Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Bilancio |
Titolo: | Legge di bilancio 2019 - I Sezione Interventi |
Riferimenti: | AC N.1334/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 58/4 - Sezione I - Vol. II |
Data: | 10/12/2018 |
LEGGE DI
BILANCIO 2019
A.S. 981
Edizione provvisoria
Schede di lettura
Sezione I – Interventi – Volume II
(Articolo 1, commi 321 - 654, articoli 2-19)
Dicembre 2018
Servizio Studi
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Dossier n. 78/4 Sezione I - Vol. II
Servizio del Bilancio
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Servizio Studi
Dipartimento Bilancio
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Progetti di legge n. 58/4 Sezione I - Vol. II
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Articolo1, comma 324 (Servizi penitenziari minorili)
Articolo 1, comma 334 (Modifiche alla misura “Resto al Sud”)
Articolo 1, commi 335 e 336 (Risanamento fondazioni lirico-sinfoniche)
Articolo 1, commi 337 e 348 (Card cultura per i diciottenni)
Articolo 1, commi 338-347 (Risorse per iniziative nel settore dei beni e delle attività culturali)
Articolo 1, comma 349 (Salvaguardia siti e patrimonio culturale immateriale Unesco)
Articolo 1, commi 350-357 (Sport bonus)
Articolo 1, commi 362 e 363 (Ripartizione dei diritti audiovisivi del Campionato italiano di calcio)
Articolo 1, commi 364 e 365 (Ulteriori disposizioni in materia di sport)
Articolo 1, comma 366 (Contributo al programma Special Olympics Italia)
Articolo 1, comma 367 (Mutui con finalità sportive)
Articolo 1 commi 368-370 (Interventi per favorire lo sviluppo socioeconomico delle aree rurali)
Articolo 1, commi 371 e 374 (Xylella fastidiosa)
Articolo 1, commi 372 e 373 (Fondo di garanzia prima casa e Cassa Depositi e Prestiti)
Articolo 1, commi 379-380 (Catasto frutticolo nazionale)
Articolo 1, comma 384 (Sostegno all’apicoltura nazionale)
Articolo 1, commi 385 e 386 (Sostegno al reddito per pescatori nel fermo biologico)
Articolo 1, commi 387-389 (Accisa sulla birra)
Articolo 1, commi 390-401 (Bonus occupazionale per giovani eccellenze)
Articolo 1, commi 402 e 403 (Modifiche al Testo unico sulle società a partecipazione pubblica)
Articolo 1, commi 404-406 (Equipe formative per innovazione didattica e digitale nelle scuole)
Articolo 1, commi 407 e 408 (Incremento del tempo pieno nella scuola primaria)
Articolo 1, comma 409 (Incremento delle dotazioni organiche dei licei musicali)
Articolo 1, comma 410 (Incremento del Fondo per interventi strutturali di politica economica )
Articolo 1, commi 411-412 (Tecnopolo mediterraneo per lo sviluppo sostenibile)
Articolo 1, commi 417-419 (Interventi a valere sul fondo Kyoto)
Articolo 1, comma 420 (Stanziamento del Fondo risorse decentrate MIBAC)
Articolo 1, comma 421 (Fondo per l’attuazione del programma di Governo)
Articolo 1, comma 422 (Fondi per le connessioni ferroviarie)
Articolo 1, commi 424-425 (Pneumatici fuori uso - PFU)
Articolo 1, commi 429-432 (Servizi di pulizia e di mantenimento del decoro nelle scuole)
Articolo 1, comma 433 (Fondo contenzioso enti locali)
Articolo 1, commi 437 e 438 (Consip)
Articolo 1, comma 443 (Corrispettivo in favore di Consip)
Articolo1, comma 444 (Oneri in capo alle società emittenti)
Articolo 1, comma 445 (Interventi nei settori industriali ad alta tecnologia)
Articolo 1, comma 446 (Riduzione dei versamenti alla CSEA)
Articolo 1, comma 447 (Fondo efficienza giustizia - riqualificazioni)
Articolo 1, comma 448 (Riduzione del contributo alle Nazioni Unite)
Articolo 1, comma 449 (Riduzione dei seggi all'estero per le elezioni europee)
Articolo 1, comma 450 (Acquisizione all’erario di somme non utilizzate dalle scuole e dal MIUR)
Articolo 1, commi 451-454 (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento)
Articolo 1, commi 456-458 (Rinegoziazione dei contributi ad organismi internazionali)
Articolo 1, comma 460 (Incremento del Fondo “La Buona Scuola”)
Articolo 1, commi 464 e 465 (Riduzioni e riprogrammazione di spese della Difesa)
Articolo 1, commi 466-468 (Terra dei fuochi)
Articolo 1, comma 469 (Indennità giornaliera settore pesca per periodi di fermo non obbligatorio)
Articolo 1, comma 470 (Disposizioni inerenti gli istituti del Mibac dotati di autonomia speciale)
Articolo 1, comma 471 (Fruizione crediti d’imposta)
Articolo 1, commi 472 e 473 (Convenzioni per il rilascio della carta di identità elettronica)
Articolo 1, commi 474-475 (Disposizioni in materia di notificazioni a mezzo posta)
Articolo 1, commi 476-478 (Celebrazioni ovidiane)
Articolo 1, commi 480-487 (Semplificazione delle regole di finanza pubblica)
Articolo 1, comma 492 (Contabilità economico patrimoniale)
Articolo 1, comma 505 (Premialità di spese per investimento delle regioni)
Articolo 1, comma 510 (Rapporti finanziari con le autonomie speciali)
Articolo 1, commi 512-515 (Contributi alle province per la manutenzione di strade e scuole)
Articolo 1, comma 516 (Interventi bacino del Po)
Articolo 1, comma 517 (Fondo sperimentale di riequilibrio delle province)
Articolo 1, commi 518-521 (Utilizzo del risultato di amministrazione per gli enti in disavanzo)
Articolo 1, comma 522 (Spese per lavori pubblici urgenti degli enti locali)
Articolo 1, commi 523-525 (Semplificazione adempimenti contabili degli enti locali)
Articolo 1, commi da 527 a 529 (Fondo pluriennale vincolato per i lavori pubblici )
Articolo 1, commi da 530 a 533 (Programma straordinario per le periferie urbane)
Articolo 1, commi 534-535 (Imposta comunale sulla pubblicità)
Articolo 1, comma 536 (Fondo per il potenziamento delle iniziative in materia di sicurezza urbana)
Articolo 1, commi da 537-546 (Gestione commissariale per il debito pregresso di Roma Capitale)
Articolo 1, commi 547-548 e 560 (Disposizioni per il finanziamento degli investimenti regionali)
Articolo 1, commi 549-559 (Rivalutazione quote societarie)
Articolo 1, commi 562 e 563 (Tavolo di lavoro in materia di autonomia di entrata delle Regioni)
Articolo 1, comma 564 (Piano di riequilibrio finanziario pluriennale)
Articolo 1, comma 573 (Elezioni suppletive)
Articolo1, comma 574 (Fondo aree di confine)
Articolo 1, comma 575 (Fondo nazionale della montagna)
Articolo 1, commi da 576 a 582 (Fabbisogno finanziario delle università)
Articolo 1, comma 583 (Incremento Fondo per il finanziamento ordinario delle università)
Articolo 1, commi 211 e 584 (Finanziamento degli enti di ricerca vigilati dal MIUR)
Articolo 1, comma 585 (Incremento Fondo borse di studio universitarie)
Articolo 1, commi 586-588 (112 Numero Unico Europeo)
Articolo 1, comma 591 (Proroga stato di emergenza sisma Centro Italia)
Articolo 1, comma 592 (Emergenza sisma Centro Italia - Contributo Camera dei deputati)
Articolo 1, comma 593 (Proroga gestione straordinaria sisma Centro Italia)
Articolo 1, commi 594-595 (Proroga Convenzione Fintecna sisma 2012)
Articolo 1, comma 596 (Assunzioni di personale in deroga - sisma 2012)
Articolo 1, commi 599-602 (Proroga sospensione pagamento ratei mutui - sisma 2012)
Articolo 1, commi 603-604 (Fondo per la ricostruzione sisma 2012)
Articolo 1, commi 605-606 (Contributi alle imprese danneggiate dall'alluvione del Piemonte del 1994)
Articolo 1, comma 607 (Rifinanziamento delle misure di sostegno dell'autotrasporto)
Articolo 1, comma 608 (Zona franca urbana della Città Metropolitana di Genova)
Articolo 1, comma 621 (Prelievo erariale unico sugli apparecchi da divertimento - PREU)
Articolo 1, comma 624 (Abrogazione IRI)
Articolo 1, commi 625 e 626 (Differimento della deduzione delle svalutazioni e perdite su crediti)
Articolo 1, comma 627 (Rideterminazione dell’acconto dell’imposta sulle assicurazioni)
Articolo 1, commi 631 e 632 (Facoltà di applicazione dei principi contabili internazionali)
Articolo 1, commi da 633 a 637 (Disposizioni in materia di tassazione dei tabacchi lavorati)
Articolo 1, comma 639 (Soppressione dell’Aiuto alla crescita economica – ACE)
Articolo 1, comma 642 (Supporto alle PMI da parte delle società di cartolarizzazione)
Articolo 1, commi 643-644 (Modifiche alle imposte comunali immobiliari – TASI e IMU)
Articolo 1, comma 645 (Uso efficiente dello spettro e transizione alla tecnologia 5G)
Articolo 1, commi 646-649 (Disposizioni in materia di giochi)
Articolo 1, commi 650 e 651 (Vendita di titoli di accesso ad attività di spettacolo)
Articolo 1, comma 652 (Tabelle A e B)
Articolo 1, comma 654 (Clausola di salvaguardia)
PARTE II – SEZIONE II: APPROVAZIONE DEGLI STATI DI PREVISIONE
Articolo 19 (Entrata in vigore)
Articolo 1, commi 321-323
(Presidenza italiana del G20, partecipazione dell'Italia ad EXPO 2020 a Dubai e disciplina enti internazionalistici)
I commi in esame - inseriti dalla Camera - recano le autorizzazioni di spesa relative ad impegni internazionali dell'Italia come l'assunzione della presidenza del G20 nel 2021 e della partecipazione ad EXPO 2020 a Dubai, nonché l'istituzione delle relative strutture di supporto, e recano altresì la nuova disciplina relativa agli enti internazionalistici beneficiari di contributi da parte del MAECI, mediante abrogazione della disciplina vigente e novella all'Ordinamento dell'Amministrazione degli Affari Esteri. Per gli enti internazionalistici si prevede d'ora innanzi l'erogazione dei soli contributi a progetto nella misura del 75%, anziché, come nella disciplina vigente, sia a progetto che a bilancio.
Il comma 321 autorizza una spesa di 2 milioni di euro per il 2019, di 10 milioni di euro per il 2020, di 26 milioni di euro per il 2021 e di 1 milione di euro per il 2022 per il finanziamento delle attività di carattere logistico-organizzativo connesse con l’esercizio della Presidenza italiana del G20, diverse dagli interventi infrastrutturali e dall’approntamento del dispositivo di sicurezza. Per lo svolgimento di tali attività è prevista l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con DPCM, di concerto con i Ministri degli Affari esteri e dell’Economia, della “Delegazione per la presidenza italiana del G20” da concludersi entro il 31 dicembre 2022. E’ prevista, inoltre, l’istituzione, con decreto del Ministro dell’Economia, di un gruppo di lavoro per l’elaborazione dei contenuti del programma di tale presidenza in ambito economico-finanziario; del gruppo può fare parte anche personale non appartenente alla pubblica amministrazione. Nell’ambito dell’autorizzazione di spesa sopra richiamata, la Delegazione ed il Ministero dell’Economia possono stipulare contratti di consulenza, di lavoro a tempo determinato o di lavoro flessibile.
Il comma 322 autorizza, ad integrazione degli stanziamenti già previsti dalla legge di bilancio per il 2018, la spesa di 11 milioni di euro per il 2019, di 7,5 milioni di euro per il 2020 e di 2,5 milioni di euro per il 2021 in relazione agli adempimenti connessi con la partecipazione italiana a Expo Dubai 2020. E’ altresì disposto che la composizione e l’organizzazione del Commissariato generale di sezione per la partecipazione italiana all’Expo siano disciplinate con uno o più DPCM, di concerto con i Ministri degli Affari esteri e dell’Economia, prevedendo un massimo di 10 unità di personale reclutato con forme contrattuali flessibili, oltre al Commissario generale di sezione e al personale appartenente alla P:A, con esclusione del personale docente, educativo ed amministrativo, tecnico ed ausiliario delle istituzioni scolastiche. Nelle more dell’adozione di tale decreto è prorogato, fino al 31 dicembre 2021, il mandato del Commissariato istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 marzo 2018.Gli oneri del trattamento economico fondamentale e accessorio del personale della P.A. collocato fuori ruolo, in comando o distaccato presso il Commissariato restano a carico delle amministrazioni di provenienza. Il compenso del Commissario generale di sezione è pari al doppio dell'importo spettante, ai sensi dell'art.15, comma 3, del D.L. n. 98/2011, ai commissari straordinari per la liquidazione degli enti vigilati dallo Stato dissestati o i commissari e subcommissari ad acta per le regioni inadempienti di cui all'art.15, comma 3, del DL n. 98/2011. Il compenso spettante a questi ultimi è composto da una parte fissa e da una parte variabile. La parte fissa non può superare 50.000 euro, annui; la parte variabile, strettamente correlata al raggiungimento degli obiettivi ed al rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi ricadenti nell'oggetto dell'incarico commissariale, non può superare 50.000 euro annui.
Si rammenta che l’art. 1, comma 258 della legge di bilancio per il 2018 (L. 205/2017) ha autorizzato la spesa di 3 milioni di euro per l’anno 2018 per l’avvio della preparazione della partecipazione italiana ad Expo Dubai 2020.
Il comma 323 inserisce un nuovo articolo, l’art. 23-bis “Enti internazionalistici”, nel D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, (recante Ordinamento dell’Amministrazione degli affari esteri).
In base al comma 1 del nuovo articolo, il Ministro degli Affari esteri può erogare, a valere su un apposito stanziamento, contributi ad enti con personalità giuridica o ad organizzazioni non lucrative di utilità sociale, impegnati da almeno tre anni continuativi nella formazione in campo internazionalistico o nella ricerca in materia di politica estera. Le erogazioni sono regolate da convenzioni, previa procedura pubblica, nel rispetto dei princìpi di trasparenza e di parità di trattamento.
Il comma 2 del nuovo articolo prevede che i contributi siano attribuiti a progetti di ricerca, proposti dagli enti richiamati, nell’ambito delle priorità tematiche fissate con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale entro il 31 gennaio di ogni anno. Lo schema di decreto è sottoposto al parere delle competenti commissioni parlamentari chiamate a pronunciarsi entro venti giorni dall’assegnazione, decorsi i quali il provvedimento può essere comunque adottato. Le spese effettivamente sostenute per tali progetti sono rimborsate nella misura massima del 75 per cento. I risultati dei progetti di ricerca e l’impiego delle somme assegnate sono pubblicati in un’apposita sezione del sito istituzionale del Ministero.
Il comma 3 del nuovo articolo dispone l’abrogazione della legge 28 dicembre 1982, n. 948, recante norme per l'erogazione di contributi statali agli enti a carattere internazionalistico sottoposti alla vigilanza del Ministero degli Affari esteri.
Si ricorda che la disciplina vigente, recata dalla legge n. 948/1982 prevede che tali enti possono beneficiare o di contributi ordinari al bilancio (art. 1), qualora inseriti nell’apposita tabella triennale redatta dal MAECI (art. 1), o di cofinanziamenti alle singole iniziative (art. 2) concordate con l’Amministrazione degli Esteri ed all’esito di una procedura di selezione. A questo fine viene inserito sul sito del MAECI un bando con tutte le informazioni per gli enti eventualmente interessati a presentare una proposta di progetto suscettibile di ricevere un contributo straordinario.
Destinatari dei contributi sono gli enti che svolgono attività di studio, ricerca e formazione nel campo della politica estera o di promozione e sviluppo dei rapporti internazionali, a condizione che operino sulla base di una programmazione triennale e dispongano delle attrezzature idonee per lo svolgimento delle attività programmate.
Ai sensi della citata legge 948/82, il contributo destinato ai singoli enti è determinato da una tabella allegata alla legge stessa e soggetta a revisione triennale mediante del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale[1]. In sede di revisione della tabella possono essere inclusi anche enti che non abbiano precedentemente fruito di contributi. Il contributo, programmato su base triennale, viene però erogato annualmente e ha carattere ordinario.
La legge n. 948/82 prevede, all'art. 2, che il Ministro degli esteri possa concedere contributi straordinari a favore di singole iniziative di particolare interesse.
Di tali contributi e delle ragioni che li hanno determinati il Ministro deve dare conto nella relazione annuale al Parlamento, prevista all'art. 3 della stessa legge 948/82.
Il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale ha trasmesso al Parlamento in data 11 ottobre 2018 la relazione (DOC CLXXII, n.1) sull'attività 2017.
Il comma 4 del nuovo articolo autorizza la spesa di 778.000 euro annui, a decorrere dal 2019, per l’attuazione delle norme di cui commi precedenti, cui si provvede mediante utilizzo dei risparmi di spesa derivanti dall’abrogazione della legge n. 948/1982.
Articolo1, comma 324
(Servizi penitenziari minorili)
Il comma 324 estende agli interventi urgenti destinati alla funzionalità delle strutture e dei servizi penitenziari e minorili le finalità del Fondo per l’attuazione della riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario.
Il comma 324 estende agli interventi urgenti destinati alla funzionalità delle strutture e dei servizi penitenziari e minorili le finalità del Fondo per l’attuazione della riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario prevista dalla legge 103 del 2017.
Il Fondo per l’attuazione della riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario, è stato istituito dalla legge di bilancio 2018 (all’articolo 1, comma 475, della Legge 205/2017) presso il Ministero della giustizia. Le seguenti risorse sono destinate con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze all’attuazione delle disposizioni della legge n. 103 del 2017:
- 10 milioni di euro per l’anno 2018;
- 20 milioni di euro per l’anno 2019;
- 30 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020.
La richiamata legge n. 103 del 2017 ha previsto la riforma dell'ordinamento penale, nonché dell'ordinamento penitenziario. Il provvedimento ha previsto numerose deleghe al Governo, tra cui la revisione della disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni (attuata con il D.Lgs. 121 del 2018), la riforma dell'ordinamento penitenziario (attuata con il D.Lgs. 123 del 2018), l'incremento del lavoro carcerario (attuato con il D.Lgs. 124 del 2018). La delega relativa a specifici interventi in favore dei detenuti stranieri, delle donne recluse e delle detenute madri non è stata, invece, attuata.
In particolare, la Relazione tecnica segnala che una quota delle risorse del Fondo, pari a circa 10 mln. annui a decorrere dal 2019, consentirà il finanziamento di interventi di manutenzione ordinaria sugli immobili dell’amministrazione penitenziaria e minorile.
Con riguardo ai servizi minorili, si ricorda che il Dipartimento della giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, oltre ad attuare i provvedimenti penali emessi dall'autorità giudiziaria minorile: cura i rapporti tra Stati nei casi di sottrazione internazionale dei minori; si occupa della protezione giuridica dei minori in custodia negli istituti minorili nonché del complesso di interventi relativi all’esecuzione penale esterna; svolge attività di cooperazione nazionale ed internazionale; promuove studi e ricerche di settore; fronteggia il fenomeno della devianza minorile con un'azione di prevenzione e recupero, in collaborazione con le strutture sociali sul territorio e in costante rapporto con la magistratura.
La disposizione non comporta oneri in quanto gli stanziamenti del Fondo per l’attuazione della riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario sono già iscritti nel bilancio del Ministero della giustizia sul Programma 1.1 - Amministrazione penitenziaria – all’azione “Accoglienza, trattamento penitenziario e politiche di reinserimento delle persone sottoposte a misure giudiziarie”, capitolo 1773.
Peraltro, si segnala che il Fondo, in base ad un intervento nella Sez. II del Bilancio risulta, per il 2019, definanziato di 10 milioni di euro. Analogo definanziamento di 10 mln di euro riguarda il 2020 e il 2021.
Articolo 1, commi 325-329
(Disposizioni in tema di indennizzo in favore delle vittime dei reati intenzionali violenti)
Le disposizioni, introdotte dalla Camera dei deputati, oltre a modificare la disciplina del diritto all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti, incrementano la dotazione del relativo Fondo di rotazione.
In particolare il comma 325 dell'articolo incrementa il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura - destinato attualmente anche all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti - di 10 milioni annui a partire dal 2019.
Il comma 326 reca una serie di modifiche alla legge n. 122 del 2016, con riguardo alla disciplina del diritto all'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti.
Più nel dettaglio la lettera a) interviene sull'articolo 11 della legge n. 122 del 2016:
· inserendo il delitto di lesioni personali gravissime fra quelli (a legislazione vigente solo omicidio e violenza sessuale) in relazione ai quali l’indennizzo a favore della vittima o degli aventi diritto è elargito anche in assenza di spese mediche e assistenziali e nella misura determinata da decreto ministeriale (comma 2 dell'articolo 11 come riformulato);
· individuando gli aventi diritto all’indennizzo in caso di morte della vittima in conseguenza di reato. In proposito il nuovo comma 2-bis dell'articolo 11 prevede che in caso di morte l'indennizzo è corrisposto in favore del coniuge superstite e dei figli; in loro mancanza l'indennizzo spetta dapprima ai genitori e in subordine ai fratelli e alle sorelle conviventi e a carico al momento della commissione del delitto. Al coniuge sono equiparati:
- la parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso;
- il convivente di fatto (o che ha avuto prole dalla vittima o che ha convissuto con la vittima nei tre anni precedenti alla data dell'omicidio).
· Precisando i criteri di ripartizione nel caso di concorso degli aventi diritto (nuovo comma 2-ter dell'articolo 11). La disposizione specifica che in caso di concorso di aventi diritto l'indennizzo deve essere ripartito secondo le quote previste dalle disposizioni in materia di successioni di cui al Libro II, titolo II del codice civile.
La lettera b) modifica invece l'articolo 12 della legge n. 122 del 2016:
· riformulando le disposizioni che determinano le condizioni per l’accesso all’indennizzo, con particolare riguardo ai casi in cui la vittima abbia percepito, in tale qualità e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato, da soggetti pubblici o privati, somme di denaro di importo pari o superiore a quelle dovute in base alla legge. In tali casi l’indennizzo non è dovuto, mentre se l’importo delle somme suddette è inferiore all’importo dovuto, l’indennizzo è corrisposto solo per l’importo differenziale (lett. e) ed e-bis) del comma 1 dell'articolo 12).
L’art. 12, comma 1, lett. e) attualmente vigente prevede quale condizione per la concessione dell’indennizzo che la vittima non abbia percepito, per lo stesso fatto, somme di importo superiore a 5.000 euro erogate a qualunque titolo da soggetti pubblici o privati;
· specificando che in caso di morte della vittima in conseguenza del reato, le condizioni per l’accesso all’indennizzo devono sussistere, oltre che per la vittima anche per gli aventi diritto (nuovo comma 1-bis all’art. 12).
La lettera c) interviene sull'articolo 13 della legge n. 122 inserendo tra gli atti cui deve essere corredata la domanda di indennizzo della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà anche sulla qualità dell’avente diritto (lett.c) del comma 1 dell'articolo 13, come riformulata).
Il comma 327 proroga alla data del 30 settembre 2019:
· i termini per la presentazione della domanda per la concessione dell’indennizzo di cui all'articolo 6, comma 3 della legge n. 167 del 2017;
Il comma 3 dell'articolo 6 della legge n. 167 del 2017 prevedeva che la domanda di concessione dell'indennizzo da parte di coloro che erano state vittima di un reato intenzionale violento commesso successivamente al 30 giugno 2005 e il 23 luglio del 2016 (data di entrata in vigore della legge n. 122 del 2016) dovesse essere presentata, a pena di decadenza, entro 120 giorni dalla entrata in vigore della legge n. 167 (entrata in vigore il 12 dicembre 2017).
· i termini per la presentazione della domanda di cui all'articolo 13, comma 2 della legge n. 122 del 2016 per la concessione dell’indennizzo da corrispondere in conseguenza di lesione gravissima;
L'articolo 13 della legge n. 122 del 2016 disciplina la domanda di indennizzo. Il comma 2 in particolare prevede che tale domanda debba essere presentata nel termine di sessanta giorni dalla decisione che ha definito il giudizio per essere ignoto l'autore del reato o dall'ultimo atto dell'azione esecutiva infruttuosamente esperita ovvero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale.
Il medesimo comma 327 specifica tuttavia che per i soggetti in relazione ai quali, alla data del 1 agosto 2019, non risultano ancora sussistenti tutti i requisiti e le condizioni previste dalla legge, il termine è quello di cui al comma 2 dell'articolo 13 della legge n. 122 (vedi supra).
Il comma 328 stabilisce che gli importi degli indennizzi relativi alle domande presentate ai sensi delle nuove disposizioni introdotte, sono liquidati nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente, confluite per gli anni 2017 e 2018 sul Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura.
Infine (comma 329) si prevede la rideterminazione, nel limite delle risorse sopra specificate, degli indennizzi già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge, da presentarsi su domanda dell’interessato entro i termini e secondo gli importi rideterminati ai sensi delle nuove disposizioni introdotte.
La possibilità di prevedere indennizzi per le vittime dei reati che, avendo subito un danno derivante da un atto penalmente rilevante non possono ottenere soddisfazione dall'autore del reato stesso, è stata a lungo riconosciuta dal nostro ordinamento solo per specifiche categorie di vittime (storicamente quelle della mafia e del terrorismo, poi anche quelle della tratta di esseri umani), ma non per la generalità delle persone offese da gravi reati. Questa lacuna è stata colmata nella XVII legislatura, dando attuazione alla direttiva 2004/80/CE, relativa all'indennizzo delle vittime di reato.
La direttiva stabilisce infatti un sistema di cooperazione tra Stati membri volto a facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere, che dovrebbe operare sulla base dei sistemi interni previsti dagli Stati in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. La direttiva, nel garantire alle vittime di uno Stato diverso da quello del luogo di commissione del reato il medesimo accesso al sistema d'indennizzo, muove dal presupposto dell'esistenza negli Stati di tale sistema interno di indennizzo. Nel rispetto del principio di sussidiarietà, la direttiva non indica i reati per i quali tale indennizzo debba trovare applicazione rinviando per la qualificazione alla normativa interna.
In particolare, l'art. 12, par. 2, della Direttiva, afferma che «Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime».
Questa disposizione è rimasta a lungo inattuata nel nostro ordinamento. L'Italia tradizionalmente riconosce infatti un indennizzo solo alle vittime di particolari categorie di reati.
Sul punto la Commissione europea ha avviato nel 2011 un procedimento di infrazione nei confronti dell'Italia per mancata conformità alla direttiva 2004/80/CE e, non accogliendo le repliche presentate dal Governo italiano, ha adito il 22 dicembre 2014 la Corte di Giustizia (Causa C-601/14). Con una sentenza depositata il 11 ottobre 2016, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia per non aver recepito in maniera corretta e completa la direttiva europea che prevede un sistema di indennizzo per le vittime di qualsiasi reato violento commesso sul proprio territorio anche nel caso in cui le vittime siano dei cittadini di un altro Stato membro. La Corte ha chiarito e sancito che la direttiva impone ad ogni Stato membro di adottare, al fine di tutelare la libera circolazione delle persone nell'Unione, un sistema nazionale che garantisca un livello minimo di indennizzo equo ed adeguato per le vittime di qualsiasi reato doloso violento commesso nel suo territorio e non solo per quelli contemplati dalle cosiddette 'leggi speciali' sul terrorismo e la criminalità organizzata.
Peraltro, già prima della sentenza, il legislatore nazionale aveva ottemperato alle richieste dell'Unione europea approvando la legge n. 122 del 2016, legge europea 2015-2016, che negli articoli da 11 a 16, dà attuazione alla direttiva 2004/80/CE. Tale disciplina è stata peraltro successivamente modificata dalla legge europea 2017 (legge n. 167 del 2017). Dal combinato disposto dei due provvedimenti, si ricava che:
· L'art. 12 della legge n. 122 del 2016 subordina il diritto all'indennizzo al ricorrere di una serie condizioni, tra le quali, ad esempio, la circostanza che la vittima sia titolare di un reddito annuo (come risultante dall'ultima dichiarazione) non superiore a quello previsto per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato (11.528,41 euro) o che la medesima non abbia percepito, per lo stesso fatto, somme erogate a qualunque titolo da soggetti pubblici o privati. Sul punto è intervenuta la legge europea 2017 che ha: a) eliminato il requisito del reddito; b) condizionato l'accesso all'indennizzo al fatto che la vittima abbia già esperito infruttuosamente l'azione esecutiva nei confronti dell'autore del reato per ottenere il risarcimento del danno dal soggetto obbligato in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una condanna a titolo di provvisionale, condizione che non si applica se l'autore del reato è rimasto ignoto o ha avuto accesso al gratuito patrocinio; c) specificato che l'accesso è negato in caso di percezione di somme erogate a qualunque titolo alla vittima da soggetti pubblici o privati solo se si tratta di somme superiori a 5.000 euro.
L'art. 14 della legge n. 122 del 2016 destina il c.d. Fondo antimafia e antiusura anche all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti, dotandolo di un ulteriore contributo annuale pari a 2,6 milioni di euro.
La legge di bilancio 2017 ha destinato all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti le somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile (art. 1, comma 351), in base al decreto legislativo n. 7 del 2015, che anziché essere devolute alla Cassa delle ammende confluiranno nel Fondo di rotazione, per la specifica destinazione all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti.
Nella legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017), il capitolo è stato rifinanziato per 7,4 milioni di euro per il triennio (2018-2020), rispetto allo stanziamento di 4,6 milioni previsto a legislazione vigente.
Allo stanziamento nel triennio di 12 milioni di euro, si sono aggiunti 2,5 milioni relativi specificamente al finanziamento degli interventi socio assistenziali in favore degli orfani per crimini domestici, come previsto dalla stessa legge di bilancio (art. 1, comma 279. I dati 2012-2016 sono tratti dal Rendiconto del bilancio dello Stato; il dato 2017 è ripreso alla legge di assestamento del bilancio e il dato 2018 dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 207).
Si ricorda che il cap. 2341 dello Stato di previsione del Ministero dell'Interno, sul quale sono appostate le risorse del Fondo, in tutti i bilanci di previsione riporta il contributo statale previsto a legislazione vigente. In realtà, le dinamiche di alimentazione del Fondo, al quale contribuiscono massicciamente le risorse versate sul capitolo 2341 dalla CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici) e relative al contributo pari allo 0,1 % dei premi assicurativi nel ramo danni (esclusa RC auto), fanno sì che la concreta disponibilità di risorse annuali sia molto più cospicua: ad esempio, nel bilancio di previsione 2016 sul capitolo era iscritto uno stanziamento per 2 milioni di euro, che sono divenuti 103,3 milioni nel rendiconto 2016.
Articolo 1, commi 330-333
(Verifica dell’assegnazione degli stanziamenti
ordinari in conto capitale su base territoriale)
I commi 330-333 intervengono sulle modalità di verifica del rispetto del principio di assegnazione degli stanziamenti statali ordinari in conto capitale secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla popolazione di riferimento. La disposizione, in particolare, semplifica le procedure attualmente previste e include nell’ambito degli stanziamenti oggetto di verifica anche quelli compresi nei contratti di programma (inclusi quelli vigenti) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e Anas S.p.A.
I commi 330-333 intervengono sulle modalità di verifica dell’assegnazione degli stanziamenti ordinari in conto capitale secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla popolazione di riferimento, definite dall’articolo 7-bis del decreto-legge n.243/2016.
L’articolo 7-bis del decreto-legge n.243/2016 dispone che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi entro il 30 giugno 2017, su proposta del Ministro dell’economia e sentita l’Autorità politica di coesione, sono individuate:
§ le modalità con cui verificare, in riferimento ai programmi di spesa in conto capitale delle Amministrazioni centrali dello Stato, individuati con apposita Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, se e in che misura, a decorrere dalla legge di bilancio 2018, le Amministrazioni medesime si conformino:
- all’obiettivo di destinare ai territori delle regioni del centro-sud (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna) un volume annuale di stanziamenti ordinari di parte capitale proporzionale alla popolazione di riferimento (pari a circa il 34% della popolazione nazionale);
- ad “altro criterio relativo a specifiche criticità” individuato dalla Direttiva medesima;
§ le modalità con le quali è monitorato il conseguimento da parte delle amministrazioni interessate del suddetto obiettivo, anche in termini di spesa erogata.
Una volta avviate le procedure di verifica, il Ministro per il sud presenta alle Camere una relazione annuale sui risultati della verifica, indicando anche le misure correttive eventualmente necessarie.
In attuazione dall’articolo 7-bis del decreto-legge n.243/2016 è stato adottato il DPCM 7 agosto 2017, con cui sono state disciplinate le modalità per lo svolgimento della verifica. In particolare, il D.P.C.M.:
§ ha circoscritto (in sede di prima applicazione) l’ambito applicativo della verifica ai Ministeri e alla Presidenza del consiglio dei ministri;
§ ha definito gli stanziamenti ordinari in conto capitale, ossia gli stanziamenti di bilancio dello Stato destinati a spese per investimenti e i contributi agli investimenti, che non derivano da assegnazioni del Fondo sviluppo e coesione (FSC) o dai Fondi strutturali e di investimento europei (SIE) e relativo cofinanziamento nazionale (trattandosi di risorse aggiuntive già dirette, in via prevalente, alle regione del Mezzogiorno);
§ ha incluso nel monitoraggio i programmi di investimento finanziati dal Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese[2] e le autorizzazioni di spesa pluriennale in conto capitale;
§ ha definito la popolazione di riferimento come quella residente al 1° gennaio dell’anno più recente resa disponibile dall’Istat.
La disposizione modifica in più parti l’articolo 7-bis del decreto-legge n.243/2016, aggiungendovi tre nuovi commi.
Il comma 330 (con una modifica meramente formale) aggiorna i riferimenti al “Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno”, sostituiti con quelli al “Ministro per il Sud”, al fine di adeguarli alla nuova denominazione del dicastero.
I commi 331 e 332, modificati nel corso dell'esame alla Camera, prevedono:
§ che i programmi di spesa oggetto di verifica e monitoraggio siano individuati annualmente, su indicazione del Ministro per il sud, nel Documento di economia e finanza (DEF), e non più mediante una specifica direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, come attualmente previsto (si consideri, tuttavia, che la direttiva in questione non è stata mai adottata);
§ che un nuovo D.P.C.M. di attuazione della norma venga adottato entro il 30 giugno 2019;
§ che nel DEF, su indicazione del Ministro per il sud, potrà essere stabilito, in alternativa al criterio di proporzionalità rispetto alla popolazione residente, un eventuale “altro criterio relativo a specifiche criticità” (possibilità, questa, che la normativa vigente attualmente rimette alla suddetta direttiva del Presidente del consiglio) (Sul punto il testo è stato modificato dalla Commissione bilancio: nel testo iniziale del ddl bilancio tale facoltà era infatti rimessa al DPCM di attuazione);
§ che venga monitorato anche l’andamento della spesa erogata.
§ che le Amministrazioni interessate, entro il 28 febbraio di ogni anno, trasmettano l’elenco dei programmi di propria competenza al Ministro per il Sud;
§ che anche i contratti di programma tra il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e Anas S.p.A. ed i contratti di programma tra il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., siano predisposti in conformità all’obiettivo della destinazione territoriale, secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla popolazione residente. Anche i contratti di programma vigenti sono soggetti alle attività di monitoraggio e verifica[3];
Il nuovo testo dell’articolo 7, comma 2 prevede che la verifica e il monitoraggio siano effettuati a decorrere dalla legge di bilancio 2018; si valuti pertanto l’opportunità di modificare tale decorrenza, atteso che l’applicazione della regola della assegnazione proporzionale delle risorse potrà trovare applicazione non prima dell’esercizio di bilancio 2020 (considerato che il termine per l’adozione del D.P.C.M. per la definizione delle modalità di verifica è il 30 giugno 2019 e che l’individuazione dei programmi di spesa su cui la regola troverà applicazione verrà stabilito dalla NADEF 2019).
Si segnala, altresì, che il comma 4 riproduce sostanzialmente il contenuto dell’articolo 7-bis, comma 3, del DL n. 243/2016.
Articolo 1, comma 334
(Modifiche alla misura “Resto al Sud”)
La norma modifica la disciplina della misura di sostegno c.d. “Resto al sud”, ampliando la platea dei potenziali beneficiari, elevando da 35 a 45 anni l’età massima degli stessi ed estendendo le agevolazioni previste dalla misura alle attività libero professionali.
Il comma reca modifiche alla misura denominata «Resto al Sud», introdotta dall’art. 1 del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, al fine di promuovere la costituzione di nuove imprese da parte di giovani imprenditori nelle regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. La norma in esame modifica l’art. 1, comma 2, del citato D.L. n. 91/2017, ampliando la platea dei potenziali soggetti destinatari della misura, elevando da 35 a 45 anni l’età massima degli stessi (comma 1, lett. a)).
La norma modifica inoltre l’art. 1, comma 10, del D.L. n. 91/2017 sopprimendo l’esclusione delle attività libero professionali dalle attività beneficiarie del finanziamento.
Con riferimento alla modifica di cui al comma 1, lett. a) dell’articolo in esame, si ricorda che, ai sensi della vigente formulazione dell’art. 1, comma 2, del D.L. n. 91/2017, la misura “Resto al Sud” è attualmente rivolta ai giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni, che non risultino già titolari di attività di impresa in esercizio alla data del 21 giugno 2017[4] o beneficiari, nell'ultimo triennio, di ulteriori misure a livello nazionale a favore dell'autoimprenditorialità e che siano residenti, al momento della presentazione della domanda, nelle regioni citate, ovvero che ivi trasferiscano la residenza entro i termini fissati (60 giorni dalla comunicazione del positivo esito dell'istruttoria o 120 se residenti all’estero), e che mantengano nelle stesse regioni la residenza per tutta la durata del finanziamento[5].
Secondo quanto precisato nella Relazione illustrativa, “l’estensione del limite di età agli under 46 consentirebbe di includere, tra i possibili destinatari della misura agevolativa “Resto al Sud”, quanti hanno maturato competenze professionali significative nel corso della loro esperienza lavorativa, spesso in una condizione di precariato o di lavoro sommerso/irregolare. Inoltre, si consentirebbe di ampliare il target di utenza anche nella direzione dei soggetti espulsi dal mercato del lavoro a causa di crisi aziendali e di settore e con grandi difficoltà di ricollocamento”. La misura diventerebbe, quindi, per tali soggetti, una “importante opportunità per patrimonializzare il loro bagaglio di esperienze/competenze professionali, in una prospettiva stabile e duratura nel tempo di autoimprenditorialità”.
Il finanziamento, ai sensi dell’art. 1, comma 8, del D.L. n. 91/2017, consiste:
§ per il 35 per cento in erogazioni a fondo perduto e
§ per il 65 per cento in un prestito a tasso zero da rimborsare, complessivamente, in otto anni, di cui i primi due di preammortamento.
Il finanziamento è fino a un massimo di 50 mila euro. Nel caso di istanza presentata da più soggetti già costituiti o che intendano costituirsi in forma societaria, ivi incluse le società cooperative, l'importo massimo erogabile è pari a 50 mila euro per socio, che presenti i requisiti sopra indicati, fino ad un ammontare massimo complessivo di 200 mila euro, ai sensi e nei limiti della disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore (de minimis) Reg. (UE) n. 1407/2013 e Reg. (UE) n. 717/2014.
La quota del prestito a tasso zero beneficia:
§ sia di un contributo in conto interessi per tutta la durata del prestito, corrisposto agli istituti di credito dal soggetto gestore della misura - l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. Invitalia;
§ sia di una garanzia per la restituzione dei prestiti erogati dagli istituti di credito. A tal fine, è istituita presso il Fondo di garanzia PMI di cui all'art. 2, co. 100, lettera a), della L. n. 662/1996, una sezione speciale alla quale è trasferita una quota parte delle risorse stanziate per la misura in esame, destinata alla concessione della garanzia a favore delle Operazioni Resto al Sud (D.M. 15 dicembre 2017).
Con riferimento alla modifica di cui al comma 1, lett. b) dell’articolo in esame, si ricorda che il comma 10 del D.L. n. 91/2017, nella sua formulazione vigente, esclude dal finanziamento:
§ le attività libero professionali;
§ le attività del commercio ad eccezione della vendita dei beni prodotti nell'attività di impresa.
La norma in esame estende dunque le agevolazioni anche alla categoria dei liberi professionisti, originariamente esclusi dall’ambito di operatività della norma.
La Relazione tecnica precisa che le modifiche introdotte dalla norma in esame non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto alla misura “continua a provvedersi nel limite delle risorse di cui all’articolo 1, comma 16, del D.L. n. 91/2017.
A tale proposito, si ricorda che il citato comma 16 assegna alla misura – a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) della Programmazione 2014-2020 - un importo complessivo fino a 1.250 milioni di euro, da ripartire, previa rimodulazione e riprogrammazione delle risorse dello stesso Fondo, in importi annuali massimi fino a: 36 milioni di euro per l'anno 2017; 280 milioni di euro per l'anno 2018; 462 milioni di euro per l'anno 2019; 308,5 milioni di euro per l'anno 2020; 92 milioni di euro per l'anno 2021; 22,5 milioni di euro per l'anno 2022; 18 milioni di euro per l'anno 2023; 14 milioni di euro per l'anno 2024; 17 milioni di euro per l'anno 2025. Le risorse del FSC sono imputate alla quota delle risorse destinate a sostenere gli interventi nelle regioni del Mezzogiorno. Il successivo comma demanda al CIPE di provvedere con apposita delibera ad assegnare le risorse nei limiti suddetti, individuando la ripartizione in annualità e gli importi da assegnare distintamente al contributo a fondo perduto, al contributo in conto interessi e al finanziamento della sezione specializzata del Fondo centrale di garanzia PMI.
In attuazione di quanto sopra, la delibera CIPE n. 74 del 7 agosto 2017 ha assegnato alla misura 715 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020, con la seguente articolazione annuale: 36 milioni di euro per il 2017; 100 milioni di euro per il 2018; 107 milioni di euro per il 2019, 308,50 milioni di euro per il 2020; 92 milioni di euro per il 2021; 22,50 milioni di euro per il 2022; 18 milioni di euro per il 2023; 14 milioni di euro per il 2024 e 17 milioni di euro per il 2025. In base all'utilizzo delle risorse, il Comitato con successive delibere si è riservato di riequilibrare le suddette percentuali nel rispetto delle risorse assegnate. Con successiva delibera CIPE n. 102 del 22 dicembre 2017, il CIPE ha assegnato la residua quota di 535 milioni di euro, di cui 180 milioni di euro per l'anno 2018, 355 milioni per l'anno 2019.
Le risorse destinate al contributo a fondo perduto e al contributo in conto interessi sui prestiti sono accreditate su un apposita contabilità speciale (conto corrente infruttifero intestato ad INVITALIA, aperto presso la Tesoreria centrale dello Stato) e sono dunque gestite fuori bilancio.
Si segnala, inoltre, che il D.M. 9 novembre 2017, n. 174, recante il Regolamento concernente la misura incentivante «Resto al Sud, individua i criteri di dettaglio per l'ammissibilità alla misura, le modalità di attuazione della stessa, le modalità di accreditamento dei soggetti beneficiari delle agevolazioni, le modalità di corresponsione del contributo a fondo perduto e del contributo in conto interessi, le modalità di escussione della garanzia, nonché la misura della garanzia relativa al prestito nella misura del 65 per cento del finanziamento e le modalità di controllo e monitoraggio della misura incentivante.
Articolo 1, commi 335 e 336
(Risanamento fondazioni lirico-sinfoniche)
I commi 335 e 336, quest’ultimo introdotto durante l’esame alla Camera, prorogano al 31 dicembre 2020 le funzioni del commissario straordinario per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, ribadendo che restano fermi i contenuti inderogabili dei piani di risanamento previsti dall’art. 11 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013), nonché gli obiettivi già definiti nelle azioni e nelle misure pianificate nei singoli piani e nelle loro integrazioni.
Inoltre, prevedono la possibilità di conferire un massimo di tre incarichi di collaborazione della durata massima di 12 mesi a supporto delle attività del commissario.
In particolare, la proroga (dal 31 dicembre 2018) al 31 dicembre 2020 delle funzioni del commissario straordinario per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche (di cui all’art. 11 del D.L. 91/2013-L. 112/2013), è finalizzata alla prosecuzione delle attività di monitoraggio dei piani di risanamento delle stesse.
L’art. 11, co. 1 e 2, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013 2), al fine di far fronte allo stato di grave crisi delle fondazioni lirico-sinfoniche e di pervenire al risanamento delle gestioni e al rilancio delle attività delle stesse, ha previsto la possibilità di presentare un piano di risanamento per le fondazioni che versassero in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale. Tra i contenuti inderogabili del piano è stata prevista, in particolare, la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo, la razionalizzazione del personale artistico, previo accordo con le associazioni sindacali, la ristrutturazione del debito, il divieto di ricorrere a nuovo indebitamento.
Il piano doveva essere presentato ad un commissario straordinario, appositamente nominato, e doveva assicurare gli equilibri strutturali del bilancio, sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario, entro i tre successivi esercizi finanziari, ovvero, in base al testo originario del co. 14 dello stesso art. 11, entro l’esercizio 2016.
In base al citato co. 14, infatti, le fondazioni che non avessero presentato il piano di risanamento entro i termini previsti, o per le quali il piano di risanamento non fosse stato approvato nei termini previsti, ovvero che non avessero raggiunto entro l’esercizio 2016 le condizioni di equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario, dovevano essere poste in liquidazione coatta amministrativa.
Per facilitare il percorso di risanamento, il co. 6 dello stesso art. 11 ha previsto la possibilità di accedere a un fondo di rotazione, per la concessione di finanziamenti di durata fino a un massimo di 30 anni.
Successivamente, l’art. 1, co. 355, della L. di stabilità 2016 (L. 208/2015) ha prorogato (dal 2016) al 2018 il termine per il raggiungimento dell’equilibrio strutturale di bilancio per le fondazioni che avevano già presentato il piano di risanamento, previa predisposizione, da parte delle stesse – entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (dunque, entro il 31 marzo 2016) –, di un’integrazione del piano, relativa al periodo 2016-2018, pena la sospensione dei contributi a valere sul Fondo unico per lo spettacolo (FUS).
Ancora dopo, l’art. 24 del D.L. 113/2016 (L. 160/2016) ha introdotto elementi di maggiore flessibilità nel percorso di risanamento, sostituendo il riferimento al raggiungimento dell'equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale che economico-finanziario, con il riferimento al raggiungimento del pareggio economico in ciascun esercizio e al tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario entro il 2018.
Da ultimo, l’art. 1, co. 323, della L. di bilancio 2018 (L. 205/2017) ha prorogato al 2019 il termine per il raggiungimento del tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario.
Per quanto concerne il commissario straordinario, si ricorda che la proroga al 31 dicembre 2018 delle sue funzioni era stata disposta dall’art. 1, co. 357, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) al fine, fra l’altro, di procedere all’approvazione e al monitoraggio dei nuovi piani di risanamento per il triennio 2016-2018 previsti dal co. 355 dello stesso art. 1.
Sul percorso di risanamento, il commissario straordinario ha riferito, da ultimo, alla 7^ Commissione del Senato, il 26 settembre 2018.
In particolare, in quella sede, ricordando che il percorso di risanamento riguarda 9 delle 14 Fondazioni - Petruzzelli e Teatri di Bari, Teatro Massimo di Palermo, Teatro del Maggio musicale fiorentino, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, Teatro dell'Opera di Roma, Teatro Comunale di Bologna, Teatro Carlo Felice di Genova, Arena di Verona – il commissario ha evidenziato che la struttura commissariale è impegnata nell’istruttoria dell’ultima integrazione di piano ancora da approvare, relativa alla Fondazione Teatro del Maggio musicale fiorentino, e nelle revisioni dei piani già approvati relativi a Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova e Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari, determinate dalla necessità di rivedere azioni ed obiettivi inizialmente pianificati.
L’incarico di commissario straordinario continua ad essere conferito con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che stabilisce anche il compenso da corrispondere, nel limite massimo di € 50.000 annui per la parte fissa e di € 50.000 annui per la parte variabile (art. 15, co. 3, D.L. 98/2011-L. 111/2011).
Si prevede, inoltre, la possibilità che, a supporto delle attività del commissario, la Direzione generale Spettacolo del Ministero per i beni e le attività culturali conferisca, in deroga ai limiti finanziari previsti dalla legislazione vigente e ai sensi dell’art. 7, co. 6, del D.lgs. 165/2001, fino a un massimo di 3 incarichi di collaborazione a persone di comprovata qualificazione professionale nella gestione amministrativa e contabile di enti che operano nel settore artistico-culturale, nel limite di spesa di € 75.000 annui.
A differenza di quanto stabilito per la proroga delle funzioni del Commissario straordinario, la durata massima degli incarichi di collaborazione è fissata in 12 mesi.
Analoga possibilità era stata prevista, per la durata massima di 24 mesi, dal già citato art. 1, co. 357, della L. 208/2015. Gli esiti dei lavori della Commissione giudicatrice per la selezione di 3 professionisti sono stati approvati con D.D.G. del 26 maggio 2016.
Agli oneri derivanti dalla proroga dell’incarico del commissario straordinario e dagli incarichi di collaborazione, nel limite massimo di € 175.000 per ciascuno degli anni 2019 e 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo unico per lo spettacolo (FUS).
Con riguardo agli incarichi di collaborazione, dunque, anche in considerazione dell’autorizzazione di spesa relativa a due annualità, sembrerebbe che si prospetti la possibilità di conferire gli stessi a più di 3 soggetti diversi.
Si valuti, comunque, l’opportunità di un chiarimento.
Articolo 1, commi 337 e 348
(Card cultura per i diciottenni)
Il comma 337 – introdotto durante l’esame alla Camera – e il comma 348 definiscono la disciplina sostanziale per l’assegnazione della Card cultura a tutti i residenti nel territorio nazionale che compiono 18 anni nel 2019, stabilendo un limite massimo di spesa di € 230 mln.
In particolare, il comma 337 dispone l’assegnazione di una Carta elettronica, nel limite massimo di spesa di € 230 mln, a tutti i residenti nel territorio nazionale in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno in corso di validità, i quali compiono 18 anni nel 2019, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura e la conoscenza del patrimonio culturale.
Più nello specifico, il comma 348 riduce di € 40 mln l’autorizzazione di spesa prevista per il 2019, per la medesima Carta elettronica, dal disegno di legge di bilancio originario, pari ad € 270 mln.
Si segnala che occorre fare riferimento agli stanziamenti iscritti in bilancio ai sensi della L. 205/2017 per le finalità di cui all’art. 1, co. 979, della L. 208/2015, e non all’autorizzazione di spesa di cui al medesimo art. 1, co. 979.
La relazione tecnica all’A.C. 1334 evidenziava che per il 2016 si sono registrati sull’applicazione dedicata 356.273 diciottenni, con un tetto massimo spendibile di € 178.136.500, peraltro non completamente utilizzato.
Per il 2017, alla data del 19 settembre 2018 si erano registrati 416.718 diciottenni, con una spesa massima teorizzabile pari a € 208.359.000.
La Carta elettronica è utilizzabile per l’acquisto di biglietti per rappresentazioni teatrali e cinematografiche e spettacoli dal vivo, libri, musica registrata, titoli di accesso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche, parchi naturali, corsi di musica, di teatro o di lingua straniera.
Inoltre, affida ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione della disciplina applicativa. In particolare, il decreto interministeriale deve definire gli importi nominali da assegnare nell’ambito delle risorse disponibili, i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta, anche tenuto conto dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) del nucleo familiare di appartenenza.
Dunque, rispetto alla disciplina applicabile per gli anni 2016, 2017 e 2018, l’importo nominale non sarà unico, ma variabile, in quanto collegato all’ISEE del nucleo familiare.
Un’ulteriore differenza attiene allo strumento al quale è affidata la definizione della disciplina applicativa, non più individuato in un DPCM, pur emanato di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e il Ministro dell'economia e delle finanze.
Come per gli anni passati, le somme attribuite non costituiscono reddito imponibile del beneficiario e non rilevano ai fini del computo del valore dell’ISEE.
Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. 979-980, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) – nel testo come modificato dall’art. 2-quinquies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) – aveva previsto che a tutti i residenti nel territorio nazionale, in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno, che compivano 18 anni nel 2016 era assegnata una carta elettronica – dell’importo nominale massimo di € 500 –, da utilizzare per ingressi a teatro, cinema, mostre e altri eventi culturali, spettacoli dal vivo, per l’accesso a musei, monumenti, gallerie e aree archeologiche e parchi naturali, per l’acquisto di libri. A tal fine, aveva autorizzato la spesa di € 290 mln per il 2016. I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, pari a € 500, erano stati disciplinati con DPCM 15 settembre 2016, n. 187.
Successivamente, tale previsione era stata estesa dall’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) anche ai giovani che compivano 18 anni nel 2017, che potevano utilizzare la Carta anche per l'acquisto di musica registrata, nonché di corsi di musica, di teatro o di lingua straniera. A tal fine, era stata autorizzata la spesa di € 290 mln per il 2017. I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, erano stati disciplinati con DPCM 4 agosto 2017, n. 136, che aveva modificato il DPCM del 2016.
Ancora in seguito, la L. 205/2017 ha rifinanziato l’iniziativa per il 2018 e per il 2019 con € 290 mln annui, ma intervenendo direttamente nello stato di previsione del Mibact.
Al riguardo, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato, nell’Adunanza di Sezione del 7 giugno 2018 (NUMERO AFFARE 00680/2018), pronunciandosi sullo schema di un nuovo DPCM di definizione della disciplina applicativa, aveva stigmatizzato la mancanza di una norma legittimante di rango primario da porre a base dello stesso. In particolare, in risposta alle controdeduzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva osservato che anche dalla nuova impostazione dello schema normativo di finanza pubblica delineata con la L. 163/2016 non sembrava poter derivare il venir meno della necessità di emanare una norma legittimante di rango primario da porre a base del DPCM, al fine anzitutto di poter individuare la platea di beneficiari del diritto.
A tale rilievo ha dato seguito l’art. 7 del D.L. 91/2018 (L. 108/2018), che ha inserito nell’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 il riferimento al (solo) 2018.
Articolo 1, commi 338-347
(Risorse per iniziative nel settore dei beni e delle attività culturali)
I commi 338-347 – introdotti durante l’esame alla Camera – destinano € 40 mln per finanziare diverse iniziative nel settore dei beni e delle attività culturali nel 2019.
In particolare:
· il Fondo unico per lo spettacolo (FUS) è incrementato di € 8 mln;
· per le fondazioni lirico-sinfoniche è autorizzata la spesa di € 12,5 mln;
· per il sostegno di festival, cori e bande, è autorizzata la spesa di € 1 mln;
· il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo è incrementato di € 4 mln;
· per iniziative culturali in zone terremotate è autorizzata la spesa complessiva di € 3 mln;
· per la realizzazione di iniziative culturali a Matera, Capitale europea della cultura 2019, è autorizzata la spesa di € 2 mln;
· per la riqualificazione delle periferie urbane, anche attraverso progetti di arte contemporanea, è autorizzata la spesa di € 2 mln;
· per la promozione delle arti applicate (moda, design e grafica) è autorizzata la spesa di € 3,5 mln;
· per la digitalizzazione del patrimonio culturale è autorizzata la spesa di € 4 mln.
FUS, fondazioni lirico-sinfoniche, festival, cori e bande (co. 338, 340 e 341)
Il comma 338 incrementa di € 8 mln per il 2019 il FUS.
Il FUS, istituito dalla L. 163/1985 al fine di ridurre la frammentazione dell'intervento statale e la conseguente approvazione di apposite leggi di finanziamento, è attualmente il principale strumento di sostegno al settore dello spettacolo.
In particolare, le finalità del FUS consistono nel sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante – incluse, a seguito di quanto previsto dall’art. 1, co. 329, della L. 205/2017, le manifestazioni carnevalesche[6] – nonché nella promozione e nel sostegno di manifestazioni ed iniziative di carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero. Sino al 2016 il FUS finanziava anche il settore cinematografico, per il quale, dal 2017, la L. 220/2016 ha istituito il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo.
Da ultimo, l’art. 4 della L. 175/2017 ha incrementato la dotazione del FUS di € 9,5 mln annui per il 2018 e il 2019 e di € 22,5 annui dal 2020.
Più ampiamente, si veda il FOCUS predisposto dal Servizio Studi della Camera.
Per effetto del decremento previsto dal co. 335 (di cui dà già conto la tab. 13 del ddl di bilancio), e dell’incremento previsto dal comma in esame, lo stanziamento complessivo previsto per il FUS per il 2019 ammonterebbe, dunque, a € 351,2 mln.
Il comma 340 autorizza la spesa di € 12,5 mln per il 2019 per sostenere le azioni e i progetti delle fondazioni lirico-sinfoniche finalizzati alla riduzione del debito esistente.
I criteri di ripartizione delle risorse devono essere definiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
Sempre per finalità di riduzione del debito delle fondazioni lirico-sinfoniche – nonché per favorire l’elargizione a favore delle medesime fondazioni di erogazioni liberali che danno diritto al credito di imposta (c.d. Art-bonus: art. 1, D.L. 83/2014–L.106/2014) –, l’art. 1, co. 583, della L. di bilancio 2017 (L. 232/2016), come modificato, da ultimo, dall'art. 1, co. 323, lett. a), della L. di bilancio 2018 (L.205/2017), ha autorizzato la spesa di € 10 mln per il 2017 (poi aumentati di ulteriori € 10 mln dall’art. 11, co. 3, del D.L. 244/2016-L. 19/2017) e di € 15 mln annui a decorrere dal 2018. Al contempo, ha affidato ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali la definizione delle regole tecniche di ripartizione delle risorse, anche in modo da erogare prioritariamente a ciascun ente una quota pari, o comunque proporzionalmente commisurata, all'ammontare dei rispettivi contributi provenienti da soggetti privati, dalle regioni e dagli enti locali.
E’, dunque, intervenuto il DM n. 105 del 3 marzo 2017.
Più ampiamente, in materia di misure per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, si veda il Tema predisposto dal Servizio Studi della Camera.
Il comma 341 autorizza la spesa di € 1 mln per il 2019 finalizzata al sostegno di festival, cori e bande.
I termini, le modalità e la procedura per l’individuazione dei soggetti e dei progetti ammessi al finanziamento e per il riparto delle relative risorse sono definiti con bando del Ministero per i beni e le attività culturali (per la cui emanazione non è fissato un termine).
Per il triennio 2016-2018, l’art. 1, co. 359, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) ha autorizzato per le medesime finalità la spesa di € 1 mln annui, disponendo l'emanazione di un bando volto a stabilire le modalità di accesso alle risorse da parte del Ministro per i beni e le attività culturali, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, e l'individuazione dei progetti ammessi al finanziamento e il riparto delle risorse entro i successivi due mesi, con decreto interministeriale MIBAC-MEF.
E' stato conseguentemente emanato il DM 26 febbraio 2016, n. 108, che ha disciplinato l’indizione di una pubblica selezione per la partecipazione al progetto "Salvaguardia del patrimonio musicale tradizionale".
I contributi relativi al 2016, al 2017 e al 2018, sono stati concessi, rispettivamente, con D.I. 505 del 4 novembre 2016, con D.I. 261 del 14 giugno 2017 e con D.I. 362 del 9 agosto 2018.
Fondo per il cinema e l’audiovisivo (comma 347)
Il comma 347 incrementa il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo di € 4 mln per il 2019, da destinare al riconoscimento di incentivi e agevolazioni fiscali attraverso lo strumento del credito d'imposta.
Il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo è stato istituito dalla L. 220/2016. In particolare, l’art. 13, prevedendo che lo stesso è alimentato, a regime, con gli introiti erariali derivanti dalle attività del settore e che il finanziamento non può essere inferiore a € 400 mln annui, lo ha destinato al riconoscimento di incentivi e agevolazioni fiscali attraverso lo strumento del credito d'imposta, all’erogazione di contributi automatici e di contributi selettivi, all’erogazione di contributi alle attività e iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva, nonché al finanziamento del Piano straordinario per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali e del Piano straordinario per la digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo.
Le modalità di gestione del Fondo sono state definite con DPCM 20 maggio 2017, mentre il riparto dello stesso fra le diverse tipologie di contributi è stato effettuato, per il 2017, con DM 13 luglio 2017 e, per il 2018, con DM 148 del 15 marzo 2018.
Più ampiamente, si veda il Tema predisposto dal Servizio Studi della Camera.
Risorse per iniziative culturali in zone terremotate (co. 339 e 346)
Il comma 339 autorizza per l’anno 2019 la spesa di € 2 mln in favore di attività culturali nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, disponendo che la ripartizione deve essere effettuata con le stesse modalità previste per il riparto delle somme destinate alle stesse finalità dall’art. 11, co. 3, quarto periodo, del D.L. 244/2016 (L. 19/2017), ossia con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali.
Al riguardo si ricorda che l’art. 11, co. 3, del D.L. 244/2016 (L.19/2017) ha previsto che per il 2017 una quota non superiore a € 4 mln delle somme corrispondenti all’eventuale minor utilizzo degli stanziamenti destinati al credito di imposta per il cinema (di cui all’art. 24, co. 1, della L. 183/2011) doveva essere ripartita, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, in favore di attività culturali nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici verificatisi a partire dal 24 agosto 2016.
E’ stato conseguentemente adottato il DM 16 maggio 2017, n. 218, che ha destinato le risorse ad attività culturali di spettacolo dal vivo, ripartendole per il 60% in misura uguale fra le 4 regioni e, per il restante 40%, sulla base dei fabbisogni dei territori, in relazione alla diversa incidenza dei danni subiti in seguito all’evento sismico.
Un’analoga misura di sostegno è stata prevista per il 2018 dall’art. 4, co. 3, della L. 175/2017, che, a tal fine, ha autorizzato la spesa di € 4 mln (a valere sulle somme autorizzate a favore del Teatro Eliseo in occasione del centenario della sua fondazione: art. 22, co. 8, D.L. 50/2017-L. 96/2017). Per la ripartizione delle risorse, la L. 175/2017 richiamava sempre le modalità previste dall'art. 11, co. 3, quarto periodo, del D.L. 244/2016.
E’ stato conseguentemente adottato il DM 28 febbraio 2018, n. 131, che ha destinato le risorse ad attività culturali di spettacolo dal vivo, ripartendo il 30% in misura uguale fra le 4 regioni e, per il restante 70%, sulla base dei fabbisogni dei territori, in relazione alla diversa incidenza dei danni subiti in seguito all’evento sismico.
Il comma 346 autorizza la spesa di € 1 mln per il 2019, per la realizzazione di un programma speciale di iniziative culturali a L’Aquila e nel territorio colpito dal terremoto del 2009, in occasione del decimo anniversario dell’evento.
Iniziative culturali a Matera, Capitale europea della cultura 2019 (co. 345)
Il comma 345 autorizza la spesa di € 2 mln per il 2019 per la realizzazione, da parte del Mibac, di un programma speciale di iniziative culturali e di spettacolo a Matera, designata Capitale europea della cultura per il 2019.
Per approfondimenti relativi alla Capitale europea della cultura 2019, si veda l’apposito Tema elaborato dal Servizio Studi della Camera.
In questa sede, si ricorda solo che nell’audizione programmatica davanti alla VII Commissione della Camera e alla 7^ Commissione del Senato del 10 luglio 2018, il Ministro per i beni e le attività culturali aveva sottolineato l’importanza di rafforzare il programma culturale relativo all’evento, e che lo stesso programma culturale è stato presentato a Matera il 21 settembre 2018.
Risorse per la riqualificazione delle periferie urbane (co. 343)
Il comma 343 autorizza la spesa di € 2 mln per il 2019 per interventi, da parte del Mibac, di riqualificazione e recupero delle periferie urbane, anche attraverso progetti di arte contemporanea, con particolare riguardo alle città metropolitane e ai comuni capoluogo di provincia.
Nel corso del 2018, il Mibac ha avviato varie iniziative per la riqualificazione delle periferie urbane. In particolare, si ricordano:
· il bando “Periferia intelligente”, volto al finanziamento di un progetto culturale che, attraverso l’intelligenza artificiale e la creatività contemporanea, promuove la riqualificazione delle periferie urbane. Qui il progetto vincitore, al quale sono stati destinati € 50.000;
· il bando “PRENDI PARTE! Agire e pensare creativo”, volto al finanziamento di progetti culturali per la realizzazione di attività creative nelle aree caratterizzate da situazioni di marginalità economica e sociale, per il quale sono stati messi a disposizione, originariamente, € 600.000, per un massimo di € 60.000 per ogni progetto, e comunque per una copertura non superiore all’80% del budget totale. Qui i primi 12 progetti vincitori. Qui i successivi 3 progetti vincitori, per i quali sono stati messi a disposizione ulteriori € 140.000;
· il Premio “Creative living lab - Qualità, creatività, condivisione”, iniziativa volta alla rigenerazione urbana condivisa di luoghi periferici, per il quale sono stati messi a disposizione € 205.000, con un massimo finanziabile di € 34.000 per ciascun soggetto proponente. Qui i 6 progetti vincitori.
Qui la pagina dedicata sul sito del Mibac.
Risorse per la promozione delle arti applicate (co. 342)
Il comma 342 autorizza la spesa di € 3,5 mln per il 2019 per la realizzazione di iniziative promosse dal Mibac a sostegno del patrimonio culturale delle arti applicate, con particolare riferimento alla moda, al design e alla grafica.
Con riferimento al design, si ricorda l’istituzione, con DM 473/2018 – integrato con DM 480/2018 – della Commissione di studio per l’individuazione di politiche pubbliche di supporto e sviluppo del design. Alla base del provvedimento, è indicata l’esigenza di analizzare gli attuali sistemi di rete tra i vari attori della creazione e produzione del design, come nuove frontiere della dimensione culturale italiana nel mondo, anche al fine di prospettare possibili linee di intervento pubblico per supportare e promuovere la filiera del design.
Con riferimento alla moda, si ricorda l’istituzione, con DM 540/2018, della Commissione di studio per l’individuazione di politiche pubbliche per la tutela, conservazione, valorizzazione e fruizione della moda italiana come patrimonio culturale.
Risorse per la digitalizzazione del patrimonio culturale (co. 344)
Il comma 344 autorizza la spesa di € 4 mln per il 2019 per il proseguimento, da parte del Mibac, dell’attività di digitalizzazione del patrimonio culturale.
Al riguardo, si ricorda che con DM 37 del 23 gennaio 2017 è stato costituito il Servizio per la digitalizzazione del patrimonio culturale–Digital Library dell’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, al quale è affidato il coordinamento e la promozione dei programmi di digitalizzazione del patrimonio culturale di competenza del Mibac.
Articolo 1, comma 349
(Salvaguardia siti e patrimonio culturale immateriale Unesco)
Il comma 349, introdotto durante l’esame alla Camera, autorizza la spesa di € 1 mln per il 2019 al fine di sostenere la riqualificazione e la valorizzazione dei siti italiani tutelati dall’UNESCO, nonché del patrimonio culturale immateriale.
A tal fine, richiama l’autorizzazione di spesa recata dalla L. 44/2017, che, nell’estendere le misure speciali di tutela e fruizione applicabili ai siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella Lista del patrimonio mondiale UNESCO, di cui alla L. 77/2006, anche agli elementi italiani ricompresi nelle Liste UNESCO del patrimonio culturale immateriale, ha incrementato di € 0,8 mln per il 2016 le risorse previste dalla medesima L. 77/2006 (quantificate annualmente dalla legge di bilancio).
L’art. 11 della Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, adottata a Parigi il 17 ottobre 2003, ratificata dall’Italia con L. 167/2007, ha affidato ad ogni Stato contraente il compito di individuare gli elementi del patrimonio culturale immateriale presente sul suo territorio e di adottare i provvedimenti ritenuti necessari a garantirne la salvaguardia. Sulla base degli artt. 16 e 17 della stessa Convenzione, sono state istituite la Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale e la Lista del patrimonio immateriale che necessita di urgente tutela.
Per approfondimenti, si veda l’apposito paragrafo nel Tema predisposto dal Servizio Studi della Camera.
Le risorse sono allocate sui capp. 1442 e 7305 dello stato di previsione del Mibac. Per il 2019, gli stanziamenti del disegno di legge di bilancio, comprensivi delle modifiche apportate dal comma in esame, ammonterebbero a € 2,6 mln.
Articolo 1, commi 350-357
(Sport bonus)
I commi 350-357, modificati alla Camera, ampliano il credito d’imposta istituito dalla legge di bilancio 2018 per le erogazioni liberali destinate a interventi di manutenzione e restauro di impianti sportivi pubblici e per la realizzazione di nuove strutture sportive pubbliche.
L’agevolazione consiste in un credito d’imposta, pari al 65 per cento dell’importo erogato nell’anno 2019, è fruibile in tre quote annuali di pari importo e non è cumulabile con altre previste da disposizioni di legge a fronte della stessa liberalità.
Il credito d’imposta spetta nei casi in cui la dazione sia stata effettuata sia nei confronti del proprietario dell’impianto sia nei confronti di soggetti che detengono l’impianto in concessione o in altro tipo di affidamento. Nel corso dell’esame alla Camera, è stato specificato che per usufruire dell’agevolazione le nuove strutture da realizzare devono essere pubbliche (commi 350 e 354).
Quanto all’aspetto soggettivo, possono accedere al credito d’imposta due categorie: per un verso, persone fisiche ed enti non commerciali; per l’altro, soggetti titolari di reddito d’impresa. Mentre per la prima categoria il credito d’imposta non può eccedere il 20 per cento del reddito imponibile; per la seconda, il limite è fissato nel 10 per mille dei ricavi annui. Inoltre, per i titolari di reddito d’impresa, il credito è fruibile attraverso il meccanismo della compensazione di cui al decreto legislativo n. 241 del 1997 e non rileva ai fini IRPEF e IRAP. Il limite complessivo di spesa è stabilito in 13 milioni e 200 mila euro (commi 351 e 352).
Ai sensi del comma 353, il limite dell’utilizzo in compensazione di 700 mila euro, di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007 sono derogati.
Si ricorda che l’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, prevede che i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche.
Ai sensi del comma 2, sono compensabili, tramite versamento unitario (F24), tra l’altro, i crediti e i debiti relativi alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte; - all'imposta sul valore aggiunto; - alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto; - ai contributi previdenziali; - ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; ai tributi locali (art. 2-bis, comma 1, decreto legge n. 193 del 2016).
Venendo ai soggetti che ricevono la donazione, è prescritto un doppio ordine di obblighi di comunicazione all’Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio. Anzitutto, i beneficiari devono dare immediata comunicazione all’atto della ricezione dell’erogazione liberale, rendendone noti importo e destinazione. E’ dovuta anche la pubblicità adeguata con mezzi informatici. In secondo luogo, entro il 30 giugno di ogni anno successivo a quello in cui è avvenuta la dazione liberale e fino alla fine dei lavori, i beneficiari devono comunicare lo stato di avanzamento dei lavori e rendere il conto sulle modalità di utilizzo delle somme donate (comma 355).
Il comma 356 rimette le necessarie disposizioni attuative a un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, con il concerto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro 90 giorni. Inoltre, a copertura finanziaria, il comma 357 riduce sul quadriennio 2019-2022 l’autorizzazione di spesa in favore delle società sportive dilettantistiche prevista all’art. 13, comma 5, del decreto-legge n. 87 del 2018 rispettivamente di 4,4 milioni di euro nel 2019, di 9,8 milioni nel 2020, di 9,3 milioni nel 2021 e di 4,9 milioni nel 2022.
Si ricorda che il predetto articolo 13 ha soppresso le previsioni introdotte dalla legge di bilancio 2018 (commi da 353 a 355), in base alle quali le attività sportive dilettantistiche potevano essere esercitate anche da società sportive dilettantistiche con scopo di lucro e abrogato le agevolazioni fiscali introdotte dalla medesima legge (la cui disciplina è ora contenuta nel Codice del Terzo settore). Inoltre, ha istituito un nuovo fondo destinato a interventi in favore delle società sportive dilettantistiche, in cui confluiscono le risorse rinvenienti dalla suddetta soppressione. Infine, ha ripristinato la normativa in materia di uso e gestione di impianti sportivi vigente prima delle novità introdotte dalla stessa legge di bilancio 2018.
Come anticipati, l’istituto agevolativo qui esposto amplia il credito d’imposta istituito dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, art. 1, commi 363-366) in relazione ad erogazioni liberali effettuate nel 2018 per interventi di restauro o ristrutturazione di impianti sportivi pubblici, anche se destinati ai soggetti concessionari.
Le relative modalità applicative sono state disciplinate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2018. Con la successiva risoluzione 65/E del 18 settembre 2018, l’Agenzia delle entrate ha istituito, per questa agevolazione e ai fini della compilazione dell’apposita modulistica, il codice tributo 6892.
Sul piano soggettivo, la norma vigente prevedeva l’agevolazione solo per le imprese (laddove qui è consentita anche alle persone fisiche e agli enti non commerciali).
Sul versante oggettivo, il credito d’imposta viene esteso al 2019 e sono elevati i limiti d’importo. Il credito d’imposta riconosciuto l’anno scorso, infatti, valeva solo per il 2018 ed era limitato al 3 per mille dei ricavi annui e al 50 per cento della donazione, con il limite complessivo di 10 milioni di spesa (rispetto ai 13,2 della nuova disposizione).
La medesima legge di bilancio per il 2018 ha anche previsto (art. 1, comma 352, lett. a) – mediante una novella all’art. 22 del decreto legislativo n. 9 del 2008 – un credito d’imposta per le società sportive che ristrutturino i propri impianti calcistici, pari al 12 per cento della spesa sostenuta, entro il limite di 25 mila euro e comunque per un limite di spesa complessivo di 4 milioni di euro.
Articolo 1, commi 358-361
(Riassetto della CONI Servizi Spa e modifica del sistema di finanziamento dello sport)
I commi 358-361 – modificati durante l’esame alla Camera –, mutano innanzitutto la denominazione della "CONI Servizi spa" in "Sport e Salute Spa" e, nell’ambito del nuovo sistema di finanziamento delineato, attribuiscono alla stessa (e non più al CONI) il compito di provvedere al sostegno degli organismi sportivi. Inoltre, ridisciplinano la governance della società per azioni, in particolare attribuendo al MEF, su designazione dell’autorità di Governo competente in materia di sport, il compito di nominare il presidente e gli altri componenti del consiglio di amministrazione.
Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l'art. 8 del D.L. 138/2002 (L. 178/2002) – come modificato dall’art. 34-bis del D.L. 4/2006 (L. 80/2006) – ha previsto che il CONI (autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive nazionali), per l'espletamento dei suoi compiti, si avvale della “CONI Servizi spa”, il cui capitale sociale è di € 1 mln e le cui azioni sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze.
Il presidente della CONI Servizi spa e gli altri componenti del consiglio di amministrazione sono designati dal CONI e, al fine di garantire il coordinamento e la sinergia delle funzioni della società con quelle dell'ente, le rispettive cariche di vertice possono coincidere[7].
Il presidente del collegio sindacale è designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, mentre gli altri componenti erano designati dal Ministro per i beni e le attività culturali (al riguardo, v. infra).
I rapporti, anche finanziari, tra il CONI e la CONI Servizi spa sono disciplinati da un contratto di servizio annuale.
La CONI Servizi spa è soggetta al controllo della Corte dei conti e può avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato. Il personale alle dipendenze del CONI è passato, dall'8 luglio 2002, alle dipendenze della CONI Servizi spa, la quale è succeduta in tutti i rapporti attivi e passivi, compresi i rapporti di finanziamento con le banche, e nella titolarità dei beni facenti capo all'ente pubblico.
Si ricorda, inoltre, che l’art. 1, co. 19, del D.L. 181/2006 (L. 233/2006) ha attribuito al Presidente del Consiglio dei Ministri le funzioni in materia di sport già attribuite, ai sensi degli artt. 52, co. 1, e 53, del d.lgs. 300/1999, al Ministero per i beni e le attività culturali, tra cui la vigilanza sul CONI e sull'Istituto del credito sportivo. Sono stati, pertanto, già superati, per effetto di tale previsione, i riferimenti al Ministro per i beni e le attività culturali presenti nell’art. 8 del D.L. 138/2002.
In particolare, il comma 358 stabilisce che la "CONI Servizi spa" – di cui all’art. 8, co. 2, del D.L. 138/2002 (L. 178/2002) – assume la denominazione di "Sport e salute Spa".
Il comma 359 modifica l'attuale meccanismo di finanziamento dell'attività sportiva nazionale da parte dello Stato. In particolare, dispone, anzitutto, che, dal 2019, le risorse destinate al CONI e alla Sport e salute Spa sono complessivamente stabilite nella misura annua – comunque non inferiore a € 410 mln – del 32% delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato nell’anno precedente derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei settori di attività relativi a gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive.
Le risorse complessive sono così ripartite:
· € 40 mln annui al CONI, per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana;
· una quota non inferiore a € 370 mln annui alla Sport e salute Spa, di cui inizialmente non meno di € 280 mln annui da destinare al finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato, nonché delle associazioni benemerite (tutti soggetti finanziati, a legislazione vigente, dal CONI).
Qui la pagina dedicata sul sito del CONI.
In base al comma 360, in sede di prima applicazione, la ripartizione tra CONI e Sport e salute Spa può essere rimodulata con DPCM, su proposta dell’autorità politica delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il CONI.
Sempre in base al comma 359, per l'anno 2019 sono confermati nel loro ammontare gli importi già comunicati dal CONI alle federazioni sportive nazionali ai fini della predisposizione del relativo bilancio di previsione.
Qui i contributi per la parte sportiva da assegnare per il 2019 alle federazioni sportive nazionali approvati dalla Giunta nazionale del CONI il 21 novembre 2018.
Al riguardo, si ricorda che i contributi alle FSN sono assegnati secondo la delibera assunta dalla Giunta Nazionale dell'8 novembre 2007, aggiornata, da ultimo, con delibera n. 521 del 2 dicembre 2016.
Si valuti se non si debba considerare anche l’eventualità che, entro la data di entrata in vigore della legge di bilancio, il CONI possa aver comunicato gli importi per l’anno 2019 anche agli altri organismi sportivi.
Il comma 361 ridefinisce la governance della Sport e salute Spa.
Anzitutto, stabilisce che la nomina del presidente e degli altri componenti del consiglio di amministrazione è attribuita al MEF, su designazione dell'Autorità di Governo competente in materia di sport, sentito il CONI (in base alla normativa vigente, invece, il presidente e gli altri componenti del consiglio di amministrazione sono designati dal CONI).
Inoltre, dispone l’incompatibilità tra gli incarichi degli organi di vertice del CONI e della società per azioni, che perdura per un biennio dalla cessazione della carica.
Da ultimo, sostituisce i riferimenti al Ministro per i beni e le attività culturali presenti all’art. 8 del D.L. 138/2002 con i riferimenti all’autorità di Governo competente in materia di sport. Peraltro, tale intervento è da intendersi solo come opportuno adeguamento terminologico alle variazioni sostanziali di competenza già intervenute a seguito del citato art. 1, co. 19, del D.L. 181/2006 (L. 233/2006).
A tali fini, novella l’art. 8 del D.L. 138/2002 (L. 178/2002).
Articolo 1, commi 362 e 363
(Ripartizione dei diritti audiovisivi del Campionato italiano di calcio)
I commi 362 e 363 introducono modifiche al sistema di ripartizione delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi relativi al campionato italiano di calcio.
Il comma 5 inserisce il minutaggio dei giovani calciatori italiani nell'ambito dei criteri di ripartizione delle risorse relative al campionato di Serie A; il comma 6 prevede che l'accesso alla ripartizione delle risorse relative ai campionati di Serie A e B ed altre competizioni organizzate sia limitato alle società che per l'anno precedente abbiano sottoposto a revisione i propri bilanci.
La relazione tecnica segnala che non sono previsti oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
La prima ripartizione delle risorse del Campionato italiano di calcio di serie A si è avuta a decorrere dalla stagione sportiva 2010-2011, sulla base delle disposizioni contenute dall'articolo 26 del d. lgs. n. 9/2008, attuative dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 106 del 2007.
Lo schema iniziale presentava la seguente ripartizione: a) 40 per cento distribuito equamente fra le società che partecipavano al campionato; b) 30 per cento sulla base dei risultati sportivi conseguiti; c) 30 per cento secondo il bacino di utenza. La quota del risultato sportivo veniva determinata nella misura del 10 per cento in base ad una valutazione storica, riferita ai risultati conseguiti a partire dal campionato 1946-1947; del 15 per cento sulla base dei risultati delle ultime cinque stagioni; del 5 per cento riferito all'ultimo anno. La quota del bacino d'utenza era invece parametrata nella misura del 25 per cento al numero dei sostenitori calcolati in base a rilevazioni demoscopiche, mentre il 5 per cento residuo, sulla base della popolazione del comune di riferimento della squadra.
I criteri di ripartizione sono stati modificati, a decorrere dal 1° gennaio 2018, con l'articolo 1, comma 352, lettera b), della legge n. 205/2017 che ha elevato al 50 per cento la quota di mutualità generale, abbassando al 20 per cento la quota del bacino d'utenza (ridenominata del "radicamento sociale"). La quota del risultato sportivo di cui alla lettera b) del comma 1 dell'art. 26 - mantenuta al 30 per cento - è stata determinata: - riducendo dal 15 al 10 per cento la quota riferita ai risultati conseguiti negli ultimi cinque "campionati"; - riducendo dal 10 al 5 per cento la quota dei risultati storici, ma riferendola anche ai risultati conseguiti "a livello internazionale" sempre a partire dalla stagione sportiva 1946/1947; elevando dal 5 al 15 per cento la quota relativa alla classifica ed ai punti conseguiti nell’ultimo "campionato". È stata altresì ridefinita la quota del radicamento sociale di cui alla lettera c) eliminando la rilevazione demoscopica ed ancorando per intero la quota del 20 per cento sulla base del pubblico di riferimento di ciascuna squadra, con riferimento al numero di spettatori paganti che hanno assistito dal vivo alle gare casalinghe disputate negli ultimi tre campionati e in subordine all’audience televisivo certificato.
È stato infine demandato ad un D.P.C.M. - da adottarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame - l'individuazione dei criteri di ponderazione delle quote dei risultati sportivi conseguiti di cui alla lettera b), nonché dei criteri di determinazione del pubblico di riferimento di ciascuna squadra di cui alla lettera c). In attuazione di questa disposizione è stato adottato il D.P.C.M. 1° marzo 2018, recante ripartizione delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi relativi al Campionato di calcio di serie A a partire dalla stagione sportiva 2018/2019.
Il comma 362 apporta le seguenti modificazioni all'articolo 26, D.Lgs. n. 9 del 2008:
§ alla lettera a), riduce dal 20 al 10 per cento la quota parametrata al radicamento sociale, che viene ora ripartita (in base alla lettera c del medesimo comma 5):
- nella misura del 6 per cento sulla base del pubblico di riferimento di ciascuna squadra, tenendo in considerazione il numero di spettatori paganti che hanno assistito dal vivo alle gare casalinghe disputate negli ultimi tre campionati;
- nella misura del 4 per cento sulla base dell'audience televisiva certificata;
§ alla lettera b), inserisce una quota aggiuntiva del 10 per cento sulla base del minutaggio dei giovani calciatori, che - alla lettera d) - viene determinata sulla base dei minuti giocati negli ultimi tre campionati da giocatori cresciuti nei settori giovanili italiani di età compresa tra i 15 e i 21 anni e che siano stati tesserati per la società di appartenenza attuale da almeno tre campionati interi di serie A;
§ alla lettera d), si prevede infine che il D.P.C.M. attuativo di cui al comma 4 dell'art. 26 del d. lgs. n. 9/2008, individui anche i criteri di determinazione del minutaggio dei giovani calciatori, oltre a quelli già previsti a legislazione vigente (ovverosia i criteri di ponderazione delle quote dei risultati sportivi conseguiti, nonché di determinazione del pubblico di riferimento di ciascuna squadra).
Il comma 363 prevede che, a partire dalla stagione sportiva 2019-2020, l'accesso alla ripartizione dei diritti audiovisivi sportivi relativi al Campionato italiano di calcio di serie A e B ed alle competizioni organizzate dalla rispettiva Lega calcio, sia limitato - dedotte le quote di mutualità generale di cui all'articolo 22 del D.Lgs. n. 9 del 2008 - alle sole società che per l'anno precedente abbiano sottoposto i propri bilanci alla revisione legale svolta da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili e soggetta alla vigilanza della CONSOB. Gli incarichi hanno la durata di tre esercizi e non possono essere rinnovati o nuovamente conferiti se non siano decorsi almeno tre anni dalla data di cessazione dei precedenti.
Le risorse assicurate dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi relativi al Campionato italiano di calcio di serie A sono ripartite dopo aver dedotto le quote di mutualità di cui all'articolo 22 del D.Lgs. n. 9 del 2008. Si tratta delle risorse (pari al 10 per cento delle risorse economiche e finanziarie derivanti da tutti i contratti stipulati per la commercializzazione dei diritti) che l'organizzatore delle competizioni facenti capo alla Lega di serie A destina allo sviluppo dei settori giovanili delle società, alla formazione e all'utilizzo di calciatori convocabili per le squadre nazionali giovanili italiane maschili e femminili, al sostegno degli investimenti per gli impianti sportivi e allo sviluppo dei centri federali territoriali e delle attività giovanili della Federazione italiana giuoco calcio. Tale quota viene così ripartita: nella misura del 6 per cento alla Lega di serie B; nella misura del 2 per cento alla Lega Pro; nella misura dell'1 per cento alla Lega nazionale dilettanti; nella misura dell'1 per cento alla Federazione italiana giuoco calcio.
Articolo 1, commi 364 e 365
(Ulteriori disposizioni in materia di sport)
Il comma 364 prevede, a decorrere dal 2019, il finanziamento di un assegno straordinario vitalizio, intitolato «Giulio Onesti», in favore di sportivi italiani particolarmente meritevoli e che versino in condizioni di grave disagio economico.
Il comma 365 estende l'esenzione dall'imposta di bollo anche agli atti posti in essere o richiesti dalle associazioni e società sportive dilettantistiche senza fine di lucro riconosciute dal CONI.
Il comma 364 prevede che l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 1, della legge n. 86/2003 - recante istituzione dell'assegno «Giulio Onesti» in favore degli sportivi italiani che versino in condizione di grave disagio economico - sia incrementata nella misura di 450.000 euro annui a decorrere dall'anno 2019.
La legge n. 86/2003 prevede che agli sportivi italiani che nel corso della loro carriera agonistica hanno onorato la Patria, anche conseguendo un titolo di rilevanza internazionale in ambito dilettantistico o professionistico, possa essere attribuito un assegno straordinario vitalizio, intitolato «Giulio Onesti», qualora sia comprovato che versino in condizioni di grave disagio economico. L'importo dell'assegno straordinario vitalizio è commisurato alle esigenze dell'interessato e non può, in ogni caso, essere superiore a 15.000 euro annui. L'importo è assegnato, nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, previa comunicazione al Parlamento, ad un numero massimo di cinque sportivi, per ciascun anno, individuati da una commissione, istituita, senza oneri aggiuntivi per lo Stato, presso il Ministero per i beni e le attività culturali ed è rivalutabile annualmente, sulla base della variazione, rilevata dall'Istituto nazionale di statistica, dell'indice dei prezzi al consumo verificatasi nell'anno precedente. La concessione può essere revocata nell'ipotesi di condanna penale, divenuta irrevocabile, cui consegua l'interdizione dai pubblici uffici o qualora vengano meno le condizioni di grave disagio economico. L'assegno straordinario vitalizio non è computabile nel calcolo del reddito di coloro che ne usufruiscono, né ai fini fiscali, previdenziali o assistenziali, né in alcun altro caso in cui il reddito del soggetto assuma rilevanza.
Il comma 365 modifica l'articolo 27-bis della Tabella di cui all'Allegato B annesso al D.P.R. n. 642/1972 e s.m.i., estendendo l'esenzione dall'imposta di bollo anche agli atti posti in essere o richiesti dalle associazioni e società sportive dilettantistiche senza fine di lucro riconosciute dal CONI.
L'articolo 27-bis citato è stato originariamente inserito nella Tabella, allegato B, del DPR n. 642 del 1972 dall'articolo 17 del d. lgs. n. 460 del 1997 (contenente il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale) ed aveva un ambito soggettivo di applicazione limitato esclusivamente agli "Atti, documenti, istanze, contratti, nonché copie anche se dichiarate conformi, estratti, certificazioni, dichiarazioni e attestazioni poste in essere o richiesti da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS).". Successivamente, l'articolo 90, comma 6, della legge n. 289 del 2002 ha ampliato la categoria dei soggetti beneficiari della esenzione de qua, facendovi rientrare, a decorrere dal 1°gennaio 2003, anche le "federazioni sportive ed enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI". Da ultimo, il d.lgs. n. 117 del 2017 (Codice del terzo settore) ha riproposto, ampliandola sotto l'aspetto oggettivo, l'esenzione già prevista dall'articolo 27-bis della tabella B, allegata al DPR n. 642 del 1972. Ciò è avvenuto ad opera dell'articolo 82, che, al comma 5, stabilisce che "Gli atti, i documenti, le istanze, i contratti, nonché le copie anche se dichiarate conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni, le attestazioni e ogni altro documento cartaceo o informatico in qualunque modo denominato posti in essere o richiesti dagli enti di cui al comma 1 sono esenti dall'imposta di bollo". Il successivo articolo 102 dello stesso d. lgs. n. 117, che ha disposto l'abrogazione degli articoli da 10 a 29 del D.Lgs. n. 460 del 1997 (compresa, quindi, l'abrogazione della previsione di esenzione per le ONLUS di cui al citato articolo 17), non ha invece coinvolto nella predetta abrogazione l'esenzione dall'imposta di bollo prevista per gli atti posti in essere o richiesti dalle federazioni sportive e dagli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, introdotta dall'articolo 90, comma 6, della legge n. 289 del 2002, che dunque è stata univocamente interpretata, in via di prassi amministrativa, come ancora pienamente operante. Sul punto, per ulteriori approfondimenti, cfr. la circolare delle Agenzia delle Entrate 1° agosto 2018, n. 18/E.
Dalla relazione tecnica emerge che, dai dati acquisiti dai soggetti interessati dalla disposizione in esame, la potenziale platea dei beneficiari della norma sarebbe pari a 25.000 soggetti; ipotizzando prudenzialmente un'imposta di bollo pari complessivamente a 100 euro, la relazione tecnica stima una perdita di gettito, a decorrere dal 2019, pari a 2,5 milioni di euro su base annua.
Articolo 1, comma 366
(Contributo al programma Special Olympics Italia)
Il comma 366, introdotto durante l’esame alla Camera, autorizza la spesa di € 0,8 mln annui per il 2019, 2020 e 2021, quale contributo per l'attuazione del programma internazionale di allenamento sportivo “Special Olympics Italia”, destinato a soggetti con disabilità intellettiva, nonché per lo sviluppo di progetti di integrazione dei medesimi soggetti in tutto il territorio nazionale.
A tal fine, sostituisce il co. 407 dell’art. 1 della L. 208/2015, che aveva destinato al suddetto programma € 0,5 mln annui a decorrere dal 2016, a valere sulle risorse attribuite al Comitato italiano paralimpico (CIP). Le risorse destinate al CIP erano state contestualmente incrementate del medesimo importo di € 0,5 mln dal co. 408 dello stesso art. 1, proprio ai fini dell’attuazione di quanto previsto dal co. 407.
Al contempo, tuttavia, il citato co. 408 non viene modificato.
Sembrerebbe, dunque, necessario chiarire se lo stanziamento di € 0,8 mln annui per il periodo 2019-2021 sia aggiuntivo rispetto a quello di € 0,5 mln annui a regime.
Nel sito dedicato è evidenziato che Special Olympics – programma internazionale di allenamento sportivo e competizioni atletiche per ragazzi ed adulti con disabilità intellettiva – è nato nel 1968 negli Stati Uniti (in particolare, i primi Giochi Internazionali Special Olympics si sono tenuti a Chicago nel luglio 1968) e che in un protocollo d’intesa firmato il 15 febbraio 1988 la Commissione Olimpica Internazionale ha ratificato una convenzione nella quale ha riconosciuto ufficialmente Special Olympics ed ha accettato di collaborare con esso come rappresentante degli interessi degli atleti con disabilità intellettiva.
In base allo statuto, Special Olympics Italia è un’associazione sportiva dilettantistica che non ha scopo di lucro e persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale. Le attività dell’associazione e le relative iniziative di formazione si svolgono in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del Comitato internazionale olimpico e del CONI – che la riconosce quale associazione benemerita – e nel rispetto delle competenze che la legge attribuisce al CIP.
Sempre nel sito dedicato, si legge che Special Olympics e CIP sono “organizzazioni separate e distinte. Diverse le premesse, diversa la filosofia che muove le due organizzazioni. Mentre il Comitato Paralimpico opera coerentemente con i criteri dei Giochi Olimpici con gare competitive riservate ai migliori, Special Olympics ovunque nel mondo e ad ogni livello (locale, nazionale ed internazionale), è un Programma educativo, che propone ed organizza allenamenti ed eventi solo per persone con disabilità intellettiva e per ogni livello di abilità”.
Articolo 1, comma 367
(Mutui con finalità sportive)
Il comma 367 incrementa le risorse del fondo per la concessione di contributi in conto interessi sui mutui per finalità sportive di cui all’articolo 5 della legge n. 1295 del 1957, nella misura di 12.829.176,71 di euro nell’anno 2019, a valere sulle disponibilità iscritte nel bilancio dell’Istituto per il credito sportivo ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro per i beni e le attività culturali del 17 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 14 del 19 gennaio 2005, recante criteri e modalità per la ripartizione e l'assegnazione delle risorse attribuite all'Istituto per il credito sportivo, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 367 del 2003.
Articolo 1, commi 368-370
(Interventi per favorire lo sviluppo socioeconomico delle aree rurali)
Il comma 368 prevede l’assegnazione a titolo gratuito di una quota dei terreni agricoli già destinati all’alienazione, alla locazione o, nelle sole regioni del Meridione, alla concessione a favore dei nuclei familiari con – nella formulazione modificata alla Camera - tre o più figli, almeno uno dei quali sia nato negli anni 2019, 2020 o 2021, o alle società costituite da giovani imprenditori agricoli che riservano una quota del 30 per cento della società agli stessi nuclei familiari. Questi potranno, ai sensi del comma 369, richiedere un mutuo fino a 200.000, a tasso zero, per l’acquisto della prima casa che dovrà essere ubicata in prossimità del terreno assegnato. Il comma 370 rinvia ad un decreto la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione della misura.
Nel dettaglio, il comma 368 prevede che siano concessi gratuitamente per un periodo non inferiore a 20 anni:
§ il 50 per cento dei terreni demaniali agricoli o a vocazione agricola di cui all’art. 66, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1;
La norma richiamata prevede che vengano locati o alienati i terreni agricoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici nazionali. In caso di vendita, il diritto di prelazione è riconosciuto prioritariamente agli eventuali conduttori e ai giovani imprenditori agricoli. Una quota minima del 20 per cento è riservata alla locazione, con preferenza per l’imprenditoria giovanile agricola.
Con il decreto ministeriale 20 maggio 2014 si è provveduto all’individuazione dei terreni in esame. Si tratta di: 2.480 ettari di terreni appartenenti al Demanio dello Stato; 2.148 ettari di terre in uso al Corpo Forestale dello Stato; 882 ettari di terreni di proprietà del Centro per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (C.R.A.)
§ il 50 per cento delle terre ubicate nelle regioni del Meridione ai sensi di quanto previsto dall’art. 3 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91.
In questo caso si tratta della norma che ha individuato in via sperimentale una procedura per la valorizzazione dei terreni abbandonati o incolti ubicati nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Si tratta in particolare: di terreni agricoli sui quali non sia stata esercitata l’attività agricola minima da almeno dieci anni; i terreni oggetti di rimboschimento artificiale o in cui sono insediate formazioni arbustive ed arboree, ad esclusione di quelli considerati bosco; le aree edificate ad uso industriale, artigianale, commerciale, turistico-ricettivo e le relative unità immobiliari che risultino in stato di abbandono da almeno quindici anni. I predetti beni immobili possono essere, quindi, dati in concessione, per un periodo non superiore a nove anni, a soggetti con un’età compresa tra i 18 e i 40 anni, previa presentazione di un progetto volto alla valorizzazione e all’utilizzo del bene. Il beneficiario è tenuto a corrispondere al comune un canone d’uso indicizzato. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (3 febbraio 2018), i comuni delle predette regioni sono stati chiamati ad effettuare una ricognizione complessiva dei terreni e dei beni di cui sono titolari. Entro i successivi 30 giorni avrebbero dovuto pubblicare l’elenco dei beni censiti, tra i quali possono rientrare anche i beni immobili privati. Entro novanta giorni dal 3 febbraio 2018 gli stessi comuni erano chiamati a trasmettere alle regioni l’elenco dei beni censiti ed assegnati, ai fini dell’inserimento nella Banca delle terre agricole.
I terreni in esame saranno assegnati:
- ai nuclei familiari (con una formulazione modificata alla Camera dei deputati) con tre o più figli, almeno uno dei quali sia nato negli anni 2019, 2020 o 2021;
- a società costituite da giovani imprenditori agricoli che riservano una quota pari al 30 per cento ai suddetti nuclei familiari.
Si fa presente che la norma non specifica cosa debba intendersi esattamente per “nucleo familiare”, al quale viene attribuita la titolarità della concessione.
Si ricorda, inoltre, che l’art. 16 della legge 28 luglio 2016, n. 154 ha istituito, presso l'ISMEA, la “Banca delle terre agricole” - di seguito denominata «Banca» o «BTA» - al fine di costituire un inventario completo della domanda e dell'offerta dei terreni agricoli che si rendono disponibili, anche a seguito di abbandono dell'attività produttiva e di prepensionamenti.
La Banca è alimentata sia con i terreni derivanti dalle operazioni fondiarie realizzate da ISMEA, sia con i terreni appartenenti a Regioni, Province Autonome o altri soggetti pubblici, anche non territoriali, che intendano vendere, per il tramite della Banca, i propri terreni, previa sottoscrizione di specifici accordi con l’Istituto.
Ai sensi dell’art.13, comma 4 quater, del decreto legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225, alla vendita dei terreni da parte di ISMEA non si applica la prelazione agraria.
Si tratta di terreni sui quali di norma è attiva un’attività di impresa agricola. Si tratta di circa 7.707 ettari di cui è titolare Ismea.
Rientrano nel campo di applicazione della procedura di vendita attraverso la Banca i terreni per i quali: a) è stata pronunciata una sentenza di risoluzione contrattuale, passata in giudicato; b) è stata annotata l’attestazione di inadempimento contrattuale; c) è stato stipulato un atto di risoluzione consensuale su istanza motivata dell’assegnatario; è intervenuto un provvedimento definitivo di revoca/decadenza dalle agevolazioni.
I soggetti così individuati potranno accedere prioritariamente ai benefici di cui al Capo III del Titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n.185.
Il Capo III reca misure in favore dello sviluppo dell'imprenditorialità in agricoltura e del ricambio generazionale e prevede che alle imprese, in qualsiasi forma costituite, che subentrino nella conduzione di un'intera azienda possono essere concessi mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di dieci anni, comprensiva del periodo di preammortamento, e di importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile. Nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, ai medesimi soggetti può essere concesso, in alternativa ai mutui agevolati, un contributo a fondo perduto fino al 35 per cento della spesa ammissibile nonché mutui agevolati, a un tasso pari a zero, di importo non superiore al 60 per cento della spesa ammissibile. Le iniziative finanziabili sono quelle che prevedono investimenti non superiori a euro 1.500.000 euro nei settori della produzione e della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.
Il comma 369 prevede che i nuclei familiari beneficiari delle misure di cui al comma 1 possono richiedere un mutuo fino a 200.000 euro, senza interessi, per l’acquisto della “prima casa” che deve essere ubicata in prossimità del terreno assegnato. Per la copertura dell’onere, è istituito un Fondo rotativo con una dotazione finanziaria di 5 milioni di euro per il 2019 e 15 milioni per il 2020.
Il comma 370 rinvia a un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro per la famiglia e la disabilità e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione della misura prevista.
Articolo 1, commi 371 e 374
(Xylella fastidiosa)
Il comma 371 prevede che il finanziamento di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, previsto dalla legge di bilancio 2018 per il reimpianto con piante tolleranti o resistenti al batterio Xylella fastidiosa sia destinato anche al rifinanziamento dei contratti di distretto per la realizzazione di un programma di rigenerazione dell’agricoltura nei territori colpiti, da attuarsi anche attraverso il recupero di colture storiche di qualità. Con il comma 374 - introdotto dalla Camera dei deputati – si dispone un incremento, per il 2019 e 2020, e un nuovo finanziamento per il 2021, di 1 milione di euro del Fondo per i prodotti cerealicoli, olivicoli e lattiero-caseari, per le medesime finalità di cui sopra.
La disposizione in commento, al comma 371, novella il comma 1-ter dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 113 del 2016 (convertito dalla legge n. 146 del 2016) che ha istituito il Fondo per la competitività della filiera e il miglioramento della qualità dei prodotti cerealicoli e lattiero-caseari.
La legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 128, della legge n. 205 del 2017) ha esteso, aggiungendo i commi 1-bis e 1-ter all’articolo 23-bis, l’ambito di operatività del Fondo al settore olivicolo nelle aree colpite dal batterio Xylella fastidiosa, prevedendo un incremento di 1 milione di euro dello stesso Fondo, per ciascuna delle annualità 2018, 2019 e 2020, da destinare al reimpianto con piante tolleranti o resistenti al batterio nella zona infetta sottoposta a misure di contenimento, ad eccezione dell’area di 20 chilometri adiacente alla zona cuscinetto.
La relazione tecnica e la relazione illustrativa annesse al disegno di legge in esame rilevano che la misura sopra indicata di reimpianto risulta di difficile attuazione, a causa della sovrapposizione con un analogo intervento attivato dalla Regione Puglia attraverso il proprio Programma di sviluppo rurale.
Per tale motivo, la novella introdotta dal comma 371 prevede che le risorse disposte dal comma 1-ter, pari a 1 milione di euro, possano finanziare anche gli interventi previsti dall’art. 1, comma 126 della citata legge di bilancio 2018.
La predetta disposizione prevede che, al fine di realizzare un programma di rigenerazione dell’agricoltura nei territori colpiti dal batterio della Xylella fastidiosa, anche attraverso il recupero di colture storiche di qualità, si finanzino i contratti di distretto per i territori danneggiati dal batterio. A tal fine, venivano già, dallo stesso comma 126, stanziati un milione di euro per il 2018, 2 milioni di euro per il 2019 e 2 milioni di euro per il 2020.
Con il comma 374, introdotto dalla Camera dei deputati, tramite un’altra novella all’art. 23-bis comma 1-ter del decreto-legge n. 113 del 2016, è disposto un incremento per il 2019 e 2020, e un nuovo finanziamento per il 2021, di 1 milione di euro al suddetto Fondo, da destinare alle finalità legate al reimpianto con piante tolleranti alla Xylella fastidiosa e al finanziamento di contratti di distretto per la rigenerazione dei territori colpiti.
Con riguardo ai danni prodotti dal batterio della Xylella fastidiosa, si ricorda che la legge di bilancio 2018, oltre a disporre le misure sopra indicate, previste all’art. 1, commi 126 e 128, ha disposto, al comma 127, il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale, di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004, di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, a favore delle imprese colpite dallo stesso.
Si rammenta, infine, che la XIII Commissione Agricoltura della Camera ha deliberato lo svolgimento di una indagine conoscitiva, ancora in corso, sull’emergenza legata alla diffusione della Xylella fastidiosa nella regione Puglia.
Articolo 1, commi 372 e 373
(Fondo di garanzia prima casa
e Cassa Depositi e Prestiti)
I commi 372 e 373, introdotti alla Camera, sono volti a:
- incrementare la dotazione del Fondo di garanzia per la prima casa mediante l’intervento di Cassa depositi e prestiti (CDP), anche a valere su risorse di soggetti terzi e per innalzare la misura massima di garanzia del Fondo; affidare alle norme di rango secondario il compito di disciplinare le condizioni di mantenimento della garanzia del Fondo nel caso di cessione dei mutui (comma 372);
- chiarire che CDP può finanziare investimenti in molteplici settori, a prescindere dal finanziamento di opere, impianti, reti e dotazioni destinati a iniziative di pubblica utilità, nonché ampliare le finalità dei predetti investimenti, introducendo la promozione dello sviluppo sostenibile e le iniziative per la crescita delle imprese (comma 373).
Più in dettaglio le norme in esame (comma 372), per rafforzare l’operatività e l’efficacia del Sistema nazionale di garanzia, istituito dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 48 della legge 27 dicembre 2013, n. 147), con particolare riferimento al Fondo di garanzia per la prima casa, dispongono che detto Fondo possa essere alimentato, oltre che mediante il versamento di contributi da parte delle regioni e di altri enti e organismi pubblici, anche con l’intervento della Cassa depositi e prestiti Spa, anche a valere su risorse di soggetti terzi e anche al fine di incrementare la misura massima della garanzia del Fondo.
Si prevede inoltre che le norme di rango secondario di attuazione del Fondo stabiliscano le condizioni alle quali è subordinato il mantenimento dell’efficacia della garanzia del Fondo, in caso di cessione del mutuo.
La richiamata legge di stabilità 2014, nell’ambito di un complessivo riordino del sostegno pubblico al credito a imprese e famiglie, ha istituito e disciplinato, al comma 48 sopra richiamato, il Fondo di garanzia per i mutui per la prima casa. Il fondo è costituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze ed è gestito da Consap Spa: la disciplina attuativa è dettata dal Decreto interministeriale del 31 luglio 2014.
Il Fondo concede garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari, nella misura massima del 50 per cento della quota capitale, tempo per tempo in essere sui finanziamenti connessi all'acquisto e ad interventi di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica di unità immobiliari, site sul territorio nazionale, da adibire ad abitazione principale del mutuatario, con priorità per l'accesso al credito da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, da parte dei conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché dei giovani di età inferiore ai trentacinque anni titolari di un rapporto di lavoro atipico. Gli interventi del Fondo di garanzia per la prima casa sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza. In tale Fondo è confluito il Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, disciplinato dall'articolo 13, comma 3-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.
Con il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’economia e delle finanze e l’ABI, siglato l’8 settembre 2014, sono state disciplinate le modalità di adesione all’iniziativa da parte delle banche e degli intermediari finanziari.
Per espressa menzione della norma, le modifiche in esame sono attuate in coerenza con quanto previsto dall’articolo 9 del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 in merito al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese; la predetta disposizione ha infatti introdotto CDP tra i soggetti che possono incrementare la dotazione del Fondo di garanzia PMI.
Il MEF ha fornito notizie sull’operatività del Fondo prima casa in un comunicato stampa di aprile 2018: a marzo 2018 i mutui ipotecari effettivamente accesi ricorrendo alle garanzie dello Stato – che hanno sostituito, in molti casi, le ulteriori garanzie da parte di familiari o altri soggetti terzi –risultavano 40.432 per un valore pari a 4,5 miliardi di euro.
Il comma 373 modifica la disciplina (articolo 5, comma 7, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269) che riguarda gli interventi di finanziamento di Cassa Depositi e Prestiti, svolti in qualsiasi forma.
In particolare, con una prima modifica si chiarisce che CDP può finanziare investimenti in molteplici settori, a prescindere dal finanziamento di opere, impianti, reti e dotazioni destinati a iniziative di pubblica utilità.
Nel testo vigente della norma, CDP finanzia opere, gli impianti, le reti e le dotazioni “destinati a iniziative di pubblica utilità nonché investimenti” finalizzati a ricerca, sviluppo, innovazione, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.
Con una seconda modifica, vengono ampliati i settori di intervento di CDP, inserendovi la promozione dello sviluppo sostenibile e le iniziative per la crescita, anche per aggregazione, delle imprese, in Italia e all’estero.
Cassa depositi e prestiti (CDP) è una società per azioni a controllo pubblico statale, trasformata in S.p.A. dal D.L. n. 269/2003. Pertanto, CDP non è ricompresa nel perimetro delle pubbliche amministrazioni. Attualmente il capitale sociale è di circa 4 miliardi di euro. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze detiene l'82,77% del capitale, mentre il 15,9% è posseduto da un gruppo di Fondazioni di origine bancaria ed il restante 1,3% è costituito da azioni proprie. Qui il prospetto aggiornato delle partecipazioni azionarie in CDP. Il Consiglio di amministrazione è composto da nove membri; per la cd. gestione separata, esso è integrato da rappresentanti del MEF e delle autonomie territoriali, nonché da un magistrato della Corte dei Conti. Il CDA si è insediato il 13 luglio 2015 e ha approvato il 17 dicembre 2015 il Piano industriale di Gruppo, L’ultima Relazione è stata presentata dal MEF il 26 luglio 2017.
CDP opera in gestione separata con garanzia dello Stato motivata dalla valenza sociale ed economica della raccolta tramite il risparmio postale, definita dal D.M. economia e finanze 6 ottobre 2004 come servizio di interesse economico generale, per investimenti pubblici e programmi di sostegno dell’economia, via via ampliati nel tempo. Al riguardo la Corte dei conti, nell’ultima Relazione presentata il 27 febbraio 2018 sull’esercizio 2016, pur riconoscendo che a fronte di una importante richiesta di interventi straordinari CDP ha corrisposto in maniera positiva alle istanze dei propri interlocutori istituzionali, ha sottolineato che l'utilizzo di capitali di CDP rappresenta un tema delicato, soprattutto in relazione alla possibilità che si crei una potenziale contraddizione tra gli obiettivi di redditività degli investimenti e le finalità generali di politica economica.
La Commissione di vigilanza ha svolto una serie di indagini conoscitive su alcuni settori in cui opera la CDP (vedi la relazione sulla gestione separata ed evoluzione del risparmio postale, e quella sul ruolo di CDP per lo sviluppo infrastrutturale del Paese).
Articolo 1, commi 375-377
(Istituzione di un fondo per la gestione e la manutenzione delle foreste italiane e aumento percentuali di compensazione del legno)
Il comma 375 demanda a un decreto MEF-MIPAAFT, da adottare ogni anno, il compito di innalzare le percentuali di compensazione applicabili al legno e alla legna da ardere, nel limite di spesa di 1 milione di euro annui.
I commi 376 e 377 recano l'istituzione, presso il MIPAAFT, del Fondo per le foreste italiane, con la finalità di assicurare la tutela, la valorizzazione, il monitoraggio e la diffusione della conoscenza delle foreste italiane.
Il comma 375 demanda a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, da adottare entro il 31 gennaio di ciascun anno, il compito di innalzare le percentuali di compensazione applicabili al legno e alla legna da ardere, nel limite di spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dal 2019. Viene, a tal fine, richiamato l’art. 34, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, che disciplina il regime speciale IVA dei produttori agricoli.
Il comma 376 istituisce, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, il Fondo per le foreste italiane, con una dotazione iniziale di 2 milioni di euro per il 2019, di 2,4 milioni di euro per il 2020, di 5,3 milioni di euro per il 2021 e di 5,2 milioni di euro a decorrere dal 2022. Il Fondo ha la finalità di assicurare la tutela, la valorizzazione, il monitoraggio e la diffusione della conoscenza delle foreste italiane, anche in applicazione del d.lgs. 3 aprile 2018, n. 34 (che reca il Testo unico in materia di foreste e filiere forestali).
Il comma 377 demanda a un decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo la definizione dei criteri e delle modalità di utilizzo del Fondo per le foreste italiane. Il decreto in questione deve essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
Articolo 1, comma 378
(Interventi per il ripristino ambientale e per il sostegno della filiera del legno)
Il comma 378 reca norme in materia di interventi per il ripristino ambientale e per il sostegno della filiera del legno.
In particolare, il comma in esame:
- riconosce un contributo in forma di «voucher», nel limite di spesa massimo di 3 milioni di euro per il 2019, per la rimozione ed il recupero di alberi o di tronchi, caduti o abbattuti in conseguenza degli eventi atmosferici avversi occorsi nei mesi di ottobre e novembre 2018 per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con delibera del Consiglio dei ministri 8 novembre 2018. Tale contributo è riconosciuto fino al 50 per cento dei costi effettivamente sostenuti e documentati, a favore dei soggetti pubblici o privati, costituiti in qualunque forma, che possiedono o conducono fondi colpiti dagli eventi atmosferici citati.
- demanda a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, adottato di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di stabilire le condizioni e le modalità per l'accesso alle agevolazioni descritte, e le modalità per il rispetto del limite di spesa autorizzato.
Articolo 1, commi 379-380
(Catasto frutticolo nazionale)
I commi 384 e 385, introdotti dalla Camera dei deputati, istituiscono il catasto delle produzioni frutticole nazionali, attraverso una ricognizione a livello aziendale delle superfici destinate a ortofrutta, distinte con l’indicazione dei principali cultivar. Sono stanziati, a tal fine, 2 milioni di euro per il 2019 e 3 milioni di euro per il 2020.
Nel dettaglio, il comma 379 prevede che, al fine di contribuire alla competitività e allo sviluppo del settore ortofrutticolo nazionale, mediante una efficiente gestione delle informazioni sulle superfici e sulle produzioni frutticole, nonché di favorire un corretto orientamento produttivo al mercato, con conseguente riduzione dei rischi di sovraproduzione e di volatilità dei prezzi, sia autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2019 e di 3 milioni di euro per l’anno 2020 per l’istituzione di un catasto delle produzioni frutticole nazionali, attraverso una ricognizione a livello aziendale delle superfici frutticole, distinte a livello delle principali cultivar. I criteri e le modalità di realizzazione del catasto di cui sopra sono individuati con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, da adottare, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge (comma 380).
La relativa copertura finanziaria è stata rinvenuta attraverso la corrispondente riduzione del Fondo per l’attuazione del programma di Governo di cui al presente disegno di legge di bilancio.
Articolo 1, commi 381-383
(Rafforzamento del sistema dei controlli per la tutela della qualità dei prodotti agroalimentari)
I commi 381-383 recano disposizioni relative all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari.
Il comma 381 autorizza l’assunzione di un numero massimo di 57 unità di personale operante presso il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), nei limiti di un importo massimo di spesa di 0,5 milioni per il 2019 e 2,9 milioni a decorrere dal 2020.
Il comma 382 introduce la possibilità per il personale dell’ICQRF di poter richiedere talune indennità (di trasferta e speciale), novellando l’art. 1, co. 213-bis, ultimo capoverso, della L. 266/2005.
Tale possibilità è, al momento, limitata esclusivamente al personale delle Forze armate di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al personale ispettivo del lavoro del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), dell'Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS), dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), nonché al personale delle agenzie fiscali e al personale ispettivo dell'Ente nazionale dell'aviazione civile.
Il comma 383 aggiunge tre commi all’art. 26 del d.lgs. n. 231/2017, che individua l’ICQRF come autorità competente all’irrogazione delle sanzioni previste nel medesimo decreto e derivanti dalle violazioni delle disposizioni recate dal Reg. (UE) 1169/2011.
In particolare, i commi 3-bis e 3-ter prevedono, rispettivamente, che siano iscritte nell’apposito capitolo del capo XVII dello stato di previsione del bilancio dello Stato le somme dovute a titolo di sanzioni e che le stesse siano poi riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del MIPAAFT per essere destinate alle sue spese di funzionamento nonché all’incremento dei fondi per la contrattazione integrativa dell’ICQRF, anche allo scopo di valorizzare l’apporto del personale dirigenziale e non dirigenziale al potenziamento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione dell’Ispettorato. La misura della quota annua destinata all’incremento dei fondi per la contrattazione integrativa è definita con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo e non può essere superiore al 15% della componente variabile della retribuzione accessoria legata alla produttività in godimento da parte del predetto personale.
Articolo 1, comma 384
(Sostegno all’apicoltura nazionale)
Il comma 384, introdotto dalla Camera dei deputati, autorizza la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 per la realizzazione di progetti per il sostegno della produzione apistica.
Nel dettaglio, il comma 384 prevede che, per la realizzazione di progetti nel settore apistico finalizzati al sostegno di produzioni e allevamenti di particolare rilievo ambientale, economico, sociale e occupazionale sia autorizzata la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020. All’attuazione della predetta disposizione si provvede con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge di bilancio.
La relativa copertura finanziaria è rinvenuta con una corrispondente riduzione del fondo di parte corrente (tabella A) di pertinenza del MIPAAFT.
Si ricorda che la legge di bilancio 2018 ha previsto che, al fine di promuovere l'apicoltura, quale strumento di tutela della biodiversità e di integrazione del reddito nelle aree montane, non concorrano alla formazione della base imponibile, ai fini IRPEF, i proventi dell'apicoltura condotta da apicoltori con meno di venti alveari e ricadenti nei comuni classificati come montani (art. 1, comma 511, della legge n. 205 del 2017).
Articolo 1, commi 385 e 386
(Sostegno al reddito per pescatori nel fermo biologico)
I commi 385 e 386, introdotti dalla Camera dei deputati, prevedono due misure a sostegno del reddito per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca.
La prima dispone la proroga, per i suddetti lavoratori, per l’anno 2019, dell’indennità giornaliera onnicomprensiva (fino a un massimo di 30 euro, e nel limite di spesa di 11 milioni di euro) dovuta nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa a causa delle misure di arresto temporaneo obbligatorio (comma 385). La seconda prevede che, nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa, derivante da misure di arresto temporaneo non obbligatorio, le risorse previste a legislazione vigente siano incrementate, per l’anno 2019, di 2,5 milioni di euro (comma 386).
Le disposizioni di cui sopra, introdotte con un emendamento dalla Commissione bilancio della Camera dei deputati, prevedono intanto, al comma 385, la proroga per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, per l’anno 2019, dell’indennità giornaliera onnicomprensiva (fino a un massimo di 30 euro, e nel limite di spesa di 11 milioni di euro) dovuta nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa a causa delle misure di arresto temporaneo obbligatorio. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità relative al pagamento dell’indennità di cui al presente comma.
Si ricorda che l’art. 1, comma 121 della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) ha riconosciuto, per l’anno 2018, per i medesimi soggetti, una identica misura, con gli stessi presupposti e limiti.
Si dispone poi, (al comma 386), a favore dei medesimi lavoratori di cui sopra che, nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa, derivante da misure di arresto temporaneo non obbligatorio, le risorse di cui all’art. 1, comma 346, quarto periodo, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), siano incrementate, per l’anno 2019, di 2,5 milioni di euro. Sempre con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità relative al pagamento della predetta indennità.
Si ricorda che la disposizione sopra citata della legge di bilancio 2017 prevede che, a decorrere dall’anno 2018, e nel limite di spesa di 5 milioni di euro annui, per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, sia riconosciuta una indennità giornaliera onnicomprensiva, fino ad un importo massimo di 30 euro, nel periodo di sospensione derivante da misure di arresto temporaneo non obbligatorio (valevole per un periodo non superiore complessivamente a quaranta giorni in corso d'anno). Si segnala che questa disposizione è stata modificata dal disegno di legge di bilancio 2019 in esame, il quale, al comma 469, ha ridotto il relativo limite di spesa, a decorrere dal 2019, da 5 milioni di euro annui, a 4,5 milioni di euro annui.
Articolo 1, commi 387-389
(Accisa sulla birra)
I commi 387-389, introdotti alla Camera, recano numerose agevolazioni in tema di accise sulla birra.
Viene anzitutto abbassata la misura dell’accisa sulla birra, che passa da 3 a 2,99 euro per ettolitro e grado-plato (comma 387).
Sono poi semplificate le procedure di accertamento sulla birra prodotta presso birrifici artigianali di minore dimensione, ossia quelli con produzione annua non superiore a 10.000 ettolitri; per tale birra l’accisa è ulteriormente decurtata del 40 per cento (comma 388).
Più in dettaglio il comma 387, modificando l’articolo l, comma 514, della legge di bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205), abbassa la misura dell’accisa sulla birra da 3 a 2,99 euro per ettolitro e grado-plato.
Viene poi integrato con i nuovi commi 3-bis e 3-ter (comma 388) l’articolo 35 del Testo Unico Accise (TUA, D.lgs. n. 504 del 1995), al fine di introdurvi disposizioni specifiche per i birrifici artigianali di minore dimensione, ossia quelli con produzione annua non superiore a 10.000 ettolitri.
La birra artigianale è definita dall’articolo 2, comma 4-bis della legge n. 1354 del 1962 come quella prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione. Per “piccolo birrificio indipendente” si intende un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui e la cui produzione annua non superi 200.000 ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di birra prodotte per conto di terzi.
Per i birrifici artigianali di minore dimensione, con una novella al vigente comma 3-bis dell’articolo 35:
· il prodotto finito viene accertato a conclusione delle operazioni di condizionamento, in luogo di essere accertato a monte di tali operazioni. Resta salva, su motivata richiesta del depositario, l’applicabilità delle disposizioni ordinarie in tema di accertamento (commi 1 e 2 dell’articolo 35 TUA);
· si prevede un’aliquota differenziata e inferiore per la birra realizzata nei predetti birrifici artigianali di minore dimensione, che viene ridotta del 40 per cento rispetto all’aliquota ordinaria, come rideterminata ai sensi del comma 387;
· si demanda a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 28 febbraio 2019, il compito di stabilire le modalità attuative delle disposizioni così introdotto, con particolare riguardo all’assetto del deposito fiscale e alle modalità semplificate di accertamento e contabilizzazione della birra prodotta nei birrifici artigianali di minore dimensione.
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 35, comma 1 TUA, per l'accertamento dell'accisa sulla birra, per prodotto finito si intende la birra nelle condizioni in cui viene immessa in consumo. Il volume di ciascuna partita di birra da sottoporre a tassazione è dato dalla somma dei volumi nominali degli imballaggi preconfezionati e dei volumi nominali dichiarati degli altri contenitori utilizzati per il condizionamento: il volume così ottenuto, espresso in ettolitri, viene arrotondato al litro, computando per intero le frazioni superiori al mezzo litro. Per grado Plato si intende la quantità in grammi di estratto secco contenuto in 100 grammi del mosto da cui la birra è derivata, con esclusione degli zuccheri contenuti in bevande non alcoliche aggiunte alla birra prodotta; la ricchezza saccarometrica così ottenuta viene arrotondata ad un decimo di grado, trascurando le frazioni di grado pari o inferiori a 5 centesimi, e computando per un decimo di grado quelle superiori. Per il controllo della produzione sono installati misuratori delle materie prime nonché contatori per la determinazione del numero degli imballaggi preconfezionati e delle confezioni e, nei casi previsti, della birra a monte del condizionamento e dei semilavorati. Ultimate le operazioni di condizionamento, il prodotto è custodito in apposito magazzino, preso in carico dal depositario e accertato dall'ufficio dell'Agenzia delle dogane..
In ordine all’efficacia delle norme introdotte, il comma 389 dispone che la nuova disciplina sui birrifici artigianali (accertamento semplificato e accisa ridotta) si applichino a decorrere dal primo giorno del primo mese successivo all’entrata in vigore delle disposizioni attuative sopra menzionate; dalla medesima data sono abrogate le precedenti norme sull’assetto dei depositi fiscali nei birrifici di minore dimensione (articolo 2, comma 12 del decreto-legge n. 16 del 2012).
Articolo 1, commi 390-401
(Bonus occupazionale per giovani eccellenze)
I commi in esame introducono un incentivo, in favore dei datori di lavoro privati, per l'assunzione a tempo indeterminato, nel corso del 2019, di soggetti titolari di laurea magistrale o di dottorato di ricerca ed aventi determinati requisiti.
L'incentivo consiste (comma 390) nell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, per un periodo massimo di 12 mesi, decorrenti dalla data di assunzione, nel limite massimo di 8.000 euro (per ogni rapporto di lavoro in oggetto). Lo sgravio è cumulabile con altri incentivi all’assunzione di natura economica o contributiva, definiti su base nazionale e regionale, fermo restando il rispetto delle norme europee sugli aiuti in regime di de minimis (commi 397 e 400).
Il beneficio è concesso con riferimento alle assunzioni a tempo indeterminato di cittadini che rientrino in una delle seguenti fattispecie (comma 391): siano in possesso della laurea magistrale, ottenuta dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2019 con una votazione pari a 110 e lode, entro la durata legale del corso di studi e prima del compimento del trentesimo anno di età, in università (statali e non statali) legalmente riconosciute (ivi comprese quelle telematiche, in quanto la Camera ha soppresso la relativa esclusione, prevista nel testo originario); siano in possesso di un dottorato di ricerca, ottenuto dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2019, prima del compimento del trentaquattresimo anno di età, in università (statali e non statali) legalmente riconosciute.
Sembrerebbe opportuno chiarire l'ambito di applicazione del termine “cittadini” e valutare quali siano le motivazioni della limitazione temporale dei titoli summenzionati, con particolare riferimento al termine finale del 30 giugno 2019.
Il beneficio non è circoscritto a determinati profili o mansioni, a parte l'esclusione del lavoro domestico (di cui al comma 394).
Rientrano nell'ambito di applicazione dell'incentivo anche (commi 392 e 393): le assunzioni con contratti a tempo parziale (purché indeterminato) - con proporzionale riduzione dell'importo dello sgravio -; i casi di trasformazione, avvenuta nel corso del 2019, di un contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato (fermo restando il possesso dei requisiti soggettivi summenzionati alla data della trasformazione).
Qualora un lavoratore, per la cui assunzione a tempo indeterminato sia stato parzialmente fruito il beneficio in esame, sia nuovamente assunto a tempo indeterminato, nel 2019, da altri datori di lavoro privati, il beneficio è riconosciuto a questi ultimi per il periodo residuo (comma 396).
Le fattispecie di esclusione del beneficio o di decadenza dal medesimo sono costituite dalle ipotesi di licenziamento (individuale o collettivo) di cui ai commi 394 e 395 nonché dalle ipotesi (richiamate dal comma 399) di cui all'art. 24, comma 4, del 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. In particolare, in base a queste ultime, il beneficio decade: se il numero complessivo dei dipendenti è inferiore o pari a quello indicato nel bilancio presentato nel periodo di imposta precedente l'applicazione dell'incentivo; se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese; se l'impresa beneficiaria delocalizza in un Paese non appartenente all'Unione europea, riducendo le attività produttive in Italia nei tre anni successivi al periodo di imposta in cui ha fruito dell'incentivo; se vengono definitivamente accertate determinate violazioni di legge in materia lavoristica.
Per le modalità di applicazione dell'incentivo, nonché per le relative procedure di controllo, trovano applicazione le norme richiamate nel comma 399. La definizione di ulteriori modalità è demandata ad una circolare dell'INPS (comma 398). Sembrerebbe opportuno valutare la congruità di un rinvio, in una norma di legge, a quest'ultimo tipo di atto.
Ai sensi del comma 401, gli oneri relativi allo sgravio in esame sono posti a carico, nel limite di 50 milioni di euro per il 2019 e di 20 milioni per il 2020, delle risorse del Programma operativo nazionale "Sistemi di politiche attive per l’occupazione" (PON SPAO). L’ANPAL provvede a rendere tempestivamente disponibili le predette risorse, nel rispetto delle procedure europee di gestione, al fine di consentire l'effettivo avvio dell'intervento. Nell'ambito delle proprie competenze, le regioni possono integrare il finanziamento del medesimo intervento, nel limite delle disponibilità dei propri bilanci destinate allo scopo.
Articolo 1, commi 402 e 403
(Modifiche al Testo unico sulle società
a partecipazione pubblica)
I commi 402 e 403 intervengono sulle società a partecipazione pubblica, da un lato modificando la disciplina delle società partecipate da società quotate, dall’altro autorizzando le amministrazioni pubbliche, le quali all’esito della revisione straordinaria delle partecipazioni societarie detenute siano tenute alla loro liquidazione, a non procedervi, fino al 31 dicembre 2021, nel caso di partecipazioni in società che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente.
Il comma 402 introdotto alla Camera, interviene sull’ambito applicativo del Testo unico delle società partecipate (decreto legislativo n.175/2016), con riferimento alle società quotate. In particolare, si prevede che le disposizioni del Testo unico non si applicano (a meno che non ne sia espressamente prevista l’applicazione nelle singole disposizioni), alle società controllate da società quotate in borsa.
Si fa presente che il Testo unico attualmente dispone che esso non trova applicazione (a meno che non ne sia espressamente prevista l’applicazione nelle singole disposizioni), per le “società partecipate , salvo che queste ultime siano, non per il tramite di società quotate, controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche”.
La disposizione sembrerebbe avere l’effetto di restringere l’ambito applicativo del Testo unico, escludendo del tutto le società partecipate (ma non controllate) da società quotate. In particolare, andrebbe chiarito se per effetto della modifica rientrano nell’ambito applicativo del Testo unico le società partecipate, allo stesso tempo, da società quotate (con partecipazioni non di controllo) e da pubbliche amministrazioni.
Il comma 403 integra il Testo unico sulle società partecipate pubbliche (D.Lgs. n. 175/2016), introducendo all’interno dell’articolo 24, relativo alla revisione straordinaria delle partecipazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni, il comma 5-bis.
Tale disposizione disapplica, fino al 31 dicembre 2021, i commi 4 (obbligo di alienazione entro un anno dalla ricognizione straordinaria) e 5 (divieto per il socio pubblico di esercitare i diritti sociali e successiva liquidazione coatta in denaro delle partecipazioni) del D.Lgs. 175/2016 nel caso di società partecipate che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione (dunque, si suppone, nel triennio 2014-2016).
Per queste società in utile, ai fini di tutela del patrimonio pubblico e del valore delle quote societarie pubbliche, la norma autorizza pertanto l’amministrazione pubblica a prolungare la detenzione delle partecipazioni societarie.
Infine, si segnala che l'articolo 20 del Testo Unico prevede una procedura di carattere ordinario che gli enti pubblici sono chiamati ad attivare nella gestione delle società partecipate, a cadenza annuale. A tale procedura di razionalizzazione periodica delle partecipazioni detenute (che fa seguito alla revisione straordinaria prevista, in sede di prima applicazione, dal citato articolo 24) si procede a partire dal 2018 (con riferimento alle partecipazioni detenute al 31 dicembre 2017). Su tale procedura la norma in esame non interviene e, pertanto, per essa rimarrebbero in vigore le ipotesi di alienazione previste dal Testo unico (definite dall’articolo 20, comma 2: v. oltre).
Si valuti pertanto l’opportunità di coordinare le due disposizioni, in quanto potrebbe verificarsi che per una stessa società l’alienazione sia sospesa ai sensi dell’articolo 24 (ossia in sede di revisione straordinaria), ma successivamente disposta ai sensi dell’articolo 20 (ossia in sede di razionalizzazione periodica).
L’articolo 24 del Testo unico ha definito una procedura di revisione straordinaria delle partecipazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni. In particolare, è stato previsto che entro il 30 settembre 2017 ciascuna amministrazione pubblica debba effettuare (con provvedimento motivato) una ricognizione di tutte le partecipazioni societarie possedute (direttamente o indirettamente) alla data di entrata in vigore del T.U. (23 settembre 2016) con obbligo di alienare quelle prive di determinati requisiti.
In particolare, le pubbliche amministrazioni sono tenute a liquidare le partecipazioni:
§ in società che non siano riconducibili a determinate attività di produzione di beni e servizi, strettamente riconducibili al perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente pubblico (attività e finalità elencate all’articolo 4);
§ nel caso in cui abbiano proceduto alla costituzione di società, o ne abbiano acquistato partecipazioni (nel caso di società già esistenti), sulla base di un atto non analiticamente motivato in ordine alla sussistenza delle ragioni di efficienza, efficacia ed economicità che ne giustificano la costituzione o l’acquisizione, ovvero nel caso di incompatibilità dell’atto con la normativa comunitaria e nazionale (articolo 5, commi 1 e 2);
§ nel caso di società: che risultino prive di dipendenti o che abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; che svolgano attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali; che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro; che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti (sempre che non si tratti di società costituite per la gestione un servizio di interesse generale) (articolo 20, comma 2).
Ai sensi del comma 4, le operazioni di alienazione individuate dal piano di ricognizione devono essere effettuate entro un anno dalla ricognizione stessa.
Il comma 5 prevede, poi, che in caso di mancata adozione dell'atto ricognitivo o di mancata alienazione entro i termini previsti dal comma 4, il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima è liquidata in denaro (in base ai criteri stabiliti dall’articolo 2437-quater del Codice civile per la determinazione del valore delle azioni e per i procedimenti di liquidazione).
La ricognizione da parte delle pubbliche amministrazioni delle partecipazioni societarie possedute si è conclusa il 10 novembre 2017. Le società a partecipazione diretta delle amministrazioni sono 4.701 e, secondo il Governo (per approfondimenti si veda il relativo comunicato stampa), circa una su tre di queste sarà interessata da interventi di dismissione.
Si ricorda, altresì, che nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze, la struttura di monitoraggio sull’attuazione del Testo unico è stata individuata nella direzione VIII del Dipartimento del Tesoro.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al Tema dell’attività parlamentare curato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati relativo alla Nuova disciplina delle società partecipate.
Articolo 1, commi 404-406
(Equipe formative per innovazione didattica e digitale nelle scuole)
I commi 404-406 prevedono la costituzione di equipe formative territoriali per promuovere progetti di innovazione didattica e digitale nelle scuole, cui sono destinati docenti che possono essere esonerati dall’esercizio delle attività didattiche.
Dispongono, inoltre, che le risorse stanziate per consentire alle scuole di attuare azioni coerenti con il Piano nazionale scuola digitale (PNSD) sono ripartite sulla base di procedure selettive.
Le equipe formative territoriali – di cui si prevede la costituzione per gli a.s. 2019/2020 e 2020/2021 – sono formate da un massimo di 120 docenti individuati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
La relazione illustrativa all’A.C. 1334 specificava, al riguardo, che gli stessi saranno individuati fra gli animatori digitali (v. infra) più attivi.
In particolare, la costituzione delle equipe è finalizzata a garantire la diffusione di azioni relative al PNSD, nonché a promuovere azioni di formazione del personale docente e di potenziamento delle competenze degli studenti sulle metodologie didattiche innovative.
Il Piano nazionale scuola digitale, elaborato sulla base dell’art. 1, co. 56 e 58 della L. 107/2015, è stato adottato con DM 851/2015 e persegue, fra gli altri, gli obiettivi di sviluppare le competenze digitali degli studenti, potenziare gli strumenti didattici e laboratoriali necessari a migliorare la formazione e i processi di innovazione delle istituzioni scolastiche, formare i docenti per l'innovazione didattica e lo sviluppo della cultura digitale per l'insegnamento.
In particolare, l’azione 28 del PNSD ha previsto la presenza, in ogni scuola, di un “animatore digitale”, ossia un docente chiamato a favorire, previa formazione attraverso un percorso dedicato, il processo di digitalizzazione, nonché diffondere le politiche legate all’innovazione didattica.
Gli animatori digitali nominati sono stati 8.303. Qui la mappa per area di insegnamento.
Qui la pagina dedicata sul sito del MIUR.
Ai relativi oneri, pari a € 1,44 mln per il 2019, € 3,60 mln per il 2020 ed € 2,16 mln per il 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse, pari a € 30 mln annui a decorrere dal 2016, stanziate dall’art. 1, co. 62, della L. 107/2015 per consentire alle scuole – fra l’altro – di attuare azioni coerenti con le finalità, i princìpi e gli strumenti previsti nel PNSD.
La relazione tecnica all’A.C. 1334 specificava, al riguardo, che si attingerà alla quota delle risorse iscritta in bilancio in parte corrente, pari a € 14 mln per ciascun anno.
Si dispone, inoltre, che le risorse di cui allo stesso art. 1, co. 62, della L. 107/2015 sono ripartite tra le scuole sulla base di procedure selettive.
Allo scopo, si novella la disposizione citata che, invece, prevede che le risorse in questione sono ripartite in base ai criteri del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche (ridefiniti, sulla base dell’art. 1, co. 11, della stessa L. 107/2015, con DM 834/2015).
Articolo 1, commi 407 e 408
(Incremento del tempo pieno nella scuola primaria)
I commi 407 e 408, introdotti durante l’esame alla Camera, incrementano il limite di spesa relativo alla dotazione organica dei docenti, al fine di ampliare le possibilità di tempo pieno nella scuola primaria.
In particolare, si dispone che l’incremento al limite di spesa previsto, dall’a.s. 2015/2016, dall’art. 1, co. 201, della L. 107/2015 – pari a € 544,18 mln nel 2015 e crescente fino a € 2.169,63 mln annui a decorrere dal 2025 – già finalizzato ad aumentare la dotazione organica complessiva dei docenti delle scuole statali, è ulteriormente incrementato in misura corrispondente a 2.000 posti aggiuntivi nella scuola primaria.
Le modalità per l’incremento del tempo pieno nella scuola primaria devono essere stabilite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentita la Conferenza unificata, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che, in base all’art. 4 del DPR 89/2009, l'orario scolastico settimanale nella scuola primaria è articolato, tenendo conto delle specifiche richieste delle famiglie, su 24, 27, e 30 ore; è previsto, altresì, il modello delle 40 ore, corrispondente al tempo pieno.
Il medesimo articolo ha previsto che le classi a tempo pieno sono attivate, a richiesta delle famiglie, sulla base di specifico progetto formativo integrato e delle disponibilità di organico assegnate all'istituto, nonché in presenza delle necessarie strutture e servizi. Per la determinazione dell'organico ha confermato l'assegnazione di due docenti per classe, eventualmente coadiuvati da insegnanti di religione cattolica e di inglese in possesso dei relativi titoli o requisiti. Ha, infine, disposto che, per il potenziamento quantitativo e qualitativo del servizio del tempo pieno sul territorio sono attivati piani pluriennali sulla base di intese con le rappresentanze dei comuni, precedute da un accordo quadro con le autonomie locali in sede di Conferenza unificata.
Poiché l’ampliamento del tempo pieno richiede anche la disponibilità di strutture e servizi, occorre valutare se sia sufficiente il parere della Conferenza unificata o se, invece, non occorra un’intesa.
In base ai dati riportati sul Portale unico dei dati della scuola, disponibile sul sito del MIUR, nell’a.s. 2016/2017 gli studenti che hanno usufruito del tempo pieno sono stati 916.781 (su un totale di 2.556.772). Di seguito, la distribuzione territoriale.
Articolo 1, comma 409
(Incremento delle dotazioni organiche dei licei musicali)
Il comma 409 – modificato durante l’esame alla Camera – incrementa di 400 posti, dall’a.s. 2019/2020, l’organico del personale docente dei licei musicali.
In tal modo, intende superare le criticità emerse in sede giurisdizionale in merito ai criteri di determinazione degli organici per l’insegnamento dello strumento musicale.
A tal fine, autorizza la spesa di € 4,99 mln per il 2019, € 21,76 mln per il 2020, € 19,96 mln annui per gli anni dal 2021 al 2025, € 20,49 mln per il 2026 ed € 21,56 mln annui dal 2027.
Al riguardo, si ricorda che il TAR Lazio, sez. III-bis, con sentenza n. 2915 del 14 marzo 2018, ha annullato la nota MIUR prot. 21315 del 15 maggio 2017, con la quale era stato trasmesso agli uffici scolastici regionali lo schema di decreto interministeriale relativo alle dotazioni organiche del personale docente per l’a.s. 2017-2018 e, nello specifico, la ripartizione delle ore di insegnamento di strumento musicale nella sezione musicale dei licei musicali e coreutici.
In particolare, il TAR ha osservato che – a fronte del quadro orario annuale riportato nel piano degli studi di cui all’All. E al DPR 89/2010, Regolamento recante revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei –, con la nota impugnata, “per l’insegnamento della materia Esecuzione e interpretazione sono state assegnate soltanto un’ora per il primo strumento e un’ora per il secondo strumento con l’espresso riconoscimento dell’intervenuta decurtazione di un’ora per il primo strumento, cui si va ad aggiungere un’ora di ascolto musicale. In sostanza un’ora di lezione frontale per il primo strumento musicale è stata sostituita con un’ora di ascolto (…). Peraltro la riduzione dell’orario di insegnamento frontale del primo strumento è stata dichiaratamente motivata da parte dell’amministrazione con le carenze della dotazione organica che, tuttavia, non costituisce una valida motivazione a supporto della scelta di non rispettare il piano di studi predisposto in sede normativa per la sezione musicale dei licei”.
L’orientamento del TAR è stato, poi, confermato dal Consiglio di Stato, Sez. VI, che, con sentenza n. 3409 del 5 giugno 2018, ha rigettato l’appello proposto dal MIUR.
In materia, il rappresentante del Governo, rispondendo il 4 ottobre 2018 nell’assemblea del Senato all’interrogazione 3-00183, aveva evidenziato preliminarmente che la nota oggetto di ricorso era stata emanata “in coerenza con il contenuto della relazione tecnica al regolamento n. 89 del 2010, in cui viene ribadito che l'insegnamento (esecuzione e interpretazione) è impartito dedicando il tempo del docente a due o tre alunni, per una media di 2,5 alunni per ora docente”.
Ciò premesso, aveva comunque reso nota la concreta intenzione del Governo di superare tali criticità, anche tenuto conto di un parere dell’Avvocatura generale dello Stato in cui si suggeriva di tenere in debita considerazione il principio di diritto enunciato nelle pronunce giudiziali in occasione dell'adozione dei prossimi provvedimenti.
Al riguardo, la relazione illustrativa all’A.C. 1334 faceva presente che lo schema di decreto interministeriale relativo agli organici dei docenti per l’a.s. 2018/2019 ricalca quello relativo al precedente a.s., in quanto è stato elaborato quando il contenzioso era ancora in corso.
Articolo 1, comma 410
(Incremento del Fondo per interventi strutturali di politica economica)
Il comma 410 incrementa di 3,6 milioni di euro per l’anno 2021 il Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE).
L’incremento deriva da una rimodulazione delle risorse che il testo originario del disegno di legge di bilancio aveva stanziato per l’incremento di 400 posti dell’organico del personale docente dei licei musicali (comma 409). Durante l’esame alla Camera, tali risorse sono state aumentate di 140 mila euro nel 2019, di 3,6 milioni di euro nel 2020 e diminuite di 3,6 milioni di euro nel 2021. Le risorse da portare a copertura nei primi due anni del triennio sono state prelevate dal fondo speciale di parte corrente del MIUR (Tabella A, voce Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca), mentre le risorse liberate per il 2021 sono state utilizzate per incrementare il FISPE dal comma in esame.
Si ricorda che il Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE) è stato istituito dall’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282/2004, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
Articolo 1, commi 411-412
(Tecnopolo mediterraneo per lo sviluppo sostenibile)
Il comma 411 prevede uno stanziamento annuo per ciascuno degli anni 2019, 2020, 2021 per l’istituzione del Tecnopolo mediterraneo per lo sviluppo sostenibile.
La disposizione autorizza la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, da iscrivere nello stato di previsione del MIUR, per l’istituzione e l’inizio dell’operatività della fondazione denominata Istituto di ricerche Tecnopolo mediterraneo per lo sviluppo sostenibile, con sede nella città di Taranto, per lo svolgimento di attività di ricerca innovativa nell’ambito dell’energia solare e dell’economia circolare.
Il comma 412 assegna al MIUR i compiti di vigilanza sull’Istituto.
Articolo 1, commi 413-415
(Rapporto di lavoro del personale ex co.co.co.
presso le istituzioni scolastiche)
I commi 413-415 autorizzano la trasformazione a tempo pieno, dall’a.s. 2019/2020, del rapporto di lavoro di soggetti, già titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento nelle scuole di funzioni assimilabili a quelle degli assistenti amministrativi e tecnici, immessi in ruolo a tempo parziale dall’a.s. 2018/2019. Conseguentemente, dispongono l’incremento della dotazione organica del personale amministrativo e tecnico.
Le immissioni in ruolo dei soggetti in questione – previa procedura selettiva per titoli e colloquio – sono state disciplinate dall’art. 1, co. 619-621, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018). Nello specifico, è stato previsto che le stesse dovevano avvenire nell'ambito dell'organico del personale amministrativo e tecnico, a valere sui posti di personale ATA accantonati in organico di diritto[8]. E’ stato, inoltre, previsto che i vincitori sarebbero stati assunti anche a tempo parziale, nei limiti di una maggiore spesa di personale, pari a € 5,402 mln nel 2018 e a € 16,204 mln dal 2019 e che i rapporti instaurati a tempo parziale sarebbero potuti essere trasformati a tempo pieno o incrementati nel numero di ore solo in presenza di risorse certe e stabili.
Il bando, emanato con D.D. 209 del 28 febbraio 2018, ha, dunque, disposto che i vincitori sarebbero stati assunti in ruolo a tempo indeterminato e parziale. Ha, altresì, previsto che la graduatoria finale sarebbe rimasta efficace ai sensi della normativa vigente – ossia, ai sensi dell’art. 35, co. 5-ter, del d.lgs. 165/2001, per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione –, e sarebbe stata utilizzata ai fini della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno o al fine di incrementare il numero di ore nel rispetto dei posti di organico di diritto disponibili e in presenza di risorse certe e stabili.
La graduatoria è stata approvata, in via definitiva, con D.D. 1194 del 20 luglio 2018 e include 789 soggetti.
Conseguentemente, è stata autorizzata l’assunzione dei medesimi soggetti con contratto part-time al 50% a partire dal 1° settembre 2018 (v. D.M. 576 del 1° agosto 2018).
La relazione tecnica all’A.C. 1334 precisava, al riguardo, che, rispetto ai 789 soggetti inclusi nella graduatoria, le assunzioni hanno riguardato 779 unità, in considerazione del fatto che, nel frattempo, 10 soggetti erano stati collocati a riposto per raggiunti limiti di età.
La trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno è disposta nel limite di una spesa di personale complessiva, tenuto conto anche degli stipendi già in godimento, non superiore a quella autorizzata dall’art. 1, co. 619, della legge di bilancio 2018, a tale scopo avvalendosi della quota non utilizzata.
La relazione tecnica all’A.C. 1334 evidenziava, al riguardo, che la spesa attuale è pari a € 10,79 mln annui e potrà aumentare, a regime, con il maturare di una maggiore anzianità di servizio, fino ad un massimo di € 12,56 mln annui.
La trasformazione del rapporto di lavoro avviene, a partire dai primi soggetti in graduatoria, mediante scorrimento della stessa.
Al riguardo, la citata relazione tecnica stimava che le risorse disponibili siano sufficienti a trasformare il rapporto di lavoro relativo ad almeno 226 soggetti.
In caso di rinunce o cessazioni dal servizio, si procede all’ulteriore scorrimento della graduatoria.
Conseguentemente, si dispone l’incremento della dotazione organica del personale amministrativo e tecnico.
La più volte citata relazione tecnica stimava un incremento di 113 posti.
Infine, si dispone che la graduatoria rimane efficace sino al completo scorrimento (evidentemente, anche qualora questo avvenga oltre i tre anni dalla data di pubblicazione, termine al quale – come si è visto – faceva riferimento il bando).
Articolo 1, comma 416
(Risorse per iniziative a favore degli studenti con disabilità nelle Istituzioni AFAM)
Il comma 416 - introdotto durante l’esame alla Camera - incrementa le risorse per il funzionamento amministrativo e didattico delle Istituzioni dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM) di € 0,5 mln annui a decorrere dal 2019, per consentire alle stesse di dare concreta attuazione ai servizi e alle iniziative in favore degli studenti con handicap riconosciuto ai sensi della L. 104/1992, con invalidità superiore al 66%, o con certificazione di disturbo specifico di apprendimento (DSA).
Le risorse sono ripartite in rapporto al numero complessivo di studenti iscritti presso ciascuna Istituzione.
In base all’art. 2 della L. 508/1999, il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM) è costituito da Accademie di belle arti, Accademia nazionale di arte drammatica, Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), nonché, con la trasformazione in Istituti superiori di studi musicali e coreutici, Conservatori di musica, Accademia nazionale di danza e Istituti musicali pareggiati.
Qui l'elenco delle Istituzioni AFAM.
Le risorse per il funzionamento amministrativo e didattico delle Istituzioni AFAM sono allocate sul cap. 1673/pg 5 dello stato di previsione del MIUR. Per effetto dell’incremento disposto, lo stanziamento ammonterebbe a € 14,9 mln per il 2019 e a € 14,5 mln annui per il 2020 e il 2021.
In materia, si ricorda che l’art. 1, co. 26, della L. 107/2015 ha previsto l’incremento di tali risorse di € 7 mln annui dal 2015 al 2022. A sua volta, l’art. 1, co. 267, ultimo periodo, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) ha previsto che il MIUR, nel riparto delle stesse, tiene conto degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione ai sensi dell'art. 9 del d.lgs. 68/2012 – fra i quali, per quanto qui più interessa, gli studenti con handicap riconosciuto ai sensi della L. 104/1992 e quelli con invalidità pari o superiore al 66% - e di quelli esonerati (in base a requisiti di reddito e di merito) dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale introdotto dal co. 252.
Per completezza, si ricorda, infine, che l’art. 13, co. 1-bis, del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) ha previsto l’incremento di € 1,5 mln annui, a decorrere dal 2017, degli stanziamenti relativi al Programma “Istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica”.
Per il 2018, le risorse sono state ripartite con DM 588 dell'8 agosto 2018.
Articolo 1, commi 417-419
(Interventi a valere sul fondo Kyoto)
Le disposizioni, introdotte dalla Camera, intervengono in materia di interventi per la riduzione delle emissioni di gas serra finanziati con l’utilizzo delle risorse del cd. Fondo Kyoto.
Nell’ambito delle misure rivolte alla efficienza energetica degli edifici scolastici e universitari pubblici, si estendono i finanziamenti a tasso agevolato concessi ai soggetti pubblici competenti per tali edifici, anche alla realizzazione di interventi di efficientamento e risparmio idrico, oltre che all’incremento della loro efficienza energetica negli usi finali dell’energia; si allarga inoltre la platea dei beneficiari dei finanziamenti a tasso agevolato, anche ai soggetti pubblici per l’efficientamento energetico e idrico di impianti sportivi di proprietà pubblica (non inclusi nel previsto Piano per la realizzazione di impianti sportivi nelle periferie urbane), e per l’efficientamento energetico e idrico di edifici di proprietà pubblica adibiti a ospedali, policlinici e a servizi socio-sanitari.
Per quanto riguarda le misure rivolte allo sviluppo di progetti per la green economy, si estende la concessione dei finanziamenti a tasso agevolato anche ai soggetti pubblici, oltre che ai soggetti privati, che effettuano interventi e attività nei settori specificati; si sopprime la condizione sulle assunzioni giovanili nel settore della green economy, finalizzata ad ottenere i finanziamenti agevolati per i progetti di investimento; si allarga anche ai soggetti pubblici l’applicazione delle agevolazioni finanziarie previste per gli altri soggetti indicati.
Il comma 417 modifica l’articolo 9 del D.L. n. 91 del 2014 che disciplina l’attuazione di interventi urgenti per l'efficientamento energetico degli edifici scolastici e universitari pubblici.
L’art. 9 del D.L. n. 91 del 2014 prevede, a valere sul Fondo Kyoto (articolo 1, comma 1110, della legge finanziaria 2007 – L. n. 296/2006), nel limite di 350 milioni di euro, la possibilità da parte della Cassa depositi e prestiti S.p.A di concedere finanziamenti a tasso agevolato ai soggetti pubblici competenti ai sensi della normativa vigente in materia di immobili di proprietà pubblica adibiti all'istruzione scolastica e all'istruzione universitaria, nonché di edifici dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), al fine di realizzare interventi di incremento dell'efficienza energetica degli edifici scolastici, ivi inclusi gli asili nido, e universitari negli usi finali dell'energia.
La Cassa depositi e prestiti S.p.A. eroga i finanziamenti tenuto conto di quanto stabilito dal decreto attuativo della disposizione (di cui al comma 8 della stessa), seguendo l'ordine cronologico di presentazione delle domande.
La lettera a), che modifica il comma 1 della norma citata, estende i finanziamenti a tasso agevolato, concessi ai soggetti pubblici competenti degli edifici scolastici e universitari pubblici attraverso l’utilizzo delle risorse contenute nel cd. Fondo Kyoto, alla realizzazione di interventi di efficientamento e risparmio idrico, oltre che all’incremento della loro efficienza energetica negli usi finali dell’energia.
La lettera b) aggiunge il nuovo comma 1-bis all’art. 9 del D.L. 91/2014, al fine di allargare la platea dei beneficiari dei finanziamenti a tasso agevolato anche a:
- soggetti pubblici per l’efficientamento energetico e idrico di impianti sportivi di proprietà pubblica non compresi nel Piano di cui al comma 3 dell’articolo 15 del D.L. n. 185/2015, previsto per la realizzazione di impianti sportivi nelle periferie urbane;
L’art. 15 del D.L. n. 185/2015 ha previsto l’istituzione nello stato di previsione del MEF, per il successivo trasferimento al bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Fondo “Sport e Periferie”, da trasferire al CONI, per una spesa complessiva di 100 milioni di euro nel triennio 2015-2017, di cui 20 milioni nel 2015, 50 milioni di euro nel 2016 e 30 milioni di euro nel 2017 (comma 1). Il Fondo è finalizzato ai seguenti interventi: a) ricognizione degli impianti sportivi; b) realizzazione e rigenerazione di impianti sportivi con destinazione all'attività agonistica nazionale, localizzati nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane e diffusione di attrezzature sportive nelle stesse aree; c) completamento e adeguamento di impianti sportivi esistenti, con destinazione all'attività agonistica nazionale e internazionale; d) attività e interventi finalizzati alla presentazione e alla promozione della candidatura di Roma 2024 (comma 2). Per la realizzazione dei suddetti interventi, il CONI presenta alla Presidenza del Consiglio dei ministri un piano pluriennale degli interventi, approvato con D.P.C.M. (comma 3).
- soggetti pubblici per l’efficientamento energetico e idrico di edifici di proprietà pubblica adibiti a ospedali, policlinici e a servizi socio-sanitari.
Le lettere c) e d) modificano i commi 2 e 3, e il comma 5, dell’art. 9 del D.L. n. 91/2014, al fine, rispettivamente, di applicare, le ulteriori agevolazioni finanziarie previste e la necessità della diagnosi energetica comprensiva di certificazione energetica, per la concessione dei suddetti finanziamenti, anche alle nuove fattispecie testé introdotte.
Ai sensi del comma 2 della norma novellata, i finanziamenti a tasso agevolato in parola sono concessi in deroga all'articolo 204 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (T.U. in materia di enti locali) recante Regole particolari per l'assunzione di mutui, mentre il comma 3 stabilisce che ai finanziamenti a tasso agevolato in parola si applica la riduzione del cinquanta per cento del tasso di interesse di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 17 novembre 2009.
Con la lettera e) si modifica inoltre la rubrica dell’art. 9 del D.L. n. 91/2014, al fine di aggiornarla secondo le modifiche sopra descritte.
Il comma 418 prevede che un decreto del Ministro dell’ambiente e del Ministro dell’economia, emanato di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’istruzione individui, ai sensi del comma 8 dell’articolo 9 del D.L. n. 91 del 2014, i criteri e le modalità di concessione dei prestiti agevolati.
Il decreto dovrà essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della norma.
Il comma 419 modifica l’articolo 57 del D.L. n. 83 del 2012, recante Misure per lo sviluppo dell'occupazione giovanile nel settore della green economy, sopprimendo la condizione delle previste assunzioni giovanili nel settore della green economy finalizzata ad ottenere i finanziamenti agevolati, ed estendendo la concessione dei finanziamenti a tasso agevolato anche ai soggetti pubblici; la rubrica della viene quindi ad essere modificata quale "Misure per lo sviluppo della green economy".
La norma novellata disciplina la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a soggetti privati che operano in determinati settori, a valere sulle risorse del cd. Fondo Kyoto, per lo sviluppo dell'occupazione giovanile nel settore della green economy, al fine di:
- estendere la concessione dei finanziamenti a tasso agevolato anche ai soggetti pubblici, oltre che ai soggetti privati, che effettuano interventi e attività nei settori indicati (lettera a));
- sopprimere la condizione delle previste assunzioni giovanili nel settore della green economy finalizzata ad ottenere i finanziamenti agevolati per i progetti di investimento (lettera b));
- allargare anche ai soggetti pubblici l’applicazione delle agevolazioni finanziarie previste per altri soggetti indicati” (lettera c));
- modificare la rubrica dell’articolo 57 del D.L. 83/2012, conseguentemente alle modifiche testé introdotte” (lettera d)).
L’art. 57 prevede la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a soggetti privati che operano nei seguenti settori: protezione del territorio e prevenzione del rischio idrogeologico e sismico; ricerca, sviluppo e produzione di biocarburanti di «seconda e terza generazione»; ricerca, sviluppo e produzione mediante bioraffinerie di prodotti intermedi chimici da biomasse e scarti vegetali; ricerca, sviluppo, produzione e installazione di tecnologie nel «solare termico», «solare a concentrazione», «solare termo-dinamico», «solare fotovoltaico», biomasse, biogas e geotermia; incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nei settori civile, industriale e terziario, compresi gli interventi di social housing; processi di produzione o valorizzazione di prodotti, processi produttivi od organizzativi o servizi che, rispetto alle alternative disponibili, comportino una riduzione dell'inquinamento e dell'uso delle risorse nell'arco dell'intero ciclo di vita. Per accedere ai finanziamenti, i progetti di investimento presentati dalle imprese ricadenti nei settori di cui al comma 1 devono prevedere - secondo la norma vigente - occupazione aggiuntiva a tempo indeterminato di giovani con età non superiore a 35 anni alla data di assunzione. Nel caso di assunzioni superiori a tre unità, almeno un terzo dei posti è riservato a giovani laureati con età non superiore a 28 anni. Per singola impresa richiedente, le nuove assunzioni devono essere aggiuntive rispetto alla media totale degli addetti degli ultimi 12 mesi (primo, secondo e terzo periodo del comma 2 della norma novellata, qui oggetto di soppressione). Ai progetti di investimento presentati dalle società ESCO, dagli affidatari di contratti di disponibilità stipulati ai sensi dell'articolo 44 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, coma convertito nonché dalle società a responsabilità limitata semplificata costituite ai sensi dell'articolo 2463-bis del codice civile e dalle imprese di cui all'articolo 3, comma 4-ter, del D.L. n. 5 del 2009, si applica la riduzione del 50% del tasso di interesse di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 17 novembre 2009.
Articolo 1, comma 420
(Stanziamento del Fondo risorse decentrate MIBAC)
Il comma 420, introdotto durante l’esame alla Camera, incrementa gli stanziamenti del Fondo risorse decentrate relativo al Ministero per i beni e le attività culturali per un importo complessivo di 10 milioni di euro annui, in deroga ai limiti finanziari previsti dalla legislazione vigente.
L’articolo 40, comma 4-ter, del D.Lgs. 165/2001 (introdotto dall’articolo 11, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 75/2017), ha demandato alla contrattazione collettiva il riordino, la razionalizzazione e la semplificazione delle discipline in materia di dotazione ed utilizzo dei fondi destinati alla contrattazione integrativa. In relazione a ciò, l’articolo 76 del CCNL per il personale del comparto funzioni centrali del 12 febbraio 2018 (vigenza triennio 2016-2018) ha costituito il Fondo risorse decentrate è costituito per razionalizzare e semplificare la disciplina dei fondi per la contrattazione decentrata, al fine di far confluire in un unico Fondo (a decorrere dal 2018) in un unico importo consolidato, tutte le risorse delle amministrazioni e degli enti del comparto richiamato destinati alla contrattazione integrativa ed ai trattamenti accessori. Più specificamente, affluiscono al suddetto Fondo tutte le risorse aventi caratteristiche di certezza, stabilità e continuità, negli importi determinati per il 2017, come certificati dagli organi di controllo interno ai quali è demandato il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e quelli derivanti dall'applicazione delle norme di legge, con particolare riferimento alle disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori (cioè, ai sensi dell’articolo 40-bis, comma 1, del D.Lgs. 165/2001, il collegio dei revisori dei conti, il collegio sindacale, gli uffici centrali di bilancio o gli analoghi organi previsti dai rispettivi ordinamenti). Il Fondo è incrementato stabilmente da specifiche voci inerenti a determinati trattamenti economici accessori del personale.
Articolo 1, comma 421
(Fondo per l’attuazione del programma di Governo)
Il comma 421, modificato alla Camera, istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo, con una dotazione di euro 130.317.000 per l’anno 2019, 1.258.000 per l’anno 2020, 107.220.000 per l’anno 2021, 146.089.000 per l’anno 2022, 145.512.000 per l’anno 2023, 145.232.000 per l’anno 2024, 145.143.000 per l’anno 2025, 145.006.000 per l’anno 2026, 143.318.000 per l’anno 2027 e 143.293.000 annui a decorrere dall’anno 2028, da destinare al finanziamento di nuove politiche di bilancio e al rafforzamento di quelle già esistenti perseguite dai Ministeri.
La dotazione del Fondo introdotta dal testo originario del ddl di bilancio era di 185 milioni di euro per l’anno 2019 e 430 milioni euro a decorrere dall’anno 2020. Una quota di tali importi è stata utilizzata a copertura di numerose norme introdotte durante l’esame alla Camera, come riepiloga per il triennio la tabella che segue.
(in milioni di euro)
Capitolo 3080/MEF |
2019 |
2020 |
2021 |
Dotazione assegnata dal ddl iniziale |
185 |
430 |
430 |
Importo utilizzato a copertura nuove norme introdotte alla Camera |
54,7 |
428,7 |
322,8 |
Dotazione attuale |
130,3 |
1,3 |
107,2 |
Articolo 1, comma 422
(Fondi per le connessioni ferroviarie)
Il comma 422 prevede la destinazione, in sede di aggiornamento del Contratto di programma con RFI, di 100 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2019 e 2020, per la realizzazione di connessione ferroviarie nodali sovraregionali con priorità al sistema portuale/aeroportuale.
Il comma 422, introdotto alla Camera, prevede in dettaglio che in sede di aggiornamento del Contratto di programma tra Ministero delle infrastrutture e trasporti e Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (RFI) 2017-2021- parte investimenti, venga destinata alla realizzazione di connessioni ferroviarie, una quota delle risorse da contrattualizzare o che si rendano disponibili, nell’ambito delle finalità già previste dal Contratto, nel limite di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020.
Il requisito è che tali risorse siano in grado di attivare finanziamenti europei, che valorizzino nodi di mobilità di livello almeno sovraregionale, con priorità al sistema portuale/aeroportuale.
Si ricorda che i rapporti tra concessionario della rete (RFI S.p.A.) e concedente (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) sono regolati da uno o più contratti di programma, in base all'articolo 15 del decreto legislativo n. 112 del 2015, stipulati per un periodo minimo di cinque anni e sottoposti, sulla base della disciplina prevista dalla legge n. 238 del 1993, al parere parlamentare da rendersi entro 30 giorni dalla presentazione. Tale parere viene reso sia sul testo del contratto di programma che sui relativi aggiornamenti ma limitatamente, per questi ultimi (in base al decreto-legge n. 148 del 2017, art. 15, comma 1-bis) ai soli aggiornamenti che contengano modifiche sostanziali. Per sostanziali si intendono le modifiche che superano del 15 per cento le previsioni riportate nei contratti di programma, con riferimento ai costi e ai fabbisogni sia complessivi che relativi al singolo programma o progetto di investimento. Sullo schema del nuovo contratto di programma - parte investimenti 2017-2021, che prevede finanziamenti nel quinquennio per circa 13.259 milioni di euro, l’VIII Commissione del Senato della Repubblica ha espresso il proprio parere favorevole con condizioni e osservazioni il 24 ottobre 2018.
La IX Commissione della Camera ha espresso anch’essa parere favorevole con condizioni ed osservazioni nella seduta del 25 ottobre 2018.
Articolo 1, comma 423
(Museo della Civiltà istriano-fiumano-dalmata
e Archivio museo storico di Fiume)
Prevede un contributo aggiuntivo di 100 mila euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 a favore del Museo della civiltà istriano-fiumano-dalmata e dell’Archivio museo storico di Fiume.
La disposizione, inserita alla Camera, prevede l’erogazione di un contributo aggiuntivo di 100 mila euro per ciascuna annualità 2019, 2020 e 2021 a favore del Museo della civiltà istriano-fiumano-dalmata e dell’Archivio museo storico di Fiume.
Si rammenta che la legge 30 marzo 2004, n. 92 (Istituzione del «Giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati) ha istituito il “Giorno del ricordo” in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e ha disposto la concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati.
L’art. 2, in particolare, ha disposto il riconoscimento di due istituzioni preposte alla conservazione della memoria storica della tradizione istriano-fiumano-dalmata: il Museo della civiltà istriano-fiumano-dalmata, con sede a Trieste e l’Archivio museo storico di Fiume, con sede a Roma. A tale fine, è concesso un finanziamento di 100.000 euro annui a decorrere dal 2004 all'Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata (IRCI), e di 100.000 euro annui a decorrere dal 2004 alla Società di studi fiumani, le due istituzioni presso le quali hanno sede, rispettivamente, il Museo della civiltà istriano-fiumano-dalmata e l’Archivio museo storico di Fiume.
Articolo 1, commi 424-425
(Pneumatici fuori uso - PFU)
I commi 424-425, introdotti nel corso dell’esame alla Camera, incrementano (tramite una modifica all’art. 228 del D.Lgs. 152/2006) del 5,6% la quota di pneumatici fuori uso (PFU) che deve essere obbligatoriamente gestita, ogni anno, da produttori e importatori di pneumatici, singolarmente o in forma associata (elevando da 90 a 95 tonnellate la quota di PFU da gestire per ogni 100 tonnellate di pneumatici immessi sul mercato). Viene altresì previsto l’obbligo - in capo a produttori e importatori di pneumatici o loro eventuali forme associate - di utilizzare gli avanzi di gestione derivanti dal contributo ambientale, nei due esercizi successivi, per la riduzione del contributo stesso o per la gestione di PFU.
I commi 424-425, introdotti nel corso dell’esame alla Camera, si propongono di pervenire al superamento delle criticità determinatesi con riferimento alla gestione di pneumatici fuori uso (PFU), dettando disposizioni per la gestione delle giacenze straordinarie di PFU.
Due recenti comunicati di Ecopneus, uno dei principali soggetti collettivi che si occupa della gestione di PFU, hanno annunciato l'effettuazione di raccolte pari a circa 14.000 tonnellate di PFU in più rispetto agli obiettivi minimi fissati dalla normativa (v. infra).
Negli stessi comunicati (datati 1 agosto 2018 e 18 ottobre 2018) si legge che tale raccolta straordinaria si è resa necessaria "per contribuire a ridurre alcune criticità del sistema causa di forti sofferenze per i gommisti" e che "gran parte delle criticità segnalate dagli operatori sono dovute alle vendite irregolari di pneumatici. Si stima siano circa 20-30 mila le tonnellate di pneumatici frutto di transazioni illegali ogni anno … una situazione che le stime traducono in un ammanco di contributi ambientali per 12 milioni di euro ogni anno, che si accompagna a un'evasione IVA stimata in 80 milioni di euro".
Il comma 424, lettera a), al fine di garantire misure idonee a superare la situazione di criticità ambientale e sanitaria creatasi con riferimento ai PFU presenti sul territorio nazionale, incrementa (tramite una modifica all’art. 228 del D.Lgs. 152/2006) del 5,6% la quota di PFU che deve essere obbligatoriamente gestita, ogni anno, da produttori e importatori di pneumatici, singolarmente o in forma associata.
L'art. 228, comma 1, del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell'ambiente) prevede – al fine di garantire il perseguimento di finalità di tutela ambientale secondo le migliori tecniche disponibili, ottimizzando, anche tramite attività di ricerca, sviluppo e formazione, il recupero dei pneumatici fuori uso e per ridurne la formazione anche attraverso la ricostruzione – l'obbligo, per produttori e importatori di pneumatici, di provvedere, singolarmente o in forma associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di PFU pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale.
In attuazione del citato art. 228, con il D.M. Ambiente 82/2011 è stato adottato il regolamento per la gestione dei pneumatici fuori uso (PFU) che, tra l'altro, oltre a ribadire il citato obbligo in capo a produttori e importatori (precisando che essi sono tenuti a raccogliere e gestire annualmente quantità di PFU, di qualsiasi marca, almeno equivalenti alle quantità di pneumatici che hanno immesso nel mercato nazionale del ricambio nell'anno solare precedente), dispone (all'art. 9, comma 4) che "una quantità di pneumatici nuovi pari in peso a cento equivale ad una quantità di PFU pari in peso a novanta, in relazione al minor peso di un PFU, pari in media al dieci per cento in meno rispetto ad un analogo pneumatico nuovo".
In base al combinato disposto delle disposizioni citate, per ogni 100 tonnellate di pneumatici immessi sul mercato (nell'anno solare precedente), i produttori e gli importatori sono tenuti a raccogliere e gestire almeno 90 tonnellate di PFU.
Poiché il comma in esame integra il disposto del comma 1 dell’art. 228 del D.Lgs. 152/2006, prevedendo che un quantitativo di pneumatici nuovi pari in peso a 100 equivale ad un quantitativo di PFU pari in peso a 95, ne consegue che con la disposizione in esame viene in altre parole imposto a produttori e importatori di raccogliere e gestire 5 tonnellate in più all'anno, per ogni 100 tonnellate di pneumatici immessi sul mercato. Poiché l'obbligo attuale impone la gestione di 90 tonnellate, si tratta di un incremento del 5,6%.
Si fa notare che la disposizione in esame sostituisce quella recata dal comma 4 dell'art. 9 del D.M. 82/2011, per cui tale comma viene conseguentemente abrogato dal comma 425.
Il comma 424, lettera b), prevede (tramite una modifica integrativa del comma 3-bis dell’art. 228 del D.Lgs. 152/2006) l’obbligo - in capo a produttori e importatori di pneumatici o loro eventuali forme associate - di utilizzare gli avanzi di gestione derivanti dal contributo ambientale, nei due esercizi successivi, per la riduzione del contributo medesimo o per la gestione di PFU, anche qualora siano stati fatti oggetto di specifico accordo di programma, protocollo d'intesa o accordo comunque denominato.
Una disposizione analoga, ma finalizzata alla gestione degli stock storici esistenti si ritrova nell'art. 3, comma 5, del citato D.M. 82/2011, che impone alle società consortili "di destinare, se esistente, una quota parte non inferiore al trenta per cento dell'avanzo di amministrazione accertato, alla gestione degli stock storici esistenti".
Relativamente al contributo ambientale, si ricorda che l'art. 228, comma 2, del D.Lgs. 152/2006 dispone, tra l'altro, che "in tutte le fasi della commercializzazione dei pneumatici è indicato in fattura il contributo a carico degli utenti finali necessario, anche in relazione alle diverse tipologie di pneumatici, per far fronte agli oneri derivanti dall'obbligo" (posto in capo a produttori e importatori) di gestire i PFU. Detto contributo (ambientale), sempre secondo la medesima disposizione, è "parte integrante del corrispettivo di vendita, è assoggettato ad IVA ed è riportato nelle fatture in modo chiaro e distinto. Il produttore o l'importatore applicano il rispettivo contributo vigente alla data della immissione del pneumatico nel mercato nazionale del ricambio. Il contributo rimane invariato in tutte le successive fasi di commercializzazione del pneumatico con l'obbligo, per ciascun rivenditore, di indicare in modo chiaro e distinto in fattura il contributo pagato all'atto dell'acquisto dello stesso".
Il successivo comma 3-bis dispone che i produttori e gli importatori di pneumatici o le loro eventuali forme associate determinano annualmente l'ammontare del contributo ambientale e lo comunicano, entro il 31 ottobre di ogni anno, al Ministero dell'ambiente che, se necessario, richiede integrazioni e chiarimenti.
Il comma 425, come si è già avuto modo di sottolineare in precedenza, dispone l’abrogazione del comma 4 dell'art. 9 del D.M. 82/2011 dato che le disposizioni da esso dettate sono sostituite da quelle recate dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo in esame.
Articolo 1, commi 426, 427 e 428
(Fondo per sopravvenute esigenze di spese per acquisto di beni e servizi)
I commi 427-428, aggiunti dalla Camera, dispongono l'incremento di 15 milioni di euro del Fondo per sopravvenute esigenze di spese per acquisto di beni e servizi.
Il comma 426 dispone l'incremento di 15 milioni di euro annui, a decorrere dal 2019, del Fondo per sopravvenute esigenze di spese per acquisto di beni e servizi, di cui all’articolo 23, comma 1, della legge n. 289 del 2002, al fine di assicurare il funzionamento delle strutture centrali e periferiche del Ministero dell’interno.
Il comma 427 dispone la confluenza nel medesimo fondo, a decorrere dal 2019, del Fondo per le esigenze correnti di funzionamento dei servizi dell'Amministrazione. Quest'ultimo fu istituito dall'articolo 3, comma 151, della legge n. 350 del 2003 nello stato di previsione del Ministero dell'interno con una dotazione di 100 milioni di euro a decorrere dall'anno 2004.
Il comma 428 autorizza conseguentemente la spesa di 15 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019 per l'attuazione di quanto disposto dal comma 427.
Articolo 1, commi 429-432
(Servizi di pulizia e di mantenimento del decoro nelle scuole)
Il comma 429 – modificato durante l’esame alla Camera – e i commi 430-432 – inseriti durante l’esame alla Camera - incrementano, per il 2019, le risorse da destinare all’acquisto di servizi esternalizzati di pulizia e di mantenimento del decoro nelle istituzioni scolastiche ed educative statali, così da consentirne la prosecuzione fino al 31 dicembre 2019.
Inoltre, dispongono che, dal 1° gennaio 2020, i medesimi servizi sono svolti esclusivamente da personale dipendente appartenente al profilo di collaboratore scolastico. A tal fine, prevedono la stabilizzazione nel profilo di collaboratore scolastico, previo superamento di una procedura selettiva, del personale delle imprese di pulizia assunto a tempo indeterminato, già impegnato nell’erogazione dei medesimi servizi a decorrere dal 1999.
Infine:
- autorizzano una spesa di € 10 mln annui, dal 2020, da destinare all’acquisto dei materiali di pulizia;
- incrementano il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche di € 184 mln nel 2020 e di € 90 mln nel 2021.
A tali fini:
§ si novella l’art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) e si introducono nello stesso i co. da 5-bis a 5-sexies.
L’art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) ha stabilito che, a decorrere dall'a.s. 2013/2014, le istituzioni scolastiche ed educative statali acquistano i servizi esternalizzati per le funzioni corrispondenti a quelle assicurate dai collaboratori scolastici loro occorrenti nel limite della spesa che si sosterrebbe per coprire i posti di collaboratore scolastico accantonati ai sensi dell'art. 4 del DPR 119/2009.
Si ricorda, infatti, che l’art. 4, co. 1, del DPR 119/2009 ha previsto che nelle istituzioni scolastiche in cui i compiti del profilo di collaboratore scolastico sono assicurati, in tutto o in parte, da personale esterno all'amministrazione, è accantonato il 25% dei posti del corrispondente profilo professionale.
In base alla bozza di D.I. relativo alla definizione degli organici ATA per l’a.s. 2018/2019, trasmessa con nota del MIUR prot. 29073 del 22 giugno 2018, si tratta – a seguito del disaccantonamento dei posti destinati alla stabilizzazione degli ex LSU della provincia di Palermo (v. infra) – di 11.552 posti.
§ si novella l’art. 64, co. 1, del D.L. 50/2017 (L. 96/2017), che aveva concesso la possibilità di proseguire l'acquisto dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari con i soggetti già destinatari degli atti contrattuali e degli ordinativi di fornitura fino al 30 giugno 2019;
§ si novella il co. 4 del già citato art. 64 che aveva incrementato il limite di spesa previsto dall’art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 per consentire la prosecuzione dell’acquisto dei servizi esternalizzati di pulizia fino al 30 giugno 2019;
§ si abroga il co. 3 del medesimo art. 64, che aveva previsto che la Consip doveva provvedere all'espletamento delle procedure di gara per l'affidamento dei medesimi servizi mediante convenzione-quadro, da completare entro l'inizio dell'a.s. 2019/2020.
In particolare, quanto alle risorse da destinare all’acquisto dei servizi esternalizzati di pulizia e di mantenimento del decoro nelle scuole, rispetto all’autorizzazione di spesa vigente, si prevede ora – a seguito delle modifiche apportate durante l’esame alla Camera – che l’incremento del limite di spesa di cui all’art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 riguardi solo il 2019 e passi da € 96 mln a € 190 mln (mentre il disegno di legge originario autorizzava anche un incremento di spesa di € 194 mln per il 2020 e di € 100 mln per il 2021). Infatti, parallelamente si dispone che il ricorso ai servizi esternalizzati termini con il 31 dicembre 2019.
La parte rimanente delle risorse stanziate nel testo precedente le modifiche è utilizzata a parziale copertura degli oneri relativi all’acquisto dei materiali di pulizia e all’incremento del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.
Si dispone, inoltre, che, dal 1° gennaio 2020, i posti già accantonati nell’organico dei collaboratori scolastici sono resi disponibili in misura corrispondente al già citato limite e riservati, previo superamento di una procedura selettiva per titoli e colloquio, al personale dipendente a tempo indeterminato delle imprese titolari di contratti per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari, già impegnato nell’erogazione dei predetti servizi presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, senza soluzione di continuità, dalla data di entrata in vigore della L. 124/1999.
Alla procedura selettiva non può partecipare il personale destinatario delle disposizioni di cui all’art. 1, co. 622-627, della L. 205/2017, che aveva inteso stabilizzare i lavoratori titolari di contratti attivati dall'ufficio scolastico provinciale di Palermo a seguito del subentro dello Stato nei compiti degli enti locali (ex art. 8 della L. 124/1999), e prorogati ininterrottamente, per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico[9].
Il personale che supera la selezione è assunto anche a tempo parziale. I rapporti instaurati a tempo parziale non possono essere trasformati in rapporti a tempo pieno o incrementati nel numero delle ore se non in presenza di risorse certe e stabili.
La definizione dei requisiti per la partecipazione alla procedura selettiva, delle relative modalità di svolgimento e dei termini per la presentazione delle domande è demandata a un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca – per la cui emanazione non è indicato un termine –, adottato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per la pubblica amministrazione e il Ministro dell’economia e delle finanze.
Si concretizza, così, quanto previsto con la risoluzione 8-00001, approvata dalle Commissioni riunite VII e XI della Camera il 17 ottobre 2018, con la quale il Governo era stato impegnato ad adottare iniziative per porre fine all'attuale sistema di esternalizzazione dei servizi di pulizia e di vigilanza nelle scuole, nonché ad assumere iniziative per assorbire il personale degli appalti dei servizi di pulizia riconducibili ai lavori socialmente utili e ai cosiddetti «appalti storici» degli enti locali attraverso una procedura concorsuale.
Per quanto concerne l’incremento di € 184 mln nel 2020 e di € 90 mln nel 2021 del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche (art. 1, co. 601, L. 296/2006) – per il quale sono utilizzate parte delle risorse stanziate dal testo originario del disegno di legge di bilancio –, si ricorda che le relative risorse sono allocate sui capp. 1195, 1196, 1204, 1194 e 2394 dello stato di previsione del MIUR e sono pari, per il 2019, a € 934,2 mln.
Al riguardo, nella Nota 24 gennaio 2007, prot. 1306, il Ministro della pubblica istruzione aveva specificato che nel Fondo citato affluivano le risorse per: il funzionamento amministrativo didattico; le funzioni connesse al subentro nei contratti per le pulizie delle scuole stipulati dagli enti locali (cosiddetti appalti storici); la stabilizzazione dei lavoratori utilizzati in lavori socialmente utili – ex LSU – in servizio presso le istituzioni scolastiche; la sperimentazione didattica e metodologica nelle classi con alunni disabili.
Preliminarmente, si ricorda che l’art. 8 della L. 124/1999 ha disposto il trasferimento alle dipendenze dello Stato del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) già dipendente degli enti locali in servizio alla data di entrata in vigore della legge (25 maggio 1999) negli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado.
Alla disposizione è stata data attuazione con il D.I. 23 luglio 1999.
In particolare, la premessa del D.I. considerava:
§ che gli enti locali provvedevano al reclutamento di personale a tempo determinato (supplenti) che, pur non transitando nei ruoli statali, costituiva uno degli elementi necessari ad assicurare il servizio, il cui onere andava dunque assunto dallo Stato per effetto dell’art. 8 della L. 124/1999;
§ che in alcune realtà gli enti locali avevano assunto l'onere di fornitura di personale ATA alle scuole mediante la stipula di contratti di appalto;
§ che, conseguentemente, lo Stato, al fine di assicurare il servizio nelle scuole, doveva subentrare anche nelle funzioni precedentemente indicate (supplenti e contratti).
Per quanto qui maggiormente interessa, l’art. 9 del D.I. ha disposto il subentro dello Stato nei contratti stipulati dagli enti locali alla data del 24 maggio 1999, ed eventualmente rinnovati in data successiva, per la parte con la quale erano state assicurate le funzioni ATA per le scuole statali, in luogo dell'assunzione di personale dipendente.
Ha, altresì, disposto che, ferma restando la prosecuzione delle attività da parte di soggetti esterni impegnati in progetti LSU e LPU in corso ai sensi delle leggi vigenti, lo Stato subentrava nelle convenzioni stipulate dagli enti locali con i soggetti imprenditoriali, comprese le cooperative, per la stabilizzazione di quei progetti per lavori socialmente utili e/o lavori di pubblica utilità che erano in atto nelle istituzioni scolastiche statali prima del 25 maggio 1999, anche se rinnovati successivamente, per lo svolgimento di funzioni ATA demandate per legge all'ente locale in sostituzione dello Stato.
In seguito, l’art. 1, co. 449, della L. 296/2006 ha disposto che tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie, sono tenute ad approvvigionarsi di beni e servizi utilizzando le convenzioni-quadro Consip.
Sulla base di tali previsioni, l’11 luglio 2012 Consip ha indetto una gara comunitaria avente ad oggetto, per quanto qui interessa, l’affidamento dei servizi in parola, suddivisa in 13 lotti geografici.
Successivamente, con provvedimento 25802 del 22 dicembre 2015 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha dichiarato l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza tra taluni fornitori di servizi di pulizia e attività ausiliarie che avevano assunto la qualità di aggiudicatari nell’ambito delle procedure riferite a taluni lotti geografici. Conseguentemente, ha disposto l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie.
I provvedimenti adottati dell’AGCM sono stati confermati in sede giurisdizionale prima dal TAR Lazio con sentenze nn. 10303/2016, 10307/2016 e 10309/2016, e poi dal Consiglio di Stato con sentenze nn. 740/2017, 927/2017 e 928/2017.
In conseguenza dei provvedimenti adottati e delle sentenze del TAR Lazio, la Consip il 2 dicembre 2016 ha proceduto alla risoluzione delle convenzioni relative ad alcuni lotti geografici.
Ancora in seguito, l’art. 64 del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 687, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) – ha disposto che, al fine di consentire la regolare conclusione delle attività didattiche fino alla fine dell'a.s. 2018/2019, nelle regioni in cui la convenzione quadro Consip era stata risolta prima del 24 aprile 2017 (data di entrata in vigore del D.L. 50/2017) o non era mai stata attivata, ovvero nelle regioni dove erano scaduti i relativi contratti attuativi, l'acquisizione dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari, nonché degli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità delle scuole, da parte delle medesime, proseguiva, con piena salvaguardia dei livelli occupazionali e salariali esistenti, con i soggetti già destinatari degli atti contrattuali e degli ordinativi di fornitura, con termine non oltre il 30 giugno 2019.
Ha, altresì, previsto che la Consip doveva provvedere all'espletamento delle procedure di gara per l'affidamento dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari mediante convenzione-quadro, da completare entro l'inizio dell'a.s. 2019/2020, prevedendo una suddivisione in lotti per aree geografiche.
Infine, ha disposto che l'acquisizione dei servizi in questione fino al 30 giugno 2019 avviene nei limiti di spesa previsti dall'art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013, incrementati dell'importo di € 64 mln per il 2017, € 192 mln per il 2018 ed € 96 mln per il 2019.
Articolo 1, comma 433
(Fondo contenzioso enti locali)
Il comma dispone l'istituzione di un fondo di 20 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, per fronteggiare gli oneri che derivano dai contenziosi relativi all’attribuzione di pregressi contributi erariali, conseguenti alla soppressione o alla rimodulazione di imposte locali.
Si tratta di contenziosi riguardanti l’applicazione dell’Ici agli immobili accatastati nella categoria D (opifici), a seguito - secondo quanto appreso per le vie brevi - del passaggio dal valore contabile alla rendita catastale quale base imponibile del tributo, che ha comportato la necessità di disporre trasferimenti erariali a compensazione della conseguente perdita di gettito.
Il fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno e può essere incrementato con le risorse che si rendono disponibili per effetto di assegnazioni a qualunque titolo spettanti agli enti locali, corrisposte annualmente dal Ministero dell’interno.
Il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’interno, è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni compensative di bilancio.
Articolo 1, comma 434
(Soppressione dell’incremento di fondi disposto
con il decreto n. 119 del 2018)
Il comma 434 sopprime gli incrementi del Fondo per la riduzione della pressione fiscale e del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari, alimentati dagli effetti migliorativi derivanti dal decreto-legge n. 119 del 2018 (articolo 26, commi 1 e 2), recante interventi urgenti in materia fiscale e finanziaria (cd. decreto fiscale, attualmente all’esame del Parlamento per la conversione in legge). Tali risorse vengono destinate al raggiungimento degli obiettivi della presente legge.
Con riferimento al Fondo per la riduzione della pressione fiscale (incrementato dall’articolo 26, comma 1 del decreto-legge n. 119 del 2018) gli incrementi soppressi ammontano ad un totale di 15.100,215 milioni di euro, distribuiti negli anni dal 2019 al 2027, e a 1.648,735 milioni di euro annui a decorrere dal 2028. In particolare, l’incremento soppresso è pari a 390 milioni di euro per il 2019, a 1.639 milioni di euro per il 2020 e a 2.472 milioni di euro per il 2021.
Con riferimento al Fondo per la compensazione degli effetti finanziari (incrementato dall’articolo 26, comma 1 del decreto-legge n. 119 del 2018) gli incrementi soppressi ammontano ad un totale di 3.800 milioni di euro, distribuiti negli anni dal 2020 al 2023. In particolare, l’incremento soppresso è pari a 700 milioni di euro per il 2020 e a 900 milioni di euro per il 2021.
Secondo quanto emerge dalla relazione tecnica, le predette risorse vengono dunque destinate al raggiungimento degli obiettivi della presente legge.
Per ulteriori informazioni, si rinvia al dossier predisposto per l’esame del decreto-legge n. 119 del 2018.
Si ricorda che il Fondo per la riduzione della pressione fiscale è stato istituito dalla legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, art. 1, commi 431-435), utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché le risorse che si stima di incassare, in sede di Documento di economia e finanze, a titolo di maggiori entrate, rispetto alle previsioni di bilancio, dalle attività di contrasto all'evasione fiscale.
I commi in questione sono stati poi modificati dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017; art. 1, commi 1069-1070) rendendo così più flessibile l'utilizzo del Fondo (modificando i requisiti di contabilizzazione richiesti per assegnare ad esso le maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione) e riducendone gli appostamenti per gli anni 2018-2021.
Per quanto concerne il secondo dei Fondi menzionati, esso è stato istituito dall'art. 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008 per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.
Articolo 1, commi 435-436
(Misure di razionalizzazione della spesa per la gestione
dei centri per l’immigrazione)
Queste disposizioni demandano al Ministero dell'interno di provvedere sia alla razionalizzazione della spesa per la gestione dei centri per l’immigrazione (tenuto conto della contrazione del fenomeno migratorio) sia alla riduzione del costo giornaliero di accoglienza dei migranti.
E dispongono che dalla realizzazione di tali interventi - previa estinzione dei debiti pregressi - debbano derivare risparmi almeno pari a: 400 milioni di euro per il 2019; 550 milioni di euro per il 2020; 650 milioni di euro a decorrere dal 2021.
Il comma 435 prescrive una razionalizzazione di spesa da parte del Ministero dell'interno.
La norma specifica che la razionalizzazione debba coinvolgere la gestione dei centri per l’immigrazione, in conseguenza, si legge nella disposizione, della contrazione del fenomeno migratorio.
Come ricordato dalla Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione sul Rendiconto generale dello Stato 2017, il sistema dell'accoglienza coinvolge sia le Amministrazioni centrali (principalmente il Ministero dell'interno) sia quelle locali, anche se la maggior parte della spesa grava sul bilancio statale che poi trasferisce i fondi agli enti territoriali.
Nell'apposito approfondimento del giudizio dedicato alla "spesa per l'immigrazione" (volume I), la Corte ha rilevato che la spesa imputabile alla gestione dell'immigrazione (relativa alla missione 27 del Bilancio dello Stato, intitolata “Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti” e comprendente gran parte della spesa per la gestione del fenomeno migratorio) si è attestata, per il 2017, a 3,3 miliardi di euro.
La Corte ha evidenziato un incremento "piuttosto rilevante" a decorrere dal 2014, pari a circa 2,3 miliardi (pag. 126).
Ancora il medesimo comma prevede, al contempo, interventi per "la riduzione del costo giornaliero per l'accoglienza dei migranti".
Con riferimento alla prima accoglienza, sono disponibili i dati raccolti dalla Corte dei conti nella Relazione sulla "prima accoglienza" degli immigrati per il triennio 2013/2016 (Deliberazione 7 marzo 2018, n. 3/2018/G): la maggior parte delle regioni, per l'annualità 2015, ha registrato costi da ricomprendersi in un range giornaliero oscillante tra i 30 e i 35 euro pro capite.
In tale sede la Corte dei conti ha formulato la raccomandazione ad "evitare di riconoscere un 'diritto di permanenza indistinto' a tutti coloro che sbarcano e, quindi, ammettere un'accoglienza di molti mesi (se non anni) durante i quali i migranti, non avendone titolo, vengono di fatto inseriti anche nei c.d. percorsi di formazione professionale finalizzati all'integrazione, con oneri finanziari gravosi a carico dello del bilancio dello Stato" (p. 63).
Da tale raccomandazione muove la direttiva del Ministro dell'interno indirizzata ai Prefetti in data 23 luglio 2018.
La direttiva ha ad oggetto indirizzi per la rivisitazione dei servizi di accoglienza per richiedenti asilo, tra cui:
§ l'individuazione dei servizi prestazionali per gli ospiti delle strutture di prima accoglienza, in coerenza con le dimensioni e le tipologie di struttura (individuali o collettive), definendone il valore di riferimento;
§ l'inclusione, nei servizi di base di accoglienza comuni, oltre all’alloggio e al vitto, della cura dell’igiene, dell’assistenza generica alla persona (mediazione linguistico-culturale, informazione normativa), della tutela sanitaria e di un sussidio per le spese giornaliere;
§ l’esigenza di porre particolare attenzione alla determinazione delle basi d’asta dei servizi, da individuare sulla scorta dei prezzi standard di riferimento stabiliti da centrali di committenza, ovvero indicati dall’ANAC nelle proprie delibere, con valenza regolatoria finalizzata al risparmio della spesa.
Sempre in data 23 luglio è stato sottoscritto l'Accordo di collaborazione istituzionale tra il Ministero dell'interno e l'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) per favorire migliori pratiche negli affidamenti per la fornitura dei beni e dei servizi nel settore dell'accoglienza ai migranti.
Per quanto concerne, infine, la riduzione del fenomeno migratorio (comma 2), si riportano alcuni dati reperibili sul sito del Ministero dell'interno (elaborati a cura del Dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione): dal 1° gennaio al 5 novembre 2018 risulta sbarcato un numero di migranti inferiore dell'86,19 per cento rispetto a quelli sbarcati nello stesso periodo dell'anno 2016 e inferiore dell'80,55 per cento rispetto a quelli sbarcati nello stesso periodo del 2017[10].
La razionalizzazione sopra ricordata deve determinare risparmi connessi alla "attivazione, locazione e gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri irregolari".
Ancora il comma 435 dispone che dalla realizzazione di tale insieme di interventi - previa estinzione dei debiti pregressi - debbano derivare risparmi almeno pari a: 400 milioni di euro per il 2019; 550 milioni di euro per il 2020; 650 milioni di euro a decorrere dal 2021.
Eventuali risparmi realizzati in eccesso rispetto alle predette soglie, e annualmente accertati con decreto interministeriale da adottare entro il 30 settembre di ciascun anno, sono destinati alle esigenze di funzionamento del Ministero dell'interno.
Per essi si prevede l'istituzione di un apposito fondo nel programma "Servizi e affari generali per le amministrazioni di competenza" della missione "Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche" del Ministero medesimo.
Il comma 436 dispone, infine, che le somme accertate ai sensi del comma 2 e iscritte sul fondo siano ripartite tra i capitoli di funzionamento del Ministero dell'interno, con decreto del Ministro medesimo, previo assenso del Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato-Ispettorato generale del bilancio.
Articolo 1, commi 437 e 438
(Consip)
Il comma 437 dispone la riduzione della dotazione finanziaria per l'attività svolta da Consip S.p.a. nell'ambito degli acquisti di beni e servizi informatici e di connettività. Il comma 438 affida all'Avvocatura generale dello Stato il patrocinio legale di Consip S.p.a..
In particolare, la dotazione finanziaria ? prevista dall'articolo 1, comma 514-bis, della legge di stabilità 2016, per sostenere l'attività svolta da Consip S.p.A. a supporto dell'acquisizione di beni e servizi informatici e di connettività del Programma di razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione ? è ridotta da 7 a 4,3 milioni di euro a decorrere dal 2019 (comma 437).
Quanto al comma 438, che affida all'Avvocatura generale dello Stato il patrocinio legale di Consip S.p.a., la relazione tecnica specifica che il costo sostenuto annualmente da Consip S.p.A. per la rappresentanza legale in giudizio nelle cause relative alle gare da essa svolte in attuazione del Programma di razionalizzazione degli acquisti, anche rivolgendosi a professionisti esterni, ammonta a oltre di 2 milioni di euro, successivamente rimborsati dal MEF. Il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato consentirebbe, secondo la relazione tecnica, risparmi di spesa corrente per 1 milione di euro nel 2019 e per 2 milioni a decorrere dal 2020.
Articolo 1, commi 439-442
(Soppressione delle riduzioni tariffarie e dei contributi
per le imprese editrici e radiotelevisive)
I commi 439-442 sopprimono, a partire dal 1° gennaio 2020, le agevolazioni tariffarie per la telefonia e le connessioni dati per le imprese editrici e radiotelevisive, con un risparmio netto, previsto dalla Relazione tecnica che accompagna il disegno di legge presentato alla Camera dei deputati di 28,252 milioni € euro.
I commi da 439 a 441 dispongono in particolare l’abrogazione delle norme che attualmente prevedono le agevolazioni tariffarie per le spese di telefonia, di connessione dati per le imprese editoriali e di comunicazione.
Di seguito sono illustrate in dettaglio gli interventi disposti, a decorrere dal 1° gennaio 2020.
Il comma 439 sopprime le agevolazioni tariffarie previste dalle seguenti norme:
§ articolo 28, commi da uno a tre (rectius: dal primo al terzo), della legge n. 416/1981, che prevede la riduzione del 50 per cento delle tariffe telefoniche fatturate dai gestori dei servizi telefonici, ivi compresa la cessione in uso di circuiti telefonici e a banda larga per le imprese editrici;
§ articolo 11 della legge n. 67/1987 e dall’articolo 8, della legge n. 250/1990, che attribuiscono lo stesso beneficio anche alle imprese di radiodiffusione sonora che presentino specifici requisiti;
§ articolo 23, comma 3, della legge n. 223/1990 che ha esteso i medesimi benefici ai concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale.
Nell’art. 11 della legge n. 67/1987 è ricompresa anche la riduzione dei costi sulle bollette elettriche e sui canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione (art. 11, co. 1 lett a), nonché il rimborso del 60 per cento delle spese per l'abbonamento ai servizi di un certo numero di agenzie di informazione (art. 11, co. 1 lett b).
Su tali disposizioni è però intervenuto il decreto-legge n. 194 del 2009 che ha soppresso, a decorrere dal 2009, i contributi previsti sia dall'articolo 11 della legge n. 67 del 1987, sia dall'articolo 8 della legge n. 250 del 1990, sia dall'articolo 23 della legge n. 223 del 1990, assegnati alle radio e alle televisioni locali, facendo salvi quelli relativi agli sconti sulla telefonia ed erogati dal Ministero dello sviluppo economico.
Il D.P.R. 223 del 2010 (Regolamento di riordino dei contributi all’editoria) prevede che i contributi previsti dagli articoli 4 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 250, dall'articolo 11 della legge 25 febbraio 1987, n. 67, dall'articolo 23 della legge 6 agosto 1990, n. 223, per le emittenti radiofoniche e televisive, non possono comunque eccedere, per ogni singola impresa, l'importo di 4 milioni di euro, mentre l'articolo 2, comma 35, della legge n. 549 del 1995 ha previsto che l'assegnazione di tali contributi sia subordinata al regolare versamento per tutti i dipendenti dei contributi di legge ai rispettivi competenti enti previdenziali.
Il comma 440 dispone l’abrogazione dei commi dal primo al quarto dell’articolo 28 della legge n. 416/1981, già oggetto di intervento, per quanto riguarda i primi tre commi, da parte del precedente comma, mentre il quarto comma dell’art. 28, di cui si dispone l’abrogazione, prevede che le riduzioni tariffarie previste dal primo al terzo comma si applichino con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello della richiesta.
Il comma 441 dispone l’abrogazione:
§ dell’articolo 11, comma 1, lettera a), della legge n. 67/1987, che ha esteso alle imprese di radiodiffusione sonora le riduzioni tariffarie di cui all'art. 28, L. n. 416/1981 (e prevedeva anche che tali riduzioni fossero applicate anche ai consumi di energia elettrica, ai canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione di qualsiasi tipo, ivi compresi i sistemi via satellite);
§ dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge n. 250/1990, che ha esteso alle radio locali, con determinati requisiti, le riduzioni tariffarie dell’art. 28 della legge n. 416/1981 (e ne prevedeva l’applicazione anche ai consumi di energia elettrica);
§ del riferimento all’art. 28 della legge 416/1981 contenuto nell’articolo 23, comma 3, della legge n. 223/1990, che prevede che le agevolazioni di cui agli articoli 28, 29 e 30 si applichino alle radiotelevisioni locali con determinate caratteristiche.
Si fa presente che gli articoli 29 e 30 della legge n. 416 del 1981 (concernenti il finanziamento agevolato di programmi di imprese editoriali e i finanziamenti per ristrutturazione economico produttiva delle imprese editoriali) sono stati abrogati dall’articolo 21, comma 2, della legge n. 62 del 2001. Il fondo per i contributi in conto interessi attribuiti ai sensi delle citate disposizioni è mantenuto fino al completamento della corresponsione dei contributi per le concessioni già effettuate.
Dall’abrogazione delle citate disposizioni consegue, a decorrere dal 2020, un risparmio di 28.252.000 allocate sul capitolo 1501.
Per quanto riguarda la platea dei soggetti beneficiari richiamata nelle varie disposizioni che prevedono le agevolazioni, i soggetti destinatari dei contributi sono:
§ le imprese di radiodiffusione sonora, registrate presso il competente tribunale, che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, culturali, religiosi, economici, letterari, sindacali per non meno del 25% delle ore di trasmissione comprese tra le 7 e le 20 (imprese radiofoniche di informazione di cui all'articolo 11 della legge n. 87 del 1987).
§ le imprese di radiodiffusione sonora che dedichino alla citata programmazione il 15 per cento delle ore comprese tra le 7 e le 20 (imprese radiofoniche di cui all'articolo 8 della legge n. 250 del 1990).
§ le imprese di radiodiffusione televisiva in ambito locale, registrate presso il competente tribunale, che trasmettano quotidianamente tra le ore 7 e le ore 23, per almeno un'ora, prodotti informativi autoprodotti.
Si segnala peraltro che le disposizioni dei commi 440 e 441 non risultano coordinate con quelle del comma 439 dello stesso articolo, in quanto, mentre con i commi 440 e 441 si dispone l’abrogazione di diversi articoli di legge concernenti agevolazioni tariffarie, con il comma 439 si prevede la soppressione delle agevolazioni tariffarie previste dalle medesime disposizioni di legge, peraltro con la stessa decorrenza (dal 1° gennaio 2020).
Nella tabella sono riassunte le abrogazioni di norme e le soppressioni di agevolazioni che sono disposte dai commi 439-441:
|
Comma 439 (soppressione di agevolazioni) |
Comma 440 |
Comma 441 |
L. n. 416/1981 |
Art. 28, commi da 1 a 3 |
Art. 28, commi da 1 a 4 |
|
L. n. 67/1987 |
Art. 11 |
- |
Art. 11, co. 1, lett. a) |
L. n. 250/1990 |
Art. 8 |
- |
articolo 8, comma 1, lettera a), |
L. n. 223/1990 |
Art. 23, co. 3 |
- |
modifica l’art. 23, co. 3 |
Il comma 442, prevede, di conseguenza, l’abrogazione del comma 5 dell’art. 1 della legge n. 198/2016, che ha disposto l’emanazione di un regolamento di delegificazione per istituire e disciplinare un contributo per le spese sostenute per l'utilizzo di servizi di telefonia e di connessione dati, sostitutivo delle vigenti agevolazioni tariffarie riconosciute alle imprese editrici e radiotelevisive (agevolazioni che la presente disciplina intende superare).
La previsione di un regolamento istitutivo del contributo suddetto si colloca nel contesto dell’istituzione del nuovo Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, destinato anche al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, istituito a partire dal 2016 dall’art. 1, della legge n. 198/2016. L’istituzione di tale contributo non è peraltro mai avvenuta in quanto non è stato mai emanato il citato regolamento di delegificazione, sostitutivo dell'insieme delle riduzioni tariffarie riconosciute alle imprese editrici, imprese di radiodiffusione sonora, anche a carattere locale delle quali si dispone ora l’abrogazione.
Si ricorda che il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con D.P.C.M. Con il D.P.R. n. 146 del 2017 è stato emanato il regolamento sui criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e sulle procedure di erogazione delle risorse del nuovo Fondo. Per gli anni successivi, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 26 ottobre 2016, n. 198, la quota delle risorse viene assegnata al Ministero dello sviluppo economico, ma il Fondo è stato trasferito al Ministero dell'economia e delle finanze dall’art. 10, co. 1 della legge 198/2016.
Articolo 1, comma 443
(Corrispettivo in favore di Consip)
Il comma 443 dispone la riduzione del corrispettivo riconosciuto a Consip S.p.a. per lo svolgimento delle attività precedentemente esercitate dalla società SICOT S.r.l..
A seguito della fusione per incorporazione di SICOT - Sistemi di consulenza per il Tesoro S.r.l. in Consip S.p.A., disposta dall'articolo 1, comma 330, della legge di stabilità 2014, le attività precedentemente esercitate da SICOT S.r.l. sono state svolte, sulla base di una convenzione con il MEF, da Consip S.p.a.. Il comma in esame stabilisce un limite di spesa pari a 1 milione di euro, oltre IVA, per il corrispettivo riconosciuto dal MEF in forza di tale convenzione. La relazione tecnica stima un conseguente risparmio di spesa corrente pari a 550.000 euro a decorrere dal 2020.
Si valuti l'opportunità di esplicitare nella disposizione che il limite di spesa per il corrispettivo si intende riferito a ciascun anno.
Il comma in esame precisa inoltre che il corrispettivo dovrà essere dedicato esclusivamente alla copertura degli oneri connessi alla retribuzione lorda delle risorse umane allocate da Consip S.p.a. sulle linee di attività disciplinate dal rapporto convenzionale con il MEF.
Il limite di spesa si applica a decorrere dal primo rinnovo della convenzione successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.
Articolo1, comma 444
(Oneri in capo alle società emittenti)
Il comma 444 pone a carico delle società emittenti gli oneri per la gestione accentrata presso Monte Titoli S.p.A. degli strumenti finanziari di proprietà del MEF.
La relazione tecnica stima che da tale misura derivi un risparmio di spesa corrente pari a 152.632 euro annui a decorrere dal 2019.
Articolo 1, comma 445
(Interventi nei settori industriali ad alta tecnologia)
Il comma 445 eleva da € 5 mln a € 8 mln il limite della riassegnazione in spesa (già previsto a legislazione vigente) delle risorse finanziarie derivanti dalle restituzioni dei finanziamenti da parte di alcune imprese a decorrere dal 2019, consentendo la riassegnazione solo della parte eccedente.
La suddetta previsione - che novella l'art. 1, co. 30, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), già modificato dall'art. 1, co. 695, L. 205/2017 (legge di bilancio 2018) - opera in materia di partecipazione di imprese nazionali a programmi industriali aeronautici in collaborazione internazionale, consentendo la riassegnazione solo per la parte eccedente.
Si tratta di somme derivanti dalle restituzioni dei finanziamenti a tasso zero - secondo un piano di ammortamento - da parte delle imprese che ne furono beneficiarie, una volta concluso l'iter delle erogazioni della legge n. 808/1985 (15 anni mediamente). Secondo la relazione governativa, "ciò determina un miglioramento dei saldi di finanza pubblica per l’incremento di tre milioni di euro previsti. I dati degli incassi degli ultimi anni (2015 pari ad euro 23.120.885, 2016 pari ad euro 24.727.720, 2017 pari a euro 79.126.700 e 2018, dati al 30/09/2018, pari ad euro 120.673.513) dimostrano che il volume delle entrate è costantemente superiore a quanto si prevede di non riassegnare".
Si rammenta che, per le somme in restituzione, la citata legge di stabilità per il 2014 prevedeva il relativo versamento all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, agli appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per le medesime finalità di cui alla citata legge 24 dicembre 1985, n. 808, ad eccezione del finanziamento del programma F-35 Lightning II-JSF (Joint Strike Fighter).
Articolo 1, comma 446
(Riduzione dei versamenti alla CSEA)
La norma limita al 31 dicembre 2018 la previsione secondo la quale quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’estensione della platea dei contribuenti assoggettati alla cd. “Robin Hood tax” è destinata alla riduzione della componente A2 della tariffa elettrica deliberata dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente - ARERA.
Contestualmente, dispone che dal 1° gennaio 2019 la predetta somma sia acquisita all’entrata del bilancio statale, a miglioramento dei saldi di finanza pubblica.
L’articolo 5, comma 2 del D.L. n. 69/2013 ha disposto che le maggiori entrate derivanti dall'estensione della platea dei contribuenti soggetti alla cosiddetta "Robin Hood Tax" – estensione disposta dall’art. 5, comma 1 del medesimo D.L.[11] - siano destinate, al netto di quelle necessarie alla copertura finanziaria di quota parte degli oneri recati dal D.L. stesso, alla riduzione della componente A2 della tariffa elettrica deliberata dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas – ora ARERA - sulla base delle modalità individuate con decreto ministeriale. Il D.M. 31 dicembre 2015, in attuazione di quanto previsto dalla norma, ha disposto che entro il 31 marzo di ciascun anno il MISE versi alla Cassa per i servizi energetici e ambientali CSEA (già Cassa conguaglio per il settore elettrico) - le risorse annualmente disponibili di cui all'articolo 5, comma 2 e, con propria delibera, ridetermini, conseguentemente, il valore della componente tariffaria A2 in occasione del primo aggiornamento tariffario trimestrale utile, in misura tale da assicurare una riduzione complessiva di importo corrispondente alla somma versata.
Si ricorda in questa sede che la componente A2 della tariffa elettrica – dal 1° gennaio 2018, componente A2RIM – copre gli oneri connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare e alle attività connesse e conseguenti[12].
Per una analisi più approfondita degli oneri generali del sistema elettrico gravanti sulla bolletta dell’elettricità, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.
Con riferimento alla previsione contenuta nell’articolo 5, comma 2 del D.L. n. 69/2013, va rilevato che, con la sentenza n. 10 del 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'"addizionale" dell'imposta sui redditi delle società (IRES) prevista dall'art. 81, commi 16, 17 e 18, del D.L. n. 112 del 2008 e successive modificazioni. Tra le "successive modificazioni" al citato art. 81, dichiarate illegittime, ha affermato la stessa Corte Costituzionale nella successiva sentenza n. 131/2015, è compresa la disposizione dell'art. 5, comma 1, del D.L. n. 69 del 2013, che abbassa le soglie di ricavi e di reddito imponibile previsti ai fini dell'assoggettamento alla predetta "addizionale". Tali maggiori entrate rientrano tra quelle che gli artt. 5, comma 2, e 61, comma 1, alinea e lettera a), dello stesso D.L. riservano allo Stato per specifiche destinazioni (rispettivamente, abbassamento degli oneri gravanti in bolletta relativi alla componente A2 e copertura finanziaria di quota parte degli oneri generati dalle misure contenute nel medesimo D.L.).
La sentenza n. 10 del 2015 ha espressamente stabilito che gli effetti della norma dichiarata illegittima cessino solo dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica (intervenuta l'11 febbraio 2015), sicché, per le ragioni specificate nella decisione medesima, la declaratoria di illegittimità costituzionale non ha prodotto effetti retroattivi.
Posta tale regolazione degli effetti temporali della dichiarazione di illegittimità del citato art. 5, comma 1, si sono in tal modo consolidati effetti sulla base degli atti impositivi pregressi e della conseguente legittima riscossione dei relativi tributi sino al giorno della pubblicazione della sentenza della Corte sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
La relazione tecnica afferma che la riduzione della componente A2 della tariffa elettrica prevista dall’articolo 5, comma 2, del D.L. n. 69/2013, in combinato disposto con l’articolo 61 del medesimo D.L., è pari a 15,1 milioni di euro ed è iscritta sul capitolo di spesa del MISE n. 3602. Pertanto, dal 1° gennaio 2019 la predetta somma è acquisita all’erario determinando, di conseguenza, un miglioramento dei saldi di finanza pubblica per il medesimo importo.
Si osserva che la disposizione qui in esame dispone in materia di entrate relative ad una imposta la cui normativa istitutiva è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 10/2015.
Articolo 1, comma 447
(Fondo efficienza giustizia - riqualificazioni)
Il comma 447 ridetermina l’autorizzazione di spesa destinata a sostenere il processo di riqualificazione del personale dell’amministrazione giudiziaria, tenendo conto dell’attuazione progressiva di tale processo; prevede, inoltre, che il Ministero della Giustizia debba tempestivamente comunicare alla Presidenza del consiglio le unità di personale riqualificate e la relativa spesa a regime.
In particolare, il comma 447 interviene sull’autorizzazione di spesa prevista dal comma 5 dell’art. 21-quater del decreto-legge n. 83 del 2015, che ha previsto la riqualificazione di specifico personale dell'amministrazione giudiziaria, con risorse a valere sul fondo per l’efficientamento del sistema giudiziario (art. 1, comma 96, della legge n. 190 del 2014).
Ill decreto-legge – in attuazione di provvedimenti giudiziari in cui il Ministero della giustizia era risultato soccombente e per definire contenziosi in corso - ha consentito l'attivazione di procedure di selezione interna, riservate ai dipendenti in servizio al 14 novembre 2009, per l'attribuzione di funzioni superiori (di funzionario giudiziario e funzionario UNEP dell'area terza). Lo stesso decreto-legge ha consentito di riqualificare un numero di unità, da un’area all’altra, in misura equivalente al numero di accessi dall’esterno per nuove assunzioni o per procedure di mobilità extra comparto, nel rispetto delle previsioni del C.C.N.L. comparto ministeri.
Tale disposizione autorizza, a decorrere dal 2016, una spesa nel limite di 25,79 milioni di euro, che vengono prelevati dal fondo per l’efficientamento del sistema giudiziario.
Il disegno di legge di bilancio ridetermina tali risorse nei seguenti termini:
§ 25,79 milioni per gli esercizi 2016, 2017 e 2018;
§ 19,95 milioni per il 2019;
§ 19,90 milioni per il 2020;
§ 19,61 milioni per il 2021;
§ 19,59 milioni per il 2022;
§ 24,99 milioni a decorrere dal 2023.
La Relazione tecnica chiarisce che l’originaria autorizzazione per 25,79 milioni di euro è stata parametrata sulla base dei differenziali stipendiali tra la II° e la III° area, tenendo conto dell’intera platea di possibili beneficiari della riqualificazione, ammontanti complessivamente a 7.035 unità di personale.
Ad oggi, però, le unità di personale riqualificate ammontano a 1.808. Rimangono da riqualificare 4.576 unità.
La riduzione della spesa è motivata con l’andamento negli anni del processo di riqualificazione del personale e con il nuovo calcolo dell’onere complessivo necessario a riqualificazione completata, che viene individuato in 24,99 milioni di euro (in luogo degli attuali 25,79).
Conseguentemente, la Relazione tecnica qualifica come risparmi (con effetti equivalenti su tutti i saldi di finanza pubblica) i minori importi prelevati dal fondo per l’efficientamento del sistema giudiziario.
Inoltre, con l’inserimento all’art. 21-quater del comma 5-bis, il disegno di legge prevede che il Ministero della giustizia debba comunicare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze, entro 30 giorni dall’assunzione, le unità di personale effettivamente reclutate ai sensi del comma 1 dell’articolo 21-quater del decreto-legge n. 83/2015 e la relativa spesa a regime.
Articolo 1, comma 448
(Riduzione del contributo alle Nazioni Unite)
La disposizione prevede una riduzione del contributo italiano all’ONU, pari a 35.4 mln. di euro per il 2019 e a 32,4 mln. di euro a decorrere dal 2020. È altresì previsto che il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale intervenga, anche sul piano internazionale, per negoziare un adeguamento delle chiavi di contribuzione dell’Italia alle organizzazioni internazionali delle quali è parte.
La norma riduce il contributo italiano alle spese delle Nazioni Unite di cui alla legge n. 848 del 1957[13] nella misura di 35,4 mln. di euro per il 2019 e di 32,4 mln. di euro a decorrere dal 2020 sullo stanziamento di cui al cap. 3393, “Contributi ad organismi internazionali”, dello stato di previsione del MAECI, che passa nel 2019 da 434 a 398,7 mln. e da 434 mln. a 401,7 mln. a partire dal 2020.
Si ricorda che su tale capitolo sono allocate le risorse per l’erogazione dei contributi alle Nazioni Unite (cfr. infra) e per altre organizzazioni internazionali come l’OSCE ed il Consiglio d’Europa.
La norma dispone altresì che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale intervenga per rinegoziare i termini dell’accordo internazionale concernente la determinazione dei contributi alle organizzazioni internazionali di cui l’Italia è parte.
L’attuale sistema di finanziamento delle Nazioni Unite si articola in un primo bilancio, a carattere ordinario, finalizzato a coprire le spese per il personale e il funzionamento dei principali organi dell’ONU. Esso è finanziato tramite contributi obbligatori che vengono stabiliti dall’Assemblea Generale: l’obbligo per ciascuno Stato membro di sostenere una quota percentuale delle spese dell’ONU, come individuata dall’Assemblea Generale, si fonda sulle disposizioni dell’articolo 17, par. 2 della Carta delle Nazioni Unite.
La quota dovuta è stabilita ogni tre anni da un apposito organismo tecnico, il Committee on Contributions, sulla base di dati affidabili, verificabili e comparabili quali, ad esempio, le stime del reddito nazionale lordo, i tassi di cambio, il peso del debito.
La scala della ripartizione delle quote percentuali si distribuisce in una forbice che va dal minimo dello 0,001% al massimo del 22% del totale delle spese.
Per il triennio 2016-2018 la scale of assessment assegna all’Italia l’onere di contribuire nella misura del 3,7% alle spese delle Nazioni Unite.
Nel triennio precedente (2013-2015) il contributo italiano era stato del 4,4%.
Con riferimento al 2018, l’applicazione della quota del 3,7% al totale delle spese ONU, pari a 2,5 mln. di dollari, si è tradotta in un contributo di 91,1 mln. di dollari, pari a 80,2 mln. di euro, che alla data del 30 aprile 2018 risultava interamente versato.
Nel 2017 il contributo italiano, calcolato in applicazione della medesima quota del 3,7%, era stato di 94,5 mln. di dollari USA su un totale delle spese delle Nazioni Unite di 2,6 mld. di dollari USA.
Di seguito vengono riportati i principali 12 Stati membri contributori al bilancio ordinario 2018 dell’ONU ed il contributo da ciascuno di essi apportato; tra parentesi, la quota percentuale da ciascuno conferita al totale.
(dollari USA)
Un secondo canale di finanziamento è rappresentato dai fondi che afferiscono al bilancio per le missioni di pace delle Nazioni Unite: le quote di contribuzione per ciascun membro sono stabilite con criteri simili a quelle del bilancio ordinario, anche se i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti) contribuiscono in maniera maggiore rispetto a quanto versato per al bilancio ordinario
L’Italia si trova nella lista dei 10 maggiori contributori alle missioni di pace avendo versato per queste operazioni 273,9 mln. di dollari per il 2016-2017, 255 mln. di dollari per il 2017-2018 e 250,7 mln. di dollari per il 2018-2019.
Il terzo e ultimo canale di finanziamento del sistema ONU è rappresentato dai fondi per i tribunali istituti dal Consiglio di Sicurezza, quali il Tribunale penale internazionale per il Ruanda, il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia e un meccanismo residuale a supporto dei due tribunali citati.
Per il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia l’Italia ha versato 1,7 mln. di dollari nel 2016, 2,5 mln. nel 2017 e 362.000 dollari per il 2018. A questi si aggiungono i 9,4 mln. di dollari versati al meccanismo residuale tra il 2016 e il 2018 ed i 262,000 dollari versati nel 2016 per il Tribunale penale internazionale per il Ruanda.
Sul piano normativo, interventi di riduzione dei contributi del nostro Paese a organismi internazionali – con una correlata rinegoziazione dei termini di accordi internazionali riguardanti la quantificazione di contributi volontari ed obbligatori versati dall’Italia - sono stati disposti dalla legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014) e dalla legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015).
In particolare, l’articolo 1, comma 318 della legge di stabilità per il 2015 ha disposto la riduzione dei contributi a organismi internazionali per 25,2 mln. di euro per l'anno 2015 e 8,4 mln. di euro a decorrere dal 2016: in questo caso la riduzione ha operato con un riferimento ad una pluralità di organismi internazionali elencati in uno specifico allegato alla legge di stabilità: tra questi figurava anche l’autorizzazione di spesa riguardante il contributo all’ONU, ridotto per il 2015 di 20 mln. di euro.
L’articolo 1, comma 619 della legge di stabilità per il 2016 ha operato un’ulteriore modesta riduzione per il 2016 (198 euro) e a decorrere dal 2017 (200.198 euro) che ha riguardato il contributo del nostro Paese a due organismi internazionali.
Da ultimo si segnala che l’articolo 26, comma 3, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria”, il cui disegno di legge di conversione è all’esame presso l’altro ramo del Parlamento (AS 886) ha previsto che gli oneri derivanti dall’attuazione del provvedimento siano parzialmente coperti, quanto a 20 mln. di euro per l'anno 2018, mediante corrispondente utilizzo dell’autorizzazione di spesa di cui alla richiamata legge n. 848 del 1957, disponendo anche in questo caso che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale provveda agli adempimenti eventualmente necessari, anche sul piano internazionale, per rinegoziare i termini dell’accordo internazionale concernente la determinazione del contributo all’organismo delle Nazioni Unite, per un eguale importo.
Con riferimento al primo periodo del comma in esame, andrebbero esplicitate quali tipologie di contributi siano oggetto di riduzione a partire dall’esercizio 2019, atteso che il cap. 3393 dello stato di previsione del MAECI appare generalmente destinato all’erogazione di contributi alle Nazioni Unite.
Occorrerebbe altresì evidenziare, con riferimento al secondo periodo, l’eventuale nesso di consequenzialità che lo collega al primo periodo della norma. In riferimento all’obbligo, posto in capo al Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale di rinegoziare “i termini dell’accordo internazionale concernente la determinazione dei contributi alle organizzazioni internazionali di cui l’Italia è parte” si valuti inoltre l’opportunità di chiarire a quale accordo internazionale la disposizione in esame intenda fare riferimento.
Articolo 1, comma 449
(Riduzione dei seggi all'estero per le elezioni europee)
Il comma 449 è volto a diminuire il numero delle sezioni elettorali da predisporre, in occasione delle prossime consultazioni per l’elezione del Parlamento europeo del maggio 2019, presso le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane a beneficio degli elettori italiani residenti negli altri Paesi membri dell'Unione.
Si rammenta che l’articolo 4 del decreto legge n. 408 del 1994 (convertito nella legge n. 483 del 1994) prevede il procedimento di determinazione degli elettori italiani residenti in altri Paesi dell’UE che hanno diritto di esprimere il voto per l’elezione del Parlamento europeo nelle sedi diplomatiche e consolari.
Tale procedimento prende avvio dai comuni, i quali comunicano alla Direzione centrale per i servizi elettorali del Ministero dell'interno i dati necessari per la formazione, la revisione e la conservazione degli elenchi degli elettori italiani residenti all'estero.
In questo contesto, ai sensi del comma 5 dell’articolo 4 – che la disposizione del disegno di legge mira a modificare - la medesima Direzione centrale per i servizi elettorali, entro il decimo giorno precedente la data delle elezioni, trasmette al Ministero degli affari esteri, per il successivo inoltro ai singoli uffici consolari, un elenco degli elettori che votano all'estero diviso per uffici consolari e per sezioni estere, sulla base delle indicazioni fornite, per ciascun elettore, dal Ministero degli affari esteri. Nel suddividere gli aventi diritto al voto di ciascuna località in sezioni, il Ministero dell'interno, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero degli affari esteri, assegna ad ogni sezione un numero di elettori non superiore a 1.600 e non inferiore a 200. Anche i successivi adempimenti per consentire il diritto di voto ai singoli elettori sono a cura della stessa Direzione centrale.
Il disegno di legge intende aumentare il numero massimo di elettori da assegnare a una medesima sezione, portandoli da 1.600 a 5.000.
La Relazione tecnica del Governo mette in luce che la modifica si rende opportuna in ragione della bassa percentuale di votanti costantemente registrata all’estero e dell'incremento significativo (oltre il 22 per cento) degli elettori registrati in altri paesi UE. Essa comporterebbe - nell’ipotesi, ritenuta verosimile, di circa 1,5 milioni di aventi diritto al voto – la necessità di approntare, nel 2019, un totale di 298 sezioni invece delle 932 necessarie a normativa vigente. Si stima un conseguente risparmio pari a 2 milioni di euro. La Relazione tecnica afferma altresì che la riduzione "non produrrà effetti negativi sugli elettori, in termini di distanza e, dunque, in termini di accesso all’esercizio del diritto di voto".
Si ricorda che la disciplina dell’elezione dei membri italiani al Parlamento europeo è contenuta nella legge 24 gennaio 1979, n. 18 (con le numerose modifiche e integrazioni successivamente intervenute).
Elezione dei rappresentanti dell’Italia al PE (1999-2014). Partecipazione al voto dei cittadini residenti all’Estero
|
Elettori |
Votanti |
% |
2014 |
1.406.291 |
83.254 |
5,92 |
2009 |
1.207.073 |
89.842 |
7,44 |
2005 |
1.098.442 |
119.276 |
10,86 |
1999 |
1.003.353 |
177.486 |
17,69 |
Fonte: Ministero dell’interno, Archivio storico delle elezioni
Articolo 1, comma 450
(Acquisizione all’erario di somme non utilizzate
dalle scuole e dal MIUR)
Il comma 450 precisa che fra le risorse trasferite alle istituzioni scolastiche statali da versare, in caso di mancato utilizzo, all’entrata del bilancio dello Stato, sono incluse anche quelle per spese di pulizia. Inoltre, prevede il versamento all’entrata di alcune somme non utilizzate dal MIUR. Per il 2019, parte delle stesse risorse rimane acquisita all’erario.
Ai fini indicati, aggiunge i commi 1-bis e 1-ter nell’art. 1-bis del D.L. 134/2009 (L. 167/2009).
Preliminarmente si ricorda che l’art. 1-bis, co. 1-3, del D.L. 134/2009 (L. 167/2009) – come modificato dall’art. 1, co. 327, della L. 190/2014 (L. di stabilità 2015) – ha disposto che le somme trasferite alle scuole statali per la realizzazione di progetti a carattere nazionale e regionale in materia di formazione e sviluppo dell’autonomia scolastica, rimaste inutilizzate per tre esercizi finanziari consecutivi, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate ad apposito capitolo del bilancio del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e che con decreto del relativo Ministro sono annualmente individuati gli istituti scolastici interessati da tale previsione, l’entità delle somme da trasferire al bilancio del Ministero e la loro successiva assegnazione alle scuole statali per spese di funzionamento. Per il 2015, quota parte delle somme versate, pari a € 10 mln, rimaneva acquisita all’erario.
Le istruzioni per il versamento delle somme in questione sono state, da ultimo, emanate dal MIUR con nota 23705 del 22 novembre 2017.
In particolare, oltre a disporre che tra le somme giacenti da versare all’entrata del bilancio dello Stato sono incluse anche quelle trasferite alle scuole per spese di pulizia, prevede – in generale – che le somme inutilizzate devono essere versate all’entrata solo qualora non sussistano contestazioni in atto.
Per il 2019, inoltre, stabilisce che il versamento deve essere effettuato entro il 30 aprile dello stesso anno.
Entro lo stesso termine, il MIUR versa all’entrata del bilancio dello Stato le somme non utilizzate, per le quali non vi siano contestazioni in atto, giacenti sul conto corrente n. 53823530 presso la società Poste italiane spa.
Al riguardo, si ricorda che nel testo originario dell’emendamento 16.292, presentato dal Governo all’A.C. 3444 della XVII legislatura (L. di stabilità 2016: L. 208/2015), si esplicitava che le somme giacenti sul conto corrente n. 53823530 presso Poste italiane erano relative al c.d. “buono scuola” per la frequenza di scuole paritarie (art. 2, co. 7, L. 289/2002: € 30 mln per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005).
Il mancato versamento entro il termine indicato comporta l’insorgere di responsabilità dirigenziale e l’obbligo di segnalazione alla Corte dei conti.
Infine, la disposizione prevede che quota parte delle somme versate all’entrata, pari complessivamente a € 22,5 mln, rimane acquisita all’erario. Nelle more del versamento, il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e a rendere indisponibile, per l’anno 2019, un importo analogo, a valere sulle disponibilità del Fondo di funzionamento delle istituzioni scolastiche (art. 1, co. 601, L. 296/2006).
Articolo 1, commi 451-454
(Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento)
I commi 451-454, modificati durante l’esame alla Camera, ridenominano gli attuali percorsi di alternanza scuola-lavoro in “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” e, a decorrere dall’anno scolastico già in corso, ne riducono il numero di ore minimo complessivo da svolgere.
In particolare, le disposizioni in commento dispongono che, a decorrere dall’a.s. 2018/2019, i nuovi percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento sono svolti per una durata complessiva minima di:
§ 210 ore nel triennio terminale dei percorsi di istruzione professionale (a fronte delle attuali 400 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro e a fronte delle 180 ore dei nuovi percorsi previste dal testo iniziale del disegno di legge);
§ 150 ore nel secondo biennio e nel quinto anno degli istituti tecnici (a fronte delle attuali 400 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro);
§ 90 ore nel secondo biennio e nel quinto anno dei percorsi liceali (a fronte delle attuali 200 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro).
Al riguardo, si ricorda che i percorsi di alternanza scuola-lavoro - realizzati sulla base di convenzioni con soggetti pubblici e privati disponibili all’attivazione degli stessi - sono stati introdotti come possibilità dal D.lgs. 77/2005.
Successivamente, l’art. 1, co. 33 e ss., della L. 107/2015 ha introdotto l’obbligatorietà dei percorsi di alternanza scuola-lavoro stabilendo, in particolare, il numero minimo complessivo di ore da svolgere, differenziato per istituti tecnici e professionali, da un lato, e per percorsi liceali, dall’altro.
Per approfondimenti, si veda l’apposito paragrafo nell’ambito del Tema predisposto dal Servizio Studi della Camera.
Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sono definite le linee guida per l’organizzazione dei nuovi percorsi.
Conseguentemente, si stabilisce che, a decorrere dal 2019, le risorse stanziate dall’art. 1, co. 39, della L. 107/2015 per l’organizzazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro – pari a € 100 mln annui dal 2016 –, sono assegnate alle istituzioni scolastiche nei limiti necessari allo svolgimento del numero minimo di ore fissato.
Al riguardo, la relazione tecnica all’A.C. 1334, nel far presente che, rispetto allo stanziamento previsto dalla legge, erano disponibili € 97,05 mln annui, evidenziava che era stimata una riduzione nel fabbisogno di spesa di € 56,52 mln, a decorrere dal 2019, tenuto conto che le risorse stanziate per il periodo settembre-dicembre 2018 erano già state erogate.
Circa i progetti già attivati dalle scuole nell’a.s. 2018/2019 in corso, si dispone che “si determina automaticamente, anche nei confronti di eventuali soggetti terzi coinvolti, una rimodulazione delle attività”, sulla base delle risorse disponibili per le stesse scuole a seguito delle novità introdotte.
Sembrerebbe opportuno valutare se la previsione possa interferire con l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Occorrerebbe, altresì, valutare l’opportunità di definire una disciplina transitoria che regoli i rapporti convenzionali in corso per l’a.s. 2018/2019.
Si segnala, peraltro, che ai percorsi di alternanza scuola-lavoro continuano a fare riferimento varie altre disposizioni vigenti.
Oltre a quelle recate dall’art. 1, co. 33 e ss., della L. 107/2015, in particolare, ai sensi del d.lgs. 62/2017, dall’a.s. 2018/2019:
§ l'esame di Stato tiene conto anche della partecipazione alle attività di alternanza scuola-lavoro;
§ nell'ambito del colloquio in sede di esame di Stato il candidato espone, mediante una breve relazione e/o un elaborato multimediale, l'esperienza di alternanza scuola-lavoro svolta nel percorso di studi (o, per i candidati esterni, le attività ad esse assimilabili);
§ nel curriculum dello studente allegato al diploma sono indicate le attività di alternanza scuola-lavoro.
Inoltre, per effetto dell’art. 6, co. 3-octies, del D.L. 91/2018 (L. 108/2018), a partire dall’a.s. 2019/2020, per l’ammissione all’esame di Stato nel secondo ciclo di istruzione, è necessario lo svolgimento di attività di alternanza scuola-lavoro nel secondo biennio e nell’ultimo anno di corso per 400 ore negli istituti tecnici e professionali e per 200 ore nei licei (o, per i candidati esterni, di attività ad esse assimilabili).
Si valuti, dunque, l’opportunità di operare i necessari coordinamenti normativi.
Articolo 1, comma 455
(Abrogazione del "Fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta")
Il comma 455 abroga le disposizioni istitutive del “Fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta”, destinato al reclutamento per chiamata diretta di professori universitari, selezionati tra studiosi di elevato e riconosciuto merito scientifico, secondo procedure che dovevano essere definite con un DPCM, mai intervenuto.
In particolare, la disposizione abroga i co. 207-212 dell’art. 1 della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016), che avevano previsto l’istituzione, in via sperimentale, del Fondo intitolato al vincitore del premio Nobel per la chimica nel 1963, e che – novellando (co. 209) l’art. 1, co. 9, della L. 230/2005 – avevano introdotto la possibilità per le università di procedere alla chiamata diretta anche di studiosi di elevato e riconosciuto merito scientifico, selezionati mediante procedure nazionali.
Conseguentemente, novella anche il citato art. 1, co. 9, della L. 230/2005, sopprimendo le novità in esso inserite dall’art. 1, co. 209, della L. 208/2015.
Come evidenziava la relazione tecnica all’A.C. 1334, la soppressione del Fondo comporta risparmi di spesa per € 22 mln nel 2019 ed € 70 mln annui a decorrere dal 2020.
Il Fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta – istituito nello stato di previsione del MIUR con una dotazione iniziale di € 38 mln nel 2016 e di € 75 mln annui dal 2017 – era stato destinato al reclutamento straordinario per chiamata diretta di professori universitari di prima e di seconda fascia, in deroga alle disposizioni previste dalla L. 240/2010 (che vedono nel conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale il requisito necessario per la partecipazione alle procedure di chiamata indette dalle singole università).
Era stato, altresì, previsto che la quota parte delle risorse eventualmente non utilizzata per le finalità indicate doveva confluire, nel medesimo esercizio finanziario, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO).
Il DPCM recante la disciplina del Fondo – che doveva essere emanato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore L. 208/2015 – doveva contenere, tra l’altro: i criteri per valutare l’eccellenza dei percorsi individuali di ricerca scientifica; la previsione che le commissioni di valutazione dovevano essere formate, per ogni area disciplinare, da studiosi italiani e stranieri; le modalità di assegnazione a ciascun ateneo delle risorse del Fondo; la definizione del numero complessivo di posti da coprire, ugualmente distribuiti tra prima e seconda fascia; la definizione del numero massimo di chiamate dirette consentite a ciascun ateneo.
Il Consiglio di Stato, esprimendosi sullo schema di DPCM, nel Parere n. 2303 del 4 novembre 2016 aveva evidenziato, tra l’altro, alcuni profili di criticità in merito alla “assenza di una disposizione che preveda in qualche misura il coinvolgimento degli atenei nel procedimento di nomina dei membri delle commissioni di valutazione e l’omessa consultazione del mondo accademico nel corso dell’elaborazione dello schema”.
Peraltro, successivamente, la L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha destinato € 50 mln per il 2018 ed € 40 mln per il 2019 del Fondo Natta alla corresponsione ai professori e ricercatori universitari di un importo parzialmente compensativo del blocco degli scatti stabilito per il periodo 2011-2015 (art. 1, co. 629). Ulteriori € 8 mln per il 2019 sono stati destinati all’incremento delle risorse del Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio universitarie (art. 1, co. 637). Infine, € 5 mln annui dal 2018 sono stati destinati all’adeguamento dell’importo delle borse di studio concesse per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca (art. 1, co. 640).
Articolo 1, commi 456-458
(Rinegoziazione dei contributi ad organismi internazionali)
I commi in esame - introdotti dalla Camera - recano la riduzione dell'autorizzazione di spesa prevista dalla legge di ratifica degli accordi costituenti il cosiddetto "sistema Schengen", nonché l'abrogazione della norma che determina il contributo a due organizzazioni internazionali. L'ultimo comma tiene conto degli effetti finanziari di cui a ai due precedenti commi, riducendo il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti.
Il comma 456 riduce l'autorizzazione di spesa per gli oneri derivanti dalla legge n. 388/1993 di 824.607 euro a decorrere dal 2019.
La legge richiamata ha ratificato 4 accordi, costituenti il cosiddetto "sistema Shengen": 1) il protocollo di adesione del Governo della Repubblica italiana all'accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i Governi degli Stati dell'Unione economica del Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, con due dichiarazioni comuni; 2) l'accordo di adesione della Repubblica italiana alla Convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione del summenzionato accordo di Schengen, con allegate due dichiarazioni unilaterali dell'Italia e della Francia, nonché la convenzione, il relativo atto finale, con annessi l'atto finale, il processo verbale e la dichiarazione comune dei Ministri e Segretari di Stato firmati in occasione della firma della citata convenzione del 1990, e la dichiarazione comune relativa agli articoli 2 e 3 dell'accordo di adesione summenzionato; 3) l'accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese relativo agli articoli 2 e 3 dell'accordo richiamato al numero 2; tutti atti firmati a Parigi il 27 novembre 1990.
Il comma 457 abroga l’art. 1, comma 619, della legge di stabilità per il 2016, che prevedeva la rinegoziazione da parte del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale dei termini degli accordi internazionali concernenti la determinazione dei contributi volontari e obbligatori a due organismi internazionali (l’Accademia delle scienze del Terzo Mondo, TWAS e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale UNIDO) - indicati in un apposito allegato, parimenti abrogato - per un importo complessivo pari a 200.198 euro.
In base all'art. 1, comma 619, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è tenuto a provvedere agli adempimenti eventualmente necessari, anche sul piano internazionale, per rinegoziare i termini degli accordi internazionali concernenti la determinazione dei contributi volontari e obbligatori alle organizzazioni internazionali di cui l'Italia è parte, per un importo complessivo pari a 198 euro per l'anno 2016 e a 200.198 euro a decorrere dall'anno 2017.
Il comma 458 stabilisce che, ai fini della compensazione degli effetti finanziari derivanti dalle norme di cui ai commi 456 e 457, il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’art. 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008, si riduce di 201.000 euro a decorrere dal 2019.
Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, ai sensi del comma 177-bis dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 e come introdotto dal comma 512 dell’articolo 1 della 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), ha una dotazione in termini di sola cassa.
Il Fondo è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti in termini di cassa da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato (cd. limiti di impegno), concessi in virtù di autorizzazioni legislative.
Al suo utilizzo si provvede con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.
Articolo 1, commi 459 e 461-463
(Revisione del sistema di reclutamento dei docenti nella scuola secondaria e titolarità di tutti i docenti sulla singola scuola)
I commi 459 e 461-462 ridefiniscono il percorso per l’accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, sia per i posti comuni che per quelli di sostegno. In particolare, si sostituisce il percorso triennale di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente (FIT) con un percorso annuale di formazione iniziale e prova, cui si continua ad accedere previo superamento di un concorso, all’esito del quale, però, si consegue già l’abilitazione all’insegnamento per la classe di concorso per cui si è partecipato e si è immessi in ruolo. Il docente, concluso positivamente l’anno di formazione iniziale e prova, deve rimanere nella stessa scuola, negli stessi tipo di posto e classe di concorso, per almeno altri quattro anni.
Infine, il comma 463 dispone che, dall’a.s. 2019/2020, ai docenti non è più attribuita la titolarità su ambito territoriale. Si torna, dunque, alla titolarità di tutti i docenti in una singola scuola.
1. Percorso per l’accesso nei ruoli di docente della scuola secondaria
Il comma 459 modifica in maniera sostanziale il D.lgs. 59/2017 che, intervenuto, sulla base della delega recata dall’art. 1, co. 180 e 181, lett. b), della L. 107/2015, ha introdotto il sistema unitario e coordinato di formazione iniziale e accesso ai ruoli nella scuola secondaria, sia su posti comuni che su posti di sostegno, e ha previsto un graduale inserimento nella funzione docente. La disciplina non ha ancora trovato attuazione, fatta eccezione per uno dei concorsi previsti nella fase transitoria, riservato a docenti già in possesso di titolo abilitante all'insegnamento o di specializzazione per il sostegno nella scuola secondaria. E’ solo a tale procedura – ma con le specifiche che si vedranno – che continuano ad applicarsi le previsioni recate dal testo del d.lgs. 59/2017.
Preliminarmente, è utile ricordare che, in base al d.lgs. 59/2017, il percorso di formazione iniziale e accesso nei ruoli è articolato in:
§ un concorso pubblico nazionale, per esami e titoli, indetto su base regionale o interregionale con cadenza biennale, per la copertura dei posti previsti vacanti e disponibili nel terzo e quarto anno scolastico successivi a quello in cui è previsto l'espletamento delle prove concorsuali;
§ un successivo percorso triennale di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente, destinato a tutti i vincitori del concorso, previa sottoscrizione di un contratto triennale retribuito (FIT).
Nel primo anno di contratto, il titolare deve frequentare il corso di specializzazione e, previo superamento dell’esame finale, conseguire il diploma di specializzazione.
Nel secondo anno, sulla base di incarichi, e fermi restando gli altri impegni formativi, deve effettuare supplenze brevi e saltuarie non superiori a 15 giorni.
Nel terzo anno – al quale si accede previo superamento della valutazione intermedia alla fine del secondo anno – deve effettuare supplenze su posti vacanti e disponibili.
Il tirocinio, diretto e indiretto, è parte integrante e obbligatoria del percorso FIT. La frequenza è obbligatoria. Il terzo anno si conclude con una valutazione finale;
§ l'accesso ai ruoli, a tempo indeterminato. In particolare, il titolare del contratto, in caso di valutazione finale positiva al termine del terzo anno del percorso FIT (che assolve anche l’obbligo dell’anno di prova), è assegnato all'ambito territoriale presso il quale ha prestato servizio nel corso del terzo anno del contratto e gli è attribuito un incarico triennale.
La relazione illustrativa all’A.C. 1334 sottolineava, al riguardo, che dall’opera di ascolto dei portatori di interesse era emersa, fra l’altro, la lunghezza eccessiva del percorso, nonché la ridondanza per i soggetti già abilitati che avessero deciso di partecipare.
Ulteriori criticità evidenziate dalla stessa relazione attenevano alla ridotta entità del compenso previsto durante l’anno di specializzazione e alla ridotta compatibilità di tale percorso di specializzazione con altre attività di docenza, con conseguente impatto negativo per la continuità reddituale, in particolare per i candidati già iscritti nelle graduatorie di istituto.
In breve sintesi, si prevede ora che il percorso di formazione iniziale e accesso ai ruoli si articoli, invece, in:
§ un concorso pubblico nazionale, indetto su base regionale o interregionale, all’esito del quale si consegue l’abilitazione all’insegnamento;
§ un percorso annuale di formazione iniziale e prova, cui accedono i vincitori del concorso;
§ l’accesso ai ruoli per i vincitori del concorso e l’assunzione a tempo indeterminato degli stessi, previa positiva valutazione del percorso annuale di formazione e prova.
Di seguito, le nuove previsioni saranno esposte, al fine di facilitarne la lettura, raggruppandole per argomenti.
1.1. Indizione del concorso e commissioni giudicatrici
Come nella normativa vigente, il concorso si articola per esami e titoli ed ha cadenza biennale. Tuttavia – come conseguenza della riduzione temporale del percorso – il concorso è bandito per la copertura dei posti della scuola secondaria che si prevede si rendano vacanti e disponibili nel primo e nel secondo anno scolastico successivi a quello in cui è previsto l’espletamento delle prove concorsuali.
Rimane, altresì, fermo che nel bando di concorso sono previsti contingenti separati, in ogni sede concorsuale regionale o interregionale, rispettivamente:
§ per i posti relativi alle classi di concorso per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, ma, ora, senza la possibilità di raggruppare le medesime classi in ambiti disciplinari;
§ per i posti relativi alle classi di concorso di insegnante tecnico-pratico per la scuola secondaria;
§ per i posti di sostegno.
Inoltre, rimanendo fermo che ogni candidato può concorrere in una sola regione, si stabilisce ora che ciò è possibile per una sola classe di concorso per ciascun ordine di scuola (scuola secondaria di primo grado e scuola secondaria di secondo grado), nonché per i posti di sostegno (anche in questo caso, sia per la scuola secondaria di primo grado sia per la scuola secondaria di secondo grado).
Dunque, non sarà più possibile concorrere contemporaneamente – come prevede la normativa vigente – per più classi di concorso del medesimo ordine di scuola, tra quelle messe a concorso nella regione.
Una rilevante novità riguarda anche la disciplina attuativa. Infatti, mentre a legislazione vigente alcuni aspetti della procedura concorsuale – fra i quali i criteri di composizione delle commissioni giudicatrici del concorso e i requisiti dei componenti, i criteri di valutazione delle prove e dei titoli dei candidati, la ripartizione del punteggio fra prove e titoli, i punteggi minimi per il superamento di ogni prova – devono essere definiti con un regolamento di delegificazione – sottoposto, dunque, al previo parere del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti – e altri aspetti, di natura più procedurale, devono essere definiti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ora si prevede solo l’intervento di quest’ultimo.
In particolare, si prevede ora che con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca si individuano:
§ i criteri di composizione delle commissioni giudicatrici e i requisiti dei relativi componenti;
§ i programmi, le prove di concorso, i punteggi attribuibili alle medesime prove e i criteri di valutazione;
§ la tabella dei titoli accademici, scientifici e professionali valutabili.
Al riguardo, si specifica sin d’ora che i titoli possono essere valutati in misura comunque non superiore al 20% del punteggio complessivo e che sono particolarmente valorizzati il titolo di dottore di ricerca, il possesso dell’abilitazione conseguita attraverso percorsi selettivi di accesso, il superamento delle prove di un precedente concorso per titoli ed esami nelle stesse classi di concorso, il possesso di titoli accademici nell’ambito della pedagogia speciale e didattica dell’inclusione;
§ le modalità di gestione delle procedure concorsuali da parte degli Uffici scolastici regionali.
Con il medesimo decreto è costituita - come già previsto a legislazione vigente - una commissione nazionale di esperti per la definizione dei programmi e delle tracce delle prove di esame.
1.2. Requisiti di accesso al concorso
Per i posti comuni e i posti di insegnante tecnico-pratico, si stabilisce che il possesso dell’abilitazione su una classe di concorso, o per altro grado di istruzione, ferma restando la necessità del possesso del titolo di studio specifico richiesto per la classe di concorso per cui si partecipa, consente direttamente l’accesso al concorso, senza, cioè, necessità di acquisire gli specifici 24 crediti formativi universitari o accademici richiesti dalla normativa vigente.
A legislazione vigente, i requisiti sono costituiti dal possesso, congiunto, del titolo di studio specifico, nonché di 24 crediti formativi universitari o accademici da acquisire nelle discipline antro-psicopedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche, garantendo comunque il possesso di almeno 6 crediti in ciascuno di almeno 3 dei seguenti ambiti disciplinari: pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione, psicologia, antropologia, metodologie e tecnologie didattiche.
Le modalità di acquisizione dei crediti sono state definite con DM 616 del 10 agosto 2017.
Per i posti di sostegno, si specifica che è necessario il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, rilasciata all’esito dei percorsi di specializzazione, per i quali si richiama il regolamento adottato in attuazione dell’art. 2, co. 416, della L. 244/2007.
Si tratta – a legislazione vigente – del DM 249/2010, il cui art. 13 ha previsto che ai medesimi percorsi di specializzazione possono accedere gli insegnanti già abilitati.
Ora, invece, si prevede che possono accedere anche i soggetti che siano in possesso (solo) del titolo di studio, unitamente ai 24 CFU (ovvero, dei medesimi requisiti previsti per la partecipazione al concorso per posti comuni e posti di insegnante tecnico-pratico).
Si intenderebbe, dunque, che il richiamo al regolamento adottato in attuazione dell’art. 2, co. 416, della L. 244/2007 sia finalizzato alla adozione di un nuovo regolamento, che recepirà la disciplina ora introdotta.
1.3. Prove d’esame
Per i posti comuni, rimane fermo che il concorso prevede due prove scritte, a carattere nazionale, e una prova orale.
Per i posti di sostegno, si passa da tre prove scritte a carattere nazionale e una prova orale, a una prova scritta a carattere nazionale e una prova orale.
Una novità comune a tutte le prove – sia per i posti comuni che per i posti di sostegno – è costituita dalla previsione che le stesse si superano con il conseguimento di un punteggio minimo di 7/10 (o equivalente).
In particolare, nel concorso per posti comuni, il superamento della prima prova scritta è condizione necessaria perché la commissione passi alla valutazione della successiva.
Più nello specifico, per i posti comuni si prevede che la prima prova scritta ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze e delle competenze del candidato non più su una specifica disciplina scelta dall’interessato, bensì su tutte le discipline afferenti alla classe di concorso.
Rimane fermo che la seconda prova scritta ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze e competenze del candidato sulle discipline antro-psico-pedagogiche e sulle metodologie e tecnologie didattiche.
Si stabilisce, inoltre, che la prova scritta per i posti di sostegno ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze e competenze – non più semplicemente “di base” – sulla pedagogia speciale, sulla didattica per l’inclusione e sulle relative metodologie.
Rimane, altresì, fermo che la prova orale (per posti comuni e per posti di sostegno) – che comprende anche la prova pratica, ove gli insegnamenti lo richiedano – ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze e competenze del candidato nelle discipline afferenti alla classe di concorso, nonché di verificare la conoscenza di una lingua straniera europea almeno al livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue-QCER (Common European Framework of Reference for Languages -CEFR). Si stabilisce, invece, che la stessa prova ha anche l’obiettivo di verificare - in luogo del possesso di abilità informatiche di base - il possesso di adeguate competenze didattiche nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Il superamento di tutte le prove costituisce abilitazione all’insegnamento per la classe di concorso per cui il candidato ha partecipato, ovvero per il sostegno.
Dal punto di vista della formulazione del testo, quest’ultima previsione – inserita nell’art. 5 del d.lgs. 59/2017, relativo ai requisiti di accesso al concorso – dovrebbe, più opportunamente, essere collocata nell’art. 6, relativo alle prove di esame.
1.4. Graduatorie di merito e accesso al ruolo
La principale novità è costituita dalla previsione che le graduatorie – compilate, in ogni sede concorsuale, per ogni classe di concorso e per il sostegno, sulla base della somma dei punteggi riportati nelle prove e nella valutazione dei titoli, effettuata per i soli candidati che hanno superato tutte le prove – includono solo i vincitori, pari al numero dei posti messi a concorso.
Non è, dunque, contemplata l’inclusione nelle graduatorie degli idonei, ossia di coloro che, pur avendo ottenuto almeno il punteggio minimo in tutte le prove, non rientrano nel numero dei posti messi a concorso.
Appare, dunque, superato – per le procedure relative all’accesso ai ruoli della scuola secondaria – il principio sancito dall’art. 1, co. 604, della L. 205/2017, secondo cui le graduatorie di merito dei concorsi per docenti sono utili, fino al termine di validità, per le immissioni in ruolo di coloro che hanno raggiunto il punteggio minimo previsto dal bando.
Si prevede, inoltre, che le graduatorie hanno validità biennale a decorrere dall’a.s. successivo a quello di approvazione e perdono efficacia con la pubblicazione delle graduatorie del concorso successivo o, comunque, alla scadenza del biennio.
I vincitori che risultano presenti sia nella graduatoria relativa ad una classe di concorso, che in quella relativa al sostegno, devono optare per una sola di esse.
Sulla base della graduatoria di merito, i vincitori sono direttamente immessi in ruolo in due successivi scaglioni annuali, nel limite corrispondente ai posti che si prevede si rendano vacanti e disponibili nel primo e nel secondo anno scolastico successivi a quello in cui sono espletate le prove concorsuali. Rimane comunque fermo il diritto all’immissione in ruolo dei vincitori, ove occorra anche negli anni successivi.
Al riguardo, occorrerebbe chiarire come si combini la previsione della perdita di efficacia delle graduatorie – che includono solo i vincitori – alla scadenza del biennio, con la previsione che gli stessi vincitori possono essere assunti anche oltre il biennio.
Con riguardo alla formulazione del testo, si segnala che la previsione relativa all’immissione in ruolo in due scaglioni e al diritto, per i vincitori, di essere immessi in ruolo anche oltre il biennio, attualmente inserita nell’art. 3 del d.lgs. 59/2017 – relativo al bando di concorso e alle commissioni – dovrebbe, più opportunamente, essere collocata direttamente nell’art. 7, relativo alle graduatorie.
Un’altra novità è costituita dalla previsione che i vincitori scelgono, in ordine di punteggio, l’istituzione scolastica – e non più l’ambito territoriale –, cui essere assegnati per svolgere l’anno di formazione iniziale e prova, fra quelle della regione in cui hanno concorso che presentano posti vacanti e disponibili.
Ciò è legato alla previsione, introdotta – al di fuori delle novelle al d.lgs. 59/2017 - dal comma 463 - secondo la quale, a decorrere dall’a.s. 2019/2020, ai docenti, nell’ambito delle procedure di reclutamento e di mobilità territoriale e professionale, non può essere attribuita la titolarità su ambito territoriale.
1.5. Conferma in ruolo
Il percorso annuale di formazione iniziale e prova si conclude – come, nella normativa vigente, il terzo anno del percorso FIT – con una valutazione finale che, se positiva, assolve all'obbligo dell'anno di prova, per l'effettiva immissione in ruolo.
La novità è costituita dalla reintroduzione della possibilità di ripetere (una sola volta), in caso di valutazione negativa, il periodo di formazione e prova.
Si prevede, infatti, nuovamente l’applicazione alle procedure per l’immissione nei ruoli di docente della scuola secondaria di una serie di disposizioni della L. 107/2015, oltre che del d.lgs. 297/1994, di cui il d.lgs. 59/2017 aveva previsto la disapplicazione.
Nello specifico, si tratta dei co. 115, 117, 118 e 119 dell’art. 1 della L. 107/2015, in base ai quali, in particolare: il positivo superamento del periodo di formazione e prova determina l'effettiva immissione in ruolo; la valutazione finale spetta al dirigente scolastico, sentito il comitato per la valutazione (art. 11 d.lgs. 297/1994), sulla base dell'istruttoria di un docente al quale sono affidate dal dirigente scolastico le funzioni di tutor; gli obiettivi, i criteri e le modalità di valutazione sono individuati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca; in caso di valutazione negativa del periodo di formazione e di prova, il personale docente ed educativo è sottoposto ad un secondo periodo di formazione e di prova, non rinnovabile.
Le disposizioni del d.lgs. 297/1994 che si applicano nuovamente sono, invece, gli artt. 437, 438, 439 e 440, che disciplinano l’anno di formazione valido come periodo di prova e i suoi effetti.
In particolare, si specifica che, in caso di valutazione positiva, il docente è cancellato da ogni altra graduatoria – ad esaurimento, di merito, o di istituto – nella quale sia iscritto, ed è confermato in ruolo nella istituzione scolastica dove ha svolto il periodo di prova.
Si stabilisce, altresì, che il docente deve rimanere nella stessa istituzione scolastica, nel medesimo tipo di posto e nella medesima classe di concorso, per almeno altri quattro anni, salvo in caso di soprannumero o esubero, ovvero in caso di persona con disabilità gravi o che assista familiari con disabilità gravi (art. 33, co. 5 e 6, L. 104/1992), limitatamente a fatti sopravvenuti dopo il termine di presentazione della domanda per la partecipazione al concorso.
A livello generale, si ricorda che l’art. 399, co. 3, del d.lgs. 297/1994 – come modificato, da ultimo, dall'art. 15, co. 10-bis, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – pone il termine minimo di tre anni di servizio in una provincia prima di poter chiedere il trasferimento, l'assegnazione provvisoria o l'utilizzazione in altra provincia. Tale previsione non si applica al personale di cui all'art. 33, co. 5, della L. 104/1992 e al personale di cui all'art. 21 della medesima legge (persona con disabilità con un grado di invalidità superiore ai due terzi o con minorazioni iscritte alle categorie prima, seconda e terza della tab. A annessa alla L. 648/1950).
1.6. Disciplina transitoria
Con riferimento alla fase transitoria, si conferma, in particolare, che:
§ il 50% dei posti è coperto attingendo alle graduatorie ad esaurimento (art. 1, co. 605, lett. c), L. 296/2006), fino al loro completo esaurimento;
§ per il restante 50% dei posti, si provvede mediante scorrimento delle graduatorie di merito del concorso bandito nel 2016 (art. 1, co. 114, L. 107/2015), del concorso riservato a docenti già abilitanti all'insegnamento nella scuola secondaria o di specializzazione di sostegno per i medesimi gradi di istruzione (art. 17, co. 3, lett. b), d.lgs. 59/2017), nonché dei concorsi ordinari.
In particolare, rimane fermo che al concorso riservato ai docenti già abilitati è destinato, al netto dei posti utilizzati con riferimento al concorso del 2016, il 100% del 50% dei posti riservati alle graduatorie di merito per gli a.s. 2018/2019 e 2019/2020, l’80% per gli a.s. 2020/2021 e 2021/2022, il 60% per gli a.s. 2022/2023 e 2023/2024, il 40% per gli a.s. 2024/2025 e 2025/2026, il 30% per gli a.s. 2026/2027 e 2027/2028, il 20% per i bienni scolastici successivi, sino a integrale scorrimento di ogni graduatoria di merito regionale.
La novità, invece, è costituita dal fatto che, per la copertura del 50% dei posti mediante scorrimento delle graduatorie di merito non si prevede più di attingere anche alle graduatorie dei concorsi da bandire con cadenza biennale, a partire dal 2018, in ciascuna regione, riservati a docenti non abilitati, che abbiano svolto un servizio di almeno tre anni scolastici anche non continuativi negli otto anni precedenti (art. 17, co. 3, lett. c), e 7-9, D.lgs. 59/2017). Tale tipologia di concorso, infatti, è soppressa.
In particolare, il D.lgs. 59/2017 ha previsto – all’esito della procedura concorsuale riservata di cui si è detto – la costituzione di graduatorie regionali predisposte sulla base dei titoli posseduti e del punteggio conseguito in una prova scritta ed in una prova orale. Lo scorrimento avviene annualmente e comporta l'ammissione diretta ad un percorso biennale (disciplinato come il primo e il terzo anno del percorso FIT), che determina, tra l’altro, il conseguimento del diploma di specializzazione.
Per tali soggetti si prevede ora, in sede di prima applicazione, una riserva del 10% dei posti nel concorso ordinario, al quale, inoltre, possono partecipare (come nel concorso riservato ora soppresso), per una tra le classi di concorso per le quali abbiano maturato un servizio di almeno un anno, anche senza il requisito relativo ai 24 crediti formativi specifici. È valutabile il servizio svolto, su posto comune o su posto di sostegno, presso le istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione (che, in base all’art. 2, co. 1, lett. d), della L. 53/2003 comprende anche il sistema di istruzione e formazione professionale che fa capo alle regioni).
Per quanto riguarda il concorso riservato a docenti già abilitati, le cui modalità di espletamento sono state definite con DM 15 dicembre 2017 e il cui bando è stato pubblicato nella GU-IV serie speciale del 16 febbraio 2018, il comma 462– che non costituisce novella del d.lgs. 59/2017 – dispone che ai soggetti che sono già stati avviati al percorso FIT nell’a.s. 2018/2019 continuano ad applicarsi le previsioni originarie, come in vigore alla data del 31 dicembre 2018, salva la possibilità – ora introdotta – di ripetere il percorso annuale per una sola volta (in caso di valutazione negativa).
Invece, i soggetti che non sono stati ancora avviati al percorso FIT, saranno ammessi al nuovo percorso annuale di formazione e prova e, dunque, saranno immessi in ruolo, secondo quanto già illustrato.
Al riguardo, si ricorda che il DM 579/2018 – che aveva definito, per quanto qui interessa, il contingente autorizzato per l'ammissione al percorso di formazione terzo anno FIT, da effettuarsi per l'a.s. 2018/19 – aveva disposto, all’art. 2, che le graduatorie valide per l'ammissione al suddetto percorso di formazione erano quelle pubblicate entro il 31 agosto 2018.
Successivamente, con DM 631/2018 – preso atto della mancata approvazione di alcune graduatorie di merito entro il 31 agosto 2018 – è stato disposto, al fine di garantire il recupero delle facoltà assunzionali per l'a.s. 2018/19, nel caso di incapienza delle graduatorie del concorso bandito nel 2016 e delle graduatorie ad esaurimento, che le graduatorie comunque pubblicate entro il 31 dicembre 2018 sono utilizzate per l’individuazione degli aspiranti collocati in posizione utile rispetto ai posti residuati dalle operazioni di immissione in ruolo sia dalle graduatorie di merito del concorso 2016, compresi gli elenchi aggiuntivi, che dalle graduatorie ad esaurimento.
2. Soppressione della possibilità di Impiegare i docenti in modo flessibile
Il comma 459, lett. e), abroga la previsione recata dall’art. 4, co. 3, del d.lgs. 59/2017, in base alla quale, in coordinamento con il Piano nazionale di formazione (art. 1, co. 124, L. 107/2015), sono organizzate specifiche attività formative per docenti di ruolo in servizio, al fine di consentire loro di integrare la preparazione per poter svolgere insegnamenti anche in classi disciplinari affini o di modificare la classe disciplinare di titolarità o la tipologia di posto, incluso il passaggio da posto comune a posto di sostegno e viceversa.
3. Soppressione delle disposizioni specifiche per l’insegnamento nelle scuole paritarie
Il comma 459, lett n), abroga gli artt. 15 e 16 del d.lgs. 59/2017, che prevedono, in particolare, che costituisce titolo per insegnare nelle scuole paritarie, con contratto di docenza a tempo determinato o indeterminato, per i posti comuni, il possesso del diploma di specializzazione conseguibile nell’ambito del percorso FIT (ovvero, per i posti di sostegno, del diploma di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l'inclusione scolastica) e che possono insegnare anche coloro che sono iscritti al corso di specializzazione, per non più di tre anni dall'immatricolazione al corso.
Pertanto, per effetto di tali abrogazioni, per l’insegnamento nelle scuole secondarie paritarie, tornerà ad essere vigente la disciplina recata dall’art. 1, co. 4, lett. g), della L. 62/2000, in base alla quale il personale docente deve essere fornito del titolo di abilitazione (che, sulla base delle novità introdotte, sarà conseguibile – per chi non ne sia già in possesso - previo superamento del nuovo concorso per l’insegnamento nelle scuole statali).
4. Soppressione della Conferenza nazionale per la formazione iniziale e l'accesso alla professione docente
Il comma 459, lett. n), abroga anche l’art. 14 del d.lgs. 59/2017, che prevede l’istituzione della Conferenza nazionale per la formazione iniziale e l'accesso alla professione docente – composta pariteticamente da esperti provenienti dal sistema scolastico e dai sistemi universitario e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica – con compiti, fra l’altro, di coordinare e monitorare il sistema e di proporre iniziative di raccordo e armonizzazione tra formazione iniziale e formazione in servizio dei docenti.
5. Disposizioni finanziarie
A seguito delle modifiche al d.lgs. 59/2017 di cui si è già detto, il comma 459, lett. p), modifica anche la norma di copertura degli oneri, recata dall’art. 19 del medesimo d.lgs.
In particolare, autorizza la spesa di € 7,009 mln nel 2018 e di € 13,426 mln annui a decorrere dal 2019, che costituiscono limite di spesa complessivo.
Al riguardo, le relazione tecnica all’A.C. 1334 precisava che si tratta esclusivamente dei fondi destinati allo svolgimento dei concorsi, essendo venuti meno tutti gli oneri diversi. In particolare, evidenziava che la somma prevista, a regime, dal 2019 consentirà l’incremento dei compensi ai componenti delle commissioni di concorso e ai relativi segretari, e consentirà di coprire gli eventuali oneri derivanti dal funzionamento della commissione nazionale di esperti.
L’art. 19 del d.lgs. 59/2017 prevede la costituzione nello stato di previsione del MIUR di un Fondo destinato alla copertura degli oneri relativi ai primi due anni del contratto FIT, con una dotazione di € 20,8 mln per ciascuno degli anni 2019 e 2020, € 45,6 mln per ciascuno degli anni 2021 e 2022, € 71,6 mln per ciascuno degli anni 2023 e 2024, € 85,1 mln per ciascuno degli anni 2025 e 2026, ed € 117,0 mln annui a decorrere dal 2027. Ulteriori oneri, derivanti da altre disposizioni del d.lgs., pari a € 7,009 mln nel 2018, € 26,426 mln annui per il 2019 e il 2020, € 52,733 mln nel 2021, € 55,202 mln nel 2022, € 82,750 mln nel 2023, € 84,034 mln nel 2024, € 98,366 mln nel 2025, € 101,398 mln nel 2026 e € 135,211 mln annui dal 2027, sono coperti mediante corrispondente riduzione del «Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» (art. 1, co. 202, L. 107/2015).
In base al comma 461 – che non costituisce novella del d.lgs. 59/2017 –, quota parte dei risparmi derivanti dalla nuova disciplina è destinata all’incremento del Fondo "La Buona Scuola" (di cui al comma 460). Una ulteriore quota di € 12 mln annui a decorrere dal 2019 è, invece, destinata a concorrere al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.
6. Superamento degli ambiti territoriali
Il comma 463 dispone che, a decorrere dall’a.s. 2019/2020, ai docenti, nell’ambito delle procedure di reclutamento e di mobilità territoriale e professionale, non può essere attribuita la titolarità su ambito territoriale.
Si superano, così, le previsioni recate dalla L. 107/2015, in particolare all’art. 1, co. 66 e 73, e si torna, dunque, all’attribuzione della titolarità in una specifica scuola.
Si ricorda, infatti, che l’art. 1, co. 66, della L. 107/2015, ha disposto che, a decorrere dall'a.s. 2016/2017, i ruoli del personale docente sono regionali, articolati in ambiti territoriali, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto.
A sua volta, l’art. 1, co. 73, ha disposto che, dal medesimo a.s., il personale docente non già assunto in ruolo a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore della legge, è assegnato agli ambiti territoriali e che la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera tra i medesimi ambiti territoriali.
Inoltre, l’art. 1, co. 79, ha disposto che, sempre dall’a.s. 2016/2017, il dirigente scolastico conferiva incarichi triennali ai docenti assegnati all'ambito territoriale di riferimento. Tale previsione, tuttavia, è stata di fatto gradualmente superata a seguito di accordi contrattuali.
Da ultimo, il 26 giugno 2018 è stata siglata un’ipotesi di contratto collettivo nazionale integrativo sul passaggio da ambito territoriale a scuola per l’a.s. 2018/2019, in base alla quale la competenza ad assegnare alle scuole i docenti è attribuita all’Ufficio scolastico competente per territorio.
Con nota n. 29748 del 27 giugno 2018, il MIUR ha poi fornito istruzioni per il passaggio da ambito a scuola.
Si valuti l’opportunità di prevedere l’abrogazione, a decorrere dal 1° settembre 2019 – data di avvio dell’a.s. 2019/2020 – delle disposizioni della L. 107/2015 incompatibili con la nuova disciplina.
Si segnala che, sull’argomento, la 7a Commissione del Senato sta svolgendo l’esame, in sede redigente, dei disegni di legge A.S. 763 e abb., sull’abolizione della chiamata diretta dei docenti.
Articolo 1, comma 460
(Incremento del Fondo “La Buona Scuola”)
Il comma 460, modificato nel corso dell’esame alla Camera, incrementa il Fondo “La Buona Scuola” a decorrere dal 2021.
In particolare, il suddetto Fondo – istituito dall’art. 1, co. 202, della L. 107/2015 (cap. 1285) – è incrementato di € 26,1 mln nel 2021, € 19,6 mln nel 2022, € 47,1 mln nel 2023, € 48,4 mln nel 2024, € 62,8 mln nel 2025, € 65,8 mln nel 2026 e € 99,6 mln annui dal 2027.
Al riguardo, si ricorda che agli stanziamenti previsti dal disegno di legge di bilancio originario si è attinto, quanto a € 228.146 per il 2019, € 813.448 per il 2020, € 1 mln per il 2021 per la copertura di parte degli oneri derivanti dalla concessione di un contributo straordinario di € 1 mln per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 alla Fondazione EBRI[14] e, quanto a € 10 mln annui dal 2020 per l’acquisto di materiali di pulizia per le scuole[15]
L’art. 1, co. 202, della L. 107/2015 ha istituito il Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica. Le relative risorse – rideterminate rispetto allo stanziamento iniziale da disposizioni legislative successivamente intervenute – sono allocate sul cap. 1285 dello stato di previsione del MIUR.
In particolare, nella L. di bilancio 2018 (L. 205/2017) il cap. 1285 non era più presente, mentre risultavano istituiti: il nuovo cap. 1270, relativo al Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni, in attuazione del d.lgs. 65/2017; il nuovo cap. 1527, relativo al Fondo unico per il welfare dello studente e per il diritto allo studio, in attuazione del d.lgs. 63/2017; il nuovo cap. 1274, relativo al Fondo per la promozione della cultura umanistica, del patrimonio artistico, della pratica artistica e musicale e della creatività, in attuazione del d.lgs. 60/2017. I d.lgs. citati sono stati emanati ai sensi dell’art. 1, co. 180 e 181, lett. e), f), g), della L. 107/2015.
Inoltre, al Fondo “La Buona Scuola” si è attinto, in particolare, per la copertura di parte dell’onere relativo all’incremento dell’organico dell’autonomia (art. 22-ter del D.L. 50/2017-L. 96/2017), per l’avvio del processo di statizzazione di una parte degli istituti superiori musicali non statali e delle accademie non statali di belle arti (art. 22-bis, co. 5, lett. b), dello stesso D.L. 50/2017), nonché per l’erogazione di un contributo per il 2017 e 2018 agli Istituti atipici, al fine di favorire il corretto sviluppo dei processi cognitivi e comunicativi dei bambini sordi e la loro inclusione sociale (art. 11, co. 4-bis e 4-ter, del D.L. 91/2017 (L. 123/2017).
Articolo 1, commi 464 e 465
(Riduzioni e riprogrammazione di spese della Difesa)
I commi 464 e 465 dell’articolo 1 dispongono, rispettivamente, riduzioni delle spese militari - per 60 milioni di euro a decorrere dall’anno 2019 e per ulteriori 531 milioni di euro nel periodo 2019-2031 - e la riprogrammazione di talune spese iscritte nello stato di previsione del Ministero dello Sviluppo economico e relative a programmi di investimento di interesse per la Difesa in corso di esecuzione.
Il comma 464 dell’articolo in esame, novellato nel corso dell’esame del provvedimento presso la Commissione bilancio della Camera, dispone, da un lato, una riduzione delle spese militari pari a 60 milioni di euro a decorrere dal 2019; dall’altro lato una ulteriore riduzione di 531 milioni di euro nel periodo 2019-2031, relativamente alle spese di cui all’articolo 1, comma 140 lett. f) della legge n. 232 del 2016.
Ai sensi del medesimo comma 464, entro il 30 gennaio 2019, con apposito decreto del Ministro della difesa, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, dovranno essere rideterminati i programmi di spesa oggetto delle riduzioni previste dal comma in esame e le relative consegne.
Lo schema di decreto, come previsto a seguito della modifica introdotta nel corso dell’esame in prima lettura alla Camera, dovrà essere sottoposto al parere delle competenti commissioni parlamentari, ferma restando l’applicabilità del comma 2 dell’articolo 536 – bis del Codice dell’ordinamento militare (d.lgs. n. 66 del 2010). In base tale disposizione gli schemi dei decreti che approvano la rimodulazione di programmi sui quali è stato espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti ai sensi dell'articolo 536, comma 3, lettera b), sono sottoposti a tale parere rinforzato.
Si ricorda che il comma 140 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), ha previsto l'istituzione di un Fondo, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (cap. 7555), per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese in determinati settori di spesa. A tali finalità sono stati destinati oltre 47 miliardi di euro in un orizzonte temporale venticinquennale.
Come emerso nel corso dell'esame parlamentare dello schema di D.P.C.M. di ripartizione delle risorse del richiamato Fondo (a.g.421) la Difesa è risultata complessivamente destinataria di risorse pari a 9.988.550.001 mln, così ripartite:
2017 |
2018 |
2019 |
2020/2032 |
Totale |
49.500.000 |
199.700.000 |
251.400.000 |
9.487.950.001 |
9.988.550.001 |
Secondo quanto riferito nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio per l’anno 2019 le riduzioni di spesa previste dal comma 1 dell’articolo 59 in esame dovrebbero operare secondo la seguente scansione temporale:
2019 |
2020 |
2021 |
2022-2026 |
2027 |
2028 |
2029 |
2030 |
2031 |
totale |
-25 |
-25 |
-31 |
/ |
-80 |
-90 |
-120 |
-120 |
-40 |
- 531 |
Si ricorda, infine, che l’articolo 1, comma 1072 della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), ha rifinanziato il citato fondo per un totale di 35,53 miliardi di euro, così ripartiti: 800 milioni di euro per l'anno 2018, 1.615 milioni di euro per l'anno 2019, 2.180 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023, 2.480 milioni di euro per l'anno 2024 e 2.500 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2033. È attualmente all’esame delle competenti Commissioni parlamentari lo schema di D.P.C.M. di riparto delle richiamate somme (A.G. 51). Per maggiori approfondimenti si rinvia al: Tema dell’attività parlamentare curato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati relativo al Fondo investimenti
https://temi.camera.it/leg18/temi/tl18_il_fondo_per_il_finanziamento_degli_investimenti_e_lo _sviluppo_infrastrutturale_del_paese.html.
In relazione alla formulazione del comma in esame si osserva che la medesima, nella prima tipologia di intervento riduttivo (60 milioni di euro a decorrere dal 2019), opera un generico riferimento alle “spese militari” non individuando, quindi, gli specifici settori oggetto di revisione.
A sua volta il comma 465 dell’articolo 1 dispone la riprogrammazione di talune spese per investimenti iscritte nello stato di previsione del Ministero dello Sviluppo economico e afferenti alle autorizzazioni di spesa relative ai seguenti programmi:
1. programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale, realizzati nel contesto dell’Unione europea di cui all’articolo 4, comma 3, della legge n. 266 del 1997, compreso il programma European fighter aircraft (EFA).
La legge n. 266 del 1997, recante "Interventi urgenti per l'economia”, all'articolo 4, comma 3, ha autorizzato un limite di impegno decennale di 100 miliardi di lire a decorrere dal 1998, al fine di garantire un qualificato livello della presenza italiana nei programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale, realizzati nel contesto dell’Unione europea, nonché al programma EFA (European fighter aircraft). Ha pertanto autorizzato il Ministero del tesoro (ora dell’economia e delle finanze) ad effettuare operazioni di mutuo, in relazione al predetto limite di impegno. In particolare, l'autorizzazione ai singoli versamenti all'apposita Agenzia internazionale delle quote di competenza italiana del programma EFA da parte del Ministro del tesoro (ora dell’economia e delle finanze), in conformità alla indicazione del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro della difesa, deve tenere conto dell'avanzamento progettuale, al fine di garantire una adeguata verifica delle effettive ricadute sul settore aeronautico nazionale della partecipazione al suddetto programma. Il programma EFA è stato successivamente rifinanziato da diversi provvedimenti.
Il programma è frutto della cooperazione tra Italia, Germania, Regno Unito e Spagna, avviata in base al Memorandum of Understanding generale sottoscritto nel 1986. In servizio in Italia dal 2004, equipaggia nel nostro Paese il 4°, 36° e 37° Stormo dell’Aeronautica Militare. Oltre ai quattro paesi partner che ne hanno ordinati fino ad oggi 472 esemplari, i clienti internazionali comprendono Arabia Saudita (72 aerei), Austria (15), Oman (12), Kuwait (28) e Qatar (24), per un totale di 623 esemplari venduti.
2. Programma di sviluppo di unità navali della classe FREMM di cui all’articolo articolo 1, comma 95, della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006), come rifinanziata dal sopra richiamato comma 140 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio per il 2017).
Il comma 95 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 ha autorizzato contributi quindicennali, ai sensi dell'articolo 4, comma 177, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, di 30 milioni di euro a decorrere dal 2006, di 30 milioni di euro a decorrere dal 2007 e di ulteriori 75 milioni di euro a decorrere dal 2008 per consentire la prosecuzione del programma di sviluppo e di acquisizione delle unità navali della classe FREMM (fregata europea multimissione) e delle relative dotazioni operative, nonché per l'avvio di programmi dichiarati di massima urgenza.
Il Programma FREMM è il più vasto progetto di cooperazione navale in ambito europeo, avviato nel 2002 da Italia e Francia. Esso trae origine dalla dichiarazione congiunta siglata a Parigi il 25 ottobre 2004 dai ministri della difesa italiano e francese, che ha riconosciuto l’esigenza di procedere al rinnovamento delle rispettive flotte, nell’ottica di una diffusa e consolidata convergenza degli obiettivi militari, tecnici, finanziari e temporali perseguiti in tale contesto dalle due marine.
Il programma prevede la realizzazione di 21 fregate di nuova generazione (10 per l’Italia e 11 per la Francia) in due versioni, basate su una piattaforma comune, ma dotate di configurazioni specifiche in base alle funzioni cui sono destinate.
Le somme destinate al programma FREMM sono allocate nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, capitolo 7485.
Secondo quanto riportato nel Documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio 2018-2020, presentato alle Camere lo scorso 15 ottobre, “il profilo finanziario generale è stato rimodulato ad invarianza di saldi per esigenze d’impegnabilità contrattuale”. Il fabbisogno complessivo del programma stimato nel DPP 2018-2020 è pari a 5.992,3 M€.
Nello specifico, la rimodulazione in senso “orizzontale”, ovvero tra esercizi finanziari diversi (dal triennio 2019/ 2021 al triennio 2025/2027), degli stanziamenti relativi ai richiamati programmi è complessivamente pari a 78 milioni di euro nel 2019 (- 38 milioni per i programmi di cui alla legge n. 266 del 1997 e – 40 milioni di euro per i programmi di cui alla legge n. 266 del 2005), per 95 milioni di euro nel 2020 (- 90 milioni per i programmi di cui alla legge n. 266 del 1997 e – 5 milioni di euro per i programmi di cui alla legge n. 266 del 2005) e per 40 milioni di euro nel 2021 (- 40 milioni per i programmi di cui alla legge n. 266 del 1997 e – 5 milioni di euro per i programmi di cui alla legge n. 266 del 2005).
Articolo 1, commi 466-468
(Terra dei fuochi)
Il commi, non modificati dalla Camera, sopprimono l'autorizzazione di spesa recante l'onere per l'affitto del termovalorizzatore di Acerra, pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010 per quindici anni (co. 466). Si sopprime inoltre la norma che finalizzava le risorse, già destinate al pagamento del canone di affitto, alla Regione Campania quale contributo dello Stato per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra. Si segnala peraltro che l’articolo 26, comma 3, lettera e), del D.L. 119/2018 (disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), attualmente all’esame alla Camera (A.C. 1408, e già approvato dal Senato, A.S. 886), prevede quale copertura dello stesso decreto, quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2018, le somme di cui all’autorizzazione di spesa soppressa dal comma 3 in esame.
Il comma 467 incrementa di 20.227.042 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024 il Fondo istituito dall’articolo 1, comma 476, della legge di bilancio per il 2016 per la realizzazione degli interventi ambientali individuati dal Comitato interministeriale per gli interventi di prevenzione del danno ambientale e dell'illecito ambientale ed il monitoraggio del territorio della regione Campania.
Il comma 468 incrementa ulteriormente tale fondo nell’anno 2019 con le risorse disponibili iscritte nell’esercizio finanziario 2018 nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente in relazione al canone di affitto del termovalorizzatore di Acerra.
Il comma 466 sopprime l'autorizzazione di spesa recante l'onere per l'affitto del termovalorizzatore di Acerra, pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010 per quindici anni.
Sopprime inoltre la norma che finalizzava le risorse, già destinate al pagamento del canone di affitto, alla Regione Campania quale contributo dello Stato per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra.
Quanto alla prima soppressione, relativa all'art. 7, comma 6, terzo periodo, del D.L. n. 195 del 2009, si ricorda che il D.L. n. 195 ha disposto all'art. 7 il trasferimento di proprietà dell’impianto di termovalorizzazione alla Regione Campania. Il valore del trasferimento veniva determinato in 335 milioni di euro.
La norma disponeva che, nelle more del trasferimento di proprietà del termovalorizzatore di Acerra, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile mantenesse la piena disponibilità, utilizzazione e godimento dell'impianto e fosse autorizzata a stipulare un contratto per l'affitto dell'impianto stesso. Il comma 6 del medesimo articolo recava quindi una quantificazione dell'onere pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 e rinviava all'articolo 18 del medesimo decreto-legge per la definizione della copertura. Veniva stabilito, al comma 6, un canone di euro 2.500.000 mensili, stabilendo che il contratto di affitto si risolvesse automaticamente per effetto del trasferimento della proprietà.
Il terzo periodo del comma 6 del citato articolo 7 - qui oggetto di soppressione - prevedeva che all'onere derivante dall'attuazione del comma stesso, pari a 30 milioni di euro annui per quindici anni a decorrere dall'anno 2010, si facesse fronte ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge n. 195 del 2009 (norma di copertura finanziaria).
Quanto alla seconda soppressione, relativa all'art. 12, comma 9, D.L. n. 16 del 2012, si ricorda che questo disponeva, in considerazione dell'acquisto del termovalorizzatore di Acerra previsto dal comma 8 della norma medesima, che le risorse già finalizzate al pagamento del canone di affitto - di cui all'articolo 7, comma 6, dello stesso decreto-legge - fossero destinate alla Regione Campania quale contributo dello Stato. Si rammenta che il comma 8 dell’articolo 12 del D.L. n. 16/2012 autorizzava la regione Campania ad utilizzare le risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale, per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra e si prevedeva che le risorse necessarie, pari a 355.550.240,84, fossero trasferite alla stessa Regione.
Si ricorda che sulla vicenda del termovalorizzatore di Acerra si è pronunciata la Corte costituzionale, con la sentenza n. 258 del 24 novembre 2014, anche in ordine al conflitto di attribuzione tra enti, sollevato dalla Regione Campania nei confronti dello Stato, a seguito dell'adozione del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 febbraio 2012 mediante il quale è stato deliberato il trasferimento alla Regione Campania dell'impianto di Acerra; la pronuncia ha respinto per manifesta inammissibilità il rilievo di incostituzionalità sollevato dal Tar Lazio nel giudizio di impugnazione del DPCM citato, rigettando la tesi che, per le norme in questione, potesse parlarsi di “legge provvedimento".
Della rinuncia al ricorso giurisdizionale incardinato dinanzi al TAR Lazio contro l’intervenuto trasferimento del termovalorizzatore dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri alla Regione Campania si dà menzione nella Delibera n. 550 del 04/09/2018 della Giunta regionale della Campania, ove si approva anche lo schema di contratto di subentro al contratto ancora risultante tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il soggetto gestore dell'impianto A2A per quanto attiene alla gestione del termovalorizzatore di Acerra.
Il comma 467 incrementa il Fondo istituito dall’articolo 1, comma 476, della legge di bilancio per il 2016 per interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica, per la maggior tutela dell'ambiente e della salute pubblica, dei siti di interesse nazionale. L'incremento qui disposto è di 20.227.042 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024, con finalizzazione di tali somme alla realizzazione degli interventi ambientali individuati dal Comitato interministeriale per gli interventi di prevenzione del danno ambientale e dell'illecito ambientale ed il monitoraggio del territorio della regione Campania.
Il comma 476, come modificato dall'art. 1, comma 245, L. n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), ha previsto, al fine di contribuire all'attuazione dei necessari interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica, per garantire la maggior tutela dell'ambiente e della salute pubblica, dei siti di interesse nazionale, l'istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, di cui 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 destinati agli interventi di bonifica del sito di interesse nazionale Valle del Sacco e i restanti 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 e 10 milioni di euro per l'anno 2018 da destinare con priorità ai siti di interesse nazionale per i quali è necessario provvedere con urgenza al corretto adempimento di obblighi europei.
L’articolo 2 del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, come convertito, ha istituito presso il Ministero dell'ambiente un Comitato interministeriale, presieduto dal Ministro dell'ambiente, stabilendone la composizione: finalità dell'organo è determinare gli indirizzi per l'individuazione o il potenziamento di azioni e interventi di prevenzione del danno ambientale e dell'illecito ambientale, monitoraggio, anche di radiazioni nucleari, tutela e bonifica nei terreni, nelle acque di falda e nei pozzi della regione Campania; al riguardo è stato adottato anche il D.P.C.M. 18 settembre 2014.
Il comma 468 incrementa ulteriormente tale fondo nell’anno 2019 con le risorse disponibili, iscritte nell’esercizio finanziario 2018 nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi del richiamato articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 195 del 2009 relative all'affitto del termovalorizzatore di Acerra, che sono impegnate per il versamento all’entrata del bilancio dello Stato e la successiva riassegnazione al fondo. Si specifica che il comma in parola entra in vigore dalla data di pubblicazione della legge in esame nella Gazzetta Ufficiale.
La RT relativa ai commi - ora 467 e 468 - afferma che essi non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto l’incremento delle risorse del Fondo di cui all’articolo 1, comma 476, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 è compensato dalla soppressione dell’autorizzazione di spesa prevista dell’articolo 7, comma 6, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195.
In ordine al comma -ora 469-, nella RT si afferma che la norma non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto dispone che il Fondo sia ulteriormente incrementato, nell’anno 2019, con le risorse impegnate a valere sull’autorizzazione di spesa prevista dell’articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 195, che sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnate allo stesso Fondo.
Si segnala che il D.L. n. 119/2018, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria (già A.S. 886, ora A.C. 1408), all'articolo 26, comma 3, lettera e), prevede quale copertura dello stesso decreto, quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2018, le somme di cui all’articolo 7, comma 6, del decreto legge n. 195 del 2009, relative al canone di affitto del termovalorizzatore di Acerra, iscritte nel conto dei residui nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario.
Articolo 1, comma 469
(Indennità giornaliera settore pesca per
periodi di fermo non obbligatorio)
Il comma 469 riduce da € 5 mln a € 4,5 mln annui, a decorrere dal 2019, il limite di spesa entro il quale l’indennità giornaliera onnicomprensiva è riconosciuta ai lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nei periodi di fermo non obbligatorio.
La norma citata novella l’art. 1, co. 346, quarto periodo, della L. 232/2016 (bilancio di previsione per il 2017); tale periodo è stato aggiunto dall'art. 1, co. 135, della L. 205/2017 (bilancio di previsione per il 2018).
Il richiamato comma 135 ha reso permanente l’indennità giornaliera onnicomprensiva riconosciuta ai lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nei periodi di fermo non obbligatorio.
In particolare, la suddetta indennità giornaliera onnicomprensiva è stata riconosciuta, a decorrere dal 2018 e nel limite di 5 milioni di euro annui, ad ogni lavoratore dipendente da imprese adibite alla pesca marittima, ivi compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, in relazione ai periodi di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo non obbligatorio, fino ad un massimo di 30 euro e per un periodo non superiore complessivamente a 40 giorni in corso d’anno.
Sul tema si ricorda che l’art. 10, c. 1-bis, del D.L. 91/2017 ha esteso ai periodi interessati da misure di arresto temporaneo non obbligatorio l'indennità giornaliera onnicomprensiva, pari a 30 euro, già prevista per i suddetti lavoratori in relazione ai periodi di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio; l'estensione è disposta per il 2017 e fino ad un periodo complessivo (per ciascun lavoratore) di 40 giorni (di sospensione per arresto temporaneo non obbligatorio), nonché nel rispetto di un limite di spesa pari a 7 milioni di euro.
Articolo 1, comma 470
(Disposizioni inerenti agli istituti del Mibac
dotati di autonomia speciale)
Il comma 470 riduce, dal 2019, lo stanziamento per spese di funzionamento degli istituti del Ministero per i beni le attività culturali dotati di autonomia speciale. Al contempo, stabilisce l’esonero dall’applicazione delle norme di contenimento delle spese, al fine di consentire a tali istituti di porre in essere processi che permettano una più efficace realizzazione degli obiettivi istituzionali – consistenti nella tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale –, volta a garantire un incremento delle entrate proprie.
In particolare, la riduzione annua dello stanziamento per spese di funzionamento è pari a € 2.350.000.
Al riguardo, la relazione tecnica all’A.C. 1334 precisava che le risorse finanziarie per il funzionamento, afferenti ai Centri di responsabilità amministrativa che esercitano la vigilanza sugli istituti dotati di autonomia speciale, sono ridotte nella seguente misura:
§ CDR 5- Direzione generale archivi – cap. 3030/pg 21: € 43.750;
§ CDR 6 Direzione generale biblioteche e istituti culturali – cap. 3530/pg 21: € 131.250;
§ CDR 17 Direzione generale educazione e ricerca – cap. 2044/pg 1: € 131.250;
§ CDR 19 Direzione generale musei – cap. 5650/pg 7: € 2.000.000;
§ CDR 21 Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio – cap. 4550/pg 19: € 43.750.
In base all’art. 30, co. 2 e 3, del D.P.C.M. 171/2014 – recante Regolamento di organizzazione del Ministero –, come modificato dall'art. 2, co. 1, lett. f), del D.P.C.M. 238/2017 -, gli istituti dotati di autonomia speciale sono 40, di cui 32 di rilevante interesse nazionale.
In particolare, sono dotati di autonomia speciale la Soprintendenza speciale Archeologia, belle arti e paesaggio di Roma, l'Istituto superiore per la conservazione e il restauro, la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, l'Archivio Centrale dello Stato, il Centro per il libro e la lettura, l'Istituto centrale per la grafica, l'Opificio delle pietre dure.
Sono, altresì, dotati di autonomia speciale i seguenti istituti e musei di rilevante interesse nazionale: la Galleria Borghese; le Gallerie degli Uffizi; la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea; le Gallerie dell'Accademia di Venezia; il Museo e Real Bosco di Capodimonte; il Museo Nazionale Romano; il Parco Archeologico del Colosseo; il Parco Archeologico di Pompei; la Pinacoteca di Brera; la Reggia di Caserta; il Complesso monumentale della Pilotta; la Galleria dell'Accademia di Firenze; la Galleria Nazionale delle Marche; la Galleria Nazionale dell'Umbria; le Gallerie Estensi; le Gallerie Nazionali d'arte antica; i Musei reali; il Museo delle Civiltà; il Museo Archeologico Nazionale di Napoli; il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria; il Museo Archeologico Nazionale di Taranto; i Musei del Bargello; il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia; il Museo storico e il Parco del Castello di Miramare; il Parco archeologico dei Campi Flegrei; il Parco archeologico dell'Appia antica; il Parco archeologico di Ercolano; il Parco archeologico di Ostia antica; il Parco archeologico di Paestum; il Palazzo Ducale di Mantova; il Palazzo Reale di Genova; Villa Adriana e Villa d'Este.
Per quanto concerne le misure di contenimento delle spese attualmente gravanti sulle pubbliche amministrazioni – tra cui sono inclusi gli istituti dotati di autonomia speciale, in quanto unità locali del Mibac (qui l’elenco 2018 delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato) – si ricorda che nel corso degli ultimi anni si sono stratificati numerosi interventi normativi, volti sia al contenimento della spesa pubblica che ad una sua progressiva riqualificazione. Gli interventi più numerosi riguardano il contenimento della spesa per consumi intermedi delle PA, attuato sia incidendo sulle modalità di determinazione dei prezzi di acquisto, sia attraverso l’introduzione di limiti alla capacità di spesa annua delle Amministrazioni (riduzione della spesa per beni e servizi, per autovetture, per incarichi di consulenza, studio e ricerca, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità, missioni e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ecc.). Ulteriori misure di contenimento sono state introdotte con riferimento alle spese per immobili (controllo delle spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili, riduzione delle spese per i canoni di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali, ecc.), alle spese per organi collegiali ed altri organismi, nonché per i costi di personale.
Una disamina delle norme attualmente vigenti di contenimento della spesa pubblica è contenuto nella Circolare del MEF 23 marzo 2018, n. 14. In particolare, nell’Allegato 1, le misure sono esposte, con riferimento alle singole norme di legge, in relazione a ciascun ambito applicativo di riferimento.
Con riguardo alla formulazione del testo, si segnala che, in base all’art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004), nell’espressione “Istituti della cultura” sono già inclusi i musei.
Articolo 1, comma 471
(Fruizione crediti d’imposta)
Il comma 471 prevede risparmi di spesa mediante la riduzione dei crediti d’imposta attribuiti agli esercenti di sale cinematografiche, agli esercenti di attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle imprese produttrici di prodotti editoriali che effettuano investimenti in editoria e programmi di ristrutturazione economica.
In particolare, le disposizioni interessate dalla riduzione sono:
Credito d’imposta per esercenti di sale cinematografiche
L’articolo 18, comma 1, della legge di riforma del settore del cinema e dell’audiovisivo (14 novembre 2016, n. 220) ha istituito un credito d'imposta a favore degli esercenti sale cinematografiche, commisurato ad un'aliquota massima del 20 per cento sugli introiti derivanti dalla programmazione di opere audiovisive, con particolare riferimento alle opere italiane ed europee, anche con caratteristiche di documentario, effettuata nelle rispettive sale cinematografiche, con modalità adeguate a incrementare la fruizione da parte del pubblico. La misura agevolativa ha l’obiettivo dichiarato di potenziare l'offerta cinematografica e la presenza in sala cinematografica di opere audiovisive italiane ed europee.
Il decreto attuativo del Ministro dei beni e le attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è stato emanato il 15 marzo 2018. L’Agenzia delle entrate, con propria risoluzione n. 81, ha successivamente istituito i relativi codici tributo.
Credito d’imposta per esercenti di attività di vendita di libri al dettaglio
Il comma 319 della legge di bilancio 2018 (27 dicembre 2017, n. 205) ha riconosciuto un credito di imposta, a decorrere dall'anno 2018, in favore degli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita di libri al dettaglio in esercizi specializzati. Possono usufruire del credito di imposta anche gli esercenti che effettuano la vendita al dettaglio di libri di seconda mano.
Il credito di imposta è riconosciuto, nel limite di spesa di 4 milioni di euro per l'anno 2018 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, ed è parametrato agli importi pagati quali IMU, TASI e TARI con riferimento ai locali dove si svolge la medesima attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle eventuali spese di locazione ovvero ad altre spese individuate con il d.m. attuativo (di cui al comma 321) anche in relazione all’assenza di librerie sul territorio comunale.
Il credito di imposta è stabilito nella misura massima di 20.000 euro per gli esercenti di librerie che non risultano ricomprese in gruppi editoriali dagli stessi direttamente gestite e di 10.000 euro per gli altri esercenti (comma 319).
È previsto che gli esercizi destinatari possano accedere al credito d'imposta nel rispetto dei limiti di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione europea del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE agli aiuti "de minimis".
Il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è stato emanato il 23 aprile 2018. L’Agenzia delle entrate, con propria risoluzione, ha successivamente istituito i relativi codici tributo.
Credito d’imposta per investimenti in editoria e programmi di ristrutturazione economica
L’articolo 8 della legge sull’editoria (legge 7 marzo 2001, n. 62) ha istituito un credito di imposta, pari al 3 per cento dei costi sostenuti, a favore delle imprese produttrici di prodotti editoriali che effettuano entro il 31 dicembre 2004 investimenti in beni strumentali, anche mediante contratti di locazione finanziaria.
Gli investimenti hanno ad oggetto: a) beni strumentali nuovi, ad esclusione degli immobili, destinati esclusivamente alla produzione dei seguenti prodotti editoriali in lingua italiana: giornali, riviste e periodici, libri e simili, nonché prodotti editoriali multimediali; b) programmi di ristrutturazione economico-produttiva.
Il credito di imposta, che non concorre alla formazione del reddito imponibile, può essere fatto valere anche in compensazione. Le modalità attuative sono state definite con DPCM 6 giugno 2002, n. 143.
La riduzione dei crediti d’imposta illustrati è attuata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, da adottarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio.
A questo provvedimento spetta definire la riduzione delle quote percentuali di fruizione delle singole agevolazioni, previste dalla normativa vigente esposta supra.
La riduzione deve assicurare, a decorrere dall’anno 2020, effetti di risparmio non inferiori complessivamente a euro 5.590.250, quale somma degli importi evidenziati nell’elenco incluso nel testo legislativo.
La Relazione tecnica di accompagno evidenzia che il risparmio complessivo è stato prudenzialmente stimato, sulla base di un’ipotesi di riduzione percentuale delle misure, rispettivamente del 15 per cento per l’agevolazione degli esercenti delle sale cinematografiche, del 25 per cento per quelle afferenti gli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri, nonché delle imprese produttrici di prodotti editoriali che investono in beni strumentali o in programmi di ristrutturazione economica.
Un analogo strumento di riduzione di spesa era stato adoperato nella legge finanziaria per il 2014 (articolo 1, comma 577, legge 27 dicembre 2013, n. 147), che demandava a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, per ciascuno dei crediti d'imposta di cui all'elenco 2 allegato alla medesima legge, la definizione delle quote percentuali di fruizione dei crediti d'imposta, in misura non inferiore all'85 per cento di quanto spettante sulla base della normativa vigente istitutiva del credito d'imposta. Il conseguente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stato emanato il 20 febbraio 2014.
Articolo 1, commi 472 e 473
(Convenzioni per il rilascio della carta di identità elettronica)
I commi 472 e 473 consentono al Ministero dell’interno di stipulare convenzioni per la gestione e il rilascio della carta d’identità elettronica con soggetti dotati di alcuni requisiti, nel limite di spesa di 750 mila euro a decorrere dal 2019. Gli addetti alle procedure definite dalla convenzione sono incaricati di pubblico servizio e sono autorizzati a procedere all’identificazione degli interessati. I soggetti incaricati dalla convenzione riversano i corrispettivi delle carte d’identità elettroniche rilasciate e trattengono i diritti fissi e di segreteria. Sono altresì apportate alcune modifiche conseguenziali al codice dell’amministrazione digitale (CAD).
Il comma 472, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento alla Camera, integra la disposizione di cui all’art. 7-vicies ter, comma 2-bis del D.L. 43/2005, al fine di consentire al Ministero dell’interno di stipulare convenzioni ai fini della riduzione degli oneri amministrativi e di semplificazione delle modalità di richiesta, gestione e rilascio della carta d’identità elettronica, nel limite di spesa di 750 mila euro a decorrere dal 2019. All’onere relativo si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per l’attuazione del programma di Governo, istituito dal disegno di legge di bilancio in esame.
La carta d’identità elettronica (CIE) rappresenta uno degli strumenti principali del processo di informatizzazione della pubblica amministrazione. Infatti, oltre a mantenere la funzione del documento cartaceo attestante l’identità della persona, la CIE dovrebbe avere la funzione di strumento di accesso ai servizi innovativi che le pubbliche amministrazioni locali e nazionali mettono a disposizione per via telematica.
La CIE è un documento amministrativo che certifica l’identità e pertanto è strettamente collegato esigenze di pubblica sicurezza: in generale, infatti, la carta d’identità costituisce un mezzo di identificazione ai fini di polizia, ma ha carattere facoltativo e il suo ottenimento costituisce un diritto del cittadino. Tuttavia l’autorità di polizia può obbligare le persone pericolose o sospette di dotarsi della carta d’identità (art. 4, Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773).
Tra i diversi provvedimenti intervenuti in materia di CIE si ricorda, in primo luogo, l’articolo 10, co. 1, del decreto-legge n. 70/2011 che ha riservato al Ministero dell’interno la responsabilità, in precedenza attribuita ai comuni, sul processo di produzione e rilascio della stessa. Successivamente, l’articolo 40 del D.L. n. 1/2012 ha previsto la definizione di una tempistica graduale per il rilascio della carta d’identità elettronica. Inoltre, ha stabilito che le carte d’identità elettroniche devono essere munite anche della fotografia e delle impronte digitali della persona a cui si riferiscono.
Il citato comma 2-bis dell’art. 7-vicies ter, del D.L. 43/2005, come successivamente modificato, dispone che l'emissione della carta d'identità elettronica è riservata al Ministero dell'interno, che vi provvede nel rispetto delle norme di sicurezza in materia di carte valori, di documenti di sicurezza della Repubblica e degli standard internazionali di sicurezza. Inoltre affida ad un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione ed il Ministro dell'economia, sentita l'Agenzia per l'Italia digitale, il Garante per la protezione dei dati personali e la Conferenza Stato-città autonomie locali, la definizione delle caratteristiche tecniche, le modalità di produzione, di emissione, di rilascio della carta d'identità elettronica, nonché di tenuta del relativo archivio informatizzato. Tale decreto è stato adottato con decreto del Ministero dell’Interno del 23 dicembre 2015.
Ai sensi del decreto del Ministero dell’Interno del 23 dicembre 2015, la carta di identità elettrica è il documento munito di elementi per l’identificazione fisica del titolare rilasciato su supporto informatico dalle amministrazioni comunali con la prevalente finalità di dimostrare l’identità anagrafica del suo titolare.
La CIE può essere richiesta presso il proprio Comune di residenza o presso il Comune di dimora, o presso il Consolato se cittadino italiano residente all’estero ed iscritto in ANPR.
Il documento può essere richiesto in qualsiasi momento e la sua durata varia secondo le fasce d’età di appartenenza. Nel dettaglio:
§ 3 anni per i minori di età inferiore a 3 anni;
§ 5 anni per i minori di età compresa tra i 3 e i 18 anni;
§ 10 anni per i maggiorenni.
Il cittadino, nel momento della domanda:
- in caso di primo rilascio esibisce all’operatore Comunale un altro documento di identità in corso di validità. Se non ne è in possesso dovrà presentarsi al Comune accompagnato da due testimoni;
- in caso di rinnovo o deterioramento del vecchio documento consegna quest’ultimo all’operatore comunale;
- consegna all’operatore comunale il codice fiscale e il numero della ricevuta di pagamento della Carta (se disponibile);
- verifica con l’operatore comunale i dati anagrafici rilevati dall’anagrafe comunale;
- fornisce, se lo desidera, indirizzi di contatto per essere avvisato circa la spedizione del suo documento;
- indica la modalità di ritiro del documento desiderata (consegna presso un indirizzo indicato o ritiro in Comune);
- fornisce all’operatore comunale la fotografia;
- procede con l’operatore comunale all’acquisizione delle impronte digitali, secondo le modalità definite
- fornisce, se lo desidera, il consenso ovvero il diniego alla donazione degli organi;
- firma il modulo di riepilogo procedendo altresì alla verifica finale sui dati.
I Comuni vengono dotati di un’infrastruttura costituita da postazioni di lavoro informatiche, corredate di personal computer, stampante multifunzione, scanner di impronta, lettore per la verifica delle funzionalità del documento, lettore di codice a barre, lettore di smart card, attraverso le quali possono acquisire tutti i dati del cittadino, e cioè:
a) elementi biometrici primari;
b) elementi biometrici secondari;
c) firma autografa nei casi previsti;
d) autorizzazione o meno all’espatrio;
e) tramite un canale sicuro, inviarli, per la certificazione al Centro nazionale dei servizi demografici (CNSD) ubicato presso il Ministero dell’Interno, che a sua volta li trasmetterà all’IPZS per la produzione, personalizzazione, stampa e consegna del documento elettronico all’indirizzo indicato dal titolare.
In sede di richiesta di emissione della carta di identità elettronica è prevista anche la facoltà del cittadino maggiorenne di indicare, il consenso o il diniego o la non espressione di volontà rispetto alla donazione di organi e/o tessuti in caso di morte.
In base al DM 25 settembre 2015, pertanto, le funzioni per lo svolgimento delle attività di produzione, distribuzione, gestione e supporto all'utilizzo della CIE vengono svolte dal Ministero dell'interno, dal Ministero dell'economia e delle finanze, dai Comuni, dai Consolati e dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.
La disposizione in esame introduce lo strumento convenzionale con la finalità di ridurre gli oneri amministrativi e semplificare le modalità di richiesta, gestione e rilascio della carta d'identità elettronica. Le convenzioni possono essere stipulate con soggetti che abbiano i seguenti requisiti:
§ siano dotati di una rete di sportelli diffusa su tutto il territorio nazionale;
§ siano Identity provider e abbiano la qualifica di Certification Authority accreditata dall'Agenzia per l'Italia Digitale.
Nell’ambito del Sistema pubblico di identità digitale (SPID), gli Identity provider sono soggetti privati accreditati dall’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) che, nel rispetto delle regole emesse dall’Agenzia, forniscono le identità digitali SPID per l’accesso ai servizi delle pubbliche amministrazioni e gestiscono l’autenticazione degli utenti.
L’elenco degli Identity provider accreditati è pubblicato sul sito dell’AgID. Sono otto operatori privati: Aruba, Infocert, Namirial, Poste Italiane, Register.it, Sielte, TIM, Intesa.
Ai sensi del DM 23 dicembre 2015, sulle modalità tecniche di emissione della CIE, per Certification Authority si intende la struttura del Centro nazionale dei servizi demografici che emette i certificati di autenticazione in rete, componente della piattaforma e dell’infrastruttura per l’emissione della CIE.
In base alla formulazione della disposizione, le procedure affidate ai soggetti privati convenzionati non sono definite dalla legge, in quanto si rimanda ad una definizione da parte della convenzione.
La disposizione infatti, prevede che «gli addetti alle procedure definite dalla convenzione sono incaricati di pubblico servizio e sono autorizzati a procedere all’identificazione degli interessati con l’osservanza delle disposizioni di legge o di regolamento in vigore per gli addetti alla ricezione delle domande, dichiarazioni o atti destinati alle pubbliche amministrazioni».
La definizione di “incaricati di pubblico servizio”, che implica il riconoscimento della natura pubblicistica delle attività assegnate ai soggetti convenzionati, determina l’applicabilità delle forme di tutela e di responsabilità penale previste nel nostro ordinamento per tali soggetti, nonché delle altre disposizioni relative all’attività amministrativa riconducibili allo svolgimento di un pubblico servizio.
Si ricorda, in proposito, che la nozione di incaricato di pubblico servizio è contenuta nell’art. 358 del codice penale, in base al quale, agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito in proposito che “al fine di individuare se l'attività svolta da un soggetto possa essere qualificata come pubblica, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 357 e 358 c.p., ha rilievo esclusivo la natura delle funzioni esercitate, che devono essere inquadrabili tra quelle della P.A. Non rilevano, invece, la forma giuridica dell'ente e la sua costituzione secondo le norme di diritto pubblico, né lo svolgimento della sua attività in regime di monopolio, né tanto meno il rapporto di lavoro subordinato con l'organismo datore di lavoro" (Cass. n. n. 17109/2011).
Gli stessi sono inoltre autorizzati per legge a procedere all’identificazione degli interessati nel rispetto delle disposizioni di legge e di regolamento vigenti.
I soggetti convenzionati riversano il corrispettivo delle carte d’identità elettroniche rilasciate - previsto dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 25 maggio 2016 - e trattengono i diritti fissi e di segreteria.
Attualmente, la CIE viene stampata dal Poligrafico dello Stato, a un costo di € 16,79, a recupero dei costi di emissione.
A questo importo si aggiungono i diritti di segreteria e diritti fissi che spettano al Comune, stabiliti in massimo € 5,16 per diritto fisso e € 0,26 per diritto di segreteria, per un totale di € 22,21.
Il Comune può deliberare la riduzione o soppressione dei propri diritti; in molti casi le Amministrazioni hanno preso questa decisione anche per semplificare il pagamento da parte dei cittadini, soprattutto nel caso in cui avvenga per contanti, riducendo l’importo richiesto a 22,00 €.
Sul totale delle CIE emesse, il Ministero riconosce ai Comuni la cifra forfettaria di € 0,70 per ciascun documento.
Il comma 473 apporta alcune modifiche conseguenziali al codice dell’amministrazione digitale (CAD), stabilendo che le caratteristiche e le modalità per il rilascio della carta d’identità elettronica sono definite non con DPCM, come previsto dall’art. 66, co. 1, del D.Lgs. n. 82/2005, ma ai sensi del citato comma 2-bis dell’art. 7-vicies ter del D.L. n. 7/2005, che viene integrato dal precedente comma 472.
La disposizione richiamata rinvia, anche dopo le modifiche introdotte, ad un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ed il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l’Agenzia per l’Italia digitale, il Garante per la protezione dei dati personali e la Conferenza Stato-città autonomie locali, per la definizione delle caratteristiche tecniche, delle modalità di produzione, di emissione, di rilascio della carta d'identità elettronica, nonché di tenuta del relativo archivio informatizzato.
Articolo 1, commi 474-475
(Disposizioni in materia di notificazioni a mezzo posta)
Le disposizioni, introdotte dalla Camera dei deputati, intervengono sula disciplina delle notificazioni degli atti giudiziari a mezzo posta di cui alla legge n. 890 del 1982.
Il comma 474 modifica la disciplina della legge n. 890 del 1982 sulla notificazione postale degli atti giudiziari prevedendo che:
- non sia necessario il bollo dell’ufficio postale sull’avviso di ricevimento (lett. a) n. 1);
- i termini, che decorrono dalla notificazione eseguita per posta, qualora la data non risulti, ovvero sia comunque incerta, siano computati da quanto attestato sull'avviso medesimo dal punto di accettazione (anziché dall’ufficio postale) che lo restituisce (lett. a) n. 2);
- nel caso di smarrimento dell'avviso di ricevimento, qualora il mittente indichi un indirizzo di posta elettronica certificata, l’operatore fa una copia digitale (e non più analogica) dell’avviso di ricevimento e provvede entro 5 giorni (invece che in tre giorni) a trasmettere copia dell’avviso al mittente (lett. b);
- se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario, l'operatore postale gliene dà notizia con raccomandata il cui costo è a carico del mittente (lett. c);
- il piego è depositato entro due giorni (anziché entro il giorno successivo) dal tentativo di notifica alle persone abilitate che si siano rifiutate di riceverlo (lett.d).
Il comma 475 prevede che il termine del 1° giugno 2018, previsto dall’articolo 1, comma 97-quinquies, secondo periodo, della legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n, 190), in materia di smarrimento dell’avviso di ricevimento e delle conseguenti copie che l’operatore postale è incaricato a rilasciare dell’avvenuto recapito del piego raccomandato, anche in forma digitale, sia differito al 1° giugno 2019, in modo da consentire il completamento della disciplina regolatoria e la conclusione dei tempi di realizzazione da parte degli operatori postali. Sono fatti salvi i comportamenti tenuti dagli operatori postali sino alla data di entrata in vigore della presente legge.
Con riguardo al servizio di notificazioni a mezzo posta, più in generale, è opportuno ricordare che i commi 57 e 58 dell'articolo 1 della legge n. 124 del 2017 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza) ha previsto l'apertura al mercato della comunicazione, a mezzo posta, delle notificazioni di atti giudiziari e di violazioni del Codice della strada. In particolare, tali disposizioni hanno soppresso, a decorrere dal 10 settembre 2017, l’attribuzione in esclusiva alla società Poste italiane Spa (quale fornitore del Servizio universale postale) dei servizi inerenti le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari (ai sensi della legge 890/1982) nonché dei servizi inerenti le notificazioni delle violazioni del codice della strada ai sensi dell’art. 201 del Nuovo Codice della strada (D.lgs. n. 285/1992), introducendo nel decreto legislativo 261/1999 le necessarie disposizioni di coordinamento.
A seguito di tale intervento le notificazioni e le comunicazioni sopra indicate possono essere fornite oltre che dal fornitore del servizio postale universale (Poste italiane Spa, ai sensi della legge n. 261 del 1999, fino al 2026) ma anche dagli altri operatori postali che, secondo la legislazione vigente, possono fornire singole prestazioni rientranti nel servizio universale, a condizione che siano dotati dell’apposita licenza individuale rilasciata da parte del Ministero dello sviluppo economico.
Articolo 1, commi 476-478
(Celebrazioni ovidiane)
I commi 476-478 introdotti durante l’esame alla Camera, autorizzano l’impegno nel 2019 delle somme (relative al 2017 e al 2018) non impegnate entro il 2018, stanziate dalla L. 226/2017 per progetti di promozione, ricerca, tutela e diffusione della conoscenza della vita, dell'opera e dei luoghi legati alla figura di Ovidio.
Inoltre, prorogano (dal 31 dicembre 2018) al 31 dicembre 2019 il termine previsto per la realizzazione delle iniziative, per l’operatività del Comitato promotore delle celebrazioni ovidiane, nonché il termine, per la trasmissione, da parte del medesimo Comitato, al Presidente del Consiglio dei ministri, ai fini dell'invio alle Camere, di una relazione conclusiva sulle iniziative realizzate, insieme con il rendiconto sull'utilizzazione dei contributi ricevuti.
Più nello specifico, il comma 476, nell’autorizzare l’impegno nel 2019 delle somme non impegnate entro il 2018, dispone che ai relativi effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, pari a € 700.000 per il 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'art. 1, co. 349, della L. 208/2015, relativa al funzionamento degli Istituti afferenti al settore degli archivi e delle biblioteche, nonché degli altri istituti centrali e dotati di autonomia speciale del Mibac, pari a € 30 mln annui a decorrere dal 2016.
Si tratta della stessa autorizzazione di spesa utilizzata per la copertura degli oneri (per il 2017 e il 2018) dalla L. 226/2017.
I commi 477 e 478, ai fini sopra indicati, novellano l’art. 2, co. 1, e l’art. 3, co. 3 e 5, della medesima L. 226/2017, con riferimento agli anni nei quali possono essere realizzate le iniziative da finanziare e al termine per l’operatività del Comitato promotore delle celebrazioni e per l’invio della relazione conclusiva.
In particolare, il comma 478 consente di finanziare anche nel 2019 progetti di promozione, ricerca, tutela e diffusione della conoscenza della vita, dell'opera e dei luoghi legati alla figura del poeta latino Ovidio, a duemila anni dalla sua morte.
La L. 226/2017 ha dichiarato il 2017, nel quale sono ricorsi i duemila anni dalla morte di Publio Ovidio Nasone, "anno ovidiano" e ha riconosciuto meritevoli di finanziamento i progetti di promozione, ricerca, tutela e diffusione della conoscenza della vita, dell'opera e dei luoghi legati alla figura di Ovidio, da realizzare nel 2017 e nel 2018.
Ha, altresì, previsto:
- l'istituzione del Comitato promotore delle celebrazioni ovidiane, presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri – o da un suo delegato – e composto dal Ministro per i beni e le attività culturali e dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca – o da loro delegati –, dal presidente della regione Abruzzo, dal sindaco del comune di Sulmona, dal presidente del Consiglio di amministrazione della DMC (Destination Management Company) Terre d'amore in Abruzzo, e da tre personalità di chiara fama della cultura e letteratura latina, esperti della vita e delle opere di Ovidio, da nominare, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, con decreto interministeriale (MIBAC-MIUR);
- l’istituzione, da parte del Comitato promotore, di un Comitato scientifico, composto da non più di dieci personalità di chiara fama della cultura e letteratura latina, esperti della vita e delle opere di Ovidio – incluse, di diritto, le tre personalità di chiara fama facenti parte dello stesso Comitato promotore, tra le quali il Comitato scientifico elegge il proprio coordinatore –, che formula gli indirizzi generali per le iniziative da realizzare ai fini delle celebrazioni;
- la redazione, da parte del Comitato promotore, sulla base degli indirizzi del Comitato scientifico, di un programma di attività da realizzare, e l’individuazione dei soggetti attuatori di ogni attività.
In base alla legge, Il Comitato promotore dura in carica fino al 31 dicembre 2018, data entro la quale trasmette al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai fini dell'invio alle Camere, una relazione conclusiva sulle attività realizzate e il rendiconto sull'utilizzo dei contributi ricevuti. Gli stessi documenti, entro la medesima data, devono essere pubblicati sul sito web di cui il Comitato promotore deve dotarsi.
Al Comitato promotore è stato attribuito un contributo straordinario per lo svolgimento delle iniziative celebrative pari a € 350.000 per ciascuno degli anni 2017 e 2018. Una quota non inferiore al 20% di tali somme deve essere riservata agli interventi di recupero edilizio e riorganizzazione dei luoghi legati alla vita e all'opera di Ovidio.
Il Comitato nazionale per le celebrazioni è stato istituito, con l’integrazione dei tre esperti, con D.I. 474 del 31 ottobre 2018.
Articolo 1, comma 479
(Sostegno alle attività della Fondazione Cineteca Italiana di Milano e della Cineteca del Friuli)
Il comma 479 – introdotto durante l’esame alla Camera – inserisce la Fondazione Cineteca Italiana di Milano e la Cineteca del Friuli di Gemona del Friuli fra gli enti le cui attività sono sostenute dal Ministero per i beni e le attività culturali a valere sul Fondo per il cinema e l’audiovisivo.
A tal fine, novella l’art. 27, co. 3, lett. d), della L. 220/2016, il cui art. 13 ha istituito il Fondo suddetto, a decorrere dal 2017.
La L. 220/2016 ha ridefinito la disciplina relativa al cinema e all'audiovisivo, al fine di rilancio e di sviluppo del settore. Nello specifico, ha previsto l'istituzione, dal 2017, del Fondo suddetto, alimentato, a regime, con gli introiti erariali derivanti dalle attività del settore. Il finanziamento non può essere inferiore a € 400 mln annui.
Tra le differenti tipologie di intervento, una è costituita dai contributi per attività e iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva. In questo ambito, il Mibac eroga anche risorse a Istituto Luce-Cinecittà, anche per il funzionamento del Museo italiano dell'audiovisivo e del cinema, Biennale di Venezia, Centro sperimentale di cinematografia, Museo nazionale del cinema Fondazione Maria Adriana Prolo-Archivi di fotografia, cinema ed immagine, Fondazione Cineteca di Bologna.
Per ulteriori approfondimenti, si veda il Tema curato dal Servizio Studi della Camera.
Articolo 1, commi 480-487
(Semplificazione delle regole di finanza pubblica)
I commi da 480 a 487 innovano la disciplina vigente sulle regole di finanza pubblica relative all'equilibrio di bilancio degli enti territoriali, contenuta nella legge di bilancio per il 2017 ai commi 463 e seguenti (la maggior parte dei quali è conseguentemente abrogata). Le regioni a statuto speciale, le province autonome e gli enti locali, a partire dal 2019, e le regioni ordinarie, dal 2021, potranno utilizzare in modo pieno il risultato di amministrazione e il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa ai fini dell'equilibrio di bilancio, in ossequio a quanto disposto dal Giudice costituzionale.
Ai sensi del comma 480, le norme dettate dall'articolo costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, sulla cui base le regioni a statuto speciale, le province autonome, i comuni, le province, le città metropolitane e le province autonome concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica[16].
La materia relativa al coordinamento della finanza pubblica è ascritta alla competenza legislativa concorrente ai sensi, in particolare, dell'art.117, terzo comma. Spettano pertanto allo Stato la definizione di principi e alle regioni ordinarie (non citate nella disposizione in esame) l'adozione di disposizioni attuative e di dettaglio. Sulla base dei principi statali si fonda l'obbligo di partecipazione delle regioni e degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, ai fini della tutela economica della Repubblica.
Secondo la giurisprudenza costituzionale i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica si applicano anche alle autonomie speciali (esplicitamente richiamate nella disposizione in commento) "in quanto necessari per preservare l’equilibrio economico - finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81, 119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma, Cost)"[17].
Considerato che anche le regioni ordinarie sono tenute a concorrere alla finanza pubblica, si valuti l'opportunità di menzionare queste ultime fra gli enti territoriali elencati al comma 480 in quanto tenuti a concorrere alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica[18].
Il comma 481 dispone che, dal 2019, ai fini del conseguimento dell'equilibrio di bilancio per le autonomie speciali e gli enti locali[19] concorreranno sia il risultato di amministrazione, sia il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa, nel rispetto del D.Lgs. n.118 del 2011[20].
La nuova disciplina viene dichiaratamente introdotta in attuazione di due sentenze della Corte costituzionale (la n. 247 del 2017 e la n. 101 del 2018).
La Corte costituzionale, con la sent. n. 247 del 2017, nel rigettare la questione di legittimità prospettata con riferimento (fra l'altro) ad una disposizione legislativa in materia di pareggio di bilancio[21], fornisce una interpretazione costituzionalmente orientata della norma con riferimento alle regole sull'avanzo di amministrazione e sul fondo vincolato.
La Corte afferma infatti che "l’interpretazione non può che essere quella secondo cui l’avanzo di amministrazione rimane nella disponibilità dell’ente che lo realizza"[22] e che in ogni caso l’avanzo "non può essere oggetto di “prelievo forzoso” attraverso indirette prescrizioni tecniche"[23]; avverte inoltre che non può essere impedita la "naturale utilizzazione del fondo pluriennale vincolato, trasformandolo di fatto in un indebito contributo [..] agli obiettivi di finanza pubblica"[24].
Con la successiva sentenza n.101 del 2018[25], la Corte ha dichiarato l'incostituzionalità dell’articolo 1, comma 466, della legge n. 232 del 2016 (disposizione per molti aspetti analoga a quella oggetto della precedente sentenza) nella parte in cui:
i) "stabilisce che, a partire dal 2020, ai fini della determinazione dell’equilibrio del bilancio degli enti territoriali, le spese vincolate provenienti dai precedenti esercizi debbano trovare finanziamento nelle sole entrate di competenza”;
ii) "non prevede che l’inserimento dell’avanzo di amministrazione e del fondo pluriennale vincolato nei bilanci dei medesimi enti territoriali abbia effetti neutrali rispetto alla determinazione dell’equilibrio dell’esercizio di competenza".
La Corte, richiamando precedenti pronunce, ha affermato che "ove le norme [...] comunque riconducibili al coordinamento della finanza pubblica, precludessero l’utilizzazione negli esercizi successivi dell’avanzo di amministrazione e dei fondi destinati a spese pluriennali [...] il cosiddetto pareggio verrebbe [...] a configurarsi come “attivo strutturale inertizzato”, cioè inutilizzabile per le destinazioni già programmate e, in quanto tale, costituzionalmente non conforme agli artt. 81 e 97 Cost".
Il comma 482, in linea con quanto disposto nel precedente comma, dispone che le autonomie speciali e gli enti locali si considerano in equilibrio in presenza di un risultato di competenza dell’esercizio non negativo. Il rispetto di tale equilibrio viene desunto, per ciascun anno, dal prospetto della verifica degli equilibri allegato al rendiconto di gestione[26].
Il comma 483 opera un esplicito richiamo alla clausola di salvaguardia (di cui all'art.17, comma 13, della legge 196/2009) che demanda al Ministro dell'economia, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, l'adozione delle conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. Nell'operare tale rinvio, il comma circoscrive la facoltà di assumere iniziative al verificarsi di andamenti di spesa degli enti non coerenti con gli impegni finanziari assunti con l'Unione europea.
Tale disposizione va necessariamente interpretata alla luce dell'ordinamento costituzionale che riserva alle autonomie speciali un grado di autonomia particolarmente ampio, che trova fondamento nei rispettivi statuti, approvati con legge costituzionale.
In conseguenza dell'introduzione di nuove regole di finanza pubblica, il comma 484, primo periodo, dispone che cessino di avere applicazione dall'anno 2019:
1) le disposizioni della legge 232/2016 relative:
- all'obbligo in capo agli enti territoriali di concorrere alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica (art.1, commi 465);
- alle modalità con cui è assicurato il pareggio di bilancio (comma 466);
- agli adempimenti cui sono tenuti gli enti territoriali al fine del monitoraggio del rispetto dell'obiettivo del pareggio di bilancio (commi 468-474);
- alle sanzioni in caso di mancato conseguimento del saldo di bilancio e alle modalità con cui viene effettuato tale accertamento (commi 475-478; 480-481);
- al sistema premiale in favore degli enti territoriali (comma 469);
- alle iniziative attribuite al Ministro dell'economia qualora gli andamenti di spesa dei medesimi enti non siano coerenti con gli impegni assunti con l'unione europea (comma 482);
- all'assegnazione di spazi finanziari agli enti locali e alle regioni per investimenti, incluse le sanzioni per la mancata sottoscrizione di intese regionali, il non utilizzo degli spazi medesimi o il mancato rispetto di obblighi informativi (commi 485-493, 502[27], 505-508);
- al contributo chiesto alla regione Sicilia per gli anni 2017 e 2018 ai sensi dell'Accordo in materia di finanza pubblica del 2016 (comma 509);
2) le norme della legge 205/2017 relative agli effetti sul pareggio della chiusura delle contabilità speciali di protezione civile (art.1, commi 787-790[28]);
3) le disposizioni del decreto-legge 91/2017 volte ad agevolare il ricorso alle intese regionali a favore di spese per investimento (art.6-bis).
Il comma 484, al secondo periodo, stabilisce che, nonostante l'abrogazione disposta al periodo precedente, restano comunque fermi: i) gli obblighi (e la relativa disciplina)[29], per gli enti locali, di monitoraggio e di certificazione dell'equilibrio di bilancio (inteso come saldo non negativo) per l'anno 2018; ii) l’applicazione delle eventuali sanzioni in caso di mancato conseguimento dell'equilibrio per l'anno 2017 (accertato ai sensi dell'art.1, commi 477 e 478).
La disciplina sanzionatoria cui il comma 484, ultimo periodo, fa riferimento parrebbe essere quella recata all'art.1, comma 475, della legge n.232/2016[30].
Il richiamato comma 475 stabilisce una serie di sanzioni in caso di mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466[31]. In particolare:
a) l’ente locale è assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo di solidarietà comunale in misura pari all’importo corrispondente allo scostamento registrato;
b) nel triennio successivo la regione o la provincia autonoma inadempiente è tenuta a versare all'entrata del bilancio statale l'importo corrispondente ad un terzo dello scostamento registrato;
c) nell'anno successivo a quello di inadempienza l’ente non può impegnare spese correnti, per le regioni al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all’importo dei corrispondenti impegni effettuati nell’anno precedente ridotti dell'1 per cento;
d) nell'anno successivo a quello di inadempienza l’ente non può ricorrere all’indebitamento per gli investimenti;
e) nell'anno successivo a quello di inadempienza l’ente non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo ed è fatto divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi di tale divieto;
f) nell'anno successivo a quello di inadempienza il presidente, il sindaco e i componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui è avvenuta la violazione sono tenuti a versare al bilancio dell'ente il 30 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza spettanti nell'esercizio della violazione.
La disposizione in commento andrebbe peraltro interpretata in combinato disposto con l'art. 1, comma 2-sexies, del D.L. 91/2018 che, sempre in tema di sanzioni relative al mancato rispetto per l'anno 2017 del saldo di bilancio, ha disposto la loro non applicazione nei confronti delle province e delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della Sardegna.
Il comma 485 dispone in ordine all'applicazione della nuova disciplina nei confronti delle Regioni ordinarie, che avverrà a partire dall'anno 2021. Tale disposizione è frutto di un'intesa fra lo Stato e le regioni sancita al punto n.5) del dispositivo dell'Accordo sottoscritto in sede di Conferenza Stato-regione lo scorso 15 ottobre.
Le regioni hanno concordato con lo Stato che il pieno utilizzo dell'avanzo di amministrazione, riconosciuto dalla Corte costituzionale (v. supra, in relazione all'illustrazione del comma 481), venga posticipato al 2021. Inoltre, le parti hanno convenuto di verificare, in occasione della predisposizione della legge di bilancio per il 2020, la possibilità di anticipare la decorrenza dell'utilizzo, senza vincoli, dell'avanzo.
Il secondo periodo del comma 485, che recepisce il punto n.10) del medesimo Accordo, subordina l’efficacia del comma stesso al raggiungimento, entro il 31 gennaio 2019, dell’Intesa in Conferenza Stato regioni sulle risorse aggiuntive per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese nelle materie di competenza concorrente di cui ai DPCM previsti dai commi 60 e 66 dell'art.1 del disegno di legge.
Il comma 60[32] stabilisce che il riparto del fondo per gli investimenti delle amministrazioni centrali, istituito dal comma 58, è effettuato con D.P.C.M., previa acquisizione di un'intesa - nel caso in cui gli stanziamenti riguardino investimenti rientranti nelle materie di competenza concorrente - con gli enti territoriali interessati o in sede di Conferenza Stato-regioni.
Il comma 66 dispone che il riparto del fondo per gli investimenti degli enti territoriali, istituito dal comma 64, è effettuato con D.P.C.M. previa intesa in sede di Conferenza unificata.
Il comma 486, nel disporre l'abrogazione dell'articolo 43-bis del D.L. 50/2017, con cui sono attribuiti spazi finanziari ai comuni colpiti da recenti eventi sismici[33], stabilisce contestualmente che - con riferimento al saldo non negativo degli anni 2017 e 2018 - rimangono fermi per gli enti locali gli obblighi di certificazione degli investimenti realizzati[34] dagli stessi.
Il comma 487 reca disposizioni sulla copertura degli oneri finanziari recati dall'articolo in commento, che sono posti a carico del citato Fondo per gli investimenti degli enti territoriali.
La riduzione è pari a 404 milioni di euro per l’anno 2020, 711 milioni per l’anno 2021, 1.334 milioni per l’anno 2022, 1.528 milioni per l’anno 2023, 1.931 milioni per l’anno 2024, 2.050 milioni per l’anno 2025, 1.891 milioni per l’anno 2026, 1.678 milioni di euro per l’anno 2027 e 1.500 milioni a decorrere dall’anno 2028.
Articolo 1, commi 488-491
(Disapplicazione di sanzioni agli enti locali per violazioni del patto di stabilità e del pareggio di bilancio)
I commi 488-491, introdotti alla Camera, escludono, in specifiche ipotesi, l’applicazione delle sanzioni previste a carico degli enti locali per le violazioni della normativa sul patto di stabilità interno e sul pareggio di bilancio.
In particolare, si prevede che:
· per i comuni che hanno rinnovato i propri organismi in elezioni svoltesi nel 2018, non trova applicazione la sanzione consistente nel divieto di assumere personale a qualsiasi titolo (sanzione di cui all’articolo 1, comma 475, lett.e), della legge n.232/2016);
· per i comuni in stato di dissesto o pre-dissesto al momento in cui la violazione è stata accertata dalla Corte dei conti, non trovano applicazione le limitazioni amministrative previste dall’articolo 31, comma 26, della legge 183/2011 e dall’articolo 1, comma 723, della legge n.208/2015 (riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio, limiti agli impegni di spesa corrente, divieto di indebitamento per gli investimenti, divieto di assunzione di personale, riduzione delle indennità di funzione, obbligo di versare entro 60 giorni l’importo corrispondente allo scostamento di bilancio registrato);
· per i comuni in stato di dissesto che hanno adottato la procedura semplificata di accertamento e liquidazione dei debiti (di cui all’articolo 258 del TUEL), non trova applicazione la sanzione consistente nel divieto di assumere personale a qualsiasi titolo (sanzione di cui all’articolo 1, comma 475, lett.e), della legge n.232/2016) nel caso in cui il mancato raggiungimento del saldo obiettivo è diretta conseguenza del pagamento dei debiti residui mediante utilizzo di una quota dell’avanzo accantonato.
Articolo 1, comma 492
(Contabilità economico patrimoniale)
Il comma, aggiunto dalla Camera, consente agli enti locali con popolazione fino a 5.000 abitanti di non predisporre il bilancio consolidato.
Il comma 492, in particolare, dispone la soppressione della previsione, da parte dell'articolo 233-bis, comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali -TUEL), della scadenza dell'esercizio 2017 entro la quale gli enti locali con popolazione fino a 5.000 abitanti sono esonerati dalla predisposizione del bilancio consolidato.
Articolo 1, commi 493-504
(Misure per il rilancio degli investimenti e concorso alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario)
I commi da 493 a 504 recepiscono i contenuti dell'accordo in sede di Conferenza Stato regioni del 15 ottobre 2018.
Nel merito, si riduce il contributo alla finanza pubblica a carico delle regioni ordinarie per il 2020 in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n.103 del 2018 (comma 493), si attribuiscono alle regioni contributi per la realizzazione di nuovi investimenti (commi 494-501) e si stabilisce che tali contributi sono compensati, per pari importo, a titolo di concorso alla finanza pubblica per gli anni 2019-2010 (comma 502). Il comma 503 individua nel 31 gennaio 2019 il termine entro cui deve essere raggiunta l’Intesa in Conferenza Stato regioni sulle risorse aggiuntive per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese nelle materie di competenza concorrente.
I commi in esame recepiscono i punti da 1) a 4) e 6) e 10) dell'accordo, sottoscritto in sede di Conferenza Stato-regioni ai sensi dell'articolo 4 del D.lgs. 281/1997, tra Governo e Regioni in materia di concorso regionale alla finanza pubblica, di rilancio degli investimenti pubblici e sul riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese in attuazione delle sentenze della Corte costituzionale
Il comma 493 riduce di 750 milioni di euro il contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario, per il settore non sanitario, di cui all’articolo 46, comma 6, del D.L. 66/2014, per l’anno 2020. La finalità dichiarata nella disposizione è di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 103 del 2018.
L’art. 46, comma 6, dispone che le regioni a statuto ordinario sono tenute ad assicurare un contributo[35] alla finanza pubblica. Al primo periodo si stabilisce che detto contributo sia pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020. Con il secondo periodo, detto contributo è stato incrementato di 3.452 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015-2020.
Nella sentenza n.103 del 2018[36] la Corte costituzionale ha censurato l'estensione al 2020 (prevista dall'art.1, comma 527, della L. 232/2016) della vigenza dei contributi alla finanza pubblica di cui al comma 6, primo periodo. Si è determinata ad avviso della Corte una lesione dell'art.117, terzo comma, e dell'art.119 della Costituzione per l'inosservanza del canone di transitorietà[37] dei tagli di risorse imposti alle regioni. Ad essere cesurata è la terza proroga consecutiva del contributo alla finanza pubblica, che ha finito col raddoppiare la vigenza del taglio di 750 milioni annui dall'iniziale triennio 2015-2017 al periodo 2015-2020[38].
I commi 494 e 496 attribuiscono alle regioni ordinarie un contributo complessivo pari a 2.496,20 milioni di euro per il 2019 e a 1.746,20 milioni per il 2020 con la finalità di rilanciare e accelerare gli investimenti pubblici.
Per ciascuno degli anni considerati è previsto un riparto degli importi totali fra le singole regioni contenuto nelle tabelle 4 e 5 allegate al disegno di legge (e riportate a seguire, si vedano in particolare la seconda e la terza colonna). Tale riparto può essere modificato, a parità di risorse complessive stanziate, con accordo da sancire in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, entro il 31 gennaio 2019.
Tabella 4 - Riparto contributo statale alle Regioni per investimenti pubblici
(anno 2020)
Art.1, comma 494, del disegno di legge in commento.
Tabella 5 - Riparto contributo statale alle Regioni per investimenti pubblici
(anno 2020)
Art.1, comma 496, del disegno di legge in commento.
I commi 495 e 497 dispongono che i contributi complessivi (di cui ai commi 494 e 496) siano volti alla realizzazione di nuovi investimenti diretti e indiretti secondo una determinata scansione temporale del finanziamento nell'arco del quadriennio di riferimento (si vedano le colonne quarta, quinta, sesta e settima delle tabelle 4 e 5).
Rispetto al contributo complessivo per il 2019, il finanziamento da parte delle regioni per gli investimenti è pari ad almeno 800 milioni di euro per l’anno 2019 e 565,40 milioni per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 (comma 495).
Rispetto al contributo per il 2020, il finanziamento è pari ad almeno 343 milioni per l’anno 2020, 467,80 milioni per il 2021 e 467,70 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023 (comma 497).
Il comma 498 enuclea i criteri che consentono di definire come nuovi gli investimenti effettuati dalle regioni (e quindi legittimare l'utilizzo dei contributi di cui ai commi 494 e 496).
Occorre, nello specifico, che:
a) gli stanziamenti riguardanti le spese di investimento per il 2019, contenuti nel bilancio di previsione 2019-2021, siano maggiori rispetto a quanto previsto, per il medesimo esercizio 2019, nel precedente bilancio di previsione (2018-2020). Tale differenza deve essere almeno pari all'importo indicato nella tabella 4 relativamente al 2019;
b) gli stanziamenti per investimenti per il 2020, come iscritti nel bilancio di previsione 2019-2021, siano maggiori rispetto a quanto previsto, per il medesimo esercizio, nello scorso bilancio di previsione (2018-2020). In questo caso la differenza deve essere almeno pari alla somma degli importi indicati nelle precedenti tabelle 4 e 5 relativamente all’anno 2020;
c) per ciascuno degli esercizi 2021, 2022 e 2023, gli stanziamenti per spese di investimento iscritti a decorrere dal bilancio di previsione 2019-2021 registrino un incremento rispetto a quanto previsto relativamente all’esercizio 2020 nel bilancio 2018-2020. Tale incremento deve essere almeno pari alla somma degli importi indicati nelle precedenti tabelle 4 e 5 relativamente a ciascuno degli anni 2021 e 2022 e in misura almeno corrispondente agli importi indicati nella precedente tabella 5 relativamente all’anno 2023.
Ai sensi del comma 498 (lettera d)), gli investimenti sono verificati attraverso il sistema di monitoraggio delle opere pubbliche di cui al D.Lgs. 229/2011[39].
Gli investimenti sono realizzabili negli ambiti individuati al comma 499.
Si tratta dei seguenti:
a) messa in sicurezza degli edifici e[40] del territorio, anche ai fini dell'adeguamento e miglioramento sismico degli immobili;
b) prevenzione del rischio idrogeologico e tutela ambientale;
c) viabilità e trasporti;
d) edilizia sanitaria ed edilizia pubblica residenziale;
e) agevolazioni alle imprese, incluse la ricerca e l’innovazione.
Il comma 500 definisce i termini entro cui le regioni sono tenute ad adottare gli impegni finanziari (31 luglio di ciascuno degli anni previsti) per la realizzazione di tali investimenti e a certificare (31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento) l’avvenuto impegno degli stessi. Il Ministero dell’economia è chiamato a definire le modalità del monitoraggio e della certificazione (quest'ultima è effettuata tramite comunicazione alla Ragioneria generale dello Stato).
Sono poi previste (al comma 501) sanzioni in caso di mancato o parziale impegno delle risorse per la realizzazione dei richiamati investimenti. Esse consistono nell'obbligo della regione di effettuare un versamento all'entrata del bilancio dello Stato - entro il 31 maggio dell’anno successivo - per un importo corrispondente al mancato impegno. In assenza del versamento il recupero avviene a valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale.
Il comma 502 interviene sulla disciplina che impone alle regioni a statuto ordinario il concorso alla finanza pubblica, per il settore non sanitario, per gli esercizi finanziari 2019 e 2020.
Si ricorda che la disciplina vigente, richiamata dal comma in commento, pone in capo alle regioni, per gli anni a venire[41], i seguenti contributi alla finanza pubblica:
Con il comma 502 si recepisce uno dei punti qualificanti dell'Accordo sottoscritto in sede di Conferenza unificata il 15 ottobre scorso, in cui a compensazione (di parte) del concorso alla finanza pubblica per il settore non sanitario che la legislazione vigente richiamata prevede a carico delle regioni ordinarie per il biennio 2019-2020, le regioni rinuncino ai trasferimenti di cui alle richiamate tabelle 4 e 5.
Rimane comunque fermo l’obbligo delle regioni a statuto ordinario di effettuare gli investimenti di cui ai commi 495 e 497.
Nello specifico, il comma 502 stabilisce le modalità con cui le regioni a statuto ordinario sono tenute a perseguire il concorso alla finanza pubblica, nei limiti di un importo complessivamente pari a 2.496,20 milioni di euro per l’anno 2019 e 1.746,20 milioni per l’anno 2020.
Esso è realizzato:
a) nell’esercizio 2019 attraverso il mancato trasferimento da parte dello Stato del contributo per la realizzazione dei nuovi investimenti di cui al comma 494, con effetti positivi: i) in termini di saldo netto da finanziare per un importo pari a 2.496,20 milioni di euro; ii) in termini di indebitamento netto per un importo pari a 800 milioni di euro e per (i restanti) 1.696,20 milioni mediante il conseguimento di un avanzo di bilancio. Ciascuna regione è chiamata ad assicurare un saldo positivo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, secondo gli importi indicati nella (terza colonna della) tabella 6 (v. infra);
b) nell’esercizio 2020 attraverso il mancato trasferimento del contributo per la realizzazione di nuovi investimenti (di cui ai commi 494 e 496), con effetti positivi: i) in termini di saldo netto da finanziare per un importo pari a 1.746,20 milioni; ii) in termini di indebitamento netto per 908,40 milioni, mentre per i restanti importo pari a 837,80 milioni mediante il conseguimento di un valore positivo di bilancio secondo gli importi indicati nella (quarta colonna della) tabella 6.
Tabella 6 - Riparto del valore positivo del saldo positivo di bilancio che le Regioni assicurano a titolo di contributo alla finanza pubblica (anni 2019 e 2020)
Art.1, comma 507, del disegno di legge in commento.
Il comma 503[43], primo periodo, subordina l’efficacia delle disposizioni recate dai commi da 494 a 502 al raggiungimento, entro il 31 gennaio 2019, dell’Intesa in Conferenza Stato regioni sulle risorse aggiuntive per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese nelle materie di competenza concorrente di cui ai DPCM previsti dall'art.1, commi 60 e 66, del disegno di legge.
Il comma 60[44] stabilisce che il riparto del fondo per gli investimenti delle amministrazioni centrali, istituito dal comma 58, è effettuato con D.P.C.M., previa acquisizione di un'intesa - nel caso in cui gli stanziamenti riguardino investimenti rientranti nelle materie di competenza concorrente - con gli enti territoriali interessati o in sede di Conferenza Stato-regioni.
Il comma 66 dispone che il riparto del fondo per gli investimenti degli enti territoriali, istituito dal comma 64, è effettuato con D.P.C.M. previa intesa in sede di Conferenza unificata.
I commi da 494 a 503 acquistano comunque efficacia se non si raggiunge l'intesa entro il 31 gennaio e in assenza di una proposta di riparto delle risorse aggiuntive entro il 15 febbraio.
Al fine di evitare possibili criticità in sede attuativa dell'articolo, si potrebbe chiarire se un'eventuale proposta di riparto, successiva al 31 gennaio ma precedente al 15 febbraio, determini conseguenze in ordine al momento in cui le disposizioni di cui ai commi da 494 a 503 acquistano efficacia.
Ai sensi del comma 504, la copertura degli oneri dell'articolo (pari a 2.496,20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020) è assicurata mediante riduzione delle risorse del fondo investimenti enti territoriali di cui al comma 64.
Articolo 1, comma 505
(Premialità di spese per investimento delle regioni)
L’articolo 1, comma 505, introdotto alla Camera, stanzia 50 milioni di euro annui, dal 2021 al 2033, per la spesa di investimento delle regioni che aderiscono volontariamente alle misure, previste dall’articolo 6, comma 20, del DL 78/2010, di riduzione dei costi della pubblica amministrazione (riduzioni di spese per indennità e gettoni di presenza, riduzione dei componenti degli organi collegiali, riduzione delle spese per consulenze esterne, per missioni, per attività di formazione, per le autovetture di servizio).
La norma in esame reca una modifica al comma 20 dell'articolo 6 del decreto legge n. 78/2010, il quale dispone diverse misure di riduzione dei costi degli apparati amministrativi.
Tra le misure recate dall'articolo 6 si ricordano: la riduzione dei costi degli organi collegiali (commi 1-5); la riduzione del 10% del compenso degli organi di amministrazione e controllo di società non quotate del conto della P.A. e di società totalmente possedute dalle amministrazioni pubbliche (comma 6), i limiti per le amministrazioni pubbliche del conto P.A., incluse le autorità indipendenti, alle spese per studi, incarichi di consulenza, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità, missioni, formazione e per autovetture (commi 7-14).
In particolare, la norma recata al citato comma 20 dell’articolo 6 - oltre a disporre in merito all’applicazione delle disposizioni di risparmio contenute nell’articolo stesso – dispone una redistribuzione, tra le regioni a statuto ordinario, del 10% dei trasferimenti per il c.d. “federalismo amministrativo”, a vantaggio delle regioni che abbiano contenuto i compensi dei consiglieri regionali e che abbiano applicato “volontariamente” le misure di contenimento della spesa recate dallo stesso articolo 6.
Nel dettaglio, il comma 20 dell’articolo 6 del D.L. n. 78/2010, che viene qui novellato, stabilisce che dal 2011 una quota pari al 10 per cento dei trasferimenti erariali di cui all'art. 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. “federalismo amministrativo”) venga accantonata per essere successivamente svincolata e destinata alle regioni a statuto ordinario che hanno adempiuto a quanto detto sopra, vale a dire: che abbiano ridefinito gli emolumenti spettanti ai consiglieri regionali nell’ambito del “tetto” stabilito dall’art. 3 del D.L. n. 2/2010 e che abbiano aderito “volontariamente” alle norme di riduzione dei costi degli apparati amministrativi contemplate nell'articolo 6.
Ai fini ed agli effetti di cui al periodo precedente, si considerano adempienti le Regioni a statuto ordinario che, oltre ad aver rispettato il patto di stabilità, hanno registrato un rapporto uguale o inferiore alla media nazionale fra spesa di personale e spesa corrente, al netto delle spese per i ripiani dei disavanzi sanitari e del surplus di spesa rispetto agli obiettivi programmati dal patto di stabilità interno.
Tali disposizioni sono state attuate con il D.M. 21 dicembre 2012.
Ad integrazione di tale normativa, il comma 505 in esame aggiunge un periodo alla fine del comma 20, stanziando a decorrere dall’anno 2021 e fino al 2033 l’importo di ulteriori 50 milioni di euro annui (650 milioni complessivi) – in aggiunta, dunque, alle risorse accantonate di cui ai periodi precedenti - finalizzati a spesa di investimento delle regioni a statuto ordinario da attribuire in favore di quelle che hanno rispettato il parametro di virtuosità sopra illustrato (ossia rispetto del patto di stabilità e rapporto tra spesa di personale e spesa corrente “nettizzata” inferiore o uguale alla media nazionale), secondo i criteri definiti dal citato D.M. 21 dicembre 2012.
In merito il D.M. stabilisce quanto segue:
- la quantificazione della spesa di personale e della spesa corrente è effettuata sulla base dei dati trasmessi annualmente dalle regioni alla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale;
- la quantificazione delle spese per il ripiano dei disavanzi sanitari è effettuata sulla base dei dati tratti dai verbali del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti;
- ai fini dell'individuazione delle regioni che hanno rispettato il patto di stabilità interno e della quantificazione del surplus di spesa rispetto agli obiettivi programmati dal patto di stabilità interno, si procede sulla base dei dati trasmessi dalle regioni per il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno;
- la verifica del rispetto delle condizioni è effettuata sulla base dei dati relativi ai due anni precedenti a quello della effettiva erogazione delle risorse oggetto di accantonamento.
Si segnala che le risorse del comma in esame, pari a complessivi 650 milioni di euro, sono stanziate a valere sul Fondo per gli investimenti degli enti territoriali di cui all’articolo 1, comma 64, del disegno di legge.
Articolo 1, commi 506-509
(Compensazione dei crediti e dei debiti delle regioni e delle province autonome in materia di tassa automobilistica)
I commi 506-509 recano la conclusione definitiva delle compensazioni interregionali relative alla riscossione della tassa automobilistica per gli esercizi successivi al 2008, mediante un piano di rateizzazione della durata di 15 anni, dal 2020 al 2034.
Il comma 506 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze – (in particolare il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato) a effettuare, per ciascun anno dall’esercizio 2020 all’esercizio 2034 compreso, le compensazioni degli importi a credito e a debito di ciascuna regione e provincia autonoma, connesse alle entrate regionali derivanti dalla riscossione della tassa automobilistica. La norma precisa che le compensazioni sono a carico di somme a qualsiasi titolo corrisposte, con l’esclusione di quelle destinate al finanziamento della sanità, secondo gli importi della tabella 7 allegata al provvedimento in esame.
Ai sensi del comma 507, le compensazioni relative alle autonomie speciali sono effettuate nel rispetto delle norme statutarie e dei relativi ordinamenti finanziari.
La relazione illustrativa al riguardo rileva che la norma in esame discende da quanto deciso in sede di Conferenza delle regioni e province autonome, nella seduta del 21 giugno 2018, la quale ha approvato all’unanimità la tabella delle compensazioni dei debiti e crediti fra regioni in materia di tassa automobilistica per gli esercizi successivi al 2008.
Tali compensazioni, come chiarito ancora dalla relazione illustrativa, derivano dal fatto che ogni regione incassa, tramite gli intermediari abilitati dalla normativa nazionale (Poste, Tabaccherie e Agenzie automobilistiche), oltre alle tasse automobilistiche dovute dai soggetti residenti, anche le tasse di competenza delle altre regioni; non tutti gli incassi sono riversati dagli intermediari sulla base della competenza regionale e, pertanto, ciò porta a disallineamenti nei dati degli archivi della tassa automobilistica. A tale problematica si aggiungono gli errori commessi dai contribuenti, che possono provocare l’errata destinazione dei versamenti.
Le regioni, al fine di superare definitivamente la problematica delle compensazioni, si sono impegnate ad aderire, a decorrere dal 1° gennaio 2019, al servizio di pagamento pagoBollo, progettato e realizzato in collaborazione fra l’Agenzia per l’Italia Digitale e l’Automobile Club d’Italia e pienamente integrato con il Sistema pagoPA, che dovrebbe garantire una maggiore rispondenza tra quanto dovuto e quanto incassato e dunque ridurre al minimo la necessità di ricorrere a compensazioni successive. La relazione illustrativa ricorda infine come l’obbligo per le regioni di adesione al sistema pagoPA, è sancito dall’art. 5 del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD, D.Lgs. 82/2005) e dall’articolo 15, comma 5-bis, del D.L. 179/2012.
Quanto alla tassa automobilistica, si ricorda che le regioni a statuto ordinario sono titolari del gettito della tassa automobilistica a decorrere dal 1° gennaio 1993 (D.Lgs. 504/1992, articoli 23-27) e, a decorrere dal 1° gennaio 1999 (L.449/1999, articolo 17, comma 10), sono inoltre titolari delle competenze in materia di accertamento, riscossione, recupero, applicazione delle sanzioni, rimborsi e contenzioso.
Nelle regioni a statuto speciale Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Sardegna la tassa automobilistica è rimasto un tributo erariale, del cui gettito ricevono una compartecipazione la regione Valle d’Aosta (L. 690/1981, articolo 5, comma 6), nella misura di dieci decimi e la regione Sardegna (L.cost. 3/1948, articolo 8), nella misura di sette decimi. La regione Friuli Venezia Giulia non riceve compartecipazione alcuna. La compartecipazione all’imposta erariale è stata, invece, sostituita da un imposta propria nelle Province autonome di Trento e di Bolzano (D.Lgs. n. 268/1992, art. 3) a decorrere dal 1° gennaio 1999 e nella Regione siciliana (L.R. n. 16 del 2015) a decorrere dal 1° gennaio 2016.
Per tale ragione, come evidenziato nella relazione illustrativa, gli importi indicati nella tabella riferiti alla regione Friuli Venezia Giulia (cui non spetta alcuna compartecipazione alla tassa automobilistica) sono da attribuire al bilancio dello Stato, analogamente ai 3/10 degli importi riferiti alla regione Sardegna (in quanto alla regione spettano come detto i sette decimi).
Il comma 508 chiarisce che, con la norma in esame, si intendono concluse in via completa e definitiva le compensazioni in materia di tassa automobilistica per gli esercizi successivi al 2008.
Conseguentemente è abrogata la disciplina vigente che regola le compensazioni interregionali relative alla tassa automobilistica, stabilita dall’articolo 22-bis del decreto-legge n. 78 del 2009 (comma 509).
La norma citata autorizzava il MEF (RGS) a effettuare, se necessario anche in più anni, a carico di somme a qualsiasi titolo corrisposte, con l'esclusione di quelle destinate al finanziamento della sanità, le compensazioni degli importi a credito e a debito di ciascuna regione e provincia autonoma, connesse alle modalità di riscossione della tassa automobilistica sul territorio nazionale a decorrere dall'anno 2005, secondo gli importi da concordare in sede di Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Tale procedura era applicata nelle more della definizione di un meccanismo automatico di acquisizione dei proventi derivanti dalla riscossione della tassa automobilistica spettante a ciascuna regione e provincia autonoma in base alla legislazione vigente.
Articolo 1, comma 510
(Rapporti finanziari con le autonomie speciali)
Il comma 510 determina il contributo complessivo agli obiettivi di finanza pubblica delle regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia e Valle d’Aosta per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021. Il contributo al pagamento del debito pubblico richiesto a ciascuna autonomia dovrà essere determinato da accordi bilaterali con lo Stato (entro il 31 marzo 2019) ed è comunque definito in via provvisoria nel caso in cui non vengano raggiunti accordi.
La disposizione prevede che il contributo delle regioni a statuto speciale agli obiettivi di finanza pubblica deve essere concordato nell’ambito della definizione dei rapporti finanziari tra lo Stato e ciascuna autonomia, in ragione della particolare autonomia di cui esse godono, sancita da norme di rango costituzionale.
Gli accordi bilaterali dovranno concludersi entro il 31 marzo 2019, assicurare comunque il contributo complessivo stabilito in 2.376 milioni di euro per il 2019 e 2.476 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e tenere conto delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015, 154 del 2017 e 103 del 2018.
Le sentenze richiamate dal comma 510 in esame hanno ribadito da una parte la legittimità della richiesta dello Stato alle autonomie speciali di concorrere agli obiettivi di finanza pubblica, dall’altra il principio del metodo pattizio nella definizione dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali (pur se inteso come vincolo di metodo e non di risultato) e posto comunque dei limiti all’azione unilaterale dello Stato in caso di mancato accordo. Le misure imposte alle regioni dallo Stato – in questo caso il contributo al pagamento del debito pubblico – dovranno essere transitorie e la loro misura tale da consentire comunque all’ente di poter svolgere le funzioni ad essa attribuite dalle norme statutarie.
Le sentenze citate riassumono l’ampia e ormai consolidata giurisprudenza costituzionale sul concorso delle regioni a statuto speciale alla finanza pubblica. Le regioni a statuto speciale sono tenute come tutti gli altri enti a contribuire alla riduzione del debito; esse non possono per la loro specialità sottrarsi ai doveri costituzionali di solidarietà politica, economica e sociale di cui il coordinamento della finanza pubblica è espressione. Il loro ordinamento costituzionale fa sì che i rapporti finanziari tra Stato e singola regione debbano essere regolati dal principio dell’accordo inteso come «vincolo di metodo (e non già di risultato) e declinato nella forma della leale collaborazione». Anche se tale principio, in casi particolari, può anche essere derogato (nella forma consentita dagli statuti), permangono comunque dei limiti all’azione unilaterale dello Stato come la transitorietà delle misure e la possibilità per la regione di continuare a svolgere le funzioni ad essa attribuite. La Corte esorta inoltre il Governo ad evitare iniziative che si limitino ad estendere di volta in volta il limite temporale del concorso alla finanza pubblica, anziché ridefinire il quadro delle relazioni economiche. Quanto alla pretesa violazione del principio pattizio, nel caso di imposizione da parte statale di ulteriori contributi alla finanza pubblica, la Corte afferma (nella sentenza n. 154 del 2017, ripresa dalla sentenza n. 103 del 2018) che agli accordi sottoscritti fra Stato e Regioni non può riconoscersi, in generale, "un affidamento tutelabile in ordine all’immutabilità delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni. Non è, infatti, coerente con il carattere dinamico del coordinamento finanziario impedire alla legislazione statale di introdurre – fermo il metodo pattizio per le autonomie speciali – nuovi contributi alla finanza pubblica, ove non espressamente esclusi dagli accordi stipulati".
In caso di mancato accordo, il contributo al pagamento del debito pubblico per ciascun anno e ciascuna regione è determinato negli importi definiti nella tabella 8 allegata al disegno di legge. La norma precisa che gli importi relativi ai singoli esercizi potranno essere modificati da previa intesa con la regione interessata. Gli importi imputati alle regioni potranno inoltre essere modificati mediante accordi tra le regioni interessate (entro il 30 aprile e comunicati al Ministero dell’economia e delle finanze entro il 30 maggio) purché venga comunque assicurato il contributo complessivo.
Per ciascun esercizio, l’importo determinato nella citata tabella dovrà essere versato al bilancio dello Stato dalla regione entro il 30 aprile. In caso di mancato versamento il Ministero dell’economia e delle finanze provvederà a recuperare l’importo dovuto a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali spettanti alla regione.
Si ricorda che il sistema di finanziamento delle regioni a statuto speciale è basato sulle compartecipazioni ai tributi erariali che ciascuna regione riceve nelle quote stabilite da norme statutarie. Nella maggioranza dei casi le entrate spettanti di ciascun tributo sono versate direttamente sul conto infruttifero intestato alla regione presso la tesoreria dello Stato.
Per la regione Friuli-Venezia Giulia la norma precisa che resta fermo quanto stabilito dalla legge di stabilità 2011 (art. 1, comma 151, lett. a), legge 220/2010) che attribuisce alla regione la somma complessiva di 960 milioni di euro (con un piano di rateizzazione annuale fino al 2030) a titolo di arretrati per gli anni 2008 e 2009 per la definizione del contenzioso riguardante le quote delle ritenute IRPEF sui redditi da pensione spettanti alla regione.
La citata norma della legge di stabilità 2011 recepisce il protocollo d'intesa stipulato tra la regione Friuli Venezia Giulia e il Governo in data 29 ottobre 2010, con il quale è stato definito – tra l’altro - il contenzioso riguardante le quote delle ritenute IRPEF sui redditi da pensione spettanti alla regione a decorrere dal 2008, ai sensi dell'art. 49 dello statuto di autonomia (L.cost. 1/1963) e delle norme di attuazione recate dal D.Lgs. 137/2007.
Per la definizione del contenzioso, il comma 151 alla lettera a) riconosce alla regione, per le annualità 2008 e 2009, la somma complessiva di 960 milioni di euro a titolo di arretrati. La somma è attribuita alla regione secondo un piano di rateizzazione annuale fino al 2030, che vede per le annualità a decorrere dal 2016, l’attribuzione di 20 milioni di euro annui.
Nella norma in esame non vengono menzionate la regione Trentino-Alto Adige e le due Province autonome di Trento e di Bolzano in quanto il contributo dei tre enti agli obiettivi di finanza pubblica è già stato stabilito con l’accordo stipulato il 15 ottobre 2014, per gli anni dal 2018 al 2022. In recepimento dell’accordo, infatti, l’articolo 79 dello statuto di autonomia (DPR 670/1972) determina il contributo alla finanza pubblica, riferito al sistema territoriale regionale integrato, in termini di saldo netto da finanziare, in complessivi 905,315 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022.
L’articolo 79 dello statuto, modificato dalla legge di stabilità 2015 in attuazione dell’accordo del 15 ottobre 2014, disciplina il concorso dei tre enti agli obiettivi di finanza pubblica. In particolare il comma 4-bis determina il contributo alla finanza pubblica, riferito al sistema territoriale regionale integrato. Dei complessivi 905,315 milioni di euro, 15,9091 sono posti in capo alla Regione e la restante quota è ripartita tra le Province sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale. Il contributo è versato all'erario entro il 30 aprile di ciascun anno (comma 4-sexsies). Il comma 4-ter, inoltre, stabilisce che a decorrere dall'anno 2023, il suddetto contributo è rideterminato annualmente applicando al predetto importo la variazione percentuale degli oneri del debito delle PA.
Il comma 4 del medesimo articolo, infine, stabilisce che non sono applicabili alla Regione le disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all'erario o concorsi comunque denominati, diversi da quelli previsti dalle norme dello statuto sull'ordinamento finanziario delle stesse.
La norma, come esposto nella relazione tecnica, è neutrale per il bilancio dello Stato, in quanto i relativi effetti finanziari sono già scontati nei tendenziali di bilancio.
Di seguito si dà conto degli ultimi provvedimenti concernenti il contributo alla finanza pubblica richiesto alle restanti autonomie speciali interessate dalla norma in esame.
Per la regione Friuli-Venezia Giulia la legge di stabilità 2015, in attuazione del Protocollo di intesa del 23 ottobre 2014 ha determinato il contributo della regione agli obiettivi di finanza pubblica per gli anni 2014, 2015, 2016 e 2017 in termini di saldo netto da finanziare e di indebitamento netto (L. 190/2014, art. 1, commi 513 - 516 e 522 – 523). Successivamente la legge di bilancio 2018 (a seguito di accordo formalizzato in data 30 gennaio 2018) ha sancito il passaggio, anche per la regione Friuli-Venezia Giulia, alla disciplina del pareggio di bilancio a decorrere dal 2018 (comma 815). Al fine di dare seguito all’accordo del 2014, inoltre, viene in sostanza ridotto il contributo alla finanza pubblica richiesto alla regione per le annualità 2018 e 2019, di un importo pari a 120 milioni di euro per ciascun anno (comma 816).
Per la regione Sardegna, l’accordo sottoscritto il 21 luglio 2014 (recepito dal D.L. 133/2014, art. 42, commi 9-12), oltre a definire la misura del concorso alla finanza pubblica della regione, stabilisce per essa il passaggio alla disciplina del pareggio di bilancio a decorrere dall’anno 2015. Con la legge di bilancio 2018 (comma 851) la regione riceve un contributo pari a 15 milioni di euro per l'anno 2019, in attesa della definizione del complesso dei rapporti finanziari fra lo Stato e la regione Sardegna, anche in relazione alle sentenze della Corte costituzionale n.77 del 2015 e n.154 del 2017.
Per la regione Sicilia, l’accordo sottoscritto il 20 giugno 2016 con lo Stato è stato recepito dal decreto legge 113/2016 (art. 11 comma 4) e dalla legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 509-516), in relazione al concorso agli obiettivi di finanza pubblica, stabilisce l’applicazione, anche alla Regione siciliana, della normativa sul pareggio di bilancio. Per gli esercizi 2016 e 2017, tuttavia, per bilanciare le maggiori entrate attribuite con l’accordo, il saldo obiettivo dovrà essere pari rispettivamente a 227,88 e 577,51 milioni di euro. A decorrere dal 2018, invece, la regione è tenuta a garantire il pareggio di bilancio inteso come saldo non negativo, in termini di competenza, tra entrate finali e spese finali. Con il successivo accordo del 12 luglio 2017 è stata rideterminata la misura della compartecipazione regionale all’IVA, stabilito il contributo della Regione ai liberi consorzi di comuni (enti che hanno sostituito le province siciliane) e istituito un tavolo tecnico per la definizione del contenzioso finanziario pendente tra Stato e Regione al 31 dicembre 2016.
Per la regione Valle d’Aosta, con la legge di bilancio 2018 (comma 841), sono stati ridotti gli accantonamenti a carico della regione a titolo di concorso alla finanza pubblica di 45 milioni per il 2018, di 100 milioni per il 2019 e di 120 milioni annui a decorrere dal 2020. Anche quella norma è stata adottata nelle more della definizione dei rapporti tra lo Stato e la regione, attraverso la procedura pattizia. L’ultimo accordo bilaterale, sottoscritto il 21 luglio 2015, riguarda la definizione del patto di stabilità interno per il 2014 e 2015 e la definizione dei rapporti finanziari concernenti il subentro della regione allo Stato nei rapporti attivi e passivi con Trenitalia S.p.A. per i servizi di trasporto ferroviari locali in ambito regionale, nonché la definizione dei contenziosi pendenti tra Stato e regione.
Articolo 1, comma 511
(Minoranza italiana in Croazia e Slovenia e esuli istriani, giuliani e dalmati)
Autorizza la spesa di 1 milione di euro per l’anno 2019 per la prosecuzione degli interventi a favore della minoranza italiana in Croazia, Slovenia e Montenegro di cui alla legge 73/2001.
La disposizione, inserita durante l’esame alla Camera, autorizza la spesa di 1 milione di euro per l’anno 2019 per la prosecuzione degli interventi previsti dalla legge n. 73 del 21 marzo 2001, recante interventi a favore della minoranza italiana in Croazia, Slovenia e Montenegro.
La legge n. 73/2001 (Interventi a favore della minoranza italiana in Slovenia, in Montenegro e in Croazia), come modificata dall’art. 22, comma 8-quinquies del DL 50/2017[45] convertito, con modificazioni, dalla legge 96/2017, estende gli interventi a favore delle minoranze italiane in Slovenia e Croazia anche alla minoranza in Montenegro. In particolare, gli stanziamenti a favore di tali minoranze - di cui all’articolo 1, comma 2 della legge 73/2001 - devono essere utilizzati mediante convenzione da stipulare tra il MAECI, l'Unione italiana e l'Università popolare di Trieste, sentito il parere, da esprimere entro quarantacinque giorni dalla richiesta del Ministero degli affari esteri, della Federazione delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, o comunque delle singole associazioni. Detto stanziamento è finalizzato alla realizzazione di interventi ed attività, indicati dall'Unione italiana d'intesa con il MAECI e con la regione Friuli-Venezia Giulia, da attuare nel campo scolastico, culturale, dell'informazione nonché nel campo socio-economico.
La Convenzione annuale per il 2018, firmata il 31 luglio scorso, ha stanziato la somma di euro 3.388.250, per la realizzazione del Piano e Programma di lavoro dell’UI nel campo scolastico, universitario, culturale, artistico, socio-economico, della formazione, dei media e dell’informazione, delle attività delle Comunità degli Italiani, delle Istituzioni della CNI, delle borse studio per i giovani e altro ancora.
Il precedente rifinanziamento degli interventi di cui alla legge 73/2001 era stato disposto con l’articolo 1, comma 362 della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015)[46]. Il comma 362, inserito durante l’esame parlamentare del provvedimento, ha autorizzato la spesa di 3,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 per la prosecuzione degli interventi a favore della minoranza italiana in Slovenia e Croazia di cui alla legge n. 73 del 2001. Le risorse erano state appostate sui capitoli 4544 e 4547 dello stato di previsione del MAECI.
Articolo 1, commi 512-515
(Contributi alle province per la manutenzione di strade e scuole)
I commi da 512 a 515 disciplinano l’attribuzione alle Province delle Regioni a Statuto ordinario di un contributo di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 (complessivi 3,750 miliardi) per il finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole. Il contributo è ripartito, con decreto del Ministero dell’Interno, entro il 20 gennaio 2019, sulla base dei criteri indicati dalla norma.
Il comma 512 attribuisce un contributo di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 alle Province delle Regioni a Statuto ordinario da destinare al finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole.
I piani di sicurezza a valenza pluriennale relativi alla manutenzione delle scuole sono comunicati, una volta predisposti, al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ai fini del necessario coordinamento con la programmazione triennale nazionale e con i diversi piani e finanziamenti in materia di edilizia scolastica, secondo quanto disposto dal comma 513 (introdotto nel corso dell’esame alla Camera).
Il contributo è ripartito, con decreto del Ministero dell’Interno da emanarsi entro il 20 gennaio 2019, di concerto con il Ministero dell’Economia e Finanze e previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, secondo i seguenti criteri:
§ per il 50 per cento, da ripartire tra le Province che presentano una diminuzione della spesa per la manutenzione di strade e scuole nell’anno 2017, rispetto alla spesa media riferita al triennio 2010-2012, da assegnare in proporzione alla suddetta diminuzione;
§ per il 50 per cento, da ripartire tra le Province in proporzione all’incidenza determinata, al 31 dicembre 2018, dalla manovra di finanza pubblica rispetto al gettito 2017 dell’imposta Rc auto, dell’imposta provinciale di trascrizione, nonché del fondo sperimentale di riequilibrio.
Relativamente al Fondo sperimentale di riequilibrio, ai fini della formulazione della norma, si valuti l’opportunità di riferirsi alle “risorse assegnate per l’anno 2017 a titolo di Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale”.
La misura del concorso alla manovra di finanza pubblica delle Province, da considerare ai fini del calcolo della sua incidenza sulle entrate, è quella determinata dall’articolo 1, comma 418, della legge n. 190/2014 e dell’articolo 47 del D.L. n. 66/2014, tenuto conto delle riduzioni consentite ai sensi dell’articolo 1, commi 838 e 839, della legge n. 205/2017.
Il comparto delle province è stato interessato, a partire dal 2010, da una serie di misure finanziarie volte ad assicurare il concorso di tali enti al risanamento dei conti pubblici, in nome del principio del coordinamento della finanza pubblica, quantificato in importi via via più consistenti, anche in relazione all'aggravarsi della crisi economica e finanziaria.
Con il D.L. n. 66/2014 (art. 47), citato dalla norma in esame, il concorso alla finanza pubblica delle province è stato assicurato mediante la richiesta di risparmi di spesa corrente da versare al bilancio dello Stato, pari a complessivi 444,5 milioni per il 2014, 576,7 milioni per il 2015 e a 585,7 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2018, relativi alle seguenti categorie di spesa: spese per acquisto di beni e servizi, per autovetture, per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
Ma il concorso più rilevante è quello richiesto dall’art. 1, comma 418, legge n. 190/2014, che (anche a seguito della riforma avviata con la legge n. 56/2014 che limita il novero delle funzioni da esercitare dalle province/Città metropolitane) richiede alle province/Città metropolitane risparmi di spesa corrente nell'importo di 1 miliardo di euro per il 2015, di 2 miliardi per il 2016 e di 3 miliardi a decorrere dal 2017, da versare ad apposito capitolo del bilancio dello Stato.
A seguito delle conseguenti difficoltà economico-finanziarie del comparto, dal 2016 diversi sono stati i contributi trasferiti alle province e città metropolitane per l’esercizio delle funzioni fondamentali e, in particolare, in materia di strade e scuole. Alcuni di questi contributi[47], ai sensi del citato articolo 1, comma 839, della legge n. 205/2017, sono stati versati direttamente dal Ministero dell'interno all'entrata del bilancio dello Stato, a titolo di parziale concorso alla finanza pubblica da parte dei medesimi enti. Soltanto nel caso in cui i suddetti contributi eccedano il concorso alla finanza pubblica, il Ministero dell'interno provvede al trasferimento della parte eccedente all'ente interessato.
A garanzia del pieno utilizzo delle somme nell’anno di erogazione, il comma 1 dispone che le spese finanziate con le risorse assegnate a valere sul fondo in esame, per ogni annualità, devono essere liquidate o liquidabili per le finalità indicate entro il 31 dicembre di ogni anno, ai sensi del decreto legislativo n. 118/2011.
L’ultimo periodo del comma 512 prevede, infine, una integrazione alla disposizione, introdotta dalla legge di bilancio 2018, che ha dato facoltà alle province di procedere dal 2018 ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, da destinare, prioritariamente, alle attività in materia di viabilità ed edilizia scolastica (articolo 1, comma 845, legge n. 205/2017). L’integrazione è volta a precisare che tali assunzioni, relativamente alle attività di edilizia scolastica, sono riferite a figure ad alto contenuto tecnico-professionale di ingegneri, architetti, geometri, tecnici della sicurezza ed esperti in contrattualistica pubblica e codice degli appalti.
Alla copertura degli oneri derivanti dalla concessione del contributo in esame alle province si provvede a valere sulle risorse del Fondo investimenti enti territoriali, istituito dall’articolo 1, comma 64 del disegno di legge in esame, che viene a tal fine ridotto di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 (comma 514).
Il comma 515 stabilisce, infine, le modalità di monitoraggio degli interventi finanziati dal Fondo in esame, da effettuarsi secondo i criteri di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229 attraverso il sistema di monitoraggio delle opere pubbliche.
Per un quadro sulle procedure di monitoraggio delle opere pubbliche, come disciplinate dal decreto legislativo n.229 del 2011, si rinvia al box contenuto nel commento dell’articolo 1, comma 58 nel presente dossier.
Il comma impegna, altresì, le province beneficiarie dei contributi per interventi relativi alla manutenzione delle scuole ad assicurare l'aggiornamento dell'Anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica.
Articolo 1, comma 516
(Interventi bacino del Po)
Il comma 516, introdotto dalla Camera, istituisce nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo con una dotazione annua di 50 milioni di euro dal 2019 al 2023, per la messa in sicurezza dei ponti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali di sicurezza sul bacino del Po.
L’assegnazione delle risorse previste è disposta, a favore delle Città metropolitane, delle Province territorialmente competenti e dell’ANAS S.p.A., in relazione alla rispettiva competenza quali soggetti attuatori, con un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in Conferenza unificata.
Si precisa poi che l’assegnazione delle risorse viene effettuata in base ad un piano di classificazione dei progetti presentati, secondo criteri di priorità legati:
§ al miglioramento della sicurezza;
§ al traffico interessato;
§ e alla popolazione servita.
Si prevede, inoltre, la certificazione da parte dei soggetti attuatori in merito alla avvenuta realizzazione degli investimenti entro l’anno successivo a quello di utilizzazione dei fondi, attraverso apposita rendicontazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base delle risultanze del monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche di cui al D.Lgs. n. 229/2011.
Agli oneri derivanti dalla misure in commento si provvede con le risorse del Fondo per gli investimenti degli enti territoriali (articolo 1, comma 64).
In tema di messa in sicurezza di ponti e strade, l’articolo 1, commi 71-85, del presente provvedimento, assegna, per il periodo 2021-2033, contributi alle regioni a statuto ordinario e ai comuni per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio Per le regioni sono stanziati 135 milioni di euro annui dal 2021 al 2025, 270 milioni per il 2026, 315 milioni annui dal 2027 al 2032 e 360 milioni per il 2033, a valere sul fondo per gli investimenti degli enti territoriali (articolo 1, comma 64); lo stanziamento per i comuni è pari a 250 milioni di euro annui dal 2021 al 2025, 400 milioni per il 2026, 400 milioni annui dal 2027 al 2032 e 500 milioni per il 2033, sempre a valere sul citato fondo per gli investimenti degli enti territoriali.
Si ricorda inoltre che l'articolo 15-quater del D.L. n. 147/2017 ha autorizzato una spesa nei limiti di 35 milioni di euro per il 2017, a valere sulle risorse del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese (articolo 1, comma 140, della legge n. 232/ 2016 - legge di bilancio 2017, poi rifinanziato dall'art. 1, comma 1072, della legge n. 205/2017 - legge di bilancio 2018), con la finalità di realizzare gli interventi di emergenza per la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali provinciali di connessione insistenti sul fiume Po.
Le risorse sono state trasferite alle province interessate con il D.M. 1° febbraio 2018 (G.U. n. 98/2018), che ha previsto interventi di messa in sicurezza di nove ponti, in condizioni emergenziali, insistenti sul fiume Po, con indicazione dei singoli ponti beneficiari del finanziamento statale e i relativi soggetti attuatori.
In tale ambito, ulteriori risorse sono state poi assegnate, sempre a valere sulle risorse del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, per effetto dell’art. 1, comma 1076, della legge n. 205/ 2017, per gli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane, in cui si autorizza la spesa di 120 milioni di euro per il 2018 e di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023, ripartiti dal D.M. 16 febbraio 2018 (G.U. n. 100/2018).
In merito agli specifici interventi infrastrutturali incidenti sul fiume Po, nella risposta all’interrogazione 5-00147 del mese di luglio 2018, il Governo ha precisato che è in corso una valutazione specifica per l'estensione del finanziamento agli altri ponti esistenti che necessitano di interventi manutentivi e conservativi, impegnandosi inoltre nella pianificazione per la realizzazione di un nuovo ponte della Becca in prossimità di quello storico che assorba tutto il traffico pesante attraverso un intervento che potrebbe essere realizzato anche nell'ambito del Contratto di programma ANAS, previa ripresa in carico da parte dello Stato della ex strada statale n. 617 Bronese.
Articolo 1, comma 517
(Fondo sperimentale di riequilibrio delle province)
Il comma 517 rende permanenti le disposizioni relative alle modalità di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio delle province e delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, nonché quelle per la determinazione dei trasferimenti erariali non fiscalizzati da corrispondere alle province appartenenti alla regione Siciliana e alla regione Sardegna.
In particolare, il comma 517 mette a regime le modalità di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio provinciale che, adottate a partire dal 2013 con decreto del Ministro dell'interno 4 maggio 2012, sono state via via confermate annualmente per gli esercizi successivi da specifiche disposizioni di legge, da ultimo, all’anno 2018, dall’articolo 1, comma 1 del D.L. n. 91/2018.
A tal fine, il comma 517 novella l’articolo 4, comma 6-bis, del D.L. n. 210/2015, che prevede l’applicazione del D.M. 4 maggio 2012 per le modalità di riparto del Fondo e l’emanazione di un decreto annuale del Ministero dell'interno per la ricognizione delle risorse da attribuire a ciascuna provincia.
Il citato D.M. 4 maggio 2012 prevede i seguenti criteri di riparto:
a) il 50% in proporzione al valore della spettanza figurativa dei trasferimenti fiscalizzati di ciascuna provincia;
b) il 38% in proporzione al gettito della soppressa addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, negli importi quantificati per ciascuna provincia nel documento della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale in data 22 febbraio 2012;
c) il 5% in relazione alla popolazione residente;
il 7% in relazione all'estensione del territorio provinciale.
Si rammenta che il Fondo sperimentale di riequilibrio per le province delle regioni a statuto ordinario è stato istituito dall'articolo 21 del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, attuativo della legge delega sul federalismo fiscale (L. n. 42/2009), per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attribuzione alle province dell’autonomia di entrata. Esso è operante dal 2012, e la sua durata si protrarrà fino all’istituzione del fondo perequativo vero e proprio destinato ad operare a regime, disciplinato dall’articolo 23 del medesimo D.Lgs. n. 68/2011.
Il Fondo è alimentato dal gettito della compartecipazione provinciale all’IRPEF, la cui aliquota è determinata in misura tale da compensare la soppressione dei trasferimenti erariali ed il venir meno delle entrate legate all’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, anch’essa soppressa dall’anno 2012.
La soppressione dei trasferimenti erariali delle province è stata attuata con il D.P.C.M. 12 aprile 2012, nell’importo di 1.039,9 milioni[48]. Il Fondo sperimentale di riequilibrio è stato di conseguenza determinato per il 2012 nel medesimo ammontare di risorse, pari a 1.039,9 milioni, con il D.M. Interno 4 maggio 2012, e ripartito tra le province delle regioni a statuto ordinario sulla base dei criteri recati dal D.M. medesimo. Negli anni successivi, l’ammontare complessivo di risorse finanziarie lorde a titolo di Fondo sperimentale di riequilibrio è stato sostanzialmente confermato.
Va segnalato che le disponibilità di bilancio del fondo sperimentale di riequilibrio delle province sono state significativamente erose nel corso di questi anni per effetto delle manovre di finanza pubblica e delle riduzioni disposte da diversi provvedimenti normativi che ne hanno, di fatto, inficiato la finalità perequativa ad esso assegnata dal legislatore. La sovrapposizione di siffatti provvedimenti di contenimento ed il cumulo degli effetti degli stessi hanno prodotto, infatti, un sostanziale azzeramento del Fondo.
Nel bilancio di previsione per il 2019 (cap. 1352/Interno), il Fondo presenta una dotazione di 106,5 milioni per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021[49].
Il comma in esame interviene anche in merito alla determinazione dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione da corrispondere in favore delle province appartenenti alla regione Sicilia e alla regione Sardegna, confermando a regime l’applicazione delle norme applicate negli anni precedenti.
Si tratta delle disposizioni recate dall'articolo 10, comma 2, del D.L. 6 marzo 2014, n. 16[50], cui rinvia l’articolo 4, comma 6-bis, del D.L. n. 210/2015 che viene qui novellato.
La norma riguarda i trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione (vale a dire quei trasferimenti residuali degli enti locali delle regioni a statuto ordinario che, in linea di massima, non presentando il carattere della generalità e della permanenza, non sono stati soppressi dai provvedimenti attuativi del federalismo fiscale) nonché i trasferimenti erariali spettanti agli enti locali di alcune regioni a Statuto speciale, che non rientrano ancora nel sistema del federalismo fiscale, necessari a finanziare i bilanci e le funzioni ad esse attribuite.
Si tratta delle sole Regioni Sicilia e Sardegna in quanto, soltanto in queste regioni - contrariamente a quanto avviene nelle altre regioni a statuto speciale - la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato[51].
Tali trasferimenti continuano ancora ad essere assegnati agli enti come spettanza ed erogati dal Ministero dell’interno alle scadenze indicate nel suo decreto del 21 febbraio 2002[52]
Articolo 1, commi 518-521
(Utilizzo del risultato di amministrazione
per gli enti in disavanzo)
I commi introducono la facoltà per gli enti locali in disavanzo di utilizzare, pur con alcune limitazioni, il risultato di amministrazione.
Il comma 518, in particolare, dispone che è comunque consentita ? quindi anche agli enti in disavanzo oltre che a quelli in avanzo ? l’applicazione al bilancio di previsione della quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione per un importo non superiore a quello del risultato di amministrazione complessivo come risultante dal relativo prospetto (in particolare dalla lettera A)) al 31 dicembre dell'esercizio precedente[53].
La quota del risultato di amministrazione come sopra definita è applicata al bilancio di previsione al netto della quota minima obbligatoria accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità e del fondo anticipazioni di liquidità. È quindi incrementata dell'importo del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione.
Nelle more dell'approvazione del rendiconto dell'esercizio precedente, gli elementi da applicare si individuano con riferimento al prospetto riguardante il risultato di amministrazione presunto allegato al bilancio di previsione. In caso di esercizio provvisorio, si fa riferimento al prospetto di verifica del risultato di amministrazione effettuata sulla base dei dati di preconsuntivo di cui all'articolo 42, comma 9, del decreto legislativo n. 118 del 2011 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) per le regioni e di cui all'articolo 187, comma 3-quater, del decreto legislativo n. 267 del 2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - TUEL) per gli enti locali.
Il comma introduce inoltre una sanzione per gli enti in ritardo nell’approvazione dei propri rendiconti, stabilendo che questi non possono beneficiare della facoltà concessa dal comma medesimo.
Il comma 519 disciplina il caso in cui l’importo riportato alla lettera A) del prospetto del risultato di amministrazione risulti negativo o inferiore alla quota minima obbligatoria accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità e al fondo anticipazioni di liquidità. In tal caso gli enti possono applicare al bilancio di previsione la quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione per un importo non superiore a quello del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione.
Il comma 520, nel confermare l'applicazione delle modalità di utilizzo delle quote accantonate e vincolate del risultato di amministrazione previste dai commi 1 e 2 alle regioni a statuto ordinario, dispone che queste ultime non dovranno operare la nettizzazione del fondo anticipazione di liquidità.
Il comma 521 dispone che per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano la misura di cui all’ultimo periodo del comma 518 si applica in caso di ritardo nell’approvazione del rendiconto da parte della Giunta per consentire la parifica delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti e che resta ferma l’applicazione al bilancio della quota accantonata del risultato di amministrazione prevista dall’articolo 1, commi 692 e seguenti, della legge n. 208 del 2015.
Articolo 1, comma 522
(Spese per lavori pubblici urgenti degli enti locali)
Il comma 522, aggiunto dalla Camera, semplifica le modalità di riconoscimento, da parte delle Giunte degli enti locali, delle spese per lavori pubblici urgenti cagionati da eventi eccezionali e imprevedibili.
Il comma modifica l'art. 191, comma 3, del Testo unico degli enti locali (di cui al decreto legislativo 267/2000). In particolare, l'articolo 191, comma 3, nel testo risultante dalla modifica apportata dal comma in esame prevede che la Giunta di un ente locale possa sottoporre alla deliberazione consiliare il riconoscimento della legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da tali spese anche nell’ipotesi in cui non ricorra la circostanza della dimostrata insufficienza dei fondi specificamente previsti in bilancio per tali finalità.
Articolo 1, commi 523-525
(Semplificazione adempimenti contabili degli enti locali)
I commi 523-525 semplificano gli adempimenti contabili degli enti locali, prevedendo, a decorrere dal bilancio di previsione per il 2019, unicamente l’invio dei bilanci di previsione e dei rendiconti alla banca dati delle amministrazioni pubbliche.
In particolare, la disposizione prevede che l’invio dei bilanci alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP) sostituisce la redazione e la trasmissione al Ministero dell’interno delle certificazioni sui principali dati del bilancio e del rendiconto (comma 1), attualmente richieste dall’articolo 161 del decreto legislativo n. 267/2000 (Testo unico degli enti locali), che viene conseguentemente sostituito (comma 2).
Specifiche certificazioni sui principali dati finanziari potranno tuttavia essere sempre richieste, in relazione a dati non presenti nella BDAP, dal Ministero dell’interno, secondo modalità stabilite con decreto del Ministero dell’interno, previo parere dell’ANCI e dell’UPI. In ogni caso le certificazioni sono firmate dal solo responsabile del servizio finanziario (anche sotto questo profilo si consegue una semplificazione amministrativa, posto che attualmente il citato articolo 161 prevede che le certificazioni siano firmate dal segretario, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziario).
In caso di mancato invio dei bilanci di previsione, dei rendiconti e del bilancio consolidato alla BDAP entro 30 giorni dal termine stabilito per la loro approvazione (e non più “dalla loro approvazione”, come attualmente stabilito dall’articolo 9, comma 1-quinquies, del DL 113/2016), è prevista la sanzione consistente nella sospensione dei pagamenti delle risorse finanziarie a qualsiasi titolo dovute agli enti locali dal Ministero dell’interno (Dipartimento per gli affari interni e territoriali), ivi comprese quelle a titolo di fondo di solidarietà comunale (sanzione già stabilita dall’articolo 161, comma 3, del d.lgs. n.267/2000) e il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo (sanzione già stabilita dall’articolo 9, comma 1-quinquies, del DL 113/2016).
In sede di prima applicazione, con riferimento al bilancio di previsione per il 2019, la sanzione prevista dall’articolo 161, comma 3, del d.lgs. n.267/2000 (sospensione dei pagamenti) si applica a decorrere dal 1° novembre 2019.
L’articolo 161 del decreto legislativo n.267/2000 (Testo unico degli enti locali) attualmente prevede che “i comuni, le province, le città metropolitane, le unioni di comuni e le comunità montane sono tenuti a redigere apposite certificazioni sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto della gestione ed a trasmetterli al Ministero dell'interno. Le certificazioni sono firmate dal segretario, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziario” (comma 1). “La mancata trasmissione del certificato, da parte dei comuni e delle province, comporta la sospensione del pagamento delle risorse finanziarie a qualsiasi titolo dovute dal Ministero dell'interno, ivi comprese quelle a titolo di fondo di solidarietà comunale”.
L’articolo 9, comma 1-quinquies, del D.L. n. 113/2016, stabilisce il divieto per gli enti territoriali di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione (anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, compresa la stipula di contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi) in caso di mancato rispetto dei termini previsti per l’approvazione di determinati documenti contabili (quali il bilancio di previsione, il rendiconto ed il bilancio consolidato) nonché per l'invio dei relativi dati entro 30 giorni dalla loro approvazione alla Banca dati delle pubbliche amministrazioni.
Articolo 1, comma 526
(Disapplicazione di norme per i Comuni che approvano i bilanci entro i termini di legge)
Il comma 526, introdotto alla Camera, prevede un trattamento normativo più favorevole per i comuni (e le loro forme associative) che approvano i bilanci entro i termini previsti dal TUEL (Testo unico enti locali di cui al D.Lgs. n. 267/2000).
Il comma 526, introdotto alla Camera, prevede un trattamento normativo più favorevole per i comuni (e le loro forme associative) che approvano i bilanci entro i termini previsti dal TUEL (Testo unico enti locali di cui al D.Lgs. n. 267/2000), ossia il bilancio consuntivo entro il 30 aprile dell’anno successivo e il bilancio preventivo entro il 31 dicembre dell'anno precedente all’esercizio di riferimento.
In particolare, si prevede che, a decorrere dall’esercizio 2019, a tali enti non si applicano una serie di disposizioni che prevedono:
· l’obbligo di comunicazione al Garante delle telecomunicazioni delle spese pubblicitarie effettuate nel corso di ogni esercizio finanziario, con deposito di riepilogo analitico (di cui all’articolo 5, commi 4 e 5, della legge n.67/1987);
· l’obbligo di adozione, ai fini del contenimento delle spese di funzionamento, di piani triennali per l'individuazione di misure finalizzate alla razionalizzazione dell'utilizzo delle dotazioni strumentali che corredano le stazioni di lavoro nell'automazione d'ufficio, delle autovetture di servizio, dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio (articolo 2, comma 594, della legge n.2004/2007);
· l’obbligo di contenere le spese di missione (che non possono superare il 50% della spesa sostenuta nel 2009 e il 30% della spesa sostenuta nel 2011) e le spese per acquisto, manutenzione e noleggio di autovetture (che non possono superare l’80% della spesa sostenuta nel 2009 ) (articolo 6, commi 12 e 14, del decreto-legge n. 78/2010 e articolo 5, comma 2, del decreto-legge n.95/2012);
· l’obbligo di attestare con idonea documentazione, da parte del responsabile del procedimento, che gli acquisti di immobili siano indispensabili e non dilazionabili (articolo 12, comma 1-ter, del decreto-legge n.98/2011);
· specifici obblighi volti a ridurre, anche attraverso il recesso contrattuale, le spese per locazione e manutenzione di immobili (articolo 24 del decreto-legge n.66/2014)
Articolo 1, commi da 527 a 529
(Fondo pluriennale vincolato per i lavori pubblici )
L’articolo 1, commi 527-529, detta norme volte a favorire gli investimenti degli enti territoriali, prevedendo che le economie riguardanti le spese di investimento per lavori pubblici concorrono alla determinazione del Fondo pluriennale vincolato, secondo modalità definite con decreto interministeriale (del Ministero dell’economia e finanze e del Ministero dell’interno) da adottare entro il 30 aprile 2019.
L’articolo 1, commi 527-529 prevede che le economie riguardanti le spese di investimento per lavori pubblici concorrono alla determinazione del Fondo pluriennale vincolato, secondo modalità definite con decreto del Ministero dell’economia e finanze (Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato) e del Ministero dell’interno (Dipartimento per gli affari interni e territoriali) da adottare entro il 30 aprile 2019, su proposta della Commissione per l’armonizzazione contabile degli enti territoriali.
L’intervento è volto ad aggiornare la disciplina del fondo pluriennale vincolato riguardante i lavori pubblici (definita sulla base del vecchio codice dei contratti pubblici) al fine di adeguare il principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria (previsto dall’allegato 2/4 al decreto legislativo n.118/2011) al nuovo codice dei contratti pubblici (adottato con decreto legislativo n.50/2016).
Secondo la relazione illustrativa l’aggiornamento della disciplina del fondo pluriennale vincolato “determina il superamento degli ostacoli di natura contabile alla realizzazione degli investimenti pubblici”.
A tal fine vengono modificati l’articolo 56, comma 4, del decreto legislativo n.118/2011, e gli articoli 183, comma 3, e 200, comma 1-ter, del decreto legislativo n.267/2000 (quest’ultimo per mere finalità di coordinamento normativo).
L’articolo 56, comma 4, del decreto legislativo n.118/2011 e l’articolo 183, comma 3, del decreto legislativo n.267/2000 (Testo unico degli enti locali), di contenuto sostanzialmente analogo, attualmente prevedono che le economie riguardanti le spese di investimento per lavori pubblici, esigibili negli esercizi successivi, effettuate sulla base della gara (formalmente indetta) per l'affidamento dei lavori, concorrono alla determinazione del fondo pluriennale vincolato, mentre in mancanza di aggiudicazione definitiva, entro l'anno successivo le economie di bilancio confluiscono nell'avanzo di amministrazione vincolato per la riprogrammazione dell'intervento in conto capitale ed il fondo pluriennale è ridotto di pari importo.
Il Fondo pluriennale vincolato è stato previsto dall’articolo 9 della legge n.243 del 2012, che in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione ha introdotto norme per assicurare l’equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali, stabilendo che si considerano in equilibrio i bilanci che, sia nella fase di previsione che di rendiconto, registrano un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali. Il fondo pluriennale vincolato è un saldo finanziario, costituito da risorse già accertate destinate al finanziamento di obbligazioni passive dell'ente già impegnate, ma esigibili in esercizi successivi a quello in cui è accertata l'entrata. Si tratta, più precisamente, di un saldo finanziario che garantisce la copertura di spese imputate agli esercizi successivi a quello in corso, prevalentemente di conto capitale. Esso, che in taluni casi prescinde dalla natura vincolata o destinata delle entrate che lo alimentano, risulta immediatamente utilizzabile a seguito dell'accertamento delle entrate che lo finanziano, consentendo in tal modo di poter procedere all'impegno delle spese esigibili nell'esercizio in corso (la cui copertura è costituita dalle entrate accertate nel medesimo esercizio finanziario), e all'impegno delle spese esigibili negli esercizi successivi (la cui copertura è effettuata dal fondo). In altri termini, il fondo pluriennale vincolato è lo strumento che gestisce e rappresenta contabilmente la distanza temporale intercorrente tra l’acquisizione delle risorse e il loro effettivo impiego, nei casi in cui le entrate vincolate e le correlate spese sono accertate e impegnate nel corso del medesimo esercizio e imputate a esercizi differenti.
Per approfondimenti sul funzionamento del Fondo pluriennale vincolato si rinvia al seguente link.
Per quanto concerne il decreto legislativo n.118/2011 e i principi contabili applicati, volti all’armonizzazione della contabilità di regioni ed enti locali, si rinvia al seguente link.
Articolo 1, commi da 530 a 533
(Programma straordinario per le periferie urbane)
I commi da 530 a 533 intervengono sulle risorse destinate al programma straordinario per le periferie urbane, prevedendo che le convenzioni in essere con 96 enti beneficiari (successivi ai primi 24 beneficiari), producano effetti finanziari dal 2019. Viene quindi superato quanto stabilito, da ultimo, dal D.L. 91/2018 (cd. proroga termini), che per tali 96 enti aveva previsto il congelamento delle risorse per il 2019. Tali effetti sono limitati unicamente al rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate. Le risorse relative alle economie di spesa prodotte nel corso degli interventi rimangono nel Fondo di provenienza, per essere destinate a interventi per spese di investimento dei Comuni e delle città metropolitane. La norma dà seguito all’accordo raggiunto in Conferenza unificata il 18 ottobre 2018 tra il Governo e i rappresentanti delle autonomie territoriali.
Le norme in esame intervengono sulle risorse destinate al Programma straordinario per le periferie urbane , dando seguito all’accordo raggiunto in Conferenza unificata il 18 ottobre 2018 tra il Governo e i rappresentanti delle autonomie territoriali e, quindi, superando quanto stabilito, da ultimo, dal DL 91/2018 (cd. proroga termini), che aveva previsto il congelamento delle risorse per il 2019 per 96 enti beneficiari.
Il comma 530 prevede la revoca delle risorse finanziarie derivanti da eventuali economie di gestione o comunque realizzate in fase di appalto, o in corso d’opera, nonché gli eventuali ulteriori residui relativi ai finanziamenti assegnati per la realizzazione dei progetti inseriti nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia (di seguito “Programma”) di cui all’articolo 1, commi da 974 a 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Le risorse in questione rimangono acquisite al fondo a tale scopo istituito nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri o, se finanziate ai sensi dell’articolo 1, commi 140 e 141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, al Fondo sviluppo e coesione. Le medesime risorse sono destinate, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, al finanziamento di spese di investimento dei comuni e delle città metropolitane.
Il comma 531 stabilisce che le convenzioni stipulate nell’ambito del Programma producono effetti nel corso dell’anno 2019, ma unicamente con riguardo al rimborso delle spese sostenute e certificate dagli enti beneficiari in base al cronoprogramma.
Il comma 532 dispone che al rimborso delle spese sostenute e certificate si provvede mediante utilizzo dei residui iscritti sul Fondo di sviluppo e coesione per le medesime finalità (la Relazione tecnica, sulla base dei cronoprogrammi trasmessi dagli enti, stima le spese da rimborsare in 450 milioni per il 2019, a fronte di residui nel FSC, per la medesima finalità, pari a 530 milioni di euro).
Il comma 533 prevede che entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli enti beneficiari provvedono all’adeguamento delle convenzioni già sottoscritte.
La legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi da 974 a 978, della legge 208/2015) ha stabilito procedure finalizzate alla predisposizione di un "Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di province. Per il finanziamento del programma è stata prevista l'istituzione di un apposito Fondo, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2016, allocata sul capitolo 2097 del Ministero dell'economia e delle finanze.
Il programma è finalizzato:
§ alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate attraverso la promozione di progetti di miglioramento della qualità del decoro urbano, di manutenzione, riuso e rifunzionalizzazione delle aree pubbliche e delle strutture edilizie esistenti, rivolti all'accrescimento della sicurezza territoriale e della capacità di resilienza urbana
§ al potenziamento delle prestazioni urbane anche con riferimento alla mobilità sostenibile,
§ allo sviluppo di pratiche, come quelle del terzo settore e del servizio civile, per l'inclusione sociale e per la realizzazione di nuovi modelli di welfare metropolitano, anche con riferimento all'adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici, nonché alle attività culturali ed educative promosse da soggetti pubblici e privati (comma 974).
Con il D.P.C.M. 25 maggio 2016 è stato emanato il bando (in attuazione dei commi 975-976) con il quale sono stati definiti le modalità e la procedura di presentazione dei progetti e istituito il "Nucleo di valutazione" dei medesimi progetti, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, incaricato della selezione dei progetti medesimi.
Con il successivo D.P.C.M. 6 dicembre 2016 è stata approvata la graduatoria del Programma straordinario (120 progetti). In particolare, l'art. 1 del D.P.C.M. 6 dicembre 2016 prevede che i primi 24 progetti della graduatoria (pubblicata in allegato al decreto), sono finanziati mediante le risorse stanziate dalla citata legge di stabilità 2016, attraverso la stipula della relativa convenzione/accordo di programma, mentre gli ulteriori progetti in graduatoria sono finanziati mediante le risorse successivamente disponibili.
Con riferimento alla graduatoria dei progetti, si fa notare che lo stanziamento complessivo richiesto per la realizzazione di tutti i 120 progetti, è pari a 2.061,3 milioni di euro, di cui:
§ 501,9 milioni relativi ai primi 24 progetti della graduatoria;
§ 1.559,4 milioni, necessari per la realizzazione degli altri 96 progetti.
Al finanziamento del complesso dei progetti si è provveduto tramite tre tranche di risorse, stanziate:
§ 500 milioni dalla legge di stabilità per il 2016;
§ 761,32 milioni dalle deliberazioni del CIPE 3 marzo 2017, n. 2 e 7 agosto 2017, n. 72, a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC) della programmazione 2014-2020, in attuazione del comma 141 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017, ripartite per 603,9 milioni in favore delle città e dei comuni del Mezzogiorno e per 157,4 milioni in favore del Centro Nord;
§ 800 milioni derivanti da riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese[54], di cui al comma 140 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017, ai sensi del D.P.C.M 29 maggio 2017.
Le risorse autorizzate dal D.P.C.M 29 maggio 2017 (800 milioni) sono portate in aumento delle disponibilità di bilancio del Fondo sviluppo e coesione (iscritto sul cap. 8000//MEF) e gestite secondo le procedure previste per la programmazione e l’utilizzo del FSC 2014-2020, ai sensi dell'articolo 1, comma 703, della legge n.190 del 2014.
Dunque, mentre la prima tranche di risorse stanziate in favore del Programma straordinario per la riqualificazione delle periferie (vale a dire i 500 milioni autorizzati dalla legge 208/2015) è stata iscritta sull'apposito capitolo 2097 del MEF (ora soppresso, in quanto lo stanziamento era annuale e riferito solo al 2016), le successive due tranches vengono a far capo al capitolo 8000 del MEF, relativo al Fondo Sviluppo e coesione, ed iscritte sull’apposito piano di gestione (PG10), su cui sono iscritti sia i 798,17 milioni deliberati dal CIPE (per appostazione diretta), sia gli 800 milioni di cui al D.P.C.M 29 maggio 2017 (per successivo trasferimento).
Il comma 3 del citato D.P.C.M. 29 maggio 2017 prevede che le erogazioni in favore dei soggetti aventi diritto siano effettuate dal Ministero dell'economia e finanze, sulla base delle richieste inoltrate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri secondo le indicazioni contenute nell'articolo 5, commi 3, 4 e 5 del D.P.C.M. 6 dicembre 2016 (come sostituito dall'art. 1 del D.P.C.M. 16 febbraio 2017).
Con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati, secondo l'ordine di priorità definito ai sensi del D.P.C.M. 6 dicembre 2016, i progetti ai fini della stipulazione di convenzioni da parte degli enti locali con gli enti promotori dei progetti medesimi. I termini per la stipula della convenzione sono stati fissati al 28 febbraio 2017.
Per quel che concerne i tempi e le modalità di erogazione dei finanziamenti in favore dei progetti e le condizioni necessarie per l'erogazione delle diverse quote di finanziamento, i decreti prevedono:
§ una quota di finanziamento anticipato non superiore al 20%, che viene erogata soltanto in esito alla verifica da parte del Gruppo di monitoraggio dell'effettiva approvazione, da parte degli enti beneficiari, dei progetti definitivi o esecutivi degli interventi proposti e del rilascio da parte delle autorità competenti di tutte le autorizzazioni e/o i nulla osta necessari per realizzare gli interventi, che dovranno essere trasmessi e attestati dal responsabile unico del procedimento in una relazione tecnica analitica;
§ le successive quote di finanziamento sono previste in base allo stato di avanzamento dei lavori e dei servizi. In particolare, una quota di finanziamento, pari al 30%, è erogata previa verifica della implementazione dei dati nel sistema informativo predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e della attestazione trasmessa dal responsabile unico del procedimento tramite una relazione tecnica di monitoraggio, comprovante lo stato di avanzamento dei lavori e dei servizi pari al 40% del progetto, anche per singolo intervento, ed attestante le opere e i servizi realizzati, le voci di spesa sostenute e il rispetto del cronoprogramma. Una quota di finanziamento, pari ad un ulteriore 30%, è erogata previa verifica della implementazione dei dati nel sistema informativo sopracitato e della attestazione trasmessa dal responsabile unico del procedimento tramite una relazione tecnica di monitoraggio, comprovante lo stato di avanzamento dei lavori e dei servizi pari al 70% del progetto, anche per singolo intervento, ed attestante le opere e i servizi realizzati, le voci di spesa sostenute e il rispetto del cronoprogramma. La quota di finanziamento, pari al 15%, è erogata previa verifica della implementazione dei dati nel sistema informativo predetto e della attestazione trasmessa dal responsabile unico del procedimento tramite una relazione tecnica di monitoraggio, comprovante lo stato di avanzamento dei lavori e dei servizi pari al 100% del progetto, anche per singolo intervento.
§ la restante quota di finanziamento, pari al 5%, è erogata soltanto in seguito alla implementazione dei dati nel sistema informativo ed alla verifica della conclusione, nel rispetto del cronoprogramma, di tutti gli interventi realizzati e delle spese effettivamente sostenute e della certificazione della corretta esecuzione delle opere e dei servizi, nonché della effettiva approvazione degli atti di collaudo delle opere realizzate (art. 5, D.P.C.M. 6/12/2017).
Sulla materia è intervenuto, da ultimo, l’articolo 13 (commi 02 e 03) del decreto-legge n.91/2018 (cd. proroga termini) il quale ha disposto che l’efficacia delle convenzioni già concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del D.P.C.M. 29 maggio 2017, nonché delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi della legge n. 232 del 2016 (ossia le convenzioni stipulate con i 96 enti successivi ai primi 24 beneficiari) è differita all’anno 2020 (per tali enti le convenzioni sono state quindi sostanzialmente congelate). Conseguentemente, le amministrazioni sono tenute, ferma rimanendo la dotazione complessiva loro assegnata, a rimodulare i relativi impegni di spesa e i connessi pagamenti a valere sul Fondo sviluppo e coesione.
La norma ha effetti positivi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto pari a 140 milioni di euro per l’anno 2018, 320 milioni di euro per l’anno 2019, 350 milioni di euro per l’anno 2020 e 220 milioni di euro per l’anno 2021. Tali risorse sono state destinate a un Fondo di nuova istituzione (nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze) da utilizzare per favorire gli investimenti delle città metropolitane, delle province e dei comuni da realizzare attraverso l’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti.
A seguito delle rimostranze dell’ANCI e dell’UPI per il congelamento delle risorse derivante dal decreto-legge n.91/2018, soprattutto in relazione agli impegni di spesa già assunti da numerose amministrazioni, si è avviato un confronto con il Governo che ha portato al raggiungimento di un accordo in Conferenza unificata il 18 ottobre 2018.
Articolo 1, commi 534-535
(Imposta comunale sulla pubblicità)
I commi 534 e 535, introdotti alla Camera, consentono ai Comuni, in deroga alle norme vigenti, di dilazionare il rimborso ai contribuenti delle maggiorazioni dell’imposta sulla pubblicità avvenute negli anni 2013-18, rese inefficaci dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 15 del 2018.
Si reintroduce inoltre, a decorrere dal 2019, la facoltà per tutti i comuni di prevedere aumenti tariffari fino al 50% per le superfici superiori al metro quadrato soggette all’imposta comunale sulla pubblicità e al diritto sulle pubbliche affissioni.
In particolare, il comma 534 dispone, in deroga alle norme vigenti e alle disposizioni regolamentari deliberate da ciascun comune, che i rimborsi delle somme acquisite dai comuni a titolo di maggiorazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni per gli anni dal 2013 al 2018 possono essere effettuati in forma rateale entro cinque anni dalla data in cui la richiesta del contribuente è diventata definitiva.
Si ricorda che l’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.446, dispone che le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. I regolamenti sono approvati con deliberazione del comune e della provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell'anno successivo. I regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati, unitamente alla relativa delibera comunale o provinciale al Ministero delle finanze, entro trenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale.
La disposizione interviene a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.15 del 2018, la quale ha sostanzialmente disposto che le delibere di aumento delle tariffe dell’imposta sulla pubblicità e pubbliche affissioni, approvate dai Comuni entro il 26 giugno 2012 (data di entrata in vigore della norma di abolizione di tale facoltà: decreto-legge n. 83 del 2012) sono efficaci solo per il 2012. Da ciò discende la sostanziale inefficacia delle delibere confermative, espresse o tacite, delle maggiorazioni disposte per gli anni successivi al 2012.
Si ricorda che l’articolo 23, comma 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, abroga, a decorrere dal 26 giugno 2012, l’articolo 11, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, relativo alla facoltà dei comuni di aumentare le tariffe dell’imposta comunale sulla pubblicità.
Il comma 535 reintroduce, a decorrere dal 1° gennaio 2019, la facoltà per gli enti locali di prevedere aumenti tariffari fino al 50% per le superfici superiori al metro quadrato, e le frazioni di esso arrotondate a mezzo metro quadrato, soggette all’imposta comunale sulla pubblicità e al diritto sulle pubbliche affissioni.
Articolo 1, comma 536
(Fondo per il potenziamento delle iniziative
in materia di sicurezza urbana)
Per incrementare le risorse destinate al finanziamento di iniziative urgenti dei comuni in materia di sicurezza urbana, anche attraverso l'assunzione a tempo determinato di personale della polizia municipale, il Fondo per la sicurezza urbana istituito dall’art. 35-quater del DL 113/2018 è incrementato di 25 milioni di euro per l’anno 2019, di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022.
Il Fondo per il potenziamento delle iniziative in materia di sicurezza urbana è stato istituito dall’art. 35-quater del D.L. 113/2018, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione e sicurezza. La dotazione ivi prevista è stata di 2 milioni di euro per il 2018 e di 5 milioni per ciascun anno 2019 e 2020 nello stato di previsione del Ministero dell'interno.
Nel decreto-legge n. 113 del 2018 si prevedeva inoltre la possibilità di alimentare il Fondo altresì con l’utilizzo di risorse provenienti dal Fondo unico di giustizia, nel quale confluiscono somme o proventi di beni, sequestrati nell'ambito di taluni procedimenti penali o di applicazione di misure di prevenzione (indicati dall'articolo 61, comma 23 del decreto-legge n. 112 del 2008).
Il Fondo è destinato al concorso statale del finanziamento di iniziative urgenti dei comuni in materia di sicurezza urbana, anche attraverso l'assunzione a tempo determinato di personale della polizia municipale e in deroga al limite di spesa posto per tal tipo di assunzioni dal decreto-legge n. 78 del 2010 (all'articolo 9, comma 28).
Articolo 1, commi da 537-546
(Gestione commissariale per il debito pregresso di Roma Capitale)
I commi da 537 a 546 sono volti alla definitiva individuazione della massa passiva del debito riferibile alla gestione commissariale del Comune di Roma e all’estinzione dei debiti oggetto di ricognizione, al fine di giungere alla conclusione delle attività straordinarie della gestione commissariale. Vengono pertanto introdotte disposizioni che puntano a chiarire l’attribuzione in capo alla gestione commissariale di alcune poste relative al debito finanziario (commi 537-539) e al debito commerciale, in particolare riferito a indennizzi derivanti da espropri (commi 540-541). Infine, viene posto il termine perentorio di 36 mesi entro cui Roma Capitale può avanzare specifiche istanze di liquidazione di crediti riferibili alla gestione commissariale, per giungere alla definitiva rilevazione della massa passiva da approvare tramite D.P.C.M, che deve stabilire anche il termine finale per l’estinzione dei debiti (commi 542-546).
La gestione commissariale del Comune di Roma è stata istituita dall’articolo 78 del D.L. n. 112/2008, che aveva nominato il Sindaco del comune di Roma Commissario straordinario del Governo, con il compito di provvedere alla ricognizione della situazione economico-finanziaria del comune e delle società da esso partecipate (con esclusione di quelle quotate nei mercati regolamentati) e di predisporre e attuare il piano di rientro dall’indebitamento pregresso del comune.
In forza di tale disposizione, nell’ordinamento contabile del Comune di Roma (poi Roma Capitale ai sensi del D.Lgs. n.156/2010) sono state distinte due gestioni, tra loro separate:
§ la Gestione commissariale del Comune, che ha preso in carico tutte le entrate di competenza e tutte le obbligazioni assunte alla data del 28 aprile 2008;
§ la Gestione ordinaria, competente per il periodo successivo alla suddetta data, ed affidata agli organi istituzionali dell’ente comunale.
Il piano di rientro è stato approvato con D.P.C.M. 5 dicembre 2008.
Il D.L. n. 78 del 2010 (articolo 14, comma 13-bis) ha ribadito che il Commissario di Governo (non più individuato nella figura del Sindaco) procedesse all'accertamento definitivo del debito del comune di Roma, al fine di redigere il piano di rientro delle passività pregresse del comune, aggiornato in termini di crediti certi, liquidi ed esigibili. Il Commissario straordinario ha dunque predisposto il documento concernente l’accertamento del debito alla data del 30 luglio 2010, che individuava un disavanzo pari a 16,7 miliardi.
L’articolo 1, comma 751, della legge n. 208/2015 ha previsto periodici aggiornamenti del Piano di rientro, che il Commissario straordinario deve proporre alla Presidenza del Consiglio entro il 31 maggio e il 30 novembre di ogni anno. Da ultimo, il Piano di rientro è stato aggiornato al 30 novembre 2017 e approvato con D.P.C.M. 5 luglio 2018. Tale ultimo aggiornamento reca un debito commerciale di 3,1 miliardi di euro, un debito finanziario di 8 miliardi e una massa attiva di 1,7 miliardi.
Per quanto concerne il finanziamento della gestione commissariale, prima la norma istitutiva e poi, stabilmente, il D.L. n. 78/2010, hanno assegnato una dotazione di 500 milioni di euro annui.
Tale contributo trova copertura (articolo 14, comma 14, del D.L. n. 78/2010) per 300 milioni di euro in un fondo annuale allocato su apposito capitolo di bilancio iscritto nello stato di previsione del MEF; la quota restante di 200 milioni è reperita mediante l’istituzione di un’addizionale commissariale sui diritti di imbarco dei passeggeri in partenza dagli aeroporti di Roma e da un incremento dell’addizionale comunale IRPEF dello 0,4 per cento.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla Relazione sulla gestione commissariale per il 2017 presentata al Parlamento a settembre 2018 dall’attuale Commissario straordinario dott. Alessandro Beltrami (nominato con D.P.C.M. 12 aprile 2018).
I primi tre commi riguardano la riferibilità alla gestione commissariale di alcune partite contabili che fanno parte del debito finanziario, presumibilmente al fine di chiarire un dubbio interpretativo sorto nel corso del 2017 in merito all’attribuzione della competenza tra la Gestione Commissariale e la gestione ordinaria di Roma Capitale.
In particolare, il comma 537 dispone che i debiti derivanti dall’utilizzo, avvenuto in tutto o in parte in data successiva al 28 aprile 2008, di contratti quadro di aperture di credito stipulati in data antecedente a tale data e i debiti derivanti dalla conversione totale o parziale, avvenuta in data successiva al 28 aprile 2008, di prestiti flessibili stipulati in data antecedente a tale data, inseriti nel documento predisposto dal Commissario straordinario del Governo per la gestione del piano di rientro del debito pregresso del comune di Roma, sono quelli relativi al finanziamento di spese di investimento sulla base del quadro economico progettuale (o di analogo documento consentito per l’accesso al credito) approvato alla data del 28 aprile 2008.
Dalla Relazione relativa alla gestione commissariale presentata al Parlamento nel settembre 2018 si evince che nel corso del 2017 è stata portata a termine la ricognizione dei contratti di mutuo in corso, raggruppabili in due categorie:
§ 679 mutui con una pluralità di istituti, per un valore nominale di debito residuo in conto capitale pari a circa 4,5 miliardi di euro, aventi una documentazione contrattuale completa che consente di accertare l’effettiva competenza del debito in capo alla gestione commissariale;
§ 784 mutui derivanti da aperture di credito e prestiti flessibili, per un valore nominale di debito residuo in conto capitale pari a circa 800 milioni di euro, per i quali allo stato attuale non è possibile accertare l’effettiva competenza del debito in capo alla gestione commissariale, dal momento che non si può riscontrare la riferibilità a obbligazioni giuridicamente perfezionate alla data del 28 aprile 2008, come stabilito dal documento di accertamento del debito al 30 luglio 2010. Tale ultimo documento inseriva per la prima volta – innovando rispetto all’originario piano di rientro del 2008 – all’interno del debito finanziario il debito derivante da aperture di credito e prestiti flessibili stipulati ante 28 aprile 2008 non ancora utilizzati a tale data (per un importo di 644 milioni di euro di quota residua), a condizione che le aperture di credito fossero correlate a obbligazioni giuridicamente perfezionate alla data del 28 aprile 2008 (gare aggiudicate).
La Relazione illustrativa fa presente che le rate dei mutui oggetto della norma sono state regolarmente pagate dai Commissari Straordinari fino alla data del 30 giugno 2017, quando è emerso il dubbio interpretativo in merito all’attribuzione della competenza tra la Gestione Commissariale e la gestione ordinaria di Roma Capitale.
La norma in esame pare quindi volta a chiarire a quali documenti fare riferimento per verificare che il perfezionamento dell’obbligazione sottostante il debito sia avvenuto entro la data del 28 aprile 2008, e che quindi il debito relativo sia in capo alla gestione commissariale ed inserito nel piano di rientro.
Il comma 538 precisa che tali debiti sono quelli relativi agli impegni assunti alla data del 28 aprile 2008 sulla base di obbligazioni giuridicamente perfezionate ancorché relativi ad alcune delle voci del quadro economico progettuale (o di analogo documento consentito per l’accesso al credito) oggetto del finanziamento, ivi incluse le spese tecniche e di progettazione.
Il comma 539 include tra i debiti di cui al comma 1 quelli derivanti dai prestiti flessibili, inseriti nel citato piano di rientro, stipulati in data antecedente al 28 aprile 2008 e finalizzati al rifinanziamento di debito già in ammortamento. A tale tipologia di debiti non si applica il comma 2.
I commi 540 e 541 riguardano i debiti potenziali derivanti da procedure espropriative pregresse. Tale voce di debito è inclusa nel “debito commerciale” per indennizzi derivanti da espropri.
La Relazione relativa alla gestione commissariale presentata al Parlamento nel settembre 2018 quantifica tale posta contabile in 975 milioni di euro. Si tratta di una partita soggettivamente indistinta, registrata sul sistema informativo, per la quale risulta difficile reperire la documentazione amministrativa alla base della posizione debitoria. A livello quantitativo, si tratterebbe di quasi 1900 pratiche relative agli anni 1950-1990 quantificate nell’importo indicato, sulla base di elementi induttivi, dall’Ufficio unico espropriazioni del Comune, in assenza di un dato certo sul numero esatto dei proprietari/creditori e della effettiva consistenza delle aree espropriate.
Il comma 540 autorizza il Commissario straordinario ad assumere nel Piano di rientro del debito pregresso del comune di Roma gli oneri derivanti dall’emanazione da parte di Roma Capitale di provvedimenti di acquisizione di beni immobili utilizzati per scopi di interesse pubblico (ex articolo 42 bis del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, recante “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”) anche adottati in pendenza di giudizio, qualora l’indebita utilizzazione di beni immobili per scopi di interesse pubblico abbia comportato la loro modificazione, anteriormente alla data del 28 aprile 2008, in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità (o nei casi in cui tali atti siano stati annullati).
Il comma 541 prevede che il Commissario straordinario del Governo procede, limitatamente agli importi maturati sino alla data del 28 aprile 2008, ad autorizzare il pagamento sul bilancio separato del Piano di rientro dell’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, nonché per il pregiudizio derivante da occupazione senza titolo.
Si ricorda che i commi 1 e 3 dell’articolo 42 bis del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) prevedono che l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per:
§ il pregiudizio patrimoniale, determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità (rinviando, nel caso in cui l'occupazione riguardi un terreno edificabile, alle disposizioni dell'articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7);
§ il periodo di occupazione senza titolo, per il quale è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l'interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma;
§ il pregiudizio non patrimoniale, forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene.
L’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale deve essere devalutato in applicazione dell’articolo 248, comma 4, del decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - TUEL), così come richiamato dal D.P.C.M. del 4 luglio 2008.
Il comma 4 dell’articolo 248 del TUEL dispone che, dalla data della deliberazione di dissesto e sino all'approvazione del piano di rilevazione della massa passiva, i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate, non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell'ente che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità.
I commi da 542 a 546 sono volti alla definitiva individuazione della massa passiva del debito riferibile alla gestione commissariale, al fine di giungere alla conclusione delle attività straordinarie della gestione commissariale medesima.
In particolare, il comma 542 dispone che Roma Capitale, tramite i responsabili dei servizi competenti per materia, presenti specifiche istanze di liquidazione di crediti derivanti da obbligazioni contratte a qualsiasi titolo dal comune di Roma in data precedente al 28 aprile 2008, entro il termine perentorio di 36 mesi.
Ai sensi del comma 543, tali istanze devono essere accompagnate da specifica attestazione da cui risulti che:
§ le obbligazioni si riferiscono a prestazioni effettivamente rese alla data del 28 aprile 2008,
§ le stesse rientrano nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell'ente locale,
§ non è avvenuto, nemmeno parzialmente, il pagamento del corrispettivo,
§ il debito non è caduto in prescrizione.
Le istanze che si riferiscono a posizioni debitorie configuranti debiti fuori bilancio (riconoscibili ai sensi dell’articolo 194 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) devono altresì riferirsi a provvedimenti di riconoscimento del debito (fuori bilancio) assunti in conformità a quanto previsto dall’articolo 78, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112.
Si ricorda che per la gestione commissariale del Comune di Roma è stata individuata una procedura peculiare rispetto a quella di carattere generale relativa al dissesto degli enti locali prevista dal Testo unico degli enti locali (TUEL), con particolare riferimento all’attività di rilevazione della massa passiva e a quella di riconoscimento dei debiti fuori bilancio.
Per quanto concerne la rilevazione della massa passiva, le prescrizioni cui deve conformarsi il piano di rientro sono individuate dall’articolo 3 del D.P.C.M. 4 luglio 2008. In particolare la procedura prevede l’acquisizione, da parte degli uffici competenti del Comune di Roma, dell’attestazione, a firma dei responsabili dei vari servizi (articolo 3, comma 1) e la successiva decisione dell’inserimento delle posizioni debitorie nel bilancio relativo al piano di rientro da parte del Commissario straordinario sulla base degli elementi di prova del debito desunti dalla documentazione, da altri atti e dall’attestazione di cui sopra (articolo 3, comma 3).
Per i c.d. “debiti fuori bilancio”, l’articolo 1, comma 26, del D.L. n. 138/2011 ha previsto una modalità semplificata di liquidazione degli importi inseriti nel Piano di rientro, secondo cui, fermo restando il disposto degli articoli 194 e 254 del TUEL, è sufficiente una determinazione dirigenziale assunta con l’attestazione dell’avvenuta assistenza giuridico-amministrativa del Segretario generale del Comune di Roma Capitale.
Secondo l’articolo 194 del TUEL, gli enti locali con deliberazione consiliare riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive; copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni; ricapitalizzazione di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali; procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità; acquisizione di beni e servizi, in violazione delle regole generali, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
Ai sensi del comma 544, per le eventuali obbligazioni per le quali non sia stata prodotta idonea istanza ai sensi di quanto previsto dai precedenti commi 6 e 7, l'attestazione si intende resa in senso negativo circa la sussistenza del debito.
Il comma 545 prevede l’approvazione della definitiva rilevazione della massa passiva tramite Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su specifica proposta del Commissario Straordinario.
Nelle more del definitivo accertamento della massa passiva, il Commissario Straordinario procede, con le modalità stabilite dai periodici aggiornamenti del Piano di Rientro (o a seguito della presentazione di specifiche istanze avanzate da Roma Capitale, corredate da idonea attestazione circa la sussistenza, certezza e liquidità del credito) all’estinzione delle posizioni debitorie, derivanti da obbligazioni contratte in data precedente al 28 aprile 2008.
Si ricorda che il comma 751 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015 ha dettato una procedura che prevede la revisione semestrale del Piano di rientro (il 31 maggio ed il 31 dicembre), su proposta del Commissario Straordinario, approvata entro il termine di 30 giorni con D.P.C.M. sentiti i Ministeri competenti.
Secondo il comma 546, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di approvazione dell’accertamento definitivo del debito pregresso del comune di Roma viene stabilito il termine finale per l’estinzione dei debiti oggetto di ricognizione determinando, contestualmente, la conclusione delle attività straordinarie della gestione commissariale.
Si ricorda che per la gestione commissariale del comune di Roma non è previsto normativamente un espresso termine di chiusura delle relative attività. L’articolo 14, comma 13-ter, del D.L. n. 78/2010 stabilisce infatti che la gestione commissariale ha termine qualora risultino esaurite le attività di carattere gestionale di natura straordinaria e residui una attività meramente esecutiva, alla quale provvedono gli uffici di Roma Capitale.
Articolo 1, commi 547-548 e 560
(Disposizioni per il finanziamento degli investimenti regionali)
I commi 547-548 e 560 apportano modifiche all’ordinamento contabile delle regioni al fine di favorire gli investimenti pubblici. Le norme stabilite dai commi 547-548 consentono alle regioni di finanziare gli investimenti con debiti da contrarre solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa; il comma 560 consente alle regioni, nel caso di maggiori entrate tributarie che non rendono necessario il ricorso al debito previsto in bilancio per finanziare gli investimenti, di modificare la distribuzione delle coperture al fine di non contrarre il debito.
I commi 547-548 e 560 apportano modifiche all’ordinamento contabile delle regioni, disciplinato dal decreto legislativo 118 del 2011, al fine di favorire gli investimenti pubblici.
Il decreto legislativo n. 118/2011 (come modificato e integrato dal D.Lgs. n. 126/2014), disciplina l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro enti ed organismi strumentali. In particolare il Titolo I (articoli da 1 a 18-bis) contiene i principi contabili generali e applicati per le regioni, le province autonome e gli enti locali, mentre il Titolo III, interamente aggiunto dal D.Lgs. 126/2014 (articoli da 36 a 73), disciplina specificamente l’ordinamento finanziario e contabile delle regioni.
Il comma 547 introduce all’articolo 40, ove è prevista la disciplina l’equilibrio di bilancio, il comma 2-bis. La norma introdotta stabilisce che, a decorrere dal 2018, le regioni possono autorizzare spese di investimento finanziate da debito da contrarre solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa.
L’eventuale disavanzo di amministrazione per la mancata contrazione del debito può essere coperto nell’esercizio successivo con il ricorso al debito da contrarre, anche in questo caso, solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa.
Viene espressamente previsto che resta fermo quanto stabilito al comma 2 dell’articolo 40, del decreto legislativo n.118/2011.
Tale disposizione, in riferimento al solo esercizio 2015, stabilisce che a decorrere dal 2016 il disavanzo di amministrazione derivante dal debito autorizzato e non contratto per finanziare spesa di investimento (risultante dal rendiconto 2015), può essere coperto con il ricorso al debito, il quale può essere contratto solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa.
Al riguardo si ricorda che a partire dall’esercizio 2016, le nuove regole introdotte dal D.Lgs. 126/2014 non consentivano più di coprire le spese di investimento con i mutui autorizzati dalla legge di bilancio ma non ancora perfezionati (debiti autorizzati e non contratti), possibilità prevista, invece, dalla precedente disciplina contabile delle regioni dettata dal D.Lgs. 76/2000.
La possibilità di autorizzare spese di investimento finanziate da debito da contrarre è subordinata alla condizione che le regioni abbiano registrato (nell’ultimo triennio) valori degli indicatori di tempestività dei pagamenti per l’acquisto di beni e servizi in linea con quanto stabilito dal DPCM 22 settembre 2014. I tempi di pagamento devono inoltre rientrare nei termini stabiliti dall’articolo 4 del D.Lgs. 231/2002.
Il D.P.C.M. 22 settembre 2014 definisce (agli articoli 9 e 10) le modalità di calcolo e della pubblicazione su internet dell'indicatore annuale di tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni per l’acquisto di beni e servizi.
Il D.Lgs. n. 231/2002 emanato in attuazione della direttiva 2000/35/CE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, all’articolo 4 stabilisce il termine massimo dei pagamenti per ciascuna tipologia di transazione.
Il comma 548, al fine di mantenere comunque il collegamento tra l’investimento e il debito autorizzato e non contratto, obbliga le regioni ad inserire nella Relazione sulla gestione allegata al rendiconto le informazioni relative alle spese di investimento finanziate da debiti autorizzati e non contratti.
L’articolo 11 del D.L.gs. 118/2011, disciplina gli schemi di bilancio e, al comma 6, elenca le informazioni necessarie che gli enti sono tenuti ad inserire nella Relazione sulla gestione allegata al rendiconto. La norma in esame aggiunge, solo per le regioni, due ulteriori contenuti:
§ l’elenco degli impegni per spese di investimento di competenza dell’esercizio finanziati col ricorso al debito non contratto (lettera d-bis);
§ l’elenco degli impegni per spese di investimento che hanno determinato il disavanzo da debito autorizzato e non contratto alla fine dell’anno, distinti per anno di formazione (lettera d-ter).
Il comma 560 consente alle regioni di apportare le variazioni al bilancio di previsione al fine di non contrarre il debito iscritto in bilancio per finanziare investimenti, nel caso in cui abbiano accertato maggiori entrate, che non rendano più necessario il ricorso al debito.
A tal fine la norma apporta modifiche all’articolo 51 del D.Lgs. 118/2011 che disciplina le modalità di variazione del bilancio di previsione, del documento tecnico di accompagnamento e del bilancio gestionale.
In particolare il comma 2 dell’articolo 51, elenca le variazioni del documento tecnico di accompagnamento e le variazioni del bilancio di previsione che, nel corso dell’esercizio, la giunta regionale può autorizzare con provvedimento amministrativo. La lettera a) della norma in esame inserisce in questo elenco un’altra tipologia di variazione consentita. Secondo quanto stabilito dalla nuova lettera g-bis), la giunta può autorizzare le variazioni necessarie a destinare alla copertura degli investimenti, anziché il debito da contrarre, le maggiori – rispetto a quanto già previsto in bilancio – entrate tributarie ed extratributarie accertate.
Tale facoltà, in analogia a quanto stabilito dal comma 547, è concessa alle sole regioni che siano in regola con i pagamenti.
La norma ripete le medesime condizioni previste al comma 547, con due differenze: le regioni debbono avere nell’ultimo anno (anziché nell’ultimo triennio), registrato indicatori di tempestività dei pagamenti per l’acquisto di beni e servizi in linea con quanto stabilito dal DPCM 22 settembre 2014 e i suddetti tempi di pagamento devono rientrare nei termini stabiliti dall’articolo 4 del D.Lgs. 231/2002. Nel calcolo dei tempi medi di pagamento, inoltre - ed è indicazione aggiuntiva rispetto a quanto stabilito dal comma 547 - non devono essere considerati i pagamenti effettuati mediante l’utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari ottenuti dal Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, secondo la disciplina dettata dall’art. 32, comma 2 del decreto legge 66/2014 e dall’articolo 1, commi 1 e 10 del decreto legge 35/2013.
Le esclusioni nel calcolo dei tempi medi di pagamento sono stabilite nell’ultimo periodo del comma 2, articolo 41, del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89); periodo inserito dall’articolo 4, comma 4 del decreto legge 19 giugno 2015, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125) citato nella norma in esame.
La condizione di essere in regola con i pagamenti è richiesta in entrambe le norme in esame: nel comma 547 in relazione alla possibilità di finanziare spese di investimento con debiti autorizzati e non contratti e nel comma 560 in relazione alla possibilità di apportare le conseguenti variazioni al bilancio nel caso di maggiori accertamenti di entrate che consentano di non contrarre il debito.
Trattandosi del medesimo ambito di intervento, si valuti l’opportunità di uniformare le due norme in modo che la condizione di essere in regola con i pagamenti risulti formulata nei medesimi termini o, in alternativa, di formulare la regola una sola volta e ad essa fare riferimento ogni volta che si ritiene necessario.
La lettera b) della norma in esame, infine, attribuisce al responsabile finanziario la competenza di modificare l’elenco delle coperture degli investimenti, nella nota integrativa al bilancio. A tal fine modifica il comma 4 del citato articolo 51 che disciplina casi e modalità di variazione del bilancio gestionale.
Il periodo inserito alla fine del comma 4, stabilisce che il responsabile finanziario della regione, nella nota integrativa allegata al bilancio di previsione, può variare l'elenco degli interventi programmati per spese di investimento finanziati col ricorso al debito e con le risorse disponibili, al solo fine di modificare la distribuzione delle coperture finanziarie tra gli interventi già programmati per spese di investimento.
L’articolo 11 del D.Lgs. 118/2011 definisce tipologia e contenuto degli schemi di bilancio. Il comma 5 contiene l’elenco dei contenuti della ‘nota integrativa allegata al bilancio di previsione’ tra cui alla lettera d), l'elenco degli interventi programmati per spese di investimento finanziati col ricorso al debito e con le risorse disponibili.
In sostanza le variazioni possono essere solo compensative, nell’ambito dell’elenco già approvato delle spese per investimenti.
Articolo 1, commi 549-559
(Rivalutazione quote societarie)
I commi, aggiunti dalla Camera, consentono la rivalutazione dei beni e delle partecipazioni per le imprese che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio.
Tale disciplina è stata più volte introdotta dal legislatore, come misura temporanea a carattere facoltativo e oneroso, da ultimo con la legge di bilancio 2017; la formulazione delle norme vigenti è analoga a quella delle precedenti rivalutazioni.
La rivalutazione ha per oggetto beni di impresa e le partecipazioni iscritte in bilancio al 31 dicembre 2017 ed è effettuata attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili; per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è fissata un'imposta sostitutiva del dieci per cento.
Le norme in esame di conseguenza aumentano la dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica – FISPE di 49,5 milioni nel 2019 (comma 558).
All’onere derivante dalle norme in esame, che è pari a 49,5 milioni nel 2019, 2.5 milioni nel 2021, 8,4 milioni nel 2022, 5,7 milioni nel 2023, 5,8 milioni nel 2024, e a 6 milioni di euro per ciascun anno dal 2025 al 2029, si provvede mediante corrispondente riduzione del predetto FISPE. Per l’anno 2019 la copertura degli oneri avviene mediante utilizzo delle entrate disposte dai commi da 549 a 557 (comma 559).
Articolo 1, comma 561
(Proventi economici pattuiti tra operatori del settore delle fonti rinnovabili ed enti locali)
La norma, introdotta in prima lettura alla Camera, dispone che i proventi economici liberamente pattuiti dagli operatori con gli enti locali sul cui territorio insistono impianti alimentati da fonti rinnovabili, sulla base di accordi tra questi sottoscritti prima del 10 settembre 2010, restano acquisiti nei bilanci degli enti locali, mantenendo tali accordi piena efficacia. Dalla data di entrata in vigore della norma, gli accordi sono rivisti alla luce delle predette linee guida. Gli importi già erogati o da erogarsi in favore degli enti locali concorrono alla formazione del reddito di impresa del titolare dell’impianto alimentato da fonti rinnovabili.
Il comma 561 introdotto nel corso dell’esame in prima lettura alla Camera, dispone, al primo periodo, che, ferma restando la natura giuridica di libera attività d’impresa dell’attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica, i proventi economici liberamente pattuiti dagli operatori del settore con gli enti locali sul cui territorio insistono gli impianti alimentati da fonti rinnovabili, sulla base di accordi sottoscritti prima del 10 settembre 2010, data di entrata in vigore delle linee guida per lo svolgimento del procedimento di autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, restano acquisiti nei bilanci degli enti locali, mantenendo tali accordi piena efficacia.
Con riferimento alla formulazione del primo periodo, si osserva che la data di entrata in vigore delle linee guida nazionali per lo svolgimento del procedimento di autorizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili approvate con D.M. 10 settembre 2010, è il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in G.U. del medesimo decreto, avvenuta il 18 settembre 2010 e, dunque, è il 3 ottobre 2010.
Il secondo periodo dispone che dalla data di entrata in vigore dell’articolo qui in esame, fatta salva la libertà negoziale delle parti, gli accordi sono rivisti alla luce delle predette linee guida (approvate con D.M. 10 settembre 2010) e segnatamente dei criteri contenuti nell’allegato 2. Si dispone altresì che gli importi già erogati o da erogarsi in favore degli enti locali concorrono alla formazione del reddito di impresa del titolare dell’impianto alimentato da fonti rinnovabili.
Si ricorda che, ai sensi dell’allegato 2 del citato D.M. 10 settembre 2010, conformemente alla sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2010, per l'attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non è dovuto alcun corrispettivo monetario in favore dei Comuni, e l'autorizzazione unica può prevedere l'individuazione di misure compensative, a carattere non meramente patrimoniale, a favore degli stessi Comuni.
Ai sensi dell’articolo 12, comma 3 del D.Lgs. n. 387/2003, la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, nonché gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento e riattivazione sono soggette ad una procedura semplificata di autorizzazione unica. L’autorizzazione unica è rilasciata, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico e per gli impianti con potenza termica inferiore, dalle Regioni (o dalle province delegate dalla regione). A tal fine, i predetti soggetti indicono una conferenza di servizi, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione e al procedimento partecipano tutte le amministrazioni interessate (art. 12, comma 4. D.Lgs. n. 387/2003).
Ai sensi del comma 6 dell’articolo 12 del D.Lgs. n. 387/2003, l'autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province.
Il decreto ministeriale 10 settembre 2010, con il quale sono state approvate le Linee guida per lo svolgimento del procedimento di autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ha chiarito, all’Allegato 2, che per l'attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non è dovuto alcun corrispettivo monetario in favore dei Comuni interessati dalle opere, e che l'autorizzazione unica può prevedere l'individuazione di misure compensative, a carattere non meramente patrimoniale, a favore degli stessi Comuni da orientare (secondo criteri definiti dal medesimo decreto ministeriale) su interventi di miglioramento ambientale correlati alla mitigazione degli impatti riconducibili al progetto, ad interventi di efficienza energetica, di diffusione di installazioni di impianti a fonti rinnovabili e di sensibilizzazione della cittadinanza sui predetti temi.
Il D.M. in questione è stato adottato all’indomani della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2010, nella quale la Corte, censurando una disposizione legislativa della regione Calabria sul punto, ha affermato che la legge statale vieta tassativamente l’imposizione di corrispettivo (le cosiddette misure di compensazione patrimoniale) quale condizione per il rilascio dei suddetti titoli abilitativi, tenuto conto che la costruzione e l’esercizio di impianti per l’energia (nel caso di specie, eolica) sono libere attività d’impresa soggette alla sola autorizzazione amministrativa della Regione, ex art. 12, comma 6, D.Lgs. n. 387/2003. Sono, al contrario, ammessi gli accordi che contemplino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, nel senso che il pregiudizio subito dall’ambiente per l’impatto del nuovo impianto, oggetto di autorizzazione, viene compensato dall’impegno ad una riduzione delle emissioni inquinanti da parte dell’operatore economico proponente”. In varie pronunce, l’organo giurisdizionale amministrativo ha riconosciuto l’invalidità di convenzioni già stipulate che imponevano il pagamento di misure compensative patrimoniali da parte delle società titolari degli impianti in questione nei confronti dei Comuni disponendo la ripetizione, in favore delle società ricorrenti, delle somme indebitamente pagate (T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 1.4.2008 n. 709; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 29 gennaio 2008 n. 118; Cons. Stato, sez. III, 14.10.2008 n. 2849; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 7.6.2013 n. 1347; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 7.6.2013, n. 1361; T.A.R. Molise, 23.1.2014 n. 55, TAR Puglia Bari, 24 maggio 2018, n. 737).
Articolo 1, commi 562 e 563
(Tavolo di lavoro in materia di autonomia di entrata delle Regioni)
I commi 562 e 563 dispongono l'istituzione, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di un tavolo tecnico composto da rappresentanti del Governo e delle regioni, finalizzato alla completa attuazione dei principi in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario contenuti nel decreto legislativo 68/2011[55].
Ai sensi del comma 562, l'attività dell'istituendo tavolo tecnico consiste principalmente nella definizione delle procedure e delle modalità di applicazione delle disposizioni del D.lgs. n.68 concernenti i seguenti ambiti:
1) Fiscalizzazione dei trasferimenti statali che saranno soppressi a partire dal 2020.
· Al fine di assicurare l'autonomia di entrata, vengono soppressi i trasferimenti statali (art.7 del D.lgs. 68/2011) e, contestualmente, viene ridefinita la compartecipazione delle regioni ordinarie al gettito dell'IRPEF (art.2). Nello specifico, si dispone la rideterminazione dell'addizionale ad esse spettante a decorrere dal 2020 che deve essere tale da garantire un gettito corrispondente ai trasferimenti statali da sopprimere (al netto del gettito già in essere con l'applicazione dell'addizionale vigente).
·
· Oltre alla compartecipazione contenuta all'art.2 richiamato dal disegno di legge, si ricorda che il D.lgs. 68/2011 attribuisce la compartecipazione al gettito IVA, la facoltà di ridurre le aliquote o disporre deduzioni dell'IRAP, trasforma in tributi propri delle regioni una serie di tributi minori e introduce un sistema di perequazione.
·
2) Attribuzione di una quota del gettito riferibile al concorso di ciascuna regione nell’attività di recupero fiscale in materia di IVA.
· La disposizione di riferimento è l'articolo 9, comma 2, del D.lgs.68/2011, ai sensi del quale alla regione spetta, in relazione ai principi di territorialità[56], una quota (commisurata all'aliquota di compartecipazione) del gettito riferibile al concorso della regione stessa nella attività di recupero fiscale in materia di IVA.
· Le modalità di condivisione degli oneri di gestione della predetta attività di recupero fiscale sono disciplinate con specifico atto convenzionale sottoscritto tra regione ed Agenzia delle entrate.
· Le modalità di attribuzione alle regioni delle risorse sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia.
·
· Per completezza di informazione si segnala che l'articolo 9, nel suo complesso, detta una disciplina che prevede anche il riversamento dell'intero gettito derivante dall'attività di recupero fiscale riferita ai tributi propri derivati e alle addizionali alle basi imponibili dei tributi erariali (comma 1) e una compartecipazione al gettito di ulteriori tributi erariali eventualmente attribuiti alle regioni a titolo di concorso nella attività di recupero fiscale (comma 3).
Nell'ambito dell'attività assegnata al tavolo tecnico è contemplata anche la valutazione di eventuali adeguamenti della normativa vigente.
L'istituzione del tavolo è motivata, come si legge nella relazione illustrativa, dalle complessità tecniche relative alla rideterminazione dell'addizionale regionale IRPEF, a invarianza di pressione fiscale complessiva, per assicurare la fiscalizzazione dei trasferimenti oggetto di soppressione e all'individuazione delle modalità di attribuzione di una quota del gettito dell'IVA riferito alle attività di recupero fiscale. L'esito dell'attività del tavolo dovrebbe consentire di evitare ulteriori rinvii dell'attuazione delle citate disposizioni recate nel D.Lgs. 68/2011.
Il termine per l'attuazione delle citate disposizioni (e di altre contenute nel medesimo provvedimento), inizialmente previsto per il 2013, è stato infatti più volte posticipato con interventi legislativi, l'ultimo dei quali è l'art.1, comma 778, della L. 205/2017 (legge di bilancio 2018).
Quanto alla composizione del tavolo tecnico, di esso fanno parte:
i) rappresentanti del Ministero dell'economia (e in particolare del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e del Dipartimento delle finanze)
ii) rappresentanti del Dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie della Presidenza del Consiglio dei Ministri
iii) rappresentati delle regioni.
Il comma 563 stabilisce che la partecipazione alle riunioni del tavolo non determina, in capo ai componenti, il diritto a percepire indennità o gettoni di presenza.
Articolo 1, comma 564
(Piano di riequilibrio finanziario pluriennale)
Il comma 564 consente agli enti che hanno chiesto di accedere alla procedura di riequilibrio finanziario, tramite la presentazione di un apposito Piano, di ottenere un’anticipazione dal Ministero dell’interno nelle more della valutazione dell’istanza da parte della Corte dei Conti.
Le somme anticipate, a valere sul Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, sono vincolate al pagamento dei debiti fuori bilancio nei confronti delle imprese e a transazioni e accordi con i creditori.
L’anticipo concesso viene riassorbito in caso di approvazione del Piano di riequilibrio, mentre in caso di diniego del Piano le somme devono essere recuperate.
La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale è uno strumento straordinario, previsto per gli enti locali in condizione di grave squilibrio strutturale (cd. pre-dissesto), volto a prevenire il dissesto ed a ripristinare gli equilibri finanziari. La procedura, che si colloca nell’ambito di un sistema articolato, nel quale sono previsti diversi strumenti per far fronte alle situazioni di squilibrio delle gestioni, favorisce l’emersione di disavanzi occulti, offrendo agli amministratori un utile strumento di auto-risanamento volto a scongiurare la più grave situazione di dissesto finanziario. In tal modo la gestione della crisi resta affidata agli organi ordinari dell’ente e nel contempo le iniziative di riequilibrio vengono sottoposte alla costante vigilanza delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della verifica della piena sostenibilità economico-finanziaria delle misure indicate dal piano allo scopo di garantire l’effettivo raggiungimento del risanamento dell’ente.
L’articolo 243-bis del TUEL (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000) consente ai comuni e alle province per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario di ricorrere alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, con deliberazione consiliare trasmessa alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell'interno. Il Piano di riequilibrio finanziario pluriennale deliberato dal consiglio dell’ente locale ha una durata compresa tra quattro e venti anni.
L’articolo 243-ter del TUEL prevede, per il risanamento finanziario degli enti locali che hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziario, un'anticipazione a valere sul "Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali”, nella misura massima stabilita in base ai criteri fissati dal D.M. 11 gennaio 2013 (recante “Accesso al Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali”).
La sezione regionale di controllo della Corte dei conti delibera sull'approvazione o sul diniego del piano secondo la procedura prevista dall’articolo 243-quater, anche sulla base della relazione effettuata dalla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali operante presso il Ministero dell'interno, che svolge la fase istruttoria tenendo conto delle Linee guida deliberate dalla sezione delle autonomie della Corte dei conti.
La disposizione, in particolare, in considerazione dei tempi necessari per la conclusione dell’iter di accoglimento o diniego da parte della Corte dei conti del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, prevede che gli enti i quali fanno istanza di accesso alla procedura di riequilibrio finanziario possono richiedere al Ministro dell’interno un’anticipazione a valere sul Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali.
La misura massima di tale anticipazione è pari al 50 per cento dell’anticipazione massima concedibile in caso di approvazione del piano di riequilibrio finanziario da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti.
La norma pone un vincolo di destinazione delle somme anticipate al pagamento dei debiti fuori bilancio nei confronti delle imprese per beni, servizi e forniture, previo formale riconoscimento degli stessi, nonché a effettuare transazioni e accordi con i creditori.
Le somme anticipate verranno:
§ riassorbite in sede di concessione dell’anticipazione stessa, in caso di approvazione del piano di riequilibrio finanziario da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti;
§ recuperate dal Ministero dell’interno e versate alla contabilità speciale relativa al citato Fondo di rotazione, in caso di diniego del piano di riequilibrio finanziario da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti (ovvero di mancata previsione nel predetto piano delle prescrizioni per l’accesso al Fondo di rotazione). In questo caso, il Ministero dell’interno recupera le somme dall’ente locale a valere su qualunque assegnazione finanziaria dovuta dal Ministero stesso all’ente e, in caso di incapienza, tramite trattenuta effettuata dall’Agenzia delle entrate sul pagamento all’ente dell’imposta municipale propria (secondo le modalità previste dai commi 128 e 129 dell’articolo 1 della legge n. 228/2012).
Articolo 1, commi 565-568
(Rinegoziazione del debito degli enti locali relativo ai prestiti gestiti da Cassa depositi e prestiti S.p.a. per conto del MEF)
I commi introducono la possibilità di rinegoziare i mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.a. a comuni, province e città metropolitane e trasferiti al MEF.
Il comma 565 dispone la possibilità di rinegoziare i mutui specificandone la finalità nella riduzione dell'ammontare di passività a carico degli enti e rinviando al comma 566 per l'indicazione delle caratteristiche che i mutui debbono presentare per poter essere oggetto di rinegoziazione. Mantiene inoltre ferma l'articolazione temporale dei piani di ammortamento.
Si ricorda che l'articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003 dispone la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni. Con successivo decreto del MEF del 5 dicembre 2003 sono state determinate, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 5, le funzioni, le attività e le passività della Cassa depositi e prestiti anteriori alla trasformazione che sono trasferite al MEF e quelle assegnate alla gestione separata.
Il comma 566 elenca le caratteristiche che devono essere possedute dai mutui alla data del 1° gennaio 2019:
a) interessi calcolati sulla base di un tasso fisso;
b) oneri di rimborso a diretto carico dell’ente locale beneficiario dei mutui;
c) scadenza dei prestiti successiva al 31 dicembre 2022;
d) debito residuo da ammortizzare superiore a euro 10.000,00;
e) non rinegoziati ai sensi del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 20 giugno 2003 con il quale la Cassa depositi e prestiti è stata autorizzata a rinegoziare i mutui, di cui risultano intestatari e pagatori i comuni, le province, le comunità montane, isolane o di arcipelago e le unioni di comuni;
f) senza diritto di estinzione parziale anticipata alla pari;
g) non oggetto di differimenti di pagamento delle rate di ammortamento autorizzati dalla normativa applicabile agli enti locali i cui territori sono stati colpiti da eventi sismici.
Il comma 567 rinvia a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro il 28 febbraio 2019, l'individuazione dei mutui che possono essere oggetto delle operazioni di rinegoziazione, nonché la definizione dei criteri e delle modalità di perfezionamento di tali operazioni.
Il comma 568 fa rientrare la gestione delle attività strumentali al perfezionamento delle operazioni di rinegoziazione nell'ambito della convenzione stipulata dalla Cassa con il MEF ai sensi dell’articolo 4, comma 4, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003.
Articolo 1, commi 569-572
(Riduzione dei costi della politica nelle regioni a statuto speciale, ordinario e nelle province autonome)
I commi dal 569 al 572 intervengono sulla disciplina dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi in essere in favore di coloro che abbiano rivestito la carica di presidente della regione, di consigliere regionale o di assessore regionale. A tal fine dispongono che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con propri provvedimenti, sentita la Conferenza Stato-regioni, rideterminino secondo il metodo del calcolo contributivo, ove non abbiano già provveduto, tale disciplina. In caso di inadempienza, è prevista la decurtazione dell’80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni, esclusi i trasferimenti destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e del trasporto pubblico locale.
Il comma 569 stabilisce che, ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del contenimento della spesa pubblica, a decorrere dal 2019, una quota pari all’80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano è erogata a condizione che esse, con le modalità previste dal proprio ordinamento, provvedano a rideterminare la disciplina dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi già in essere in favore di coloro che abbiano ricoperto la carica di:
§ presidente della regione;
§ consigliere regionale;
§ assessore regionale.
Si ricorda che le regioni, nell'ambio della propria autonomia statutaria e legislativa, sono già tenute, ai sensi del decreto-legge n.138 del 2011, ad adeguare i propri ordinamenti prevedendo il «passaggio ad un sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali» (art. 14, comma 1, lettera f)). Il decreto-legge (art.14, comma 2) dispone altresì conseguenze di carattere sanzionatorio in caso di mancato adeguamento delle regioni a tale misura di contenimento della spesa (così come alle altre misure contenute al comma 1, lettere da a) a h)).
Successivamente il decreto-legge n.174 del 2012 (art.2, comma 1, lettera m)) ha rafforzato la portata dell'obbligo contenuto nelle citate norme del decreto-legge n.138/2011, stabilendo che il loro mancato rispetto avrebbe determinato, a decorrere dal 2013, ulteriori sanzioni (consistenti, fra le altre, nel blocco di una quota, pari all'80 per cento, dei trasferimenti erariali (esclusi quelli destinati a specifiche finalità, v. infra) a favore delle regioni.
Il decreto-legge n. 174 del 2012 esclude dall'ambito di applicazione della norma i "trattamenti già in erogazione" a decorrere dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto-legge. La disposizione in esame ricomprende invece i “trattamenti già in essere”.
L'applicazione di gran parte delle disposizioni del DL 174/2012 è condizione per la concessione di una serie di trasferimenti erariali alle regioni (al di fuori di quelli dovuti a titolo di finanziamento del trasporto pubblico locale, delle politiche sociali e del servizio sanitario regionale) a decorrere dal 2013. Inoltre, si prevede il commissariamento delle regioni in caso di mancata attuazione delle misure di risparmio (comma 5). Un'ulteriore sanzione consiste nella decurtazione di una quota dei trasferimenti erariali, corrispondente alla metà delle somme destinate per l'esercizio 2013 al trattamento economico complessivo spettante ai membri del consiglio regionale e di quelli della giunta. In base a tale disposizione, nelle more dell'attuazione del passaggio al sistema contributivo per i consiglieri, le regioni hanno facoltà di prevedere o corrispondere trattamenti pensionistici o vitalizi in favore di coloro che abbiano ricoperto la carica di presidente della regione, di consigliere regionale o di assessore regionale solo a condizione che abbiano compiuto 66 anni di età e abbiano ricoperto tali cariche, anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a 10 anni.
All’entrata in vigore del D.L.174/2012 è seguita, nel 2014, l’adozione di un ordine del giorno dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome, volto ad individuare parametri minimi e comuni per le leggi regionali da adottare sull'istituto dell'assegno vitalizio, con l'obiettivo di disporre di un quadro interregionale omogeneo.
Sono state quindi approvate da parte delle regioni, previsioni normative volte a superare l'istituto degli assegni "vitalizi" per i consiglieri regionali e a ridisciplinare l'intera materia, anche prevedendo riduzioni temporanee.
Tra queste si ricordano in particolare: L.R. 15 maggio 2018, n.11, della regione Calabria; art. 6 L.R. 4 giugno 2018, n. 95 della regione Lazio; L.R. 26 febbraio 2018, n. 1, della regione Valle d’Aosta; L.R. 3 del 2018 della regione Veneto; L.R. 23 aprile 2018, n. 3 della regione Umbria; art. 12 L.R. 28 luglio 2017, n. 23 della regione Campania; L.R 29 maggio 2017, n. 10 della regione Basilicata; L.R. 13 febbraio 2015, n. 2, della regione Friuli Venezia Giulia; L.R. 24 novembre 2014, n. 12 della regione Lazio; L.R. 23 settembre 2014, n. 49 della regione Lombardia; L.R. 18 aprile 2014, n. 11 e L.R. 4 maggio 2015, n. 9, della regione Molise; L.R. 15 dicembre 2014, n. 21 della regione Piemonte (che è successivamente intervenuta nuovamente sulla materia con la L.R. 5/2017 recante misure di trasparenza in materia di assegni vitalizi); L.R. 29 dicembre 2014, n. 86 e art. 2 L.R. 20 luglio 2018, n. 37 della regione Toscana; L.R. 11 luglio 2014 n. 4 e n. 5 della regione Trentino Alto Adige; L.R. 23 dicembre 2014, n. 43 della regione Veneto. Per la regione Sardegna l'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale ha approvato la delibera 18 dicembre 2014, n. 31.
In analogia a quanto previsto dal citato decreto-legge n.174/2012, anche il comma 569 in esame esclude espressamente dall’eventuale riduzione i trasferimenti destinati al finanziamento dei seguenti settori:
§ Servizio sanitario nazionale;
§ politiche sociali e per le non autosufficienze;
§ trasporto pubblico locale.
Si ricorda che i trasferimenti erariali alle regioni a statuto ordinario hanno registrato una contrazione nel corso degli anni. Benché la riforma che avrebbe dovuti trasformarli in entrate tributarie proprie, avviata con la legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, non sia ancora attuata (in quanto rinviata più volte, da ultimo, con la legge di bilancio 2018, al 2020), tali trasferimenti costituiscono attualmente una piccola parte delle entrate regionali. La parte più cospicua di essi finanzia il trasporto pubblico locale, l’assistenza e le politiche sociali, il diritto allo studio e l’edilizia scolastica, la politica abitativa, interventi nel campo della prevenzione e dell’edilizia sanitaria (non è qui considerato il Fondo sanitario nazionale, in quanto finanziato da entrate regionali e trasferimenti perequativi secondo una specifica disciplina. Secondo gli ultimi dati disponibili, la spesa sanitaria assorbe, per il 2015, in media l’83,33% della spesa corrente nelle regioni a statuto ordinario e il 46,10 di quelle a statuto speciale -Corte di conti, Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni. Esercizio 2015, giugno 2017, p. 249).
Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale e le province autonome, il loro sistema di finanziamento non prevede trasferimenti erariali, se non per specifici interventi che non rientrano fra le competenze istituzionali. Le funzioni ordinarie attribuite a ciascun ente da norme statuarie sono infatti finanziate con le quote di compartecipazione ai tributi erariali riscossi nel proprio territorio, stabilite anch’esse da norme statutarie.
La quantificazione dei trasferimenti erariali alle regioni non è compito agevole. L’ultima analisi accurata è stata fatta in occasione dell’Audizione della Corte dei conti sui Trasferimenti finanziari agli enti territoriali nel maggio 2016, presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo amministrativo, a cui si rinvia per approfondimenti.
I termini temporali per la rideterminazione dei trattamenti sono fissati in 4 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (quindi il termine è il 1° maggio 2019). Se siano necessarie modifiche statutarie, il termine è di 6 mesi (1° luglio 2019).
Come si legge nella relazione tecnica: “Le disposizioni di cui al presente articolo, essendo volte a garantire una riduzione dei costi della politica nelle regioni a statuto speciale, ordinario e nelle province autonome, sono suscettibili di determinare risparmi di spesa per la finanza pubblica, in atto, non quantificabili”.
Il comma 569 si applica senza alcuna distinzione nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome.
Al riguardo, si ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 198 del 2012 (che per altri aspetti è richiamata a seguire), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2011, che prevedeva conseguenze di carattere sanzionatorio in caso di mancato adeguamento delle autonomie speciali alle misure di contenimento della spesa previste al comma 1, consistenti, fra le altre, nel "passaggio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del [..] [medesimo] decreto e con efficacia a decorrere dalla prima legislatura regionale successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore del [..] [medesimo] decreto, al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali". La Corte ha motivato la propria decisione rilevando che la "disciplina relativa agli organi delle Regioni a statuto speciale e ai loro componenti è contenuta nei rispettivi statuti. Questi, adottati con legge costituzionale, ne garantiscono le particolari condizioni di autonomia, secondo quanto disposto dall'art. 116 Cost. L'adeguamento da parte delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome ai parametri di cui all'art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011 richiede, quindi, la modifica di fonti di rango costituzionale. A tali fonti una legge ordinaria non può imporre limiti e condizioni".
Con la sentenza n.23 del 2014, la Corte ha dichiarato infondata la questione di legittimità, sollevata da alcune regioni a statuto speciale, riferita al citato art. 2 del decreto-legge n.174/2012. Ciò, fra l'altro, in considerazione della previsione della clausola di salvaguardia secondo cui le "regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i propri ordinamenti a quanto previsto dal comma 1 compatibilmente con i propri statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione" e nel presupposto che "a mezzo della clausola di salvaguardia [...] gli evocati parametri di rango statutario assumono «la funzione di generale limite» (sentenze n. 241 e n. 64 del 2012, n. 152 del 2011) per l’applicazione delle disposizioni del comma 1, nel senso che la prima ha la funzione di rendere queste ultime applicabili agli enti ad autonomia differenziata, «solo a condizione che, in ultima analisi, ciò avvenga nel “rispetto” degli statuti speciali» (sentenza n. 215 del 2013)".
Tenuto conto della pregressa giurisprudenza costituzionale parrebbe opportuno valutare di specificare che le disposizioni in esame si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione.
Il comma 570 indica le modalità di rideterminazione dei trattamenti in essere che dovranno essere ricalcolati secondo il metodo contributivo, previo parere della Conferenza Stato-regioni entro il 31 marzo 2019.
Tale disposizione, in combinato disposto con il comma 1, parrebbe indicare un obbligo, in capo a ciascuna regione, di definire la disciplina con cui procedere alla rideterminazione dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi già in essere con margini di autonomia, con la sola condizione che essa sia effettuata con il metodo contributivo. Parrebbe prospettarsi pertanto la possibilità che siano introdotte discipline differenziate sia con riferimento alla decorrenza del nuovo sistema (fermi restando i termini entro cui la disciplina va ridefinita), sia ai contenuti di dettaglio della disciplina.
Il parere della Conferenza Stato-regioni parrebbe peraltro idoneo a circoscrivere tale autonomia. Non soltanto poiché le norme in esame non richiamano fra le proprie finalità quella di assicurare omogeneità nei trattamenti previdenziali regionali, ma anche perché esse non contemplano l'adozione da parte della Conferenza Stato-regioni di un atto di indirizzo sulla materia, sì da fornire alla medesima conferenza parametri sulla base dei quali formulare il proprio parere sulle singole discipline regionali.
Con riferimento al calcolo dei trattamenti secondo il metodo contributivo per le prestazioni previdenziali dei lavoratori dipendenti tiene conto di una serie articolata di parametri, definiti da diversi atti normativi primari e secondari (per una disamina complessiva si veda il dossier del Servizio studi, Rideterminazione dell’importo delle pensioni superiori a 4.500 euro mensili. A.C. 1071, 24 settembre 2018).
Entro i 15 giorni successivi all’adempimento, le regioni documentano l’adempimento della rideterminazione dei trattamenti con una comunicazione al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri. A sua volta, il Dipartimento, entro il quindicesimo giorno successivo al ricevimento della comunicazione, trasmette al Ministero dell’economia e delle finanze l'attestazione relativa al rispetto degli adempimenti. Entro il quindicesimo giorno successivo alla scadenza dei termini di cui al comma 1, il medesimo Dipartimento trasmette al Ministero dell'economia l'elenco delle regioni e delle province autonome che non hanno corrisposto all'obbligo di comunicare l'avvenuto adempimento, ai fini della conseguente riduzione lineare dei trasferimenti. I trasferimenti sono riconosciuti per intero a partire dall’esercizio in cui la regione abbia adempiuto (comma 571).
Viene dunque posto in capo al Dipartimento per gli affari regionali un potere di “verifica” della rispondenza dei provvedimenti adottati dalle regioni - a statuto ordinario e a statuto speciale – e dalle Province autonome rispetto alle prescrizioni della presente disciplina, verifica che rileva ai fini del successivo trasferimento dei trasferimenti erariali.
Considerato che il calcolo dei trattamenti secondo il metodo contributivo si fonda - per le prestazioni previdenziali dei lavoratori dipendenti – su una serie articolata di parametri, che la disposizione in esame affida all’autonomia delle regioni, pare suscettibile di valutazione secondo quali criteri e modalità potrà essere svolta una verifica da parte del Dipartimento per gli affari regionali riguardo al rispetto delle previsioni di cui al presente comma.
La giurisprudenza della Corte costituzionale sulla previsione di vincoli ed obiettivi nella disciplina delle attribuzioni dei consiglieri regionali, anche in considerazione della situazione di eccezionale gravità del contesto finanziario, ha dato una lettura estensiva delle norme di principio nella materia del coordinamento della finanza pubblica. Pur ribadendo, in via generale, che possono essere ritenuti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica le norme che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi», la Corte ha, nei fatti, avallato le scelte del legislatore statale di introdurre vincoli specifici per il contenimento della spesa delle regioni e degli enti locali, quali, ad esempio, quelli relativi alle riduzioni di spesa per incarichi di studio e consulenza (sentenza n. 262 del 2012), all'obbligo di soppressione o accorpamento da parte degli enti locali di agenzie ed enti che esercitino funzioni fondamentali e funzioni loro conferite (sentenza n. 236 del 2013), alla determinazione del numero massimo di consiglieri e assessori regionali e alla riduzione degli emolumenti dei consiglieri (sentenze n. 198 del 2012 e n. 23 del 2014).
In particolare, con le sentenze n. 198 del 2012 e n. 23 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle regioni, che evidenziavano come la previsione del passaggio ad un sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali costituisse non un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica ma una disposizione di dettaglio. In quelle sentenze la Corte ha affermato che, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, nell'esercizio della funzione di coordinamento della finanza pubblica, «lo Stato deve limitarsi a porre obiettivi di contenimento senza prevedere in modo esaustivo strumenti e modalità per il loro perseguimento, in modo che rimanga uno spazio aperto all'esercizio dell'autonomia regionale (sentenza n. 182 del 2011); che i vincoli imposti con tali norme possono «considerarsi rispettosi dell'autonomia delle Regioni e degli enti locali quando stabiliscono un “limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa” (sentenza n. 236 del 2013, sentenza n. 182 del 2011, nonché sentenze n. 297 del 2009; n. 289 del 2008; n. 169 del 2007)»; che la disciplina dettata dal legislatore non deve ledere il canone generale della ragionevolezza e proporzionalità dell'intervento normativo rispetto all'obiettivo prefissato (sentenze n. 236 del 2013 e n. 326 del 2010)». Circa il rapporto tra principi fondamentali e disciplina di dettaglio la Corte ha rilevato che «la specificità delle prescrizioni, di per sé, neppure può escludere il carattere di principio di una norma, qualora essa risulti legata al principio stesso da un evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione (sentenze n. 237 del 2009 e n. 430 del 2007)» (sentenza n. 16 del 2010); in quest'ottica, «possono essere ricondotti nell'ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica norme puntuali adottate dal legislatore per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario (sentenze n. 52 del 2010, n. 237 del 2009 e n. 417 del 2005).
Ai sensi del comma 572, la regione che non adegui il proprio ordinamento a quanto disposto dalle disposizioni in esame entro i termini stabiliti, è assegnato il termine di 60 giorni per provvedervi, ai sensi della disciplina sul potere sostitutivo dello Stato (art. 8 legge 131/2003).
Secondo l’art. 120, secondo comma. Cost. il Governo può sostituirsi a organi di regioni ed enti locali nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
In tali casi, il Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario (L. 131/2003, art. 8).
Nella legislatura in corso, misure analoghe a quelle che il provvedimento in esame dispone con riferimento alla disciplina previdenziale di Presidenti, i consiglieri e assessori regionali sono state assunte con riguardo ai deputati e ai senatori. L'Ufficio di Presidenza della Camera, nella riunione del 12 luglio 2018, ha infatti approvato una deliberazione concernente la rideterminazione, secondo il metodo di calcolo contributivo, della misura degli assegni vitalizi e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, nonché dei trattamenti previdenziali di reversibilità di coloro che hanno rivestito la carica di deputati, relativi agli anni di mandato svolti fino al 31 dicembre 2011. Le nuove misure avranno efficacia dal 1° gennaio 2019. Una analoga misura è stata deliberata dal Consiglio di Presidenza del Senato il 16 ottobre 2018.
Si ricorda inoltre che nel corso della XVII legislatura la materia dei vitalizi e del trattamento pensionistico dei parlamentari e dei consiglieri regionali era stata oggetto di esame parlamentare: nella seduta del 26 luglio 2017 la Camera dei deputati ha approvato un testo volto a disporre l'applicazione di un nuovo trattamento previdenziale contributivo e la rideterminazione dei trattamenti e vitalizi in essere. Il testo è stato trasmesso al Senato (A.S. 2888) dove l'esame in sede referente non si è concluso prima della fine della legislatura.
Quanto evidenziato nel corso delle audizioni su tale provvedimento è consultabile al seguente link documenti acquisiti nel corso delle audizioni. Per i contenuti della principale giurisprudenza costituzionale in materia di interventi normativi volti a ridefinire, retroattivamente, i trattamenti in essere si rinvia al dossier del Servizio Studi, Rideterminazione dell’importo delle pensioni superiori a 4.500 euro mensili. A.C. 1071, 24 settembre 2018).
Articolo 1, comma 573
(Elezioni suppletive)
L’articolo 1, comma 573, introduce la possibilità per il Governo di prorogare il termine per le elezioni suppletive nei collegi uninominali di Camera e Senato, fino ad un massimo di 180 giorni dalla data della vacanza dichiarata dalla Giunta delle elezioni, così da permettere l’accorpamento con eventuali altre consultazioni elettorali che si svolgano, entro tale termine, nel medesimo territorio.
La disposizione, con la finalità di ridurre gli oneri connessi allo svolgimento delle consultazioni elettorali per l’elezione suppletive della Camera e del Senato, consente al Governo, nel caso in cui entro 180 giorni dalla data di dichiarazione della vacanza si svolgano nel medesimo territorio (o anche in una parte di esso) altre consultazioni elettorali, di disporre la proroga del termine per le elezioni suppletive (fissato in via generale in 90 giorni dalla data della vacanza dichiarata dalla Giunta delle elezioni) fino alla data necessaria per permettere l’accorpamento con le altre consultazioni elettorali.
Si ricorda che il sistema elettorale per le elezioni politiche è disciplinato dal testo unico per le elezioni della Camera (DPR 361/1957) e dal testo unico per le elezioni del Senato (D.Lgs. 533/1993).
Nel 2017 è stata approvata la nuova legge elettorale (legge 3 novembre 2017, n. 165 che modifica i due testi unici citati) che ha trovato applicazione la prima volta nelle elezioni del 4 marzo 2018.
La nuova legge delinea un sistema elettorale misto, parte maggioritario e parte proporzionale, simile per i due rami del Parlamento. Una parte dei seggi, 231 seggi alla Camera e 109 al Senato, sono assegnati in collegi uninominali, costituiti all'interno di circoscrizioni, con formula maggioritaria, in cui è proclamato eletto il candidato più votato. I restanti seggi sono assegnati nell’ambito di collegi plurinominali.
Il nuovo sistema elettorale ha reso pertanto necessario disciplinare – rispetto al sistema previgente - la copertura dei seggi uninominali che si rendessero, per qualsiasi motivo, vacanti nel corso della legislatura. A tal fine, sono state estese a tutto il territorio nazionale le norme per le elezioni suppletive della Val d’Aosta e del Trentino - Alto Adige. In queste due regioni, infatti, anche con il sistema elettorale previgente, i seggi venivano assegnati in tutto (Val d’Aosta) o in parte (Trentino - Alto Adige) in collegi uninominali.
Tale disciplina prevede che quando rimanga vacante, per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, un seggio attribuito con sistema maggioritario nell’ambito collegio uninominale, si dà luogo ad elezioni suppletive nel collegio interessato, purché intercorra almeno un anno fra la data della vacanza e la scadenza naturale della legislatura. Le elezioni suppletive sono indette entro 90 giorni dalla data della vacanza, dichiarata dalla Giunta delle elezioni. Qualora il termine di 90 giorni cada in un periodo compreso tra il 1° agosto e il 15 settembre, il Governo è autorizzato a prorogare tale termine di non oltre 45 giorni; se invece il termine cade in un periodo compreso tra il 15 dicembre e il 15 gennaio, il Governo può disporre la proroga per non oltre 30 giorni. (art. 21-ter del D.Lgs. 533/1993).
Il citato articolo 21-ter del D.Lgs. 533/1993, oggetto della modifica operata dalla disposizione in esame, concerne la vacanza del seggio nel collegio uninominale della Valle d’Aosta e dei seggi nei collegi uninominali del Trentino-Alto Adige, ma si applica anche alle elezioni suppletive nel caso di vacanza nei collegi uninominali della Camera (in virtù del rinvio disposto dall’art. 86, comma 4 del DPR 361/1957) e del Senato (si veda l’art. 19, comma 1, del D.Lgs. 533/1993) nell’intero territorio nazionale.
Pertanto, la proroga che può essere disposta in base al comma in esame si applica alle elezioni suppletive di tutti i collegi uninominali di Camera e Senato.
Quando, invece, rimanga vacante un seggio assegnato in un collegio plurinominale esso è attribuito nell’ambito del medesimo collegio plurinominale al candidato primo dei non eletti secondo l’ordine di presentazione. (D.P.R. 361/1957, art. 84, comma 1). Sono dettate infine norme per l’individuazione del deputato subentrante in caso di esaurimento della lista.
Le prime elezioni suppletive, dopo le consultazioni del 4 marzo 2018, sono state indette per il 20 gennaio 2019 in Sardegna, nel collegio uninominale 1, a seguito delle dimissioni dell’on. Andrea Mura, accolte dalla Camera dei deputati il 27 settembre 2018 (DPR 21 novembre 2018, Indizione dei comizi per l'elezione suppletiva della Camera dei deputati nel collegio uninominale n. 01 della XXVI Circoscrizione Sardegna, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 novembre 2018, n. 272. La dichiarazione della Giunta delle elezioni di accertamento della vacanza del seggio è del 4 ottobre 2018, mente la data delle elezioni è stata deliberata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’interno, nella seduta del 20 novembre 2018).
Si ricorda infine che l’articolo 7, comma 1, del D.L. 98/ 2011, stabilisce che a decorrere dal 2012 le consultazioni elettorali per le elezioni dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni, dei consigli comunali, provinciali e regionali, del Senato e della Camera, si svolgono, compatibilmente con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, in un'unica data nell'arco dell'anno (c.d. election day). Il comma 2 del medesimo articolo stabilisce altresì che qualora nel medesimo anno si svolgano le elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia le consultazioni si effettuano nella data stabilita per le elezioni del Parlamento europeo.
In precedenza, si sono verificati diversi casi di accorpamento di consultazioni elettorali diverse, la cui effettuazione ha richiesto l’adozione di un provvedimento legislativo ad hoc.
Due provvedimenti regolano, a regime, il procedimento elettorale nella eventualità che si svolgano negli stessi giorni consultazioni elettorali diverse:
- il D.L. 161/1976 che disciplina alcuni aspetti del procedimento elettorale nel caso di contemporaneo svolgimento delle elezioni politiche con quelle regionali (anche a statuto speciale), provinciali e comunali;
- il D.L. 300/1994 che ha dettato disposizioni per permettere lo svolgimento contemporaneo delle elezioni europee, regionali ed amministrative.
Articolo1, comma 574
(Fondo aree di confine)
Il comma 574 aumenta lo stanziamento del Fondo per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano per l’anno 2019 e 2020, estendendone la dotazione finanziaria anche all’anno 2021.
In particolare, la disposizione rifinanzia il Fondo per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, incrementando di 5 milioni di euro le risorse stanziate per l’anno 2019 e per l’anno 2020 (da 5 a 10 milioni per il 2019 e da 10 a 15 milioni per il 2020), ed assegnando 15 milioni di euro per l’anno 2021.
Di conseguenza, il Fondo - gestito dal Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri ed iscritto presso il bilancio della Presidenza stessa (cap. 446) - risulta ora dotato di 10 milioni di euro per il 2019 e di 15 milioni per ciascun anno degli anni 2020 e 2021.
A tal fine, viene modificato l’articolo 1, comma 1159, della legge di bilancio per il 2018, il quale ha rifinanziato il Fondo per il triennio 2018-2020, ridefinendone la disciplina e individuando, come beneficiari, i soli comuni della Regioni Veneto appartenenti alle province di Belluno, Treviso e Venezia confinanti con la Regioni Friuli Venezia-Giulia.
Il Fondo per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano è stato istituito dall’articolo 6, comma 7, del D.L. 81/2007 (cd. “Fondo Letta”), e poi successivamente modificato dall’articolo 35 del D.L. n. 159/2007 e dall’articolo 2, comma 45, della legge n. 203/2008 (finanziaria 2009).
I destinatari del fondo erano individuati nelle tre macroaree costituite dai territori confinanti con le tre Regioni a Statuto speciale: Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. I criteri di ripartizione delle risorse del Fondo tra le tre macroaree sono stati definiti con il D.P.C.M. 13 ottobre 2011, che ne ha altresì individuato i singoli comuni beneficiari. Per la ripartizione delle risorse degli anni 2007-2011[57], cfr. Decreto del 14 settembre 2012.
Il Fondo, che dal 2011 non presentava più alcuna dotazione in bilancio, è stato poi rifinanziato dalla legge di bilancio per il 2018 (articolo 1, comma 1159) nell’importo di 1 milione di euro per l’anno 2018, 5 milioni per l’anno 2019 e 10 milioni di euro per l’anno 2020.
La legge di bilancio per il 2018 ha altresì introdotto una nuova disciplina del Fondo, destinato al finanziamento di progetti di sviluppo economico e di integrazione, individuandone come beneficiari i soli comuni della Regione Veneto appartenenti alle province di Belluno, Treviso e Venezia confinanti con la Regione Friuli Venezia-Giulia. Si tratta, nello specifico, di 66 comuni della regione Veneto confinanti con la regione Friuli Venezia Giulia, di cui 51comuni appartenenti alla provincia di Belluno, 7 comuni della provincia di Venezia e 8 Comuni della provincia di Treviso.
Il Fondo, gestito dal Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri, viene erogato sulla base di criteri e modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, tenendo conto della effettiva condizione di svantaggio del comune in termini sociali, economici e morfologici. Il D.P.C.M. è emanato sentite la Conferenza unificata e le Commissioni parlamentari competenti.
In caso di mancata o parziale realizzazione degli interventi finanziati dal Fondo, si dispone che le corrispondenti risorse già assegnate sono versate ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al medesimo Fondo.
Articolo 1, comma 575
(Fondo nazionale della montagna)
Il comma 575 dispone il finanziamento del Fondo nazionale per la montagna per un importo di 10 milioni per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021
Il Fondo nazionale per la montagna, istituito dall’articolo 2 della legge n. 97 del 1994, è iscritto nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7469). Le risorse vengono poi trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio – Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie (cap. 932), in quanto competente in materia di montagna.
Le risorse del Fondo sono ripartite fra le Regioni secondo i criteri stabiliti con deliberazione del CIPE. L’ultimo finanziamento del Fondo per la montagna è stato autorizzato dall’articolo 1, comma 761, della legge n. 208/2015 nella misura originaria di 5 milioni per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018. Tali risorse non risultano ancora state oggetto di ripartizione da parte del CIPE.
Per quanto concerne i criteri di ripartizione, l’ultima deliberazione del CIPE (Delibera n. 10 del 18 febbraio 2013, relativa alla ripartizione delle risorse stanziate per il 2010) stabilisce i seguenti criteri: estensione del territorio montano; popolazione residente nelle aree montane; salvaguardia dell'ambiente e dello sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali; reddito medio pro-capite; livello dei servizi; entità dei trasferimenti finanziari ordinari e speciali.
Articolo 1, commi da 576 a 582
(Fabbisogno finanziario delle università)
L’articolo 1, commi da 576 a 582, ridefinisce, per il periodo 2019-2025, i criteri per la determinazione annuale del fabbisogno finanziario programmato delle università statali, ai fini del concorso di tali enti alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.
In particolare, il comma 576 prevede che il sistema universitario statale concorre alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, per il periodo dal 2019 al 2025, garantendo che il fabbisogno finanziario complessivamente generato dal comparto in ciascun anno non sia superiore al fabbisogno realizzato nell’anno precedente, incrementato del tasso di crescita del PIL reale stabilito dall’ultima Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza.
Ai fini della formulazione della norma andrebbe precisato se con la dicitura fabbisogno realizzato si intenda il fabbisogno determinato a consuntivo.
Non concorrono al calcolo del fabbisogno finanziario in questione le riscossioni ed i pagamenti sostenuti per investimenti e per attività di ricerca e innovazione sul territorio nazionale.
Al riguardo, la relazione tecnica precisa che le riscossioni ed i pagamenti per la ricerca, oggetto di esclusione, si riferiscono esclusivamente alle riscossioni ed ai pagamenti direttamente imputabili all’attività progettuale degli atenei.
In materia di fabbisogno finanziario programmato del sistema universitario statale, si ricorda che, per il triennio 2016-2018, l’art. 1, co. 747-748, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) aveva stabilito che continuavano ad applicarsi le disposizioni di cui all'art. 1, co. 637, della L. 296/2006 (L. finanziaria 2007), in base alle quali il fabbisogno finanziario complessivamente generato dal comparto non poteva essere superiore al fabbisogno determinato a consuntivo nell'esercizio precedente, incrementato del 3%[58].
Il medesimo co. 637 stabiliva anche che il Ministro dell’istruzione, dell'università e della ricerca procedeva annualmente alla determinazione del fabbisogno finanziario programmato per ciascun ateneo, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), tenendo conto degli obiettivi di riequilibrio nella distribuzione delle risorse e delle esigenze di razionalizzazione del sistema universitario, garantendo l'equilibrata distribuzione delle opportunità formative.
Il comma 577 disciplina la fase transitoria del nuovo calcolo del fabbisogno, prevedendo che, nelle more della piena attuazione del sistema SIOPE +, per il solo anno 2019 non concorrono al calcolo del fabbisogno finanziario soltanto ed esclusivamente i pagamenti per investimenti.
In merito, la relazione illustrativa precisa che l’esclusione limitata alle sole spese per investimenti dipende dal fatto che il monitoraggio infrannuale delle spese di ricerca potrà avvenire esclusivamente a seguito della piena attuazione del sistema SIOPE +, in vigore per il sistema universitario statale (ai sensi del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 30 maggio 2018) a decorrere dal 1° gennaio 2019 e che le riscossioni per ricerca e investimenti vengono contabilizzate dagli atenei, nel loro complesso, all’interno del macro aggregato “Contributi agli investimenti”, di cui al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 5 settembre 2017, in vigore dal 1° gennaio 2018.
Pertanto, il fabbisogno programmato per il 2019 viene determinato sulla base del fabbisogno programmato per il 2018, calcolato al netto della media dei pagamenti per investimenti dell’ultimo triennio, incrementato del tasso di crescita del PIL reale, stabilito dall’ultima Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza.
Per il 2019, la Nota di aggiornamento del DEF 2018, presentata a ottobre 2018 (Doc. LVII, n. 1-bis), indica una crescita del PIL reale programmatico per l’anno 2019 all’1,5 per cento (cfr. Tavola II.4, pag. 44).
L’art. 1, comma 533, della legge 11 dicembre 2016 (legge di bilancio 2017) ha previsto l’evoluzione della rilevazione SIOPE in SIOPE+, al fine di migliorare il monitoraggio dei tempi di pagamento dei debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche attraverso l’integrazione delle informazioni rilevate da SIOPE[59] con quelle delle fatture passive registrate dalla Piattaforma elettronica dei crediti commerciali (PCC) e, in prospettiva, di seguire l’intero ciclo delle entrate e delle spese. Il sistema SIOPE chiede a tutte le amministrazioni pubbliche di:
§ ordinare incassi e pagamenti al proprio tesoriere o cassiere utilizzando esclusivamente ordinativi informatici, emessi secondo lo standard definito dall'Agenzia per l'Italia digitale (Agid);
§ trasmettere gli ordinativi informatici al tesoriere/cassiere solo ed esclusivamente per il tramite dell’infrastruttura SIOPE (Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici), gestita dalla Banca d’Italia.
L’evoluzione da SIOPE a SIOPE+ è realizzata attraverso successivi decreti del Ministero dell’economia e delle finanze che, gradualmente, estenderanno i nuovi adempimenti a tutte le Amministrazioni pubbliche. Le prime applicazioni del progetto SIOPE+ sono state disciplinate dal decreto MEF del 14 giugno 2017 e dal decreto MEF del 25 settembre 2017, riguardanti, rispettivamente, l’avvio della sperimentazione dal 1° luglio 2017 per n. 7 enti (1 regione, 1 provincia e 5 comuni) e poi dal 1°ottobre 2017 per ulteriori n. 23 enti (1 regione, 1 città metropolitana, 4 province, 17 comuni), per un totale di 30 enti sperimentatori e l’avvio a regime dal 1° gennaio 2018 per tutte le regioni e le Province autonome, le città metropolitane, le province; dal 1° aprile 2018 per Comuni oltre 60.000 abitanti; dal 1° luglio 2018 per Comuni da 10.001 a 60.000 abitanti; dal 1° ottobre 2018 per Comuni fino a 10.000 abitanti; nonché per le aziende sanitarie e ospedaliere. Con il D.M. economia del 30 maggio 2018 è stato esteso l’avvio a regime dal 1° gennaio 2019 per ulteriori enti rientranti tra le pubbliche amministrazioni, tra cui le università.
Per l’anno 2020, il comma 578 dispone che il fabbisogno programmato è determinato sulla base del fabbisogno realizzato per il 2019, calcolato al netto della differenza tra la media delle riscossioni e dei pagamenti per ricerca dell’ultimo triennio, incrementato del tasso di crescita del PIL reale, stabilito dall’ultima Nota di aggiornamento del DEF.
Il comma 579 demanda la definizione delle modalità tecniche di attuazione delle disposizioni recante dai tre commi precedenti a un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, emanato di concerto con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Quanto alla procedura di determinazione del fabbisogno per ciascuna università, il comma 580 dispone che, entro il 31 gennaio di ciascun anno, il MEF comunica al MIUR l’assegnazione del fabbisogno finanziario del sistema universitario statale nel suo complesso.
Entro il 15 marzo di ciascun anno il MIUR procede, poi, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), alla determinazione del fabbisogno finanziario programmato per ciascuna università, tenendo conto degli obiettivi di riequilibrio nella distribuzione delle risorse, nonché – e ciò costituisce una novità rispetto alla normativa vigente – di eventuali esigenze straordinarie degli atenei. È assicurata comunque l’equilibrata distribuzione del fabbisogno, al fine di garantire la necessaria programmazione delle attività di didattica e della gestione ordinaria.
Al fine di monitorare costantemente il fabbisogno finanziario realizzato da ciascuna università statale nel corso di ciascun esercizio, il comma 581 stabilisce che entro il 10 del mese successivo a quello di riferimento, il MEF provvede a pubblicare la scheda riepilogativa del fabbisogno finanziario, riferita ai singoli atenei, all’interno dell’area riservata della banca dati amministrazioni pubbliche, istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria Generale dello Stato, ai sensi dell'art. 13 della L. n. 196/2009, denominata «Banca dati delle amministrazioni pubbliche» (BDAP).
Infine, il comma 582 dispone che, a decorrere dal 2021, il MIUR stabilisce, per gli atenei statali che non hanno rispettato il fabbisogno finanziario programmato nell’esercizio precedente, penalizzazioni economiche, nell’ambito dei criteri di ripartizione delle risorse ordinarie del FFO, commisurate allo scostamento registrato, nel rispetto del principio di proporzionalità.
Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), istituito nello stato di previsione del MIUR (cap. 1694) dall'art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993, è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale – destinata a confluire nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) (art. 1, co. 870, L. 296/2006) – e della spesa per le attività sportive universitarie[60].
Articolo 1, comma 583
(Incremento Fondo per il finanziamento ordinario delle università)
Il comma 583, introdotto durante l’esame alla Camera, dispone l’incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di € 40 mln per il 2019.
Il FFO è allocato sul cap. 1694 dello stato di previsione del MIUR. Per effetto degli incrementi previsti dal comma 209 (di cui dà già conto la tab. 7 del ddl di bilancio) e dal comma in commento, l’importo del FFO ammonterebbe, per il 2019, a € 7.442,6 mln.
Con riferimento all’istituzione del FFO e ai criteri di ripartizione dello stesso, si rinvia alla scheda dei commi 576-582.
Articolo 1, commi 211 e 584
(Finanziamento degli enti di ricerca vigilati dal MIUR)
Il comma 211 –introdotto durante l’esame alla Camera – riconosce un contributo straordinario di € 30 mln annui per 10 anni – dal 2019 al 2028 – al Consiglio nazionale delle ricerche (CNR). Non è specificata la finalità del contributo.
Il comma 584 – sempre introdotto durante l’esame alla Camera - incrementa la dotazione del Fondo ordinario per il finanziamento degli enti e degli istituti di ricerca vigilati dal MIUR (FOE) di € 10 mln per il 2019.
Il FOE è allocato sul capitolo 7236 dello stato di previsione del MIUR.
Il Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca vigilati dal MIUR (FOE) è stato istituito dal d.lgs. 204/1998.
Nello specifico, i contributi ai 12 enti di ricerca vigilati, fra i quali il CNR, sono determinati come somma di due addendi, ossia assegnazioni ordinarie e non ordinarie. Per il 2018, in base al riparto operato con DM 568 del 26 luglio 2018, le assegnazioni non ordinarie sono relative ad attività di ricerca a valenza internazionale, finanziamento di progettualità di carattere straordinario, progetti bandiera e progetti di interesse.
In base al medesimo DM 568/2018, nel 2018 al CNR sono stati destinati, a valere sul FOE, € 602.337.541.
Più ampiamente, si veda il dossier predisposto dal Servizio Studi della Camera sullo schema di decreto ministeriale per il riparto del Fondo per l’anno 2018 (A.G. n. 28).
Articolo 1, comma 585
(Incremento Fondo borse di studio universitarie)
Il comma 585 – introdotto durante l’esame alla Camera - incrementa di € 10 mln, per il 2019, il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, al fine di ampliare i livelli di intervento per il diritto allo studio universitario a favore degli studenti capaci, meritevoli e privi di mezzi.
Per effetto dell’incremento disposto, il Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio, allocato sul capitolo 1710 dello stato di previsione del MIUR, ammonterebbe, per il 2019, a € 246,8 mln.
In base all’art. 18 del d.lgs. 68/2012, come modificato dall'art. 2, co. 2-ter, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013), nelle more della completa definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e dell'attuazione delle disposizioni in materia di federalismo fiscale di cui al d.lgs. 68/2011, si provvede al fabbisogno finanziario necessario per garantire gli strumenti ed i servizi per il pieno successo formativo a tutti gli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, mediante:
- l’istituzione di un Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, da assegnare in misura proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni;
- il gettito derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio, il cui importo è articolato in tre fasce (a seconda della condizione economica dello studente);
- risorse proprie delle regioni, pari almeno al 40% dell'assegnazione del Fondo integrativo statale.
Con particolare riguardo al Fondo integrativo statale, negli ultimi anni si è registrato un costante intervento finalizzato ad aumentarne le risorse, al fine di ridurre il numero degli studenti c.d. "idonei non beneficiari", ossia di studenti che, per mere ragioni legate all’insufficienza dei fondi, non si vedono riconosciuti i benefici, pur rientrando pienamente in tutti i requisiti di eleggibilità per l'accesso agli stessi.
Il Fondo è quindi passato da uno stanziamento di € 149,2 mln per il 2013 a uno stanziamento di € 234,2 mln per il 2018, con un incremento percentuale del 57%.
Qui il FOCUS sul diritto allo studio universitario curato dal Servizio Studi della Camera.
Articolo 1, commi 586-588
(112 Numero Unico Europeo)
L’articolo 1, commi 586-588, istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economica il Fondo unico a sostegno dell’operatività del 112 Numero Unico Europeo con una dotazione pari a 5,8 milioni di euro per il 2019, 14,7 milioni per il 2020 e 20,6 milioni a decorrere dal 2021. Le risorse sono destinate alle spese per il personale delle regioni impiegato a tal fine.
Il comma 586 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’interno, a decorrere dal 2019, il Fondo unico a sostegno dell’operatività del 112 Numero Unico per le Emergenze (N.U.E.) al fine di estenderne la piena operatività a tutte le regioni del territorio nazionale (comma 1).
In base alla normativa europea il 112 è un numero di emergenza unico per tutti gli Stati membri, che consente al cittadino europeo, dal telefono fisso e mobile, di chiedere l'intervento di emergenza grazie a una centrale operativa in grado di smistare la richiesta al terminale adeguato.
Si ricorda, in proposito, che il Numero Unico di Emergenza Europeo 112 è stato introdotto nel 1991 (direttiva 91/396/CEE). Dal 1998 la normativa dell’UE impone agli Stati membri di garantire che tutti gli utenti di telefonia fissa e mobile possano chiamare gratuitamente il 112. Dal 2003 gli operatori di telecomunicazioni devono fornire ai servizi di emergenza informazioni sulla localizzazione del chiamante per consentire loro di reperire rapidamente le vittime di incidenti. Gli Stati membri hanno inoltre il compito di sensibilizzare i cittadini sull’uso del 112.
I paesi UE hanno adottato il 112 con tempi diversi. L’Italia, che è stata oggetto di una procedura di infrazione (2006/2114), ha avviato i primi progetti nel 2009, sulla base del decreto del ministro delle comunicazioni 22 gennaio 2008.
Da allora, per favorire la piena attuazione del numero di emergenza unico, il legislatore è intervenuto più volte. Il D.Lgs. n. 70/2012 ha introdotto una disposizione nel Codice delle comunicazioni elettroniche (articolo 75-bis, D.Lgs. 259/2003), con la quale ha attribuito al Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, poteri di indirizzo e coordinamento per l'individuazione e l'attuazione delle iniziative volte alla piena realizzazione del numero di emergenza unico europeo, anche attraverso il ricorso ai centri unici di risposta. Per la realizzazione del numero unico possono essere stipulati protocolli d'intesa con le regioni interessate, anche per l’utilizzo di strutture già esistenti.
Successivamente, la legge 124 del 2015 (art. 8, co. 1, lettera a)) ha previsto tra i criteri di delega per la riforma della p.a. l’istituzione del numero unico europeo 112 su tutto il territorio nazionale, con centrali operative da realizzare in ambito regionale secondo modalità stabilite dai protocolli di intesa previsti dal Codice delle comunicazioni elettroniche, autorizzando al contempo la spesa di 10 milioni di euro per il 2015, 20 milioni per il 2016 e 28 milioni annui a decorrere dal 2017 e fino al 2024 (art. 8, co. 3). Da ultimo, sempre al fine di favorire il processo di attuazione, l’art. 14 del decreto legge 14/2017 ha consentito alle regioni che avessero rispettato gli obiettivi del pareggio di bilancio di bandire nell’anno successivo procedure concorsuali finalizzate all’assunzione di personale a tempo indeterminato da utilizzare per le attività connesse al numero unico europeo 112 e alle relative centrali operative.
La dotazione del nuovo Fondo è pari a 5,8 milioni di euro per il 2019, 14,7 milioni per il 2020 e 20,6 milioni a decorrere dal 2021. Tali risorse sono destinate a contribuire al pagamento degli oneri relativi alla retribuzione del personale delle regioni impiegato per il funzionamento del Numero unico, sulla base di specifici accordi tra Ministero dell’interno, Ministero dell’economia, Ministero della salute e regioni (comma 587).
Per quanto riguarda il processo di attuazione, la regione Lombardia è riuscita ad attivare i primi call center per il numero 112 su tutto il territorio regionale a partire dal 2011. Successivamente, il Numero Unico Europeo 112 per le emergenze europee con localizzazione è stato attivato nel Lazio (solo per le zone coperte dalla numerazione 06), in Friuli Venezia Giulia, Liguria e Piemonte e Valle d’Aosta, Sicilia. Sono stati successivamente stipulati protocolli d’intesa per l’attivazione del 112 nelle Marche, in Umbria ed in Toscana. Secondo l’ultimo Rapporto Ue sullo stato di attuazione del NUE 112 (febbraio 2018), in Italia, la copertura del servizio ha raggiunto più del 42 per cento della popolazione.
Al momento restano attivi i numeri di emergenza nazionali: il 112 dei Carabinieri, il 113 della Polizia di Stato, il 115 dei Vigili del Fuoco, il 118 per il Soccorso sanitario.
All’onere determinato dalla disposizione si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all’art. 41-bis della legge n. 234/2012 (comma 588).
Articolo 1, commi 589 e 590
(Esenzione IMU e proroga sospensione mutui
su immobili inagibili sisma 2012)
I commi 589 e 590 prorogano al 31 dicembre 2019 l’esenzione IMU e la sospensione delle rate dei mutui in essere con banche o intermediari finanziari nei comuni dell'Emilia Romagna colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012
Il comma 589 proroga l’esenzione dall’applicazione dell’imposta municipale sugli immobili distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, adottate entro il 30 novembre 2012, per i comuni dell'Emilia Romagna colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 e individuati dall’articolo 2-bis, comma 43, del decreto legge 16 ottobre 2017, n. 148, fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati stessi e comunque non oltre il 31 dicembre 2019.
Per un’analisi approfondita delle disposizioni emanate nella XVI legislatura per il terremoto 2012 si rinvia al tema "Il terremoto in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto" contenuto nel dossier della Camera dei deputati di inizio della XVII legislatura.
Si ricorda che l’articolo 8, comma 3, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74 aveva fissato il predetto termine al 31 dicembre 2018.
Si rammenta inoltre che con il decreto legge n.148 del 2017, articolo 2-bis, comma 44, è stata disposta la proroga al 31 dicembre 2020 del termine di scadenza dello stato di emergenza. In particolare, il perimetro dei comuni dell'Emilia-Romagna colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 ed interessati dalla proroga dello stato di emergenza e della relativa normativa emergenziale è composto da (comma 43): Bastiglia, Bomporto, Bondeno, Camposanto, Carpi, Cavezzo, Cento, Concordia sulla Secchia, Crevalcore, Fabbrico, Ferrara, Finale Emilia, Galliera, Guastalla, Luzzara, Medolla, Mirandola, Novi di Modena, Pieve di Cento, Poggio Renatico, Ravarino, Reggiolo, Rolo, San Felice sul Panaro, San Giovanni in Persiceto, San Possidonio, San Prospero, Soliera, Terre del Reno, Vigarano Mainarda.
Il comma 590 proroga inoltre fino al 31 dicembre 2019 la sospensione delle rate dei mutui in essere con banche o intermediari finanziari per i soggetti che abbiano residenza o sede legale o operativa in uno dei comuni citati, ovvero in un comune colpito dagli eventi alluvionali del 17 e 19 gennaio 2014 o da eccezionali eventi atmosferici nel periodo tra il 30 gennaio e il 18 febbraio 2014, che siano titolari di mutui ipotecari o chirografari relativi a edifici distrutti, inagibili o inabitabili, anche parzialmente, ovvero relativi alla gestione di attività di natura commerciale ed economica svolte nei medesimi edifici.
Il termine, da ultimo, era stato prorogato al 31 dicembre 2018 dall’articolo 1, comma 726, della legge di bilancio 2018. Tale comma aveva prorogato al 31 dicembre 2018 il termine relativo alla sospensione di mutui ipotecari o chirografari relativi a edifici distrutti, inagibili o inabitabili, anche parzialmente, ovvero relativi alla gestione di attività di natura commerciale ed economica svolte nei medesimi edifici, previa presentazione di autocertificazione del danno subito nei territori colpiti da taluni eventi alluvionali del 2014 nei territori già colpiti dal sisma del 2012.
Il secondo periodo del comma 590, dispone che per gli oneri previsti al primo periodo si provvede, nel limite di 200.000 euro per l’anno 2019, con le risorse di cui alle contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale e intestate ai presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.
Nello specifico, tali risorse provengono dal Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e dalle erogazioni liberali.
Articolo 1, comma 591
(Proroga stato di emergenza sisma Centro Italia)
La disposizione, non modificata dalla Camera, proroga al 31 dicembre 2019 lo stato di emergenza per i territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi dall'agosto del 2016 nel centro Italia. Inoltre incrementa di 360 milioni di euro la dotazione per il 2019 del Fondo per le emergenze nazionali.
La norma in esame interviene sull'articolo 1 del decreto-legge n. 189 del 2016, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016, già modificato da successive disposizioni.
In particolare, novella il comma 4-bis che attualmente disciplina una proroga al 31 dicembre 2018 dello stato di emergenza per le aree terremotate (già prorogato con successivi provvedimenti) e definisce la copertura dei relativi oneri finanziari. La modifica prevede la soppressione del secondo periodo della disposizione, che prevede la possibilità di concedere un'ulteriore proroga con deliberazione del Consiglio dei Ministri per un periodo complessivo di dodici mesi, in deroga alle disposizioni del nuovo codice della protezione civile.
Si ricorda che il nuovo codice di protezione civile, di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, all'articolo 24, comma 3, stabilisce un limite temporale allo stato di emergenza di rilievo nazionale, che non può superare i dodici mesi prorogabili per non più di ulteriori dodici. Lo stato di emergenza dichiarato nel 2016 con deliberazione del Consiglio dei ministri del 25 agosto 2016, successivamente esteso in relazione ai successivi eventi, con deliberazione, rispettivamente, del 27 e del 31 ottobre 2016 e del 20 gennaio 2017, era già stato prorogato fino al 28 febbraio 2018.
Il comma 4-bis è stato introdotto in sede di conversione del decreto-legge 29 maggio 2018, n. 55, recante misure urgenti a favore delle popolazioni dei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. Per dettagli si veda il Dossier n. 22/1.
La norma introduce quindi il nuovo comma 4-ter che estende il periodo di emergenza fino al 31 dicembre 2019; per l'anno 2019 incrementa di 360 milioni di euro la dotazione del Fondo per le emergenze nazionali, di cui all'articolo 44 del nuovo codice della protezione civile.
Questo prevede l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della protezione civile, di un Fondo destinato a finanziare gli interventi conseguenti agli eventi per cui è stato dichiarato lo stato di emergenza di rilievo nazionale.
Per una ricostruzione di tutte le precedenti proroghe e delle risorse già stanziate, si veda il documento UVI di analisi DA/21 "Ricostruire".
Articolo 1, comma 592
(Emergenza sisma Centro Italia - Contributo Camera dei deputati)
Il comma 592, introdotto dalla Camera dei deputati, destina al Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate dell’Italia centrale (istituito dall’art. 4 del D.L. 189/2016), per l’esercizio 2018, l’importo di 85 milioni di euro, versato dalla Camera dei deputati e affluito al bilancio dello Stato in data 2 ottobre 2018 sul capitolo 2368, articolo 8, dello stato di previsione dell’entrata.
Il comma, introdotto dalla Camera dei deputati, destina al Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate dell’Italia centrale (istituito dall’art. 4 del D.L. 189/2016), per l’esercizio 2018, l’importo di 85 milioni di euro, versato dalla Camera dei deputati e affluito al bilancio dello Stato in data 2 ottobre 2018 sul capitolo 2368, articolo 8, dello stato di previsione dell’entrata.
Lo stesso comma dispone che le risorse in questione - frutto di economie di bilancio della Camera - dovranno poi essere trasferite alla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario del Governo per la ricostruzione nei territori colpiti dagli eventi sismici iniziati il 24 agosto 2016, nominato con D.P.C.M. 5 ottobre 2018.
Tale comma entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione della legge in esame nella Gazzetta Ufficiale.
Si fa notare che si tratta di una disposizione pressoché identica a quella introdotta, per l’esercizio 2017, dall’art. 18, comma 37, della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017).
Si ricorda che la nomina dell’attuale commissario è stata prevista dall’art. 38, comma 1, del D.L. 109/2018, e che, in attuazione di tale disposizione, è stato emanato il D.P.C.M. 5 ottobre 2018 che ha nominato Commissario il professor Piero Farabollini.
Articolo 1, comma 593
(Proroga gestione straordinaria sisma Centro Italia)
Il comma 593, non modificato dalla Camera, proroga dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2020 la gestione straordinaria finalizzata alla ricostruzione post sisma del centro Italia. La proroga riguarda, nei limiti di spesa previsti per il 2018, anche gli Uffici speciali per la ricostruzione, la struttura alle dipendenze del Commissario straordinario e del personale assunto da Comuni e dal Dipartimento della Protezione civile a fronte dell'emergenza. Il comma dispone inoltre la proroga automatica, fino alla data della proroga prevista del personale distaccato, comandato, fuori ruolo o altro, presso gli Uffici per la ricostruzione e la struttura commissariale.
Il comma proroga fino al 31 dicembre 2020 il termine della gestione straordinaria finalizzata alla ricostruzione che l'articolo 1, comma 4 del decreto-legge n. 189 del 2016 aveva fissato al 31 dicembre 2018. Ciò al fine di garantire un'accelerazione del processo di ricostruzione, la progressiva cessazione delle funzioni commissariali e la riassunzione delle stesse da parte degli enti competenti.
La suddetta proroga interessa anche le disposizioni di cui gli articoli 3, 50 e 50-bis del decreto che riguardano rispettivamente: gli Uffici speciali per la ricostruzione e la relativa dotazione di personale; la struttura facente capo al Commissario straordinario; il personale dei Comuni e del Dipartimento delle Protezione civile reclutato per far fronte all'emergenza sismica.
In particolare, l'articolo 3, prevede l'istituzione da parte delle Regioni (Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria) e dai Comuni interessati, di Uffici speciali per la ricostruzione con compiti istruttori di supporto agli enti locali. A tali uffici è assegnato personale distaccato o comandato dalle Regioni e dai Comuni, oppure assunto con forme contrattuali flessibili, o ancora assegnato nell'ambito delle 225 unità di cui si avvale la struttura commissariale.
L'articolo 50 prevede che il Commissario straordinario provvede all'attuazione degli interventi ivi previsti con i poteri conferitigli, in piena autonomia amministrativa, finanziaria e contabile e disciplina l'articolazione interna della propria struttura. Oltre al personale già assegnato con DPR 9 settembre 2016 (articolo 2) la struttura commissariale può avvalersi di ulteriori risorse fino ad un massimo 225 unità di personale (di cui 100 unità provenienti da amministrazioni pubbliche), destinate a operare presso gli uffici speciali per la ricostruzione, a supporto delle Regioni e dei Comuni ovvero presso la struttura commissariale centrale per funzioni di coordinamento e raccordo con il territorio.
L'articolo 50-bis stabilisce che, ferma restando la struttura degli Uffici speciali per la ricostruzione, i Comuni specificati dagli allegati 1 e 2 del decreto-legge n. 189 del 2016, possano assumere, per ciascuno degli anni 2017 e 2018, fino al 700 unità di personale con professionalità di tipo tecnico o amministrativo-contabile o incrementare la durata di contratti a tempo parziale già in essere. Analogamente il Dipartimento della Protezione civile può assumere con contratto a tempo determinato della durata di un anno fino a un massimo di 20 unità di personale con professionalità di tipo tecnico o amministrativo-contabile e prorogare contratti in essere fino alla scadenza dello stato di emergenza.
Per maggiori dettagli si veda il Dossier DA/21 (paragrafo Governance) a cura dell'Ufficio Valutazione Impatto del Senato, nonché il tema “Terremoti”, curato dal Servizio studi della Camera.
La proroga si applica nei limiti di spesa annui previsti per il 2018 in base alle disposizioni richiamate.
Tali disposizioni prevedono:
- 3 milioni di euro per gli Uffici speciali per la ricostruzione;
- 15 milioni di euro per la struttura commissariale, con la previsione che agli eventuali maggiori oneri si fa fronte con le risorse disponibili sulla contabilità speciale, entro il limite massimo di 3,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018.;
- 29 milioni di euro per il personale dei comuni e del Dipartimento della protezione civile.
Il comma in esame dispone che a partire dal giorno della pubblicazione della legge sulla Gazzetta ufficiale, il personale in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altro istituto analogo presso gli Uffici per la ricostruzione e la struttura Commissariale (con riferimento alle 100 unità provenienti dalle amministrazioni pubbliche) è prorogato automaticamente fino alla data della proroga indicata dal precedente periodo (31 dicembre 2020), salvo espressa rinuncia da parte degli interessati.
Articolo 1, commi 594-595
(Proroga Convenzione Fintecna sisma 2012)
Con i commi 594 e 595, introdotti dalla Camera dei deputati, si proroga anche all’anno 2020, l’applicazione delle disposizioni relative alla stipula di una convenzione con Fintecna o con una società da questa interamente controllata, al fine di assicurare alle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, il supporto necessario unicamente per le attività tecnico-ingegneristiche, dirette a fronteggiare con la massima tempestività le esigenze delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del maggio 2012. Per la copertura dei relativi oneri connessi alla disposizione di proroga in esame, quantificati in 2 milioni di euro, il comma 595 stabilisce si provveda mediante utilizzo del fondo di parte corrente del Ministero dell’economia e delle finanze (c.d. fondo residui perenti).
Il comma 594 modifica il comma 14-bis dell’art. 10 del D.L. 83/2012 prorogando, anche per l’anno 2020, l’applicazione delle disposizioni (contenute nel comma 14 del medesimo art. 10) relative alla stipula di un’apposita convenzione con Fintecna o con una società da questa interamente controllata, al fine di assicurare alle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, il supporto necessario unicamente per le attività tecnico-ingegneristiche, dirette a fronteggiare con la massima tempestività le esigenze delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del maggio 2012.
L'art. 10 oggetto di intervento, recante Ulteriori misure per la ricostruzione e la ripresa economica nei territori colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012, ha previsto al comma 14 una apposita convenzione da stipularsi tra i Commissari delegati e Fintecna o società da questa interamente controllata, per assicurare alle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto il supporto necessario unicamente per le attività tecnico-ingegneristiche dirette a fronteggiare con la massima tempestività le esigenze delle popolazioni colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012. Successivamente è stato introdotto un comma 14-bis, in base al quale le disposizioni del comma 14 sulla convenzione si applicano anche negli anni 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019 (tale previsione è stata inserita dall'art. 1, comma 3-bis, D.L. 12 maggio 2014, n. 74, come convertito; per le successive proroghe in materia, si vedano l'art. 11, comma 2-ter, D.L. 30 dicembre 2015, n. 210, come convertito, e l'art. 1, comma 759, lett. a) e b), L. 27 dicembre 2017, n. 205, a decorrere dal 1° gennaio 2018).
Riguardo alla succitata convenzione si ricorda che essa è stata stipulata il 20 febbraio 2013 con ordinanza n. 21 del Presidente della Regione Emilia-Romagna in qualità di Commissario delegato (i relativi testi sono pubblicati nel B.U.R. Emilia-Romagna n. 44/2013). La durata è stata originariamente prevista tra il 1 agosto 2012 e il 31 dicembre 2013 con possibilità di proroga per un altro anno, poi successivamente prorogata. L'oggetto della convenzione con Fintecna è la disponibilità fino ad un massimo di 20 unità di personale, dotate delle necessarie competenze professionali tecnico-ingegneristiche, per la realizzazione delle attività necessarie al ripristino dell’operatività degli impianti, degli edifici e delle infrastrutture oggetto degli interventi per il terremoto. A tal fine, Fintecna può anche stipulare contratti di prestazione di servizi, anche professionali e contratti di collaborazione a progetto con soggetti professionalmente qualificati.
Per la copertura dei relativi oneri connessi alla disposizione di proroga in esame, quantificati in 2 milioni di euro, il comma 595 stabilisce si provveda mediante utilizzo del fondo di parte corrente del Ministero dell’economia e delle finanze di cui all’art. 49, comma 2, del D.L. 66/2014 (c.d. fondo residui perenti).
Si ricorda che originariamente la copertura degli oneri era stabilita a valere sulle risorse disponibili nelle contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale su cui sono assegnate le risorse provenienti dal sul Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012.
Articolo 1, comma 596
(Assunzioni di personale in deroga - sisma 2012)
Il comma 596, introdotto dalla Camera dei deputati, proroga a tutto il 2020 la possibilità - concessa fino al 31 dicembre 2019, dall’art. 3-bis, comma 2, del D.L. 113/2016 - alle autorità indicate di assumere personale con contratto di lavoro flessibile, in deroga ai vigenti vincoli in materia di personale previsti da specifiche disposizioni.
Il comma 596, introdotto dalla Camera dei deputati, proroga a tutto il 2020 la possibilità - concessa fino al 31 dicembre 2019, dall’art. 3-bis, comma 2, del D.L. 113/2016, ai Commissari delegati per la ricostruzione nei territori colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012, ai comuni colpiti e alle prefetture delle province di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia - di assumere personale con contratto di lavoro flessibile, in deroga ai vigenti vincoli in materia di personale previsti da specifiche disposizioni.
L’articolo 3-bis in parola detta disposizioni riguardanti i comuni delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 volte a prorogare i termini per la comunicazione delle spese sostenute per fronteggiare la ricostruzione e ad autorizzare l’assunzione di personale con contratto di lavoro flessibile in deroga ai limiti previsti dalla normativa vigente. Il comma 2, al fine di assicurare il completamento delle attività connesse alla situazione emergenziale conseguente al sisma del 2012, autorizza per gli anni 2017 e 2018, i Commissari delegati, ossia i Presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, i comuni colpiti dal sisma e le prefetture delle province di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia ad assumere personale con contratto di lavoro flessibile, in deroga ai vincoli in materia di personale attualmente previsti da specifiche disposizioni, entro i medesimi limiti di spesa previsti e con le modalità stabilite. Ai conseguenti oneri si provvede mediante utilizzo delle risorse già disponibili sulle contabilità speciali dei Presidenti delle regioni in qualità di Commissari delegati per la ricostruzione (senza pregiudizio degli interventi e risorse finanziarie già programmate e da programmare, ai sensi del D.L. n. 74/2012, in favore delle popolazioni dei territori colpiti dal sisma del 2012). Con la legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 760, lett. a), b) e c), L. 27 dicembre 2017, n. 205) a decorrere dal 1° gennaio 2018 si era già prorogata, anche per l’anno 2019, la facoltà di assunzioni di personale con contratto di lavoro flessibile in deroga alla legislazione vigente, estendendo tale facoltà anche alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, e stabilendo altresì le quote di riparto relative alle assunzioni previste.
Per una disamina delle norme adottate nella passata e nella presente legislatura a fronte degli eventi sismici del mese di maggio 2012, si rinvia rispettivamente al dossier e al tema web Terremoti della Camera, nonché al documento UVI di analisi DA/21 "Ricostruire".
Articolo 1, commi 597-598
(Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di
gravi infortuni sul lavoro)
I commi 597 e 598, introdotti nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, prorogano al 31 dicembre 2020 il termine entro il quale i commissari delegati nei territori colpiti dal sisma del 29 maggio 2012 riconoscono il compenso per lavoro straordinario dalle unità lavorative impiegate.
I commi 597 e 598 prorogano al 31 dicembre 2020 il termine (attualmente previsto al 31 dicembre 2019 ai sensi dell’articolo 14, comma 9, del D.L. 244/2016) entro il quale i commissari delegati (i Presidenti delle Regioni colpite dal sisma) dei territori colpiti dal sisma riconoscono alle unità lavorative (ad esclusione dei dirigenti e titolari di posizione organizzativa) alle dipendenze della regione, degli enti locali e loro forme associative, il compenso per prestazioni di lavoro straordinario reso per l'espletamento delle attività conseguenti allo stato di emergenza a seguito degli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 (che hanno riguardato i territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo), nei limiti di trenta ore mensili (comma 597, lett. a)).
Inoltre, viene riconosciuto anche per il 2020 lo stanziamento di 500.000 euro già previsto fino al 2019 (vedi infra) (comma 597, lett. b)).
All’onere derivante dal comma 597 lett. b), nel limite di 500.000 euro per l'anno 2020, si provvede mediante utilizzo del fondo di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 49, comma 2, del D.L. 66/2014 (comma 598).
L’articolo 14, comma 9, del D.L. 244/2016 ha prorogato al 31 dicembre 2019 il termine (originariamente fissato al 31 dicembre 2014 dall’articolo 6-sexies, comma 3, del D. L. 43/2013) per il riconoscimento del compenso per prestazioni di lavoro straordinario rese per l’espletamento delle attività conseguenti allo stato di emergenza a seguito degli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 (che hanno riguardato i territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo), da parte dei Commissari delegati (ossia i Presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto). Ai relativi oneri, pari a 600.000 euro per ciascun anno, e nel limite di 500.000 euro per il 2019, si provvede nell'ambito e nei limiti delle risorse del Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012 (istituito dall’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 74/2012).
Si ricorda che il suddetto termine è stato prorogato fino al 31 dicembre 2015, dall’art. 1, c. 544, della L. 190/2014 (Stabilità 2015), fino al 31 dicembre 2016, dall’art. 1, c. 439, della L. 208/2015 (Stabilità 2016), fino al 31 dicembre 2018 dall’articolo 14, comma 9, del D.L. 244/2016 e fino al 31 dicembre 2019 dall’articolo 1, comma 761, della L. 205/2017.
Articolo 1, commi 599-602
(Proroga sospensione pagamento ratei mutui - sisma 2012)
I commi, introdotti dalla Camera dei deputati, prorogano all’anno 2020, per gli enti locali di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012 la sospensione degli oneri relativi al pagamento delle rate dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. da corrispondere nell'anno 2019, incluse quelle il cui pagamento è stato differito ai sensi delle leggi di stabilità per gli anni 2013, 2014 e 2015 (comma 599). Viene altresì previsto che tali oneri siano pagati, senza sanzioni e interessi, a decorrere dall'anno 2020, in rate di pari importo per dieci anni sulla base della periodicità di pagamento prevista nei provvedimenti e nei contratti regolanti i mutui stessi (comma 600).
Alla copertura degli oneri, quantificati in 1,253 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, si provvede mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa in materia di credito di imposta e i finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione (comma 601). Si recano norme per la compensazione degli effetti in termini di indebitamento e di fabbisogno. Le norme entrano in vigore a far data dalla pubblicazione della legge in esame (comma 602).
I commi prorogano all’anno 2020, per gli enti locali di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012 (e individuati dall'art. 2-bis del D.L. 148/2017), la sospensione (prevista dall'art. 14, comma 5-bis del D.L. 244/2016) degli oneri relativi al pagamento delle rate dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. da corrispondere nell'anno 2019, incluse quelle il cui pagamento è stato differito ai sensi delle leggi di stabilità per gli anni 2013, 2014 e 2015 (comma 599).
L’individuazione dei comuni colpiti è stata operata dall'art. 1, comma 1, del D.L. 74/2012. A tali territori sono stati aggiunti quelli, in presenza di nessi causali tra danni accusati ed eventi sismici suddetti, dei comuni indicati dall'art. 67-septies del D.L. 83/2012.
L’art. 2-bis, comma 43, del D.L. 148/2017, ha stabilito che, a far data dal 2 gennaio 2019, il perimetro dei comuni dell'Emilia Romagna colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 ed interessati dalla proroga dello stato di emergenza e della relativa normativa emergenziale, sia ridotto a 30 Comuni: Bastiglia, Bomporto, Bondeno, Camposanto, Carpi, Cavezzo, Cento, Concordia sulla Secchia, Crevalcore, Fabbrico, Ferrara, Finale Emilia, Galliera, Guastalla, Luzzara, Medolla, Mirandola, Novi di Modena, Pieve di Cento, Poggio Renatico, Ravarino, Reggiolo, Rolo, San Felice sul Panaro, San Giovanni in Persiceto, San Possidonio, San Prospero, Soliera, Terre del Reno e Vigarano Mainarda.
La richiamata disposizione dettata dall’art. 14, comma 5-bis, del D.L. 244/2016, ha previsto, per gli enti locali colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012, la proroga all'anno 2018 della sospensione, prevista dal comma 456 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016), degli oneri relativi al pagamento delle rate dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti Spa da corrispondere nell'anno 2017, incluse quelle il cui pagamento è stato differito ai sensi delle leggi di stabilità per gli anni 2013, 2014 e 2015.
Viene altresì previsto che tali oneri siano pagati, senza sanzioni e interessi, a decorrere dall'anno 2020, in rate di pari importo per dieci anni sulla base della periodicità di pagamento prevista nei provvedimenti e nei contratti regolanti i mutui stessi (comma 600).
Alla copertura degli oneri conseguenti, quantificati in 1,253 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, si provvede - ai sensi del comma 601 - mediante riduzione di pari importo dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 3-bis (che disciplina il credito di imposta e i finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione), comma 6, del D.L. 95/2012.
Si ricorda che il comma 6 dell'articolo 3-bis del decreto-legge 95/2012 aveva autorizzato una spesa massima di 450 milioni di euro annui a decorrere dal 2013.
Ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento e di fabbisogno il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'art. 6, comma 2, del D.L. 154/2008 è ridotto in misura corrispondente.
Le citate norme entrano in vigore a far data dalla pubblicazione della legge in esame (comma 602).
Articolo 1, commi 603-604
(Fondo per la ricostruzione sisma 2012)
I commi, introdotti dalla Camera dei deputati, incrementano con 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 la dotazione del fondo per la ricostruzione delle aree colpite dagli eventi sismici del maggio 2012, raddoppiando l’incremento di dotazione già disposto con la legge di bilancio 2018; si prevedono le modalità di compensazione degli effetti in termini di indebitamento e fabbisogno.
Con il comma 603, si sostituisce il comma 758 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), incrementando con 35 milioni di euro - dunque raddoppiando l’incremento di dotazione già disposto con la legge di bilancio 2018 - per ciascuno degli anni 2019 e 2020 la dotazione del fondo per la ricostruzione delle aree colpite dagli eventi sismici del maggio 2012. La relativa copertura finanziaria è a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’art. 3-bis, comma 6, del DL 95/2012, concernente disposizioni in materia di credito di imposta e finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione nei territori interessati dagli eventi sismici in questione.
Il comma 758 vigente ha previsto che, al fine di permettere lo svolgimento delle procedure connesse alle attività di ricostruzione nei territori di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012, il fondo per la ricostruzione di cui all'articolo 2 del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, come convertito, fosse incrementato di 17,5 milioni di euro per l'anno 2019 e di 17,5 milioni di euro per l'anno 2020. Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3-bis, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
Si ricorda che il comma 6 dell'articolo 3-bis del D.L. 95/2012 aveva autorizzato una spesa massima di 450 milioni di euro annui a decorrere dal 2013.
Il nuovo comma 604, introdotto dalla Camera, prevede inoltre le modalità di compensazione degli effetti in termini di indebitamento e fabbisogno. A tal fine, è ridotto di 17,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali.
L’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, ai sensi del comma 177-bis dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (come introdotto dal comma 512 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007), dotato, in termini di sola cassa, di 435 milioni di euro per l’anno 2010 e di 175 milioni di euro per l’anno 2011. Il fondo è stato poi rifinanziato con successive disposizioni di legge.
Si ricorda che il fondo, già istituito, limitatamente all’anno 2007, dall’articolo 1, comma 511, della legge finanziaria per il 2007, è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti in termini di cassa da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato (limiti di impegno), concessi in virtù di autorizzazioni legislative. Al suo utilizzo si provvede con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.
Per una ricostruzione del quadro degli stanziamenti per la ricostruzione, anche con riferimento al sisma del 2012, si veda il documento UVI di analisi DA/21 "Ricostruire".
Articolo 1, commi 605-606
(Contributi alle imprese danneggiate dall'alluvione
del Piemonte del 1994)
I commi, introdotti dalla Camera dei deputati, novellano le disposizioni della legge di bilancio per il 2018 in materia di contributi alle imprese colpite dagli eventi alluvionali del Piemonte del novembre 1994, stabilendo per questi il tetto previsto dai regolamenti della Commissione europea relativi all'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione per gli aiuti de minimis. Il decreto ministeriale attuativo - che definisce i criteri e le modalità per l'accesso al contributo nonché delle modalità per il riparto delle risorse - dovrà essere adottato entro il 31 marzo 2019.
Il comma 605 modifica il comma 771 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017) avente ad oggetto l’assegnazione di un contributo alle imprese colpite dagli eventi alluvionali del Piemonte del novembre 1994 che abbiano versato contributi previdenziali e premi assicurativi relativi al triennio 1995-1997 per un importo superiore a quello previsto dall'articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (ossia pari all’intero importo dovuto diminuito del 10 per cento). La modifica introdotta stabilisce che tale contributo sia di importo non superiore al tetto previsto dai regolamenti della Commissione europea relativi all'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione per gli aiuti de minimis.
Il comma 606 modifica il comma 774 della medesima disposizione della legge n. 205 del 2018, che rimette ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la definizione dei criteri e delle modalità per l'accesso al contributo, nonché delle modalità per il riparto delle risorse di cui al comma 773 vigente (pari a 5 milioni di euro per l'anno 2019). La modifica prevede che il citato decreto debba essere adottato entro il 31 marzo 2019 (anziché entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio per il 2018, come nel testo vigente).
Si ricorda che la legge di bilancio per il 2018, legge n. 205 del 2017, ai commi 771-774 ha disposto a favore delle imprese colpite dagli eventi alluvionali del Piemonte del novembre 1994, che abbiano versato contributi previdenziali e premi assicurativi relativi al triennio 1995-1997 per un importo superiore a quello previsto dall'articolo 9, comma 17 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, l'assegnazione di un contributo, secondo modalità da definirsi con successivo decreto ministeriale, a seguito di istanza all'Agenzia delle entrate.
Le norme in esame richiamano i requisiti previsti dalla decisione 2016/195 della Commissione europea del 14 agosto 2015. Con questa, è stato chiesto all’Italia di recuperare gli aiuti incompatibili concessi e versati a singole imprese nel quadro delle misure di legge adottate in merito ad agevolazioni fiscali e contributive a favore delle imprese in aree colpite da calamità naturale in Italia del 1990, concernenti tutti settori esclusi all’agricoltura. Per approfondimenti sulle singole discipline di aiuto si veda il relativo approfondimento.
Gli aiuti de minimis
Gli articoli 107-109 del TFUE recano la disciplina sugli aiuti di Stato. In particolare, sono incompatibili (salvo deroghe contemplate dai Trattati) con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, ovvero comunque di origine pubblica, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza (articolo 107, paragrafo 1). Gli aiuti di Stato oggetto della disciplina di cui all’articolo 107 rispondono ai seguenti requisiti, oltre a quelli precedentemente richiamati: devono assicurare un vantaggio economicamente quantificabile per i beneficiari; devono essere selettivi (con conseguente esclusione di aiuti di carattere generale); devono recare pregiudizio agli scambi tra gli Stati e produrre una alterazione della concorrenza. In capo agli Stati membri vige l’obbligo di notificare alla Commissione l’intenzione di adottare una misura suscettibile di tradursi in un aiuto di Stato. Contestualmente lo Stato membro deve attenersi all’obbligo del cosiddetto stand still, consistente nella sospensione dell’efficacia della misura potenzialmente suscettibile di essere qualificata come aiuto di Stato fino all’avvenuta pronuncia positiva della Commissione europea.
L’articolo 107 prevede tuttavia aiuti (automaticamente) compatibili con il mercato interno e aiuti che possono essere considerati compatibili con il medesimo. Questi ultimi devono essere autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio.
Tra gli aiuti compatibili si ricordano gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti, e gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali.
Si ricorda inoltre il regolamento della Commissione n.1998/2006, cosiddetto “de minimis” (relativo agli aiuti di importanza minore). La norma “de minimis” prevede una deroga per le sovvenzioni di importo minimo, stabilendo una soglia al di sotto della quale gli aiuti non rientrano più nel campo di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE e sono pertanto dispensati dalla procedura di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del TFUE. La soglia “de minimis” riguarda gli aiuti concessi su un periodo di tre anni che non superano la soglia dei 200 mila euro. Per il trasporto su strada è contemplata una specifica soglia di 100 mila euro. Dal campo di applicazione del regolamento sono esclusi alcuni settori, quali pesca, produzione primaria di prodotti agricoli, aiuti all’esportazione, aiuti che favoriscono i prodotti nazionali, settore carboniero, aiuti destinati all’acquisto di veicoli e aiuti alle imprese in difficoltà.
Articolo 1, comma 607
(Rifinanziamento delle misure di sostegno dell'autotrasporto)
La disposizione assegna agli autotrasportatori 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, al fine di compensare il settore delle maggiori spese conseguenti al crollo del ponte Morandi di Genova.
Il comma 607 stanzia 80 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2019 e 2020, al fine di consentire il ristoro delle maggiori spese affrontate dagli autotrasportatori in conseguenza del crollo del ponte Morandi, avvenuto il 14 agosto 2018.
Le spese che gli autotrasportatori negli ultimi quattro mesi sono stati costretti ad affrontare derivano dalla forzata percorrenza di tratti autostradali aggiuntivi rispetto ai normali percorsi e nelle difficoltà logistiche dipendenti dall'ingresso e dall'uscita delle aree urbane e portuali.
In proposito è opportuno ricordare che il comma 3 dell’articolo 5 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, cd. Decreto Genova, (conv. legge n.130 del 2018), ha autorizzato una spesa pari a 20 milioni di euro per l’anno 2018, che sono trasferiti direttamente alla contabilità speciale intestata al Commissario delegato (ai sensi di una modifica introdotta nel corso dell'esame per la conversione alla Camera), a sostegno degli autotrasportatori a copertura delle maggiori spese da questi sostenute per la forzata percorrenza di tratti autostradali e stradali aggiuntivi rispetto ai normali percorsi e per le difficoltà logistiche dipendenti dall’ingresso e dall’uscita delle aree urbane e portuali. La definizione delle tipologie di spesa ammesse a ristoro, nonché i criteri e le modalità per l’erogazione a favore degli autotrasportatori delle risorse, nei limiti delle disponibilità sono rimesse ad un successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Commissario delegato, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.
Articolo 1, comma 608
(Zona franca urbana della Città Metropolitana di Genova)
Il comma 608 autorizza una spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 per la zona franca urbana della Città Metropolitana di Genova.
Si ricorda che l’articolo 8 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, ha istituito la zona franca nel territorio della Città metropolitana di Genova.
In particolare, si prevede che le imprese che hanno la sede principale o una sede operativa all'interno della zona franca e che hanno subìto a causa dell’evento una riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento nel periodo dal 14 agosto 2018 al 30 settembre 2018, rispetto al valore mediano del corrispondente periodo dell'ultimo triennio 2015-2017, possono richiedere, ai fini della prosecuzione delle proprie attività nel Comune di Genova, specifiche agevolazioni.
In dettaglio, il comma 608 autorizza la spesa di 50 milioni di euro annui, per ciascuno degli anni 2019 e 2020, per il finanziamento della zona franca urbana della Città Metropolitana di Genova.
Per l’istituzione della ZFU nella Città Metropolitana di Genova si rimanda al dossier “Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze” dei Servizio studi di Camera e Senato.
Si rammenta, in questa sede che le Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese. Obiettivo prioritario delle ZFU è favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse. Possono beneficiare delle agevolazioni le piccole e micro imprese (nel caso della ZFU Sisma Centro Italia le imprese di qualsiasi dimensione nonché i titolari di reddito di lavoro autonomo) che alla data di presentazione della domanda: hanno la sede principale o l’unità locale dove si svolge l’attività all’interno della ZFU; sono regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle imprese; sono nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali.
Con decreto interministeriale 5 giugno 2017, per i nuovi bandi l'accesso alle agevolazioni è esteso ai professionisti. I settori ammessi, nel rispetto dei regolamenti de minimis della Unione Europea, sono individuati dalle norme istitutive e di regolazione delle singole ZFU. Le agevolazioni consistono in: esenzione dalle imposte sui redditi; esenzione dall'IRAP; esenzione dall'imposta municipale propria; esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente.
Per una ricognizione completa della normativa che disciplina le Zone franche urbane si rimanda all’approfondimento Le attuali Zone Franche Urbane (ZFU) sul Portale della documentazione.
Articolo 1, commi 609-610
(Finanziamento del piano di investimenti straordinario
del porto di Genova)
I commi 609-610 attribuiscono all’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale un finanziamento pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020, 2021 e 2022.
Gli interventi finanziati sono finalizzati al contrasto degli effetti negativi, diretti ed indiretti, derivanti dal crollo del ponte Morandi, attraverso la realizzazione di piani di sviluppo portuali, dell’intermodalità e dell’integrazione città-porto.
In base al comma 610, i finanziamenti sono finalizzati anche alla realizzazione di interventi di completamento di opere in corso, di attuazione di accordi di programma e di attuazione di piani di recupero di beni demaniali dismessi.
Si ricorda che il decreto-legge n. 109 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 130 del 2018, all’articolo 9-bis ha previsto l’adozione da parte del Commissario straordinario, di un programma straordinario di investimenti urgenti per la ripresa e lo sviluppo del porto e delle relative infrastrutture di accessibilità e per il collegamento intermodale dell'aeroporto Cristoforo Colombo con la città di Genova.
Con riferimento a tale piano di interventi in particolare si prevede che il Commissario Straordinario di cui all'articolo 1, comma 1,del decreto-legge n. 109 del 2018 adotti, entro il 15 gennaio 2019, con propri provvedimenti, su proposta dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, il citato programma, da realizzare a cura della medesima Autorità di Sistema Portuale entro 36 mesi dalla data di adozione del provvedimento commissariale, con le deroghe di cui all'articolo 1 del medesimo decreto-legge n. 109, nei limiti delle risorse finalizzate allo scopo, ivi incluse le risorse previste nel bilancio dell'Autorità di Sistema Portuale e da altri soggetti.
Il decreto-legge n. 109 del 2018 prevede anche ulteriori disposizioni dirette a sostenere il sistema portuale ligure in relazione alle conseguenze derivanti dal crollo del cosiddetto “ponte Morandi”. Si prevede in particolare la progettazione e realizzazione di infrastrutture ad alta automazione per ottimizzare i flussi veicolari logistici in entrata e in uscita dal porto di Genova, ivi inclusa la realizzazione del varco di Ponente (articolo 6), alle quali sovraintende il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (per le quali sono stanziati 30 milioni complessivi assegnati nel biennio 2018-2020); la realizzazione di una zona logistica semplificata nell’area del porto e del “retroporto” di Genova (articolo 7) e il riconoscimento per gli anni 2018 e 2019 ai porti ricadenti nell’ambito della Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale di una quota del Fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti, di cui all’articolo 18- bis, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, pari al 3 per cento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta sull’importazione delle merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto nel limite di 30 milioni di euro annui. Per le medesime finalità alla medesima Autorità di sistema portuale è assegnato un contributo aggiuntivo di 4,2 milioni di euro per l'anno 2018 (art. 9). L'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale è inoltre autorizzata ad assumere, per gli anni 2018 e 2019, con contratti di lavoro a tempo determinato, venti unità di personale con funzioni di supporto operativo e logistico all'emergenza, con imputazione dei relativi oneri a valere sulle risorse del bilancio dell'Autorità medesima (art. 2, comma 3-bis).
Si ricorda inoltre che l’articolo 23, comma 2, del decreto-legge n. 119 del 2018 prevede un incremento del Fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti di cui all’articolo 18-bis, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, pari a 15 milioni di euro per l’anno 2018 da assegnare all’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale.
Con riguardo alle modalità di finanziamento delle Autorità di sistema portuale ai sensi dell’articolo 18-bis, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, nonché per approfondimenti in merito alle Zone logistiche semplificate si rinvia ai relativi paragrafi del tema dell’attività parlamentare sul sito della Camera dei deputati: “Il sistema portuale e il trasporto marittimo e su vie navigabili interne”.
Articolo 1, Commi 611-620
(Bonus malus sulle emissioni di CO2 g/km delle nuove autovetture e incentivi per l’acquisto di auto a basse emissioni)
I commi 611-620 introducono disincentivi, sotto forma di imposta, per l’acquisto di autovetture nuove con emissioni di CO2 superiori ad una certa soglia e contestualmente incentivi, sotto forma di sconto sul prezzo, per l’acquisto di autovetture nuove a basse emissioni.
I commi 611-613, inseriti durante l’esame alla Camera, introducono, a decorrere dal 1° gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2021, un’imposta parametrata al numero dei grammi di biossido di carbonio (CO2) emessi per chilometro, a carico di chi acquisti, anche in locazione finanziaria, e immatricoli in Italia (inclusi i veicoli già immatricolati in altri Stati che vengano reimmatricolati in Italia), un veicolo nuovo di categoria M1, quindi un’autovettura (veicolo a motore destinato al trasporto di persone, avente al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente) con emissioni di CO2 superiori a 110 CO2 g/km. L’ammontare dell’imposta è differenziato, da 150 a 3000 euro, in base a 9 fasce di emissioni, indicate nella tabella riportata nella norma:
Emissioni di CO2 g/KM |
IMPOSTA (euro) |
110-120 |
150 |
120-130 |
300 |
130-140 |
400 |
140-150 |
500 |
150-160 |
1.000 |
160-175 |
1.500 |
175-190 |
2.000 |
190-250 |
2.500 |
>250 |
3.000 |
Circa le modalità di versamento, si prevede che l’imposta venga versata dall’acquirente o da chi richiede l’immatricolazione, in base agli articoli 17 e seguenti del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e che si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di accertamento, riscossione e contenzioso in materia di imposte sui redditi.
Con il comma 620 si prevede che le eventuali entrate dall’imposta sulle emissioni di CO2 che siano eccedenti l’importo di 300 milioni per il 2019, 323,82 milioni per il 2020 e 313,5 milioni € per il 2021, affluiscano all’apposito capitolo del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per le esigenze indifferibili di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n.190 del 2014 ed il Ministro dell’economia viene autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.
Il regolamento (CE) n. 443/2009 definisce con precisione i livelli di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove, al fine di ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri, fissando un obiettivo di 95 g CO2/Km come livello medio di emissioni per il nuovo parco auto europeo da raggiungere nel 2021. L'Unione europea ha avviato a tale fine, dal 2010 un monitoraggio dell'emissione media di CO2. Le emissioni medie erano di 186 g/Km nel 1995 e sono scese a 161 g/Km nel 2005; i dati del monitoraggio hanno mostrato dal 2010 una riduzione delle emissioni medie di 22 g/km. L'emissione media di CO2 nel 2015 è stata di 119,6 g/Km. Nel 2017 l'emissione media delle nuove auto immatricolate è stata di 118,5 g/km, in aumento di 0,4 g/km rispetto alla media del 2016. A fine 2017, 17 Paesi su 28 dell'UE hanno registrato un valore emissivo medio in aumento rispetto al 2016.
L'obiettivo di emissioni fu introdotto quando era in vigore il test per le emissioni c.d. NEDC (Direttiva EU 90/C81/01), il quale è stato ora sostituito (dal 1° settembre 2017 per i nuovi modelli di auto e dal 1° settembre 2018 per tutte le immatricolazioni) dal nuovo test per la misurazione delle emissioni di CO2, degli altri inquinanti (ossido di azoto e particelle PM) e dei consumi di carburante denominato WLTP (procedura mondiale di prova per veicoli leggeri), molto più accurato e realistico con riferimento alle reali condizioni di guida rispetto alla misurazione delle emissioni usata in precedenza. L'attuale test WLTP rende pertanto più difficile per l'industria il raggiungimento dell'obiettivo dei 95 gCO2/km e di quelli successivi che saranno stabiliti.
Nella Comunicazione "L'Europa in movimento", COM(2017) 283 final), del maggio 2017, la Commissione UE disegna un'agenda UE per una transizione verso una mobilità pulita competitiva e interconnessa, concentrandosi sul contributo fondamentale che il trasporto su strada deve fornire.
A novembre 2017 è stato quindi pubblicato dalla Commissione europea il secondo pacchetto mobilità, che include una proposta di regolamento sulla riduzione delle emissioni di CO2 post-2021, per le autovetture ed i veicoli commerciali leggeri, in particolare prevedendo una ulteriore riduzione delle emissioni del 15% al 2025 rispetto al target del 2021 e una riduzione delle emissioni del 30% al 2030 rispetto al target del 2021. Al Consiglio europeo del 9 ottobre 2018, i Ministri dell'ambiente degli Stati membri dell'UE hanno concordato un ulteriore abbattimento delle emissioni di CO2 del 15% al 2025 e del 35% al 2030 per le vetture. Il Parlamento europeo aveva votato il 3 ottobre 2018 a favore di una riduzione maggiore delle emissioni (rispettivamente al 20% ed al 40%) prevedendo anche un "malus" fino ad un 5% in più per i costruttori, in caso di mancato raggiungimento di una quota imposta di auto e VCL elettrici (ZLEV: Zero e Low Emission Vehicle) sul totale venduto (20% al 2025 e 35% al 2030). Il Consiglio ha però concordato, solo per le autovetture, sull'applicazione di un moltiplicatore pari a 2 agli ZLEV venduti dai costruttori, nei Paesi dove la media di questi veicoli è inferiore del 60% alla media europea di ZLEV al 2021.
Sono attualmente in corso i negoziati tra Consiglio, Parlamento e Commissione UE per stabilire la soglia finale del taglio di emissioni che costituirà la posizione UE nell'ambito della prossima COP24, il vertice delle Nazioni Unite sul clima, in programma il 13-14 dicembre 2018 in Polonia.
L'accordo definitivo tra Commissione, Parlamento e Consiglio è previsto a inizio 2019.
L'International Transport Forum dell'OECD ha in corso numerose iniziative di studio sul ruolo dei trasporti nella decarbonizzazione. Tra queste l'iniziativa Decarbonizing Transport, lanciata nel 2016, che riunisce oltre 70 governi, organizzazioni internazionali (tra cui OECD, Banca Mondiale), istituzioni (tra cui la Commissione europea, Commissioni dell'ONU, il network POLIS di città e regioni), fondazioni, organizzazioni di settore e aziende (automobilistiche e non). L'Iniziativa sta valutando le varie misure di riduzione delle emissioni, identificando un catalogo di possibili opzioni per i responsabili decisionali verso una mobilità ad emissioni zero, senza sostenere a priori misure o politiche specifiche, ma partendo dai dati che mostrano che i cambiamenti climatici non possono essere fermati senza la decarbonizzazione dei trasporti, in quanto il settore del trasporto emette circa il 23% della CO2 legata all'energia che alimenta il riscaldamento globale.
Il comma 614 introduce, in via sperimentale per gli anni 2019, 2020 e 2021, un contributo tra i 1.500 e i 6.000 euro per chi acquisti, anche in locazione finanziaria e immatricoli in Italia un autoveicolo nuovo, sempre di categoria M1, caratterizzato da base emissioni inquinanti, inferiori a 90 g/KM, quindi sostanzialmente per i veicoli totalmente elettrici o ibridi.
L’ammontare del contributo è differenziato in tre fasce e quantificato nella Tabella allegata alla norma, in base il livello di emissioni di CO2, in tale modo:
Emissioni di CO2 g/KM |
CONTRIBUTO (euro) |
0-20 |
6.000 |
20-70 |
3.000 |
70-90 |
1.500 |
Il contributo viene corrisposto mediante sconto sul prezzo di acquisto dal venditore all’acquirente, e non è cumulabile con altri incentivi di carattere nazionale.
Le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsano al venditore l’importo del contributo e recuperano detto importo come credito d’imposta, utilizzabile esclusivamente tramite compensazione, secondo le disposizioni dell’articolo 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 e senza applicazione dei limiti per le compensazioni stabiliti dall’articolo 34 della legge n. 388/2000 e dall’articolo l, comma 53, della legge 244 del 2007, presentando esclusivamente il modello F24 in via telematica all’Agenzia delle entrate. E’ fatto obbligo alle imprese costruttrici o importatrici di conservare copia della fattura di vendita e dell’atto di acquisto, che deve essere ad esse trasmessa dal venditore, fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata emessa la fattura di vendita.
Per la disciplina applicativa dell’incentivo si rinvia all’emanazione di un decreto del Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e trasporti e con il Ministero dell’economia e finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Si fa in particolare riferimento alle procedure di concessione del contributo nel rispetto del limite complessivo di spesa di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021.
Per l’erogazione del contributo viene quindi istituito un apposito Fondo presso il Ministero delle sviluppo economico, con una dotazione di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021.
Articolo 1, comma 621
(Prelievo erariale unico sugli apparecchi da divertimento - PREU)
Il comma 621 incrementa dello 0,5 per cento le aliquote da utilizzare per determinare il prelievo erariale unico (PREU) applicabile agli apparecchi da divertimento e intrattenimento idonei per il gioco lecito.
La norma incrementa il prelievo erariale unico (PREU) applicabile agli apparecchi da divertimento e intrattenimento idonei per il gioco lecito identificati e definiti nelle loro caratteristiche essenziali dall'articolo 110, comma 6, lettera a), i cosiddetti amusement with prizes (AWP) e lettera b), le cosiddette videolottery (VLT), del regio decreto n. 773 del 1931 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza).
Più precisamente, si tratta degli apparecchi dotati di attestato di conformità rilasciato dal Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete telematica, slot machine, e di quelli facenti parte della rete telematica che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa, videolottery.
Si ricorda che, da ultimo, l’articolo 9, comma 6, del decreto legge n. 87 del 2018, convertito con legge n. 96 del 2018, ha aumentato la misura del prelievo erariale unico sui predetti apparecchi, fissando le aliquote nella seguente modalità:
· al 19,25 per cento (AWP) e al 6,25 per cento (VLT) dell'ammontare delle somme giocate a decorrere dal 1° settembre 2018;
· al 19,6 per cento (AWP) e al 6,65 per cento (VLT) a decorrere dal 1° maggio 2019;
· al 19,68 per cento (AWP) e al 6,68 per cento (VLT) a decorrere dal 1° gennaio 2020,
· al 19,75 per cento (AWP) e al 6,75 per cento (VLT) a decorrere dal 1° gennaio 2021
· al 19,6 per cento (AWP) e al 6,6 per cento (VLT) a decorrere dal 1° gennaio 2023.
La norma in esame incrementa quindi le predette aliquote dello 0,5 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2019.
Articolo 1, commi 622 e 623
(Proroga della rideterminazione del valore
di acquisto dei terreni e delle partecipazioni)
Per effetto dei commi 622 e 623 viene prorogata la facoltà di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti, sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che il valore così rideterminato sia assoggettato a un'imposta sostitutiva.
Gli articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) hanno introdotto la possibilità di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti da persone fisiche e società semplici alla data del 1° gennaio 2002, agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all'articolo 81, comma 1, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (testo unico delle imposte sui redditi - TUIR).
Il valore da assumere in luogo del costo o valore di acquisto deve essere determinato sulla base di una perizia giurata di stima redatta da specifiche categorie di soggetti. Il valore così rideterminato è assoggettato un’imposta sostitutiva.
Il decreto legge n. 282 del 2002 ha poi riaperto i termini per la rivalutazione dei suddetti valori, applicandola a partecipazioni e terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2003. In seguito, i termini sono stati riaperti annualmente sino alla proroga contenuta nella disposizione in esame (comma 622) che consente di effettuare la rivalutazione per le partecipazioni in società non quotate e per i terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2019. Le imposte sostitutive possono essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 giugno 2019. La redazione e il giuramento della perizia devono essere effettuati entro la data del 30 giugno 2019.
Il comma 623 ridetermina il valore delle aliquote per la determinazione dell'imposta sostitutiva, fissandole all'8 per cento sia per le partecipazioni qualificate che per quelle non qualificate, nonché per i terreni.
Articolo 1, comma 624
(Abrogazione IRI)
Il comma dispone l'abrogazione dell'Imposta sul reddito d'impresa (IRI) dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018.
L'IRI è stata introdotta e disciplinata dalla legge di bilancio 2017 (commi 547 e 548, che ha a tal fine inserito nel TUIR – Testo Unico delle Imposte sui Redditi, DPR n. 917 del 1986, l’articolo 55-bis) come regime opzionale per le imprese individuali e le società di persone in contabilità ordinaria. L’esercizio di tale opzione comporta l'applicazione di un'aliquota del 24 per cento sugli utili trattenuti presso l'impresa. Si deducono dal reddito d'impresa le somme prelevate a carico degli utili (o delle riserve di utili) dall'imprenditore o dai soci, che vengono invece tassate secondo le ordinarie regole Irpef. Scopo delle norme è incentivare il reinvestimento degli utili all'interno delle piccole e medie imprese. Il decreto-legge n. 50 del 2017 (articolo 58) ha precisato il trattamento tributario spettante alle somme prelevate da riserve IRI in caso di fuoriuscita dal regime (anche a seguito della cessazione dell'attività). Per effetto della legge di bilancio 2018 (comma 1063), che ne ha differito di un anno l'applicazione, l'imposta è operativa dal 1° gennaio 2018. (per un'illustrazione della disciplina si veda il relativo tema dell'attività parlamentare sul sito della Camera e la scheda illustrativa dell’Agenzia delle Entrate).
Il regime opzionale IRI, in vigore dal 1° gennaio 2018, viene quindi abrogato a decorrere dal medesimo periodo d’imposta (ovvero quello successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017) e dunque con efficacia retroattiva, in deroga all’articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000).
L'abrogazione del regime IRI è stata illustrata nella Nota di aggiornamento al DEF 2018, in relazione all'introduzione di diverse misure di agevolazione per le piccole e medie imprese e per il reinvestimento degli utili, quali l'innalzamento delle soglie per il regime forfettario (per cui si veda la scheda di lettura dei commi 5 e 6 del disegno di legge in esame) e l’aliquota ridotta per l’imposta sui redditi di impresa, da applicare agli utili destinati all’acquisto di beni strumentali e alle nuove assunzioni (per cui si rinvia alla scheda di lettura dei commi 23-29).
Coerentemente la relazione tecnica ascrive effetti finanziari all’abrogazione in esame, in termini di competenza, già dall’anno 2018: in particolare, si stima un maggior gettito complessivo (somma algebrica tra minor gettito IRI e maggior gettito IRPEF) pari a 1.212,1 milioni di euro nel 2018, 1.231,3 milioni nel 2019 e 1.255,7 milioni dal 2020, mentre gli effetti di cassa decorrono dal 2019.
Articolo 1, commi 625 e 626
(Differimento della deduzione delle svalutazioni e perdite su crediti)
I commi dispongono il differimento, per gli enti creditizi e finanziari, della deduzione della quota del 10 per cento di componenti negative di reddito legate alla valutazione dei crediti. L'articolo 16 del decreto legge n. 83 del 2015, che ha stabilito la deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti, aveva fissato un piano per la deduzione delle eccedenze non portate in deduzione in sede di prima applicazione della disciplina. Per la quota relativa al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018, la deducibilità viene sospesa e trasferita alla fine del periodo precedentemente fissato.
Il comma 625 dispone che la deduzione della quota del 10 per cento dell’ammontare dei componenti negativi prevista, ai fini dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, rispettivamente dai commi 4 e 9 dell’articolo 16 del decreto legge n. 83 del 2015 per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018, è differita al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026.
In particolare, l'articolo 16 del decreto legge n. 83 del 2015 ha stabilito la deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti di enti creditizi e finanziari e imprese di assicurazione, modificando l'articolo 106, comma 3, del TUIR. A seguito della novella, per gli enti creditizi e finanziari le svalutazioni e le perdite (nette) su crediti verso la clientela iscritti in bilancio e le perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso sono deducibili integralmente nell'esercizio in cui sono rilevate in bilancio.
Il decreto aveva stabilito altresì che, in via transitoria, per il primo periodo di applicazione, le svalutazioni, le perdite (ad eccezione di quelle originate da cessione del credito), le rettifiche e le riprese di valore nette assoggettate all'imposta sul reddito e all'imposta regionale sull'attività produttiva (IRAP) fossero deducibili nei limiti del 75 per cento e che l'eccedenza fosse deducibile pro quota nei successivi esercizi, a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016 sino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2025. Il comma in esame, pertanto, sospende la quota dell'eccedenza relativa agli esercizi passati che gli enti creditizi e finanziari avrebbero potuto portare in deduzione nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018, per trasferirla alla fine del periodo precedentemente fissato.
Il comma 626 stabilisce che il differimento disposto dal comma 625 non incide sulla determinazione dell’acconto dell’imposta sul reddito delle società e dell’IRAP dovuto per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018.
Articolo 1, comma 627
(Rideterminazione dell’acconto dell’imposta sulle assicurazioni)
Il comma 627 eleva la misura dell’acconto dell’imposta sulle assicurazioni, che viene innalzato dal 59 all'85 per cento per l'anno 2019, al 90 per cento per l'anno 2020 e infine fissato al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021.
Ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della legge n. 1216 del 1961, gli assicuratori debbono versare all'ufficio del registro, entro il mese solare successivo, l'imposta dovuta sui premi ed accessori incassati in ciascun mese solare, nonché eventuali conguagli dell'imposta dovuta sui premi ed accessori incassati nel secondo mese precedente. Il successivo comma 1-bis dispone altresì che, entro il 16 novembre di ogni anno, gli assicuratori versino a titolo di acconto una somma pari a una percentuale dell'imposta dovuta per l'anno precedente, al netto di quella relativa alle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. A partire dal successivo mese di febbraio, l'acconto può essere scomputato dai versamenti mensili previsti dal comma 1.
Il comma in esame eleva la percentuale dell'imposta dovuta per l'anno precedente che deve essere versata dagli assicuratori, a titolo di acconto, entro il 16 novembre di ogni anno. La quota, già elevata dall’articolo 1, commi 991 e 992 della legge di bilancio 2018, viene elevata dal 59 per cento all'85 per cento per l'anno 2019, dal 74 per cento al 90 per cento per l'anno 2020 e viene infine fissata al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021.
Articolo 1, commi da 628 a 630
(Deducibilità delle perdite su crediti in sede
di prima applicazione dell’IFRS 9)
I commi dal 628 al 630 stabiliscono che i componenti reddituali derivanti esclusivamente dall’adozione del modello di rilevazione delle perdite su crediti di cui allo standard internazionale IFRS 9, iscritti in bilancio da enti creditizi e finanziari in sede di prima adozione del medesimo principio, sono deducibili dalla base imponibile dell’imposta sul reddito delle società e dell'IRAP per il 10 per cento del loro ammontare nel periodo d’imposta di prima adozione dell’IFRS 9 e per il restante 90 per cento in quote costanti nei nove periodi d’imposta successivi.
La valutazione contabile del deterioramento delle attività creditizie è una delle fondamentali problematiche che hanno caratterizzato la gestione di banche e altri intermediari finanziari durante la crisi finanziaria iniziata nel biennio 2007-2009. Per evitare che la registrazione delle perdite sia tardiva e non in grado di stimare l'effettiva erosione del valore degli attivi, nel 2014 l’International accounting standards board (IASB) ha pubblicato il documento "IFRS 9 Financial instruments", comprendente un nuovo standard contabile per gli accantonamenti per perdite su crediti.
Il modello contabile per la rilevazione delle perdite su crediti utilizzato fino al 1° gennaio 2018, comunemente definito come “incurred loss model” (modello basato sulle perdite subite), richiedeva la contabilizzazione delle perdite su crediti subite alla data di chiusura del bilancio, e non delle probabili perdite future. Il nuovo standard IASB è invece basato sulle “perdite attese su crediti” e ha sostituito il precedente proponendo un approccio incentrato sulla probabilità di registrare perdite future su crediti.
Le novità derivanti dall'introduzione, a far data dal 1° gennaio 2018, del principio internazionale IFRS 9 comportano, pertanto, che i valori contabili delle attività deteriorate per l'esercizio in corso debbano essere calcolati considerando non più le perdite creditizie registrate, come richiesto dal previgente IAS 39, bensì le perdite creditizie attese (expected credit losses, ECL), proiettando tale stima sull’intera durata residua dell’attività stessa. Tali perdite attese sono oggetto di periodica revisione determinando la rilevazione di rettifiche o riprese di valore.
Tale innovazione metodologica dovrebbe garantire una maggiore capacità del bilancio di rappresentare il deterioramento degli attivi e il relativo impatto patrimoniale.
In tale contesto, il comma 628, stabilisce che i componenti reddituali derivanti esclusivamente dall’adozione del modello di rilevazione del fondo a copertura delle perdite per perdite attese su crediti di cui al paragrafo 5.5 dell’International financial reporting standard (IFRS) 9, iscritti in bilancio in sede di prima adozione del medesimo IFRS 9, nei confronti della clientela, sono deducibili dalla base imponibile dell’imposta sul reddito delle società per il 10 per cento del loro ammontare nel periodo d’imposta di prima adozione dell’IFRS 9 e per il restante 90 per cento in quote costanti nei nove periodi d’imposta successivi.
Tali norme, che modulano la deducibilità dei componenti reddituali derivanti dall’applicazione degli standard contabili internazionali, si applicano agli enti creditizi e finanziari, per i quali le svalutazioni e le perdite su crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo e le perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso sono integralmente deducibili (ai sensi dell’articolo 106, comma 3 del TUIR).
Il comma 629 estende la deducibilità all'IRAP disponendo che le banche, gli altri enti finanziari e le imprese di assicurazione possano dedurre i componenti negativi definiti dal comma 628 relativi ai crediti verso la clientela dalla base imponibile ai fini dell’IRAP per il 10 per cento del loro ammontare nel periodo d’imposta di prima adozione dell’IFRS 9 e per il restante 90 per cento in quote costanti nei nove periodi d’imposta successivi.
Il comma 630 chiarisce, infine, che, in deroga al principio dell’irretroattività delle norme tributarie stabilito dallo Statuto del Contribuente (articolo 3 della legge n. 212 del 2000) le norme introdotte si applicano in sede di prima applicazione del principio contabile IFRS9, ancorché effettuata prima dell’entrata in vigore del provvedimento in esame (dunque anche se applicato prima del 1° gennaio 2019).
Articolo 1, commi 631 e 632
(Facoltà di applicazione dei principi contabili internazionali)
I commi, aggiunti dalla Camera, introducono la facoltà, anziché l'obbligo, per i soggetti non quotati di applicare i principi contabili internazionali.
Il comma 631 inserisce nel decreto legislativo n. 38 del 2005 un nuovo articolo 2-bis volto a concedere la facoltà, anziché l'obbligo attualmente previsto, di applicare i principi contabili internazionali ad alcuni dei soggetti ? individuati dall'articolo 2 del medesimo articolo ? i cui titoli non siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato.
Si ricorda che l’articolo 2 del D.Lgs. n. 38 del 2005 individua i soggetti cui si applicano i principi contabili internazionali, in ottemperanza alle disposizioni europee, le quali (articolo 4 del regolamento UE 1606/2002) dispongono che le società quotate applichino i principi contabili internazionali. In particolare, la norma comunitaria dispone che le società soggette al diritto di uno Stato membro redigano i loro conti consolidati conformemente ai principi contabili internazionali qualora, alla data del bilancio, i loro titoli siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro.
Viene fatta salva la possibilità (successivo articolo 5) che gli Stati membri estendano l'applicazione di detti principi anche ad altre società, benché non quotati. L’Italia (articolo 2 del D. Lgs. n. 38 del 2005) ha esercitato detta opzione scegliendo di applicare i principi contabili internazionali alle scritture di una platea più ampia delle sole società quotate.
Ai sensi del richiamato articolo 2 D.Lgs. n. 38 del 2005, sono obbligati alla redazione del bilancio secondo i principi contabili internazionali:
- le società quotate (cioè che emettono strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati di qualsiasi Stato membro dell'Unione europea);
- le società emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante, sebbene non quotati in mercati regolamentati;
- le banche, le società finanziarie italiane e le società di partecipazione finanziaria mista italiane che controllano banche o gruppi bancari; le SIM, le SGR, le società finanziarie, gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento;
- le società consolidate da quelle per le quali vige l'obbligo di adozione dei principi contabili, fatta eccezione per le società minori che possono redigere il bilancio in forma abbreviata, ai sensi dell'art. 2435-bis del codice civile;
- le imprese di assicurazione quotate, ovvero quelle che redigono il bilancio consolidato del gruppo assicurativo (articolo 95 codice della assicurazioni private, D:Lgs. 209 del 2005). Ad essi si applica il relativo provvedimento IVASS (ex ISVAP) n. 3 del 13 luglio 2007, come successivamente modificato nel tempo.
Il comma 632 consente ai predetti soggetti di cui all’articolo 2 del D.Lgs. n. 38 del 2005, ove non quotati (ovvero i cui titoli non sono ammessi a negoziazione su un mercato regolamentato) di avvalersi della facoltà di utilizzo dei predetti principi contabili internazionali a partire dall’esercizio di imposta precedente al 1° gennaio 2019 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame).
Articolo 1, commi da 633 a 637
(Disposizioni in materia di tassazione dei tabacchi lavorati)
I commi da 633 a 637 aumentano la componente specifica per il calcolo dell'accisa complessiva delle sigarette e l'accisa minima applicabile ad altri tabacchi lavorati. Vengono inoltre incrementati l'onere fiscale minimo per le sigarette e le aliquote base per il calcolo delle accise per sigarette, sigari e sigaretti.
In estrema sintesi, si ricorda che l’attuale struttura della tassazione dei tabacchi lavorati in Italia, armonizzata su base europea dalla direttiva 2011/64/UE e riformata dal decreto legislativo n. 188 del 2014 in attuazione della delega fiscale (legge n. 23 del 2014), prevede l’applicazione (tranne che per i tabacchi da inalazione senza combustione, assoggettati a un’accisa specifica per unità di prodotto) di un’accisa correlata al prezzo di vendita.
Con riferimento alla struttura delle accise sulle sigarette, la tassazione è di tipo misto, ovvero presenta:
§ una componente specifica, in cui la tassazione è calcolata come un ammontare fisso secondo la quantità di prodotto, uguale per tutti i prodotti indipendentemente dal prezzo; la base imponibile è definita in termini fisici, mentre l’aliquota è espressa in termini monetari;
§ una componente ad valorem, calcolata in percentuale rispetto ad un determinato parametro, generalmente il prezzo di vendita del prodotto. Per tale componente, dunque, la base imponibile è definita in termini monetari e l’aliquota viene definita come percentuale della base. Il riferimento adottato, a seguito della riforma del decreto legislativo n. 188 del 2014, è quello del “prezzo medio ponderato” di vendita per chilogrammo convenzionale.
Per le sigarette è altresì previsto un onere fiscale minimo, che tiene conto sia dell’accisa che dell’IVA.
Per i prodotti diversi dalle sigarette sono previste imposte di tipo ad valorem. È prevista, inoltre, un'accisa minima, espressa in termini monetari, rispetto a un quantitativo minimo corrispondente convenzionalmente a un chilogrammo di prodotto.
Ai sensi dell'articolo 39-octies, comma 3, del decreto legislativo n. 504 del 1995 (testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative - di seguito "testo unico"), l’accisa globale sulle sigarette è dunque costituita dalla somma delle diverse componenti sopra illustrate, sulla cui determinazione quantitativa incide il comma 633 dell'articolo in esame. In particolare, la componente specifica, cioè fissa per unità di prodotto, attualmente pari al 10,5 per cento della fiscalità complessiva (accisa più IVA) gravante sul prezzo medio ponderato delle sigarette (PMP sigarette), calcolato ai sensi dell’articolo 39-quinquies, comma 2 del testo unico, viene aumentata all'11 per cento.
Le ulteriori modifiche apportate dal comma 633 all'articolo 39-octies, comma 3, del testo unico, sono volte ad accrescere:
§ l'accisa minima da 25 a 30 euro per chilogrammo convenzionale, con riferimento ai sigari;
§ l'accisa minima da 120 a 125 euro per chilogrammo convenzionale, con riferimento al tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette;
§ l'onere fiscale minimo delle sigarette da 175,54 a 180,14 euro per chilogrammo convenzionale. Con riferimento all'onere fiscale minimo, viene inoltre stabilito che, a decorrere dalla data di applicazione delle tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita al pubblico (come rideterminate per l’anno 2019) il predetto onere fiscale minimo è pari al 95,22 per cento della somma dell’accisa globale e dell’imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al prezzo medio ponderato - PMP per le sigarette.
Il comma 634 stabilisce l'aliquota di base per il calcolo dell'accisa, aumentandola dal 59,1 al 59,5 per cento per le sigarette e dal 23 al 23,5 per cento per sigari e sigaretti.
In conseguenza delle modifiche apportate dai precedenti commi, il comma 635 sostituisce le tabelle del testo unico con quelle allegate al disegno di legge in esame.
Il comma 636 modifica l'articolo 1 del richiamato decreto legislativo n. 188 del 2014.
La lettera a) stabilisce che, con decreto del MEF, su proposta del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, possono essere variate le aliquote di base di cui al comma 1 dell’articolo 39-octies del testo unico accise, nonché le misure percentuali previste dal comma 3, lettera a), e dal comma 6, e gli importi di cui al comma 5 del medesimo articolo fino, rispettivamente, a 0,5 punti percentuali, a 2 punti percentuali e a euro 5.
La lettera b) inserisce all’articolo 1 il nuovo comma 2-bis, ai sensi del quale l’onere fiscale minimo di cui all’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/64/UE, non può superare la somma dell’accisa globale e dell’IVA calcolate con riferimento al PMP sigarette di cui all’articolo 39-quinquies del testo unico.
La lettera c) contiene una modifica di coordinamento al comma 3, secondo periodo, dell’articolo 1, sostituendo le parole "alla misura percentuale" con "alle misure percentuali".
Il comma 637, infine, dispone che le modifiche apportate dal comma 636 si applicano a decorrere dalla data di applicazione delle tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita al pubblico rideterminate, per l’anno 2019, ai sensi all’articolo 39-quinquies del testo unico.
Articolo 1, comma 638
(Deducibilità delle quote di ammortamento del valore dell’avviamento e di altri beni immateriali)
Il comma rinvia al 2019 la possibilità di dedurre le quote di ammortamento del valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, che hanno dato luogo all’iscrizione di attività per imposte anticipate - DTA, cui si applicano le disposizioni del DL n. 225 del 2010 in materia di conversione in credito d’imposta, che non sono state ancora dedotte fino al periodo d’imposta 2017.
In particolare, la deducibilità di tali componenti si articola dal 2019 al 2029 con percentuali individuate puntualmente dalle norme in esame in deroga alla disciplina generale. Per il 2018 non viene concessa alcuna deducibilità.
Si ricorda che le divergenze tra la normativa civilistica per la redazione del bilancio e la normativa fiscale per la determinazione della base imponibile possono far emergere una differenza tra risultato economico e reddito imponibile in un determinato esercizio. Tale differenza è temporanea quando è destinata ad annullarsi negli esercizi successivi. Nel caso in cui alla differenza temporanea consegua il pagamento anticipato di un'imposta rispetto all'esercizio di competenza, nel conto economico e nello stato patrimoniale vengono registrate delle poste di "rettifica" che hanno lo scopo di riconciliare l'imposta dovuta a fini fiscali con quella di competenza. Le attività per imposte anticipate rappresentano la voce contabile che, nello stato patrimoniale del bilancio, compensa la voce dei debiti tributari per la quota di competenza di esercizi futuri. Per approfondimenti cfr. Raoli, E., "La contabilizzazione e lo "storno" delle attività per imposte anticipate", Documento di ricerca, Fondazione Nazionale dei Commercialisti, 2 luglio 2018.
L'articolo 2, commi 55, 56-bis, 56-bis.1 e 56-ter, della legge n. 225 del 2010 consente di trasformare in credito d'imposta le DTA se nel bilancio individuale venga rilevata una perdita d'esercizio ai fini dell'IRES, ovvero qualora emerga un valore della produzione netta negativo, ai fini dell'IRAP.
Con riferimento all’ammortamento dei beni immateriali, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi - TUIR (articolo 103, D.P.R. n. 917 del 1986) chiarisce che le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell'ingegno, dei brevetti industriali, dei processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili - in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge – per un ammontare non superiore al 50 per cento del costo; quelle relative al costo dei marchi d'impresa sono deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del costo. Le quote di ammortamento del costo dei diritti di concessione e degli altri diritti iscritti nell'attivo del bilancio sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge. Per quanto riguarda le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell'attivo del bilancio, esse sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso.
La rimodulazione è riferita alle quote non ancora dedotte nel periodo d’imposta in corso fino al 31 dicembre 2017 ? termine introdotto durante l'esame alla Camera in luogo di quello del 31 dicembre 2018 previsto dal disegno di legge iniziale ? e prevede la seguente articolazione: sono deducibili per il 5% per cento del loro ammontare complessivo nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019, per il 3% nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, per il 10% per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2021, per il 12% per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2022 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027, per il 5% per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2028 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2029.
Durante l'esame alla Camera è stato aggiunto al comma un periodo in cui si chiarisce che restano ferme le quote di ammortamento precedenti, ove di minore ammontare rispetto a quelle rideterminate in base al predetto rinvio/rimodulazione. La differenza di ammontare tra le quote precedenti e quelle rideterminate viene resa deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2029.
Come anticipato e come rilevato anche in relazione tecnica, per il periodo d’imposta 2018 non viene concessa alcuna deducibilità.
La relazione tecnica coerentemente associa alla disposizione effetti di maggior gettito in termini di competenza già dall’anno 2018.
Articolo 1, comma 639
(Soppressione dell’Aiuto alla crescita economica – ACE)
L'articolo 1, comma 639 prevede la soppressione della normativa in materia di aiuto alla crescita economica (ACE).
L’ACE è un’agevolazione fiscale introdotta nel 2011 per favorire il rafforzamento della struttura patrimoniale delle imprese e del sistema produttivo italiano. La misura si sostanzia nella deduzione dal reddito imponibile netto di un importo pari al rendimento figurativo degli incrementi di capitale. Si rinvia alla documentazione web per ulteriori informazioni.
L'abrogazione dell’ACE è stata illustrata nella Nota di aggiornamento al DEF 2018 con riferimento all'introduzione di un’aliquota ridotta per l’imposta sui redditi di impresa, da applicare agli utili destinati all’acquisto di beni strumentali e alle nuove assunzioni (articolo 8 del DDL in esame, alla cui scheda si rinvia).
In particolare, vengono abrogati l’articolo 1 del decreto legge n. 201 del 2011 e i commi da 549 a 553 dell’articolo 1 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017).
Le norme in esame precisano che continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al comma 2 dell’articolo 3 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 3 agosto 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 187 dell’11 agosto 2017, che consentono di utilizzare le eccedenze ACE pregresse per il periodo d’imposta 2018, allo scopo – come precisato in relazione illustrativa - di salvaguardare i diritti quesiti. La relazione chiarisce che in tale ottica devono considerarsi utilizzabili le eccedenze ACE anche per i soggetti che partecipano al consolidato fiscale o alla trasparenza fiscale secondo le regole dettate dal predetto D.M. 3 agosto 2017.
La relazione tecnica ascrive alla misura in oggetto un maggior gettito complessivo (in termini di cassa) pari a circa 228 milioni di euro nel 2019, 2.372,5 milioni nel 2020 e a circa 1.453 milioni nel 2021.
Articolo 1, commi 640 e 641
(Cartolarizzazione crediti con finanziamento e trasferimento rischio su società di cartolarizzazione)
I commi 640 e 641 modificano la disciplina delle operazioni di cartolarizzazione, specificando che essa è applicabile alle operazioni di cartolarizzazione dei crediti realizzate mediante l'erogazione di un finanziamento al soggetto cedente da parte della società per la cartolarizzazione dei crediti emittente i titoli, qualora tali operazioni abbiano per effetto il trasferimento del rischio sui crediti, nella misura e alle condizioni concordate. Fra le altre operazioni alle quali risulta applicabile la disciplina vengono inoltre ricomprese le operazioni di cartolarizzazione dei proventi che derivano dalla titolarità di immobili, beni mobili registrati, nonché diritti reali o personali aventi ad oggetto i citati beni.
Il comma 640 novella la legge n. 130 del 1999, che disciplina le operazioni di cartolarizzazione. Si tratta di operazioni realizzate mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari a società che hanno per oggetto esclusivo la cartolarizzazione dei crediti. Per finanziarie l'acquisto delle attività creditizie tali società emettono titoli caratterizzati da un vincolo di destinazione: le somme corrisposte dai debitori ceduti sono infatti destinate in via esclusiva, dalla stessa società che ha acquistato i crediti, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziarne l'acquisto.
L'articolo 7 della legge n. 130 del 1999 individua le ulteriori operazioni alle quali si applica, in quanto compatibile, la disciplina delle operazioni di cartolarizzazione, tra le quali rientrano le operazioni di cartolarizzazione dei crediti realizzate mediante l'erogazione di un finanziamento al soggetto cedente da parte della società per la cartolarizzazione dei crediti emittente i titoli.
Per effetto del comma 640 viene posta l'ulteriore condizione che tali operazioni abbiano per effetto il trasferimento del rischio sui crediti, nella misura e alle condizioni concordate (modifiche alla lettera a) del citato articolo 7, comma 1).
In tale ipotesi, si consente al soggetto finanziato, titolare dei crediti cartolarizzati, di destinare i crediti stessi e altri beni al soddisfacimento dei diritti della società di cartolarizzazione, anche mediante segregazione patrimoniale dei medesimi crediti o costituendo apposite garanzie reali (nuovo comma 2-octies all’articolo 7). I contratti relativi a tali operazioni possono prevedere l’obbligo del soggetto finanziato di trasferire alla società di cartolarizzazione tutte le somme che derivano dai crediti cartolarizzati (nuovo comma 2-novies);
Viene inoltre introdotta una nuova ipotesi di applicazione della disciplina alle operazioni di cartolarizzazione dei proventi che derivano dalla titolarità di immobili, beni mobili registrati, nonché diritti reali o personali aventi ad oggetto i citati beni (nuova lettera b-bis) all’articolo 7, comma 1).
Il comma 641 delega al MEF l'adozione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, di uno o più provvedimenti volti a definire:
· i beni e i diritti che sono destinati al soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli e delle controparti dei contratti derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti nelle operazioni di cui al comma 1, lettera a), dell’articolo 7 della legge n. 130 del 1999 (come modificata dal comma 640);
· le modalità con cui tali beni e diritti possono costituire patrimonio separato e gli effetti di tale separazione.
· le modalità e le finalità con le quali il soggetto di cui al comma 2-octies dell’articolo 7 della legge n. 130 del 1999 effettua la destinazione dei crediti cartolarizzati,
· gli effetti dell’eventuale segregazione,
· le modalità di costituzione delle garanzie sui beni, sui diritti e sui crediti segregati, anche nel caso in cui il soggetto finanziato sia soggetto a procedura concorsuale,
· l’eventuale conferimento alla società di cartolarizzazione per l’amministrazione e la gestione dei crediti cartolarizzati.
Articolo 1, comma 642
(Supporto alle PMI da parte delle società di cartolarizzazione)
Il comma 642 amplia l'ambito di applicazione della disciplina delle operazioni di cartolarizzazione, in particolare in modo da includere le microimprese fra i soggetti ai quali le società di cartolarizzazione possono concedere finanziamenti.
Il comma 642 novella la legge n. 130 del 1999, che disciplina le operazioni di cartolarizzazione. Si tratta di operazioni realizzate mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari a società che hanno per oggetto esclusivo la cartolarizzazione dei crediti. Per finanziarie l'acquisto delle attività creditizie tali società emettono titoli caratterizzati da un vincolo di destinazione: le somme corrisposte dai debitori ceduti sono infatti destinate in via esclusiva, dalla stessa società che ha acquistato i crediti, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziarne l'acquisto.
L'articolo 1 della legge n. 130 del 1999 individua l’ambito di applicazione della disciplina e viene modificato prevedendo, in particolare:
- che la disciplina sulle cartolarizzazioni trovi applicazione per le operazioni di sottoscrizione o acquisto di obbligazioni e titoli similari, ovvero cambiali finanziarie, se effettuate da parte della società di cartolarizzazione, non più da parte della società che emette i titoli;
- nel caso in cui la società di cartolarizzazione emetta titoli destinati a investitori qualificati, che i titoli di debito destinati alla sottoscrizione da parte di società di cartolarizzazione possano essere emessi anche in deroga alle norme del codice civile (articolo 2483, comma 2) che consentono la sottoscrizione da parte dei soli investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale;
- che, ai fini dell’operatività delle norme che disapplicano i limiti alle emissioni obbligazionarie (previsti dal codice civile all’articolo 2412) se i titoli sono negoziati su mercati regolamentati o su sistemi multilaterali di negoziazione, il requisito della quotazione è da ritenersi soddisfatto anche quando sono quotati i soli titoli emessi dalla società di cartolarizzazione;
- l'ampliamento del novero delle ipotesi in cui la società di cartolarizzazione può concedere finanziamenti, che per effetto delle norme in esame sono estese anche nel contesto delle sopra menzionate operazioni;
- l'ampliamento della platea dei soggetti cui possono essere concessi finanziamenti da parte delle società di cartolarizzazione. Con le modifiche in commento tale facoltà è concessa nei confronti delle imprese con un totale di bilancio pari o superiore a 2 milione di euro, espungendo dalle norme di riferimento l’esclusione delle microimprese, come definite dalla disciplina europea (imprese che occupano meno di 10 persone e realizzano un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro).
Articolo 1, commi 643-644
(Modifiche alle imposte comunali immobiliari – TASI e IMU)
I commi 643 e 644, introdotti alla Camera, modificano la disciplina delle imposte immobiliari locali, IMU e TASI.
Il comma 643 consente ai comuni di confermare, anche per gli anni 2019 e 2020, la stessa maggiorazione della TASI già disposta per gli anni 2016-2018 con delibera del consiglio comunale.
Il comma 644estende la riduzione del 50 per cento della base imponibile IMU e TASI, prevista dalla legge per gli immobili concessi in comodato d’uso a parenti in linea retta, anche al coniuge del comodatario, in caso di morte di quest’ultimo in presenza di figli minori.
Come anticipato, il comma 643 consente ai comuni di confermare, anche per gli anni 2019 e 2020, la stessa maggiorazione della TASI già disposta per gli anni 2016-2018 con delibera del consiglio comunale, a tal fine modificando l’articolo 1, comma 28 della legge di stabilità 2016.
Il comma 26 della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), come successivamente novellato dalla legge di bilancio 2017 e dalla legge di bilancio 2018, ha disposto fino al 2018 la sospensione dell’efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali, per la parte in cui aumentano i tributi e le addizionali attribuite ai medesimi enti.
Il successivo comma 28 della legge di stabilità 2016 aveva tenuto ferma per l’anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati da imposta (tra cui le abitazioni principali di lusso), la possibilità per i comuni di adottare la maggiorazione dell’aliquota TASI fino allo 0,8 per mille (di cui al comma 677 della legge di stabilità 2014), nella stessa misura prevista per il 2015, con delibera del consiglio comunale.
Il comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (come modificato nel tempo) consente al comune di determinare l'aliquota TASI rispettando in ogni caso uno specifico vincolo: la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile non deve essere superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille (e ad altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile). Inoltre lo stesso comma aveva fissato per il 2014 ed il 2015 il livello massimo di imposizione della TASI al 2,5 per mille. Negli anni 2014-2015 i comuni sono stati autorizzati a superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, a specifiche condizioni, ovvero a patto di finanziare detrazioni d'imposta sulle abitazioni principali che generino effetti equivalenti alle detrazioni IMU.
Le leggi di bilancio 2017 e 2018 hanno modificato il comma 28 al fine di consentire ai comuni di confermare, anche il biennio 2017-2018, la stessa maggiorazione della TASI già disposta per il 2016, con delibera del consiglio comunale.
Il comma 644 estende la riduzione del 50 per cento della base imponibile IMU, prevista dalla legge per gli immobili concessi in comodato d’uso a parenti in linea retta, anche al coniuge del comodatario, in caso di morte di quest’ultimo in presenza di figli minori.
Viene a tal fine aggiunto un periodo all’articolo 13, comma 3, lettera 0a), del decreto-legge n. 201 del 2011, che contiene la disciplina dell’IMU.
Si ricorda in questa sede che le regole sulla base imponibile IMU, di cui all’articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, si applicano anche alla TASI, in virtù del rinvio operato dall’articolo 1, comma 675 della legge n. 147 del 2013, ivi compresa la riduzione a metà della base imponibile per l’immobile concesso in comodato d’uso ai parenti.
Di conseguenza le modifiche in commento sembrano valere anche a fini della base imponibile TASI: anche per detta imposta, la riduzione del 50 per cento della base imponibile opera in favore del coniuge del comodatario, nel caso di morte di quest’ultimo in presenza di figli minori.
Si ricorda che il comma 7 del provvedimento in esame eleva dal 20 al 40 per cento la percentuale di deducibilità ai fini Ires e Irpef dell’Imu dovuta sugli immobili strumentali.
Articolo 1, comma 645
(Uso efficiente dello spettro e transizione alla tecnologia 5G)
Il comma 645 prevede che i maggiori introiti, pari a circa 4 miliardi di euro, derivanti dalla gara per la procedura di assegnazione di diritti d'uso delle frequenze disponibili per i servizi di comunicazione elettronica in larga banda mobili terrestri concorrano al conseguimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica.
Si tratta dei maggiori introiti derivanti dalla gara per la procedura di assegnazione di diritti d'uso delle frequenze nelle Bande 694-790 MHZ, 3600-3800 MHZ e 26.5-27.5 GHZ.
Gli introiti erano previsti dall’articolo 1, comma 1026, della legge di Bilancio 2018 (legge n. 205/2017), nell’ambito di una serie di misure per favorire lo sviluppo dei sistemi wireless e mobili di quinta generazione (5G). In quella sede, le entrate dalla messa all’asta delle suddette frequenze erano state quantificate presuntivamente in misura non inferiore a 2.500 milioni di euro, di cui 500 milioni relativi alle frequenze in banda 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz.
La procedura di assegnazione delle frequenze agli operatori di comunicazione a banda larga è stata definita dall’AGCOM con la delibera 231/18/CONS, a seguito della quale il MISE ha avviato la procedura di gara per l'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze nelle bande 694-790 MHz, 3600-3800 MHz e 26.5-27.5 GHz, che si è conclusa il 2 ottobre 2018. Le aggiudicazioni hanno riguardato i lotti per la banda 700 Mhz FDD, quelli per la banda 3700 Mhz ed i lotti per la banda 26 Ghz, mentre nessuna offerta è stata fatta per i lotti 700 MHz SDL per la quale i soggetti interessati potranno partecipare ad una successiva fase di gara.
L'ammontare totale delle offerte per le bande di frequenza che sono state messe a gara a settembre/ottobre 2018, è pari, secondo quanto riportato sul sito del MISE, a 6.550,4 milioni di euro, così suddivise, in milioni di euro:
Banda 694-790 MHz |
2.039,9 |
Banda 3,6-3,8 GHz |
4.346,8 |
Banda 26,5-27,5 GHz |
163,7 |
Totale |
6.550,4 |
Rispetto alla previsione della legge di bilancio 2018 si evidenzia quindi un maggiore introito di 4.050,4 milioni di euro di cui, come evidenziato anche nella Relazione tecnica, 4.000 milioni circa relativi alle frequenze in banda 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz, che in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno si realizzeranno nel 2022.
Nella Relazione tecnica presentata alla Camera dei deputati unitamente al disegno di legge di bilancio è indicato un importo di 6.540,6 milioni di euro quale importo di aggiudicazione della gara e di 4.040,6 come maggiori introiti derivanti dalla gara medesima. La differenza riguarda la banda 3,6-3,8 GHz per la quale è indicato un introito di 4.337 milioni di euro.
Nell’allegato 3 alla medesima relazione tecnica sono quantificati effetti sull’indebitamento pari a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019-2021.
Secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 1045, della legge n. 205 del 2017 gli introiti derivanti dall'assegnazione delle bande di frequenza sono versati all'entrata del bilancio dello Stato, entro il 30 settembre di ciascun esercizio finanziario dal 2018 al 2022, secondo i seguenti importi assicurati prioritariamente con gli introiti derivanti dall'assegnazione delle frequenze in banda 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz: 1.250 milioni di euro per l'anno 2018, 50 milioni di euro per l'anno 2019, 300 milioni di euro per l'anno 2020, 150 milioni di euro per l'anno 2021 e la restante quota, in misura non inferiore a 750 milioni di euro, per l'anno 2022.
Posto che gli importi sopra indicati sono assegnati con riferimento ad un’entrata stimata pari a 2,5 miliardi di euro, nella medesima norma, con la disposizione in questione si provvede a distribuire le maggiori entrate derivanti dagli esiti della gara sostanzialmente riferiti all’aggiudicazione della banda 3,6-3,8 GHz.
Per approfondimenti si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare, sul Portale della documentazione del sito della Camera dei deputati.
Articolo 1, commi 646-649
(Disposizioni in materia di giochi)
I commi, aggiunti dalla Camera, prevedono alcune proroghe in materia di concessioni pubbliche per l'esercizio dei giochi numeri a totalizzatore nazionale, per la raccolta del Bingo, relativamente alle scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché relativamente al rilascio dei nulla osta per i vecchi apparecchi con vincita in denaro.
Il comma 646 proroga la gestione dell’attuale concessionario per l'esercizio dei giochi numerici a totalizzatore nazionale fino all’aggiudicazione della nuova concessione e, comunque, non oltre il 30 settembre 2019, al fine di consentire l'espletamento della procedura di selezione per l'attribuzione della nuova concessione – c.d. "Gara Superenalotto" – prevista dalla legge di bilancio 2017 (legge n. 32 del 2017, articolo 1, comma 576).
I giochi numerici a totalizzatore nazionale (GNTN) sono giochi di sorte basati sulla scelta di numeri da parte dei consumatori all’atto della giocata, ovvero sull’attribuzione alla giocata medesima di numeri determinati casualmente, come il Superenalotto.
Il comma 647 estende alle concessioni in scadenza nel 2019 la previsione dell'indizione di una gara per l'attribuzione di 210 concessioni di gioco per la raccolta del Bingo. La normativa vigente (legge n. 147 del 2013, comma 636) riguarda invece le sole concessioni in scadenza nel periodo 2013-2018.
Il comma 648 proroga fino all’aggiudicazione della nuova concessione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2019 le concessioni in essere e la titolarità dei punti di raccolta regolarizzati in materia di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, ivi compresi gli eventi simulati. La normativa vigente (legge n. 205 del 2017, comma 1048) prevede il termine del 31 dicembre 2018.
Il comma 649 proroga di un anno, dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019, il termine – previsto dall'articolo 1, comma 943, della legge n. 208 del 2015 – oltre il quale non possono più essere rilasciati nulla osta per i vecchi apparecchi con vincita in denaro, new slot (articolo 110, comma 6, lettera a) del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza – TULPS). Il comma dispone altresì la proroga dell'obbligo di dismissione al 31 dicembre 2020, in luogo del 31 dicembre 2019 disposto dal medesimo comma dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015.
Le maggiori entrate derivanti dalle norme sulla proroga delle concessioni sul Bingo e sulle scommesse sono quantificate in 70,8 milioni per l’anno 2019 e confluiscono nel Fondo per l’attuazione del programma di governo.
Articolo 1, commi 650 e 651
(Vendita di titoli di accesso ad attività di spettacolo)
I commi 650 e 651, introdotti durante l’esame alla Camera, modificano la disciplina volta a contrastare la vendita di titoli di accesso ad attività di spettacolo effettuata da soggetti diversi dai titolari dei sistemi di emissione dei biglietti (c.d. secondary ticketing), introdotta dalla legge di bilancio 2017.
In particolare, sopprimono la previsione in base alla quale la vendita effettuata da una persona fisica in modo occasionale, anche senza finalità commerciali, non è oggetto di sanzione, e dispongono che, dal 31 marzo 2019, i titoli di accesso ad attività di spettacolo in impianti con capienza superiore a 5.000 spettatori sono nominali.
La nuova disciplina non si applica agli spettacoli di attività lirica, sinfonica, cameristica, nonché di balletto, prosa, jazz, danza e circo contemporaneo, né alle manifestazioni sportive, per le quali resta ferma la specifica disciplina di settore.
A tali fini, modificano l’art. 1, co. 545, della L. 232/2016 e introducono nello stesso articolo i commi da 545-bis a 545-quinquies.
Preliminarmente, si ricorda che, al fine di contrastare il fenomeno del c.d. secondary ticketing, ossia del collocamento di biglietti per attività di spettacolo acquistati in maniera massiva e successivamente rivenduti a prezzi superiori rispetto a quelli esposti sul biglietto, l’art. 1, co. 545-546, della L. 232/2016 ha disposto che la vendita, o qualsiasi altra forma di collocamento, di titoli di accesso ad attività di spettacolo effettuata da soggetti diversi dai titolari dei sistemi per la loro emissione (organizzatori degli spettacoli e titolari di biglietterie automatizzate autorizzate) è punita, salvo che il fatto non costituisca reato, con l’inibizione della condotta e con una sanzione amministrativa pecuniaria da € 5.000 a € 180.000.
In caso di utilizzo delle reti di comunicazione elettronica, è prevista la rimozione dei contenuti o, nei casi più gravi, l’oscuramento del sito internet attraverso il quale la violazione è stata posta in essere, fatte salve le azioni risarcitorie.
I compiti di accertamento e intervento spettano all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) e alle altre autorità competenti (quali potrebbero essere, ad esempio, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e la Polizia postale), che agiscono d’ufficio o su segnalazione degli interessati.
La vendita (o qualsiasi altra forma di collocamento) effettuata da persona fisica in modo occasionale, purché senza finalità commerciali, non è sanzionata.
La definizione della disciplina attuativa è stata rimessa a un decreto interministeriale (Ministro dell’economia e delle finanze, Ministro della giustizia e Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo), da emanare sentite l’AGCOM e la SIAE.
E’, dunque, intervenuto il D.I. 12 marzo 2018, che ha disposto che i titolari dei sistemi di emissione – intendendosi tali i soggetti responsabili, anche sulla base di apposito contratto o convenzione, del funzionamento del sistema informatico idoneo all'emissione automatizzata dei titoli di accesso ad attività di spettacolo e della trasmissione per via telematica o tramite supporto magnetico dei riepiloghi da inviare alla SIAE – assicurano che la vendita, o altre forme di collocamento attraverso reti di comunicazione elettronica, di titoli di accesso ad attività di spettacolo avvengano esclusivamente attraverso sistemi informatici che, essendo idonei a distinguere l'accesso effettuato da una persona fisica rispetto a quello effettuato da un programma automatico, impediscano l'acquisto da parte di tale programma, e siano in grado di identificare l'acquirente. Ha, inoltre, disposto che, ai fini della vigilanza, l’AGCOM adotta un apposito regolamento per assicurare la tutela dei titolari di diritti d'autore e dei consumatori.
In particolare, con le modifiche all’art. 1, co. 545, della L. 232/2016 si stabilisce che:
§ è sanzionata anche la vendita (o qualsiasi altra forma di collocamento dei titoli di accesso agli spettacoli) effettuata da persona fisica in modo occasionale, anche senza finalità commerciali;
§ i compiti di accertamento e intervento spettano (esclusivamente) all’AGCOM, di concerto con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM). Ai medesimi soggetti spetta anche, se del caso, comminare le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla normativa vigente.
Si ricorda che il potere sanzionatorio delle autorità indipendenti è previsto dall’art. 2, co. 20, della L. 481/1995.
I nuovi commi da 545-bis a 545-quinquies dell’art. 1 della L. 232/2016 stabiliscono, invece, che – a decorrere dal 31 marzo 2019 – i titoli di accesso alle attività di spettacolo che si svolgono in impianti con capienza superiore a 5.000 spettatori sono nominali e che, pertanto, i medesimi titoli recano, anche per i minorenni, l’indicazione del nome e del cognome della persona che ne fruirà, nel rispetto di quanto dispone il codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 196/2003).
La nuova disciplina non si applica agli spettacoli di attività lirica, sinfonica, cameristica, nonché di balletto, prosa, jazz, danza e circo contemporaneo, né alle manifestazioni sportive, per le quali resta ferma la specifica disciplina di settore.
Al riguardo, si ricorda che il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla bigliettazione negli spettacoli dal vivo, svolta dalla VII Commissione della Camera tra il 2016 e il 2017, evidenziava che fra le ipotesi di lavoro di cui il Governo avrebbe potuto tenere conto all'atto di emanare il decreto attuativo dell'art. 1, co. 545, della L. 232/2016, vi era quella del biglietto nominativo. Sottolineava, però, che tale soluzione – se si era rivelata efficace per le manifestazioni sportive (perché ispirata a motivi di ordine pubblico) – era tuttavia di più difficile praticabilità per i concerti di grande richiamo, per i quali la verifica della corrispondenza fra la persona acquirente e quella presente avrebbe potuto rivelarsi onerosa, rischiosa e problematica per i consumatori. Aveva, pertanto, concluso che tale soluzione si poteva limitare agli eventi dai numeri più contenuti.
I siti internet di rivendita primari, i box office autorizzati o i siti internet ufficiali dell’evento – che garantiscono adeguata visibilità e pubblicità alla rivendita – assicurano la possibilità di rivendere i titoli di ingresso nominali, secondo regole tecniche stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, adottato, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previa intesa con il Mibac e sentita l’AGCOM.
Il biglietto deve essere rivenduto a persone fisiche senza rincari, salva la possibilità di addebitare congrui costi relativi unicamente alla gestione della pratica di intermediazione e all’introduzione dell’intestazione nominale.
Dal punto di vista della formulazione del testo, occorrerebbe fare riferimento alla “introduzione” dei dati e dell’intestazione nominale e non alla loro “modifica”.
Si dispone, quindi, che l’accesso all’area dello spettacolo è subordinato al riconoscimento personale, tramite controlli e meccanismi efficaci di verifica dell’identità.
In caso di differenze tra il nominativo dell’acquirente e quello del soggetto che ne fruisce, i titoli di ingresso sono annullati, senza alcun rimborso.
Per la vigilanza e per il controllo all’accesso, nonché per la verifica del possesso dei biglietti, gli organizzatori delle attività di spettacolo possono avvalersi della collaborazione dei propri dipendenti o, in conformità con quanto previsto dall’art. 5 del decreto del Ministro dell’interno 6 ottobre 2009, come modificato, da ultimo, con DM 24 novembre 2016, dei soggetti iscritti nell’elenco prefettizio del personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, di cui all’art. 1 del medesimo DM.
Articolo 1, comma 652
(Tabelle A e B)
Il comma 652, dispone in ordine all’entità dei fondi speciali determinati dalle tabelle A e B allegate al disegno di legge in esame. Si tratta degli strumenti contabili mediante i quali si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.
Ai sensi della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), la prima sezione della legge di bilancio prevede gli importi dei fondi speciali destinati alla copertura finanziaria di provvedimenti legislativi che si prevede siano approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale ed in particolare di quelli correlati al perseguimento degli obiettivi indicati nel DEF.
Nelle tabelle allegate alla prima sezione della legge di bilancio sono indicate, distintamente per la parte corrente (tabella A) e per la parte in conto capitale (tabella B), le somme destinate alla copertura dei predetti provvedimenti legislativi ripartite per Ministeri (articolo 18 della legge di contabilità e finanza pubblica).
In tale contesto, il comma 652 stabilisce che l’entità dei fondi speciali per il finanziamento dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio 2019-2021 è determinata nelle misure indicate nelle tabelle A e B allegate al disegno di legge in esame.
Di seguito si riporta l'indicazione delle voci da includere nei fondi speciali di parte corrente e di conto capitale, suddivise per ministero.
Ministero dell'economia e delle finanze
(migliaia di euro)
|
2019 |
2020 |
2021 |
Parte corrente (Tabella A) |
60.019 |
107.226 |
80.492 |
Conto capitale (Tabella B) |
226.848 |
203.148 |
183.148 |
Ministero dello sviluppo economico
(migliaia di euro)
|
2019 |
2020 |
2021 |
Parte corrente (Tabella A) |
10.000 |
10.000 |
10.000 |
Conto capitale (Tabella B) |
60.000 |
70.000 |
80.000 |
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
(migliaia di euro)
|
2019 |
2020 |
2021 |
Parte corrente (Tabella A) |
10.000 |
10.000 |
10.000 |
Conto capitale (Tabella B) |
27.753 |
27.753 |
27.753 |
Ministero della giustizia
(migliaia di euro)
|
2019 |
2020 |
2021 |
Parte corrente (Tabella A) |
15.971,156 |
17.281,314 |
26.911,564 |
Conto capitale (Tabella B) |
15.000 |
25.000 |
25.000 |
Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale
(migliaia di euro)
|
2019 |
2020 |
2021 |
Parte corrente (Tabella A) |
64.376 |
76.037 |
86.037 |
Conto capitale (Tabella B) |
10.000 |
10.000 |
10.000 |
Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca
(migliaia di euro)
|
2019 |
2020 |
2021 |
Parte corrente (Tabella A) |
14.860 |
11.400 |
15.000 |
Conto capitale (Tabella B) |
- |
- |
- |
Ministero dell'interno
(migliaia di euro)
|
2019 |
2020 |
2021 |
Parte corrente (Tabella A) |
15.000 |
20.000 |
20.000 |
Conto capitale (Tabella B) |
- |
- |
- |
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
(migliaia di euro)
|
2019 |
2020 |
2021 |
Parte corrente (Tabella A) |
14.000 |
14.000 |
14.000 |
Conto capitale (Tabella B) |
50.000 |
50.000 |
50.000 |
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
(migliaia di euro)
|
2019 |
2020 |
2021 |
Parte corrente (Tabella A) |
10.093 |
10.176 |
10.176 |
Conto capitale (Tabella B) |
30.000 |
40.000 |
50.000 |
Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo
(migliaia di euro)
|
2019 |
2020 |
2021 |
Parte corrente (Tabella A) |
19.000 |
19.000 |
20.000 |
Conto capitale (Tabella B) |
- |
- |
- |
Ministero per i beni e le attività culturali
(migliaia di euro)
|
2019 |
2020 |
2021 |
Parte corrente (Tabella A) |
19.764 |
19.764 |
19.764 |
Conto capitale (Tabella B) |
20.000 |
20.000 |
20.000 |
Ministero della salute
(migliaia di euro)
|
2019 |
2020 |
2021 |
Parte corrente (Tabella A) |
15.000 |
15.000 |
20.000 |
Conto capitale (Tabella B) |
3.000 |
23.000 |
23.000 |
Totale accantonamenti
(migliaia di euro)
|
2019 |
2020 |
2021 |
Parte corrente (Tabella A) |
268.083,156 |
329.884,314 |
332.380,564 |
Conto capitale (Tabella B) |
442.601 |
468.901 |
468.901 |
Articolo 1, comma 653
(Incremento Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili
in corso di gestione)
Il comma 653, modificato alla Camera, incrementa la dotazione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di 57,16 milioni di euro per l’anno 2019, di 6,72 milioni di euro per l’anno 2020, di 205,9 milioni di euro per l’anno 2021, di 214,85 milioni di euro per l’anno 2022, di 224,02 milioni di euro per l’anno 2023, di 224,75 milioni di euro per l’anno 2024, di 257,69 milioni di euro per l’anno 2025, di 292,13 milioni di euro per l’anno 2026, di 290,19 milioni di euro per l’anno 2027, di 289,9 milioni di euro per l’anno 2028, di 290,3 milioni di euro per l’anno 2029 e di 290,7 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2030.
Si tratta del Fondo istituito dall'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (capitolo 3076), che viene ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.
Si sottolinea che nel testo iniziale del provvedimento il fondo era incrementato di 250 milioni di euro per l’anno 2019 e di 400 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020. A seguito di tale rifinanziamento, nel ddl di bilancio per il 2019-2021 il relativo capitolo di bilancio (cap. 3076/MEF) presentava, nel triennio, una dotazione di 250,3 milioni di euro per il 2019, 405,5 milioni per il 2020 e di 638,8 milioni per il 2021. Su tale rifinanziamento è stata peraltro posta la copertura finanziaria di numerose norme introdotte nel provvedimento nel corso dell’esame alla Camera, per cui la dotazione del relativo capitolo di bilancio si è ridotta, come illustrato per il triennio di riferimento nella tabella seguente.
(in milioni di euro)
Capitolo 3076/MEF |
2019 |
2020 |
2021 |
Dotazione iniziale a legislazione vigente (a) |
0,257 |
5,545 |
238,803 |
Rifinanziamento apportato dal ddl iniziale (b) |
250 |
400 |
400 |
Importo utilizzato a copertura nuove norme introdotte alla Camera =(b)-(c) |
192,84 |
393,28 |
194,1 |
Rifinanziamento residuo (c) |
57,16 |
6,72 |
205,9 |
Dotazione attuale =(a)+(c) |
57,417 |
12,265 |
444,703 |
Il comma 654 prevede che le disposizioni della legge si applichino alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e le relative disposizioni di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001.
La disposizione in commento stabilisce che le norme della legge in esame non sono idonee a disporre in senso difforme a quanto previsto negli statuti speciali di regioni e province autonome (si tratta pertanto di una clausola a salvaguardia dell'autonomia riconosciuta a tali autonomie territoriali). Tale inidoneità, che la norma in esame esplicita, trae invero origine dal rapporto fra le fonti giuridiche coinvolte e, nello specifico, rileva che norme di rango primario (quali quelle recate dal decreto-legge) non possono incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore) e dalle relative norme di attuazione. Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.
Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti che intervengono su ambiti materiali ascrivibile alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme legislative coperte dalla stessa, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale. La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale, nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione legislativa (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).
La presenza di una siffatta clausola tuttavia non esclude a priori la possibilità che una o più norme (ulteriori) del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, quando "singole norme di legge, in virtù di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente applicabili agli enti ad autonomia speciale"[61].
La norma in esame specifica che il rispetto degli statuti e delle norme di attuazione è assicurato anche con "riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. L'articolo 10 della citata legge costituzionale, nello specifico, ha introdotto la cosiddetta clausola di maggior favore nei confronti delle regioni e delle province con autonomia speciale. L'articolo prevede infatti che le disposizioni della richiamata legge costituzionale (e quindi, ad esempio, delle disposizioni che novellano l'art.117 della Costituzione rafforzando le competenze legislative in capo alle regioni ordinarie) si applichino ai predetti enti "per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite" e comunque "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti".
Tale disposizione attribuisce agli enti territoriali ad autonomia speciale competenze aggiuntive rispetto a quelle già previste nei rispettivi statuti e consente alla Corte costituzionale di valutare, in sede di giudizio di legittimità, se prendere ad esempio a parametro l’articolo 117 della Costituzione, anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nell'ambito di una determinata materia assicuri una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.
Articoli 2-18
(Approvazione degli stati di previsione e dei quadri generali riassuntivi del bilancio dello Stato)
Gli articoli da 2 a 15 dispongono l’approvazione dello stato di previsione dell’entrata e dei singoli stati di previsione della spesa, recando per ciascuno di essi anche altre disposizioni aventi carattere gestionale, per la gran parte riprodotte annualmente.
Gli articoli 16 e 17 dispongono l’approvazione del totale generale della spesa e dei quadri generale riassuntivi per il triennio 2019-2021.
L’articolo 18 riporta norme aventi carattere gestionale - di natura prettamente formale – riprodotte annualmente nella legge di bilancio.
Articolo 19
(Entrata in vigore)
La legge di bilancio entra in vigore il 1° gennaio 2019, ove non diversamente previsto.
Una diversa entrata in vigore, fissata al giorno stesso della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale), è stabilita, in particolare, dalle seguenti disposizioni:
§ comma 468 (incremento del Fondo per la realizzazione degli interventi ambientali nella terra dei fuochi per il 2019);
§ comma 592 (versamento di somme della Camera dei deputati al Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate);
§ comma 593 (proroga del personale della gestione straordinaria per gli interventi del sisma 2016);
§ comma 602 (sospensione delle rate dei mutui della Cassa depositi e prestiti per gli enti locali colpiti dagli eventi sismici del 2012).
[1] A partire dalla ripartizione triennale 1992-94, lo strumento adottato non è più il Decreto del Presidente della Repubblica, ma un Decreto del Ministro degli affari esteri, come previsto dalla legge 12 gennaio 1991, n. 13 Determinazione degli atti amministrativi da adottarsi nella forma del decreto del Presidente della Repubblica.
[2] Per un approfondimento sulle risorse confluite nel Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese e per i decreti di riparto si rinvia al seguente tema del Servizio studi.
[3] Il contratti di programma 2016-2020 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Anas S.p.a. e il contratto di programma 2017-2021 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e R.F.I. S.p.a. sono stati recepiti con le delibere CIPE 7 agosto 2017, nn.65 e 66.
[4] Data di entrata in vigore del D.L. n. 91/2017.
[5] Le istanze di accesso alla misura agevolativa possono essere presentate dai soggetti che siano già costituiti al momento della presentazione o si costituiscano, entro sessanta giorni, o entro centoventi giorni in caso di residenza all'estero, dalla comunicazione del positivo esito dell'istruttoria in: a) impresa individuale; b) società, incluse le società cooperative. In tal caso, le imprese e le società devono avere, per tutta la durata del finanziamento, sede legale e operativa in una delle regioni di cui sopra (comma 6, art. 1, D.L. n. 91/2017).
[6] L’art. 1, co. 329, della L. 205/2017 ha autorizzato la spesa di € 2 mln, per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, per il sostegno di manifestazioni carnevalesche, prevedendo la conseguente modifica del DM 27 luglio 2017, recante criteri e modalità per il riparto del FUS. E’, dunque, intervenuto il DM 245 del 17 maggio 2018.
[7] In base all’art. 3 del d.lgs. 242/1999 – come, da ultimo, modificato dalla L. 8/2018 – sono organi del CONI: il consiglio nazionale; la giunta nazionale; il presidente; il segretario generale; il collegio dei revisori dei conti.
In particolare, il consiglio nazionale è composto da: il presidente del CONI, che lo presiede; i presidenti delle federazioni sportive nazionali; i membri italiani del CIO; atleti e tecnici sportivi in rappresentanza delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate; tre membri in rappresentanza dei presidenti delle strutture territoriali di livello regionale e tre membri in rappresentanza delle strutture territoriali di livello provinciale del CONI; cinque membri in rappresentanza degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI; tre membri in rappresentanza delle discipline sportive associate; un membro in rappresentanza delle associazioni benemerite riconosciute dal CONI.
La giunta nazionale è composta da: il presidente del CONI, che la presiede; i membri italiani del CIO; dieci rappresentanti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate; un rappresentante nazionale degli enti di promozione sportiva; due rappresentanti delle strutture territoriali del CONI.
Il presidente è eletto dal consiglio nazionale tra tesserati o ex tesserati alle federazioni sportive nazionali o alle discipline sportive associate per almeno quattro anni in possesso di uno dei seguenti requisiti: aver ricoperto la carica di Presidente o vice presidente di una federazione sportiva nazionale o di una disciplina sportiva associata o di membro della giunta nazionale del CONI o di una struttura territoriale del CONI; essere stato atleta chiamato a far parte di rappresentative nazionali; essere stato dirigente insignito dal CONI delle onorificenze del Collare o della Stella d'oro al merito sportivo.
[8] L’art. 4, co. 5, del DPR 119/2009 aveva disposto che, nel caso di utilizzo del personale già addetto ai lavori socialmente utili, impegnato nelle istituzioni scolastiche in compiti di carattere amministrativo e tecnico, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, era accantonato un numero di posti della dotazione organica del profilo di appartenenza, corrispondente al 50% degli stessi soggetti.
[9] La procedura selettiva finalizzata a stabilizzare, dal 1° settembre 2018, 305 unità ex LSU titolari di contratti di lavoro attivati dall'U.S.P. di Palermo è stata avviata con D.D. 500 del 5 aprile 2018, rettificato con D.D. 536 del 12 aprile 2018. In base all’art. 2 del D.D. del 5 aprile, poteva partecipare alla procedura selettiva il personale titolare al 1° gennaio 2018 di contratti di lavoro per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratori scolastici.
[11] Il citato articolo ha, attraverso una novella all’articolo 81 del D.L. n. 112/2008, abbassato le soglie di ricavi e di reddito imponibile previsti ai fini dell'assoggettamento all'addizionale sull'imposta sui redditi delle società.
[12] Tale componente tariffaria della bolletta elettrica, ora, come detto, componente A2ARIM, è in particolare destinata alla copertura dei costi per lo smantellamento delle centrali nucleari dismesse (Latina, Caorso, Trino Vercellese, Garigliano alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare e alle attività connesse e conseguenti, svolte dalla società a totale partecipazione diretta statale Sogin S.p.A. (cfr. articolo 1, comma 1, lett. a) del D.L. n. 25/2003, nonché, per 3,81 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, per alimentare le attività in materia di sicurezza nucleare attribuite all'ISIN dal D.Lgs. n. 137/2017.In base a quanto disposto dalle Leggi Finanziarie 2005 e 2006, una quota degli introiti della componente tariffaria A2 sul prezzo dell'energia elettrica è anche destinata all'entrata del bilancio dello Stato.
[13] Legge 17 agosto 1957, n. 848, “Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite firmato a San Francisco il 26 giugno 1945”.
[14] Emendamento Governo 32.015.
[15] Emendamento Fusacchia 56.9 NF.
[16] Si tratta di una disposizione, identica (salvo che per il mancato riferimento nella disposizione in esame alle regioni a statuto ordinario, che tuttavia vengono menzionate al comma 6) all'art.1, comma 465, della legge di bilancio 2017, oggetto di abrogazione esplicita ai sensi del successivo comma 5.
[17] Si veda la sent. della Corte costituzionale n. 154 del 2017, che richiama a sua volta la sent. n. 175 del 2014.
[18] Qualora tale mancata inclusione dipendesse dalla circostanza che le disposizioni di cui ai commi 2 e seguenti si applicano alle regioni ordinarie solo in un periodo successivo, si potrebbe valutare la possibilità di riformulare il comma 6, che estende la disciplina in esame alle regioni a partire dal 2021.
[19] Ma non per le regioni ordinarie, v. comma 6.
[20] "Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42".
[21] Art.1, comma 1, lettera b), della legge 164 del 2016.
[22] Sent. n. 247 del 2017 (Considerando in diritto n.8, ultimo periodo). La Corte aggiunge che "all’interpretazione letterale della ricorrente si deve preferire tuttavia una lettura conforme a Costituzione delle norme contestate, secondo cui gli enti territoriali in avanzo di amministrazione hanno la mera facoltà – e non l’obbligo – di mettere a disposizione delle politiche regionali di investimento una parte o l’intero avanzo. È infatti nella piena disponibilità dell’ente titolare dell’avanzo partecipare o meno alle intese in ambito regionale" (Considerando in diritto n.8.1, quarto periodo).
[23] Sent. n.247 del 2017, Considerando in diritto n.8.6.
[24] In merito alla disciplina del fondo pluriennale vincolato, la Corte nella medesima pronuncia afferma che "accertamenti, impegni, obbligazioni attive e passive rimangono rappresentati e gestiti in bilancio secondo quanto programmato a suo tempo dall’ente territoriale. Pertanto, l’iscrizione o meno nei titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dell’entrata e nei titoli 1, 2 e 3 della spesa deve essere intesa in senso meramente tecnico-contabile, quale criterio armonizzato per il consolidamento dei conti nazionali. Tale aggregazione contabile non incide né quantitativamente né temporalmente sulle risorse legittimamente accantonate per la copertura di programmi, impegni e obbligazioni passive concordate negli esercizi anteriori alle scadenze del fondo pluriennale vincolato" (Considerando in diritto n.9, ottavo periodo) e che la "qualificazione normativa del fondo pluriennale vincolato costituisce una definizione identitaria univoca dell’istituto, la cui disciplina è assolutamente astretta dalla finalità di conservare la copertura delle spese pluriennali. Ciò comporta che nessuna disposizione – ancorché contenuta nella legge rinforzata – ne possa implicare un’eterogenesi semantica e funzionale senza violare l’art. 81 della Costituzione" (Considerando in diritto n.9.1, terzo periodo).
[25] Prima di tale sentenza, la Corte era tornata ad occuparsi della questione con la sent. n.252 del 2017, che ha offerto a sua volta un'interpretazione adeguatrice dell'art.1, comma 1, della legge 164/2016. In quell'occasione il focus è posto sull'impiego dell’avanzo di amministrazione per liberare spazi finanziari in ambito regionale.
[26] Tale prospetto è previsto nell’allegato 10 del citato D.lgs. 118/2011.
[27] Sono invece fatte salve le disposizioni relative al concorso alla finanza pubblica della regione Trentino- Alto Adige e delle province autonome (commi 503 e 504).
[28] Mentre non viene soppresso il comma 791 (di modifica dell’articolo 9-ter del decreto 91/2017), concernente l'utilizzo delle disponibilità residue alla chiusura delle contabilità speciali in materia di protezione civile e trasferite alle regioni, aggiornandolo alla nuova normativa di cui agli abrogandi commi 787-790.
[29] Di cui all'art.1, commi 469-474, della legge 232/2016.
[30] Si intende per quanto non oggetto di censura della Corte costituzionale che, nella sentenza n.101/2018, ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale della lettera b) del comma 475, nella parte in cui prevede che gli enti locali delle Province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione Friuli-Venezia Giulia siano tenuti a versare l'importo della sanzione per il mancato conseguimento dell'obiettivo di finanza pubblica al bilancio dello Stato anziché a quello delle suddette autonomie speciali.
[31] Per approfondimenti si rinvia al Dossier dei servizi studio di Senato e Camera della legge n.232/2016 (legge di bilancio 2017).
[32] Si rinvia per approfondimenti alle schede di lettura relative ai commi 60 e 66.
[33] Si tratta dei comuni colpiti dai sismi di cui agli allegati 1 (sisma del 24 agosto 2016 avvenuto in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria), 2 (sisma del 26 e del 30 ottobre 2016 in Abruzzo, Marche e Umbria) e 2-bis (sisma del 18 gennaio 2017 (in Abruzzo) al decreto-legge 189/2016.
[34] Si tratta degli investimenti connessi alla ricostruzione, al miglioramento della dotazione infrastrutturale nonché al recupero degli immobili e delle strutture destinati a servizi per la popolazione, da realizzare, ai sensi dell'art.43-bis, comma 1, del citato D.L., attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti e il ricorso al debito, in riferimento ai quali era disposta una specifica assegnazione di spazi finanziari nell'ambito dei patti di solidarietà nazionali (ex art. 10, comma 4, L. 243/2012) in misura pari alle spese sostenute per i predetti investimenti.
[35] Il contributo riguarda ambiti di spesa e importi proposti in sede di autocoordinamento dalle regioni medesime, da recepire con Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.
[36] Per approfondimenti si rinvia alla Nota breve n.7 "Il contributo alla finanza pubblica di regioni e province autonome alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 103 del 2018" a cura del servizio Studi del Senato della Repubblica.
[37] Sul necessario rispetto di tale principio la Corte si era espressa, fra l'altro, nelle sentt. n.141 del 2016 e n.154 del 2017.
[38] Non risulta invece censurata l'estensione al 2020 (disposta anch'essa dall'art.1, comma 527, L. 232/2016) del contributo di cui al secondo periodo del comma 6 dell'art.46 del D.L. 66/2014, in quanto ritenuta rispettosa del principio di transitorietà, atteso che la durata complessiva, rispetto a quella iniziale di quattro anni, risulta accresciuta di soli due anni.
[39] "Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti". Per un approfondimento, si rimanda al box contenuto nella scheda relativa all’articolo 15 del presente dossier.
[40] Sebbene l'attuale formulazione riguarda "la messa in sicurezza degli edifici del territorio", si ritiene che la disposizione possa essere più utilmente interpretata con l'aggiunta della congiunzione "e" dopo la parola "edifici".
[41] Le norme richiamate hanno imposto contributi anche per gli anni trascorsi, che non si ritiene opportuno richiamare in questa sede. Per approfondimenti si veda il dossier "Legge di bilancio 2018", Volume II, a cura dei Servizi Studi del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
[42] Il comma 1, a seguito della richiamata modifica di cui all'art.1, comma 527, della L. 232/2016, prevede invero un ulteriore contributo, pari a 750 milioni, per il 2020. Tuttavia, come già segnalato in sede di commento del comma 1, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità della disposizione che operava l'estensione del contributo al 2020, in quanto lesiva del principio di transitorietà della misura. Il comma 1 dell'articolo in commento stabilisce pertanto che per il 2020 tale contributo non sia dovuto (v. supra).
[43] Il comma recepisce il punto n.10) del dispositivo dell'Accordo siglato in sede di Conferenza Stato regioni il 15 ottobre scorso.
[44] Si rinvia per approfondimenti alle schede di lettura relative ai commi 60 e 66.
[45] Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo.
[46] Prima ancora il rifinanziamento era intervenuto con l’articolo 1, comma 295 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), che aveva disposto il finanziamento di 3,5 milioni di euro per ciascuna annualità 2013, 2014 e 2015 per la prosecuzione degli interventi di cui alla legge n. 73/2001.
[47] Si tratta dei contributi assegnati ai sensi dei commi 838 della legge n. 205/2017, unitamente a quelli a quelli di cui all'articolo 1, comma 754, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e all'articolo 20, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50.
[48] Secondo le risultanze contenute nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale nella seduta del 22 febbraio 2012.
[49] Già nell’aprile 2015, la Corte dei conti, nella Relazione sul "Riordino delle province, aspetti ordinamentali e riflessi finanziari", analizzando i dati relativi alla ripartizione annuale del Fondo sperimentale di riequilibrio - che mostrano l'incidenza dei recuperi e delle riduzioni operate in forza delle disposizioni di finanza pubblica ed il significativo disallineamento tra le somme astrattamente imputabili in forza del decreto ministeriale di ripartizione del Fondo, quelle effettivamente assegnate e quelle, addirittura, oggetto di recupero (annualmente esposte nella tabella in appendice ai decreti di riparto) – sottolineava come le risorse da Fondo sperimentale di riequilibrio abbiano rappresentato in questi anni un'entrata solo nominale.
[50] Che rinvia a tal fine all’articolo 4, comma 6, del D.L. n. 16 del 2012, disposizione con la quale si è provveduto per la prima volta nel 2012 - anno di prima applicazione della legge n. 42/2009 di attuazione del federalismo fiscale - alla quantificazione dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione ancora spettanti agli enti locali.
[51] Si ricorda, al riguardo, che tutte le regioni e province autonome hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione: per le regioni Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e per le Province autonome di Trento e di Bolzano sono poi intervenute specifiche norme di attuazione dello statuto speciale che hanno disciplinato la materia della finanza locale nel senso che è la regione [o la provincia autonoma] a provvedere alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio. Ciò non è avvenuto nel caso regione Sardegna e della Regione siciliana, dove la finanza degli enti locali è, dunque, ancora a carico dello Stato.
Per quanto concerne, in particolare, le province della regione Siciliana, si ricordano i procedimenti normativi in atto per la loro soppressione, nell'ambito dell’autonomia della regione.
[52] Il decreto disciplina le modalità di erogazione dei trasferimenti erariali a favore degli enti locali, prevedendone l’erogazione in tre rate, entro i mesi di febbraio, maggio ed ottobre.
[53] Per una ricostruzione dell'evoluzione delle regole di bilancio per gli enti locali, con specifico riferimento al tema dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione, cfr. Ufficio parlamentare di bilancio, "Avanzi di amministrazione e regola del pareggio. La sentenza della Corte Costituzionale n. 247/2017", Focus tematico n. 5, 9 marzo 2018
[54] Per un approfondimento sulle risorse confluite nel Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese e per i decreti di riparto si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.
[55] Recante "Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario".
[56] L'articolo 7, comma 1, lettera d), della legge n.42 del 2009 ("Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione", sulla base della quale è stato adottato il D.Lgs. 68/2011) stabilisce che, nell'ottica del principio di territorialità, occorre tener conto: 1) del luogo di consumo, per i tributi aventi quale presupposto i consumi; per i servizi, il luogo di consumo può essere identificato nel domicilio del soggetto fruitore finale; 2) della localizzazione dei cespiti, per i tributi basati sul patrimonio; 3) del luogo di prestazione del lavoro, per i tributi basati sulla produzione; 4) della residenza del percettore, per i tributi riferiti ai redditi delle persone fisiche.
[57] Per quel che concerne le risorse, il Fondo, inizialmente dotato di 25 milioni per il 2007, è poi stato rifinanziato per 10 milioni per il 2008 e 5 milioni per il 2009 e per il 2010 (art. 2, comma 44, legge n. 244/2007) e per 22 milioni per il 2009 e per il 2010 e di 27 milioni per il 2011 (art. 2, co. 46, legge 203/2008).
[58] In considerazione dell'adozione del bilancio unico d'ateneo (d.lgs. 18/2012), il fabbisogno finanziario programmato del sistema universitario per il 2016, doveva essere determinato incrementando del 3% il fabbisogno programmato per il 2015.
[59] Quanto alla trasmissione, da parte delle amministrazioni pubbliche alla banca dati SIOPE, delle informazioni relative a incassi e pagamenti effettuati, si ricorda che l'art. 14, comma 7, della legge n. 196 del 2009 dispone che le amministrazioni pubbliche, fatta eccezione per gli enti di previdenza, trasmettono quotidianamente alla banca dati SIOPE, tramite i propri tesorieri o cassieri, i dati concernenti tutti gli incassi e i pagamenti effettuati, codificati con criteri uniformi su tutto il territorio nazionale.
[60] Con riguardo ai criteri di ripartizione del FFO, si veda il Focus predisposto dal Servizio Studi della Camera.
[61] Si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2016. In altra decisione (la n.191 del 2017) la Corte afferma che occorre "verificare, con riguardo alle singole disposizioni impugnate, se esse si rivolgano espressamente anche agli enti dotati di autonomia speciale, con l’effetto di neutralizzare la portata della clausola generale". Sul tema si vedano altresì le sentenze nn.154 e 231 del 2017.