Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Armonizzazione e semplificazione di determinate norme nel sistema d'imposta sul valore aggiunto di imposizione degli scambi tra Stati membri
Riferimenti: SCH.DEC N.283/XVIII
Serie: Atti del Governo   Numero: 283
Data: 07/09/2021
Organi della Camera: VI Finanze


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Armonizzazione e semplificazione di determinate norme nel sistema d'imposta sul valore aggiunto di imposizione degli scambi tra Stati membri

7 settembre 2021
Atti del Governo


Indice

Il contenuto|La direttiva 2018/1910|La norma di delega|L'articolato|


Il contenuto

Lo schema di decreto in esame intende recepire nell'ordinamento interno la direttiva (UE) 2018/1910/UE che ha modificato la disciplina IVA delle operazioni transfrontaliere, con riguardo al ruolo del numero di identificazione IVA nell'ambito dell'esenzione delle cessioni intracomunitarie, al regime di call-off stock e alle operazioni a catena.

L'atto è adottato in attuazione della delega contenuta nella legge 22 aprile 2021, n. 53 (legge di delegazione europea 2019-2020; articolo 1, comma l e allegato A, n. 4).

In sintesi – vedi infra per dettagli - l'accordo di call off stock ricorre quando il venditore soggetto passivo trasferisce uno stock di beni presso un deposito situato in un altro Stato membro, a disposizione di un acquirente conosciuto, e tale acquirente diventa il proprietario dei beni all'atto della loro estrazione dal deposito. L'accordo prevede una condizione sospensiva, e cioè rinvia il trasferimento della proprietà al momento del prelievo o allo scadere del termine concordato tra le parti per la restituzione.
Le cessioni a catena sono cessioni successive di beni oggetto di un unico trasporto intracomunitario; le norme UE intendono imputare la circolazione intracomunitaria dei beni a una sola delle cessioni.

 

L'articolo 1 modifica in più punti il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331. Viene inserito un nuovo articolo 38-ter, che disciplina gli acquisti di beni effettuati nel territorio dello Stato secondo il regime semplificato e armonizzato del cosiddetto call off stock.

Viene poi modificato l'articolo 41 del richiamato decreto-legge, al fine di chiarire che requisito sostanziale della cessione intracomunitaria non imponibile è la comunicazione al cedente, da parte del cessionario, del numero di identificazione IVA assegnatogli da un altro Stato Membro e la compilazione, da parte del cedente, dell'elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie.

È introdotto un nuovo articolo 41-bis al predetto decreto-legge, col quale vengono disciplinate le cessioni intracomunitarie in regime di call-off stock, e sono in particolare chiarite le condizioni in base alle quali il cedente che trasferisce i beni della sua impresa dallo Stato ad un altro Stato membro per venderli in tale Stato, successivamente al loro arrivo, ad un soggetto passivo già individuato nel contratto, effettua una cessione intracomunitaria.

Il nuovo articolo 41-ter, per evitare che l'applicazione di criteri diversi tra gli Stati-membri possa determinare una doppia imposizione o la non imposizione delle operazioni, individua la cessione, tra quelle della cd. catena, che deve considerarsi come cessione intracomunitaria non imponibile.

Viene infine modificato l'articolo 50 del suddetto decreto legge n. 331 del 1993, che disciplina gli obblighi connessi agli scambi intracomunitari.

L'articolo 2 dello schema reca la clausola di invarianza finanziaria, mentre l'articolo 3 dispone che lo schema entri in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.


La direttiva 2018/1910

La direttiva (UE) 2018/1910/UE introduce, a decorrere dal 1° gennaio 2020, modifiche alla disciplina IVA delle operazioni transfrontaliere, con riguardo al ruolo del numero di identificazione IVA nell'ambito dell'esenzione delle cessioni intracomunitarie, al regime di call-off stock e alle operazioni a catena.

 

Si ricorda al riguardo che è stata avviata nei confronti dell'Italia la procedura di infrazione 2020/0070, allo stadio di messa in mora ex articolo 258 TFUE. La direttiva 2018/1910 avrebbe infatti dovuto essere recepita nell'ordinamento nazionale entro il 31 dicembre 2019 (articolo 2 della direttiva stessa). La procedura di infrazione richiama l'attenzione del Governo sulla circostanza che il termine di recepimento è scaduto senza che siano state comunicate alla Commissione le misure per il recepimento completo.
La direttiva in esame si colloca nel solco delle azioni di riforma dell'IVA varate dalla Commissione europea nel 2016 con la presentazione di un Piano di azione sull'IVA, che dovrebbe condurre alla creazione di uno spazio unico europeo dell'imposta, alla luce della necessità di semplificare e rendere più efficiente il sistema e contrastare le frodi.
Dando seguito al suddetto Piano d'azione, la Commissione europea ha presentato diverse proposte legislative in materia di IVA - alcune delle quali sono state già approvate - che, nel complesso, mirano a modernizzare il sistema dell'IVA per adeguarlo all'economia digitale e alle esigenze delle PMI, nonché per far fronte al divario dell'IVA e migliorare la cooperazione amministrativa nel settore dell'imposta sul valore aggiunto.
Il principale obiettivo strategico nel settore dell'IVA è quello di passare dall'attuale regime transitorio per l'imposizione degli scambi tra Stati membri a un regime definitivo che si baserà sul principio dell'imposizione nello Stato membro di destinazione, al fine di creare uno spazio unico europeo dell'IVA. Sul futuro regime definitivo sono tuttora in corso i negoziati tra gli Stati membri, così come lo sono sulla riforma delle aliquote IVA e la concessione di maggiore flessibilità agli Stati membri nel definirle.
Per approfondimenti, si veda la pagina web del sito istituzionale della Commissione europea dedicata specificamente al Piano d'azione sull'IVA e alle misure ad esso correlate .
 
Infine, nel luglio 2020, la Commissione europea ha presentato un " Piano d'azione per una fiscalità equa e semplice a sostegno della strategia di ripresa" mediante il quale ha annunciato ulteriori iniziative in materia di IVA volte, in particolare, ad adeguare la normativa IVA all'era digitale e ad allineare meglio la politica IVA agli obiettivi ambientali e sanitari.

 

Si ricorda inoltre che il regolamento di esecuzione (UE) n. 2018/1912 del Consiglio, del 4 dicembre 2018, modificando il regolamento (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, definisce criteri comuni per la prova documentale del trasporto necessaria per la non imponibilità delle cessioni intracomunitarie e individua i dati che il cedente e il cessionario dei beni in regime di call-off stock devono annotare nell'apposito registro.

Il regolamento (UE) n. 2018/1909 del Consiglio, del 4 dicembre 2018 ha modificato modifica il regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio, del 7 ottobre 2010, per quanto concerne lo scambio di informazioni ai fini del monitoraggio della corretta applicazione del regime di call-off stock.

Tali regolamenti sono immediatamente applicabili in tutti gli Stati membri.

Regime di call-off stock
Si tratta di uno schema negoziale diffuso negli scambi transnazionali di beni, che condivide alcuni elementi con il contratto estimatorio (di cui all' art. 1556 c.c.): il cedente invia beni mobili presso un deposito di proprietà o in uso al cessionario; i beni stoccati, nonostante la consegna, restano di proprietà del cedente fino a quando il cessionario li preleva dal deposito per proprie esigenze produttive o commerciali.
Più in dettaglio, l'accordo di call-off stock ricorre quando il venditore trasferisce uno stock di beni presso un deposito situato in un altro Stato membro, a disposizione di un acquirente conosciuto, e tale acquirente diventa il proprietario dei beni all'atto della loro estrazione dal deposito. In ogni caso l'accordo prevede una condizione sospensiva, e cioè rinvia il trasferimento della proprietà al momento del prelievo o allo scadere del termine concordato tra le parti per la restituzione.

 

La direttiva disciplina compiutamente il regime IVA in materia di call-off stock o consignment stock, con lo scopo di semplificare e di uniformare il trattamento di tali operazioni nell'ambito UE.

Il considerando n. 5 riferisce che, nel regime previgente, tale situazione dava luogo a una cessione presunta (nello Stato membro di partenza dei beni) e a un acquisto intracomunitario presunto (nello Stato membro di arrivo dei beni), seguiti da una cessione "interna" nello Stato membro di arrivo, per la quale il cedente deve essere identificato ai fini dell'IVA in tale Stato membro.

Per evitare che ciò accada la direttiva dispone che tali operazioni, quando hanno luogo tra due soggetti passivi, sono considerate - a determinate condizioni - una cessione esente nello Stato membro di partenza e un acquisto intracomunitario nello Stato membro di arrivo.

 

A tal fine, con riferimento alla call-off stock, viene inserito un nuovo articolo 17-bis nella direttiva sul sistema comune dell'IVA (direttiva 2006/112/UE) col quale si chiarisce che non è assimilato a una cessione di beni effettuata a titolo oneroso il trasferimento, da parte di un soggetto passivo, di un bene della sua impresa a destinazione di un altro Stato membro in regime di call-off stock. Sono dunque enumerate le condizioni specifiche alle quali si ritiene esistente un regime di call-off stock (articolo 17-bis, par. 2).

Ove soddisfatte le condizioni richieste dalle norme, al momento del trasferimento del diritto di disporre dei beni come proprietario al soggetto passivo destinatario della cessione di beni (di cui al paragrafo 2, lettera c)), purché il trasferimento abbia luogo entro uno specifico termine (12 mesi dall'arrivo dei beni nello Stato membro verso il quale sono stati spediti o trasportati), si applicano le seguenti norme:

  • si considera effettuata una cessione intracomunitaria di beni esente (in conformità all'articolo 138, paragrafo 1 della direttiva IVA, modificato dalle norme in parola) da parte del soggetto passivo che ha spedito o trasportato i beni esso stesso, o tramite un terzo che ha agito per suo conto, verso lo Stato membro a partire dal quale i beni sono stati spediti o trasportati;
  • si considera effettuato un acquisto intracomunitario di beni dal soggetto passivo a cui tali beni sono ceduti nello Stato membro verso cui i beni sono stati spediti o trasportati.

In sostanza le norme qualificano l'invio di beni in call off stock una cessione e un acquisto intracomunitari effettivi, che si perfezionano al momento del trasferimento del diritto di disporre dei beni come proprietario in favore del soggetto destinatario dei beni e purché il trasferimento abbia luogo entro il termine di 12 mesi dall'arrivo dei beni.

Con le modifiche all'articolo 243 della direttiva IVA si impone al soggetto passivo che trasferisce beni nell'ambito del regime di call-off stock di tenere un apposito registro che consente alle autorità fiscali di verificare la corretta applicazione di tale articolo. Analoga prescrizione è imposta al soggetto passivo destinatario.

Operazioni a catena

Con riferimento alle cd. operazioni a catena, i considerando della direttiva chiariscono che si tratta di cessioni successive di beni oggetto di un unico trasporto intracomunitario.

Le norme UE intendono imputare la circolazione intracomunitaria dei beni a una sola delle cessioni.

In virtù del nuovo articolo 36-bis della direttiva IVA, solo detta cessione è destinata a beneficiare dell'esenzione d'imposta prevista per le cessioni intracomunitarie.

I considerando chiariscono che le altre cessioni nella catena dovrebbero essere soggette a imposizione e potrebbero necessitare dell'identificazione IVA del cedente nello Stato membro di cessione. Al fine di evitare approcci diversi tra gli Stati membri, che possono avere come conseguenza la doppia imposizione o la non imposizione, e al fine di accrescere la certezza del diritto per gli operatori, si ritiene opportuno stabilire una regola comune secondo cui, purché siano soddisfatte determinate condizioni, il trasporto dei beni sia imputato a una sola cessione all'interno della catena di operazioni.

Ai sensi del nuovo articolo 36-bis della Direttiva IVA, qualora lo stesso bene sia successivamente ceduto e sia spedito o trasportato da uno Stato membro a un altro direttamente dal primo cedente all'ultimo acquirente nella catena, la spedizione o il trasporto sono imputati unicamente alla cessione effettuata nei confronti dell'operatore intermedio.

Tale disposizione non vale se la spedizione o il trasporto sono imputati unicamente alla cessione di beni effettuata dall'operatore intermedio se quest'ultimo ha comunicato al cedente il numero di identificazione IVA attribuitogli dallo Stato membro a partire dal quale i beni sono spediti o trasportati.

Viene definito il cd. operatore intermedio, ovvero un cedente all'interno della catena diverso dal primo cedente della catena, che spedisce o trasporta i beni esso stesso o tramite un terzo che agisce per suo conto.

Cessioni intracomunitarie

La direttiva 1910 ha modificato l'articolo 138, par. 1 della direttiva IVA, riguardanti le cessioni intracomunitarie esenti di beni.

Con le norme in esame l'inserimento del numero di identificazione IVA dell'acquirente nel sistema di scambio di informazioni sull'IVA (VIES), assegnato da uno Stato membro diverso da quello in cui ha inizio il trasporto dei beni, diventa - oltre alla condizione di trasporto dei beni al di fuori dello Stato membro di cessione - una condizione sostanziale per l'applicazione dell'esenzione da imposta, anziché un requisito formale.

 

Nella formulazione previgente, il par. 1 dell'articolo 138 considerava esenti le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità, dal venditore, dall'acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, agente in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.

Il novellato paragrafo 1 dell'articolo 138 prevede che gli Stati membri esentino le cessioni intracomunitarie alle seguenti condizioni:

a) i beni sono ceduti a un altro soggetto passivo, o a un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso da quello in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha inizio;

b) il soggetto passivo o un ente non soggetto passivo destinatario della cessione è identificato ai fini dell'IVA in uno Stato membro diverso da quello in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha inizio e ha comunicato al cedente tale numero di identificazione IVA.

L'esenzione non si applica se il cedente non ha rispettato l'obbligo di presentare l'elenco riepilogativo delle operazioni o l'elenco riepilogativo da lui presentato non riporti le informazioni corrette riguardanti l'operazione esente, a meno che egli non possa debitamente giustificare la sua mancanza secondo modalità ritenute soddisfacenti dalle autorità competenti.

I considerando della direttiva al riguardo sottolineano come gli Stati membri dovrebbero garantire che, qualora il cedente non rispetti i suoi obblighi di inserimento nell'elenco VIES, l'esenzione non si applichi, salvo quando il cedente agisce in buona fede, vale a dire quando può debitamente giustificare dinanzi alle autorità fiscali competenti la sua mancanza in relazione all'elenco riepilogativo, il che potrebbe anche comprendere, in quel momento, la comunicazione da parte del cedente delle informazioni corrette come prescritto a norma dell' articolo 264 della direttiva 2006/112/UE.

Elenchi riepilogativi

La direttiva ha sostituito integralmente l'articolo 262 della direttiva IVA, relativa agli elenchi riepilogativi delle cessioni intracomunitarie, dettagliandone il contenuto.

In particolare, ai sensi delle nuove norme l'elenco riepilogativo presentato dal soggetto passivo identificato ai fini dell'IVA deve includere:

  • gli acquirenti identificati ai fini dell'IVA cui ha ceduto dei beni alle condizioni previste per l'esenzione delle cessioni intracomunitarie (di cui all'articolo 138, paragrafo 1, e all'articolo 138, paragrafo 2, lettera c));
  • le persone identificate ai fini dell'IVA cui ha ceduto dei beni che gli sono stati ceduti tramite gli acquisti dei beni intracomunitari di cui all'articolo 42 (acquisti assoggettati all'IVA);
  • i soggetti passivi e gli enti non soggetti passivi identificati ai fini dell'IVA cui ha prestato servizi, diversi dai servizi esenti da IVA nello Stato membro in cui la prestazione è imponibile, per i quali il destinatario dei servizi è debitore dell'imposta (conformemente all'articolo 196).

 

Inoltre, il soggetto passivo trasmette le informazioni relative al numero di identificazione IVA dei soggetti passivi cui sono destinati i beni che sono spediti o trasportati in regime di call-off stock, nonché le informazioni relative a eventuali modifiche.

Abrogazioni

La direttiva infine abroga l‘articolo 403 della Direttiva IVA, che affida al Consiglio il compito di adottare le direttive appropriate al fine di completare il sistema comune d'IVA e, segnatamente, di ridurre gradualmente o di sopprimere le deroghe al sistema stesso. È altresì soppresso l'articolo 404, che dispone la presentazione con cadenza quadriennale, da parte della Commissione presenta, di una relazione sul funzionamento del sistema comune d'IVA negli Stati membri al Parlamento europeo e al Consiglio.

Decorrenza e applicazione

Ai sensi dell'articolo 2 gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 31 dicembre 2019, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva, come già rilevato all'inizio.

L'applicazione delle norme decorre dal 1° gennaio 2020.

La direttiva genera dalla proposta della Commissione europea COM(2017) 569 del 4 ottobre 2017.


La norma di delega

La delega al recepimento della direttiva è contenuta nella legge 22 aprile 2021, n. 53 (legge di delegazione europea 2019-2020), in particolare all'articolo 1, comma l.

La direttiva è contenuta nell'allegato A, n. 4 alla predetta legge.

 

Il comma 1 del richiamato articolo 1 ha delegato il Governo ad adottare, secondo i termini, le procedure, i princìpi e i criteri direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, nonché secondo quelli specifici dettati dalla legge n. 53 del 2021 e tenendo conto delle eccezionali conseguenze economiche e sociali derivanti dalla pandemia di COVID-19, i decreti legislativi per il recepimento, tra l'altro, delle direttive contenute nell'allegato A.

L'articolo 31 della legge n. 234 del 2012 dispone, in relazione al recepimento delle direttive, che il Governo adotti i decreti legislativi entro il termine di quattro mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive. Ove si tratti di direttive il cui termine di recepimento sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea (come per la direttiva in esame, da recepire entro il 31 dicembre 2019), ovvero scada nei tre mesi successivi, il Governo deve adottare i decreti legislativi di recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge.

Di conseguenza, il decreto legislativo di attuazione avrebbe dovuto essere approvato entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge delega (8 maggio 2021), quindi entro l'8 agosto 2021.

La direttiva in esame è inserita nell'Allegato A della legge n. 53 del 2021, rientrando tra le direttive in relazione alle quali si prevede, sugli schemi dei relativi decreti legislativi di recepimento, che sia acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Al riguardo, il comma 4 dell'articolo 31 sopra citato prevede che, qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.

Il presente schema è stato assegnato il 5 agosto 2021, con termine per l'espressione del parere fissato al 14 settembre 2021 (dunque successivamente all'8 agosto 2021).

Di conseguenza, il termine per la delega slitta di tre mesi, dall'8 agosto all'8 novembre 2021.


L'articolato

L'articolo 1, comma 1, lettera a) inserisce nel decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 un nuovo articolo 38-ter, che disciplina gli acquisti di beni effettuate nel territorio dello Stato secondo il regime semplificato e armonizzato del cosiddetto call off stock, previsto dall'articolo 17-bis della direttiva IVA.

 

Come anticipato, l'accordo di call off stock ricorre quando il venditore soggetto passivo trasferisce uno stock di beni presso un deposito situato in un altro Stato membro, a disposizione di un acquirente conosciuto, e tale acquirente diventa il proprietario dei beni all'atto della loro estrazione dal deposito. In ogni caso l'accordo prevede una condizione sospensiva, e cioè rinvia il trasferimento della proprietà al momento del prelievo o allo scadere del termine concordato tra le parti per la restituzione.

Le operazioni in regime di call off stock, nel rispetto di determinate condizioni, danno luogo a una cessione intracomunitaria nello Stato membro di partenza da parte del cedente e a un corrispondente acquisto intracomunitario nello Stato membro di arrivo da parte dell'acquirente nel momento in cui si realizza la cessione dei beni.

Come anticipato, le norme intendono evitare che il cedente effettui una cessione presunta nello Stato di partenza (ovvero un trasferimento di beni nell'altro Stato membro per esigenze della sua impresa) e un conseguente acquisto presunto nello Stato di arrivo (ovvero un acquisto a seguito della introduzione nello Stato di beni provenienti dalla sua impresa), con obbligo di identificazione ai fini IVA nello Stato membro di arrivo dei beni e una successiva cessione interna.

 

Il Governo nella relazione illustrativa chiarisce che tale semplificazione trova già attuazione in Italia, in via di prassi, con riferimento al cosiddetto consignment stock, che presuppone un sistema di consegna dei beni analogo a quello del call off stock delineato dalla direttiva.

 

Attraverso il consignment stock i beni di proprietà del fornitore (in genere materie prime o semilavorati) vengono trasferiti presso un deposito del cliente o di un terzo, di cui può disporre solo l'acquirente. In questa ipotesi, la consegna dei beni al cliente non realizza, infatti, l'effetto traslativo della proprietà, che si realizza solo al momento del prelievo della merce. Dal punto di vista fiscale, il differimento dell'effetto traslativo della proprietà dei beni al momento del loro prelievo dal deposito comporta che sia rinviato il momento in cui l'imposta è esigibile e dei conseguenti obblighi di fatturazione e registrazione (con la sola eccezione dell'ipotesi di importazione). Il consignment stock configura un'unica operazione che si considera effettuata nel momento in cui si produce l'effetto traslativo e dal punto di vista IVA essa si considera una cessione intracomunitaria.

 

L'articolo 38-ter, comma 1, stabilisce, in deroga all'articolo 38, comma 3, lettera b) – ai sensi del quale costituisce acquisto intracomunitario l'introduzione nel territorio dello Stato, da parte o per conto di un soggetto passivo d'imposta, di beni provenienti da altro Stato membro, anche nel caso di destinazione nel territorio dello Stato, per finalità rientranti nell'esercizio dell'impresa, di beni provenienti da altra impresa esercitata dallo stesso soggetto in altro Stato membro - che il soggetto passivo che trasferisce beni della sua impresa da un altro Stato membro al territorio dello Stato non effettua un acquisto intracomunitario al ricorrere di tre condizioni che devono verificarsi congiuntamente:

  • i beni sono spediti o trasportati nel territorio dello Stato dal soggetto passivo, o da un terzo che agisce per suo conto, per essere ivi ceduti, in una fase successiva e dopo il loro arrivo, a un altro soggetto passivo che ha il diritto di acquistarli in conformità a un accordo preesistente tra i due soggetti passivi;
  • il soggetto passivo che spedisce o trasporta i beni non ha stabilito la sede della propria attività economica né dispone di una stabile organizzazione nello Stato;
  • il soggetto passivo destinatario della cessione è identificato ai fini IVA nello Stato e la sua identità e il numero di identificazione attribuito dallo Stato sono noti al soggetto passivo nel momento in cui ha inizio la spedizione o il trasporto.

Al ricorrere di tali condizioni, il successivo comma 2 prevede che l'acquisto intracomunitario si considera effettuato dal soggetto passivo destinatario dei beni, o dal soggetto che lo ha sostituito - ai sensi del comma 5 – purché questi, entro dodici mesi dall'arrivo dei beni nello Stato, ne acquisti la proprietà, circostanza che si realizza, in linea di massima, con il prelievo dei beni dal magazzino.

 

Ai sensi del comma 3 sono individuate le circostanze che, verificandosi entro il periodo di dodici mesi dall'arrivo dei beni in Italia, impediscono il realizzarsi della semplificazione del call off stock e comportano, di conseguenza, l'effettuazione di un acquisto intracomunitario presunto in Italia da parte del cedente.

Il soggetto passivo che trasferisce i beni nel territorio dello Stato effettua in particolare un acquisto intracomunitario:

  • il giorno successivo alla scadenza del periodo di dodici mesi dall'arrivo dei beni nel territorio dello Stato se, entro tale periodo, i beni non sono stati ceduti al soggetto passivo destinatario della cessione o al soggetto passivo che lo ha sostituito;
  • nel momento in cui, entro dodici mesi dall'arrivo dei beni nel territorio dello Stato, viene meno una delle condizioni previste dal al comma l;
  • prima della cessione se, entro dodici mesi dall'arrivo dei beni nel territorio dello Stato, i beni sono ceduti a un soggetto diverso dal destinatario della cessione o dal soggetto che lo ha sostituito;
  • prima che abbia inizio la spedizione o il trasporto se, entro dodici mesi dall'arrivo dei beni nel territorio dello Stato, i beni sono spediti o trasportati in un altro Stato;
  • il giorno in cui i beni sono stati effettivamente distrutti, rubati o perduti oppure ne è accertata la distruzione, il furto o la perdita se, entro dodici mesi dall'arrivo dei beni nel territorio dello Stato, i beni sono stati oggetto di distruzione, furto o perdita.

 

Di conseguenza, la semplificazione non opera nel caso di mancata cessione dei beni, del venir meno di una delle condizioni indicate dal comma l, della cessione dei beni ad un soggetto diverso da quello designato o da quello che lo ha sostituito, del trasporto dei beni in un altro Stato, della distruzione, furto o perdita dei beni. Con riferimento ad ognuna di tali ipotesi la norma individua il momento in cui si considera effettuato l'acquisto intracomunitario presunto.

Il Governo precisa che, per il calcolo del periodo di dodici mesi si applica il regolamento (CEE, EURATOM) n. 1182/71 del Consiglio, del 3 giugno 1971, il quale stabilisce le norme applicabili ai periodi di tempo, alle date e ai termini. In particolare, poiché il termine decorre dall'arrivo dei beni nello Stato membro in cui avviene la cessione, occorre considerare i giorni festivi previsti in tale Stato.

 

Il comma 4 prevede che non si realizzi alcun acquisto intracomunitario (né da parte del fornitore né da parte dell'acquirente) in relazione ai beni che, entro dodici mesi dall'arrivo nello Stato, non sono stati ceduti e sono rispediti nello Stato membro di partenza, purché siano effettuate le prescritte registrazioni.

Il successivo comma 5 consente la sostituzione dell'acquirente designato nel contratto di call off stock con un altro soggetto passivo il quale subentra all'acquirente originario, permanendo così il regime semplificato di call off stock, purché sussistano tutte le altre condizioni richieste per tale regime e siano effettuate le prescritte annotazioni.

 

L'articolo 1, comma 1, lettera b) modifica l'articolo 41 del decreto-legge n. 331 del 1993, inserendovi un nuovo comma 2-ter.

Viene così recepito il principio, contenuto nei nuovi commi 1 e 1-bis dell'articolo 138 della direttiva IVA, secondo cui requisito sostanziale della cessione intracomunitaria non imponibile è la comunicazione al cedente, da parte del cessionario, del numero di identificazione IVA assegnatogli da un altro Stato Membro e la compilazione, da parte del cedente, dell'elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie (di cui all'articolo 50, comma 6 del medesimo decreto-legge n. 331 del 1993).

 

L'articolo 1, comma 1, lettera c) inserisce nel decreto-legge n. 331 del 1993 i due nuovi articoli 41-bis e 41-ter.

Il nuovo articolo 41-bis ha una formulazione simmetrica al nuovo articolo 38-ter e disciplina le condizioni in base alle quali il cedente che trasferisce i beni della sua impresa dallo Stato ad un altro Stato membro per venderli in tale Stato, successivamente al loro arrivo, ad un soggetto passivo già individuato nel contratto, effettua una cessione intracomunitaria, ai sensi dell'articolo 41, comma l, lettera a).

La richiamata lettera a) considera cessioni non imponibili le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall'acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti di imposta o di enti, associazioni ed altre organizzazioni, non soggetti passivi d'imposta; i beni possono essere sottoposti per conto del cessionario, ad opera del cedente stesso o di terzi, a lavorazione, trasformazione, assiemaggio o adattamento ad altri beni.

Analogamente all'articolo 38-ter, i commi 3, 4, e 5 dell'articolo 41-bis individuano, rispettivamente: i casi in cui il cedente effettua una cessione assimilata a quelle non imponibili (ai sensi dell'articolo 41, comma 2, lettera c): invio di beni nel territorio di altro Stato membro, mediante trasporto o spedizione a cura del soggetto passivo nel territorio dello Stato, o da terzi per suo conto); l'ipotesi in cui non si verifica alcuna cessione, in quanto i beni sono rispediti nello Stato; l'ipotesi di sostituzione dell'originario cessionario senza che venga meno il regime semplificato di call off stock.

 

Il nuovo articolo 41-ter recepisce la direttiva 1910/2018 con riferimento alle cessioni a catena, di cui al nuovo articolo 36-bis della direttiva IVA.

La disposizione, chiarisce il Governo, è volta a evitare che l'applicazione di criteri diversi tra gli Stati-membri possa determinare una doppia imposizione o la non imposizione delle operazioni.

Viene dunque individuata la cessione, tra quelle della c. d. catena, che deve considerarsi come cessione intracomunitaria non imponibile, offrendo così certezza agli operatori.

Come anticipato in introduzione, le cessioni a catena, secondo l'articolo 36-bis della direttiva IVA, consistono in forniture successive (due o più) degli stessi beni, oggetto di un singolo trasporto comunitario tra due Stati membri. La norma europea recepisce il principio affermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo cui solo la cessione della catena alla quale è imputato il trasporto intracomunitario si configura come cessione intracomunitaria non imponibile e stabilisce, al contempo, i criteri oggettivi di imputazione del trasporto.

Il Governo rileva al riguardo che, in base alla giurisprudenza UE (cfr., inter alia, Corte di giustizia UE, causa C-430/09), l'imputazione del trasporto ad una delle cessioni della catena deve avvenire alla luce di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso concreto. L'articolo 36-bis della direttiva IVA prevede che la spedizione o il trasporto siano imputati unicamente alla cessione effettuata nei confronti dell'operatore intermedio. Tuttavia, se quest'ultimo comunica al proprio cedente il numero di identificazione IVA attribuitogli dallo Stato membro a partire dal quale i beni sono spediti o trasportati, la spedizione o il trasporto sono, invece, imputati alla cessione effettuata dall'operatore intermedio. Ai fini della disciplina delle cessioni a catena, la direttiva stabilisce che si considera operatore intermedio l'operatore della catena, diverso dal primo cedente, che spedisce o trasporta i beni direttamente o tramite un terzo che agisce per suo conto. Secondo tale definizione, non può assumere la qualifica di operatore intermedio, oltre che il primo cedente della catena, anche l'ultimo acquirente.

In base alla definizione dì cessioni a catena contenuta nell'articolo 36-bis, comma l, la relativa disciplina non si applica alle cessioni in cui il trasporto è effettuato dal primo cedente o dall'acquirente finale della catena, né alle cessioni a catena che comprendono importazioni ed esportazioni, né a quelle effettuate esclusivamente all'interno di uno Stato Membro.

 

In particolare, il nuovo articolo 41-ter del decreto legge n. 331 del 1993 riproduce, al comma l, alle lettere a) e b), la nozione di cessioni a catena e dì operatore intermedio.

Le cessioni a catena sono definite come cessioni successive di stessi beni, oggetto di un unico trasporto intracomunitario dal primo cedente all'ultimo acquirente della catena; l'operatore intermedio è definito come il cedente, diverso dal primo, che trasporta o spedisce i beni anche tramite un terzo che agisce per suo conto.

Il comma 2 disciplina, in particolare, l'ipotesi in cui il trasporto dei beni oggetto delle cessioni a catena ha inizio in Italia. Secondo la regola generale, il trasporto è attribuito unicamente alla cessione effettuata nei confronti dell'operatore intermedio; di conseguenza, nell'ipotesi in cui operatore intermedio sia il secondo cedente della catena, solo la prima cessione è una cessione intracomunitaria e dunque non imponibile in Italia. Tuttavia, se l'operatore intermedio comunica al proprio cedente il numero di identificazione IVA attribuitogli dall'Italia, la cessione effettuata dall'operatore intermedio è qualificata come intracomunitaria. Le cessioni precedenti a quella intracomunitaria si configurano come cessioni interne effettuate in Italia, Stato di partenza dei beni, mentre non si considerano effettuate in Italia le cessioni successive a quella che costituisce cessione intracomunitaria, le quali sono territorialmente rilevanti nello Stato di arrivo dei beni.

Il comma 3 prevede la diversa ipotesi di cessioni a catena in cui l'Italia è lo Stato di arrivo dei beni e il trasporto è effettuato da un operatore intermedio. In tal caso si considera acquisto intracomunitario effettuato in Italia, ai sensi dell'articolo 38 del decreto-legge n. 331, solo l'acquisto effettuato dall'operatore intermedio. Tuttavia, se l'operatore intermedio comunica al proprio cedente il numero di identificazione IVA attribuitogli dallo Stato in cui ha avuto inizio il trasporto o la spedizione dei beni, si considera acquisto intracomunitario quello effettuato dall'acquirente dell'operatore intermedio. Conseguentemente sono territorialmente rilevanti in Italia la cessione posta in essere dal soggetto che effettua l'acquisto intracomunitario e le cessioni successive.

 

Il comma 4, infine, esclude dall'ambito di applicazione dell'articolo 41-ter le vendite a distanza effettuate tramite le interfacce elettroniche che assumono la veste di rivenditori dei beni stessi (secondo l'articolo 14-bis della direttiva IVA, recepito dall'articolo 2-bis del D.P.R n. 633 del 1972).

 

L'articolo l, comma l, lettera d), apporta modifiche all'articolo 50 del suddetto decreto legge n. 331 del 1993, il quale disciplina gli obblighi connessi agli scambi intracomunitari.

In particolare viene soppresso il comma l, il cui contenuto è trasfuso nell'articolo 41, comma 2-ter (v. supra). Il Governo al riguardo chiarisce che la comunicazione da parte del cessionario del numero identificativo IVA attribuitogli da un altro Stato Membro e la compilazione degli elenchi riepilogativi delle cessioni intracomunitarie da parte del cedente sono requisiti sostanziali e non formali della cessione intracomunitaria non imponibile.

Il comma 2 viene modificato ai fini di coordinamento.

Viene poi inserito un nuovo comma 5-bis per recepire l'articolo 243, comma 3, della direttiva IVA, che, per l'annotazione dei trasferimenti dei beni in regime di call off stock, istituisce un apposito registro, il quale dovrà riportare le informazioni indicate dall'articolo 54-bis del regolamento (UE) di esecuzione n.282/2011, che è stato inserito dal regolamento di esecuzione (UE) 2018/1912.

Viene infine integrato il comma 6 dell'articolo 50, al fine di prevedere l'obbligo di inserire nell'elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie anche il numero di identificazione IVA dell'acquirente dei beni in regime di call off stock, nonché le eventuali modifiche del contratto.

 

L'articolo 2 dello schema reca la clausola di invarianza finanziaria, mentre l'articolo 3 dispone che lo schema entri in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.