura pari, rispettivamente, a 0,02 ceuro/kWh e a 0,08 ceuro/Sm3.

 

Gli oneri di sistema pagati con la bolletta del gas dai clienti serviti in regime di tutela sono i seguenti: RE (risparmio energetico), UG2 (compensazione dei costi di commercializzazione), UG3 (recupero oneri di morosità per gli esercenti i servizi di ultima istanza), GS (bonus gas), pagata solo dai condomini con uso domestico. Si rinvia al sito istituzionale ARERA.

Dunque, il gettito raccolto attraverso la componente risparmio energetico (RE) (applicata al gas naturale prelevato dalle reti di distribuzione) e l’equivalente componente RET (applicata al gas naturale prelevato dalle reti di trasporto) è funzionale alla copertura dei costi derivanti da: a) Titoli di Efficienza Energetica (TEE); b) Conto Termico; c) Certificati bianchi per la cogenerazione ad alto rendimento (CB CAR); d) Sostegno alla realizzazione di reti di teleriscaldamento (TLR) e per lo sviluppo tecnologico e industriale (ST), per le finalità di cui agli articoli, rispettivamente, 22 e 32 del decreto legislativo 28/11.

Si rinvia alla Deliberazione 96/2020/r/eel del 26 marzo 2020, di revisione delle modalità con le quali i prelievi di gas naturale destinati alla produzione di energia elettrica vengono assoggettati al pagamento di componenti aggiuntive funzionali alla copertura dei fabbisogni di gettito per oneri generali di sistema e, in particolare, delle componenti tariffarie RE e REt a copertura dei costi derivanti dal meccanismo dei titoli di efficienza energetica (TEE) [92].

Circa il peso degli oneri di sistema nella composizione percentuale del prezzo del gas naturale per un consumatore domestico tipo, si rinvia al grafico pubblicato sul sito istituzionale ARERA (ultime informazioni disponibili, relative al IV trimestre 2021) e alle tabelle excel aggiornate a settembre 2021, disponibili sul sito dell’Autorità.


Articolo 159, comma 1
(Finanziamento per le emergenze ambientali e per la semplificazione del Fondo nazionale per l'efficienza energetica)

 

 

L’articolo 159, comma 1, istituisce un fondo, presso il MiTE, da destinare ad interventi di ripristino delle opere di collettamento o depurazione delle acque, nonché di impianti di monitoraggio delle acque, in casi di urgenza correlati ad eventi calamitosi.  

 

Il fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero della transizione ecologica, con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024.

Gli interventi a valere sul fondo sono sottoposti al monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, nonché di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione, secondo la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 229 del 2011 (emanato in attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009).

Ai fini del monitoraggio, gli interventi sono classificati sotto la voce "DLB 2022 - Mite collettamento depurazione acque".

 

In attuazione della legge n. 196 del 2009 sono stati emanati i decreti legislativi n. 228 e n. 229 del 2011, concernenti, rispettivamente, la valutazione degli investimenti relativi alle opere pubbliche e le procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche.

In particolare, merita ricordare l’art. 1 del D.lgs. n. 229/2011, prevede che le Amministrazioni pubbliche:

a) detengano e alimentino un sistema gestionale informatizzato contenente le informazioni anagrafiche, finanziarie, fisiche e procedurali relative alla pianificazione e programmazione delle opere e dei relativi interventi; tale sistema dovrà peraltro contenere le informazioni relative all'affidamento ed allo stato di attuazione di tali opere ed interventi, a partire dallo stanziamento iscritto in bilancio fino ai dati dei costi complessivi effettivamente sostenuti, in relazione allo stato di avanzamento delle opere;

b) detengano ed alimentino un sistema informatizzato di registrazione e conservazione dei dati contabili al fine di assicurare l'evidenza e tracciabilità di ciascuna transazione connessa alla realizzazione delle opere ed interventi;

c) assicurino - ponendo specifici vincoli e subordinando l'erogazione dei finanziamenti pubblici all'effettivo adempimento degli obblighi di comunicazione - la raccolta e la comunicazione dei dati finanziari e di realizzazione fisica e procedurale da parte delle stazioni appaltanti e degli enti aggiudicatori, ai fini dell'inoltro all'Autorità di vigilanza (ora ANAC);

d) garantire che, nell'ambito dei sistemi di cui al presente articolo, l'opera sia corredata, ai fini dell'ottenimento dei relativi finanziamenti pubblici, del Codice unico di progetto (CUP).

 


Articolo 159, comma 2
(Semplificazione del fondo nazionale per l'efficienza energetica)

 

 

L’articolo 159, comma 2, interviene sulla disciplina del fondo nazionale per l'efficienza energetica, riservando una quota parte delle risorse all'erogazione di contributi a fondo perduto, nel limite complessivo di 8 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022. Si specifica, quindi, che il medesimo fondo abbia natura mista (e non più rotativa, come nel testo vigente).   

 

La disposizione modifica l’articolo 15, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 ("Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE").

 

Il fondo è stato istituito dal citato articolo 15 del decreto legislativo n. 102 del 2014 per il finanziamento di finanziamento di interventi coerenti con il raggiungimento degli obiettivi nazionali di efficienza energetica, con l'individuazione delle seguenti finalità:

§  interventi di miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici di proprietà della Pubblica Amministrazione;

§  realizzazione di reti per il teleriscaldamento e per il teleraffrescamento;

§  efficienza energetica dei servizi e infrastrutture pubbliche, compresa l'illuminazione pubblica;

§  efficientamento energetico di interi edifici destinati ad uso residenziale, compresa l'edilizia popolare;

§  efficienza energetica e riduzione dei consumi di energia nei settori dell'industria e dei servizi;

§  efficienza energetica e riduzione dei consumi nel settore dei trasporti.

Il fondo opera, oltre che con la concessione di garanzie (comma 2, lettera a), dell'articolo 15 citato) anche attraverso l'erogazione di finanziamenti, direttamente o attraverso banche e intermediari finanziari (comma 2, lettera b) del medesimo articolo). Inoltre, il comma 4-bis dell'articolo 15, con l'obiettivo di stimolare i finanziamenti privati per la realizzazione di interventi di efficienza energetica promossi dal Fondo medesimo, prevede che il Ministero dello sviluppo economico, incidendo anche sul processo decisionale delle imprese, valuti modalità di valorizzazione delle risultanze delle diagnosi energetiche, tenendo conto delle possibilità e degli strumenti proposti dall'iniziativa sui Finanziamenti intelligenti per edifici intelligenti promossa dalla Commissione europea.

La disciplina di cui all'articolo 15 prevede che il fondo possa attingere alle risorse annualmente confluite nel fondo di cui all'articolo 22, comma 4, del decreto legislativo n. 28 del 2011 (fondo di garanzia istituito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento), previa determinazione dell'importo da versare, nonché di utilizzare fino a 15 milioni euro annui a carico del Ministero dello sviluppo economico e fino a 35 milioni di euro annui a carico del Ministero della transizione ecologica, a valere sui proventi annui delle aste delle quote di emissione di CO2 destinati ai progetti energetico ambientali cui all'articolo 19 del decreto legislativo n. 30 del 2013, previa verifica dell'entità dei proventi disponibili annualmente, con le modalità e nei limiti di cui ai commi 3 e 6 dello stesso articolo 19.

 

 

 


Titolo XI - Misure in materia di politiche agricole

Articolo 160
(Fondo mutualistico nazionale contro i rischi catastrofali
nel settore agricolo)

 

 

L’articolo 160 istituisce nello stato di previsione del MIPAAF un “Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole causati da alluvione, gelo-brina e siccità”, con una dotazione di 50 milioni di euro per l’anno 2022.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo in commento prevede che, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sia istituito il “Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole causati da alluvione, gelo-brina e siccità”, con una dotazione di 50 milioni di euro nel 2022, finalizzato agli interventi di cui agli articoli 69, lettera f) e 76 della proposta di Regolamento (UE) recante “Norme sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell’ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC) e finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga il regolamento (UE) n. 1305/2013 e (UE) n. 1307/2013”, attualmente in fase di esame  da parte del Parlamento europeo e del Consiglio (per l’attuale fase della procedura innanzi alle istituzioni europee, si veda qui). Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono definite le disposizioni per il riconoscimento, la costituzione, il finanziamento e la gestione del fondo. I criteri e le modalità d’intervento del Fondo sono definiti annualmente nel “Piano di gestione dei rischi in agricoltura” di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102.

 

Al riguardo, in relazione alla formulazione del comma 1 dell’art. 160, si valuti l’opportunità di fare riferimento - nel testo di tale disposizione - a proposte legislative dell’Unione europea che ancora non sono entrate in vigore, né risultano approvate definitivamente. Si osserva, inoltre che, nel testo finora disponibile (del 23 luglio 2021), la citata lettera f) dell’art. 69 della proposta di regolamento dell’Unione europea, richiamata nella disposizione in commento, non è presente.

 

 

Si ricorda, in proposito, che l'art. 71 del decreto-legge n. 73 del 2021 (nel testo poi convertito dalla legge n. 106 del 2021), recante " Interventi per la ripresa economica e produttiva delle imprese agricole danneggiate dalle avversità atmosferiche" ha previsto la possibilità per le imprese agricole che abbiano subito danni per le eccezionali gelate, brinate e grandinate verificatesi nei mesi di aprile, maggio e giugno 2021 e per quelle che hanno subito analoghi danni a seguito delle avversità atmosferiche verificatesi in Calabria il 21 e il 22 novembre 2020, di accedere agli interventi compensativi del Fondo di solidarietà nazionale-interventi indennizzatori, che è stato rifinanziato - a tal fine - per complessivi 161 milioni di euro per il 2021.

 

Si ricorda, inoltre, che è in corso di discussione presso la XIII Commissione Agricoltura della Camera, la Risoluzione n. 7-00739 sugli obiettivi del Piano Strategico Nazionale nel quadro della nuova PAC, con la quale si impegna il Governo, tra l’altro,  ad adottare iniziative per accantonare il 3 per cento delle risorse del primo pilastro per la costituzione di un fondo mutualistico su scala nazionale che consenta a tutti gli agricoltori di dotarsi di strumenti per la gestione del rischio, tenuto conto della crescente gravità degli eventi calamitosi in agricoltura e delle pesanti conseguenze economiche e sociali sul settore.

 

La relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, osserva che lo scopo della disposizione “è quello di allargare a tutte le imprese agricole la copertura almeno dei rischi catastrofali per consentire alle imprese medesime, in caso di danni prodotti da questi eventi, la ripresa economica e produttiva delle attività, mettendo a disposizione tempestivamente le risorse necessarie, riducendo al contempo il fabbisogno degli interventi compensativi ex post; infatti, nel corso degli ultimi anni, le risorse assegnate al Fondo di solidarietà nazionale, sezione "interventi compensativi", si sono rivelate troppo spesso insufficienti, tanto da costringere il legislatore ad intervenire con provvedimenti non-nativi recanti stanziamenti aggiuntivi per far fronte alle emergenze (da ultimi, l'integrazione di 70 milioni di euro per le avversità 2019/2021 recati dalla legge di bilancio 2021, lo stanziamento di € 20 milioni per i danni da gelate 2020, recato dal dl n. 34/2020 e 161 milioni di euro recati dal dl n. 73/2021 per i danni da gelate 2021 e per le piogge alluvionali del 2020 nel territorio della Regione Calabria)”. Inoltre - osserva la stessa relazione - “i tempi tecnici necessari per l'erogazione degli aiuti compensativi del Fondo di solidarietà nazionale sono spesso molto lunghi e non consentono di intervenire in maniera tempestiva rispetto ai fabbisogni delle imprese agricole”.

 

In base al comma 2, le funzioni di soggetto gestore del Fondo sono affidate all’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA) che, al fine di assicurare l’adempimento delle normative speciali in materia di redazione dei conti annuali e garantire una separazione dei patrimoni, è autorizzato ad esercitarle attraverso una società di capitali dedicata. La SIN - Sistema Informativo Nazionale per lo sviluppo dell’Agricoltura S.p.a., costituita ai sensi dell’articolo 14, comma 10-bis del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, all’esito della trasformazione prevista dall’articolo 15-bis del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74, è autorizzata a partecipare alla società dedicata. I sistemi informatici necessari alla gestione del fondo sono realizzati mediante il Sistema informativo Agricolo Nazionale (SIAN) con l’acquisizione dei servizi aggiudicati con la procedura di cui all’articolo 1, comma 6-bis, del decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2015, n. 91.

 

Si ricorda che l’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo n. 102 del 2004 prevede che l'ISMEA possa concedere la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale, nonché dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca. La garanzia può altresì essere concessa anche a fronte di transazioni commerciali effettuate per le medesime destinazioni.

 

Tale garanzia - in base al comma 2-bis del medesimo art. 17 - può essere concessa anche a fronte di titoli di debito emessi dalle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca, acquistati da organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) le cui quote o azioni siano collocate esclusivamente presso investitori qualificati che non siano, direttamente o indirettamente, soci della società emittente. ISMEA può inoltre concedere la propria garanzia diretta a banche e agli intermediari finanziari, a fronte di prestiti partecipativi e partecipazioni nel capitale delle imprese, assunte da banche, da intermediari finanziari, nonché da fondi chiusi di investimento mobiliari (comma 3). ISMEA potrà intervenire anche mediante rilascio di controgaranzia e cogaranzia in collaborazione con confidi, altri fondi di garanzia pubblici e privati, anche a carattere regionale nonché mediante finanziamenti erogati, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a valere sul Fondo credito di cui alla decisione della Commissione Europea C (2011) 2929 (comma 4).

Si ricorda, in proposito, che si è provveduto all'istituzione di ISMEA - Istituto di Servizi per il mercato agricolo alimentare, ente pubblico economico, prima in base al decreto legislativo n. 419 del 1999 (art. 6, comma 5), che ha disposto l’accorpamento dell'Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo (già ISMEA) e della Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina e, successivamente, con la legge n. 208 del 2015 (art. 1, commi 659-664), che ha disposto l’incorporamento in essa anche dell’Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) Spa.

In relazione ai più recenti interventi legislativi, si ricorda che l'art. 13, comma 11 del decreto-legge n. 23 del 2020 ha assegnato all'ISMEA 100 milioni di euro per il 2020 per concedere garanzie gratuite in  favore delle imprese agricole, forestali, della pesca e dell'acquacoltura  e dell'ippicoltura, nonche' dei consorzi di bonifica  e  dei  birrifici artigianali.

Il decreto-legge n. 34 del 2020 ha poi previsto l'assegnazione all'ISMEA di ulteriori 250 milioni per il 2020 per la funzione di ente di garanzia rispetto ai prestiti alle imprese (art. 31, comma 3).

Inoltre, l'art. 64, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge n. 104 del 2020, cosiddetto Agosto, ha previsto l'assegnazione all'ISMEA di una somma pari a 200 milioni di euro per l'anno 2023, a 165 milioni di euro per il 2024 e a 100 milioni di euro per il 2025, per le attività di garanzia sul credito destinate alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca".

Successivamente, l’art. 13, comma 6, del decreto-legge n. 73 del 2021 (cosiddetto Sostegni-bis), ha assegnato all’ISMEA 80 milioni di euro per il 2021, per essere utilizzate in base al fabbisogno finanziario derivante dalla gestione delle garanzie.

 

Secondo il comma 3, è autorizzata l’apertura di un conto corrente di tesoreria centrale, intestato alla società di capitali dedicata di cui al comma 2, sul quale confluiscono le somme destinate al finanziamento del Fondo.

A mente del comma 4, le risorse di cui al comma 1 sono assegnate al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e saranno trasferite dallo stesso Ministero alla società di cui al comma 2, al momento dell’apertura del conto corrente di tesoreria centrale di cui al comma 3. Nelle more dell’emanazione del decreto ministeriale di cui al comma 1 si applica il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 5 maggio 2016, n. 10158.

Il comma 5, infine, prevede che, al fine di garantire la copertura del maggiore fabbisogno finanziario relativo all’attuazione del Fondo di mutualizzazione di cui al comma 1, nonché della misura “assicurazioni agevolate in agricoltura” prevista dal Programma di sviluppo rurale nazionale sostenuto dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, il cofinanziamento statale a carico del Fondo di rotazione di cui (all’articolo 5 della) legge 16 aprile 1987, n. 183 sia incrementato di complessivi 178,3 milioni di euro, di cui 50 milioni di euro riservati alla misura “assicurazioni agevolate in agricoltura”, per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027.


Articolo 161
(Proroga per l'anno 2022 della decontribuzione per i coltivatori diretti e imprenditori agricoli under 40)

 

 

L’articolo 161 proroga dal 31 dicembre 2021 al 31 dicembre 2022 il termine finale per effettuare le nuove iscrizioni nella previdenza agricola per fruire della disposizione che ha riconosciuto, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, per un periodo massimo di ventiquattro mesi, l'esonero dal versamento del 100 per cento dell'accredito contributivo presso l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, in favore dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali, con età inferiore a quarant'anni.

 

La disposizione modifica a tal fine l'articolo l, comma 503, della L. n. 160/2019 (legge di bilancio per il 2020).

 

L'articolo 1, comma 33, della L. n. 178/2020 (legge di bilancio per il 2021) aveva già prorogato il termine di efficacia della misura dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021.

 

Per effetto della novella prevista dall'articolo in esame, l'esonero contributivo sarà dunque riconosciuto con riferimento alle nuove iscrizioni nella previdenza agricola effettuate tra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2022.

 

L'articolo l, comma 503, della L. n. 160/2019 ha inoltre stabilito la non cumulabilità dell'esonero con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente e ha incaricato l'INPS di provvedere, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, al monitoraggio del numero di nuove iscrizioni effettuate e delle conseguenti minori entrate contributive, inviando relazioni mensili al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.

L'articolo 1, comma 503, della L. n. 160/2019 ha infine previsto che le disposizioni da esso recato si applicano nei limiti previsti dai regolamenti (UE) n. 1407/2013 e n. 1408/2013, relativi all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis».

 

Si vedano le circolari dell'INPS n. 72 del 9 giugno 2020 (con cui l’Istituto ha fornito le indicazioni normative e le istruzioni operative per l’accesso all’esonero) e n. 47 del 23 marzo 2021, con cui è stato istituito il conto GAW37469, per rilevare gli sgravi di oneri contributivi a favore dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali, con età inferiore a quaranta anni, per le iscrizioni nella previdenza agricola, effettuate ai sensi dell’articolo 1, comma 33, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, che ha modificato l’articolo 1, comma 503, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.

 

La RT ricorda che la contribuzione I.V.S. dovuta da questa categoria di lavoratori si determina applicando l'aliquota contributiva vigente al prodotto tra il numero di giornate corrispondenti alla fascia di reddito convenzionale in cui è inserita l'azienda ed il reddito medio convenzionale, stabilito annualmente con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sulla base della media delle retribuzioni medie giornaliere degli operai agricoli. L'aliquota contributiva vigente a decorrere dall'anno 2018 è pari al 24%.

Il reddito medio convenzionale per l'anno 2021 (decreto del 10 giugno) è stato fissato nella misura pari ad euro 59,66.

È inoltre dovuto un contributo IVS addizionale giornaliero, ai sensi della Legge 160/75, nel limite massimo di n.156 giornate annue; tale importo per il 2021 è pari ad euro 0,68.

Sulla base dei dati rilevati dagli archivi dell'Istituto riguardanti le nuove iscrizioni agricole verificatesi nel 2019 ed utilizzando altresì le analoghe informazioni riferite al periodo 2016-2018 per ricavare delle indicazioni in merito al completamento dei dati presenti negli archivi stessi, si è stimata prudenzialmente una platea di 10.000 nuovi iscritti nell'anno 2022 con età inferiore a 40 anni. Più nello specifico tale contingente si è ipotizzato costituito da 7.800 individui nella categoria CD e 2.200 nella categoria IAP.

Per quanto riguarda il reddito medio convenzionale da utilizzare ai fini del calcolo della contribuzione dovuta, il dato relativo all'anno 2021 è stato lasciato prudenzialmente invariato per l'anno 2022, a fronte di indicazioni più pessimiste fornite dalla Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2021 (deliberata il 29 settembre 2021) e sviluppato invece secondo le indicazioni fornite da questo documento per gli anni successivi.

Per quanto concerne invece l'aspetto demografico, in considerazione della giovane età dei beneficiari ed anche al fine di ottenere una stima cautelativa, non è stata applicata la mortalità al contingente dei nuovi ingressi. Gli effetti fiscali conseguenti all'esonero contributivo in esame, infine, sono stati valutati sulla base della normativa vigente in materia.

Le risultanze sono riportate in termini di cassa e tengono conto sia delle regole vigenti in termini di tariffazione che delle modalità stesse di pagamento dei contributi agricoli, con importi predefiniti e suddivisi in 4 rate secondo le seguenti scadenze:

1° rata 16 luglio

2° rata 16 settembre

3° rata 6 novembre

4° rata 16 gennaio (dell'anno successivo).


Articolo 162
(Incentivi all'imprenditoria agricola femminile e altre misure di ISMEA per il potenziamento della competitività delle imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare)

 

 

L’articolo 162, comma 1, autorizza la spesa di 50 milioni di euro per il 2022 da trasferire all'ISMEA per l'effettuazione di interventi finanziari in società, economicamente e finanziariamente sane, che operano nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, della pesca e dell'acquacoltura soggetti alla politica comune dell'agricoltura e della pesca dell'UE nonché dei beni prodotti nell'ambito delle relative attività agricole cosiddette connesse. Il comma 2 autorizza, in favore di ISMEA, la spesa di 10 milioni di euro per il 2022 per la concessione di garanzie a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca. Al fine di favorire l'imprenditoria femminile in agricoltura, il comma 3 estende l'applicazione delle misure in favore dello sviluppo dell'imprenditorialità in agricoltura e del ricambio generazionale alle imprese agricole a prevalente o totale partecipazione femminile (il riferimento attuale è alle sole imprese agricole a prevalente o totale partecipazione giovanile); modifica la disciplina dei requisiti di cui le imprese subentranti nella conduzione di un'intera azienda agricola devono essere in possesso per beneficiare delle predette agevolazioni. Viene in particolare eliminato il riferimento alla "metà numerica dei soci" per quanto riguarda il requisito di composizione delle società subentranti, affinché le stesse possano essere ammesse a beneficiare delle agevolazioni previste. Il comma 4 incrementa per il 2022 di ulteriori 5 milioni di euro le risorse del Fondo rotativo per favorire lo sviluppo dell'imprenditoria femminile in agricoltura, istituito dalla legge di bilancio per il 2020, e destina tali risorse alle agevolazioni per lo sviluppo dell'imprenditorialità in agricoltura e del ricambio generazionale, in favore delle sole imprese agricole a prevalente o totale partecipazione femminile. Il comma 5 destina risorse pari a 15 milioni di euro per il 2022 alle agevolazioni prima indicate. Il comma 6 istituisce, nello stato di previsione del MIPAAF, un Fondo con una dotazione di 500.000 euro per il 2022, di cui 50.000 euro riservati alle attività di rilevazione nel settore dell'olio, al fine di potenziare l'attività di rilevazione dei prezzi dei prodotti agricoli nelle diverse fasi della filiera a supporto degli interventi previsti dall'organizzazione comune di mercato dell'UE.

 

 

 

 

 

 

Comma 1 - competitività delle imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare

 

Nel dettaglio, il comma 1 autorizza la spesa di 50 milioni di euro per il 2022 da trasferire all'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare - ISMEA, per le attività di cui all'articolo 2, comma 132 della L. n. 662/1996.

 

Tale disposizione ha attribuito all'ISMEA il compito di effettuare interventi finanziari, a condizioni agevolate o a condizioni di mercato, in società, sia cooperative che con scopo di lucro, economicamente e finanziariamente sane, che operano nella produzione, trasformazione e commercializzazione

- dei prodotti agricoli, della pesca e dell'acquacoltura compresi nell'Allegato I del TFUE;

In base all'articolo 38, § 3, del TFUE, i prodotti cui si applicano le disposizioni degli articoli da 39 a 44 inclusi (Parte terza, titolo III, Agricoltura e Pesca) sono enumerati nell'elenco che costituisce l'allegato I.

 

- dei beni prodotti nell'ambito delle relative attività agricole individuati ai sensi dell'articolo 32, comma 2, lettera c), del TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).

 

In base a tale disposizione del TUIR, sono considerate attività agricole le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile[93], dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni e tenuto conto dei criteri di cui al comma 1[94], con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali[95].

 

L'art. 2, co. 132, della L. 662/1996 prosegue stabilendo che l'ISMEA effettua interventi finanziari, a condizioni agevolate o a condizioni di mercato, in società il cui capitale sia posseduto almeno al 51 per cento da imprenditori agricoli, cooperative agricole a mutualità prevalente e loro consorzi o da organizzazioni di produttori riconosciute ai sensi della normativa vigente, o in cooperative i cui soci siano in maggioranza imprenditori agricoli, economicamente e finanziariamente sane, che operano nella distribuzione e nella logistica, anche su piattaforma informatica, dei prodotti agricoli, della pesca e dell'acquacoltura, compresi nell'Allegato I del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Nel caso di interventi a condizioni di mercato, l'ISMEA opera esclusivamente come socio di minoranza sottoscrivendo aumenti di capitale ovvero prestiti obbligazionari o strumenti finanziari partecipativi. Nell'ambito delle operazioni di acquisizione delle partecipazioni, l'ISMEA stipula accordi con i quali gli altri soci, o eventualmente terzi, si impegnano a riscattare al valore di mercato, nel termine stabilito dal relativo piano specifico di intervento, le partecipazioni acquisite. Nel caso di interventi a condizioni agevolate, l'ISMEA interviene tramite l'erogazione di mutui di durata massima di quindici anni. I criteri e le modalità degli interventi finanziari dell'ISMEA sono definiti con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (si veda il DM 12 ottobre 2017). L'intervento a condizioni agevolate da parte dell'ISMEA è subordinato alla preventiva approvazione di apposito regime di aiuti da parte della Commissione europea.

Si vedano il bando per interventi finanziari a condizioni di mercato (Determinazione del Direttore Generale dell'ISMEA n. 967 del 24 settembre 2021) nonché il bando per interventi finanziari a condizioni agevolate (Determinazione del Direttore Generale dell'ISMEA n. 152 del 15.2.2019).

La RT informa che le nuove risorse andranno a ricostituire la dotazione finanziaria in esaurimento con l'ultimo bando in corso, a seguito dei numerosi progetti, finanziati dall'Istituto.

 

Comma 2 - Accesso al credito delle imprese agricole

 

Il comma 2 autorizza, in favore di ISMEA, la spesa di 10 milioni di euro per il 2022 per la concessione di garanzie ai sensi dell'articolo 17, comma 2, del d.lgs. n. 102/2004, al fine di favorire l'accesso al credito da parte delle imprese agricole.

 

La disposizione citata ha attribuito all'ISMEA il potere di concedere la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari "autorizzati" ai sensi dell'articolo 107 del TUB (d.lgs. n. 385/1993), nonché dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca. La garanzia può altresì essere concessa anche a fronte di transazioni commerciali effettuate per le medesime destinazioni.

 

Le predette risorse sono versate sul conto corrente di tesoreria centrale intestato a ISMEA (previsto dall'articolo 13, comma 11, del D.L. n. 23/2020 - L. n. 40/2020), sul quale sono già versate le risorse per la concessione di garanzie in favore delle imprese agricole, forestali, della pesca e dell'acquacoltura e dell'ippicoltura, nonché dei consorzi di bonifica e dei birrifici artigianali. Tali risorse sono utilizzate in base al fabbisogno finanziario derivante dalla gestione delle garanzie. La predetta garanzia è concessa a titolo gratuito nei limiti previsti dai regolamenti (UE) nn. 717/2014, 1407/2013 e 1408/2013 della Commissione.

 

 

Commi 3, 4 e 5 - Sostegno dell'imprenditoria femminile in agricoltura

 

Al fine di favorire l'imprenditoria femminile in agricoltura, il comma 3:

- estende l'applicazione delle misure in favore dello sviluppo dell'imprenditorialità in agricoltura e del ricambio generazionale (contenute nel Titolo I, Capo III, del d.lgs. n. 185/2000; articoli da 9 a 10-quater) alle imprese agricole a prevalente o totale partecipazione femminile (il riferimento attuale è alle sole imprese agricole a prevalente o totale partecipazione giovanile); a tal fine novella l'articolo 9, comma 1, del d.lgs. n. 185/2000;

 

 

L'articolo 9, comma 1, del d.lgs. n. 185/2000, prevede che le disposizioni del Titolo I, Capo III sono dirette a sostenere in tutto il territorio nazionale le imprese agricole a prevalente o totale partecipazione giovanile, a favorire il ricambio generazionale in agricoltura e a sostenerne lo sviluppo attraverso migliori condizioni per l'accesso al credito.

L'articolo 10, comma 1, indica, quali misure agevolative, la concessione di:

- mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di dieci anni comprensiva del periodo di preammortamento e di importo non superiore al 60 per cento della spesa ammissibile;

- un contributo a fondo perduto fino al 35 per cento della spesa ammissibile. Esso prosegue precisando che, per le iniziative nel settore della produzione agricola il mutuo agevolato ha una durata, comprensiva del periodo di preammortamento, non superiore a quindici anni.

 

- modifica la disciplina dei requisiti di cui le imprese subentranti nella conduzione di un'intera azienda agricola devono essere in possesso per beneficiare delle agevolazioni previste; esso novella, a tal fine, l'articolo 10-bis, comma 2, lettera c) del d.lgs. n. 185/2000.

Viene in particolare eliminato il riferimento alla "metà numerica dei soci" per quanto riguarda il requisito di composizione delle società subentranti, affinché le stesse possano essere ammesse a beneficiare delle agevolazioni previste.

La novella si limita inoltre a modificare il mero posizionamento, all'interno del comma 2, lettera c), del riferimento alle donne imprenditrici.

 

Al riguardo, la relazione illustrativa osserva che "si emenda la lettera c) del richiamato articolo 10-bis, comma 2, per meglio definire, ampliandola, la platea dei soggetti beneficiari delle dette misure agevolative alle società che siano composte, per oltre la metà delle quote di partecipazione, da donne".

 

 

 

 

 

 

 

Articolo 10-bis, comma 2, lettera c), del d.lgs. n. 185/2000

Vigente

Modificato

siano amministrate e condotte da una donna oppure da un giovane imprenditore agricolo di età compresa tra i 18 ed i 40 anni ovvero, nel caso di società, siano composte, per oltre la metà numerica dei soci e delle quote di partecipazione, da donne e da giovani imprenditori agricoli di età compresa tra i 18 ed i 40 anni.

siano amministrate e condotte

da un giovane imprenditore agricolo di età compresa tra i 18 ed i 40 anni o da una donna ovvero, nel caso di società, siano composte, per oltre la metà delle quote di partecipazione, da giovani di età compresa tra i 18 ed i 40 anni o da donne.

 

 

Si ricorda che l'articolo 68, comma 9, del D.L. 73/2021 (L. 106/2021), novellando lo stesso articolo 10-bis, comma 2, lettera c), del d.lgs. n. 185/2000, aveva già esteso alle imprenditricia prescindere dall’età - l'applicabilità delle misure agevolative per lo sviluppo dell'imprenditorialità in agricoltura e del ricambio generazionale recate dal Titolo I, Capo III, del d.lgs. n. 185/2000, quando si trattasse di subentro nella conduzione di un'intera azienda agricola.

L'articolo 10-bis in esame ha previsto che possono beneficiare delle agevolazioni di cui al capo III del Titolo I le imprese, in qualsiasi forma costituite, che subentrino nella conduzione di un'intera azienda agricola, esercitante esclusivamente l'attività agricola ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile da almeno due anni alla data di presentazione della domanda di agevolazione, e presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento dell'azienda agricola attraverso iniziative nel settore agricolo e in quello della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.

Oltre a quelli soprarichiamati, le imprese subentranti devono possedere anche i seguenti requisiti: a) essere costituite da non più di sei mesi alla data di presentazione della domanda di agevolazione; b) esercitare esclusivamente l'attività agricola ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile.

Possono altresì beneficiare delle agevolazioni le imprese che presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento di iniziative nei settori della produzione e della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, attive da almeno due anni alla data di presentazione della domanda di agevolazione. Tali imprese devono essere in possesso dei requisiti relativi all'esercizio esclusivo dell'attività agricola ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile nonché alle caratteristiche soggettive di chi amministra e conduce l'impresa agricola subentrante.

 

Il comma 4 incrementa per il 2022 di ulteriori 5 milioni di euro le risorse del Fondo rotativo per favorire lo sviluppo dell'imprenditoria femminile in agricoltura, istituito dall'articolo 1, comma 506, della L. n. 160/2019 (legge di bilancio per il 2020) e destina tali risorse alle agevolazioni previste dal Titolo I, Capo III, del d.lgs. n. 185/2000, in favore delle imprese agricole a prevalente o totale partecipazione femminile.

 

Si ricorda al riguardo che l'articolo 1, commi 504-506, della L. n. 160/2019, ha previsto la concessione di mutui a tasso zero in favore di iniziative finalizzate allo sviluppo o al consolidamento di aziende agricole condotte da imprenditrici attraverso investimenti nel settore agricolo e in quello della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. Tali mutui sono concessi nel limite di 300.000 euro, della durata massima di 15 anni comprensiva del periodo di preammortamento. Nello stato di previsione del MIPAAF è istituito a tal fine un fondo rotativo per l'attuazione delle disposizioni relative alla concessione dei predetti mutui a tasso zero.

Nel dettaglio, il comma 504 ha demandato a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di natura non regolamentare (si veda il D.M. 9 luglio 2020), la definizione dei criteri e delle modalità per la concessione di mutui a tasso zero in favore di iniziative finalizzate allo sviluppo o al consolidamento di aziende agricole condotte da imprenditrici attraverso investimenti nel settore agricolo e in quello della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. Il comma 505 ha previsto che tali mutui siano concessi nel limite di 300.000 euro, della durata massima di 15 anni comprensiva del periodo di preammortamento, nel rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato per il settore agricolo e per quello della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Il comma 506 ha istituito, a tal fine, nello stato di previsione del MIPAAF un fondo rotativo con una dotazione finanziaria iniziale pari a 15 milioni di euro per il 2020 per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 504 e 505. Per la gestione del fondo rotativo è stata autorizzata l'apertura di un'apposita contabilità speciale presso la tesoreria dello Stato intestata al MIPAAF.

 

Il Fondo è allocato sul capitolo 7723 della tabella n. 13 - stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. In base alla L. 143/2021 (Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2021), le previsioni assestate per il 2021 recano l'importo di € 15 mln in conto residui, competenza e cassa.

 

Il comma 5 destina risorse pari a 15 milioni di euro per il 2022 alle agevolazioni di cui al Titolo I, Capo III, del d.lgs. n. 185/2000.

 

Al riguardo, la RT precisa che, considerato che lo "strumento agevolativo", originariamente riservato alle sole imprese del Sud, è stato esteso dal cd. "Decreto semplificazioni" DL. 76/2020 all'intero territorio nazionale, con conseguente allargamento della platea di beneficiari, il quinto comma della norma ne incrementa la dotazione finanziaria per il 2022 di 15 milioni di euro.

 

Comma 6 - Monitoraggio prezzi

 

Il comma 6 istituisce, nello stato di previsione del MIPAAF, un Fondo con una dotazione di 500.000 euro per il 2022, di cui 50.000 euro riservati alle attività di rilevazione nel settore dell'olio, al fine di potenziare l'attività di rilevazione dei prezzi dei prodotti agricoli nelle diverse fasi della filiera a supporto degli interventi previsti dall'organizzazione comune di mercato di cui al Regolamento (UE) n. 1308/2013 e disporre di dati, studi e valutazioni specifiche necessari a definire le strategie settoriale per l'attuazione della nuova fase di programmazione della politica agricola comune.

 

 


Articolo 163
(IVA agevolata per la cessione di bovini e suini)

 

 

L'articolo 163 estende al 2022 l’innalzamento della percentuale massima di compensazione IVA, applicabile alla cessione di animali vivi della specie bovina e suina, fissata in misura non superiore al 9,5%.

 

La disposizione reca novella all'articolo 1, comma 506, della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017), il quale fissa la percentuale massima di compensazione IVA in misura non superiore:

§  al 7,7% per i bovini e all’8% per i suini per ciascuna delle annualità 2018, 2019 e 2020;

§  al 9,5% per i bovini e suini per il solo 2021.

La disposizione in esame integra quindi tale comma estendendo l'applicazione del 9,5% all'anno 2022.

 

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 34, comma 1, del D.P.R. 633/1972 (concernente istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto) istituisce, per le cessioni dei prodotti agricoli e ittici compresi nella tabella A, parte prima, allegata allo stesso decreto, un regime di detrazione forfettizzata dell'imposta sul valore aggiunto, basato sull'applicazione di percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le politiche agricole.

L'imposta si applica con le aliquote proprie dei singoli prodotti, salva l'applicazione delle aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione per i passaggi di prodotti alle cooperative e loro consorzi (di cui al comma 2, lettera c) del medesimo art. 34) che applicano il regime speciale e per le cessioni effettuate dagli imprenditori agricoli con volume d’affari al di sotto di 7.000 euro annui e i cessionari e committenti (comma 6, primo e secondo periodo dello stesso art. 34).

 

Il citato comma 506 demandava l'attuazione della misura per gli anni dal 2018 al 2020 ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il quale dovrà essere adottato entro il 31 gennaio di ciascuna annualità. Stabiliva, inoltre, che l’attuazione della misura non potesse comportare un onere (in termini di minori entrate) superiore a 20 milioni di euro annui per ciascuno degli anni del medesimo triennio. Tale limite di 20 milioni non è previsto per le annualità 2021 e 2022.

Il medesimo comma 506, peraltro, ha riproposto per gli anni dal 2018 al 2020, quanto era già previsto, per gli anni 2016 e 2017 rispettivamente dall’art. 1, comma 45 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) e dall'art. 1, comma 908, della legge di stabilità per il 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208). Tali norme avevano disposto le medesime percentuali massime di compensazione IVA, nel limite di minori entrate per 20 milioni di euro.

Si segnala, infine, che la formulazione vigente del comma 506, risulta dalle novelle ad esso apportate dall'art. 1, comma 39, della legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020) e dall'art. 68, comma 1, del decreto-legge n. 73 del 2021 ("sostegni bis", come convertito dalla legge n. 106 del 2021). Quest'ultima norma ha stabilito la percentuale del 9,5% per il 2021.

 

 

 


Articolo 164
(Esercizio delle funzioni in materia di pesca marittima per le Capitanerie di porto – Guardia costiera)

 

 


L'articolo 164 autorizza la spesa di 4 milioni di euro a decorrere dal 2022 - da iscrivere nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali - al fine di assicurare lo svolgimento delle attività di amministrazione, gestione, vigilanza e controllo nel settore della pesca marittima affidate al Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia costiera dalla legislazione vigente.

 

Si tratta delle funzioni attribuite al Corpo suddetto dalle seguenti norme esplicitamente richiamate dalla disposizione in esame:

§  d.P.R. n. 1639 del 1968 (“Regolamento per l'esecuzione della legge 14 luglio 1965, n. 963, concernente la disciplina della pesca marittima”). Tale regolamento reca la disciplina di carattere generale inerente alle funzioni delle Capitanerie di porto in materia di pesca marittima.

§  legge n. 84 del 1994 (“Riordino della legislazione in materia portuale”) articolo 3, recante la costituzione del comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia costiera, cui è preposto un ammiraglio ispettore capo appartenente al medesimo Corpo. La norma specifica che il comando generale dipende dal dicastero competente per le infrastrutture ed i trasporti, nonché dal dicastero ambientale e da quello agricolo per le rispettive materie di competenza (in particolare, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per il settore della pesca).

§  decreto legislativo n. 66 del 2010 (“Codice dell’ordinamento militare”) articolo 136, recante disciplina dell’esercizio delle funzioni del Corpo dipendenti dal dicastero agricolo. Tale articolo 136 attribuisce al Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia costiera: a) direzione, vigilanza  e  controllo sulla filiera della pesca; b)  attività amministrativa in materia di pesca marittima sulla base di  direttive  impartite  dal  Ministero  delle  politiche  agricole, alimentari  e  forestali; c)  attività di centro di controllo nazionale  della  pesca, sulla base degli indirizzi concertati con le Regioni; d) vigilanza e controllo sull'esatto adempimento delle norme relative alle  provvidenze  in  materia  di  pesca  previste  dalla  normativa nazionale e comunitaria; e)  verifica della corretta applicazione delle norme sul commercio di prodotti ittici e biologici marini; f)  partecipazione,  mediante personale specializzato, alle attività di  verifica  sull'esatto  adempimento della normativa dell’Unione europea in materia  di  pesca.

§  decreto legislativo n. 4 del 2012 (“Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura”). Tale decreto legislativo (che ha abrogato la precedente disciplina in materia recata dalla legge n. 963 del 1965) ha individuato (in attuazione dell’art. 5, par. 5, del regolamento (CE) n. 1224/2009 che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca) nel dicastero agricolo l’autorità nazionale competente per il coordinamento delle attività di controllo di tutte le autorità nazionali in materia di pesca.

Ai sensi dell’articolo 22, comma 3, del citato decreto legislativo, l'attività di controllo sulla  pesca,  sul  commercio  e  sulla somministrazione dei prodotti di essa, nonché  l'accertamento  delle infrazioni sono affidati, sotto la  direzione  dei  comandanti  delle Capitanerie di porto, al personale civile e  militare  dell'Autorità marittima  centrale  e  periferica,  alle  Guardie  di  finanza,   ai Carabinieri, agli Agenti di pubblica sicurezza ed agli agenti giurati eventualmente nominati dagli enti territoriali interessati. Inoltre, l’art. 15 del medesimo decreto, istituisce il registro nazionale delle infrazioni in materia di pesca presso il Centro controllo nazionale pesca del   Comando   generale   delle Capitanerie di porto presso il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

 

 

 

 

 

 

 


Articolo 165
(Attuazione Strategia forestale nazionale di cui all’articolo 6,
del decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34)

 

 

L’articolo 165 istituisce - presso il MIPAAF - un fondo per dare attuazione alla Strategia forestale nazionale, con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2032.

 

Nel dettaglio, l’articolo in commento, composto di un solo comma, prevede che, al fine di assicurare l’attuazione della Strategia forestale nazionale prevista dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 34 del 2018, sia istituito, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un Fondo con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2032. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, sono definiti i criteri e le modalità di utilizzo delle risorse del predetto fondo.

 

Si ricorda che il suddetto art. 6 del decreto legislativo n. 34 del 2018, recante il “Testo unico in materia di foreste e filiere forestali”, ha previsto, al comma 1, che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, adottato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  il  Ministro  dei  beni  e  delle attività culturali e  del  turismo  e  il  Ministro  dello  sviluppo economico e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sia approvata la  Strategia  forestale  nazionale.  Tale Strategia, in attuazione dei principi e delle finalità di cui (rispettivamente) agli articoli 1 e 2 del medesimo Testo unico, e degli impegni assunti a  livello  internazionale  ed  europeo,  con particolare riferimento alla Strategia forestale dell'Unione  europea COM (2013) n. 659 del 20 settembre 2013, ed  in  continuità  con  il Programma quadro per il settore forestale,  definisce  gli  indirizzi nazionali per la tutela, la valorizzazione e la gestione  attiva  del patrimonio forestale nazionale e per lo sviluppo del settore e  delle sue filiere produttive, ambientali e socio-culturali, ivi compresa la filiera pioppicola. La Strategia forestale nazionale ha una validità di venti anni ed è soggetta a revisione e   aggiornamento quinquennale.

 

La suddetta Strategia forestale nazionale (di cui all’art. 6 del decreto legislativo n. 34 del 2018) risulta in fase avanzata di predisposizione, dopo che si è svolta, lo scorso anno, una consultazione pubblica a seguito della presentazione di una sua bozza preliminare da parte del gruppo di lavoro incaricato dal MIPAAF.

 

Si ricorda altresì che, in materia, è stata adottata la comunicazione della Commissione europea COM(2021) 572 final, del 16 luglio 2021, che reca la “Nuova strategia dell'UE per le foreste per il 2030”.

 

Per un approfondimento sulla riforma del settore forestale, attuata per mezzo del citato decreto legislativo n. 34 del 2018, si rinvia all’apposita sezione dei temi web del Servizio studi della Camera dei deputati.


Titolo XII - Regioni e enti locali

Articolo 166
(Ponti e viadotti)

 

 

L’articolo 166 prevede l'assegnazione alle Province e alle Città metropolitane di ulteriori risorse per la messa in sicurezza dei ponti e dei viadotti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali di sicurezza.

 

 

In particolare, l'articolo in questione prevede ulteriori risorse a favore dei suddetti enti nel limite complessivo di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2026.

I contributi saranno assegnati con decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro il 30 giugno 2023.

A tale proposito può essere utile ricordare che l'articolo 49 del decreto-legge n. 104 del 2020 aveva istituito un apposito fondo, con una dotazione finanziaria di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023, volto alla messa in sicurezza dei ponti e dei viadotti esistenti con problemi strutturali di sicurezza. L'articolo in questione, come evidenziato in precedenza, prevede un ulteriore finanziamento per la realizzazione dei suddetti interventi.

 

 


Articolo 167
(
Manutenzione scuole)

 

 

L’articolo 167 incrementa il finanziamento per gli interventi di manutenzione straordinaria, di messa in sicurezza, di nuova costruzione, di incremento dell'efficienza energetica e di cablaggio interno, delle scuole di province e città metropolitane, nonché degli enti di decentramento regionale.

 

Il comma 1, lett. a), dell’articolo 167 in esame, modifica l’art. 1, comma 63, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020), il quale ha stabilito un primo stanziamento a favore degli interventi per gli interventi di manutenzione straordinaria delle scuole di province e città metropolitane, per il periodo dal 2020 al 2029.

 

L’art. 1, comma 63, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) inizialmente aveva autorizzato una spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e di 250 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2034.

Con il D.L. n. 162/2019 (art. 38-bis, comma 3, lett. b)) è stata prevista una spesa di 90 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e di 225 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2034.

Con il D.L. n. 104/2020 (art. 48, comma 1) è stata prevista una spesa di 90 milioni di euro per l'anno 2020, 215 milioni di euro per l'anno 2021, 625 milioni di euro per l'anno 2022, 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e 225 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2029.

La legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020, art. 1, comma 810) ha incluso tra gli interventi finanziabili, anche quelli di messa in sicurezza, di nuova costruzione e di cablaggio interno degli edifici scolastici, mentre la disposizione iniziale prevedeva solo gli interventi di manutenzione straordinaria e di incremento dell'efficienza energetica.

 

La disposizione, in particolare, eleva lo stanziamento previsto a decorrere dal 2024 e allunga il periodo di finanziamento fino al 2036, secondo gli importi illustrati nella seguente tabella.

 

Risorse aggiuntive per la manutenzione delle scuole (mln di euro)

 

LB 2020 (e s.m.i.)

LB 2022

differenza

2020

90

 

-

2021

215

 

-

2022

625

 

-

2023

525

525

-

2024

525

530

+5

2025

225

235

+10

2026

225

245

+20

2027

225

245

+20

2028

225

250

+25

2029

225

250

+25

2030

 

260

+260

2031

 

335

+335

dal 2032 al 2036

 

400

+400

 

Il comma 1, lett. b), dell’articolo 167 in esame, modifica l’art. 1, comma 64, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020), il quale per l’attuazione del comma 63 rinvia a un D.P.C.M., di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dell'istruzione, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro il 31 marzo 2020. La disposizione, in particolare, prevede che i criteri di riparto e le modalità di utilizzo delle risorse sono individuati, per il periodo 2020-2029, con D.P.C.M. da adottare entro il 30 giugno 2022 e, per il periodo 2030-2036, con D.P.C.M. da adottare entro il 30 giugno 2029.

 

L’art. 1, comma 64, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020), prevede che con D.P.C.M., da adottare entro il 30 marzo 2020, vengano individuate le risorse per ciascun settore di intervento, i criteri di riparto e le modalità di utilizzo delle risorse, ivi incluse le modalità di utilizzo dei ribassi d'asta, di monitoraggio, anche in termini di effettivo utilizzo delle risorse assegnate e comunque tramite il sistema di monitoraggio delle opere pubbliche – MOP (D.Lgs n. 229 del 2011), di rendicontazione e di verifica, nonché le  modalità di recupero ed eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate. Con decreto del Ministero dell'istruzione, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del D.P.C.M., sono individuati gli enti beneficiari, gli interventi ammessi al finanziamento e il relativo importo.

In attuazione dell’articolo 1, comma 64, della legge n. 160 del 2019, sono stati emanati il D.P.C.M. 7 luglio 2020 e il D.M. 10 marzo 2021 (quest’ultimo ha ripartito le somme aggiuntive tra  gli  enti beneficiari sulla base dei criteri di riparto definiti dal citato D.P.C.M. 7 luglio 2020).

 

 

 


Articolo 168
(Rigenerazione urbana per i comuni con popolazione
inferiore a 15.000 abitanti)

 

 

L’articolo 168, al fine di favorire gli investimenti in progetti di rigenerazione urbana volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, assegna ai comuni di piccole dimensioni contributi per investimenti nel limite complessivo di 300 milioni di euro per l’anno 2022. Sono disciplinate le modalità procedurali per addivenire all’erogazione dei contributi, i termini di affidamento dei lavori e le procedure di monitoraggio.

 

Finalità (comma 1)

Il comma 1 dell'articolo in esame chiarisce che la finalità dello stesso è quella di favorire gli investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale. A tal fine prevede l’assegnazione di contributi (ai comuni indicati dal comma 2) per investimenti.

Stanziamento (comma 1)

L’assegnazione dei contributi citati avverrà nel limite complessivo di 300 milioni di euro per l’anno 2022.

 

Comuni che possono richiedere i contributi (comma 2)

Il comma 2 individua i seguenti comuni che possono beneficiare dei contributi in questione:

a) i “piccoli” comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti che, in forma associata, presentano una popolazione superiore a 15.000 abitanti, nel limite massimo di 5.000.000 di euro. La domanda è presentata dal comune capofila;

b) i “grandi” comuni che non risultano beneficiari delle risorse attribuite con il decreto di assegnazione delle risorse previste, per finalità analoghe a quelle a cui tende l’articolo in esame, dai commi 42-43 dell'art. 1 della legge 160/2019 (legge di bilancio 2020).

I citati commi 42 e 43 hanno previsto l'assegnazione, per gli anni dal 2021 al 2034, di complessivi 8,5 miliardi di euro ai comuni, per investimenti in progetti di rigenerazione urbana volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale. In attuazione di tali disposizioni è stato emanato il D.P.C.M. 21 gennaio 2021 con cui sono stati definiti i criteri e le modalità di ammissibilità delle istanze e di assegnazione dei contributi ai comuni.

L’art. 2 di tale decreto dispone che hanno facoltà di richiedere i contributi previsti dai commi 42-43 “i comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, non capoluogo di provincia, ed i comuni capoluogo di provincia o sede di città metropolitana che intendono realizzare interventi per la rigenerazione urbana volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, che non siano integralmente finanziati da altri soggetti pubblici e/o privati, presentando apposita domanda”.

L’art. 5 del medesimo decreto ha demandato la determinazione dell’ammontare del contributo attribuito a ciascun comune ad un apposito decreto del Ministero dell'interno, adottato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame pone un limite alle risorse attribuibili ai “grandi” comuni succitati, precisando che agli stessi possono essere attribuiti contributi, a valere sulle risorse stanziate dal comma 1, nel limite massimo della differenza tra gli importi previsti dall’art. 2, comma 2, del D.P.C.M. citato e le risorse attribuite dal predetto decreto del Ministero dell’interno.

 

Presentazione delle domande di contributo (comma 3)

Il comma 3 dispone che gli enti di cui al comma 2 comunicano le richieste di contributo per singole opere pubbliche o insiemi coordinati di interventi pubblici al Ministero dell'interno entro il termine perentorio del 31 marzo 2022.

Contenuto della domanda di contributo (comma 3)

In base al comma 3, la richiesta di contributo deve contenere:

a) la tipologia dell’opera che può essere relativa a:

i) manutenzione per il riuso e rifunzionalizzazione di aree pubbliche e di strutture edilizie esistenti pubbliche per finalità di interesse pubblico, anche compresa la demolizione di opere abusive realizzate da privati in assenza o totale difformità dal permesso di costruire e la sistemazione delle pertinenti aree;

ii) miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, anche mediante interventi di ristrutturazione edilizia di immobili pubblici, con particolare riferimento allo sviluppo dei servizi sociali e culturali, educativi e didattici, ovvero alla promozione delle attività culturali e sportive;

iii) mobilità sostenibile;

b) il quadro economico dell'opera, il cronoprogramma dei lavori, nonché le informazioni riferite al codice unico di progetto (CUP) e ad eventuali forme di finanziamento concesse da altri soggetti sulla stessa opera. La mancanza dell'indicazione di un CUP valido ovvero l'errata indicazione in relazione all'opera per la quale viene chiesto il contributo comporta l'esclusione dalla procedura;

c) nel caso di comuni in forma associata, l’elenco di comuni che fanno parte della forma associativa.

 

Determinazione dell’ammontare dei contributi (comma 4)

Il comma 4 demanda la determinazione dell’ammontare del contributo attribuito a ciascun comune ad un apposito decreto del Ministero dell'interno, adottato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 giugno 2022.

Lo stesso comma dispone altresì che qualora l'entità delle richieste pervenute superi l'ammontare delle risorse disponibili, l'attribuzione è effettuata a favore dei comuni che presentano un valore più elevato dell’indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM).

Nel caso di forme associate è calcolata la media semplice dell’indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM).

L’indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM) è un indicatore composito elaborato dall’ISTAT attraverso la sintesi di sette indicatori riferiti alle dimensioni della vulnerabilità sociale e materiale ritenute più rilevanti per la formazione di una graduatoria nazionale dei comuni. Per approfondimenti si rinvia alla pubblicazione dell’ISTAT del dicembre 2020 “Le misure della vulnerabilità: un’applicazione a diversi ambiti territoriali”.

 

L’attribuzione del contributo sulla base della graduatoria citata, nel limite delle risorse disponibili (pari a 300 milioni di euro per l’anno 2022), è fatta assicurando il rispetto dell’art. 7-bis, comma 2, del D.L. 243/2016 in materia di assegnazione differenziale di risorse aggiuntive alle regioni ivi indicate.

La norma richiamata, come riscritta dall’art. 1, comma 310, lett. b), della legge 160/2019 (legge di bilancio 2020), dispone che, “al fine di ridurre i divari territoriali, il riparto delle risorse dei programmi di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti da assegnare sull'intero territorio nazionale, che non abbia criteri o indicatori di attribuzione già individuati alla data di entrata in vigore della presente disposizione, deve essere disposto anche in conformità all'obiettivo di destinare agli interventi nel territorio delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna un volume complessivo di stanziamenti ordinari in conto capitale almeno proporzionale alla popolazione residente”.

 

Termini per l’affidamento dei lavori (comma 5)

In base al comma 5, il comune beneficiario del contributo è tenuto ad affidare i lavori entro i termini di seguito indicati, decorrenti dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 4:

a) per le opere di costo inferiore a 2,5 milioni di euro l'affidamento dei lavori deve avvenire entro 15 mesi;

b) per le opere di costo superiore a 2,5 milioni di euro l'affidamento dei lavori deve avvenire entro 20 mesi.

Si osserva che la norma non disciplina il caso di opere aventi costo esattamente pari a 2,5 milioni di euro, che andrebbe pertanto contemplato  in una delle due lettere citate.

 

Revoca del contributo (comma 6)

Il comma 6 dispone che, in caso di mancato rispetto dei termini di affidamento dei lavori, il contributo è revocato con decreto del Ministero dell'interno.

 

Utilizzo di eventuali risparmi (comma 7)

In base al comma 7, i risparmi derivanti da eventuali ribassi d'asta sono vincolati fino al collaudo ovvero alla regolare esecuzione di cui al comma 8 e successivamente possono essere utilizzati dal medesimo ente beneficiario per ulteriori investimenti, per le medesime finalità previste dal comma 1, a condizione che gli stessi vengano impegnati entro 6 mesi dal collaudo o dalla regolare esecuzione.

Erogazione dei contributi (comma 8)

Il comma 8 disciplina le varie fasi di erogazione dei contributi assegnati, prevedendo che vi provveda il Ministero dell'interno nel seguente modo:

a) 20% previa verifica dell’affidamento dei lavori entro i termini previsti dal comma 5;

b) 70% sulla base degli stati di avanzamento dei lavori (SAL) così come risultanti dal sistema di monitoraggio di cui al comma 9;

c) 10% previa trasmissione al Ministero dell'interno del certificato di collaudo o di regolare esecuzione rilasciato per i lavori dal direttore dei lavori, ai sensi dell'art. 102 del D.Lgs. 50/2016.

 

I relativi passaggi amministrativi sono altresì rilevati tramite il sistema di monitoraggio di cui al comma 9.

 

Monitoraggio (comma 9)

Il comma 9 dispone che il monitoraggio delle opere pubbliche finanziate dall'articolo in esame è effettuato dai comuni beneficiari attraverso il sistema previsto dal D.Lgs. 229/2011, classificando le opere sotto la voce «Contributo investimenti rigenerazione urbana legge di bilancio 2022».

 

Lo stesso comma dispone che non trova applicazione l’art. 158 del D.Lgs. 267/2000.

L’art. 158 del D.Lgs. 267/2000 dispone, in particolare, che “per tutti i contributi straordinari assegnati da amministrazioni pubbliche agli enti locali è dovuta la presentazione del rendiconto all'amministrazione erogante entro sessanta giorni dal termine dell'esercizio finanziario relativo, a cura del segretario e del responsabile del servizio finanziario” e che il termine citato è perentorio e “la sua inosservanza comporta l'obbligo di restituzione del contributo straordinario assegnato”.


Articolo 169, commi 1-17
(Accordi tra il Governo e le Autonomie Speciali in materia di finanza pubblica per gli anni 2022 e successivi)

 

 

I commi da 1 a 17 recepiscono gli accordi bilaterali sottoscritti, o in via di definizione, con ciascuna autonomia speciale in materia di finanza pubblica per gli anni 2022 e seguenti.

Per la regione Sardegna, con i commi 1 e 2, viene rideterminato il concorso alla finanza pubblica dovuto dalla regione e al contempo viene attribuito alla stessa un contributo di 100 milioni di euro annui.

Analogamente con i commi da 3 a 5, per la regione Sicilia, viene rideterminato il concorso alla finanza pubblica dovuto dalla regione e viene attribuito alla regione un contributo di 100 milioni di euro annui; viene inoltre esteso l’ambito di utilizzo del contributo erogato dallo Stato ai liberi consorzi ed alle città metropolitane siciliane.

I commi da 6 a 9 per la Regione Trentino Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alla:

§  definizione del gettito delle entrate erariali derivanti dalla raccolta dei giochi attribuito alle Province autonome, anche con la modifica dell’articolo 75 dello statuto;

§  determinazione del concorso alla finanza pubblica dovuto dalla Regione e dalle Province autonome per gli anni 2022 e dal 2023, con la modifica dell’art. 79 dello statuto;

§  attribuzione alle Province autonome di Trento e di Bolzano di 20 milioni di euro annui ciascuna, come restituzione delle riserve all’erario di cui alla legge di stabilità 2014.

Per la regione Friuli-Venezia Giulia, i commi da 11 a 16 intervengono in materia di concorso alla finanza pubblica del sistema integrato regione-enti locali per gli anni dal 2022 al 2026 (i commi 12 e 14 ne determinano la misura e i commi 15 e 16 apportano le conseguenti modifiche alle risorse già stanziate) e in materia di entrate spettanti alla regione, con la modifica dell’art. 51 dello statuto a seguito della soppressione delle province regionali (comma 13).

Per la regione Valle d’Aosta, infine, il comma 17, ridetermina il concorso alla finanza pubblica richiesto alla regione.

 

Gli accordi bilaterali

Le norme in esame sono espressamente adottate in attuazione di accordi bilaterali tra il Governo e ciascuna autonomia speciale in materia di finanza pubblica per la definizione dei rapporti finanziari reciproci in riferimento agli anni 2022 e seguenti.

L’accordo bilaterale in materia di finanza pubblica tra lo Stato e ciascuna autonomia è lo strumento principale con il quale sono definite le misure e le modalità del concorso di ciascuna regione agli obiettivi di finanza pubblica, l’attribuzione di nuove funzioni, la variazione delle aliquote di compartecipazioni ai tributi erariali, nonché le eventuali misure a sostegno di specifiche criticità.

Si rammenta, infatti, che l'ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinato dai rispettivi statuti e dalle norme di attuazione degli stessi, vale a dire norme di rango costituzionale non modificabili con legge ordinaria. Tuttavia, gli statuti stessi (ad eccezione di quello per la Regione siciliana) contengono disposizioni specifiche, secondo le quali le modifiche allo statuto concernenti la finanza di ciascuna regione possono essere apportate con legge ordinaria (su proposta del Governo, della Regione e di ciascun parlamentare), in 'accordo' con la regione interessata.

 

Nelle norme riferite a ciascuna autonomia speciale, tuttavia, non vi è l’indicazione della data di sottoscrizione dell’accordo, in quanto presumibilmente, non ancora formalizzati.

Con le regioni Sardegna, Sicilia, Trentino Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, la formalizzazione dell’accordo non ha concluso il suo iter; il comma 10, infatti, subordina l’efficacia delle norme recate ai commi da 1 a 9 concernenti le suddette autonomie speciali, alla effettiva sottoscrizione di accordi bilaterali tra il Governo e ciascuna autonomia.

 

Regione Sardegna (commi 1-2)

In attuazione dell’accordo bilaterale con la regione Sardegna, viene ridotta la misura del concorso della regione alla finanza pubblica (comma 1) e al contempo alla regione è attribuito un contributo di 100 milioni annui (comma 2).

Il comma 1 determina il contributo della regione alla finanza pubblica in 306,4 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022. La misura del contributo è attualmente fissata in 383 milioni di euro dalla legge di bilancio 2020, la riduzione è perciò pari a 76,6 milioni.

La legge 160 del 2019, comma 868, infatti, a seguito dell’accordo sottoscritto il 7 novembre 2019, determina, tra l’altro, l’ammontare del contributo alla finanza pubblica della regione in 648,210 milioni di euro per il 2018, 536 per il 2019 e di 383 milioni di euro a decorrere dal 2020.

Il contributo della regione è determinato fermo restando quanto stabilito dalle norme della legge di bilancio 2021 (commi 850, 851 e 852) sul concorso alla finanza pubblica dell’intero comparto delle regioni e delle province autonome per gli anni dal 2023 al 2025. Le norme citate fissano in 200 milioni di euro annui (196, con le modifiche apportate dal comma 14 in esame, vedi infra) il concorso delle regioni e delle province autonome alla finanza pubblica (comma 850) e stabiliscono che la quota di competenza di ciascun ente sia determinata, entro il 31 maggio 2022, con accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni (comma 851) e per le autonomie speciali, nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione (comma 852).

 

Il comma 2 attribuisce alla regione Sardegna, a decorrere dal 2022, la somma di 100 milioni di euro annui da destinare alla compensazione degli svantaggi strutturali legati alla condizione di insularità. Le risorse sono una quota di quelle già accantonate con la legge di bilancio 2021, a decorrere dal 2021, per la revisione degli accordi con le autonomie speciali, in particolare con le regioni Sardegna, Sicilia e Friuli Venezia Giulia.

La legge di bilancio 2021 (legge 178 del 2020), al comma 806 stabilisce l’accantonamento di 300 milioni di euro annui, a decorrere dall’anno 2021, per l’attuazione dei punti 9 e 10 dell’Accordo quadro del 20 luglio 2020, vale a dire per la revisione degli accordi bilaterali tra lo Stato e le autonomie, in particolare con la Regione Friuli Venezia Giulia, la Regione Sardegna (soprattutto in riferimento alla costituzione del tavolo tecnico politico per la condizione di insularità) e la Regione Sicilia (per la revisione delle norme di attuazione in materia finanziaria) e per gli eventuali accordi come quelli già sottoscritti in materia di ristoro della perdita di gettito. Per l’anno 2021, lo stesso comma 806, specifica che la cifra è comprensiva dei 100 milioni destinati alla riduzione del contributo alla finanza pubblica per l'anno 2021.

 

Per l’anno 2021, a valere sulle medesime risorse accantonate con la legge di bilancio 2021 e con le stesse finalità alla regione Sardegna è stata attribuita la somma di 66,6 milioni di euro con l’articolo 16, comma 4, del decreto legge n. 146 del 2021 (in corso di conversione).

 

Regione Sicilia (commi 3-5)

In attuazione dell’accordo bilaterale con la Regione siciliana, viene ridotta la misura del concorso della regione alla finanza pubblica (comma 3), attribuito alla regione un contributo di 100 milioni annui (comma 4) ed esteso l’ambito di utilizzo del contributo erogato dallo Stato ai liberi consorzi ed alle città metropolitane siciliane (comma 5).

Il comma 3 determina il contributo della regione alla finanza pubblica in 800,8 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022. La misura del contributo è attualmente fissata in 100.1 milioni di euro dalla legge di bilancio 2019, la riduzione è perciò pari a 200,2 milioni.

La legge 148 del 2018, ai commi 880-886, in attuazione dell’accordo tra il Governo e la Regione siciliana sottoscritto il 19 dicembre 2018, determina il contributo della regione alla finanza pubblica a partire dall’anno 2018 e ne disciplina nel dettaglio le possibilità e le modalità per lo Stato di modificare unilateralmente il contributo richiesto alla Regione ed attribuisce alla regione un contributo di 540 milioni da destinare ai liberi consorzi e città metropolitane per le spese di manutenzione straordinaria di strade e scuole. In relazione al contributo della Regione al pagamento del debito pubblico, il comma 881 ne determina l’ammontare in 1.304,945 milioni di euro per l'anno 2018 e in 1.001 milioni annui a decorrere dal 2019.

In analogia con quanto disposto per la regione Sardegna (vedi comma 1), il contributo della regione è determinato fermo restando quanto stabilito dalle norme della legge di bilancio 2021 (commi 850, 851, e 852) sul concorso alla finanza pubblica dell’intero comparto delle regioni e delle province autonome per gli anni dal 2023 al 2025.

 

Il comma 4 attribuisce alla regione Sicilia, a decorrere dal 2022, la somma di 100 milioni di euro annui da destinare alla compensazione degli svantaggi strutturali legati alla condizione di insularità.

Come per la regione Sardegna (vedi sopra), le risorse sono una quota di quelle già accantonate con la legge di bilancio 2021, a decorrere dal 2021, per la revisione degli accordi con le autonomie speciali, in particolare con le regioni Sardegna, Sicilia e Friuli Venezia Giulia.

Per l’anno 2021, a valere sulle medesime risorse accantonate con la legge di bilancio 2021, alla regione Sicilia è stata attribuita la somma di 66,8 milioni di euro con l’articolo 16, comma 6, del decreto legge n. 146 del 2021 (in corso di conversione).

 

Il comma 5 reca una modifica testuale alla norma della legge di bilancio 2019 con il fine di includere gli immobili e le opere di prevenzione idrauliche e idrogeologiche da danni atmosferici tra gli interventi di manutenzione straordinaria cui sono destinate le risorse attribuite dallo Stato alla Regione siciliana, espressamente destinate ai liberi consorzi ed alle città metropolitane siciliane.

Il comma 883 della legge 145 del 2018, in applicazione dell'Accordo firmato il 19 dicembre 2018, attribuisce alla regione un contributo complessivo di 540 milioni di euro da destinare ai liberi consorzi e città metropolitane (enti che hanno sostituito le province siciliane) per le spese di manutenzione straordinaria di strade e scuole. Il contributo è erogato in quote di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di 100 milioni per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025.

La norma in esame include nelle opere di manutenzione straordinaria alle per le quali è destinato il contributo, gli immobili e le opere di prevenzione idraulica e idrogeologica connesse con i danni atmosferici.

 

Regione Trentino Alto Adige e Province autonome di Trento e di Bolzano (commi 6-9)

I commi da 6 a 9 recepiscono l’accordo tra il Governo, la regione Trentino Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano che aggiorna il quadro dei rapporti finanziari tra lo Stato e i tre enti, intervenendo in materia di concorso alla finanza pubblica, determinazione di entrate erariali spettanti alle due province, restituzione delle riserve all’erario.

Il precedente accordo in materia finanziaria, sottoscritto in data 15 ottobre 2014 è stato recepito dalla legge di stabilità 2015 (L. 190/2014, art. 1, commi da 406 a 413) ed interviene nei medesimi ambiti dell’accordo precedente: entrate tributarie, riserva all’erario e concorso della regione e delle province autonome agli obiettivi di finanza pubblica.

 

Il comma 6 specifica che le norme recate ai commi 7, 8 e 9 modificano l’ordinamento finanziario dei tre enti, secondo le procedure concordate previste dall’articolo 104 dello statuto di autonomia (DPR 670/1972).

Come già ricordato, è lo statuto che prevede esplicitamente la possibilità di modificare le norme statutarie concernenti la finanza di ciascuna autonomia speciale, previo accordo con la regione interessata. Stabilisce in tal senso il citato articolo 104 dello statuto, secondo cui le norme statutarie in materia di finanziaria possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province.

 

I commi 7 e 8, in attuazione di quanto concordato, intervengono in due ambiti:

§  le entrate erariali derivanti dalla raccolta dei giochi: il comma 7, lettera a) modifica l’articolo 75 dello statuto, al fine di includere esplicitamente il gettito di tali entrate nella formula residuale che attribuisce alle province i 9 decimi di tutte le altre imposte erariali; il comma 3 ne definisce l’ambito e le modalità di calcolo in relazione alle diverse tipologie di giochi;

§  la determinazione del concorso alla finanza pubblica dovuto dalla regione e dalle province autonome per gli anni 2022 e dal 2023 modificando l’articolo 79 dello statuto che ne stabilisce disciplina e quantificazione (comma 8, lettere b) e c)).

Il comma 9 stabilisce l’attribuzione alle Province autonome di Trento e di Bolzano di 20 milioni di euro annui ciascuna, come restituzione delle riserve all’erario di cui alla legge di stabilità 2014.

 

Entrate erariali derivanti dalla raccolta dei giochi

Il comma 7, lettera a) modifica il comma 1, lettera g), dell’articolo 75 dello statuto al fine di estendere la compartecipazione spettante alle due province alle entrate derivanti dal gioco con vincita in denaro di natura extra tributaria, purché costituiscano utile erariale.

L’articolo 75 dello statuto elenca le quote del gettito delle entrate tributarie attribuite alle Province autonome di Trento e di Bolzano; a seguito delle modifiche apportate dalla legge di stabilità 2015, alle due Province autonome spettano gli 8 decimi dell’IVA generale e i 9 decimi di tutte le altre imposte erariali. La lettera g) contiene la formula ‘residuale’ secondo la quale spettano alle due Province tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l'imposta locale sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici.

Le entrate tributarie spettanti alle Province autonome di Trento e di Bolzano ed alla Regione Trentino Alto Adige, sono state riviste, da ultimo, con la legge n. 190 del 2014 a seguito dell’accordo con il Governo dell’ottobre 2014; nello specifico è stata rimodulata l'aliquota di compartecipazione al gettito dell'IVA tra la Regione e le Province, è stata attribuita alle Province la facoltà di disciplinare interventi di credito d'imposta e sono state quantificate le quote delle accise sugli 'altri prodotti energetici'. In sintesi, alla Regione Trentino-Alto Adige spetta l’intero gettito delle imposte ipotecarie, i 9 decimi delle imposte sulle successioni e donazioni e dei proventi del lotto e un decimo dell'IVA generale; alle Province autonome di Trento e di Bolzano spettano gli 8 decimi dell’IVA generale e i 9 decimi di tutte le altre imposte erariali (compresa l’IVA all’importazione), ad eccezione delle imposte devolute alla Regione Trentino Alto Adige.

 

Con la modifica apportata dalla norma in esame, tra ‘tutte le altre entrate’ sono ora comprese anche quelle derivanti dalla raccolta di tutti i giochi con vincita in denaro, sia di natura tributaria, sia di natura non tributaria, in quanto costituite, al netto delle vincite e degli aggi spettanti ai concessionari, da utile erariale.

La relazione tecnica specifica che “sono entrate da gioco costituenti utile erariale quelle, proprie di alcune sole tipologie di gioco con vincite in denaro, determinate dalla differenza fra la raccolta lorda derivante da tali tipologie e l’ammontare complessivo delle vincite legate alle stesse tipologie, nonché degli aggi che spettano ai concessionari che effettuano la raccolta”.

 

Il comma 8 disciplina le modalità di calcolo delle suddette entrate in relazione alle diverse tipologie di giochi.

La contabilizzazione delle entrate è effettuata per il gioco in rete fisica, in riferimento alle giocate raccolte nel territorio di ciascuna provincia, mentre per il gioco a distanza in riferimento alle giocate effettuate mediante conti di gioco intestati a residenti nel territorio di ciascuna provincia. Quanto alle tipologie di giochi, fermo restando la spettanza alla regione dei 9 decimi del provento del lotto al netto delle vincite (come stabilito all’articolo 69, comma 2, lettera c), dello statuto), i giochi con vincita in denaro considerati sono quelli derivanti da apparecchi da intrattenimento, giochi, lotterie, scommesse, concorsi pronostici, in qualsiasi modo denominati e organizzati. La norma specifica infine che la quantificazione gettito spettante alle province, quando per alcune tipologie di giochi non sia possibile, è determinata in base al rapporto percentuale tra le giocate sul territorio provinciale e le corrispondenti giocate a livello nazionale.

 

Concorso alla finanza pubblica

Il comma 7, lettere b) e c), modifica i commi 4-bis e 4-ter dell’articolo 79 dello statuto che contengono la misura del concorso alla finanza pubblica per la regione e le province autonome per gli anni 2018-2022 e a decorrere dal 2023.

 

L’articolo 79 dello statuto, in recepimento dell’accordo con il Governo stipulato il 15 ottobre 2014, determina il contributo alla finanza pubblica, in termini di saldo netto da finanziare, riferito al sistema territoriale regionale integrato, costituito dalla Regione, dalle Province autonome, dagli enti locali e da tutti gli altri enti dipendenti da questi: enti e organismi strumentali pubblici e privati, aziende sanitarie, università, anche non statali, camere di commercio.

Nello specifico il comma 4-bis determina il suddetto contributo, in complessivi 905,315 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022, di cui 15,9091 posti in capo alla Regione. Il contributo così determinato è ripartito tra le Province sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale. Regione e Province autonome possono concordare l'attribuzione alla Regione di una quota maggiore del contributo. In tale ambito, la norma specifica che il maggior gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni sull'IMU (art. 13, comma 17 D.L. 201/2011 e art. 1, commi 521 e 712, legge 147/2013) è imputato a ciascuna Provincia autonoma. Successivamente con la legge di bilancio 2018 (comma 831) è stato ridotto il contributo dovuto dalle Province autonome, per un importo di 10,5 milioni di euro per la Provincia autonoma di Trento e di 12,5 milioni di euro per la Provincia autonoma di Bolzano per ciascuno degli anni 2019 e 2020.

Il comma 4-ter, stabilisce che a decorrere dall'anno 2023, il contributo pari a complessivi 905 milioni, è rideterminato annualmente applicando al predetto importo la variazione percentuale degli oneri del debito delle PA; la ripartizione tra le province della differenza tra il contributo rideterminato e quello iniziale di 905,315 è effettuata sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale.

 

Con le modifiche apportate dalla lettera b) al comma 4-bis la disciplina inizialmente prevista fino al 2022 è limitata all’anno 2021, sono fatte salve le riduzioni i ristori per gli anni 2020 e 2021 correlati alla perdita di gettito connessa all’emergenza epidemiologica e viene stabilito il contributo alla finanza pubblica del sistema territoriale regionale integrato, in termini di saldo netto da finanziare, pari a 713,71 milioni di euro annui, a decorrere dal 2022.

Si tratta quindi di una riduzione complessiva, per l’intero sistema integrato, pari a 191,605 milioni di euro.

Rimane non modificata la quota di 15,091 milioni di euro imputata alla regione così come la modalità di ripartizione del contributo richiesto tra le due province autonome sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale.

Con le modifiche apportate dalla lettera c) al comma 4-ter, viene posticipato di 5 anni (dal 2023 al 2028) quanto stabilito sulla rideterminazione del suddetto contributo. A decorrere dal 2028 il contributo di 713,71 milioni, dovrà infatti essere ricalcolato sulla base della variazione percentuale degli oneri del debito delle pubbliche amministrazioni rilevata dall’ultimo anno disponibile.

 

Riassumendo, a decorrere dal 2023 il sistema integrato regionale è tenuto a contribuire alla finanza pubblica in termini di saldo netto da finanziare con un importo pari a 713,71 milioni di euro annui. Di questi 15,091 milioni sono imputati alla regione, mentre la quota riferita a ciascuna provincia è calcolata in rapporto all'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale. Dall’anno 2028, l’importo del contributo è ricalcolato in relazione alla variazione percentuale degli oneri del debito delle PA.

 

Restituzione delle riserve all’erario

Il comma 9 attribuisce a ciascuna provincia autonoma, a decorrere dall’anno 2022, l’importo di 20 milioni di euro annui a titolo di restituzione delle riserve all’erario previste dalla legge di stabilità 2014.

 

L’articolo 1, comma 508, della legge di stabilità n. 147 del 2013 ha previsto la riserva all’erario delle maggiori entrate tributarie delle regioni a statuto speciale derivanti dalle norme dei decreti legge n. 138/2011 e n. 201/2011, per un periodo di 5 anni e a copertura degli oneri del debito pubblico.

 

Il sistema di finanziamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano è basato sulle compartecipazioni ai tributi erariali, nelle quote stabilite dagli statuti e dalle relative norme di attuazione. L’ordinamento finanziario di queste regioni prevede altresì la possibilità che venga riservato all’erario statale l’incremento di gettito delle imposte riscosse nel territorio delle regioni stesse, disposto dalla legge statale per far fronte a specifiche esigenze. Negli ultimi anni, anche in conseguenza della giurisprudenza costituzionale, sono state adottate delle norme statutarie che definiscono nel dettaglio la legittimità della riserva all’erario di quote di tributi erariali spettanti alle autonomie speciali.

In sostanza lo Stato ha la possibilità di riservare all'erario il gettito derivante dall'istituzione di nuovi tributi o da maggiorazioni di aliquote solo nel caso in cui tale gettito sia destinato per legge alla copertura di nuove specifiche spese non continuative (e che non rientrino in materie di competenza dell’ente autonomo, ivi comprese quelle relative a calamità naturali, specificano le norme per le regioni Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige). La riserva all'erario con queste caratteristiche deve comunque essere delimitata nel tempo e contabilizzata distintamente nel bilancio dello Stato tale da essere quantificabile.

Le norme statutarie adottate per le Province autonome di Trento e di Bolzano e per la Regione Friuli Venezia Giulia specificano inoltre che la riserva all’erario non è comunque ammessa se destinata al raggiungimento degli equilibri di finanza pubblica.

 

Si ricorda che il citato comma 508 riscrive le norme in merito alla riserva all'erario delle maggiori entrate delle Regioni a statuto speciale derivanti dalle norme dei decreti legge n. 138/2011 e n. 201/2011, in quanto quelle già presenti nello stesso decreto legge n. 138, sono state censurate dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 241 del 31 ottobre 2012. Motivazione principale della sentenza è che le norme non sono conformi alle disposizioni statutarie che – pur con delle differenze tra le regioni – pongono delle condizioni affinché la riserva all'erario sia considerata legittima. La Corte ha considerato come l'ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale preveda la possibilità che venga riservato all’erario statale l’incremento di gettito delle imposte riscosse nel territorio delle regioni stesse, disposto dalla legge statale solo per far fronte a specifiche esigenze. Proprio la destinazione del gettito alla «copertura di nuove specifiche spese di carattere non continuativo» è una delle condizioni previste dalle norme statutarie affinché sia legittima la riserva all'erario - insieme alla delimitazione temporale ed alla quantificabilità del gettito – che la Corte ha trovato carente. Nella maggioranza dei casi l'esame della Corte ha avuto un esito favorevole alle regioni, per cui sono venute meno le condizioni per il versamento all'erario dei maggiori proventi previsti.

 

Il comma 508 stabilisce che, al fine di assicurare il concorso delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano all'equilibrio dei bilanci e alla sostenibilità del debito pubblico (in attuazione dell'articolo 97, primo comma, della Costituzione) le nuove e maggiori entrate erariali derivanti dalle norme recate dei già citati decreti leggi 138/2011 e 201/2011, sono riservate all'Erario, per un periodo di cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014. Le risorse sono interamente destinate alla copertura degli oneri del debito pubblico al fine di garantire la riduzione dello stesso, nella misura e dei tempi stabiliti dal Trattato sulla stabilità. Come stabilito dallo stesso comma 508, le modalità di individuazione e la quantificazione del maggior gettito da riservare all'Erario sono state stabilite con successivi decreti del Ministero dell'economia e delle finanze; nello specifico: Decreto 11 settembre 2014, Decreto 30 settembre 2015, Decreto 17 ottobre 2016, Decreto 12 ottobre 2017, D.M. 22 novembre 2017, il Decreto 4 ottobre 2018 e il D.M. 25 ottobre 2018.

 

Successivamente, in recepimento dell’accordo del 15 ottobre 2014 tra il Governo, la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano, il comma 412 della legge n. 190 del 2014 stabilisce che le riserve all’erario[96] previste dal comma 508 della legge n. 147 del 2014 sono restituite alla regione Trentino-Alto Adige e alle province autonome di Trento e di Bolzano nell'importo di 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, previa individuazione della relativa copertura finanziaria.

In attuazione di quanto disposto dalla legge di stabilità 2015, l’articolo 54 del decreto legge n. 73 del 2021, stabilisce l’erogazione alle Province autonome di Trento e di Bolzano, nell’anno 2021, di 60 milioni di euro.

 

La norma in esame provvede quindi a restituire alle province autonome le riserve all’erario precedentemente trattenute, in rate annuali di 20 milioni di euro fino a coprire l’intero importo, che la relazione tecnica quantifica, sulla base dei dati disponibili e in attesa del relativo riscontro da parte della Agenzia delle entrate, in circa 669 milioni di euro per la Provincia autonoma di Trento e in circa 634 milioni di euro per la Provincia autonoma di Bolzano.

 

Regione Friuli Venezia Giulia (commi 11-16)

I commi da 11 a 16 recepiscono l’accordo tra il Governo e la Regione Friuli Venezia Giulia, sottoscritto il 22 ottobre 2021, con il quale è stato aggiornato il quadro delle relazioni finanziarie reciproche. Le norme determinano il contributo alla finanza pubblica da parte del sistema integrato degli enti territoriali della regione per gli anni dal 2022 al 2026 (commi 12 e 14) e conseguentemente aggiornano gli stanziamenti già previsti e destinati alla revisione dei rapporti finanziari tra Stato e Regione (commi 15 e 16). Con il comma 13, infine, in ragione della soppressione delle province quali enti amministrativi da parte della regione, viene inserita nello statuto la titolarità in capo alla regione delle risorse che lo Stato attribuisce alle province del restante territorio nazionale.

 

Il comma 11 specifica che le norme recate ai commi 12, 13 e 14 danno attuazione all’accordo bilaterale ai sensi dell’articolo 2 del D. Lgs. n. 154 del 2019, norma che disciplina il metodo dell’accordo ai fini della regolazione dei rapporti finanziari Stato-Regione.

A seguito del precedente accordo bilaterale sottoscritto il 25 febbraio 2019 (inizialmente recepito dalla legge comma 875-ter), è stata adottata la norma di attuazione dello statuto speciale in materia di coordinamento della finanza pubblica con decreto legislativo n. 154 del 2019, che contiene i principi generali del concorso alla finanza pubblica del sistema integrato regionale, nonché la misura e le modalità di realizzazione dello stesso. L’articolo 2 stabilisce che i rapporti finanziari tra Stato e sistema integrato e l’applicazione delle norme statali di contenimento della spesa devono essere regolati con il metodo dell’accordo e nel rispetto del principio di leale collaborazione; le disposizioni contenute negli accordi dovranno essere recepite con norme di attuazione.

 

Il comma 12 determina il contributo alla finanza pubblica da parte del sistema integrato degli enti territoriali della regione per gli anni dal 2022 al 2026, negli importi di:

§  432,7 milioni di euro per l’anno 2022,

§  436,7 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025

§  432,7 milioni di euro per l’anno 2026.

 

La disciplina e la misura del concorso alla finanza pubblica del sistema integrato regionale sono contenuti nel già citato D.Lgs. n. 154 del 2019. I principi generali in materia di concorso alla finanza pubblica (articolo 3) si sostanziano nell’obbligo da parte degli enti che fanno parte del sistema integrato di mantenere i bilanci in equilibrio (secondo le disposizioni costituzionali) e di corrispondere un contributo in termini di saldo netto da finanziare, di durata provvisoria e preventivamente concordato con lo Stato.

L’articolo 4 stabilisce che il sistema integrato regionale concorre alla finanza pubblica con un contributo in termini di saldo netto da finanziare per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021, rispettivamente pari a 686, 726 e 716 milioni di euro (comma 1[97]); il contributo così concordato sostituisce qualsiasi altra misura prevista da intese o da norme di legge vigenti (comma 4). Per gli anni successivi al 2021 lo Stato e la Regione dovranno aggiornare il quadro delle relazioni reciproche con un nuovo accordo da sottoscrivere entro il 30 giugno 2021 (comma 2). Le somme concordate come contributo dovranno essere versate all’erario (con imputazione sul capitolo 3465, articolo 1, capo X, dell'entrata del bilancio dello Stato) entro il 30 aprile di ciascun anno; in caso di mancato versamento, il MEF è autorizzato a trattenere gli importi corrispondenti a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti alla regione (comma 3).

 

Nel testo dell’accordo (punto 1) viene specificato che i suddetti importi tengono conto delle risorse già previste (accantonate) dalla normativa vigente per la revisione degli accordi bilaterali con la regione. In particolare:

§  86,1 milioni di euro, risorse stanziate ad incremento del fondo per l’attuazione del programma di Governo (comma 9 dell'articolo 11-bis del decreto-legge n.135 del 2018) e che il comma 875-septies della legge di bilancio 2019 (in attuazione dell’accordo del 25 febbraio 2019) destina, per gli anni a decorrere dal 2022, all’aggiornamento del quadro delle relazioni finanziarie tra lo Stato e la regione Friuli-Venezia Giulia;

§  66,6 milioni di euro attribuiti alla regione a valere sulle risorse stanziate dalla legge di bilancio 2021 (punto 8 dell’accordo, recepito dall’art. 16, comma 5, del decreto legge n. 146 del 2021, in corso di conversione).

Il contributo così stabilito esaurisce il concorso alla finanza pubblica in termini di saldo netto da finanziare e sostituisce qualsiasi altra misura comunque denominata prevista da intese o da norme di legge vigenti, comprese le norme dettate dalla legge di bilancio 2021 che determinano il contributo alla finanza pubblica del sistema delle autonomie territoriali per gli anni dal 2023 al 2025 (punto 2 dell’accordo).

La relazione tecnica specifica che il contributo richiesto al sistema integrato regionale è comprensivo di una quota, pari 4 milioni di euro per gli anni 2023-2025, del concorso alla finanza pubblica fissato per l’intero comparto regionale in 200 milioni di euro dal comma 850 della legge di bilancio 2021.

 

In conseguenza di quanto sopra esposto, il comma 14 interviene nelle norme della legge di bilancio 2021 che determinano il concorso alla finanza pubblica dell’intero comparto delle regioni e delle province autonome per gli anni dal 2023 al 2025, al fine di sottrarre dai complessivi 200 milioni, i 4 milioni compresi nella quota dovuta dal sistema integrato della regione Friuli-Venezia Giulia ed inserire il riferimento alla disciplina statutaria per la determinazione del concorso alla finanza pubblica del medesimo sistema integrato.

Le norme citate fissano in 200 milioni di euro annui il concorso delle regioni e delle province autonome alla finanza pubblica (comma 850) e stabiliscono che la quota di competenza di ciascun ente sia determinata, entro il 31 maggio 2022, in sede di autocoordinamento (comma 851) e, in relazione alle autonomie speciali, nel rispetto dei rispettivi statuti di autonomia. Per la regione Trentino-Alto Adige e per le province autonome di Trento e di Bolzano e per gli enti locali dei rispettivi territori, il concorso alla finanza pubblica è determinato ai sensi dell'articolo 79, comma 4-ter, dello statuto di autonomia (DPR 670 del 1972).

 

Nello specifico, il concorso alla finanza pubblica dell’intero comparto viene rimodulato da 200 a 196 milioni di euro annui (commi 850 e 852).

Il periodo inserito al comma 852, inoltre, stabilisce che il concorso alla finanza pubblica della regione Friuli Venezia Giulia e dei relativi enti locali è determinato secondo quanto disposto nella già citata norma di attuazione dello statuto speciale adottata con il D. Lgs. n.154 del 2019.

 

A parziale copertura degli oneri conseguenti la rimodulazione del concorso alla finanza pubblica del sistema integrato della regione Friuli Venezia Giulia intervengono i commi 15 e 16 a ridurre risorse già stanziate e destinate alla revisione dei rapporti finanziari tra Stato e Regione: 100 milioni di euro dalla legge di bilancio 2021 e 86,1 milioni dalla legge di bilancio 2019.

La relazione tecnica specifica che, per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, la riduzione del contributo richiesto alla regione è pari a 403,3 milioni di euro, essendo pari a 836 milioni il contributo già scontato nei tendenziali di bilancio. Sottratti le risorse già stanziate (100 milioni dalla legge di bilancio 2021 e 86,1 milioni dalla legge di bilancio 2019) l’onere residuo è pari a 217,2 milioni di euro.

 

Il comma 15 riduce di 100 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022, le risorse stanziate dal comma 806 della legge di bilancio 2021 per la revisione degli accordi con le autonomie speciali, in particolare con le regioni Sardegna, Sicilia e Friuli Venezia Giulia.

 

La legge di bilancio 2021 (legge 178 del 2020), al comma 806 stabilisce l’accantonamento di 300 milioni di euro annui, a decorrere dall’anno 2021, per l’attuazione dei punti 9 e 10 dell’Accordo quadro del 20 luglio 2020, vale a dire per la revisione degli accordi bilaterali tra lo Stato e le autonomie, in particolare con la Regione Friuli Venezia Giulia, la Regione Sardegna e la Regione Sicilia e per gli eventuali accordi come quelli già sottoscritti in materia di ristoro della perdita di gettito. Per l’anno 2021, lo stesso comma 806, specifica che la cifra è comprensiva dei 100 milioni destinati alla riduzione del contributo alla finanza pubblica per l'anno 2021.

Si ricorda che a valere sulle risorse stanziate dal comma 806 della legge di bilancio 2021, la norma in esame attribuisce a decorrere dal 2022, la somma di 100 milioni di euro annui alla regione Sardegna (comma 2) e 100 milioni di euro annui alla regione Sicilia (comma 4), pertanto con la riduzione operata dal comma 15, le risorse stanziate dal comma 806, pari a 200 milioni di euro, a decorrere dal 2022 sono interamente impegnate.

 

Il comma 16 riduce di 86,1 milioni di euro annui, a decorrere dall’anno 2022, le risorse del fondo per l’attuazione del programma di Governo che il comma 875-septies della legge di bilancio 2019 ha destinato, per gli anni a decorrere dal 2022, all’aggiornamento del quadro delle relazioni finanziarie tra lo Stato e la regione Friuli-Venezia Giulia.

 

Il fondo per l’attuazione del programma di Governo è stato istituito dalla legge n. 145 del 2018, comma 748 e successivamente integrato dal comma 9 dell'articolo 11-bis del decreto-legge n.135 del 2018, di 71,8 milioni di euro per l'anno 2019 e di 86,1 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020. Il comma 875-septies della legge n. 145 del 2018, in attuazione dell’accordo bilaterale Stato-Regione del 25 febbraio 2019, ha espressamente destinato le suddette risorse, a decorrere dal 2022 alla revisione degli accordi bilaterali in materia di finanza pubblica.

 

Il comma 13 modifica (inserendo il comma 6-bis all’articolo 51) lo statuto di autonomia (legge costituzionale n. 1 del 1963), in materia di entrate spettanti alla regione, al fine di stabilire la titolarità in capo alla regione delle risorse che lo Stato attribuisce alle province del restante territorio nazionale, in ragione della soppressione delle province quali enti amministrativi da parte della regione.

 

In merito alle modifiche apportate da una legge ordinaria allo statuto adottato con legge costituzionale, si rinvia a quanto detto sopra sugli accordi bilaterali. Basti qui ricordare che per la regione Friuli-Venezia l’art. l’art. 63, comma 5, dello statuto, prevede espressamente che le disposizioni contenute nel titolo IV (Finanze. Demanio e patrimonio della Regione) possono essere modificate con leggi ordinarie, su proposta di ciascun membro delle Camere, del Governo e della Regione, e, in ogni caso, sentita la Regione.

Nella regione Friuli-Venezia Giulia, in attuazione della riforma statutaria del 2016 (legge costituzionale n. 1 del 2016), le province, in quanto enti amministrativi, sono state soppresse con la legge regionale n. 20 del 2016, che ne ha disciplinato il trasferimento delle funzioni alla regione e ai comuni. Le rispettive circoscrizioni territoriali, tuttavia, sono state inserite nello statuto quale elemento costitutivo della Regione (“delle attuali province di Gorizia, di Udine, di Pordenone e di Trieste) e continuano ad essere utilizzate a fini statistici.

Si ricorda infine che la regione ha competenza legislativa esclusiva in materia di enti locali secondo quanto disposto dallo statuto e dalle norme di attuazione. La competenza riguarda tutti gli aspetti dell'ordinamento - circoscrizioni territoriali, conferimento di funzioni, sistema elettorale -  ed anche la finanza locale (L. Cost. 1/1963 art. 4; DPR 114/1965 art. 8 e D.Lgs. 9/1997).

 

Regione Valle d’Aosta (comma 17)

In attuazione dell’accordo bilaterale con la Regione Valle d’Aosta, il comma 17 ridetermina il contributo della regione alla finanza pubblica in 82,246 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022. La misura del contributo è attualmente fissata in 102,8 milioni di euro dalla legge di bilancio 2019, la riduzione del contributo (e il maggior onere per lo Stato) è perciò pari a 20,561 milioni di euro.

La legge 148 del 2018, ai commi 876-879, in attuazione dell’accordo tra il Governo e la Regione Valle d'Aosta in materia di finanza pubblica sottoscritto il 16 novembre 2018, stabilisce il contributo della regione alla finanza pubblica a partire dall’anno 2018 e attribuisce alla regione un contributo di 120 milioni di euro da destinare a spese di investimento in opere pubbliche. In particolare il comma 877 quantifica l'ammontare del contributo alla finanza pubblica della Regione che è pari a 194,726 milioni di euro per il 2018, a 112,807 milioni per il 2019 e a 102,807 milioni annui a decorrere dal 2020; il comma 886-bis infine disciplina le modalità con cui lo Stato acquisisce il contributo stesso.

 

In analogia con quanto disposto per le regioni Sardegna e Sicilia (vedi commi 1 e 3), il contributo della regione è determinato fermo restando quanto stabilito dalle norme della legge di bilancio 2021 (commi 850, 851, e 852) sul concorso alla finanza pubblica dell’intero comparto delle regioni e delle province autonome per gli anni dal 2023 al 2025.

 


Articolo 169, comma 18
(Interpretazione autentica in materia di accesso al finanziamento della spesa sanitaria corrente da parte delle autonomie speciali)

 

 

Il comma 18 dell’articolo 169 detta una interpretazione autentica delle disposizioni riguardanti l’accesso al finanziamento sanitario corrente delle autonomie speciali per il potenziamento dell’assistenza territoriale ed ospedaliera, includendo anche la spesa relativa all’anno 2021.

Ne consegue che, per tali spese correnti, le autonomie speciali accedono alle corrispondenti risorse del finanziamento sanitario corrente con oneri a carico dello Stato - e in deroga alle disposizioni legislative vigenti in materia di compartecipazione al finanziamento della spesa sanitaria corrente -, limitatamente agli anni 2020 e 2021.

 

Il comma 18 in esame si è reso necessario per chiarire che, per le autonomie speciali, il riparto delle somme di spesa sanitaria corrente in base alla copertura finanziaria delle specifiche misure emergenziali di cui al D.L n. 34/2020[98], cd. Rilancio, relativamente al potenziamento dell’assistenza territoriale – che ai sensi dell’articolo 1, comma 1, è finanziata complessivamente con 1.256.633.983 euro nel 2020 -, e relativamente al potenziamento dell’assistenza ospedaliera –  che ai sensi dell’articolo 2, comma 10, è complessivamente finanziata con 430.975.000 euro nel 2020- (v. box), deve avvenire con riferimento alle rispettive quote di partecipazione riferite anche all’anno 2021.

 

Va ricordato che con riferimento alle autonomie speciali, come risulta dall’intesa raggiunta in Conferenza Stato-Regioni il 4 agosto 2021 (qui il testo Rep. Atti n. 134/CSR v. lett. e)) sulle “Linee di indirizzo per la realizzazione dei progetti regionali sulla sperimentazione di strutture di prossimità [99]”, il riparto riferito anche al 2021 è presente solo con riferimento alla quota-parte, pari a 25 milioni di euro per l’anno 2020 e 25 milioni di euro per l’anno 2021 di cui al comma 4-bis del citato articolo 1 del D.L. 34/2020 (cfr. box, infra), rispetto all’intero stanziamento di 1.256.633.983 euro previsto al comma 11, del medesimo articolo 1.

 

Si ricorda che, ai sensi della legge n. 296/2006, art. 1, comma 830, la compartecipazione delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano al finanziamento sanitario si attua fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti previste a legislazione vigente, quali le entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti) e la fiscalità generale delle regioni, vale a dire IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF, tranne che per la Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è determinata in misura fissa dal 2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario.

La RT a corredo della disposizione in esame rappresenta che la disposizione in esame non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Nella fase emergenziale di progressivo allentamento delle misure di distanziamento sociale, l'articolo 1 del Decreto Rilancio (DL. n. 34 del 19 maggio 2020 - L. n. 77 del 2020) ha accelerato la definizione delle misure delineate dal Nuovo Patto per la salute 2019-2021 per lo sviluppo dei servizi di prevenzione e tutela della salute afferenti alle reti territoriali SSN. Alle misure già previste dal citato Nuovo Patto per la salute, sono state aggiunte ulteriori disposizioni di prevenzione e cautela, individuate in ragione della pandemia in corso.

In particolare, per quanto qui interessa:

§  l’articolo 1, al comma 11 ha autorizzato risorse per il potenziamento dell'assistenza territoriale nel complesso pari a 1.256.633.983 milioni di euro, di cui circa 696,6 milioni per spese di personale. Alle risorse accedono tutte le regioni e le province autonome in deroga alla legislazione vigente per le autonomie speciali in materia di concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, sulla base delle quote di accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per il 2020[100], considerata la copertura finanziaria delle misure emergenziali riguardanti in particolare strutture ed attività di assistenza territoriale per le persone contagiate dal virus Sars-CoV-2 di cui ai seguenti commi dell’articolo 1[101]: cd. COVID-Hotel (comma 2); aziende sanitarie che implementano l’assistenza domiciliare integrata o equivalente, anche per pazienti fragili (commi 3 e 4); strutture di prossimità per la promozione della salute e per la prevenzione (comma 4-bis); misure di incentivazione di lavoro straordinario per il personale medico e sanitario a tempo determinato, indeterminato o in quiescenza, anche presso le USCA (commi da 5 a 7-bis e 9) e coordinamento delle centrali operative (commi 8), con importi riparti in base alla tabella di riparto di cui all’All. A del DL. 34/2020, di seguito esposta:

 

REGIONI

Risorse 2020 per assistenza territoriale

Piemonte

91.088.212

Valle d’Aosta

5.148.393

Lombardia

202.610.909

PA Bolzano

12.940.150

PA Trento

13.322.284

Veneto

100.447.240

Friuli V-Giulia

27.420.586

Liguria

34.815.528

Emilia - Romagna

92.220.684

Toscana

78.287.654

Umbria

20.522.878

Marche

33.417.596

Lazio

118.922.032

Abruzzo

28.932.787

Molise

8.789.904

Campania

114.440.335

Puglia

82.195.110

Basilicata

13.851.286

Calabria

40.965.357

Sicilia

100.706.139

Sardegna

35.588.919

TOTALE

1.256.633.983

 

§  l’articolo 2, comma 10, del medesimo DL. 34 ha previsto il riordino della rete ospedaliera in relazione all'emergenza da COVID-19 , autorizzando spese per complessivi 430.975.000 euro nel 2020, di cui:

o   190.000.000 euro da destinare prioritariamente

§   alla remunerazione delle prestazioni correlate alle particolari condizioni di lavoro del personale dipendente delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza sanitaria;

§  ai fondi incentivanti prestazioni di lavoro straordinario, in deroga ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di spesa di personale;

o    e 240.975.000 euro ad integrazione delle seguenti risorse già previste:

§   per l'operatività dei mezzi di trasporto dedicati ai trasferimenti secondari per i pazienti COVID-19, per le dimissioni protette e per i trasporti interospedalieri per pazienti non affetti da COVID-19 (comma 5, terzo periodo);

§  per l’incremento della spesa di personale impiegato nelle attività in regime di ricovero in terapia intensiva e in aree di assistenza ad alta intensità di cure, in risposta all'aumento significativo della domanda di assistenza dovuta alla situazione epidemiologica in corso (comma 7);

§  per l’attività con incarichi temporanei per fronteggiare l’emergenza sanitaria di operatori socio-sanitari e medici specializzandi iscritti agli ultimi due anni, con incarichi temporanei, nonché dirigenti medici, veterinari e sanitari e personale del comparto sanità collocato in quiescenza, ai sensi dell’art. 2-bis, rispettivamente co. 1, lett. a) e co.5 del DL. 18/2020, e a tutto il personale delle professioni sanitarie, previo avviso pubblico (articolo 2-ter del richiamato DL. 18).

Anche in questo caso, la copertura vigente della spesa complessiva di 430.975.000 euro è stata prevista incrementando corrispondentemente per pari importo, per l’anno 2020, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, prevedendo che al finanziamento accedono tutte le Regioni e Province autonome, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, sulla base delle quote di accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per il solo anno 2020.

 


Articolo 170
(Finanziamento e sviluppo delle funzioni fondamentali
delle province e delle città metropolitane)

 

 

L’articolo 170 stanzia un contributo per le province e le città metropolitane per il finanziamento e lo sviluppo delle loro funzioni fondamentali, sulla base dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali.

 

L’articolo 170 attribuisce un contributo in favore delle province e delle città metropolitane per il finanziamento e lo sviluppo delle funzioni fondamentali. Il contributo è attribuito nella misura di:

-      80 milioni di euro per l’anno 2022

-      100 milioni di euro per l’anno 2023

-      130 milioni di euro per l’anno 2024

-      150 milioni di euro per l’anno 2025

-      200 milioni di euro per l’anno 2026

-      250 milioni di euro per l’anno 2027

-      300 milioni di euro per l’anno 2028

-      400 milioni di euro per l’anno 2029

-      500 milioni di euro per l’anno 2030

-      600 milioni di euro a decorrere dall’anno 2031.

 

Il contributo è attribuito sulla base dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard.

Si evidenzia che la norma non chiarisce le modalità di applicazione dei due suddetti criteri di assegnazione delle risorse destinate al finanziamento delle funzioni fondamentali.

Al riguardo va peraltro segnalato che le risorse di cui all’articolo in esame, in quanto espressamente finalizzate al finanziamento delle spese per le funzioni fondamentali delle province e delle città metropolitane, dovrebbero fare riferimento, ai sensi della legge n. 42/2009, unicamente ai fabbisogni standard (e non anche alle capacità fiscali).

Nel definire i principi fondamentali del sistema di finanziamento degli enti locali, l’art. 11 della legge delega n. 42/2009, distingue tra le spese connesse alle funzioni fondamentali degli enti locali di cui all’art. 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione - per le quali si prevede la garanzia del finanziamento integrale con riferimento al fabbisogno standard - e le altre funzioni, per le quali si prevede la perequazione delle capacità fiscali.

I fabbisogni standard - introdotti con il decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, in attuazione della legge delega n. 42/2009 sul federalismo fiscale - costituiscono i parametri cui ancorare il finanziamento integrale della spesa per le funzioni fondamentali di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica. Il D.Lgs. n. 216/2010 prevede che essi sono calcolati relativamente alle funzioni fondamentali

La metodologia per la determinazione dei fabbisogni costituisce una operazione tecnicamente complessa, per la cui effettuazione la norma definisce una serie di elementi da utilizzare e ne affida l'attuazione alla Soluzioni per il Sistema Economico – SOSE s.p.a. Le metodologie occorrenti alla individuazione dei fabbisogni standard e le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard, predisposte da SOSE, sono sottoposte alla Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) per l’approvazione. La nota metodologica ed il fabbisogno standard per ciascun comune e provincia possono dunque essere adottati con D.P.C.M., anche distintamente tra loro. Il parere parlamentare è richiesto solo per l'adozione della nota metodologica, e non più per la sola adozione dei fabbisogni standard. Al fine di garantire continuità ed efficacia al processo di efficientamento dei servizi locali, i fabbisogni standard vengono sottoposti a monitoraggio e rideterminati, non oltre il terzo anno successivo alla loro precedente adozione.

 

Per quanto riguarda la definizione dei fabbisogni standard per le province e le città metropolitane, con il D.P.C.M. 21 luglio 2017 sono state adottate la nota metodologica per la determinazione dei fabbisogni standard e i coefficienti di riparto dei fabbisogni per ciascuna provincia e città metropolitana per le funzioni fondamentali, anche sulla base anche di quanto stabilito dalla legge n. 56 del 2014 (c.d. legge Delrio), che ha modificato il ruolo e l'organizzazione delle province. Il D.P.C.M. considera le seguenti funzioni: istruzione: programmazione provinciale della rete scolastica nel rispetto della programmazione regionale e la gestione dell'edilizia scolastica; territorio: costruzione e gestione delle strade provinciali e la regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; ambiente: pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché la tutela e la valorizzazione dell'ambiente; trasporti: pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale; funzioni generali parte fondamentale: raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali. I fabbisogni standard delle province e delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario sono stati successivamente aggiornati, a metodologia invariata, con il D.P.C.M. 22 febbraio 2018.

In prospettiva, la CTFS ha dichiarato che è in corso il procedimento per l’aggiornamento della stima dei fabbisogni standard per le funzioni fondamentali delle province e delle città metropolitane, in vista del nuovo sistema di finanziamento del comparto, introdotto dalla legge di bilancio per il 2021, che avrebbe dovuto prendere avvio dal 2022.

 

Per le città metropolitane e le province montane, è stato necessario individuare dei metodi innovativi per la stima del fabbisogno delle ulteriori funzioni fondamentali che questi enti sono chiamati a svolgere in aggiunta alle funzioni delle province ordinarie (cfr. l’audizione del Presidente della CTFS, del 6 ottobre 2021, alla Commissione parlamentare per il federalismo fiscale).

Non risultano invece ancora approvate dalla CTFS le capacità fiscali. Sul punto, nella citata audizione, la CTFS ha affermato che è stata, da ultimo, avviata, con l’ausilio del Dipartimento delle finanze, l’analisi delle entrate per la definizione delle capacità fiscali standard.

 

Va qui ricordato che la legge di bilancio per il 2021 (art. 1, commi 783-785, legge n. 178/2020) ha previsto l’avvio dal 2022 di una riforma del sistema di finanziamento di Province e Città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, al fine di giungere ad un assetto definitivo per il comparto, dopo anni di incertezze dovute alle ingenti misure di consolidamento della finanza pubblica e al riassetto delle funzioni fondamentali degli enti in questione.

In particolare, si prevede l’istituzione di due fondi unici (uno per le province ed uno per le città metropolitane) nei quali far confluire i contributi e i fondi di parte corrente attualmente attribuiti ai suddetti enti, da ripartire, sulla base dell’istruttoria condotta dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard[102], tenendo progressivamente conto della differenza tra i fabbisogni standard e le capacità fiscali, con finalità quindi di perequazione delle risorse.

All’assegnazione dei contributi si provvede decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro il 30 settembre di ciascun anno precedente a quello di riferimento.

In merito all’attuazione di tale riforma, la Commissione tecnica per i fabbisogni Standard (CTFS), nel corso dell’Audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale del 6 ottobre 2021, ha illustrato come, con l’ausilio della Ragioneria generale e del Ministero dell’Interno, la CTFS nel corso di questi ultimi mesi abbia proceduto a raccogliere i dati di tutti contribuiti e i fondi di parte corrente esistenti, guidando l’elaborazione della metodologia per la stima dei fabbisogni standard da parte di Sose con la collaborazione di IFEL e di UPI. Ha inoltre avviato, con l’ausilio del Dipartimento delle finanze, l’analisi delle entrate per giungere a definire la capacità fiscale standard.

L’obiettivo - si legge nell’audizione - è quello di procedere ad una stima dei fabbisogni standard che possa essere utilizzata non solo per determinare i coefficienti di riparto del fondo perequativo ma che consenta di individuare l’ammontare monetario di risorse necessarie per il finanziamento delle funzioni fondamentali. A tale riguardo la CTFS sottolinea la necessità - visti gli spazi estremamente ridotti di autonomia finanziaria del comparto - che l’avvio della perequazione basata su fabbisogni e capacità fiscali standard sia accompagnata da un percorso di graduale restituzione di adeguati spazi di autonomia finanziaria. “Oltre al finanziamento delle funzioni fondamentali, infatti, province e città metropolitane devono far fronte ad un contributo alla finanza pubblica, che si è assestato intorno agli 800 milioni di euro. In pratica solo 10% del gettito potenziale dei principali tributi (IPT, RC circa il Auto e TEFA) è effettivamente disponibile per il finanziamento delle funzioni non fondamentali, cui concorrono i gettiti delle entrate extratributarie e i trasferimenti dalle regioni. Appare quindi necessario che l’avvio della perequazione basata su fabbisogni e capacità fiscali standard sia accompagnata da un percorso di graduale restituzione di adeguati spazi di autonomia finanziaria”.

Il Presidente della SOSE, Prof. Carbone, nell’Audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale del 21 ottobre 2021, ha evidenziato che il 31 dicembre del 2020 si è conclusa la nuova rilevazione dei dati delle Province e delle Città metropolitane appartenenti alle RSO, con il questionario SOSE-UPI-IFEL. La rilevazione ha complessivamente interessato 86 enti: 73 Province, 3 Province montane e 10 Città metropolitane. A partire da gennaio 2021 è iniziata l’attività di analisi dei dati oltre all’attività di confronto con gli enti e con i referenti istituzionali del comparto rappresentati dall’Unione delle Province Italiane (UPI) e da IFEL-Fondazione ANCI. Nel corso degli ultimi mesi i risultati dell’analisi sono stati portati all’attenzione della CTFS. Secondo quanto riportato dalla SOSE, “il lavoro è in corso di ultimazione e la nota metodologica con l’elenco dei fabbisogni standard di ciascun ente sarà approvato entro la fine del mese di ottobre 2021”.

 

Riguardo alla stima delle capacità fiscali – come sottolineato dall’Upi nell’Audizione del 15 settembre 2021 presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale - sul fronte delle entrate tributarie provinciali, per questo livello di governo non si è ancora proceduto ad elaborare alcun percorso normativo finalizzato alla individuazione del gettito standardizzato né all’individuazione della capacità fiscale. Stante anche la specificità dei tributi ad esse spettanti, l’autonomia tributaria delle province è rimasta, nei fatti, soltanto nominale.


Articolo 171
(Incremento Fondo di solidarietà comunale per funzioni sociali)

 

 

L’articolo 171 dispone l’assegnazione di una quota aggiuntiva delle risorse del Fondo di solidarietà comunale ai comuni delle regioni Siciliane e Sardegna, da finalizzare al finanziamento e allo sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola o associata. Il contributo è ripartito tenendo conto dei fabbisogni standard, sulla base di un'istruttoria tecnica condotta dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Si prevede, inoltre, l’attivazione di un meccanismo di monitoraggio delle risorse, basato sull’identificazione di obiettivi di servizio da raggiungere.

 

L’assegnazione, progressivamente crescente, è pari a:

-         44 milioni di euro per l'anno 2022,

-         52 milioni di euro per l'anno 2023,

-         60 milioni di euro per l'anno 2024,

-         68 milioni di euro per l'anno 2025,

-         77 milioni di euro per l'anno 2026,

-         87 milioni di euro per l'anno 2027,

-         97 milioni di euro per l'anno 2028,

-         107 milioni di euro per l'anno 2029,

-         113 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2030.

 

A tal fine, l’articolo integra la disciplina di riparto del Fondo di solidarietà comunale contenuta al comma 449, lettera d-quinquies) della legge n. 232/2016 – che riguarda il riparto della quota del FSC destinata al potenziamento dei servizi sociali nei comuni delle RSO - al fine di ricomprendervi le risorse destinate ai comuni delle regioni Siciliana e Sardegna e i relativi criteri di riparto.

In sostanza, con la lettera a) dell’articolo in esame si intende garantire anche ai comuni della Regione Siciliana e della Sardegna – come già previsto lo scorso anno per i comuni delle RSO - risorse aggiuntive per il potenziamento e lo sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola o associata, secondo una metodologia del tutto analoga a quella definita lo scorso anno per i comuni delle RSO, che prevede un percorso di convergenza nei livelli dei servizi offerti con le risorse assegnate, accompagnato da meccanismi di monitoraggio, volti ad assicurare che le risorse aggiuntive siano effettivamente destinate al potenziamento dei servizi.

In particolare – mediante la modifica della lettera d-quinquies) del comma 449 – si stabilisce:

§  che il contributo è ripartito entro il 31 marzo di ciascun anno di riferimento, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, tenendo conto dei fabbisogni standard, sulla base di un'istruttoria tecnica condotta dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, allo scopo integrata con i rappresentanti delle regioni Siciliana e Sardegna, con il supporto di esperti del settore, senza oneri per la finanza pubblica, e previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. La norma specifica, infatti, che agli esperti non spettano gettoni di presenza, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.

§  che con il medesimo decreto di riparto siano disciplinati gli obiettivi di servizio e le modalità di monitoraggio e di eventuale recupero dei contributi assegnati.

 

Nelle more dell'approvazione dei fabbisogni standard per la funzione "Servizi sociali" dei comuni della regione Sardegna - da parte della Commissione tecnica per i fabbisogni standard allo scopo integrata con i rappresentanti della regione – la norma dispone che, ai fini del riparto per l'anno 2022, per i soli comuni della regione Sardegna, non si tiene conto dei fabbisogni standard.

 

Si rammenta che la legge di bilancio per il 2021 (art. 1, comma 791-794, legge n. 178/2020) ha previsto un incremento della dotazione annuale del Fondo di solidarietà comunale destinato a finanziare lo sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola o associata dai comuni delle regioni a statuto ordinario nonché il potenziamento degli asili nido[103] nei comuni delle RSO e delle regioni Sicilia e Sardegna. Lo stanziamento destinato allo sviluppo dei servizi sociali è pari a circa 216 milioni di euro per l'anno 2021, incrementato annualmente fino a raggiungere l’importo di 651 milioni a regime, a decorrere dal 2030.

Ai sensi della lettera d-quinquies) del comma 449 dell'articolo 1 della legge n. 232/2016 - introdotta dal comma 792 della legge di bilancio dello scorso anno – i contributi sono ripartiti in proporzione del rispettivo coefficiente di riparto del fabbisogno standard calcolato sulla base di una metodologia innovata per la funzione "Servizi sociali", approvato dalla CTFS entro il 30 giugno 2021. Per garantire che le risorse aggiuntive si traducano in un incremento effettivo dei servizi la legge ha previsto l’attivazione di un meccanismo di monitoraggio basato sull’identificazione di obiettivi di servizio da raggiungere. Gli obiettivi di servizio di ciascun comune per l’anno 2021, e le modalità di monitoraggio per definire il livello dei servizi offerti e l'utilizzo delle risorse ad essi destinate, sono stati definiti con il D.P.C.M. 1 luglio 2021.

 

Nella Relazione illustrativa del disegno di legge di bilancio in esame si precisa che l’incremento di risorse per lo sviluppo dei servizi sociali disposto dal comma 792 della legge n. 178/2020 è stato assegnato ai soli comuni delle regioni a statuto ordinario, in quanto correlato alla rideterminazione dei fabbisogni standard relativi alla componente sociale, che non erano allo stato disponibili in relazione ai comuni delle regioni Siciliana e Sardegna.

Si ricorda, al riguardo, che per i comuni di Sardegna e Sicilia, che partecipano al Fondo di solidarietà comunale, l’assenza dei fabbisogni standard ha finora impedito l’applicazione di criteri perequativi, con la conseguenza che il riparto delle risorse del FSC ad esse assegnate viene determinato esclusivamente sulla base del criterio della compensazione delle risorse storiche, e la condivisione dell’incremento di risorse per il potenziamento dei servizi sociali.

Un percorso per la definizione dei fabbisogni standard dei comuni siciliani è stato peraltro avviato sulla base dell’accordo del 2016 tra Stato e regione siciliana. Secondo i dati forniti dalla Commissione Tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) (cfr. Audizione del 6 ottobre 2021, presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale), da marzo 2018 è stata avviata la somministrazione agli enti locali siciliani del questionario elaborato da Sose Spa. Una prima proposta di nota metodologica per la stima dei fabbisogni della regione siciliana è stata validata dalla CTFS il 27 gennaio 2021. La CTFS ha preso l’impegno ad affinare questo strumento negli aggiornamenti successivi per consentire di dare attuazione al comma 807 della legge di bilancio per il 2021 che prevede che i fabbisogni standard siano rilevati anche per la generalità dei comuni delle Regioni a Statuto Speciale (RSS).

A tale riguardo, secondo le informazioni rese dalla SOSE Spa, nell’audizione del 21 ottobre 2021 presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, si evidenzia che tra il 2020 e il 2021 l’attività di determinazione dei costi e fabbisogni standard dei comuni è stata caratterizzata da importanti novità, tra cui la “determinazione e l’approvazione dei fabbisogni standard dei Comuni della Regione Siciliana, la prima Regione a Statuto Speciale che ha aderito alla rilevazione dei dati per la determinazione dei fabbisogni standard dei Comuni del proprio territorio. La Commissione Tecnica per i fabbisogni Standard (CTFS) ha approvato i fabbisogni della regione Siciliana il 18 ottobre ultimo scorso”.

 

Si ricorda, infatti, che nel corso del 2020-2021 è stato avviato un processo di revisione dei fabbisogni standard - in particolare di quelli legati alla funzione Sociale, alla funzione Viabilità e territorio e al Servizio di Asili nido - con l’obiettivo di sganciarli dal riferimento ai livelli quantitativi storicamente forniti dai singoli enti e commisurarli a livelli di servizio standard da garantire sul tutto il territorio nazionale, al fine di sopperire al limite costituito dalla mancanza della definizione dei LEP.

Molte delle difficoltà che hanno ostacolato la piena realizzazione del quadro disegnato dalla legge n. 42/2009 derivano, infatti, dalla perdurante assenza di una chiara individuazione dei LEP nelle funzioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. La legge n. 42/2009 prevede peraltro un percorso graduale di avvicinamento ai LEP, con l’indicazione di obiettivi intermedi, chiamati “obiettivi di servizio”, con un costante monitoraggio lungo il percorso di convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali.

Questo processo di standardizzazione dei livelli di servizio, ai fini della ripartizione delle risorse aggiuntive del Fondo di solidarietà comunale, introdotto con riferimento ad alcune spese delle funzioni sociali, costituisce pertanto una tappa intermedia verso la definizione dei LEP.

 

Va sottolineato che le risorse destinate ai comuni delle regioni Siciliane e Sardegna per il finanziamento e lo sviluppo dei servizi sociali sono da considerarsi aggiuntive rispetto alla dotazione del Fondo di solidarietà comunale a legislazione vigente, secondo quanto disposto dall’articolo 172 del disegno di legge in esame, che ridefinisce in aumento la dotazione del Fondo, al fine di ricomprendervi le maggiori risorse per potenziamento sociale, asili nido e trasporto disabili, in considerazione di quanto disposto dagli articoli 44, 45 e 171 del ddl medesimo (cfr. la relativa scheda di lettura).

 

La lettera b) dell’articolo in esame è volta a riallineare i riferimenti interni alla lettera d-quinquies) del comma 449 della legge n. 232 del 2016, a seguito delle ulteriori disposizioni introdotte ad opera della lettera a) suesposte, correggendo nell’ultimo periodo il richiamo al monitoraggio delle risorse assegnate ai comuni delle RSO per i servizi sociali.

 

Si segnala che, poiché per effetto delle modifiche introdotte dalla lettera a) la disciplina del monitoraggio delle risorse assegnate ai comuni delle RSO per i servizi sociali è ora contenuta al settimo periodo (della novellata lettera d-quinquies) del comma 449 della legge n. 232 del 2016), nella lettera b) in esame occorrerebbe fare riferimento al “settimo periodo” (e non già al “quinto periodo”).

Inoltre, ai fini di un migliore coordinamento delle disposizioni contenute nella lettera d-quinquies) del comma 449, si valuti altresì l’opportunità di modificare il suddetto settimo periodo, inserendo, dopo le parole “l’utilizzo delle risorse”, le seguenti parole: “di cui al primo periodo”.

 


Articolo 172
(Incremento dotazione del Fondo di solidarietà comunale per potenziamento sociale, asili nido e trasporto disabili)

 

 

L’articolo 172 ridetermina la dotazione complessiva del Fondo di solidarietà comunale a partire dall’anno 2022 in relazione a quanto disposto dagli articoli 44, 45 e 171 del disegno di legge in esame, che incrementano le risorse destinate, nell'ambito del Fondo stesso, al potenziamento degli asili nido, dei servizi in materia sociale e del trasporto dei disabili.

 

A tal fine, l’articolo - intervenendo sul comma 448 dell’articolo 1 della legge n. 232/2016 - ridefinisce la dotazione annuale del Fondo di solidarietà comunale a partire dall’anno 2022, rispetto agli importi a legislazione vigente stabiliti dalla legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 794, legge n. 178/2020), ricomprendendovi gli importi incrementali previsti dagli articoli 44 (potenziamento asili nido), 45 (trasporto dei disabili) e 171 (finanziamento dei servizi in materia sociale) del disegno di legge in esame (cfr. per approfondimenti le relative schede di lettura).

 

In particolare, gli articoli citati prevedono:

§  l’art. 44, l’incremento della quota del Fondo di solidarietà comunale destinata ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Sicilia e Sardegna per il potenziamento degli asili nido e modificandone i criteri e le modalità di riparto, in termini di obiettivi di servizio, individuando l’obiettivo del raggiungimento di un livello minimo del numero dei posti nei servizi educativi per l’infanzia che ciascun comune o bacino territoriale è tenuto a garantire;

§  l’art. 45, l’assegnazione di una quota delle risorse del Fondo di solidarietà comunale, ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Sicilia e Sardegna, da finalizzare all’incremento del numero di studenti disabili, frequentanti la scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di 1° grado, privi di autonomia, a cui viene fornito il trasporto per raggiungere la sede scolastica, da ripartire tenendo conto dei costi standard relativi alla componente trasporto disabili della funzione “Istruzione pubblica”;

§  l’art. 171, l’assegnazione di una quota delle risorse del Fondo di solidarietà comunale ai comuni delle regioni Siciliane e Sardegna, da finalizzare al finanziamento e allo sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola o associata, da ripartire tenendo conto dei fabbisogni standard, sulla base di un'istruttoria tecnica condotta dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard.

 

Gli importi incrementali che discendono dalle suindicate norme sono indicati nella tabella seguente.

 

Risorse aggiuntive FSC   (mln di euro)

 

Legislazione vigente

Asili
nido
(art. 44)

Trasporto disabili
(art. 45)

Servizi sociali comuni Sardegna e Sicilia
(art. 171)

Nuova dotazione FSC
art 172

2022

6.855,5

20

30

44

6.949,5

2023

6.980,5

25

50

52

7.107,5

2024

7.306,5

30

80

60

7.476,5

2025

7.401,5

50

100

68

7.619,5

2026

7.503,5

150

100

77

7.830,5

2027

7.562,5

800

120

87

8.569,5

2028

7.620,5

800

120

97

8.637,5

2029

7.679,5

800

120

107

8.706,5

dal 2023

7.711,5

800

120

113

8.744,5

 

Pertanto, il Fondo viene quantificato dall’articolo in esame in 6.855,5 milioni per l’anno 2022, in 6.980,5 milioni per l’anno 2023, in 7.306,5 milioni per l’anno 2024, in 7.401,5 per l’anno 2025, in 7.503,5 milioni per l’anno 2026, in 7.562,5 milioni per l’anno 2027, in 7.620,5 milioni per l’anno 2028, in 7.679,5 per l’anno 2029 e in 7.711,5 milioni a decorrere dall'anno 2030.

 

Il Fondo di solidarietà comunale (FSC), per il finanziamento dei comuni, è alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi. Esso è stato istituito[104] dall’articolo 1, comma 380, della legge di stabilità per il 2013 (legge 228/2012) in ragione della nuova disciplina dell’imposta municipale propria (IMU), introdotta dalla legge medesima, che ha attribuito ai comuni l’intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato. La dotazione annuale del Fondo, definita per legge, è in parte assicurata, come detto, attraverso una quota dell'imposta municipale propria (IMU), di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente, derivante dalla trattenuta del 22,43 per cento del gettito IMU standard che Agenzia delle Entrate effettua per ogni comune.

La disciplina del Fondo di solidarietà comunale è definita nella legge di bilancio per il 2017 (art. 1, commi 446-452, legge n. 232/2016) che ne fissa la dotazione annuale (comma 448), fermo restando la quota parte dell'IIMU di spettanza dei comuni che in esso confluisce annualmente (quantificata in 2.768,8 milioni) e i criteri di ripartizione (comma 449), distinguendo tra la componente ristorativa e quella c.d. tradizionale del Fondo, da distribuire, in parte, sulla base di criteri di tipo compensativo rispetto all'allocazione storica delle risorse ed in parte secondo logiche di tipo perequativo.


Articolo 173
(Rifinanziamento del fondo cui all'art. 53 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 ed estensione ai comuni delle regioni Sicilia e Sardegna)

 

 

L’articolo 173 ripropone i contenuti di un intervento legislativo, recato all'art.53 del DL 104/2020[105], diretto a sostenere i comuni che hanno intrapreso la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale e che, nello specifico, presentino criticità di bilancio di tipo strutturale, imputabili alle caratteristiche socio-economiche della collettività e del territorio, sì da tener conto della giurisprudenza della Corte costituzionale. A tal fine sono stanziati per il biennio 2022-2023 450 milioni di euro. La principale novità del presente intervento è costituita dell'esplicita estensione dell'intervento anche ai comuni delle Regioni Siciliana e Sardegna, esclusi originariamente dal riparto delle risorse.

 

A tal fine è istituito un nuovo fondo presso il Ministero dell’interno, in favore dei comuni delle regioni a statuto ordinario e delle predette regioni a statuto speciale.

Al riguardo, si valuti l'opportunità di modificare la rubrica che fa invece riferimento al rifinanziamento del fondo cui all'art. 53 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104.

Nello specifico, ai sensi del comma 1, la dotazione del fondo è pari:

- a 250 milioni di euro per l’anno 2022, di cui 50 milioni di euro sono destinati ai soli comuni delle regioni Siciliana e Sardegna;

- 150 milioni di euro per l’anno 2023.

Tali risorse si aggiungono ai 100 milioni stanziati dal combinato disposto del citato art.53 e del DL 104/2020 e dell'art.1, comma 775, della legge 78/2020, peraltro già ripartiti (v. infra).

A beneficiare sono i predetti comuni che, oltre ad essere in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, avranno trasmesso il piano di riequilibrio finanziario pluriennale alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti e alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali presso il Ministero dell’interno entro il 31 dicembre 2021, ai sensi dell’articolo 243-quater, comma 1, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL), di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

In proposito, si rammenta che ai sensi dell'art.243-bis gli enti locali che presentano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario possono ricorrere alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ivi prevista. La deliberazione di approvazione della procedura è trasmessa alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell'interno. L'avvio di procedura sospende, fra l'altro, le procedure esecutive intraprese nei confronti dell'ente fino alla data di approvazione o di diniego di approvazione del piano di riequilibrio pluriennale. Il piano di riequilibrio ha una durata compresa tra quattro e venti anni, che è determinata sulla base della gravità dello squilibrio, dato dal rapporto fra passività da ripianare e impegni di cui al titolo I della spesa del rendiconto dell'anno precedente. La durata massima del piano è individuata, per determinati valori di detto rapporto, da una specifica tabella (Cfr. art.243-bis, comma 5-bis, del TUEL).

 

Come accennato, l'articolo 53 del DL 104/2020 ha istituito un analogo fondo con una dotazione pari a di 100 milioni di euro per l'anno 2020 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, che è stata incrementata con il comma 775 dell'articolo 1 della legge 178/2020 (con lo stanziamento di 100 milioni di euro per l'anno 2021 e 50 milioni di euro per l'anno 2022).

 

Il fondo istituito dall'articolo in commento è ripartito fra i comuni beneficiari entro il 31 marzo 2022. Detto riparto è effettuato con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato città ed autonomie locali.

Tenuto conto dell'esigenza, alla luce della giurisprudenza costituzionale (Cfr. Scheda sulla sent. n.115 del 2020), che le risorse siano destinate esclusivamente agli enti locali che presentino criticità strutturali, il riparto riguarderà i comuni che presentano:

 

i) un indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM), nel valore più recente disponibile, superiore al valore medio nazionale;

L'IVSM è calcolato dall'ISTAT sulla base di indicatori elementari che descrivono le principali dimensioni “materiali” e “sociali” della vulnerabilità dei comuni italiani[106].

 

ii) una capacità fiscale (CF) pro capite inferiore a 495 euro.

Detta CF è determinata, per i comuni delle regioni a statuto ordinario, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 31 dicembre 2020[107]. Il citato DM è stato adottato ai sensi dell’articolo 43, comma 5-quater, primo periodo, del DL 133/2014 (convertito, con modificazioni, dalla legge 164/2014), richiamato dall'articolo in commento.

Nell'Allegato A al medesimo DM si rinviene la stima della capacità fiscale (CF) per ciascuno dei 6.665 comuni delle regioni a statuto ordinario esistenti al 1 luglio 2020 sulla base della metodologia illustrata nella nota tecnica contenuta nel successivo allegato B.

Sulla base di quanto chiarito in tale ultimo documento, la stima della CF si basa: i) sul gettito dell’IMU standardizzato con criteri specifici per ciascuna categoria di immobili, inclusivo del valore del gettito standard della TASI, abolita dal 2021.  Questa componente incide per il 47% della CF complessiva; ii) sul c.d. tax gap dell’IMU per i soli fabbricati diversi dall’abitazione principale (calcolato sulla base della differenza tra il gettito catastale ad aliquota standard, che costituisce un gettito teorico, e il gettito effettivo standardizzato); iii) sul gettito dell’addizionale comunale IRPEF standardizzato sulla base dei redditi imponibili per l’anno 2017, desumibili dalle dichiarazioni Irpef presentate nel 2018; iv) sulla capacità fiscale relativa al servizio di raccolta e smaltimento rifiuti che risulta derivata dalla nuova stima dei fabbisogni standard (servizio rifiuti); v) sulla stima econometrica della capacità fiscale residuale.

 

Per i comuni delle regioni Siciliana e Sardegna, per cui non è disponibile una stima della CF nell'ambito del citato DM, essa è determinata dal Dipartimento delle finanze, sulla base di una metodologia approvata dalla Commissione tecnica dei fabbisogni standard.

Detta Commissione, istituita ai sensi dell'articolo 1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016)  per analizzare e valutare le attività, le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali (di cui al decreto legislativo 26 novembre 2010 n. 216). Costituita da undici componenti, di cui uno con funzioni di presidente, la Commissione si avvale delle strutture e dell’organizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Quanto all'entità degli importi spettanti a ciascun comune, essi sono di ammontare proporzionale al disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2020, quale risultante dal rendiconto 2020 inviato alla banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP) anche sulla base dei dati di pre-consuntivo. La norma specifica che detto disavanzo è calcolato al netto dei contributi (eventualmente) assegnati per gli esercizi 2021 e 2022 ai sensi del citato articolo 53 del DL n. 104 del 2020, dell'articolo 1, comma 775, della legge di bilancio 2021 (legge n.178 del 2020), nonché dell’articolo 52 del decreto-legge n.73 del 2021[108]

L’articolo 52 da ultimo citato, al comma 1, istituisce un fondo per la riduzione del disavanzo eventualmente registrato dagli enti locali a seguito dell'applicazione della disciplina legislativa (di cui all'art. 39-ter, comma 1, del decreto legge 30 dicembre 2019, n. 162) in materia di contabilizzazione del fondo anticipazioni di liquidità (FAL), introdotta a seguito della sentenza della Corte costituzionale n.4 del 2020.

Al comma 3 del medesimo articolo si dispone inoltre un incremento, di un importo pari a 6,5 milioni di euro a decorrere dal 2021, delle risorse destinate all'erogazione del contributo decennale a favore delle fusioni dei comuni.

Tenuto conto del contenuto del comma 3 dell'art.52 del DL 73/2021, in cui sono attribuite risorse per scopi diversi rispetto a quelli connessi con le criticità di bilancio, parrebbe che la disposizione recata nell'articolo in esame intenda considerare il disavanzo di amministrazione al netto, fra l'altro, dei contributi di cui all'articolo 52, comma 1, e non anche di quelli diretti a favorire la fusione dei comuni di cui al comma 3.

Si valuti in proposito l'opportunità di un chiarimento al riguardo.

 

Si segnala che il decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, 11 novembre 2020[109], previo parere favorevole della Conferenza Stato-città, ha ripartito le risorse inizialmente allocate nel fondo per il sostegno ai comuni in deficit strutturale inizialmente stanziate con il DL n.104 per il triennio 2020-2022. I comuni beneficiari, con i relativi importi, sono indicati nell'allegato A al medesimo decreto[110].

Successivamente, il decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 16 aprile 2021[111] previo parere favorevole della Conferenza Stato-città, ha ripartito le ulteriori risorse stanziate all'art.1, comma 775, della legge 178/2020 del fondo per il sostegno ai comuni in deficit strutturale per il gli anni 2021-2022. I comuni beneficiari, con i relativi importi assegnati, sono indicati nell'allegato A al medesimo decreto, in una tabella che si riporta a seguire.

 

Comuni beneficiari del fondo per gli enti in difficoltà finanziarie imputabili alle condizioni socio economiche dei territori (con le risorse disposte con la legge di bilancio per il 2021, art.1, comma 775) e relativi importi suddivisi per annualità.

 

Il comma 1 precisa, con una formula analoga a quella già contenuta al citato art.53 del DL 104/2020, che il fondo è introdotto "[i]n attuazione della sentenza della Corte costituzionale n.115 del 2020".  La sentenza - nel censurare una disciplina statale che consentiva agli enti in predissesto di riproporre un piano di riequilibrio pluriennale (si veda la scheda di approfondimento) - chiarisce, in un obiter dictum, che le misure statali di risanamento finanziario in favore degli enti territoriali possono giustificarsi in presenza di deficit strutturale, imputabile alle caratteristiche socio-economiche della collettività e del territorio, e non a patologie organizzative, come nel caso di inefficienze amministrative legate alla riscossione dei tributi. Sulla base di tale sentenza, peraltro in linea con altre decisioni della Corte Costituzionale, la disposizione in esame stabilisce di ancorare i contributi ai comuni per far fronte agli squilibri di bilancio all'indice di vulnerabilità sociale e materiale, nonché alla capacità fiscale pro capite dei comuni stessi.

Sotto tale profilo la norma in esame ricalca i contenuti dell'art.1, comma 776, della legge di bilancio per il 2021 riguardo al valore degli indicatori citati. Tale ultima disposizione aveva peraltro introdotto alcune novità rispetto al richiamato art.53 del DL 104/2020, in cui si richiedeva che l'ultimo IVSM fosse superiore a 100 e che la capacità fiscale pro capite risultasse inferiore a 395.

 

Ai sensi del comma 2, il contributo complessivamente riconosciuto a ciascun comune non può essere superiore al disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2020 al netto dei contributi del citato Fondo di cui all'articolo 53 del DL 104/2020, già assegnati in precedenza per le medesime finalità.

La disposizione stabilisce inoltre che tale contributo è prioritariamente destinato alla riduzione, anche anticipata, del disavanzo di amministrazione e che a seguito dell'utilizzo dei predetti contributi, l'eventuale maggiore ripiano del disavanzo di amministrazione applicato al primo esercizio del bilancio di previsione rispetto a quanto previsto dai piani di rientro può non essere applicato al bilancio degli esercizi successivi.

 

 

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 115[112], è stata chiamata a vagliare la costituzionalità di alcune disposizioni contenute all'articolo 38 del decreto-legge n. 34 del 2019, convertito, con modificazioni, nella legge n. 58/2019 che hanno consentito agli enti in predissesto di riproporre, a determinate condizioni, il piano finanziario di riequilibrio pluriennale.

In sintesi, la Corte:

i) dichiara l'illegittimità costituzionale del comma 2-ter del citato articolo ai sensi del quale la riproposizione del piano di riequilibrio da parte degli enti locali (effettuato per adeguarlo alla disciplina legislativa vigente alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 2019) deve contenere il ricalcolo complessivo del disavanzo già oggetto del piano modificato, "ferma restando la disciplina prevista per gli altri disavanzi". In proposito, la Corte afferma che la disposizione introduce un «meccanismo di manipolazione del deficit che consente [..] di sottostimare, attraverso la strumentale tenuta di più disavanzi, l'accantonamento annuale finalizzato al risanamento e, conseguentemente, di peggiorare, anziché migliorare, nel tempo del preteso riequilibrio, il risultato di amministrazione» (Considerando in diritto n. 7, sesto capoverso)[113];

ii) dichiara l'infondatezza delle ulteriori censure, fra cui quella relativa alla durata ventennale del piano;

iii) con riferimento agli effetti della sentenza e all'impatto sugli enti locali della declaratoria di illegittimità del comma 2-ter, afferma che la «normativa di risulta [..] è immediatamente applicabile anche in assenza di ulteriori interventi legislativi» (Considerando in diritto n. 9, primo capoverso). Con riguardo alla situazione determinatasi nell'arco temporale compreso tra il momento dell'approvazione del piano decennale e la presente declaratoria di incostituzionalità, in cui si sono svolte gestioni di bilancio fondate sulla norma vigente, ancorché illegittima, ciascun ente locale dovrà procedere al necessario risanamento, sulla base della normativa di risulta, secondo il principio di gradualità, al fine di non compromettere il perseguimento dle livello essenziale delle prestazioni sociali[114];

iv) rivolge un monito al legislatore, in ordine alle potenziali conseguenze negative di norme che consentono di derogare al principio di equilibrio di bilancio e di non tener conto dell'esigenza che eventuali squilibri, di regola, andrebbero assorbiti nel corso del medesimo mandato amministrativo in cui si è generato il disavanzo.

Nel richiamare quanto già affermato nella sentenza n.18 del 2019  circa l’intrinseca pericolosità di «soluzioni che trasformino il rientro dal deficit e dal debito in una deroga permanente e progressiva al principio dell’equilibrio del bilancio» rileva che  «[l]a tendenza a perpetuare il deficit strutturale nel tempo, attraverso uno stillicidio normativo di rinvii, finisce per paralizzare qualsiasi ragionevole progetto di risanamento» e che «[d]i fronte all’impossibilità di risanare strutturalmente l’ente in disavanzo, la procedura del predissesto non può essere procrastinata in modo irragionevole, dovendosi necessariamente porre una cesura con il passato così da consentire ai nuovi amministratori di svolgere il loro mandato senza gravose “eredità”. Diverse soluzioni possono essere adottate per assicurare tale discontinuità, e siffatte scelte spettano, ovviamente, al legislatore» (sentenza n. 18 del 2019, Considerando in diritto n. 10).

v) inoltre, ed è questa la parte della decisione che maggiormente rileva ai fini dell'articolo 53 in esame, sottolinea come l'intervento statale di risanamento degli enti locali dovrebbe essere diretto a compensare gli squilibri strutturali imputabili alle caratteristiche socio-economiche del territorio e non ad introdurre misure che, attenuando il controllo sull'equilibrio finanziario, finiscono per favorire l'espansione del deficit.

Invero tale principio, effettivamente richiamato nella sentenza in commento, è ancor più diffusamente sviluppato nella (precedente) sentenza n. 4 del 2020[115], con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di disposizioni statali che hanno consentito agli enti destinatari delle anticipazioni di liquidità, finalizzate ai pagamenti dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni, di utilizzare la relativa quota accantonata nel risultato di amministrazione. In quell'occasione la Corte afferma che solo in presenza di «insufficienza strutturale del gettito fiscale ad assicurare i servizi essenziali» imputabile «alle caratteristiche socio-economiche della collettività e del territorio», si impone il dovere dello Stato di attuare gli strumenti a tal fine previsti dall'articolo 119, terzo, quarto e quinto comma. Dovere che non può invece estendersi ai casi in cui i deficit degli enti territoriali derivino da inefficienze amministrative, quali in particolare l'incapacità di riscuotere i tributi. In tal caso, sono piuttosto da evitare interventi estemporanei che hanno l'effetto di determinare un incremento della capacità di spesa dell'ente, senza che sia al contempo individuabile un'effettiva copertura giuridica. Occorre evitare l'adozione di ogni misura  che «migliora in modo solo apparente il risultato di amministrazione, così esonerando l’ente locale dalle necessarie operazioni di rientro dal deficit, che non saranno parametrate sul disavanzo effettivo [..] Ciò pregiudica ulteriormente, in violazione degli artt. 81 e 97, primo comma, primo periodo, Cost., l’equilibrio strutturale dell’ente locale in questione, in quanto alla situazione deficitaria precedente si aggiunge quella derivante dall’impiego indebito dell’anticipazione».

 

 


Articolo 174
(Incremento risorse comuni fino a 5.000 abitanti in difficoltà economiche)

 

 

L’articolo 174 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’interno un fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per l’anno 2022 in favore dei comuni delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Siciliana e Sardegna con popolazione inferiore a 5.000 abitanti che presentino criticità strutturali evidenziate da indicatori ivi previsti.

 

Nello specifico, ai sensi del comma 1, a beneficiare del fondo sono i richiamati comuni caratterizzati da:

a)        una popolazione che risulti (al 31 dicembre 2019) ridotta di almeno il 5 per cento rispetto al valore registrato nel 2011. Tale ultima data è scelta in quanto coincidente con il 15o censimento della popolazione e delle abitazioni;

b)        reddito medio pro capite inferiore di oltre 3.000 euro rispetto alla media nazionale;

c)        Indice di Vulnerabilità Sociale e Materiale (IVSM) superiore alla media nazionale.

Per approfondimenti sull'IVSM si rinvia alla scheda di lettura del presente Dossier riferita all'articolo 173.

 

Ai sensi del comma 2, il riparto del fondo in commento è demandato a un decreto del Ministero dell’interno da adottare, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e previa intesa in Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro il 28 febbraio 2022.

Tale riparto dovrà essere effettuato in proporzione alla popolazione al 31 dicembre 2019 "post censimento").

 

Con riferimento al sostegno economico in favore dei piccoli comuni (cioè dei comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti o istituiti a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione fino a 5.000 abitanti) il Parlamento è intervenuto, nella scorsa legislatura, approvando la legge n. 158 del 2017, recante:  «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni».

La legge introduce misure dirette a promuovere lo sviluppo sostenibile e l'equilibrio demografico del Paese, a tutelare e valorizzare il patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico, nonché a favorire misure in favore dei residenti nei piccoli comuni e delle attività produttive ivi insediate, con particolare riguardo ai servizi essenziali, con l'obiettivo di contrastare lo spopolamento e di incentivare l'afflusso turistico.

L'articolo 3 ha istituito un Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni destinato al finanziamento di investimenti diretti alla tutela dell'ambiente e dei beni culturali, alla mitigazione del rischio idrogeologico, alla salvaguardia e alla riqualificazione urbana dei centri storici, alla messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici, nonché alla promozione dello sviluppo economico e sociale e all'insediamento di nuove attività produttive.

La legge richiede che i comuni beneficiari delle risorse del Fondo rientrino in una delle seguenti tipologie: a) comuni collocati in aree interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico; b) comuni caratterizzati da marcata arretratezza economica; c) comuni nei quali si è verificato un significativo decremento della popolazione residente rispetto al censimento generale della popolazione effettuato nel 1981; d) comuni caratterizzati da condizioni di disagio insediativo, sulla base di specifici parametri definiti in base all'indice di vecchiaia, alla percentuale di occupati rispetto alla popolazione residente e all'indice di ruralità; e) comuni caratterizzati da inadeguatezza dei servizi sociali essenziali; f) comuni ubicati in aree contrassegnate da difficoltà di comunicazione e dalla lontananza dai grandi centri urbani; g) comuni la cui popolazione residente presenta una densità non superiore ad 80 abitanti per chilometro quadrato; h) comuni comprendenti frazioni con le caratteristiche di cui alle lettere a), b), c), d), f) o g); in tal caso, i finanziamenti disposti ai sensi dell'articolo 3 sono destinati ad interventi da realizzare esclusivamente nel territorio delle medesime frazioni; i) comuni appartenenti alle unioni di comuni montani o comuni che comunque esercitano obbligatoriamente in forma associata le funzioni fondamentali; l) comuni con territorio compreso totalmente o parzialmente nel perimetro di un parco nazionale, di un parco regionale o di un'area protetta; m) comuni istituiti a seguito di fusione; n) comuni rientranti nelle aree periferiche e ultraperiferiche, come individuate nella strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, di cui all'articolo 1, comma 13, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

Con decreto del Ministro dell'interno 10 agosto  2020, sono  stati  definiti  i  parametri occorrenti per la  determinazione  delle  tipologie  dei  comuni  che possono  beneficiare  dei  contributi  del  Fondo  per  lo   sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni.

Con DPCM 23 luglio 2021 è stato definito l'elenco dei  piccoli  comuni  che  rientrano  nelle tipologie indicate dalla citata legge n.158.

Rispetto alle tipologie elencate nella legge n.158 e ai parametri e indicatori definiti dal citato DM 10 agosto 2020, l'articolo in esame ne riprende solo alcuni. Si tratta nello specifico dei seguenti: il reddito Irpef inferiore alla media pro capite (l'articolo in esame è invero più rigoroso perché prescrive che detto reddito debba essere inferiore alla media di oltre 3.000 euro), nonché la decrescita demografica (che ai sensi del citato DM era riferita a quella verificatasi fra il censimento del 1981 e quello del 2011) rilevante solo nel caso in cui si registri un calo di oltre il 20 per cento.

A differenza del DM, l'articolo in esame contempla l'IVSM, mentre non contempla altri parametri fra cui quelli relativi alla collocazione in aree interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico, da condizioni di disagio  insediativo (stimate sulla base dell'indice  di vecchiaia, della percentuale di  occupati  rispetto  alla  popolazione residente  e  dell'indice  di  ruralità), da inadeguatezza dei  servizi  sociali essenziali, da  difficoltà  di comunicazione  e  dalla  lontananza  dai  grandi  centri  urbani, da insufficiente densità abitativa, nonché dall'ubicazione dei comuni nelle aree periferiche e ultraperiferiche.

 

L'articolo in esame nel definire modalità di riparto delle risorse da destinare ai comuni che presentano le richiamate caratteristiche non opera alcuna distinzione fra i comuni che sono già destinatari delle risorse ai sensi della legge n.158 del 2017 e i restanti. Si valuti un approfondimento in proposito.

 

 


Articolo 175
(Disposizioni in materia di indennità dei sindaci metropolitani,
dei sindaci e degli amministratori locali)

 

 

L’articolo 175 prevede che l'indennità di funzione dei sindaci metropolitani e dei sindaci dei comuni delle regioni a statuto ordinario sia incrementata in percentuale al trattamento economico complessivo dei presidenti delle regioni. L’incremento è adottato in misura graduale per il 2022 e 2023 e in misura permanente a decorrere dal 2024. Anche le indennità di funzione dei vicesindaci, assessori e presidenti dei consigli comunali sono adeguate alle indennità di funzione dei corrispondenti sindaci con l’applicazione delle percentuali vigenti.

 

Il comma 1 dispone che - a decorrere dal 2024 - l'indennità di funzione dei sindaci metropolitani e dei sindaci dei comuni ubicati nelle regioni a statuto ordinario è parametrata al trattamento economico complessivo dei presidenti delle regioni secondo le percentuali determinate dal medesimo comma 1. Tale trattamento è attualmente pari a 13.800 euro lordi mensili, secondo quanto definito dalla Conferenza Stato - regioni con le delibere del 30 ottobre 2012 e 6 dicembre 2012, n. 235, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174.

 

Il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 ha introdotto diverse disposizioni volte alla riduzione dei costi della politica prevedendo, tra l’altro, che la definizione dell'importo dell'indennità di funzione e dell'indennità di carica, nonché delle spese di esercizio del mandato, dei consiglieri e degli assessori regionali, spettanti in virtù del loro mandato, debba essere determinata in modo tale che non ecceda complessivamente l'importo riconosciuto dalla Regione più virtuosa, individuata dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano entro il 10 dicembre 2012 (comma 1 lett. b).

 

Le percentuali delle indennità massime sono stabilite dalla disposizione in commento come segue, in rapporto al trattamento economico complessivo dei presidenti delle regioni:

§  100 per cento (pari a 13.800 euro) per i sindaci metropolitani;

Si ricorda che ai sensi dell’art. 14, commi 19 e seguenti, della legge 57/2014 il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo.  In alternativa, la medesima legge prevede che lo statuto della città metropolitana possa prevedere l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano con il sistema elettorale determinato con legge statale. È inoltre necessario, affinché si possa far luogo a elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, procedere ad articolare il territorio del comune capoluogo in più comuni.

§  80 per cento (pari a 11.040 euro) per i sindaci dei comuni capoluogo di regione e per i sindaci dei comuni capoluogo di provincia con popolazione superiore a 100.000 abitanti;

§  70 per cento (pari a 9.660 euro) per i sindaci dei comuni capoluogo di provincia con popolazione fino a 100.000 abitanti;

Si ricorda che Isernia è l’unico comune capoluogo di provincia con popolazione fino a 100.000 abitanti (popolazione pari a 81.918 abitanti). Gli altri capoluoghi di provincia hanno una popolazione superiore a 100.000 abitanti (si veda tabella 2021 fonte Istat).

§  45 per cento (pari a 6.210 euro) per i sindaci dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti;

§  35 per cento (pari a 4.830 euro) per i sindaci comuni con popolazione da 30.001 a 50.000 abitanti;

§  30 per cento (pari a 4.140 euro) per i sindaci dei comuni con popolazione da 10.001 a 30.000 abitanti;

§  29 per cento (pari a 4.002 euro) per i sindaci dei comuni con popolazione da 5.001 a 10.000 abitanti;

§  22 per cento (pari a 3.036 euro) per i sindaci dei comuni con popolazione da 3.001 a 5.000 abitanti;

§  16 per cento (pari a 2.208 euro) per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti.?

La popolazione presa in considerazione è quella risultante dall’ultimo censimento ufficiale.

 

Il comma 1 prevede inoltre che l’incremento dell’indennità di funzione dei sindaci sia adottato in misura graduale per il 2022 e 2023.

Per la prima applicazione si dispone che la predetta indennità di funzione sia adeguata al 45 per cento nell'anno 2022 e al 68 per cento nell'anno 2023 “delle misure indicate alle lettere precedenti” (tali lettere recano percentuali che si applicano al valore di riferimento del trattamento dei presidenti di regione).

La Relazione illustrativa al disegno di legge specifica in proposito che l’adeguamento in sede di prima applicazione avvenga al 45% e al 68% “delle suddette percentuali” rispettivamente negli anni 2022 e 2023.

 

Per evitare incertezze in sede applicativa si valuti l’opportunità di specificare nel testo il valore di riferimento a cui si applica l’adeguamento in via transitoria al 45 per cento e al 68 per cento.

 

Al contempo la disposizione relativa alla fase di prima applicazione prevede che, a decorrere dall’anno 2022, l’indennità possa essere corrisposta nelle integrali misure di cui sopra, nel “rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio”.

In proposito si valuti l’opportunità di individuare la procedura e il soggetto competente per procedere all’eventuale incremento dell’indennità in ‘percentuale integrale’ per gli anni 2022 e 2023, anche con riferimento alla verifica del parametro del rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio.

 

Il comma 2 prevede che anche le indennità di funzione dei vicesindaci, assessori e presidenti dei consigli comunali siano adeguate alle indennità di funzione dei corrispondenti sindaci come incrementate per effetto di quanto sopra, con l’applicazione delle percentuali vigenti previste dal decreto del Ministro dell’interno del 4 aprile 2000, n. 119 (su cui si veda infra).

 

L'ammontare dell'indennità del vicesindaco, degli assessori e del presidente del consiglio comunale è attualmente proporzionale a quella dei sindaci, in una misura che varia in rapporto alla classe demografica dell’ente locale: dal 15 al 75 % per il vicesindaco, dal 10 al 65%, per il presidente del consiglio comunale dal 5 al 10% per i comuni fino a 15.00 abitanti, per quelli con popolazione superiore è corrisposta un'indennità mensile di funzione pari a quella degli assessori di comuni della stessa classe demografica.

 

Il comma 3 provvede, a titolo di concorso, alla copertura del maggior onere sostenuto dai comuni per la corresponsione dell'incremento delle indennità di funzione valutato in 100 milioni di euro per l’anno 2022, 150 milioni di euro per l’anno 2023, e 220 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024. A fronte di tali spese si provvede all’incremento del fondo istituito per coprire l’incremento dell’indennità dei sindaci dei piccoli comuni prevista dall’articolo 57-quater, comma 2, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124.

Tale disposizione ha disposto che la misura dell'indennità di funzione spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti è incrementata fino all'85 per cento della misura dell'indennità spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti.

A titolo di concorso alla copertura del maggior onere sostenuto dai comuni per la corresponsione dell'incremento dell'indennità previsto da tale disposizione, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, un apposito fondo con una dotazione di 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020. Il fondo è ripartito tra i comuni interessati con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

 

La ripartizione del fondo tra i comuni interessati è demandata ad un decreto del Ministro dell’interno, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Il comune beneficiario è tenuto a riversare ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato l’importo del contributo non utilizzato nell’esercizio finanziario (comma 4).

 

Si ricorda infine che presso la Commissione Affari costituzionali del Senato sono in corso di esame alcune proposte di legge in materia di indennità di funzione dei sindaci metropolitani e dei sindaci. La Commissione, in sede redigente nella seduta del 13 ottobre 2021, ha adottato un testo base, unificando diversi disegni di legge d'iniziativa parlamentare (A.S. nn. 2310, 2245, 2266, 2346, 2361, 2393).

 

 

Il trattamento economico degli amministratori locali è costituito dall’indennità di funzione e dai gettoni di presenza (articolo 82 TUEL).

L'articolo 82 del TUEL introduce alcuni parametri relativi al trattamento economico degli amministratori locali, demandando ad un decreto del Ministero dell'interno la determinazione monetaria del trattamento. La disposizione è stata attuata con il D.M. 4 aprile 2000, n. 119. L'ammontare base delle indennità dei sindaci e dei gettoni di presenza dei consiglieri comunali è indicato nella Tabella A del citato D.M. 119 del 2000. A tali importi è stata operata una decurtazione del 10% con la L. 266/2005

 

Successivamente, l'art. 57-quater del D.L. 124/2019 ha introdotto il comma 8-bis al menzionato art. 82, disponendo che la misura dell'indennità di funzione spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, è incrementata fino all'85 per cento della misura dell'indennità spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti. Per l’entità dell’incremento si veda l’allegato A al D.M. 23 luglio 2020.

 

Indennità mensile del sindaco (Tab. A D.M. 119/2000; art. 1, co. 54, L. 266/2005; art. 57-quater, D.L. 124/2019)

Abitanti del comune

Importo DM 119/2000

Importo ridotto 10%

Importo incrementato D.L. 124/2019

Fino a 1.000

1.291,14

1.162,03

1.659,38

da 1.001 a 3.000

1.446,08

1.301,47

1.659,38

da 3.001 a 5.000

2.169,12

1.952,21

 

da 5.001 a 10.000

2.788,87

2.509,98

 

da 10.001 a 30.000

3.098,74

2.788,87

 

da 30.001 a 50.000

3.460,26

3.114,23

 

da 50.001 a 100.000 e cap. di provincia fino a 50.000

4.131,66

3.718,49

 

da 100.001 a 250.000 e cap. di provincia da 50.001 a 100.000

5.009,63

4.508,67

 

da 250.001 a 500.000 e cap. di provincia da 100.001 a 250.000

5.784,32

5.205,89

 

Oltre 500.000, compresi i cap. di regione e comuni di cui all’art. 22 del TUEL con oltre 250.000

7.798,50

7.018,65

 

 

Come ricordato, l'ammontare dell'indennità del vicesindaco, degli assessori e del presidente del consiglio comunale è proporzionale a quella dei sindaci, in una misura che varia in rapporto alla classe demografica dell’ente locale: dal 15 al 75 % per il vicesindaco, dal 10 al 65%, per il presidente del consiglio comunale dal 5 al 10% per i comuni fino a 15.00 abitanti, per quelli con popolazione superiore è corrisposta un'indennità mensile di funzione pari a quella degli assessori di comuni della stessa classe demografica.

 

Successivamente, è intervenuto il D.L. 78/2010 che, oltre a sopprimere la parametrazione dell’indennità dei sindaci al trattamento economico fondamentale del segretario generale (art. 5, co. 6, lett. b), ha ridotto l’indennità di funzione di sindaci, assessori ed altri amministratori locali, per un periodo non inferiore a tre anni, di una percentuale pari a: 3% per i comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti; 7% per i comuni con popolazione tra 15.001 e 250.000 abitanti; 10% per i restanti comuni (art. 5, co. 7). Nell’operare la riduzione dell’indennità, il D.L. 78/2010 ha rinviato ad un nuovo decreto ministeriale che non risulta ancora approvato e “deve pertanto ritenersi ancora vigente il precedente meccanismo di determinazione dei compensi” (Corte dei conti, Sezione riunite, deliberazione 24 novembre 2012, n. 1; si veda da ultimo Corte dei conti, Sez. di controllo regione Sardegna, parere 23 settembre 2019, n. 58). Per gli importi dell’indennità è dunque necessario fare riferimento a quelli indicati nella tabella A del D.M. del 2000, diminuiti del 10% ad opera della L. 23 dicembre 2005 n. 266 (art. 1, comma 54).

 

A sua volta l'articolo 1, commi 135-136, della L. 56/2014 (c.d. legge Delrio) ha modificato il numero massimo di consiglieri e degli assessori nei comuni fino a 10.000 abitanti con invarianza della spesa.

In particolare (comma 135), nei comuni fino a 3.000 abitanti, il numero dei consiglieri comunali, oltre al sindaco, è elevato da 6 a 10 e il numero massimo degli assessori è stabilito in 2 (come previsto per i comuni da 1.000 a 3.000 abitanti, mentre sotto i 1.000 non era previsto alcun assessore). Nei comuni da 3.000 a 10.000 abitanti, il numero dei consiglieri comunali, oltre al sindaco, è elevato a 12 (in precedenza era di 7 per i comuni da 3.000 a 5.000 abitanti e di 10 per i comuni da 5.000 a 10.000 abitanti) e il numero massimo degli assessori è stabilito in 4 (come previsto per i comuni da 5.000 a 10.000 abitanti, mentre tra i 3.000 e 5.000 abitanti era stabilito in 3). Al fine di assicurare l'invarianza di spesa connessa all'aumento di cui sopra, i comuni interessati provvedono, prima di applicarla a rideterminare gli oneri connessi allo status degli amministratori locali (indennità, rimborsi spese ecc.), previa specifica attestazione del collegio dei revisori dei conti (comma 136).

 

L'art. 61, comma 10, del D.L. 112/2008 ha previsto che, a decorrere dal 1º gennaio 2009, le indennità di funzione ed i gettoni di presenza indicati nell'articolo 82 del TUEL, venissero rideterminati con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2008 per gli enti indicati nel medesimo articolo 82 che nell'anno precedente non avessero rispettato il patto di stabilità. Inoltre, il D.L. 112 ha eliminato la facoltà per gli organi degli enti locali di incrementare, con delibera del consiglio o della giunta, le indennità di funzione (art. 76, comma 3).

 

Si ricorda inoltre che, ai sensi dell’art. 82 TUEL:

§  l’indennità di funzione è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non hanno richiesto l’aspettativa non retribuita (comma 1);

§  le indennità di funzione non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50% di ciascuna (comma 5);

§  agli amministratori che percepiscono l’indennità di funzione non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne (comma 7);

§  ai soli fini dell’applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità di funzione ed i gettoni di presenza non sono assimilabili a redditi da lavoro di qualsiasi natura (comma 3).

 

 

 

Francia

L’indennità spettante al sindaco, agli assessori e ai consiglieri comunali è determinata dal consiglio comunale entro i limiti massimi previsti dalla legge (Code général des collectivités territoriales, art. L. 2123). Gli importi delle indennità massime sono calcolate in percentuale di un indice denominato “indice della funzione pubblica 1027” corrispondente dal 1° gennaio 2019 a 3.889,40 euro.

Nella tabella che segue è riportato l’importo massimo lordo mensile delle indennità di funzione dei sindaci (maires) e degli assessori (adjoints) applicate dal 29 dicembre 2019.

 

 

I consiglieri comunali nei comuni con almeno 100.000 abitanti ricevono una indennità di funzione pari al massimo al 6% dell'indice della funzione pubblica (233,36 euro). Nei comuni con meno di 100.000 abitanti il consiglio comunale può deliberare l’attribuzione di una indennità per consiglieri comunali sempre nel limite del 6%.

In alcuni comuni (capoluogo di dipartimento, di arrondissement, di cantone, ecc.) il Consiglio comunale può stabilire, entro limiti prestabiliti, una maggiorazione delle indennità di funzione.

 

Fonti: Statut de l’élu(e) local(e), luglio 2021

 

Germania

In Germania lo status degli amministratori locali è disciplinato a livello di Land, per cui la disciplina relativa è molto diversificata. Norme dettagliate si trovano nei Codici comunali dei 16 Länder tedeschi e ulteriori precisazioni possono essere apportate dagli statuti comunali.

In linea generale, la maggior parte dei sindaci svolgono il mandato come volontari e solo una parte sono impegnati a tempo pieno e ricevono una indennità.

I sindaci volontari ricevono un rimborso spese.

A titolo di esempio si riportano nella tabella che segue, le indennità dei sindaci nel Land Nord Reno – Westfalia (importo lordo mensile).

 

Fonte: oeffentlicher-dienst-news.de/gehalt-buergermeister-beamtenbesoldung, gennaio 2021

 

Norme speciali si applicano ai sindaci delle città-Stato di Berlino, Amburgo e Brema, in quanto sono allo stesso tempo leader del Lander e sindaci della città.

La retribuzione ufficiale del sindaco di Berlino è attualmente di 206.760 euro all'anno, di quello di Amburgo 200.000 euro.

Fonti:

https://oeffentlicher-dienst-news.de/gehalt-buergermeister-beamtenbesoldung/

https://kommunal.de/Buergermeister-Verdienst

 

 

Spagna

Il trattamento economico degli amministratori locali in Spagna è disciplinato dalla Ley 7/1985, de 2 de abril, Reguladora de las Bases del Régimen Local (artt. 75 e 75-bis).

Il sistema di retribuzione degli amministratori comunali è composto dalle voci seguenti:

-          retribuzione per l’esercizio delle funzioni esercitate a tempo pieno (dedicacion exclusiva) o parziale (dedicacion parcial),

-          gettoni di presenza (asistencia) per la partecipazione effettiva alle sedute degli organi collegiali;

-          indennità (indemnizaciones) per le spese sostenute nell’esercizio delle funzioni.

 

Gli amministratori locali che non operano né in regime di dedicacion exclusiva né di dedicacion parcial percepiscono delle asistencias nella quantità determinata dal Consiglio. Il bilancio dello Stato determina, annualmente, il limite massimo complessivo che i membri degli Enti Locali possono percepire per tutte le voci di retribuzione e assistenza, secondo una tabella di parametrazione che prende a riferimento la retribuzione del Secretario de Estado (dirigente apicale dei ministeri).

 

 

L’ammontare delle retribuzioni percepite nel 2020 da tutti gli amministratori locali sono pubblicate dal Ministero della funzione pubblica.

 


Articolo 176
(Versamento ristori minori entrate da lotta all’evasione)

 

 

L’articolo 176 modifica le modalità di riacquisizione al bilancio dello Stato delle risorse attribuite alle regioni a statuto ordinario nel 2020 a ristoro delle minori entrate a seguito dell'emergenza da COVID-19, con riferimento alle somme derivanti dalle attività di lotta all’evasione.

 

La disposizione novella l'art. 111, comma 2-novies, del decreto-legge 34 del 2020 (convertito dalla legge n. 77 del 2020).

L’art. 111 del decreto legge 34 del 2020, e successive modificazioni, ha istituito il Fondo per l’esercizio delle funzioni delle regioni e delle province autonome[116], a seguito dei due accordi sanciti in sede di Conferenza Stato-Regioni il 20 luglio 2020: uno con le regioni a statuto ordinario (rep. atti. n.114 CSR) e uno con le regioni a statuto speciale e le province autonome (rep. atti. n.115 CSR).

Il Fondo è destinato a compensare la perdita di entrate tributarie connessa all’emergenza epidemiologica da COVID-19, al netto delle minori spese e delle risorse assegnate a vario titolo dallo Stato, ed ha una dotazione complessiva di 4.300 milioni di euro per il 2020, di cui di cui 1.700 milioni di euro a favore delle regioni a statuto ordinario e 2.600 milioni di euro a favore delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il comma 2-novies qui novellato disciplina le modalità per la riacquisizione al bilancio dello Stato delle risorse spettanti alle regioni a statuto ordinario nel 2020, a ristoro delle minori entrate derivanti dalle attività di lotta all’evasione fiscale ed incluse nel Fondo per l’esercizio delle funzioni delle regioni (e quindi nelle quote riportate nella tabella allegata al comma 2-quinques del citato art. 111, che ripartisce il fondo tra le regioni).

Nello specifico si tratta delle risorse, complessivamente pari a 950.751.551 euro, riferite alla lotta all’evasione fiscale in relazione ai tre tributi di spettanza delle regioni (IRAP, addizionale IRPEF e tassa automobilistica), che dovranno essere riacquisite al bilancio delle Stato nel momento in cui verranno progressivamente recuperate dall’Agenzia delle entrate.

Le modifiche introdotte dall'articolo in esame mirano semplificare la procedura di riacquisizione al bilancio dello Stato delle citate risorse.

Il comma 2-novies, come modificato dalla norma in esame, determina la quota di competenza di ciascuna regione a statuto ordinario nella Tabella 1 allegata al decreto legge 34 del 2020 (e riportata a seguire) e stabilisce le modalità di versamento degli importi. Ciascuna regione, a decorrere dal 2022 e fino alla concorrenza della propria quota indicata nella citata Tabella 1, provvede a versare al bilancio dello Stato, entro il 30 giugno di ciascun anno, la quota annuale di cui alla medesima Tabella 1.

Il comma 2-novies, a legislazione vigente, determina la quota di competenza di ciascuna regione a statuto ordinario nella Tabella 1 allegata al decreto legge 34 del 2020 (e riportata a seguire) e stabilisce le modalità di versamento degli importi. Ciascuna regione, a decorrere dal 2022 e fino alla concorrenza della propria quota indicata nella citata Tabella 1, provvede a versare al bilancio dello Stato, entro il 30 giugno di ciascun anno, il maggiore valore tra gli importi di cui alla Tabella 1 e l’ammontare delle maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione incassate nell’anno precedente rispetto alla media delle entrate riscosse da ciascuna regione nel triennio 2017-2019 relative all’attività di accertamento e recupero per lotta all’evasione con riferimento ai tre tributi regionali.

La norma prevede inoltre che la media di cui sopra venga determinata dalla Ragioneria Generale dello Stato sulla base dei rendiconti delle regioni, sentita la Conferenza Stato-Regioni. Viene infine previsto che, in caso di mancato versamento alla scadenza di ciascun anno, si procede al recupero della somma dovuta a valere sulle somme depositate a qualsiasi titolo nei conti regionali presso la tesoreria statale.

 

La disposizione in esame modifica, inoltre, l'intestazione della medesima Tabella 1, espungendo la parola "minima", ai fini di coordinamento con la novella del comma 2-novies (v. infra).

 


 

Tabella 1
(articolo 111, comma 2-novies)

In vigore dal 1 gennaio 2021

Regioni

Percentuale di riparto

Ripartizione regionale delle risorse derivanti dalla lotta all'evasione da riacquisire al bilancio dello Stato, articolo 111, comma 2-novies, del decreto-legge n. 34 del 2020

Ripartizione regionale della quota annuale minima da riacquisire al bilancio dello Stato, articolo 111, comma 2-novies, del decreto-legge n. 34 del 2020

Abruzzo 

3,16 

30.068.268,39 

1.581.289,47 

Basilicata 

2,50 

23.755.278,10 

1.249.289,47 

Calabria 

4,46 

42.409.023,53 

2.230.289,47 

Campania 

10,54 

100.207.712,29 

5.269.921,05 

Emilia-Romagna 

8,51 

80.876.431,28 

4.253.289,47 

Lazio 

11,70 

111.269.456,39 

5.851.657,89 

Liguria 

3,10 

29.480.804,01 

1.550.394,74 

Lombardia 

17,48 

166.215.390,10 

8.741.263,16 

Marche 

3,48 

33.108.671,77 

1.741.184,21 

Molise 

0,96 

9.100.693,93 

478.605,26 

Piemonte 

8,23 

78.220.331,68 

4.113.605,26 

Puglia 

8,15 

77.511.771,58 

4.076.342,11 

Toscana 

7,82 

74.323.251,11 

3.908.657,89 

Umbria 

1,96 

18.654.245,83 

981.026,32 

Veneto 

7,95 

75.550.221,01 

3.973.184,21 

Totale 

100,00 

950.751.551 

50.000.000 

 

Come già detto, l'articolo 111 del decreto legge 34 del 2020 ripartisce il Fondo tra le regioni e le province autonome.

Per le regioni a statuto speciale e le province autonome, in attuazione dell’accordo sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni del 20 luglio 2020 (rep. atti. n.115 CSR), il comma 2-bis stabilisce che il ristoro della perdita di gettito conseguente agli effetti negativi derivanti dall'emergenza sanitaria dei suddetti enti è effettuato in quota parte (per circa 2,4 miliardi di euro) mediante riduzione del contributo alla finanza pubblica previsto per l'anno 2020 e in quota parte mediante trasferimenti diretti dal Fondo (per un importo pari a circa 196 milioni di euro), alle tre autonomie interessate (Sardegna e le due province autonome); la tabella inserita nella norma riporta le quote di spettanza di ciascuna autonomia. Il comma 2-ter, per la regione Trentino Altro Adige, stabilisce che rimane fermo l'importo del concorso alla finanza pubblica previsto dalla legislazione vigente (art.1, comma 407, della legge n.190 del 2914). Per il dettaglio, si veda quanto riportato nella scheda relativa ai commi 805-807, della legge di bilancio in esame.

Per le regioni a statuto ordinario in attuazione dell’accordo sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni del 20 luglio 2020 (rep. atti. n.114 CSR) il comma 2-quinques determina, nella tabella inserita nella legge, le quote del fondo di spettanza di ciascuna regione, per l’importo totale di 1.700 milioni di euro, suddiviso in una prima quota pari a complessivi 500 milioni di euro ed in una seconda quota pari a complessivi 1.200 milioni.

Il comma 2-sexsies detta le norme per la contabilizzazione dei trasferimenti alle tre autonomie ed alle regioni a statuto ordinario.

Criteri e modalità di riparto del fondo, poi recepiti nei due accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni, sono stati individuati sulla base delle valutazioni del Tavolo tecnico, istituito con D.M. economia 11 giugno 2020 in attuazione di quanto stabilito al comma 2 del citato art. 111, presso il Ministero dell'economia e delle finanze. Il tavolo tecnico, i cui lavori proseguiranno nel corso del 2021, ha il compito di monitorare gli effetti dell’emergenza COVID-19, con particolare riferimento alla perdita di gettito relativa alle entrate regionali, non compensata da meccanismi automatici, in relazione ai fabbisogni di spesa; è composto da tre rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, da un rappresentante del Ministro degli affari regionali, da quattro rappresentanti della Conferenza delle regioni e province autonome, di cui uno in rappresentanza delle Autonomie speciali e dal Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard.

 

 

 


Articolo 177
(Fondo per legalità e tutela degli amministratori locali
vittime di atti intimidatori)

 

 

L’articolo 177 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’interno un Fondo con una dotazione finanziaria pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024, per l’adozione di iniziative degli enti locali per la promozione della legalità, nonché di misure di ristoro del patrimonio dell’ente o in favore degli amministratori locali vittime di atti intimidatori.

 

Le risorse così stanziate sono destinate a consentire agli enti locali l’adozione di:

ü  iniziative per la promozione della legalità;

ü  misure di ristoro del patrimonio dell’ente o in favore degli amministratori locali che hanno subito episodi di intimidazione connessi all’esercizio delle funzioni istituzionali esercitate.

 

La disposizione rinvia i criteri e le modalità di ripartizione del Fondo ad un decreto del Ministro dell’interno, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge con il concerto del Ministro dell’istruzione e del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

 

 

 

Il Parlamento ha approvato la legge n. 105 del 2017, volta a rafforzare gli strumenti penali contro le intimidazioni ai danni degli amministratori locali, in ragione del loro mandato. Tali atti assumono spesso connotati tipici delle intimidazioni di stampo mafioso sia nelle modalità che nelle finalità, in quanto volti a condizionare l'operato dell'amministrazione.

Pur manifestandosi con diverse modalità (aggressioni, minacce via email, via telefono o sui social network, danneggiamenti, fino al recapito o ritrovamento di proiettili o carcasse di animali), tale illecito ha in comune la qualità soggettiva della vittima, nel suo ruolo di amministratore locale. Si tratta sostanzialmente di atti che, volti a intimidire l'amministratore prevalentemente in relazione all'integrità della sua persona e dei suoi beni, minacciano, nel contempo, il buon andamento della pubblica amministrazione.

Nella prassi, dall’assenza di un reato ad hoc è derivato che le intimidazioni venissero perseguite in relazione a reati posti a tutela di beni individuali (es. lesioni personali, ingiuria, violenza privata, minaccia o danneggiamento), senza considerare adeguatamente la natura plurioffensiva di tali condotte. Per ovviare alla citata lacuna, la legge n. 105 del 2017 anzitutto modifica l’art. 338 del codice penale, rubricato "Violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario", illecito finalizzato ad impedire, anche parzialmente o temporaneamente, l'attività dell'organo rappresentativo collegiale. Il reato - punito con la reclusione da 1 a 7 anni - viene ora riferito anche ai singoli componenti del corpo politico, amministrativo o giudiziario tutelando, quindi, i medesimi singoli componenti in quanto tali, anche quando operano al di fuori dell'organismo collegiale.

Per il reato di atti intimidatori nei confronti di amministratori locali è consentita la procedibilità d'ufficio, mentre i confermati limiti edittali consentono sia il ricorso alla custodia cautelare in carcere che alle intercettazioni. L'intervento rende, inoltre, applicabili agli illeciti di cui all'art. 338 le circostanze aggravanti previste dal successivo articolo 339 c.p., cioè un aumento di pena (fino a un terzo ex art. 64 c.p.) qualora la violenza o la minaccia sia commessa con armi, da persona travisata, da più persone riunite, con scritto anonimo, in modo simbolico o avvalendosi della forza intimidatrice derivante da associazioni segrete, esistenti o supposte. 

La nuova formulazione dell'art. 338 c.p. precisa la punibilità con la stessa pena anche di colui intimidisce l'amministratore locale per ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l'adozione di un qualsiasi provvedimento, anche legislativo, ovvero a causa dell'avvenuto rilascio o adozione dello stesso. Il riferimento anche all'emissione di provvedimenti legislativi appare volto alla tutela dei consiglieri regionali e dei parlamentari nazionali dagli atti intimidatori. 

Il provvedimento, inoltre:

Viene, tuttavia, precisata l'inapplicabilità dell'aggravante quando sia stato lo stesso amministratore ad avere dato causa al reato eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni.

Allo scopo di sanzionare anche gli atti intimidatori di cui siano destinatari i candidati alle elezioni comunali, una modifica dell'art. 90 del TU sulle elezioni amministrative comunali estende le sanzioni ivi previste - reclusione da 2 a 5 anni e multa da 309 a 2.065 euro - anche a tutti coloro che, con minacce o con atti di violenza, ostacolano la libera partecipazione di altri a tali competizioni elettorali; identiche sanzioni sono applicabili anche se destinatari delle intimidazioni siano candidati alle elezioni regionali.

La legge del 2017 (articolo 6) ha altresì affidato a un decreto del Ministro dell'interno la ridefinizione della composizione e delle modalità di funzionamento dell’Osservatorio sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali, già istituito con il DM Interno 2 luglio 2015.

L’Osservatorio è stato riorganizzato ai sensi del D.M. 17 gennaio 2018, n. 35 in attuazione dell’art. 6 della Legge 105 del 2017, per favorire e potenziare lo scambio di informazioni e il raccordo tra Stato e gli enti locali, allo scopo di individuare strumenti di contrasto e indicare strategie di prevenzione.

È composto da rappresentanti di ministero dell'Interno, ministero della Giustizia, ministero della Pubblica Istruzione, Università e Ricerca, Associazione nazionale comuni italiani (Anci) e Unione province d'Italia (Upi), con la possibilità di estendere la partecipazione ad altre amministrazioni interessate, in relazione agli argomenti trattati.

Oltre alla tenuta di un'apposita banca dati sul fenomeno intimidatorio, all'Osservatorio è affidata la promozione di studi per la formulazione di proposte legislative e di iniziative di supporto di amministratori locali vittime di intimidazioni nonché di iniziative di promozione della legalità, con particolare riferimento alle giovani generazioni.

Il regolamento prevede che lo svolgimento di tali attività avvenga mediante utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie già previste a legislazione vigente.

L’Osservatorio si avvale di un organismo tecnico di supporto, che opera presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Tale organismo ha diramato linee guida e suggerimenti al fine di dare un input concreto nella prevenzione e nel contrasto, anche con la realizzazione di due Vademecum, uno per le Prefetture e Forze di polizia e uno per gli amministratori locali.

Con la collaborazione delle Forze di polizia e delle Direzioni competenti del Dipartimento della Pubblica sicurezza, sono state promosse attività di formazione presso gli istituti di istruzione delle Forze dell’ordine, incrementando la sensibilizzazione e la trattazione dell’argomento de quo nei programmi di studio e di aggiornamento. In particolare è stato avviato un consolidato sistema di interscambio informativo che, partendo dall’organizzazione territoriale, consente di raccogliere ed analizzare notizie relative a situazioni personali di rischio tali da essere esaminate in sede di Prefettura, sia per una eventuale assegnazione di misure di protezione e/o vigilanza che per una più mirata azione preventiva.

In conformità alle linee guida impartite dal Ministro dell’Interno, la partecipazione alle riunioni del tavolo tecnico sono state estese a quelle prefetture insistenti in territori particolarmente colpiti dal fenomeno delle intimidazioni.

L'Osservatorio rende rapporti periodici sugli atti intimidatori. Al momento di pubblicazione della presente scheda, è disponibile, per il 2021, un rapporto aggiornato al 30 settembre.

Tale report di monitoraggio riferisce - riguardo ad un fenomeno "tanto diffuso quanto poco evidente" che "si manifesta sul territorio in maniera indistinta da nord a sud, dalle metropoli ai piccoli paesi di provincia" - per i primi nove mesi del 2021 di 541 episodi denunciati (dei quali 79 in Lombardia; 60 in Campania; 54 e 53 rispettivamente in Puglia e in Sicilia; 51 in Calabria; 33 in Piemonte; 27 in Emilia-Romagna; 26 sia in Veneto sia in Toscana sia nel Lazio; ecc.).

Questi atti sono ripartibili in: 271 di matrice ignota (circa il 50 per cento dunque); 88 di natura privata (16,3%); 72 per tensione politica (13,3%); 70 per tensione sociale (12,9%); 36 di criminalità comune (6,7%); 4 di criminalità organizzata (0,7%).

Ad esserne maggiormente colpiti sono i sindaci, anche metropolitani (278 casi, il 51,4%), i componenti della giunta comunale (102 casi, 18,9%), i consiglieri comunali (89 casi, 16,5%).

Quanto alle modalità di esecuzione, sono: vari danneggiamenti di beni privati o pubblici in 124 casi (23%); pubblicazione di contenuti ingiuriosi o minacciosi sui social network/web in 107 casi (20%) di cui 71 mediante facebook; invio di missive presso abitazioni o uffici in 103 casi (19%); aggressioni verbali in 59 casi (11%); scritte sui muri e imbrattamenti in 55 casi (10%); utilizzo di materiali o liquidi incendiari in 23 casi (4%).

Per i primi nove mesi del 2021, l’analisi dei dati raccolti a livello nazionale rivela un aumento del 16,9% rispetto allo stesso periodo dell'anno 2020, registrando 541 episodi di intimidazione, si è ricordato, rispetto ai 463 casi avuti nell'analogo periodo 2020.

 


Articolo 178
(Proroga dei termini in materia di certificazioni degli enti locali)

 

 

L’articolo 178 dispone la proroga al 31 ottobre 2022 del termine della verifica a consuntivo della effettiva perdita di gettito connessa all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e dell’andamento delle spese negli anni 2020 e 2021 degli enti locali beneficiari delle risorse del Fondo per l’esercizio delle funzioni fondamentali, ai fini dell’eventuale conseguente regolazione dei rapporti finanziari tra Comuni e tra Province e Città metropolitane, ovvero tra i due predetti comparti, e della rimodulazione delle somme originariamente attribuite.

 

In particolare, il comma 1 - intervenendo sull'articolo 1, comma 829, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 – posticipa dal 30 giugno 2022 al 31 ottobre 2022 il termine entro cui è prevista la verifica della perdita di gettito connessa all'emergenza epidemiologica da COVID-19 e dell'andamento delle spese nell'anno 2021 dei comuni, delle province e delle città metropolitane, sulla base delle certificazioni presentate al MEF dagli enti locali entro il 31 maggio 2022.

 

Secondo quanto riportato nella Relazione illustrativa, la proroga si rende necessaria al fine di dare alla Ragioneria generale dello Stato un tempo congruo di analisi ed elaborazione dei dati delle certificazioni trasmesse dagli enti locali, tenuto conto del fatto che la certificazione della perdita di gettito e dell'andamento della spesa è prevista al 31 maggio 2022, ai sensi dell'articolo 1, comma 827, della richiamata legge n. 178 del 2020.

 

Si rammenta che la legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178/2020), all’articolo 1, comma 827, dispone l’obbligo per gli enti locali beneficiari delle risorse Fondo per l’esercizio delle funzioni fondamentali, stanziate per l’anno 2021 dal comma 822 della legge medesima, di inviare per via telematica[117] al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - una certificazione della perdita di gettito connessa all’emergenza epidemiologica da Covid-19, entro il termine perentorio del 31 maggio 2022.

La certificazione è finalizzata ad attestare che la perdita di gettito - al netto delle minori spese e delle risorse assegnate a vario titolo dallo Stato a ristoro delle minori entrate e delle maggiori spese connesse alla predetta emergenza - sia riconducibile esclusivamente all’emergenza Covid-19, e non anche a fattori diversi o a scelte autonome di ciascun ente locale o della regione o provincia autonoma in cui insiste il suo territorio, con eccezione degli interventi di adeguamento alla normativa nazionale. L'invio tardivo della certificazione determina l’applicazione di sanzioni per gli enti locali, in termini di riduzione dei trasferimenti ad essi spettanti.

Queste certificazioni sono tenute in conto ai fini della successiva verifica a consuntivo della effettiva perdita di gettito di ciascun ente, fissata al 30 giugno 2022 dal comma 829, e della regolazione dei rapporti finanziari tra Comuni e tra Province e Città metropolitane, con conseguente eventuale rettifica delle somme originariamente attribuite.

 

Il comma 2 - intervenendo sull'articolo 1, comma 831, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 – rinvia altresì dal 30 giugno 2022 al 31 ottobre 2022 il termine previsto dall’art. 106, comma 1, del D.L. n. 34/2020, relativo alla verifica a consuntivo della perdita di gettito e dell’andamento delle spese nell’anno 2020, ai fini della regolazione dei rapporti finanziari tra gli enti beneficiari, con conseguente eventuale rimodulazione degli importi originariamente assegnati.

 

 

Il Fondo per l’esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali è stato istituito dal D.L. n. 34 del 2020 (articolo 106, commi 1-3), con una dotazione di 3,5 miliardi di euro per l'anno 2020 (di cui 3 miliardi in favore dei comuni e 0,5 miliardi in favore di province e città metropolitane), al fine di assicurare a comuni, province e città metropolitane le risorse necessarie per l'espletamento delle funzioni fondamentali in relazione alla possibile perdita di entrate locali connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19. Il Fondo è stato poi rifinanziato nell'importo di 1,67 miliardi di euro per l'anno 2020 (di cui 1,22 miliardi ai comuni e 450 milioni di euro a province e città metropolitane), dall'articolo 39, comma 1, del D.L. n. 104/2020 (c.d. decreto agosto), per garantire agli enti locali un ulteriore ristoro della perdita di gettito connessa all'emergenza epidemiologica di COVID-19.

Il riparto delle risorse del fondo è effettuato con decreti del Ministro dell'interno, sulla base degli effetti determinati dall'emergenza COVID-19 sui fabbisogni di spesa e sulle entrate locali, come valutati da un apposito Tavolo tecnico, istituito presso il Ministero dell’economia (con D.M. economia 29 maggio 2020).

Ai fini della verifica della effettiva perdita di gettito e dell'andamento delle spese dei singoli enti locali beneficiari, l'art. 39, comma 2, del D.L. n. 104/2020 ha disposto l'obbligo per gli enti locali beneficiari di inviare per via telematica, al Ministero dell'economia e delle finanze - RGS, una certificazione finalizzata ad attestare che la perdita di gettito sia riconducibile esclusivamente all'emergenza Covid-19, e non anche a fattori diversi o a scelte autonome dell'ente. Tale termine – originariamente fissato al 30 aprile - è stato rinviato al 31 maggio 2021 dal comma 830, lett. a), della legge n. 178/2020 (legge di bilancio 2021).

Le certificazioni sono tenute in conto ai fini della successiva verifica a consuntivo della effettiva perdita di gettito e dell'andamento delle spese nell’anno 2020. Tale verifica – originariamente fissata al 30 giugno 2021 è stata rinviata di 1 anno, al 30 giugno 2022 dall’art. 1, comma 831, della legge n. 178/2020 (legge di bilancio 2021).

Il D.L. n. 104/2020 ha inoltre introdotto una sanzione di carattere finanziario per gli enti locali che non trasmettono la certificazione entro il termine perentorio del 31 maggio 2021, consistente in una riduzione del fondo di solidarietà comunale o del fondo sperimentale di riequilibrio per le province (ovvero dei trasferimenti compensativi spettanti alle province delle regioni a statuto speciale), da acquisire al bilancio dello Stato in tre annualità a decorrere dall'anno 2023 (termine così rinviato, rispetto all’originario 2022, dall’art. 13, comma 2-ter, del D.L. n. 121/2021).

I criteri di riparto della dotazione del Fondo per i due comparti dei comuni e delle province e città metropolitane sono stati definiti con il D.M. interno del 16 luglio 2020cfr. Allegato A per il comparto comuni e Allegato B per il comparto province e città metropolitane - a seguito dell'intesa raggiunta in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali nella seduta del 15 luglio 2020. L’effettiva ripartizione dei 3,5 miliardi autorizzati dal D.L. n. 34/2020, tra gli enti beneficiari di ciascun comparto, è stata effettuata con il Decreto del 24 luglio 2020 del direttore centrale della finanza locale del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno. Per il riparto delle risorse stanziate dal D.L. n. 104/2020, con il D.M. Interno 11 novembre 2020 è stato effettuato un primo riparto di un acconto di 500 milioni di euro (di cui 400 milioni a favore dei comuni e 100 milioni a favore delle province e città metropolitane). Con il successivo D.M. 14 dicembre 2020 è stato ripartito il saldo delle risorse stanziate dal D.L. n. 104/2020, pari a 1.170 milioni di euro (di cui 820 milioni di euro a favore dei comuni e 350 milioni di euro a favore delle città metropolitane e delle province).

La legge di bilancio per il 2021 (art. 1, commi 822-823, legge n. 178/2020) ha previsto un incremento di 500 milioni di euro per l'anno 2021 della dotazione del Fondo per l'esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali, ai fini del ristoro della perdita di gettito connessa all'emergenza epidemiologica di COVID-19 nell’anno 2021. Le risorse sono assegnate per 450 milioni di euro in favore dei comuni e per 50 milioni di euro in favore di province e città metropolitane.

Per la verifica della perdita di gettito, si dispone l'obbligo per gli enti locali beneficiari di inviare, per via telematica al Ministero dell'economia e delle finanze, una certificazione per l'anno 2021 della perdita di gettito connessa all'emergenza epidemiologica da Covid-19, entro il termine perentorio del 31 maggio 2022.

Anche in questo caso è prevista una sanzione di carattere finanziario per gli enti locali che non trasmettono la certificazione entro il termine perentorio del 31 maggio 2022, consistente in una riduzione del fondo di solidarietà comunale o del fondo sperimentale di riequilibrio per le province (ovvero dei trasferimenti compensativi spettanti alle province delle regioni a statuto speciale), da acquisire al bilancio dello Stato in tre annualità a decorrere dall'anno 2023.

Il comma 829 della legge di bilancio 2021 fissa al 30 giugno 2022 il termine per la verifica a consuntivo della effettiva perdita di gettito e dell'andamento delle spese nel 2021 dei comuni, delle province e delle città metropolitane, tenendo conto delle predette certificazioni.

Da ultimo, il D.L. 22 marzo 2021, n. 41 (c.d. DL Sostegni), all'articolo 23 ha disposto un incremento di 1.000 milioni di euro della dotazione per l'anno 2021 del Fondo per assicurare l'esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali, in relazione alla ulteriore perdita di entrate locali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, portando lo stanziamento del Fondo previsto a legislazione vigente per l'anno 2021 da 500 a 1.500 milioni di euro.

Le risorse complessivamente stanziate per il 2021 sono state ripartite tramite un primo acconto di 220 milioni di euro (D.M. del 14 aprile 2021) e poi a saldo (1.280 milioni di euro) con il D.M. del 30 luglio 2021 (di cui 1.150 milioni di euro in favore dei comuni e di 130 milioni di euro in favore delle città metropolitane e delle province), sulla base di criteri che tengono conto, oltre che dei lavori del tavolo tecnico, anche delle risultanze della certificazione per l'anno 2020 inviata al MEF dagli enti entro il termine del 31 maggio 2021, ai sensi del comma 2 dell'articolo 39 del D.L. n. 104/2020, finalizzata da attestare la effettiva perdita di gettito dovuta alla pandemia. Gli allegati al decreto contengono le note metodologiche di individuazione dei criteri e delle modalità di riparto del saldo e gli importi spettanti sia ai comuni che alle province e città metropolitane.

 


Articolo 179
(Modalità di riparto delle risorse relative ai LEP
da assegnare agli enti locali)

 

 

L’articolo 179 dispone il parere obbligatorio della Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) per la definizione delle modalità di riparto delle risorse finanziarie necessarie per le funzioni di competenza degli enti territoriali correlate con i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e del relativo monitoraggio.

 

In particolare la norma prevede che, a decorrere dal 2022, al fine di garantire l’unitarietà dell’azione di governo, nelle funzioni di competenza degli enti territoriali correlate con i livelli essenziali delle prestazioni (LEP),  nonché ai relativi fabbisogni, costi standard e obiettivi di servizio,  i Ministri competenti per materia sono tenuti, in sede di riparto delle risorse finanziarie necessarie e di monitoraggio sul raggiungimento degli obiettivi, ad acquisire il preventivo parere  della Commissione tecnica per i fabbisogni standard.

In occasione dell’esame dei relativi provvedimenti la CTFS è integrata dai rappresentanti delle amministrazioni interessate, in relazione alle specifiche funzioni, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

La Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) è stata istituita con la legge di stabilità 2016 (art.1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208) per analizzare e valutare le attività, le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali (come previsto dal decreto legislativo 26 novembre 2010 n. 216, in attuazione della legge delega sul federalismo fiscale, n. 42 del 2009). La CTFS approva, inoltre, le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione delle capacità fiscali, definite dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 57-quinquies del D.L. n. 124 del 2019).

La Commissione è formata da undici componenti, di cui uno, con funzioni di presidente, designato dal Presidente del Consiglio dei ministri, tre designati dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno designato dal Ministro dell'interno, uno designato dal Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie, uno designato dall'Istituto nazionale di statistica, tre designati dall'Associazione nazionale dei comuni italiani, di cui uno in rappresentanza delle aree vaste, e uno designato dalle regioni.

Si evidenzia che l’articolo 37 del D.L. n. 152 del 2021 (in corso di conversione) ha elevato il numero dei componenti della Commissione tecnica per i fabbisogni standard a 12 membri, al fine di comprendervi un delegato del Ministero per il Sud e la coesione territoriale, senza nuovi oneri per la finanza pubblica.

La CTFS è istituita senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e si avvale delle strutture e dell'organizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze. Ai componenti della Commissione non è corrisposto alcun compenso, né indennità, né rimborso di spese (art. 1, comma 30, della legge n. 208 del 2015).

La Commissione tecnica per i fabbisogni standard in carica è stata nominata con D.P.C.M. 4 aprile 2019. Le metodologie predisposte ai fini dell'individuazione dei fabbisogni possono essere sottoposte alla CTFS anche separatamente dalle elaborazioni relative ai fabbisogni standard. Conseguentemente la nota metodologica ed il fabbisogno standard per ciascun ente possono essere adottati con D.P.C.M., anche distintamente tra loro. Il parere parlamentare è richiesto solo per l'adozione della nota metodologica, e non più per la sola adozione dei fabbisogni standard.

La legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015, articolo 1, commi da 29 a 34) ha semplificato la procedura per l'approvazione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard, modificando altresì gli organi che intervengono nella procedura medesima, con l'istituzione della Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) in luogo della soppressa Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF).

 

Nel definire i principi fondamentali del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali, la legge n. 42 del 2011 (legge delega sul federalismo fiscale) distingue le spese che investono i diritti fondamentali di cittadinanza (quali sanità, assistenza, istruzione) e quelle inerenti le funzioni fondamentali degli enti locali, per le quali si prevede l'integrale copertura dei fabbisogni finanziari, rispetto a quelle che, invece, vengono affidate in misura maggiore al finanziamento con gli strumenti propri della autonomia tributaria, per le quali si prevede una perequazione delle capacità fiscali che dovrebbe concretizzarsi in un tendenziale avvicinamento delle risorse a disposizione dei diversi territori, senza tuttavia alterare l'ordine delle rispettive capacità fiscali.

Per le funzioni concernenti i diritti civili e sociali, la Costituzione (art. 117, comma 2, lett. m)) attribuisce allo Stato il compito di definire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale in condizione di efficienza e di appropriatezza: ad essi sono associati i fabbisogni standard necessari ad assicurare tali prestazioni. Molte delle difficoltà che hanno ostacolato la piena realizzazione del quadro disegnato dalla legge 42/2009 derivano dalla perdurante assenza di una chiara individuazione dei LEP nelle funzioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

 

Merita ricordare, tuttavia, che la legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178/2020), nell’incrementare la dotazione del Fondo di solidarietà comunale (FSC) per finanziare lo sviluppo dei servizi sociali comunali e il numero di posti disponibili negli asili nido, con particolare attenzione ai comuni nei quali i predetti servizi denotano maggiori carenze, ha integrato i criteri e le modalità di riparto delle quote incrementali del FSC per servizi sociali e asili nido. Per garantire che le risorse aggiuntive si traducano in un incremento effettivo dei servizi, la legge ha previsto l’attivazione di un meccanismo di monitoraggio basato sull’identificazione di obiettivi di servizio (art. 1, commi 791-794, legge n. 178/2020). Per la prima volta dall’introduzione dei fabbisogni standard è stato superato il vincolo della spesa storica complessiva della funzione Sociale, stanziando risorse aggiuntive vincolate al raggiungimento degli obiettivi di servizio, e compiendo, in questo modo, un passo in avanti nel percorso di avvicinamento ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP).

 

Il DDL di bilancio 2022 in esame integra ulteriormente le norme in esame. In particolare l’articolo 44 individua i LEP con riferimento ai servizi educativi per l’infanzia (asili nido); l’articolo 45 destina una quota del Fondo di solidarietà comunale al trasporto scolastico di studenti disabili sulla base dei costi standard e di obiettivi di servizio, fino alla definizione dei LEP; l’articolo 171 aggiorna la dotazione aggiuntiva del Fondo di solidarietà comunale destinata al finanziamento e allo sviluppo dei Servizi sociali comunali.

 


Articolo 180
(Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane)

 

 

L’articolo 180 istituisce il Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane, con una dotazione di 100 milioni per il 2022 e 200 milioni a decorrere dal 2023, al fine di promuovere e realizzare interventi per la salvaguardia e la valorizzazione della montagna, nonché misure di sostegno in favore dei Comuni totalmente e parzialmente montani.

 

L’articolo 180 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze il «Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane», con una dotazione di 100 milioni per il 2022 e 200 milioni a decorrere dal 2023. Le risorse del Fondo verranno trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie.

Lo scopo del Fondo è quello di promuovere e realizzare interventi per la salvaguardia e la valorizzazione della montagna, nonché misure di sostegno in favore dei comuni totalmente e parzialmente montani delle Regioni e delle Province autonome (comma 1).

A tal fine, il Fondo provvede a finanziare:

a)   interventi per la tutela e la promozione delle risorse ambientali dei territori montani;

b)   interventi che diffondano e valorizzino, anche attraverso opportune sinergie, le migliori iniziative in materia di tutela e valorizzazione delle qualità ambientali e delle potenzialità endogene proprie dell'habitat montano;

c)   attività di informazione e di comunicazione sui temi della montagna;

d)   interventi di carattere socio-economico a favore delle popolazioni residenti nelle aree montane;

e)   progetti finalizzati alla salvaguardia dell’ambiente e dello sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali;

f)    iniziative volte a ridurre i fenomeni di spopolamento.

 

Riguardo alla definizione di “comuni totalmente e parzialmente montani”, cui sono destinati gli interventi dell’istituendo Fondo, si segnala che manca una definizione normativa che identifichi con chiarezza i comuni montani e quelli parzialmente montani.

 

Allo stato attuale, i comuni montani e quelli parzialmente montani potrebbero essere individuati da un elenco elaborato dall’ISTAT, conseguente ad una disposizione contenuta all’articolo 1 della legge 25 luglio 1952, n. 991 - ora abrogata - recante “Provvedimenti in favore dei territori montani”, con cui venivano definiti "montani" i comuni posti per almeno l'80 per cento della loro superficie al di sopra dei 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e quella superiore del territorio comunale non risultasse minore di 600 metri, e nei quali il reddito imponibile medio per ettaro non superasse le 2.400 lire (in base ai prezzi del 1937-1939). L’individuazione dei comuni montani fu attribuita alla Commissione censuaria centrale, istituita presso il Ministero delle Finanze, attraverso la compilazione di un elenco nel quale, d'ufficio o su richiesta dei comuni interessati, venivano inclusi i terreni montani. Per “comuni parzialmente montani” venivano considerati quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e quella superiore del territorio comunale non fosse minore di 600 metri.

L’articolo 1 della legge n. 991 del 1952 è stato abrogato dall’articolo 29 della legge n. 142 del 1990, che ha riservato alle singole Regioni il compito di disciplinare, con legge regionale, le Comunità montane, quali enti locali formati da comuni montani e parzialmente montani.

Da ultimo, l’articolo 1, comma 319, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228 del 2012) che ha istituito il “Fondo nazionale integrativo per i comuni montani”, ha individuato come destinatari del Fondo i comuni che siano classificati interamente montani ai sensi dell’elenco dei comuni italiani predisposto dall’ISTAT.

I comuni totalmente montani, secondo l’elenco ISTAT, sono 3.471 (43,4% del totale) ed ospitano 8.863.185 abitanti (14,6% della popolazione totale) su una superficie di 147.531 kmq (48,8% del territorio nazionale)[118].

 

Il comma 2 prevede che il Ministro per gli affari regionali e le autonomie si possa avvalere del Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane per finanziare ulteriori iniziative volte a sostenere, a realizzare e a promuovere politiche a favore della montagna.

 

Il comma 3 prevede che le risorse del Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane siano destinate sia ad interventi di competenza statale, che di competenza regionale, stabilendo che:

§  per la quota destinata agli interventi di competenza statale e al finanziamento delle campagne istituzionali sui temi della montagna (peraltro non specificata), si provvede con decreto del Ministro per gli affari regionali e le autonomie;

§  per la quota destinata agli interventi di competenza delle Regioni e degli enti locali (anch’essa non specificata), si provvede con decreto del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa con la Conferenza unificata.

 

Dalla formulazione del testo sembrerebbe che, almeno per la quota destinata agli interventi di competenza delle Regioni e degli enti locali, possano essere destinatarie della ripartizione anche le Province autonome di Trento e di Bolzano, oggi escluse dalla ripartizione di fondi statali, superando, di fatto, quanto disposto dall’art. 2, co. 109, della legge n. 191 del 2009[119] (che ha disposto l’abrogazione della disposizione – ex art. 5, legge n. 386/1989 - che consentiva la partecipazione delle Province autonome alla ripartizione di fondi speciali).

 

Il comma 4 stabilisce che nel Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane, istituito presso il MEF dal comma 1, confluiscono le risorse del Fondo nazionale per la montagna (previsto dall’articolo 2 della legge n. 97 del 1994) e del Fondo integrativo per i comuni montani (previsto dall’articolo 1, commi 319-321, della legge n. 228 del 2012 – legge di stabilità 2013).

Nel disegno di legge di bilancio per il 2022 – Sezione II – nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, le risorse dei due citati fondi vengono pertanto trasferiti al nuovo Fondo, con conseguente azzeramento della loro dotazione.

La dotazione complessiva del nuovo “Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane” – iscritto al cap. 2608 del MEF - viene dunque ad essere così determinata in bilancio:

 

Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane (cap. 2068/MEF)

2022

2023

2024

Stanziamento autorizzato dall’art. 180, comma 1, in esame

100,0

200,0

200,0

Fondo nazionale per la montagna (cap. 7469/MEF)

20,0

-

-

Fondo integrativo per i comuni montani (cap. 2126/MEF)

9,5

9,5

9,5

TOTALE Fondo (cap. 2068)

129,5

209,5

209,5

 

Si valuti l’opportunità di chiarire se il fatto di far confluire le risorse del Fondo nazionale per la montagna e del Fondo integrativo per i comuni montani nel nuovo Fondo per le montagne italiane intenda far venir meno la disciplina sottostante i due precedenti Fondi, le cui risorse vengono oggi ripartite sulla base di criteri e modalità specificamente previsti dalle norme istitutive.

Se così fosse, si valuti l’opportunità di disporre formalmente, oltre al trasferimento di risorse, anche l’abrogazione di tali norme.

 

 

Il Fondo nazionale per la montagna è stato istituito dall’articolo 2 della legge n. 97 del 1994, ed è iscritto nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7469). Le risorse vengono poi trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio – Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie (cap. 932), in quanto competente in materia di montagna.

Le risorse erogate dal Fondo hanno carattere aggiuntivo rispetto ad ogni altro trasferimento ordinario o speciale dello Stato a favore degli enti locali. Esse sono ripartite fra le Regioni secondo criteri stabiliti con deliberazione del CIPE.

Per quanto concerne i criteri di ripartizione, l’ultima delibera del CIPESS (delibera n. 53 del 27 luglio 2021) ha confermato i criteri di ripartizione già stabiliti con le precedenti delibere: estensione del territorio montano; popolazione residente nelle aree montane; salvaguardia dell'ambiente e dello sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali; reddito medio pro-capite; livello dei servizi; entità dei trasferimenti finanziari ordinari e speciali.

La dotazione del Fondo per la montagna è stata costantemente ridotta nel corso degli anni: dai circa 67 milioni di euro del 1999 (129,6 miliardi di lire) è passata a 58 milioni nel 2002, per poi scendere a 45 milioni nel 2006 e quindi a 41,8 nel 2010 (queste ultime ripartite con la delibera CIPE n. 10 del 2013).

Negli anni dal 2011 al 2015 il Fondo per la montagna non ha avuto risorse disponibili; solo con l’articolo 1, comma 761, della legge n. 208/2015 (legge di stabilità per il 2016) è stato disposto un rifinanziamento nella misura di 5 milioni per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, e successivamente dall’articolo 1, comma 970, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018) per un importo di 10 milioni per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021.

Con la delibera n. 66 del 2019 è stato approvato il piano di riparto tra le regioni della somma complessiva di 21.701.376 euro, relativo alle annualità 2016, 2017, 2018 e 2019.

Da ultimo, il CIPESS, con la delibera n. 53 del 27 luglio 2021 ha disposto il riparto del Fondo nazionale per la montagna (annualità 2020 e 2021) per un importo totale pari a circa 28,1 milioni.

Le Province autonome di Trento e Bolzano non beneficiano della ripartizione delle risorse del Fondo ai sensi di quanto stabilito dall’art. 2, comma 109, della legge n. 191 del 2009 sull’abrogazione delle disposizioni (art. 5, legge n. 386/1989) che prevedevano la partecipazione delle Province autonome alla ripartizione di fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.

Nel bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri la dotazione per il 2021 del cap. 932 è indicata in 19.748.399 euro.

 

 

L'articolo 1, commi 319-321, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), ha istituito il Fondo nazionale integrativo per i comuni montani, con una dotazione di 1 milione di euro per l'anno 2013 e 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014, da destinare al finanziamento dei progetti di sviluppo socioeconomico per comuni classificati interamente montani (di cui all'elenco predisposto dall'Istituto nazionale di statistica - ISTAT).

All'individuazione dei progetti si provvede, entro il 30 marzo di ciascun anno, con decreto del Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Lo schema del decreto è trasmesso alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, da esprimere entro trenta giorni dalla trasmissione.

I soggetti destinatari del Fondo, le modalità di individuazione dei criteri di valutazione, la procedura per la formazione del decreto di riparto dei fondi, le modalità di presentazione delle domande di finanziamento, di liquidazione dei fondi e di modifica e monitoraggio dei progetti sono stati definiti dal decreto del Ministro per gli affari regionali e le autonomie del 16 gennaio 2014.

Dopo che la Conferenza Unificata aveva espresso l’intesa sulla griglia di criteri di valutazione dei progetti e sui tetti di spesa da utilizzare per la formazione delle graduatorie contenuti nel bando riferito alle annualità 2018, 2019 e residui 2014-2017, è stato emanato il decreto 7 dicembre 2020 di approvazione delle graduatorie dei progetti presentati dai comuni montani, predisposte dalle regioni.

A seguito del ricorso di alcuni comuni esclusi, le Regioni interessate hanno provveduto ad una revisione delle graduatorie ed è stato quindi emanato il decreto 14 aprile 2021 (sostitutivo di quello del 7 dicembre 2020), con cui si provvede alla approvazione delle graduatorie finali per ciascuna regione.

Si ricorda che le Province autonome di Trento e Bolzano non partecipano alla ripartizione del Fondo, essendo state escluse (a decorrere dal 2010) dalla ripartizione di finanziamenti statali (art. 2, co. 109, della legge n. 191 del 2009).

Il decreto ministeriale 14 aprile 2021 non dispone l’impegno al finanziamento dei progetti in quanto il comma 320 della legge n. 228 del 2012, ai fini dell’assegnazione delle risorse, prevede un apposito decreto ministeriale, previa intesa in sede di Conferenza unificata e parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.

Le risorse del Fondo integrativo per i comuni montani sono allocate sul capitolo 2126 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze e poi trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio – Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie (cap. 434).

Nel bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri la dotazione per il 2021 del capitolo 434 è indicata in 9.506.475 euro.


Articolo 181
(Rinegoziazione anticipazioni di liquidità Enti territoriali)

 

 

L'articolo 181 consente alle regioni e agli enti locali di rinegoziare le anticipazioni di liquidità concesse dal Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) per il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili, che abbiano un tasso di interesse pari o superiore al 3% (comma 1). Per tale finalità, si prevede che il MEF e Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (CDP) stipulino un atto aggiuntivo all'addendum di cui all'articolo 1, comma 11, del decreto-legge n. 35 del 2013 finalizzato a disciplinare la gestione delle operazioni di rinegoziazione delle anticipazioni di liquidità concesse agli enti locali (comma 2). Il comma 3 stabilisce i tempi di trasmissione delle richieste di rinegoziazione in favore degli enti locali, mentre il comma 4 autorizza, per il 2022, la spesa complessiva di 300.000 euro per le attività affidate a CDP. Il comma 5 stabilisce i tempi di trasmissione delle richieste di rinegoziazione in favore delle regioni. Il comma 6 precisa che gli atti modificativi, mediante i quali sono perfezionate le operazioni di rinegoziazione con le regioni e gli enti locali, non costituiscono novazione dei contratti originari di concessione delle anticipazioni di liquidità. Il comma 7 modifica la disciplina della Gestione Commissariale Piemonte istituita per la gestione delle anticipazioni di liquidità assegnate alla regione Piemonte.

 

In particolare, il comma 1 consente alle regioni e agli enti locali che hanno contratto con il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) anticipazioni di liquidità ad un tasso di interesse pari o superiore al 3 per cento, per il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili, ai sensi degli articoli 1, 2 e 3 del decreto-legge n. 35 del 2013,  convertito,  con  modificazioni, dalla legge n. 64 del 2013, e dell’articolo 13 del decreto-legge n. 102 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 124 del 2013, di richiedere che i relativi piani di ammortamento siano rinegoziati.

 

Si rammenta che il decreto-legge n. 35 del 2013 ha inteso affrontare il problema dei pagamenti dei debiti delle amministrazioni pubbliche (sia centrali che locali) maturati alla data del 31 dicembre 2012, nei confronti di imprese, cooperative e professionisti, mettendo a disposizione risorse finanziarie per un importo complessivo di circa 40 miliardi di euro (poi aumentato di ulteriori 7,2 miliardi dal decreto-legge n. 102 del 2013), da erogare negli anni 2013-2014, accordando priorità ai crediti che le imprese non hanno ceduto pro-soluto al sistema creditizio.

Per quanto concerne le amministrazioni centrali, gli interventi si sono concretizzati nella concessione per il 2013 di risorse per il pagamento dei debiti commerciali "fuori bilancio" delle amministrazioni statali, con il rifinanziamento di 500 milioni di euro per il 2013 dell'apposito fondo per il pagamento dei debiti pregressi delle amministrazioni centrali, e nell'incremento dei rimborsi fiscali nell'anno 2013.

Per quanto riguarda le amministrazioni territoriali, le misure si sono concretizzate:

·         nella concessione, per l'anno 2013, di spazi di disponibilità finanziaria nell'ambito del Patto di stabilità interno a regioni ed enti locali che disponevano di liquidità non utilizzabile a causa delle regole del Patto stesso.

·         nella concessione, per l'anno 2013 e 2014, di risorse a titolo di anticipazioni di liquidità alle regioni e agli enti locale impossibilitati a saldare i propri debiti a causa di indisponibilità di risorse.

In particolare, per gli enti locali e le regioni e per gli enti sanitari locali, è stata prevista l'istituzione nel bilancio dello Stato di un apposito Fondo - denominato "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili" -  con obbligo di restituzione, in un arco temporale certo e sostenibile, finalizzato ad assicurare anticipazioni di liquidità agli enti che non possono far fronte, con disponibilità proprie, al pagamento dei debiti, sia di parte corrente che in conto capitale, maturati alla data del 31 dicembre 2012.

Il Fondo è stato distinto in tre sezioni: "Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali", gestita da Cassa depositi e prestiti, "Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari", "Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale". Tali ultime due sezioni sono gestite direttamente dal MEF.

Il "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili" - inizialmente dotato, dall'art. 1, co. 10, del D.L. n. 35/2013, di 9,3 miliardi di euro nel 2013 e 14,5 miliardi nel 2014 - è stato poi rideterminato, dall'articolo 13, commi 1, del D.L. n. 102/2013, in complessivi 16,5 miliardi per il 2013 e in 7,3 miliardi per il 2014, al fine di rendere disponibili subito più risorse nell'anno 2013 rispetto al 2014.

Il medesimo D.L. n. 102 ha altresì disposto un incremento delle risorse per il 2014, di ulteriori 7,2 miliardi di euro, finalizzati a far fronte ad ulteriori pagamenti da parte delle regioni e degli enti locali di debiti maturati alla data del 31 dicembre 2012 rispetto a quelli soddisfatti con il D.L. n. 35/2013. Il riparto di tali ulteriori risorse tra le tre Sezioni del Fondo è avvenuto con D.M. 10 febbraio 2014, nei seguenti importi: 2 miliardi alla Sezione enti locali, 3,6 miliardi alla Sezione destinata ai debiti non sanitari di Regioni e province autonome e 1,6 miliardi alla Sezione debiti sanitari di Regioni e province autonome.

Successivamente il decreto-legge n. 66 del 2014 ha incrementato (articolo 32) la dotazione del Fondo per il pagamento dei debiti sopradetto di 6 miliardi di euro nel 2014, cui si è aggiunto (articolo 31) uno stanziamento di 2 miliardi di euro per il 2014 in favore  della Sezione del Fondo relativa agli enti locali, con vincolo di destinazione di tale importo ai debiti degli enti medesimi nei confronti delle società partecipate. Lo stanziamento di 6 miliardi è stato ripartito tra le tre Sezioni del Fondo con D.M. 15 luglio 2014.

Le risorse complessive del Fondo stanziate dai DD.LL. n. 35 e 102 del 2013  e n. 66 del 2014, comprensive  dei 2 miliardi di cui all'articolo 31 del decreto-legge n.66 del 2014 (nonché dei 770 milioni stanziati dall'articolo 34 del medesimo decreto n.66) risultano così distribuite tra le tre Sezioni del Fondo:

(milioni di euro)                                   

 

2013

2014

Sezione debiti enti locali

3.411,0

7.189,0

Sezione debiti regioni e province autonome diversi da quelli finanziari e sanitari

5.630,4

6.425,6

Sezione debiti Servizio Sanitario Nazionale

7.505,2

9.683,4

TOTALE

16.546,6

23.298

Oltre alle risorse del Fondo - su cui è intervenuta una specifica analisi da parte della Corte dei conti, e agli spazi finanziari concessi sul patto di stabilità interno, sono stati previsti ulteriori interventi anch'essi finalizzati ad aumentare la liquidità delle pubbliche amministrazioni, quali l'incremento delle erogazioni dello Stato per i rimborsi di imposta per 2,5 miliardi nel 2013 e 4 miliardi nel 2014, l'ampliamento del limite massimo al ricorso delle anticipazioni di tesoreria da parte degli enti locali da tre a cinque dodicesimi (rispetto alle entrate correnti accertate nel penultimo anno precedente) per l'anno 2013, e il rifinanziamento per il 2014 dell'incentivazione statale al patto di stabilità regionalizzato verticale incentivato, per un importo di 1.272 milioni di euro.

Considerando il totale dei due interventi, le risorse stanziate dal D.L. n. 35/2013 e dal D.L. n. 102/2013 per il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni maturati alla data del 31 dicembre 2012 per il biennio 2013-2014 ammontano ad oltre 47 miliardi.

Nello specifico, le risorse stanziate dal D.L. n. 35/2013 per il pagamento dei debiti della P.A. sono state pari a circa 40,2 miliardi di euro per il biennio 2013-2014, dei quali 20 miliardi nel 2013 e 19,8 miliardi per il 2014. Tali somme sono state poi rimodulate dal D.L. n. 102/2013 e rideterminate in 27,2 miliardi di euro per il 2013 e in 12,6 miliardi per il 2014. Il medesimo D.L. n. 102 ha inoltre incrementato le disponibilità per l'anno 2014 di ulteriori 7,2 miliardi di euro.

Tali risorse sono poi state incrementate di circa 9,3 miliardi dal decreto-legge n.66 del 2014 che, oltre agli otto miliardi sopra indicati ha altresì stanziato  per il pagamento dei debiti dei ministeri e di quelli sanitari circa 1,3 miliardi di euro. Complessivamente, dunque, lo Stato ha messo a disposizione per il pagamento dei debiti arretrati al 31 dicembre 2013 un importo prossimo ai 57 miliardi di euro.

Per ulteriori dettagli si rinvia al relativo tema di documentazione della Camera dei deputati.

 

La relazione tecnica chiarisce che attualmente le regioni e gli enti locali pagano tassi di interesse fissi, determinati al momento della concessione delle anticipazioni, corrispondenti ai rendimenti di mercato dei BTP a cinque anni rilevati al momento del perfezionamento delle anticipazioni medesime. Tali tassi presentano livelli mediamente molto più alti rispetto ai tassi correnti di mercato.

 

Il comma 1 fissa i seguenti termini e condizioni per la rinegoziazione:

a)      decorrenza della modifica dei piani di ammortamento dal 1° gennaio 2022 e rimborso in trenta anni mediante rate annuali costanti, ad eccezione della rata in scadenza nell’anno 2022 di cui al seguente punto c), comprensive di capitale ed interessi, ferme restando le date di pagamento previste nei contratti di anticipazione originari;

b)     tasso di interesse applicabile alla rinegoziazione, a decorrere dalla predetta data del 1° gennaio 2022, pari al rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro (BTP) con la durata finanziaria più vicina a quella dell’anticipazione di liquidità, come rilevato sulla piattaforma di negoziazione MTS (Mercato telematico dei titoli di Stato) sulla base della quotazione del quinto giorno lavorativo successivo alla pubblicazione della presente legge sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Il tasso di interesse viene determinato dal MEF - Dipartimento del Tesoro e pubblicato sul proprio sito internet;

c)      la rata in scadenza nel 2022 è calcolata, per la quota capitale, secondo il piano d’ammortamento modificato risultante dall’operazione di rinegoziazione. La relativa quota interessi è calcolata:

?        con riferimento al periodo intercorrente tra il giorno successivo alla data di pagamento della rata annuale in scadenza nel 2021 e il 31 dicembre 2021 incluso, sulla base del tasso di interesse stabilito nel piano di ammortamento vigente prima della rinegoziazione e,

?        con riferimento al periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2022 incluso e la data di pagamento della rata annuale in scadenza nel 2022 inclusa, sulla base del tasso di interesse di cui alla precedente lettera b).

d)     con riferimento alle anticipazioni concesse in favore delle regioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016, in relazione alle quali è prevista la sospensione fino al 2022 della quota capitale annuale, ai sensi dell'articolo 44, comma 4, del decreto-legge n. 189 del 2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 229 del 2016, i piani di ammortamento risultanti dall’operazione di rinegoziazione prevedono il pagamento nell’anno 2022 della sola quota interessi. La relativa quota capitale, come determinata ai sensi della precedente lettera a), è rimborsata in quote annuali di pari importo negli anni di ammortamento restanti, a decorrere dal 2023. Qualora l’importo della quota interessi in scadenza nel 2022, risultante dal piano di ammortamento derivante dalla rinegoziazione, sia maggiore di quello della quota interessi risultante dal piano di ammortamento antecedente la rinegoziazione, la regione versa quest’ultima quota interessi.

 

Il comma 2 stabilisce che, con riferimento alle operazioni di rinegoziazione delle anticipazioni di liquidità concesse in favore degli enti locali, al fine di garantire la gestione della relativa operatività, il MEF stipula con la Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP), entro 30 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, un atto aggiuntivo all’addendum di cui all’art. 1, comma 11, del decreto-legge n. 35 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 64 del 2013. Nell'atto aggiuntivo all’addendum sono definiti, tra l'altro, criteri e modalità per il perfezionamento delle predette operazioni di rinegoziazione, da effettuarsi secondo un contratto tipo, approvato con decreto del Direttore generale del Tesoro e pubblicato sui siti internet del Ministero dell'economia e delle finanze e della CDP. L'atto aggiuntivo all’addendum è pubblicato sui siti internet del Ministero dell'economia e delle finanze e della CDP.

 

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 1, comma 11, del citato decreto-legge n. 35 del 2013, ai fini dell'immediata operatività della "Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali", di cui al comma 10 del medesimo articolo, il MEF ha stipulato con la CDP un apposito addendum alla Convenzione del 23 dicembre 2009 trasferendo le disponibilità della predetta sezione su apposito conto corrente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato al MEF, su cui la CDP è autorizzata ad effettuare operazioni di prelevamento e versamento per le finalità di cui alla predetta Sezione. Il suddetto addendum definisce, tra l'altro, criteri e modalità per l'accesso da parte degli enti locali alle risorse della Sezione, secondo un contratto tipo approvato con decreto del direttore generale del Tesoro e pubblicato sui siti internet del MEF e della CDP, nonché i criteri e le modalità per lo svolgimento da parte di CDP della gestione della Sezione. L'addendum è pubblicato sui siti internet del MEF e della CDP.

 

Il comma 3 stabilisce i tempi di trasmissione delle richieste di rinegoziazione delle anticipazioni concesse in favore degli enti locali:  possono essere trasmesse, dagli enti locali medesimi alla CDP, nel periodo intercorrente tra il 14 febbraio 2022 e il 18 marzo 2022, secondo le modalità stabilite nell'atto aggiuntivo di cui al comma 2, previa deliberazione autorizzativa della Giunta, anche nel corso dell'esercizio provvisorio di cui all'articolo 163 del TUEL (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000), fermo restando l'obbligo di provvedere alle relative iscrizioni nel bilancio di previsione.  I contratti relativi alle operazioni di rinegoziazione sono perfezionati entro il 28 aprile 2022. Nel caso in cui il perfezionamento dell’operazione di rinegoziazione sia successivo alla data di pagamento della rata annuale in scadenza nel 2022 prevista dai contratti di anticipazione originari, gli enti locali devono corrispondere tale rata nella misura prevista dai contratti originari. L’importo pari alla differenza, positiva o negativa, tra la rata di ammortamento corrisposta e quella di cui al piano di ammortamento risultante dall’operazione di rinegoziazione, in scadenza nel medesimo anno, è regolato entro il 31 dicembre 2022 con le modalità previste nell’atto aggiuntivo di cui al comma 2.

 

Il comma 4 autorizza la spesa complessiva di 300.000 euro per l'anno 2022 per le attività svolte da CDP oggetto dell’atto aggiuntivo di cui al comma 2.

 

Il comma 5 stabilisce i tempi e le modalità delle richieste di negoziazione delle anticipazioni di liquidità stipulate dalle regioni con il MEF – Dipartimento del Tesoro-Direzione Seconda, prevedendo che le richieste di rinegoziazione potranno essere effettuate dalle regioni medesime mediante domanda a firma congiunta del presidente e del responsabile finanziario, da trasmettere entro il 31 gennaio 2022, anche nel corso dell'esercizio provvisorio di cui all'articolo 43 del decreto legislativo n. 118 del 2011, fermo restando l'obbligo di provvedere alle relative iscrizioni nel bilancio di previsione. Le operazioni di rinegoziazione sono perfezionate mediante la stipula, per ciascuna regione, di un unico atto modificativo dei contratti originari relativi alla concessione di una o più anticipazioni di liquidità, al quale sono allegati i nuovi piani di ammortamento relativi alle singole anticipazioni di liquidità concesse. Nel caso in cui la rata dell’anno 2022 abbia scadenza anteriore rispetto al perfezionamento dell’atto modificativo, le regioni che abbiano fatto domanda di rinegoziazione corrispondono la detta rata del 2022 sulla base del piano di ammortamento derivante dalla rinegoziazione medesima.

 

Il comma 6 precisa che gli atti modificativi mediante i quali sono perfezionate le operazioni di rinegoziazione di cui al comma 1 non costituiscono novazione dei contratti originari di concessione delle anticipazioni di liquidità.  Restano pertanto ferme, per quanto non espressamente modificato nei suddetti atti, tutti i termini e le condizioni previste nei medesimi contratti originari.

 

Il comma 7 reca una serie di modifiche alla disciplina della Gestione Commissariale Piemonte istituita dall'articolo 1, commi 452 e seguenti, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) per la gestione delle anticipazioni di liquidità assegnate alla regione Piemonte in considerazione dell'eccezionale situazione di squilibrio finanziario della regione medesima. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il presidente della regione Piemonte è stato nominato Commissario straordinario del Governo per il tempestivo pagamento dei debiti pregressi della regione.

In particolare la norma in esame prevede:

a)      il mantenimento in bilancio della regione Piemonte (nel titolo primo della spesa) fino alla chiusura della gestione commissariale, anziché fino all'anno 2045, del fondo costituito dal comma 456 in considerazione degli effetti positivi sul proprio disavanzo, derivante dal trasferimento dei debiti alla gestione commissariale;

b)     La chiusura della gestione commissariale di cui al comma 452 è chiusa a decorrere dal 1 gennaio 2022 quando risultino pagati tutti i debiti della Regione Piemonte posti a suo carico ai sensi della lettera a) del comma 454. Alla chiusura della gestione commissariale la Regione Piemonte subentra nei rapporti passivi assunti dalla medesima nei confronti dello Stato, provvedendo direttamente al pagamento dei debiti relativi alle anticipazioni di liquidità, da contabilizzare nel rispetto dell'art. 1, commi 692 e seguenti (cioè iscrivendo, nel titolo di spesa riguardante il rimborso dei prestiti, un fondo anticipazione di liquidità, di importo pari alle anticipazioni di liquidità incassate nell'esercizio, non impegnabile e pagabile, destinato a confluire nel risultato di amministrazione, come quota accantonata), della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015).   Ai fini della chiusura della contabilità speciale di cui al comma 453:

1)     le risorse residue sulla contabilità speciale della gestione commissariale derivanti dall'applicazione del comma 456 e inerenti al contributo ivi disciplinato (contributo versato annualmente dalla Regione per il concorso agli oneri assunti dalla gestione commissariale) sono trasferite al bilancio della regione Piemonte;

2)     le eventuali ulteriori risorse che residuano rispetto a quelle di cui al punto precedente sono riversate d’ufficio ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. 

 


Titolo XIII - Pubblica amministrazione e lavoro pubblico

Articolo 182
(Disposizioni in materia di trattamento accessorio dei dipendenti pubblici)

 

 

L’articolo 182 prevede un incremento delle risorse per i trattamenti accessori dei dipendenti pubblici (ivi compresi i dirigenti) rispetto a quelle destinate alla medesima finalità nel 2021[120]. L'incremento è ammesso: per i dipendenti statali, nel limite di una spesa - al lordo degli oneri contributivi ai fini previdenziali a carico del datore di lavoro e dell’imposta regionale sulle attività produttive - corrispondente alla dotazione di un apposito fondo, pari a 200 milioni di euro annui, a decorrere dal 2022 (il fondo viene istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze); per i dipendenti delle altre pubbliche amministrazioni, a valere sui relativi bilanci. Per tutte le amministrazioni, l'incremento è determinato mediante l'individuazione di una percentuale rispetto al monte retributivo del 2018; per le amministrazioni non statali, si prevede l'applicazione della medesima percentuale individuata per quelle statali in base alle procedure di cui al presente articolo.

Tale percentuale, secondo le stime operate dalla relazione tecnica[121], è pari allo 0,22 per cento (rispetto al monte retributivo del 2018).

 

Si ricorda che, in base al limite generale finora vigente (di cui all'articolo 23, comma 2, del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75) e fatte salve le norme specifiche, l'ammontare annuo dei trattamenti accessori del personale, per ciascuna amministrazione e ivi compreso il personale dirigenziale, non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016[122].

Come detto, l'articolo 182 in esame fa riferimento, per le varie amministrazioni interessate, all'individuazione di una percentuale di incremento rispetto al monte retributivo del 2018 (delle medesime amministrazioni).

Gli incrementi dei trattamenti sono stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale relativa al triennio 2019-2021 ovvero, per il personale non rientrante nell'ambito di contratti collettivi[123], dai provvedimenti di determinazione o autorizzazione dei trattamenti retributivi. Riguardo alle amministrazioni diverse da quelle statali, la norma in esame prevede che l'incremento trovi applicazione secondo gli indirizzi stabiliti dai rispettivi comitati di settore[124] (comitati competenti per la definizione di indirizzi all'ARAN per la stipulazione dei relativi contratti collettivi nazionali); in ogni caso, l'incremento è operato secondo la medesima percentuale e secondo i medesimi criteri definiti per il personale statale. Riguardo ai limiti di spesa derivanti dall'incremento e alla copertura della medesima spesa nonché riguardo al valore della suddetta percentuale stimato dalla relazione tecnica, cfr. supra.

Si ricorda altresì che l'articolo 3, comma 2, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113 - richiamato dal presente articolo 182 - ha formulato una disposizione di natura programmatica, prevedendo che con successivi interventi normativi si individuino le risorse in base alle quali i contratti collettivi nazionali di lavoro definiscano i criteri e le modalità di superamento del limite della spesa annua destinata ai trattamenti accessori del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna amministrazione pubblica.

 


Articolo 183
(Fondo per assunzioni di personale a tempo indeterminato da parte di pubbliche amministrazioni nazionali)

 

 

L’articolo 183 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo per assunzioni di personale a tempo indeterminato - in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente - da parte di pubbliche amministrazioni nazionali. Il Fondo ha una dotazione di 100 milioni di euro per il 2022, 200 milioni per il 2023 e 250 milioni annui a decorrere dal 2024.

 

Il Fondo può essere impiegato per le assunzioni in oggetto da parte delle amministrazioni statali, degli enti pubblici non economici nazionali e delle agenzie[125].

Le risorse del Fondo sono ripartite, sulla base delle specifiche richieste pervenute dalle amministrazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Si ricorda che, in base alle facoltà assunzionali a legislazione vigente - rispetto alle quali il Fondo in esame consente ulteriori assunzioni -, le suddette amministrazioni possono procedere ogni anno ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 100 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente[126]; ai Corpi di polizia, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al comparto della scuola e alle università si applica la normativa di settore.

 

 

 

 

 


Articolo 184
(Misure in materia di applicazione dei rinnovi contrattuali)

 

 

L’articolo 184 determina per il triennio 2022-2024 gli oneri a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva nazional, nonché per i miglioramenti economici del personale statale in regime di diritto pubblico quantificati in 310 milioni di euro per l'anno 2022 e 500 milioni di euro a decorrere dal 2023 (comma 1).

Per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale e per il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale i predetti oneri per i rinnovi contrattuali per il triennio 2022-2024 sono posti a carico dei bilanci delle amministrazioni stesse (commi 2 e 3).

 

In particolare, al comma 1, la disposizione precisa che i predetti importi, quantificati ai sensi dell’art. 48, comma 1, d.lgs 165/2001, nelle more della definizione dei contratti collettivi nazionali di lavoro e dei provvedimenti negoziali relativi al personale in regime di diritto pubblico, riguardano l'anticipazione dell'indennità di vacanza contrattuale e i relativi effetti indotti. La misura percentuale di detta indennità rispetto agli stipendi tabellari, è pari, allo 0,3 per cento dal 1° aprile 2022 al 30 giugno 2022 e dello 0,5 per cento a decorrere dal 1° luglio 2022.

L’anticipazione è prevista dall’art. 47-bis, comma 2, del medesimo d. lgs., in base al quale, a decorrere dal mese di aprile dell'anno successivo alla scadenza del contratto collettivo nazionale di lavoro, qualora lo stesso non sia ancora stato rinnovato, è riconosciuta ai dipendenti dei rispettivi comparti di contrattazione, nella misura e con le modalità stabilite dai contratti nazionali, e comunque entro i limiti previsti dalla legge finanziaria in sede di definizione delle risorse contrattuali, una copertura economica che costituisce un'anticipazione dei benefici complessivi che saranno attribuiti all'atto del rinnovo contrattuale.

 

 


Articolo 185
(Risorse finanziarie per la definizione da parte dei contratti collettivi dei nuovi ordinamenti professionali dei dipendenti pubblici)

 

 

L’articolo 185 concerne le risorse finanziarie per la definizione, da parte dei contratti collettivi nazionali per il triennio 2019-2021, dei nuovi ordinamenti professionali del personale non dirigente delle amministrazioni pubbliche[127]. In tale ambito, per le amministrazioni statali, si stanziano 200 milioni di euro annui, a decorrere dal 2022, al lordo degli oneri contributivi ai fini previdenziali a carico del datore di lavoro e dell’imposta regionale sulle attività produttive, ai fini della definizione di un incremento dei trattamenti retributivi in oggetto, nel limite di una spesa complessiva pari allo 0,33 per cento del monte retributivo del 2018. Per le altre amministrazioni pubbliche, si prevede l'applicazione della medesima percentuale (sul monte retributivo del 2018 ad esse relativo), a valere sui rispettivi bilanci.

 

Riguardo all'ambito dei dipendenti interessati, la norma fa in particolare riferimento alla recente novella che ha previsto, nelle pubbliche amministrazioni, un’ulteriore area funzionale, ai fini dell’inquadramento del personale (non dirigenziale) di elevata qualificazione, e che ha demandato l’istituzione della stessa area alla contrattazione collettiva[128].

Il suddetto stanziamento annuo di 200 milioni è posto ad integrazione delle risorse già previste, per le amministrazioni statali, per il contratto collettivo nazionale per il triennio 2019-2021[129].

Riguardo alle amministrazioni diverse da quelle statali, la norma in esame prevede che il suddetto incremento massimo percentuale trovi applicazione secondo gli indirizzi stabiliti dai rispettivi comitati di settore[130] (comitati competenti per la definizione di indirizzi all'ARAN per la stipulazione dei relativi contratti collettivi nazionali).  

 

 

 

 

 

 


Articolo 186
(Fondo per la formazione dei dipendenti pubblici)

 

 

L’articolo 186 istituisce un fondo per la formazione dei dipendenti pubblici, con una dotazione di 50 milioni di euro annui, a decorrere dal 2022; il fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, ai fini del successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Per le finalità della formazione in oggetto, si fa riferimento a quella amministrativa generale, nonché ai profili digitali ed ecologici.

 

Si valuti l'opportunità di chiarire se i profili ecologici attengano al funzionamento delle strutture amministrative o ai settori di intervento delle attività amministrative medesime.


Articolo 187
(Incremento del ruolo organico della magistratura)

 

 

L’articolo 187 dispone un incremento del ruolo organico della magistratura, autorizzando nel contempo il Ministero a bandire nel 2022 le necessarie procedure concorsuali per l'assunzione di 82 magistrati ordinari.

 

 

L'articolo 187, comma 1, aumenta di 82 unità il ruolo organico del personale della magistratura ordinaria. Tale incremento, precisa la disposizione, è finalizzato ad adeguare l’organico della magistratura ordinaria alle sempre più gravose attività connesse alla protezione internazionale, alla sorveglianza per l’esecuzione delle pene nonché alle funzioni di legittimità in ragione delle competenze relative alla Procura europea.

 

Si ricorda, infatti, che con il decreto legislativo n. 9 del 2021, il Governo ha adeguato la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea «EPPO». In particolare, il provvedimento ha armonizzato il diritto interno con il nuovo ufficio inquirente europeo, ha delineato le nuove figure istituzionali e le relative competenze, i rapporti con le autorità inquirenti nazionali nonché gli aspetti procedimentali della cooperazione, individuando nel CSM l’autorità competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo e di procuratore europeo delegato e dettando la disciplina relativa al procedimento di designazione; parallelamente, il d.lgs. ha individuato nel Ministro della giustizia l'autorità competente a concludere con il procuratore capo europeo l'accordo volto a individuare il numero dei procuratori europei delegati, nonché la ripartizione funzionale e territoriale delle competenze tra gli stessi.  Il provvedimento, inoltre, ha attribuito ai procuratori europei delegati le funzioni e i poteri spettanti ai pubblici ministeri nazionali in relazione alle indagini di competenza della Procura europea, sottraendoli alle direttive dei procuratori della Repubblica e alla vigilanza del procuratore generale presso la corte d'appello. In attuazione del d.lgs. n. 9 del 2021, con uno scambio di lettere tra la Ministra della giustizia e il Procuratore Europeo è stato concluso l'accordo sul funzionamento della Procura Europea, che potrà svolgere le sue funzioni con 20 procuratori delegati distribuiti in nove uffici territoriali (Roma, Milano, Napoli, Bologna, Palermo, Venezia, Torino, Bari e Catanzaro). I procuratori sono stati nominati con decreto del 15 aprile 2021. Il 1 giugno 2021 la Procura Europea ha iniziato la propria attività.

 

 

Il Ministero della Giustizia è quindi autorizzato a bandire nel corso dell'anno 2022 le procedure concorsuali di reclutamento finalizzate all'assunzione, nell'anno 2023, di 82 magistrati ordinari.

 

Conseguentemente la tabella B allegata alla legge 5 marzo 1991, n. 71, da ultimo modificata dall'articolo 24, comma 1, del decreto legge 24 agosto 2021, n. 118 , recante le dotazioni organiche della magistratura ordinaria,  è sostituita dalla tabella B di cui all'Allegato 7 alla presente disegno di legge.

 

 

Normativa vigente

DDL

A. Magistrato con funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità: Primo presidente della Corte di cassazione

1

1

B. Magistrato con funzioni direttive apicali requirenti di legittimità: Procuratore generale presso la Corte di cassazione

1

1

C. Magistrati con funzioni direttive superiori di legittimità:

 

 

Presidente aggiunto della Corte di cassazione

1

1

Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione

1

1

Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche

1

1

D. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti direttive di legittimità

65

65

E. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di legittimità

440

442

F. Magistrato con funzioni direttive requirenti di coordinamento nazionale: Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo

1

1

G. Magistrati con funzioni direttive di merito di secondo grado, giudicanti e requirenti

52

52

H. Magistrati con funzioni direttive di merito di primo grado elevate, giudicanti e requirenti

53

53

I. Magistrati con funzioni direttive di merito giudicanti e requirenti di primo grado

314

314

L. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, di magistrato distrettuale, di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado, nonché magistrati destinati alle funzioni di procuratori europei delegati

9.641

9.721

M. Magistrati destinati a funzioni non giudiziarie

200

200

N. Magistrati ordinari in tirocinio

(nr pari a quello dei posti vacanti in organico

(nr pari a quello dei posti vacanti in organico

Totale

10.771

10.853

 

 

E' opportuno ricordare che, da ultimo, il comma 1 dell'articolo 24 del d.l. n. 118 del 2021 (conv. legge n. 147 del 2021) sostituendo la tabella allegata alla legge n. 71 del 1991, aveva aumentato di 20 unità il ruolo organico della magistratura ordinaria, al fine di garantire che l’attuazione della normativa europea relativa alla Procura europea (vedi supra) – in virtù della quale sono state attribuite a 20 magistrati le funzioni di procuratore europeo delegato - non privi di risorse di magistratura le procure della Repubblica.

 

Per l’attuazione dell’aumento del ruolo organico dei magistrati ordinari, il comma 2 autorizza la spesa nel limite di:

·        5.777.557 per l'anno 2023,

·        di euro 6.908.200 per l'anno 2024,

·        di euro 7.555.182 per l'anno 2025,

·        di euro 7.703.931 per l'anno 2026,

·        di euro 9.625.139 per l'anno 2027,

·        di euro 9.831.582 per l'anno 2028,

·        di euro 10.008.533 per l'anno 2029,

·        di euro 10.214.976 per l'anno 2030,

·        di euro 10.391.927 per l'anno 2031 e

·        di euro 10.598.370 a decorrere dall'anno 2032

 


Articolo 188
(Assunzione di magistrati ordinari vincitori di concorso)

 

 

L’articolo 188 prevede la possibilità per il Ministero della giustizia, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, di assumere nel 2022 i magistrati ordinari vincitori del concorso già bandito alla data di entrata in vigore della legge di bilancio in esame.

 

 

L'articolo 188 prevede la possibilità per il Ministero della giustizia, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, di assumere nel 2022 i magistrati ordinari vincitori del concorso già bandito alla data del 1° gennaio 2022 (data di entrata in vigore della legge di bilancio).

 

Si tratta, come precisa la relazione illustrativa, dei vincitori del concorso per 310 posti, bandito con D.M. 29 ottobre 2019, le cui prove scritte si sono svolte dal 12 al 16 luglio 2021 e del quale si prevede la conclusione entro il 2022.

 

E' autorizzata al contempo la relativa spesa, di cui stabilisce gli importi: 1.761.450 per l'anno 2022, di euro 12.636.951 per l'anno 2023, di euro 13.820.454 per l'anno 2024, di euro 14.092.556 per l'anno 2025, di euro 17.606.962 per l'anno 2026, di euro 17.984.601 per l'anno 2027, di euro 18.308.292 per l'anno 2028, di euro 18.685.931 per l'anno 2029, di euro 19.009.622 per l'anno 2030 e di euro 19.387.262 a decorrere dall’anno 2031.

 

 


Articolo 189
(Trattamenti accessori e istituti normativi per i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate)

 

 

L’articolo 189 reca un’autorizzazione di spesa pari a 10 milioni di euro per il 2022, destinati ad integrare le risorse per l’attuazione dell’articolo 46, commi 3 e 6 del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, in materia di trattamenti accessori e altri istituti normativi per i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate (comma 1).

 

La relazione illustrativa precisa, in particolare, che le richiamate risorse, sono destinate al personale dirigente della Polizia di Stato e di quello del Corpo di polizia penitenziaria (art. 46, comma 3, del di. n. 95/2017), nonché al personale dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento militare e a quello delle forze armate (art. 46, comma 6, del d.l. n. 95/2017).

 

L’articolo 46 del decreto legislativo n. 95 del 2017 ha disposto, per i dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento civile, l’istituzione di un’area negoziale, limitata agli istituti normativi in materia di rapporto di lavoro e ai

trattamenti accessori, nel rispetto del principio di sostanziale perequazione dei trattamenti dei dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate. Ha quindi previsto disposizioni volte ad assicurare la sostanziale perequazione dei trattamenti economici accessori e degli istituti normativi dei dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate con quelli dei dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento civile.

In particolare, si ricorda che il comma 3 dell'articolo 46 concerne l'accordo sindacale per il personale dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile (le materie oggetto delle procedure negoziali per il personale dirigente di cui al comma 1 sono: il trattamento accessorio: le misure per incentivare l'efficienza del servizio; il congedo ordinario, il congedo straordinario; l'aspettativa per motivi di salute e di famiglia; i permessi brevi per esigenze personali; le aspettative i distacchi e i permessi sindacali; il trattamento di missione e di trasferimento; i criteri di massima per la formazione e l'aggiornamento professionale; i criteri di massima per la gestione degli enti di assistenza del personale).

Il comma 6 dell'articolo 46 prevede che con D.P.C.M. possano essere estese al personale dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento militare e a quello delle Forze armate le disposizioni adottate in attuazione di quanto previsto dal comma 3, al fine di assicurare la sostanziale perequazione dei trattamenti economici accessori e degli istituti normativi dei dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate con quelli dei dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento civile.

 

Le risorse aggiuntive previste dalla disposizione in commento incrementano quelle da ultimo assegnate per le medesime finalità dall’articolo 20, comma 1, del decreto legge n. 162 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8 che ha autorizzato la spesa di 3 milioni di euro per il 2020, 5 milioni di euro per il 2021 e 8 milioni di euro annui, a decorrere dal 2022.

A sua volta il citato articolo 20 andava ad incrementare le risorse già assegnate, a decorrere dall’anno 2020, dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 marzo 2018, adottato ai sensi dell’articolo 1, comma 680, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e a loro volta incrementate dall’articolo 1, comma 442, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

 

La legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 680) ha infatti istituito un apposito fondo al fine di riconoscere la specificità della funzione e del ruolo del personale delle Forze armate, dei Corpi di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanze e Polizia penitenziaria) e del Corpo dei vigili del fuoco, destinando 50 milioni di euro per l'anno 2018, 100 milioni di euro per l'anno 2019 e 150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020, per le diverse finalità, tra le quali, l’attuazione del citato articolo 46.

La ripartizione delle risorse prevista è intervenuta con il d.P.C.m. del 21 marzo 2018, che così ha disposto:

 

2018

2019

dal 2020

FESI -Personale corpi di polizia

30.512.272

61.024.545

91.536.817

FESI -Personale Forze armate

12.923.143

25.846.286

38.769.429

Attuazione art. 46, D.Lgs. 95/2017

3.140.792

6.281.585

9.422.378

Fondo Rischio, Posizione e Risultato - Personale Dirigente VV.F.

138.328

276.653

414.981

Fondo produttività - Personale direttivo VV.F.

78.747

157.495

236.242

Fondo amm.ne- Personale non dirigente e non direttivo VV.F.

3.206.718

6.413.436

9.620.153

TOTALE LORDO AMM.NE

50.000.000

100.000.000

150.000.000

 

A decorrere dal 2019, le risorse per l'attuazione dell'articolo 46, commi 3 e 6 del decreto legislativo n. 95 del 2017 sono state incrementate dall’articolo 1, comma 442, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) di ulteriori 9,4 milioni, in modo da incrementare per il 2019 e per il 2020 l'importo sopra esposto per ciascuna Forza di polizia e per le Forze armate, secondo un incremento che deve corrispondere all'importo previsto per il 2020 per ciascuna appunto dal d.P.Cm. citato.

 

Le risorse aggiuntive sono distribuite a ciascuna Forza di polizia e alle Forze armate in misura proporzionale alla ripartizione operata dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, a decorrere dall’anno 2020.

 


Articolo 190
(Strade Sicure)

 

 

L’articolo 190 proroga dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023 l'impiego di un contingente di personale delle FFAA pari a 5.000 unità nel dispositivo Strade sicure.

L'articolo in esame interviene a novellare l'art. 1, comma 1023 della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio per il 2021) che aveva autorizzato un contingente pari a:

·        7.050 unità fino al 30 giugno 2021:

·        6.000 unità dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022;

·        5.000 unità dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022.

Resta intatto lo scopo di garantire la prosecuzione degli interventi delle Forze Armate nelle attività di vigilanza a siti e obiettivi sensibili (commi 74 e 75 dell’articolo 24 del D.L. n. 78 del 2009) anche in relazione alle straordinarie esigenze di prevenzione e di contrasto della criminalità e del terrorismo e di prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania (articolo 3, comma 2 del decreto-legge n. 136 del 2013).

 

Per quanto concerne la quantificazione degli oneri relativi all’impiego del richiamato contingente, viene novellato anche il comma 1024 recante l'autorizzazione di spesa, per modificarne l'importo relativo al 2022 e autorizzare la spesa per il 2023. Gli oneri per il 2022 diventano ora pari a 149.721.230 (in luogo dei 141.521.230 euro), e ad euro 137.070.683 per l’anno 2023, con specifica destinazione:

 

per l’anno 2022 di euro:

§  147.250.547   per il personale delle Forze Armate utilizzato nel piano di impiego operativo (comma 74 dell’articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2009);

§  2.470.683 per il personale delle Forze di Polizia che concorrono, unitamente alle Forze armate, nel controllo del territorio (comma 75 dell’articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2009.

 

Per l’anno 2023 di euro:

 

§  134.600.000 per il personale delle Forze Armate utilizzato nel piano di impiego operativo (comma 74 dell’articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2009);

§  2.470.683, per il personale delle Forze di Polizia che concorrono, unitamente alle Forze armate, nel controllo del territorio (comma 75 dell’articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2009.

 

Dalla relazione illustrativa si ricava che l'incremento degli oneri per il 2022 del contingente delle FFAA deriva dall'elevazione del monte ore pro-capite di straordinario del personale effettivamente impiegato nei servizi di vigilanza di siti ed obiettivi sensibili, che passa da 40 a 47 ore mensili, in analogia alla elevazione del tetto del compenso per lavoro straordinario da 40 ore mensili a 47 già recato dal D.L. n. 41/2021(cd. "decreto Sostegni"), art. 35, comma 8, lettera 0a), attraverso la modifica del citato articolo 1, comma 1024, della di bilancio per il 2021. Tale elevazione è volta a "gratificare il personale militare impiegato nelle attività di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, impegnato sempre più assiduamente oltre il normale orario di servizio e tenuto conto del particolare contesto in cui opera anche alla luce del periodo storico ed emergenziale in atto; a ridurre i giorni di assenza dai Reparti operativi per recuperi maturati, contribuendo ad elevare il livello di efficienza e di operatività dello strumento militare".

 

 

L'operazione "Strade sicure" rappresenta la più capillare e longeva operazione delle Forze armate, sul territorio nazionale, a fianco delle Forze dell'ordine, in funzione di contrasto alla criminalità e al terrorismo in numerose città italiane. L'operazione è svolta in massima parte dall'Esercito, con il contributo della Marina, dell'Aeronautica e dell'Arma dei Carabinieri, questi ultimi, in particolare, con funzioni di comando e controllo nelle sale operative.

Per l'Esercito rappresenta a tutt'oggi l'impegno più oneroso in termini di uomini, mezzi e materiali.

Il principale riferimento normativo in merito alle possibilità di impiego delle Forze armate in compiti di ordine pubblico è attualmente rappresentato dall'articolo 89 del Codice dell'ordinamento militare  (di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010) il quale include tra i compiti delle Forze Armate, oltre alla difesa della patria, il concorso alla "salvaguardia delle libere istituzioni" e lo svolgimento di  "compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza".

La possibilità di fare ricorso alle Forze armate per far fronte a talune gravi emergenze di ordine pubblico sul territorio nazionale è stata contemplata per la prima volta nel corso della XI legislatura (1992-1994, Cfr. operazione "Forza Paris" in Sardegna 15 luglio 1992).

 La legge di bilancio per l'anno 2020 (legge n. 160 del 2019) al comma 132 dell'articolo 1 della ha prorogato fino al 31 dicembre 2020 e limitatamente a 7.050 unità l'operatività del Piano di impiego concernente l'utilizzo di un contingente di personale militare appartenente alle Forze Armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia.

Scopo dell'intervento è quello di garantire la prosecuzione degli interventi delle Forze Armate nelle attività di vigilanza a siti e obiettivi sensibili (commi 74 e 75 dell'articolo 24 del D.L. n. 78 del 2009) anche in relazione alle straordinarie esigenze di prevenzione e di contrasto della criminalità e del terrorismo e di prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania (articolo 3, comma 2 del decreto-legge n. 136 del 2013).

Ulteriori 253 unità sono state autorizzate dal D.L. n. 18/2020, in considerazione dei maggiori compiti assegnati al personale militare nel fronteggiare la diffusione del virus Covid 19.Tale integrazione era operativa dal 17 marzo 2020 fino al 31 luglio 2020  (termine così prorogato dal D.L. 34/2020). Successivamente, il citato DL n. 34/2020 (c.d. Rilancio) con l'articolo 22 ha ulteriormente aumentato il contingente militare per Strade sicure di 500 unità. L'articolo 35 del D.L. n. 104/2020 ha poi previsto l'ulteriore proroga, fino al 15 ottobre 2020 (ulteriormente prorogato fino al 31 dicembre 2020 dall'articolo 1, comma 3, lettera b) del D.L. n. 125/2020, del contingente di 753 di unità di personale militare facente parte del dispositivo "Strade sicure", ed autorizzato, per l'anno 2020, l'ulteriore spesa. Durante l'esame parlamentare del decreto legge n. 34 del 2020  è stata introdotta un'ulteriore disposizione (articolo 44-ter) che, sempre nell'ambito dell'operazione "Strade Sicure" autorizza, per l'anno 2020, la spesa di 6,3 milioni di euro sempre per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del contingente di 7.050 unità delle Forze armate impiegato. Il  comma 2 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 125 del 2020 ha poi autorizzato per l'anno 2020 l'ulteriore spesa di euro 6.197.854 per il pagamento degli straordinari del contingente di 753 unità, prorogato fino a fine anno dal medesimo decreto.

La legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020 al comma 1023 dell'art. 1 ha prorogato nel dispositivo "Strade sicure" un contingente di personale delle Forze armate pari a:

7.050 unità fino al 30 giugno 2021:

6.000 unità dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022;

5.000 unità dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022.

La medesima legge di bilancio per il 2021, all'art. 1 co. 1025 - al fine di garantire e sostenere la prosecuzione, da parte delle Forze armate, dello svolgimento dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID-19 - ha altresì ulteriormente prorogato fino al 31 gennaio 2021 il contingente di 753 di unità di personale militare facente parte del citato dispositivo "Strade sicure". Tale termine è poi stato prorogato al 30 aprile 2021 dall'articolo 35, comma 8 del D.L. 41/2021, poi al 31 luglio 2021 dal D.L. 73/2021 poi al 31 ottobre 2021 dal D.L. 111/2021 (articolo 8), infine al 31 dicembre 2021 dal D.L. 146/2021, art. 15 comma 1. Inoltre il comma 2 del medesimo articolo ha incrementato di 400 unità il contingente per il potenziamento della sicurezza del Vertice G20.

 

Per quanto concerne le disposizioni di carattere ordinamentale applicabili al personale militare impiegato nelle richiamate attività:

1. il personale militare è posto a disposizione dei prefetti interessati;

2. il Piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell'interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari;

3. nel corso delle operazioni, i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza

Il Piano di impiego è stato adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, il 29 luglio 2008 ed è operativo dal 4 agosto 2008. Il Piano riguardava inizialmente un contingente massimo di 3.000 unità con una durata massima di sei mesi, rinnovabile per una sola volta. Il D.L. n. 151/2008 ha, successivamente, autorizzato, fino al 31 dicembre 2008, l'impiego di un ulteriore contingente massimo di 500 militari delle Forze Armate da destinare a quelle aree del Paese dove, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, risultava necessario assicurare un più efficace controllo del territorio. Il Piano è stato successivamente prorogato.

 

 

 


Titolo XIV - Disposizioni in materia di entrate

Articolo 191
(Modifiche alla disciplina della rivalutazione dei beni
e del riallineamento dei valori fiscali)

 

 

L’articolo 191 apporta modifiche alla disciplina della rivalutazione dei beni d’impresa contenuta nel decreto-legge n. 104 del 202 (cd. decreto Agosto).

In primo luogo, vengono fissati limiti alla deducibilità, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, del maggior valore attribuito in sede di rivalutazione alle attività immateriali d’impresa. Sono fissate le modalità di deduzione delle componenti negative derivanti al dalla cessione di tali beni a titolo oneroso, ovvero dalla loro estromissione. In deroga a tale introdotta disposizione, la deduzione può essere effettuata in misura maggiore, con versamento di un’imposta sostitutiva ad aliquota variabile (dal 12 al 16 per cento) secondo l’importo del valore risultante dalla rivalutazione.

In deroga alle norme dello Statuto del Contribuente che regolano l’efficacia delle leggi tributarie nel tempo, le norme introdotte hanno effetto a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione e il riallineamento sono eseguiti.

Si consente infine, alla luce delle modifiche introdotte, di revocare in tutto o in parte una già effettuata rivalutazione, con compensazione o rimborso delle somme versate a titolo di imposte sostitutive.

 

Più in dettaglio, il comma 1 apporta alcune modifiche alla disciplina della rivalutazione dei beni d’impresa contenuta nell’articolo 110 del decreto-legge n. 104 del 202 (cd. decreto Agosto), introducendovi i nuovi commi 8-ter e 8-quater.

 

Il cd. decreto Agosto (articolo 110 del n. 104 del 2020) ha consentito di rivalutare le attività risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

Il richiamato articolo, più in dettaglio, permette alle imprese assoggettate a IRES che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio di rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni risultanti (come detto) dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019, anche in deroga alle disposizioni del codice civile e alle norme speciali, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa (cd. immobili merce), mediante il pagamento di una imposta sostitutiva.

La norma si applica ai soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del TUIR: società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità? limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione, società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001, società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato; enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.

La rivalutazione avviene anche in deroga ai vincoli giuridici disposti dall'articolo 2426 del codice civile e da altre disposizioni normative. Tali vincoli sono posti al fine di evitare che gli amministratori perseguano comportamenti opportunistici, volti ad accrescere o ridurre il patrimonio aziendale rispetto al valore che risulterebbe dall'applicazione di principi di valutazione convenzionalmente accettati, utilizzati per conferire omogeneità alle determinazioni quantitative d'azienda. In generale, i beni destinati a partecipare per più esercizi all'attività produttiva (immobilizzazioni) devono essere iscritti in base al costo di acquisto o di produzione, e sistematicamente ammortizzati, per cui una quota del loro valore deve essere sottratta in ogni esercizio in relazione alla loro residua possibilità di utilizzazione.

 Il comma 2 dell'articolo 110 chiarisce che la rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, può essere effettuata distintamente per ciascun bene e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa.

Le imprese che hanno l'esercizio non coincidente con l'anno solare possono eseguire la rivalutazione nel bilancio o rendiconto relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2019 (ovvero l’esercizio relativo all’anno precedente), ove approvato successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del "decreto agosto" (14 ottobre 2020). Tale facoltà è concessa a condizione che i beni d'impresa e le partecipazioni che si intende rivalutare risultino dal bilancio dell'esercizio precedente.

La norma (comma 3 dell'art. 110) prevede poi che il saldo attivo della rivalutazione possa essere affrancato, in tutto o in parte, con l'applicazione in capo alla società di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento, da versare con le modalità indicate al successivo comma 6.

Ai sensi del comma 4, il maggior valore attribuito ai beni ed alle partecipazioni può essere riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP nella misura del 3 per cento per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili.

Il decreto-legge Sostegni (n. 41 del 2021) ha allungato i termini per effettuare la rivalutazione (introducendo un comma 4-bis nell’articolo 110) che può quindi avvenire anche nel bilancio relativo al secondo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2012, con esclusivo riferimento ai beni non rivalutati nel bilancio precedente e senza la possibilità di affrancamento del saldo attivo e di riconoscimento degli effetti a fini fiscali.

Il comma 5 disciplina il caso in cui i beni oggetto della rivalutazione siano oggetto di specifiche operazioni prima del riconoscimento giuridico degli effetti fiscali. La norma specifica che nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione al socio di destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione e? stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione.

Il comma 6 consente di versare le imposte sostitutive disciplinate dai commi 3 e 4 in un massimo di tre rate.

La prima rata ha scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita, e le altre con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi.

Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi delle disposizioni sul versamento unitario e compensazione recate dal decreto legislativo n. 241 del 1997 (articoli dal 17 al 23).

Il comma 7 dell'art. 110 stabilisce l'applicabilità, in quanto compatibili, di norme adottate con riferimento a esercizi precedenti in materia di rivalutazione: si tratta degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge n. 342 del 2000 e dei relativi decreti attuativi (decreti del Ministro delle finanze n. 162 del 2001, e del Ministro dell'economia e delle finanze n. 86 del 2001), nonché dei commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005). In particolare, il richiamo all'articolo 15 della legge n. 342 prevede l'applicabilità delle norme sulla rivalutazione, per i beni relativi alle attività commerciali esercitate, anche alle imprese individuali, alle società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, agli enti pubblici e privati che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale, residenti nel territorio dello Stato, nonché alle società e gli enti di ogni tipo non residenti nel territorio dello Stato.

Il comma 8 prevede che il riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti a bilancio, disposto dall'articolo 14, comma 1 della legge n. 342 del 2000 (cd. riallineamento), venga applicato anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002, anche con riferimento alle partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell’articolo 85, comma 3-bis, del TUIR. L’importo corrispondente ai maggiori valori oggetto di riallineamento, al netto dell’imposta sostitutiva di cui al già menzionato comma 4, e? vincolata una riserva in sospensione d’imposta ai fini fiscali che può essere affrancata versando l'imposta sostitutiva sul saldo attivo cumulativo della rivalutazione.

La legge di bilancio 2021 (comma 83 della legge n. 178 del 2020) ha esteso la possibilità di rivalutare i beni di impresa anche all’avviamento e alle altre attività immateriali risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019. Il maggior valore attribuito ai beni può essere riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP nella misura del 3 per cento per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili. Il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, con l'applicazione in capo alla società di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento.

 

Il comma 8-ter fissa alcuni limiti alla deducibilità, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, del maggior valore attribuito alle attività immateriali d’impresa in sede di rivalutazione e di riallineamento (ai sensi dei commi 4, 8 e 8-bis dell’articolo 110).

Più in dettaglio, per le attività immateriali le cui quote di ammortamento - ai sensi dell’articolo 103 del testo unico delle imposte sui redditi - sono deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del costo o del valore, la deduzione deve essere effettuata, in ogni caso, in misura non superiore, per ciascun periodo d’imposta, a un cinquantesimo di detto importo (in sostanza, in almeno 50 anni).

 

Sono fissate le modalità di deduzione delle componenti negative derivanti dalla cessione di tali beni a titolo oneroso, ovvero dalla loro estromissione; anche in tali ipotesi, le norme proposte specificano che il suddetto regime di deducibilità limitata non muta qualora il soggetto perda la disponibilità del bene riallineato o rivalutato, ovvero non presenti più in bilancio il costo relativo all'attività immateriale oggetto di riallineamento.

Nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci o di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore o, ancora, di eliminazione dal complesso produttivo di tali attività, l’eventuale minusvalenza è deducibile, fino a concorrenza del valore residuo del maggior valore di cui al primo periodo, in quote costanti per il residuo periodo di ammortamento, come determinato secondo i limiti così introdotti.

Per l’avente causa, invece, la quota di costo riferibile al residuo valore ammortizzabile del predetto maggior valore, al netto dell’eventuale minusvalenza dedotta dal dante causa, è ammessa in deduzione in quote costanti per il residuo periodo di ammortamento.

Come chiarito dal Governo nella Relazione illustrativa, in tali casi il regime si trasferisce sull'eventuale minusvalenza realizzata dal dante causa e/o sulla quota di costo riferibile al residuo valore ammortizzabile del maggior valore rivalutato/riallineato sostenuta dall'avente causa.

 

Ai sensi del successivo comma 8-quater, in deroga alle disposizioni contenute nel comma 8-ter, si consente di effettuare la deduzione del maggior valore imputato in misura non superiore, per ciascun periodo d’imposta, a un diciottesimo di detto importo, mediante il versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali, nella misura corrispondente a quella stabilita per l’ipotesi di conferimento d’azienda dall’articolo 176, comma 2-ter, del testo unico delle imposte sui redditi, e cioè con aliquota:

§  del 12 per cento sulla parte dei maggiori valori ricompresi nel limite di 5 milioni di euro;

§  del 14 per cento sulla parte dei maggiori valori che eccede 5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;

§  del 16 per cento sulla parte dei maggiori valori che eccede i 10 milioni di euro.

 

Tale imposta va applicata al netto dell’imposta sostitutiva al 3 per cento (determinata ai sensi del comma 4 dell’articolo 110) che si applica alla rivalutazione; il versamento va effettuato in un massimo di due rate di pari importo di cui la prima con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relativo al periodo d’imposta successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita e la seconda con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta successivo.

 

Il comma 2 chiarisce che, in deroga alle norme dello Statuto del Contribuente che regolano l’efficacia delle leggi tributarie nel tempo, le modifiche in esame hanno effetto a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione e il riallineamento sono eseguiti.

 

In sintesi, l’articolo 3 della legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente) prevede che le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono; in ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell'adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti. Infine, i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.

 

Il comma 3, alla luce delle norme introdotte, consente la revoca, anche parziale, dell’applicazione della disciplina fiscale della rivalutazione (di cui al richiamato articolo 110) ai soggetti che, alla data di entrata in vigore del presente articolo (1° gennaio 2022) hanno provveduto al versamento delle imposte sostitutive, secondo modalità e termini da adottarsi con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

La revoca costituisce titolo per il rimborso ovvero per l’utilizzo in compensazione in F24 (ai sensi dell’articolo 17 del Decreto legislativo del 9 luglio 1997 n. 241) dell’importo delle imposte sostitutive versate, secondo modalità e termini da adottarsi con il medesimo Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.


Articolo 192
(Disposizioni in materia di contributo unificato)

 

 

L’articolo 192 interviene sul TU spese di giustizia (D.P.R. n. 115 del 2002) per escludere, in caso di omesso o parziale pagamento del contributo unificato, l’iscrizione a ruolo delle cause civili, amministrative e tributarie.

 

 

Come ampiamente descritto dalla Relazione illustrativa, l’obbligo tributario del pagamento del contributo unificato di iscrizione a ruolo può essere assolto mediante apposizione di marca sull'atto di iscrizione a ruolo, annullata dalla cancelleria, ovvero con modalità telematiche.

Al momento dell'iscrizione a ruolo della causa, la parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l'assegnazione o la vendita dei beni pignorati, è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato e deve ottemperare al versamento entro 30 giorni dal deposito dell'atto in cancellaria. La parte o il proprio difensore deve recarsi in cancelleria per consegnare la ricevuta di versamento. La cancelleria quindi deve: verificare l'esistenza della dichiarazione della parte in ordine al valore della causa oggetto della domanda; verificare la ricevuta di versamento e se trattasi di marca da bollo annullarla; verificare se l'importo risultante dalla stessa è diverso dal corrispondente scaglione di valore della causa; verificare se nel processo viene introdotta una domanda idonea a modificare il valore della causa e conseguentemente aggiornare il fascicolo processuale.

Se la parte non ottempera al versamento del contributo unificato entro 30 giorni dal deposito dell'atto in cancellaria, quest'ultima provvede ad inviare il fascicolo all'ufficio recupero crediti per l'attivazione del recupero del contributo unificato ai sensi dell'articolo 248, comma 1, del TU. L'ufficio recupero crediti riceve dalla cancelleria civile il fascicolo relativo al recupero del contributo unificato e invia la nota di trasmissione ad Equitalia Giustizia.

Equitalia Giustizia attiva il procedimento di recupero che si articola in sei distinte fasi procedimentali: dalla registrazione della partita di credito alla notifica dell'invito al pagamento (art. 247 e ss. TU), dall’iscrizione a ruolo del contributo unificato scaduto inutilmente il termine per l'adempimento alla determinazione dell'importo della sanzione amministrativa (art. 16, comma 1-bis TU), dalla notifica della sanzione al debitore all’iscrizione a ruolo della sanzione in caso di mancato pagamento entro il quarantesimo giorno successivo alla data di notifica dell'invito al pagamento.

 

 

La lettera a) modifica l’art. 16 del TU, per escludere che il personale di cancelleria possa iscrivere a ruolo le cause civili, amministrative e tributarie quando il pagamento del contributo unificato sia stato omesso o sia stato parziale. In base al nuovo comma 01 tale conseguenza dell’inadempimento dell’obbligo di pagamento riguarda anche i pagamenti da effettuare con modalità telematiche in quanto, come evidenzia la Relazione illustrativa, con lo sviluppo del processo civile telematico si sarebbe registrato un progressivo aumento dell’evasione dal pagamento del contributo.

 

La Relazione illustrativa sottolinea come si tratti di una «disposizione analoga a quella stabilita per il pagamento dei diritti di copia, del diritto di certificato, e delle spese per la notificazione a richiesta d'ufficio nel processo civile», richiamando l’art. 285 del TU in base al quale il funzionario addetto all’ufficio rifiuta di ricevere gli atti, di rilasciare la copia o il certificato se le marche mancano o sono di importo inferiore a quello stabilito.

 

Per quanto riguarda la possibilità di subordinare l’azione in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi al previo adempimento di una prestazione tributaria, si ricorda che con la sentenza n. 522 del 2002 la Corte costituzionale ha affermato che la Costituzione «non vieta di imporre prestazioni fiscali in stretta e razionale correlazione con il processo, sia che esse configurino vere e proprie tasse giudiziarie sia che abbiano riguardo all'uso di documenti necessari alla pronunzia finale dei giudici» (sentenza n. 45 del 1963, e poi sentenze n. 91 e n. 100 del 1964); che occorre distinguere fra «oneri che siano razionalmente collegati alla pretesa dedotta in giudizio, allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione», da ritenersi consentiti, e oneri che invece tendano «alla soddisfazione di interessi del tutto estranei alle finalità predette, e, conducendo al risultato di precludere o ostacolare gravemente l'esperimento della tutela giurisdizionale, incorrono nella sanzione dell'incostituzionalità» (sentenza n. 80 del 1966, sull'illegittimità costituzionale della norma che vietava di rilasciare copie di sentenze non ancora registrate, il cui deposito in giudizio condizionasse la procedibilità dell'impugnazione); ed ancora che l'interesse del cittadino alla tutela giurisdizionale e quello generale della comunità alla riscossione dei tributi «sono armonicamente coordinati» (sentenze n. 157 del 1969 e n. 61 del 1970). In altre decisioni la Corte ha invece affermato che «condizionare l'esercizio del diritto del cittadino alla tutela giurisdizionale, all'adempimento del suo dovere di contribuente» non contrasta con la Costituzione, salvo il caso dell'azione giudiziaria diretta a contestare la legittimità del tributo (sentenze n. 157 del 1969 e n. 111 del 1971).

Il principio secondo cui l'onere fiscale non lede il diritto alla tutela giurisdizionale ove tenda ad assicurare al processo uno svolgimento conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze (e non miri, invece, al soddisfacimento di interessi del tutto estranei alle finalità processuali) è stato affermato dalla Corte anche con la sentenza n. 333 del 2001, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale della norma che condizionava al pagamento di alcune imposte, fra cui quella di registro, l'esercizio dell'azione esecutiva di rilascio dell'immobile locato.

 

Per quanto riguarda la formulazione del nuovo comma, si evidenzia che esso - diversamente dalla rubrica dell’art. 16 e dal comma 1 dell’art. 16, che si riferiscono all’omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato – esclude l’iscrizione a ruolo in caso di omesso pagamento “ovvero nel caso in cui l'importo versato non è corrispondente al valore della causa dichiarato dalla parte”. Tale formulazione, più ampia, potrebbe ricomprendere anche l’eventualità di un pagamento in eccesso rispetto al dovuto. Si valuti l’opportunità di omogeneizzare la terminologia usata nell’articolo riferendosi sempre all’omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato.

 

 

Le ulteriori modifiche all’art. 16 del TU (lettera a) e all’art. 248 del TU relativo alle procedure di riscossione (lettera b), hanno una finalità di coordinamento con l’introduzione del nuovo comma 01.

A tal fine il disegno di legge interviene sulle disposizioni che oggi prevedono:

§  che la riscossione del contributo unificato avvenga in base agli articoli 247-249 del TU;

§  che l’importo per il quale si procede a riscossione deve comprendere gli interessi al saggio legale, decorrenti dal deposito dell'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo (comma 1);

§  che, in casi tali oltre alla riscossione del contributo, è dovuta anche la sanzione amministrativa prevista dall’art. 71 del TU sull’imposta di registro - DPR n. 131 del 1986 (comma 1-bis)[131];

§  che entro trenta giorni dal deposito dell'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo, l'ufficio deve notificare alla parte l'invito al pagamento dell'importo dovuto (art. 248, comma 1).

L’applicazione delle procedure di riscossione dovrà avvenire “Fermo quanto previsto dal comma 01” e dunque fermo restando che nel frattempo – nelle more della riscossione del contributo - la causa non è stata iscritta a ruolo.

 

 

 

 

Normativa vigente

A.S. 2448

D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115

Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia

Articolo 16 (L)

Omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato

 

01. In caso di omesso pagamento del contributo unificato, ovvero nel caso in cui l'importo versato non è corrispondente al valore della causa dichiarato dalla parte ai sensi dell’articolo 15, comma 1, anche quando sono utilizzate modalità di pagamento con sistemi telematici, il personale incaricato non deve procedere all’iscrizione al ruolo.

1. In caso di omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato si applicano le disposizioni di cui alla parte VII, titolo VII del presente testo unico e nell'importo iscritto a ruolo sono calcolati gli interessi al saggio legale, decorrenti dal deposito dell'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo.

1. Fermo quanto previsto dal comma 01, in caso di omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato si applicano le disposizioni di cui alla parte VII, titolo VII del presente testo unico e nell'importo iscritto a ruolo sono calcolati gli interessi al saggio legale, decorrenti dal deposito dell'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo.

1-bis. In caso di omesso o parziale pagamento del contributo unificato, si applica la sanzione di cui all'articolo 71 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, esclusa la detrazione ivi prevista.

1-bis. Nei casi di cui al comma 1, si applica la sanzione di cui all'articolo 71 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, esclusa la detrazione ivi prevista.

1-ter. La sanzione irrogata, anche attraverso la comunicazione contenuta nell'invito al pagamento di cui all'articolo 248, è notificata a cura dell'ufficio e anche tramite posta elettronica certificata, nel domicilio eletto o, nel caso di mancata elezione del domicilio, mediante deposito presso l'ufficio.

1-ter. Identico.

 

Infine, la lettera c) interviene sull’art. 208 del TU spese di giustizia, relativo all’ufficio competente al recupero del credito, per colmare una lacuna normativa che attualmente non consente di attivare la procedura di recupero del contributo unificato quando la Corte di cassazione non possa avvalersi del giudice o della diversa autorità che ha emesso il provvedimento impugnato.

 

L’art. 208 del TU, infatti, individua l’ufficio compente:

- per il processo penale, nell’ufficio presso il giudice dell’esecuzione;

- per il processo civile, amministrativo e tributario, nell’ufficio presso il magistrato, diverso dalla Corte di cassazione, il cui provvedimento è passato in giudicato o presso il magistrato il cui provvedimento è divenuto definitivo.

Quando il provvedimento impugnato in Cassazione è emesso da un’autorità presso la quale non è previsto il pagamento del contributo e che non svolge attività di recupero delle spese di giustizia, attualmente le procedure di recupero del credito non vengono attivate.

 

La Relazione illustrativa cita a titolo di esempio l’impugnazione in Cassazione dei provvedimenti del Consiglio Nazionale Forense e della Corte dei Conti – autorità presso le quali non è previsto il versamento del contributo unificato e stima in 104.000/120.000 euro all'anno i mancati introiti per lo Stato.

 

Per ovviare a questa lacuna il disegno di legge individua, in tutte le ipotesi residuali, l’ufficio competente al recupero delle spese di giustizia nell’ufficio presso la Corte d’appello di Roma.

 

 

Normativa vigente

A.S. 2448

D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115

Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia

Articolo 208 (L)

Ufficio competente

1. Se non diversamente stabilito in modo espresso, ai fini delle norme che seguono e di quelle cui si rinvia, l'ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione è così individuato:

1. Identico:

a) per il processo civile, amministrativo, contabile e tributario è quello presso il magistrato, diverso dalla Corte di cassazione, il cui provvedimento è passato in giudicato o presso il magistrato il cui provvedimento è divenuto definitivo;

a) per il processo civile, amministrativo e tributario è quello presso il magistrato, diverso dalla Corte di cassazione, il cui provvedimento è passato in giudicato o presso il magistrato il cui provvedimento è divenuto definitivo;

b) per il processo penale è quello presso il giudice dell'esecuzione.

b) identica;

 

c) in tutte le altre ipotesi è quello incardinato presso la Corte d’Appello di Roma.

2. Negli articoli 6, 15, 16, 18, 22, 38, 39, 47, 57 e 59 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, i termini "ente creditore" e "soggetti creditori" non si riferiscono all'ufficio di cui al comma 1.

2. Identico.

 


Titolo XV - Fondi

Articolo 193
(Tabelle A e B)

 

 

L’articolo 193 dispone in ordine all’entità dei fondi speciali determinati dalle tabelle A e B, allegate al disegno di legge in esame.

 

Si tratta degli strumenti contabili mediante i quali si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.

 

Gli importi complessivi della tabella A (fondo speciale di parte corrente) ammontano a 555,6 milioni per il 2022; 584,1 milioni per il 2023; 599,1 milioni annui dal 2024.

Per quanto riguarda la tabella B (fondo speciale di conto capitale), espone importi complessivi pari a 769,9 milioni per il 2022; 814,4 milioni annui dal 2023.

I prospetti che seguono riportano gli stanziamenti complessivi di cui alle tabelle A e B, a legislazione vigente e nel disegno di legge di bilancio.

Per gli accantonamenti di parte corrente si viene a determinare un incremento di 246,8 milioni di euro per il 2022, 245,8 milioni di euro per il 2023, 260,8 milioni annui dal 2024.

Per gli accantonamenti in conto capitale il disegno di legge in esame determina un incremento di 145 milioni annui dal 2022.

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (milioni di euro)

TABELLA A[132]

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

308,8

338,3

338,3

A.S. n. 2448

555,6

584,1

599,1

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (milioni di euro)

TABELLA B[133]

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

624,9

669,4

669,4

A.S. n. 2448

769,9

814,4

814,4

 

 

L'articolo 21, comma 1-ter, lettera d), della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009) inserisce tra i contenuti della prima sezione del disegno di legge di bilancio la determinazione degli importi dei fondi speciali e le relative tabelle. Con la disposizione in esame si provvede a determinare gli importi da iscrivere nei fondi speciali per ciascun anno, determinati nelle misure indicate per la parte corrente nella tabella A e per quella in conto capitale nella tabella B, allegate al disegno di legge di bilancio, ripartite per Ministeri. In sede di relazione illustrativa al disegno di legge sono indicate le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura. Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante. Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.

 

Nei prospetti seguenti sono riportati, suddivisi per Ministero, gli importi (espressi in migliaia di euro) degli accantonamenti di parte corrente e di conto capitale nel disegno di legge di bilancio. Si riportano altresì le finalizzazioni indicate nella relazione illustrativa.

Gli importi delle tabelle A e B a legislazione vigente per i singoli Dicasteri, ove sussistenti, sono stati forniti dalla RGS su richiesta degli Uffici parlamentari.

 

 

 

 

 

 

 

 

Tabella A - Fondo speciale di parte corrente

 

Ministero dell'economia e delle finanze

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

76.329,6

84.633,6

84.633,6

A.S. n. 2448

91.329,6

109.633,6

124.633,6

 

Finalizzazioni:

§  Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, concernente l'elezione della Camera dei deputati, e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, concernente l'elezione degli organi delle amministrazioni comunali, nonché altre norme in materia elettorale e di referendum previsti dagli articoli 75 e 138 della Costituzione (AC 543 - AS 859).

§  Deleghe al Governo in materia di semplificazione e codificazione (AC 1812).

§  Intesa con la Chiesa d'Inghilterra (AS 2060 - AC 3319).

§  Interventi diversi.

 

 

 

Ministero dello sviluppo economico[134]

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

19.493,1

25.493,1

25.493,1

A.S. n. 2448

29.493,1

35.493,1

35.493,1

 

Finalizzazioni:

§  Legge n. 147/21 recante "conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, recante misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia".

§  Interventi diversi.

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

A.S. n. 2448

20.000

20.000

15.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

Ministero della giustizia[135]

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

35.212,9

41.331,7

41.331,7

A.S. n. 2448

60.212,9

66.331,7

66.331,7

Finalizzazioni:

§  Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (AC 1881).

§  Legge n. 147/21 recante "conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, recante misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia".

§  Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata (AS 1662 - AC 3289).

§  Legge n. 134/21 recante "Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari".

§  Modifiche alla disciplina sulla riforma organica della magistratura onoraria (AS 1438).

§  Provvedimenti riguardanti la magistratura ordinaria.

§  Interventi diversi.

 

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

66.264,8

72.634,2

72.634,2

A.S. n. 2448

91.264,8

97.634,2

97.634,2

 

Finalizzazioni: l'accantonamento tiene conto sia delle risorse preordinate alla copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi riguardanti Accordi internazionali in corso di perfezionamento, sia le ratifiche (si rinvia alla relazione illustrativa per l'elenco delle ratifiche).

 

 

Ministero dell'istruzione

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

23.353,3

28.353,3

28.353,3

A.S. n. 2448

33.353,3

38.353,3

38.353,3

 

Finalizzazioni:

§  Delega al Governo in materia di insegnamento curricolare dell'educazione motoria nella scuola primaria (AC 523 - AS 992).

§  Interventi diversi.

 

 

Ministero dell'interno

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

2.056,9

4.740,1

4.740,1

A.S. n. 2448

17.056,9

19.740,1

19.740,1

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

 

 

 

 

Ministero della transizione ecologica

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

11.303,4

8.238

8.238

A.S. n. 2448

26.303,4

23.238

23.238

 

Finalizzazioni:

§  Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare ("legge SalvaMare") (AC 1939 - AS 1571 - AC 1393-B).

§  Interventi diversi.

 

 

 

Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

18.737,4

29.658,8

29.658,8

A.S. n. 2448

33.737,4

39.658,8

39.658,8

 

Finalizzazioni:

§  Legge n. 156/21 recante "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, recante disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale, per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali".

§  Interventi diversi.

 

 

 

Ministero dell'università e della ricerca

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

17.553,7

22.553,7

22.553,7

A.S. n. 2448

27.553,7

32.553,7

32.553,7

Finalizzazioni:

§  Modifiche all'articolo 4 del decreto-legge 8 agosto 2013, n.91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n.112, in materia di accesso aperto all'informazione scientifica (AC 395 - AS 1146).

§  Interventi diversi.

 

 

Ministero della difesa

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

1.903,1

2.249,6

2.249,6

A.S. n. 2448

16.903,1

17.249,6

17.249,6

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 

 

Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

21.093

16.893

16.893

A.S. n. 2448

46.093

41.893

41.893

 

Finalizzazioni:

§  Delega al Governo in materia di turismo (AC 1698 - AS 1413).

§  Interventi per il settore ittico e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale. Delega al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore (AC 1008 - AS 2300).

§  Disposizioni per la disciplina, la promozione e la valorizzazione delle attività del settore florovivaistico (AC 1824 - AS 2009).

§  Interventi diversi.

 

 

Ministero della cultura

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

15.376,1

1.376,1

1.376,1

A.S. n. 2448

27.176,1

7.176,1

7.176,1

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 

 

 

Ministero della salute

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

104,7

104,7

104,7

A.S. n. 2448

15.104,7

15.104,7

20.104,7

 

Finalizzazioni:

§  Disposizioni in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie (AC 491 - AS 1201).

§  Interventi diversi.

 

 

 

Ministero del turismo

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

A.S. n. 2448

20.000

20.000

20.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 

 

 


 

Tabella B - Fondo speciale di conto capitale

 

 

Ministero dell'economia e delle finanze

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

227.648

232.648

232.648

A.S. n. 2448

252.648

257.648

257.648

 

Finalizzazioni:

§  Legge quadro per lo sviluppo delle isole minori marine, lagunari e lacustri (AS 497 - AC 1285).

§  Interventi diversi.

 

 

 

Ministero dello sviluppo economico

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

40.000

40.000

40.000

A.S. n. 2448

50.000

50.000

50.000

 

Finalizzazioni:

§  Legge quadro per lo sviluppo delle isole minori marine, lagunari e lacustri (AS 497 - AC 1285).

§  Interventi diversi.

 

 

 

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

24.253

25.753

25.753

A.S. n. 2448

29.253

25.753

25.753

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero della giustizia

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

45.000

50.000

50.000

A.S. n. 2448

55.000

60.000

60.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

5.000

5.000

5.000

A.S. n. 2448

10.000

10.000

10.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero dell'istruzione

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

25.000

30.000

30.000

A.S. n. 2448

35.000

40.000

40.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero dell'interno

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

35.000

40.000

40.000

A.S. n. 2448

45.000

50.000

50.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero della transizione ecologica

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

35.000

40.000

40.000

A.S. n. 2448

45.000

50.000

50.000

 

Finalizzazioni:

§  Legge quadro per lo sviluppo delle isole minori marine, lagunari e lacustri (AS 497 - AC 1285).

§  Interventi diversi.

 

 

Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

52.000

50.000

50.000

A.S. n. 2448

62.000

60.000

60.000

 

Finalizzazioni:

§  Modifiche al codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 e alla legge 15 gennaio 1992 n. 21 concernenti l'abolizione del servizio di piazza con veicoli a trazione animale (AC 24).

§  Interventi diversi.

 

 

Ministero dell'università e della ricerca

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

30.000

30.000

30.000

A.S. n. 2448

35.000

35.000

35.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 

 

 

 

 

Ministero della difesa

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

30.000

30.000

30.000

A.S. n. 2448

35.000

35.000

35.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 

 

Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

20.000

30.000

30.000

A.S. n. 2448

40.000

50.000

50.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 

 

 

Ministero della cultura

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

21.000

31.000

31.000

A.S. n. 2448

31.000

36.000

36.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ministero della salute[136]

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

35.000

35.000

35.000

A.S. n. 2448

35.000

45.000

45.000

Finalizzazioni:

§  Legge recante "Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani" (approvata definitivamente, non ancora pubblicata al momento della redazione della presente scheda).

§  Interventi diversi.

 

 

 

Ministero del turismo

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2022

2023

2024

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

A.S. n. 2448

10.000

10.000

10.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 


Articolo 194
(Fondo esigenze indifferibili)

 

 

L’articolo 194 incrementa la dotazione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di 600 milioni di euro per l’anno 2022 e di 500 milioni di euro a decorrere dall’anno 2023.

 

Si tratta del Fondo istituito dall'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 3076).

 

Nel disegno di legge di bilancio 2022 (Sezione II), il capitolo 3076 presentava una dotazione a legislazione vigente pari a 183,2 milioni di euro per il 2022, 223,6 milioni di euro per il 2023 e 275,7 milioni di euro per il 2024.

Considerando gli stanziamenti aggiuntivi previsti dall’articolo in esame, il Fondo, nel disegno di legge integrato, risulta dotato di:

§  783,2 milioni per il 2022,

§  723,6 milioni di euro per il 2023,

§  775,7 milioni di euro per il 2024.

 


Articolo 195
(Incremento dotazione Fondo di rotazione per l’attuazione
del Next Generation EU)

 

 

L’articolo 195 incrementa di 10 miliardi di euro per l'anno 2022 e di 9,05 miliardi di euro per l'anno 2023 la dotazione del Fondo di rotazione per l’attuazione del Programma Next Generation EU.

 

In particolare, la disposizione in esame sostituisce l’articolo 1, comma 1037, della legge di bilancio per il 2021 (legge n.178/2020), che ha istituito il Fondo di rotazione per l’attuazione del Programma Next Generation EU e ne ha definito la dotazione finanziaria.

 

 

I commi da 1037 a 1050 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2021 (legge n. 178/2020) hanno dettato una serie di misure contabili per l’attuazione del Programma Next Generation EU.

In particolare, il comma 1037 ha istituito, nello stato di previsione del MEF (cap. 8003), del “Fondo di rotazione per l’attuazione del Programma Next Generation EU”, quale anticipazione rispetto ai contributi provenienti dall’Unione Europea. La dotazione del Fondo è pari a 32.766,6 milioni di euro per il 2021, a 40.307,4 milioni per il 2022 e a 44.573 milioni per il 2023, per un totale di 117,65 miliardi nel triennio.

La stessa legge di bilancio 2021 ha poi indicato, con apposite disposizioni, specifici utilizzi del predetto Fondo, finalizzandone in parte le disponibilità a determinate spese (alcune di queste finalizzazioni, peraltro, sono state oggetto di modifica con il D.L. n. 59 del 2021). Inoltre, ulteriori finalizzazioni a carico del Fondo di rotazione sono state disposte di successivi decreti-legge approvati in corso d’anno (in particolare, i decreti-legge n. 77, n. 80, n. 121e n.152 del 2021). Complessivamente, tale impieghi ammontano a 27,9 miliardi[137].

Le risorse stanziate nel Fondo di rotazione sono versate su due appositi conti correnti infruttiferi aperti presso la Tesoreria centrale dello Stato: nel primo conto corrente, denominato Ministero dell’economia e delle finanze attuazione del Programma Next Generation EU - Contributi a fondo perduto – sono versate le risorse relative ai progetti finanziati mediante contributi a fondo perduto, sul secondo conto corrente denominato Ministero dell’economia e delle finanze attuazione del Programma Next Generation EU - Contributi a titolo di prestito – sono versate le risorse relative ai progetti finanziati mediante prestiti. Tali conti hanno amministrazione autonoma e costituiscono gestioni fuori bilancio (comma 1038).

Le risorse giacenti sui conti correnti infruttiferi vengono attribuite a ciascuna amministrazione o organismo titolare e/o attuatore dei progetti, in relazione al fabbisogno finanziario, sulla base delle procedure definite con il decreto di cui al comma 1042, nel rispetto del sistema di gestione e controllo delle componenti del Next Generation EU (comma 1039[138]). In particolare, il comma 1042 prevede che con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le procedure amministrativo-contabili per la gestione delle risorse dal Fondo di rotazione, stanziate dalla legge di bilancio 2021, nonché le modalità di rendicontazione della gestione delle stesse[139].

Qualora, invece, le risorse del Fondo di rotazione siano utilizzate per progetti finanziati dal dispositivo di ripresa e resilienza dell’Unione europea che comportino minori entrate per il bilancio dello Stato, la norma prevede che un importo corrispondente alle predette minori entrate venga versato sulla contabilità speciale n.1778, intestata: “Agenzia delle Entrate - Fondi di bilancio” per la conseguente regolazione contabile mediante versamento sui pertinenti capitoli dello stato di previsione dell’entrata (comma 1040).

In attuazione del comma 1038, secondo i dati del conto riassuntivo del Tesoro alla data del 30 settembre 2021, risultano versati sui due conti correnti di tesoreria centrale MEF-NGEU circa 24,9 miliardi di euro provenienti dal Fondo di rotazione, di 8.954 milioni di euro sul conto corrente di tesoreria MEF-NGEU - Contributi a fondo perduto – e 15.938 milioni di euro sul conto corrente MEF-NGEU - Contributi a titolo di prestito. Alla data del 30 settembre 2021, tali somme risultano interamente attribuite alle Amministrazioni o agli organismi titolari e/o attuatori dei progetti PNR.

 

Sulla materia è intervenuto, da ultimo, anche il decreto-legge n.152 del 2021, che all’articolo 9, commi 6-7 e 12-13, ha introdotto una serie di norme di natura contabile funzionali alla gestione delle risorse destinate all’attuazione del PNRR.

In particolare, il comma 6 consente al MEF di disporre anticipazioni, a valere sulle disponibilità del conto corrente di tesoreria centrale «Ministero dell'economia e delle finanze - Attuazione del Next Generation EU-Italia - Contributi a fondo perduto», istituito con l’articolo 1, comma 1038, della legge n. 178/2020, da destinare direttamente ai soggetti attuatori dei progetti PNRR finanziati a valere su autorizzazioni di spesa del bilancio dello Stato, ivi compresi gli enti territoriali, al fine di garantire il tempestivo avvio ed esecuzione dei progetti PNRR di cui sono titolari. Le anticipazioni devono essere richieste, con espressa motivazione, dalle Amministrazioni centrali titolari degli interventi PNRR finanziati a valere su autorizzazioni di spesa del bilancio dello Stato, e costituiscono, per i soggetti attuatori, tra cui gli enti territoriali, trasferimenti di risorse per la realizzazione tempestiva degli interventi PNRR.

Il comma 7 prevede che le risorse erogate come anticipazioni sono poi tempestivamente reintegrate al conto corrente di tesoreria dalle medesime Amministrazioni titolari degli interventi che hanno attivato le anticipazioni, a valere sui pertinenti stanziamenti di bilancio.

Il comma 12 prevede che le risorse iscritte nel bilancio dello Stato ed espressamente finalizzate alla realizzazione degli interventi del PNRR possano essere versate sui conti correnti infruttiferi aperti presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestati al Ministero dell’economia e delle finanze per l’attuazione del Programma Next Generation EU, nel caso in cui ciò sia necessario per assicurare unitarietà e flessibilità alle procedure di gestione finanziaria dei fondi destinati a realizzare gli interventi del PNRR.

Il comma 13, infine, esclude che i fondi esistenti sui conti correnti della Tesoreria centrale dello Stato destinati a realizzare gli interventi del PNRR nonché sulle corrispondenti contabilità speciali intestate alle Amministrazioni dello Stato per la gestione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, possano essere soggetti ad esecuzione forzata. Sui medesimi fondi non sono ammessi atti di sequestro o di pignoramento presso le sezioni di tesoreria dello Stato, a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio. Gli atti di sequestro o di pignoramento eventualmente notificati non determinano dunque obbligo di accantonamento da parte delle sezioni medesime.

 

 


Articolo 196
(Fondo per interventi in materia di magistratura onoraria)

 

 

L’articolo 196 istituisce un apposito Fondo, nello Stato di previsione del Ministero della giustizia, con la finalità di attuare gli interventi volti alla modifica della disciplina della magistratura onoraria di cui al decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, alla luce delle sollecitazioni sovranazionali in ordine alle problematiche relative al rapporto di impiego dei magistrati onorari in servizio.

 

Si ricorda che il decreto legislativo n. 116 del 2017, in attuazione della delega conferita dalla legge n. 57 del 2016, ha proceduto ad una complessiva riforma della magistratura onoraria. In base alla riforma, l'incarico di magistrato onorario presenta le seguenti caratteristiche: ha natura inderogabilmente temporanea; si svolge in modo da assicurare la compatibilità con lo svolgimento di attività lavorative o professionali (per assicurare tale compatibilità, a ciascun magistrato onorario non può essere richiesto un impegno superiore a due giorni a settimana); non determina in nessun caso un rapporto di pubblico impiego. Il decreto legislativo supera, nel settore giudicante, la bipartizione tra giudice di pace e giudice onorario di tribunale (GOT) prevedendo un'unica figura di "giudice onorario di pace", magistrato addetto all'ufficio del giudice di pace. Il decreto legislativo ha previsto precise disposizioni relative alla durata dell'incarico, alle funzioni e ai compiti e all'indennità spettante ai magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore della riforma. Quanto all'indennità, la riforma del 2017 individua la misura dei compensi annuali lordi del magistrato onorario, specificando che per l'esercizio delle funzioni e dei compiti previsti dal decreto legislativo tali compensi sono onnicomprensivi. Inoltre la riforma, pur confermando che l'indennità spettante ai magistrati onorari si compone di una parte fissa e di una parte variabile di risultato, realizza tuttavia una drastica riduzione delle indennità spettanti in base alla disciplina antecedente (quella che continua ad applicarsi ai magistrati in servizio al 15 agosto 2017).

L’entrata in vigore di tale riforma, inizialmente prevista alla scadenza del quarto anno successivo alla data di entrata in vigore del decreto legislativo stesso (15 agosto 2021) per i Capi da I a IX e al 31 ottobre 2021 per le disposizioni in materia di processo civile telematico, è stata da ultimo rinviata dall’art. 17-ter del decreto-legge n. 80 del 2021, che ha stabilito che le disposizioni dei Capi da I a IX si applichino, oltre che ai magistrati immessi nel servizio onorario successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, anche ai magistrati onorari già in servizio a decorrere dal 1° gennaio 2022 e che le norme sul processo telematico entrino in vigore con riguardo ai procedimenti introdotti dinanzi al giudice di pace a decorrere dal 31 ottobre 2025. Il medesimo art. 17-ter ha altresì differito al 1° gennaio 2022 l'applicabilità del nuovo regime di attribuzione dell’indennità ai magistrati onorari in servizio.

Attualmente sono allo studio delle ipotesi di modifica della riforma del 2017. In particolare, la Commissione di studio presieduta dal dottor Claudio Castelli, istituita presso il Ministero della giustizia dal D.M. 23 aprile 2021 per elaborare proposte di interventi in materia di magistratura onoraria, ha concluso i propri lavori lo scorso 21 luglio, con la predisposizione di una relazione finale. Vi sono inoltre alcune proposte di legge di modifica del decreto legislativo n. 116 del 2017 all'esame della Commissione giustizia del Senato (S.1516, S.1555, S.1582, S.1714 e S.1438).

Si ricorda inoltre che la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2021 (NADEF) annuncia, tra i collegati alla decisione di bilancio, tra gli altri, un disegno di legge recante delega per la riforma della magistratura onoraria.

Alcune linee della riforma della magistratura onoraria sono state anticipate negli interventi della Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, in risposta ad un question time alla Camera dei deputati (seduta del 19 maggio 2021) e ad un question time al Senato (seduta del 4 novembre 2021).

 

Il Fondo, secondo quanto specificato dalla relazione tecnica, è destinato a coprire i costi per lo svolgimento di procedure concorsuali tese alla conferma dei magistrati onorari in servizio, per le quali viene previsto un onere pari ad euro 1.000.000 per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024. A decorrere dall’anno 2023, sul Fondo sono inoltre appostati degli stanziamenti diretti all’esecuzione di interventi di natura economica a favore dei magistrati onorari, in particolare a coprire la corresponsione di un'indennità equiparata al trattamento economico spettante al personale amministrativo giudiziario.

Tali stanziamenti consistono in euro 18.000.000 per l'anno 2023 (comprensivo di 1.000.000 di euro per l'espletamento delle procedure concorsuali), 58.000.000 euro per l'anno 2024 (comprensivo di 1.000.000 di euro per l'espletamento delle procedure concorsuali), di 85.000.000 euro per l'anno 2025, di 80.000.000 euro per l'anno 2026, di 77.000.000 euro per l'anno 2027, di 70.000.000 euro per l'anno 2028, di 63.000.000 euro per l'anno 2029, di 62.000.000 euro per l'anno 2030, di 53.000.000 euro per l'anno 2031 e di 47.000.000 euro a decorrere dall'anno 2032.

Secondo quanto precisato dalla relazione tecnica , agli oneri sopra indicati si provvede in parte mediante l'utilizzo delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente nel limite degli stanziamenti iscritti all'U.d.V. 1.4 Servizi di gestione amministrativa per l'attività giudiziaria — Azione Magistratura onoraria, sul pertinente capitolo 1362 p.g. I "Indennità da corrispondere ai giudici di pace, ai giudici onorari aggregati, ai giudici onorari di tribunali e vice procuratori onorari comprensive degli oneri sociali e dell'Irap a carico dello Stato" dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia, che recano importi pari a euro 197.449.725 per il triennio 2022/2024, e per la restante parte mediante le risorse messe a disposizione del Fondo appositamente istituito dall’articolo in esame.

 

Gli interventi ai quali il Fondo è destinato a dare copertura sono volti a rispondere ad alcuni dei rilievi mossi all’Italia dalla Commissione europea per quanto concerne il rapporto di lavoro dei magistrati onorari. Lo scorso 15 luglio, infatti, la Commissione ha avviato una procedura di infrazione (2016/4081), inviando una lettera di costituzione in mora all’Italia sulla base del convincimento che la legislazione nazionale applicabile ai magistrati onorari non sia pienamente conforme al diritto del lavoro dell'UE. Il punto nodale sollevato dalla Commissione è il mancato riconoscimento ai magistrati onorari dello status di lavoratori, in quanto dal diritto italiano essi sono considerati volontari prestatori di servizi a titolo “onorario”. Da tale mancato riconoscimento deriva l’assenza di una serie di tutele a favore degli stessi magistrati onorari, in ambiti quali le ferie, la maternità, la malattia, la giusta retribuzione, nonché l’abuso di contratti a tempo determinato che si succedono nel tempo. La Commissione europea ritiene che la normativa adottata dall'Italia nel 2017 (decreto legislativo n. 116 del 2017) non abbia ancora fornito soluzioni al riguardo e pertanto, facendo anche seguito alla sentenza della Corte di giustizia europea (C-658/18 del 16 luglio 2020) - che ha confermato l’applicabilità della direttiva 2003/88 sul lavoro subordinato all’attività svolta dal giudice di pace - ha deciso di aprire una nuova procedura di infrazione.

 

Si ricorda che già in precedenza (giugno 2016) la Commissione europea aveva chiuso negativamente nei confronti dell’Italia una procedura di infrazione (EU-Pilot 7779/15/EMPL) in relazione alla compatibilità con il diritto dell’Unione di specifici profili della disciplina nazionale relativa al servizio prestato dai magistrati onorari. In particolare, venivano contestati all’Italia il mancato riconoscimento di un periodo di ferie annuali retribuite, in violazione dell’art. 7 della direttiva 2003/88/CE, e del congedo di maternità, in violazione della direttiva 92/85/CEE sulla maternità e della direttiva 2010/41/UE sulla parità di trattamento; l’assenza di misure atte a prevenire eventuali abusi di successioni nei contratti di lavoro a tempo determinato, in violazione della clausola 5 dell’accordo quadro sui contratti a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE; la disparità di trattamento rispetto ai magistrati professionali in tema di retribuzione, di indennità di fine rapporto e di regimi di sicurezza sociale, in violazione della clausola 4 del citato accordo quadro sui contratti a tempo determinato.

 

Lo svolgimento di funzioni giudiziarie onorarie trova copertura costituzionale nell’art. 106, secondo comma, Cost., secondo cui l’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. Tale ordinamento (RD 12/1941) – oltre ad altre figure di giudici non professionali - ha previsto sia l’attribuzione di limitate competenze ai giudici di pace che il supporto all’attività dei tribunali ordinari di magistrati onorari giudicanti (GOT) e requirenti (VPO). In particolare, va ricordato come fin dalla riforma del giudice unico di primo grado (D.Lgs. n. 51 del 1998), si era stabilita la temporaneità delle disposizioni sull’utilizzo dei giudici onorari di tribunale e dei viceprocuratori onorari presso i tribunali, prevedendo che tale disciplina dovesse trovare applicazione fino al complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria e comunque entro 5 anni dall’effettivo passaggio di competenze al nuovo giudice (art. 245). Tale termine è stato più volte prorogato e, da ultimo, la legge di stabilità 2016, lo aveva fissato al 31 maggio 2016. Analoga temporaneità ha riguardato le funzioni del giudice di pace; l’art. 7 della legge 374/1991 (istitutiva del giudice di pace) aveva stabilito la permanenza temporanea nella carica (per tre quadrienni) del magistrato onorario “in attesa della complessiva riforma dell'ordinamento dei giudici di pace”. Anche in tal caso, in attesa della riforma, il Governo è intervenuto con il regime delle proroghe per prolungare l’attività di tali uffici, il cui apporto nello smaltimento del contenzioso (come del resto accaduto per GOT e VPO) si è, nel tempo, dimostrata sempre maggiore.

Una riforma complessiva è quindi intervenuta con la legge n. 57 del 2016 che, oltre a introdurre disposizioni immediatamente precettive (in materia di incompatibilità e applicazioni del giudice di pace nonché di formazione di tutti i magistrati onorari), ha delegato il Governo ad un complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria. Con il decreto legislativo n. 92 del 2016 il Governo ha attuato la più urgente delle deleghe conferite dalla legge n. 57 del 2016, consentendo il mantenimento in servizio dei giudici di pace, dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari che esercitavano le funzioni alla data di entrata in vigore del decreto, a condizione che gli stessi fossero ritenuti idonei a svolgere le funzioni onorarie all'esito di una procedura di conferma straordinaria, disciplinata dallo stesso decreto. Successivamente, la riforma vera è propria è stata quindi attuata dal decreto legislativo n. 116 del 2017 con il complessivo riordino delle funzioni e dello status dei magistrati onorari (v. supra).

Attualmente sono allo studio delle ipotesi di modifica della riforma del 2017 (che, come si è visto, secondo la Commissione europea non ha del tutto superato i rilievi dalla stessa effettuati). In particolare, la Commissione di studio presieduta dal dottor Claudio Castelli, istituita presso il Ministero della giustizia dal D.M. 23 aprile 2021 per elaborare proposte di interventi in materia di magistratura onoraria, ha concluso i propri lavori lo scorso 21 luglio, con la predisposizione di una relazione finale. Vi sono inoltre alcune proposte di legge di modifica del decreto legislativo n. 116 del 2017 all'esame della Commissione giustizia del Senato (S.1516, S.1555, S.1582, S.1714 e S.1438).

 


Titolo XVI - Disposizioni finanziarie e finali

Articolo 197
(Fondo per la regolazione contabile delle Sovvenzioni del Tesoro alle Poste)

 

 

L'articolo 197 istituisce un fondo destinato alla regolazione contabile delle partite iscritte in conto sospeso derivanti dal pagamento tramite il canale postale delle pensioni gestite dall'INPS, in caso di insufficienza di fondi, mediante il ricorso ad anticipazioni di tesoreria.

 

In particolare, il comma 1 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) un apposito Fondo, con una dotazione di 4.300 milioni di euro per l'anno 2022, 4.500 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024, 3.000 milioni annui per ciascuno degli anni dal 2025 al 2030, 1.000 milioni per il 2031 e di 1.320,629 milioni per il 2032, destinato alla sistemazione contabile delle partite iscritte al conto sospeso, derivanti dal pagamento tramite il canale postale delle pensioni gestite dall'INPS mediante il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, ai sensi dell'articolo 16, terzo comma, della legge n. 370 del 1974. Al fine di accelerare l'estinzione delle partite iscritte al conto sospeso, le medesime risorse sono assegnate direttamente all'Istituto cui è affidato il servizio di tesoreria dello Stato, il quale provvede alle relative sistemazioni fornendo all'INPS e al MEF ogni elemento informativo utile delle operazioni effettuate di individuazione e regolazione di ciascuna partita.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo fornisce i seguenti chiarimenti.

Tra i crediti di tesoreria del Conto riassuntivo del tesoro è presente la voce "Sovvenzioni del Tesoro alle Poste per pagamenti erariali fuori dei capoluoghi di provincia e per necessità del servizio vaglia e risparmi" con un importo, immutato dal 2008, pari ad € 33.628.831.727,81, corrispondente a partite da regolare a fronte di pagamenti effettuati per conto della "Azienda autonoma Sovvenzioni alle Poste". Di tale importo complessivo la somma di € 33.620.628.157,69 riguarda il pagamento di pensioni INPS effettuato tramite il circuito postale, con il ricorso alle "Sovvenzioni postali", utilizzando, cioè, anticipazioni di tesoreria. L'importo è riferibile, presumibilmente, al periodo 1998 - 2000.

Il credito riferito al pagamento delle pensioni INPS ha origine dal meccanismo previsto dall'articolo 16 della legge n. 370 del 1974, in base al quale, per far fronte all'erogazione delle pensioni in caso di insufficienza dei fondi messi a disposizione dall'Istituto, Poste poteva ottenere anticipazioni di tesoreria, con il ricorso alle sovvenzioni postali. Per interrompere il lievitare delle sovvenzioni postali, la cui regolazione aveva reso necessario il ricorso a operazioni straordinarie, è stato posto in capo all'INPS l'obbligo di precostituire i fondi in vista della scadenza del pagamento, escludendo il ricorso automatico alla sovvenzione postale. Il circuito Tesoreria —Poste —INPS è stato quindi interrotto con l'introduzione di apposita disposizione contenuta nel decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 5 settembre 2000 e, pertanto, in caso di necessità, eventuali anticipazioni di tesoreria debbono oggi essere esplicitamente e puntualmente richieste dall'istituto previdenziale, cui sono direttamente concesse. L'obbligo per l'INPS di pre-alimentare il conto corrente postale per il pagamento delle pensioni ha eliminato il ricorso alla sovvenzione. Tenuto conto della necessità di procedere alla regolazione contabile della partita iscritta in conto sospeso, ormai risalente e di difficile sistemazione, si ritiene opportuno prevedere una norma che permetta la regolazione contabile della partita in questione nel corso di un periodo di tempo stimato in 12 anni.

 

Il comma 2 autorizza l'INPS, a seguito dell'avvenuta regolazione contabile di cui al comma 1, a contabilizzare nel proprio bilancio la riduzione graduale del debito nei confronti della tesoreria statale. Con la procedura di cui all'articolo 14 della legge n. 241 del 1990 sono definiti i criteri e le gestioni previdenziali a cui attribuire le regolazioni contabili (Conferenza dei servizi).


Articolo 198
(Proroga del termine di sospensione del sistema di tesoreria unica mista di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279)

 

 

L'articolo 198 estende fino al 31 dicembre 2025 il periodo di sospensione dell’applicazione del regime di tesoreria unica “misto” per regioni, enti locali, enti del comparto sanità, autorità portuali e università e il mantenimento per tali enti, fino a quella data, del regime di tesoreria unica.

 

Il regime di tesoreria unica "misto" ? in base al quale le entrate proprie di un ente pubblico (acquisite in forza di potestà tributaria propria, da compartecipazione al gettito di tributi statali o da indebitamento senza intervento statale) sono escluse dal versamento nella tesoreria statale e possono essere depositate direttamente presso l'istituto cassiere/tesoriere appartenente al sistema bancario ?  è stato originariamente previsto fino alla data del 31 dicembre 2014 dall’articolo 35, comma 8, del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2012, che viene qui novellato, e successivamente più volte prorogato: prima al 31 dicembre 2017 dall'articolo 1, comma 395, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014, e quindi al 31 dicembre 2021 dall'articolo 1, comma 877, della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017).

 

Nella relazione illustrativa, il Governo evidenzia che il ritorno alla tesoreria unica mista si tradurrebbe in un prelevamento di risorse dalla tesoreria statale (sotto-conti fruttiferi) per far fronte ai pagamenti senza un successivo ripristino delle giacenze sugli stessi sotto-conti, poiché le entrate diverse da quelle provenienti dal bilancio dello Stato sono detenute presso l'istituto bancario/postale. Pertanto, il Governo ritiene opportuno prorogare di ulteriori quattro anni la sospensione del sistema misto al fine di evitarne i possibili effetti finanziari negativi.

 

La disposizione determina – secondo la Relazione tecnica – un miglioramento del fabbisogno del settore statale e pubblico pari a 6.000 milioni nel 2022 e a 3.000 milioni nel 2023.

 

Si ricorda che il sistema di tesoreria unica, previsto dalla legge n. 720 del 1984, obbliga gli enti locali a depositare tutte le loro disponibilità liquide in apposite contabilità speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato. Nelle contabilità speciali “fruttifere” vengono versati gli incassi derivanti dalle entrate proprie degli enti (costituite da introiti tributari ed extratributari, vendita di beni e servizi, canoni, sovracanoni, indennizzi, e da altri introiti provenienti dal settore privato). Le altre entrate (assegnazioni, contributi, trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato e dagli altri enti del settore pubblico, comprese quelle provenienti da mutui) affluiscono alle contabilità speciali “infruttifere”.

Tale sistema rispondeva all’esigenza di contenimento dei costi dell'indebitamento, potenziando le disponibilità di tesoreria dello Stato e riducendo, pertanto, il ricorso al mercato finanziario e la conseguente emissione di titoli pubblici necessari per la copertura del fabbisogno del settore statale. Esso, inoltre, intendeva conferire ai flussi finanziari dell'intero settore una maggiore trasparenza mediante un'organica regolamentazione, introducendo, al tempo stesso, un controllo più stringente sulla capacità di spesa degli enti.

Con l’accelerazione del processo di rafforzamento dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali, manifestatosi a partire dal 1997 con l’istituzione dell’IRAP, si è imposta l’esigenza un progressivo superamento del sistema di tesoreria unica. Per tali enti è stato, dunque, definito ? con il decreto legislativo n. 279 del 1997 (articoli 7-9) ? un nuovo sistema di tesoreria definito come “misto”, secondo il quale le entrate proprie dell’ente (acquisite in forza di potestà tributaria propria, da compartecipazione al gettito di tributi statali o da indebitamento senza intervento statale) sono escluse dal versamento nella tesoreria statale, per essere depositate direttamente presso l'istituto cassiere/tesoriere appartenente al sistema bancario.

L’applicazione del sistema c.d. “misto”, inizialmente limitato soltanto ad alcune fattispecie di enti locali e alle regioni ordinarie, è stato esteso a decorrere dal 1999 alle Università statali, con la legge n. 449 del 1997 (articolo 51, comma 3), poi, dal 2007 alle Autorità portuali, ai sensi della legge n. 296 del 2006 (articolo 1, comma 988) e infine, con l’articolo 77-quater del decreto-legge n. 112 del 2008, a tutte le regioni, a tutti gli enti locali e agli enti del settore sanitario.

Per i Dipartimenti universitari e per le Camere di commercio era stata prevista la fuoriuscita dal sistema della tesoreria unica (dal 1999 per i Dipartimenti universitari, ai sensi dell’articolo 29, comma 10, della legge n. 448 del 1998, e dal 2006 per le Camere di commercio, ai sensi dell’articolo 1, comma 45, della legge n. 266 del 2005).

Le esigenze di controllo e di contenimento della finanza pubblica, e in particolare la difficoltà a finanziare il fabbisogno di liquidità del settore statale sperimentata all'inizio del 2012, hanno portato il legislatore a sospendere, con l’articolo 35, commi da 8 a 10, del decreto-legge n. 1 del 2012, il regime di tesoreria unica misto per gli enti sopraindicati e a ripristinare l’originario regime di tesoreria unica.

Analoghe considerazioni hanno comportato la reintroduzione del sistema di tesoreria unica per i Dipartimenti universitari (articolo 35, commi 11-12, del medesimo decreto-legge n. 1 del 2012) e per le Camere di commercio (queste ultime, reinserite dal 2015, ex art. 1, commi 391-394, della legge di stabilità 2015) che ne erano fuoriusciti. Sempre nel 2012, con il decreto-legge n. 95 del 2012 (c.d. spending review, articolo 7, commi 33-36) è stato inoltre disposto l’assoggettamento al sistema di tesoreria unica delle istituzioni scolastiche ed educative statali, alle quali il sistema non era mai stato applicato.

Infine, i commi da 742 a 746 della legge n. 208 del 2015 prevedono dal 2016 l'assoggettamento al regime di tesoreria unica dell'Autorità di regolazione dei trasporti, dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e del Garante per la protezione dei dati personali.

Anche l’Ispettorato nazionale del lavoro è dal 2015 assoggettato alla tesoreria unica (articolo 5 del decreto legislativo n. 149 del 2015).


Articolo 199
(Conclusione del cashback)

 

 

L’articolo 199 fissa al 31 dicembre 2021 la conclusione del cashback, il programma di attribuzione di rimborsi in denaro per acquisti effettuati mediante l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici.

Inoltre, rimane ferma la sospensione del programma già prevista per il secondo semestre 2021

 

A seguito della conclusione del programma, viene abrogato il riferimento alle disponibilità delle risorse nell'anno 2022, previste dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160 del 2019, articolo 1, comma 289-bis, 289-ter e 290) per:

§  le spese connesse ai i servizi di progettazione, realizzazione e gestione del sistema informativo destinato al calcolo del rimborso, affidati alla società PagoPA S.p.A;

§  le attività di attribuzione ed erogazione dei rimborsi, nonché ogni altra attività strumentale e accessoria, ivi inclusa la gestione dei reclami e delle eventuali controversie, affidate alla Consap - Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.A.

L'art. 1, comma 290, della citata legge n. 160 stanzia, su apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, l'importo annuo di tre miliardi di euro per gli anni 2021 e 2022. I commi 289-bis e 289-ter destinato quota parte di tali risorse alle attività qui sopra ricordate.

 

L'art. 1, comma 289-bis, della legge n. 160 del 2019, prevede che il MEF debba utilizzare la piattaforma PagoPA (articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 82 del 2005-Codice dell'amministrazione digitale), e affidare alla società PagoPA S.p.A. (articolo 8, comma 2, del decreto legge n. 135 del 2018), i servizi di progettazione, realizzazione e gestione del sistema informativo destinato al calcolo del rimborso di cui ai commi 288 e 289. Gli oneri e le spese relative ai predetti servizi, comunque non superiori a 2,2 milioni per l’anno 2020, e a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, sono a carico delle risorse finanziarie di cui al comma 290 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2020.

Il comma 289-ter prevede che le attività di attribuzione ed erogazione dei rimborsi, nonché ogni altra attività strumentale e accessoria (ivi inclusa la gestione dei reclami e delle eventuali controversie) siano affidate dal MEF alla Consap - Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.A. Gli oneri e le spese relative ai predetti servizi, comunque non superiori a 1,5 milioni di euro annui per gli anni 2021 e 2022, sono anch'esse a carico delle risorse finanziarie di cui al già citato comma 290.

Come già detto, rimane ferma la sospensione del programma cashback per il secondo semestre 2021, già prevista dall'art. 11-bis, comma 1, del decreto-legge n. 73 del 2021 (come convertito della legge n. 106 del 2021).

È abrogata la disposizione del regolamento sul cashback concernente la possibilità di erogare i rimborsi nel primo semestre 2022 (lettera c) dell’art. 6, comma 2, del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 156 del 2020).

Si specifica, quindi, che la disciplina sui rimborsi speciali contenuta nell'articolo 8 del medesimo regolamento si applichi al solo primo semestre 2021.

Si tratta del rimborso di 150.000 euro spettante ai primi centomila aderenti che, in ciascuno dei semestri considerati, abbiano totalizzato il maggior numero di transazioni regolate con strumenti di pagamento elettronici. In caso di parità nel numero di transazioni, viene stilata la graduatoria in base alla data dell'ultima transazione utile effettuata (dalla data anteriore).

 

A decorrere dal completamento delle operazioni di rimborso relative al primo semestre 2021, sono risolte le convenzioni stipulate dal Ministero dell’economia e delle finanze con PagoPa S.p.A. e con Consap, stipulate ai sensi dell’articolo 1, commi 289-bis e 289-ter della legge n. 160 sono risolte.

Sono, in ogni caso, fatti salvi gli obblighi a carico delle due Società relativi alla gestione delle controversie previste dalle medesime convenzioni. A tal fine è istituito un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze con una dotazione di tre milioni di euro per il 2022.

 

Sulla disciplina inerente ai reclami è intervenuto dall'art. 11-bis, comma 1, del decreto-legge n. 73 del 2021 che ha novellato l'art. 10 comma 2 del regolamento prevedendo che il reclamo:

§  abbia ad oggetto la mancata o inesatta contabilizzazione nella App IO o nei sistemi messi a disposizione dagli issuer convenzionati, del rimborso cashback e del rimborso speciale;

§  sia presentato dal quindicesimo giorno successivo al termine del periodo di riferimento (15 luglio 2021 per il primo semsetre 2021, unico periodo attivo secondo le disposizioni in esame) ed entro il successivo 29 agosto.

La PagoPA S.p.A. mette a disposizione degli aderenti un apposito servizio di help desk per gli aspetti relativi alla gestione del profilo utente e ai servizi erogati attraverso la App IO, incluse eventuali contestazioni in merito alla registrazione delle transazioni effettuate (art. 10, comma 1, del regolamento).

I reclami dovranno essere presentati a Consap S.p.A., quale soggetto incaricato delle attività di erogazione dei rimborsi, mediante invio dell'apposito modulo, debitamente compilato e sottoscritto, unitamente agli allegati richiesti, attraverso canale telematico dedicato (ivi, comma 4).

Il termine per la decisione di Consap sui reclami è fissato (ivi, comma 5) a trenta giorni a partire dalla scadenza del termine per presentare il reclamo.

 

Sono abrogate tutte le disposizioni del regolamento sul cashback (d.m. n. 156 del 2020) e del decreto-legge n. 73 del 2021 (come convertito dalla legge n. 106 del 2021) incompatibili con le misure per la conclusione del programma dei rimborsi di cui al presente articolo.

Si valuti l'opportunità di specificare puntualmente le disposizioni abrogate, fatto salvo il principio di abrogazione implicita per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti, di cui all'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile.

 

 

L'articolo 1, comma 288 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) prevede che le persone fisiche maggiorenni residenti nel territorio dello Stato che effettuano abitualmente - al di fuori di attività di impresa o esercizio di professione - acquisti con strumenti di pagamento elettronici hanno diritto ad un rimborso in denaro, nei casi, alle condizioni e sulla base dei criteri individuati dalle disposizioni attuative previste dal successivo comma 289. I rimborsi attribuiti non concorrono a formare il reddito del percipiente per l'intero ammontare corrisposto nel periodo d'imposta e non sono assoggettati ad alcun prelievo erariale.

Il comma 289 prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, emani uno o più decreti al fine di stabilire le condizioni e le modalità attuative delle disposizioni di cui ai commi 288, 289-bis e 289-ter, inclusi le forme di adesione volontaria e i criteri per l'attribuzione del rimborso, anche in relazione ai volumi ed alla frequenza degli acquisti, gli strumenti di pagamento elettronici e le attività rilevanti ai fini dell'attribuzione del rimborso, nei limiti dello stanziamento di cui al comma 290.

Con il più volte citato decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 156 del 2020, sono state stabilite le modalità di attuazione della disciplina in oggetto.

Si ricorda che l'adesione al cashback è comunque su base volontaria.

Si segnala infine che le iniziative relative al cashback (come altre misure quali la alla lotteria dei corrispettivi) erano ricondotte al c.d piano Italia Cashless, relativo alle misure per ridurre dell'uso del contante e favorire il tracciamento dei pagamenti.

 

 


Sezione II - Stati di previsione

Articoli 200-218
(Approvazione stati di previsione e quadri generali riassuntivi del bilancio dello Stato -
Analisi dei finanziamenti, definanziamenti e rimodulazioni di leggi di spesa disposte dagli stati di previsione)

 

 

Gli articoli da 200 a 218 dispongono l’approvazione dello stato di previsione dell’entrata e dei singoli stati di previsione della spesa, recando per ciascuno di essi anche altre disposizioni aventi carattere gestionale, per la gran parte riprodotte annualmente.

Gli articoli 216 e 217 dispongono l’approvazione del totale generale della spesa e dei quadri generale riassuntivi per il triennio 2022-2024.

L’articolo 218 riporta norme aventi carattere gestionale - di natura prettamente formale – riprodotte annualmente nella legge di bilancio.

Considerando che con la Sezione II del disegno di legge di bilancio, sulla base dell’articolo 23, comma 3, lettera b), della legge di contabilità (legge 196/2009), possono essere effettuate variazioni quantitative della legislazione vigente, nella presente scheda si dà conto, in relazione a ciascuno stato di previsione della spesa, delle leggi interessate dalle principali operazioni di rifinanziamento, definanziamento e riprogrammazione di risorse.

 

Per l’analisi degli articoli sopra indicati, da 200 a 215, relativi all’approvazione dei singoli stati di previsione, sia per quanto riguarda gli aspetti normativi che per gli aspetti contabili, si rinvia al Volume III del presente dossier.

Nella presente scheda si dà unicamente conto delle leggi di spesa interessate dalle principali operazioni di rifinanziamento, definanziamento e riprogrammazione effettuate da ciascuno stato di previsione della spesa, ai sensi dell’articolo 23, comma 3, lett. b), della legge di contabilità (legge n. 196/2009), che costituiscono parte integrante della manovra di finanza pubblica operata dal disegno di legge di bilancio, effettuata direttamente con la Sezione II in quanto non necessita di innovazioni legislative.

Si ricorda, infatti, che a seguito della riforma operata nel 2016, la parte contabile del ddl di bilancio contenuta nella Sezione II – che nella passata concezione del bilancio come legge meramente formale si limitava ad esporre i fattori legislativi di spesa senza poterli modificare[140] - è venuta ad assumere un contenuto sostanziale, potendo incidere direttamente, mediante rifinanziamenti, definanziamenti o riprogrammazioni, sugli stanziamenti relativi a leggi di spesa vigenti, per un periodo temporale anche pluriennale (inglobando, di fatto, i contenuti delle preesistenti tabelle C, D, E della legge di stabilità).

 

Nel complesso, con la Sezione II del disegno di legge di bilancio sono stati effettuati:

§  rifinanziamenti di leggi di spesa per 7.479,6 milioni nel 2022, 7.534,5 milioni nel 2023 e 6.352,5 milioni nel 2024;

§  definanziamenti per 1.531,9 milioni per il 2022, 481,9 milioni per il 2023 e per 3 milioni per il 2024;

§  riprogrammazioni di autorizzazioni pluriennali di spesa che determinano una riduzione di 50 milioni nel 2022, un incremento di 2.550 milioni nel 2023 e una riduzione di 2.500 milioni nel 2024.

 

Si ricorda, tuttavia, che la manovra di finanza pubblica per il triennio 2022-2024 si compone non solo degli effetti del disegno di legge di bilancio ma anche di quelli recati dal decreto-legge del 21 ottobre 2021, n. 146 (c.d. DL fiscale). Tali effetti sono stati contabilizzati in bilancio mediante variazioni di Sezione II.

Il D.L. n. 146/2021 comporta, nel complesso, maggiori spese nel triennio, pari a 6.324 milioni di euro nel 2022 e a 6.067 negli anni 2023 e 2024, che vengono registrate nel bilancio per il 2022-2024 come rifinanziamenti di Sezione II, e minori spese pari a 6.441 milioni di euro nel 2022, 6.048 milioni nel 2023 e 6.032 milioni nel 2024, che sono contabilizzate nel bilancio per il 2022-2024 come definanziamenti.

Nel complesso il provvedimento determina nel triennio di programmazione un lieve miglioramento del saldo del bilancio dello Stato e dell’indebitamento netto che integrano gli effetti finanziari della manovra di finanza pubblica 2022-2024.

Nelle tavole che seguono sono riportate le principali leggi di spesa oggetto di variazione, suddivise per Ministero, come indicate negli appositi Allegati contenuti nel deliberativo di ciascuno stato di previsione (A.S. 2448 - Tomo III).

Viene data evidenza contabile alle variazioni determinate dal D.L. n. 146/2021.

Nelle tavole che seguono sono indicati, per ciascuna legge, le risorse disponibili a legislazione vigente (LV) e l’intervento di rifinanziamento (Rif.), definanziamento (Def.) o riprogrammazione (Ripr), con l’anno di scadenza della variazione.

Si ricorda che l’elenco complessivo delle leggi di spesa oggetto di variazione è altresì esposto, articolato per Missione, quale allegato conoscitivo della Relazione tecnica (Tomo I, pag. 463 e ss).

N.B. Gli importi esposti in Tabella per gli anni successivi al triennio di previsione sono calcolati sul un periodo temporale massimo di 10 anni. Per i rifinanziamenti permanenti è riportata la quota annuale.

Il simbolo (*) individua le leggi di spesa permanente.

 

Tabella 1 – Rifinanziamenti Sezione II

(dati di competenza, valori in milioni di euro)

RIFINANZIAMENTI

 

2022

2023

2024

2025 e seguenti

ECONOMIA E FINANZE

 

 

 

 

 

LB n. 145 del 2018 art. 1 c. 457 - Ipoacusia (*) - (Cap-pg: 2121/1) (Variazione Permanente)

LV

2,0

2,0

2,0

2,0

Rif.

4,0

4,0

4,0

4,0

LB n. 178 del 2020 art. 1 c. 561 - Attività sportiva di base - (Cap-pg: 2085/1)

LV

0

0

0

 

Rif.

20,0

-

-

-

DL n. 223 del 2006 art. 19 c. 2 - Fondo per le politiche giovanili (*) - (Cap-pg: 2106/1) (Variazione Permanente)

LV

35,9

35,9

35,9

35,9

Rif.

50,0

50,0

25,0

25,0

LS n. 208 del 2015 art. 1 c. 482 - Anniversario Repubblica - (Cap-pg: 2098/1)

LV

0

0

0

0

Rif.

2,0

2,0

-

-

L n. 145 del 2016 art. 4 c. 1 - Fondo per il finanziamento delle missioni internazionali - (Cap-pg: 3006/1)

LV

1.397,5

500,0

0

0

Rif.

-

1.200,0

300,0

-

DL n. 78 del 2009 art. 22 c. 6 - Ospedale Pediatrico Bambino Gesù - (Cap-pg: 2705/1)

LV

44,5

44,5

43,5

43,5

Rif.

1,0

1,0

2,0

2,0

LS. n. 208 del 2015 art. 1 c. 813 - Incremento dotazione del fondo per il recepimento della normativa europea" - Sanzioni per condanne da parte Corte di Giustizia dell’Unione europea - (Cap-pg: 2816/1)

LV

0

0

0

0

Rif.

261,0

311,0

250,0

-

LB n. 160 del 2019 art. 1 c. 14 p. F/bis - Edilizia pubblica - Guardia di Finanza - (Cap-pg: 7852/5) - (Scad. Variazione 2035)

LV

0

1,9

5,0

95,4

Rif.

24,1

40,0

35,1

337,3

LB n. 160 del 2019 art. 1 c. 14 p. H/bis - Digitalizzazione delle amministrazioni statali - Guardia di Finanza - (Cap-pg: 7837/8) - (Scad. Variazione 2035)

LV

1,4

1,5

1,5

7,7

Rif.

8,0

10,1

11,6

111,6

LB n. 160 del 2019 art. 1 c. 14 p. M/bis - Potenziamento infrastrutture e mezzi per l'ordine pubblico, la sicurezza e il soccorso- Guardia di Finanza - (Cap-pg: 7837/7) - (Scad. Variazione 2035)

LV

8,7

13,9

12,7

62,7

Rif.

23,9

19,9

33,3

795,0

DL n. 34 del 2020 art. 169 c. 6 - Sostegno pubblico  liquidazione coatta amministrativa banche - (Cap-pg: 7618/1)

LV

0

0

0

0

Rif.

200,0

-

-

-

LF n. 244 del 2007 art. 3 c. 33 p. 1 - "Contributo alle imprese"-  SIMEST - (Cap-pg: 7298/2) - (Scad. Variazione 2026)

LV

0

0

0

0

Rif.

50,0

50,0

50,0

100,0

LS n. 190 del 2014 art. 1 c. 190 - Comitato Paraolimpionico  - (Cap-pg: 2132/1) - (Variazione Permanente)

LV

22,5

22,5

20,5

204,7

Rif.

8,0

8,0

8,0

80,0

LB n. 178 del 2020 art. 1 c. 177 - Fondo sviluppo e coesione (FSC) ciclo 2021-2027 - (Cap-pg: 8000/11) - (Scad. Variazione 2029)

LV

4.593,9

2.346,0

6.096,0

43.198,0

Rif.

3.000,0

3.000,0

3.000,0

14.500,0

LB n. 178 del 2020 art. 1 c. 1134 - Violenza di genere (*) - (Cap-pg: 2016/1) - (Variazione Permanente)

LV

2,0

2,0

0

0

Rif.

-

-

2,0

2,0

DL n. 93 del 2013 art. 5/bis c. 1 - Politiche Pari opportunità (*) - (Cap-pg: 2108/2) - (Variazione Permanente)

LV

7.,1

7.,1

7.,1

7.,1

Rif.

-

2,9

2,9

2,9

DL n. 135 del 2018 art. 8 c. 1/ter - Attuazione obiettivi dell'Agenda digitale italiana." - APP Immuni (*) - (Cap-pg: 2010/1)

 

LV

15,8

15,8

15,8

15,8

Rif.

3,0

-

-

-

D.Lgs. 117/2017, art. 81: Credito di imposta Social bonus Terzo settore (cap.3874/1) (vedi definanziamento)

LV

29,9

29,9

29,9

299,0

Rif.

-

-

-

9,1

DLG n. 300 del 1999 art. 65 - Agenzia del Demanio per acquisto immobili" - (Cap-pg: 7754/1) - (Scad. Variazione 2030)

LV

27,7

26,3

29,7

283,5

Rif.

50,0

75,0

75,0

450,0

DL n. 137 del 2020 art. 13/duodecies c. 2 - Fondo per l'estensione delle misure di sostegno economico nelle aree caratterizzate da un più elevato rischio epidemiologico" - (Cap-pg: 3083/1)

LV

130,0

0

0

0

Rif.

145,0

-

-

-

L n. 825 del 1971 - Delega legislativa per la riforma tributaria – (Fondo rivalutazione marchi) (*) - (Cap-pg: 3811/1)

LV

4.221,0

3.221,0

3.221,0

3.221,0

Rif.

500,0

-

-

-

LS n. 228 del 2012 art. 1 c. 170  - Banche e fondi internazionali - (Cap-pg: 7175/3) -

LV

500,0

0

0

0

Rif.

700,0

-

-

-

L n. 448 del 1998 art. 50 c. 1 p. C  - Edilizia sanitaria pubblica - (Cap-pg: 7464/1) - (Scad. 2035)

LV

1.310,0

1.505,0

1.335,0

6.695,0

Rif.

-

-

20,0

1.830,0

L n. 183 del 1987 "Fondo di rotazione politiche comunitarie" – Programma complementare di azione e coesione a supporto tecnico operativo del PNRR - (Cap-pg: 7493/4) - (Scad. 2026)

LV

40,0

0

0

0

Rif.

15,0

15,0

10,0

10,0

DL n. 282 del 2004 art. 10 c. 5 "Fondo interventi strutturali politica economica - FISPE" - (Cap-pg: 3075/1) - (Variazione Permanente)

LV

196,0

173,7

97,0

1.115,3

Rif.

-

75,0

120,0

1.200.0

SVILUPPO ECONOMICO

 

 

 

 

 

DL n. 34 del 2020 art. 43 c. 1 - Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell'attività d'impresa - (Cap-pg: 7478/1) - (Scad. Variazione 2036)

LV

100,0

100,0

100,0

1.000,0

Rif.

100,0

100,0

100,0

1.000,0

DL n. 112 del 2008 art. 43  - Contributi per l'erogazione di finanziamenti per contratti di sviluppo nel settore industriale" - (Cap-pg: 7343/1) - (Scad. Variazione 2036)

LV

100,0

100,0

80,0

700,0

Rif.

400,0

250,0

100,0

1.000,0

LB n. 145 del 2018 art. 1 c. 203 - Erogazione contributi alle imprese che partecipano alla realizzazione dell'IPCEI" - (Cap-pg: 7348/1)

LV

83,4

83,4

83,4

0

Rif.

250,0

250,0

-

-

L n. 266 del 1997 art. 4 c. 3 - Programmi tecnologici per la difesa aerea nazionale - (Cap-pg: 7421/3) - (Scad. Variazione 2036)

LV

0

0

0

0

Rif.

-

50,0

85,0

1.260,0

DL n. 321 del 1996 art. 5 c. 2 p. C - Sviluppo tecnologico nel settore aeronautico - (Cap-pg: 7420/2) - (Scad. Variazione 2036)

LV

0

0

0

0

Rif.

-

25,0

10,0

190,0

LF n. 266 del 2005 art. 1 c. 95 p. 3  -Contributo per il proseguimento del programma di sviluppo per l'acquisizione delle unità navali FREMM" - (Cap-pg: 7485/14) - (Scad. Variazione 2036)

LV

0

0

0

0

Rif.

-

-

30,0

1.045,0

LS n. 147 del 2013 art. 1 c. 37 - Contributi ventennali settore marittimo - difesa nazionale - (Cap-pg: 7419/7) - (Scad. Variazione 2036)

LV

0

0

0

0

Rif.

-

25,0

25,0

405,0

LB n. 232 del 2016 art. 1 c. 71 "Rifinanziamento interventi per l'autoimprenditorialità giovanile e femminile - (Cap-pg: 7490/1) - (Scad. Variazione 2024)

LV

10,0

10,0

0

0

Rif.

50,0

50,0

50,0

-

LB n. 205 del 2017 art. 1 c. 1072 p. H/ter - Digitalizzazione delle amministrazioni statali" - (Cap-pg: 7031/5)

LV

0

0

0

0

Rif.

8,0

7,0

-

-

DL n. 73 del 2021 art. 11/quater c. 9 "Fondo indennizzo dei titolari di titoli di viaggio e voucher emessi dall'amministrazione straordinaria (Società Aerea Italiana S.P.A.) in conseguenza delle misure di contenimento per l'emergenza covid-19" - (Cap-pg: 2259/1)

LV

0

0

0

0

Rif.

50,0

-

-

-

LAVORO

 

 

 

 

 

L n. 106 del 2016 art. 9 c. 1 p. g - Fondo finanziamento progetti e attività Terzo settore - (cap-pg: 5247/1) - (variazione permanente)

LV

35,0

35,0

35,0

350,0

Rif.

5,0

5,0

5,0

50,0

LB n. 178 del 2020 art. 1 c. 334 - Fondo destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico delle attività non professionali del caregiver familiare - (cap-pg: 3555/1) - (variazione permanente)

LV

30,0

30,0

0

0

Rif.

50,0

50,0

50,0

500,0

giustizia

 

 

 

 

 

LB n. 145 del 2018 art. 1 c. 95 p. f/quinquies - Edilizia pubblica compresa quella scolastica e sanitaria – Polo della giustizia di Bari (risistemazione ex caserme Capozzi e Milano - (cap-pg: 7200/13) - (scad. variazione 2025)

LV

24,2

50,0

56,5

188,1

Rif.

35,0

75,0

100,0

100,0

LB n. 232 del 2016 art. 1 c. 140 p. e/novies - Ripartizione del fondo investimenti (acquisto edifici da adibire ad uffici giudiziari a Modena e Ancona - (cap-pg: 7200/7) - (scad. variazione 2026)

LV

44,2

46,0

39,1

77,3

Rif.

10,0

20,0

20,0

30,0

affari esteri e cooperazione internazionale

 

 

 

 

 

L n. 549 del 1995 art. 1 c. 43 p. c/bis - Contributo Dante Alighieri  - (cap-pg: 2742/2)

LV

3,2

3,2

3,2

32,0

Rif.

2,0

2,0

2,0

-

LB n. 232 del 2016 art. 1 c. 621 - Fondo interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo con i paesi africani di importanza prioritaria per le rotte migratorie" - (cap-pg: 3109/1) - (scad. variazione 2026)

LV

40,0

0

0

0

Rif.

20,0

30,0

30,0

60,0

LB n. 160 del 2019 art. 1 c. 14 p. h/sexies - Digitalizzazione delle amministrazioni statali (cap-pg: 7240/5) - (scad. variazione 2024)

LV

3,0

0,8

0

0

Rif.

3,0

4,5

7,0

-

LB n. 160 del 2019 art. 1 c. 14 p. q/sexies - Sostenibilità ambientale ed efficientamento energetico, anche mediante il rinnovo del parco tecnologico - (cap-pg: 7255/3) - (scad. variazione 2024)

LV

5,0

5,0

18,8

0

Rif.

3,0

4,5

7,0

-

istruzione

 

 

 

 

 

DL n. 42 del 2016 art. 1/quinquies c. 1 - Contributo alle scuole paritarie di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62 per alunni con disabilità frequentanti (*) - (cap-pg: 1477/2)

LV

32,2

32,2

32,2

32,2

Rif.

70,0

70,0

-

-

DL n. 95 del 2012 art. 23 c. 5 - Gratuità totale o parziale libri di testo (*) - (cap-pg: 2043/1) - (variazione permanente)

LV

103,0

103,0

103,0

103,0

Rif.

30,0

30,0

30,0

30,0

dl n. 179 del 2012 art. 11 c. 4/sexies - Fondo unico per l'edilizia scolastica - (cap-pg: 8105/1) - (scad. variazione 2036)

LV

141,0

121,0

70,0

1.100,0

Rif.

-

-

10,0

1.590,0

interno

 

 

 

 

 

L n. 189 del 2002 art. 38 - Completamento e ammodernamento di immobili destinati a centri di permanenza temporanea - (cap-pg: 7351/2) - (scad. variazione 2026)

LV

8,5

8,5

8,5

85,0

Rif.

7,3

18,3

23,3

13,3

LF n. 244 del 2007 art. 2 c. 618 - Spese di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili destinati a centri di permanenza temporanea - (cap-pg: 7351/3) - (scad. variazione 2025)

LV

2,0

2,0

2,0

20,0

Rif.

1,7

1,7

1,7

1,7

DL n. 120 del 2021 art. 2 c. 1 - Acquisizione di mezzi operativi, terrestri e aerei, e di attrezzature per il rafforzamento della capacità operativa delle componenti statali nelle attività di prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi - (cap-pg: 7325/37) - (scad. variazione 2025)

LV

0

0

0

0

Rif.

62,0

65,0

70,0

32,5

infrastrutture e trasporti

 

 

 

 

 

LF n. 296 del 2006 art. 1 c. 1039 - Potenziamento componenti aereonavali Capitanerie di porto (cap-pg: 7842/1) - (scad. variazione 2032)

LV

13,0

13,0

14,0

15,0

Rif.

-

18,0

21,0

261,0

LB n. 205 del 2017 art. 1 c. 523 - Piano straordinario urgente propedeutico al piano invasi - (cap-pg: 7281/1) - (scad. variazione 2027)

LV

50,0

0

0

0

Rif.

40,0

80,0

80,0

240,0

LF n. 296 del 2006 art. 1 c. 1016 -Trasporto rapido di massa - (cap-pg: 7400/1) - (scad. variazione 2032)

LV

7,0

7,0

7,0

254,0

Rif.

50,0

50,0

50,0

850,0

LS n. 228 del 2012 art. 1 c. 208 - Nuova linea ferroviaria Torino-Lione" - (cap-pg: 7532/1) - (scad. variazione 2026)

LV

153,5

451,1

401,1

1.055,7

Rif.

11,4

11,4

11,4

22,8

DL n. 16 del 2020 art. 3 c. 12/bis - Olimpiadi invernali 2026- strade - (cap-pg: 7698/1) - (scad. variazione 2025)

LV

141,0

142,0

140,0

147,0

Rif.

55,0

55,0

55,0

60,0

DL n. 16 del 2020 art. 3 c. 12/bis - Olimpiadi invernali 2026ferrovie - (cap-pg: 7561/1) - (scad. variazione 2025)

LV

34,0

32,0

32,0

35,0

Rif.

16,0

16,0

16,0

13,0

DL n. 16 del 2020 art. 3 c. 12/bis - Olimpiadi invernali 2026trasporto pubblico locale - (cap-pg: 7272/1) - (scad. variazione 2025)

LV

16,0

18,0

18,0

18,0

Rif.

10,0

10,0

10,0

8,0

DL n. 76 del 2020 art. 7 c. 1 "Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche" - (cap-pg: 7007/1) - (scad. variazione 2026)

LV

0

0

0

0

Rif.

30,0

30,0

30,0

60,0

LS n. 228 del 2012 art. 1 c. 301 - Fondo nazionale per il concorso finanziario dello stato agli oneri del trasporto pubblico locale - (cap-pg: 1315/1) - (variazione permanente)

LV

4.873,3

4.873,3

4.873,3

48.733,0

Rif.

100,0

200,0

300,0

3.000,0

DL n. 91 del 2017 art. 16/bis c. 1 - Interventi di ripristino e messa in sicurezza sulla tratta autostradale A24 e A25 - (cap-pg: 7701/1) - (scad. variazione 2030)

LV

0,3

0

0

0

Rif.

0

0

10,0

990,0

DIFESA

 

 

 

 

 

DLG n. 66 del 2010 art. 608 - Spese di investimento del Ministero della difesa - (cap-pg: 7120/2 - 7140/1) - (scad. variazione 2036) (vedi riprogrammazioni e definanziamenti)

LV

2.552,9

1.228,8

1.760,8

14.560,3

Rif.

500,0

750,0

850,0

8.780,0

D.Lgs n. 66 del 2010 art. 608 - Spese di investimento del Ministero della Difesa" – Arma dei carabinieri (*) - (cap-pg: 7763/1) - (scad. variazione 2036)

LV

18,0

28,0

28,0

30,0

Rif.

30,0

30,0

40,0

50,0

POLITICHE AGRICOLE

 

 

 

 

 

L n. 267 del 1991 art. 1 c. 1 p. 5 - Attuazione del terzo Piano nazionale della pesca marittima e misure in materia di credito peschereccio, (*) - (cap-pg: 1476/1 - 1477/1 - 1488/1) - (scad. variazione 2023)

LV

5.961,8

5.961,8

1.961,8

1.961,8

Rif.

7,1

7,1

-

-

L n. 267 del 1991 art. 1 c. 1 p. 5/bis  - Piano pesca (*) - (cap-pg: 1173/1)

LV

0,9

0,9

0,9

0,9

Rif.

0,1

0,1

-

-

L n. 267 del 1991 art. 1 c. 1 p. 6 - Piano pesca (*) - (cap-pg: 7043/1) - (scad. variazione 2023)

LV

1,6

1,5

1,0

1,0

Rif.

0,8

0,8

-

-

LB n. 178 del 2020 art. 1 c. 128 - Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura - (cap-pg: 7098/1)

LV

0

0

0

0

Rif.

80,0

80,0

-

-

DL n. 113 del 2016 art. 23/bis c. 1 - Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali - miglioramento qualità prodotti cerearicoli - (cap-pg: 7825/1)

LV

14,0

14,0

12,0

100,0

Rif.

10,0

-

-

-

LB n. 160 del 2019 art. 1 c. 507 - Fondo competitività filiere agricole - (cap-pg: 7097/1)

LV

10,0

10,0

-

-

Rif.

10,0

-

-

-

LB n. 205 del 2017 art. 1 c. 499 p. 6 - Distretti cibo (*) - (cap-pg: 7049/1)

LV

25,5

24,7

13,7

9,7

Rif.

120,0

-

-

-

CULTURA

 

 

 

 

 

L n. 91 del 2003 art. 3 c. 1 p. 2 - Istituzione museo nazionale della Shoa - (cap-pg: 5170/1) - (scad. variazione 2050)

LV

0,8

0,8

0,8

8,5

Rif.

2,0

2,0

2,0

20,0

LB n. 178 del 2020 art. 1 c. 574 - Acquisti ed espropriazioni per pubblica utilità - Tutela belle arti e paesaggio - (cap-pg: 8281/19)

LV

9,0

3,0

3,0

30,0

Rif.

20,0

20,0

-

-

LB n. 178 del 2020 art. 1 c. 574 - Acquisti ed espropriazioni per pubblica utilità - Musei - (cap-pg: 7505/1)

LV

0

0

0

0

Rif.

5,0

5,0

-

-

LB n. 205 del 2017 art. 1 c. 317 - Funzionamento soggetti giuridici creati o partecipati dal Mibac per tutela e valorizzazione del patrimonio culturale – Fondazioni - (cap-pg: 1952/1) - (variazione permanente)

LV

12,0

2,0

2,0

20,0

Rif.

-

8,0

8,0

80,0

L n. 77 del 2006 art. 4 c. 1 - Interventi in favore dei siti italiani inseriti nella "lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO." - (cap-pg: 7305/2) - (scad. variazione 2024)

LV

0

0

0

0

Rif.

2,0

2,0

2,0

-

LB n. 160 del 2019 art. 1 c. 374 p. 1 - Contributo alla fondazione La triennale di Milano (*) - (cap-pg: 5515/1) - (variazione permanente)

LV

0,5

0,5

0,5

0,5

Rif.

1,0

1,0

1,0

1,0

L n. 29 del 2001 art. 3 c. 1 - Piano per l'arte contemporanea - (cap-pg: 7707/13) - (scad. variazione 2050)

LV

6,4

6,4

6,4

64,2

Rif.

3,0

3,0

3,0

30,0

L n. 69 del 2009 art. 25 c. 1 - Trasformazione in fondazione del centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee (MAXXI) - (cap-pg: 5514/1 - 5514/2) - (scad. variazione 2050)

LV

5,3

5,3

5,3

53,5

Rif.

3,0

3,0

3,0

30,0

DL n. 34 del 2011 art. 1 c. 1 p. b - Intervento finanziario dello Stato in favore della cultura - manutenzione e conservazione dei beni culturali (*) - (cap-pg: 1321/1) - (variazione permanente)

LV

10,9

0,9

0,9

0,9

Rif.

1,8

4,8

4,8

4,8

DL n. 83 del 2014 art. 7 c. 1 - Spese per l'attuazione degli interventi del Piano strategico «grandi progetti beni culturali» - (cap-pg: 8098/2) - (scad. variazione 2022)

LV

130,2

128,1

128,7

941,4

Rif.

50,0

-

-

-

LS n. 190 del 2014 art. 1 c. 9 - Fondo per la tutela del patrimonio culturale - (cap-pg: 8099/1) - (variazione permanente)

LV

91,4

70,0

70,0

560,0

Rif.

50,0

100,0

100,0

1.000,0

L n. 169 del 2011 art. 2 c. 1 - Istituto storico italiano per il medioevo (*) - (cap-pg: 2554/1) - (scad. variazione 2050)

LV

0,5

0,5

0,5

0,5

Rif.

0,2

0,2

0,2

0,2

L n. 92 del 2004 art. 2 c. 1 p. 1 - Contributo alla Società di studi fiumani - (cap-pg: 2551/5) - (scad. variazione 2040)

LV

0,0

0,0

0,0

0,3

Rif.

0,1

0,1

0,1

1,0

LB n. 145 del 2018 art. 1 c. 750 p. 2 - Archivio museo storico di Fiume - (cap-pg: 2551/17) - (scad. variazione 2050)

LV

0

0

0

0

Rif.

0,1

0,1

0,1

1,0

L n. 163 del 1985 art. 2 c. 1 p. c – FUS fondazioni lirico-sinfoniche - (cap-pg: 6621/1) - (scad. variazione 2050)

LV

199,2

199,2

199,2

1.992,2

Rif.

10,7

10,7

10,7

106,6

L n. 163 del 1985 art. 2 c. 1 p. d - FUS attività musicali in Italia e all'estero - (cap-pg: 6622/1) - (scad. variazione 2050)

LV

66,5

66,5

66,5

664,7

Rif.

3,8

3,8

3,8

37,9

L n. 163 del 1985 art. 2 c. 1 p. e - FUS attività teatrali di prosa - (cap-pg: 6623/1 - 6626/1) - (scad. variazione 2050)

LV

81,9

81,9

81,9

818,9

Rif.

4,8

4,8

4,8

48,0

L n. 163 del 1985 art. 2 c. 1 p. f - FUS attività di danza in Italia e all'estero - (cap-pg: 6624/1) - (scad. variazione 2050)

LV

12,9

12,9

12,9

129,2

Rif.

0,7

0,7

0,7

7,4

L n. 549 del 1995 art. 1 c. 43 - Contributi ad enti, istituti, associazioni fondazioni ed altri organismi – Beni librari - (cap-pg: 3673/1) - (variazione permanente)

LV

1,4

1,4

1,4

14,1

Rif.

0,6

0,6

0,6

5,6

L n. 549 del 1995 art. 1 c. 43 - Contributi ad enti, istituti, associazioni fondazioni ed altri organismi – Beni e attività culturali (cap-pg: 2570/1) - (variazione permanente)

LV

26,5

26,5

26,3

262,9

Rif.

10,4

10,4

10,4

104,3

LF n. 244 del 2007 art. 2 c. 396  - Contributi a istituzioni culturali - (cap-pg: 2571/1) - (variazione permanente)

LV

21,9

21,9

21,9

218,7

Rif.

9,0

9,0

9,0

90,1

SALUTE

 

 

 

 

 

DL n. 73 del 2021 art. 34/bis c. 6 - Spese per le attività di sorveglianza epidemiologica del SARS-COV-2- (cap-pg: 3443/6) - (variazione permanente)

LV

0

0

0

0

Rif.

10,0

10,0

10,0

100,0

 

Per quanto riguarda i rifinanziamenti disposti in Sezione II, si segnalano, per rilevanza di importo - considerando il complesso del rifinanziamento, che in diversi casi si estende sino al 2036 - le seguenti autorizzazioni di spesa:

§  23.500 milioni per il Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027 (fino al 2029);

§  12.200 milioni per le spese di investimento Difesa (fino al 2036);

§  5.350 milioni per il fondo nazionale trasporti – TPL;

§  3.850 milioni per le politiche di sviluppo dei settori ad alta valenza tecnologica per la difesa e la sicurezza nazionale (dal 2023 al 2036);

§  2.000 milioni per l’edilizia scolastica (fino al 2036);

§  2.000 milioni per l’edilizia sanitaria (fino al 2035);

§  1.950 milioni per i contratti di sviluppo (fino al 2036);

§  1.635 milioni per il Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE);

§  1.500 milioni per la tutela del patrimonio culturale;

§  1.500 milioni per le missioni internazionali di pace (fino al 2024);

§  1.500 milioni per le crisi d’impresa (fino al 2036);

§  1.000 milioni per il trasporto rapido di massa (fino al 2032);

§  1.000 milioni per la Strada dei Parchi A24-A25 (fino al 2030).

 

Nella tabella che segue si riportano, altresì, gli effetti del D.L. n. 146/2011 (decreto-legge fiscale), in termini di maggiori spese, che vengono registrati nel bilancio per il 2022-2024 come rifinanziamenti di Sezione II:

(dati di competenza, valori in milioni di euro)

EFFETTI DEL D.L. n. 146/2021

 

2022

2023

2024

2025 e seguenti

LAVORO

 

 

 

 

 

DL n. 146 del 2021, art. 5, co. 1-4: Rifinanziamento del DL n. 95 del 2012 art. 23/quater "Accorpamento Agenzie fiscali e AAMS" - (Cap-pg: 3890/2 - 3920/4) - (Variazione Permanente)

LV

288,9

229,6

229,6

2.302,0

Rif.

11,0

11,0

11,0

110,3

DL n. 146 del 2021, art. 10, c. 1: Proroga periodo di integrazione salariale per i lavoratori dipendenti Alitalia in amministrazione straordinaria (CIGS)- (Cap-pg: 2400/1)

LV

0

0

0

0

Rif.

63,5

-

-

-

DL n. 146 del 2021, art. 10, c. 2: proroga CIGS a carico del fondo di solidarietà del trasporto aereo - (Cap-pg: 2141/1)

LV

0

0

0

0

Rif.

212,2

-

-

-

DL n. 146 del 2021, art. 13 c. 1 p. C/quater: Attività Ispettorato nazionale del lavoro (Cap-pg: 1231/3) - (Variazione Permanente)

LV

0

0

0

0

Rif.

10,4

10,4

10,4

104,0

DL n. 146 del 2021, art. 13, c. 1, p. F: Banca dati Ispettorato nazionale del lavoro" - (Cap-pg: 7132/1)

LV

0

0

0

0

Rif.

1,5

-

-

-

DL n. 146 del 2021, art. 13, c. 2: Assunzioni contingente di personale ispettivo pari a 1.024 unità presso Ispettorato nazionale del lavoro - (Cap-pg: 1231/1) - (Variazione Permanente)

LV

0

0

0

0

Rif.

22,2

44,3

44,3

443,3

DL n. 146 del 2021, art. 13, c. 2, p. 2: Spese di funzionamento connesse alle assunzioni contingente di personale ispettivo presso Ispettorato nazionale del lavoro + spese connesse allo svolgimento dei concorsi pubblici - (Cap-pg: 1231/3) - (Variazione Permanente)

LV

0

0

0

0

Rif.

10,6

6,5

6,5

64,6

DL n. 146 del 2021, art. 13, c. 5: Incremento contingente di personale dell’Arma dei carabinieri per rafforzare l’attività di vigilanza e sicurezza sui luoghi di lavoro - (Cap-pg: 1231/2) - (Variazione Permanente)

LV

0

0

0

0

Rif.

0,7

3,8

4,3

47,1

DL n. 146 del 2021, art. 17, c. 1, p. 1: Incremento del fondo assegno universale e servizi alla famiglia di cui all’art. 1, co. 339, della legge n. 160/2019" - (Cap-pg: 3894/1) - (Variazione Permanente)

LV

0

0

0

0

Rif.

6.000,0

6.000,0

6.000,0

60.000,0

affari esteri e cooperazione internazionale

 

 

 

 

 

DL n. 146 del 2021 art. 14 c. 2: Presidenza italiana del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa - (Cap-pg: 3430/1)

LV

0

0

0

0

Rif.

1,5

-

-

-

DL n. 146 del 2021 art. 14 c. 1: Contributo da corrispondere alla Repubblica di San Marino in materia di collaborazione radiotelevisiva - (Cap-pg: 4549/1) - (Variazione Permanente)

LV

0

0

0

0

Rif.

1,6

1,7

1,7

18,3

 

 

* * *

Tabella 2 – Definanziamenti Sezione II

(dati di competenza, valori in milioni di euro)

DEFINANZIAMENTI

 

2022

2023

2024

ECONOMIA E FINANZE

 

 

 

 

L. 266/2005, art. 1, co. 86: Contributo in conto impianti a Ferrovie dello Stato Spa (cap. 7122/2) (vedi riprogrammazione)

LV

3.385,0

922,4

2.497,3

Def.

-1.100,0

-400,0

-

D.Lgs. 117/2017, art. 81: Credito di imposta Social bonus Terzo settore (cap.3874/1)

LV

29,9

29,9

29,9

Def.

29,9

19,9

3,0

UNIVERSITA’ E RICERCA

 

 

 

 

D.L. 66/2014, art. 49, co. 2: Somme per il finanziamento di programmi di spesa e ripiano debiti fuori bilancio (cap. 8112/1)

LV

62,0

62,0

-

Def.

-62,0

-62,0

-

DIFESA

 

 

 

 

D.Lgs. 66/2010, art. 608: Spese per programmi della Difesa - Componente aerea e spaziale (cap. 7120/2 e 7140/1) (vedi riprogrammazione)

LV

2.552.9

1.228.8

1.760.8

Def.

-340,0

-

-

 

Il definanziamento più rilevante riguarda l’autorizzazione di spesa relativa al Contributo in conto impianti a Ferrovie dello Stato Spa, con un taglio di 1,5 miliardi di euro nel biennio 2022-2023.

In realtà, tale riduzione è da mettere in relazione, come precisato nella Relazione illustrativa, con quanto disposto dal D.L. n. 146 del 2021 (articolo 16, commi 1-2), che ha anticipato al 2021 alcune spese che si prevedeva di sostenere negli anni successivi, relative a contributi in conto impianti a Ferrovie dello Stato per gli investimenti sulla rete tradizionale, compresi quelli per manutenzione straordinaria, e al completamento dei programmi di ammodernamento e rinnovamento destinati alla difesa nazionale (complessivamente 1,84 miliardi nel 2021).

Con il disegno di legge di bilancio, in Sezione II, sono state corrispondentemente ridotte le risorse previste per le medesime finalità nelle annualità 2022 e 2023.

 

Nella tabella che segue si riportano, altresì, gli effetti del D.L. n. 146/2011 (decreto-legge fiscale), in termini di minori spese, che vengono registrati nel bilancio per il 2022-2024 come definanziamenti di Sezione II:

 (dati di competenza, valori in milioni di euro)

EFFETTI DEL D.L. n. 146/2021

 

2022

2023

2024

ECONOMIA E FINANZE

 

 

 

 

DL n. 146 del 2021: Riduzione DL n. 119 del 2018 art. 18 c. 2 - Rinvio  Lotteria dei corrispettivi -- (Cap-pg: 3919/1) - (Variazione Permanente)

LV

6,0

6,0

6,0

Def.

-6,0

-6,0

-6,0

DL n. 146 del 2021: Riduzione DL n. 124 del 2019 art. 19 c. 1 p. B - Fondo per estrazione speciale premi per pagamenti cashless - (Cap-pg: 3919/1) - (Variazione Permanente)

LV

45,0

45,0

45,0

Def.

-0,2

0

0

DL n. 146 del 2021, art. 17, c. 3, m: Riduzione L n. 720 del 1984 art. 1 - Istituzione del sistema di tesoreria unica - (Cap-pg: 3100/1)

LV

5.497,5

5.497,5

5.497,5

Def.

-165,0

-

-

DL n. 146 del 2021: Riduzione DL n. 104 del 2020 art. 105 c. 1 - Somme per le spese amministrative e di comunicazione connesse alla lotteria degli scontrini - (Cap-pg: 1249/1) - (Variazione Permanente)

LV

5,0

5,0

5,0

Def.

-4,8

-5,0

-5,0

DL n. 146 del 2021: Riduzione LB n. 178 del 2020 art. 1 c. 2 - Fondo delega riforma fiscale e per le maggiori entrate per la fedeltà fiscale, assegno unico" - (Cap-pg: 3087/1) - (Variazione Permanente)

LV

8.000,0

7.000,0

7.000,0

Def.

-6.000

-6.000

-6.000

DL n. 146 del 2021, art. 17: Riduzione L n. 196 del 2009 art. 18 c. 1  -Fondi speciali - (Cap-pg: 6856/1 - 9001/1) - (Variazione Permanente)

LV

1.355,9

1.434,6

1.449,6

Def.

-30,4

-36,1

-36,1

LAVORO

 

 

 

 

DL n. 146 del 2021: Riduzione L n. 88 del 1989 art. 37 - Gestione interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali - (cap-pg: 4339/1) - (scad. variazione 2022)

LV

5.446,5

7.411,9

12.750,5

Def.

-46,4

-

-

DL n. 146 del 2021: Riduzione DL n. 73 del 2021 art. 41 c. 10 - Esonero contributivo per assunzioni a tempo indeterminato con contratto di rioccupazione - (cap-pg: 4385/1)

LV

292,8

0

0

Def.

-184,8

-

-

INFRASTUTTURE E MOBILITA’ SOSTENIBILI

 

 

 

 

DL n. 146 del 2021, art. 17, c. 3, l: Riduzione LB n. 205 del 2017 art. 1 c. 1072 p. M/decies - Potenziamento infrastrutture e mezzi per l'ordine pubblico, la sicurezza e il soccorso – Capitanerie di porto - (Cap-pg: 7842/2)

LV

12,2

19,2

22,2

Def.

-10,0

-10,0

-

* * *

Tabella 3 - Riprogrammazioni

(dati di competenza, valori in milioni di euro)

RIPROGRAMMAZIONI

 

2022

2023

2024

2025
e ss.

Anno terminale

ECONOMIA E FINANZE

 

 

 

 

 

 

L. 266/2005, art. 1, co. 86: Contributo in conto impianti a Ferrovie dello Stato Spa (cap. 7122/2) (vedi definanziamento)

LV

3.385,0

922,4

2.497,3

9.778,4

 

Ripr.

-

2.000,0

-2.000,0

-

 

TRANSIZIONE ECOLOGICA

 

 

 

 

 

 

L.B. 145/2018, art. 1, co 95: Fondo realizzazione progetti efficienza energetica (cap. 7660/5)

LV

50,0

50,0

50,0

50,0

 

Ripr.

-50,0

50,0

 

 

 

DIFESA

 

 

 

 

 

 

D.Lgs 66/2010, art 608: Spese di investimento del Ministero della difesa – Componente aerea e spaziale (cap. 7120/2 e 7140/1) (vedi definanziamento)

LV

2.552.9

1.228.8

1.760.8

14.560,3

 

Ripr.

-

500,0

-500,0

-

 

 

Riguardo alle riprogrammazioni, con riferimento alle spese di investimento di Ferrovie dello Stato Spa si segnala, oltre al definanziamento di 1,1 miliardi nel 2022 e di 400 milioni nel 2023, di cui alla tabella precedente, anche la correlata riprogrammazione con un anticipo di risorse per 2 miliardi dal 2024 al 2023.

 


Articolo 219
(Entrata in vigore)

 

 

La presente legge di bilancio entra in vigore il 1° gennaio 2022, salvo quanto diversamente previsto.

 



[1]     L’art. 1, co. 1, del D.L. 1/2020 (L. 12/2020) ha istituito il Ministero dell’istruzione e il Ministero dell’università e della ricerca, con conseguente soppressione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

[2]     La L. 240/2010 ha confermato, anticipandone la decorrenza, la scelta, già fatta dalla L. 230/2005, di messa ad esaurimento dei ricercatori a tempo indeterminato, individuando, invece, due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato.

In particolare, l’art. 24, co. 1, della L. 240/2010 ha disposto che, nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, al fine di svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.

Il co. 3 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 338, lett. b), della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) – ha previsto che la prima tipologia (lett. a)) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte (RtD di tipo A). La seconda tipologia (lett. b)) consiste in contratti triennali – originariamente non rinnovabili, ma divenuti definitivamente tali proprio a seguito dell’intervento disposto dalla L. di bilancio 2017 –, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lett. a), o che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale (ASN), o che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere (nonché, ai sensi dell’art. 29, co. 5, della medesima L. 240/2010, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’art. 1, co. 14, della L. 230/2005) (RtD di tipo B).

[3]     La stessa relazione tecnica fa presente che la decorrenza è determinata dalla necessità di provvedere, preliminarmente, al riparto delle risorse, lasciando poi il tempo necessario agli atenei per le conseguenti deliberazioni degli organi collegiali e per l’avvio e l’espletamento delle procedure concorsuali.

[4]     La terza missione attiene, sostanzialmente, al trasferimento tecnologico e alla valorizzazione dei risultati della ricerca.

Al riguardo, si ricorda che con l’introduzione del sistema di autovalutazione, valutazione periodica e accreditamento degli atenei (AVA), la terza missione è stata riconosciuta come una missione istituzionale delle università, accanto all’insegnamento e alla ricerca. Sono stati identificati specifici indicatori e parametri di valutazione della terza missione (allegato E del DM 47/2013) e la qualità della terza missione è stata considerata tra i requisiti di qualità delle sedi e dei corsi di studio (allegato C del DM 987/2016 e, successivamente, allegato C del DM 6/2019 e del DM 1154/2021). Più ampiamente, v. qui.

[5]     Al riguardo, si veda il DM 1 settembre 2016, n. 662 che, intervenuto al fine di dare attuazione a quanto previsto dall’art. 18, co. 1, lett. b), della L. 240/2010, ha disposto che quanto da esso previsto è finalizzato anche a garantire l’applicazione dell’art. 1, co. 9, della L. 230/2005. Il DM 662/2016 è stato poi integrato con DM 1 giugno 2017, n. 372.

[6]     Il programma c.d. “Rientro dei cervelli” è stato avviato dal D.M. 26 gennaio 2001, n. 13. In particolare, l’art. 1 del D.M. aveva stabilito, a partire dal 2001 e a valere sul FFO: uno stanziamento di 20 miliardi di lire annui per la stipula di contratti di diritto privato (di durata fino a tre anni accademici) con studiosi ed esperti italiani e stranieri stabilmente impegnati all’estero da almeno un triennio in attività didattica e scientifica; un ulteriore stanziamento di 20 miliardi di lire annui per sostenere specifici programmi di ricerca da affidare ai titolari dei contratti suddetti. L’art. 2 aveva, altresì, destinato – sempre a valere sul FFO e a partire dal 2001 – la somma di 10 miliardi di lire per sostenere ed incentivare le chiamate nel ruolo della docenza di prima fascia di professori stranieri o italiani stabilmente impegnati all’estero in attività didattiche o di ricerca nell’ultimo triennio.

Successivamente, prima con il DM 20 marzo 2003, n. 501 e poi con il DM 1° febbraio 2005, n. 18 è stato previsto che ogni anno un’apposita quota del FFO fosse destinata alla stipula di contratti da parte delle università statali con studiosi ed esperti stranieri o italiani stabilmente impegnati all’estero da almeno un triennio in attività didattica e di ricerca. Il programma si rivolgeva a studiosi di ogni disciplina e nazionalità, purché in possesso almeno del titolo di dottore di ricerca o equivalente al momento della presentazione della domanda.

Nel prosieguo, l’art. 1, co. 9, della L. 230/2005 ha sancito a livello legislativo la chiamata diretta di studiosi italiani impegnati all’estero.

[7]     L’identificazione dei programmi di ricerca di alta qualificazione, allora finanziati dall’Unione europea o dal MIUR, di cui all’art. 1, co. 9, della L. 230/2005, è stata operata, da ultimo, con il DM 28 dicembre 2015, n. 963.

[8]     Prevista dal T.U. emanato con R.D. 1592/1933.

[9]     Prevista dalla L. 41/1987.

[10]   Prevista dal DPR 102/1978.

[11]   Prevista dal DM 18 novembre 2005.

[12]   Previsto dal DM 8 luglio 2005.

[13]   Prevista dal T.U. emanato con R.D. 1592/1933. Con riferimento alla denominazione di Istituto superiore statale ad ordinamento speciale dell’Università per stranieri di Perugia, si veda anche l’art. 1 della L. 204/1992.

[14]   Prevista dalla L. 204/1992, quale trasformazione della Scuola di lingua e cultura italiana per stranieri di Siena riconosciuta con L. 359/1976.

[15]   V. qui.

[16]   Prevista dall’art. 2, co.1, del D.L. 42/2016 (L. 89/2016).

[17]   La Scuola Normale Superiore di Pisa, la Scuola Superiore di studi e perfezionamento Sant'Anna e l’Istituto universitario di studi superiori IUSS di Pavia sono costituiti, ai sensi dell’art. 3 della L. 240/2010, del DM 635/2016 e del DM 264/2017, in un’unica Federazione, denominata Scuole Universitarie Federate.

[18]   Al riguardo, si vedano le specifiche presenti nella relazione tecnica all’A.C. 1334-B.

[19]   Al riguardo, si segnala che la 7a Commissione permanente del Senato ha svolto un'indagine conoscitiva sulla condizione studentesca nelle università e il precariato nella ricerca universitaria, approvando il documento conclusivo (Doc. XVII, n. 5). In tale contesto è stato segnalata l'esigenza di un potenziamento dei servizi abitativi per gli studenti.

[20]   Recante "Revisione della normativa di principio in materia di diritto allo studio e valorizzazione dei collegi universitari legalmente riconosciuti, in attuazione della delega prevista dall'articolo 5, comma 1, lettere a), secondo periodo, e d), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e secondo i princìpi e i criteri direttivi stabiliti al comma 3, lettera f), e al comma 6".

[21]   Recante disciplina del reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni.

[22]   Il richiamato comma 3-bis prevede che il personale che abbia superato un concorso pubblico per l'accesso all'area "Elevata professionalità" o all'area terza di cui all'allegato A al contratto collettivo nazionale di lavoro del 4 agosto 2010, possa essere assunto con contratto a tempo indeterminato al maturare di tre anni di servizio, nel rispetto del regime autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all'articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni. Sulla vigenza di tale comma è intervenuto dapprima il DPR n. 143 del 2019 ("Regolamento recante le procedure e le modalità per la programmazione e il reclutamento del personale docente e del personale amministrativo e tecnico del comparto AFAM") che ne ha disposto l'abrogazione a decorrere dall'anno accademico 2020/2021 (art. 8, comma 4, lett. a)); quindi, successive disposizioni hanno posticipato la data di decorrenza dell'abrogazione, prima, all'anno accademico 2021/2022 (art. 3-quater, comma 2, del decreto-legge n. 1 del 2020), poi, all'anno accademico 2022/2023 (art. 6, comma 2, lett. b), del decreto-legge n. n. 183 del 2020).

[23]   Sulla base dei dati forniti nel Focus "Il sistema AFAM"-Anno accademico 2019-2020, pubblicato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel novembre 2020, per quanto riferito a dati aggiornati a giugno 2020.

[24]   Per approfondimenti le Linee Guida rinviano - oltre che ai materiali presenti sul sito ANVUR - al documento E3M (2012), Green Paper. Fostering and Measuring ‘Third Mission’ in Higher Education Institutions.

[25]   "Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera d), della L. 15 marzo 1997, n. 59".

[26]   "Semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca ai sensi dell'articolo 13 della legge 7 agosto 2015, n. 124".

[27]   "Riordino degli enti di ricerca in attuazione dell'articolo 1 della legge 27 settembre 2007, n. 165".

[28]   Essere in servizio successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015 con contratti a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione; essere stato reclutato a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all'assunzione; aver maturato, al 31 dicembre 2022, alle dipendenze dell'amministrazione che assume, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni.

[29]   Essere titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso; aver maturato, alla data del 31 dicembre 2022, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso.

[30]   I contributi scritti degli auditi sono reperibili al seguente link:  http://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/documenti/54186_documenti.htm-

 

[31]   Ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. i-bis, del regolamento di disciplina dell'ANVUR, di cui al DPR 1° febbraio 2010, n. 76, come modificato dall'art. 1, comma 339, della legge n. 232 del 2016. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 1110 del 29 novembre 2019 sono state adottate le Linee guida per la VQR 2015-2019, successivamente integrate dal decreto ministeriale n. 444 dell'11 agosto 2020.

[32]   L’art. 1, co. 1, del D.L. 1/2020 (L. 12/2020) ha istituito il Ministero dell’istruzione e il Ministero dell’università e della ricerca, con conseguente soppressione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

[33]   L’istituzione della Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca – cui partecipano di diritto tutti i presidenti degli enti o loro delegati – è stata prevista dall’art. 8, co. 1-5, del d.lgs. 218/2016.

[34]   L'ultimo CCNL del comparto Istruzione e ricerca è relativo al periodo 2016-2018.

[35]   Al riguardo, si ricorda che l’art. 235 del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione il “Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19”, con uno stanziamento di € 377,6 mln nel 2020 e di € 600 mln nel 2021. Le risorse del Fondo sono state destinate, in particolare, in base all’art. 231-bis dello stesso D.L., a misure volte a derogare al numero minimo e massimo di alunni per classe, e ad attivare ulteriori incarichi temporanei di personale docente e ATA a tempo determinato dalla data di inizio delle lezioni e fino al termine delle stesse. In attuazione, è intervenuta l’OM 83 del 5 agosto 2020.

      Successivamente, l’art. 32 del D.L. 104/2020 (L. 126/2020) ha incrementato le risorse del Fondo di € 400 mln nel 2020 e di € 600 mln nel 2021. In particolare, € 368 mln nel 2020 ed € 552 mln nel 2021 sono stati destinati, fra l’altro, al potenziamento delle misure previste dall’art. 231-bis del D.L. 34/2020. Con D.I. 28 agosto 2020, n. 109 è stato precisato che al potenziamento delle misure previste dall’art. 231-bis del D.L. 34/2020 erano destinati € 363 mln nel 2020 e € 552 mln nel 2021.

[36]   Al CFU corrispondono 25 ore di impegno complessivo per studente (art. 3, DM 270/2004).

[37]   La disciplina per l'acquisizione dei CFU/CFA è stata definita con DM 616/2017.

[38]   L’art. 64 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) ha previsto la ridefinizione, con regolamenti di delegificazione, dei curricoli nei diversi ordini di scuole, anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari.

[39]   Le vigenti classi di concorso per l’insegnamento nella scuola secondaria di I e di II grado sono state definite con DPR 14 febbraio 2016, n. 19 e successivamente revisionate e aggiornate con DM 259/2017.

[40]   Al riguardo, si ricorda che l’art. 2, co. 4, 4-bis e 4-ter, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) ha previsto che, in considerazione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, le procedure di istituzione delle nuove graduatorie provinciali e le procedure di conferimento delle relative supplenze sono disciplinate, per l’a.s. 2020/2021 e l’a.s. 2021/2022, con ordinanza del Ministro dell’istruzione, che tutto il procedimento è informatizzato e che la valutazione delle istanze e l’approvazione delle graduatorie è effettuata dagli uffici scolastici territoriali.

In attuazione è intervenuta l’OM 60 del 10 luglio 2020 (qui le tabelle allegate).

[41]   Che è definita entro i seguenti valori annui lordi da corrispondere in tredici mensilità: da un minimo di € 12.565,11, coincidente con la retribuzione di posizione parte fissa, come rideterminata dal medesimo CCNL del 2019 (ai sensi dell’art. 42, comma 4), fino ad un massimo di € 46.134,81.

[42]   Ai sensi della disciplina dettata in precedenza dal CCNL del 2010 (articolo 26), la retribuzione di posizione era definita, per ciascuna funzione dirigenziale, nell'ambito del 85 per cento delle risorse complessive del Fondo. Per tale ragione negli ultimi anni, come si dirà più approfonditamente oltre, si è reso necessario integrare tale fondo in presenza di nuove immissioni in ruolo, al fine di non incidere negativamente sul trattamento economico dei dirigenti in servizio.

[43]   Pertanto, a parità di dotazione del Fondo, ad un incremento del numero di dirigenti in ruolo consegue una riduzione pro capite di tale retribuzione.

[44]   Fra gli elementi di novità rispetto al precedente contratto, si segnala l'ulteriore incremento, pari a € 6.073.602,00 (al netto degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione) a decorrere dal 1° gennaio 2009, disposto ai sensi dell'articolo 4, comma 2, da destinare al concorso al finanziamento degli incrementi della retribuzione di posizione (con riferimento alla parte fissa) e, per la parte residua, alla retribuzione di risultato.

[45]   Nella relativa premessa si faceva presente che l’intesa in sede di Conferenza unificata non era ancora stata raggiunta.

[46]   Successivamente, l’art. 17, co. 25, del D.L. 78/2009 (L. 102/2009) ha stabilito che l’art. 64, co. 3, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) si interpretava nel senso che il piano programmatico si intendeva perfezionato con l'acquisizione dei previsti pareri delle Commissioni parlamentari. Ha, altresì, disposto che all'eventuale recepimento dei relativi contenuti si provvedeva con i regolamenti attuativi dello stesso.

[47]   Elevabile fino a 27 qualora residuino resti.

[48]   Elevabile fino a 28 qualora residuino resti.

[49]   Al riguardo, tuttavia, la relazione tecnica all'A.S. 2287 della XVII legislatura (da cui poi la L. 220/2016) precisava che sarebbero rimasti allocati nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) gli stanziamenti relativi al finanziamento dei seguenti crediti d'imposta (per i quali la stessa L. 220/2016 ha dettato una nuova disciplina):

-   art. 1, co. 325-337, della L. 244/2007 (commi abrogati dall'art. 1, co. 331, lett. f), della L. 208/2015 e dall' art. 39 della stessa L. 220/2016), pari a € 140 mln annui a decorrere dal 2016 (cap. 7765, Somme da accreditare alla contabilità speciale 1778 "Agenzia delle entrate - fondi di bilancio" per essere riversata all'entrata del bilancio dello Stato a reintegro dei minori versamenti conseguenti alla fruizione dei crediti di imposta per il cinema);

-   art. 20 del d.lgs. 60/1999 (abrogato dall' art. 39 della stessa L. 220/2016), pari a € 26,4 mln annui a decorrere dal 2019 (cap. 3872, recante somme da accreditare alla contabilità speciale 1778 "Agenzia delle entrate - fondi di bilancio" per essere riversata all'entrata del bilancio dello Stato in relazione al credito di imposta per gli esercenti delle sale cinematografiche).

[50]   Il complessivo livello di finanziamento è parametrato all'11% delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES e IVA, nei seguenti settori di attività: distribuzione cinematografica di video e di programmi televisivi, proiezione cinematografica, programmazioni e trasmissioni televisive, erogazione di servizi di accesso a internet, telecomunicazioni fisse, telecomunicazioni mobili.

[51]   Prima dell’intervento della L. 178/2020, l’art. 1, co. 366, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) aveva incrementato di € 75 mln per il 2020 la dotazione del Fondo, utilizzando una quota delle risorse già assegnate con delibera CIPE n. 31/2018 al Piano operativo "Cultura e turismo" di competenza dell’allora MIBACT. In base alla relazione tecnica all’A.S. 1586, tali risorse erano allocate sul già citato cap. 7765 dello stato di previsione del MEF.

[52]   Il riparto del Fondo fra le diverse tipologie di intervento è stato effettuato:

- per il 2017, con DM 13 luglio 2017;

- per il 2018, con DM 148 del 15 marzo 2018;

- per il 2019, con DM 149 del 14 marzo 2019, DM 179 del 2 aprile 2019, DM 199 del 24 aprile 2019, DM 520 del 7 novembre 2019 e DM 7 febbraio 2020;

- per il 2020, con DM 187 del 22 aprile 2020, DM 405 del 12 agosto 2020, DM 574 del 9 dicembre 2020 e DM 615 del 30 dicembre 2020;

- per il 2021, con DM 65 del 3 febbraio 2021, DM 154 del 9 aprile 2021, e DM 268 del 23 luglio 2021.

[53]   Disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica.

[54]   Il 6 ottobre 2021 il MIC ha reso noto che anche la Spagna segue l’esempio italiano. Inoltre, il 3 novembre 2021, rispondendo nell’Assemblea della Camera all’interrogazione a risposta immediata 3-02584, il Ministro della cultura ha reso noto che “Anche insieme ad altri Ministri della Cultura europei, abbiamo proposto l’istituzione di una card cultura valida su tutto il territorio europeo, per fruire dei contenuti culturali indipendentemente dal Paese di provenienza”.

[55]   I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo individuale da assegnare, pari a € 500, erano stati disciplinati con DPCM 15 settembre 2016, n. 187.

[56]   I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo individuale da assegnare, sempre pari a € 500, erano stati disciplinati con DPCM 4 agosto 2017, n. 136, che aveva modificato il DPCM del 2016.

[57]   I criteri e le modalità di utilizzazione della Carta per i giovani che compivano 18 anni nel 2018 erano stati, dunque, disciplinati con DPCM 7 dicembre 2018, n. 138, che aveva ulteriormente modificato il DPCM del 2016, stabilendo, in particolare, che la Carta poteva essere utilizzata dagli stessi fino al 31 dicembre 2019.

[58]   Gli importi nominali da assegnare, nonché i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta per coloro che avevano compiuto 18 anni nel 2019 erano stati definiti con D.I. 24 dicembre 2019, n. 177, in base al quale le iscrizioni sul sito www.18app.italia.it erano aperte fino al 31 agosto 2020, mentre la scadenza per spendere il bonus era il 28 febbraio 2021.

[59]   La disciplina applicativa è stata definita con D.I. 22 dicembre 2020, n. 192 che, modificando il D.I. 177/2019, ha disposto, in particolare, che per i giovani che avevano compiuto 18 anni nel 2020 le iscrizioni sul sito www.18app.italia.it erano aperte fino al 31 agosto 2021, mentre la scadenza per spendere il bonus è il 28 febbraio 2022.

[60]   Alla data di redazione della presente scheda, il D.I. recante la definizione della disciplina attuativa non è ancora intervenuto.

[61]   Si ricorda che l’articolo 4, comma 5-bis, del decreto-legge n. 50 del 2017 ha esteso il regime della cd. cedolare secca anche alle locazioni brevi. In particolare, si può optare per l’applicazione della cedolare secca con aliquota al 21 per cento sui redditi derivanti dalle locazioni brevi di immobili ad uso abitativo, se i contratti sono stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio d’impresa, direttamente o in presenza di intermediazione immobiliare, anche on line. È dettata una specifica disciplina degli obblighi informativi posti a carico degli intermediari; se tali soggetti intervengono anche nella fase del pagamento dei canoni di locazione, sono tenuti ad applicare una ritenuta del 21 per cento all’atto dell’accredito, a titolo di acconto o d’imposta, a seconda che sia stata effettuata o meno l’opzione per la cedolare secca.

[62]   I DPCM finora intervenuti non hanno esercitato tale possibilità.

[63]   Per il 2018, il DPCM 18 ottobre 2018 ha destinato a tale obiettivo € 2 mln.

Per il 2019, il DPCM 29 ottobre 2019 ha destinato a tale obiettivo € 0,5 mln.

Per il 2020, il DPCM 17 novembre 2020 ha destinato a tale obiettivo € 0,3 mln.

[64]   La definizione delle modalità del sostegno è affidata a uno o più DPCM, finora non intervenuti.

[65]   Nello stato di previsione del MAECI sono relativi all'AICS i seguenti 3 capitoli: cap. 2021, spese per il personale; cap. 2171, spese di funzionamento; cap. 2185, interventi di cooperazione internazionale.

 

[66]   L’articolo 2, comma 1, della legge 125/2014 stabilisce che l'azione dell'Italia nell'ambito della cooperazione allo sviluppo ha “come destinatari le popolazioni, le organizzazioni e associazioni civili, il settore privato, le istituzioni nazionali e le amministrazioni locali dei Paesi partner, individuati in coerenza con i principi condivisi nell'ambito dell'Unione europea e delle organizzazioni internazionali di cui l'Italia è parte”.

[67]   I 22 Paesi prioritari individuati dal documento triennale 2019-2021 sono i seguenti:

      AFRICA MEDITERRANEA: Egitto, Tunisia

      AFRICA ORIENTALE: Etiopia, Kenya, Somalia, Sudan, Sud Sudan

      AFRICA OCCIDENTALE: Burkina Faso, Niger, Senegal

      AFRICA AUSTRALE: Mozambico

      MEDIO ORIENTE: Giordania, Iraq, Libano, Palestina

      BALCANI: Albania, Bosnia

      AMERICA LATINA E CARAIBI: Cuba, El Salvador

      ASIA: Afghanistan, Myanmar, Pakistan.

[68]   Il regolamento interno del CICS, previsto dal comma 7 dell'art. 15 della legge 125/2014 è stato approvato con delibera del Comitato n. 1/2015 dell'11 giugno 2015. Con delibera adottata il 23 marzo 2017 il Comitato ha poi creato 5 gruppi di lavoro tematici: 1. migrazioni e sviluppo; 2. settore privato nella cooperazione allo sviluppo, con un focus sull'energia; 3. formazione professionale, istruzione secondaria e università; 4. la cooperazione internazionale in tema di ambiente e sviluppo sostenibile; 5. Africa sub-sahariana. I gruppi sono incaricati, nell'ambito dei rispettivi settori di competenza, di istruire e facilitare il lavoro del CICS tramite approfondimenti tematici ed elaborazione di documenti.

[69]   Sulla base di convenzioni approvate dal Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo.

[70]   A completamento delle disposizioni attuative della legge, e per dare seguito alla revisione delle strutture di livello dirigenziale, è stato emanato il Decreto MAECI 3 febbraio 2017. Il testo prevede in particolare che il Direttore generale sia coadiuvato da un vice direttore/direttore centrale per le questioni generali e di indirizzo, da un vice direttore/direttore centrale per le politiche bilaterali e gli interventi di emergenza e da una Unità per la strategia, i processi globali e le organizzazioni internazionali. Viene poi definita l'articolazione degli uffici interni: politiche di cooperazione allo sviluppo nell'ambito dell'Unione Europea (Ufficio I), indirizzo e programmazione (Ufficio II), valutazione degli interventi e vigilanza sull'AICS (Ufficio III), politiche di cooperazione in Africa (Ufficio IV), in Medio Oriente, Europa, Asia e America latina (Ufficio V) e interventi di emergenza e questioni umanitarie (Ufficio VI).

[71]   Fonte: RT annessa al disegno di legge A.S. n. 2409, di conversione del decreto-legge n. 139 del 2021.

[72]   In tale relazione si legge che “la regione Emilia Romagna, con deliberazione dell'Assemblea legislativa n. 64 del 5 luglio 2006, in attuazione dell'articolo 164 della Legge Regionale 21 aprile 1999, n. 3, ha programmato la realizzazione dell'autostrada regionale Cispadana. Con avviso spedito all'Ufficio Pubblicazioni delle Comunità Europee in data 20 luglio 2006, pubblicato anche sul sito internet della Regione, la stessa Regione rendeva nota la sua intenzione di affidare in regime di concessione la progettazione, la realizzazione e la gestione dell'Autostrada Regionale Cispadana dal casello di Reggiolo-Rolo sulla A22 al casello di Ferrara sud sulla A13 (la "Concessione") e a tal fine, con il medesimo avviso e sulla base delle indicazioni tecniche desumibili dallo studio di fallibilità dalla stessa elaborato, sollecitava la presentazione di proposte, ai sensi e per gli effetti degli artt. 152 e segg. del d.lgs. 163/2006, da parte dei soggetti in possesso della relativa qualificazione. Tra le proposte pervenute la regione in data 27 luglio 2007 ha ritenuto di pubblico interesse e selezionato quella presentata dall'Associazione Temporanea di Imprese con capogruppo Autostrada del Brennero S.p.A. Con bando spedito all'Ufficio Pubblicazioni delle Comunità Europee in data 8 aprile 2008, e pubblicato altresì su Gazzetta Ufficiale Italiana n° 45 del 16 aprile 2008 e Bollettino Ufficiale della Regione Emilia Romagna del 22 aprile 2008 (il "Bando") la Regione ha quindi indetto, sulla base del Progetto Preliminare presentato dal Promotore, la gara per l'individuazione dei soggetti ammessi alla procedura negoziata da svolgere con il Promotore stesso per l'aggiudicazione della Concessione, precisando anche fasi ed adempimenti procedimentali necessari per il perfezionamento e l'approvazione dei livelli di progettazione. L'esito della gara e della successiva negoziazione ha visto aggiudicata la Concessione all'Associazione Temporanea di Imprese con capogruppo Autostrada del Brennero S.p.A. In virtù di quanto previsto dal Bando ai sensi dell'articolo 156 del d.lgs. 163/2006, l'aggiudicatario ha costituito, una Società di Progetto denominata Autostrada Regionale Cispadana Spa (ARC). La regione, ha successivamente provveduto all'indizione di apposita conferenza di servizi preliminare - anche ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 14-bis della legge 241/1990 - sul Progetto Preliminare oggetto di aggiudicazione, al fine della indicazione delle integrazioni, modifiche ed adeguamenti necessari alla definitiva approvazione del Progetto Preliminare da parte della Regione e successivamente, previo esperimento della procedura di VIA, all'approvazione del Progetto Definitivo. La regione, con delibera di giunta regionale 1867 del 19 dicembre 2011, ha approvato il progetto preliminare dell'opera, nella versione coordinata ed integrata con le varianti apportate a seguito della Conferenza dei Servizi preliminare non ritenute rinviabili al successivo livello di progettazione. Con richiesta del 20 dicembre 2011 invitava quindi la società Autostrada Regionale Cispadana S.p.A. a procedere con l'elaborazione del progetto definitivo, unitamente al relativo Studio di Impatto Ambientale. La società concessionaria ha provveduto a predisporre il progetto definitivo, in relazione al quale è intervenuto il provvedimento di compatibilità ambientale con prescrizioni, giusto decreto 25 luglio 2017 n. 190 del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Attualmente è in fase di conclusione la fase approvativa del progetto definitivo”.

[73]   Risorse da iscrivere nello stato di previsione del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

[74]   Nella Relazione si riferisce che, considerando il periodo dal 2011 al 2019, la mappatura aggiornata conferma la tendenza al declino demografico nelle aree interne, laddove, a livello nazionale, mentre per la fascia urbana (Poli, Poli intercomunali e Cintura) si registra un incremento di popolazione dell’1,2 per cento, vi è un calo dell’1,7 per cento nella fascia intermedia, del 3,7 per cento nella fascia periferica e del 4,6 per cento in quella ultra-periferica.

[75]   L’Accordo di Partenariato 2014-2020 per l'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei è stato adottato il 29 ottobre 2014 dalla Commissione europea.

[76]   art. 21, comma 1, lett. a), D.L. 32/19 e art. 1, comma 945, lett. a), Legge di bilancio 2021 - L. 178/2020.

[77]   art. 1, comma 709, Legge di bilancio 2018 - L. n. 205 del 2017.

[78]   art. 14, comma 7, lett. a), del D.L. n. 244 del 2016.

[79]   art. 3 del D.L. 113/2016 originario.

[80]   Più specificamente, il richiamato c. 3-sexies ha riconosciuto al Comune de L’Aquila la possibilità di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato in deroga all'articolo 14, comma 9, del D.L. 78/2010, e all'articolo 24, comma 1, del D.Lgs. 150/2009, recanti, rispettivamente, norme volte al contenimento dei costi del personale degli enti territoriali e norme concernenti le progressioni di carriera nella P.A.

[81]   Per dettagli sul pacchetto "Fit for 55" si rinvia al Dossier, predisposto congiuntamente dai Servizi di documentazione del Senato della repubblica e della Camera dei deputati, "Incontro dei Presidenti delle Commissioni per gli affari europei dei Parlamenti nazionali con la Commissaria europea per l'energia, Kadri Simson", Novembre 2021 (n. 140/DE).

[82]   Per dettagli sul QFP 2021-2027 e l'illustrazione dei vari atti di cui è composto si rinvia al Dossier del Servizio studi del Senato della Repubblica "L'approvazione del nuovo quadro finanziario pluriennale 2021-2027" (106/DE), dicembre 2020.

[83]   Per dettagli sul testo del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano si rinvia al Dossier predisposto dai Servizi di documentazione del Senato e della Camera. Per maggiori informazioni, si rinvia al sito Internet Italia domani

[84]   Per maggiori dettagli si rinvia all'approfondimento, sul sito Internet della Camera dei deputati, "Il sistema italiano di cooperazione allo sviluppo", settembre 2021.

[85]   I limiti, riferiti al periodo compreso fra il 2010 e il 2020, erano stati fissati per ridurre l’inquinamento atmosferico e il suo impatto sulla salute pubblica e sull’ambiente in tutta l’Ue, ma anche per conformarsi agli impegni internazionali assunti con il Protocollo di Göteborg sull’inquinamento atmosferico a grande distanza41 adottato nel 1999. La successiva modifica del Protocollo di Göteborg, nel 2012, ha comportato nuovi impegni internazionali di riduzione dal 2020 in poi, a cui la direttiva (UE) 2016/2284 si allinea. Il Protocollo relativo alla riduzione dell'acidificazione, dell'eutrofizzazione e dell'ozono troposferico. Il Protocollo di Göteborg è uno dei tanti protocolli annessi alla Convenzione del 1979 sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza (CLRTAP) a cui hanno aderito i 51 paesi della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UNECE), compresi gli Stati membri dell'Ue, il Canada, gli Stati Uniti e vari paesi dell'Asia centrale.

[86]   L’art. 216, comma 3, del Codice dell'ambiente, dispone che “la provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività” di recupero dei rifiuti e “verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti”.

[87] Secondo ARERA, gli aumenti, a livello internazionale, sono legati al trend di forte crescita delle quotazioni delle principali materie prime energetiche; in particolare, i prezzi europei del gas sono cresciuti di oltre l'80% nel terzo trimestre del 2021 rispetto al secondo, con picchi nei mercati all'ingrosso di oltre 70 €/MWh nella seconda metà di settembre (contro i circa 20 €/MWh di inizio anno).

Prezzi correlati anche al prezzo della CO2 che, dalla fine del mese di agosto di quest'anno, si è attestato oltre i 60 €/ CO2. A titolo di confronto, si pensi che nel mese di settembre del 2020 la CO2 valeva circa 28 €/t CO2.  Nel confronto con il secondo trimestre del 2021, il prezzo medio rilevato nel terzo trimestre è risultato in aumento del 13% circa.

Aumenti delle materie prime e della CO2 che confermano forti ripercussioni sui prezzi finali dei consumatori anche in altri Paesi europei, come la Spagna e la Francia.

[88]   Nell’anno 2020, i costi sostenuti dal GSE nel 2020 per la gestione dei meccanismi dedicati alle fonti rinnovabili e assimilate sono imputabili principalmente ai contributi per i seguenti sistemi incentivanti:

o    l’incentivazione dell’energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici (CE);

o    l’incentivazione dell’energia elettrica prodotta dagli impianti ex CV (certificati verdi);

o    l’incentivazione dell’energia elettrica immessa in rete dagli impianti in Tariffa Onnicomprensiva;

o    l’incentivazione dell’energia prodotta netta immessa in rete dagli impianti ammessi agli incentivi introdotti dal D.M. 6 luglio 2012, dal D.M. 23 giugno 2016 e dal D.M. 4 luglio 2019;

o    l’acquisto dell’energia elettrica dai produttori che hanno una convenzione con il GSE, nell’ambito di uno dei meccanismi di ritiro dell’energia elettrica (TO ai sensi dei vari Decreti CIP6/92, RID, SSP).

Gli incentivi alla fonte solare (fotovoltaica) costituiscono nettamente il maggior contributo al costo di incentivazione seguiti da quelli al biogas, alla fonte eolica e idraulica.

[89]   Materia prima gas (Cmem), approvvigionamento (CCR), commercializzazione al dettaglio (QVD).

[90]   Distribuzione e misura (?1, ?3), trasporto (QT), qualità (RS), perequazione (UG1), affidamento distributori gas (ST, VR), compensazione aree di nuova metanizzazione (CE).

[91]   Oneri di sistema: RE (risparmio energetico), UG2 (compensazione dei costi di commercializzazione), UG3 (recupero oneri di morosità per gli esercenti i servizi di ultima istanza), GS (bonus gas), pagata solo dai condomini con uso domestico. Si rinvia al sito istituzionale ARERA.

[92]   Gli impianti termoelettrici, pur consumando gas naturale prelevato dalle reti di trasporto o distribuzione, non costituiscano dei veri e propri “clienti finali” del sistema energetico nel suo complesso poiché effettuano, di fatto, la trasformazione di un prodotto energetico (gas naturale in un determinato periodo temporale) in un altro (energia elettrica nel medesimo periodo temporale).

L’imposizione degli oneri di sistema sui consumi di gas naturale implica, di fatto, un implicito trasferimento dei costi ad essi connessi sui prezzi dell’energia elettrica attraverso le offerte presentate e accettate nei mercati dell’energia dalle suddette unità termoelettriche, con conseguenti distorsioni e inefficienze, sia a livello nazionale che europeo, e, in ultima analisi, costi maggiori per i clienti finali del settore elettrico.

Al fine di evitare effetti traslativi e distorsivi della corretta imputazione dei costi tra le diverse filiere, la Delibera dispone che parte dell’onere derivante dall’imposizione delle componenti tariffarie RE e REt (limitatamente a quelli necessari alla copertura dei costi derivanti dal meccanismo dei titoli di efficienza energetica - RE TEE ), possa essere non più direttamente gravante sul gas naturale prelevato per alimentare le unità di produzione termoelettriche a fini della successiva immissione di energia elettrica in rete, ma possa essere invece traslato ai clienti finali elettrici.  Il meccanismo regolatorio introdotto con la Delibera prevede la facoltà, per i Produttori termoelettrici che prelevano gas naturale per la produzione di energia elettrica da immettere in rete, di presentare al GSE istanza di accesso ad un meccanismo di ristoro ex-post  dei maggiori oneri sostenuti con il  pagamento delle componenti tariffarie gas RE/REt sulle forniture di gas naturale; detti maggiori oneri sono individuati pari all’elemento RE TEE, quale parte delle componenti tariffarie RE/REt necessario alla copertura degli oneri derivanti dal meccanismo dei TEE. Si rinvia a GSE, Regolamento operativo per il ristoro dell’elemento Retee del 23 febbraio 2021.

[93]   L'art. 2135, comma terzo, definisce le attività comunque "connesse" come quelle esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.

[94]   L'art. 32, co. 1, del TUIR stabilisce che il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso.

[95] Per l'individuazione dei beni che possono essere oggetto delle attività agricole «connesse» vedi il D.M. 19 marzo 2004, il D.M. 11 luglio 2007, il D.M. 5 agosto 2010, il D.M. 17 giugno 2011 e il D.M. 13 febbraio 2015.

[96]   Si rammenta che con il citato accordo del 2014, la disciplina della riserva all’erario è stata inserita nello statuto di autonomia (DPR 670 del 1972, articolo 75-bis, comma 3-bis).

[97]   La norma era già stata recepita dalla legge di bilancio 2019, comma 875-ter; in relazione al 2018, il contributo era stato stabilito con la legge di bilancio 2018 pari a 120 milioni di euro (L. 205/2017, comma 816).

[98]   Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77/2020.

[99]   Si tratta di strutture di prossimità per la promozione della salute e per la prevenzione, nonché per la presa in carico e la riabilitazione delle categorie di persone più fragili, ispirate al principio della piena integrazione socio-sanitaria, con il coinvolgimento delle istituzioni presenti nel territorio, del volontariato locale e degli enti del Terzo settore senza scopo di lucro

[100] Dal 2021 sono state inoltre autorizzate, a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno di riferimento, le seguenti linee di finanziamento:

·       480.000.000 euro per il reclutamento di personale infermieristico;

·       733.969.086 euro per il rafforzamento dell'ADI;

·       32.496.931 per l'operatività delle Centrali regionali.

[101] Con le risorse impegnate ai predetti fini, le Regioni, anche ad autonomia speciale, e le province autonome dovranno predisporre, per il 2020, specifici piani di potenziamento e riorganizzazione della rete assistenziale territoriale. I piani sono adottati con le seguenti finalità:

§  implementare e rafforzare un solido sistema di accertamento diagnostico, monitoraggio e sorveglianza della circolazione di SARS-CoV-2, dei casi confermati e dei loro contatti;

§  intercettare tempestivamente eventuali focolai di trasmissione del virus;

§  assicurare una presa in carico precoce dei pazienti contagiati, dei pazienti in isolamento domiciliare obbligatorio, dimessi o paucisintomatici non ricoverati e dei pazienti in isolamento fiduciario.

      Più nello specifico i Piani dovranno contenere specifiche misure di:

§  identificazione e gestione dei contatti;

§  organizzazione dell'attività di sorveglianza attiva effettuata a cura dei Dipartimenti di Prevenzione in collaborazione con i medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e medici di continuità assistenziale nonché con le Unità speciali di continuità assistenziale, indirizzate a un monitoraggio costante e a un tracciamento precoce dei casi e dei contatti, al fine della relativa identificazione, dell'isolamento e del trattamento.

      I piani assistenziali sono recepiti nei Programmi operativi regionali per la gestione dell'emergenza Covid-19, previsti dall'art. 18, comma 1, del decreto legge 18/2020, e sono monitorati congiuntamente, a fini esclusivamente conoscitivi, dal Ministero della salute e dal Ministero dell'economia e delle finanze in sede di monitoraggio dei citati programmi operativi.

[102] La Commissione tecnica per i fabbisogni standard è stata istituita con la legge di stabilità 2016 (art.1, comma 29, legge n. 208/2015) e successivo D.P.C.M. 23 febbraio 2016, per analizzare e valutare le attività, le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali (decreto legislativo 26 novembre 2010 n. 216), i cui dati sono disponibili presso il sito www.opencivitas.it. La Commissione è formata da undici componenti di cui uno con funzioni di presidente. La Commissione è istituita senza oneri per la finanza pubblica e si avvale delle strutture e dell’organizzazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze. La Commissione tecnica per i fabbisogni standard agisce come organo tecnico collegiale con l’obiettivo principale di validare la metodologia da utilizzare per l’individuazione dei fabbisogni standard e l’aggiornamento della base dati utilizzata.

[103] Per il potenziamento degli asili nido dei comuni delle RSO e di Sicilia e Sardegna sono assegnati, a decorrere dal 2022, contributi pari a 100 milioni di euro per l'anno 2022, 150 milioni di euro per l'anno 2023, 200 milioni di euro per l'anno 2024, 250 milioni di euro per l'anno 2025 e a 300 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026.

[104] In sostituzione del Fondo sperimentale di riequilibrio comunale previsto dal D.Lgs. n. 23/2011 di attuazione del federalismo municipale.

[105] Convertito, con modificazioni, dalla legge n.126 del 2020.

[106] Si tratta dei seguenti: 1) Incidenza percentuale delle famiglie monogenitoriali giovani (età del genitore inferiore ai 35 anni) o adulte (età del genitore compresa fra 35 e 64 anni) sul totale delle famiglie; 2) Incidenza percentuale delle famiglie con 6 e più componenti; 3) Incidenza percentuale della popolazione di età compresa fra 25 e 64 anni analfabeta e alfabeta senza titolo di studio; 4) Incidenza percentuale delle famiglie con potenziale disagio assistenziale, ad indicare la quota di famiglie composte solo da anziani (65 anni e oltre) con almeno un componente ultraottantenne; 5) Incidenza percentuale della popolazione in condizione di affollamento grave, data dal rapporto percentuale tra la popolazione residente in abitazioni con superficie inferiore a 40 m2 e più di 4 occupanti o in 40-59 m2 e più di 5 occupanti o in 60-79 m2 e più di 6 occupanti, e il totale della popolazione residente in abitazioni occupate; 6) Incidenza percentuale di giovani (15-29 anni) fuori dal mercato del lavoro e dalla formazione scolastica; 7) Incidenza percentuale delle famiglie con potenziale disagio economico, ad indicare la quota di famiglie giovani o adulte con figli nei quali nessuno è occupato o percettore di pensione per precedente attività lavorativa. (si veda il documento "Le misure della vulnerabilità: un'applicazione a diversi ambiti territoriali", a cura dell'ISTAT, pagg. 9-10).

[107] Recante "Adozione della stima della capacità fiscale per singolo comune delle regioni a statuto ordinario" (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 36 del 12 febbraio 2021).

[108] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2021.

[109] Recante "Riparto del fondo per il sostegno ai comuni in deficit strutturale che hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziario, e che alla data di entrata in vigore del medesimo decreto risultano avere il piano di riequilibrio approvato ed in corso di attuazione, anche se in attesa di rimodulazione a seguito di pronunce della Corte dei conti e della Corte costituzionale, previsto dall’articolo 53, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126".

[110] Consistente in una tabella che può essere rinvenuta nella seguente documentazione dei Servizi studi di Senato e Camera "Dossier - n. 323/6 Volume III - Legge di bilancio 2021 - Legge 30 dicembre 2020, n. 178 - Volume III - Articolo 1, commi 626-853", pag. 1043.

[111] "Recante Riparto del fondo di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, di 100 milioni di euro per l'anno 2021 e di 50 milioni di euro per l'anno 2022, tra i comuni che hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziario di cui all'articolo 243-bis del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali approvato con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e che alla data di entrata in vigore della medesima legge risultano avere il piano di riequilibrio approvato e in corso di attuazione o in attesa della deliberazione della sezione regionale della Corte dei conti sull'approvazione o sul diniego del piano stesso".

[112] Per maggiori approfondimenti sui contenuti della sentenza e per un inquadramento nell'ambito di pregresse decisioni si rinvia alla Nota breve n. 212 del Servizio studi del Senato " I piani di riequilibrio degli enti locali nella giurisprudenza costituzionale: la sentenza n. 115 del 2020", luglio 2020.

[113] Il giudice delle leggi (al considerando in diritto n. 7.1, capoversi quinto, secondo periodo, e sesto) afferma che la disposizione censurata «consente di tenere più disavanzi (e, in definitiva, più bilanci paralleli) sui quali definire separatamente ad libitum sia l’uso irrituale delle singole anticipazioni, sia il calcolo dell’indebitamento e delle quote annuali di rientro. Ciò spiega in particolare come, nel caso oggetto del giudizio a quo, a fronte del deficit accertato dalla Commissione prefettizia a monte dell’unico piano di riequilibrio approvato dal Ministero dell’interno e dalla Corte dei conti – pari a euro 110.918.410,00, ripartito in dieci annualità di accantonamento di 11.091.804,10 – ci si trovi ora in presenza di anticipazioni di liquidità pari a euro 258.837.831,63 oltre ad un ulteriore prestito regionale per un servizio obbligatorio di parte corrente pari a euro 64.974.388,27 a fronte di una rata di accantonamento ventennale sottostimata in euro 2.538.485,47 annui».

[114] La Corte richiama in proposito quanto affermato nella sentenza n. 4 del 2020, in cui, preso atto che le amministrazioni territoriali avevano comunque operato in modo conforme alle disposizioni statali allora vigenti e che gli impegni e i pagamenti effettuati sulla base di bilanci adottati ai sensi di quelle disposizioni avevano determinato un legittimo affidamento dei soggetti venuti in contatto con le stesse amministrazioni, aveva chiarito che «non è affatto necessario che l’amministrazione comunale riapprovi – risalendo all’indietro – tutti i bilanci antecedenti alla presente pronuncia» (Considerando in diritto n. 5, quarto capoverso). Al riguardo, aveva affermato l'esigenza di «assicurare la bilanciata congiunzione tra il principio di legalità costituzionale dei conti e l’esigenza di un graduale risanamento del deficit, coerente con l’esigenza di mantenere il livello essenziale delle prestazioni sociali durante l’intero periodo di risanamento» (Considerando in diritto n. 5, settimo capoverso, primo periodo).

[115] Per maggiori approfondimenti sui contenuti della sentenza si rinvia alla Nota breve n. 172 del Servizio studi del Senato "Uso improprio delle anticipazioni di liquidità per i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni: la sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020".

[116] La denominazione del Fondo è rimasta invariata, benché le modifiche apportate all’art. 111 del D.L. 34/2020 dall’art. 41 del D.L. 104/2020, abbiano ridefinito la finalità dell'intervento complessivo, ora rappresentata dal ristoro della perdita di gettito, sopprimendo ogni riferimento al concorso statale all'espletamento di specifiche funzioni delle regioni (che nella formulazione previgente riguardavano la sanità, l'assistenza e l'istruzione).

[117] Per l’invio della certificazione la norma prescrive l’utilizzo dell’applicativo web http://pareggiobilancio.mef.gov.it. La certificazione deve essere firmata digitalmente dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziaria.

[118] Fonte: Rapporto Montagne Italia 2017 – Fondazione Montagne Italia.

[119] In base a tale disposizione, infatti, le Province autonome di Trento e di Bolzano non partecipano neppure alla ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per la montagna, di cui alla legge n. 97/1994.

[120] Le norme in esame concernono le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Si ricorda che, in base al suddetto articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.

[121] La relazione tecnica è reperibile nell'A.S. n. 2448.

[122] Il limite concerne le suddette pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni, fatte salve le norme speciali.

[123] Quest'ultimo (il cosiddetto personale in regime di diritto pubblico) è individuato dall'articolo 3 del citato D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni.

[124] La norma in esame richiama l'articolo 47, comma 2, del citato D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni, il quale, a sua volta, fa riferimento ai comitati di settore previsti dall'articolo 41, comma 2, del medesimo D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni; questi ultimi sono: un comitato di settore costituito nell'ambito della Conferenza delle regioni e delle province autonome, il quale esercita la competenza suddetta con riferimento alle regioni, ai relativi enti dipendenti e alle amministrazioni del Servizio sanitario nazionale; un comitato di settore costituito nell'ambito dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), dell'Unione delle Province d'Italia (UPI) e dell'Unioncamere, il quale esercita la competenza suddetta con riferimento ai dipendenti degli enti locali, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e dei segretari comunali e provinciali.

      Si ricorda che gli atti di indirizzo definiti da ciascuno dei suddetti tre comitati sono sottoposti (ai sensi del citato articolo 47, comma 2) al Governo, il quale, nei successivi venti giorni, può esprimere le sue valutazioni, relative alla compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale. Trascorso inutilmente tale termine, l'atto di indirizzo può essere inviato all'ARAN.

[125] Riguardo alle agenzie, cfr. il titolo II e il capo II del titolo V del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni.

[126] Cfr. l'articolo 3, comma 1, della L. 19 giugno 2019, n. 56.

[127] L'ambito in esame concerne le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Si ricorda che, in base al suddetto articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.

[128] Novella di cui all'articolo 3, comma 1, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, la quale ha riformulato il testo dell’articolo 52, comma 1-bis, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. In base alla novella, per il restante personale (sempre non dirigenziale), resta fermo il principio dell'articolazione in almeno tre distinte aree funzionali.

[129] Si ricorda che le norme richiamate concernono anche le risorse per i miglioramenti economici del personale statale in regime di diritto pubblico.

[130] La norma in esame richiama l'articolo 47, comma 2, del citato D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni, il quale, a sua volta, fa riferimento ai comitati di settore previsti dall'articolo 41, comma 2, del medesimo D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni; questi ultimi sono: un comitato di settore costituito nell'ambito della Conferenza delle regioni e delle province autonome, il quale esercita la competenza suddetta con riferimento alle regioni, ai relativi enti dipendenti e alle amministrazioni del Servizio sanitario nazionale; un comitato di settore costituito nell'ambito dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), dell'Unione delle Province d'Italia (UPI) e dell'Unioncamere, il quale esercita la competenza suddetta con riferimento ai dipendenti degli enti locali, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e dei segretari comunali e provinciali.

      Si ricorda che gli atti di indirizzo definiti da ciascuno dei suddetti tre comitati sono sottoposti (ai sensi del citato articolo 47, comma 2) al Governo, il quale, nei successivi venti giorni, può esprimere le sue valutazioni, relative alla compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale. Trascorso inutilmente tale termine, l'atto di indirizzo può essere inviato all'ARAN.

[131] In base alla norma richiamata, se il valore definitivamente accertato dei beni o diritti, ridotto di un quarto, supera quello dichiarato, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggiore imposta dovuta.

[132] I valori riportati nel presente prospetto, ed esposti nel disegno di legge di bilancio, non tengono conto della diminuzione di 7,4 milioni di euro per il 2022 e di 2,8 milioni a decorrere dal 2022 determinata dalla legge n. 147 del 2021 di conversione in legge del decreto-legge n. 118 del 2021. Tale provvedimento reca, infatti, la copertura degli oneri mediante la riduzione degli accantonamenti di parte corrente relativi al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero della giustizia. Non tiene conto, altresì, della riduzione degli accantonamenti di parte corrente relativi al Ministero della giustizia pari a 4.4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022, determinata dalla legge n. 134 del 2021 per la copertura dei relativi oneri. Non si tiene conto, infine, della riduzione di 35.000 euro dal 2022 a valere sull'accantonamento riferito al Mims per la copertura degli oneri recati dalla legge n. 156 del 2021 (conversione in legge del decreto-legge n. 121.

[133] I valori riportati nel presente prospetto, ed esposti nel disegno di legge di bilancio, non tengono conto della diminuzione di 10 milioni a decorrere dall'anno 2023 recata dal disegno di legge A.S. 2255, approvato definitivamente, in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale al momento della redazione della presente scheda. Tale provvedimento reca, infatti, la copertura degli oneri a valere sull'accantonamento in conto capitale relativo al Ministero della salute.

[134] I valori riportati nel prospetto, ed esposti nel disegno di legge di bilancio, non tengono conto della diminuzione di 200.000 euro dal 2023 determinata dalla legge n. 147 del 2021 di conversione in legge del decreto-legge n. 118 del 2021.Tale provvedimento reca, infatti, la copertura di parte degli oneri a valere sull'accantonamento in conto capitale relativo al Ministero dello sviluppo economico.

[135] I valori riportati nel prospetto, ed esposti nel disegno di legge di bilancio, non tengono conto della diminuzione di 7,4 milioni per il 2022 e di 2,6 milioni a decorrere dal 2023 determinata dalla legge n. 147 del 2021 di conversione in legge del decreto-legge n. 118 del 2021.Tale provvedimento reca, infatti, la copertura di parte degli oneri a valere sull'accantonamento relativo al Ministero della giustizia. Non tiene conto, altresì, della riduzione degli accantonamenti di parte corrente relativi al Ministero della giustizia pari a 4.4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022, determinata dalla legge n. 134 del 2021 per la copertura dei relativi oneri

[136] I valori riportati nel presente prospetto, ed esposti nel disegno di legge di bilancio, non tengono conto della diminuzione di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2023 recata dal disegno di legge A.S. 2255, approvato definitivamente, in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale al momento della redazione della presente scheda.

[137] Per una più approfondita analisi degli utilizzi disposti in via legislativa delle risorse disponibili per il PNRR, si rinvia alla Documentazione di finanza pubblica n. 30 del Servizio bilancio dello Stato “PNRR: dati finanziari e quadro delle risorse e degli impieghi”, di novembre 2011).

[138] Come già modificato dall’articolo 15, comma 1, del D.L. n. 77 del 2021 e dall’articolo 10, comma 1, del D.L. n. 121 del 2021.

[139] Si segnala che non risultano fin qui adottati i decreti del MEF previsti dall’articolo 1, comma 1042, della legge n. 178/2021 (il quale prevedeva, tra l’altro, che il primo DM attuativo fosse adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge).

[140] Compito spettante alla legge di stabilità, che poi si ripercuoteva sul bilancio attraverso la Nota di variazioni.