Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Relazione sullo Stato di diritto 2020. La situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea e in Italia
Serie: Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE   Numero: 44
Data: 18/12/2020
Organi della Camera: I Affari costituzionali, II Giustizia


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Relazione sullo Stato di diritto 2020. La situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea e in Italia

18 dicembre 2020


Indice

|Introduzione|Finalità / Motivazione|Contenuti: Relazione sullo Stato di diritto 2020. La situazione dello Stato di diritto nell'UE|Capitolo sulla situazione dello Stato di diritto in Italia|Aspetti fondamentali della situazione dello Stato di diritto negli Stati membri|Il Regolamento per un regime di condizionalità in materia di Rule of law per proteggere il bilancio|Esame presso altri Parlamenti nazionali|



Introduzione

Negli ultimi anni si è sviluppato a livello europeo un approfondito dibattito sull'esigenza di rafforzare i presidi in materia di rispetto del principio dello Stato di diritto (e dei diritti fondamentali), nel quale le principali Istituzioni dell'UE sono intervenute avanzando una serie di proposte tuttora in fase di sviluppo. In particolare, la discussione si è focalizzata sui problemi di efficacia che sono stati riscontrati nelle attività di monitoraggio, prevenzione e risposta a livello europeo rispetto al verificarsi di rischi di violazione o effettive lesioni del citato principio.
La critica più diffusa all'attuale assetto concerne quello che è ritenuto una sorta di doppio standard per cui l'Unione europea sarebbe maggiormente propensa a diffondere e promuovere lo Stato di diritto (e i diritti fondamentali) al di fuori di essa piuttosto che ad assicurare al suo interno il rispetto dei medesimi da parte degli Stati membri. Al riguardo, si ricorda che lo Stato di diritto (insieme alla democrazia, i diritti umani e i diritti delle minoranze) è il parametro politico che figura tra i cosiddetti criteri di Copenhagen, requisiti indispensabili per avviare il processo di adesione all'UE da parte di uno Stato non membro. Inoltre, il Consiglio considera il rispetto dei diritti umani e la democrazia come elemento fondamentale di tutte le relazioni dell'UE con i Paesi terzi e le istituzioni internazionali.
La discussione ha preso le mosse, in particolare, dall'applicazione dell'articolo 7 del Trattato dell'Unione europea (TUE), che prevede un'articolata procedura in cui intervengono le principali Istituzioni europee, all'esito della quale il Consiglio può definire una sanzione nei confronti dello Stato membro in cui sia stata constatata l'esistenza di una violazione grave e persistente, tra l'altro, del principio dello Stato di diritto. Tale sanzione consiste nella sospensione di quello Stato da alcuni dei diritti previsti dal Trattato, compreso il diritto di voto in sede di Consiglio. Il funzionamento della procedura testé citata, sperimentata solo per due volte (nei confronti di Polonia e Ungheria), si è rivelato farraginoso, atteso che in entrambi i casi non si è mai superata la fase istruttoria dell'iter. È invece risultato meno problematico l'approccio recentemente rafforzato dalla Commissione europea la quale ha ampliato l'uso delle procedure di infrazione laddove le criticità per lo Stato di diritto si concretizzino attraverso una violazione specifica del diritto dell''UE; tale approccio è stato peraltro ulteriormente sviluppato con il maggior coinvolgimento della Corte di giustizia dell'UE, la quale non ha esitato a esercitare poteri straordinari di ordine di sospensione delle misure nazionali in grado di ledere il principio citato.
La Relazione sullo Stato di diritto 2020 è il primo atto del nuovo meccanismo per lo Stato di diritto, un ciclo annuale di valutazione dello stato di salute di uno dei fondamenti dei sistemi costituzionali moderni. Nonostante lo Stato di diritto sia un principio la cui tutela è garantita dal convergere di più fonti dell'ordinamento multilivello - dal complesso di principi e norme costituzionali degli Stati membri, dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (e dalle pronunce della Corte EDU), dai Trattati istitutivi dell'UE, dalla Carta europea dei diritti fondamentali, e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE,– la Commissione ha elaborato uno strumento che mira sostanzialmente a diffondere un'approfondita consapevolezza delle questioni che lo interessano e a realizzare un ambiente europeo in grado di prevenire minacce e criticità in grado di comprometterne il rispetto.
L'obiettivo indicato della promozione e di una diffusa attenzione ai problemi in materia di Stato di diritto è, tra l'altro, stato già ricercato dalla Commissione europea attraverso l'idea di una costruzione di una rete che includa operatori del diritto, in primo luogo le Corti nazionali a tutti i livelli, mondo accademico e società civile. In particolare, con la precedente comunicazione "Rafforzare lo Stato di diritto – Programma di azione" la Commissione aveva già posto l'accento sulla valorizzazione del ruolo dei giudici nazionali, sia nell'ambito di una cooperazione tra reti giudiziarie, sia con riferimento all'impiego sistematico dello strumento del rinvio di questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia dell'UE nei casi in cui vengano in considerazione profili dello Stato di diritto.
La relazione in esame è basata su una serie di informazioni provenienti da un variegato insieme di fonti ( amministrazioni nazionali; Agenzie dell'UE deputate alla tutela dei diritti fondamentali; organismi internazionali; organizzazioni della società civile, etc); essa dovrebbe riferire sulla tendenza generale nell'UE e sulle situazioni specifiche negli Stati membri, con l'obiettivo di innestare un dialogo con gli Stati membri e avviare il dibattito anche nelle sedi europee con il coinvolgimento delle principali istituzioni dell'UE.
Tra gli elementi chiave del meccanismo vi è peraltro la necessità di sviluppare la discussione in una sede di cooperazione interparlamentare europea, profilo che è sostanzialmente in linea con la posizione recentemente espressa dal Parlamento europeo. In tale contesto, si segnala che l'Unione è prossima all'adozione di un meccanismo sanzionatorio nuovo che ricollega le carenze nel rispetto dello Stato di diritto alle disfunzioni della corretta esecuzione del bilancio UE; la constatazione dell'esistenza di tali criticità consentirebbero al Consiglio di penalizzare gli Stati membri sotto il profilo dell'accesso alle risorse del bilancio e di altri strumenti finanziari laddove siano in essi riscontrate criticità per lo Stato di diritto in grado di ledere la sana e corretta gestione dei fondi europei. Si tratta di uno strumento dalla portata circoscritta a fattispecie specifiche che tuttavia indica una linea di tendenza volta a dare maggiore concretezza a un sistema di tutela che le maggiori Istituzioni europee e la maggior parte degli Stati membri ritengono perfettibile.
Da ultimo, si ricorda che, in attuazione dell'articolo 6, paragrafo 2 del Trattato sull'Unione europea, è tuttora in corso il processo di adesione dell'UE alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU).
La CEDU, firmata a Roma il 4 novembre 1950 nell'ambito del Consiglio d'Europa, impegna gli Stati aderenti a rispettare, nei confronti dei soggetti che ricadono nella loro giurisdizione, i diritti in essa enunciati, e a consentire (ove tali diritti siano violati) di adire la Corte all'uopo istituita (Corte EDU).
L'adesione dell'Unione europea alla CEDU dovrebbe comportare:
  • un controllo giurisdizionale aggiuntivo nel settore della tutela dei diritti fondamentali nell'Unione. L'adesione dovrebbe attribuire alla Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte di Strasburgo) il potere di sindacare, ai fini del rispetto della Convenzione, gli atti delle istituzioni, degli organi e organismi dell'UE, comprese le sentenze della Corte di giustizia;
  • l'azionabilità da parte di qualunque individuo di un nuovo mezzo di ricorso: sarà possibile infatti adire la Corte dei diritti dell'uomo in caso di violazione dei diritti fondamentali imputabile all'Unione, a condizione però che siano già esaurite tutte le vie di ricorso interne.


Finalità / Motivazione


Il meccanismo per lo Stato di diritto predisposto dalla Commissione europea

Il rispetto dello Stato di diritto costituisce, ai sensi dell'articolo del 2 Trattato sull'UE (TUE), uno dei valori fondamentali dell'Unione europea. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'UE e della Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte EDU), al concetto di Stato di diritto sono riconducibili il principio di legalità, intesa in particolare quale sottoposizione dei poteri pubblici alla legge e divieto di esercizio arbitrario del potere esecutivo, la certezza del diritto, il principio del bilanciamento tra i poteri, e dunque la garanzia dell' indipendenza e dell' autonomia dell'ordine giudiziario, strettamente connesso allo Stato di diritto, nonché la tutela del pluralismo sociale, con particolare riferimento alla libertà e al pluralismo dei media.
All'inizio del suo mandato, la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha invitato il Parlamento europeo, il Consiglio e gli Stati membri a rafforzare la cooperazione in materia di Stato di diritto tramite l'istituzione di un nuovo meccanismo europeo.
L'iniziativa è riconducibile a una delle sei priorità individuate nel programma 2019-2024 dell'attuale Commissione europea e costituisce uno degli elementi di un impegno più generale a livello dell'UE per rafforzare i valori della democrazia, dell'uguaglianza e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Recentemente pertanto la Commissione ha avanzato una serie di iniziative complementari, tra cui la COM(2020)790 sul piano d'azione per la democrazia europea e la COM(2020)711 relativa alla nuova strategia per rafforzare l'applicazione della Carta dei diritti fondamentali.
Tale meccanismo dovrebbe affiancare gli strumenti esistenti di promozione della Rule of law all'interno dell'Unione ( Justice scoreboard, semestre europeo, Next generation EU) e integrare i meccanismi di prevenzione e risposta alle carenze e violazioni di tale principio (procedure ex art. 7 TUE; procedure di infrazione). Il nuovo strumento mira a perseguire l'accrescimento della capacità di prevenire l'emergere e l'accentuarsi di problemi, la costituzione di un quadro di riferimento per il sostegno fornito agli Stati membri in termini di assistenza tecnica e finanziamento in materia di Rule of law, e lo stimolo e incoraggiamento alla cooperazione interistituzionale.
La Commissione instaura un dialogo permanente con le autorità nazionali e i portatori di interessi volto ad acquisire informazioni sufficienti per redigere una relazione annuale, nella quale si dà conto della situazione del rispetto di tale valore fondamentale dell'Unione (ex. art. 2 TUE) a livello dell'UE e nei singoli Stati membri.
Nella prima Relazione sullo Stato di diritto 2020 (COM(2020)580) si fotografano i più significativi sviluppi, sia in positivo sia in negativo, nell'osservanza dei parametri della rule of law.
Il meccanismo successivamente prevede che alla pubblicazione annuale della Relazione faccia seguito, quale fase di follow up, un dibattito in seno al Consiglio e al Parlamento europeo e si auspica che lo stesso avvenga anche nei Parlamenti nazionali e nella società civile.

Le attività in seno al Consiglio dell'UE

A partire dal 2014 il Consiglio ha instaurato i dialoghi annuali sullo Stato di diritto, concretamente una serie di riunioni del Consiglio dell'UE Affari generali nelle quali sono stati approfonditi aspetti generali della materia dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, senza effettivamente entrare nel merito delle violazioni di tali valori UE da parte di specifici Stati membri. Peraltro, spesso i temi specificamente discussi in tale sede non hanno riguardato in senso stretto i parametri citati il cui rispetto è necessario per la tenuta dello Stato di diritto, bensì materie riconducibili ad alcuni diritti fondamentali quali l' asilo e la privacy.   
In tale contesto, nel novembre 2016, un numero significativo di Stati membri, tra i quali anche l'Italia, hanno proposto il rafforzamento di tali dialoghi, mediante la trasformazione dell'attuale discussione in sede di Consiglio Affari generali in un esercizio periodico di valutazione inter pares tra Stati membri secondo l'approccio peer review (impiegato soprattutto nel mondo della ricerca scientifica).
Nelle conclusioni della Presidenza del Consiglio "Affari generali" del novembre 2019 si è stabilito che le relazioni della Commissione in materia di Stato di diritto potrebbero servire da base per il dialogo annuale citato. In tal senso, in occasione del Consiglio affari generali del 13 ottobre, la Presidenza tedesca ha sviluppato un nuovo approccio al dialogo annuale sullo Stato di diritto. I Ministri hanno tenuto discussioni orizzontali sugli sviluppi generali, incentrate sui settori oggetto di approfondimento della relazione in esame. Il Consiglio affari generali il 17 novembre 2020 ha tenuto per la prima volta un dibattito nel quadro del dialogo annuale sullo Stato di diritto, ponendo l'accento sulla situazione in cinque specifici Stati membri, in base all'ordine protocollare dell'UE: Belgio, Bulgaria, Cechia, Danimarca ed Estonia.

Il contributo del Parlamento europeo - Risoluzione sull'istituzione di un meccanismo dell'UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali

Il 7 ottobre 2020, l'Assemblea plenaria del Parlamento europeo ha approvato la risoluzione sull'istituzione di un meccanismo europeo in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali ( 2020/2072(INL)), con la quale ha sostanzialmente accolto la proposta della Commissione parlamentare LIBE (Libertà civili, giustizia e affari interni) volta all' adozione di un accordo interistituzionale idoneo a garantire il coordinamento e la cooperazione tra Commissione, Consiglio e Parlamento nell'attività di monitoraggio degli Stati membri per quanto riguarda la loro adesione ai valori dell'UE (ex art. 2 TUE).
Il Parlamento europeo constata la grave crisi in cui è incorsa l'Unione in ragione della carenza di strumenti efficaci di contrasto al verificarsi di un progressivo arretramento in alcuni Stati Membri del rispetto della democrazia, dei diritti fondamentali e dei principi dello Stato di diritto.
La proposta di accordo interistituzionale del Parlamento europeo, accogliendo parzialmente il meccanismo disegnato dalla Commissione, mira a tradurlo in una procedura giuridicamente vincolante e il cui ambito di applicazione si estenda anche a democrazia e diritti fondamentali. L'accordo interistituzionale rafforzerebbe altresì il ruolo della Commissione nel predisporre raccomandazioni specifiche per Paese, la cui attuazione costituirebbe oggetto di monitoraggio successivo da parte delle istituzioni europee. Tra i punti notevoli della risoluzione anche la proposta di coinvolgere il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali nella sede di un dibattito interparlamentare sulle risultanze del nuovo meccanismo.
In particolare, il progetto di proposta per l'accordo contempla l'istituzione di un ciclo annuale di monitoraggio dei valori dell'Unione. Tale ciclo si articolerebbe in una fase preparatoria, atta alla consultazione mirata delle parti interessate (organizzazioni della società civile, associazioni, istituzioni e organizzazioni internazionali, enti nazionali pertinenti)  per raccogliere le informazioni necessarie sugli sviluppi sia positivi sia negativi relativi alla tutela dei diritti fondamentali, alla democrazia e allo Stato di diritto in ogni Stato Membro, in una relazione annuale, predisposta e pubblicata dalla Commissione e corredata di raccomandazioni specifiche per ciascuno Stato sugli obiettivi, le modalità e le tempistiche idonei a rafforzare la protezione e la promozione dei valori dell'UE, nonché in una fase di follow-up, volta alla verifica da parte del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione circa l'attuazione delle raccomandazioni e all'instaurazione di un dialogo con gli Stati membri per favorirla.
In sostanza, il Parlamento europeo propone che dalla mancata attuazione delle citate raccomandazioni per Paese si facciano discendere concrete misure dell'Unione, fra cui le procedure di cui all'articolo 7 TUE, procedimenti d'infrazione e la condizionalità di bilancio una volta in vigore ( recentemente è stato approvato un Regolamento in materia, su cui v. infra); il Parlamento osserva che le raccomandazioni non dovrebbero riguardare unicamente il ricorso contro le violazioni, ma dovrebbero anche promuovere politiche che consentano ai cittadini di beneficiare dei diritti e dei valori dell'Unione.

Risoluzione sull'impatto delle misure connesse al COVID-19 sulla democrazia, sullo Stato di diritto e sui diritti fondamentali

Il 13 novembre 2020, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione volta a richiamare l'attenzione degli Stati membri sull'incidenza rispetto alla tutela dei diritti fondamentali e del principio dello Stato di diritto delle misure adottate al fine di contrastare la pandemia di COVID-19. Il Parlamento europeo con la risoluzione dà conto delle più cruciali implicazioni del governo della pandemia nell'Unione europea sulla tutela di tali valori fondamentali, ribadendo altresì che le misure di emergenza non possono rappresentare l'occasione per la ingiustificata compromissione dei valori stessi.
Il Parlamento europeo evidenzia in particolare come per l'adozione di misure di contrasto siano stati e siano tuttora impiegati da parte dei Governi nazionali poteri di emergenza i quali determinano un'alterazione nell'ordinario bilanciamento dei poteri e comportano un rischio di abuso di potere; pertanto, secondo il Parlamento europeo, il ricorso a poteri eccezionali da parte dell'Esecutivo dovrebbe essere sottoposto a un controllo supplementare per garantire che non siano utilizzati come pretesto per alterare l'equilibrio dei poteri in modo più permanente. Inoltre il Parlamento europeo, secondo l'orientamento della Commissione di Venezia, sottolinea come una dichiarazione de jure dello stato di emergenza risulta preferibile in quanto "può fornire migliori garanzie per i diritti fondamentali, la democrazia e lo Stato di diritto e meglio servire il principio della certezza del diritto che ne deriva." Il Parlamento europeo invita a tal proposito gli Stati membri ad assicurare che sia la dichiarazione sia l'eventuale proroga dello stato di emergenza, da un lato, sia l'attivazione e l'applicazione dei poteri di emergenza, dall'altro, siano soggette a un efficace controllo parlamentare e ad assicurare che i Parlamenti abbiano il diritto di sospendere lo stato di emergenza.
Quanto al contenuto delle misure adottate mediante l'impiego di tali procedure e poteri emergenziali, il Parlamento europeo afferma che le misure adottate dai Governi dovrebbero essere necessarie, proporzionate e temporanee, restando peraltro necessario che non abbiano un'efficacia o un'applicazione discriminatoria. La risoluzione del Parlamento europeo sottolinea in particolare l'esigenza che i Governi non approfittino delle normative di emergenza per imporre limitazioni non strettamente proporzionate e necessarie ai diritti fondamentali, quali la libertà di riunione, il diritto di voto, il diritto all'istruzione, il diritto alla salute, anche sessuale, e all'accesso all'assistenza sanitaria, soprattutto delle persone appartenenti ai gruppi più vulnerabili. Il Parlamento europeo segnala infine con preoccupazione le significative ricadute che la pandemia e le misure di contrasto alla medesima hanno sui diritti procedurali degli indagati e il diritto a un giusto processo, sul diritto alla privacy e alla protezione dei dati, con riferimento all'adozione di applicazioni di tracciamento, e sulla libertà di movimento nello Spazio Schengen.
Alla luce di ciò, il Parlamento europeo invita gli Stati membri ad adottare misure di salvaguardia di tali fondamentali interessi e esorta la Commissione ad elaborare con urgenza una valutazione indipendente e globale delle misure della "prima ondata" della pandemia, così da intraprendere azioni legali ove necessario, per salvaguardare i valori fondamentali dell'UE.

Il ruolo dei Parlamenti nazionali nel ciclo di monitoraggio

Sia il nuovo meccanismo disegnato dalla Commissione sia la risoluzione del Parlamento europeo del 7 ottobre 2020 prevedono la partecipazione dei Parlamenti nazionali in diverse fasi del ciclo. La Commissione, recependo l'indirizzo del Parlamento europeo (risoluzione 25 ottobre 2016 - 2015/2254 (INL)) secondo cui i Parlamenti nazionali avrebbero dovuto svolgere un ruolo fondamentale nella valutazione dei progressi e nel monitoraggio della conformità nell'ambito dei valori comuni dell'Unione sanciti all'articolo 2 TUE, già con la comunicazione COM(2019)163 aveva proposto un'estensione del processo di verifica annuale al di là delle sole Istituzioni europee e, dunque, il coinvolgimento dei Parlamenti nazionali.
Il quadro risultante dai documenti in esame vedrebbe declinata la partecipazione dei Parlamenti nazionali lungo tre dimensioni:
  • in primo luogo, i Parlamenti nazionali prendono parte alle attività consultive svolte dalla Commissione in fase di redazione della relazione annuale e monitorano la partecipazione degli organismi di area governativa;
Si segnala che dall'elenco delle fonti indicato nella Relazione 2020 non risulta che siano stati inviati contributi dal Parlamento italiano alla Commissione europea per la realizzazione del documento.
  • in secondo luogo, i Parlamenti nazionali sono invitati a rendersi promotori del dialogo a livello nazionale sulle risultanze della relazione annuale predisposta dalla Commissione, inaugurando dibattiti al loro interno e, perlomeno secondo l'auspicio del Parlamento europeo, adottando risoluzioni sui risultati del ciclo di monitoraggio;
  • in terzo luogo, i Parlamenti nazionali sono coinvolti nella fase di follow up del meccanismo, tramite un dibattito interparlamentare promosso dal Parlamento europeo.
Si ricorda che il 10 novembre 2020 si è svolta in videoconferenza nella sede del Parlamento europeo la riunione interparlamentare sul tema "La prima relazione annuale sullo Stato di diritto della Commissione europea e il ruolo dei Parlamenti nazionali".

Contenuti: Relazione sullo Stato di diritto 2020. La situazione dello Stato di diritto nell'UE


Introduzione

La Relazione consiste di due parti: una parte generale, volta a individuare temi e tendenze comuni agli Stati membri, specifici problemi occorrenti a livello nazionale ed evoluzioni positive (o best practices) apparse in uno o più Stati membri, e 27 capitoli che contengono le valutazioni specifiche dei singoli Stati membri (per l'Italia, vedi SWD(2020)311). La Relazione non contiene invece raccomandazioni indirizzate ai singoli Stati per sanare o prevenire l'esistenza di carenze nel rispetto della Rule of law, né produce conseguenze dirette per i Paesi in cui fossero riscontrate violazioni e carenze generalizzate dello Stato di diritto, rimanendo all'uopo destinati i tradizionali strumenti dell'art. 7 TUE e della procedura di infrazione (allorché il mancato rispetto del principio dello Stato di diritto si risolva altresì in una violazione del diritto dell'UE).
Gli elementi fondamentali su cui verte la valutazione della Commissione sono:
1) il sistema giudiziario, con riguardo alle garanzie strutturali della sua indipendenza e alla percezione della medesima, nonché alla disponibilità di risorse umane e finanziarie sufficienti ad assicurarne l'efficienza;
Tale sezione, sviluppata sia nella comunicazione generale sia nei singoli capitoli per Paese, è realizzata, tra l'altro, con il contributo dei risultati del Justice scoreboard, documento annuale recante un esame comparativo dei sistemi giudiziari nazionali secondo parametri di qualità, indipendenza ed efficienza, sulla cui base la Commissione europea può indirizzare ai Paesi ritenuti più problematici raccomandazioni in materia di giustizia nell'ambito del Semestre europeo di coordinamento di finanza pubblica.
2) il quadro anticorruzione, ossia l'esistenza di strumenti nazionali di prevenzione, accertamento, repressione e punizione della corruzione, nonché la percezione della medesima;
3) il pluralismo e la libertà dei media, con riferimento all' indipendenza delle autorità di regolazione, alla trasparenza della proprietà dei media, all'assenza di pressione politica sugli stessi, nonché alla protezione dei giornalisti da minacce e attacchi;
4) le altre questioni istituzionali relative al bilanciamento dei poteri.
Le fonti impiegate dalla Commissione sono tra l'altro: scambi con gli Stati membri; contributi dei portatori di interessi quali organizzazioni nazionali e internazionali della società civile e dei giornalisti; l' Agenzia dell'UE per i diritti fondamentali FRA, soggetti internazionali quali il Consiglio d'Europa, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa ( OSCE), l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ( OCSE). In particolare, nel 2020 ai fini della consultazione è stata istituita " una rete di punti di contatto nazionali" sullo Stato di diritto, attraverso la quale le autorità nazionali degli Stati membri e i soggetti collettivi della società civile hanno potuto sottoporre alla Commissione osservazioni dapprima per iscritto e poi nell'ambito di una visita istituzionale.
 
In tale sezione la Commissione sottolinea, infine, taluni profili critici per lo Stato di diritto emersi in rapporto alla pandemia di COVID-19. Si tratta delle significative ricadute delle misure emergenziali di contrasto alla proliferazione del virus sulla salvaguardia della Rule of law, con particolare riferimento agli aspetti problematici dovuti al permanere di misure di concentrazione dei poteri o di limitazione dei diritti fondamentali anche una volta rientrata l'emergenza sanitaria. In particolare, la Commissione, nell'ambito dell'attività di monitoraggio prevista dal citato meccanismo, ha analizzato i principali provvedimenti di emergenza adottati dagli Stati membri, valutando (1) se fossero circoscritti nel tempo, (2) se la loro stretta necessità e proporzionalità fossero garantite da meccanismi di salvaguardia e (3) se potessero essere soggetti a controllo giudiziario e parlamentare. Da tale analisi, ha ricavato tre riflessioni:
a) l'importanza di garantire che il processo decisionale urgente ed efficace, prevalentemente condotto dagli esecutivi, rimanga inquadrato in una logica di bilanciamento dei poteri e, dunque, sia possibile il controllo parlamentare, sia in funzione di indirizzo sia in funzione di verifica ex post circa le misure giuridiche adottate, nonché il controllo sulle leggi da parte delle Corti costituzionali e delle Corti supreme;
b) l'insorgere di ostacoli all'esercizio del controllo democratico da parte dei media e degli organismi della società civile durante i periodi emergenza e il rischio che siano adottate misure restrittive della libertà di espressione e di accesso alle informazioni (anche a fini politici).
Peraltro la Commissione europea ha sottolineato il ruolo essenziale dei media liberi e pluralisti per la diffusione di informazioni verificate, che contribuiscono, tra l'altro, alla lotta contro la disinformazione e tutelano la responsabilità democratica. La questione si inserisce nel contesto di una serie di recenti misure a livello europeo, tra le quali il piano d'azione e il codice contro la disinformazione. Quest'ultimo strumento è stato sottoscritto da alcune tra le maggiori piattaforme online (Google, Facebook, Twitter, Microsoft, Mozilla e, a partire da giugno 2020, TikTok), le quali si sono, tra l'altro, impegnate a fermare i profitti derivanti da pubblicità realizzata da profili e siti web che alterano l'informazione e a fornire agli inserzionisti adeguati strumenti di sicurezza e informazioni in merito ai siti che creano disinformazione.
c) la resilienza del sistema giudiziario, messo a dura prova dalla chiusura parziale degli organi giurisdizionali in dipendenza del COVID-19, con il rischio di compromettere il diritto fondamentale di accesso a un giudice indipendente e a un ricorso giurisdizionale effettivo. La Commissione, in questo senso, saluta con favore le iniziative volte alla digitalizzazione delle comunicazioni con gli uffici giudiziari e dello svolgimento dei processi.

Capitolo sulla situazione dello Stato di diritto in Italia


Sistema giudiziario

Indipendenza
La Commissione constata che il sistema giudiziario italiano dispone di un solido quadro legislativo a salvaguardia dell'indipendenza della magistratura. La Relazione tuttavia evidenzia come, secondo le rilevazioni statistiche, il livello di indipendenza della magistratura percepito in Italia sia basso: tale livello sarebbe considerato buono o molto buono soltanto dal 31 per cento dei cittadini e dal 36 per cento delle imprese, percentuali diminuite tra il 2019 e il 2020. Secondo la Commissione europea le ragioni principali per cui i cittadini e le imprese avvertirebbero una mancanza di indipendenza sarebbero le interferenze o le pressioni esercitate dal Governo, dai politici e dai rappresentanti di interessi economici o di altri interessi specifici.
Di seguito il grafico tratto dal Justice scoreboard 2020 sull'indipendenza percepita della magistratura da parte dei cittadini in tutti gli Stati membri (fonte: Eurobarometro — colori chiari: 2016, 2018 e 2019, colori scuri: 2020).
La Commissione sottolinea, inoltre, l'emersione di problemi di integrità del Consiglio Superiore della Magistratura in seguito a gravi accuse relative alla nomina di procuratori di alto livello, scaturenti da un'indagine penale della Procura di Perugia, che ha portato alle dimissioni di cinque membri dell'organo di autogoverno della magistratura.
Il progetto di riforma del CSM (a cura del Servizio Studi)
Uno dei filoni di riforma del settore della giustizia attiene alla riorganizzazione del Consiglio superiore della magistratura, nonché alla revisione dell'assetto ordinamentale della magistratura. In merito, il Governo ha presentato alla Camera il disegno di legge AC. 2681 che prevede, da una parte, una delega per la riforma dell'ordinamento giudiziario con particolare riferimento alla progressione in carriera dei magistrati e all'accesso alle funzioni di legittimità, alle valutazioni di professionalità, alla disciplina dell'accesso alla magistratura, e, dall'altra, modifiche relative alla disciplina del Consiglio superiore della magistratura con riguardo alla composizione ed organizzazione; alle attribuzioni e funzionamento; al sistema elettorale; alla cessazione e scioglimento nonché alla posizione giuridica dei componenti.
Qualità
La Commissione ritiene che le riforme del processo civile e penale, congiuntamente ad un aumento delle risorse umane e al completamento del processo di digitalizzazione, possano consentire un recupero in termini di efficienza, soprattutto con riferimento ai tempi di trattamento. In particolare, vengono in considerazione: 
  • un aumento significativo dell'organico presso tutti gli organi giurisdizionali civili e penali e presso le Procure (Legge di bilancio 2019);
  • l'introduzione di meccanismi di flessibilità nell'assegnazione dei procedimenti volti allo smaltimento dell'arretrato e potenziamento del personale amministrativo (Legge di bilancio 2020);
Si ricorda che secondo la Commissione europea (dati Justice scoreboard 2020) l'Italia nondimeno rimane alle ultime posizioni nell'Unione per il numero di magistrati ogni 100.000 abitanti, mentre continua a occupare le prime posizioni per il numero di avvocati.
Di seguito un grafico recante il numero dei giudici negli Stati membri, 2012-2018 (per 100 000 abitanti) (Justice scoreboard 2020)
Di seguito un grafico recante il numero degli avvocati negli Stati membri, 2012-2018 (per 100 000 abitanti) (Justice scoreboard 2020)
Infine, la Commissione rileva i progressi in materia di digitalizzazione dei procedimenti presso gli organi giurisdizionali di primo e secondo grado e osserva come i progetti di riforma del processo civile e penale intendono ulteriormente facilitare il ricorso esclusivo alle modalità telematiche di comunicazione. La Commissione definisce "avanzato" lo stato di digitalizzazione del procedimento amministrativo. Sono oggetto di valutazione positiva altresì gli attuali progetti di riforma della procedura civile e penale.
La Corte osserva poi che sono ancora pendenti in Parlamento le riforme dirette a ristrutturare gli organi di giurisdizione tributaria, segnalando con preoccupazione un forte aumento dei casi in entrata nella sezione di ultima istanza.
Efficienza
La Commissione sottolinea che il sistema giudiziario continua a sperimentare gravi difficoltà legate alla durata dei procedimenti. Emerge dal Justice Scoreboard che nel settore civile il tempo stimato per risolvere i contenziosi civili e commerciali rimane tra i più lunghi dell'UE, malgrado i tempi di giudizio nel primo e secondo grado abbiano continuato a diminuire nel 2019. La tendenza positiva osservata nel 2018 presso la Corte di cassazione si è invertita in ragione del marcato aumento delle cause in entrata nel settore della protezione internazionale e nella sezione tributaria. Nel 2019 i tribunali amministrativi hanno avviato una riduzione dei tempi di trattazione dei procedimenti in tutti i gradi di giudizio (in particolare in materia di appalti pubblici), che comunque rimangono superiori alla media europea. Nonostante un'ulteriore diminuzione nel periodo 2018-2019, anche nei procedimenti penali si registra una durata superiore alla media a livello di appello.
Di seguito un grafico riportato nel Justice scoreboard recante il tempo stimato necessario per definire le cause civili, commerciali, amministrative e di altra natura 2012-2018 in primo grado). Secondo lo Scoreboard, l'Italia registra una media complessiva di circa 400 giorni.
In conclusione, la Commissione segnala che:
  • l'Italia rimane soggetta alla sorveglianza rafforzata del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa per la durata dei procedimenti amministrativi e penali;
  • la riforma della prescrizione si pone in linea con una raccomandazione specifica per il Paese formulata nel contesto del semestre europeo;
  • rimane urgente l'introduzione di misure destinate ad aumentare l'efficienza, specialmente a livello di appello.
Politiche in materia di efficienza del sistema giudiziario – Ordinamento interno (a cura del Servizio Studi)
Il tema del recupero di efficienza del sistema giudiziario, con particolare riferimento alla necessaria riduzione dei tempi del processo, tanto civile quanto penale, è al centro dell'agenda parlamentare ormai da alcuni anni.
In merito, questa legislatura si è fino ad oggi caratterizzata per un deciso intervento volto ad ampliare gli organici del personale, tanto di magistratura quanto amministrativo, e per un più massiccio ricorso agli strumenti del processo telematico, anche in risposta all'emergenza derivante dal Covid-19, che ha reso a lungo estremamente problematica la celebrazione dei processi in presenza.
Per assicurare il contenimento del rischio epidemiologico senza determinare la paralisi dell'attività giudiziaria, il Governo ha adottato diverse misure contenute oogi, in larga parte, nell'articolo 221 del decreto-legge n. 34 del 2020 e nell'art. 23 del decreto-legge n. 137 del 2020. Si tratta in larga parte di misure temporanee che sono ad oggi prorogate fino al 31 gennaio 2021. In particolare, fino a tale data, sono in vigore norme che consentono lo svolgimento di udienze da remoto, tanto nel processo penale quanto nel processo civile e il deposito con modalità telematiche degli atti processuali, anche nel corso delle indagini preliminari.
Con riguardo al settore civile, la legislatura in corso si è caratterizzata, inoltre, per la centralità del tema del diritto della crisi di impresa. È stato approvato il decreto legislativo n. 14 del 2019, di attuazione della delega per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza (legge n. 155 del 2017), che contiene il nuovo "Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza" le cui disposizioni entreranno in vigore il 1° settembre 2021.
È stata inoltre approvata la legge n. 31 del 2019, volta a riformare l' azione di classe (c.d . class action), con la finalità di potenziare questo istituto allargandone il campo d'applicazione; questa riforma entrerà in vigore il 19 maggio 2021.
Dal punto di vista strettamente processuale, devono essere segnalati invece dei disegni di legge di riforma, tanto del processo civile quanto del processo penale, che il Governo ha presentato alle Camere e che sono tuttora in corso di esame.
Per quanto riguarda il processo civile, il Governo ha presentato al Senato il disegno di legge di riforma AS. 1662, che reca la delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.
Si compone di 16 articoli, che hanno lo scopo di apportare modifiche al processo civile di primo grado e di appello attraverso la riduzione dei riti e la loro semplificazione, e di revisionare altresì gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di delega, il Governo deve adottare uno o più decreti legislativi di riforma, novellando il codice di procedura civile e le leggi processuali speciali, nel rispetto della garanzia del contraddittorio e dei principi e criteri direttivi previsti dagli articoli del disegno di legge in relazione alle diverse materie di intervento. La riforma è imperniata sulla semplificazione del processo civile monocratico tramite l'individuazione di un unico rito semplificato modellato sullo schema del rito sommario di cognizione. Analoghi meccanismi semplificatori dovrebbero essere introdotti per le cause riservate alla decisione del tribunale in composizione collegiale e per i giudizi dinanzi al giudice di pace e di secondo grado.
Per quanto riguarda il processo penale, il Governo ha presentato alla Camera il disegno di legge di riforma AC. 2435, volto a prevedere deleghe al Governo per l' efficienza del processo penale e norme per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le Corti d'appello.
Il testo interviene, nella prima parte, con specifiche previsioni di delega relative alla riforma del codice di procedura penale, da attuarsi entro un anno dall'entrata in vigore della legge di delega, con una finalità di semplificazione e di aumento della celerità del procedimento. Tra gli elementi più significativi: la modifica delle norme in tema di notifiche; la ridefinizione della durata delle indagini preliminari; l'archiviazione; norme volte a ridurre il numero di processi che giungono alla fase dibattimentale, con criteri più stringenti in relazione alla regola di giudizio a cui il pubblico ministero e il giudice dell'udienza preliminare devono attenersi per l'esercizio dell'azione penale o l'accoglimento della richiesta di rinvio a giudizio; l'introduzione della valutazione del giudice in merito alla eventuale retrodatazione dell'iscrizione dell'indagato nell'apposito registro e la conseguente sanzione di inutilizzabilità degli atti di indagine effettuati a termini già scaduti; l'estensione della possibilità del patteggiamento a tutte le ipotesi di reato alle quali sia applicabile complessivamente una pena inferiore agli otto anni; norme per l'incentivazione del ricorso al giudizio abbreviato condizionato, sul calendario delle udienze e sui termini di deposito delle perizie. Oltre a stabilire i criteri della delega per la riforma del processo penale, il testo introduce ulteriori disposizioni finalizzate all'abbattimento e alla velocizzazione dei procedimenti in corso presso le Corti d'appello, nonché norme in materia di sospensione della prescrizione.
Si evidenzia infine che con il Programma Nazionale di Riforma del 2020 ( PNR 2020) il Governo ha risposto alle sollecitazioni europee prevedendo ulteriori interventi di riforma caratterizzati anche da una politica di potenziamento del personale della giustizia, attraverso l'ampliamento delle piante organiche, e di digitalizzazione del processo. In occasione della discussione parlamentare sul PNR, nella seduta del 29 luglio 2020, l'Assembla della Camera ha approvato una risoluzione ( n. 6-00124) che impegna il Governo a favorire la riforma del processo civile e penale, dell'ordinamento giudiziario e della disciplina sulla costituzione e sul funzionamento del CSM, al fine di garantire una maggiore efficienza del sistema giudiziario, anche al fine di accrescere la competitività del sistema-Paese.
Da ultimo, le Linee Guida del Governo per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) presentate dal Governo confermano gli obiettivi già indicati dal PNR ed in particolare inseriscono la riforma della giustizia tra le politiche di supporto per il conseguimento di " Un ordinamento giuridico più moderno e efficiente", ritenuto prioritario per la creazione di un ambiente favorevole agli investimenti e alle attività economiche, in grado di generare effetti positivi sul PIL del Paese.
Per raggiungere tale obiettivo, le linee guida indicano tre direttrici principali da seguire: ridurre la durata dei processi civile e penale; revisionare il codice civile; riformare il diritto societario.
Si segnala, infine, che nella recente Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza ( NADEF) il Governo ha preannunciato, tra i collegati alla decisione di bilancio, un disegno di legge recante delega per la riforma giustizia tributaria, già interessata dall'introduzione, con esiti positivi, del processo telematico nel luglio dello scorso anno.

 


Quadro anticorruzione

La Commissione valuta il quadro giuridico e istituzionale per la lotta alla corruzione come sostanzialmente funzionante. Sotto il profilo della percezione della corruzione, tuttavia, l'Italia ha ricevuto un punteggio di 53/100 nell'indice di Transparency International e si è classificata al 15° posto nell'UE e al 51° posto a livello mondiale. Secondo un sondaggio speciale Eurobarometro del 2020, l'88 per cento degli intervistati (91 per cento tra le imprese) considera la corruzione diffusa (contro una media UE del 71 per cento) e il 35 per cento si sente personalmente danneggiato dalla corruzione nella vita quotidiana (contro una media UE del 26 per cento). Il 42 per cento degli intervistati ritiene che l'efficacia dei procedimenti penali sia sufficiente per dissuadere dalle pratiche di corruzione (contro una media UE del 36 per cento), mentre il 25 per cento delle imprese ritiene che le persone e le imprese che corrompono un alto funzionario siano punite in modo adeguato (contro una media UE del 31 per cento).
La Commissione ritiene che le recenti innovazioni legislative (c.d. legge "spazzacorrotti") in tema di contrasto al fenomeno corruttivo, le quali hanno elevato i livelli delle sanzioni per i reati di corruzione e inasprito il regime delle pene accessorie, realizzino un rafforzamento del suddetto quadro. La Commissione rileva, d'altra parte, un accrescimento del ruolo e dei poteri dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ( ANAC) in materia di prevenzione nella corruzione all'interno della pubblica amministrazione. Sulla base delle informazioni fornite da ANAC e dalla DDA, è in aumento costante la rilevazione delle condotte corruttive e concussive da parte di gruppi della criminalità organizzata e il correlativo aumento delle misure interdittive antimafia disposte. Sono altresì in aumento le segnalazioni di illeciti nel settore pubblico a seguito della revisione del quadro giuridico in materia condotta nel 2017.
La Commissione sottolinea tuttavia la frammentarietà delle norme sul conflitto di interesse, in particolare riguardo al regime di inconferibilità e incompatibilità applicabile ai funzionari pubblici eletti, ritenuto disorganico e privo di un sistema completo di applicazione. Anche la disciplina del fenomeno del " pantouflage" (o revolving doors) rimane incompleta, giacché sono attualmente in vigore disposizioni solo per i funzionari pubblici e non per i titolari di cariche pubbliche.

Libertà di espressione e di informazione

La Commissione procede dalla constatazione che il dato normativo costituzionale e legislativo stabilisce un solido quadro volto a garantire il pluralismo dei media nel Paese. Tuttavia permangono, secondo la Commissione, preoccupazioni circa l'indipendenza politica dei media italiani, ancora 15 anni dopo la segnalazione da parte della commissione di Venezia della mancanza di disposizioni efficaci sulla prevenzione del conflitto di interesse. L'Osservatorio del pluralismo dei media (MPM) nel 2020 classifica l'Italia a medio rischio a tale riguardo e conclude che nel settore audiovisivo l' influenza politica continua a essere notevolmente avvertita. In misura minore, questa valutazione si applica anche al settore dei giornali, a causa delle relazioni indirette tra gli interessi degli editori e il Governo, a livello sia nazionale che locale.
A fronte dei dati preoccupanti sulle aggressioni fisiche e le minacce di morte subite dai giornalisti, anche da parte di gruppi mafiosi, e sulle aggressioni verbali da parte di funzionari e dipendenti governativi, la Commissione riconosce l'utilità della creazione di un Centro di coordinamento sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, per iniziativa del Ministero dell'Interno, al fine di monitorare la situazione e mettere a punto le necessarie misure di tutela. La Commissione segnala che essa costituisce la prima iniziativa in Europa intesa a creare un meccanismo di sicurezza di questo tipo; stando alle risultanze delle consultazioni, i portatori di interessi hanno apprezzato il Centro, pur esprimendo preoccupazione per il fatto che spesso non viene dato seguito a minacce di minore gravità.
La Commissione mette in luce l'evoluzione giurisprudenziale in tema di reato di diffamazione avvenuta a seguito della sentenza della Corte di cassazione del 19 settembre 2019, n. 38721, la quale, in conformità agli orientamenti della Corte EDU, ha statuito che in caso di offese verbali la pena detentiva dovrebbe essere contemplata soltanto in circostanze eccezionali. La Corte Costituzionale, intervenuta sul punto con l'ordinanza n. 132/2020, ha rinviato l'udienza al 21 giugno 2021 per consentire al Parlamento di riflettere sul rispetto del principio costituzionale della libertà di espressione quale interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.

Altre questioni istituzionali relative al bilanciamento dei poteri

La Commissione riconosce che l'Italia ha una società civile vivace e diversificata. La Commissione rileva che sono all'esame della Camera dei Deputati due proposte di legge, presentate nel 2018, volte alla creazione di un'istituzione indipendente per i diritti umani. Tale misura sarebbe in linea con le raccomandazioni contenute in due relazioni presentate nel 2019 dal Comitato ONU sui diritti dell'uomo, il quale ha altresì invitato l'Italia a rendere l' Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza pienamente indipendente e autonoma e di aumentarne le risorse.
La Commissione segnala tuttavia che destano preoccupazione la complessità del processo di registrazione delle ONG e i ritardi nell'attuazione della legge che armonizza le norme relative al settore non profit. Inoltre, il contesto in cui operano le ONG attive nel settore della migrazione e dell'asilo è influenzato da pregiudizi negativi e lo spazio civico è considerato ristretto. Il Consiglio d'Europa ha raccomandato di abrogare le leggi e le politiche che impediscono alle ONG di svolgere il loro legittimo lavoro, mentre le Nazioni Unite hanno raccomandato di garantire i diritti e la libertà di azione della società civile e hanno espresso preoccupazione per le campagne denigratorie contro le ONG attive nel settore della migrazione e dell'asilo.
Infine la Relazione della Commissione richiama la delibera da parte della Corte Costituzionale di norme integrative del proprio Regolamento interno, volte a promuovere una maggiore partecipazione della società civile e del pubblico ai lavori della Corte.

Aspetti fondamentali della situazione dello Stato di diritto negli Stati membri


Sistemi giudiziari

La Commissione sottolinea la coessenzialità tra lo Stato di diritto e il principio stabilito dalla Corte di Giustizia dell'UE per cui gli Stati membri sono obbligati ad assicurare una tutela giurisdizionale effettiva, il cui principale corollario consiste nell' indipendenza dei giudici.
Dai dati comparativi raccolti nella Relazione sulla percezione a livello europeo presso imprese e cittadini dell' indipendenza della magistratura emerge che gli Stati membri tendono a raggrupparsi ai livelli più alti e ai livelli più bassi.
Si registra una tendenza generale degli Stati membri a rafforzare le garanzie strutturali dell'indipedenza della magistratura (tra l'altro mediante misure volte a potenziare la partecipazione dei giudici alle procedure di nomina, o a riformare le procedure disciplinari per giudici e pubblici ministeri). Discussioni e progetti di riforma sul rafforzamento delle garanzie giuridiche e costituzionali dell'indipendenza della magistratura sono in corso anche in Stati membri in cui tale indipendenza è tradizionalmente percepita come elevata o addirittura molto elevata. La Commissione osserva che taluni Stati membri in cui la separazione dei poteri e il rispetto dell'indipendenza della magistratura si basano più sulla tradizione politica che su garanzie giuridiche dettagliate, segnatamente Irlanda, Lussemburgo, Finlandia, Paesi bassi e Svezia, hanno avviato processi volti a introdurre meccanismi più formali per la tutela di tali valori, sulla scorta del modello offerto da altri Paesi dell'Unione.
Nella Relazione particolare attenzione è dedicata agli assetti istituzionali di alcuni Stati membri che prevedono da un lato il diritto del potere esecutivo di impartire istruzioni formali alle procure, dall'altro misure di salvaguardia o convenzioni consolidate che limitano la possibilità di abusi.
A tal proposito, la Commissione richiama la sentenza della Corte di giustizia dell'UE ( causa C-508/18 e C-82/19 ) sul mandato di arresto europeo, cui ha fatto seguito un approfondito dibattito in Stati quali Germania e Austria.
Nell'ambito di tali pronunce, la Corte ha stabilito che le procure tedesche non offrivano una garanzia d'indipendenza dal potere esecutivo sufficiente per poter emettere un mandato d'arresto europeo, dal momento che la legge nazionale non escludeva che la loro decisione di emettere un mandato d'arresto europeo potesse, in un caso individuale, essere soggetta a un' istruzione del Ministro della Giustizia del Land interessato.
La Commissione segnala con preoccupazione le funzioni esercitate in alcuni Stati membri dal procuratore generale nei confronti dei procuratori di grado inferiore e la specifica situazione della Polonia, dove il Ministro della giustizia è anche procuratore generale. È infine richiamato il contenzioso avviato a livello europeo nei confronti di Polonia e Ungheria a causa delle criticità riscontrate rispettivamente nell'assetto dei Consigli nazionali di giustizia e nelle riforme dell'ordinamento giudiziario con particolare riguardo al regime disciplinare dei giudici.
Alcune riforme dell' ordinamento giudiziario introdotte in Polonia dal 2015 sono state oggetto di profonde controversie, a livello sia nazionale che dell'UE, e hanno suscitato serie preoccupazioni al punto da indurre la Commissione ad avviare nel 2017 la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 1, del TUE, che è ancora all'esame del Consiglio. Nel 2019 e nel 2020 la Commissione ha altresì avviato due procedure di infrazione a tutela dell' indipendenza della magistratura; la Corte di giustizia ha inoltre adottato provvedimenti provvisori per sospendere i poteri della camera disciplinare della Corte suprema per quanto riguarda i procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici.
Analogamente, l'impatto di alcune riforme sull'indipendenza della magistratura è una delle molteplici questioni considerate critiche per lo Stato di diritto e per la tenuta di alcuni diritti fondamentali, sollevate nell'ambito della procedura a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, del TUE avviata dal Parlamento europeo nei confronti dell'Ungheria con la risoluzione del 12 settembre 2018. I rilievi riguarderebbero, tra l'altro: le difficoltà del Consiglio nazionale della magistratura indipendente nel controbilanciare i poteri del presidente dell' Ufficio giudiziario nazionale incaricato dell'amministrazione degli organi giurisdizionali; nuove norme che consentirebbero di nominare alla Corte suprema membri della Corte costituzionale, eletti dal Parlamento, al di fuori della normale procedura di nomina.
Da ultimo, la Commissione europea riferisce sulle segnalazioni registrate in alcuni Stati membri circa attacchi politici e campagne mediatiche contro giudici e pubblici ministeri, richiamando tra l'altro la sentenza del 5 maggio 2020 con la quale la Corte europea dei diritti dell'uomo ha ribadito la libertà di espressione dei pubblici ministeri e dei giudici e il loro diritto a partecipare a dibattiti pubblici su riforme legislative che incidono sulla magistratura, o in generale su questioni che riguardano l'indipendenza della magistratura.

Quadro anticorruzione

La Commissione europea segnala l'esigenza di un approccio globale alla lotta contro la corruzione, basato su una combinazione di misure preventive e repressive. I pilastri sui quali tale politica dovrebbe fondarsi sono, tra l'altro, un solido quadro giuridico e istituzionale; una capacità amministrativa e giudiziaria sufficiente (con la precondizione dell'indipendenza dei sistemi giudiziari); la volontà politica di adottare misure di esecuzione; media indipendenti e pluralistici che svolgono una attività di sensibilizzazione e di promozione dell' integrità della vita pubblica.
La corruzione, peraltro, costituisce una grave minaccia agli interessi finanziari dell'UE e mette a rischio la corretta esecuzione del bilancio dell'UE). In tale settore, gli strumenti a livello europeo più avanzati sono: la Procura europea; la disciplina sulla protezione da qualsiasi forma di ritorsione delle persone che segnalano violazioni (cosiddetti whistleblowers), le norme rivedute contro il r iciclaggio di denaro.
Tra le best practises messe in evidenza, le strategie nazionali anticorruzione e la tendenza in alcuni Stati membri ad allineare la legislazione penale agli standard giuridici approvati a livello internazionale. Sussistono tuttavia problemi nella raccolta di dati comparativi circa il trattamento dei reati di corruzione nelle varie fasi del procedimento penale; si registrano notevoli differenze tra Stati membri per quanto riguarda la definizione dei reati di corruzione, la disponibilità e la metodologia di registrazione dei dati. Emergono inoltre preoccupazioni per quanto riguarda l'efficacia delle indagini e azioni penali relative a casi di corruzione segnatamente in Bulgaria, Croazia e Slovacchia, nonché il mancato perseguimento di casi di corruzione ad alto livello in Cechia, Ungheria e Malta.
La Commissione rileva miglioramenti nei quadri normativi nazionali con riferimento alla disciplina delle dichiarazioni patrimoniali e del conflitto di interesse per i funzionari pubblici (Bulgaria, Irlanda, Grecia, Malta, Cechia, Portogallo, e Polonia). Sottolinea infine l'importanza delle misure preventive sulla attività di lobbying e sulla pratica delle porte girevoli (per cui ex funzionari pubblici assumono incarichi presso soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione).

Pluralismo dei media e libertà dei media

La Commissione osserva che il pluralismo e la libertà dei media sono fattori chiave per lo Stato di diritto, la responsabilità democratica e la lotta alla corruzione: generalmente gli Stati membri dispongono, secondo la Commissione, di quadri giuridici idonei alla tutela di tali valori e ad assicurare standard elevati in tale settore. I principali elementi che costituiscono oggetto della Relazione sono l'indipendenza delle autorità di regolamentazione dei media, la trasparenza dei loro assetti proprietari, la disciplina della pubblicità statale e la sicurezza dei giornalisti. La Relazione poggia sulle valutazioni condotte dall'Osservatorio del pluralismo dei media, i cui risultati evidenziano, in particolare, che i giornalisti e altri operatori del settore dei media continuano a subire minacce e attacchi (sia fisici che online) in diversi Stati membri monitorati. La Commissione nota come alcuni Stati membri, tra cui l'Italia e il Belgio, abbiano adottato buone pratiche per prevenire e contrastare tale fenomeno. I risultati mostrano inoltre che non tutte le autorità di regolamentazione dei media possono essere considerate al riparo da influenze politiche, sia a causa delle modalità di nomina dei loro consigli di amministrazione sia del modo in cui attuano il loro mandato: in questo senso, la Commissione segnala l'emergere di rischi di politicizzazione di tali autorità in alcuni Stati membri (Malta, Ungheria e Polonia) e del rischio di inefficienza dovuta a sottofinanziamento in altri (Grecia, Slovenia, Romania).
 Per quanto attiene alla trasparenza della proprietà dei mezzi di informazione, la Relazione riporta la presenza in media di un rischio moderato tra tutti gli Stati membri: a fronte di Paesi che dispongono di un efficace sistema di trasparenza fondato su obblighi di comunicazione alle autorità e al pubblico degli assetti proprietari (Germania, Francia, Portogallo), la Commissione segnala che in alcuni Stati membri vi sono ostacoli che si frappongono all'effettiva divulgazione ai cittadini delle informazioni relative alla proprietà o che in altri un quadro legislativo sulla trasparenza manca del tutto (Rep. Ceca, Cipro, Bulgaria). La Relazione indica, inoltre, che gli organi di stampa continuano a essere esposti a ingerenze politiche, soprattutto quando le loro condizioni economiche sono instabili, tramite la leva della distribuzione della pubblicità statale: in molti Stati membri infatti non esiste una legislazione specifica che garantisca norme eque e trasparenti sulla distribuzione della pubblicità di Stato ai mezzi di informazione, cosicché risultano possibili favoritismi e assegnazioni partigiane. Un rischio di compromissione dell'indipendenza dei media e del pluralismo deriva, secondo la Commissione, dall'assenza in alcuni Stati di una regolamentazione contro le ingerenze politiche o di norme che limitino il controllo di mezzi di comunicazione da parte di dirigenti politici (Bulgaria, Ungheria, Malta).

Altre questioni istituzionali connesse al bilanciamento dei poteri

La Commissione europea indica una serie di riforme costituzionali adottate in alcuni Stati membri finalizzate al rafforzamento dei sistemi di bilanciamento dei poteri, con particolare riguardo al controllo (preventivo e/o successivo) di costituzionalità delle leggi, le quali appaiono conformi al parere di organismi internazionali di esperti come la Commissione di Venezia. Stando alla relazione, occorre migliorare l' inclusività e la qualità del processo legislativo, attraverso processi consultivi, come quello adottato in Francia nel caso della Convenzione dei cittadini sul clima.
La Commissione europea sottolinea i rischi per lo Stato di diritto legati al ricorso eccessivo a un processo legislativo accelerato e di emergenza. Vengono a tal proposito richiamati gli interventi reiterati della Commissione di Venezia e dell'OSCE circa l'importanza per la tenuta della separazione dei poteri di una procedura parlamentare basata su deliberazioni approfondite delle proposte legislative e degli emendamenti, consultazioni significative dei portatori di interessi, degli esperti e della società civile, e un dialogo con l'opposizione politica.  Il rischio è particolarmente avvertito nei casi in cui procedure di legge accelerate sono state impiegate per riforme in materie che toccano i diritti fondamentali.
Da ultimo, la Commissione europea rimarca l'importanza del ruolo del difensore civico, delle istituzioni nazionali per i diritti umani (sui progetti di istituzione di un organismo indipendente in tale settore in Italia vedi ante) ed in generale delle organizzazioni della società civile a difesa dello Stato di diritto.

Altri sviluppi e iniziative a livello dell'UE in materia di valori fondamentali

In tale sezione la Commissione europea preannuncia:
  • la presentazione di un Piano d'azione per la democrazia europea;
  • una Nuova strategia per l'attuazione della Carta dei diritti fondamentali.
La Commissione, infine, esprime le seguenti raccomandazioni:
  • l'invito agli Stati membri a considerare seriamente riforme giudiziarie e anticorruzione all'atto della preparazione dei rispettivi piani nazionali di ripresa e resilienza;
  • l'esortazione agli Stati membri interessati e al Consiglio ad adoperarsi per una tempestiva risoluzione dei problemi sollevati nell'ambito delle procedure ex articolo 7 TUE, trovando soluzioni che tutelino lo Stato di diritto e i valori comuni a tutti gli Stati membri;
  • la richiesta al Consiglio di impegnarsi per accelerare l'adozione della proposta della Commissione sulla tutela del bilancio dell'Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri (vedi infra).


Il Regolamento per un regime di condizionalità in materia di Rule of law per proteggere il bilancio

Nell'ambito del processo di formazione del nuovo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, nel maggio 2018 la Commissione europea ha presentato una proposta COM(2018)324 sulla tutela del bilancio dell'Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto. Il 16 dicembre 2020 il Parlamento europeo, all'esito dei negoziati con il Consiglio dell'UE, ha approvato in seconda lettura il Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell'Unione.
Il Regolamento introduce un meccanismo fondato sulla irrogazione di sanzioni (tra l'altro, la sospensione dei pagamenti e degli impegni a valere sul bilancio UE, la riduzione dei finanziamenti nell'ambito degli accordi esistenti, e il divieto di concludere nuovi impegni) nei confronti degli Stati Membri ove siano riscontrate violazioni dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro che compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell'Unione o la tutela degli interessi finanziari dell'Unione.
Ai sensi dell'articolo 3, sono considerati indici sintomatici della sussistenza di una violazione dei principi dello Stato di diritto: le minacce all'indipendenza della magistratura, l'omessa prevenzione o sanzione delle decisioni illegittime assunte da autorità pubbliche o dell'insorgenza di conflitti di interesse, la mancata assegnazione di congrue risorse finanziarie e umane a scapito del loro corretto funzionamento, nonché la limitazione della disponibilità e dell'efficacia dei mezzi di ricorso o la limitazione dell'efficacia delle indagini, delle azioni penali o delle sanzioni per violazioni del diritto.
Condizione perché simili violazioni assumano rilievo ai fini dell'applicazione delle misure previste dal Regolamento, il cui scopo rimane limitato alla protezione del budget dell'Unione, è che ad essere compromessi siano:
  • il corretto funzionamento delle autorità nazionali che eseguono il bilancio dell'Unione;
  • il corretto funzionamento delle autorità preposte al controllo, alla sorveglianza e all'audit finanziari;
  • la prevenzione e la sanzione delle frodi, comprese le frodi fiscali, della corruzione o di altre violazioni del diritto dell'Unione che riguardano l'esecuzione del bilancio dell'Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari in particolare il regolare funzionamento delle autorità responsabili per le indagini e per l'esercizio dell'azione penale in materia di repressione delle frodi a danno del bilancio dell'Unione
  • l'esistenza di un controllo giurisdizionale effettivo sull'attività svolta da tali autorità.
Con la Relazione annuale 2019 - I rapporti finanziari con l'Unione europea e l'utilizzazione dei Fondi europei, la Corte dei Conti, tra l'altro, riferisce sui controlli in tema di frodi e irregolarità in materia di risorse proprie. Emerge, in particolare, che l'Italia si colloca in nona posizione per numero di irregolarità segnalate (104 segnalazioni; erano 145 nel 2017) e in settima posizione per quanto attiene agli importi comunicati, con circa 9,8 milioni di euro di irregolarità totali registrate a sistema, che rappresentano lo 0,43 per cento del totale delle risorse proprie tradizionali versate al bilancio UE (in miglioramento rispetto al 2017, anno in cui lo stesso indice era pari allo 0,57 per cento).
Per quanto riguarda in particolare i casi segnalati come potenzialmente fraudolenti, il maggior numero è relativo alla Germania (95 casi), seguita da Francia (60 casi) e Spagna (44 casi). L'Italia, in sesta posizione, ha comunicato 38 casi di sospetta frode. I primi due Paesi per volume finanziario delle irregolarità non fraudolente sono i Paesi Bassi (128,4 milioni) e il Regno Unito (127 milioni), che rappresentano da soli più della metà del totale (449,7 milioni). Segue, al terzo posto, la Germania, con 89,1 milioni. L'Italia si colloca in dodicesima posizione, con circa 4 milioni. I Paesi Bassi detengono anche la percentuale più alta di importi segnalati come non fraudolenti rispetto al totale delle risorse proprie tradizionali (RPT) (4,10%), seguiti dal Portogallo (3,55%) e dal Regno Unito (3,45%). L'Italia presenta una percentuale di segnalazione pari allo 0,18 per cento del totale delle RPT, tra le più basse dell'UE, nel cui ambito si registra una media dell'1,78 per cento. Per quanto attiene, infine, alle percentuali di recupero, l'Italia, con il 35 per cento, presenta una percentuale inferiore alla media europea, che è pari al 55 per cento. La percentuale è tuttavia in aumento rispetto ai dati rilevati per lo scorso anno (21 per cento di recuperi a fronte di una media europea del 47 per cento nel 2017). Infine, secondo la Corte dei conti, in valore assoluto, l'Italia ha il primato dell'IVA evasa ( 33,6 miliardi). Si assiste tuttavia ad una riduzione della propensione all'evasione in rapporto al passato (dal 26,6 per cento al 23,8 per cento del gettito potenziale), a fronte di una media europea attestata comunque su valori molto più contenuti ( 11 per cento).
Nel caso in cui la Commissione ritenga che vi siano fondati motivi per considerare sussistente una violazione siffatta da parte di uno Stato membro, essa provvede a trasmettere una notifica scritta allo Stato membro interessato in cui espone gli elementi di fatto e di diritto su cui ha fondato la propria conclusione; al contempo informa senza ritardo il Parlamento europeo e il Consiglio di tale notifica e del contenuto della stessa.
Il Parlamento europeo ha infatti la possibilità di invitare la Commissione a un dialogo strutturato sulle sue conclusioni.
Entro un termine massimo di 3 mesi, lo Stato membro interessato può fornire informazioni necessarie e formulare osservazioni sulle conclusioni della Commissione, proponendo anche l'adozione di misure correttive per adeguarsi alle indicazioni della medesima. Se, tenuto conto delle informazioni ricevute e delle eventuali osservazioni formulate dallo Stato membro interessato, la Commissione continua a ritenere sussistente la violazione dello Stato di diritto e inadeguate le misure correttive proposte, può presentare al Consiglio una proposta di adozione di adeguate misure sanzionatorie. Il Consiglio approva la proposta della Commissione entro un mese dal ricevimento, a maggioranza qualificata. Simile iter seguono i provvedimenti di revoca totale o parziale delle misure sanzionatorie, la cui adozione da parte del Consiglio segue alla proposta della Commissione, sollecitata dallo Stato membro interessato o d'ufficio, all'esito del riesame della situazione dello stato di diritto in tale Stato membro.
Le misure adottate devono essere proporzionate all'impatto effettivo o potenziale delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell'Unione o sui suoi interessi finanziari, tenuta in considerazione anche la natura, la durata, la gravità e la portata delle violazioni medesime. In ogni caso, tali misure non incidono sull'obbligo dello Stato membro di dare esecuzione al programma o al fondo che sia stato toccato dalla misura, compreso l 'obbligo di effettuare i pagamenti nei confronti dei percettori/beneficiari finali.
Il testo di legge definitivo, pur ricalcando in larga misura l'accordo provvisorio raggiunto già il 5 novembre 2020 nell'ambito del trilogo tra i delegati del Consiglio e del Parlamento europeo, si riferisce alle Conclusioni del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre e integra gli orientamenti che sono emersi in tale sede. Nel Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre, infatti, i capi di Stato e di Governo dei Paesi membri sono addivenuti a una soluzione di compromesso idonea a rispondere alle preoccupazioni espresse da alcuni Stati membri, tra cui in particolare Polonia e Ungheria, in merito al progetto di regolamento volto a istituire un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell'Unione. Nelle Conclusioni si legge che, come parte integrante del nuovo ciclo di bilancio, il Regolamento si applicherà a decorrere dal 1º gennaio 2021 e le misure potranno essere adottate solo in relazione agli impegni di bilancio previsti nell'ambito del nuovo quadro finanziario pluriennale, compreso Next Generation EU. Inoltre tali misure, in considerazione del carattere sussidiario del meccanismo di condizionalità, «saranno prese in considerazione solo nei casi in cui le altre procedure previste dal diritto dell'Unione, […], non consentano di proteggere più efficacemente il bilancio dell'Unione.». In particolare, gli Stati membri riuniti nel Consiglio europeo hanno convenuto sull'esigenza che, prima della concreta messa in opera del meccanismo di condizionalità, la Commissione elabori e adotti linee guida sulle modalità con cui applicherà il regolamento, compresa una metodologia per effettuare la propria valutazione circa la sussistenza di una violazione dello stato di diritto. Tali linee guida, che la Commissione, in una dichiarazione allegata alla decisione del Consiglio sul regolamento si è impegnata a elaborare in stretta consultazione con gli Stati membri, qualora venga introdotto un ricorso di annullamento ai sensi dell'art. 263 TFUE, saranno messe a punto solo successivamente alla sentenza della Corte di giustizia, in modo da incorporarvi eventuali elementi pertinenti derivanti da detta sentenza.

Esame presso altri Parlamenti nazionali

Sulla base dei dati forniti dal sito IPEX, l'esame della Relazione sullo Stato di diritto 2020 risulta iniziato presso: la Camera dei rappresentanti del Belgio, la Seimas della Repubblica di Lituania, il Consiglio nazionale della Repubblica slovacca e il Parlamento svedese.