Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale, nonché i requisiti prudenziali per gli enti creditizi
Serie: Atti del Governo   Numero: 272
Data: 13/09/2021
Organi della Camera: VI Finanze


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Le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale, nonché i requisiti prudenziali per gli enti creditizi

13 settembre 2021
Atti del Governo


Indice

Contenuto|La norma di delega e la disciplina europea di riferimento|Articolo 1 - Modifiche al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385|Articolo 2 - Modifiche al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58|Articolo 3 - Disposizioni transitorie concernenti le modificazioni del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385|Articolo 4 - Disposizioni transitorie concernenti le modificazioni del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58|Articolo 5 - Clausola di invarianza finanziaria|Articolo 6 - Disposizioni finali ed entrata in vigore|


Contenuto

Lo schema in esame intende dare attuazione alla direttiva (UE) 2019/878 e adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/876. Il primo atto integra e modifica la direttiva 2013/36/UE (Capital Requirements Directive - CRD), il secondo il regolamento (UE) n. 575/2013 (Capital Requirements Regulation - CRR), che definiscono un sistema armonizzato di requisiti minimi riferiti al capitale e ad altri strumenti che una banca deve detenere affinché si possa ritenere che sia in grado di operare in condizioni di sicurezza e di far fronte autonomamente alle perdite operative.

L'articolo 1 dello schema apporta modifiche al decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB). Vengono, in primo luogo, modificate le definizioni contenute nell'articolo 1 del TUB allo scopo di adeguarle a quelle indicate nella direttiva. Viene inoltre aggiornata la terminologia rispetto al quadro normativo europeo (ad esempio sostituendo le parole "comunitario" e "della Comunità Europea" con "dell'Unione europea", e la parola "extracomunitario" con "di Paese terzo").

Viene adeguata la disciplina degli assetti proprietari delle banche agli orientamenti congiunti delle autorità di vigilanza europee e, in particolare, alle previsioni riguardanti l'individuazione delle partecipazioni rilevanti acquisite in via indiretta e tramite patti parasociali.

Vengono rafforzati gli obblighi di collaborazione tra autorità prudenziali, autorità antiriciclaggio e Unità di informazione finanziaria (Financial Intelligence Units);

Viene introdotto il potere dell'autorità competente di rimuovere i revisori contabili che abbiano violato i loro obblighi di informazione.

Viene poi disposta la revisione della disciplina dei gruppi bancari, necessaria per recepire le nuove previsioni sull'autorizzazione e sulla vigilanza delle società di partecipazione finanziaria (holding companies). Viene introdotta la disciplina che prevede, al ricorrere di specifiche condizioni, l'obbligo per i gruppi di Paesi terzi che operano in Europa di costituire una impresa madre intermedia o intermediate parent undertakings.

Vengono chiariti i poteri della Banca d'Italia in materia di requisiti aggiuntivi di capitale (cosiddetto "Secondo Pilastro" della vigilanza) e, infine, viene adeguato l'impianto sanzionatorio per includere fra le condotte violative quelle associate al mancato rispetto delle norme contenute nello schema.

L'articolo 2 dello schema apporta modifiche al decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico della finanza - TUF), allo scopo di adeguarle a quelle indicate nella direttiva estendendo, ove previsto, le regole dettate per le banche alle imprese di investimento e ai gestori del risparmio. In particolare, anche per queste ultime viene introdotto il potere dell'autorità competente di rimuovere i revisori contabili che abbiano violato i loro obblighi di informazione, viene recepita la disciplina delle imprese madri UE intermedie e viene modificata la disciplina dei titolari di partecipazioni al capitale, per adeguarla alla riforma delle partecipazioni bancarie, in conformità ai criteri di delega.

L'articolo 3 disciplina l'entrata in vigore delle disposizioni novellate nel TUB.

L'articolo 4 disciplina l'entrata in vigore delle disposizioni novellate nel TUF.

L'articolo 5 reca la clausola di invarianza finanziaria.

L'articolo 6 stabilisce che il decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e che le relative disposizioni di attuazione sono adottate entro centottanta giorni dalla stessa data.


La norma di delega e la disciplina europea di riferimento

L'articolo 10 della legge n. 53 del 2021 (legge di delegazione europea 2019-2020) detta i princìpi e i criteri direttivi specifici che il Governo è tenuto a osservare, in aggiunta ai princìpi e ai criteri direttivi generali di cui all'articolo 32 della legge n. 234 del 2012, nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/878 e per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/876. Il primo atto integra e modifica la direttiva 2013/36/UE (Capital Requirements Directive - CRD), il secondo il regolamento (UE) n. 575/2013 (Capital Requirements Regulation - CRR), che definiscono un sistema armonizzato di requisiti minimi riferiti al capitale e ad altri strumenti che una banca deve detenere affinché si possa ritenere che sia in grado di operare in condizioni di sicurezza e di far fronte autonomamente alle perdite operative.

 

Tali regole costituiscono i parametri da rispettare per assicurare una gestione sana e prudente degli enti creditizi e la prima linea (preventiva) di difesa contro le crisi che possono colpire i soggetti che svolgono attività legate al credito, sui quali vigilano la Banca Centrale Europea (BCE) e le banche centrali nazionali, secondo i meccanismi di cooperazione stabiliti dal regolamento (UE) n. 1024/2013 (Single Supervisory Mechanism Regulation - SSMR). Insieme alle regole sul risanamento e la risoluzione delle banche, contenute nella direttiva 2014/59/UE (Bank Recovery and Resolution Directive - BRRD) e nel regolamento (UE) n. 806/2014 (Single Resolution Mechanism Regulation - SRMR), costituiscono la normativa unitaria (single rulebook) del settore a livello europeo.

 

L'articolo 31 della legge n. 234 del 2012 dispone, in relazione al recepimento delle direttive, che il Governo adotti i decreti legislativi entro il termine di quattro mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive. Ove si tratti di direttive il cui termine di recepimento sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea (nello specifico: 8 maggio 2021) ovvero scada nei tre mesi successivi (con riferimento alla direttiva in questione ricorre questa circostanza), il Governo deve adottare i decreti legislativi di recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge (quindi entro l'8 agosto 2021).

La direttiva in esame è peraltro inserita nell'Allegato A della legge n. 53 del 2021, rientrando tra le direttive in relazione alle quali si prevede, sugli schemi dei relativi decreti legislativi di recepimento, che sia acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Al riguardo, il comma 4 dell'articolo 31 sopra citato prevede che, qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.

Il presente schema è stato assegnato il 6 agosto 2021, con termine per l'espressione del parere fissato al 16 settembre 2021 (dunque successivamente all'8 agosto 2021).

La direttiva CRD detta in primo luogo le condizioni di accesso all'attività degli enti creditizi, nell'ambito delle quali vengono identificate regole specifiche relative all'idoneità dei soggetti che detengono partecipazioni nei medesimi enti. Con riferimento alla vigilanza prudenziale, a valle del quadro che disciplina la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi su base europea, vengono definite le competenze e i compiti dello Stato membro d'origine e dello Stato membro ospitante, i poteri di vigilanza (su base individuale e consolidata) e sanzionatori, nonché le relazioni con Paesi terzi. Per gli enti creditizi, vengono indicati i dispositivi, i processi e i meccanismi volti a conformare l'attività a criteri di sana e prudente gestione: regole sul governo societario, sui piani di risanamento e risoluzione, sulle politiche di remunerazione, sull'organizzazione e il trattamento dei rischi. Oltre ai requisiti organizzativi vengono previsti una serie di requisiti quantitativi applicabili alle riserve di capitale e una serie di misure di conservazione del capitale stesso. Il rispetto di tali presidi viene sottoposto al processo di valutazione dell'adeguatezza del capitale interno da parte delle autorità. La direttiva CRD è stata recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 72 del 2015, che è intervenuto apportando le necessarie modifiche il decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario - TUB) e al decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico dell'intermediazione finanziaria - TUF).
Il regolamento CRR attua, con norme direttamente applicabili definite a livello europeo, il quadro appena tracciato, definendo il livello di applicazione dei requisiti (su base individuale e consolidata). Il regolamento stabilisce gli elementi di bilancio che possono essere classificati come fondi propri da parte di enti creditizi, società di partecipazione finanziaria e società di partecipazione finanziaria miste sottoposti a vigilanza ai sensi della CRD: capitale primario di classe 1 (al netto di rettifiche, deduzioni, esenzioni e alternative alla deduzione), capitale aggiuntivo di classe 1 e di classe 2 (sempre al netto delle relative deduzioni). Fra le deduzioni rientrano, ad esempio, le perdite, le attività immateriali, le partecipazioni incrociate reciproche concepite per gonfiare artificialmente i fondi propri, le attività dei fondi pensione a prestazioni definite e le attività fiscali differite che dipendono dalla redditività futura. I fondi propri sono composti da strumenti di capitale, utili non distribuiti, riserve e altri strumenti sostanzialmente assimilabili al capitale. Tali strumenti sono soggetti a specifiche condizioni che ne differenziano il grado di disponibilità rispetto alla capacità di assorbimento delle perdite. Gli strumenti del capitale aggiuntivo di classe 2 sono soggetti, tra l'altro, a svalutazione o conversione direttamente da parte dell'ente al verificarsi di un cd. evento attivatore, mentre per gli strumenti di classe 2 la svalutazione o conversione in capitale non è direttamente connessa a un evento attivatore ma può essere disposta dall'autorità di risoluzione. Il regolamento stabilisce altresì le condizioni affinché gli elementi passivi di bilancio siano classificabili fra le " passività ammissibili" ai fini del relativo requisito minimo ( Minimum Requirement for own funds and Eligible Liabilities - MREL).
Sulla base di tali definizioni, il regolamento stabilisce la disciplina generale dei requisiti patrimoniali: livello dei fondi propri richiesto (con specifica quantificazione dei coefficienti applicabili alle imprese di investimento e agli enti a rilevanza sistemica a livello globale) e relative disposizioni in materia di calcolo e di segnalazione. I requisiti sono rappresentati attraverso coefficienti, per cui i fondi richiesti all'ente per assicurare una gestione prudente e una prima linea di difesa nei confronti di crisi aziendali e di sistema sono espressi in percentuale dell'importo complessivo dell'esposizione al rischio. L'importo del capitale necessario, pertanto, dipende dal rischio legato alle attività di una determinata banca. Ad attività meno rischiose corrisponde una minore richiesta di fondi disponibili per l'assorbimento delle eventuali perdite, mentre alle attività più rischiose è attribuito un " fattore di ponderazione" del rischio più elevato, per cui l'ammontare di capitale che la banca deve accantonare cresce progressivamente in ragione dei rischi connessi alle poste attive del bilancio.
Vengono inoltre definiti requisiti per il portafoglio di negoziazione e per la valutazione prudente di tutte le attività in portafoglio.
A margine della disciplina generale vengono identificati requisiti patrimoniali relativi a specifici rischi. Con riferimento al rischio di credito vengono stabiliti i criteri di valutazione e i fattori di ponderazione del rischio rispetto a specifiche esposizioni. In tale contesto, l'articolo 114, paragrafo 4 del CRR dispone che alle esposizioni verso le amministrazioni centrali e le banche centrali degli Stati membri dell'Unione europea denominate e finanziate nella valuta nazionale si attribuisce un fattore di ponderazione del rischio dello 0 per cento, per cui, non viene richiesto un accantonamento di fondi in relazione a tali attività. In generale, al netto della liquidità e delle attività meno rischiose, fra le quali rientrano oltre alle esposizioni verso le amministrazioni centrali e le banche centrali appena citate, anche quelle nei confronti delle organizzazioni internazionali, alle altre esposizioni vengono applicati fattori di ponderazione progressivi che "pesano" dal 20 al 150 per cento del valore dell'attività in ragione della specifica classe di merito di credito assegnata, che corrisponde a un intervallo di stima delle probabilità che il debitore non sia in grado di corrispondere il capitale e gli interessi dovuti. Regole di dettaglio vengono disposte per specifiche tipologie di esposizioni, ad esempio derivanti da operazioni di cartolarizzazione.  Un ente può prescegliere una o più agenzie esterne di valutazione del merito di credito (ECAI) per determinare i fattori di ponderazione del rischio attribuibili agli attivi e agli elementi fuori bilancio ovvero chiedere all'autorità competente di essere autorizzato, nel rispetto delle condizioni previste dal CRR, a calcolare gli importi delle esposizioni ponderati per il rischio utilizzando il metodo basato sui rating interni ("metodo IRB").
Oltre agli accantonamenti di capitale (requisiti di fondi propri) relativi al rischio di credito, vengono dettagliati i criteri per la valutazione e gli accantonamenti relativi al rischio operativo, al rischio di mercato, al rischio di regolamento e alla leva finanziaria.
Anche per il rischio di mercato viene previsto un metodo di valutazione standardizzato (al quale si affianca un metodo standardizzato alternativo per le segnalazioni previste dall'articolo 430- ter) e la possibilità di utilizzare un metodo di modelli interni autorizzato dall'autorità competente, anche in modo combinato rispetto al metodo standardizzato.
Nel complesso, il regolamento stabilisce norme dettagliate volte a quantificare in modo completo, uniforme e standardizzato i requisiti di fondi propri connessi ai suddetti elementi. Il regolamento stabilisce altresì regole uniformi concernenti i requisiti di fondi propri e passività ammissibili che si applicano alle entità soggette a risoluzione che sono enti a rilevanza sistemica a livello globale (G-SIIs) o fanno parte di G-SIIs o sono "filiazioni" significative di G-SIIs non UE.
Il CRR contiene inoltre una disciplina delle " grandi esposizioni". L'esposizione di un ente verso un cliente o un gruppo di clienti connessi è considerata una grande esposizione quando il suo valore è pari o superiore al 10 per cento del capitale ammissibile dell'ente. Rispetto a tali attività vengono disposti obblighi di segnalazione, requisiti organizzativi e specifici limiti alla relativa gestione.
Vengono poi dettate regole sulla gestione della liquidità e, infine, sull' informativa da rendere al pubblico da parte degli enti creditizi.
La direttiva (UE) 2019/878 e il regolamento (UE) 2019/876 hanno determinato una revisione complessiva della CRD e del CRR, anche al fine di trasporre in ambito europeo gli elementi definiti dagli organismi di normazione internazionale (Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria e Consiglio per la stabilità finanziaria). Le principali modifiche apportate al quadro normativo prudenziale riguardano i requisiti di capitale e di liquidità, la vigilanza, l'informativa al pubblico, l'applicazione del principio di proporzionalità e le disposizioni riconducibili alla disciplina sulla risoluzione delle banche. Sono state previste anche innovazioni relative alla governance, ad esempio, prevedendo che le politiche e prassi di remunerazione siano neutrali rispetto al genere (nuovo articolo 74 della CRD). La modifica apportata all'articolo 63 della CRD ha introdotto il potere per l'autorità competente di richiedere la sostituzione dei revisori contabili delle banche in caso di violazione dell'obbligo di segnalare tempestivamente atti o fatti, rilevati nello svolgimento dell'incarico, che possono costituire una grave violazione delle norme sull'attività bancaria, pregiudicare la continuità aziendale o comportare il rifiuto della certificazione dei bilanci o un giudizio negativo).
Conformemente a quanto stabilito dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, è stato introdotto un nuovo requisito che ha stabilito in via legislativa (cosiddetto "primo pilastro" che riguarda la definizione uniforme dei requisiti) il limite del 3 per cento del coefficiente di leva finanziaria applicabile dal 2021 (punto 46 dell'articolo 1 del regolamento UE 876/2019 che introduce la nuova lettera d) dell'articolo 92 del CRR). Inoltre, dal 2022 per i G-SIIs (la definizione è inserita al nuovo punto 133 dell'articolo 4 del CRR, introdotto dal punto 2 del regolamento UE 876/2019) è previsto un requisito aggiuntivo pari al 50 per cento del coefficiente relativo alla riserva di capitale prevista dalla CRD per gli enti di rilevanza sistemica globale (la cui applicazione era in origine prevista dal 2022 e successivamente è stata posticipata al 2023). Vengono introdotti dei limiti alla distribuzione in relazione al capitale di classe 1 in caso di mancato rispetto del limite del coefficiente di leva finanziaria (nuovo articolo 141- bis della CRD, punto 52 della direttiva UE 878/2019), in analogia a quanto già previsto per i coefficienti di capitale. Il calcolo della leva finanziaria è stato integralmente rivisto (articoli da 429 a 429- septies del CRR).
È stato introdotto un nuovo limite, applicabile dal 2021, del 100 per cento relativo al coefficiente di finanziamento stabile ( Net Stable Funding Ratio - NSFR, disciplinato dai nuovi articoli 428- bis e seguenti del CRR).
 Sono state rivisitate le modalità di calcolo del requisito per il rischio di mercato. Nell'ambito di tale revisione sono stati inclusi gli strumenti finanziari di proprietà nel portafoglio di negoziazione (nuovi articoli 325 e seguenti del CRR). La revisione è finalizzata a stabilire regole più chiare sul campo di applicazione per evitare che gli enti selezionino il trattamento patrimoniale più favorevole tra il portafoglio di negoziazione e il portafoglio bancario, a rendere proporzionati i requisiti, in modo da riflettere con maggiore precisione i rischi cui sono esposte le banche e a rafforzare le condizioni per l'utilizzo di modelli interni al fine di migliorare la coerenza e la comparabilità dei fattori di ponderazione del rischio tra le banche. Le banche con un portafoglio di negoziazione di piccole dimensioni (meno di 50 milioni di euro e meno del 5% delle attività totali di bilancio) sono autorizzate ad applicare il trattamento delle posizioni del portafoglio bancario al loro portafoglio di negoziazione.
La revisione ha riguardato anche le norme relative al calcolo del requisito di capitale per il rischio di controparte (articoli da 272 a 310 del CRR), con l'introduzione di un nuovo metodo standardizzato per il rischio di controparte, del quale viene fornita una versione semplificata per gli intermediari che non superano le soglie dimensionali di cui al nuovo articolo 273- bis del CRR.
Modifiche significative sono state inoltre apportate alle disposizioni in materia di grandi esposizioni (articoli 395 e seguenti del CRR). In particolare, è stato ridotto il limite generale del 25 per cento (rispetto al capitale di classe 1) al 15 per cento applicabile alle esposizioni di un G-SII verso un altro G-SII. La possibilità di utilizzare le tecniche di tecniche di attenuazione del rischio ( customer relationship management - CRM) è consentita solo le stesse se sono già utilizzate per il calcolo del requisito di capitale per il rischio creditizio (nuovo paragrafo 1 dell'articolo 399 del CRR.
È stata rivista la disciplina della deducibilità dai fondi propri dalle attività immateriali relativamente ai costi per software: l'articolo 36 del CRR non prevede più la deduzione della totalità delle attività immateriali ma delle "attività immateriali ad eccezione delle attività sotto forma di software valutate prudentemente sul cui valore la risoluzione, l'insolvenza o la liquidazione dell'ente non ha effetti negativi" (punto 18, articolo 1 del regolamento UE 876/2019.
È stata modificata la disciplina sull'informativa al pubblico (punto 119 del regolamento UE 876/2019, articoli da 431 a 455 del CRR), in particolare con l'inclusione delle informazioni riguardanti nuovi adempimenti relativi a passività eleggibili, NSFR e leva finanziaria.
Viene prevista una ponderazione di favore (35 per cento) per esposizioni derivanti da prestiti a pensionati e dipendenti a tempo indeterminato in presenza di una serie di condizioni (punto 59, articolo 1 del regolamento UE 876/2019 che modifica l'articolo 123 del CRR). In particolare, alle esposizioni dovute a prestiti concessi da un ente creditizio a pensionati o lavoratori dipendenti con un contratto a tempo indeterminato a fronte del trasferimento incondizionato all'ente creditizio di parte della pensione o della retribuzione del debitore è attribuito un fattore di ponderazione del rischio del 35 per cento, purché siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni: durata massima di 10 anni, il prestito non supera il 20 per cento della remunerazione, è in essere una polizza assicurativa in caso di decesso e il rimborso deve avvenire tramite deduzione dalla pensione o dalla remunerazione.
La CRD enfatizza la circostanza che i requisiti di capitale aggiuntivi definiti nell'ambito del processo di controllo prudenziale effettuato dalle autorità competenti (cosiddetto "secondo pilastro") devono essere motivati esclusivamente dalle specificità della singola banca e non possono essere motivate da scopi macro-prudenziali (considerando 13 e 14 e punto 33, articolo 1 della direttiva UE 878/2019, nuovo articolo 104- bis della CRD). Nei "considerando" viene riconosciuto che il requisito di fondi propri aggiuntivi imposto dalle autorità competenti costituisce un fattore importante per determinare il livello complessivo dei fondi propri di un ente ed è pertinente per i partecipanti al mercato, poiché il livello del requisito di fondi propri aggiuntivi imposto incide sulla soglia di attivazione dei limiti applicati ai pagamenti di interessi, ai bonus e ai pagamenti a titolo degli strumenti aggiuntivi di classe 1. Da tale considerazione deriva l'opportunità di definire chiaramente le condizioni cui è subordinata l'imposizione del requisito di fondi propri aggiuntivi per garantire un'applicazione uniforme delle norme in tutti gli Stati membri e assicurare il buon funzionamento del mercato interno. Il requisito di fondi propri aggiuntivi imposto dalle autorità competenti dovrebbe essere stabilito in funzione della situazione specifica dell'ente ed essere debitamente giustificato. I requisiti di fondi propri aggiuntivi possono essere imposti per far fronte a rischi o elementi di rischio esplicitamente esclusi o non esplicitamente coperti dai requisiti di fondi propri di cui al CRR solo nella misura in cui ciò sia ritenuto necessario alla luce della situazione specifica dell'ente.
Allo stesso tempo, vengono introdotte norme che stabiliscono specifici poteri a disposizione delle autorità di vigilanza rispetto alla possibilità di imporre requisiti di capitale aggiuntivi determinati caso per caso (nuovo articolo 104- bis della CRD). La possibilità di imporre requisiti aggiuntivi viene inserita in un processo di interlocuzione con l'autorità competente in cui la stessa comunichi agli enti i propri orientamenti sui fondi propri aggiuntivi (nuovo articolo 104- ter della CRD), e sia in grado di motivare chiaramente le proprie decisioni relative ai requisiti aggiuntivi (nuovo articolo 104- bis, paragrafo 5, della CRD).  
Con l'obiettivo di facilitare i prestiti alle piccole e medie imprese (PMI), è stato rivisto l'articolo 501 del CRR (punto 133 dell'articolo 1 del regolamento UE 876/2019), per estendere il cosiddetto " supporting factor" (requisito patrimoniale moltiplicato per 0,7619 per i prestiti non in stato di default fino a 1,5 milioni di euro). Nella nuova versione si applica una riduzione del 15 per cento del requisito per la parte eccedente i 2,5 milioni di euro, con l'applicazione del supporting factor fino a tale soglia.
Al fine di facilitare i prestiti ai progetti infrastrutturali mediante una ponderazione delle relative esposizioni pari al 75 per cento, nel rispetto di una serie di condizioni,  viene inserito l'articolo 501- bis del CRR relativo alle rettifiche ai requisiti di fondi propri per il rischio di credito per le esposizioni verso soggetti che gestiscono o finanziano strutture fisiche o impianti, sistemi e reti che forniscono o sostengono servizi pubblici essenziali (punto 134 dell'articolo 1 del regolamento UE 876/2019).
Con l'obiettivo di contenere gli impatti sulle perdite stimate in caso di fallimento del debitore ( Loss Given Default - LGD) in conseguenza dell'applicazione dei modelli interni per il calcolo del requisito sul rischio di credito a seguito delle vendite su vasta scala di crediti, è stato integralmente sostituito l'articolo 500 del CRR (punto 134 dell'articolo 1 del regolamento UE 876/2019). In particolare, viene previsto che in deroga all'articolo 181, paragrafo 1, lettera a) del CRR, che prevede la stima delle LGD per classe di debitore sulla base della LGD effettiva media osservata su tutti i default, un ente possa correggere le proprie stime delle LGD compensando in parte o del tutto l'effetto delle vendite su larga scala di esposizioni in stato di default sulle LGD effettive fino alla differenza tra la media delle LGD stimate per le esposizioni comparabili in stato di default che non sono state liquidate in via definitiva e la media delle LGD effettive, anche sulla base delle perdite effettive dovute a vendite su larga scala, se sono soddisfatte alcune condizioni riguardanti l'informativa all'Autorità di vigilanza, la data di effettuazione delle vendite e l'importo cumulativo delle vendite su larga scala.
Il nuovo articolo 21- bis della CRD prevede una nuova disciplina per le società di partecipazione finanziaria ( Financial Holding Companies) e per società di partecipazione finanziaria mista ( Mixed Financial Holding Companies) per effetto della quale, là dove tali società risultino al vertice di gruppi soggetti a vigilanza prudenziale su base consolidata debbano essere autorizzate ad assumere il ruolo di capogruppo. L'autorizzazione è richiesta per le società che siano il vertice del gruppo europeo (" parent UE") o della componente nazionale di un gruppo (" parent in a Member State"). Le società di partecipazione finanziaria sono sottoposte a vigilanza in quanto responsabili del rispetto dei requisiti prudenziali su base consolidata del gruppo e referenti dell'autorità di vigilanza per l'esercizio della vigilanza su base consolidata mentre non sono assoggettate a requisiti prudenziali su base individuale. L'autorizzazione è rilasciata dall'autorità competente per la vigilanza su base consolidata, congiuntamente con l'autorità dello Stato membro in cui ha sede la società, se diversa (in tal caso, anche eventuali interventi di vigilanza sono effettuati congiuntamente). Viene inserita inoltre una nuova disciplina della " Intermediate Holding Company" (punto 9, articolo 1 della direttiva UE 878/2019, che inserisce l'articolo 21- ter nella CRD, rubricato "Impresa madre nell'UE intermedia"). In particolare, due o più enti nell'Unione appartenenti allo stesso gruppo di un Paese terzo, con un valore totale delle attività che supera i 40 miliardi di euro, sono tenuti ad avere un'unica impresa madre nell'UE intermedia, stabilita nell'Unione. Tale impresa è un ente creditizio autorizzato ai sensi dell'articolo 8 della CRD o una società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista a cui è stata concessa l'approvazione ai sensi dell'articolo 21- bis della CRD.
Viene inserita la nuova nozione di " filiazione significativa" (nuovo punto 135 dell'articolo 4 del CRR, introdotto dal punto 1 del regolamento UE 876/2016). L'impresa "figlia" è sostanzialmente un'impresa soggetta a controllo di diritto o di fatto da parte di un'impresa madre. La filiazione significativa è una filiazione che soddisfa una o più delle seguenti condizioni su base individuale o consolidata: detiene più del 5 per cento delle attività consolidate ponderate per il rischio della sua impresa madre apicale; genera più del 5 per cento del reddito operativo totale della sua impresa madre apicale; la misura dell'esposizione complessiva della filiazione è superiore al 5 per cento della misura dell'esposizione complessiva consolidata della sua impresa madre apicale.
Viene inoltre introdotta la nozione di " Ente piccolo e non complesso" (nuovo punto 145 dell'articolo 4 del CRR), caratterizzato da un valore totale delle attività in media pari o inferiore alla soglia di 5 miliardi di euro nel quadriennio immediatamente precedente; non soggetto ad alcun obbligo (o soggetto a obblighi semplificati) in relazione ai piani di risoluzione e di risanamento; con un portafoglio di negoziazione di piccole dimensioni a norma dell'articolo 94 del CRR; con un valore totale delle posizioni in derivati non superiore al 2 per cento del totale delle attività in bilancio e fuori bilancio e un valore totale dell'insieme delle sue posizioni in derivati non superiore al 5 per cento e operante prevalentemente nello Spazio economico europeo. L'ente non deve, inoltre, utilizzare modelli interni per soddisfare i requisiti prudenziali e non aver sollevato obiezioni contro la classificazione come "ente piccolo e non complesso" presso l'autorità competente. Si segnala che la soglia dei 5 miliardi è superiore a quella attualmente prevista (3,5 miliardi) nella Circolare Banca d'Italia n. 285/2013 per definire la classe dimensionale delle "banche di minori dimensioni o complessità operativa".
Con riferimento al raccordo fra la disciplina dei requisiti prudenziali e la disciplina di risanamento e risoluzione delle crisi bancarie, viene introdotto nel CRR l'obbligo per le banche identificate come soggette a risoluzione e che sono G-SIIs o fanno parte di un G-SIIs (o sono controllate significative di G-SIIs non UE), di detenere livelli minimi di capitale e di altri strumenti (passività ammissibili) idonei a sostenere le perdite nella risoluzione delle crisi, conformemente allo standard internazionale della capacità totale di assorbimento delle perdite ( Total Loss Absorbing Capacity - TLAC). Il nuovo requisito prevede un rapporto basato sul rischio delle attività ( Risk Weighted Assets - RWA) e un rapporto non basato sul rischio (stesso denominatore del coefficiente di leva finanziaria) rispetto alla somma dei fondi propri e delle passività ammissibili. La logica sottesa al rapporto con il totale delle passività, che esclude quindi la calibrazione del requisito in base alla rischiosità dell'attivo, è quella che informa la determinazione del requisito minimo di passività ammissibili ( Minimum Requirement of Eligible Liabilities - MREL).
Il considerando 15 del regolamento UE 876/2019 ricorda che il 9 novembre 2015 il Consiglio per la stabilità finanziaria (FSB) ha pubblicato le modalità di funzionamento della capacità totale di assorbimento delle perdite (disciplina TLAC), che sono state approvate dal G-20 in occasione del vertice del novembre 2015 in Turchia. La disciplina TLAC, di cui il considerando auspica l'attuazione nel diritto dell'Unione europea, prevede che le banche a rilevanza globale detengano un numero sufficiente di passività con un'elevata capacità di assorbimento delle perdite (sottoponibili a opzioni di bail-in, salvataggio interno attraverso la svalutazione o conversione in capitale dei relativi strumenti), al fine di garantire che, in caso di risoluzione, l'assorbimento delle perdite e la ricapitalizzazione siano adeguati e rapidi. Il successivo considerando 16 specifica che l'applicazione della norma TLAC nel diritto dell'Unione deve tenere conto del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (MREL), di cui alla direttiva BRRD. Poiché la norma TLAC e il MREL perseguono lo stesso obiettivo di assicurare che gli enti dispongano di una sufficiente capacità di assorbimento delle perdite, i due requisiti dovrebbero essere elementi complementari di un quadro comune. A livello operativo, il livello minimo armonizzato della norma TLAC dovrebbe essere inserito nel CRR attraverso un nuovo requisito di fondi propri e passività ammissibili.
Di conseguenza, è stata inserita la nozione e la relativa disciplina delle " passività ammissibili" nel CRR, (articoli 72- bis e seguenti) e sono stati definiti nuovi limiti regolamentari per i G-SII (nuovo articolo 92- bis del CRR, rubricato "Requisiti di fondi propri e passività ammissibili per i G-SII").
La disciplina prevede:
  • un coefficiente pari al 18 per cento dei RWA per l'aggregato fondi propri e passività ammissibili (con una norma transitoria che riduce il livello al 16 per cento fino al 31 dicembre 2021 in base al nuovo articolo 494 del CRR). Viene dunque identificato un requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (MREL) parametrato non più al totale delle passività, bensì alle attività ponderate per il rischio (secondo la logica della norma TLAC);
  • un limite all'esposizione complessiva di cui all'articolo 429, paragrafo 4 del CRR (relativa al coefficiente di leva finanziaria, dove, in sostanza le attività vengono sommate, pur con alcuni aggiustamenti, senza essere ponderate per il rischio) del 6,75 per cento parametrato alla somma di fondi propri e passività ammissibili (con l'articolo 494 del CRR che anche in questo caso riduce il livello al 6 per cento fino al 31 dicembre 2021);
  • un nuovo limite regolamentare del 90 per cento dei due suddetti requisiti per filiazioni significative (non soggette a risoluzione) di G-SIIs non EU (nuovo articolo 92-ter, paragrafo 1 del CRR)
  • un nuovo requisito di finanziamento stabile (nuovo articolo 413 del CRR) in virtù del quale gli enti assicurano che le attività a lungo termine e gli elementi fuori bilancio siano adeguatamente "coperti" con una serie di strumenti di finanziamento (funding) stabile sia in condizioni normali che in condizioni di stress (punto 108 articolo 1 del regolamento 876/2019). Il requisito di finanziamento stabile prevede che il i fondi a disposizione siano pari al 100 per cento dei fondi richiesti, calcolati secondo quanto indicato nel CRR;
  • nuovi requisiti di liquidità (nuovo articolo 414 del CRR) per cui un ente che non soddisfa o prevede di non soddisfare i requisiti in materia di copertura della liquidità (articolo 412) o di finanziamento stabile (articolo 413), anche in periodi di stress, ne dà immediata comunicazione alle autorità competenti e inoltra alle stesse senza indugio un piano per il tempestivo ripristino della conformità ai suddetti requisiti.

Articolo 1 - Modifiche al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385

L'articolo 1, comma 1 dello schema apporta modifiche alle definizioni contenute nell'articolo 1 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB), allo scopo di adeguarle a quelle indicate nella direttiva. Viene inoltre aggiornata la terminologia rispetto al quadro normativo europeo (ad esempio sostituendo le parole "comunitario" e "della Comunità Europea" con "dell'Unione europea).

 

Il comma 2 dell'articolo 1, oltre a operare il medesimo aggiornamento terminologico con riferimento all'articolo 7 del TUB (Segreto d'ufficio e collaborazione tra autorità), include (commi 5 e 6) l'Unità di informazione finanziaria (UIF) e le autorità antiriciclaggio degli altri Stati europei fra i soggetti con i quali la Banca d'Italia collabora per agevolare le rispettive funzioni.

 

Il comma 3 modifica l'articolo 14 del TUB, che regola l'autorizzazione all'attività bancaria, specificando ai fini del rilascio dell'autorizzazione deve essere presentata l'indicazione, se del caso, della capogruppo, delle società di partecipazione finanziaria e delle società di partecipazione finanziaria mista appartenenti al gruppo, nonché la descrizione dei dispositivi, dei processi e dei meccanismi relativi al governo societario, all'organizzazione amministrativa e contabile, ai controlli interni e ai sistemi di incentivazione e remunerazione.

 

I commi da 4 a 7 modificano gli articoli 19, 20 e 22 del TUB e introducono nel medesimo il nuovo articolo 22-bis, innovando la disciplina relativa agli assetti societari delle banche.

La disciplina europea per l'acquisto di una partecipazione superiore al 10, 20, 30 e 50 per cento del capitale o dei diritti di voto di una banca, ovvero di qualunque partecipazione che consenta di esercitarvi un'influenza notevole o il controllo, è contenuta nella CRD ed è ulteriormente dettagliata in specifici orientamenti congiunti delle autorità di vigilanza europee. In particolare, è previsto che l'acquisizione di una delle quote di partecipazione summenzionate, definita "partecipazione qualificata", avvenuta direttamente o indirettamente, individualmente o di concerto sia soggetta ad autorizzazione preventiva dell'autorità di vigilanza (la Banca d'Italia o, per le banche "significative", la BCE), che deve valutare il rispetto di un insieme di criteri (tra cui la reputazione del potenziale acquirente e solidità finanziaria del progetto di acquisizione). Tali previsioni sono recepite dall'articolo 19, comma 1, del TUB, come modificato dall'articolo 1, comma 4, lettera a) dello schema in esame.

La normativa italiana viene modificata, in attuazione del criterio di delega recato dall'articolo 10, lettera g) della legge di delegazione europea 2019-2020 con lo scopo principale di assicurarne la conformità agli orientamenti delle Autorità di vigilanza europee in materia e, in particolare, alle previsioni riguardanti l'individuazione delle partecipazioni rilevanti acquisite in via indiretta e tramite patti parasociali (vedi infra). Si tratta in particolare degli orientamenti comuni per la valutazione prudenziale di acquisizioni e incrementi di partecipazioni qualificate nel settore finanziario.

La disciplina dell'autorizzazione all'acquisto di partecipazioni viene modificata, tenendo conto, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa del Governo, "delle prassi della BCE e di altri Paesi che fanno parte del meccanismo di vigilanza unico, limitando la verifica reputazionale sul potenziale acquirente ai soggetti che, ad esito dell'acquisizione, assumeranno il ruolo di componenti dell'organo di amministrazione e direzione, con esclusione dei componenti dell'organo di controllo (collegio sindacale). La verifica inoltre, rispetto al testo vigente, viene limitata anche nel profilo oggettivo, identificando quali parametri di idoneità l'onorabilità, la correttezza, la professionalità e la competenza, con esclusione quindi di indipendenza, adeguata composizione collettiva, tempo dedicato e limiti al cumulo degli incarichi. Come specificato nella relazione del Governo, la valutazione completa (articolo 26 del TUB) deve essere comunque effettuata nel momento della nomina effettiva degli esponenti nell'ambito della procedura di idoneità e adeguatezza.

Il comma 4, lettera c) modifica l'articolo 19, comma 9, del TUB includendo fra le deleghe regolamentari della Banca d'Italia le modalità di applicazione del criterio del moltiplicatore (vedi infra) e della disciplina degli acquisti involontari.

Il comma 5 dell'articolo 1 introduce nell'articolo 20 del TUB (Obblighi di comunicazione) un onere informativo nei confronti della Banca d'Italia a carico dei soggetti autorizzati all'acquisto di partecipazioni riferito ad atti e fatti idonei a far venire meno o modificare i presupposti e le condizioni sulla base delle quali l'autorizzazione è stata rilasciata.

I commi 6 e 7 dell'articolo 1 sostituiscono la disciplina delle partecipazioni indirette e degli acquisti di concerto recata dall'articolo 22 del TUB, introducendo una nuova formulazione dell'articolo 22, relativo alle sole partecipazioni indirette, e un nuovo articolo 22-bis relativo ai casi in cui più soggetti agiscano di concerto ai fini dell'acquisizione di una banca.

La nuova formulazione dell'articolo 22 introduce il cosiddetto "criterio del moltiplicatore" per l'identificazione dei soggetti che intendono acquisire indirettamente una partecipazione qualificata per il tramite di una catena partecipativa, da utilizzare insieme al "criterio del controllo" (già previsto dal TUB. Il Testo unico vigente già prevede un obbligo di autorizzazione preventiva per chi controlla il potenziale acquirente di una partecipazione qualificata in un intermediario e, tuttavia, questo stesso obbligo non si applica al soggetto che, pur non controllando il potenziale acquirente, ne possiede una quota tale da conferirgli indirettamente una partecipazione qualificata nella banca oggetto dell'operazione. Le proposte di modifica del TUB si pongono in coerenza con gli orientamenti delle autorità di vigilanza europee e sono volte ad estendere gli obblighi di preventiva autorizzazione ai soggetti che intendono acquisire o arrivano a detenere indirettamente una partecipazione qualificata in un intermediario per il tramite di società non controllate, tenendo conto della "demoltiplicazione" delle partecipazioni detenute lungo la catena partecipativa sino all'intermediario stesso.

Nella relazione illustrativa del Governo viene rappresentato un esempio utile per chiarire il criterio del moltiplicatore e la fattispecie che si intende includere nell'ambito dell'autorizzazione preventiva. Si pensi a un soggetto A che intenda acquistare una partecipazione del 30 per cento del capitale del soggetto B, che a sua volta ha una partecipazione diretta del 40 per cento nella banca C. La legislazione vigente includerebbe l'acquisizione nell'ambito dell'autorizzazione preventiva esclusivamente se l'acquisto del 30 per cento determinasse il controllo della società. Ai sensi della novella in esame, invece, qualunque sia la natura della partecipazione, l'acquisto dovrà essere autorizzato poiché, per il tramite della catena partecipativa, il soggetto A arriverà a detenere il 30 per cento del 40 per cento, ovvero il 12 per cento del capitale della banca C, superando così una soglia rilevante a fini assetti proprietari.

Il comma 7 introduce nel TUB il nuovo articolo 22-bis che completa la disciplina degli obblighi di preventiva autorizzazione riferiti ai casi in cui un socio arrivi a detenere una partecipazione qualificata in assenza di un'operazione di acquisto. In particolare, viene sottoposta ad autorizzazione la situazione nella quale un patto parasociale stipulato tra soci esistenti porti le persone che agiscono di concerto, in conseguenza del citato patto, a detenere complessivamente una partecipazione qualificata nell'intermediario, senza che, al momento della sottoscrizione del patto, vi siano stati acquisti nel capitale di quest'ultimo da parte degli aderenti al patto stesso. Le altre situazioni in cui un socio, al di fuori delle ipotesi di azione di concerto con altri soci, può arrivare a detenere una partecipazione qualificata nell'intermediario senza aver compiuto alcun acquisto esistenti sono oggetto state incluse nella nuova formulazione dell'articolo 19, comma 1, lettera d) del TUB (vedi supra).

I commi 8 e 9 recano modifiche di coordinamento, mentre il comma 10 estende il perimetro dell'articolo 51, comma 1-quinquies del TUF in materia di vigilanza informativa, prevedendo che la Banca d'Italia possa chiedere informazioni a tutti i soggetti esterni ai quali le banche abbiano delegato in generale funzioni aziendali (mentre il testo vigente limita il potere informativo alle esternalizzazioni di funzioni aziendali essenziali o importanti).

 

Il comma 11 modifica l'articolo 52 del TUB riconoscendo alla Banca d'Italia il potere di richiedere la sostituzione il soggetto incaricato della revisione legale dei conti di una banca. La direttiva (UE) 2019/878 ha modificato l'articolo 63 della CRD, introducendo tale potere in caso di violazione dell'obbligo per i revisori di segnalare tempestivamente all'autorità competente atti o fatti, rilevati nello svolgimento dell'incarico, che possono costituire una grave violazione delle norme sull'attività bancaria, pregiudicare la continuità aziendale o comportare il rifiuto della certificazione dei bilanci o un giudizio negativo. Questa previsione si applica anche agli altri intermediari disciplinati dal TUB. L'articolo 52 del TUB viene inoltre modificato con l'introduzione del comma 2-ter che prevede l'obbligo per i revisori contabili di fornire alla Banca d'Italia, su richiesta di quest'ultima, ogni notizia, informazione o dato riguardanti la banca sottoposta a revisione legale dei conti. La previsione, già contenuta nell'ultimo periodo del comma 2 del medesimo articolo (che viene eliminato), è ora inserita in una disposizione autonoma e chiarisce che l'ambito dello scambio di informazioni tra revisori e autorità di vigilanza non è limitato a specifiche situazioni ma può riguardare ogni informazione potenzialmente rilevante per la vigilanza sugli intermediari.

 

L'articolo 1, comma 13 dello schema in esame modifica l'articolo 53-bis del TUB introducendo l'esplicita previsione del potere della Banca d'Italia di imporre un requisito di fondi propri aggiuntivo a copertura dei rischi che nell'ambito dell'attività di vigilanza non risultino adeguatamente coperti dai requisiti previsti dalla normativa (Primo Pilastro), anche con riferimento al coefficiente di leva finanziaria.

 

I successivi commi, dal 14 al 66, oltre a recare diverse modifiche di coordinamento volte ad aggiornare la terminologia del TUB (sostituendo "comunitario" con "dell'Unione europea"; "extracomunitario" con "di Paesi terzi"), riforma le disposizioni sui gruppi bancari per recepire la nuova disciplina delle società di partecipazione finanziaria (Financial Holding Companies), delle società di partecipazione finanziaria mista (Mixed Financial Holding Companies) e delle imprese madre Ue intermedie (Intermediate Holding Company).

Le società di partecipazione finanziaria e le società di partecipazione finanziaria mista, introdotte dal nuovo articolo 21-bis del CRD (vedi supra), sono società al vertice di gruppi soggetti a vigilanza prudenziale su base consolidata, per le quali viene prevista una autorizzazione ad assumere il ruolo di capogruppo. L'autorizzazione è richiesta qualora tali società siano al vertice di un gruppo europeo ("parent UE") o della componente nazionale di un gruppo ("parent in a Member State") ed anche quando, pur non essendo al vertice del gruppo, debba rispettare i requisiti di vigilanza su base sub-consolidata in attuazione di specifiche previsioni normative o su richiesta dell'autorità di vigilanza, in quanto sub-holding (una società che controlla alcune società del gruppo e, tuttavia, è a sua volta controllata da un'altra società). Viene previsto inoltre che le società di partecipazione finanziaria e le società di partecipazione finanziaria mista siano sottoposte a vigilanza in quanto responsabili del rispetto dei requisiti prudenziali su base consolidata del gruppo e referenti dell'autorità di vigilanza per l'esercizio della vigilanza su base consolidata pur non essendo assoggettate a requisiti prudenziali su base individuale. L'autorizzazione viene rilasciata dall'autorità competente per la vigilanza su base consolidata, congiuntamente con l'autorità dello Stato membro in cui ha sede la holding, se diversa e, allo stesso modo, anche eventuali interventi di vigilanza sono effettuati congiuntamente.

Nello schema in esame, alle società di partecipazione viene applicata la legge nazionale dello Stato in cui la singola società ha sede. Come specificato dalla relazione illustrativa del Governo, nel caso in cui la società abbia sede in un Paese diverso da quello dell'autorità di vigilanza su base consolidata, quest'ultima dovrà applicare la legge dello Stato dove la società ha la propria sede, con il supporto dell'autorità di quel Paese. La relazione specifica inoltre che il recepimento "ha richiesto modifiche pervasive sulla disciplina del gruppo bancario del Titolo III, Capo II del TUB; infatti, attualmente il gruppo comprende solo le capogruppo (banche o holding di partecipazione) aventi sede legale in Italia, mentre per recepire la nuova disciplina europea è necessario estendere la definizione di capogruppo anche alle società di partecipazione aventi sede legale in un altro Stato membro (nel caso Banca d'Italia sia autorità di vigilanza su base consolidata).

L'articolo 1, comma 17 dello schema in esame propone l'estensione della definizione di capogruppo di un gruppo bancario alle società di partecipazione con sede in un altro Stato membro, che diventano pertanto referenti dirette della Banca d'Italia per il rispetto della normativa prudenziale applicabile su base consolidata. Il successivo comma 18 introduce l'obbligo di preventiva autorizzazione della società di partecipazione finanziaria e delle società di partecipazione finanziaria mista, sia nei casi in cui essa assuma il ruolo di capogruppo di un gruppo bancario italiano e sia soggetta alla vigilanza su base consolidata della Banca d'Italia (nuovo articolo 60-bis del TUB) sia nei casi in cui essa, pur non essendo al vertice di un gruppo italiano, sia la controllante di un "sottogruppo" di banche italiane (o prevalentemente italiane) e tenuta al rispetto della disciplina prudenziale su base sub-consolidata (nuovo articolo 69.1 del TUB, inserito dal comma 28) oppure sia capogruppo di un gruppo soggetto a vigilanza consolidata da parte di autorità di vigilanza di un altro Stato membro (nuovo articolo 69.2 del TUB, inserito anch'esso dal comma 28).

Il comma 19 interviene sull'articolo 61, comma 6 del TUB, stabilendo che la vigilanza su base consolidata nei confronti della società capogruppo con sede in un altro Stato membro dovrà essere esercitata nel rispetto della legge dello Stato in cui essa ha sede. Coerentemente, anche il regime autorizzativo e sanzionatorio saranno basati sulla legge dello Stato membro in cui ha sede la società capogruppo.

Nel caso in cui la vigilanza venga esercitata congiuntamente, anche i relativi provvedimenti (rilascio dell'autorizzazione o riconoscimento dell'esenzione, adozione delle misure di vigilanza specifiche, irrogazione di sanzioni) sono adottati congiuntamente dall'autorità competente per la vigilanza su base consolidata (quella che vigila sulla holding) e, se diversa, dall'autorità dello Stato membro in cui ha sede la società di partecipazione finanziaria, oltre che d'intesa con il coordinatore del conglomerato finanziario (ovvero un gruppo di enti creditizi, imprese di assicurazione e imprese di investimento), se diverso dalle precedenti autorità (nuovo articolo 60-bis, commi 6 e 7; articolo 67-ter, commi 1-bis e 1-ter; articolo 69.1, commi 2 e.3; articolo 69.2, commi 2 e 3).

Per favorire un esercizio efficace dell'attività di vigilanza su base consolidata nei confronti di gruppi operanti in più Stati dell'Unione europea, l'articolo 67-bis, comma 6, e l'articolo 69, commi 1 e 1-bis del TUB prevedono (comma 27 dell'articolo 1) che la Banca d'Italia definisca, sulla base di accordi con le altre autorità competenti, forme di collaborazione e coordinamento, istituisca collegi di supervisori e partecipi ai collegi istituiti da altre autorità. In particolare, in base a tali accordi, la Banca d'Italia potrà concordare specifiche ripartizioni di compiti e deleghe di funzioni per l'esercizio della vigilanza su base consolidata sulle società di partecipazione aventi sede legale in uno Stato diverso dall'Italia e sulle società bancarie, finanziarie e strumentali da esse controllate.

L'articolo 1, comma 28, introduce inoltre nel TUB (nuovo articolo 69.3) la disciplina dell'impresa madre Ue intermedia (Intermediate Holding Company). Il nuovo articolo 21-ter della CRD prevede per i gruppi bancari di Paesi terzi l'obbligo di costituire delle società "intermedie", che rappresentino il vertice e il riferimento per due o più società controllate ("filiazioni") che detengono attivi nell'UE, anche tramite succursali, almeno pari a 40 miliardi di euro. Al ricorrere di queste condizioni, il gruppo di un Paese terzo deve costituire un sotto-gruppo nella UE, con a capo una impresa madre europea intermedia, alla quale si applicano le regole europee su capitale, liquidità, leva finanziaria e gli altri standard prudenziali a livello consolidato.

L'autorità di vigilanza su base consolidata del sotto-gruppo UE del gruppo di Paese terzo (la BCE, nella maggior parte dei casi) può consentire che vi siano due sotto-gruppi nella UE e, quindi, due imprese madri intermedie se: i) la normativa nazionale cui è soggetta la controllante del gruppo di Paese terzo impone un obbligo di separazione dell'attività bancaria da quella di trading (come, ad esempio, la normativa USA); oppure nei casi in cui ii) l'esistenza di due sotto-gruppi UE renda più efficiente la risolvibilità di eventuali crisi delle filiazioni europee del gruppo di Paese terzo.

Per recepire tale impianto, il nuovo articolo 69.3 del TUB prevede l'obbligo per una banca italiana appartenente a un gruppo di Paese terzo, che ha almeno un'altra filiazione nella UE e ha attivi nell'UE pario superiori a 40 miliardi di euro, di far parte di un sotto-gruppo UE con a capo una impresa madre intermedia.

I poteri di intervento e di supervisione già attribuiti alla Banca d'Italia dal TUB saranno esercitabili anche nei confronti delle banche italiane che operino in violazione dell'obbligo per il gruppo di Paese terzo cui appartengono di costituire una impresa madre nell'UE. Questi poteri sono accompagnati nel TUB dalla possibilità per la Banca d'Italia di irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria.

Tenuto conto del significativo contenuto tecnico della disciplina in esame, il TUB delega alla Banca d'Italia l'adozione di disposizioni secondarie volte a definire, tra l'altro, la procedura di autorizzazione ed esenzione delle nuove tipologie di soggetti istituiti; le modalità di presentazione delle istanze; il coordinamento con le altre previsioni applicabili in sede di autorizzazione e le ipotesi di revoca dell'autorizzazione.

Nell'ambito della revisione della disciplina del gruppo bancario lo schema in esame inserisce degli interventi di coordinamento della disciplina nazionale applicabile alle crisi bancarie (Titolo IV del TUB). In particolare, con le proposte di modifica:

  • viene modificata la normativa relativa ai piani di risanamento, al sostegno finanziario infragruppo, alle misure di intervento precoce e amministrazione straordinaria estendendo l'applicazione di queste norme, al momento riferite alle sole capogruppo italiane, anche alle capogruppo aventi sede legale nell'Unione;
  • per tenere conto della nuova nozione di capogruppo inserita nel TUB, sono apportate alcune modifiche alla disciplina sulla liquidazione coatta amministrativa contenuta nel Titolo IV, Capo II; in particolare:
    • viene confermata la possibilità di avviare la procedura di liquidazione coatta amministrativa solamente nei confronti dei soggetti aventi sede legale in Italia (anche quando, pur controllando banche italiane, non rivestano la qualifica di capogruppo); mentre
    • viene esclusa la possibilità di avviarla nei confronti di società che hanno sede in un altro Stato membro, pur essendo capogruppo di un gruppo soggetto a vigilanza consolidata in Italia;
    • viene introdotta la possibilità di avviare la procedura anche nei confronti delle società italiane che controllano un gruppo soggetto a vigilanza consolidata in un altro Stato membro;
  • in considerazione del nuovo regime autorizzativo previsto per le capogruppo sia italiane sia estere, la disciplina in materia di liquidazione volontaria (articolo 99-bis del TUB), attualmente prevista per le sole banche, è resa applicabile anche alle società non bancarie che ricoprono il ruolo di capogruppo.

Infine, il comma 65 dell'articolo 1 inserisce nel TUB la nuova disciplina sanzionatoria che assiste le norme introdotte dallo schema. Viene prevista, in particolare:

  • una sanzione amministrativa pecuniaria nel caso in cui le società di partecipazione finanziaria (anche di natura mista) non chiedano l'autorizzazione o comunque esercitino il ruolo di capogruppo prive della necessaria autorizzazione (articolo 144, comma 1-bis, del TUB);
  • la possibilità per la Banca d'Italia di richiedere l'applicazione di sanzioni per la violazione delle disposizioni di recepimento della CRD per le società di partecipazione finanziaria (anche di natura mista) soggette alla vigilanza consolidata della Banca d'Italia ma con sede in un altro Stato UE, all'autorità competente di tale Stato membro (nuovo articolo 144-octies del TUB); e specularmente
  • l'applicabilità da parte della Banca d'Italia di sanzioni nei confronti di società di partecipazione finanziaria (anche di natura mista) con sede in Italia e soggette alla vigilanza su base consolidata di un'autorità di un altro Stato membro, su richiesta di quest'ultima (nuovo articolo 144-novies del TUB).

Articolo 2 - Modifiche al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58

L'articolo 2 dello schema apporta modifiche al decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico della finanza - TUF), allo scopo di adeguarle a quelle indicate nella direttiva estendendo, ove previsto, le regole dettate per le banche, per la cui esposizione dettagliata si rinvia alle pertinenti parti dell'articolo 1, alle imprese di investimento e ai gestori del risparmio.

 

Il comma 1 modifica l'articolo 8 del TUF con riferimento al potere riconosciuto a Consob e Banca d'Italia, nell'esercizio delle rispettive competenze e sentita l'altra autorità, di rimuovere il soggetto incaricato della revisione legale dei conti in imprese di investimento, società di gestione del risparmio, società di investimento a capitale variabile (Sicav) e fisso (Sicaf), parallelamente a quanto disposto per le banche dall'articolo 52 del TUB.

Il comma 2 inserisce nel TUF il nuovo articolo 11-bis per recepire la disciplina delle imprese madri UE intermedie e renderla applicabile (oltre che alle banche) anche alle imprese di investimento in coordinato con il nuovo articolo 69.3 TUB.

Il comma 3 reca modifiche di coordinamento mentre il comma 4 riforma l'articolo 14 del TUF, recante la disciplina dei titolari di partecipazioni al capitale, per adeguarla alla riforma delle partecipazioni bancarie, in conformità ai criteri di delega. Con il medesimo fine, il comma 5 novella l'articolo 15 del TUF in relazione all'acquisito e alla cessione di partecipazioni in imprese di investimento e società di gestione del risparmio, in linea con il disposto degli articoli 22 e 22-bis del TUB. Il comma 6 dell'articolo 3 completa il quadro normativo di riforma della disciplina sugli assetti proprietari introducendo il nuovo articolo 15-bis nel TUF, che disciplina espressamente gli acquisti di concerto e dettaglia le deleghe regolamentari già previste dall'articolo 15.

Il comma 7 reca modifiche di coordinamento mentre il comma 8 estende il regime sanzionatorio previsto nel TUF anche alla violazione della disciplina delle imprese madri UE intermedie di cui al nuovo articolo 11-bis.


Articolo 3 - Disposizioni transitorie concernenti le modificazioni del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385

L'articolo 3 disciplina l'entrata in vigore delle disposizioni novellate nel TUB.

In particolare, con riferimento alle modifiche effettuate alla disciplina degli assetti proprietari (articoli 20, 22, 22-bis del TUB) nello schema in esame viene inclusa una norma transitoria, volta ad assicurare che le nuove previsioni si applichino solo alle partecipazioni qualificate che saranno acquisite o detenute successivamente all'entrata in vigore delle previsioni del TUB oppure, ove richiesta, della normativa secondaria della Banca d'Italia. Quest'ultima dovrà, tra l'altro, specificare le modalità di calcolo delle partecipazioni nell'ambito del "criterio del moltiplicatore", individuare gli accordi tra soci che configurano un'azione di concerto ai fini della normativa assetti proprietari, chiarire i tempi e i modi di alcune specifiche comunicazioni in materia (commi da 1 a 4).

Nella disciplina transitoria è prevista inoltre una disposizione specifica riguardante l'articolo 25 del TUB (comma 5). Ai sensi dell'articolo 2, comma 8, del decreto che ha recepito la CRD (decreto legislativo n. 72 del 2015) la previgente versione dell'articolo 25 del TUB continuava ad applicarsi fino all'emanazione del decreto ministeriale di attuazione previsto dal decreto legislativo citato. Conseguentemente, in assenza del decreto ministeriale, risulta necessario modificare anche la norma attualmente applicabile in materia di requisiti dei partecipanti, ovvero l'articolo 25 nella versione precedente al recepimento della CRD. La stessa norma transitoria è prevista con riferimento all'articolo 14 del TUF (vedi infra).

Lo schema di decreto prevede infine una disciplina transitoria per la prima applicazione delle nuove previsioni di vigilanza sulle banche relative al gruppo bancario (Titolo III, Capo II. del TUB) continua ad applicarsi la disciplina attuale fino alla dalla data di entrata in vigore della regolamentazione secondaria adottata della Banca d'Italia.


Articolo 4 - Disposizioni transitorie concernenti le modificazioni del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58

L'articolo 4 disciplina l'entrata in vigore delle disposizioni novellate nel TUF.

Il comma 1 traspone nel Testo unico la clausola di esclusione prevista dall'articolo 21-ter, paragrafo 8 della CRD, fissando al 30 dicembre 2023 la data entro la quale banche e SIM devono garantire il rispetto dell'obbligo relativo alla partecipazione a un sotto-gruppo nella UE con a capo una impresa madre intermedia, se il gruppo di Paese terzo cui appartengono raggiungeva la soglia dei 40 miliardi di attivi al 27 giugno 2019.

I successivi commi sono riferiti alle modifiche effettuate alla disciplina degli assetti proprietari e sono volti ad assicurare che le nuove previsioni si applichino solo alle partecipazioni qualificate che saranno acquisite o detenute successivamente all'entrata in vigore delle previsioni del TUF oppure, ove richiesta, della normativa secondaria della Consob (commi da 2 a 4).

Nella disciplina transitoria è prevista inoltre una disposizione specifica riguardante l'articolo 14 del TUF (comma 5), per la quale si rimanda alle considerazioni già esposte a proposito dell'articolo 3, comma 5 dello schema in esame (vedi supra).


Articolo 5 - Clausola di invarianza finanziaria

La norma stabilisce che dall'attuazione delle disposizioni contenute nello schema in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato.


Articolo 6 - Disposizioni finali ed entrata in vigore

La norma stabilisce che il decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e che le relative disposizioni di attuazione sono adottate entro centottanta giorni dalla stessa data.