Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Istituzione dell'imposta municipale sugli immobili (nuova IMU)
Riferimenti: AC N.1429/XVIII AC N.1904/XVIII AC N.1918/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 170/Seconda edizione
Data: 01/08/2019
Organi della Camera: VI Finanze

 

Camera dei deputati

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Istituzione dell'imposta municipale
sugli immobili (nuova IMU)

 

A.C. 1429, A.C. 1904 e A.C. 1918

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 170

(Seconda edizione)

 

 

 

1° agosto 2019

 


Servizio responsabile:

 

Servizio Studi – Dipartimento Finanze

( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it -  CD_finanze

 

 

 

 

 

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INDICE

 

Schede di lettura

Introduzione. 3

§  Articolo 1 (Fiscalità immobiliare comunale) 11

§  Articolo 2 (Presupposto d’imposta e definizioni) 13

§  Articolo 3 (Soggetti dell’obbligazione tributaria) 20

§  Articolo 4 (Base imponibile) 23

§  Articolo 5 (Aliquote) 30

§  Articolo 6 (Manovrabilità dell’imposta da parte dei comuni) 34

§  Articolo 7 (Esenzioni) 37

§  Articolo 8 (Applicazione dell’imposta e versamenti) 41

§  Articolo 9 (Deducibilità ai fini delle imposte sui redditi) 47

§  Articolo 10 (Sanzioni) 49

§  Articolo 11 (Riscossione dell'imposta) 53

§  Articolo 12 (Abrogazioni e disposizioni di coordinamento) 57

§  Articolo 13 (Clausola di salvaguardia) 59

 

 

 


Schede di lettura


Introduzione

Le proposte di legge in esame riformano l’assetto dell’imposizione immobiliare locale, unificando le due vigenti forme di prelievo (l’Imposta comunale sugli immobili, IMU e il Tributo per i servizi indivisibili – TASI) e facendo confluire la relativa normativa in un unico testo.

 

Viene prevista dunque una sola forma di prelievo patrimoniale immobiliare che ricalca, in gran parte, la disciplina IMU e, dunque, riprende l’assetto anteriore alla legge di stabilità 2014. Tale legge – come si vedrà in seguito - ha istituito l’Imposta Comunale Unica, IUC introducendo accanto all’IMU anche la TASI, componente del tributo legata all’erogazione dei servizi.

L’effetto principale delle proposte in esame è dunque di eliminare la TASI.

Dall’altro lato le proposte non innovano significativamente l’attuale disciplina positiva dei vigenti tributi, che per molti aspetti è parallela, stanti le analogie nell’individuazione dei soggetti passivi, l’esenzione della “prima casa non di lusso” da TASI e IMU, nonché la sovrapponibilità di agevolazioni ed esenzioni.

 

Si ricorda che, alla luce dell’attuale quadro normativo, la tassazione immobiliare locale è particolarmente complessa e dispersiva. Essa è disciplinata infatti in numerosi provvedimenti – anche d’urgenza – succedutisi velocemente nel tempo, con largo uso di rinvii incrociati a provvedimenti anche risalenti (tra cui la disciplina dell’Imposta Comunale sugli Immobili – ICI del 1992). Ciò ha comportato inevitabili difficoltà conoscitive ed applicative sia per i contribuenti, sia per gli operatori fiscali.

IMU e TASI: la disciplina vigente

In Italia, gli immobili sono ordinariamente assoggettati a imposta in quanto beni produttivi di reddito (IRPEF, IRES), oltre al fatto che viene sottoposto a tassazione il loro possesso in quanto beni patrimoniali (IMU) e il loro trasferimento mediante atto tra vivi (donazione o compravendita) o attraverso la successione ereditaria. Per un quadro più ampio dell’attuale assetto della tassazione immobiliare in Italia si rinvia al dossier di documentazione e ricerca predisposto dal Servizio Studi. Come evidenziato nell’ultima Relazione della Commissione bicamerale per il federalismo fiscale (gennaio 2018), il sistema delle entrate comunali presenta un quadro complesso a causa del sovrapporsi - a decorrere dal 2011 - di numerosi interventi normativi, anche con carattere di urgenza, che hanno più volte modificato la disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale, sia direttamente che nell’ambito di diversi provvedimenti legislativi.

L’attuale assetto impositivo è stato sostanzialmente delineato dalla citata legge di stabilità 2014 (articolo 1, commi 639 e ss.gg. della legge n. 147 del 2013), che ha subito nel tempo alcuni aggiustamenti specifici. Detto provvedimento ha abolito l’IMU sull'abitazione principale e su alcune fattispecie assimilate, nonché la componente della TARES relativa ai servizi indivisibili, con contestuale introduzione di un'imposta unica comunale- IUC, le cui componenti sono:

1)  l'IMU, di natura patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali non di lusso;

2)  per la componente riferita ai servizi:

§  il tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore sia dell'utilizzatore dell'immobile, escluse le abitazioni principali;

§  la tassa rifiuti (TARI).

La disciplina dell’IMU è principalmente contenuta nell'articolo 13, comma 1, del citato decreto-legge n. 201 del 2011, nel decreto legislativo n. 23 del 2011 (articoli 8 e 9) e nella legge di stabilità 2014. L’imposta si applica al possesso di fabbricati (escluse le prime case non di lusso, cioè quelle in categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9), di aree fabbricabili e di terreni agricoli. Essa è dovuta dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), dal concessionario nel caso di concessione di aree demaniali e dal locatario in caso di leasing. L’IMU dal 2012 ha sostituito l’imposta comunale sugli immobili (ICI) e, per la componente immobiliare, l’IRPEF e le relative addizionali regionali e comunali dovute in riferimento ai redditi fondiari concernenti gli immobili non locati, salvo per quanto riguarda il reddito degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso comune nel quale si trova l'immobile adibito ad abitazione principale, i quali, oltre ad essere assoggettati all’IMU, concorrono alla formazione della base imponibile dell’IRPEF e delle relative addizionali nella misura del cinquanta per cento. Presupposto dell’IMU è il possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli. Come anticipato, l’abitazione principale, vale a dire l’unità immobiliare in cui il soggetto passivo e il suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente, è stata assoggettata all’IMU negli anni 2012 e 2013. A decorrere dall’anno 2014, invece – con la legge n. 147 del 2013 – tale tipologia immobiliare è esente da IMU, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per le quali resta ferma l’applicazione dell’aliquota ridotta e della detrazione. La legge equipara all’abitazione principale alcune fattispecie (tra cui gli immobili delle cooperative edilizie a proprietà indivisa; gli alloggi sociali; la casa coniugale assegnata al coniuge). Il comune, inoltre, ha la facoltà di equiparare all’abitazione principale l’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata. A decorrere dal 2016, invece, non è più prevista la facoltà per il comune di considerare adibita ad abitazione principale l’unità immobiliare concessa dal soggetto passivo in comodato ai parenti in linea retta di primo grado che la utilizzano come abitazione principale. Per detta unità immobiliare è prevista direttamente dalla legge la riduzione del 50% della base imponibile, a specifiche condizioni. L’abbattimento della base imponibile per tale fattispecie è stato esteso, dalla legge di bilancio 2019, anche al coniuge del comodatario, in caso di morte di quest'ultimo in presenza di figli minori.

L’IMU è dovuta dai seguenti soggetti passivi: proprietario di fabbricati, aree fabbricabili e terreni; titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi; coniuge assegnatario della casa coniugale a seguito di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; concessionario nel caso di concessione di aree demaniali; locatario per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.

L’imposta si calcola applicando alla base imponibile, costituita dal valore dell’immobile determinato nei modi previsti dalla legge, l’aliquota fissata per la particolare fattispecie. Per i fabbricati iscritti in catasto il valore è determinato applicando all’ammontare della rendita catastale, rivalutata del 5%, i moltiplicatori previsti dalla legge per le diverse categorie catastali (articolo 13, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011). La base imponibile è ridotta al 50% per i fabbricati di interesse storico o artistico e per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. Per i terreni agricoli, anche non coltivati, il valore è costituito dal reddito dominicale rivalutato del 25% e, poi, moltiplicato per 135. Non è più previsto, invece, il moltiplicatore pari a 75, poiché la legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha esentato i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del D.Lgs. n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola. Per le aree fabbricabili la base imponibile è costituita dal valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione.

L’aliquota ordinaria stabilita dalla legge per gli immobili diversi dall’abitazione principale è pari allo 0,76 per cento e i comuni possono aumentarla o diminuirla sino a 0,3 punti percentuali: l’aliquota può, pertanto, oscillare da un minimo di 0,46% ad un massimo di 1,06%, salvo che per alcune fattispecie (immobili non produttivi di reddito fondiario, immobili posseduti dai soggetti passivi dell'IRES e immobili locati) per le quali l’aliquota può essere diminuita fino allo 0,4%. Per le abitazioni principali non esenti (categorie catastali A/1, A/8 e A/9), invece, l’aliquota stabilita dalla legge è pari allo 0,4% e i comuni possono aumentarla o diminuirla sino a 0,2 punti percentuali: l’aliquota può, pertanto, oscillare da un minimo di 0,2% ad un massimo di 0,6%. La legge, inoltre, prevede una detrazione di 200 euro, con facoltà per il comune di elevarla fino a concorrenza dell’imposta dovuta.

L’IMU, a decorrere dal 2014, non è dovuta per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita (c.d. beni merce) fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati e per i fabbricati rurali ad uso strumentale. In aggiunta a queste due fattispecie, ulteriori casi di esenzione dall’IMU sono indicati nell’articolo 9, comma 8, primo e secondo periodo, del D.Lgs. n. 23 del 2011, il quale, oltre a prevedere l’esenzione per gli immobili posseduti dallo Stato e dagli altri enti pubblici ivi indicati destinati esclusivamente ai compiti istituzionali, richiama le ipotesi in passato previste per l’ICI (dall’articolo 7, comma 1, lett. b), c), d), e), f), h) e i) del D.Lgs. n. 504 del 1992. Si ricorda inoltre che l’IMU relativa agli immobili strumentali è deducibile dal reddito di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni. L’articolo 3 del decreto legge n. 34 del 2019, c.d. decreto crescita, incrementa progressivamente la percentuale deducibile dal reddito d’impresa e dal reddito professionale dell’IMU dovuta sui beni strumentali, sino a raggiungere la totale deducibilità dell’imposta a regime, ovvero a decorrere dal 2023 (più precisamente, dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022).  Ai fini IRAP l’IMU è del tutto indeducibile.

L’IMU deve essere versata in due rate (16 giugno e 16 dicembre) o in un’unica soluzione entro il 16 giugno dell’anno di riferimento. L’imposta non si applica nella Provincia Autonoma di Bolzano e nella Provincia Autonoma di Trento. In sostituzione di tale tributo, nonché della TASI, nei comuni della Provincia Autonoma di Bolzano è stata istituita l’imposta municipale immobiliare (IMI) e in quelli della Provincia Autonoma di Trento l’imposta immobiliare semplice (IMIS), come si vedrà in seguito.

Come anticipato all’inizio, la TASI è stata introdotta, a decorrere dal 2014, dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, commi da 670 a 688 della legge n. 147 del 2013), quale imposta facente parte, insieme all’IMU e alla TARI, della IUC. Il presupposto della TASI è il possesso o la detenzione di fabbricati e di aree fabbricabili, con esclusione dell’abitazione principale diversa da quella classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 e dei terreni agricoli. L’abitazione principale è stata soggetta alla TASI negli anni 2014 e 2015, mentre la legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ne ha previsto l’esclusione: tale tipologia di immobile è ora sottratta sia dall’IMU sia dalla TASI. L’esclusione dalla TASI opera non solo nel caso in cui l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale dal possessore ma anche nell’ipotesi in cui sia l’occupante a destinare l’immobile detenuto ad abitazione principale. In quest’ultimo caso, la TASI è dovuta solo dal possessore, che, ai sensi del comma 681 della legge di stabilità 2014, versa l’imposta nella misura percentuale stabilita nel regolamento comunale oppure, in mancanza di una specifica disposizione del comune, nella misura del 90 per cento. Quanto alla nozione di abitazione principale rilevante ai fini della TASI, si deve far riferimento alla medesima definizione stabilita per l’IMU: unità immobiliare in cui il soggetto passivo e il suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente, ivi comprese le pertinenze nei limiti di legge. Valgono, inoltre, le medesime ipotesi di equiparazione per legge o per regolamento comunale previste per l’IMU e sopra illustrate. La TASI è dovuta dal titolare del diritto reale (proprietario, titolare del diritto di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie) e, nel caso in cui l’immobile sia occupato da un soggetto diverso da quest’ultimo, anche dall’occupante. I due soggetti sono titolari di un’autonoma obbligazione tributaria e l’occupante deve corrispondere l’imposta nella misura, stabilita dal comune nel regolamento, compresa tra il 10% e il 30%, mentre la restante parte è a carico del titolare del titolare del diritto reale. In caso di mancata previsione della percentuale di ripartizione dell’imposta tra i due soggetti, la TASI è dovuta dal titolare del diritto reale nella misura del 90% e dall’occupante nella misura del 10%. Nelle ipotesi di assimilazione all’abitazione principale l’obbligo di versamento della TASI ricade, invece, interamente sul titolare del diritto reale e non sull’occupante. L’imposta si calcola applicando alla base imponibile, che è quella prevista per l’IMU, l’aliquota stabilita dal comune per la particolare fattispecie. L’aliquota ordinaria stabilita dalla legge per tutti gli immobili soggetti alla TASI è pari allo 0,1 per cento, ma i comuni possono ridurla fino all’azzeramento. Nella determinazione delle aliquote della TASI i comuni incontrano il limite massimo secondo cui la somma delle aliquote della TASI e dell’IMU per ciascuna tipologia di immobile non deve essere superiore all’aliquota massima consentita dalla legge statale per l’IMU al 31 dicembre 2013, vale a dire: lo 0,6 per cento per l’abitazione principale classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 e  l’1,06 per cento per gli altri immobili. Vi sono, poi, due fattispecie per le quali sono previsti limiti massimi specifici, in particolare: 1. per i fabbricati rurali strumentali l’aliquota della TASI non deve in nessun caso superare lo 0,1 per cento; 2. per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, l’aliquota non può eccedere lo 0,25 per cento.

La TASI, sin dalla sua istituzione, è deducibile dalle imposte sui redditi de dall’IRAP.

Le ipotesi di esenzione dalla TASI sono indicate nell’articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 16 del 2014, convertito dalla legge n. 68 del 2014, che prevede, come per l’IMU, l’esenzione per gli immobili posseduti dallo Stato e dagli altri enti pubblici ivi indicati destinati esclusivamente ai compiti istituzionali e per le fattispecie di cui all’articolo 7, comma 1, lett. b), c), d), e), f), e i) del D.Lgs. n. 504 del 1992. È inoltre prevista l’esenzione per i rifugi alpini non custoditi, i punti d’appoggio e i bivacchi. Anche la TASI deve essere versata in due rate (16 giugno e 16 dicembre) ovvero in unica soluzione entro il 16 giugno dell’anno di riferimento. La TASI non si applica nella Provincia Autonoma di Bolzano e nella Provincia Autonoma di Trento. In sostituzione di tale tributo, nonché dell’IMU, nei comuni della Provincia Autonoma di Bolzano è stata istituita l’imposta municipale immobiliare (IMI) e in quelli della Provincia Autonoma di Trento l’imposta immobiliare semplice (IMIS).

Con riferimento ai vincoli alle aliquote IMU e TASI, occorre evidenziare in via preliminare che le aliquote delle principali imposte immobiliari sono assoggettate ad alcuni limiti di legge. La legge di stabilità 2014 (comma 677) fissa il limite massimo delle aliquote complessive IMU-TASI, per ciascuna tipologia di immobile, nell’aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, ovvero nell’1,06 per cento o minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile. Inoltre, per il 2014 e 2015 era stata introdotta la possibilità, a favore dei Comuni, di derogare a tale limite per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,08 per cento (0,8 per mille). Tale facoltà è stata mantenuta anche negli anni successivi per i comuni che ne avessero già usufruito (da ultimo anche nel 2019, per effetto della relativa legge di bilancio), previa espressa delibera del consiglio comunale, salvo le ipotesi esenti da TASI. Di conseguenza tale maggiorazione conferisce ai comuni un ulteriore margine di manovrabilità da utilizzare per aumentare il limite della somma dell’IMU e della TASI (fino allo 0,68 per cento per l’abitazione principale A/1, A/8 e A/9 e all’1,14 per cento per gli altri immobili) oppure per aumentare il limite massimo dell’aliquota della TASI, elevandola dallo 0,25 per cento allo 0,33 per cento. Inoltre si ricorda che il comma 26 della legge di stabilità 2016 ha disposto la sospensione, in origine per il solo anno 2016, dell’efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali per la parte in cui aumentano i tributi e le addizionali attribuite ai medesimi enti territoriali. Si chiarisce inoltre che detti aumenti sono rapportati ai livelli di aliquote applicabili per l’esercizio 2015. È stata esclusa dalla sospensione – tra l’altro - la tassa sui rifiuti (TARI). Le leggi di bilancio per il 2017 e per il 2018 (leggi n. 232 del 2016 e n. 205 del 2017) hanno prorogato rispettivamente per il 2017 e per il 2018 la predetta sospensione. A decorrere dal 2017, l’imposta di soggiorno e l’imposta di sbarco sono state escluse dal novero dei tributi sottoposti al blocco degli aumenti. Per l’anno 2018 la sospensione non si è applicata ai comuni istituiti a seguito di fusione. La sospensione dell’efficacia degli aumenti non è prevista dalla legge di bilancio 2019 per l’anno di riferimento: ciò di fatto riapre, per gli enti territoriali interessati, la possibilità di utilizzare con margini più ampi la leva fiscale. Per quanto riguarda le vigenti aliquote e le esenzioni relative alle due imposte, si rinvia al quadro delineato dal Dipartimento delle finanze del MEF.

 

Il gettito IMU e TASI

Relativamente al gettito delle due imposte, nel corso dell’audizione svoltasi il 24 luglio 2019 presso la VI Commissione finanze della Camera dei deputati, il Dipartimento finanze del MEF ha fornito alcuni dati rilevanti riferiti al 2018.

Per l’anno di riferimento il gettito complessivo IMU e TASI risulta di circa 19,8 miliardi di euro, di cui 18,7 miliardi derivano dall'IMU e 1,1 miliardi dalla TASI. L'IMU include il gettito riferito alla riserva erariale sui fabbricati produttivi classificati nella categoria catastale D che, nell'ultimo anno disponibile, risulta essere di circa 3,6 miliardi di euro.  Escludendo la riserva destinata all'erario, complessivamente quindi le risorse a disposizione dei comuni, pari alla somma IMU-TASI, risultano di circa 16,2 miliardi di euro.  I due tributi immobiliari rappresentano la principale fonte di entrata dei comuni italiani pari nel complesso al 70% delle entrate tributarie dei comuni. L'altro principale tributo è l'addizionale comunale all'IRPEF, il cui gettito ammonta a 4.520 milioni di euro (anno 2018), pari al 15% del totale delle entrate tributarie dei comuni. Dal 2014 (anno di introduzione della TASI) al 2018 (ultimo disponibile). l'andamento del gettito mostra una riduzione significativa di circa 4,7 miliardi di euro che riflette le modifiche legislative intervenute, tra cui l'esenzione dalla TASI delle abitazioni principali (con un valore di circa 3.5 miliardi), fatta eccezione per quelle di lusso, e le nuove modalità di determinazione della rendita catastale dei fabbricati produttivi che hanno comportato l'esclusione dal calcolo dell’IMU dei c.d. “macchinari imbullonati". Entrambe le agevolazioni sono entrate in vigore a decorrere dall'anno 2016.

La tabella seguente (tratta dalla documentazione depositata dal MEF nel corso dell’audizione del 24 luglio 2019) mostra l’andamento del gettito delle due imposte nel tempo.

 

 


La successiva tabella riporta la distribuzione del gettito versato IMU/TASI per regioni, con riferimento all’anno 2018 (fonte: MEF, vedi supra).

Infine, il Dipartimento delle finanze ha illustrato nella seguente tabella anche la distribuzione del gettito versato IMU e TASI per natura giuridica, ovvero distinguendo le persone fisiche dalle persone giuridiche. In considerazione della composizione delle proprietà immobiliari in Italia, un gettito IMU pari a 11,7 miliardi di euro è assicurato dalle persone fisiche, che versano circa il 63% del gettito totale. Tra i soggetti diversi dalle persone fisiche, il maggior gettito IMU è riferito alle società di capitali (5,4 miliardi di euro su un totale di 69 miliardi di euro). Analoghi risultati si osservano con riferimento al gettito TASI: il gettito riferibile alle persone fisiche è pari a miliardi di euro e rappresenta il 58% sul totale.


Articolo 1
(Fiscalità immobiliare comunale)

 

 

L’articolo 1 dell’A.C. 1429 e dell’A.C. 1918, con identica formulazione, istituiscono (comma 1) l’imposta municipale sugli immobili, cd. nuova IMU, volta a sostituire le vigenti forme di prelievo, IMU e TASI.

L’A.C. 1904 reca all’articolo 1, commi 1 e 2, analoghe prescrizioni con specificità di seguito evidenziate.

L’articolo 1 degli A.A.C.C. 1429 e 1918

Più in dettaglio, l’articolo 1 delle proposte istituisce un’imposta destinata a sostituire l’IMU, disciplinata agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 e dall’articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, nonché la TASI (di cui all'articolo 1, comma 639 e 669 e seguenti della legge 27 dicembre 2013).

 

Il D.Lgs. n. 23 del 2011 (federalismo municipale) ha istituito l’IMU come imposta volta a sostituire (articolo 8), per la componente immobiliare, l’IRPEF e le relative addizionali sui redditi fondiari relativi ai beni non locati, nonché l’ICI, sugli immobili diversi dall’abitazione principale. L’articolo 9 del provvedimento ne reca la disciplina positiva.

Per esigenze legate ad emergenze di finanza pubblica, l’articolo 13 del citato decreto-legge n. 201 del 2011 ha successivamente anticipato l'istituzione dell’IMU al 2012, in tutti i comuni del territorio nazionale, ivi inclusa l’abitazione principale del contribuente. La legge di stabilità 2014 (articolo 1, commi 639 e ss.gg. della legge n. 147 del 2013) – come visto nell’introduzione – ha abolito l’IMU sull'abitazione principale e su alcune fattispecie assimilate, nonché la componente della TARES relativa ai servizi indivisibili, con contestuale introduzione di un'imposta unica comunale- IUC, le cui componenti sono:

§  l'IMU, di natura patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali non di lusso;

§  per la componente riferita ai servizi:

§  il tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore sia dell'utilizzatore dell'immobile, escluse le abitazioni principali;

§  la tassa rifiuti (TARI).

La disciplina della TASI è contenuta nei commi 669 e ss.gg. della citata legge di stabilità 2014. Si rinvia all’introduzione del presente dossier per ulteriori informazioni.

 

Il comma 2 dell’articolo 1 estende l’imposta a tutti i comuni del territorio nazionale, ferma restando, per le Province autonome di Trento e di Bolzano, l'autonomia impositiva prevista dai rispettivi Statuti.

 

L’articolo 80, comma 1 dello Statuto (D.P.R. n. 670/1972) conferisce alle Province autonome competenza legislativa in materia di finanza locale; in particolare, ai sensi del comma 2 esse possono istituire nuovi tributi locali e la legge provinciale disciplina i predetti tributi e i tributi locali comunali di natura immobiliare istituiti con legge statale, anche in deroga alla medesima legge, definendone le modalità di riscossione e può consentire agli enti locali di modificare le aliquote e di introdurre esenzioni, detrazioni e deduzioni.

La Provincia Autonoma di Trento ha istituito, in sostituzione di IMU e TASI, l’IMIS - Imposta Municipale Immobiliare Semplice, con gli articoli 1-14 della legge finanziaria provinciale per il 2015 (legge n. 14 del 2014), Essa per molti aspetti ricalca la struttura dell'ICI e dell'Imu: per ulteriori informazioni si rinvia al sito istituzionale.

La Provincia autonoma di Bolzano ha istituito e disciplinato l'imposta municipale immobiliare (IMI) con la legge provinciale 23 aprile 2014, n. 3,. L'imposta, nel territorio della Provincia, sostituisce integralmente le imposte comunali immobiliari istituite con leggi statali, anche relative alla copertura dei servizi indivisibili.

 

L’A.C. 1904

L’A.C. 1904 chiarisce che, per le province autonome di Trento e di Bolzano, resta ferma la facoltà di modificare l’imposta in conformità a quanto disposto dello Statuto speciale (articolo 80 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670).

L’articolo 80, comma 2 del richiamato Statuto consente alle province autonome, nelle materie di competenza, di:

§  istituire nuovi tributi locali;

§  con legge provinciale, disciplinare i predetti tributi locali, così come i tributi locali comunali di natura immobiliare istituiti con legge statale, anche in deroga alla medesima legge statale, definendone le modalità di riscossione;

§  con legge provinciale, consentire agli enti locali di modificare le aliquote e di introdurre esenzioni, detrazioni e deduzioni.


 

Articolo 2
(Presupposto d’imposta e definizioni)

 

 

L’articolo 2 dell’A.C. 1429 e dell’A.C. 1918, con norme di identico contenuto, chiarisce qual è il presupposto dell’imposta municipale sugli immobili (nuova IMU) e fornisce le definizioni che devono essere utilizzate ai fini dell’applicazione delle norme del provvedimento.

L’A.C. 1904 individua il presupposto d’imposta e fornisce le definizioni rilevanti ai commi 3 e 4 dell’articolo 1, con alcune differenze rispetto alle altre due proposte.

 

L’articolo 2 dell’A.C. 1429 e dell’A.C. 1918

Il comma 1, primo periodo dellarticolo 2 dell’A.C. 1429 e dell’A.C. 1918, dispone che il presupposto dell'imposta è il possesso di immobili.

Il secondo periodo stabilisce invece che il possesso di un'abitazione principale o assimilata non costituisce presupposto dell'imposta, salvo che si tratti di un'unità abitativa classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9.

 

Si ricorda che a normativa vigente l’articolo 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che istituisce l’imposta municipale propria, prevede (comma 2) che l'imposta ha per presupposto il possesso di immobili diversi dall'abitazione principale.

Si segnala inoltre che nella categoria catastale A1 rientrano le abitazioni di tipo signorile, nella A/8 le abitazioni in ville e nell’A/9 i castelli e i palazzi di eminenti pregi artistici o storici.

In merito alla classificazione degli immobili, l’articolo 8 del R.D.L. n. 652 del 1939 dispone che per la determinazione della rendita catastale, le unità immobiliari sono distinte, a seconda delle loro condizioni estrinseche ed intrinseche, in categorie e ciascuna categoria in classi. Per ciascuna categoria e classe è determinata la relativa tariffa, la quale esprime in moneta legale la rendita catastale.

Ai sensi dell’articolo 7 del D.P.R. n. 1142 del 1949 gli immobili vengono classificati attraverso la suddivisione di ogni categoria - cioè delle specie essenzialmente differenti per le caratteristiche intrinseche che determinano la destinazione ordinaria delle unità immobiliari stesse - in tante classi quanti sono i gradi diversi delle rispettive capacità di reddito, tenuto conto delle condizioni influenti sulla relativa rendita catastale. Le categorie ordinarie riguardano i gruppi da A a C. Non si procede al classamento – e quindi si ha la destinazione speciale o particolare – per le categorie comprendenti unità immobiliari costituite da opifici costruiti per le speciali esigenze di una attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni. Parimenti non si classificano le unità immobiliari che, per la singolarità delle loro caratteristiche, non siano raggruppabili in classi, quali stazioni per servizi di trasporto terrestri e di navigazione interna, marittimi ed aerei, fortificazioni, fari, fabbricati destinati all'esercizio pubblico del culto, costruzioni mortuarie, e simili (art. 8). Gli immobili a destinazione speciale sono ricompresi nel gruppo D, mentre quelli a destinazione particolare sono nei gruppi E e F. Anche il D.P.R. n. 138 del 1998, di revisione generale delle zone censuarie, all’Allegato B, opera una distinzione tra unità immobiliare ordinarie (gruppi R, P e T) e speciali (gruppi V e Z).

Si segnala a tale proposito che nel corso della seduta della Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria di mercoledì 20 marzo 2019, il direttore dell'Agenzia delle entrate, Antonino Maggiore, ha evidenziato che con riferimento al 31 dicembre 2018 le unità immobiliari iscritte al catasto edilizio urbano sono circa 74 milioni, di cui 63,8 milioni censite nelle categorie ordinarie e speciali con rendita catastale attribuita complessivamente pari a 36,6 miliardi di euro. Gli immobili dei gruppi A, B e C rappresentano il 69% del totale della rendita catastale, per un importo pari a 25,6 miliardi di euro.

 

Il comma 2 fornisce le definizioni da utilizzare nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme previste dalle proposte di legge.

In particolare la lettera a) stabilisce che per fabbricato si intende l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita catastale, considerandosi parte integrante del fabbricato l'area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza esclusivamente ai fini urbanistici, purché accatastata unitariamente; il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all'imposta, a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, dalla data in cui è comunque utilizzato.

 

L’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, in materia di riordino della finanza degli enti territoriali, ai fini dell’imposta comunale sugli immobili, definisce fabbricato l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato l'area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza; il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all'imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, dalla data in cui è comunque utilizzato.

 

La lettera b) specifica che per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore ed i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente; nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l'abilitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile. Per pertinenze dell'abitazione principale, si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo.

 

Si segnala che l’articolo 13, comma 2, quarto periodo, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, in tema di imposta municipale propria, stabilisce che per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile. Per pertinenze dell'abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo. 

Si ricorda inoltre che con le categorie catastali C/2, C/6 e C/7 si intendono rispettivamente i magazzini e i locali di deposito; le stalle, le scuderie, le rimesse e le autorimesse (senza fine di lucro); le tettoie chiuse od aperte.

 

La lettera in esame prevede inoltre che è considerata direttamente adibita ad abitazione principale una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d’uso.

 

Si ricorda in proposito che l’articolo 13, comma 2, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, in tema di imposta municipale propria, prevede che a partire dall'anno 2015 è considerata direttamente adibita ad abitazione principale una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso.

 

La lettera c) equipara alle abitazioni principali anche:

§  le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari;

§  le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in assenza di residenza anagrafica;

§  i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali;

§  la casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;

§  un solo immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto e non concesso in locazione, dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dal personale appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica. I comuni possono considerare direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata (in caso di più unità immobiliari, la predetta agevolazione può essere applicata ad una sola unità immobiliare).

 

Si ricorda che analogamente la normativa vigente (articolo 13, comma 2, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201) in tema di imposta municipale propria prevede che l'imposta municipale propria non si applica, altresì:

a)   alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari, ivi incluse le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza anagrafica;

b)   ai fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali;

c)   alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;

d)   a un unico immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dal personale appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica.

Lo stesso comma 2 dispone inoltre che i comuni possono considerare direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata. In caso di più unità immobiliari, la predetta agevolazione può essere applicata ad una sola unità immobiliare.

 

La lettera d) definisce cosa si deve intendere per area fabbricabile: si intende l'area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi, ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell'indennità di espropriazione per pubblica utilità. Si applica a tal fine l'articolo 36, comma 2, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, il quale prevede che un'area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall'approvazione della regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo.

Sono considerati, tuttavia, non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, sui quali persiste l'utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all'allevamento di animali. Sono ricompresi tra i terreni da considerarsi non fabbricabili anche quelli posseduti e diretti dalle società agricole di cui all’articolo 2, commi 4 e 4-bis, del citato decreto legislativo n. 99 del 2004 ovvero dalle società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, considerate imprenditori agricoli professionali, dalle società agricole di persone con almeno un socio coltivatore diretto, dalle società agricole di capitali con almeno un amministratore coltivatore diretto, nonché dalle società cooperative con almeno un amministratore socio coltivatore diretto, iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale.

A tale proposito si segnala che l’articolo 16-ter del decreto-legge n. 34 del 2019 equipara, con una norma di interpretazione autentica, quindi retroattiva, le società agricole agli imprenditori agricoli a titolo principale (IAP) e ai coltivatori diretti al fine di includerle nelle agevolazioni fiscali riconosciute a questi ultimi ai fini dell’imposta municipale propria.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, che reca disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, è imprenditore agricolo professionale colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro.

Non vi è nel nostro ordinamento una definizione unica di coltivatore diretto applicabile ad ogni situazione, ma si deve far ricorso alla legge che di volta in volta deve essere applicata e alle interpretazioni giurisprudenziali. Tuttavia si ricorda che in base alla legge 26 ottobre 1957, n. 1047, articolo 2, in materia di assicurazione per invalidità e vecchiaia dei coltivatori diretti, sono considerati coltivatori diretti i proprietari, gli affittuari, gli enfiteuti e gli usufruttuari, i miglioratori, gli assegnatari, i pastori e gli altri comunque denominati che direttamente e abitualmente si dedicano alla manuale coltivazione dei fondi o all'allevamento ed al governo del bestiame, mentre ai sensi dell' art. 2 della legge 9 del 1963, viene specificato che il requisito della abitualità si ritiene sussistere quando l'attività sia svolta in modo esclusivo o prevalente, intendendosi per attività prevalente quella che occupi il lavoratore per il maggior periodo di tempo nell'anno e costituisca la maggior fonte di reddito. Successivamente l’articolo 6 della legge 3 maggio 1982, n. 203, in materia di norme sui contratti agrari, definisce affittuari coltivatori diretti coloro che coltivano il fondo con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempreché tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate necessarie per la coltivazione del fondo stesso, anche dell'impiego delle macchine agricole.

 

La lettera in esame stabilisce infine che il comune, su richiesta del contribuente, attesta se un'area sita nel proprio territorio è fabbricabile in base ai criteri sopra richiamati.

 

Infine la lettera e) dispone che per terreno agricolo è da intendersi il terreno iscritto in catasto, a qualsiasi uso destinato, compreso quello non coltivato.

 

Si ricorda che l’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, in materia di riordino della finanza degli enti territoriali, dispone che per terreno agricolo si intende il terreno adibito all'esercizio delle attività indicate nell'articolo 2135 del codice civile ovvero coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. L’articolo del codice richiamato specifica inoltre che per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine che si intendono comunque connesse le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge. 

 

L’articolo 1, commi e 3 e 4 dell’A.C. 1904

Come anticipato in apertura, l’A.C. 1904 individua il presupposto d’imposta all’articolo 1, commi 3 e 4, con prescrizioni che riprendono sostanzialmente le altre due proposte di legge, ma con le seguenti differenze:

§  in ordine alla definizione di fabbricato (articolo 1, comma 4, lettera c)) viene specificamente disciplinata l’ipotesi di completamento parziale: in tal caso, le unità immobiliari accatastate o comunque utilizzate sono soggette a imposta come fabbricato. Il valore dell'area fabbricabile su cui insiste il fabbricato parzialmente costruito è calcolato proporzionalmente alla cubatura, o alla superficie utile, prevista dal progetto approvato e a quella ancora da terminare;

§  è previsto un regime più stringente per le agevolazioni “prima casa” (articolo 1, comma 4, lettera b)). Ove i componenti del nucleo familiare stabiliscano la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili differenti, l'agevolazione o l'esenzione prevista per l'abitazione principale si applica a una sola delle abitazioni a scelta dei contribuenti, da effettuarsi mediante apposita dichiarazione, anche nel caso in cui gli immobili si trovino in comuni diversi. Ciò differisce sia da quanto previsto dalle altre due proposte, sia dalla legislazione vigente, che impedisce – come si è visto – la duplice esenzione solo ove gli immobili si trovino nel medesimo comune. La proposta dispone inoltre che, in caso di mancata dichiarazione, entrambe le abitazioni siano soggette a IMU;

§  per l’assimilazione a “prima casa” dell’immobile assegnato al coniuge a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, viene richiesto che l’assegnatario vi abbia stabilito la propria residenza anagrafica e la dimora abituale. L’assimilazione ad abitazione principale è effettuata nei limiti della quota di possesso del coniuge non assegnatario o di suoi parenti entro il secondo grado (articolo 1, comma 4, lettera 2));

§  non viene riprodotta la norma che assimila alla “prima casa”, (come previsto dalla legislazione vigente e ribadito dalle altre due proposte in esame) per il solo personale delle Forze armate, delle Forze di polizia, dei vigili del fuoco e del personale prefettizio. Con una norma di portata più generale, si considera assimilata all’abitazione principale un solo immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto e non concesso in locazione dal lavoratore dipendente che, in forza di obbligo di legge o contrattuale, è tenuto a trasferirsi per motivi di lavoro e, in tal caso, non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica (articolo 1, comma 4, lettera b), n. 5);

§  per l’applicazione dell’esenzione sugli immobili assimilati alla “prima casa” viene richiesta la presentazione, a pena di decadenza (entro il termine ordinario per la presentazione delle dichiarazioni), di apposita dichiarazione con la quale si attesta il possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli immobili ai quali il beneficio si applica (articolo 1, comma 4, lettera b));

§  con riferimento ai terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, sui quali persiste l'utilizzazione agro-silvo-pastorale, la proposta chiarisce che la “non fabbricabilità” ricorre nei limiti della quota di possesso; rispetto alle altre proposte, inoltre, l’agevolazione non viene estesa alle società agricole (articolo 1, comma 4, lettera d)).


-         

Articolo 3
(Soggetti dell’obbligazione tributaria)

 

 

L’articolo 3 dell’A.C. 1429 e dell’A.C. 1918, con norme di identico contenuto, definisce quali sono i soggetti attivi e passivi dell’imposta municipale sugli immobili (nuova IMU) e riserva allo Stato il gettito derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D.

L’articolo 1, commi 5 e 6 dell’A.C. 1904, individua i soggetti attivi e passivi della nuova imposta, in analogia alle altre proposte. Tuttavia l’A.C. 1904 non riserva allo Stato il gettito derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo 3 dell’A.C. 1429 e dell’A.C. 1918 (articolo 1, comma 5 dell’A.C. 1904) stabilisce che il soggetto attivo dell'imposta è il comune con riferimento agli immobili la cui superficie insiste, interamente o prevalentemente, sul territorio del comune stesso. L'imposta non si applica per gli immobili di cui il comune è proprietario ovvero titolare di altro diritto reale di godimento quando la loro superficie insiste interamente o prevalentemente sul suo territorio.

 

A legislazione vigente, l’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n.504, in materia di soggetto attivo dell’imposta comunale sugli immobili, prevede che l'imposta è liquidata, accertata e riscossa da ciascun comune per gli immobili la cui superficie insiste, interamente o prevalentemente, sul territorio del comune stesso. L'imposta non si applica per gli immobili di cui il comune è proprietario ovvero titolare dei diritti indicati nell'articolo precedente quando la loro superficie insiste interamente o prevalentemente sul suo territorio.

 

Il comma prevede inoltre che, in caso di variazioni delle circoscrizioni territoriali dei comuni, anche nel caso di variazione dipendente dall’istituzione di nuovi comuni, si considera soggetto attivo il comune nell'ambito del cui territorio risultano ubicati gli immobili al 1° gennaio dell'anno cui l'imposta si riferisce.

 

L’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n.504, in materia di soggetto attivo dell’imposta comunale sugli immobili, stabilisce che in caso di variazioni delle circoscrizioni territoriali dei comuni, anche se dipendenti dalla istituzione di nuovi comuni, si considera soggetto attivo il comune nell'ambito del cui territorio risultano ubicati gli immobili al 1° gennaio dell'anno cui l'imposta si riferisce.

Il comma 2 dell’articolo 3 (articolo 1, comma 6 dell’A.C. 1904) stabilisce che i soggetti passivi dell'imposta sono i possessori di immobili, intendendosi per tali il proprietario ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. Nel caso di concessione di beni demaniali, il soggetto passivo è il concessionario. In caso di, l'imposta è dovuta dal locatario a decorrere dalla data della stipulazione e per tutta la durata del contratto. Per durata del contratto di locazione finanziaria deve intendersi il periodo intercorrente dalla data della stipulazione alla data di riconsegna del bene al locatore, comprovata dal verbale di consegna.

L’A.C. 1904 non reca la definizione di durata del contratto di locazione finanziaria.

Si ricorda che - analogamente - l’articolo 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in materia di applicazione dell'imposta municipale propria, dispone che i soggetti passivi dell'imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto.

 

Il comma 2 prosegue prevedendo che, in presenza di più soggetti passivi con riferimento ad un medesimo immobile, ognuno è titolare di un'autonoma obbligazione tributaria. Nell'applicazione dell'imposta si tiene conto degli elementi soggettivi ed oggettivi riferiti ad ogni singola quota di possesso, anche nei casi di applicazione delle esenzioni o agevolazioni.

 

Il comma 3 dell’articolo 3 riserva allo Stato il gettito dell'imposta municipale sugli immobili derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento. Tale riserva non si applica agli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D posseduti dai comuni e che insistono sul rispettivo territorio.

Questa norma non è riprodotta nell’A.C. 1904, come anticipato sopra: di conseguenza la proposta riserva il gettito degli immobili produttivi ai comuni.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 380, lettera f), della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge di stabilità 2013), riserva allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento e tale riserva non si applica agli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D posseduti dai comuni e che insistono sul rispettivo territorio.

Si segnala a tale proposito che nel corso della seduta della Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria di mercoledì 20 marzo 2019, il direttore dell'Agenzia delle entrate, Antonino Maggiore, ha evidenziato che gli immobili del gruppo D, a fronte di un contenuto numero di unità immobiliari (1,5 milioni, pari al 2,3 per cento del totale) rappresentano una rilevante quota della rendita catastale complessiva, pari al 28 per cento, circa 10,2 miliardi di euro.

 

Si ricorda infine che il gruppo catastale D, immobili a destinazione speciale, è composto da:

D/1 - Opifici;

D/2 - Alberghi e pensioni;

D/3 - Teatri, cinematografi, sale per concerti e spettacoli e simili;

D/4 - Case di cura ed ospedali (quando per le loro caratteristiche non sono comparabili con le unità tipo di riferimento);

D/5 - Istituti di credito, cambio ed assicurazione (quando per le loro caratteristiche non sono comparabili con le unità tipo di riferimento);

D/6 - Fabbricati e locali per esercizi sportivi (quando per le loro caratteristiche non sono comparabili con le unità tipo di riferimento);

D/7 - Fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni;

D/8 - Fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni;

D/9 - Edifici galleggianti o sospesi, assicurati a punti fissi al suolo: ponti privati soggetti a pedaggio;

D/10 - Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole.

Per una ricognizione completa della classificazione delle categorie catastali si consiglia la consultazione del quadro generale delle categorie pubblicato sul sito dell’Agenzia dell’entrate.

 

Il comma dispone anche che per l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi e il contenzioso si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta municipale propria. Le attività di accertamento e riscossione relative agli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D sono svolte dai comuni ai quali spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle suddette attività a titolo di imposta, interessi e sanzioni.

 

L’articolo 1, comma 380, lettera f), della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge di stabilità 2013), prevede che per l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi e il contenzioso si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta municipale propria. Le attività di accertamento e riscossione relative agli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D sono svolte dai comuni ai quali spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle suddette attività a titolo di imposta, interessi e sanzioni. 

 


 

Articolo 4
(Base imponibile)

 

 

L’articolo 4 dell’A.C. 1429 e dell’A.C. 1918, con norme di pressoché identico contenuto, definisce le modalità di determinazione della base imponibile dell'imposta municipale sugli immobili (nuova IMU) nonché i casi di riduzione della stessa.

L’A.C. 1904 individua la base imponibile della nuova IMU ai commi 6-11 e 17 dell’articolo 1, con alcune differenze - rispetto alle altre proposte di legge - di cui si darà conto in seguito.

L’articolo 4 dell’A.C. 1429 e dell’A.C. 1918

Il comma 1 stabilisce che la base imponibile dell'imposta è costituita dal valore degli immobili. Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1o gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento ai sensi dell'articolo 3, comma 48, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i seguenti moltiplicatori:

a)  160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10;

b)  140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;

c)  80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale D/5;

d)  80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10;

e)  65 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, ad eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5;

f)    55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.

 

L'articolo 3, comma 48, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, prevede che fino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe d'estimo le vigenti rendite catastali urbane sono rivalutate del 5 per cento ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili e di ogni altra imposta.

Si evidenzia inoltre che la base imponibile per i fabbricati iscritti in catasto stabilita dall’articolo 13, comma 4, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, in materia di imposta municipale propria, è così determinata: il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento ai sensi dell'articolo 3, comma 48, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i seguenti moltiplicatori:

a)   160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10;

b)   140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;

c)   b-bis. 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale D/5;

d)   80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10;

e)   60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, ad eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5; tale moltiplicatore è elevato a 65 a decorrere dal 1º gennaio 2013 e 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.

Per una ricognizione completa della classificazione delle categorie catastali si consiglia la consultazione del quadro generale delle categorie pubblicato sul sito dell’Agenzia dell’entrate.

Si segnala che nel corso della seduta della Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria di mercoledì 20 marzo 2019, il direttore dell'Agenzia delle entrate, Antonino Maggiore, ha evidenziato che con riferimento al 31 dicembre 2018 le unità immobiliari iscritte al catasto edilizio urbano sono circa 74 milioni, di cui 63,8 milioni censite nelle categorie ordinarie e speciali con rendita catastale attribuita complessivamente pari a 36,6 miliardi di euro. Gli immobili dei gruppi A, B e C rappresentano il 69% del totale della rendita catastale, per un importo pari a 25,6 miliardi di euro, mentre gli immobili del gruppo D, a fronte di un contenuto numero di unità immobiliari (1,5 milioni, pari al 2,3 per cento del totale) rappresentano una rilevante quota della rendita catastale complessiva, pari al 28 per cento, circa 10,2 miliardi di euro.

Si ricorda infine che sono considerati immobili a destinazione ordinaria GRUPPO A: A/1 - Abitazioni di tipo signorile, A/2 - Abitazioni di tipo civile, A/3 - Abitazioni di tipo economico, A/4 - Abitazioni di tipo popolare, A/5 - Abitazioni di tipo ultrapopolare, A/6 - Abitazioni di tipo rurale, A/7 - Abitazioni in villini, A/8 - Abitazioni in ville, A/9 - Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici e storici, A/10 - Uffici e studi privati, A/11 - Abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi; GRUPPO B: B/l - Collegi e convitti; educandati, ricoveri, orfanotrofi, ospizi, conventi, seminari e caserme; B/2 - Case di cure ed ospedali (quando per le loro caratteristiche risultano comparabili con le unità tipo di riferimento); B/3 - Prigioni e riformatori; B/4 - Uffici pubblici; B/5 - Scuole, laboratori scientifici; B/6 - Biblioteche, pinacoteche, musei, gallerie, accademie, che non hanno sede in edifici della categoria A/9; B/7 - Cappelle ed oratori non destinati all'esercizio pubblico dei culti; B/8 - Magazzini sotterranei per deposito derrate; GRUPPO C: C/l - Negozi e botteghe, C/2 - Magazzini e locali di deposito, C/3 - Laboratori per arti e mestieri, C/4 - Fabbricati e locali per esercizi sportivi, C/5 - Stabilimenti balneari e di acque curative, C/6 - Stalle, scuderie, rimesse e autorimesse, C/7 - Tettoie chiuse o aperte.

Sono considerati immobili a destinazione speciale GRUPPO D: D/1 – Opifici, D/2 - Alberghi e pensioni, D/3 - Teatri, cinematografi, sale per concerti e spettacoli e simili, D/4 - Case di cura ed ospedali (quando per le loro caratteristiche non sono comparabili con le unità tipo di riferimento), D/5 - Istituti di credito, cambio ed assicurazione (quando per le loro caratteristiche non sono comparabili con le unità tipo di riferimento), D/6 - Fabbricati e locali per esercizi sportivi (quando per le loro caratteristiche non sono comparabili con le unità tipo di riferimento), D/7 - Fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni, D/8 - Fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni, D/9 - Edifici galleggianti o sospesi, assicurati a punti fissi al suolo: ponti privati soggetti a pedaggio, D/10 - Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole.

 

Il comma 2 prevede che le variazioni di rendita catastale intervenute in corso d'anno, a seguito di interventi edilizi sul fabbricato, producono effetti dalla data di ultimazione dei lavori, o, se antecedente, dalla data di utilizzo.

Il comma 3 prevede che, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino al momento della richiesta dell'attribuzione della rendita, il valore è determinato, alla data di inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di acquisizione, secondo i criteri stabiliti nel sesto periodo del comma 3, dell'articolo 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, in materia di imposta straordinaria immobiliare, ovvero applicando i coefficienti aggiornati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Si ricorda che il sesto periodo del comma 3, dell'articolo 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, prevede che per le unità immobiliari classificate o classificabili nel gruppo D possedute nell'esercizio d'impresa, il valore è costituito dall'ammontare, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili applicando per ciascun anno di formazione dello stesso i seguenti coefficienti: 1992: 1,02; 1991: 1,03; 1990: 1,05; 1989: 1,10; 1988: 1,15; 1987: 1,20; 1986: 1,30; 1985: 1,40; 1984: 1,50; 1983: 1,60; 1982 e precedenti: 1,70. Successivamente l’articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 504 del 1992 ha disposto che  per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all'anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, il valore è determinato, alla data di inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di acquisizione, secondo i criteri stabiliti nel penultimo periodo del comma 3, dell'articolo 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, e che i coefficienti sono aggiornati con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.

Da ultimo vi è stato l’aggiornamento dei coefficienti, per l'anno 2019, per i fabbricati appartenenti al gruppo catastale D, stabilito dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 6 maggio 2019: per l’anno 2019 = 1,02; per l’anno 2018 = 1,03; per l’anno 2017 = 1,04; per l’anno 2016 = 1,04; per l’anno 2015 = 1,05; per l’anno 2014 = 1,05; per l’anno 2013 = 1,05; per l’anno 2012 = 1,08; per l’anno 2011 = 1,11; per l’anno 2010 = 1,13; per l’anno 2009 = 1,14; per l’anno 2008 = 1,18; per l’anno 2007 = 1,22; per l’anno 2006 = 1,26; per l’anno 2005 = 1,29; per l’anno 2004 = 1,37; per l’anno 2003 = 1,41; per l’anno 2002 = 1,47; per l’anno 2001 = 1,50; per l’anno 2000 = 1,55; per l’anno 1999 = 1,57; per l’anno 1998 = 1,60; per l’anno 1997 = 1,64; per l’anno 1996 = 1,69; per l’anno 1995 = 1,74; per l’anno 1994 = 1,79; per l’anno 1993 = 1,83; per l’anno 1992 = 1,85; per l’anno 1991 = 1,88; per l’anno 1990 = 1,97; per l’anno 1989 = 2,06; per l’anno 1988 = 2,15; per l’anno 1987 = 2,33; per l’anno 1986 = 2,51;per l’anno 1985 = 2,69; per l’anno 1984 = 2,87; per l’anno 1983 = 3,05; per l’anno 1982 e anni precedenti = 3,23.

 

In caso di locazione finanziaria, il valore è determinato sulla base delle scritture contabili del locatore, il quale è obbligato a fornire tempestivamente al locatario tutti i dati necessari per il calcolo.

 

Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1° gennaio dell'anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all'indice di edificabilità, alla destinazione d'uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche.

 

In caso di utilizzazione edificatoria dell'area, di demolizione di fabbricato, di interventi di recupero la base imponibile è costituita dal valore dell'area, la quale è considerata fabbricabile, senza computare il valore del fabbricato in corso d'opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato.

 

Si evidenzia che i commi 5 e 6 dell’articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, in materia di base imponibile dell’ICI, prevedono che per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1° gennaio dell'anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all'indice di edificabilità, alla destinazione d'uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche. In caso di utilizzazione edificatoria dell'area, di demolizione di fabbricato, di interventi di recupero, la base imponibile è costituita dal valore dell'area, la quale è considerata fabbricabile senza computare il valore del fabbricato in corso d'opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato.

 

Per i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati (questi ultimi sono menzionati nell’A.C. 1904 ma non nell’A.C. 1918) il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento ai sensi dell'articolo 3, comma 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, un moltiplicatore pari a 135.

 

Si evidenzia che l’articolo13 comma 5 del decreto legge 06 dicembre 2011, n. 201, in materia di imposta municipale propria, dispone che per i terreni agricoli il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento, un moltiplicatore pari a 135.

Si ricorda inoltre che l'articolo 3, comma 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, stabilisce che fino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe d'estimo ai fini dei tributi diversi delle imposte sui redditi i redditi dominicali sono rivalutati del 25 per cento.

 

Il comma 4 prevede alcuni casi di riduzione della base imponibile. In particolare è ridotta del 50 per cento nei casi seguenti:

 

a)  per i fabbricati di interesse storico o artistico di cui all'articolo 10 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

 

Si ricorda che l'articolo 10 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, stabilisce che sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Sono inoltre beni culturali:

§  le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;

§  gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;

§  le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico.

Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione dell’interesse culturale:

§  le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1;

§  gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante;

§  le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale;

§  le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse, particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose. Se le cose rivestono altresì un valore testimoniale o esprimono un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale, il provvedimento di cui all'articolo 13 può comprendere, anche su istanza di uno o più comuni o della regione, la dichiarazione di monumento nazionale;

§  le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l'integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione;

§  le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che non siano ricomprese fra quelle indicate al comma 2 e che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestano come complesso un eccezionale interesse.

 

b)  per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono dette condizioni. L'inagibilità o inabitabilità è accertata dall'ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti la dichiarazione di inagibilità o inabitabilità del fabbricato da parte di un tecnico abilitato, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente. Ai fini dell'applicazione della riduzione di cui al presente comma, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione;

 

c)   per le unità immobiliari, fatta eccezione per quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale, a condizione che il contratto sia registrato e che il comodante possieda un solo immobile in Italia e risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso comune in cui è situato l'immobile concesso in comodato; il beneficio si applica anche nel caso in cui il comodante oltre all'immobile concesso in comodato possieda nello stesso comune un altro immobile adibito a propria abitazione principale, ad eccezione delle unità abitative classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. Il beneficio di cui alla presente lettera si estende, in caso di morte del comodatario, al coniuge di quest'ultimo in presenza di figli minori. Tale prescrizione è riportata, con formulazione analoga, all’articolo 1, comma 17 dell’A.C. 1904.
Al riguardo si ricorda che l’articolo 3-quater del decreto-legge n. 34 del 2019 elimina gli obblighi dichiarativi relativi al possesso dei requisiti per fruire delle agevolazioni IMU e TASI per gli immobili concessi in comodato a parenti in linea retta di primo grado, nonché per fruire delle agevolazioni sugli immobili in locazione a canone concordato.

 

Articolo 1, commi 6-11 dell’A.C. 1904

Rispetto alle altre due proposte di legge, l’A.C. 1904:

§  reca una specifica modalità di individuazione della base imponibile per i fabbricati non iscritti in catasto diversi da quelli classificabili nel gruppo catastale D, nonché per i fabbricati per i quali sono intervenute variazioni permanenti, anche se dovute ad accorpamento di più unità immobiliari, che influiscono sull'ammontare della rendita catastale; nelle more delle procedure di accatastamento, per tali immobili il valore è determinato provvisoriamente con riferimento alla rendita dei fabbricati similari (articolo 1, comma 9);

§  con riferimento alle aree fabbricabili, precisa che si considera fabbricabile l'area su cui insistono fabbricati iscritti in catasto senza attribuzione di rendita e per la quale sono ammessi, in base agli strumenti urbanistici vigenti, specifici interventi edilizi. Ove siano adottati strumenti urbanistici che nel corso dell'anno determinano una diversa qualificazione dell'area fabbricabile, a decorrere dalla data di adozione, il valore imponibile è costituito da quello venale in comune commercio per aree fabbricabili aventi la medesima destinazione (articolo 1, comma 9);

§  si considerano fabbricati le piattaforme petrolifere collocate nel mare territoriale fino alla distanza di 12 miglia marine dalla linea di base. La base imponibile è determinata come per le aree fabbricabili, mediante il metodo della stima diretta (di cui all'articolo 1, commi 21 e 22, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, legge di stabilità 2016). Ove non vi sia distinta contabilizzazione delle piattaforme nelle scritture contabili del possessore, le voci contabili estranee alla componente immobiliare sono sottratte dalla base imponibile anche in ragione di stime valutative tecniche. Il soggetto attivo d'imposta è il comune nel cui territorio è compreso il tratto costiero antistante la piattaforma. Per i manufatti destinati all'esercizio dell'attività di rigassificazione del gas naturale liquefatto si applica il comma 728 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ai sensi del quale tali manufatti, ove abbiano una propria autonomia funzionale e reddituale che non dipende dallo sfruttamento del sottofondo marino, rientrano nella nozione di fabbricato assoggettabile ad imposizione per la sola porzione destinata ad uso abitativo e di servizi civili (articolo 1, comma 10).


§   

Articolo 5
(Aliquote)

 

 

L’articolo 5 di entrambe le pdl A.A.C.C.1429 e 1918 disciplina le aliquote dell’imposta, con identica formulazione.

L’A.C. 1904 disciplina le aliquote all’articolo 1, commi 12-14 e 19, con specifiche differenze di seguito illustrate.

 

L’articolo 5 degli A.A.C.C. 1429 e 1918

Per quanto riguarda l’IMU, ai sensi dell’articolo 13, comma 6 del decreto-legge n. 201 del 2011 l’aliquota ordinaria stabilita dalla legge per gli immobili diversi dall’abitazione principale è pari allo 0,76 per cento e i comuni possono aumentarla o diminuirla sino a 0,3 punti percentuali: l’aliquota può, pertanto, oscillare da un minimo di 0,46% ad un massimo di 1,06%, salvo che per alcune fattispecie (immobili non produttivi di reddito fondiario, immobili posseduti dai soggetti passivi dell'IRES e immobili locati) per le quali l’aliquota può essere diminuita fino allo 0,4%. Per le abitazioni principali non esenti (categorie catastali A/1, A/8 e A/9), invece, l’aliquota stabilita dalla legge è pari allo 0,4% (comma 7 dell’articolo 13) e i comuni possono aumentarla o diminuirla sino a 0,2 punti percentuali: l’aliquota può, pertanto, oscillare da un minimo di 0,2% ad un massimo di 0,6%. La legge, inoltre, prevede una detrazione di 200 euro, con facoltà per il comune di elevarla fino a concorrenza dell’imposta dovuta.

Con riferimento alla TASI, l’aliquota ordinaria stabilita dalla legge per tutti gli immobili soggetti alla TASI è pari allo 0,1 per cento (comma 676 della legge di stabilità 2014), ma i comuni possono ridurla fino all’azzeramento.

Si rinvia all’introduzione per ulteriori dettagli sui limiti alle aliquote IMU/TASI.

 

In particolare le proposte di legge all’articolo 5 chiariscono (comma 1) che l'aliquota di base per l'abitazione principaledi lusso” (ovvero classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9) e per le relative pertinenze, è pari allo 0,4 per cento e il comune, con deliberazione del consiglio comunale, può aumentarla di 0,2 punti percentuali o diminuirla fino all'azzeramento.

La norma ripropone dunque la vigente aliquota IMU per le “prime case di lusso” (articolo 13, comma 7 del decreto-legge n. 201 del 2011), salvo consentirne ai comuni, oltre alla riduzione, anche l’azzeramento.

 

L’articolo 5, comma 2 ripropone (articolo 13, comma 10 del decreto-legge n. 201 del 2011) anche la detrazione di 200 euro per l’IMU sulle “prime case di lusso”.  In particolare, si prevede che dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, ove classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 e per le relative pertinenze, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, 200 euro rapportati al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione.

Rispetto alle norme vigenti resta fermo che:

§  la detrazione, ove l'unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla propria quota;

§  i comuni possono elevare la detrazione fino a concorrenza dell'imposta dovuta, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio;

§  la detrazione si applica agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli Istituti autonomi case popolari - IACP.

 

L’articolo 5, al comma 3, reca anzitutto la misura massima di aliquota IMU per i fabbricati rurali ad uso strumentale, che non può comunque essere superiore allo 0,1 per cento, con possibilità per i comuni di ridurla fino all’azzeramento.

 

Il vigente articolo 13, comma 8 del decreto-legge n. 201 del 2011 fissa l’aliquota per tali tipologie di immobili nello 0,2 per cento, con possibilità per i comuni di ridurla allo 0,1 per cento. In sostanza, dunque, le norme in esame introducono un regime più favorevole per i fabbricati rurali strumentali; a legislazione vigente essi non sono soggetti alla TASI (comma 708 della legge di stabilità 2014).

 

Il comma 3 in commento fissa l’aliquota di base per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, nello 0,1 per cento, con facoltà dei comuni di aumentarla fino allo 0,25 o diminuirla fino all’azzeramento, in sostanza riproponendo le vigenti aliquote TASI per tali immobili.

 

L’articolo 13, comma 9-bis del decreto-legge n. 201 del 2011 esenta da IMU i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati; essi sono soggetti a TASI (comma 678 legge di stabilità 2014) nella misura dello 0,1 per cento. È facoltà dei comuni modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25 per cento o, in diminuzione, fino all'azzeramento. 

 

Al riguardo appare necessario coordinare le norme in esame con quanto previsto dall’articolo 7-bis del decreto-legge n. 34 del 2019  che esenta da Tasi i fabbricati costruiti e destinati alla vendita a decorrere dal 1° gennaio 2022.

 

Il comma 4, con una norma di chiusura, prevede che l'aliquota di base per gli immobili diversi dall'abitazione principale e dai fabbricati rurali ad uso strumentale sia pari allo 0,76 per cento e i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono aumentarla sino allo 1,06 per cento o diminuirla fino all’azzeramento.

Si consente ai comuni, per il 2019, di superare il predetto limite dell’1,06 per cento, per un ammontare complessivamente non superiore alla maggiorazione dello 0,8 per mille prevista per la TASI dall’articolo 1, comma 677, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ma solo se i predetti comuni nell’anno 2018 hanno mantenuto la maggiorazione, alle condizioni previste dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 28 della legge 28 dicembre 2015, n. 208), come già previsto dalla legge di bilancio 2019.

 

Il richiamato comma 28 aveva tenuto ferma per l’anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati da imposta (tra cui le abitazioni principali di lusso), la possibilità per i comuni di adottare la maggiorazione dell’aliquota TASI fino allo 0,8 per mille (di cui al comma 677 della legge di stabilità 2014), nella stessa misura prevista per il 2015, con delibera del consiglio comunale. Il comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (come modificato nel tempo) consente al comune di determinare l'aliquota TASI rispettando in ogni caso uno specifico vincolo: la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile non deve essere superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille (e ad altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile). Inoltre lo stesso comma aveva fissato per il 2014 ed il 2015 il livello massimo di imposizione della TASI al 2,5 per mille. Negli anni 2014-2015 i comuni sono stati autorizzati a superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, a specifiche condizioni, ovvero a patto di finanziare detrazioni d'imposta sulle abitazioni principali che generino effetti equivalenti alle detrazioni IMU. Le leggi di bilancio 2017, 2018 e 2019 (da ultimo con l’articolo 1, comma 1133 della legge di bilancio 2019, legge n. 145 del 2018) hanno modificato il comma 28 al fine di consentire ai comuni di confermare, anche nel triennio 2017-2019, la stessa maggiorazione della TASI già disposta per il 2016, con delibera del consiglio comunale.

 

Si segnala che l’ultimo periodo del comma 4 riproduce, in sostanza, quanto già previsto per il 2019 dall’articolo 1, comma 1133 dell’ultima legge di bilancio (legge n. 148 del 2015).

Il testo dell’articolo andrebbe dunque coordinato con la disciplina vigente.

 

Le aliquote dell’imposta nell’A.C. 1904

Il comma 12 dell’articolo 1 dell’A.C. 1904 fissa l'aliquota di base per l'abitazione principale “di lusso” e per le relative pertinenze al 5 per mille; consente al comune, con deliberazione del consiglio, di aumentarla fino al 7 per mille o azzerarla.  Non viene riprodotta la detrazione forfettaria.

Ai sensi del successivo comma 13, l'aliquota di base per i fabbricati rurali strumentali, similmente alle altre proposte, rimane pari all'1 per mille; il comune, con deliberazione del consiglio comunale, è tuttavia autorizzato, oltre che ad azzerarla, anche ad aumentarla fino al 2 per mille.

Con riferimento al limite massimo dell’aliquota, pari a 10,6 per mille (comma 14), la proposta in esame ne consente il superamento:

§  ai soli comuni che nell'anno 2018 hanno applicato, in misura superiore allo 0,4 per mille, la maggiorazione consentita dalla legge di stabilità 2014 (citato articolo 1, comma 677, della legge 27 dicembre 2013, n. 147);

§  limitatamente ad alcune categorie di immobili, ovvero per quelli non esentati ai sensi delle disposizioni di cui ai commi da 10 a 26 della legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208);

§  in misura non superiore alla differenza tra la maggiorazione effettivamente applicata e lo 0,4 per mille.

Al riguardo si osserva che il richiamo generico ai commi da 10 a 26 non appare idoneo a individuare con chiarezza gli immobili esenti, dal momento che i predetti commi recano un’ampia e articolata disciplina che individua immobili agevolati, immobili esenti, nonché altre disposizioni in tema di imposte immobiliari che non riguardano il presupposto di imposta o la base imponibile.

Sembra comunque potersi evincere che gli immobili esenti siano i seguenti:

§  terreni agricoli ricadenti in zone montane o di collina, ovvero quelli esenti a specifiche condizioni di legge (comma 13);

§  cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza anagrafica (comma 15);

§  abitazione principale (comma 14, lettere a) e b));

§  immobili cd. “imbullonati”, ossia macchinari, i congegni, le attrezzature ed altri impianti, funzionali al processo produttivo, esclusi dalla stima diretta ai fini dell’attribuzione della rendita catastale (comma 21).

Il comma 19, con riferimento ai fabbricati costruiti dall'impresa costruttrice e da questa destinati alla vendita, disciplina il caso di locazione temporanea del fabbricato destinato alla vendita, soggetto all'imposta con aliquota ordinaria per il periodo in cui risulta locato. Ai fini dell'applicazione dei benefìci di cui al presente comma, il soggetto passivo presenta, a pena di decadenza entro il termine ordinario per la presentazione delle dichiarazioni, utilizzando il modello approvato ai sensi del medesimo comma, un'apposita dichiarazione con la quale attesta il possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli immobili ai quali il beneficio si applica.


 

Articolo 6
(Manovrabilità dell’imposta da parte dei comuni)

 

 

L’articolo 6 di entrambi gli A.A.C.C.1429 e 1918, identico, disciplina la manovrabilità dell’imposta da parte dei comuni stabilendo, tra l’altro, che i comuni possono diversificare le aliquote della nuova IMU esclusivamente nei limiti e nei casi previsti dalla legge.

L’A.C. 1904 disciplina la manovrabilità delle aliquote all’articolo 1, commi 15-18 e 21, con specifiche differenze di seguito illustrate.

L’articolo 6 degli A.A.C.C.1429 e 1918

Con una disposizione generale, si consente ai comuni (comma 1) di diversificare le aliquote dell’imposta esclusivamente nei limiti e nei casi previsti dalla legge, senza introdurre ulteriori e diverse distinzioni all’interno di ciascuna fattispecie.

 

La norma deroga all’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che consente agli enti locali di disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, con l’eccezione di alcuni aspetti (individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi) e nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.

 

Per quanto riguarda l’IMU, ai sensi dell’articolo 13, comma 6 del decreto-legge n. 201 del 2011 l’aliquota ordinaria stabilita dalla legge per gli immobili diversi dall’abitazione principale è pari allo 0,76 per cento e i comuni possono aumentarla o diminuirla sino a 0,3 punti percentuali: l’aliquota può, pertanto, oscillare da un minimo di 0,46% ad un massimo di 1,06%, salvo che per alcune fattispecie (immobili non produttivi di reddito fondiario, immobili posseduti dai soggetti passivi dell'IRES e immobili locati) per le quali l’aliquota può essere diminuita fino allo 0,4%. Per le abitazioni principali non esenti (categorie catastali A/1, A/8 e A/9), invece, l’aliquota stabilita dalla legge è pari allo 0,4% (comma 7 dell’articolo 13) e i comuni possono aumentarla o diminuirla sino a 0,2 punti percentuali: l’aliquota può, pertanto, oscillare da un minimo di 0,2% ad un massimo di 0,6%. La legge, inoltre, prevede una detrazione di 200 euro, con facoltà per il comune di elevarla fino a concorrenza dell’imposta dovuta.

Con riferimento alla TASI, l’aliquota ordinaria stabilita dalla legge per tutti gli immobili soggetti alla TASI è pari allo 0,1 per cento (comma 676 della legge di stabilità 2014), ma i comuni possono ridurla fino all’azzeramento.

Si rinvia all’introduzione per ulteriori dettagli sui limiti alle aliquote IMU/TASI.

 

Il comma 2 riduce l’imposta sulle abitazioni locate a canone concordato, determinata applicando l’aliquota di base dello 0,76 per cento o la diversa misura stabilita dal comune, al 75 per cento.

 

La norma ripropone quanto previsto per l’IMU dall’articolo 13, comma 6-bis del decreto-legge n. 201 del 2011 e per la TASI dall’articolo 1, comma 678 della legge di stabilità 2014. Stante la sottoposizione degli immobili ad un’unica imposta, in luogo delle due vigenti, la proposta in esame rende il trattamento di tali immobili più favorevole.

 

Il comma 3 dell’articolo 6 reca ulteriori ipotesi nelle quali il comune può differenziare l’aliquota ordinaria pari allo 0,76 per cento, da determinare nel regolamento dell’imposta.

Tale facoltà riguarda:

§  i fabbricati industriali e per i fabbricati commerciali;

§  i fabbricati appartenenti al gruppo catastale B (collegi e convitti, educandati; ricoveri; orfanotrofi; ospizi; conventi; seminari; caserme; case di cura ed ospedali (senza fine di lucro); prigioni e riformatori; uffici pubblici, scuole e laboratori scientifici; biblioteche, pinacoteche, musei, gallerie, accademie che non hanno sede in edifici della categoria A/9; cappelle ed oratori non destinati all’esercizio pubblico del culto; magazzini sotterranei per depositi di derrate);

§  i fabbricati appartenenti alla categoria catastale C3 (laboratori per arti e mestieri) e per i fabbricati ad uso commerciale con particolari caratteristiche tipiche dei centri storici.

Il medesimo comma 3 consente, per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, ai comuni di aumentare fino a 0,3 punti percentuali l’aliquota standard dello 0,76 per cento, nei limiti della quota di loro spettanza.     Il provvedimento dispone altresì che i comuni possano anche differenziare le aliquote tra le diverse categorie.

 

Si rammenta che l’articolo 1, comma 380 della legge di stabilità 2013 (legge 228 del 2012) consente ai comuni di aumentare sino a 0,3 punti percentuali l'aliquota IMU standard dello 0,76 per cento per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D. Il gettito dei predetti immobili, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento, è riservato attualmente allo Stato (tale riserva non si applica agli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D posseduti dai comuni e che insistono sul rispettivo territorio).

 

Infine il comma 4 prevede che il comune può differenziare l'aliquota dello 0,76 per cento per i fabbricati ad uso residenziale diversi dall'abitazione principale, per i fabbricati a disposizione, per i quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni, per i fabbricati locati a titolo di abitazione principale e per i fabbricati concessi in comodato a parenti in linea retta o collaterale oppure ad affini, stabilendo il grado di parentela.

 

Si ricorda che l’articolo 3-quater del decreto legge n. 34 del 2019 elimina gli obblighi dichiarativi relativi al possesso dei requisiti per fruire delle agevolazioni IMU e TASI per gli immobili concessi in comodato a parenti in linea retta di primo grado, nonché per fruire delle agevolazioni sugli immobili in locazione a canone concordato.

Le prescrizioni dell’A.C. 1904

Rispetto alle altre due proposte di legge:

§  il comma 16 dell’articolo 1 dell’A.C. 1904 reca uno specifico criterio per la riduzione delle aliquote per le abitazioni locate a canone concordato: il comune determina l'agevolazione spettante in modo che il valore complessivo del beneficio accordato non sia inferiore a quello disposto, a decorrere dall'anno 2016, per le medesime abitazioni, che consiste consistente nella riduzione del 25 per cento di IMU e TASI (ai sensi dell'articolo 1, commi 53 e 54, della legge di stabilità 2016, legge 28 dicembre 2015, n. 208);

§  il comma 21 chiarisce che, con riferimento al potere dei comuni di diversificare le aliquote, il trattamento di ciascun immobile è esteso alle relative pertinenze.

 


 

Articolo 7
(Esenzioni)

 

 

L’articolo 7 di entrambi gli A.A.C.C.1429 e 1918, identico nel contenuto, disciplina le esenzioni dalla nuova imposta immobiliare.

Nell’A.C. 1904 tale disciplina è contenuta all’articolo 1, commi 20, 22-23, con le differenze di seguito illustrate, nonché nell’articolo 2 che contiene una norma dii interpretazione autentica sugli immobili dello Stato.

L’articolo 7 degli A.A.C.C.1429 e 1918

Il comma 1 dell’articolo 7 esenta dalla nuova imposta i terreni agricoli. La norma riprende in gran parte quanto attualmente disposto per l’IMU dalla legge di stabilità per il 2016 (articolo 1, comma 13 della legge n. 208 del 2015). I terreni agricoli, a legislazione vigente, non sono sottoposti a TASI (che colpisce esclusivamente i fabbricati e le aree edificabili).

 

Ai sensi delle disposizioni in parola, sono esenti dall’imposta i terreni agricoli con le seguenti caratteristiche:

§  posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione; rispetto alla normativa vigente, si precisa che l’esenzione opera limitatamente alla quota di possesso;

§  ricadenti in aree montane o di collina, come individuati ex lege (individuate ai sensi dell’articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984 e della circolare n. 9 del 14 giugno 1993);

§  ubicati nei comuni delle isole minori e indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;

§  con specifica destinazione, ossia con immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, dunque indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.

Per una disamina sulla fiscalità agricola, – anche immobiliare – si rinvia al relativo tema web.

 

Il comma 2 riprende in gran parte le specifiche esenzioni IMU e TASI stabilite dalle norme vigenti.

 

Per quanto riguarda l’IMU, specifiche esenzioni sono indicate nell’art. 9, comma 8, primo e secondo periodo, del D.Lgs. n. 23 del 2011: esso, oltre a prevedere l’esenzione da IMU per gli immobili posseduti dallo Stato e dagli altri enti pubblici, ove destinati esclusivamente ai compiti istituzionali, richiama le ipotesi già previste per l’ICI dall’articolo 7, comma 1, lett. b), c), d), e), f), h) e i) del D.Lgs. n. 504 del 1992.

Per la TASI, le specifiche esenzioni sono indicate all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 16 del 2014 che prevede, come per l’IMU, l’esenzione per gli immobili posseduti dallo Stato e dagli altri enti pubblici, se destinati esclusivamente ai compiti istituzionali e per le fattispecie di cui all’articolo 7, comma 1, lett. b), c), d), e), f), e i) del D.Lgs. n. 504 del 1992. Sono inoltre esenti i rifugi alpini non custoditi, i punti d’appoggio e i bivacchi.

La norma in esame pertanto prevedono l’esenzione dalla nuova imposta per i seguenti immobili:

§  immobili posseduti dallo Stato e dai comuni, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dalle comunità montane, dai consorzi fra tali enti e dagli enti del Servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali (come previsto per IMU e TASI dalle citate norme);

§  fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9, ovvero stazioni, ponti, fabbricati destinati ad esigenze pubbliche, ecc. (categorie indicate all’articolo 7, comma 1, lettera b) del decreto ICI);

§  i fabbricati con destinazione ad usi culturali (successiva lettera c) del richiamato articolo 7, comma 1);

§  fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto e le relative pertinenze (lettera d) del vigente articolo 7, comma 1 del decreto ICI);

§  i fabbricati di proprietà della Santa Sede (lettera e) del vigente articolo 7, comma 1 del decreto ICI);

§  i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali è prevista l’esenzione dall’imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia (lettera f) del vigente articolo 7, comma 1 del decreto ICI).

 

Il comma 3 dell’articolo in commento disciplina le esenzioni per gli enti del Terzo settore.

 

Stante il rimando della disciplina generale IMU alle esenzioni in precedenza vigenti per l'ICI (in particolare all'articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo n. 504 del 1992), a legislazione vigente sono esenti da IMU gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali e destinati esclusivamente allo svolgimento di determinate attività: attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché di attività di religione o di culto, ovvero dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana. Analoga esenzione vale per la TASI (articolo 1, comma 3 del decreto-legge n. 16 del 2014).

L'articolo 91-bis del D.L. 1/2012 ha specificato che tale esenzione opera solo ove le predette attività – pur dando luogo, in astratto, a esenzione - siano svolte con modalità non commerciali. Quando è possibile individuare gli immobili o le porzioni di immobili adibiti esclusivamente a attività di natura non commerciale, l'esenzione si applica solo alla frazione di unità in cui tale attività si svolge (articolo 91-bis, comma 2). Quando, invece, tale individuazione non risulta possibile, l'esenzione si applica in proporzione all'utilizzazione non commerciale dell'immobile quale risulta da apposita dichiarazione (art. 91-bis, comma 3), come risultante da apposita dichiarazione.

Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 novembre 2012, n. 200 contiene le definizioni, tra l'altro, di ente non commerciale, delle attività scolte (previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, istituzionali, ecc.), delle modalità non commerciali (modalità di svolgimento delle attività istituzionali prive di scopo di lucro che, conformemente al diritto dell'Unione Europea, per loro natura non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che tale scopo perseguono e costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà) e dell'utilizzazione mista. Sono quindi definiti i requisiti generali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali (articolo 3) nonché ulteriori requisiti per quanto riguarda lo svolgimento di attività assistenziali e attività sanitarie, di attività didattiche, di attività culturali e attività ricreative, nonché di attività sportive. Successivamente la risoluzione n. 1/2012 del Dipartimento delle Finanze del MEF ha chiarito alcuni aspetti problematici relativi al medesimo provvedimento, in particolare concernenti l'applicabilità dello stesso agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e la decorrenza delle norme che definiscono lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali.

Nel dicembre 2012 la Commissione UE ha riscontrato che l'IMU è conforme alle norme dell'UE in materia di aiuti di Stato, in quanto limita chiaramente l'esenzione agli immobili in cui enti non commerciali svolgono attività non economiche. Inoltre, la nuova normativa prevede una serie di requisiti che gli enti non commerciali devono soddisfare per escludere che le attività svolte siano di natura economica. A parere della Commissione, tali salvaguardie garantiscono che le esenzioni dal versamento dell'IMU concesse agli enti non commerciali non comportino aiuti di Stato. La risoluzione n. 1/2013 del Dipartimento delle Finanze reca precisazioni sui termini per le dichiarazioni IMU relative a tale agevolazione. La legge di stabilità 2014 reca alcune disposizioni sulla dichiarazione IMU degli enti non commerciali, che deve essere esclusivamente telematica, secondo modalità demandate a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze. Tale modalità telematica può essere utilizzata anche dagli altri soggetti passivi dell'imposta municipale propria.

Per approfondimenti si rinvia alla nota IFEL del 2015.

Con la revisione degli enti del terzo settore (ad opera del D.Lgs. n. 117 del 2017 e successive modifiche) è stato chiarito (articolo 82, comma 6) che gli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali del Terzo settore (di cui all'articolo 79, comma 5 del medesimo decreto) destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di culto, sono esenti da TASI e IMU, alle condizioni e nei limiti previsti dalla disciplina ICI e IMU (articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504; articolo 9, comma 8, secondo periodo, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23; articolo 91-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 articolo 1, comma 3, del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16) e dalle relative disposizioni di attuazione.

 

Le proposte di legge in esame ribadiscono l’esenzione dalla nuova imposta gli immobili posseduti e utilizzati direttamente dagli enti del Terzo Settore (di cui al richiamato articolo 82, comma 6, del codice del Terzo settore), secondo le disposizioni di cui al più volte richiamato articolo 91-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, ove l’immobile presenti un’utilizzazione mista.

 

L’A.C. 1904

Il comma 22 dell’articolo 1, che sostanzialmente riproduce le esenzioni delle altre proposte (e dunque quelle vigenti), chiarisce tuttavia che alcune esenzioni vigono per il periodo dell’anno nel quale sussistono le condizioni prescritte dalla legge: si tratta di quelle operanti per gli immobili dello Stato e degli enti pubblici, ivi compresi quelli dell’Agenzia del demanio, per i fabbricati di categoria E, per i fabbricati a uso culturale o destinati al culto, per i fabbricati della Santa sede e degli Stati esteri  Precisa inoltre che l’esenzione per gli immobili degli enti territoriali opera per i beni che sono posseduti dagli stessi enti nel proprio territorio.

In luogo di disporre l’esenzione per gli enti del Terzo settore, il comma 23 dell’A.C. 1904 riproduce, nel primo periodo, il contenuto dell’articolo 7, comma 1, lettera i) del D.Lgs. n. 504 del 1992, stabilendo che sono esenti da imposta gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali, destinati esclusivamente allo svolgimento di determinate attività: attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché di attività di religione o di culto, ovvero dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana. Si mantiene ferma l’applicazione dell’imposta ai partiti politici e alle fondazioni bancarie, per gli immobili da essi posseduti, indipendentemente dalla destinazione d’uso.

 

L’articolo 2 dell’A.C. 1904, con una norma di interpretazione autentica espressamente qualificata come tale e, dunque, retroattiva (ai sensi dello Statuto dei contribuenti), chiarisce che l’articolo 9, comma 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, si interpreta nel senso che sono compresi tra gli immobili dello Stato oggetto dell'esenzione anche gli immobili posseduti dall'Agenzia del demanio (comma 1).

Con riferimento ai diversi soggetti proprietari di tali immobili, destinatari di accertamento o di sanzioni non riscosse prima della data di entrata in vigore del provvedimento in esame, non si applicano le sanzioni per omessa o infedele dichiarazione ICI (di cui all'articolo 14, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504) né quelle per ritardati od omessi versamenti e per violazioni in materia di compensazione (articolo 13 del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 471), né quelle per omessa o infedele dichiarazione IUC (di cui all'articolo 1, commi 696 e 697, della legge 27 dicembre 2013, n. 147).


 

Articolo 8
(Applicazione dell’imposta e versamenti)

 

 

L’articolo 8 di entrambi gli A.A.C.C.1429 e 1918, identico nel contenuto, disciplina i profili applicativi della nuova imposta, nonché i relativi versamenti. Viene sostanzialmente ripresa, con alcune specificità segnalate nel testo, la vigente disciplina IMU. Si segnala in particolare che le norme proposte intendono introdurre modalità automatizzate e telematiche per l’invio, da parte dei Comuni, delle delibere relative alla nuova imposta, in modo da consentire il prelievo automatico, da parte dell’Amministrazione finanziaria, dei dati ivi inseriti e la loro tempestiva pubblicazione online.

Nell’A.C. 1904 tale disciplina è contenuta all’articolo 1, commi da 24 a 30, con specifiche differenze di seguito illustrate.

L’articolo 8 degli A.A.C.C.1429 e 1918

Si rammenta preliminarmente che l’articolo 15-bis del decreto crescita (decreto-legge n. 34 del 2019) modifica le modalità e i termini di invio delle delibere regolamentari e tariffarie relative alle entrate tributarie dei comuni, delle province e delle città metropolitane. Ad esito dell’approvazione della legge di conversione, appare opportuno valutare un coordinamento tra la proposta in esame e il predetto provvedimento.

L’articolo 15-bis del decreto-legge crescita, tra l’altro:

·       dispone che a decorrere dall'anno di imposta 2020 tutte le delibere regolamentari e tariffarie relative alle entrate tributarie dei comuni siano inviate al Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze, esclusivamente per via telematica, mediante inserimento del testo nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale, per la pubblicazione nel sito informatico. Con riferimento alle delibere regolamentari e tariffarie relative alle entrate tributarie delle province e delle città metropolitane, la disposizione si applica a decorrere dall’anno d’imposta 2021;

·       affida a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, sentita l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID), da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le specifiche tecniche del formato elettronico da utilizzare per l’invio telematico di cui al comma 15, in modo tale da consentire il prelievo automatizzato delle informazioni utili per l’assolvimento degli adempimenti relativi al pagamento dei tributi, e sono fissate le modalità di attuazione, anche graduale, dell’obbligo di effettuare il predetto invio nel rispetto delle specifiche tecniche medesime;

·       prevede che i versamenti dei tributi diversi dall’imposta di soggiorno, dall’addizionale comunale all’IRPEF, dall’IMU e dalla TASI, la cui scadenza è fissata dal comune prima del 1° dicembre di ciascun anno, devono essere effettuati sulla base degli atti applicabili per l’anno precedente. I versamenti dei medesimi tributi la cui scadenza è fissata dal comune a partire dal 1° dicembre di ciascun anno devono essere effettuati sulla base degli atti pubblicati entro il 28 ottobre, a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno, con eventuale conguaglio su quanto già versato. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si applicano gli atti adottati per l'anno precedente.

 

In particolare il comma 1 prevede che l’imposta sia dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso dell’immobile, analogamente a quanto previsto a legislazione vigente per l’IMU (articolo 9, comma 1 del D.Lgs. n. 23 del 2011).

A tale fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per più della metà dei giorni di cui il mese stesso è composto è computato per intero.

 

Il comma 2 obbliga i comuni:

§  ad assicurare la massima semplificazione degli adempimenti dei contribuenti a decorrere dal 2019;

§  a rendere disponibili i modelli di pagamento preventivamente compilati, ovvero procedere autonomamente all'invio degli stessi modelli a decorrere dal 1° gennaio 2021

L’articolo 1, comma 688 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) dispone che, a decorrere dal 2015, i comuni assicurino la massima semplificazione degli adempimenti dei contribuenti rendendo disponibili i modelli di pagamento preventivamente compilati su loro richiesta, ovvero procedendo autonomamente all'invio degli stessi modelli.

 

Come previsto a legislazione vigente (articolo 9, comma 3 del D.Lgs. n. 23 del 2011 per l’IMU, comma 688 della legge di stabilità 2014 per la TASI), il comma 3 consente di effettuare il versamento dell'imposta in due rate, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre, salva la facoltà del contribuente di provvedere in un'unica soluzione annuale entro il 16 giugno.

Il versamento della prima rata è pari all'imposta dovuta per il primo semestre applicando l'aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell'anno precedente (come previsto dall’articolo 13, comma 13-bis del decreto-legge n. 201 del 2011 per l’IMU).

In sede di prima applicazione dell'imposta, la prima rata da corrispondere è pari a quanto dovuto per il primo semestre, applicando l'aliquota e la detrazione di base. Il versamento della rata a saldo della imposta dovuta per l'intero anno è eseguito, previo conguaglio, sulla base degli atti pubblicati nel sito informatico del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, alla data del 28 ottobre di ciascun anno.

 

La norma dispone inoltre (in analogia con quanto attualmente previsto dall’articolo 1, comma 721 della legge di stabilità 2014) che per gli enti non commerciali il versamento sia effettuato esclusivamente secondo le disposizioni in tema di versamenti unitari (modello F24, di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) ed in tre rate: le prime due, di importo pari ciascuna al 50 per cento della imposta complessivamente corrisposta per l'anno precedente, devono essere versate nei termini del 16 giugno e del 16 dicembre dell'anno di riferimento, e l'ultima, a conguaglio della imposta complessivamente dovuta, deve essere versata entro il 16 giugno dell'anno successivo a quello cui si riferisce il versamento, sulla base degli atti pubblicati nel sito informatico del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, alla data del 28 ottobre dell'anno di riferimento. Inoltre gli enti non commerciali eseguono i versamenti dell'imposta con eventuale compensazione dei crediti, allo stesso comune nei confronti del quale è scaturito il credito, risultanti dalle dichiarazioni presentate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

La disposizione in esame obbliga inoltre i Comuni a effettuare l’invio delle delibere di approvazione delle aliquote e dei regolamenti dell’imposta, per la pubblicazione nel predetto sito internet, esclusivamente in via telematica.

 Rispetto alle regole attuali viene fissato il termine perentorio del 14 ottobre. Si chiarisce inoltre che l’inserimento dei dati nell’apposita sezione del Portale del federalismo fiscale avviene secondo un’applicazione che è resa disponibile nel Portale stesso.

Resta fermo, come avviene a legislazione vigente, che l’efficacia delle deliberazioni e dei regolamenti decorre dalla data di pubblicazione del testo degli stessi e degli elementi in essi contenuti nel predetto sito internet.

 

Il comma 4 affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, da adottare entro 90 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame e previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, il compito di predisporre il modello uniforme per le deliberazioni comunali in materia di tributi. Con il medesimo decreto sono stabilite le modalità di comunicazione telematica uniformi per tutti gli enti locali, in modo tale da consentire il prelievo automatizzato delle informazioni utili per l'assolvimento degli adempimenti relativi al pagamento dei tributi, nonché le modalità di pubblicazione sul sito del Dipartimento finanze del MEF e il termine per l’applicazione della nuova modalità di inserimento.

 

Il comma 5 disciplina le conseguenze del mancato invio degli atti, del mancato inserimento delle aliquote entro il termine del 14 ottobre, dunque della conseguente mancata pubblicazione dei dati sul sito informatico del Dipartimento finanze entro il 28 ottobre: in tal caso si applicano gli atti adottati per l'anno precedente.

Inoltre non si applicano sanzioni e interessi, nel rispetto delle regole sulla tutela della buona fede dei contribuenti (di cui all'articolo 10 dello Statuto dei contribuenti, legge 27 luglio 2000, n. 212), nel caso in cui il contribuente abbia versato un minore importo della nuova imposta, calcolata sulla base delle aliquote e della detrazione inserite dal comune nella predetta sezione del sito del Dipartimento Finanze, ove inferiori a quelle contenute nelle deliberazioni di approvazione delle aliquote e dei regolamenti pubblicate sullo stesso sito entro il 28 ottobre.

 

Con riferimento alle modalità di versamento, il comma 6 si occupa del versamento dell'imposta: esso è effettuato, in deroga alle norme generali sulla potestà impositiva dei comuni (articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446) con modello F24 (disciplina dei versamenti unitari, di cui all'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997), ovvero tramite apposito bollettino di conto corrente postale, che deve essere approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Associazione Nazionale Comuni Italiani, al quale si applicano le disposizioni relative ai versamenti unitari sopra citati, in quanto compatibili.

Tale disposizione riprende le vigenti modalità di versamento della TASI, di cui all’articolo 1, comma 688 della legge di stabilità 2014 e dell’IMU (articolo 13, comma 12 del decreto-legge n. 201 del 2011).

Nelle more dell’approvazione del decreto continua ad applicarsi il vigente modello di bollettino previsto per il versamento dell’IMU, approvato con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 novembre 2012.

 

Il comma 7 si occupa dell’imposta dovuta su alcune specifiche tipologie di beni (attualmente disciplinati all’articolo 1, comma 728-bis della legge n. 147 del 2013).

Per i beni immobili sui quali sono costituiti diritti di godimento a tempo parziale (multiproprietà, di cui all'articolo 69, comma 1, lettera a), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206), il versamento dell'imposta è effettuato da chi amministra il bene.

Con riferimento invece alle parti comuni dell'edificio (indicate nell'articolo 1117, n. 2, del codice civile) accatastate in via autonoma, come bene comune censibile, nel caso in cui venga costituito il condominio, il versamento dell'imposta deve essere effettuato dall'amministratore del condominio per conto di tutti i condomini.

Per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa, il curatore o il commissario liquidatore sono tenuti al versamento della tassa dovuta per il periodo di durata dell’intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili.

Al riguardo sembra opportuno aggiornare i predetti riferimenti a quanto previsto dal nuovo codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14 del 2019) destinato a sostituire la vigente legge fallimentare del 1942 e, in particolare, a sostituire le vigenti procedure concorsuali (fallimento e liquidazione coatta amministrativa) con un insieme di ulteriori, più articolati istituti.

Il successivo commi 8 si occupa invece della dichiarazione dell’imposta: i soggetti passivi (fatta eccezione per gli enti del terzo settore, per cui è disposta una disciplina specifica) devono presentare la dichiarazione o, in alternativa, trasmetterla in via telematica secondo le modalità approvate con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita l'Associazione Nazionale Comuni Italiani, entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell'imposta. La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi, sempre che non si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell'imposta dovuta. Con il predetto decreto, sono disciplinati i casi in cui deve essere presentata la dichiarazione. Sono tenute ferme le dichiarazioni presentate ai fini dell'imposta municipale sugli immobili, in quanto compatibili.

 

Si ricorda che l’articolo 3-ter del già richiamato decreto legge crescita sposta il termine di presentazione della dichiarazione IMU/TASI dal 30 giugno al 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo.

 

Infine l’ultimo comma disciplina le modalità dichiarative per gli enti del terzo settore (attualmente recate dal comma 719 della legge di stabilità 2014): essi presentano la dichiarazione entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell'imposta, con l’applicazione del regolamento del 19 novembre 2012, n. 200 (per cui si veda la scheda di lettura dell’articolo 7). A differenza di quanto avviene per gli altri soggetti passivi, la dichiarazione deve essere presentata ogni anno.

 

L’A.C. 1904

Rispetto alle altre due proposte di legge, si segnalano le seguenti specificità:

§  ai fini del calcolo dell’imposta dovuta nell’anno solare, si chiarisce che il giorno di trasferimento del possesso dell'immobile si computa a carico dell'acquirente e l'imposta del mese del trasferimento resta interamente a suo carico nel caso in cui il numero dei giorni del suo possesso risulti eguale a quello dei giorni di possesso del cedente. A ciascun anno solare corrisponde un'autonoma obbligazione tributaria (comma 24);

§  ai fini della prima applicazione dell’imposta, si precisa che la prima rata è pari a quanto dovuto per il primo semestre, applicando l'aliquota e la detrazione stabilite per i dodici mesi dell'anno precedente - in luogo della detrazione di base -  con riferimento alla somma dell'IMU e della TASI, quest'ultima comprensiva della quota prevista per l'occupante (comma 25);

§  non viene riprodotta la norma (comma 4 dell’articolo 8 delle altre due proposte) che prevede la predisposizione di un modello uniforme per le deliberazioni comunali in materia di tributi e l’individuazione delle modalità di comunicazione telematica uniformi per tutti gli enti locali; con riferimento al modello di bollettino per il versamento, non è riprodotta la disposizione (articolo 8, comma 6, secondo periodo) che prevede, nelle more dell'entrata in vigore delle norme secondarie di approvazione del modello, l’applicazione del vigente modello di bollettino IMU;

§  in relazione alle esigenze di semplificazione, si chiarisce (comma 27) - con una disposizione simile, ma non identica a quella delle altre due proposte - che dal 2019 i comuni assicurano la massima semplificazione degli adempimenti dei contribuenti rendendo disponibili i modelli di pagamento dell'imposta preventivamente compilati su loro richiesta o procedendo autonomamente all'invio degli stessi modelli;

§  con riferimento agli obblighi dichiarativi, sono esentati dalla presentazione della dichiarazione (comma 28) i possessori dei terreni agricoli, mentre le proposte di legge recano specifiche disposizioni con riferimento agli enti non commerciali (articolo 6, comma 8 delle altre PDL);

§  si precisa (comma 28) che resta ferma la possibilità di liquidare l’imposta in sede di dichiarazione dei redditi

§  sono stabilite specifiche regole per il pagamento dell’imposta da parte degli eredi del contribuente (comma 29); essi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie relative alla nuova IMU il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa. Essi devono comunicare al comune le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale, direttamente al comune o con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si intende fatta nel giorno di spedizione. Tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente o che scadono entro sei mesi da essa, compresi il termine per la presentazione della dichiarazione e il termine per ricorrere contro l'accertamento, sono prorogati di sei mesi in favore degli eredi. La notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell'ultimo domicilio dello stesso ed è efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la relativa comunicazione;

§  per gli immobili delle imprese in crisi si richiede la presentazione di dichiarazione da parte del curatore fallimentare o del commissario liquidatore (comma 30).


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Articolo 9
(Deducibilità ai fini delle imposte sui redditi)

 

 

L’articolo 9 di entrambi gli A.A.C.C.1429 e 1918, identico nel contenuto, dispone che la nuova imposta è deducibile dalle imposte sui redditi nella misura del 60 per cento e che è indeducibile dall’IRAP

Nell’A.C. 1904 tale disciplina è contenuta all’articolo 1, comma 31.

L’articolo 9 degli A.A.C.C.1429 e 1918

Al riguardo si rileva che le l’articolo 9 va coordinato con quanto previsto dall’articolo 3 del decreto-legge n. 34 del 2019, che incrementa progressivamente la percentuale deducibile dal reddito d’impresa e dal reddito professionale dell’IMU dovuta sui beni strumentali, fino a disporre la totale deducibilità dell’imposta a regime, ovvero a decorrere dal 2023.

Il richiamato articolo 3 del decreto-legge n. 34 del 2019 ha novellato l’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2011, n. 23, che dispone la deducibilità dell’IMU relativa agli immobili strumentali, sia ai fini della determinazione del reddito di impresa, sia del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni e l’indeducibilità dell’IMU a fini IRAP. La previgente misura di deducibilità era pari al 40 per cento (Tale percentuale è stata elevata dal 20 al 40 per cento dalla legge di bilancio per il 2019, articolo 1, comma 12, della legge 30 dicembre 2018, n. 145).

Per effetto del richiamato articolo 3 la percentuale di deducibilità è progressivamente innalzata nel tempo, nelle seguenti misure:

·      50 per cento per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018;

·      60 per cento per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 e a quello in corso al 31 dicembre 2020;

·      70 per cento nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021;

·      100 per cento (totale deducibilità) nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022, ossia a regime dal 2023.

L’A.C. 1904

Il comma 31 dell’A.C. 1904 stabilisce che la nuova IMU sugli immobili strumentali sia deducibile ai fini delle imposte dirette nelle seguenti percentuali:

§  a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020, nella misura del 70 per cento;

§  per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021, nel del 100 per cento.

Dalla formulazione della norma sembra evincersi che la deducibilità totale sia limitata al solo periodo d’imposta 2022; per i periodi di imposta successivi, sembra doversi espandere la deducibilità del 70 per cento prevista “a decorrere” dal 2021. Rispetto alle altre proposte, le norme dell’A.C. 1904 sono esplicitamente rese applicabili all'imposta municipale immobiliare (IMI), istituita dalla provincia autonoma di Bolzano, e all'imposta immobiliare semplice (IMIS), istituita dalla provincia autonoma di Trento.

Anche tali disposizioni vanno coordinate con quanto previsto dal già menzionato decreto crescita.

 


 

Articolo 10
(Sanzioni)

 

 

L’articolo 10 di entrambi gli A.A.C.C.1429 e 1918, pressoché identico nel contenuto, elenca le sanzioni previste in caso di omesso o insufficiente versamento dell'imposta risultante dalla dichiarazione, nonché per omessa o infedele presentazione della dichiarazione.

Nell’A.C. 1904 tale disciplina è contenuta all’articolo 1, commi 33 e 34. Il comma 32 dell’A.C. 1904 reca disposizioni organizzative e gestionali per gli enti locali.

L’articolo 10 degli A.A.C.C.1429 e 1918

In particolare il comma 1 dell’articolo 10 prevede che in caso di omesso o insufficiente versamento dell'imposta risultante dalla dichiarazione, si applica l'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.?471, ovvero una sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile.

 

Si ricorda che l'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.?471, in materia di sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, dispone tra l’altro che chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a novanta giorni, la sanzione di cui al primo periodo è ridotta alla metà. Salva l'applicazione della disciplina del ravvedimento, per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al secondo periodo è ulteriormente ridotta a un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. Nel caso di utilizzo di un'eccedenza o di un credito d'imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l'applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato.

Nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi. Per le sanzioni previste nel presente comma, in nessun caso si applica la definizione agevolata.

Le sanzioni previste dall’articolo non si applicano quando i versamenti sono stati tempestivamente eseguiti ad ufficio o concessionario diverso da quello competente.

Si ricorda inoltre che il comma 697 della legge n. 147 del 2013, in tema di imposta unica comunale prevede che in caso di omesso o insufficiente versamento della IUC risultante dalla dichiarazione, si applica l'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.

Il comma 2 disciplina le sanzioni per omessa o infedele presentazione: in caso di omessa presentazione della dichiarazione, si applica la sanzione dal 100 per cento al 200 per cento del tributo non versato, con un minimo di 50 euro. In caso di infedele dichiarazione, si applica la sanzione dal 50 per cento al 100 per cento del tributo non versato, con un minimo di 50 euro.

 

Si segnala che i commi 696 e 697 della legge n. 147 del 2013 stabiliscono in tema di imposta unica comunale che in caso di omessa presentazione della dichiarazione, si applica la sanzione dal 100 per cento al 200 per cento del tributo non versato, con un minimo di 50 euro mentre in caso di infedele dichiarazione, si applica la sanzione dal 50 per cento al 100 per cento del tributo non versato, con un minimo di 50 euro.

 

L’ultimo periodo del comma in esame dispone che le sanzioni di cui ai periodi precedenti sono ridotte ad un terzo se, entro il termine per la proposizione del ricorso, interviene acquiescenza del contribuente, con pagamento del tributo, se dovuto, della sanzione e degli interessi e fa salva la facoltà del comune di deliberare con il regolamento circostanze attenuanti o esimenti nel rispetto dei princìpi stabiliti dalla normativa statale.

 

Il comma 698 della legge n. 147 del 2013 prevede che le sanzioni di cui ai commi 696, 697 e 698 sono ridotte ad un terzo se, entro il termine per la proposizione del ricorso, interviene acquiescenza del contribuente, con pagamento del tributo, se dovuto, della sanzione e degli interessi.

Si ricorda che in base all’articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, in materia di sanzioni applicabili nel caso di omessa impugnazione, il contribuente che riceve un avviso di accertamento ha l’opportunità, se rinuncia a presentare ricorso, di ottenere una riduzione delle sanzioni.

L’accettazione dell’atto, giuridicamente definita acquiescenza, comporta infatti la riduzione a 1/3 delle sanzioni amministrative irrogate, sempre che il contribuente:

§  rinunci ad impugnare l’avviso di accertamento;

§  rinunci a presentare istanza di accertamento con adesione;

§  paghi, entro il termine di proposizione del ricorso (ordinariamente, 60 giorni dalla notifica dell'atto) le somme complessivamente dovute tenendo conto della riduzione.

 

Il comma 3 in chiusura dell’articolo stabilisce che per tutto quanto non previsto dalle precedenti disposizioni, si applicano i commi da 158 a 169 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.?296.

 

I commi da 158 a 169 dispongono che:

·       per la notifica degli atti di accertamento dei tributi locali e di quelli afferenti le procedure esecutive di cui al testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato nonché degli atti di invito al pagamento delle entrate extratributarie dei comuni e delle province, ferme restando le disposizioni vigenti, il dirigente dell'ufficio competente, con provvedimento formale, può nominare uno o più messi notificatori (158);

·       i messi notificatori possono essere nominati tra i dipendenti dell'amministrazione comunale o provinciale, tra i dipendenti dei soggetti ai quali l'ente locale ha affidato, anche disgiuntamente, la liquidazione, l'accertamento e la riscossione dei tributi e delle altre entrate, nonché tra soggetti che, per qualifica professionale, esperienza, capacità ed affidabilità, forniscono idonea garanzia del corretto svolgimento delle funzioni assegnate, previa, in ogni caso, la partecipazione ad apposito corso di formazione e qualificazione, organizzato a cura dell'ente locale, ed il superamento di un esame di idoneità (159);

·       Il messo notificatore esercita le sue funzioni nel territorio dell'ente locale che lo ha nominato, sulla base della direzione e del coordinamento diretto dell'ente ovvero degli affidatari del servizio di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e delle altre entrate. Il messo notificatore non può farsi sostituire né rappresentare da altri soggetti (160);

·       gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all'accertamento d'ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie (161);

·       gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che li hanno determinati; se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama, salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. Gli avvisi devono contenere, altresì, l'indicazione dell'ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato, del responsabile del procedimento, dell'organo o dell'autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in sede di autotutela, delle modalità, del termine e dell'organo giurisdizionale cui è possibile ricorrere, nonché il termine di sessanta giorni entro cui effettuare il relativo pagamento. Gli avvisi sono sottoscritti dal funzionario designato dall'ente locale per la gestione del tributo (162);

·       nel caso di riscossione coattiva dei tributi locali il relativo titolo esecutivo deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo (163);

·       il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. L'ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza (164);

·       la misura annua degli interessi è determinata, da ciascun ente impositore, nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale. Gli interessi sono calcolati con maturazione giorno per giorno con decorrenza dal giorno in cui sono divenuti esigibili. Interessi nella stessa misura spettano al contribuente per le somme ad esso dovute a decorrere dalla data dell'eseguito versamento (165);

·       il pagamento dei tributi locali deve essere effettuato con arrotondamento all'euro per difetto se la frazione è inferiore a 49 centesimi, ovvero per eccesso se superiore a detto importo (166);

·       gli enti locali disciplinano le modalità con le quali i contribuenti possono compensare le somme a credito con quelle dovute al comune a titolo di tributi locali (167);

·       gli enti locali, nel rispetto dei princìpi posti dall'articolo 25 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, stabiliscono per ciascun tributo di propria competenza gli importi fino a concorrenza dei quali i versamenti non sono dovuti o non sono effettuati i rimborsi. In caso di inottemperanza, si applica la disciplina prevista dal medesimo articolo 25 della legge n. 289 del 2002 che prevede che con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabiliti gli importi corrispondenti alle somme considerate di modesto ammontare, le somme onnicomprensive di interessi o sanzioni comunque denominate nonché norme riguardanti l'esclusione di qualsiasi azione cautelativa, ingiuntiva ed esecutiva (168);

·       gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno (169).

L’A.C. 1904

Con riferimento alle disposizioni di natura organizzativa, il comma 32 esplicitamente prevede che il dirigente dell'ufficio comunale dei tributi, ovvero, per gli enti privi di figura dirigenziale, il titolare della posizione organizzativa in cui è collocato detto ufficio, assuma il ruolo di funzionario responsabile dell'imposta, con attribuzione di tutti i poteri relativi all'esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale della nuova IMU, compreso il potere di sottoscrivere i provvedimenti afferenti, nonché la rappresentanza dell'ente in giudizio per le controversie relative al tributo. Per verificare il corretto assolvimento degli obblighi tributari, il funzionario responsabile può inviare questionari al contribuente, richiedere dati e notizie a uffici pubblici ovvero a enti di gestione di servizi pubblici, in esenzione da spese e diritti. Il comune può notificare i propri atti mediante posta elettronica certificata.

Con riferimento alle sanzioni, rispetto alle altre due proposte, l’A.C. 1904 disciplina anche l’ipotesi di mancata, incompleta o infedele risposta ai predetti questionari, caso nel quale si applica la sanzione da 100 a 500 euro; in caso di risposta oltre il termine di sessanta giorni dalla notifica, il comune può applicare la sanzione da 50 a 200 euro.


 

Articolo 11
(Riscossione dell'imposta)

 

 

L’articolo 11 di entrambi gli A.A.C.C.1429 e 1918, identico nel contenuto, disciplina la materia della riscossione dell’imposta municipale sugli immobili, prevedendo sia la possibilità per i comuni di affidare la gestione dell'imposta municipale sugli immobili ai soggetti ai quali risulta già affidato il servizio di gestione dell'imposta municipale propria o del tributo per i servizi indivisibili, sia indicando alcuni ambiti della riscossione nei quali il regolamento comunale può intervenire.

Nell’A.C. 1904 tale disciplina è contenuta all’articolo 1, commi 35 e 36, con alcune differenze evidenziate di seguito.

L’articolo 11 degli A.A.C.C.1429 e 1918

 

In particolare il comma 1 dell’articolo 11 di entrambe le proposte dispone che i comuni possono affidare in deroga all'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997 (che prevede che il servizio di riscossione affidato a terzi avviene secondo le procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali) fino alla scadenza del relativo contratto, e comunque non oltre il 1° gennaio 2021, la gestione dell'imposta municipale sugli immobili ai soggetti ai quali, alla data del 31 dicembre 2018, risulta già affidato il servizio di gestione dell'imposta municipale propria o del tributo per i servizi indivisibili.

 

Si ricorda che l'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, prevede che i regolamenti comunali, per quanto attiene all'accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate, sono informati ai seguenti criteri:

a)   l'accertamento dei tributi può essere effettuato dall'ente locale anche nelle forme associate;

b)   qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l'accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell'Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, a:

1)    i soggetti iscritti nell'albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali;

2)    gli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell'Unione europea che esercitano le menzionate attività, i quali devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore;

3)    la società a capitale interamente pubblico, mediante convenzione, a condizione: che l'ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente che la controlla; che svolga la propria attività solo nell'ambito territoriale di pertinenza dell'ente che la controlla;

4)    le società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche, iscritte nell'albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali, i cui soci privati siano scelti, nel rispetto della disciplina e dei princìpi comunitari, tra i soggetti di cui ai numeri 1) e 2), a condizione che l'affidamento dei servizi di accertamento e di riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica;

c)   l'affidamento di cui alla precedente lettera b) non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente;

d)   il visto di esecutività sui ruoli per la riscossione dei tributi e delle altre entrate è apposto, in ogni caso, dal funzionario designato quale responsabile della relativa gestione.

Si segnala che l’albo richiamato dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni è istituito presso il MEF (articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997) e che l'esame delle domande di iscrizione, la revisione periodica, la cancellazione e la sospensione dall'albo, la revoca e la decadenza della gestione sono effettuate da una apposita commissione in cui sia prevista una adeguata rappresentanza dell'ANCI e dell'UPI.

Per una ricognizione completa della disciplina dell’Albo dei soggetti privati abilitati si consiglia la lettura della scheda pubblicata sul sito istituzionale del MEF-Dipartimento finanze Albo dei gestori dell'accertamento e della riscossione dei tributi locali.

 

Il comma 2 precisa che ferme restando le facoltà di regolamentazione della nuova IMU ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i comuni possono con proprio regolamento:

 

a)  stabilire che si considerano regolarmente eseguiti i versamenti effettuati da un contitolare anche per conto degli altri;

b)  stabilire differimenti di termini per i versamenti, per situazioni particolari;

c)   prevedere il diritto al rimborso dell'imposta pagata per le aree successivamente divenute inedificabili, stabilendone termini, limiti temporali e condizioni, avuto anche riguardo alle modalità ed alla frequenza delle varianti apportate agli strumenti urbanistici;

d)  determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del comune qualora l'imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato, secondo criteri improntati all'obiettivo di ridurre al massimo l'insorgenza di contenzioso;

e)  stabilire l'esenzione dell'immobile dato in comodato gratuito al comune o ad altro ente territoriale, o ad ente non commerciale, esclusivamente per l'esercizio dei rispettivi scopi istituzionali o statutari;

f)    prevedere che una percentuale del gettito dell'imposta municipale sugli immobili sia destinata al potenziamento degli uffici comunali preposti alla gestione delle entrate, anche comprendendo nel programma di potenziamento la possibilità di attribuire compensi incentivanti al personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi del settore entrate, anche con riferimento all'impianto (all’organizzazione, nell’A.C. 1918) e allo sviluppo delle attività connesse alla partecipazione del comune all'accertamento dei tributi erariali e dei contributi sociali non corrisposti, in applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203.

 

Si ricorda che l'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, in materia di potestà regolamentare generale delle province e dei comuni stabilisce che le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti.

I regolamenti sono approvati con deliberazione del comune e della provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell'anno successivo. I regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati, unitamente alla relativa delibera comunale o provinciale al Ministero delle finanze, entro trenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale. Con decreto dei Ministeri dell’economia e delle finanze e della giustizia è definito il modello al quale i comuni devono attenersi per la trasmissione, anche in via telematica, dei dati occorrenti alla pubblicazione, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale dei regolamenti sulle entrate tributarie, nonché di ogni altra deliberazione concernente le variazioni delle aliquote e delle tariffe di tributi. Nelle province autonome di Trento e Bolzano, i regolamenti sono adottati in conformità alle disposizioni dello statuto e delle relative norme di attuazione. Il Ministero dell’economia e finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità avanti gli organi di giustizia amministrativa.

Si rammenta che il più volte richiamato articolo 15-bis del decreto-legge crescita ha abrogato la norma (comma 2 dell’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446) ai sensi della quale i regolamenti in materia di entrate sono approvati con deliberazione del comune e della provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell'anno successivo e le relative le modalità di trasmissione al MEF.

 

Si segnala inoltre che il richiamato articolo 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 prevede che per potenziare l'azione di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, in attuazione dei principi di economicità, efficienza e collaborazione amministrativa, la partecipazione dei comuni all'accertamento fiscale e contributivo è incentivata mediante il riconoscimento di una quota pari al 33 per cento delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo nonché delle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo definitivo, a seguito dell'intervento del comune che abbia contribuito all'accertamento stesso.

Sulla materia si segnala che l’articolo 15-ter del decreto n. 34 del 2019 consente agli enti locali di subordinare alla verifica della regolarità del pagamento dei tributi locali da parte dei soggetti richiedenti il rilascio di licenze, autorizzazioni, concessioni e dei relativi rinnovi, inerenti attività commerciali o produttive.

 

L’A.C. 1904

Il comma 35, con riferimento alla possibilità dei Comuni di affidare il servizio di riscossione dell’imposta ai soggetti preposti alla riscossione di IMU e TASI, precisa che tale affidamento sia effettuato fino alla scadenza del relativo contratto e, comunque, non oltre i termini eventualmente disposti da norme di attuazione del riordino della riscossione delle entrate degli enti locali.

Il comma 36, lettera f) consente ai Comuni di prevedere che l'applicazione di agevolazioni da essi introdotte autonomamente con proprio regolamento sia subordinata alla presentazione, da parte del soggetto passivo dell'imposta, di una specifica comunicazione, a pena di decadenza delle citate agevolazioni.


 

Articolo 12
(Abrogazioni e disposizioni di coordinamento)

 

 

L’articolo 12 di entrambi gli A.A.C.C.1429 e 1918 individua le disposizioni da abrogare, conseguenti alla riforma operata dal provvedimento in esame, e reca alcune norme di coordinamento.

L’articolo 12 degli A.A.C.C.1429 e 1918

L’articolo 12 individua le disposizioni da abrogare, conseguenti alla riforma operata dal provvedimento in esame.

 

Il comma 1 abroga la disciplina dell’IMU sperimentale (operante dal 2012) contenuta nell’articolo 13, commi da 1 a 12-ter e nel comma 13-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.

La decorrenza dell’abrogazione è fissata al 1° gennaio 2019.

Si segnala che appare opportuno attualizzare tale decorrenza all’esito dell’esame parlamentare del provvedimento in esame.

 

Il comma 2 apporta modifiche alla disciplina IUC – Imposta Unica Comunale, contenuta nella legge di stabilità 2014 (per ulteriori informazioni si veda l’introduzione al presente lavoro) per eliminare dal testo i riferimenti alla TASI, imposta di fatto abrogata con la proposta in esame.

In particolare:

§  con le modifiche al comma 639, norma istitutiva della IUC, si espunge il riferimento alla componente di prelievo relativa ai servizi, la TASI, in quanto sostanzialmente eliminata dalla proposta in esame;

§  analogo scopo ha l’abrogazione dei commi 640, 669, da 671 a 679, 681, 687, 688, da 719 a 721, che contengono la disciplina TASI;

§  viene sostituito il comma 682, relativo alla potestà regolamentare dei comuni in materia di tributi propri, per espungere il riferimento alla TASI;

§  si modifica il comma 683, al fine di espungere i riferimenti alla TASI dalla normativa che consente al Comune di deliberare in materia di aliquote.

 

Il comma 3 mantiene ferma la vigente disciplina del ristoro ai comuni del mancato gettito IMU e TASI sull’abitazione principale, di cui all’articolo 1, comma 380-sexies della legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012).

 

Il richiamato comma affida a un DPCM il compito di ripartire tra i comuni interessati l’incremento, pari a 3.767,45 milioni di euro per gli anni 2016 e successivi, della dotazione del Fondo di solidarietà comunale, sulla base del gettito effettivo IMU e TASI derivante dagli immobili adibiti ad abitazione principale e dai terreni agricoli relativo all'anno 2015. La norma richiamata ha disposto inoltre, a decorrere dall'anno 2016 che una quota del Fondo di solidarietà comunale, nell'importo massimo di 80 milioni di euro, è accantonata per essere ripartita tra i comuni per i quali il riparto dell'importo di 3.767,45 milioni di euro, di cui al periodo precedente, non assicura il ristoro di un importo equivalente al gettito della TASI sull'abitazione principale stimato ad aliquota di base. La quota di 80 milioni di euro del Fondo di solidarietà comunale è ripartita in modo da garantire a ciascuno dei comuni di cui al precedente periodo l'equivalente del gettito della TASI sull'abitazione principale stimato ad aliquota di base.

 

Infine, il comma 4 precisa che restano ferme:

§  la norma del decreto legislativo sul federalismo fiscale municipale (articolo 8, comma 1 del D.Lgs. n. 23 del 2011) che sancisce l’effetto di sostituzione dell’IMU rispetto all’IRPEF ed alle addizionali, per i redditi fondiari relativi ai beni non locati;

§  le disposizioni (articolo 9, comma 9 del medesimo decreto legislativo n. 23) che sottopongono alle imposte sui redditi in via ordinaria il reddito agrario, i redditi fondiari (diversi da quelli cui si applica la cd. cedolare secca), i redditi derivanti dagli immobili non produttivi di reddito fondiario e i redditi prodotti dagli immobili posseduti dai soggetti passivi IRES; resta anche ferma la norma di chiusura che assoggetta ad imposizione sui redditi, ove dovuta, gli immobili esenti dall'imposta municipale propria; al riguardo occorre ricordare che l’abitazione principale è esente anche da IRPEF a partire dal 2001;

§  resta infine ferma (medesimo comma 9) la sottoposizione a IRPEF, nella misura del 50 per cento, del reddito degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso comune nel quale si trova l'immobile adibito ad abitazione principale, anche assoggettati all'imposta municipale propria.


 

Articolo 13
(Clausola di salvaguardia)

 

 

L’identico articolo 13 degli A.A.C.C. 1429 e 1918 contiene la clausola di salvaguardia finanziaria, prevedendo che le disposizioni del provvedimento in commento non devono determinare nuovi o maggiori oneri o maggiori entrate per il bilancio dello Stato

 

Il comma 1 dispone che dall’applicazione delle norme della presente legge non possono derivare maggiori onori o maggiori entrate a carico del bilancio dello Stato.

 

Sono previsti anche ulteriori meccanismi di salvaguardia: ai sensi del comma 2, ove si determini un nuovo o maggior onere per il bilancio dello Stato, si demanda a un successivo provvedimento la rideterminazione della deducibilità della nuova imposta dalle imposte sui redditi (per cui si veda la scheda di lettura dell'articolo 9), fino a garantire le maggiori entrate necessarie alla copertura dei maggiori oneri.

Nel caso, invece (comma 3) in cui si determini un maggiore entrata per il bilancio dello Stato, ad un successivo provvedimento si affida il compito di riassegnare le maggiori somme al Fondo di solidarietà comunale per essere ripartita tra i Comuni.

 

In entrambi i commi 2 e 3, il riferimento a un “successivo provvedimento” sembra doversi ricondurre a una successiva norma di rango primario.