Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Riserve auree
Riferimenti: AC N.1064/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 71
Data: 13/12/2018
Organi della Camera: VI Finanze


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Riserve auree

13 dicembre 2018
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La proposta di legge intende fornire un'interpretazione autentica della normativa vigente in materia valutaria, volta a chiarire che la Banca d'Italia gestisce e detiene, ad esclusivo titolo di deposito, le riserve auree, fermo restando il diritto di proprietà dello Stato italiano sulle riserve, comprese quelle detenute all'estero.

 

A tal fine l'articolo 1 reca una norma interpretativa del secondo comma dell'articolo 4 del testo unico delle norme di legge in materia valutaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, in materia di gestione delle riserve ufficiali, il quale stabilisce che la Banca d'Italia provvede in ordine alla gestione delle riserve ufficiali, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 31 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (SEBC).

 

Ai sensi dell'articolo 1, comma 1, quindi, tale norma si interpreta nel senso che il diritto di proprietà delle riserve auree appartiene allo Stato, mentre la Banca d'Italia è competente per la gestione e detenzione, a titolo di deposito, delle riserve.

 

Nella relazione che accompagna la proposta di legge si evidenzia come con l'introduzione della norma in esame si vuole assicurare chiarezza interpretativa in quanto la disciplina europea, richiamando esclusivamente la materia della detenzione e della gestione delle riserve ufficiali da parte delle banche centrali nazionali, lascia al diritto nazionale la determinazione della questione della loro proprietà.

Si ricorda preliminarmente che la Banca d'Italia è il quarto detentore di riserve auree al mondo, dopo la Federal Reserve statunitense, la Bundesbank tedesca e il Fondo monetario internazionale. Il quantitativo totale di oro di proprietà dell'Istituto, a seguito del conferimento alla BCE di 141 tonnellate, è pari a 2.452 tonnellate (metriche), costituito prevalentemente da lingotti (95.493) e per una parte minore da monete. Secondo le regole contabili adottate a livello Eurosistema, l'oro è valutato ai prezzi di mercato di fine esercizio; ad esempio, al 31 dicembre 2016 il controvalore del quantitativo di oro di proprietà dell'Istituto era pari a circa 87 miliardi di euro ( sito della Banca d'Italia).
Il quantitativo d'oro di proprietà dell'Istituto è frutto di una serie di eventi avvenuti negli oltre 120 anni di storia della Banca. Nel 1893, la fusione dei tre istituti di emissione (la Banca Nazionale del Regno d'Italia, la Banca Nazionale Toscana, la Banca Toscana di Credito) diede vita alla Banca d'Italia con una propria dotazione aurea iniziale. La riserva aurea aumentò negli anni fino all'avvio della seconda guerra mondiale, per poi raggiungere il suo minimo alla fine del conflitto, anche a seguito dell'asportazione di una parte di esso ad opera delle truppe di occupazione. Nel dopoguerra, l'Italia divenne un paese esportatore e per tale motivo beneficiò di cospicui afflussi di valuta estera, soprattutto in dollari, che vennero utilizzati anche per convertirli in oro. Un caso di utilizzo dell'oro è avvenuto nel 1976 quando fu dato a garanzia di un prestito ricevuto dalla Bundesbank. Alla fine degli anni 90, a seguito dell'acquisto dell'oro residuo di disponibilità dell'Ufficio Italiano Cambi e al conferimento di una parte delle riserve alla BCE in occasione dell'avvio dell'Unione economica e monetaria, la riserva aurea si attestò alle attuali 2.452 tonnellate.
Secondo quanto emerge dall'ultima Relazione sulla gestione e sulle attività della Banca d'Italia, alla fine del 2017 il controvalore delle riserve ufficiali si collocava a 118,8 miliardi di euro, in riduzione del 2 per cento circa rispetto alla fine del 2016. La variazione è riconducibile principalmente al calo della quotazione dell'oro e all'apprezzamento dell'euro contro le principali valute di riserva. La composizione delle riserve valutarie non ha registrato variazioni significative.

La Banca d'Italia è la banca centrale della Repubblica italiana ed è un istituto di diritto pubblico (articolo 1 dello Statuto della Banca d'Italia), la cui governance e le cui attività sono disciplinate da norme nazionali ed europee e parte integrante dell'Eurosistema, composto dalle banche centrali nazionali dell'area dell'euro e dalla Banca centrale europea, nonché autorità nazionale competente nel Meccanismo di Vigilanza Unico (art. 4, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2013).

 

L'Eurosistema è il sistema di banche centrali dell'area dell'euro responsabile dell'attuazione della politica monetaria unica e comprende la Banca centrale europea e le banche centrali nazionali dei Paesi dell'Unione europea che hanno adottato l'euro. Dal 1° gennaio 2015 l'area dell'euro comprende diciannove Paesi: Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna.

Il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) si compone della BCE e delle BCN dei 28 Stati membri dell'UE (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria).

La BCE, istituzione indipendente sovranazionale dotata di personalità giuridica ai sensi del diritto comunitario, si colloca al centro del SEBC e dell'Eurosistema e assicura che i compiti attribuiti a questi ultimi siano svolti sia attraverso le proprie attività sia per il tramite delle banche centrali nazionali (BCN), conformemente allo Statuto del SEBC/BCE. La BCE ha iniziato le proprie attività nel giugno 1998, subentrando all'Istituto monetario europeo (IME).

Ciascuna BCN gode di personalità giuridica in base alla legislazione nazionale del rispettivo Paese. In quanto parte integrante dell'Eurosistema, le BCN dell'area dell'euro svolgono i compiti, a questo conferiti, in conformità con le regole fissate dagli organi decisionali della BCE. Esse possono svolgere, sotto la propria responsabilità, funzioni estranee all'ambito dell'Eurosistema, purchè, a giudizio del Consiglio direttivo, non interferiscano con gli obiettivi e i compiti dell'Eurosistema.

Il SEBC e la BCE sono stati istituiti ai sensi del Trattato che istituisce la Comunità Europea (Trattato CE). Essi agiscono nei limiti dei poteri loro conferiti dal Trattato e dallo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea (Statuto del SEBC/BCE), che ne costituiscono le fonti normative primarie.

Il capitale della BCE, è sottoscritto dalle BCN di tutti gli Stati membri dell'UE secondo quote percentuali di partecipazione (chiave capitale) che tengono conto, in misura paritetica, del peso del PIL e della popolazione di ciascun paese sul totale dell'Unione Europea (artt. 28 e 29 dello Statuto del SEBC/BCE). La quota di capitale sottoscritta dalla Banca d'Italia al 1° gennaio 2015 è pari a 1.332.644.970,33 euro, pari al 12,3108% del totale del capitale della BCE.

L'articolo 30 dello statuto del SEBC regola il trasferimento alla BCE di attività di riserva in valuta, mentre l'articolo 31 prevede che tutte le operazioni aventi per oggetto attività di riserva in valuta che restano alle banche centrali nazionali dopo i trasferimenti, nonché le operazioni degli Stati membri aventi per oggetto le loro attività di riserva in valuta estera dei saldi operativi, eccedenti un limite da stabilire da parte del consiglio direttivo, sono soggette all'approvazione della BCE al fine di assicurarne la coerenza con le politiche monetaria e del cambio dell'Unione.

A tale proposito, si ricorda che l'articolo 127 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex art. 105 del TCE), definisce la detenzione e la gestione delle riserve ufficiali degli Stati membri come uno dei compiti fondamentali del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC), composto dalla Banca Centrale europea e dalle banche centrali nazionali (paragrafo 2, terzo trattino), mentre l'articolo 130 (ex articolo 108 del TCE) garantisce la piena indipendenza della BCE e delle banche centrali nazionali nell'assolvimento delle loro funzioni, rispetto alle altre istituzioni e agli altri organi comunitari e rispetto ai Governi degli Stati membri. Infine, l'articolo 131 (ex articolo 109 del TCE) dispone che ciascuno Stato membro assicura che la propria legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con i trattati e con lo statuto del SEBC e della BCE.

Con il Trattato di Maastricht gli Stati contraenti hanno trasferito all'UE in maniera esclusiva le proprie competenze sovrane in materia di politica monetaria (principio di attribuzione ex art. 3 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea - TFUE); in particolare, le competenze afferenti alla detenzione e alla gestione delle riserve valutarie rientrano fra i compiti dell'Eurosistema, come previsto dall'art.127 del TFUE e dall'art.3 dello Statuto del SEBC.

La normativa BCE che ha disciplinato il trasferimento di parte delle riserve valutarie delle banche centrali nazionali (BCN) alla stessa BCE, ai sensi dell'art.30, paragrafo 1, dello Statuto, ha espressamente incluso l'oro fra le attività di riserva in valuta (art.1 dell'indirizzo della Banca Centrale Europea del 3.11.1998, modificato dall'indirizzo del 16.11.2000 (BCE/2000/15), nonché art. 1 del Regolamento (CE) del Consiglio n. 1010/2000 dell'8.5.2000).

Ai sensi dell'articolo 31, paragrafo 2 dello Statuto, le riserve ufficiali contribuiscono a sostenere la credibilità dell'Eurosistema e possono essere utilizzate per interventi sul mercato dei cambi (lo svolgimento delle operazioni sui cambi costituisce un altro compito fondamentale dell'Eurosistema ai sensi dell'art. 127 del TFUE); quelle che rimangono nella disponibilità delle banche centrali nazionali possono essere utilizzate, oltre che per i medesimi fini di quelle conferite alla BCE, per adempiere agli impegni nei confronti di organismi finanziari internazionali, come il Fondo monetario internazionale, o per espletare il servizio di debito in valuta del Tesoro.

In tale quadro, le BCN sono tenute al rispetto degli indirizzi e delle istruzioni impartite dal Consiglio direttivo della BCE; possono essere destinatarie della richiesta di ulteriori conferimenti in aggiunta alle riserve già trasferite; sono tenute, nella gestione delle stesse riserve, a obblighi di preventiva informazione e approvazione sulle operazioni rilevanti da parte della BCE, al fine di assicurare la coerenza con la politica monetaria e del cambio dell'Unione.

L'articolo 127 par. 2 del trattato fa riferimento alle "riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri"; con tale espressione il trattato non ha inteso riferirsi a un titolo di proprietà degli Stati, quanto al significato economico, al fatto cioè che le riserve valutarie rappresentano la ricchezza, il "credito" degli Stati o, nel caso dell'Europa, di una Unione di Stati nei confronti della comunità internazionale, a sostegno della propria sovranità monetaria.

Il legislatore comunitario ha adottato un approccio funzionale, prescrivendo che le riserve fossero sotto il dominio "utile" delle banche centrali; con le parole "detenere e gestire" (hold and manage) ha inteso quindi affermare che le banche centrali devono poter detenere le riserve e compiere su di esse tutti gli atti giuridici di disposizione che rientrano nel concetto di gestione (art.127 del Trattato).

 

Le autorità nazionali, legislative e di governo, sono tenute al rispetto dell'indipendenza della BCE e delle BCN.

Quanto al profilo dell'indipendenza istituzionale, le BCN non possono essere destinatarie di prescrizioni vincolanti per quanto attiene allo svolgimento dei compiti istituzionali nelle materie di competenza dell'Eurosistema, incluse la detenzione e la gestione delle riserve valutarie (art. 130 del Trattato ed art. 7 dello Statuto del SEBC).

Inoltre, gli Stati membri devono rispettare il principio di indipendenza finanziaria, secondo cui le BCN devono avere sufficienti risorse finanziarie per adempiere al loro mandato, per quanto attiene alle competenze Eurosistema e per i propri compiti nazionali; in particolare, le BCN devono essere in condizione di corrispondere alle richieste finanziarie della BCE, in forma di sottoscrizione di aumento di capitale, rinuncia al reddito monetario in caso di perdite, conferimento di ulteriori quote di riserve valutarie; devono poter costituire riserve e accantonamenti, a tutela del loro capitale e a protezione dei rischi; devono poter disporre in via autonoma di mezzi e personale necessari per lo svolgimento dei propri compiti.

Si segnala che nell'ultimo Rapporto sulla convergenza (maggio 2018) la BCE, in un ampio capitolo dedicato alle ragioni che sottostanno all'indipendenza finanziaria delle banche centrali nazionali, dopo aver chiarito che l'indipendenza di una BCN potrebbe essere messa a repentaglio se essa non potesse reperire autonomamente risorse finanziarie sufficienti a espletare il proprio mandato (ossia ad assolvere i compiti del SEBC cui è tenuta in virtù del Trattato e dello Statuto), ha evidenziato che qualunque diritto di terzi, ad esempio del governo o del parlamento, di influenzare le decisioni di una BCN sulla gestione delle riserve ufficiali non sarebbe coerente con il disposto dell'articolo 127, paragrafo 2, terzo trattino, del Trattato che, come anticipato assegna al SEBC il compito di detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri.

 

Infine, il divieto di finanziamento monetario (art. 123 TFUE) impedisce alle BCN, a tutela del perseguimento dell'obiettivo di stabilità dei prezzi e del mantenimento della disciplina fiscale, di erogare credito allo Stato e agli altri enti pubblici, incluso il finanziamento degli obblighi del settore pubblico nei confronti dei terzi; come precisato dalla BCE, il divieto comprende qualsiasi erogazione finanziaria, anche in assenza di un obbligo di restituzione, al fine di tenere conto della finalità ultima della norma.

 

Quanto al quadro normativo nazionale, il D.Lgs. n. 43 del 1998, di adeguamento dell'ordinamento nazionale alle disposizioni del trattato istitutivo della Comunità europea in materia di politica monetaria e di Sistema europeo delle banche centrali, prevede che la Banca d'Italia, banca centrale della Repubblica italiana, è parte integrante del SEBC. Svolge i compiti e le funzioni che in tale qualità le competono, nel rispetto dello statuto del SEBC. Persegue gli obiettivi assegnati al SEBC e agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni della BCE.

 

L'articolo 7 del decreto legislativo ha modificato il predetto articolo 4 del DPR 148 del 1988, prevedendo il trasferimento da parte della Banca d'Italia alla Banca centrale europea delle attività di riserva, secondo quanto previsto dall'articolo 30 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea. Il medesimo articolo 7 ha inoltre stabilito il passaggio della gestione delle riserve ufficiali dell'Ufficio italiano cambi alla Banca d'Italia.

 

Successivamente, il decreto-legge n. 133 del 2013 ha profondamente rinnovato l'assetto patrimoniale e la governance della Banca d'Italia. Più in dettaglio, il provvedimento ha ribadito la natura giuridica dell'Istituto, ha aggiornato la misura del capitale sociale e ha dettato norme puntuali sul possesso e sulla vendita delle sue quote.

In particolare, l'articolo 4, comma 1, ribadisce che la Banca d'Italia è:

La Banca d'Italia è indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze, analogamente a quanto previsto per la BCE dall'articolo 282, par. 3, del Trattato UE.

Ai sensi dell'articolo 5 del decreto legge, l'assemblea non ha alcuna ingerenza nelle materie relative all'esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dal Trattato, dallo Statuto del SEBC e della BCE, dalla normativa dell'Unione europea e dalla legge alla Banca d'Italia o al Governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali.

 

In questo contesto, il citato articolo 127 TFUE, comma 4, prevede che la Banca centrale europea viene consultata:

  • in merito a qualsiasi proposta di atto dell'Unione che rientri nelle sue competenze,
  • dalle autorità nazionali, sui progetti di disposizioni legislative che rientrino nelle sue competenze.

 

Tale obbligo è dettagliato nella Decisione 98/415/UE, adottata in attuazione di tale disposizione, il quale stabilisce:

  • l'obbligo per le autorità degli Stati membri di consultare la BCE su ogni progetto di disposizioni legislative che rientri nelle sue competenze e, in particolare, per quanto riguarda: le questioni monetarie, i mezzi di pagamento, le banche centrali nazionali, la raccolta, la compilazione e la distribuzione delle statistiche monetarie, finanziarie, bancarie e sulla bilancia dei pagamenti, i sistemi di pagamento e di regolamento, e norme applicabili agli istituti finanziari nella misura in cui influenzano la stabilità di tali istituti e dei mercati finanziari (articolo 2, paragrafo 1);
  • l'obbligo per la BCE, non appena riceve un progetto di disposizioni legislative, di comunicare alle autorità nazionali che la consultano se, a suo parere, la proposta rientra nelle sue competenze (articolo 2, paragrafo 3);
  • la possibilità che le autorità nazionali che elaborano un progetto di disposizioni legislative prescrivano alla BCE un termine per la comunicazione del parere, che non può essere inferiore ad un mese dalla data in cui la richiesta di parere viene notificata al presidente della BCE. In casi di estrema urgenza il termine può essere ridotto. In tal caso, l'autorità nazionale che procede alla consultazione deve indicare le ragioni dell'urgenza. La BCE può chiedere a tempo debito una proroga del termine di altre quattro settimane (articolo 3, paragrafi 1, 2 e 3);
  • alla scadenza del termine l'autorità nazionale può non tenere conto della mancanza del parere. Qualora il parere della BCE pervenga dopo il termine fissato, gli Stati membri hanno cura nondimeno che esso sia reso noto alle autorità che deve adottare il provvedimento (articolo 3, paragrafo 4);
  • gli Stati membri sono tenuti ad adottare le disposizioni necessarie per assicurare l'effettiva applicazione della decisione. In particolare, essi si accertano che la BCE sia consultata in tempo utile affinché l'autorità che elabora il progetto di disposizioni legislative tenga conto del parere della BCE prima di adottare la decisione nel merito; essi verificano anche che il parere ottenuto dalla BCE sia portato a conoscenza dell'autorità che deve approvare il provvedimento, se diversa da quella che ha elaborato la proposta (articolo 4).

A tale proposito si segnala la BCE ha pubblicato una Guida alla consultazione della banca centrale europea da parte delle autorità nazionali sui progetti di disposizioni legislative.

In passato vi sono stati taluni interventi aventi a oggetto le riserve auree della Banca d'Italia rimasti inattuati. In particolare:

  • l'emendamento 43.1 al progetto di legge finanziaria per il 2003 prevedeva l'individuazione, da parte del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Banca d'Italia, della quota di riserve "eccedente" rispetto alle esigenze inerenti ai compiti assegnati a quest'ultima, in vista di un utilizzo di detta quota per la riduzione del debito pubblico;
  • la risoluzione concernente il Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2008-2011, approvata dalla Camera il 31.7.2007 (n. 6-00020),  al punto B - 8) impegnava il Governo "ad effettuare, anche nei rapporti con l'Unione europea, una ricognizione di tutti gli strumenti utili a determinare una significativa riduzione del debito pubblico, sia con riferimento a forme concordate di utilizzo delle riserve delle banche centrali, in oro e in valuta, eccedenti quanto richiesto dal concerto con la BCE per la difesa dell'euro, anche sulla base delle esperienze di altri Paesi, sia con riferimento alla classificazione delle operazioni patrimoniali e delle partite finanziarie, nonché ad aprire nuovi spazi per forme più qualificate di spesa pubblica";
  • l'art. 14 del d.l. 1°; luglio 2009, n. 78 ("introduzione di un'imposta sostitutiva sulle plusvalenze iscritte in bilancio derivanti dalla valutazione ai corsi di fine esercizio dei metalli preziosi detenuti per uso non industriale"), convertito, con modificazioni, in legge 3 agosto 2009, n. 102  istituiva, per il periodo d'imposta in corso alla data della sua entrata in vigore, un'"imposta sostitutiva" dell'IRES e dell'IRAP, con l'aliquota del 6 per cento ed entro l'importo massimo di 300 milioni di euro, sulle plusvalenze contabili derivanti dalla valutazione in bilancio, ai corsi di fine esercizio, delle disponibilità in metalli preziosi per uso non industriale.

Ai sensi del comma 4 dell'articolo in discorso, nel testo risultante dalla legge di conversione, "Con riferimento alle disponibilità auree della Banca d'Italia (…) le disposizioni del presente articolo si applicano previo parere non ostativo della Banca centrale europea e comunque nella misura idonea a garantire l'indipendenza istituzionale e finanziaria della banca centrale; la predetta misura è stabilita con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, su conforme parere della Banca d'Italia".

    La Banca Centrale Europea si è pronunciata due volte in senso sfavorevole alla nuova imposta (pareri CON/2009/59 del 14 luglio 2009 e CON/2009/63 del 24 luglio 2009), evidenziandone i profili di contrasto con i principi dell'indipendenza finanziaria e istituzionale delle banche centrali e con il divieto di finanziamento monetario dalle banche centrali agli Stati membri della Comunità europea, nonché con i principi contabili dell'Eurosistema.

    In particolare, la BCE ha osservato che la tassazione prevista su redditi non realizzati, e quindi incerti, avrebbe causato un decremento arbitrario delle risorse della Banca d'Italia, indebolendone la posizione finanziaria e aumentando il rischio che la stessa non avesse nel futuro sufficienti mezzi per svolgere i propri compiti; inoltre, non ha ritenuto sufficienti a escludere la violazione del principio di indipendenza finanziaria l'introduzione nella legislazione di misure mitigatrici dell'effetto finanziario dell'imposta (previsione di un tetto massimo, parere conforme della Banca d'Italia, clausola di salvaguardia dell'indipendenza della banca centrale).

La misura non è stata quindi varata.